61993J0441

Sentenza della Corte del 12 marzo 1996. - Panagis Pafitis e altri contro Trapeza Kentrikis Ellados A.E. e altri. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Polymeles Protodikeio Athinon - Grecia. - Diritto delle società - Direttiva 77/91/CEE - Modifica del capitale di una società per azioni bancaria - Efficacia diretta dell'art. 25, n. 1, e dell'art. 29, n. 3 della direttiva - Abuso di diritto. - Causa C-441/93.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-01347


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


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Libera circolazione delle persone ° Libertà di stabilimento ° Società ° Direttiva 77/91 ° Ambito d' applicazione ° Inclusione delle società per azioni bancarie ° Normativa nazionale che prevede l' aumento per via amministrativa del capitale di una società bancaria in difficoltà finanziarie ° Inammissibilità ° Congelamento dei diritti conferiti dalla direttiva agli azionisti mediante il ricorso ad una norma nazionale che vieta l' abuso di diritto ° Inammissibilità ° Obbligo di informare per iscritto i titolari di azioni nominative in caso di aumento di capitale ° Informazione limitata alla pubblicazione dell' offerta di sottoscrizione in taluni quotidiani ° Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 77/91/CEE, artt. 25 e 29)

Massima


La seconda direttiva 77/91, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all' art. 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, e in particolare gli artt. 25 e 29, devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alle società per azioni bancarie. Infatti, il criterio adottato dal legislatore comunitario per definire il campo d' applicazione della seconda direttiva è quello della forma giuridica della società, indipendentemente dalla sua attività.

L' art. 25 della direttiva, secondo cui ogni aumento di capitale dev' essere deciso dall' assemblea generale, si oppone ad una normativa nazionale che prevede che il capitale di una società per azioni bancaria che si trova, a causa del suo indebitamento, in una situazione eccezionale possa essere aumentato per via amministrativa e senza delibera dell' assemblea generale. A tal riguardo, anche se la direttiva non impedisce l' adozione di provvedimenti di esecuzione forzata miranti all' eliminazione della società ed in particolare non si oppone ai regimi di liquidazione che pongono la società sotto un regime di amministrazione coatta per salvaguardare i diritti dei creditori, la sua applicazione non è esclusa in caso di introduzione di una semplice disciplina di risanamento destinata ad assicurare la sopravvivenza della società, anche se questa disciplina comporta uno spossessamento temporaneo degli azionisti e degli organi normali della società.

Dato che l' attuazione di una norma di diritto nazionale quale quella che vieta l' abuso di diritto non potrebbe pregiudicare la piena efficacia e l' applicazione uniforme delle disposizioni comunitarie negli Stati membri, il ricorso di un azionista che si avvale di detto art. 25 non può, salvo modificare la portata di questa disposizione, essere considerato abusivo per il solo fatto che l' interessato è un azionista di minoranza di una società assoggettata a una disciplina di risanamento o che avrebbe beneficiato del risanamento della società.

Per il resto, la pubblicazione, all' atto di un aumento di capitale, dell' offerta di sottoscrizione in taluni quotidiani non costituisce un' informazione per iscritto dei titolari di azioni nominative, richiesta dall' art. 29, n. 3, terza frase, della direttiva nell' ipotesi in cui la normativa nazionale non prevede la pubblicazione nel bollettino nazionale designato a tal fine.

Parti


Nel procedimento C-441/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Polymeles Protodikeio (tribunale di primo grado) di Atene nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Panagis Pafitis e a.,

in presenza di

Investment and Shipping Enterprises Est e a.,

e

Trapeza Kentrikis Ellados AE e a.,

in presenza di

Trapeza tis Ellados AE e a.,

domanda vertente sull' interpretazione degli artt. 25 e seguenti e 29 della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all' art. 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori C.N. Kakouris, presidente di sezione, facente funzione di presidente, D.A.O. Edward e G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F. Mancini, F.A. Schockweiler, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn (relatore), C. Gulmann, J.L. Murray, H. Ragnemalm e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere

viste le osservazioni scritte presentate:

° per il signor Pafitis e a., dagli avv.ti Sofia Koukouli-Spiliotopoulou, Ioannis Stamoulis, Feidias Doukaris e Georgios Kampitsis, del foro di Atene;

° per la società Investment and Shipping Enterprises Est e a., dagli avv.ti Nikolaos Skandamis, Georgios Kampitsis, Ioannis Stamoulis e Feidias Doukaris, del foro di Atene;

° per la Trapeza Kentrikis Ellados AE e a., dagli avv.ti Marios Bachas, Fotis Chatzis, Alexandros Markopoulos e Konstantinos Mavrias, del foro di Atene;

° per la Trapeza tis Ellados AE e a., dagli avv.ti Ilias Soufleros e Marios Armaos, del foro di Atene e dal signor Vasileios Kontolaimos, sostituto avvocato dello Stato, in qualità di agente;

° per il governo ellenico, dal signor Vasileios Kontolaimos, sostituto avvocato dello Stato, in qualità di agente;

° per il governo portoghese, dai signori Jorge Santos, consigliere giuridico presso il servizio giuridico della Banca del Portogallo, e Luis Fernandes, direttore del servizio giuridico della direzione generale delle Comunità europee, presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti;

° per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Antonio Caeiro e Dimitrios Gouloussis, consiglieri giuridici, in qualità di agenti,

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali del signor Pafitis e a., rappresentati dagli avv.ti Sofia Koukouli-Spiliotopoulou, Ioannis Stamoulis, Feidias Doukaris, della Investment and Shipping Enterprises Est e a., rappresentati dall' avv. Feidias Doukaris, della Trapeza Kentrikis Ellados AE e a., rappresentati dagli avv.ti Marios Bachas, Konstantinos Mavrias e Krateros Ioannou, del foro di Atene, della Trapeza tis Ellados AE e a., rappresentati dall' avv. Ilias Soufleros e dal signor Vasileios Kontolaimos, del governo ellenico, rappresentato dai signori Panagiotis Mylonopoulos, collaboratore giuridico speciale presso il servizio speciale del contenzioso comunitario del ministero degli Affari esteri, e da Dimitrios Leontokianakos, collaboratore giuridico presso l' ufficio autonomo degli affari giuridici delle Comunità europee presso il ministero dell' Economia nazionale, in qualità di agenti, e della Commissione, rappresentata dal signor Dimitrios Gouloussis, all' udienza del 6 giugno 1995,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 9 novembre 1995,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con decisione 3 agosto 1993, pervenuta alla Corte il 16 novembre seguente, il Polymeles Protodikeio Athinon (tribunale di primo grado di Atene) ha posto, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali relative all' interpretazione degli artt. 25 e seguenti e 29 della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all' art. 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1; in prosieguo: la "seconda direttiva").

2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia che oppone la banca Trapeza Kentrikis Ellados AE, costituita sotto forma di società per azioni (in prosieguo: la "banca TKE"), e i suoi nuovi azionisti ai precedenti azionisti, il signor Pafitis e a., che contestano gli aumenti del capitale sociale della banca TKE effettuati con decisione del governatore della Banca di Grecia 28 luglio 1986, n. 826 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, *EK, numero A 117 del 29 luglio 1986), e dell' atto n. 71 del commissario provvisorio della banca TKE, del 24 settembre 1986, confermato successivamente dalla legge n. 1682/87 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, *EK, numero A 14 del 16 febbraio 1987). Questi atti sono stati adottati in forza del decreto presidenziale n. 861/1975.

3 La legge speciale n. 1665/1951 (Gazzetta ufficiale ellenica, *EK, numero A 31 del 27 gennaio 1951), come era in vigore al tempo dei fatti di cui è causa, prevedeva all' art. 6 che, quando i mezzi propri della banca si trovano ridotti a seguito di perdite o quando la Commissione monetaria ritiene che essi non corrispondano più, per qualsiasi altro motivo, alle necessità della banca, questa Commissione invita la banca a ricostituire i mezzi propri perduti o ad aumentare il capitale entro un termine da essa stabilito, il quale non può essere inferiore a 60 giorni.

4 Ai sensi dell' art. 8, n. 1, di questa legge speciale, quando una banca non è più in grado o rifiuta di aumentare il suo capitale, ostacola in un modo qualsiasi la vigilanza o viola una qualsiasi disposizione di leggi, di decisioni o di regolamenti della Commissione monetaria, quest' ultima può revocare l' autorizzazione della banca messa in liquidazione oppure nominare presso di essa un commissario.

5 Con atto n. 397 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, *EK, numero A 133 del 13 settembre 1984) il governatore della Banca di Grecia ha sottoposto la banca TKE alla tutela di un commissario provvisorio.

6 Il decreto presidenziale n. 861/1975, relativo all' assoggettamento delle banche al regime di gestione commissariale provvisoria, prevede all' art. 1, n. 3, disposizione integralmente ripresa dall' art. 1 della legge n. 236/1975 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, *EK, numero A 275 del 5 dicembre 1975), che, a decorrere dalla decisione recante nomina del commissario provvisorio nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, tutti i poteri e le competenze degli organi statutari della banca cessano di pieno diritto e sono devoluti, unitamente all' amministrazione di quest' ultima, al commissario provvisorio o ai commissari provvisori che operano collettivamente.

7 I ricorrenti nel giudizio principale sono azionisti della banca TKE fin da prima del 1984, data in cui il suo capitale sociale era di 670 000 000 di DR.

8 Con decisione 28 luglio 1986, n. 826, il governatore della Banca di Grecia, in applicazione dell' art. 6 della legge speciale n. 1665/1951, invitava la banca TKE ad aumentare il suo capitale sociale a 1 500 000 000 di DR al fine di poter esercitare la sua attività su una base stabile. Sostituendosi all' assemblea generale, il commissario provvisorio decideva, con atto n. 71 del 24 settembre 1986, soprammenzionato, la modifica dell' art. 6 dello statuto della banca, fissando il suo capitale sociale a 1 700 000 000 di DR.

9 Per effettuare questo aumento, il commissario provvisorio invitava gli azionisti della banca TKE, con un annuncio pubblicato nei giornali politici ed economici, ad esercitare i loro diritti di opzione nei confronti dell' aumento entro un termine di 30 giorni e invitava ogni terzo interessato a partecipare all' aumento alla scadenza di questo termine. Poiché tale termine era scaduto senza che i ricorrenti avessero esercitato il loro diritto di opzione, le nuove azioni sono state alla fine cedute a terzi. Successivamente tre nuovi aumenti del capitale sociale sono stati decisi nel 1987, nel 1989 e nel 1990 dall' assemblea generale dei nuovi azionisti della banca TKE, con corrispondente modifica dello statuto.

10 L' art. 24, n. 2, della legge ellenica n. 1682/1987 ha confermato, con effetto dalla data della loro adozione, la decisione di nomina di un commissario provvisorio presso la banca TKE, nonché l' atto con il quale quest' ultimo aveva ordinato che le azioni corrispondenti all' aumento del capitale sociale della banca TKE fossero messe a disposizione degli azionisti.

11 I ricorrenti nella causa principale hanno innanzi tutto impugnato, dinanzi al giudice nazionale, la modifica dello statuto della banca TKE, che ha operato l' aumento di capitale fino a 1 700 000 000 di DR poiché questa modifica risultava da una decisione del commissario provvisorio, mentre l' assemblea generale degli azionisti non era stata convocata per decidere l' aumento di capitale e il regime della gestione commissariale provvisoria era cessato d' ufficio una volta trascorso un periodo di tempo corrispondente a una durata ragionevole di questo regime. Essi hanno poi contestato la ripartizione delle azioni ed hanno chiesto che fosse constatato il fatto che gli altri convenuti nella causa principale, i quali si presentavano come nuovi azionisti della banca in seguito all' aumento di capitale, non avevano acquisito la qualità di azionista né il diritto di partecipare all' assemblea generale degli azionisti della banca TKE. Infine essi hanno chiesto che fosse dichiarata la nullità delle decisioni concernenti i tre aumenti del capitale sociale operati successivamente e le corrispondenti modifiche dello statuto.

12 Nella decisione di rinvio il giudice nazionale si chiede se la giurisprudenza della Corte che sancisce, per quanto riguarda le società per azioni ordinarie, il principio della competenza dell' assemblea generale a decidere aumenti di capitale si estenda anche alle società per azioni bancarie, dato che, nel diritto nazionale, alle società per azioni bancarie si applica specificamente una normativa relativa alle banche (legge n. 236/1975, soprammenzionata). Questa normativa ha per oggetto di assicurare il loro risanamento, a causa della particolare rilevanza che le banche rivestono per il funzionamento del credito, per la garanzia dei depositi e per il buon andamento dell' economia nazionale, motivi che costituiscono un obiettivo di interesse generale.

13 Alla luce di quanto sopra il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se l' applicazione diretta nel territorio della Repubblica ellenica della seconda direttiva del Consiglio delle Comunità europee (77/91/CEE del 13 dicembre 1976), ed in particolare delle sue disposizioni relative al mantenimento ed alla modifica del capitale sociale delle società per azioni (gli artt. 25 e seguenti e l' art. 29), abbia una portata tale che i giudici ellenici sono tenuti ad applicare puramente e semplicemente queste disposizioni alle società per azioni bancarie.

2) Se le disposizioni soprammenzionate siano incompatibili con le disposizioni di senso contrario del decreto presidenziale n. 861/1975, che è stato confermato dalla legge n. 236/1975, e dell' art. 24 della legge n. 1682/1987, che derogano alle disposizioni che disciplinano il funzionamento delle società per azioni, al fine di ottenere un risanamento più efficace delle società per azioni bancarie in considerazione del particolare fine sociale ed economico che esse perseguono, il quale costituisce un obiettivo di interesse generale, di modo che esse si oppongono all' applicazione di queste disposizioni in senso contrario.

3) Se si debba ritenere che la pubblicazione della convocazione nei quotidiani costituisca un' informazione per iscritto degli azionisti titolari di azioni nominative ai sensi dell' art. 29, n. 3, terza frase di tale direttiva (77/91/CEE)".

Sulla prima e seconda questione

14 Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice nazionale solleva tre problemi relativi al campo d' applicazione della seconda direttiva, e in particolare degli artt. 25 e 29.

15 Il primo problema riguarda la questione se le società per azioni bancarie in quanto tali rientrino nella seconda direttiva, e in particolare negli artt. 25 e 29.

16 Il secondo problema si riferisce all' applicabilità della direttiva in considerazione del carattere specifico della normativa nazionale di cui trattasi, che mira, in quanto obiettivo di interesse generale e in deroga alle norme che disciplinano le società per azioni, ad ottenere un risanamento più efficace delle società per azioni bancarie che si trovano, a causa del loro indebitamento, in una situazione eccezionale. Il giudice nazionale chiede in sostanza se, tenendo conto di tale carattere speciale, l' art. 25 della seconda direttiva si opponga a che una normativa nazionale preveda che il capitale di una società per azioni bancaria che si trovi in una tale situazione eccezionale può aumentato per via amministrativa e senza delibera dell' assemblea generale.

17 Il terzo problema riguarda più in particolare le condizioni di applicazione dell' art. 25.

Sull' applicabilità della seconda direttiva alle società per azioni bancarie

18 Dal titolo della seconda direttiva e dal suo art. 1 risulta che essa si applica alle società di cui all' art. 58, secondo comma, del Trattato CE, costituite sotto forma di società per azioni.

19 Il criterio adottato dal legislatore comunitario per definire il campo di applicazione della seconda direttiva è pertanto quello della forma giuridica della società, indipendentemente dalla sua attività.

20 Esiste un' unica eccezione a questa regola generale, cioè quella di cui all' art. 1, n. 2, che autorizza gli Stati membri a non applicare la direttiva alle società di investimento a capitale variabile ed alle cooperative costituite sotto forma di società per azioni.

21 Le società per azioni bancarie, non essendo coperte da tale deroga, rientrano pertanto nella seconda direttiva.

22 Questa conclusione è inoltre confermata dal fatto che la seconda direttiva, negli artt. 20, n. 1, lett. c), 23, n. 2, e 24, n. 2, prende esplicitamente in considerazione le particolarità dell' attività bancaria prevedendo che talune disposizioni non si applicano o possono non essere applicate dagli Stati membri alle banche ed altri istituti finanziari costituiti sotto forma di società per azioni.

23 Gli artt. 25 e 29 della seconda direttiva non prevedono tuttavia una tale deroga.

24 Occorre quindi constatare che la seconda direttiva, e in particolare gli artt. 25 e 29, si applicano alle società per azioni bancarie.

Sull' applicabilità dell' art. 25 della seconda direttiva a misure di risanamento di una società bancaria

25 Le convenute nella causa principale sostengono che l' aumento del capitale sociale di cui trattasi costituisce una misura di risanamento di un ente creditizio che non rientra nel campo di applicazione dell' art. 25 della seconda direttiva.

26 A sostegno di tale tesi, esse deducono diversi argomenti intesi a dimostrare che una normativa relativa al risanamento degli enti di credito riveste, sia a livello comunitario sia a livello nazionale, il carattere di una lex specialis rispetto alla disciplina generale delle società.

27 Esse sostengono innanzi tutto che la seconda direttiva non riguarda il risanamento, lo scioglimento e la liquidazione delle società per azioni e, a maggior ragione, degli enti creditizi. Tali questioni costituiscono oggetto di altri provvedimenti legislativi adottati o previsti a livello comunitario.

28 A tal riguardo esse fanno riferimento in particolare alla proposta modificata di direttiva del Consiglio in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi e di sistemi di garanzia dei depositi (GU 1988, C 36, pag. 1; in prosieguo: la "proposta modificata di direttiva").

29 Le convenute nella causa principale sottolineano che questa proposta modificata di direttiva ha in particolare come obiettivo principale di evitare lo scioglimento e la liquidazione degli enti creditizi a causa dell' importanza attribuita al fatto che essi possano continuare a funzionare su una base sana. Anche se mira a disciplinare la loro liquidazione, tale proposta sarebbe ispirata dalla necessità di un' applicazione rigorosa delle norme di vigilanza e dalla nozione di interesse pubblico.

30 Esse constatano che la normativa di risanamento di cui trattasi, salvo alcune disposizioni puramente interpretative delle misure adottate, è riportata integralmente nell' elenco dei provvedimenti nazionali allegato alla proposta modificata di direttiva, nel quale figurano i provvedimenti che sarebbero reciprocamente riconosciuti dagli Stati membri come destinati a mantenere o a ristabilire la situazione finanziaria di un ente creditizio.

31 Ora, secondo le convenute nella causa principale, il fatto che, in base alla proposta modificata di direttiva, l' applicazione di queste misure non dipenda dal rispetto delle disposizioni della seconda direttiva, e in particolare dell' art. 25, dimostra che ciò che conta è il risanamento, anche mediante un aumento obbligatorio del capitale sociale, come previsto dalla normativa ellenica, mentre le condizioni più specifiche di questo aumento sono necessariamente relegate in secondo piano e subordinate a questo obiettivo.

32 Risulterebbe pertanto dalla proposta modificata di direttiva che la questione dell' aumento del capitale di un ente creditizio si inserisce nell' ambito dell' obiettivo più generale e prioritario del risanamento di un ente creditizio ed è, in ultima analisi, equiparata a tale obiettivo.

33 Questa conclusione sarebbe rafforzata, a loro parere, dal fatto che non solo a livello nazionale ma anche a livello comunitario trova applicazione un insieme di regole speciali relative agli enti creditizi, il che sottolinea la natura del tutto particolare di questi ultimi. Al riguardo sarebbe rivelatore il fatto che le direttive concernenti gli istituti finanziari sono più numerose di quelle relative alle società in generale.

34 Anche il governo portoghese ritiene, da parte sua, che, in caso di crisi finanziaria, la situazione di una banca sia fondamentalmente diversa da quella di una società per azioni in generale in quanto, da un lato, il passivo delle banche è essenzialmente costituito dai fondi dei loro depositanti e, dall' altro, la salvaguardia e la gestione del risparmio pubblico costituiscono una funzione essenziale delle banche. Quando una banca si trova in situazione di crisi finanziaria, è al tempo stesso necessario tutelare gli interessi dei suoi depositanti, garantendo con tutti i mezzi il rimborso dei loro crediti, ed evitare che i depositanti di tale banca siano presi da un panico che si propagherebbe al pubblico in generale, dando luogo ad una corsa generalizzata ai ritiri dei fondi depositati nell' insieme del sistema bancario.

35 Per tale motivo, secondo il governo portoghese, sia la normativa degli Stati membri sia quella della Comunità riconoscono la specificità delle banche adottando norme che si discostano dal regime che si applica alle società in generale.

36 Per quanto riguarda la normativa comunitaria, questo governo rinvia non solo alla proposta modificata di direttiva ma anche, come fanno del resto i ricorrenti nella causa principale, alla seconda direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l' accesso all' attività degli enti creditizi ed il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE (GU L 386, pag. 1).

37 In deroga al regime previsto dall' art. 17 della seconda direttiva, la direttiva 89/646 stabilisce all' art. 10, n. 1, la regola secondo cui i fondi propri di un ente creditizio non possono divenire inferiori al capitale iniziale richiesto e prevede, al n. 5 di questo articolo, che le autorità competenti possono concedere, in una tale prospettiva, un termine limitato perché l' ente regolarizzi la propria situazione.

38 In risposta a questi argomenti, occorre precisare innanzi tutto che la seconda direttiva mira, in conformità all' art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CE, a coordinare le garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società di cui all' art. 58, secondo comma, dello stesso Trattato, per rendere equivalenti tali garanzie e per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi. La seconda direttiva mira quindi a garantire un livello minimo di tutela degli azionisti in tutti gli Stati membri.

39 Tale obiettivo sarebbe gravemente compromesso se gli Stati membri potessero derogare alle disposizioni della direttiva, mantenendo in vigore normative, anche definite speciali o eccezionali, che consentano di decidere, mediante provvedimento amministrativo e indipendentemente da qualsiasi decisione dell' assemblea generale degli azionisti, un aumento del capitale sociale (v. sentenze 30 maggio 1991, cause C-19/90 e C-20/90, Karella e Karellas, Racc. pag. I-2691, punti 25 e 26, e 24 marzo 1992, causa C-381/89, Syndesmos Melon tis Eleftheras Evangelikis Ekklisias e a., Racc. pag. I-2111, punti 32 e 33).

40 Per questi motivi la Corte ha già dichiarato che l' art. 25, n. 1, della seconda direttiva osta all' applicazione di una normativa che, mirando ad assicurare il risanamento e la continuazione dell' attività di imprese che hanno un' importanza particolare per l' economia nazionale e che si trovano, a causa del loro indebitamento, in una situazione eccezionale, consente di decidere l' aumento del capitale sociale mediante atto amministrativo e senza decisione dell' assemblea generale (sentenze Karella e Karellas, punto 31, Syndesmos Melon tis Eleftheras Evangelikis Ekklisias e a., punto 37, soprammenzionate, e 12 novembre 1992, cause C-134/91 e C-135/91, Kerafina-Keramische und Finanz-Holding e Vioktimatiki, Racc. pag. I-5699, punto 18; in prosieguo: la "giurisprudenza Karella e Syndesmos Melon").

41 Certo, benché la seconda direttiva non riguardi specificamente il risanamento degli enti creditizi né, del resto, delle società per azioni in generale e queste situazioni non costituiscano ancora oggetto di un' armonizzazione a livello comunitario, ciò non significa tuttavia che agli Stati membri sia consentito adottare nei loro confronti provvedimenti di risanamento che siano incompatibili con le disposizioni della direttiva, le quali, come è stato dichiarato al punto 24, si applicano alle società bancarie.

42 Infatti, per quanto riguarda i provvedimenti di risanamento, l' art. 25, che assicura, in conformità all' obiettivo della seconda direttiva, un livello minimo di protezione degli azionisti in tutti gli Stati membri, si applica, in mancanza di una deroga esplicita, agli enti creditizi alle stesse condizioni che ad ogni altra impresa che abbia un' importanza particolare per l' economia nazionale e che, a causa del suo indebitamento, si trovi in una situazione eccezionale.

43 In merito agli argomenti tratti dalla proposta modificata di direttiva, occorre constatare che quest' ultima non fa parte del diritto positivo comunitario e che, in ogni caso, la sola circostanza che la normativa controversa nella causa principale figuri nell' elenco allegato a tale proposta, il quale identifica, come ha giustamente rilevato la Commissione in udienza, provvedimenti nazionali che, secondo le indicazioni fornite da ciascuno degli Stati membri su sua richiesta, dovevano essere considerati come provvedimenti di risanamento, non permette affatto di determinarne in anticipo la conformità alle disposizioni della seconda direttiva.

44 Quanto alla legislazione comunitaria relativa al settore bancario, occorre osservare, come ha fatto l' avvocato generale al paragrafo 19 delle sue conclusioni, che la maggioranza di queste direttive mira a realizzare e a completare il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi nel predetto settore mediante disposizioni specifiche che si applicano alle banche. Inoltre, le numerose disposizioni in materia di vigilanza, che attribuiscono alle autorità competenti il potere di esigere che un ente creditizio regolarizzi entro un certo termine una situazione patrimoniale divenuta inadeguata, lasciano impregiudicata la competenza degli organi dell' ente creditizio a predisporre essi stessi i rimedi adeguati.

45 Gli argomenti svolti dalle convenute nella causa principale e dal governo portoghese, basati sulla proposta modificata di direttiva e sulla normativa comunitaria relativa al settore bancario, non possono quindi essere accolti.

46 Le convenute nella causa principale sostengono in secondo luogo che il carattere di lex specialis della legislazione bancaria è strettamente collegato alla natura delle norme di vigilanza in quanto disposizioni dettate dall' interesse pubblico. Le norme sulla vigilanza degli enti creditizi costituirebbero un sistema chiuso di disposizioni miranti, da un lato, alla protezione della struttura finanziaria ed alla salvaguardia della fiducia del pubblico in questa struttura e, dall' altro, alla protezione dei depositanti. I provvedimenti di risanamento degli enti creditizi, che costituiscono parte integrante delle norme di vigilanza, perseguirebbero gli stessi obiettivi. In conformità alla normativa ellenica vigente, questi provvedimenti implicherebbero l' aumento del capitale sociale mediante decisione di un commissario provvisorio.

47 Esse sostengono a tal riguardo che la Corte ha già ammesso che la coerenza di un tale sistema chiuso non consente che esso sia perturbato dall' intervento di altre disposizioni di diritto nazionale o di diritto comunitario (v. sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249, e causa C-300/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-305). I motivi fondamentali che hanno indotto la Corte a pronunciarsi in tal modo dovrebbero valere anche in questa causa, che presenta notevoli similarità con la causa Bachmann.

48 Questo argomento non può essere accolto.

49 E' vero che considerazioni relative alla necessità di proteggere gli interessi dei risparmiatori e, in maniera più generale, l' equilibrio del sistema del risparmio richiedono un regime di vigilanza rigorosa al fine di assicurare la solidità del sistema bancario.

50 Tuttavia non ne deriva che un tale regime nazionale debba necessariamente prevedere misure che privino gli organi di un ente creditizio della competenza che è loro riconosciuta, in quanto organi di una società per azioni, dall' art. 25 della seconda direttiva.

51 Infatti, la tutela degli interessi di cui trattasi può essere egualmente e adeguatamente garantita, come ha giustamente rilevato l' avvocato generale al paragrafo 18 delle sue conclusioni, attraverso rimedi alternativi, quali ad esempio la creazione di un sistema generalizzato di garanzia dei depositi, che perseguono lo stesso risultato senza però costituire un ostacolo alla realizzazione dell' obiettivo della seconda direttiva, inteso ad assicurare un livello minimo di tutela degli azionisti in tutti gli Stati membri.

52 Pertanto gli Stati membri possono adottare, nel caso in cui il loro sistema di vigilanza degli enti creditizi non soddisfacesse i requisiti posti dalla seconda direttiva, i provvedimenti necessari per renderlo conforme, nel termine impartito, a questi requisiti ed instaurare un sistema che, nel rispetto delle disposizioni della direttiva, tuteli gli interessi in causa.

53 Risulta inoltre dal fascicolo che la Repubblica ellenica ha nel frattempo adottato provvedimenti legislativi che introducono un sistema di garanzia dei depositi e che sopprimono la funzione del commissario provvisorio, prevista dalla normativa controversa, e quindi i suoi poteri, ivi compreso il potere di decidere l' aumento del capitale di una banca sostituendosi all' assemblea generale.

Sulle condizioni d' applicazione dell' art. 25 della seconda direttiva

54 Le convenute nella causa principale sostengono che, in ogni caso, le condizioni di applicazione dell' art. 25, n. 1, della seconda direttiva non sono soddisfatte. Esse rinviano al riguardo alle sentenze Karella (punto 30) e Syndesmos Melon (punto 27), soprammenzionate.

55 Infatti, a differenza delle disposizioni nazionali di cui alla giurisprudenza Karella e Syndesmos Melon, che ponevano fine unicamente ai poteri degli organi d' amministrazione dell' impresa, mentre l' assemblea generale era mantenuta, la normativa di cui trattasi nella presente causa riguarderebbe la nomina di un commissario provvisorio unitamente alla cessazione di pieno diritto ed alla devoluzione a questo commissario di tutti i poteri e competenze degli organi statutari, ivi compresa l' assemblea generale. Una tale nomina costituirebbe una misura del tutto analoga all' introduzione di provvedimenti di esecuzione forzata ed in particolare ad un regime di liquidazione ai sensi delle sentenze Karella e Syndesmos Melon e, inoltre, comporterebbe che la società interessata non continua ad esistere con le sue strutture proprie in quanto vi sarebbe spossessamento degli azionisti e degli organi normali, ai sensi di tale giurisprudenza.

56 Questo argomento non può essere accolto.

57 Nelle sentenze Karella (punto 30) e Syndesmos Melon (punto 27), soprammenzionate, la Corte ha dichiarato che la seconda direttiva è destinata a garantire la tutela dei diritti dei soci e dei terzi, in particolare nelle operazioni di costituzione di una società e di aumento e di riduzione del suo capitale. Certo la direttiva non impedisce l' adozione di provvedimenti di esecuzione forzata miranti all' eliminazione della società né si oppone, in particolare, a regimi di liquidazione che pongano la società sotto un regime di amministrazione coatta per salvaguardare i diritti dei creditori. Invece la direttiva continua ad applicarsi in caso di semplice disciplina di risanamento destinata ad assicurare la sopravvivenza della società, anche se questa disciplina comporta un spossessamento temporaneo degli azionisti e degli organi normali della società.

58 Ora, nella fattispecie, la nomina del commissario provvisorio non si collega all' introduzione di provvedimenti di esecuzione forzata né in particolare ad un regime di liquidazione, benché tutti i poteri e le competenze degli organi statutari siano devoluti a tale commissario. Infatti, così come hanno indicato le stesse convenute nella causa principale, l' art. 8, n. 1, della legge speciale n. 1665/1951 opera una distinzione, relativamente ai provvedimenti da adottare da parte della Commissione monetaria, tra la revoca dell' autorizzazione della banca, che comporta la messa in liquidazione di quest' ultima, e la nomina di un commissario. Inoltre, come hanno anche sostenuto le convenute nella causa principale, la nomina del commissario provvisorio aveva in particolare come obiettivo la sopravvivenza della società interessata, dimostrando in tal modo che essa si inserisce in un regime di risanamento di una società.

59 Non si può pertanto ritenere che la società non continui ad esistere, il che è del resto confermato nella fattispecie dal fatto che gli organi statutari sono stati privati solo temporaneamente dei loro poteri e delle loro competenze e che tutti gli aumenti di capitale che sono succeduti a quello adottato dal commissario provvisorio sono stati di nuovo decisi dall' assemblea generale degli azionisti.

60 In considerazione di quanto precede occorre risolvere la prima e la seconda questione nel senso che l' art. 25 della seconda direttiva si oppone ad una normativa nazionale ai cui sensi il capitale di una società per azioni bancaria che si trovi, a causa del suo indebitamento, in una situazione eccezionale può essere aumentato per via amministrativa e senza delibera dell' assemblea generale.

Sulla terza questione

61 L' art. 29, n. 3, della seconda direttiva riguarda le modalità dell' offerta di sottoscrizione in opzione che, in virtù del n. 1 di questa disposizione, deve essere fatta agli azionisti di una società per azioni in occasione di ogni aumento del capitale sottoscritto mediante conferimenti in denaro.

62 Da questa disposizione risulta che la legislazione di uno Stato membro può tuttavia non prevedere la pubblicazione di tale offerta di sottoscrizione nel bollettino nazionale designato in conformità della prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell' art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8), quando tutte le azioni della società sono nominative. In tal caso, ai sensi dell' art. 29, n. 3, terza frase, della seconda direttiva, "gli azionisti debbono essere informati per iscritto".

63 E' pacifico che, al tempo dei fatti controversi, la normativa ellenica non aveva previsto, in conformità a quanto stabilito da questa disposizione, la pubblicazione dell' informazione nel bollettino nazionale designato a tal fine.

64 In tale contesto il giudice nazionale chiede se si debba ritenere che la pubblicazione dell' offerta in alcuni quotidiani costituisca, ai sensi dell' art. 29, n. 3, terza frase, della seconda direttiva un' informazione per iscritto.

65 Per risolvere tale questione bisogna osservare che l' art. 29, n. 3, mira a garantire che, in mancanza di una pubblicazione nel bollettino nazionale designato a tal fine, tutti i titolari di azioni nominative siano informati, nominativamente e individualmente, delle modalità con cui va esercitato il loro diritto di opzione.

66 Occorre quindi risolvere tale questione nel senso che la pubblicazione dell' offerta di sottoscrizione in taluni quotidiani non costituisce un' informazione per iscritto dei titolari di azioni nominative ai sensi dell' art. 29, n. 3, terza frase, della seconda direttiva.

Sull' abuso di diritto

67 Dalla decisione di rinvio risulta che le convenute e gli intervenienti nella causa principale hanno sollevato, dinanzi al giudice nazionale, un argomento basato sull' art. 281 del codice civile ellenico, in base al quale "l' esercizio di un diritto è vietato, se eccede manifestamente i limiti imposti dalla buona fede o dal buon costume o dalla finalità sociale o economica di tale diritto". Il giudice nazionale sottolinea che l' applicazione di questa disposizione consente di opporsi a diritti derivanti dal diritto comunitario, qualora, in un caso determinato, questi diritti vengano esercitati in maniera abusiva.

68 Non è necessario, in mancanza di una questione del giudice nazionale al riguardo, accertare se sia consentito, nell' ambito dell' ordinamento giuridico comunitario, applicare una norma nazionale per valutare se un diritto conferito dalle disposizioni comunitarie di cui trattasi sia esercitato in maniera abusiva, ma è pacifico che l' applicazione di una tale norma non potrebbe comunque pregiudicare la piena efficacia e l' applicazione uniforme delle disposizioni comunitarie negli Stati membri.

69 Occorre ricordare al riguardo che, secondo una giurisprudenza costante, spetta alla Corte, quando sono in gioco diritti fatti valere da un singolo sulla base di disposizioni comunitarie, verificare l' adeguatezza della tutela giurisdizionale prevista dagli ordinamenti giuridici nazionali.

70 Nella fattispecie si pregiudicherebbe l' applicazione uniforme del diritto comunitario e la sua piena efficacia se si ritenesse che un azionista che si avvale dell' art. 25, n. 1, della seconda direttiva abusi del suo diritto per il solo fatto che è un azionista di minoranza di una società assoggettata ad una disciplina di risanamento o che avrebbe beneficiato del risanamento della società. Infatti, dato che l' art. 25, n. 1, si applica indistintamente a tutti gli azionisti e indipendentemente dall' esito di un' eventuale procedura di risanamento, il fatto di qualificare un ricorso basato sull' art. 25, n. 1, come abusivo per tali motivi verrebbe a modificare la portata di tale disposizione.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

71 Le spese sostenute dai governi ellenico e portoghese, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Polymeles Protodikeio di Atene con decisione 3 agosto 1993, dichiara:

1) L' art. 25 della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all' art. 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, si oppone ad una normativa nazionale ai cui sensi il capitale di una società per azioni bancaria che si trovi, a causa del suo indebitamento, in una situazione eccezionale può essere aumentato per via amministrativa e senza delibera dell' assemblea generale.

2) La pubblicazione dell' offerta di sottoscrizione in taluni quotidiani non costituisce un' informazione per iscritto dei titolari di azioni nominative ai sensi dell' art. 29, n. 3, terza frase, della direttiva 77/91.