61990C0047

Conclusioni dell'avvocato generale Gulmann del 16 gennaio 1992. - ETABLISSEMENTS DELHAIZE FRERES E COMPAGNIE LE LION SA CONTRO PROMALVIN SA E AGE BODEGAS UNIDAS SA. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNAL DE COMMERCE DE BRUXELLES - BELGIO. - ESPORTAZIONE DI VINO SFUSO - DIVIETO - DENOMINAZIONE D'ORIGINE - ARTT. 34 E 36 DEL TRATTATO. - CAUSA C-47/90.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-03669


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. La presente causa, sottoposta alla Corte di giustizia dal tribunal de commerce di Bruxelles conformemente all' art. 177 del Trattato CEE, verte sull' interpretazione del divieto, contenuto nell' art. 34 del Trattato CEE, di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative in un settore che rientra nell' organizzazione comune del mercato vitivinicolo.

2. I produttori di vino hanno tradizionalmente avuto la scelta fra imbottigliare il vino nel luogo di produzione o farlo trasportare "sfuso" sino al luogo di consumo, dove era imbottigliato.

Negli ultimi anni vi è stata una tendenza dei produttori ad imbottigliare personalmente il vino, in ogni caso per quel che riguarda il vino di qualità.

La decisione spetta ai produttori stessi.

3. Tuttavia la presente causa è imperniata sulla questione del luogo di imbottigliamento, che le autorità degli Stati membri produttori di vino hanno iniziato a disciplinare.

La presente causa riguarda una disciplina del genere, emanata in Spagna per i vini della regione del Rioja. Dalle osservazioni scritte della Commissione risulta che anche in altri Stati produttori di vino nella Comunità sono state emanate, ovvero vi è l' intenzione di emanare, normative sull' imbottigliamento obbligatorio del vino nella regione di produzione (1).

La Commissione ha giustamente sostenuto che l' effetto cumulato delle normative nazionali che contengono disposizioni particolari sul luogo d' imbottigliamento dei vini di qualità comporta una frammentazione del mercato comune e la creazione di mercati regionali, con conseguenze negative per quel che riguarda il postulato fondamentale di diritto comunitario costituito dalla libera circolazione delle merci.

4. Questa non è però una causa contro la Spagna o altri Stati sopra citati, promossa dalla Commissione ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE. Come ho già osservato, si tratta di una causa pendente dinanzi a un giudice belga, il tribunal de commerce di Bruxelles, che deve dirimere una controversia fra due imprese belghe ed una impresa spagnola chiamata ad intervenire.

Il tribunale belga ha ritenuto che per la soluzione della controversia fosse necessario chiedere alla Corte l' interpretazione dell' art. 34 del Trattato CEE. Detta interpretazione consentirà al giudice belga di stabilire se le norme spagnole sull' imbottigliamento obbligatorio del vino Rioja in tale regione siano in contrasto col divieto di cui all' art. 34.

Le questioni sollevate dal tribunale belga sono le seguenti:

"1) Se una normativa nazionale come il regio decreto spagnolo 24 febbraio 1988, n. 157 e il regolamento del Comitato di tutela della denominazione controllata Rioja, emanato in applicazione di detto decreto, costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione all' esportazione ai sensi dell' art. 34 del Trattato CEE.

2) Nel caso di soluzione affermativa, se un privato possa far valere contro un altro privato la violazione di detto art. 34".

5. Dalle osservazioni scritte ed orali risulta che la questione dell' imbottigliamento obbligatorio nella regione di produzione ha un interesse pratico ed economico. Oltre alle due imprese belghe ed alla Commissione, hanno presentato osservazioni una serie di Stati ° il Belgio, i Paesi Bassi, il Regno Unito ° che non hanno una produzione di vino, ovvero ne hanno una produzione estremamente limitata, ma che hanno invece una rilevante industria dell' imbottigliamento. Fra gli Stati produttori, solo lo Stato direttamente interessato, cioè la Spagna, ha invece presentato osservazioni.

6. Gli antefatti della causa e le tesi giuridiche delle parti sono stati esposti nella relazione d' udienza. In prosieguo descriverò solo succintamente gli antefatti ed esaminerò le tesi giuridiche che ritengo fondamentali per la soluzione delle due questioni.

La soluzione della prima questione

Le norme spagnole sull' imbottigliamento obbligatorio dei vini a denominazione di origine nella regione del Rioja

7. Ai sensi della legge spagnola del 1970 sul vino è stato istituito per la regione del Rioja un particolare comitato di tutela preposto a disciplinare, con l' approvazione del ministro dell' Agricoltura, i vini a denominazione d' origine ed inoltre a garantire il rispetto delle norme in vigore per il riconoscimento della denominazione di origine "Rioja". Il comitato di tutela è composto fra l' altro da membri nominati dai pubblici poteri e da rappresentanti dei produttori.

8. La legge spagnola del 1970 sul vino e le norme emanate per la sua attuazione stabiliscono fra l' altro le condizioni per l' attribuzione al vino della "denominación de origen". La legge sul vino consente inoltre all' art. 86 di attribuire al vino la "denominación de origen calificada" qualora ricorrano taluni requisiti supplementari e specifici. Uno di detti requisiti era in origine che il prodotto poteva essere posto in commercio nel mercato nazionale solo dopo essere stato imbottigliato nella regione di produzione. Nel 1988 veniva emanata una nuova disciplina sulle denominazioni di origine con regio decreto 22 febbraio 1988, n. 157, richiamato nella prima questione sollevata dal tribunale belga. Il decreto indica le condizioni che devono essere soddisfatte per ottenere la "denominación de origen" (capitolo 2) e la "denominación de origen calificada" (capitolo 3).

Il capitolo 2 del decreto prevede la possibilità, per quel che riguarda la denominación de origen, di derogare in casi affatto particolari alla norma fondamentale relativa all' imbottigliamento del vino nella regione di produzione.

Questa limitata possibilità di deroga non è prevista nel capitolo 3 sulla denominación de origen calificada. Le norme su questa denominazione di origine si trovano all' art. 19 del decreto, il quale dispone fra l' altro:

"Art. 19.1. I prodotti sono considerati in possesso delle caratteristiche speciali di cui all' art. 86 della (citata) legge n. 25/1970 qualora:

a) (...)

b) i prodotti vengano esclusivamente posti in vendita in bottiglia nella cantina ubicata nella regione di produzione (bodegas de origen);

c) il comitato di tutela effettui all' interno della sua competenza un controllo, dalla produzione sino all' immissione in commercio, del quantitativo e della qualità dei prodotti tutelati e vengano utilizzate etichette posteriori numerate ovvero sigilli numerati apposti dalla cantina di origine nella regione di produzione".

Vi è però una disposizione transitoria per quel che riguarda il requisito dell' imbottigliamento obbligatorio nella zona di produzione. Essa stabilisce che il requisito di cui all' art. 19, n. 1, lett. b), entrerà in vigore solo cinque anni dopo la pubblicazione del decreto il 24 febbraio 1988 per quel che riguarda le vendite all' esportazione (2).

9. Dopo l' emanazione delle nuove norme contenute nel decreto il comitato di tutela del Rioja presentava una nuova domanda per l' attribuzione della "denominación de origen calificada".

Affinché le condizioni richieste fossero soddisfatte, il comitato di tutela pubblicava l' 8 settembre 1988 la circolare n. 17/88 sulla cessazione delle vendite di vino sfuso, la quale contiene fra l' altro quanto segue:

"Il comitato di tutela del Rioja ha adottato con il tempo la prassi di aumentare progressivamente i quantitativi di vino venduto imbottigliato e di ridurre quelli di vino sfuso.

(...)

Si è ritenuto di porre fine a questa situazione in modo da eliminare del tutto la possibilità di esportare vino Rioja sfuso onde far sì che il vino venga esclusivamente venduto in bottiglia, il che deve costituire un obiettivo fondamentale non solo dal punto di vista dell' immagine e del prestigio ma anche ai fini della richiesta di 'denominazione di origine controllata' , attualmente all' esame del ministero dell' Agricoltura.

Di conseguenza, ai sensi del regio decreto 22 febbraio n. 157/88, relativo alle norme che devono soddisfare le denominazioni di origine e le denomicazioni di origine controllata del vino, il comitato di tutela ha pertanto deciso all' unanimità, senza l' opposizione di alcun membro presente, nel corso dell' assemblea generale del 2 settembre, di abolire l' esportazione di vino sfuso (...)".

Il comitato di tutela emanava diverse disposizioni transitorie, che il giudice di rinvio ha chiamato "piano di riduzione progressiva" al fine di rendere possibile in pratica l' attuazione del divieto.

10. Per la comprensione della normativa spagnola occorre rilevare che il requisito di cui all' art. 19, n. 1, lett. b), del decreto, secondo cui l' imbottigliamento dev' essere effettuato dalle cantine di origine ("bodegas de origen") va intesa nel senso che l' imbottigliamento dev' essere effettuato in una qualunque azienda all' interno della regione del Rioja iscritta nel registro del comitato di tutela. L' imbottigliamento può pertanto essere legalmente effettuato da un' azienda registrata, ubicata nel complesso della regione del Rioja. L' imbottigliamento non deve essere effettuato dal produttore stesso.

In udienza è stato poi chiarito che la "denominción de origen calificada" è stata concessa ai vini Rioja nell' aprile del 1991 e che le disposizioni transitorie particolari per l' esportazione del vino Rioja sfuso non sono più in vigore.

11. Dall' esame delle pertinenti norme spagnole risulta che nel momento rilevante per la causa pendente in Belgio esisteva ancora una limitata possibilità di esportare vino Rioja sfuso, mentre la vendita del vino Rioja sfuso poteva essere effettuata solo sul mercato spagnolo.

A mio parere, non vi sono motivi perché la Corte, nel risolvere le questioni sottopostele, dia una particolare importanza alle disposizioni transitorie e alle loro conseguenze giuridiche. Di per sé esse non hanno una grande rilevanza per la risoluzione della questione principale della causa, cioè se l' art. 34 vada interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro emani norme che impongono l' imbottigliamento dei vini di qualità della regione di produzione di cui trattasi e vietano pertanto la vendita di quel vino sfuso al di fuori della regione di produzione, sia che il vino sia venduto nel resto dello Stato membro sia che sia venduto in altri Stati membri.

La causa pendente dinanzi al tribunal de commerce di Bruxelles

12. In sintesi, le due questioni pregiudiziali sono state trasmesse alla Corte nel modo seguente e in base alle seguenti considerazioni:

13. L' impresa belga SA Établissements Delhaize frères e Compagnie "Le Lion" (in prosieguo: la "Delhaize Le Lion") effettua una notevole vendita di vino e dispone pertanto di impianti di imbottigliamenti propri (3). Nel luglio del 1989, la Delhaize Le Lion ha accettato un' offerta dal suo intermediario abituale, la SA Promalvin, relativa all' acquisto di 3 000 hl di vino Rioja sfuso (4). La Promalvin aveva apparentemente fatto l' offerta senza essere sicura di potersi procurare il quantitativo necessario presso il suo fornitore spagnolo, l' AGE Bodegas Unidas SA (in prosieguo: la "AGE Bodegas"). La AGE Bodegas non poteva consegnare un quantitativo di vino sfuso di tale entità e comunicava pertanto alla Promalvin che una consegna di tale entità sarebbe stata in contrasto con le disposizioni di cui al regio decreto 22 febbraio 1988, n. 157.

14. L' 11 agosto 1989 la Delhaize Le Lion citava la Promalvin dinanzi al tribunal de commerce di Bruxelles chiedendo che quest' ultima venisse condannata ad eseguire in natura il contratto concluso e in subordine al risarcimento del danno, valutato provvisoriamente in un franco belga. La Promalvin chiedeva allora l' intervento coatto e la chiamata in garanzia della AGE Bodegas, chiedendone la condanna ad eseguire l' ordinativo. Quest' ultima chiedeva il rigetto della domanda osservando che la normativa spagnola sopra descritta rendeva impossibile la consegna e sostenendo inoltre che la normativa spagnola non era in contrasto con l' art. 34 del Trattato CEE.

15. Il tribunal de commerce di Bruxelles ha illustrato nell' ordinanza di rinvio il suo punto di vista provvisorio sul merito della causa. Il Tribunale ritiene che la Promalvin sia responsabile della mancata consegna perché non si è comportata in modo diligente accertando che la AGE Bodegas era in grado di effettuare la consegna. La Delhaize Le Lion può pertanto esigere l' esecuzione in natura, a meno che quest' ultima risulti impossibile. Detta esecuzione può essere imposta solo qualora la AGE Bodegas possa essere condannata a vendere alla Promalvin.

L' atteggiamento dell' AGE Bodegas viene qualificato come rifiuto di vendita. Occorre accertare ai sensi del diritto spagnolo se detto rifiuto di vendita sia legittimo. A tale scopo il Tribunale ha sospeso il procedimento conformemente alla convenzione europea 7 giugno 1968 nell' ambito delle informazioni sul diritto straniero (5), onde ottenere chiarimenti sul rifiuto di vendita nel diritto spagnolo, in particolare sulla questione se possa essere considerato illecito ed eventualmente in quali circostanze, sollevando la questione seguente: "Se sia illecito un rifiuto di vendita fondato su un decreto spagnolo che sia in contrasto con le disposizioni del Trattato CEE". Il tribunal de commerce di Bruxelles ha contemporaneamente deciso di sottoporre le questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Sulla legittimità dell' imbottigliamento obbligatorio del vino di qualità nella regione del Rioja nonché del relativo divieto di vendita alla rinfusa al di fuori della regione

16. A mio parere, per valutare la legittimità alla luce del diritto comunitario di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel caso di specie, occorre far riferimento alle conseguenze che derivano incontestabilmente da detta normativa.

La normativa comporta la sospensione di un' importante attività economica, svolta da diversi secoli. I produttori di vino non sono più liberi di decidere se vendere o meno il prodotto finito ° il vino sfuso ° ad acquirenti al di fuori della regione di produzione. L' esportazione di vino sfuso al di fuori della regione di produzione viene ostacolata. Si crea un' esclusività per gli imbottigliatori nella regione di produzione a scapito di imprese simili al di fuori della regione di produzione (6). Il trasporto del prodotto finito sarebbe più difficile ed oneroso ed il vino venduto al consumatore diventerebbe più caro (7).

Norme nazionali con conseguenze di questo tipo costituiscono un serio ostacolo alla libera circolazione delle merci, la cui eliminazione è una delle principali finalità del Trattato CEE. La normativa di cui è causa ostacola la libera circolazione delle merci in modo tale da ritenere prima facie che è in contrasto con il divieto di ostacoli sancito dal Trattato, a meno che non sia necessaria per rispondere ad esigenze tassative sufficientemente importanti da poter giustificare gli effetti di ostacolo agli scambi.

17. Dalle osservazioni presentate alla Corte, a parte quelle del governo spagnolo, risulta inoltre che le norme spagnole sono in contrasto con l' art. 34 e non possono essere considerate giustificate.

In alcune osservazioni si è sostenuto che la normativa spagnola è in contrasto con l' art. 34 come è stato interpretato dalla Corte nella sentenza 8 novembre 1979 nella causa Groenveld (8), che riguardava una normativa nazionale che non rientrava in una delle organizzazioni comuni dei mercati agricoli della Comunità, mentre in altre osservazioni si è sostenuto che la normativa spagnola è in contrasto con l' art. 34, come va applicato, conformemente alla giurisprudenza della Corte, ad un settore che fa parte di un' organizzazione comune di mercato della Comunità. In queste ultime osservazioni ci si chiede se la normativa spagnola implichi una disparità di trattamento fra il commercio interno di uno Stato membro e il suo commercio all' esportazione, come è stato presupposto nella sentenza Groenveld.

Il governo spagnolo sostiene che la normativa spagnola non è in contrasto con l' art. 34, come interpretato dalla Corte nella sentenza Groenveld, e che non è neppure in contrasto con l' organizzazione comune del mercato vitivinicolo che presuppone anzi la legittimità di norme come quelle di cui trattasi. Il governo spagnolo sostiene inoltre che le norme controverse sono comunque giustificate in quanto necessarie per rispondere ad esigenze tassative inerenti alla tutela del vino a denominazione di origine da adulterazioni e frodi.

18. Esaminerò anzitutto il significato delle norme esistenti nell' ambito dell' organizzazione comune di mercato, per valutare la legittimità delle norme spagnole. Passerò poi ad accertare se le norme spagnole siano in contrasto con l' art. 34, nell' interpretazione datane dalla Corte nella sentenza Groenveld e nelle sentenze successive in materia. Infine esaminerò se la normativa possa eventualmente essere considerata giustificata nel contesto evocato dal governo spagnolo.

L' organizzazione comune del mercato vitivinicolo

19. L' organizzazione comune del mercato comporta un' esauriente disciplina del settore vinicolo. Le norme fondamentali sono contenute nel regolamento del Consiglio 16 marzo 1987, n. 822 (9). Dall' art. 1, n. 1, risulta che:

"L' organizzazione comune dei mercati nel settore vitivinicolo comporta norme relative alla produzione e al controllo dello sviluppo del potenziale viticolo, norme relative alle pratiche ed ai trattamenti enologici, un regime dei prezzi e norme relative agli interventi e ad altre misure di risanamento del mercato, un regime degli scambi con i paesi terzi, nonché norme relative alla circolazione e all' immissione in consumo".

Dal quarto 'considerando' risulta che gli obiettivi del regolamento possono essere raggiunti "adattando le risorse ai fabbisogni, e tale adattamento dev' essere fondato in particolare su una politica di qualità". L' organizzazione di mercato comporta inoltre norme importanti relative ai vini di qualità prodotti in regioni determinate. Queste norme sono contenute in primo luogo nel regolamento del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823 (10).

20. Esaminerò in primo luogo se l' organizzazione comune comporti, come sostiene il governo spagnolo, norme su cui sia fondata, o peraltro presupposta, la legittimità dell' obbligo nazionale di imbottigliare il vino nella regione di produzione. Esaminerò poi se l' organizzazione comune contenga norme esplicite con cui sia incompatibile l' imbottigliamento obbligatorio. Infine esaminerò se l' organizzazione comune comporti elementi da cui risulti che l' imbottigliamento obbligatorio è incompatibile con la disciplina del mercato vitivinicolo presupposta dall' organizzazione comune.

21. Risulta chiaramente dal regolamento n. 823/87 che il Consiglio si è limitato ad emanare talune norme comuni fondamentali per i vini di qualità prodotti in regioni determinate e che gli Stati membri hanno una competenza autonoma a stabilire norme integrative di quelle del regolamento (11). Il governo spagnolo ha sottolineato in particolare l' importanza delle disposizioni dell' art. 18 del regolamento. Quest' ultimo recita:

"Gli Stati membri produttori possono definire, tenuto conto degli usi leali e costanti:

° oltre agli elementi di cui all' articolo 2, tutte le condizioni di produzione e le caratteristiche complementari alle quali devono rispondere i v.q.p.r.d.;

° oltre alle altre disposizioni previste dal presente regolamento, caratteristiche o condizioni di produzione, di elaborazione e di circolazione complementari o più rigorose per i v.q.p.r.d. elaborati nel loro territorio.

(...)" (12).

22. Anche se il governo spagnolo ha giustamente osservato che le norme integrative o più rigorose che gli Stati membri potevano emanare in forza dell' art. 18 potevano altresì vertere sulla circolazione dei vini di qualità, mi sembra indiscutibile che l' art. 18 non contiene un fondamento autonomo di una normativa nazionale sull' imbottigliamento obbligatorio nella regione di produzione. Vi sono comunque due buoni motivi in tal senso. Il primo è che l' art. 18 dispone espressamente che dette norme devono essere emanate "tenuto conto degli usi leali e costanti". Non è contestato nella specie che vi sono state durante diversi anni rilevanti esportazioni di vino Rioja sfuso e che esse sono state proseguite fino al momento in cui la normativa spagnola le ha ostacolate. Il governo spagnolo ha chiarito in corso di causa che l' esportazione di vino sfuso costituivano, sino all' attuazione dell' obbligo d' imbottigliamento, circa il 20% del vino Rioja esportato.

A ciò va aggiunto che l' art. 18, analogamente ad altre disposizioni emanate dal legislatore comunitario, non può essere interpretato nel senso da poter giustificare una normativa nazionale che sia in contrasto con le norme fondamentali del Trattato sulla libera circolazione delle merci. Occorre dunque esaminare comunque se la normativa spagnola sia in contrasto con dette norme. Questo esame verrà effettuato in prosieguo.

23. Tuttavia occorre accertare se l' organizzazione comune del mercato, come è stato sostenuto in alcune osservazioni, contenga norme che ostino direttamente o implicitamente a che gli Stati membri rendano obbligatorio l' imbottigliamento dei vini di qualità nella regione di produzione stessa. Questa questione dà adito a talune difficoltà.

E' senz' altro chiaro che non esiste, nel sistema dell' organizzazione comune, una norma che vieti esplicitamente agli Stati membri di emanare norme del genere.

Si potrebbe però sostenere che il potere, conferito agli Stati membri dal regolamento n. 823/87 in ordine all' emanazione di norme ulteriori e più rigorose per quel che riguarda la circolazione, è espressamente subordinato al fatto che dette norme vengano emanate "tenuto conto degli usi leali e costanti". Ho già osservato che l' imbottigliamento obbligatorio non è la conseguenza normativa di un uso esistente e che l' art. 18 non può pertanto di per sé legittimare la normativa spagnola. Non giungo a concludere che l' art. 18 subordina espressamente l' emanazione di norme da parte degli Stati membri alla condizione che i requisiti integrativi o più rigorosi siano fondati su di un uso esistente, per le due considerazioni seguenti. L' art. 18 si limita nonostante tutto a disporre che il potere degli Stati membri dev' essere esercitato "tenuto conto degli usi leali e costanti". La formulazione sembra così poco chiara da doverne trarre la conclusione che ogni normativa nazionale integrativa che non sia fondata su di un uso esistente è contrasto con l' art. 18. Inoltre un' interpretazione del genere dell' art. 18 comporterebbe a mio parere una restrizione troppo ampia dei poteri degli Stati membri. Si può difficilmente escludere che esistano motivi di importanza tale da indurre gli Stati membri a disciplinare autonomamente questioni determinanti per la produzione e il commercio dei vini di qualità, anche se la nuova normativa non è fondata su di un uso esistente.

24. E' chiaro che le finalità cui risponde l' imbottigliamento obbligatorio secondo il governo spagnolo, cioè la garanzia della qualità del vino e la tutela dalle frodi, sono altresì finalità perseguite dalle norme dell' organizzazione di mercato. Dette finalità sono quindi coincidenti.

25. Si può inoltre dare per scontato che le norme dell' organizzazione di mercato relative alle questioni di cui trattasi nel caso di specie non sono esaurienti, anche se l' organizzazione di mercato contiene norme che presuppongono un commercio del vino sfuso fra gli Stati membri. Norme del genere sono contenute ad esempio nel regolamento (CEE) della Commissione 10 aprile 1989, n. 986, relativo ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo (13), che disciplina anche il trasporto di prodotti vitivinicoli alla rinfusa. Un analogo presupposto dell' esistenza del commercio di vino sfuso si rinviene nel regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini (14). Da queste norme risulta unicamente che la Comunità ha ritenuto necessario disciplinare il commercio del vino sfuso perché detto commercio esiste semplicemente in pratica. Queste norme non presuppongono che un commercio del genere debba sempre essere possibile.

26. Vi sono tuttavia sentenze da cui risulta che l' esistenza di un' organizzazione di mercato implica una restrizione delle possibilità degli Stati membri di disciplinare l' attività economica su cui verte l' organizzazione stessa, anche qualora la normativa nazionale non sia in contrasto con disposizioni espresse dell' organizzazione di mercato. Stando a questa giurisprudenza, vi sono restrizioni particolari al potere degli Stati membri di disciplinare le questioni determinanti per gli scambi fra Stati membri di prodotti disciplinati da organizzazioni comuni dei mercati. E' costante che le disposizioni del Trattato CEE sull' abolizione degli ostacoli doganali e commerciali agli scambi intracomunitari e, in particolare gli artt. 30 e 34, fanno parte integrante dell' organizzazione comune del mercato vitivinicolo (15).

Risulta da questa giurisprudenza che nei settori disciplinati da un' organizzazione di mercato ° in ogni caso da un' organizzazione che contenga una disciplina omnicomprensiva come quella dell' organizzazione comune del mercato vitivinicolo ° vige un principio di mercato aperto che implica in particolare che tutte le disposizioni o prassi nazionali atte a modificare le correnti d' importazione o d' esportazione o di incidere sulla formazione dei prezzi sono in contrasto con i principi dell' organizzazione comune dei mercati (16).

Probabilmente ciò significa anzitutto che gli ostacoli all' esportazione sono vietati in più ampia misura nei settori disciplinati da organizzazioni comuni dei mercati rispetto a quelli non soggetti a discipline del genere (17).

Ho indicato in precedenza le gravi conseguenze dell' imbottigliamento obbligatorio stabilito dalla normativa spagnola per l' esportazione del vino sfuso che costituisce tradizionalmente un prodotto importante negli scambi fra la Spagna e gli altri Stati membri. Con riferimento a questo problema, nonché alla giurisprudenza che ho appena citato, si può concludere che un obbligo nazionale d' imbottigliamento è in contrasto con il divieto di cui all' art. 34 del Trattato qualora detta disposizione si applichi in un settore disciplinato dall' organizzazione comune del mercato vitivinicolo.

27. Tuttavia non escludo che siffatto obbligo nazionale possa essere giustificato dagli scopi con esso perseguiti dal governo spagnolo. Come ho già osservato, si tratta di finalità che l' organizzazione comune tenta di raggiungere, e quest' ultima non esclude che normative nazionali siano volte a perseguire gli stessi scopi.

Passo ora ad esaminare se da un punto di vista meramente pratico si possa ritenere che la normativa spagnola è fondata su esigenze tassative e serie che possano giustificare il suo contrasto di principio con l' organizzazione di mercato.

L' art. 34 del Trattato CEE

28. Occorre ora stabilire se l' obbligo nazionale d' imbottigliare i vini di qualità nella regione di produzione sia in contrasto con l' art. 34 del Trattato CEE nell' interpretazione datane dalla Corte per quel che riguarda i settori che non fanno parte di un' organizzazione comune dei prodotti agricoli.

Come ho già ricordato la Corte ha avuto l' occasione d' interpretare per la prima volta l' art. 34 nella sentenza 8 novembre 1979, nella causa 15/79, Groenveld, ed ha poi confermato la stessa interpretazione in diverse sentenze (18).

Stando a queste sentenze l' art. 34 vieta provvedimenti nazionali

° che hanno lo scopo o l' effetto di restringere specificamente le correnti d' esportazione; e

° di produrre una disparità di trattamento fra il commercio interno di uno Stato membro e quello all' esportazione;

° che comportano un vantaggio particolare alla produzione nazionale o al mercato interno dello Stato interessato a scapito della produzione o del commercio negli altri Stati membri.

29. Forse potrebbe sembrare prima facie che le controverse norme spagnole non abbiano lo scopo o l' effetto di restringere specificamente le correnti d' esportazione e che non comportino pertanto disparità di trattamento tra il commercio interno di uno Stato membro e quello all' esportazione. Quest' opinione non può però a mio parere essere sostenuta nel caso di specie. Non si tratta di norme nazionali che trattano le merci nello stesso modo, siano esse vendute nel mercato interno ovvero all' esportazione. Vi è una disparità di trattamento in quanto è possibile per i produttori di vino effettuare vendite nella regione di produzione di vino non ancora imbottigliato mentre non è possibile fare la stessa cosa al di fuori di detta regione. La normativa spagnola comporta l' agevolazione delle imprese della regione del Rioja. Da questo trattamento preferenziale deriva la discriminazione degli operatori economici degli altri Stati membri. Questo risultato non è modificato dal fatto che il trattamento preferenziale discrimina nello stesso modo gli operatori economici dello Stato membro interessato ubicati al di fuori della regione del Rioja. Tutti gli operatori avvantaggiati dal trattamento preferenziale si trovano nella regione di produzione di cui è causa e la circostanza che gli effetti restrittivi per l' esportazione derivanti dal regime di cui trattasi non agevolino tutti gli operatori economici nello Stato membro di cui è causa non può avere la conseguenza che detto regime sia sottratto al divieto di cui all' art. 34. Ciò significa che mi sono avvalso dell' iter logico seguito dalla Corte nella sentenza 20 marzo 1990, Du Pont de Nemours Italiana (19), pronunciata in una causa relativa ad un regime preferenziale regionale italiano che limitava le importazioni di merci provenienti da altri Stati membri e che è stato pertanto ritenuto in contrasto con l' art. 34 del Trattato. Ritengo che questa sentenza possa essere utilizzata anche nell' ambito dell' interpretazione dell' art. 34.

30. L' argomento a favore dell' esattezza di questo risultato può rinvenirsi nella giurisprudenza della Corte in materia di applicazione dell' art. 34 alle normative nazionali sull' eliminazione o il recupero di diversi tipi di rifiuti (20). Le norme nazionali di cui è causa istituivano regimi obbligatori per diversi settori negli Stati membri di cui trattasi. La Corte di giustizia ha dichiarato che si trattava di ostacoli indiretti all' esportazione vietati in quanto impedivano l' esportazione in altri Stati membri dei rifiuti al fine del loro riutilizzo o della loro eliminazione da parte delle imprese a tal fine autorizzate.

31. Ritengo pertanto giustificato dichiarare che l' obbligo di imbottigliamento dei vini di qualità nella regione di produzione in uno Stato membro costituisce un ostacolo all' esportazione di una merce, il vino sfuso, che avrebbe potuto essere effettuata qualora l' imbottigliamento obbligatorio non fosse stato in vigore, e che detto obbligo è pertanto vietato dall' art. 34 del Trattato (21).

Se l' obbligo nazionale di imbottigliamento dei vini di qualità nella regione di produzione possa essere considerato giustificato

32. Poiché sono giunto alla conclusione che la controversa normativa spagnola ha un' efficacia restrittiva sulla libera circolazione delle merci fra Stati membri che è in contrasto con l' art. 34 del Trattato CEE, passerò ad esaminare se la si possa comunque giustificare in quanto tassativamente necessaria per soddisfare ad esigenze sufficientemente importanti da giustificarne gli effetti restrittivi sugli scambi commerciali.

33. Come già osservato il governo spagnolo ha sostenuto che le norme di cui trattasi sono tassativamente necessarie ai fini della tutela del vino a denominazione di origine dalle adulterazioni e dalle frodi. Il governo spagnolo ha sottolineato fra l' altro che dall' art. 36 del Trattato risulta che restrizioni all' esportazione possono essere legittime qualora siano giustificate da esigenze di tutela della proprietà industriale e commerciale, in quanto esso ritiene che le denominazioni di origini facciano parte della nozione di proprietà industriale commerciale.

34. Nella presente causa costituisce un' importante questione di principio stabilire se le considerazioni su cui è fondata la normativa spagnola rientrino nella nozione di proprietà industriale e commerciale definita dall' art. 36. Infatti solo le considerazioni di cui all' art. 36 possono giustificare una normativa nazionale vietata nell' art. 34 a causa dei suoi effetti discriminatori (22).

Ciononostante, in queste conclusioni non intendo pronunciarmi sulla questione se la denominazione di origine rientri nei diritti di proprietà industriale e commerciale di cui all' art. 36.

La prima e principale ragione in tal senso è costituita dal fatto che nella presente causa non è, a mio parere, necessario prendere posizione su tale questione in quanto mi sembra chiaro che la normativa spagnola non possa essere giustificata, se non altro perché non è tassativamente necessaria per soddisfare ai requisiti di cui è causa o non costituisce neppure il provvedimento che meno ostacola il commercio tra quelli che possono essere prescelti a tale scopo.

Il secondo motivo a favore di questa linea di condotta è dovuto al fatto che ritengo che la presente causa non costituisca l' occasione migliore per risolvere la questione importante e sin qui non risolta della portata dell' art. 36 del Trattato CEE relativamente alle denominazioni di origine (23).

35. Il governo spagnolo ha senz' altro ragione nel sostenere che è importante tutelare intensivamente la qualità dei vini di origine controllata e che occorre prendere tutti i provvedimenti ragionevoli per evitare frodi in questo settore.

In prosieguo farò quindi riferimento al fatto che, come ha sostenuto il governo spagnolo, l' imbottigliamento obbligatorio risponde a questo obiettivo, il quale potrebbe giustificare restrizioni alla libera circolazione delle merci.

36. A mio parere vi sono diversi motivi da cui risulta che non è indispensabile l' imbottigliamento obbligatorio per raggiungere la finalità che è stata addotta a giustificazione dell' obbligo di cui è causa.

Sarebbe ovvio ritenere che un obbligo che comporta la cessazione di una pratica secolare, nonché notevoli conseguenze per la libera circolazione delle merci e restrizioni alle modalità di espletamento dell' attività dei produttori di vino, sia fondato su di un' esigenza chiaramente giustificata.

Ciò non avviene però nel caso di specie. In corso di causa non sono state fornite informazioni da cui risulti in modo convincente che le norme precedentemente in vigore comportavano un reale pericolo di alterazioni della qualità e di frodi, e che l' imbottigliamento obbligatorio contribuisse a ridurre in modo considerevole il rischio che poteva esistere.

37. In tale contesto è particolarmente rilevante il fatto che le norme spagnole già esaminate non ostano al trasporto del vino sfuso all' interno della regione del Rioja. Il rischio di diminuzione della qualità e di frodi all' atto del trasporto verso altre aziende e dell' imbottigliamento del vino al di fuori dell' azienda produttrice continua a sussistere. Il fatto che il comitato di tutela abbia solo funzione di controllo in questa regione, come ha dichiarato il governo spagnolo, non è atto a giustificare la normativa controversa. Vengono effettuati controlli anche all' esterno di detta regione e nel caso di specie non è stato provato che detti rischi siano effettivamente più rilevanti all' esterno che non all' interno della regione di cui è causa.

Come ho già osservato esistono norme comunitarie che stabiliscono per il trasporto del vino sfuso prescrizioni la cui finalità è fra l' altro la prevenzione delle frodi (24), e nella presente causa non sono disponibili, per quanto mi consta, informazioni a sostegno della tesi che dette norme non sono sufficientemente efficaci e che sarebbe pertanto necessario che gli Stati membri emanino norme più severe.

38. Un obbligo di imbottigliamento come quello in vigore nella regione del Rioja non può pertanto essere considerato assolutamente necessario per rispondere allo scopo perseguito. Esso può essere raggiunto mediante mezzi diversi e meno restrittivi per gli scambi commerciali.

L' imbottigliamento obbligatorio, essendo in contrasto con l' art. 34 del Trattato CEE, non è pertanto giustificato.

Soluzione della seconda questione

39. La seconda questione sollevata dal tribunal de commerce di Bruxelles è del seguente tenore: "Se un privato (...) possa far valere contro un altro privato la violazione di detto articolo 34".

Stando all' ordinanza di rinvio la questione è fondata sul fatto che l' AGE Bodegas ha dedotto in merito alla legittimità del rifiuto di vendita che l' art. 34 si applica solo ai provvedimenti degli Stati membri che ostacolano gli scambi e non può essere applicato ai rapporti fra imprese private.

40. Questa tesi è correttamente fondata in quanto dalla giurisprudenza della Corte risulta che l' art. 34 riguarda soltanto provvedimenti pubblici e non la condotta delle imprese (25).

L' art. 34 non si applica direttamente alle imprese private e non vieta loro di ostacolare la libera circolazione delle merci con comportamenti da esse autonomamente decisi. Il rifiuto di vendita dell' AGE Bodegas non può pertanto di per sé costituire una trasgressione dell' art. 34.

41. Non se ne può però trarre la conclusione che il divieto di cui all' art. 34 non può essere rilevante sotto un altro aspetto nell' ambito di una controversia tra privati.

Va ricordato che la AGE Bodegas ha addotto a giustificazione del suo rifiuto di vendita nei confronti della Promalvin il fatto che l' imbottigliamento obbligatorio e il conseguente divieto di vendere vino sfuso all' esterno della regione del Rioja le impediva di vendere alla Promalvin il quantitativo richiesto.

Va altresì ricordato che il tribunal de commerce di Bruxelles ha ritenuto che era necessario stabilire se il rifiuto di vendita sia legale in diritto spagnolo e che in tale contesto ha ritenuto necessaria l' interpretazione dell' art. 34 per stabilire se l' imbottigliamento obbligatorio istituito dalla normativa spagnola è in contrasto con l' art. 34.

La legittimità ai sensi del diritto comunitario dell' imbottigliamento obbligatorio può pertanto essere rilevante per il tribunal de commerce allo scopo di stabilire se il rifiuto di vendita sia legale ai sensi del diritto spagnolo.

42. Stando alla giurisprudenza della Corte non vi sono dubbi che l' art. 34, in circostanze come quelle di cui è causa, può essere invocato da un privato in una causa pendente dinanzi a un giudice nazionale. L' art. 34 è direttamente efficace e conferisce ai singoli diritti che i giudici degli Stati membri sono tenuti a tutelare (26). Ciò implica che i privati anche in cause contro altri privati possono avvalersi dell' art. 34 onde ottenere un accertamento di legittimità di provvedimenti delle autorità pubbliche che sono rilevanti per la definizione della controversia fra di essi pendente.

Vi sono molti esempi nella giurisprudenza della Corte in cui all' art. 30 del Trattato è stata attribuita detta efficacia nelle cause tra privati pendenti dinanzi ai giudici nazionali. Mi limiterò a citare in proposito la sentenza della Corte 10 novembre 1982, Walter Rau Lebensmittelwerke (27), e l' abbondante giurisprudenza della Corte in merito all' importanza dell' art. 30 in un contesto in cui privati possono avvalersi dei diritti derivanti da una normativa nazionale relativa alla proprietà industriale e commerciale al fine di ottenere il divieto delle importazioni parallele.

In tale contesto non vi è motivo di trattare in modo diverso l' art. 34 e l' art. 30 (28).

43. Si può pertanto dichiarare che il tribunal de commerce di Bruxelles deve applicare l' art. 34 qualora dichiari illegittimo l' imbottigliamento obbligatorio previsto dalla normativa spagnola e addotto dalla AGE Bodegas a giustificazione del suo rifiuto di vendita.

44. Occorre però altresì sottolineare che l' illegittimità dell' imbottigliamento obbligatorio in diritto comunitario non comporta necessariamente l' illegittimità del rifiuto di vendita della AGE Bodegas nei confronti della Promalvin. Questa questione va risolta ai sensi del diritto spagnolo e non si può escludere che il rifiuto di vendita possa essere legale a norma di questo diritto anche in caso di incompatibilità con il diritto comunitario dell' obbligo d' imbottigliamento. Come ha osservato la Commissione nelle osservazioni scritte possono sussistere nel diritto spagnolo motivi a favore della legittimità del rifiuto di vendita, a prescindere dalla illegittimità dell' imbottigliamento obbligatorio.

Proposta di soluzione delle questioni sollevate

45. Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni sollevate dal tribunal de commerce di Bruxelles nel modo seguente:

"1) Disposizioni nazionali come quelle in vigore nella regione del Rioja e che impongono l' imbottigliamento dei vini di qualità nella stessa regione, sono in contrasto con l' art. 34 del Trattato CEE.

2) L' art. 34 è direttamente efficace anche in cause fra privati pendenti dinanzi a giudici nazionali in quanto l' art. 34 può essere invocato a fondamento di una domanda di accertamento di legittimità ai sensi del diritto comunitario di provvedimenti delle pubbliche autorità che siano rilevanti per la definizione di controversie pendenti dinanzi a giudici nazionali".

(*) Lingua originale: il danese.

(1) - Secondo le osservazioni della Commissione in Francia è stato imposto già nel 1972 l' obbligo di imbottigliare i vini d' Alsazia a denominazione di origine controllata nei dipartimenti in cui ne avviene la produzione. In Italia vige l' obbligo di imbottigliare il marsala nella regione di produzione. Inoltre in Italia è stato presentato un disegno di legge secondo cui vengono stabilite con decreto del Presidente della Repubblica le norme relative all' imbottigliamento in talune regioni di produzione di vini a denominazione di origine. Nel Lussemburgo vige una normativa ai sensi della quale il marchio nazionale di qualità può essere utilizzato solo per vino venduto in bottiglia. Vi sono tuttavia talune eccezioni a questa regola. La normativa tedesca dispone che un vino può essere denominato vino di qualità prodotto in una regione determinata solo dopo aver ricevuto un numero di controllo attribuito solo al vino imbottigliato. Inoltre è stato chiarito in udienza che dal 1992 la Spagna emanerà disposizioni analoghe relative al luogo dell' imbottigliamento per quel che riguarda il vino prodotto nella regione dello Jerez e che il Portogallo ha adottato disposizioni analoghe.

(2) - Stando alle osservazioni scritte presentate dal governo spagnolo la disposizione transitoria è stata adottata per il motivo seguente: Questa disposizione è stata emanata tenendo conto del fatto che le zone che avevano chiesto l' attribuzione della denominación de origen calificada (Rioja e Jerez) benché vendessero un quantitativo sempre maggiore di vini tutelati ed imbottigliati nelle cantine di origine, continuavano tuttavia a vendere vino sfuso all' esportazione (le esportazioni di vino sfuso dal Rioja ammontavano nel 1988 al 21% del complesso delle vendite all' esportazione) .

(3) - Dalle osservazioni scritte della Delhaize Le Lion risulta che quest' ultima ha venduto nel 1989 circa 23,4 milioni di bottiglie di vino da tavola e di vini di qualità (v.q.p.r.d.), di cui l' 85%, cioè circa 20 milioni di bottiglie, imbottigliato dall' impresa stessa.

(4) - Immediatamente prima di questo accordo, le due parti avevano eseguito l' operazione relativa ad un quantitativo di 250 hl di vino Rioja. Dopo l' esecuzione del primo ordinativo da parte della Promalvin alle condizioni convenute con la Delhaize Le Lion, cui la merce era stata fornita dall' AGE Bodegas, la Delhaize Le Lion inoltrava alla Promalvin il secondo ordinativo, su cui verte la presente causa, relativo a 3 000 hl.

(5) - United Nations, Treaty series, vol. 720-II, n. 10346.

(6) - Il governo belga ha chiarito nelle osservazioni scritte che un obbligo generale di imbottigliare vino di qualità nelle regioni di produzione comporterebbe la perdita di 300 posti di lavoro nell' industria dell' imbottigliamento belga e di 600 posti di lavoro nell' indotto; la perdita economica ammonterebbe a 1 120 milioni di BFR.

(7) - A ciò va aggiunto che negli Stati destinatari sarebbe più difficile la gestione dei sistemi di riciclaggio delle bottiglie.

(8) - Causa 15/79 (Racc. pag. 3409).

(9) - GU L 84, pag. 1.

(10) - GU L 84, pag. 59, emendato con regolamento del Consiglio 19 giugno 1989, n. 2043 (GU L 202, pag. 1).

(11) - Ciò risulta fra l' altro dalle seguenti disposizioni del regolamento:

L' art. 5 dispone: Le pratiche culturali necessarie per garantire la qualità ottimale dei v.q.p.r.d. formano oggetto di appropriate disposizioni adottate da ciascuno degli Stati membri interessati . L' art. 8 dispone: I particolari metodi di vinificazione e di elaborazione con i quali sono ottenuti i v.q.p.r.d. sono definiti, per ciascuno di questi vini, da ciascuno degli Stati membri produttori interessati . L' art. 11, n. 1, dispone: Per ciascuno dei v.q.p.r.d. lo Stato membro interessato fissa una resa per ettaro espressa in quantità d' uva, di mosto o di vino (...) .

(12) - Testo nella versione emendata con regolamento del Consiglio 19 luglio 1989, n. 2043, recante modifica del regolamento n. 823/87 (GU L 202, pag. 1). Nella versione originaria l' art. 18 disponeva quanto segue: Oltre alle disposizioni previste dal presente regolamento, gli Stati membri produttori possono definire, tenendo conto degli usi leali e costanti, caratteristiche e condizioni di produzione e di circolazione complementari o più rigorose per i v.q.p.r.d. del loro territorio . Va osservato che la versione originaria era in vigore al momento che viene in linea di conto per la risoluzione della controversia pendente dinanzi al tribunal de commerce di Bruxelles. Tuttavia non ritengo che la modifica, motivata soprattutto da esigenze di tecnica legislativa, abbia una qualche incidenza sulla questione che la Corte è chiamata a risolvere.

(13) - GU L 106, pag. 1.

(14) - GU L 232, pag. 13. V. l' art. 11, n. 1, lett. d), che prevede particolari requisiti obbligatori in materia di etichetta per i recipienti di volume nominale superiore ai 60 litri, l' art. 11, n. 2, lett. r), a norma del quale la designazione sull' etichetta può essere completata dall' indicazione che il vino è stato imbottigliato in una determinata regione di produzione.

(15) - V. sentenza 29 novembre 1978, causa 83/78, Pigs Marketing Board/Redmond (Racc. pag. 2347, punti 53 e seguenti della motivazione).

(16) - V. sentenza testé citata, punti 57-58 della motivazione. La Corte ha dichiarato in una serie di sentenze relative a normative nazionali che restringono la produzione di merci disciplinate da un' organizzazione di mercato, che l' organizzazione di cui è causa esclude qualsiasi provvedimento interno che possa ostacolare direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, il commercio intracomunitario , v. sentenza 30 ottobre 1974, causa 190/73, Van Haaster (Racc. pag. 1123, punto 16 della motivazione). Una sentenza analoga è stata pronunciata il 18 maggio 1977 nella causa 116/76, Van den Hazel (Racc. pag. 901).

(17) - Vi sono forse sentenze più recenti da cui si può desumere che la Corte non ritiene di dover interpretare in modo diverso l' art. 34 a seconda che si applichi all' interno ovvero all' esterno di un settore disciplinato da un' organizzazione comune di mercato. Questo punto di vista può essere stato espresso nella sentenza della Corte 6 ottobre 1987, causa 118/86, Nertsvoederfabriek (Racc. pag. 3883), che riguardava una normativa olandese sulla consegna obbligatoria dei resti di animali e in cui la Corte di giustizia si è riferita al punto 9 della motivazione a disposizioni di due organizzazioni di mercato e ha dichiarato: Poiché queste disposizioni rispecchiano i divieti sanciti dagli artt. 30 e 34 del Trattato, la disciplina descritta dal giudice a quo dev' essere unicamente valutata sotto il profilo di questi articoli, relativi alla soppressione delle restrizioni quantitative e di qualsiasi misura d' effetto equivalente all' importazione e all' esportazione, considerati come parte integrante delle organizzazioni comuni di mercato .

E' altresì possibile che lo stesso punto di vista si rinvenga nella sentenza 25 novembre 1986, causa 148/85, Forest (Racc. pag. 3449), che riguardava un regime francese di contingenti di macinazione del grano e in cui la Corte si è pronunciata su questioni relative al significato degli artt. 30 e 34 indipendentemente dall' organizzazione di mercato esistente.

E' altresì possibile individuare una posizione un po' più restrittiva sulla questione dell' incidenza delle organizzazioni di mercato sull' applicazione delle norme del Trattato CEE relative alla libera circolazione delle merci nella sentenza 7 febbraio 1984, causa 237/82, Jongeneel Kaas (Racc. pag. 483), che riguardava disposizioni olandesi nel settore del formaggio.

A mio parere ci si può altresì chiedere se in un settore disciplinato da un' organizzazione di mercato senza indizi particolari in questo senso contenuti nella stessa organizzazione di mercato, vi sia motivo per tutelare la libera circolazione delle merci maggiormente di quanto avviene in settori che non sono disciplinati da un' organizzazione di mercato.

La giurisprudenza più risalente, che è di per sé chiara, non è però stata abbandonata con sufficiente certezza, per cui fonderò le mie conclusioni su di essa.

(18) - V., ad esempio, sentenze 14 luglio 1981, causa 155/80, Oebel (Racc. pag. 1993), 1 aprile 1982, cause riunite 141/81 - 143/81, Holdijk (Racc. pag. 1299), 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoeks (Racc. pag. 4575), 7 febbraio 1984, causa 237/82, Jongeneel Kaas (Racc. pag. 483). La più recente pronuncia della Corte è la sentenza 28 febbraio 1991, causa C-332/89, Marchandise (Racc. pag. I-1027).

(19) - Causa C-21/88 (Racc. pag. 889, in particolare pag. 920).

(20) - V. sentenza 10 marzo 1983, causa 172/82, Inter-Huiles (Racc. pag. 555), sentenza 7 febbraio 1985, causa 173/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 491) nonché sentenza 6 ottobre 1987, causa 118/86, Nertsvoederfabriek Nederland BV (Racc. pag. 3883). Le due prime riguardavano la legittimità del sistema francese di eliminazione degli oli esausti e la terza delle norme in vigore nei Paesi Bassi sull' eliminazione dei residui animali.

(21) - La presente causa mi ha indotto a chiedermi se l' interpretazione dell' art. 34 da parte della Corte possa risultare troppo stretta. La ragione per applicare l' art. 34 all' obbligo spagnolo di imbottigliamento è costituita a mio parere, come già osservato, dal fatto che è possibile continuare a vendere vino sfuso nella regione di produzione. Questa motivazione non può essere utilizzata per le norme nazionali che impongono l' imbottigliamento effettuato dai produttori stessi, e neppure in altre situazioni in cui la normativa nazionale possa esigere che vi sia un' ulteriore trasformazione di un prodotto, comunque altrimenti smerciabile, nell' impresa in cui è sottoposto alla prima trasformazione. Non si può affatto escludere che uno Stato membro abbia ritenuto opportuno emanare norme che imponessero alle imprese che avevano confezionato fino a quel momento prodotti semifiniti e che li avevano venduti ad imprese in altri Stati, di occuparsi personalmente del prodotto finito. Siffatte norme nazionali, che secondo l' interpretazione della Corte di giustizia non ricadrebbero probabilmente nell' ambito di applicazione dell' art. 34, potrebbero a mio parere senz' altro costituire ostacoli ingiustificati alla libera circolazione delle merci.

(22) - V. in proposito la sentenza citata alla nota 19 nella causa Du Pont de Nemours Italiana.

(23) - In tale contesto posso richiamare l' attenzione sul fatto che l' impostazione da me scelta non è senza precedenti. Anche la Corte di giustizia, in una causa in cui si sosteneva che le denominazioni di origine rientravano nell' ambito di applicazione dell' art. 36, si è astenuta dal pronunciarsi sulla questione in quanto ha ritenuto che le norme nazionali in vigore non potevano essere considerate giustificate, dal momento che non soddisfacevano le condizioni richieste inoltre per l' applicazione dell' art. 36. V. sentenza 13 marzo 1984, causa 16/83, Prantl (Racc. pag. 1299, punto 35 della motivazione).

(24) - V. regolamento (CEE) della Commissione 10 aprile 1989, n. 986, relativo ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo (GU L 106, pag. 1). Questo regolamento contiene norme particolari sul trasporto dei prodotti alla rinfusa.

In forza del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uva (GU L 232, pag. 13) i produttori di vino hanno l' obbligo di indicare sull' etichetta il luogo di produzione del vino.

(25) - V., fra l' altro, sentenza della Corte 1 ottobre 1987, causa 311/85, VZW Vereniging van Vlaamse Reisbureaus (Racc. pag. 3801).

(26) - V., fra l' altro, sentenza della Corte 29 novembre 1978, causa 83/78, Pigs Marketing Board (Racc. pag. 2347).

(27) - Causa 261/81 (Racc. pag. 3961).

(28) - Ciò è confermato dalla sentenza della Corte 10 marzo 1983, causa 172/82, Inter-Huiles (Racc. pag. 555) in cui l' art. 34 era stato invocato in una causa tra privati in relazione alla questione della legittimità del citato regime francese relativo agli oli esausti.