61994A0304

Sentenza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione ampliata) del 14 maggio 1998. - Europa Carton AG contro Commissione delle Comunità europee. - Concorrenza - Art. 85, n. 1, del Trattato CE - Prova della partecipazione a collusioni - Ammenda - Fatturato - Determinazione dell'importo - Circostanze attenuanti. - Causa T-304/94.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina II-00869


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Concorrenza - Intese - Accordi e pratiche concordate costitutivi di un'infrazione unica - Imprese alle quali può essere addebitata l'infrazione consistente nella partecipazione ad un'intesa globale - Criteri

(Trattato CE, art. 85, n. 1)

2 Concorrenza - Ammende - Importo - Determinazione - Criteri - Gravità e durata delle infrazioni - Elementi di valutazione - Possibilità di elevare l'entità delle ammende per rafforzarne l'effetto dissuasivo

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

3 Concorrenza - Ammende - Importo - Determinazione - Fatturato preso in considerazione - Valore delle forniture interne del prodotto di cui trattasi alle unità produttive di un prodotto derivato facenti capo all'impresa - Inclusione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

4 Concorrenza - Ammende - Importo - Determinazione - Criteri - Gravità delle infrazioni - Circostanze attenuanti - Danno derivante dall'intesa subito dall'impresa - Esclusione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

5 Concorrenza - Ammende - Importo - Determinazione - Criteri - Gravità delle infrazioni - Circostanze aggravanti - Dissimulazione dell'intesa - Prova risultante dalla mancanza di note riferentisi alle riunioni delle imprese che hanno preso parte all'intesa

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

Massima


1 Affinché la Commissione possa imputare a ciascuna delle imprese interessate da una decisione di applicazione delle regole di concorrenza la responsabilità, per un periodo determinato, di un'intesa globale comprensiva di diversi comportamenti anticoncorrenziali, essa deve dimostrare che ognuna di esse ha vuoi acconsentito all'adozione di un piano globale che incorporava gli elementi costitutivi dell'intesa, vuoi partecipato direttamente, durante quel periodo, a tutti i detti elementi. Un'impresa può altresì essere ritenuta responsabile di un'intesa globale anche qualora venga dimostrata la sua diretta partecipazione soltanto a uno o più degli elementi costitutivi di tale intesa, purché le fosse noto, o dovesse necessariamente esserle noto, il fatto che la collusione a cui partecipava rientrava in un piano globale e che questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell'intesa. Quando ciò avviene, il fatto che l'impresa considerata non abbia direttamente partecipato a tutti gli elementi costitutivi dell'intesa globale non può scagionarla dalla responsabilità di aver violato l'art. 85, n. 1, del Trattato. Una circostanza del genere può tuttavia essere presa in considerazione nell'ambito della valutazione della gravità dell'infrazione che le è stata imputata.

2 La determinazione dell'importo dell'ammenda in caso di infrazione alle regole comunitarie di concorrenza è funzione della gravità e della durata dell'infrazione. Al riguardo, la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato fissato un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione.

Nel valutare l'entità generale delle ammende, la Commissione può tener conto del fatto che violazioni manifeste delle regole comunitarie di concorrenza sono ancora relativamente frequenti e, pertanto, essa ha la facoltà di elevare l'entità delle ammende al fine di rinforzare il loro effetto di dissuasione. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare questo livello, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò si rivela necessario per assicurare l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza.

Inoltre, nel fissare l'entità generale delle ammende, la Commissione può in particolare tener conto della lunga durata e del carattere palese della violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, commessa nonostante l'avvertimento che sarebbe dovuto provenire dalla prassi decisionale anteriore della Commissione.

3 Nel determinare l'importo dell'ammenda da infliggere in caso di infrazione alle regole comunitarie di concorrenza, la Commissione può basarsi su un fatturato costruito comprendente non soltanto il fatturato realizzato con le vendite a terzi del prodotto oggetto dell'infrazione, ma altresì il valore delle forniture interne del detto prodotto alle unità produttive di un prodotto derivato che, facendo capo all'impresa, non costituiscono persone giuridiche distinte da quest'ultima.

Infatti, da un lato, la presa in considerazione del valore delle forniture interne ad una società, ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda, non è vietata da alcuna norma giuridica.

Dall'altro, il limite massimo di un'ammenda, fissato al 10% del fatturato dell'impresa, è inteso ad evitare che le ammende siano sproporzionate rispetto alle dimensioni dell'impresa e, poiché soltanto il fatturato globale può effettivamente dare un'indicazione approssimativa al riguardo, occorre intendere tale percentuale come riferita al fatturato globale. Determinando l'importo delle ammende in base al solo fatturato realizzato con le vendite del prodotto oggetto dell'infrazione, la Commissione prende in considerazione, per il proprio calcolo, la quota del fatturato globale delle imprese che meglio riflette il profitto ricavato dall'intesa. Al riguardo, si deve tener presente che le unità produttive facenti capo ad una stessa persona giuridica traggono profitto dal comportamento illecito, impiegando come materia prima il prodotto di sua produzione.

Non tener conto del valore delle forniture interne si risolverebbe necessariamente nell'avvantaggiare in modo ingiustificato le società integrate verticalmente. In siffatta situazione, il profitto derivante dall'intesa potrebbe non venir preso in considerazione e l'impresa interessata eluderebbe una sanzione proporzionata alla sua importanza sul mercato dei prodotti oggetto dell'infrazione.

4 Il fatto che un'impresa che ha partecipato a una collusione sui prezzi con i suoi concorrenti abbia operato contro i suoi stessi interessi economici ed abbia subito, di conseguenza, gli effetti di questa collusione non costituisce necessariamente un elemento di cui deve tenersi conto come circostanza attenuante, in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda da irrogare. Invero, un'impresa che continui a concertarsi con i suoi concorrenti sui prezzi, nonostante l'asserito danno che essa subisce, non può essere considerata aver commesso un'infrazione meno grave di quella delle altre imprese parimenti coinvolte nella collusione. Tuttavia, diverso potrebbe eventualmente essere il caso qualora una simile impresa dimostrasse di aver agito in modo illecito sotto costrizione.

5 Il fatto che le imprese partecipanti ad una collusione sui prezzi abbiano organizzato l'annuncio degli aumenti di prezzo concordati e siano state dissuase dal prendere note riferentisi a riunioni aventi tale oggetto dimostra che esse erano consapevoli dell'illeceità del loro comportamento, ma hanno adottato misure dirette a dissimulare la collusione. La Commissione può considerare tali misure come circostanze aggravanti nell'ambito della valutazione della gravità dell'infrazione.

Al riguardo, la mancanza di verbali ufficiali nonché l'assenza pressoché totale di qualsiasi nota interna sulle dette riunioni possono costituire, alla luce del numero di queste ultime, della durata nel tempo e della natura delle discussioni svolte, una prova sufficiente del fatto che i partecipanti venivano dissuasi dal prendere appunti.

Parti


Nella causa T-304/94,

Europa Carton AG, società di diritto tedesco, con sede in Amburgo (Germania), con gli avv.ti Gerhard Wiedemann e Wolfgang Kirchhoff, del foro di Düsseldorf, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alex Bonn, 7 Val Sainte-Croix,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai signori Bern Langeheine e Richard Lyal, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, quindi dal signor Lyal assistito dall'avv. Dirk Schroeder, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino; GU L 243, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE

(Terza Sezione ampliata),

composto dal signor B. Vesterdorf, presidente, dal signor C.P. Briët, dalla signora P. Lindh e dai signori A. Potocki e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 giugno 1997 8 luglio 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


Fatti all'origine della controversia

1 La presente causa verte sulla decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino; GU L 243, pag. 1, in prosieguo: la «decisione»), rettificata prima della pubblicazione con decisione della Commissione 26 luglio 1994 [C(94) 2135 def.] (in prosieguo: la «decisione»). La decisione ha inflitto un'ammenda a 19 produttori che forniscono cartoncino nella Comunità, riconosciuti responsabili di violazioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

2 Il prodotto oggetto della decisione è il cartoncino. La decisione fa menzione di tre tipi di cartoncino, indicati come appartenenti alle qualità «GC», «GD» e «SBS».

3 Il cartoncino di qualità GD (in prosieguo: il «cartoncino GD») è un cartoncino con centro grigio (carta riciclata), utilizzato di solito per l'imballaggio di prodotti non alimentari.

4 Il cartoncino di qualità GC (in prosieguo: il «cartoncino GC») è un cartoncino con uno strato superficiale bianco, utilizzato generalmente per l'imballaggio di prodotti alimentari. Il cartoncino GC è di qualità superiore al cartoncino GD. Nel periodo esaminato dalla decisione, è stato registrato di regola un divario di prezzi del 30% circa tra questi due prodotti. Il cartoncino GC di alta qualità viene utilizzato, in misura minore, nel settore della grafica.

5 La sigla SBS designa il cartoncino interamente bianco (in prosieguo: il «cartoncino SBS»). Si tratta di un prodotto il cui prezzo supera del 20% circa il prezzo del cartoncino GC. Esso viene utilizzato per l'imballaggio dei prodotti alimentari, dei cosmetici, dei farmaci e delle sigarette, ma è principalmente destinato al settore grafico.

6 Con lettera 22 novembre 1990 la British Printing Industries Federation, un'organizzazione di categoria che rappresenta la maggior parte dei produttori di cartone stampato nel Regno Unito (in prosieguo: la «BPIF»), presentava una denuncia informale alla Commissione. Essa affermava che i produttori di cartoncino che rifornivano il Regno Unito avevano introdotto una serie di aumenti di prezzo simultanei e uniformi e chiedeva alla Commissione di accertare l'esistenza di un'eventuale violazione delle regole comunitarie della concorrenza. Per dare pubblicità alla sua iniziativa, la BPIF emetteva un comunicato stampa. Il contenuto del comunicato veniva commentato dalla stampa specializzata nel corso del mese di dicembre 1990.

7 Il 12 dicembre 1990 la Fédération française du cartonnage presentava anch'essa una denuncia informale alla Commissione, formulando talune osservazioni relative al mercato francese del cartoncino in termini analoghi a quelli della denuncia depositata dalla BPIF.

8 Il 23 e il 24 aprile 1991 agenti incaricati dalla Commissione, ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»), effettuavano accertamenti simultanei, senza comunicazione preventiva, presso le sedi di varie imprese e associazioni di categoria del settore del cartoncino.

9 In esito a tali accertamenti, la Commissione inviava una richiesta di informazioni e di documenti, a norma dell'art. 11 del regolamento n. 17, a tutti i destinatari della decisione.

10 Gli elementi acquisiti nell'ambito degli accertamenti e delle richieste di informazioni e documenti sopra menzionati inducevano la Commissione a concludere che, dalla metà del 1986 fino almeno all'aprile 1991 (nella maggior parte dei casi), le imprese interessate avevano partecipato ad una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

11 Di conseguenza, essa decideva di avviare un procedimento ai sensi di quest'ultima disposizione. Con lettera 21 dicembre 1992 essa inviava una comunicazione degli addebiti a ciascuna delle imprese interessate. Tutte le imprese destinatarie vi rispondevano per iscritto. Nove imprese chiedevano di essere sentite oralmente. L'audizione si svolgeva nei giorni 7-9 giugno 1993.

12 Al termine di tale procedimento la Commissione adottava la decisione, il cui dispositivo è del seguente tenore:

«Articolo 1

Buchmann GmbH, Cascades SA, Enso-Gutzeit Oy, Europa Carton AG, Finnboard - the Finnish Board Mills Association, Fiskeby Board AB, Gruber & Weber GmbH & Co. KG, Kartonfabriek De Eendracht NV (con denominazione commerciale BPB de Eendracht), NV Koninklijke KNP BT NV (ex Koninklijke Nederlandse Papierfabrieken NV), Laakmann Karton GmbH & Co. KG, Mo Och Domsjö AB (MoDo), Mayr-Melnhof Gesellschaft mbH, Papeteries de Lancey SA, Rena Kartonfabrik A/S, Sarrió SpA, SCA Holding Ldt [ex Reed Paper & Board (UK) Ltd], Stora Kopparbergs Bergslags AB, Enso Española SA (ex Tampella Española SA) e Moritz J. Weig GmbH & Co. KG hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1 del trattato CE per aver partecipato:

- nel caso di Buchmann e Rena dal marzo 1988 circa almeno sino alla fine del 1990,

- nel caso di Enso Española almeno dal marzo 1988 sino almeno alla fine dell'aprile 1991,

- nel caso di Gruber & Weber almeno dal 1988 sino agli ultimi mesi del 1990,

- negli altri casi dalla metà del 1986 almeno fino all'aprile 1991,

ad un accordo ed a pratiche concordate risalenti alla metà del 1986 nell'ambito dei quali i fornitori di cartoncino nella Comunità:

- hanno tenuto regolarmente una serie di riunioni segrete e istituzionalizzate per discutere e concordare un piano industriale comune volto a limitare la concorrenza;

- hanno deciso aumenti periodici dei prezzi per ogni tipo di prodotto in ciascuna valuta nazionale;

- hanno programmato e posto in atto aumenti simultanei ed uniformi di prezzo in tutta la Comunità;

- hanno raggiunto un'intesa sul mantenimento a livello costante delle quote di mercato dei principali produttori (salve alcune modifiche occasionali);

- hanno adottato (sempre più spesso a decorrere dall'inizio del 1990) misure concordate per controllare l'offerta del prodotto nella Comunità al fine di garantire l'applicazione dei predetti aumenti concordati di prezzo;

- hanno scambiato informazioni commerciali in materia di consegne, prezzi, tempi di arresto degli impianti, portafoglio ordini inevasi e tasso di utilizzazione dei macchinari, a sostegno delle misure di cui sopra.

(...)

Articolo 3

Alle imprese qui di seguito menzionate vengono inflitte le seguenti ammende per le infrazioni di cui all'articolo 1:

(...)

iv) Europa Carton AG, un'ammenda di 2 000 000 di ECU;

(...)».

13 Secondo la decisione, l'infrazione è stata commessa nell'ambito di un organismo denominato «Product Group Paperboard» (in prosieguo: il «PG Paperboard»), costituito da diversi gruppi o comitati.

14 Verso la metà del 1986 tale organismo veniva affiancato da un «Presidents Working Group» (in prosieguo: il «PWG»), che riuniva rappresentanti autorevoli dei maggiori produttori di cartoncino della Comunità (circa otto).

15 Le attività del PWG consistevano essenzialmente nella discussione e nella concertazione sui mercati, sulle quote di mercato, sui prezzi e sulle capacità. Esso adottava, in particolare, decisioni di massima sul calendario e sull'entità degli aumenti di prezzo applicabili dai produttori.

16 Il PWG riferiva alla «President Conference» (in prosieguo: la «PC»), alla quale partecipava (più o meno regolarmente) la quasi totalità dei direttori generali delle imprese interessate. Nel periodo di cui trattasi la PC si riuniva due volte all'anno.

17 Alla fine del 1987 veniva istituito il «Joint Marketing Committee» (in prosieguo: il «JMC»). Il suo compito principale consisteva, per un verso, nel determinare se, ed eventualmente come, potessero essere concretamente applicati aumenti di prezzo e, per l'altro, nel definire le modalità di svolgimento delle iniziative in materia di prezzi, decise dal PWG paese per paese e per i principali clienti, al fine di attuare un sistema di prezzi equivalenti in Europa.

18 Infine, l'«Economic Committee» (in prosieguo: il «COE») esaminava, in particolare, i movimenti dei prezzi sui mercati nazionali e il portafoglio ordini inevasi e sottoponeva le sue conclusioni al JMC o, fino alla fine del 1987, al predecessore del JMC, il Marketing Committee. Il COE era costituito dai direttori commerciali della maggior parte delle imprese in causa e si riuniva più volte all'anno.

19 Risulta inoltre dalla decisione che la Commissione ha accertato che le attività del PG Paperboard erano sostenute da uno scambio di informazioni organizzato dalla società fiduciaria Fides, con sede in Zurigo (Svizzera). Secondo la decisione, la maggior parte dei membri del PG Paperboard forniva alla Fides relazioni periodiche sugli ordinativi, la produzione, le vendite e l'utilizzazione delle capacità. Tali informazioni venivano elaborate nell'ambito del sistema Fides e i dati aggregati erano trasmessi ai partecipanti.

20 La ricorrente, la Europa Carton AG (in prosieguo: la «Europa Carton») oltre ad essere un produttore di cartoncino, è anche il più grande trasformatore (fabbricante di astucci pieghevoli) in Germania. Secondo la decisione, essa ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando ad un accordo e ad una pratica concordata a decorrere dalla metà del 1986 almeno fino all'aprile 1991. Essa avrebbe preso parte ad alcune riunioni della PC e del JMC.

Procedimento

21 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 ottobre 1994 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

22 Sedici imprese, tra le diciotto ritenute responsabili dell'infrazione, hanno parimenti proposto un ricorso avverso la decisione (cause T-295/94, T-301/94, T-308/94, T-309/94, T-310/94, T-311/94, T-317/94, T-319/94, T-327/94, T-334/94, T-337/94, T-338/94, T-347/94, T-348/94, T-352/94 e T-354/94).

23 La ricorrente nella causa T-301/94, la Laakmann Karton GmbH, ha rinunciato agli atti con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno 1996 e la causa è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza 18 luglio 1996, causa T-301/94, Laakmann Karton/Commissione (non pubblicata nella Raccolta). 21]La Sarrió è stata ritenuta responsabile della partecipazione della Prat Carton al cartello di cui trattasi per tutta la durata di tale partecipazione (punto 154 del preambolo della decisione).

24 Quattro imprese finlandesi, facenti capo al gruppo Finnboard e, a tale titolo, ritenute responsabili in solido del pagamento dell'ammenda inflitta a quest'ultimo, hanno impugnato anch'esse la decisione (cause riunite T-339/94, T-340/94, T-341/94 e T-342/94).

25 Infine, un ulteriore ricorso è stato proposto da un'associazione, la CEPI-Cartonboard, che non era tra i destinatari della decisione. Essa ha tuttavia rinunciato agli atti con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale l'8 gennaio 1997 e la causa è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza 6 marzo 1997, causa T-312/94, CEPI-Cartonboard/Commissione (non pubblicata nella Raccolta).

26 Con lettera 5 febbraio 1997 il Tribunale ha invitato le parti a partecipare ad un incontro informale per esporre, in particolare, le loro osservazioni sull'eventuale riunione delle cause T-295/94, T-304/94, T-308/94, T-309/94, T-310/94, T-311/94, T-317/94, T-319/94, T-327/94, T-334/94, T-337/94, T-338/94, T-347/94, T-348/94, T-352/94 e T-354/94 ai fini della trattazione orale. Nel corso di quell'incontro, che si è svolto il 29 aprile 1997, le parti hanno accettato tale riunione.

27 Con ordinanza 4 giugno 1997 il presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale ha riunito per connessione le cause suddette ai fini della trattazione orale, ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura, ed ha accolto una domanda di trattamento riservato presentata dalla ricorrente nella causa T-334/94.

28 Con ordinanza 20 giugno 1997 è stata accolta la domanda di trattamento riservato presentata dalla ricorrente nella causa T-337/94, in relazione ad un documento prodotto in risposta ad un quesito scritto del Tribunale.

29 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di iniziare la fase orale e di disporre misure di organizzazione del procedimento, chiedendo alle parti di rispondere a taluni quesiti scritti e di presentare determinati documenti. Le parti hanno dato seguito a tale richiesta.

30 Le parti nelle cause menzionate al punto 26 hanno svolto le loro osservazioni orali ed hanno risposto ai quesiti rivolti loro dal Tribunale all'udienza che si è svolta dal 25 giugno all'8 luglio 1997.

Conclusioni delle parti

31 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

- annullare l'art. 1, ottavo e nono trattino, della decisione nei confronti della ricorrente;

- ridurre l'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente dall'art. 3 della decisione;

- condannare la Commissione alle spese.

32 La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

- respingere il ricorso;

- condannare la ricorrente alle spese. Sulla domanda di annullamento parziale dell'art. 1 della decisione

Argomenti delle parti

33 La ricorrente deduce un motivo relativo all'infondatezza degli addebiti di collusione sulle quote di mercato e sulle quantità.

34 Essa precisa di essere uno dei più piccoli produttori di cartoncino per astucci pieghevoli per la Comunità, di disporre di un solo macchinario e di essere il maggiore trasformatore (fabbricante di astucci pieghevoli) in Germania. Per tale motivo, essa avrebbe detenuto una quota di mercato esigua, concentrata essenzialmente in Germania, e sarebbe stata il principale cliente del suo stesso cartonificio. Quest'ultima circostanza l'avrebbe portata a rivestire solo un ruolo puramente passivo all'interno delle strutture del PG Paperboard, cosa che non verrebbe rimessa in discussione dalla sua partecipazione a sette riunioni del JMC (su un totale di 32).

35 Essa non avrebbe preso parte ad accordi o pratiche concordate dirette a conservare le quote di mercato dei principali produttori a livelli costanti, né a misure concordate di controllo dell'approvvigionamento del mercato comunitario.

36 Quanto all'addebito relativo alla collusione sulle quote di mercato, essa sostiene di non essere mai stata membro del PWG e di non aver mai fatto parte dei grandi gruppi di produttori. Orbene, secondo la decisione (punti 36, 37, 52, 56 e 130 del preambolo), gli accordi relativi alle quote di mercato sarebbero stati pattuiti tra i partecipanti al PWG, vale a dire tra i grandi gruppi di produttori. La Commissione stessa riconoscerebbe che gli accordi di ripartizione dei mercati, in particolare il congelamento delle quote di mercato, hanno precipuamente riguardato, data la loro stessa natura, i grandi produttori. Essa riconoscerebbe inoltre implicitamente l'assenza di partecipazione di piccoli produttori (punto 57 del preambolo), poiché questi ultimi sarebbero stati solo informati della necessità di adattare il loro comportamento alla politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità dei grandi produttori (punto 58 del preambolo).

37 Per quanto riguarda l'addebito relativo alla collusione sulle quantità, la ricorrente, richiamando la decisione (punti 69, 70, 71, 130 e 131 del preambolo), fa rilevare che solo le imprese membri del PWG hanno preso parte alla pratica concordata comportante un'organizzazione coordinata degli arresti produttivi.

38 Essa contesta di aver avuto conoscenza di un piano globale adottato con la sua collaborazione, nell'ambito del quale la collusione sui prezzi e il controllo delle quantità sarebbero stati aspetti indissolubili (v. punto 116 del preambolo).

39 Essa contesta del pari l'affermazione della Commissione (punto 116 del preambolo della decisione) secondo la quale nulla indurrebbe a ritenere che i singoli produttori potessero scegliere gli elementi del cartello ai quali desideravano partecipare astenendosi invece da altri.

40 La Commissione ribatte che l'infrazione non può essere scissa in più infrazioni indipendenti le une dalle altre. La ricorrente sarebbe stata implicata in un'infrazione unica consistente, per l'essenziale, nell'associazione di produttori per vari anni nell'ambito di un progetto illecito volto a realizzare un obiettivo comune (punti 116 e seguenti del preambolo della decisione). Conseguentemente, ciascuna impresa destinataria della decisione avrebbe commesso l'infrazione nella sua totalità, anche se non ha partecipato o non è provato che abbia partecipato a tutte le manifestazioni dell'intesa.

41 La Commissione ritiene che la collusione sui prezzi e sul controllo delle quantità fossero aspetti indissolubili del medesimo piano globale. Essa non sostiene tuttavia che una collusione sui prezzi possa essere elaborata solo in connessione con accordi sulle quote di mercato e sulle quantità. Al riguardo, un'intesa sui prezzi si rivelerebbe in via di principio poco efficace, sul piano economico, ove accompagnata da un aumento dell'offerta. La Commissione ne desume che stabilire una distinzione tra gli accordi sui prezzi e gli accordi sulle quantità, entrambi incontestabilmente verificatisi nel caso di specie, sarebbe inesatto. Il fatto che gli accordi sulle quote di mercato e sul controllo delle quantità abbiano riguardato precipuamente i grandi produttori nulla cambierebbe alla sua valutazione in quanto, grazie alle loro manovre, tutti i partecipanti all'intesa sarebbero stati preservati dal sopraggiungere di un forte aumento dell'offerta. In altri termini, tutte le imprese avrebbero avuto consapevolezza, data l'interdipendenza esistente tra i prezzi e le quantità, del fatto che la riuscita dell'intesa dipendeva anche da un controllo delle quantità.

42 Di conseguenza, l'argomento della ricorrente secondo cui essa non avrebbe svolto un ruolo attivo nell'intesa sarebbe privo di fondamento. Infatti, partecipando regolarmente e in più occasioni (sette partecipazioni sarebbero dimostrate) alle riunioni del JMC, la cui descrizione delle attività, non contestata, è riportata nella decisione (punto 44 del preambolo), la ricorrente avrebbe preso parte all'elaborazione delle strategie intese ad imporre un incremento comune ed uniforme dei prezzi all'interno dell'intero settore. Pertanto, le discussioni in seno al JMC avrebbero necessariamente riguardato anche le questioni del controllo delle quantità e della ripartizione dei mercati. La semplice partecipazione regolare della ricorrente a queste riunioni giustificherebbe quindi l'addebito mosso nei suoi confronti e implicherebbe che essa ha aderito agli accordi in esse adottati, in mancanza di alcun indizio che consenta di affermare il contrario (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-1/89, Rhône-Poulenc/Commissione, Racc. pag. II-867, punti 56, 66 e seguenti).

43 Con la sua partecipazione alle riunioni del JMC, nonché alle varie iniziative in materia di prezzi, la ricorrente avrebbe chiaramente dimostrato che essa aderiva agli obiettivi dell'intesa. Supponendo anche che essa abbia adottato un comportamento passivo, ciò avrebbe in ogni caso agevolato il compimento dell'infrazione (sentenze della Corte 1_ febbraio 1978, causa 19/77, Miller/Commissione, Racc. pag. 131, punto 18, e 12 luglio 1979, cause riunite 32/78 e 36/78 - 82/78, Racc. pag. 2435, punti 49 e seguenti).

44 La circostanza che la ricorrente non abbia probabilmente partecipato a tutte le misure intese al controllo delle quantità nulla muterebbe a questa situazione, posto che queste misure, che riguardavano sostanzialmente i grandi produttori, giovavano a tutti i partecipanti all'intesa, dato che esse non potevano essere separate dagli aspetti dell'infrazione relativi alla fissazione dei prezzi e che la partecipazione di tutti i produttori alle iniziative in materia di prezzi ne garantiva la riuscita (sentenze del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-2/89, Petrofina/Commissione, Racc. pag. II-1087, punto 267, e 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemical/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 272).

Giudizio del Tribunale

45 Ai sensi dell'art. 1 della decisione, le imprese menzionate nella detta disposizione hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando, nel caso della ricorrente dalla metà del 1986 fino ad almeno l'aprile 1991, ad un accordo ed a pratiche concordate nell'ambito dei quali i fornitori di cartoncino della Comunità hanno, in particolare, «deciso aumenti periodici dei prezzi per ogni tipo di prodotto in ciascuna valuta nazionale» e «hanno programmato e posto in atto aumenti simultanei ed uniformi di prezzo in tutta la Comunità», «hanno raggiunto un'intesa sul mantenimento al livello costante delle quote di mercato dei principali produttori (salve alcune modifiche occasionali)» e «hanno adottato (sempre più spesso a decorrere dall'inizio del 1990) misure concordate per controllare l'offerta del prodotto nella Comunità al fine di garantire l'applicazione dei predetti aumenti concordati di prezzo».

46 Ne consegue che, secondo la decisione, ciascuna delle imprese menzionate nel suo art. 1 ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando ad un'unica infrazione costituita da collusioni vertenti su tre differenti ambiti, aventi però un obiettivo comune. Queste collusioni vanno considerate come gli elementi costitutivi dell'intesa globale.

47 La ricorrente non contesta né la sua partecipazione ad una collusione sui prezzi né la durata dell'infrazione constatata a suo carico. Oltretutto, essa ammette di aver partecipato a sette riunioni del JMC durante il periodo compreso tra il 13 gennaio 1988 e l'aprile 1991. Essa riconosce inoltre di aver partecipato ad alcune riunioni della PC.

48 Alla luce di questi elementi, occorre verificare se la Commissione abbia dimostrato che la ricorrente ha preso parte agli altri due elementi costitutivi dell'infrazione globale, vale a dire una collusione sugli arresti degli impianti e una collusione sulle quote di mercato.

Sulla partecipazione della ricorrente ad una collusione sugli arresti degli impianti

49 Secondo la decisione, le imprese presenti alle riunioni del PWG hanno partecipato, a partire dalla fine del 1987, ad una collusione sugli arresti degli impianti, arresti che sono stati effettivamente applicati a partire dal 1990.

50 Infatti, risulta dal punto 37, terzo comma, del preambolo della decisione che il vero compito del PWG, come descritto dalla Stora, comprendeva in particolare «la discussione e la concertazione in materia di mercati, quote di mercato, prezzi, aumenti di prezzo e capacità». Peraltro, riferendosi all'«accordo concluso nel PWG nel corso del 1987» (punto 52, primo comma, del preambolo), la Commissione precisa che esso mirava in particolare a mantenere «livelli costanti di approvvigionamento» (punto 58, primo comma, del preambolo).

51 Quanto al ruolo svolto dal PWG nella collusione sul controllo dell'approvvigionamento, che caratterizzava l'esame dei tempi di arresto dei macchinari, nella decisione si afferma che il PWG ha avuto un ruolo determinante nell'attuazione dei tempi di arresto quando, dal 1990, di fronte ad un aumento della capacità produttiva e ad una contrazione della domanda, «dall'inizio del 1990 (...) i leader dell'industria (...) hanno ritenuto opportuno concertarsi nell'ambito del PWG sulla necessità di prevedere l'arresto degli impianti. I principali produttori hanno riconosciuto che non potevano aumentare la domanda abbassando i prezzi e che il mantenimento della produzione a pieno regime avrebbe semplicemente ridotto i prezzi. In teoria, sulla base delle relazioni in materia di capacità era possibile calcolare i tempi d'arresto necessari per riportare in equilibrio la domanda e l'offerta» (punto 70 del preambolo della decisione).

52 La decisione precisa inoltre quanto segue: «Tuttavia il PWG non assegnava formalmente al singolo produttore il relativo "tempo d'arresto". Secondo Stora esistevano difficoltà pratiche per riuscire a raggiungere un programma coordinato dei tempi d'arresto in grado di comprendere tutti i produttori. Stora afferma che per tale motivo "esisteva soltanto un sistema non vincolante di incentivi"» (punto 71 del preambolo della decisione).

53 Occorre sottolineare che la Stora, nella sua seconda dichiarazione (allegato 39 alla comunicazione degli addebiti, punto 24), fornisce le seguenti spiegazioni: «Con l'adozione, da parte del PWG, della politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità e l'attuazione progressiva di un sistema di prezzi equivalenti dal 1988, i membri del PWG hanno riconosciuto la necessità di rispettare i tempi d'arresto al fine di tener fermi questi prezzi di fronte ad una crescita ridotta della domanda. Senza ricorrere a tempi d'arresto, i produttori si sarebbero trovati nell'impossibilità di mantenere i livelli di prezzi convenuti di fronte ad una sovraccapacità produttiva sempre crescente».

54 Al punto successivo della dichiarazione, essa osserva: «Nel 1988 e nel 1989, l'industria poteva funzionare con una capacità produttiva pressoché piena. L'arresto degli impianti per motivi diversi dalla normale chiusura per la manutenzione o per le festività è diventata necessaria dal 1990. (...) In seguito, è sorta la necessità di applicare tempi di arresto quando si fermava il flusso degli ordini per mantenere la politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità. I tempi di arresto cui i produttori dovevano attenersi (per garantire l'equilibrio tra la produzione e il consumo) potevano essere calcolati in base alle relazioni riguardanti le capacità. Il PWG non stabiliva formalmente i tempi di arresto, benché vi fosse un sistema non vincolante di incentivi (...)».

55 La Commissione fonda del pari le proprie conclusioni sull'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti, una nota riservata recante data 28 dicembre 1988, indirizzata dal direttore commerciale responsabile delle vendite del gruppo Mayr-Melnhof in Germania (signor Katzner) al direttore generale della Mayr-Melnhof in Austria (signor Gröller), avente ad oggetto la situazione del mercato.

56 Secondo tale documento, menzionato ai punti 53-55 del preambolo della decisione, la maggiore collaborazione nell'ambito del «circolo dei presidenti» («Präsidentenkreis»), decisa nel 1987, ha prodotto «vincitori» e «vinti». L'espressione «circolo dei presidenti» è stata interpretata dalla Mayr-Melnhof come riguardante, nel contempo, il PWG e la PC in un contesto generale, vale a dire senza alcun riferimento a un avvenimento o a una specifica riunione [allegato 75 alla comunicazione degli addebiti, punto 2.a)], interpretazione che non occorre valutare nel presente contesto.

57 Le ragioni fornite dall'autore per spiegare perché la Mayr-Melnhof andasse collocata tra i «vinti» all'epoca della stesura della nota costituiscono importanti elementi di prova dell'esistenza di una collusione, tra i partecipanti alle riunioni del PWG, sui tempi d'arresto degli impianti.

58 Infatti, l'autore rileva quanto segue:

«4) E' su questo punto che comincia a divergere la posizione delle parti interessate in ordine alla concezione stessa dell'obiettivo perseguito.

(...)

c) Tutto il personale addetto alle vendite e gli agenti europei sono stati liberati da ogni obiettivo di vendita in termini di volume ed è stata applicata una politica dei prezzi rigida, praticamente senza eccezioni (in molti casi, i nostri collaboratori non hanno capito il nostro nuovo atteggiamento nei confronti del mercato - prima, l'unica esigenza era quella della quantità mentre ora contava soltanto la disciplina in materia di prezzi con il rischio di un arresto dei macchinari)».

59 La Mayr-Melnhof sostiene (allegato 75 alla comunicazione degli addebiti) che il brano sopra citato riguarda una situazione interna dell'impresa. Tuttavia, analizzato alla luce del contesto più generale della nota, questo stralcio riflette l'attuazione, al livello degli addetti commerciali, di una politica rigorosa stabilita in seno al «circolo dei presidenti». Il documento va quindi interpretato nel senso che i partecipanti all'accordo del 1987, vale a dire per lo meno i partecipanti alle riunioni del PWG, hanno incontestabilmente valutato le conseguenze della politica decisa, nell'ipotesi in cui essa venisse applicata rigorosamente.

60 Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione ha dimostrato l'esistenza di una collusione sugli arresti degli impianti tra i partecipanti alle riunioni del PWG.

61 Stando alla decisione, le imprese che hanno preso parte alle riunioni del JMC, tra cui la ricorrente, hanno partecipato anche a tale collusione.

62 In proposito, la Commissione espone in particolare quanto segue:

«In aggiunta alla procedura Fides che forniva dati globalizzati era prassi normale per i singoli produttori comunicare ai concorrenti il loro portafoglio ordini inevasi nelle riunioni del JMC.

I dati relativi agli ordini pervenuti, espressi in numero di giorni, erano importanti per due scopi:

- davano modo di decidere se esistevano le condizioni adeguate per introdurre aumenti concordati di prezzo;

- consentivano di determinare i tempi d'arresto necessari per mantenere l'equilibrio tra la domanda e l'offerta (...)» (punto 69, terzo e quarto comma, del preambolo della decisione).

63 Essa precisa inoltre:

«Gli appunti non ufficiali presi nel corso di due riunioni del JMC, una del gennaio 1990 (cfr. considerando 84), l'altra del settembre 1990 (cfr. considerando 87), unitamente ad altri documenti (considerandi 94 e 95), confermano tuttavia che i principali produttori tenevano i piccoli concorrenti costantemente informati, nell'ambito del PG Paperboard, dei loro programmi particolareggiati volti a stabilire tempi d'arresto complementari quale alternativa alla riduzione dei prezzi» (punto 71, terzo comma, del preambolo della decisione).

64 Le prove documentali relative al JMC (allegati 109, 117 e 118 alla comunicazione degli addebiti) confermano che le discussioni relative agli arresti degli impianti hanno avuto luogo nel contesto della preparazione degli aumenti di prezzo concordati. In particolare l'allegato 118 alla comunicazione degli addebiti, una nota della Rena riguardante la riunione del JMC del 6 settembre 1990, menziona gli importi degli aumenti di prezzo in vari paesi, le date degli annunci futuri di questi aumenti, nonché la situazione del portafoglio ordini inevasi espressa in giorni lavorativi per diversi produttori. L'autore del documento rileva come alcuni produttori prevedessero arresti degli impianti, esprimendo tale concetto ad esempio nel modo seguente:

«Kopparfors 5-15 days 5/9 will stop for five days».

65 Inoltre, sebbene gli allegati 117 e 109 alla comunicazione degli addebiti non contengano indicazioni che riguardino direttamente gli arresti degli impianti previsti, da essi emerge che la situazione del portafoglio ordini inevasi e quella degli ordini pervenuti sono state discusse nel corso delle riunioni del JMC del 6 settembre e del 16 ottobre 1989.

66 Tali documenti, letti congiuntamente alle dichiarazioni della Stora, costituiscono una dimostrazione sufficiente della partecipazione dei produttori rappresentati alle riunioni del JMC alla collusione sui tempi d'arresto. Infatti, le imprese che hanno preso parte alla collusione sui prezzi erano necessariamente consapevoli del fatto che l'esame della situazione corrente degli ordini inevasi e del portafoglio ordini pervenuti nonché le discussioni sugli eventuali tempi di arresto degli impianti non avevano il solo scopo di valutare se le condizioni del mercato fossero favorevoli per un aumento concordato dei prezzi, ma altresì di accertare se andavano effettuati arresti degli impianti al fine di evitare che il livello concordato dei prezzi venisse compromesso da un'offerta superiore alla domanda. In particolare, risulta dall'allegato 118 alla comunicazione degli addebiti che i partecipanti alla riunione del JMC del 6 settembre 1990 hanno stabilito di comune accordo l'annuncio di un prossimo aumento dei prezzi, benché numerosi produttori avessero dichiarato che si accingevano ad arrestare la loro produzione. Pertanto, le condizioni del mercato sono state tali che l'effettiva applicazione di un futuro aumento dei prezzi avrebbe verosimilmente richiesto l'applicazione di tempi di arresto (aggiuntivi), il che costituisce quindi una conseguenza accettata, per lo meno implicitamente, dai produttori.

67 Ciò posto, e senza che occorra esaminare gli ulteriori elementi di prova addotti dalla Commissione nella decisione (allegati 102, 130 e 131 alla comunicazione degli addebiti), si deve ritenere che la Commissione ha dimostrato che le imprese che hanno partecipato alle riunioni del JMC e alla collusione sui prezzi hanno preso parte ad una collusione sui tempi di arresto.

68 La ricorrente deve pertanto essere considerata aver partecipato ad una collusione sugli arresti degli impianti.

- Sulla partecipazione della ricorrente ad una collusione sulle quote di mercato

69 La ricorrente contesta la sua partecipazione ad una collusione sulle quote di mercato, pur non contestando l'affermazione, contenuta nella decisione, secondo la quale i produttori che hanno partecipato alle riunioni del PWG hanno concluso un accordo comprendente «il "congelamento" nell'Europa occidentale delle quote di mercato dei principali produttori ai livelli esistenti e l'obbligo di astenersi da tentativi di accaparrarsi nuovi clienti o di estendere le attività esistenti mediante una politica aggressiva dei prezzi» (punto 52, primo comma, del preambolo).

70 Ciò premesso, si deve sottolineare che, per quanto riguarda le imprese che non hanno partecipato alle riunioni del PWG, la Commissione rileva quanto segue:

«Benché i piccoli produttori di cartoncino che presenziavano alle riunioni del JMC non fossero edotti delle discussioni approfondite sulle quote di mercato tenute nell'ambito del PWG, partecipando alla politica del "prezzo prioritario rispetto alla quantità" al quale avevano tutti aderito, erano assolutamente consapevoli dell'intesa generale tra i produttori principali volta a mantenere "livelli costanti di approvvigionamento" e indubbiamente anche della necessità di adeguare il proprio comportamento» (punto 58, primo comma, del preambolo della decisione).

71 Benché ciò non risulti espressamente dalla decisione, la Commissione riprende, in proposito, le seguenti affermazioni della Stora:

«Altri produttori che non partecipavano al PWG non venivano, di regola, informati nei dettagli delle discussioni relative alle quote di mercato. Tuttavia, nell'ambito della politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità cui aderivano, essi avrebbero dovuto essere a conoscenza dell'intesa tra i maggiori produttori per non abbassare i prezzi mantenendo l'offerta a livelli costanti.

Quanto all'offerta [di cartoncino] GC, le quote dei produttori che non partecipavano al PWG erano comunque così poco rilevanti che la loro partecipazione - o l'assenza di una loro partecipazione - alle intese sulle quote di mercato era praticamente ininfluente in un senso o nell'altro» (allegato 43 alla comunicazione degli addebiti, punto 1.2).

72 La Commissione si basa pertanto, come pure la Stora, sul presupposto che, anche in assenza di prove dirette, le imprese che non partecipavano alle riunioni del PWG, ma di cui è stata dimostrata l'adesione agli altri elementi costitutivi dell'infrazione descritti nell'art. 1 della decisione, fossero necessariamente consapevoli dell'esistenza della collusione sulle quote di mercato.

73 Questo ragionamento non può essere condiviso. In primo luogo, la Commissione non fornisce alcun elemento di prova atto a dimostrare che le imprese che non hanno assistito alle riunioni del PWG abbiano aderito ad un accordo complessivo diretto, in particolare, al congelamento delle quote di mercato dei maggiori produttori. Al riguardo, l'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti costituisce una prova che avvalora le dichiarazioni della Stora relative all'esistenza di una collusione sulle quote di mercato tra le imprese ammesse in seno al «circolo dei presidenti» e, da un lato, ed una collusione sugli arresti degli impianti, dall'altro (v. supra, punti 49 e seguenti). Tuttavia, nessun altro elemento di prova dimostra che la PC abbia avuto lo scopo, in particolare, di discutere della collusione sulle quote di mercato e della regolamentazione delle quantità prodotte. Di conseguenza, l'espressione «circolo dei presidenti» («Präsidentenkreis») figurante nell'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti non può, nonostante le spiegazioni fornite dalla Mayr-Melnhof, essere interpretata nel senso che essa comporti un riferimento ad organismi diversi dal PWG. Ne consegue che la ricorrente non può essere considerata aver aderito all'accordo generale in conseguenza della sua partecipazione a riunioni della PC.

74 In secondo luogo, il solo fatto che le dette imprese abbiano partecipato ad una collusione sui prezzi e alla collusione sui tempi di arresto non dimostra che esse abbiano anche preso parte ad una collusione sulle quote di mercato. Infatti, la collusione sulle quote di mercato non era, diversamente da quanto sembra voler affermare la Commissione, intrinsecamente connessa alla collusione sui prezzi e/o alla collusione sui tempi di arresto. E' sufficiente constatare che la collusione sulle quote di mercato dei maggiori produttori riuniti nel PWG era diretta, a termini della decisione (v. supra, punti 78-80), a mantenere le quote di mercato a livelli costanti, salve alcune modifiche occasionali, anche nei periodi in cui le condizioni del mercato, in particolare l'equilibrio tra l'offerta e la domanda, erano tali che non vi era la necessità di un controllo della produzione per garantire l'effettiva attuazione degli aumenti di prezzo concordati. Ne consegue che l'eventuale partecipazione alla collusione sui prezzi e/o alla collusione sui tempi di arresto non dimostra che le imprese che non hanno assistito alle riunioni del PWG abbiano partecipato alla collusione sulle quote di mercato, né che esse ne fossero a conoscenza o dovessero necessariamente esserlo.

75 In terzo luogo, si deve constatare che la Commissione, al punto 58, secondo e terzo comma, del preambolo della decisione, fa valere, come elemento di prova addizionale dell'affermazione in esame, l'allegato 102 alla comunicazione degli addebiti, vale a dire la nota ottenuta dalla Rena relativa, stando alla decisione, ad una riunione speciale del Nordic Paperboard Institute (in prosieguo: l'«NPI») svoltasi il 3 ottobre 1988. A tale riguardo, è sufficiente constatare, da un lato, che la ricorrente non era membro dell'NPI e, dall'altro, che il riferimento, contenuto in tale documento, all'eventuale necessità di ricorrere all'arresto degli impianti non può, per le ragioni già esposte, costituire la prova di una collusione sulle quote di mercato.

76 Ora, per poter imputare a ciascuna delle imprese interessate da una decisione come quella di cui trattasi la responsabilità, per un periodo determinato, di un'intesa globale, la Commissione deve dimostrare che ognuna di esse ha vuoi acconsentito all'adozione di un piano globale che incorporava gli elementi costitutivi dell'intesa, vuoi partecipato direttamente, durante quel periodo, a tutti i detti elementi. Un'impresa può altresì essere ritenuta responsabile di un'intesa globale anche qualora venga dimostrata la sua diretta partecipazione soltanto a uno o più degli elementi costitutivi di tale intesa, purché le fosse noto, o dovesse necessariamente esserle noto, il fatto che la collusione a cui partecipava rientrava in un piano globale e che questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell'intesa. Quando ciò avviene, il fatto che l'impresa considerata non abbia direttamente partecipato a tutti gli elementi costitutivi dell'intesa globale non può scagionarla dalla responsabilità di aver violato l'art. 85, n. 1, del Trattato. Una circostanza del genere può tuttavia essere presa in considerazione nell'ambito della valutazione della gravità dell'infrazione che le è stata imputata.

77 Nel caso di specie, è giocoforza rilevare che la Commissione non ha provato che la ricorrente sapesse o dovesse necessariamente sapere che il suo comportamento illecito rientrava in un piano globale comprensivo, oltre che della collusione sui prezzi e della collusione sugli arresti degli impianti, alle quali essa ha effettivamente preso parte, di una collusione sulle quote di mercato dei principali produttori.

78 Occorre pertanto annullare, nei confronti della ricorrente, l'art. 1, ottavo trattino, della decisione, secondo cui l'accordo e la pratica concordata ai quali essa ha partecipato ha avuto ad oggetto il «mantenimento a livello costante delle quote di mercato dei principali produttori (salve alcune modifiche occasionali)».

Sulla domanda di riduzione dell'importo dell'ammenda

Sul motivo relativo alla violazione del principio di parità di trattamento per quanto riguarda il livello generale delle ammende

Argomenti delle parti

79 Secondo la ricorrente, l'importo dell'ammenda è inadeguato. Nel considerare un livello base molto più elevato che in altri casi, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento, che troverebbe applicazione alla politica delle ammende.

80 La ricorrente fa valere che, sebbene la Corte abbia già ammesso il principio della possibilità di rafforzare il rigore della politica delle ammende (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 108), qualsiasi aumento del livello delle ammende dovrebbe essere giustificato da un mutamento generale della politica della Commissione. A sostegno del proprio argomento essa richiama la percentuale base del fatturato delle imprese interessate nel settore del cartoncino preso in considerazione ai fini del calcolo dell'ammenda. Tale percentuale ascenderebbe al 7,5%, aliquota che sarebbe superiore di oltre il 50% a quella adottata in precedenti pratiche (v., segnatamente, sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 174). Orbene, la Commissione avrebbe adottato, nella decisione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura d'applicazione dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/33.126 e 33.322 - Cemento) (GU L 343, pag. 1), un'aliquota del 4% del fatturato realizzato dalle imprese interessate nel settore del cemento nella Comunità, pur riconoscendo una lesione particolarmente grave delle regole della concorrenza, tale da giustificare ammende di notevole entità, e pur essendo la durata dell'infrazione di circa dieci anni. La politica di fissazione delle ammende della Commissione sarebbe quindi incoerente ed incompatibile con il principio comunitario della parità di trattamento.

81 Una disparità di trattamento tra imprese di differenti settori andrebbe in ogni caso giustificata con motivi obiettivi esposti nella decisione.

82 La Commissione ribatte che essa non è tenuta ad annunciare un mutamento generale della sua politica delle ammende, allorché eleva il livello di queste ultime (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 109).

83 Nel caso di specie, una percentuale pari a circa il 7,5% della quota considerata del fatturato delle imprese di cui trattasi costituirebbe un importo del tutto ragionevole, tenuto conto della gravità dell'infrazione (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1021, punto 386). Allorché sanziona violazioni delle disposizioni dell'art. 85 del Trattato, la Commissione non sarebbe tenuta a fondarsi sui medesimi parametri.

84 Inoltre la ricorrente, nel ricevere la comunicazione degli addebiti, avrebbe avuto conoscenza dell'intenzione della Commissione di rafforzare l'effetto dissuasivo delle ammende, quale annunciata nella XXI Relazione sulla politica di concorrenza (punto 139). Del pari, la ricorrente e le altre società interessate avrebbero dovuto avere piena consapevolezza del fatto che ad esse sarebbero state irrogate ammende considerevoli, dal momento che la decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.149 - Polipropilene) (GU L 230, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Polipropilene»), sarebbe stata pubblicata prima dell'inizio del periodo preso in considerazione ai fini del calcolo delle ammende nell'ambito della decisione controversa. La Commissione ricorda al riguardo che il Tribunale ha ritenuto il livello delle ammende inflitte alle imprese destinatarie della decisione Polipropilene ampiamente giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie (sentenza Rhône-Poulenc/Commissione, citata, punto 164).

85 Infine, la Commissione esclude la pertinenza del riferimento all'importo complessivo delle ammende irrogate, poiché questo importo varierebbe secondo il numero delle imprese coinvolte e il loro rispettivo fatturato.

Giudizio del Tribunale

86 In forza dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese che, intenzionalmente o per negligenza, abbiano commesso una violazione delle disposizioni dell'art. 85, n. 1 del Trattato, ammende che variano da un minimo di mille ECU ad un massimo di un milione di ECU, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10% del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione. Per determinare l'ammontare dell'ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata. Per giurisprudenza della Corte, la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato fissato un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54).

87 Nel caso di specie, la Commissione ha determinato il livello generale delle ammende tenendo conto della durata dell'infrazione (punto 167 del preambolo), nonché dei seguenti elementi (punto 168 del preambolo):

«- la collusione in materia di fissazione dei prezzi e di ripartizione dei mercati costituisce per sua natura intrinseca una grave restrizione della concorrenza;

- il cartello comprendeva praticamente l'intero territorio della Comunità;

- il mercato comunitario del cartoncino è un settore industriale importante valutabile a circa 2 500 Mio di ECU all'anno;

- le imprese che hanno partecipato all'infrazione rappresentano virtualmente l'intero mercato;

- il cartello si è configurato come sistema di riunioni periodiche istituzionalizzate che erano intese ad imporre una disciplina particolareggiata al mercato del cartoncino nella Comunità;

- sono state adottate iniziative complesse per dissimulare l'effettiva natura e portata della collusione (mancanza di verbali ufficiali o di documentazione per il PWG e il JMC; invito a non prendere note; scaglionamento dei tempi e dell'ordine nel quale gli aumenti di prezzo erano annunciati in modo da poter sostenere che le imprese "seguivano" l'impresa leader, ecc.;

- il cartello ha riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi».

88 Inoltre, è assodato che ammende di un livello base pari al 9 o al 7,5% del fatturato realizzato nel 1990 da ciascuna delle imprese destinatarie della decisione sul mercato comunitario del cartoncino sono state inflitte in funzione del fatto che le imprese fossero considerate «capofila» oppure «membri ordinari» dell'intesa.

89 Occorre rilevare, in primo luogo, come, nel valutare l'entità generale delle ammende, la Commissione possa tener conto del fatto che violazioni manifeste delle regole comunitarie di concorrenza sono ancora relativamente frequenti e, pertanto, essa abbia la facoltà di elevare l'entità delle ammende al fine di rinforzare il loro effetto di dissuasione. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare questo livello, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò si rivela necessario per assicurare l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (v., in particolare, citate sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, punti 105-108, e ICI/Commissione, punto 385).

90 In secondo luogo, la Commissione ha giustamente sostenuto che, considerate le circostanze di ciascun caso di specie, non può essere effettuato alcun confronto diretto tra il livello generale delle ammende inflitte con la presente decisione e il livello delle ammende applicato nella prassi decisionale anteriore della Commissione, in particolare nella decisione Polipropilene, che pure, secondo la Commissione stessa, si presta più facilmente ad un confronto con la decisione di cui trattasi. Infatti, diversamente dalla pratica che ha dato origine alla decisione Polipropilene, nel caso di specie non si è tenuto conto di alcuna circostanza attenuante di carattere generale per determinare il livello complessivo delle ammende. Inoltre, l'adozione di misure dirette a dissimulare l'esistenza della collusione dimostra come le imprese interessate fossero pienamente consapevoli dell'illiceità del loro comportamento. Pertanto, la Commissione ben poteva tener conto di queste misure nel valutare la gravità dell'infrazione, in quanto esse costituivano un aspetto particolarmente grave dell'infrazione, idoneo a differenziarla rispetto alle infrazioni precedentemente accertate (v. infra, punti 150-154).

91 In terzo luogo, vanno evidenziati la lunga durata e il carattere palese della violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, commessa nonostante l'avvertimento che sarebbe dovuto provenire dalla prassi decisionale anteriore della Commissione e, in particolare, dalla decisione Polipropilene.

92 Ciò premesso, si deve ritenere che i criteri riportati al punto 168 del preambolo della decisione giustificano il livello complessivo delle ammende stabilito dalla Commissione.

93 Infatti, nello stabilire per il caso di specie il livello generale delle ammende, la Commissione non si è allontanata dalla sua prassi decisionale anteriore in modo tale da far sorgere a suo carico l'obbligo di motivare in termini più esaurienti la sua valutazione della gravità dell'infrazione (v., in particolare, sentenza della Corte 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31).

94 Di conseguenza, il presente motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla mancanza, quanto meno parziale, di un fondamento per l'irrogazione dell'ammenda

Argomenti delle parti

95 La ricorrente sostiene che, nella fissazione dell'importo dell'ammenda, deve tenersi conto della sua assenza di partecipazione ad una collusione sugli arresti degli impianti e a quella sulle quote di mercato (v. supra, punti 33-39).

96 Inoltre, si dovrebbe tener conto dell'erroneità dell'affermazione della Commissione secondo la quale l'intesa ha conosciuto un ampio successo sul mercato. Quest'ultima affermazione sarebbe del resto smentita dalla Commissione stessa, che constata che sono state rivolte rimostranze a taluni membri del PWG (punto 59 del preambolo della decisione) e che alcuni grandi produttori hanno aumentato le loro quote di mercato malgrado l'asserita collusione sulle quote (punto 60 del preambolo). La circostanza che la Commissione qualifichi come sanzioni i rimproveri formulati nei confronti di alcuni membri del PWG non potrebbe tuttavia escludere che i produttori interessati abbiano agito in massima parte nel loro interesse personale e che l'intesa non abbia funzionato per questo motivo.

97 La Commissione rinvia alle proprie osservazioni (v. supra, punti 40-44) in ordine alla partecipazione piena e totale della ricorrente ad un'infrazione unica.

98 Quanto al successo dell'intesa, essa rileva che, senza questi accordi collusivi, i prezzi e le quote di mercato avrebbe conosciuto una dinamica fondamentalmente diversa. Occorrerebbe pertanto respingere l'assunto della ricorrente secondo cui l'intesa avrebbe funzionato solo in modo imperfetto, e che l'esistenza di sanzioni e l'aumento delle quote di mercato di alcuni grandi produttori non implicherebbero il contrario.

Giudizio del Tribunale

99 Si è già constatato (v. supra, punto 77) che la Commissione non ha dimostrato la partecipazione della ricorrente ad una collusione sulle quote di mercato.

100 Tuttavia, il Tribunale ritiene, nell'esercizio della propria competenza anche di merito, che la violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato accertata a carico della ricorrente resta di una gravità tale che non occorre ridurre l'importo dell'ammenda.

101 Al riguardo, va rilevato come la ricorrente non abbia partecipato alle riunioni del PWG e non sia stata quindi sanzionata in quanto «capofila» dell'intesa. Non avendo svolto, secondo i termini impiegati dalla Commissione, un ruolo di «promotrice» dell'intesa (punto 170, primo comma, del preambolo della decisione), il livello dell'ammenda fissato nei suoi confronti è stato pari al 7,5% del suo fatturato comunitario realizzato nel settore del cartoncino nel 1990. Orbene, questo livello generale delle ammende, non contestato dalla ricorrente, è giustificato (v. supra, punti 86 e seguenti).

102 Inoltre, sebbene la Commissione abbia erroneamente affermato che i produttori non rappresentati in seno al PWG erano «assolutamente consapevoli» dell'intesa sulle quote di mercato (punto 158, primo comma, del preambolo), ciò non toglie che dalla stessa decisione risulta che sono le imprese riunite in seno al PWG che si sono concertate riguardo al «congelamento» delle quote di mercato (v., in particolare, punto 52 del preambolo) e che nessuna discussione verteva sulle quote di mercato detenute dai produttori che non vi erano rappresentati. Del resto, come la Commissione ha dichiarato al punto 116, terzo comma, del preambolo della decisione, «per la loro stessa natura gli accordi in materia di ripartizione di mercati (in particolare il congelamento delle quote di cui ai `considerando' 56 e 57), coinvolgevano essenzialmente i produttori principali». La collusione sulle quote di mercato addebitata alla ricorrente ha quindi rivestito, a giudizio della stessa Commissione, un carattere secondario, in particolare rispetto alla collusione sui prezzi.

103 Quanto alla censura della ricorrente secondo cui l'intesa non ha conosciuto un ampio successo sul mercato, essa si riferisce all'accertamento della Commissione secondo cui «il cartello ha riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi» (punto 168, settimo trattino, del preambolo della decisione). E' pacifico che una considerazione del genere è riferita agli effetti sul mercato dell'infrazione constatata nell'art. 1 della decisione.

104 Tuttavia, l'argomentazione svolta dalla ricorrente va intesa nel senso che essa non contesta la valutazione della Commissione sugli effetti della collusione sui prezzi. Invero, la ricorrente sostiene di aver subito, in qualità di acquirente di cartoncino, gli effetti degli aumenti di prezzo concordati (v. infra, punti 132 e seguenti). Inoltre, gli argomenti e i riferimenti da essa richiamati a sostegno del presente motivo, riguardano unicamente gli effetti della collusione sulle quote di mercato.

105 Pertanto, l'argomentazione svolta dalla ricorrente va intesa nel senso che quest'ultima contesta che la collusione sulle quote di mercato abbia riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi.

106 Orbene, emerge dalla decisione che l'accertamento relativo all'ampia realizzazione degli obiettivi è essenzialmente fondato sugli effetti della collusione sui prezzi. Mentre questi effetti vengono analizzati ai punti 100-102, 115 e 135-137 del preambolo della decisione, la questione se la collusione sulle quote di mercato e la collusione sugli arresti degli impianti abbiano avuto effetti sul mercato non forma invece oggetto di alcun esame specifico.

107 Per giunta, per quanto riguarda la collusione sulle quote di mercato, la Commissione non sostiene che le imprese che hanno partecipato alle riunioni del PWG perseguissero l'obiettivo di un congelamento assoluto delle loro quote di mercato. Ai termini del punto 60, secondo comma, del preambolo della decisione, l'intesa sulle quote di mercato non era statica, «ma soggetta ad adeguamenti periodici ed a nuove trattative».

108 Ne consegue che la censura della ricorrente è infondata.

109 Alla luce di quanto precede, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla presa in considerazione di un fatturato erroneo

Argomenti delle parti

110 La ricorrente sottolinea come la Commissione, per determinare l'ammenda da infliggere a ciascuna impresa, abbia tenuto conto della situazione della medesima nel settore (dimensioni, gamma di prodotti, quota di mercato, fatturato del gruppo e fatturato nel settore del cartoncino) (punto 169, primo comma, terzo trattino, del preambolo della decisione).

111 Per quanto riguarda la ricorrente, le informazioni individuali allegate alla comunicazione degli addebiti indicherebbero che il suo fatturato e la sua quota di mercato (calcolata in base al suo fatturato) sono stati determinati includendo le «vendite interne», vale a dire quelle relative al proprio fabbisogno. Nella sua risposta ad una richiesta d'informazioni dell'8 ottobre 1993, la ricorrente ha comunicato solo il fatturato realizzato con terzi nel settore del cartoncino (pari a 63,86 milioni di DM nel 1991), in quanto sarebbe questo l'unico fatturato ai sensi del diritto commerciale. Nonostante questa risposta, la Commissione ha chiesto che le fosse fornito il valore delle forniture interne destinate alle sue unità produttive di astucci pieghevoli (per un valore pari a 14,1 milioni di DM nel 1991).

112 La ricorrente fa valere che l'aver tenuto conto delle forniture interne nella fissazione dell'importo dell'ammenda è incompatibile con l'art. 85 del Trattato e con l'art. 15 del regolamento n. 17.

113 Infatti, le forniture interne non farebbero parte del fatturato esterno e di esse non dovrebbe di conseguenza tenersi conto. Il fatturato realizzato grazie alle forniture interne riemergerebbe solo quando gli astucci pieghevoli fabbricati dalle unità produttive della ricorrente sono consegnati ai terzi, nel qual caso questo fatturato entra a far parte del fatturato globale.

114 La ricorrente aggiunge, in risposta all'affermazione secondo la quale essa avrebbe tratto profitto dagli aumenti del prezzo del cartoncino, che la Commissione non ha verificato se i suddetti introiti interni al gruppo fossero pertinenti nel settore del diritto in materia di intese. Infatti, l'utilizzo ad opera di un'impresa di prodotti che essa fabbrica per il proprio fabbisogno o l'utilizzo di prestazioni per rami di imprese giuridicamente dipendenti (imprese, fabbriche, servizi, uffici commerciali, e così via), ai quali manca l'autonomia decisionale giuridica ed economica, non sarebbe assoggettato all'art. 85 del Trattato, ferma restando la contabilizzazione di queste attività. La ricorrente ne desume che la fornitura di cartoncino alle proprie unità produttive di astucci pieghevoli per il proprio fabbisogno era priva di pertinenza e che occorreva di conseguenza non tenerne conto.

115 La distinzione tra le forniture esterne e le forniture interne corrisponderebbe ad una prassi decisionale consolidata della Commissione in materia di concentrazioni [decisione 23 settembre 1991, Mannesmann/Boge (IV/M.134), punto 19, e decisione della Commissione 30 settembre 1992, 93/9/CEE, che dichiara la compatibilità di una concentrazione con il mercato comune (pratica IV/M214 - Du Pont/ICI) (GU 1993, L 7, pag. 13, punto 31 del preambolo) e la Commissione non potrebbe discostarsene nell'ambito dell'art. 85 del Trattato o dell'art. 15 del regolamento n. 17. Inoltre l'art. 5, nn. 1, seconda frase, e 5, lett. a), del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 4064/89»), dimostrerebbe che gli introiti interni non entrano a far parte del calcolo del fatturato.

116 Il Tribunale avrebbe indirettamente confermato una tale distinzione nella sua sentenza 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione (Racc. pag. II-549), dichiarando che, ai fini della presa in considerazione del fatturato in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda, è lecito tener conto tanto del fatturato globale dell'impresa quanto del fatturato proveniente dalle merci oggetto dell'infrazione. In quella sentenza, esso avrebbe fatto riferimento soltanto al giro d'affari esterno.

117 La Commissione fa rilevare che la ricorrente ha messo in commercio astucci pieghevoli fabbricati a partire dai prodotti interessati dalla decisione. Essa avrebbe in tal modo fruito di un vantaggio concorrenziale illecito, posto che essa non potrebbe seriamente affermare di aver fatturato le operazioni interne al gruppo ai prezzi eccessivi fatturati dal cartello. Pertanto, essa avrebbe tratto profitto, in un modo o nell'altro, dallo smercio dei prodotti oggetto degli accordi collusivi. Conseguentemente, sarebbe ingiustificato non tener conto del fatturato cosiddetto «interno». Accogliere il punto di vista della ricorrente si risolverebbe nell'accordare un trattamento di favore ingiustificato ai produttori integrati.

118 Sarebbe inoltre inesatto sostenere che nessun fatturato è stato realizzato con i prodotti di cartoncino di cui trattasi poiché questi ultimi sono stati utilizzati per la produzione di astucci pieghevoli smerciati sul mercato.

119 La Commissione confuta l'argomento della ricorrente secondo il quale la fornitura di cartoncino alle proprie unità produttive per essere trasformato equivarrebbe ad un consumo in proprio, non rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 85 del Trattato. Il riferimento alla prassi della Commissione nel settore del controllo delle operazioni di concentrazione non avrebbe alcun fondamento, dato che in questo settore si tratterebbe di stabilire, in sede di calcolo del fatturato in base agli artt. 1 e 5 del regolamento n. 4064/89, se le imprese interessate dispongano di un potenziale economico sufficientemente rilevante per giustificare la messa in moto del meccanismo comunitario di controllo delle operazioni di concentrazione.

Giudizio del Tribunale

120 E' stato accertato che ammende di un livello base del 9 o del 7,5% del fatturato realizzato nel 1990 da ciascuna impresa destinataria della decisione sul mercato comunitario del cartoncino sono state irrogate in funzione del fatto che le imprese fossero state considerate «capofila» oppure «membri ordinari» dell'intesa. La ricorrente è stata considerata dalla Commissione come rientrante nella seconda categoria di imprese.

121 Risulta dagli atti che l'importo in base al quale è stata determinata l'ammenda inflitta alla ricorrente è costituito dalla somma, da un lato, del fatturato realizzato con le vendite di cartoncino a terzi e, dall'altro, del valore delle forniture interne di cartoncino alle unità produttive di astucci pieghevoli, unità che, facendo capo alla ricorrente, non costituiscono persone giuridiche distinte da quest'ultima.

122 Si deve prendere atto che la Commissione ha correttamente preso in considerazione tale fatturato complessivo per la determinazione dell'importo dell'ammenda.

123 Deve rilevarsi che la presa in considerazione del valore delle forniture interne ad una società, ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda, non è vietata da alcuna norma giuridica.

124 Ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante una decisione, infliggere alle imprese che abbiano commesso, con dolo o per negligenza, un'infrazione alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato ammende comprese tra un minimo di 1 000 ECU e un massimo di 1 000 000 di ECU, importo massimo che può essere elevato al 10% del fatturato realizzato nel corso dell'esercizio precedente da ciascuna impresa che ha preso parte all'infrazione.

125 Il limite massimo di un'ammenda che superi 1 000 000 di ECU è stabilito mediante espresso riferimento al fatturato dell'impresa. Come la Corte ha dichiarato, questo limite è inteso ad evitare che le ammende siano sproporzionate rispetto alle dimensioni dell'impresa e, poiché soltanto il fatturato globale può effettivamente dare un'indicazione approssimativa al riguardo, occorre intendere tale percentuale come riferita al fatturato globale (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punti 118 e 119).

126 Determinando l'importo delle ammende in base al solo fatturato realizzato con le vendite del prodotto oggetto dell'infrazione, come ha fatto nei confronti delle imprese menzionate nell'art. 3 della decisione, la Commissione ha preso in considerazione, come base per il proprio calcolo, la quota del fatturato globale delle imprese che meglio rifletteva il profitto ricavato dall'intesa.

127 Al riguardo, l'argomento della ricorrente secondo il quale essa non avrebbe tratto alcun profitto dall'intesa nel fornire il proprio cartoncino alle proprie unità produttive non può essere accolto. Invero, la ricorrente non ha prodotto il benché minimo elemento di prova riguardante il valore di queste forniture interne, malgrado l'affermazione della Commissione, contenuta nel suo controricorso, secondo la quale tali forniture non sono state colpite dagli aumenti di prezzo del cartoncino illecitamente concordati. Conseguentemente, si deve ritenere che le unità produttive di astucci pieghevoli della ricorrente, ossia la ricorrente stessa, hanno tratto profitto dall'intesa impiegando come materia prima il cartoncino di propria produzione. Invero, a differenza dei trasformatori concorrenti, la ricorrente non ha dovuto sopportare gli aumenti di costi provocati dagli aumenti di prezzo decisi in modo concordato.

128 Non tener conto del valore delle forniture di cartoncino interne alla Europa Carton si risolverebbe necessariamente nell'avvantaggiare in modo ingiustificato le società integrate verticalmente. In siffatta situazione, il profitto derivante dall'intesa potrebbe non venir preso in considerazione e l'impresa interessata eluderebbe una sanzione proporzionata alla sua importanza sul mercato dei prodotti oggetto dell'infrazione.

129 Infine, nei limiti in cui nel caso di specie non si pone alcun problema relativo all'ambito d'applicazione ratione materiae dell'art. 85 del Trattato, l'analogia prospettata dalla ricorrente (v. supra, punto 114) con il trattamento degli accordi interni al gruppo è priva di pertinenza.

130 Del pari non è pertinente l'argomento tratto dalla disciplina applicabile alle operazioni di concentrazione tra imprese. Sul punto, è sufficiente rilevare come l'esclusione delle eventuali «vendite interne» nel calcolo del fatturato globale delle imprese in materia di concentrazioni, prevista da alcune disposizioni dell'art. 5 del regolamento n. 4064/89, si spiega con il fatto che la presa in considerazione di tali operazioni avrebbe come conseguenza che lo stesso fatturato costituirebbe oggetto di un computo doppio. Orbene, nel caso di specie, il fatturato relativo alle vendite di astucci pieghevoli non è stato preso in considerazione nella determinazione dell'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente.

131 Alla luce di quanto precede, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo all'esistenza di circostanze attenuanti connesse al fatto che la ricorrente, nella sua veste di acquirente di cartoncino, sarebbe stata colpita dalle misure concordate

Argomenti delle parti

132 Secondo la ricorrente, la Commissione ha omesso di tener conto della circostanza che essa è il maggior trasformatore tedesco di cartoncino per astucci pieghevoli, attività di trasformazione la cui importanza economica è tre volte superiore a quella del suo cartonificio. Conseguentemente, gli aumenti di prezzo del cartoncino avrebbero avuto ripercussioni economiche sfavorevoli, poiché avrebbero fatto aumentare i prezzi di costo delle sue unità produttive di astucci pieghevoli.

133 Questo argomento, secondo la ricorrente, meritava tanto più d'essere preso in considerazione in quanto il settore degli astucci pieghevoli non avrebbe potuto trasferire gli aumenti dei costi sugli acquirenti. Gli aumenti di prezzo avrebbero quindi costituito un onere per i trasformatori, tra cui la ricorrente stessa, come attestato dalla denuncia depositata dalla BPIF.

134 La Commissione non potrebbe fondatamente sostenere che la ricorrente non subiva alcun effetto negativo in quanto essa avrebbe fornito cartoncino alle proprie unità di trasformazione a prezzi vantaggiosi. Questo ragionamento sarebbe economicamente artificioso, posto che, in un'impresa integrata, ciò che viene concesso da un punto di vista contabile da un ramo dell'impresa ad un altro ramo deve alfine essere «recuperato» sul mercato, se l'impresa persegue un obiettivo di redditività. Inoltre la Commissione avrebbe ignorato la circostanza che i cartonifici della ricorrente hanno soddisfatto solo il 20% circa del fabbisogno in cartoncino delle sue unità di trasformazione. In altri termini, essa non avrebbe tenuto conto di un approvvigionamento dall'esterno, che pure sarebbe stato fatturato ai prezzi stabiliti dal cartello.

PER LA CONTINUAZIONE DEI MOTIVI VEDI SOTTO NUMERO: 694A0304.1

135 A sostegno della propria tesi, la ricorrente richiama alcune decisioni della Commissione nelle quali si sarebbe riconosciuto che l'importanza delle ripercussioni economiche, in particolare il fatto che l'impresa abbia agito sotto pressione, controvoglia o contro il proprio interesse economico, può essere presa in considerazione per valutare il ruolo rivestito nell'ambito di un'infrazione. Essa argomenta del pari dalla sentenza Parker Pen/Commissione, dianzi richiamata, dalla quale risulterebbe che la Commissione ha inflitto un'ammenda di 40 000 ECU al distributore interessato e un'ammenda di 700 000 ECU al fornitore.

136 La Commissione ritiene che questo motivo debba essere respinto.

137 Non vi sarebbe alcun motivo di ritenere che la ricorrente si sia fatturata il cartoncino destinato agli astucci pieghevoli ai prezzi artificiali fissati dal cartello e che per tale motivo essa abbia subito, alla stregua degli altri fabbricanti di astucci pieghevoli, le ripercussioni economiche degli aumenti di prezzo. D'altra parte, la ricorrente non dimostrerebbe di aver pagato ai prezzi pattuiti dal cartello il cartoncino fornito alle proprie unità di trasformazione da altri produttori.

138 Infine, alla luce degli elementi prodotti agli atti, la ricorrente non potrebbe asserire di aver agito sotto la pressione dei propri partner, controvoglia o contro i propri interessi economici.

Giudizio del Tribunale

139 Si è già ricordato che la gravità delle infrazioni dev'essere stabilita in funzione di un gran numero di elementi, quali in particolare le circostanze specifiche della pratica, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, senza che ciò comporti un elenco vincolante o esauriente di criteri di cui debba tenersi obbligatoriamente conto (ordinanza SPO e a./Commissione, citata, punto 54).

140 La ricorrente non nega di aver partecipato alla collusione sui prezzi accertata nell'art. 1 della decisione.

141 Il fatto che un'impresa che ha partecipato a una collusione sui prezzi con i suoi concorrenti abbia operato contro i suoi stessi interessi economici ed abbia subito, di conseguenza, gli effetti di questa collusione non costituisce necessariamente un elemento di cui deve tenersi conto come circostanza attenuante, in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda da irrogare. Invero, un'impresa che continui a concertarsi con i suoi concorrenti sui prezzi, nonostante l'asserito danno che essa subisce, non può essere considerata aver commesso un'infrazione meno grave di quella delle altre imprese parimenti implicate nella collusione.

142 Diverso potrebbe eventualmente essere il caso qualora una simile impresa dimostrasse di aver agito in modo illecito sotto costrizione. Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha neppure sostenuto di essere stata costretta ad accordarsi sui prezzi con i suoi concorrenti.

143 Inoltre, essa non ha dimostrato di non aver tratto profitto dagli aumenti di prezzo concordati per quanto attiene alle forniture compiute dal suo stesso cartonificio alle proprie unità produttive di astucci pieghevoli.

144 Infine, per quanto riguarda l'approvvigionamento delle sue unità produttive di astucci pieghevoli effettuato da produttori di cartoncino concorrenti, essa si limita a sostenere, senza addurre alcuna prova, di aver subito un danno economico connesso al fatto che le vendite di cartoncino le sarebbero state fatturate ai prezzi illecitamente concordati.

145 Ciò premesso, la Commissione non ha commesso alcun errore di diritto. Pertanto, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo al fatto che l'asserita dissimulazione dell'intesa non dovrebbe comportare alcuna circostanza aggravante

Argomenti delle parti

146 La ricorrente muove dalla constatazione che la Commissione ha accertato, da un lato, che la collusione in materia di fissazione dei prezzi e di ripartizione dei mercati costituisce per sua natura intrinseca una grave restrizione della concorrenza (punto 168, primo trattino, del preambolo della decisione) e, dall'altro, che sono state adottate iniziative complesse per dissimulare l'effettiva natura e portata della collusione (punto 168, sesto trattino, del preambolo). Tali asseriti tentativi di dissimulazione avrebbero costituito uno degli aspetti più gravi dell'infrazione (punto 167 del preambolo). La Commissione avrebbe pertanto, nel determinare l'importo generale delle ammende, considerato la dissimulazione come un aspetto particolarmente grave dell'infrazione, che va al di là della gravità di quest'ultima. Si sarebbe quindi tenuto conto due volte di un'unica e medesima considerazione.

147 Del resto non si potrebbe porre a carico della ricorrente di non aver compiuto apertamente gli atti che costituiscono l'infrazione. Simili manovre, che costituiscono restrizioni gravi della concorrenza e sono passibili di ammende, avrebbero dovuto essere celate per loro stessa natura.

148 La Commissione riconosce che le restrizioni della concorrenza deliberate nell'ambito di un'intesa non vengono generalmente poste in atto alla luce del sole. Essa ritiene tuttavia che questo tipo d'infrazione, commessa dolosamente, non sia necessariamente accompagnata da una pratica del segreto come quella accertata nel caso di specie. Essa basa le proprie affermazioni sul verbale delle audizioni (pag. 46, dal quale risulta che i membri avevano ricevuto l'istruzione di non redigere note nel corso delle riunioni) e sul punto 73 del preambolo della decisione.

149 Infine, essa contesta di aver effettuato una valutazione isolata sulle manovre dissimulatorie, poiché queste ultime costituirebbero solo uno degli elementi presi in considerazione per valutare la gravità dell'infrazione.

Giudizio del Tribunale

150 Ai sensi del punto 167, terzo comma, del preambolo della decisione, «un aspetto particolarmente grave dell'infrazione è costituito dal fatto che, nel tentativo di dissimulare l'esistenza del cartello, le imprese sono arrivate al punto di orchestrare in anticipo le date e l'ordine cronologico degli annunci relativi ai nuovi aumenti di prezzo da parte di ciascun produttore principale». Nella decisione si rileva inoltre che «i produttori avrebbero potuto, sulla base di questo complesso schema collusivo, attribuire la serie degli aumenti di prezzo uniformi, regolari e su scala industriale nel settore del cartoncino al fenomeno del "comportamento oligopolistico"» (punto 73, terzo comma del preambolo). Infine, a tenore del punto 168, sesto trattino, del preambolo, la Commissione ha fissato il livello generale delle ammende tenendo conto del fatto che «sono state adottate iniziative complesse per dissimulare l'effettiva natura e portata della collusione (mancanza di verbali ufficiali o di documentazione per il PWG e il JMC; invito a non prendere note; scaglionamento dei tempi e dell'ordine nel quale gli aumenti di prezzo erano annunciati in modo da poter sostenere che le imprese "seguivano" l'impresa leader, ecc.)».

151 La ricorrente non contesta l'affermazione della Commissione secondo cui le imprese hanno programmato le date e la successione delle lettere che annunciavano gli aumenti di prezzo. Inoltre, per quanto riguarda la conclusione della Commissione, secondo cui tale orchestrazione delle date e della successione delle lettere di annuncio degli aumenti aveva lo scopo di cercare di dissimulare l'esistenza della concertazione sui prezzi, la ricorrente non ha fornito alcuna spiegazione atta a dimostrare che la concertazione sulle date e sulla successione delle lettere di annuncio degli aumenti avrebbe perseguito un obiettivo diverso da quello accertato dalla Commissione.

152 Quanto all'assenza di verbali ufficiali nonché all'assenza pressoché totale di qualsiasi nota interna sulle riunioni del PWG e del JMC, esse costituiscono, alla luce del numero di tali riunioni, della durata nel tempo e della natura delle discussioni svolte, una prova sufficiente della conclusione della Commissione secondo cui i partecipanti venivano scoraggiati dal prendere appunti.

153 Risulta da quanto precede che le imprese che hanno partecipato alle riunioni dei detti organismi erano non solo consapevoli dell'illiceità del loro comportamento, ma hanno altresì adottato misure dirette a dissimulare la collusione. Pertanto, la Commissione ha giustamente considerato tali misure come circostanze aggravanti nell'ambito della valutazione della gravità dell'infrazione.

154 Il presente motivo deve quindi essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione del principio della parità di trattamento nella determinazione delle ammende inflitte ai vari produttori di cartoncino

Argomenti delle parti

155 La ricorrente fa valere che, nella determinazione degli importi delle ammende rispettivamente inflitte ai vari produttori coinvolti, l'art. 3 della decisione viola il principio della parità di trattamento (sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punti 173 e seguenti). Raffrontando l'importo dell'ammenda che le è stata inflitta a quella irrogata ad un'impresa che ha preso parte al PWG e che dispone di una capacità produttiva pari al doppio della sua, essa fa rilevare che la differenza è di un milione di ECU soltanto. Essa fa rilevare del pari che l'ammenda inflittale e quella irrogata alla Stora non si conciliano tra loro, nonostante la collaborazione di quest'ultima con la Commissione, tenuto conto degli elementi acquisiti, quali il ruolo e la potenza economica della Stora.

156 Comunque sia, la distinzione tracciata dalla Commissione tra le capofila dell'intesa e le altre imprese sarebbe troppo globale e il ruolo delle imprese che si limitavano a restare «al seguito» non sarebbe stato quindi correttamente valutato.

157 La Commissione ricorda come essa abbia compiuto una duplice distinzione, da un lato, tra le imprese che erano le capofila dell'intesa e quelle che non lo erano e, dall'altro, tra quelle che hanno collaborato con la Commissione e le altre (punti 170-172 del preambolo della decisione). Pertanto, qualsiasi differenza riscontrabile nell'importo delle ammende sarebbe riconducibile al combinarsi di questi fattori con il fatturato preso in considerazione nel caso di ciascuna impresa, il che non costituirebbe una violazione del principio di uguaglianza. Per quanto riguarda la Stora, la Commissione fa rilevare che, nonostante la collaborazione di quest'impresa, l'ammenda che le è stata inflitta è quasi sei volte superiore a quella inflitta alla ricorrente.

158 Infine, essa ritiene di aver correttamente valutato il ruolo e la partecipazione di tutte le imprese che hanno preso parte all'intesa e considera come non pertinente il concetto di «imprese al seguito» suggerito dalla ricorrente.

Giudizio del Tribunale

159 Come è già stato rilevato, ammende di un livello base del 9 o del 7,5% del fatturato realizzato nel 1990 da ciascuna impresa destinataria della decisione sul mercato comunitario del cartoncino sono state inflitte, rispettivamente, alle imprese considerate come le «capofila» dell'intesa e alle altre imprese. E' inoltre assodato che la Rena e la Stora hanno fruito di una riduzione di due terzi dell'importo delle loro ammende per via della loro collaborazione attiva, prestata sin dall'inizio, con la Commissione, mentre alcune altre imprese, tra cui la ricorrente, hanno fruito di una riduzione di un terzo dell'importo delle loro ammende per non aver contestato, nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, i principali elementi di fatto sui quali la Commissione fondava tali addebiti nei loro confronti (v. punti 171 e 172 del preambolo della decisione).

160 L'ammenda inflitta alla ricorrente è quindi pari, conformemente ai criteri sopra menzionati, al 7,5% del fatturato preso in considerazione dalla Commissione, aliquota successivamente ridotta di un terzo in considerazione del fatto che l'impresa non ha contestato, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, i principali elementi di fatto sui quali la Commissione fondava tali addebiti nei suoi confronti.

161 Emerge infine da una tabella prodotta dalla Commissione, contenente indicazioni in ordine alla fissazione dell'importo di ciascuna ammenda individuale, che tali ammende sono state determinate tenendo conto, oltre che dei predetti criteri, della durata della partecipazione di ciascuna impresa all'infrazione. Ne deriva che le aliquote base generalmente applicate, cioè secondo i casi il 7,5 o il 9%, sono state rapportate pro rata temporis al periodo durante il quale l'impresa interessata aveva violato l'art. 85, n. 1, del Trattato.

162 Poiché l'importo di ciascuna ammenda irrogata risultava quindi da una combinazione di fattori riferentisi alla situazione specifica dell'impresa interessata, l'argomento della ricorrente basato su un raffronto dell'importo dell'ammenda inflittale, espresso in valore assoluto, con quello, anch'esso espresso in valore assoluto, di altre imprese destinatarie della decisione è privo di fondamento.

163 Con più specifico riguardo al raffronto operato dalla ricorrente tra l'importo dell'ammenda inflittale e quello dell'ammenda irrogata alla Stora, si deve sottolineare come le dimensioni e la potenza economica di quest'ultima impresa nel settore del cartoncino siano state necessariamente prese in considerazione ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda, dal momento che la Commissione ha preso in considerazione, ai fini di tale determinazione, il fatturato realizzato con le vendite di cartoncino. Al riguardo, risulta dall'art. 3 della decisione che l'ammenda inflitta alla Stora ascende, nonostante una riduzione pari a due terzi del suo ammontare, a 11 250 000 ECU, mentre quella della ricorrente, ridotta di un terzo, ammonta a 2 000 000 di ECU. Questa differenza è riconducibile, in particolare, alle dimensioni e alla potenza economica rispettive delle due imprese ed al grado di collaborazione con la Commissione di cui è stato tenuto conto. L'argomento della ricorrente va pertanto disatteso.

164 Quanto alla questione se le aliquote base stabilite nei confronti delle imprese considerate, rispettivamente, come le «capofila» e come «membri ordinari» tengano sufficientemente conto del ruolo effettivamente svolto da ciascuna impresa nell'intesa, occorre anzitutto sottolineare come la Commissione abbia correttamente ritenuto che alle imprese che avevano preso parte alle riunioni del PWG andasse posta a carico una responsabilità particolare per l'infrazione (punto 170 del preambolo della decisione).

165 Essa ha peraltro effettuato una corretta valutazione della gravità dell'infrazione commessa, rispettivamente, dalle «capofila» dell'intesa e dai «membri ordinari» della medesima stabilendo, ai fini del calcolo delle ammende inflitte a queste due categorie di imprese, aliquote base del 9 e del 7,5% del fatturato rilevante.

166 Ne consegue che il presente motivo dev'essere respinto. Sul motivo relativo a un tema trattato nell'ambito delle difese comuni

167 Nel corso della riunione informale del 29 aprile 1997, le imprese che hanno presentato ricorsi contro la decisione sono state invitate a considerare, nell'ipotesi di un'eventuale riunione delle cause ai fini della trattazione orale, la possibilità della presentazione di difese orali in comune. Si è sottolineato come tali difese orali comuni avrebbero potuto essere presentate solo da ricorrenti che avevano effettivamente dedotto, nei loro ricorsi, motivi corrispondenti ai temi da svolgere in comune.

168 Con telecopia 14 maggio 1997, depositata a nome di tutte le parti ricorrenti, queste ultime hanno comunicato la loro decisione di trattare sei temi nel quadro delle difese orali comuni, in particolare la motivazione relativa alle ammende.

169 Nel proprio ricorso introduttivo, la ricorrente non ha formulato alcun motivo o argomento in ordine a questo tema. Essa ha tuttavia precisato, nel corso dell'udienza, che essa aderiva alle difese orali comuni di cui trattasi.

170 Va ricordato che, ai sensi dell'art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Nel caso di specie, la ricorrente non ha fatto valere alcun elemento di diritto o di fatto emerso nel corso del procedimento, idoneo a giustificare la deduzione del motivo nuovo di cui trattasi.

171 Pertanto tale motivo, dedotto dalla ricorrente per la prima volta nel corso dell'udienza, è irricevibile.

172 Emerge da tutto quanto precede che l'art. 1, ottavo trattino della decisione, dev'essere annullato nei confronti della ricorrente e che il ricorso dev'essere respinto per il resto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

173 Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è rimasta sostanzialmente soccombente e va quindi condannata alle spese, in accoglimento delle conclusioni della Commissione in tal senso.

Dispositivo


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE

(Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1) L'art. 1, ottavo trattino, della decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino), è annullato nei confronti della ricorrente.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) La ricorrente è condannata alle spese.