61991J0312

SENTENZA DELLA CORTE (QUINTA SEZIONE) DEL 1. LUGLIO 1993. - SEQUESTRO NEI CONFRONTI DELLA METALSA SRL, PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI GAETANO LO PRESTI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNALE DI MILANO - ITALIA. - ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO CEE-AUSTRIA - NON DISCRIMINAZIONE FISCALE. - CAUSA C-312/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-03751


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


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1. Accordi internazionali ° Accordi della Comunità ° Interpretazione ° Trasposizione dell' interpretazione accolta nell' ambito del Trattato CEE in caso di disposizioni analoghe ° Presupposti

2. Accordi internazionali ° Accordo CEE-Austria ° Divieto di qualsiasi discriminazione fiscale nei confronti delle merci dell' altra parte contraente ° Regime nazionale repressivo dell' evasione fiscale ° Distinzione fra importazione e regime nazionale che comporta sproporzione fra le sanzioni ° Ammissibilità

(Trattato CEE, art. 95; accordo CEE-Austria, art. 18, primo comma)

Massima


1. L' estensione dell' interpretazione di una disposizione del Trattato CEE ad una disposizione, redatta in termini analoghi, simili o addirittura identici, figurante in un accordo concluso dalla Comunità con un paese terzo dipende in particolare dallo scopo perseguito da ciascuna di queste disposizioni nel suo ambito specifico. Assume al riguardo notevole importanza il raffronto tra gli obiettivi e il contesto dell' accordo, da un lato, e quelli del Trattato, dall' altro. Infatti, come discende segnatamente dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, un trattato internazionale deve essere interpretato non soltanto sulla base dei termini in cui è redatto, ma anche alla luce dei suoi obiettivi.

2. L' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d' Austria, che vieta le discriminazioni derivanti da ogni misura o pratica che abbia un' incidenza diretta o indiretta sulla determinazione, sulle condizioni e sulle modalità di riscossione delle imposte gravanti sulle merci dell' altra parte contraente, dev' essere interpretato, diversamente dall' art. 95 del Trattato CEE, nel senso che una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l' imposta sul valore aggiunto all' importazione più severamente delle infrazioni concernenti l' imposta sul valore aggiunto sulle cessioni di beni all' interno del paese non è incompatibile con la detta disposizione dell' accordo, anche se tale differenza è sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni.

Tale diversità d' interpretazione, malgrado si tratti di due disposizioni aventi entrambe ad oggetto il divieto di qualsiasi discriminazione fiscale sia diretta sia indiretta, deriva dal fatto che l' art. 95 dev' essere interpretato alla luce delle finalità del Trattato CEE, fra le quali figura, in primo luogo, l' instaurazione di un mercato comune nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno, mentre il suddetto art. 18 va interpretato alla luce degli scopi che si prefigge l' accordo di libero scambio in cui esso è ricompreso e che sono limitati al rafforzamento e all' estensione delle relazioni economiche esistenti tra la Comunità e l' Austria, nonché allo sviluppo armonioso del commercio tra le parti, nel rispetto di condizioni eque di concorrenza.

Parti


Nel procedimento C-312/91,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, nel procedimento incidentale dinanzi ad esso pendente, relativo ad un sequestro effettuato nei confronti della

Metalsa Srl,

nell' ambito di un procedimento penale contro il signor Gaetano Lo Presti,

domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d' Austria, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, concluso ed approvato, a nome della Comunità, con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2836 (GU L 300, pag. 1),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente di sezione, R. Joliet, J.C. Moitinho de Almeida, F. Grévisse e D.A.O. Edward, giudici,

avvocato generale: F. Jacobs

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la Metalsa Srl, dall' avv. Bruno Brugia, del foro di Milano;

° per il governo italiano, dal signor Marcello Conti, avvocato dello Stato;

° per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Marie-José Jonczy, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistita dall' avv. Alexandre Carnelutti, del foro di Parigi,

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della Commissione, presentate all' udienza dell' 11 marzo 1993,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 22 aprile 1993,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 8 novembre 1991, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre successivo, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull' interpretazione dell' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d' Austria, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, concluso ed approvato, a nome della Comunità, con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2836 (GU L 300, pag. 1).

2 La detta questione è stata sollevata nell' ambito di una controversia tra la società Metalsa (in prosieguo: la "Metalsa") ed il pubblico ministero italiano, il quale, nell' ambito di un procedimento penale a carico del signor Gaetano Lo Presti, aveva disposto, con decreto 3 luglio 1991, il sequestro di 205 885 kg di pani di alluminio, importati dall' Austria dalla Metalsa, per il motivo che quest' ultima non aveva assolto l' IVA dovuta all' importazione. Nell' ambito di tale procedimento penale, relativo ad un' importazione fraudolenta dall' Austria, il sequestro costituisce solo un provvedimento provvisorio, in quanto i pani di alluminio dovranno essere confiscati qualora la frode all' importazione venga accertata con la sentenza definitiva.

3 Poiché il pubblico ministero ha respinto, con decreto 13 luglio 1991, l' istanza diretta ad ottenere la restituzione della merce, la Metalsa ha proposto opposizione avverso detto decreto, con atto depositato il 19 luglio 1991 nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, ed ha chiesto il dissequestro della merce deducendo il carattere sproporzionato della sanzione rispetto a quella che punisce l' infrazione, commessa all' atto di una cessione di beni all' interno del territorio nazionale, della normativa che disciplina la riscossione dell' IVA.

4 La Metalsa ha sostenuto che la sproporzione di cui trattasi costituiva una misura o pratica fiscale interna discriminatoria, vietata dall' art. 18 dell' accordo di libero scambio tra la CEE e l' Austria. A questo proposito si è richiamata all' interpretazione dell' art. 95 del Trattato CEE formulata dalla Corte di giustizia nella sentenza 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl (Racc. pag. 1213), che dovrebbe essere applicata anche in sede di interpretazione della suddetta disposizione dell' accordo con l' Austria.

5 In tale contesto il giudice nazionale ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

"Se, nell' ambito del Trattato CEE-Austria, una disciplina nazionale che sanzioni le infrazioni concernenti l' IVA all' importazione più severamente di quelle concernenti l' IVA sulle cessioni di beni all' interno del paese sia compatibile con l' art. 18 del Trattato in questione, qualora detta differenza sia sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni anche alla luce della risoluzione di analoga questione in ambito comunitario affrontata con la sentenza 25 febbraio 1988 (causa Drexl) in relazione all' art. 95 del Trattato CEE".

6 Per una più ampia illustrazione degli antefatti e dell' ambito normativo della causa principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

7 Con la citata questione il giudice nazionale mira ad accertare se l' art. 18, primo comma, dell' accordo di libero scambio tra la CEE e l' Austria vada interpretato allo stesso modo dell' art. 95 del Trattato CEE, nel senso che una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l' IVA all' importazione più severamente delle infrazioni concernenti l' IVA sulle cessioni di beni all' interno del paese è incompatibile con la suddetta disposizione qualora tale differenza sia sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni.

8 A tenore del citato art. 18, primo comma,

"Le parti contraenti si astengono da ogni misura o pratica di carattere fiscale interna che stabilisca, direttamente o indirettamente, una discriminazione tra i prodotti di una parte contraente e i prodotti similari originari dell' altra parte contraente".

9 La lettera di tale disposizione differisce da quella dell' art. 95, primo comma, del Trattato CEE, ma entrambe le disposizioni vietano ogni discriminazione fiscale diretta o indiretta nei confronti delle merci dell' altra parte contraente, da un lato, e degli Stati membri, dall' altro.

10 Va ricordato che in taluni casi la Corte ha ritenuto doversi estendere l' interpretazione di una disposizione del Trattato CEE ad una disposizione identica o analoga contenuta in un accordo concluso con un paese terzo (v. sentenze 29 aprile 1982, causa 17/81, Pabst e Richarz KG, Racc. pag. 1331, e 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros, Racc. pag. I-4625), mentre in altri casi ha ritenuto impossibile o inadeguata una simile estensione (v. sentenze 9 febbraio 1982, causa 270/80, Polydor, Racc. pag. 329, e 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, Racc. pag. 3641).

11 Da tale giurisprudenza nel suo complesso si desume che l' estensione dell' interpretazione di una disposizione del Trattato ad una disposizione, redatta in termini analoghi, simili o addirittura identici, figurante in un accordo concluso dalla Comunità con un paese terzo dipende in particolare dallo scopo perseguito da ciascuna di queste disposizioni nel proprio ambito, e che il raffronto tra obiettivi e contesto dell' accordo, da un lato, e quelli del Trattato, dall' altro, assume al riguardo notevole importanza.

12 Un trattato internazionale deve infatti essere interpretato non soltanto sulla base dei termini in cui è redatto, ma anche alla luce dei suoi obiettivi. L' art. 31 della convenzione di Vienna 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati precisa, a questo proposito, che un trattato dev' essere interpretato in buona fede, secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto, ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo (parere 14 dicembre 1991, 1/91, Racc. pag. I-6079, punto 14).

13 La questione se all' art. 18, primo comma, dell' accordo di libero scambio tra la CEE e l' Austria si debba dare o no la stessa interpretazione dell' art. 95 del Trattato dev' essere esaminata alla luce delle considerazioni sopra esposte.

14 Nella citata sentenza 25 febbraio 1988, Drexl, la Corte ha affermato che una normativa nazionale la quale punisca più severamente le infrazioni concernenti l' IVA all' importazione di quelle concernenti l' IVA sulle cessioni di beni all' interno del paese è incompatibile con l' art. 95 del Trattato qualora tale differenza sia sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni.

15 La Corte ha basato tale interpretazione in particolare sulla considerazione che una siffatta sproporzione potrebbe avere l' effetto di compromettere la libertà di far circolare le merci all' interno della Comunità e sarebbe così incompatibile con l' art. 95, la cui interpretazione deve tener conto degli scopi del Trattato enunciati negli artt. 2 e 3, fra i quali figura, in primo luogo, l' instaurazione di un mercato comune nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno (v. punti 23 e 24 della motivazione).

16 Orbene, tali scopi sono estranei all' accordo tra la CEE e l' Austria. Infatti, secondo il preambolo, scopo dell' accordo, che è stato concluso sulla base dell' art. 113 del Trattato, è quello di consolidare e di estendere le relazioni economiche esistenti tra la Comunità e l' Austria e di assicurare, nel rispetto di condizioni eque di concorrenza, lo sviluppo armonioso del loro commercio. A tal fine le parti contraenti hanno deciso di eliminare gradualmente gli ostacoli per la parte essenziale dei loro scambi, conformemente alle disposizioni dell' accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) concernenti la creazione di zone di libero scambio.

17 Va inoltre ricordato che nella citata sentenza 26 ottobre 1982, Kupferberg, la Corte ha rilevato, a proposito dell' art. 21 dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica portoghese, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, concluso e approvato, a nome della Comunità, con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2844 (GU L 301, pag. 164), che le interpretazioni che erano state date all' art. 95 del Trattato non potevano essere trasposte, per semplice analogia, nell' ambito dell' accordo di libero scambio e che, di conseguenza, il citato art. 21, primo comma, andava interpretato in funzione della sua lettera e tenuto conto dello scopo che esso perseguiva nell' ambito del regime di libero scambio istituito dall' accordo (v. punti 30 e 31 della motivazione).

18 Tali considerazioni valgono anche per l' interpretazione dell' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la CEE e l' Austria, che è redatto in termini identici a quelli dell' art. 21, primo comma, del citato accordo tra la CEE e il Portogallo e che fa parte di un accordo il quale, come a suo tempo il detto accordo concluso con il Portogallo, mira alla creazione di un regime di libero scambio tra le parti contraenti.

19 Ne consegue che l' interpretazione dell' art. 95 del Trattato formulata dalla Corte nella citata sentenza 25 febbraio 1988, Drexl, non può essere estesa all' art. 18, primo comma, dell' accordo di libero scambio concluso tra la Comunità e l' Austria.

20 Quest' ultima disposizione vieta le discriminazioni derivanti da ogni misura o pratica che abbia un' incidenza diretta o indiretta sulla determinazione, sulle condizioni e sulle modalità di riscossione delle imposte gravanti sulle merci dell' altra parte contraente, ma non prescrive un raffronto tra sanzioni inflitte dagli Stati membri per infrazioni tributarie riguardanti importazioni dall' Austria e sanzioni previste per infrazioni tributarie relative a negozi interni o ad importazioni da altri Stati membri.

21 La questione sollevata dal giudice nazionale va quindi risolta come segue: l' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d' Austria dev' essere interpretato, diversamente dall' art. 95 del Trattato CEE, nel senso che una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l' IVA all' importazione più severamente delle infrazioni concernenti l' IVA sulle cessioni di beni all' interno del paese non è incompatibile con la detta disposizione dell' accordo, anche se tale differenza è sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

22 Le spese sostenute dal governo italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, con ordinanza 8 novembre 1991, dichiara:

L' art. 18, primo comma, dell' accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d' Austria, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, concluso e approvato, a nome della Comunità, con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2836, dev' essere interpretato, diversamente dall' art. 95 del Trattato CEE, nel senso che una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l' IVA all' importazione più severamente delle infrazioni concernenti l' IVA sulle cessioni di beni all' interno del paese non è incompatibile con la detta disposizione dell' accordo, anche se tale differenza è sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni.