CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

MARCO DARMON

presentate il 1o giugno 1989 ( *1 )

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. 

L'azione di responsabilità intentata dalla Maclaine Watson and Company Limited (in prosieguo: la «Maclaine Watson»), nei confronti della Comunità europea, trae origine da una situazione apparentemente senza precedenti ( 1 ): la cessazione dei pagamenti da parte di una organizzazione internazionale, il Consiglio internazionale dello stagno (in prosieguo: il « CIS »).

2. 

Il 24 ottobre 1985, infatti, il presidente esecutivo del CIS decideva di sospendere le operazioni delle scorte stabilizzatrici, in mancanza di fondi disponibili. Tale provvedimento provocava il crollo del mercato dello stagno. La Borsa metalli di Londra, la London Metal Exchange (in prosieguo: la « LME »), si vedeva costretta a sospendere la quotazione dello stagno ( 2 ). Il passivo dell'organizzazione ammontava all'epoca a circa novecento milioni di UKL (lire sterline).

3. 

Dalle informazioni disponibili risulta che vari tentativi di composizione amichevole tra il CIS e i suoi membri, da una parte, e i creditori dell'organizzazione, dall'altra, sono falliti nei mesi successivi alla sospensione delle operazioni di quest'ultima. La ricorrente, mediatrice presso la LME, aveva concluso con il CIS 154 contratti, tuttora non eseguiti.

4. 

Un vasto contenzioso, che opponeva i vari creditori del CIS sia a quest'ultimo sia ai suoi membri ( 3 ), andava così creandosi. Tralasciando l'esame in dettaglio delle varie controversie, va rilevato che per il momento — non essendosi la House of Lords pronunciata su tale questione — i giudici britannici hanno deciso che i membri del CIS non erano responsabili delle obbligazioni contrattuali di quest'ultimo, in considerazione della distinta personalità giuridica dell'organizzazione. La Court of Appeal ha peraltro considerato che la Comunità non poteva, per quanto la riguardava, eccepire alcuna immunità nell'ambito di tale azione.

5. 

Quanto alla ricorrente, questa otteneva un lodo arbitrale ( 4 ) nei confronti del CIS ed esperiva un'azione per inadempimento nei confronti del solo Regno Unito, azione che veniva respinta a causa della distinta personalità giuridica del CIS ( 5 ). Essa chiedeva inoltre la nomina di un receiver ( 6 ), che il giudice Millett ( 7 ), e quindi la Court of Appeal ( 8 ), rifiutavano in quanto le prerogative del CIS nei confronti dei suoi membri discendono dal Sesto accordo internazionale per lo stagno, in merito al quale i giudici britannici non sono competenti a pronunciarsi. Dinanzi alla House of Lords è pendente un ricorso. Veniva per contro accolta un'istanza della ricorrente volta ad ottenere che si ingiungesse ( 9 ) al CIS di comunicare tutte le informazioni relative ai suoi attivi nel Regno Unito. La ricorrente riusciva inoltre a far emettere varie ordinanze per « congelare » il patrimonio del CIS. Infine, come la Maclaine Watson ha segnalato nel corso dell'udienza, essa ha rinunciato, per quanto la riguarda, a far valere qualsiasi pretesa nei confronti della Comunità dinanzi ai giudici britannici.

6. 

La cessazione dei pagamenti del CIS sopravveniva in fase di attuazione del Sesto accordo internazionale sullo stagno (in prosieguo: il « Sesto accordo »). Gli accordi sullo stagno sono accordi multilaterali intesi a conseguire un equilibrio tra produzione e consumo mondiali di stagno nonché a prevenire le fluttuazioni eccessive dei prezzi. Essi fanno parte del programma integrato per i prodotti di base, adottato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo (CNUCES) ( 10 ).

7. 

Per conseguire gli obiettivi di questi accordi, sono stati previsti due strumenti principali:

gli interventi sul mercato mediante scorte stabilizzatrici, finanziati dai mem-bri del CIS e destinati a mantenere le quotazioni entro un prezzo massimo e un prezzo minimo fissati dal CIS;

la possibilità di imporre un controllo delle esportazioni agli Stati produttori.

8. 

Il Consiglio internazionale dello stagno, istituito nel 1956 con il Primo accordo sullo stagno, ha da allora il compito di garantire l'attuazione dei vari accordi successivi.

9. 

Al suo interno, ciascun membro dispone di un numero fisso di voti, cui si aggiunge un numero di voti proporzionale, secondo i casi, alla sua produzione o al suo consumo. Va segnalato che, a norma dell'art. 15, le decisioni sono di regola adottate a maggioranza semplice ripartita ( 11 ).

10. 

Il Consiglio elegge a maggioranza ripartita di due terzi un presidente esecutivo indipendente, che è responsabile dinanzi al Consiglio ed al quale è subordinato il direttore delle scorte stabilizzatrici nominato dal Consiglio.

11. 

Ai sensi dell'art. 16, n. 1, del Sesto accordo, « [il] CIS è dotato di personalità giuridica. In particolare, esso ha la capacità di contrattare, acquistare e alienare beni mobili e immobili nonché di stare in giudizio ». Peraltro, un accordo di sede relativo allo statuto, ai privilegi e alle immunità del Consiglio è stato concluso tra quest'ultimo e il Regno Unito il 9 febbraio 1979.

12. 

Al Sesto accordo hanno aderito 23 Stati ( 12 ), tra cui i dieci Stati allora membri della Comunità economica europea, che è anch'essa firmataria dell'accordo.

13. 

Tale adesione congiunta è conseguenza della decisione per cui il finanziamento delle scorte stabilizzatrici incombeva agli Stati membri e non alla Comunità, il che implica la partecipazione dei primi, conformemente al vostro parere 1/78, relativo all'accordo internazionale sulla gomma naturale, nel quale voi avete affermato che

« la questione dell'esclusività della competenza della Comunità dipende, nella fattispecie, dalle modalità del finanziamento delle operazioni delle scorte regolatrici che si progetta di istituire con questo accordo. (...) Se gli oneri del finanziamento fossero sostenuti direttamente dagli Stati membri, questa circostanza implicherebbe la partecipazione di detti Stati all'accordo, congiuntamente alla Comunità» ( 13 ).

14. 

Deve rilevarsi che l'art. 56, n. 1, dell'accordo prevede espressamente la partecipazione di « organizzazioni internazionali », precisando che « in caso di votazione sulle questioni di loro competenza, dette organizzazioni esprimono un numero di voti pari al totale dei voti che possono essere attribuiti ai loro Stati membri, i quali in tal caso non esprimono i loro voti individualmente ».

15. 

I negoziati per il Sesto accordo si sono svolti durante la conferenza sullo stagno organizzata sotto l'egida delle Nazioni Unite tra il 1980 e il 1981 e l'accordo stesso è stato aperto alla firma il 3 agosto 1981.

16. 

La « decisione del Consiglio » riguardante l'adesione al Sesto accordo e la notifica di applicazione provvisoria del medesimo è stata adottata il 31 marzo 1982 ( 14 ).

17. 

È opportuno rilevare che la definitiva entrata in vigore del Sesto accordo era subordinata, in forza del suo art. 55, al deposito, entro il 1o luglio 1982, degli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione da parte di un numero di governi tale da rappresentare l'80% della produzione totale e l'80% del consumo totale ( 15 ).

18. 

L'art. 55, n. 2, precisava che ove non fossero state soddisfatte alla suddetta data le condizioni per l'entrata in vigore definitiva, l'accordo sarebbe entrato in vigore a titolo provvisorio qualora un numero di governi di paesi produttori e di paesi consumatori tale da rappresentare rispettivamente il 65% della produzione totale e il 65% del consumo totale avessero depositato gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione oppure avessero manifestato l'intenzione di applicare l'accordo in via provvisoria.

19. 

Infine, l'art. 55, n. 3, stabiliva, per il caso in cui al 1o giugno 1982 non si fossero raggiunte le percentuali richieste ai nn. 1 e 2, che il segretario generale delle Nazioni Unite avrebbe invitato i governi che avessero depositato gli strumenti di ratifica (ecc.) a riunirsi per decidere se applicare tra loro il suddetto accordo a titolo definitivo ovvero a titolo provvisorio, in tutto, o in parte, alla data da loro fissata.

20. 

Secondo la Maclaine Watson, che su tale punto non viene contraddetta, alla data del 1o giugno 1982 alcuni paesi che rappresentavano l'82,24% della produzione totale di stagno avevano sottoscritto l'accordo, mentre tra i paesi consumatori la percentuale raggiungeva appena il 50,31% del consumo totale.

21. 

Pertanto, sulla base dell'art. 55, n. 3, dell'accordo, si decideva di fare entrare provvisoriamente in vigore il Sesto accordo tra i firmatari con decorrenza dal 1o luglio 1982.

22. 

Sulla crisi del CIS esiste una vastissima letteratura ( 16 ), che ha cercato di evidenziarne le cause profonde. Quanto alla ricorrente, questa ne fa un'analisi che è indispensabile riassumere per meglio comprendere i suoi argomenti in diritto.

23. 

Anzitutto, il Sesto accordo sarebbe stato negoziato e concluso in un contesto strutturale di eccedenza nella produzione dello stagno. Peraltro, negli anni 1980-1981, talune operazioni speculative condotte da un « misterioso » acquirente avrebbero provocato un'impennata violenta ma artificiale delle quotazioni, con conseguente rialzo dei prezzi massimi e minimi del CIS.

24. 

Perciò, alla data in cui il Sesto accordo entrò provvisoriamente in vigore, il CIS aveva già imposto controlli all'esportazione, costituito scorte di stagno considerevoli e acceso consistenti prestiti bancari. Malgrado tali misure, le quotazioni dello stagno a Londra erano inferiori al prezzo minimo.

25. 

Inoltre, gli Stati Uniti, primo consumatore mondiale, che disponevano peraltro di considerevoli scorte pronte ad essere vendute sul mercato, non erano firmatari del Sesto accordo, né lo erano importanti produttori quali, in particolare, la Bolivia e il Brasile.

26. 

Data tale circostanza, i controlli all'esportazione erano destinati a restare inefficaci in quanto i produttori aderenti al Sesto accordo, gli unici ai quali detti controlli potevano essere imposti, rappresentavano solo il 50-60% della produzione mondiale. I controlli, che oltretutto potevano essere aggirati dal « contrabbando », riducevano gli introiti che i produttori aderenti al Sesto accordo potevano ricavare dalle esportazioni, senza tuttavia incidere sulle analoghe entrate dei produttori rimasti estranei all'accordo. Per giunta, nell'attuazione dell'accordo, il CIS non aveva nemmeno adottato misure di controllo della produzione nei confronti dei membri che erano al tempo stesso produttori e consumatori ( 17 ) e la CEE si era del resto opposta a qualsiasi decisione in tal senso.

27. 

Per esprimere i prezzi minimi e massimi si era d'altra parte prescelto il ringgit malese ( 18 ), mentre le operazioni del CIS presso la LME erano effettuate in UKL. Ciò equivaleva quindi, sostiene la ricorrente, a subordinare l'efficacia delle operazioni del CIS alla fluttuazione dei tassi di cambio sicuramente prevedibili al momento dei negoziati per il Sesto accordo. Tuttavia il CIS non ha mai, in seguito, esercitato il proprio potere di modificare la moneta nella quale potevano essere espressi il prezzo minimo e il prezzo massimo.

28. 

Il Sesto accordo conteneva pertanto un vizio intrinseco al momento della sua entrata in vigore.

29. 

Nel periodo di vigenza dell'accordo, il CIS ha sempre cercato di garantire un prezzo minimo troppo elevato che poteva solo attirare sul mercato un'ulteriore offerta di stagno, rafforzando così la tendenza al ribasso delle quotazioni.

30. 

In circostanze simili, le scorte stabilizzatrici venivano a sopportare una responsabilità particolarmente pesante, alla quale però non erano state poste in condizione di far fronte. Innanzitutto, non era nemmeno stato possibile assegnare integralmente alle scorte stabilizzatrici le risorse, peraltro già insufficienti, previste nell'accordo. In secondo luogo, la maggioranza dei conferimenti per le scorte non era avvenuta in contanti, bensì in stagno.

31. 

Sarebbe stato necessario quindi apprestare ulteriori fondi per le scorte stabilizzatrici. Il direttore di queste ultime ha varie volte richiamato l'attenzione del Consiglio sulla minaccia di totale collasso del CIS, segnalando, nel marzo 1984, che le risorse derivanti dai conferimenti si erano esaurite e che le scorte funzionavano solo grazie all'indebitamento. A tal proposito, la Comunità e il Giappone si sono opposti ad ulteriori conferimenti, proposti da altri membri. Il CIS ha adottato, in realtà, una costante politica di temporeggiamento.

32. 

Di conseguenza, la mancanza di fondi liquidi sufficienti rendeva inevitabile un intenso ricorso a prestiti. Essendo però tali prestiti garantiti essenzialmente con depositi di stagno, il CIS si trovava al tempo stesso costretto a sostenere quotazioni elevate onde evitare una diminuzione del valore della garanzia dei prestiti.

33. 

Il direttore delle scorte veniva quindi indotto a cercare di controllare più stagno di quanto i fondi disponibili non permettessero, intrecciando, specialmente con i mediatori, una complicata trama di operazioni, di dubbia compatibilità con il Sesto accordo, dirette a creare una parvenza di domanda rispetto all'offerta nell'intento di mantenere le quotazioni ad un livello minimo artificialmente elevato.

34. 

A questo riguardo, il direttore delle scorte, avvalendosi di tredici diversi mediatori, aveva potuto nascondere a questi ultimi l'estensione del mercato, peraltro indicando loro il possesso di risorse sufficienti e contestando risolutamente una eventuale messa in discussione della stabilità finanziaria del CIS.

35. 

I membri di quest'ultimo erano a conoscenza, in larga misura, delle operazioni del direttore delle scorte e delle loro conseguenze sulla situazione finanziaria del CIS, anche se è difficile valutare fino a che punto le informazioni in loro possesso fossero dettagliate. A tale proposito, il Regno Unito, allarmato dalle operazioni del direttore delle scorte, ha cercato di ottenere informazioni più precise per accertare che l'interessato non eccedesse i propri poteri. Tale iniziativa, presa a livello comunitario, non ha ottenuto l'appoggio di altri membri del CIS, in quanto vi si sono opposti i paesi produttori e il direttore delle scorte il quale, in particolare, ha invocato le norme sul funzionamento delle scorte stabilizzatrici. Nessu-n'altra iniziativa comunitaria è stata intrapresa.

36. 

Sempre secondo la ricorrente, il CIS ha del resto omesso di fare in modo che il comitato per il finanziamento delle scorte stabilizzatrici si riunisse con la frequenza necessaria per esercitare la propria funzione di controllo in materia.

37. 

In conclusione, se la carenza di informazione dei membri derivasse dallo stesso Sesto accordo, sarebbe dimostrata la natura difettosa di tale accordo nel momento in cui la Comunità vi ha aderito ed ha deciso di farlo entrare in vigore, mentre se invece essa non fosse imputabile a tali difetti, sarebbe allora dovuta alla negligenza dei membri del CIS, tra cui la Comunità, che non ha appoggiato le iniziative del Regno Unito.

38. 

Tuttavia, la mancanza di informazioni dei membri del CIS ha tutt'al più influito sulla data precisa in cui quest'ultimo è stato costretto a cessare i pagamenti, giacché i dati a conoscenza dei suddetti membri erano, in ogni caso, sufficienti per indurli necessariamente a constatare l'ineluttabilità della cessazione dei pagamenti.

39. 

Questa è, riassunta assai schematicamente, l'analisi dei fatti svolta dalla Madame Watson, sulla base di numerosissimi documenti, specialmente del CIS, e di diverse dichiarazioni rilasciate da funzionari o ex funzionari, prove la cui produzione in giudizio viene peraltro contestata tanto dalle istituzioni convenute quanto dal Regno Unito. Almeno per il momento, tralascerò il problema della fondatezza delle asserzioni della ricorrente. Mi limiterò a rilevare che alcuni commentatori — oltre a taluni fattori richiamati dalla ricorrente — sottolineano altresì il ruolo che hanno avuto i «brokers della LME » nel sopravvenire della crisi ( 19 ).

40. 

Voi avete deciso, pur in assenza di una formale istanza proposta al riguardo dalle istituzioni convenute, di procedere a un previo esame della ricevibilità del presente ricorso.

41. 

Sebbene non sia mio compito valutare il modo in cui le parti avanzano le proprie pretese e svolgono le proprie difese, tengo a far rilevare che nel caso di specie il vostro compito, già reso particolarmente delicato semplicemente dalla complessità dei fatti e delle questioni giuridiche, non ne risulterà facilitato.

42. 

Infatti, pur avendo la ricorrente gettato una « rete » particolarmente ampia, data la quantità di mezzi invocati, le istituzioni convenute vi hanno opposto una eccezione di irricevibilità globale, che è spesso difficile contrapporre a singoli mezzi specifici. Indubbiamente, il governo del Regno Unito, intervenendo a sostegno della Comunità, di cui ha ulteriormente sviluppato le conclusioni, ha avuto maggior riguardo per il vostro Collegio, sforzandosi di fornirvi un quadro analitico più circostanziato.

43. 

Gli argomenti in diritto della ricorrente riguardano il comportamento della Comunità durante i negoziati, l'entrata in vigore e l'attuazione del Sesto accordo. Essi tuttavia non sono altro se non una generica esposizione dei mezzi che vi sono stati sottoposti, la cui pletoricità e, talvolta, presentazione, rendono ardua la sintesi.

44. 

Fatti salvi tali rilievi, sembra in definitiva che la Maclaine Watson vi sottoponga, nell'ordine, i nove mezzi seguenti:

1)

la Comunità è responsabile dei maneggi del CIS, il quale, prima del suo crollo, aveva contratto debiti eccedenti la propria capacità di farvi fronte; se il CIS non è dotato di personalità giuridica, i suoi errori sono direttamente imputabili ai suoi membri; se invece va considerato persona giuridica, i suoi membri sono responsabili in conformità dei principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri in materia di responsabilità degli amministratori delle società commerciali;

2)

la Comunità ha omesso di mettere in guardia la ricorrente dal rischio esistente nell'operare con l'organizzazione ed è venuta meno, più in generale, al proprio obbligo di buona fede;

3)

nel sottoscrivere il Sesto accordo e nel partecipare alla decisione di farlo entrare provvisoriamente in vigore, la Comunità ha agito illegittimamente in considerazione dei vizi intrinseci dell'accordo e della sua incompatibilità con il Trattato CEE;

4)

la Comunità ha omesso di esercitare pienamente i propri poteri durante i negoziati per la conclusione del Sesto accordo e durante la sua partecipazione a quest'ultimo e, più specificamente, non ha obbligato gli Stati membri a rispettare il suo diritto a decidere le questioni di sua esclusiva competenza;

5)

il Consiglio e la Commissione non hanno mai consultato il Parlamento europeo, mentre una siffatta consultazione sarebbe stata utile in quanto la messa in luce dei vizi dell'accordo avrebbe indotto la Comunità, così come hanno fatto gli Stati Uniti o la Bolivia, a rifiutare di parteciparvi;

6)

la Commissione non ha intrapreso i passi necessari per indurre gli Stati membri della Comunità a rispettare i loro obblighi sia in materia di ratifica del Sesto accordo sia in materia di conferimenti per le scorte stabilizzatrici, ivi compresi quelli supplementari; il comportamento degli Stati membri a questo riguardo costituiva una violazione dell'art. 5 del Trattato CEE, di fronte alla quale le istituzioni avrebbero potuto adottare le opportune iniziative, che sarebbero consistite, per la Commissione, nell'instaurazione di un procedimento ai sensi dell'art. 169;

7)

la Comunità, tenuto conto del numero dei suoi voti, è giuridicamente responsabile degli.« atti ed omissioni » del CIS, in quanto dispone in seno a quest'ultimo di un'influenza che essa si è astenuta dall'e-sercitare nell'interesse comunitario e in modo da controllare l'operato dell'organizzazione;

8)

la Comunità è colpevole di non aver impedito l'abuso di posizione dominante costituito dalle attività del CIS;

9)

a prescindere dall'illegittimità del suo comportamento, la Comunità è tenuta al risarcimento del danno sofferto dalla ricorrente in conseguenza dei rischi connessi al Sesto accordo e alle attività del CIS.

45. 

A questa impressionante serie di censure, la Commissione e il Consiglio, sostenuti dal Regno Unito, oppongono una eccezione di irricevibilità del ricorso, suddivisa in tre distinti motivi:

il ricorso è irricevibile in quanto riguarda atti e comportamenti della Comunità relativi alla conduzione di relazioni internazionali;

il ricorso costituisce un abuso del rimedio giurisdizionale previsto all'art. 215, soprattutto in quanto tende, in realtà, a far sopportare alla Comunità la responsabilità contrattuale del CIS, a far annullare un gran numero di atti conclusi dalla Comunità, dal CIS o dai suoi membri e a imporre alla convenuta una responsabilità dell'organizzazione che è estranea alla competenza della Corte;

il ricorso è prematuro e astratto, in quanto con esso si chiede alla Corte di dichiarare il principio di una responsabilità ipotetica e condizionale, fintantoché non sia definitivo il mancato esito delle azioni intentate contro il CIS dinanzi ai giudici britannici.

46. 

Procederò dapprima a un breve esame di quest'ultimo motivo d'irricevibilità, che a mio parere non deve essere accolto.

I — Carattere prematuro o astratto del ricorso

47.

Data l'esistenza di azioni giudiziarie intentate dalla Maclaine Watson nei confronti del CIS e pendenti dinanzi ai giudici britannici, il danno allegato sarebbe puramente ipotetico. I ricorrenti, infatti, non potrebbero fornire la prova che il CIS ha deciso in via definitiva di non pagare. Stando così le cose, il ricorso sarebbe irricevibile in quanto mirerebbe a ottenere dalla Corte la pronuncia di un'astratta dichiarazione di responsabilità.

48.

Anzitutto, l'esistenza del danno costituisce, a mio parere, una questione di merito. Se è vero che la Corte ha talvolta dichiarato irricevibili in quanto premature azioni di risarcimento, occorre tuttavia rilevare che essa ha per altro verso affermato che

« le obiezioni del Consiglio riguardano, in realtà, una delle condizioni sostanziali cui è subordinata la responsabilità della Comunità, cioè l'esistenza di un danno. Esse saranno quindi valutate nell'ambito de/l'esame del merito» ( 20 ).

49.

Appare assai dubbio, in ogni caso, che il danno allegato nella fattispecie abbia carattere eventuale. A mio parere, l'elemento incerto — tenuto conto del periodo di tempo trascorso dal 24 ottobre 1985 — è il pagamento dei debiti del CIS.

50.

Va rilevato peraltro che la Corte ha già ammesso la ricevibilità di azioni per « accertamento di responsabilità » ispirandosi, al riguardo, alle soluzioni adottate dagli ordinamenti di vari Stati membri, e rilevando che

« l'art. 215 del Trattato non vieta di adire la Corte per fare dichiarare la responsabilità della Comunità per danni imminenti e prevedibili con una certa sicurezza, anche se l'entità del danno non è ancora esattamente determinabile » ( 21 ).

51.

Mi sembra che un'identica soluzione debba a fortiori ammettersi allorché il danno sia palese e la sua cessazione sia subordinata a un pagamento che le circostanze del caso di specie inducono a reputare incerto.

52.

Nella causa Granaria ( 22 ), infine, avete ricordato che la Corte può essere indotta

« a pronunciarsi, in una prima fase del procedimento, sul se il comportamento delle istituzioni fosse idoneo a far sorgere la responsabilità della Comunità, riservando ad una eventuale fase successiva l'esame dei punti relativi alla causalità, nonché alla natura e alla portata del danno » ( 23 ).

53.

Non mi sembra irrilevante constatare come, per ammettere la ricevibilità del ricorso, abbiate precisato che,

« nella fattispecie, il problema del fondamento giurìdico della responsabilità si presta in modo particolarmente agevole a venir risolto separatamente, secondo questa prassi » ( 24 ).

54.

È indubbio che quanto sopra vale altresì nel caso del presente ricorso. Propongo pertanto che il suddetto motivo d'irricevibilità venga respinto.

II — Sindacato giurisdizionale e relazioni esterne della Comunità

55.

Da un'attenta disamina della vostra giurisprudenza risulta che non è, in realtà, la prima volta che le istituzioni comunitarie chiedono alla Corte di dichiarare irricevibile un'azione promossa contro atti riguardanti le relazioni esterne della Comunità.

56.

Così, nella sentenza Fediol I ( 25 ), la Commissione aveva sollevato dinanzi alla Corte un'eccezione d'irricevibilità a proposito di un ricorso proposto contro il rifiuto di aprire un'istruttoria riguardante il Brasile in materia di procedimenti antisowenzioni. Si asseriva, infatti, che le valutazioni formulate in tale ambito attenessero a un potere di natura politica, non sindacabile sul piano giurisdizionale.

57.

La Corte ha respinto tale argomento, precisando quali diritti in tema di procedura l'industria comunitaria potesse esattamente vantare in forza della normativa in vigore. In proposito, avete dichiarato che la tesi della Commissione era « eccessiva », in quanto tendeva ad escludere per principio qualsiasi ricorso, ribadendo la vostra competenza a garantire l'osservanza del diritto enunciata all'art. 164 del Trattato nonché ad esercitare un controllo giurisdizionale adeguato alla natura dei poteri in materia riservati alle istituzioni della Comunità.

58.

Voi avete precisato che,

« il giudice, senza poter intervenire nella valutazione riservata alle autorità comunitarie dal regolamento citato, è chiamato ad esercitare il controllo che di regola è di sua competenza in presenza di un potere discrezionale conferito alla pubblica autorità » ( 26 ),

e al riguardo avete definito la portata minima del vostro controllo. Tale orientamento avete ribadito nella sentenza Timex ( 27 ).

59.

Nella causa Adams ( 28 ), la Commissione aveva parimenti invocato il potere autonomo di valutazione che le compete nella gestione delle relazioni esterne per controbattere la censura, dal ricorrente, di non aver convocato il comitato misto istituito dall'accordo di libero scambio tra la Svizzera e la Comunità. Tale argomento è stato tuttavia invocato nel merito, e come tale lo avete preso in esame al fine di respingere la domanda, precisando che

« la decisione di sottoporre o meno la cosa al comitato misto può essere adottata unicamente per la tutela degli interessi generali della Comunità, in seguito ad una valutazione essenzialmente politica che il singolo non può impugnare in giudizio » ( 29 ).

60.

In varie circostanze, peraltro, la Corte è stata chiamata ad esaminare atti della Comunità rientranti nella sfera delle relazioni esterne, senza che fosse sollevata alcuna eccezione di irricevibilità. Citerò alcuni esempi significativi.

61.

Nella causa Faust ( 30 ), un importatore tedesco di funghi cinesi assumeva la responsabilità della Comunità per il contingentamento delle importazioni in provenienza da Taiwan, in conseguenza di un accordo commerciale concluso con la Cina popolare.

62.

Nell'esaminare le censure del ricorrente, in particolare quelle relative alla violazione del legittimo affidamento, senza che una qualsiasi irricevibilità fosse stata eccepita o da voi rilevata d'ufficio, avete dichiarato che

« dato che le istituzioni comunitarie dispongono di un margine discrezionale nella scelta dei mezzi necessari per la realizzazione della loro politica, gli operatori economici non possono far affidamento sulla conservazione di una situazione in atto che può essere modificata da decisioni adottate da tali istituzioni nell'ambito del loro potere discrezionale » ( 31 ).

63.

Degna di menzione mi sembra anche la sentenza « Aiuto speciale alla Turchia » ( 32 ). Come ricorderete, eravate chiamati a conoscere del ricorso della Repubblica ellenica contro una decisione del Consiglio relativa, in sostanza, a un aiuto concesso allo Stato turco. In quella sede erano evidentemente in causa le relazioni esterne e la natura politica della controversia risultava ovvia. I limiti del sindacato della Corte non sono stati nep-pure accennati.

64.

Nella causa Clemessy ( 33 ) si è esaminato il merito delle censure mosse alla Commissione per i suoi interventi nella procedura di aggiudicazione di un appalto relativo alla costruzione dell'immobile dell'istituto farmaceutico somalo, ma nessuno ha eccepito, in quel caso, che il ricorso atteneva alle relazioni esterne della Comunità.

65.

Infine, e soprattutto (anche se avremo modo di tornare su questo punto) meritano di essere ricordate sia la vostra competenza ( 34 ) in materia di controllo preventivo degli accordi esterni sia le indicazioni relative al controllo successivo di tali accordi contenute nel vostro parere 1/75 ( 35 ).

66.

Data l'importanza della questione di principio che è in causa, è senza dubbio opportuno ricercare le soluzioni che gli ordinamenti degli Stati membri hanno adottato in materia di sindacato giurisdizionale delle relazioni esterne.

67.

Nell'ordinamento italiano, l'art. 113 della Costituzione sancisce in linea generale la tutela giurisdizionale dei singoli rispetto agli atti della pubblica amministrazione ( 36 ). L'art. 28 della legge sul funziqnamento della Corte costituzionale stabilisce tuttavia che il controllo di legittimità della Corte costituzionale esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento. D'altra parte, è escluso il ricorso dinanzi al Consiglio di Stato per gli atti del governo emanati nell'esercizio del suo potere politico.

68.

La conclusione e la ratifica dei trattati intemazionali e, in generale, gli atti riguardanti relazioni internazionali, sono considerati « atti politici », per i quali la Corte di cassazione ha ammesso, in termini particolarmente recisi, l'immunità assoluta:

«La responsabilità degli organi di governo per gli atti internazionali si pone sul piano politico, e può essere fatta valere non dinanzi agli organi della giurisdizione, ma con i mezzi ed attraverso gli istituti nei quali si concreta il controllo politico sull'attività di governo» ( 37 ).

69.

Deve rilevarsi, infine, una spiccata tendenza a circoscrivere la sfera dell'« atto politico » mediante il ricorso alla nozione di « atto di alta amministrazione », sottoposto a tutti gli effetti al sindacato giurisdizionale.

70.

Nell'ordinamento danese, è discusso il problema se un singolo possa impugnare un atto che costituisca esplicazione dei poteri direttamente conferiti al governo dalla Costituzione, quali ad esempio la costituzione di una rappresentanza diplomatica o il riconoscimento di uno Stato. Al riguardo, sembra che gli ostacoli derivino dai presupposti generali delle azioni giurisdizionali, ossia, per un'azione di risarcimento danni, dalla necessità che esista un interesse giuridicamente protetto. Per contro, si ritiene in dottrina che gli atti relativi alla protezione diplomatica di un danese all'estero possano essere impugnati sia con ricorso per annullamento sia con un ricorso per risarcimento danni. Infine, viene in ogni caso escluso che la conclusione di un trattato possa costituire oggetto di un controllo di legittimità o di un'azione di responsabilità promossa da un singolo.

71.

Sebbene la giurisprudenza e la dottrina tedesche appaiano divise fra coloro che sostengono l'esistenza di « atti di governo »(Regierungsakte) e coloro che parlano di « atti non soggetti a sindacato giurisdizionale »(justizfreie Hoheitsakte), concretamente le due tesi non conducano in realtà a soluzioni molto diverse. Un ricorso esperito da un singolo è infatti ricevibile soltanto se l'atto impugnato lede i suoi diritti soggettivi, e gli atti nei quali si traducono gli indirizzi politici fondamentali raramente implicano tali effetti.

72.

La Corte costituzionale tedesca ha peraltro ricordato che l'esercizio della funzione giurisdizionale presuppone l'esistenza di norme giuridiche. Va menzionata, in proposito, una decisione di rigetto di un ricorso contro una dichiarazione di stato di allarme militare a causa della mancanza dei presupposti di diritto ( 38 ). Secondo la dottrina ( 39 ), la Corte costituzionale ha adottato un atteggiamento analogo nella sentenza 16 dicembre 1983 ( 40 ), vertente sulla decisione del governo federale di autorizzare l'installazione dei missili Pershing. Pur avendo infatti l'Alta Corte ritenuto che talune censure non potevano dar luogo a sindacato giurisdizionale, stante la sfera di discrezionalità delle autorità politiche nella condotta della politica di difesa, essa ha peraltro ricercato l'esistenza di un principio generale di diritto internazionale pubblico, ai sensi dell'art. 25 della Costituzione tedesca, che vietasse il possesso e l'impiego di armi nucleari, giungendo a conclusione negativa. Si è potuto ritenere, in tal modo, che la Corte costituzionale avesse rigettato l'uso della « scappatoia offerta dalla teoria dell'atto di governo » ( 41 ) optando per « una soluzione che unisce la saggezza politica e il realismo alla preoccupazione di mantenere l'azione dei pubblici poteri entro i limiti costituzionali. Poiché questi ultimi, come l'art. 25 della Legge fondamentale, esistono, la Corte adempie alla propria funzione e raffronta l'atto impugnato alle norme richiamate» ( 42 ).

73.

In linea generale, la sfera discrezionale riconosciuta alle autorità politiche nella sfera delle relazioni esterne è considerevole, giacché il governo federale deve poter tener conto, in particolare, delle reazioni dei propri partner alle decisioni che adotta.

74.

L'ordinamento britannico è stato frequentemente richiamato dalle parti, che non sembrano concordi sul suo esatto stato in materia. Sembra doversi distinguere, in realtà, tra due tipi di situazioni.

75.

Da una parte, gli atti politici che investono i rapporti della Corona con altri Stati, quali la conclusione e l'esecuzione dei trattati, le dichiarazioni di guerra: è esclusa qualsiasi impugnazione della validità di tali atti ( 43 ). Quanto alle azioni di responsabilità, sembra che la « summa divisio » dipenda dal punto se l'atto sia stato compiuto all'esterno ovvero all'interno del territorio britannico. La sentenza Buron/Denmann ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da uno straniero per un atto commesso nei suoi confronti all'esterno del territorio ( 44 ). Resta irrisolto il problema se la medesima soluzione si applichi al caso di un cittadino britannico ( 45 ). Per contro, se l'atto è stato compiuto all'interno del territorio britannico, esso non potrà essere opposto a chi agisca in giudizio ( 46 ).

76.

D'altro canto, i giudici britannici hanno talora adottato soluzioni di « riserva giurisdizionale », in presenza di controversie tra privati che indirettamente mettevano in causa il comportamento di Stati esteri sovrani. Al riguardo, viene richiamata la causa Buttes, nella quale Lord Wilberforce ha affermato: « Lasciando da parte qualsiasi ipotesi di difficoltà per le nostre relazioni internazionali (ipotesi che non è stata menzionata dall'esecutivo) (...) non esistono criteri giuridici o di uso pratico che consentano di risolvere tali questioni, o, per dirla in altri termini, il giudice verrebbe a trovarsi, se volesse risolverle, in una terra di nessuno dal punto di vista giudiziario » ( 47 ).

77.

Giova rilevare, in proposito, che soluzioni analoghe sono conosciute anche dalla giurisprudenza americana sotto il nome di dottrina dell'Act of State: in base ad essa, i giudici si « astengono » dal pronunciarsi in presenza di controversie tra privati che mettono in causa i comportamenti di Stati terzi. Tale giurisprudenza si fonda espressamente sul potere esclusivo dell'esecutivo in materia di relazioni esterne ( 48 ). Questa dottrina ( 49 ) viene disapplicata allorché il Dipartimento di Stato abbia espressamente indicato che la sua applicazione al caso di specie non gioverebbe agli interessi della politica estera degli Stati Uniti ( 50 ).

78.

Non è privo d'interesse, peraltro, ricordare in questa sede la dottrina americana delle « political question », in base alla quale il giudice può astenersi dal decidere in presenza di controversie per le quali ritiene che non esistano soluzione giudiziarie ( 51 ). In proposito occorre ricordare, semplicemente, che l'esistenza di criteri giudiziari di valutazione ( 52 ) costituisce uno dei fattori determinanti ( 53 ) nella valutazione della sua competenza.

79.

L'ordinamento francese esclude qualsiasi possibilità di impugnazione per gli atti che investono i rapporti del governo con uno Stato estero o un organismo internazionale, quali sono, in particolare, tutti gli atti relativi alla negoziazione, conclusione e attuazione di accordi internazionali ( 54 ). Più in generale, è sottratta al controllo giurisdizionale l'attività posta in essere dalle autorità francesi nella condotta delle relazioni estere ( 55 ). Per il giudice francese si tratta, in questi casi, di atti che per loro natura non possono essere oggetto di impugnazione, o ancora, di atti di governo. L'ambito di applicazione di questa « immunità » tende tuttavia ad arretrare, sotto la spinta di una duplice tendenza:

la teoria degli « atti separabili » che consente di sottoporre questi ultimi al giudice« dal momento in cui le autorità francesi godono di una certa indipendenza nella scelta delle procedure di esecuzione dei loro obblighi internazionali, hanno l'iniziativa quanto ai mezzi con i quali conformarsi ai suddetti obblighi» ( 56 ); vanno menzionate, al riguardo, le decisioni adottate in materia di espulsione e di estradizione degli stranieri;

la consacrazione del principio della responsabilità oggettiva dello Stato a causa di una convenzione internazionale ( 57 ) regolarmente pubblicata, sempreché il danno allegato sia anormale e straordinario e la sua riparazione non sia stata esclusa dalla convenzione stessa ( 58 ); attualmente, questa soluzione non si estende agli atti e ai comportamenti inerenti alla condotta delle relazioni esterne.

80.

Occorre rilevare, peraltro, che l'« atto di governo » è stato oggetto di severe critiche ( 59 ), ma è stato altresì difeso in quanto semplicemente esprime l'incompetenza del giudice dinanzi all'attività di governo distinta dall'attività amministrativa ( 60 ).

81.

In talune pronunce, ormai relativamente addietro nel tempo ( 61 ), il Consiglio di Stato lussemburghese ha applicato la nozione di « atto di governo » accolta nell'ordinamento francese. Si rileva in esse che allo stato attuale del diritto soltanto i rapporti del sovrano con uno Stato estero ( 62 ) possono godere di immunità giurisdizionale.

82.

L'ordinamento ellenico conosce una nozione di atto di governo per il quale è escluso ogni controllo di legittimità. Questo è il caso, in particolare, della conclusione dei trattati internazionali. Circa il contenzioso sulla responsabilità, la dottrina è divisa sul problema dell'ammissibilità di ricorsi in materia, che non sembra essere stato risolto sul piano giurisprudenziale.

83.

In Belgio, si discute se la teoria dell'atto di governo sia stata recepita dai giudici nazionali. Un recente studio ( 63 ), molto approfondito, vertente sul controllo giurisdizionale dell'attività dell'amministrazione nell'ambito delle relazioni internazionali propende ad analizzare la giurisprudenza nel senso che da essa emerge una maggiore ampiezza della sfera del potere discrezionale.

84.

Sembra opportuno, in ogni caso, richiamare le soluzioni accolte nelle sentenze. Così, a proposito dell'indipendenza del Congo, la Corte d'appello di Bruxelles ha ritenuto che « la censura è rivolta, anziché al potere legislativo, al potere esecutivo, le cui decisioni sovrane sfuggono al sindacato dei giudici » ( 64 ). La stessa Corte, in una controversia tra un privato e lo Stato belga e l'ONU su una questione di responsabilità, a proposito dell'intervento nel Katanga, ha affermato che « le corti e i tribunali non possono sindacare l'azione diplomatica del potere esecutivo » ( 65 ).

85.

Nella causa Pittakos, il tribunale di Bruxelles, cui l'attore chiedeva di pronunciarsi sulle responsabilità connesse alla concessione dell'indipendenza al Congo senza previo trasferimento al nuovo Stato del passivo della colonia, ha ritenuto che lo Stato belga « obietta a giusto titolo che tale nuovo mezzo (...) è in ogni caso infondato, essendo la concessione dell'indipendenza un “ atto di governo ” che esula dal sindacato del potere giudiziario » ( 66 ).

86.

Infine, in materia di accordi commerciali, il Consiglio di Stato ha dichiarato che « la ricorrente non può contestare l'opportunità di stipulare trattati commerciali » ( 67 ).

87.

L'ordinamento olandese non sembra prevedere l'irricevibilità delle azioni di risarcimento danni intentate da un singolo contro atti concernenti le relazioni esterne.

88.

Tuttavia la considerevole discrezionalità devoluta in materia al governo induce il giudice a mostrarsi assai riservato nell'esercizio del suo sindacato. Non è esclusa, tuttavia, l'ammissibilità di un'impugnazione allorché un eccesso o un abuso di potere sia palesemente dimostrato.

89.

Quanto allo specifico ambito dei negoziati e della conclusione dei trattati internazionali, è opportuno rilevare che il presidente del Rechtbank dell'Aja ( 68 ) ha respinto un'azione inibitoria relativa ad un trattato tra i Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania, in quanto contraria all'organizzazione dei pubblici poteri del Regno. Del pari degno di menzione è il rigetto del ricorso tendente a ottenere un accertamento della compatibilità con il diritto internazionale del trattato tra i Paesi Bassi e gli Stati Uniti sulla installazione dei missili Pershing, alla luce del fatto che il processo di formazione di un atto internazionale esula dai compiti del giudice ( 69 ).

90.

Infine, lo Hoge Raad ( 70 ) ha statuito che un atto che arreca direttamente pregiudizio alla libertà e alla vita delle persone è inammissibile, nonostante l'amplissimo margine discrezionale dei pubblici poteri nell'esecuzione del trattato, nel caso di specie dell'accordo tra i Paesi Bassi e l'Indonesia sulla evacuazione di militari olandesi di origine indonesiana.

91.

Con l'entrata in vigore della Costituzione spagnola del 1978 ( 71 ), si è abolita l'immunità della quale godevano gli atti politici dinanzi al giudice amministrativo in forza dell'art. 2, lett. b), della legge 27 dicembre 1956. Questa stessa legge prevedeva comunque la possibilità per il giudice di accordare un indennizzo per gli atti in questione. Un particolare richiamo dev'essere fatto alla giurisprudenza del Tribunale supremo ( 72 ), la quale riconosce ai singoli un indennizzo per danni derivanti direttamente o indirettamente dal modo in cui lo Stato ha esercitato l'azione diplomatica nei loro confronti.

92.

Dalle informazioni in mio possesso, non risulta che l'ordinamento irlandese abbia fatto applicazione, dal 1922, di una nozione corrispondente all' Act of State o al Prerogative Act. Sembra, peraltro, che un privato possa agire in giudizio per ottenere il risarcimento di tutti i danni patrimoniali ( 73 ) e che una eventuale immunità dello Stato nella sfera delle relazioni estere non possa giustificarsi alla luce della Costituzione ( 74 ).

93.

L'art. 4, n. 1, dell'Estatuto dos Tribunais Administrativos e Fiscais (ETAF) esclude, nell'ordinamento portoghese, la possibilità di agire contro atti politici. E incontestabile che gli atti diplomatici, in particolare la negoziazione e l'approvazione di convenzioni internazionali, rientrano in questa categoria. Ciononostante, resta aperta la questione della compatibilità della citata legge con l'art. 20 della Costituzione, che accorda all'individuo una tutela giurisdizionale contro tutti gli atti che pregiudicano « i suoi diritti e interessi legittimamente protetti ».

94.

Ci si chiede ora quali siano le conclusioni da trarre dall'esame sopra svolto.

95.

Sarebbe, a mio giudizio, particolarmente azzardato sostenere che l'irricevibilità delle azioni di risarcimento danni per gli atti compiuti dallo Stato nell'ambito delle relazioni estere possa considerarsi come appartenente ai « principi comuni degli ordinamenti degli Stati membri ».

96.

In compenso, però, l'estrema limitazione del sindacato giurisdizionale in tale ambito costituisce, indiscutibilmente, il filo d'Arianna di questa breve disamina degli ordinamenti degli Stati membri.

97.

Da parte mia, non proporrò alla Corte di accogliere una nozione analoga a quella di « atto di governo », la quale sanzionerebbe con una irricevibilità di principio la proposizione di un'azione di responsabilità per gli atti delle istituzioni in materia di relazioni esterne. Tale nozione si rivelerebbe, a mio giudizio, difficilmente conciliabile con la giurisprudenza della Corte, finendo col sottoporre ad un'ulteriore condizione la ricevibilità dei ricorsi diretti proposti dai singoli, poiché non vi è dubbio che la soluzione adottata in materia di responsabilità dovrebbe essere successivamente trasposta al contenzioso di legittimità, a mio avviso già così irto di ostacoli allo stato attuale della vostra giurisprudenza.

98.

Peraltro, tale soluzione non potrebbe ispirarsi ad un vero e proprio principio comune agli ordinamenti degli Stati membri, bensì si risolverebbe in una forzatura della nozione, spesso criticata, di atto di governo, la cui sfera di applicazione tende a ridursi sensibilmente in alcuni ordinamenti giuridici che l'hanno accolto con maggior rigore.

99.

Nondimeno, la funzione giurisdizionale consiste nel controllo dell'osservanza del diritto. Orbene, determinati atti si fondano su valutazioni che il diritto positivo non permette al giudice di sindacare, surrogandosi così con la propria decisione al pubblico potere il cui comportamento è stato sottoposto al suo vaglio. È questa, come si è visto, la posizione esplicitamente accolta, in particolare, dalla Corte costituzionale tedesca ( 75 ). Questo stesso Collegio, per quel che mi risulta, ha adottato in determinate occasioni un analogo punto di vista ( 76 ).

100.

Senonché questo rifiuto del giudice (occorrerebbe piuttosto parlare di impossibilità nella quale egli versa) può emergere solo da un esame nel merito delle censure addotte ( 77 ): egli deve, a tal fine, « guardare oltre il muro ». Vi invito, pertanto, se non a statuire sull'eccezione d'irricevibilità per respingerla, a riservarvi di decidere al riguardo dopo aver svolto l'esame di merito. Questa seconda soluzione sembra più adatta al caso di specie, in quanto potrebbe apparire di un formalismo eccessivo il dichiarare ricevibile il ricorso in questa fase, per poi doverlo respingere in quanto

« [una] decisione può essere adottata unicamente per la tutela degli interessi generali della Comunità, in seguito ad una valutazione essenzialmente politica che il singolo non può impugnare in giudizio » ( 78 ).

101.

Ci si chiede ora se tale conclusione possa essere infirmata dalla circostanza che l'argomento della ricorrente riguarda in parte l'incompatibilità con il il Trattato CEE del Sesto accordo.

102.

Il controllo « a posteriori » degli accordi esterni, « vexata quaestio » ( 79 ), è stato oggetto di una riflessione molto approfondita in dottrina, della quale mi accingo ad indicare le linee essenziali.

103.

Si è contestato il principio del sindacato ex post in quanto l'esistenza di un esame preventivo esclude qualsiasi ricorso successivo, anche nel caso in cui alla Corte non sia stato richiesta un parere ( 80 ). Contro tale tesi si è osservato che essa consentirebbe alle istituzioni e agli Stati membri di « eludere la procedura di revisione, semplicemente astenendosi dal consultare la Corte » ( 81 ). Quest'ultima dovrebbe pertanto poter « constatare l'inefficacia di un accordo illegittimo allorché questo le venga sottoposto direttamente, ossia come base giuridica di un regolamento o di una decisione interna controversa » ( 82 ).

104.

Quanto al fondamento della competenza della Corte, si è rilevato che sarebbe impossibile definire come « atto unilaterale » ( 83 ) delle istituzioni un accordo che è la risultante di un « concorso di volontà », in cui una parte non è soggetta al sindacato della Corte ( 84 ), e il cui annullamento non può pertanto essere richiesto dinanzi a quest'ultima ( 85 ).

105.

D'altronde, le conseguenze dell'annullamento di un accordo internazionale appaiono come prospettive non ipotizzabili sotto il profilo giuridico ( 86 ). Infine, l'opportunità di un siffatto controllo viene fortemente contestata « in nome della certezza del diritto, della tutela dei terzi e della credibilità politica della Comunità » ( 87 ).

106.

Nondimeno, malgrado questa argomentazione non priva di vigore, voi avete dichiarato, da un lato, che un accordo stipulato dal Consiglio costituiva «per quanto riguarda la Comunità, un atto compiuto da una delle istituzioni», come tale soggetto alla vostra interpretazione ( 88 ), e dall'altro, e soprattutto, che

« potendosi interpellare la Corte di giustizia, sia direttamente, in forza degli artt. 169 e 173 del Trattato, sia in via pregiudiziale, sul se la stipulazione di un accordo rientri nella sfera di competenza della Comunità e se, eventualmente, tale competenza sia stata esercitata conformemente alle disposizioni del Trattato, cioè secondo una prassi che in linea di massima è soggetta al sindacato della Corte, si deve ammettere che la Corte può essere interpellata su questi punti a titolo preventivo come contemplato dall'art. 228 » ( 89 ).

107.

II principio di un controllo a posteriori è stato dunque affermato dalla Corte senza ambiguità ( 90 ).

108.

Voi avete del resto vagliato la base giuridica di una decisione del Consiglio relativa alla conclusione di una convenzione internazionale, anche se una parte della dottrina, come si è visto, spingeva a ravvisare in essa un atto di governo ( 91 ).

109.

Ci si chiede tuttavia quale sia la portata del sindacato della Corte per ciò che riguarda il presente ricorso e se vi sia, anzitutto, una preclusione di principio dell'esercizio di qualsiasi controllo nei riguardi di un accordo misto, quale è il Sesto accordo. Taluni autori ( 92 ) lo hanno sostenuto risolutamente, sottolineando la sostanziale identità della procedura in un simile caso con la procedura di revisione di cui all'art. 236. Si è tuttavia osservato, per altro verso, che « gli Stati membri si reputano avere partecipato [all'accordo] solo per la parte rientrante nella loro competenza e non anche per quella rientrante nella competenza comunitaria. La possibilità di sindacato giurisdizionale resta perciò intatta per le disposizioni rientranti in quest'ultima competenza » ( 93 ).

110.

La discussione in merito a queste due tesi trascenderebbe l'ambito delle presenti osservazioni. La prima mi sembra comunque insostenibile in presenza di accordi conclusi, come nel caso di specie, in base all'art. 113, poiché in tal caso la procedura da applicare è sostanzialmente distinta da quella dell'art. 236, segnatamente per il fatto che non implica alcuna consultazione del Parlamento europeo.

111.

Nel caso di specie, tuttavia, la principale difficoltà da risolvere consiste nello stabilire se il fatto che il rimedio di cui all'art. 178 non figuri formalmente tra le impugnazioni menzionate dalla Corte sia sufficiente ad escludere azioni per risarcimento danni. Sebbene al riguardo sia senz'altro opportuna un'estrema cautela, appare tuttavia rischioso asserire che la mancata menzione implica l'esclusione di questa impugnazione. Si deve in proposito sottolineare che un ricorso per risarcimento danni, vertente sulla concessione di un indennizzo, non implica altri inconvenienti se non il controllo di legittimità degli accordi esterni, inconvenienti che la Corte ha tuttavia escluso nel summenzionato parere.

112.

È evidente, però, che anche nell'ambito di un ricorso per risarcimento danni sembra escluso che la Corte possa vagliare l'illegittimità di decisioni relative a un accordo esterno qualora queste rientrino in una sfera di valutazioni di stretta opportunità ( 94 ), che nessuna norma del Trattato consentirebbe alla Corte di sindacare. Proprio qui si rinvengono, a mio parere, i termini dell'analisi che avevo precedentemente esposto. Di conseguenza, manterrò le mie conclusioni proponendo alla Corte di pronunciarsi sulla questione di ricevibilità unitamente al merito,

III — Sviamento del mezzo di impugnazione di cui all'art. 215

113.

Va subito chiarito che gli argomenti addotti dalle istituzioni convenute a sostegno dell'eccezione di irricevibilità presentano, al riguardo, un grado di pertinenza assai vario.

114.

Propongo anzitutto che la Corte respinga due argomenti che non meritano se non un esame assai succinto.

115.

In primo luogo, le istituzioni sostengono che, se dichiarasse ricevibile il ricorso, la Corte sarebbe tenuta ad un riesame di decisioni politiche su una base ex post facto, allo scopo di determinare la gravità dell'illecito eventualmente imputabile alla convenuta.

116.

Constaterete che si tratta nuovamente del mezzo relativo all'immunità giurisdizionale della Comunità. Quanto alla difficoltà di valutare comportamenti del passato, dei quali si sostiene l'illegittimità, il fatto di evocarla dimostra certo sollecitudine nei confronti della Corte, ma non costituisce un motivo d'irricevibilità.

117.

D'altro canto, il ricorso tenderebbe « a esigere effettivamente dalla Corte che essa imponga alle istituzioni comunitarie di agire ormai in un certo modo, compatibile con la concezione propria della ricorrente su quanto la Comunità avrebbe dovuto fare quale parte del Sesto accordo, e ciò malgrado il fatto che, anche se la Comunità avesse agito in tal senso, non necessariamente il risultato sarebbe stato diverso per la ricorrente ». Tale argomento attiene in parte al nesso di causalità, cioè al merito della causa, e riflette nuovamente i limiti del sindacato della Corte.

118.

Inoltre, il ricorso mirerebbe in realtà ad ottenere l'annullamento di un « gran numero di atti » del CIS e dei suoi membri, tra cui la Comunità. Per ciò che riguarda gli atti o i comportamenti non soggetti al vostro giudizio, questo motivo si confonde con quello, che prenderò in esame successivamente, secondo cui si chiede alla Corte di pronunciarsi sulla responsabilità del CIS.

119.

Mi limiterò pertanto a valutare la fondatezza di tale motivo di irricevibilità per ciò che attiene agli atti o alle omissioni della Comunità.

120.

È incontestabile, a mio parere, che il ricorso della Maclaine Watson tende « all'accertamento di diritti soggettivi » ( 95 ) nei confronti della Comunità. Orbene, l'autonomia del ricorso per risarcimento danni ri-spetto a quelli per annullamento ( 96 ) e per carenza ( 97 ) costituisce un caposaldo della giurisprudenza della Corte, come del resto riconoscono le istituzioni convenute nelle loro osservazioni. Questi principi vanno specialmente applicati nel presente caso, a mio parere anche nei confronti della censura mossa alla Commissione di non aver intrapreso nei confronti degli Stati membri della CEE le « opportune iniziative », all'occorrenza avvalendosi del procedimento ex art. 169 del Trattato CEE, al fine soprattutto di costringerli ad adempiere i loro obblighi finanziari nei confronti del CIS ( 98 ), nonché nei confronti del mezzo relativo alla colpa commessa per non aver impedito l'abuso di posizione dominante costituito dalle attività di quest'ultimo.

121.

Ne consegue che tale motivo di irricevibilità va respinto.

122.

Secondo le istituzioni convenute, peraltro, il presente ricorso è irricevibile in quanto intende in realtà sottoporre alla Corte un'azione di responsabilità contrattuale diretta contro la Comunità per le obbligazioni di un terzo, e in quanto la Maclaine Watson mira a imporre alla Comunità stessa un ruolo di garante o fideiussore.

123.

Da un punto di vista economico, il danno sofferto dalla ricorrente è stato senz'altro causato dalla mancata esecuzione degli impegni del CIS; tuttavia, osserva la ricorrente assai giustamente, l'inesecuzione di un contratto può essere stata la conseguenza del fatto di un terzo. L'azione promossa dal creditore nei confronti dell'autore del fatto lesivo avrà nondimeno natura di azione per responsabilità extracontrattuale derivante da fatto illecito.

124.

La ricorrente del resto sostiene di non chiedere alla Corte che la Comunità venga condannata all'adempimento delle obbligazioni del CIS, bensì a risarcire il danno che il suo stesso comportamento avrebbe causato.

125.

Comunque sia, possono tuttavia sorgere gravi riserve in ordine alla ricevibilità di uno dei mezzi dedotti in giudizio, ossia quello relativo alla responsabilità oggettiva della Comunità. Da parte mia, non sono^ contrario a che questo tipo di responsabilità trovi riconoscimento nel diritto comunitario, pur dovendo precisare che la definizione della sua disciplina solleverebbe inevitabilmente gravi difficoltà, alla luce delle regole enunciate dalla Corte in tema di responsabilità per colpa.

126.

L'impressione è tuttavia che nel caso di specie la ricorrente, invocando tale mezzo, miri in realtà a far dichiarare la responsabilità della Comunità per le obbligazioni del CIS. Richiamerò, anzitutto, l'argomentazione addotta al riguardo. Dopo aver sottolineato che la giurisprudenza della Corte si è sempre guardata dall'escludere il principio di una responsabilità oggettiva, la ricorrente vi invita a dichiarare che la Comunità è tenuta a risarcire su tale base il danno da lei sofferto, sostenendo che l'elaborazione del Sesto accordo da parte della Comunità e la sua partecipazione al CIS hanno provocato in capo alla ricorrente una perdita che eccede di gran lunga i rischi inerenti al normale esercizio delle sue attività. Benché su un mercato come quello della LME, un operatore corra rischi a causa delle fluttuazioni delle quotazioni o dell'inadempimento di una delle sue controparti, il « fallimento » del CIS trascende i limiti dei rischi economici inerenti alle operazioni condotte su tale mercato. Poiché detti rischi derivano integralmente ed esclusivamente dalla creazione del Sesto accordo e dal modo con cui si è permesso al CIS di funzionare, esso non può essere fatto gravare soltanto sulla ricorrente (e sugli altri soggetti che abbiano intrattenuto rapporti diretti con il CIS). Ne consegue che, se l'interesse pubblico giustificava che la Comunità aderisse al Sesto accordo ed entrasse a far parte del CIS, le conseguenze lesive vanno sopportate dalla Comunità nel suo complesso e non da un ristretto numero di individui.

127.

Questa argomentazione altro non sembra se non un ingegnoso « camuffamento » di un'azione di accertamento della responsabilità della Comunità per le obbligazioni contrattuali del CIS, in quanto membro di quest'ultimo, nell'ambito di un'azione per responsabilità extracontrattuale. Secondo la stessa ricorrente, il fatto imputabile alla Comunità consiste nella sua adesione al Sesto accordo e nella sua qualità di membro del CIS. Il rischio che la convenuta sarebbe tenuta a sopportare sarebbe « connesso alla creazione del Sesto accordo e alle conseguenti attività del CIS ». Mi si consenta di precisare, più concretamente, che tale « rischio » si identifica puramente e semplicemente con quello dell'insolvenza del CIS e che l'unico rapporto esistente tra tale insolvenza e la Comunità sta nel fatto che quest'ultima è membro dell'organizzazione.

128.

Conseguentemente, la questione se la ricorrente — come le « altre persone e imprese che abbiano intrattenuto rapporti diretti con il CIS » — debba sopportare da sola e integralmente tale rischio ovvero se la Comunità nel suo complesso sia tenuta al risarcimento, mira precisamente a sottoporre alla Corte, attraverso un'azione per responsabilità extracontrattuale, la questione degli obblighi dei membri del CIS in quanto tali nei con/rotiti dei creditori dell'organizzazione. Ne consegue che tale mezzo costituisce un tentativo surrettizio di sottoporvi un'azione che si confonde, punto per punto, con la domanda, della quale la ricorrente stessa ha indicato l'estraneità all'ambito del presente ricorso. La ricorrente infatti ha precisato che la propria « pretesa principale », quella cioè che i membri del CIS vengano riconosciuti obbligati « contrattualmente » all'adempimento delle obbligazioni di detta organizzazione, è attualmente sottoposta al vaglio dei giudici britannici ( 99 ). Constaterete che, in realtà, il presente mezzo tende a sottoporre a questa Corte il medesimo problema.

129.

Le istituzioni comunitarie sostengono infine che il ricorso mira ad imporre alla Comunità, a causa della sua partecipazione al CIS, una pretesa responsabilità per tale organizzazione e a portare così dinanzi alla Corte una controversia che non rientra nella sua giurisdizione.

130.

Vorrei anzitutto ricordare le argomentazioni della Maclain Watson, secondo cui la causa della propria azione non è il comportamento illecito del CIS, bensì il comportamento della stessa Comunità. Quest'ultima sarebbe:

in quanto membro del CIS, a prescindere dalla personalità giuridica di quest'ultimo, responsabile delle sue inadempienze;

« giuridicamente responsabile » di numerosi errori di gestione del CIS, a causa della sua influenza in seno a quest'ultimo, tenuto conto del numero di voti ad essa spettanti e che le avrebbero consentito di imporre una condotta responsabile.

131.

Va chiarito sin d'ora che si tratta di due mezzi irricevibili:

il primo, in quanto la semplice qualità di membro del CIS non consente di imputare alla convenuta le colpe di tale organizzazione, che è persona giuridica distinta;

il secondo, in quanto l'indagine sulla responsabilità della Comunità per il suo stesso comportamento in seno al CIS, richiede in ogni caso il previo accertamento degli errori di gestione di quest'ultimo e, più in generale, della sua responsabilità per tali errori, valutazione questa che esula dalla competenza di questa Corte.

Torniamo ai suddetti due punti.

132.

Secondo la ricorrente, il CIS avrebbe proseguito la sua attività in una situazione finanziaria disperata, che qualsiasi seria indagine avrebbe messo in luce. Stando così le cose, la Comunità, in qualità di membro, sarebbe responsabile. Se il CIS non è dotato di personalità giuridica, le sue inadempienze sono direttamente imputabili ai suoi membri. Per contro, nel caso in cui esista una distinta personalità giuridica, andrebbero applicati, per quanto riguarda la responsabilità dei membri, i principi comuni sulla responsabilità degli amministratori di società commerciali.

133.

È anzitutto necessario stabilire se il CIS è dotato di una personalità giuridica distinta da quella dei suoi membri. Ora, a mio parere non è sufficiente basarsi sull'art. 16 del Sesto accordo, riguardante la personalità giuridica privata dell'organizzazione ( 100 ).

134.

Il problema che si pone è quello se il CIS possa essere considerato un « soggetto giuridico autonomo » ( 101 ) rispetto ai suoi membri, una entità distinta da questi ultimi. Tale questione della personalità internazionale è stata per l'appunto sottoposta alla Corte internazionale di giustizia, a proposito dell'ONU, nel parere « Risarcimento dei danni subiti al servizio delle Nazioni Unite », parere nel quale l'Alta Corte si è così pronunciata: « La Carta non si è limitata a fare dell'organizzazione da essa creata un semplice centro in cui vengano armonizzati gli sforzi delle nazioni verso fini comuni da esse definiti (...). Essa l'ha fornita di organi, assegnandole una missione propria, ed ha definito la posizione dei membri rispetto all'organizzazione facendo loro obbligo di prestarle piena assistenza in tutte le azioni da essa intraprese, di accettare ed applicare le decisioni del Consigliò di sicurezza » ( 102 ) Questi criteri, definiti per caratterizzare la personalità giuridica dell'ONU nei suoi rapporti con gli Stati membri, sembrano ampiamente soddisfatti nel caso del CIS.

135.

Anzitutto, il Consiglio internazionale dello stagno, nell'attuazione del Sesto accordo, ha il compito di perseguire la realizzazione degli obiettivi di quest'ultimo, ossia, in sostanza, di assicurare un equilibrio mondiale del mercato dello stagno. Senonché esso non si limita, al riguardo, ad « armonizzare » gli sforzi dei membri, bensì, in ogni caso, assicura direttamente, con i mezzi devolutigli, l'adempimento di tale compito. In tal modo, il Consiglio manifesta una volontà distinta dai membri che lo compongono, in quanto è imposto il criterio della maggioranza, semplice o qualificata a seconda dei casi, per le decisioni fondamentali riguardanti:

la fissazione dei prezzi minimi e massimi,

i prestiti per le necessità delle scorte stabilizzatrici,

il controllo delle esportazioni.

In secondo luogo, la posizione dei membri rispetto al CIS è caratterizzata dal fatto che essi sono vincolati da queste decisioni (art. 41, secondo comma) e devono adoperarsi con ogni mezzo per facilitare la realizzazione degli obiettivi dell'accordo. Va constatato che si tratta di principi analoghi a quelli contenuti nella Carta dell'ONU, a proposito della quale la Corte internazionale di giustizia ha affermato, come si ricorderà, che essi definivano«la posizione dei membri rispetto all'organizzazione, facendo loro obbligo di prestarle piena assistenza in tutte le azioni da essa intraprese (...), di accettare e applicare le decisioni del Consiglio di sicurezza ». Infine, il presidente del CIS costituisce un vero e proprio organo. Dinanzi a questo presidente indipendente, eletto a maggioranza di due terzi dei membri, il direttore delle scorte è responsabile. Il presidente dispone peraltro di propri poteri, come quello di limitare o sospendere le operazioni delle scorte regolatrici al di fuori delle sessioni del Consiglio.

136.

Da quanto sopra discende che il CIS si presenta in effetti come un'entità distinta dai suoi membri, dotata di una « propria volontà ». Il suo comportamento non può quindi essere imputato ad uno dei suoi membri, salvo a disconoscere la « separata individualità » dell'organizzazione rispetto a questi ultimi. Ritengo che, per tale motivo, il rinvio a soluzioni giusprivatistiche sulla responsabilità nelle società commerciali sia privo di qualsiasi pertinenza. Non si potrebbe, ad esempio, far richiamo alla sentenza della Corte internazionale di giustizia nella causa Barcelona Traction ( 103 ). In quella occasione, l'Alta Corte ha certo ritenuto che potesse applicarsi nel diritto internazionale la nozione di « rimozione dello schermo societario », ma si trattava per l'appunto di società commerciali private. Trattandosi invece di una organizzazione internazionale, come si è rilevato, « deve escludersi qualsiasi analogia — del resto puramente arbitraria — con i principi del diritto commerciale» ( 104 ).

137.

Sebbene sia questa una riflessione riferita alla responsabilità dei membri del CIS per le obbligazioni di quest'ultimo ( 105 ), questa analisi deve « a fortiori » applicarsi per ciò che riguarda V imputabilità dei comportamenti di quest'ultimo. L'impossibilità di imputare i comportamenti di un'organizzazione internazionale ad uno dei suoi mem-bri discende dalla creazione di una distinta personalità giuridica, benché taluni sostengano che l'esistenza di quest'ultima può lasciare impregiudicato il principio della responsabilità per le obbligazioni della persona giuridica.

138.

Conseguentemente, propongo alla Corte di dichiarare irricevibile il mezzo relativo alla imputabilità delle obbligazioni del CIS alla Comunità semplicemente in quanto membro dell'organizzazione.

139.

Veniamo ora all'esame del mezzo tendente ad affermare la responsabilità della Comunità per il suo comportamento in seno al CIS in relazione agli errori di gestione di quest'ultimo. La Corte ricorderà che, a parere della ricorrente, la Comunità non ha in linea di massima esercitato la propria influenza per far sì che il CIS operasse in modo responsabile sul piano finanziario. In particolare, essa non avrebbe appoggiato i tentativi del Regno Unito diretti a chiarire la situazione delle scorte stabilizzatrici e si sarebbe opposta all'aumento dei contributi finanziari nonché al controllo della produzione. La « minoranza di blocco » detenuta dalla Comunità in seno al CIS costituirebbe pertanto la ragione per la quale la sua condotta potrebbe essere censurata dinanzi alla Corte.

140.

Va ricordato qui che il numero di voti a disposizione dalla Comunità, più della metà di quelli attribuiti ai paesi consumatori, non consente di imputare, ossia di ascrivere direttamente alla convenuta il comportamento del CIS, in considerazione della distinta personalità giuridica dell'organizzazione.

141.

Ci si chiede tuttavia se essa possa esserne responsabile senza che siano state previamente accertate le responsabilità dello stesso CIS. Ritengo di no. E opportuno constatare, in proposito, che la responsabilità della Comunità per non avere impedito i comportamenti illeciti del CIS presuppone necessariamente che questi siano stati accertati ed abbiano causato il danno del quale la ricorrente chiede il risarcimento. Il complesso delle argomentazioni addotte al riguardo si fonda sull'elencazione di numerosissime irregolarità compiute dal CIS ( 106 ), che la Comunità non avrebbe cercato di prevenire o correggere, o avrebbe talvolta addirittura favorito. Orbene, il danno allegato costituisce, da un punto di vista logico, anzitutto la risultante delle irregolarità attribuite al CIS, delle quali la Comunità sarebbe responsabile. In altri termini, anche se il presente ricorso evita accuratamente di essere più chiaro al riguardo, il reiterato richiamo alle irregolarità compiute dal CIS è inevitabilmente riferito alla responsabilità che ne discenderebbe in capo all'organizzazione a causa della sua stessa gestione ( 107 ).

142.

Senonché non si può indagare sulla responsabilità dei membri del CIS, tra cui la Comunità, allorché il pregiudizio allegato sarebbe dovuto agli atti ed alle omissioni dell'organizzazione, senza aver previamente accertato le responsabilità di quest'ultima e senza avere, eventualmente, ricercato se si trovi proprio lì l'origine del danno allegato. Dico previamente perché è ovvio che, se, per ipotesi, le irregolarità compiute dal CIS non potessero considerarsi la causa del danno, non si potrebbe certo indagare su un comportamento della Comunità consistente nel non averle impedite. Trattasi di una condizione primaria, cui è subordinata l'indagine sulla responsabilità della Comunità per il suo preteso comportamento in seno al CIS.

143.

La Corte non può tuttavia pronunciarsi su tale punto preliminare relativo alla responsabilità del CIS per i suoi errori di gestione, perché essa dispone soltanto di una competenza di attribuzione, che non le consente di sindacare le presunte irregolarità di gestione commesse dal CIS rispetto al Sesto accordo, mentre l'esame di questo mezzo presuppone invece che la Corte statuisca al riguardo, in via preliminare, eccedendo così tale competenza. Di conseguenza, ritengo che il suddetto mezzo sia irricevibile.

144.

Tale conclusione solleva, a mio giudizio, una questione più decisiva. Ammettendo la premessa della Machine Watson, secondo cui la partecipazione della Comunità al CIS è distinta dalle attività dell'organizzazione stessa, si è constatato che non si può evitare di vagliare, in via preliminare, le irregolarità compiute da quest'ultima. Ora, per quale regione ci ritroviamo in questo vicolo cieco se non per il fatto che il preteso « comportamento » della Comunità si confonde in realtà integralmente con la procedura interna di formazione della volontà di questa organizzazione? Ê evidente che se la Corte reputa non « separabile » dalle attività del CIS la partecipazione di uno dei suoi membri alle attività dell'organizzazione, dovrà allora prendere atto che la Maclain Watson intende sottoporle esclusivamente il comportamento dello stesso CIS.

145.

Per contro, il mezzo relativo alla violazione da parte della Comunità del « dovere di informazione » e di « sollecitudine » nei confronti della ricorrente non presuppone affatto che la Corte abbia preliminarmente a pronunciarsi sulla responsabilità del CIS, poiché il suo esame implica che venga anzitutto stabilito se siffatti obblighi incombessero alla Comunità nell'ambito del Sesto accordo. Esso va quindi esaminato insieme al merito.

146.

Il mezzo fondato sul mancato impedimento, da parte della Comunità, dell'abuso di posizione dominante costituito dalle attività del CIS, solleva a mio parere un problema che non coincide esattamente con quello del controllo della compatibilità del Sesto accordo con il Trattato CEE. Si tratta infatti di stabilire se le istituzioni della Comunità avrebbero potuto avvalersi, applicandolo, del diritto comunitario nei confronti dell'organizzazione internazionale, in altri termini, di accertare se i rapporti tra il CIS e i suoi membri possano essere disciplinati dall'ordinamento di uno di questi ultimi. Questi sono, per quanto mi risulta, i termini della questione che vi proporrò di esaminare insieme al merito, tanto essa mi sembra intimamente confondere gli aspetti relativi a quest'ultimo e quelli relativi alla stessa ricevibilità del mezzo di cui trattasi.

147.

Conseguentemente vi propongo:

1)

di rimandare al momento in cui esaminerete il merito sulla ricevibilità dei mezzi di ricorso relativi

alla violazione da parte della Comunità dei suoi doveri di « informazione » e di « sollecitudine » nei confronti della ricorrente;

alle colpe commesse dalla Comunità nell'aderire al Sesto accordo e nel partecipare alla decisione di farlo entrare provvisoriamente in vigore, in considerazione della sua intrinseca illegittimità e incompatibilità con il Trattato CEE;

al mancato esercizio da parte della Comunità delle sue competenze esclusive durante i negoziati relativi al Sesto accordo e durante la sua partecipazione a quest'ultimo;

alla mancata consultazione del Parlamento europeo;

all'assenza di opportune iniziative della Commissione presso gli Stati membri della CEE per quanto riguarda la loro partecipazione al Sesto accordo;

all'inerzia della Comunità, che non avrebbe fatto nulla per impedire l'abuso di posizione dominante costituito dalle attività del CIS;

2)

di dichiarare irricevibili i restanti mezzi dedotti dalla ricorrente;

3)

di riservare le spese.

Allegato

1)

Per le azioni intentate nei confronti del CIS, si vedano in particolare:

17 aprile 1986, Standard Chartered Bank/CIS and others (Queen's Bench Division, Bingham, J.) (1983) 3 A11ER257, (1987) 1 WLR641, in re CIS; 22 gennaio 1987 (Chancery Division, Millett, J.) 1CH419, (1987) 1A11ER890 (1987) 2WLR1229 e, in appello, 27 aprile 1988 (Court of Appeal, Civil Division), Financial Times del 4 maggio 1988;

13 novembre 1986, Maclain Watson/CIS (Queen's Bench Division, Staughton, J.);

13 maggio 1987, Maclain Watson/CIS (Chancery Division, Millet, J.) (1987) 2A11ER787 e, in appello, 27 aprile 1988 (Court of Appeal, Civil Division), Financial Times del 3 maggio 1988;

9 luglio 1987, Maclaine Watson/CIS (Chancery Division, Millett, J.) (1987) 3A11ER886, (1987) 1WLR1711), 18 dicembre 1987 (stesso giudice) non pubblicata, e, in appello, 27 aprile 1988 (Court of Appeal, Civil Division), Times del 3 maggio 1988;

9 giugno e 5 luglio 1988, Maclaine Watson/CIS (Chancery Division, Millett, J.; Chancery Division, Peter Gibson, J.), Times del 27 giugno e del 16 luglio 1988; dinanzi ai giudici americani vedasi 25 gennaio 1988 CIS/Amalgamet, 524NYS2d971, Supreme Court New York County, American Journal of International Law, 1988, pag. 837.

2)

Per le azioni intentate contro i membri del CIS quanto alla loro responsabilità per le obbligazioni contrattuali di quest'ultimo:

24 giugno 1987, Rayner (Mincing Lane) and Others/Department of Trade and Industry (DTI) (Queen's Bench Division, Staughton, J.) (1987) BCLC667 e 29 luglio 1987, Maclaine Watson/DTI (Chancery Division, Millett, J.) (1987) BCLC707;

sull'appello avverso queste due pronunce, 27 aprile 1988 (Court of Appeal, Civil Division); Times del 28 aprile 1988 e del 30 giugno 1988 (Court of Appeal, Civil Division); la High Court of Justice rifiuta peraltro l'immunità a tutti gli Stati membri del CIS convenuti in giudizio per responsabilità fatta valere nei loro confronti da vari creditori del CIS.


( *1 ) Lingua originale: il francese.

( 1 ) Vedasi, tuttavia, la decisione del tribunale arbitrale della camera di commercio internazionale del 3 marzo 1984 nella causa Westland/Arab Organization for Industrialisation, Repubblica Araba d'Egitto e altri Stati, ILM XXIII (1984), pag. 1082; si vedano inoltre alcuni esempi citati da I. Seidl-Hohenveldern, in « Responsability of Member States of an international organization for acts of trust organization », Studi in onore di Roberto Ago, vol. III, 1987, pagg. 427-428.

( 2 ) Il Times di quel giorno (1o giugno 1989, pag. 24) sotto il titolo « LME retums to tin trading », annunciava tuttavia il recupero di tale quotazione.

( 3 ) In allegato alle presenti conclusioni figura un elenco delle principali decisioni finora emesse.

( 4 ) Peraltro la Maclaine Watson ha ottenuto, il 24 marzo 1986, un altro lodo arbitrale che il CIS ha eseguito il 21 aprile 1986.

( 5 ) Sentenza 29 luglio 1987, confermata dalla Court of Appeal il 27 aprile 1988; la causa è attualmente pendente dinanzi alla House of Lords.

( 6 ) Sequestratario.

( 7 ) Sentenza 13 maggio 1987.

( 8 ) Sentenza 27 aprile 1988.

( 9 ) Provvedimenti 9 luglio e 18 dicembre 1987, confermati dalla Court of Appeal il 27 aprile 1988.

( 10 ) V. il vostro parere n. 1/78 del 4 ottobre 1979 (Racc. pag. 2871), riguardante l'accordo internazionale sulla gomma naturale, nel quale voi avete esaminato, nei punti 4 e 5 della motivazione, il programma integrato c le sue finalità, in particolare quelle di miglioramento strutturale del commercio internazionale dei prodotti di base che presentino un interesse per i paesi in via di sviluppo.

( 11 ) Si tratta di una maggioranza semplice dei paesi produttori e dei paesi consumatori.

( 12 ) L'Australia, l'Indonesia, la Malesia, la Nigeria, la Tailandia e lo Zaire, paesi produttori; il Canada, la Finlandia, l'India, il Giappone, la Norvegia, la Svezia, la Svizzera e i dieci Stati membri della Comunità, paesi consumatori.

( 13 ) Citato, vedasi sopra nota 9, pag. 2920; il corsivo è mio.

( 14 ) GU L 342 del 3.12.1982.

( 15 ) Le percentuali prese in considerazione sono quelle indicate nell'allegato A dell'accordo (GU L 342 del 31.12.1980, pag. 30).

( 16 ) V., in particolare, «Crise du Conseil International de l'é-tain et insolvabilité d'une organisation intergouvernementale ». Eisenmann, P. M., AFDI, 1986, pag. 781; Anderson, Gilbert: « Commodity agreements and commodity markets; lesson from tin », the Economic Journal, Cambridge, vol. 98, n. 389, marzo 1988, pagg. I-15; Marques, I., e Giraud, P. N.: «Tin: the end of an agreement», Natural resources forum, Londra, vol. 11, n. 3, agosto 1987, pagg. 207-218; Eric Mc Fadden: «The collapse of tin: restructuring a failed commodity agreement », American Journal of International Law, vol. 80, n. 4, ottobre 1986, pagg. 811-830; Chimni, B. S.: « International commodity agreements: a legal study », Croom Helm, 1987, cap. 10, pag. 197; Wasserman, U.: «Tin and other commodities m crisis», JWTL vol. 20/1986, pag. 233.

( 17 ) Si tratta dei membri i quali, benché membri consumatori del CIS, sono per altro verso anche produttori di stagno; è il caso, ad esempio, del Regno Unito.

( 18 ) Art. 27, paragrafo 1, dell'accordo.

( 19 ) V. Eisenmann, op. eh., pag. 737; Chimni, op. cit., pag. 201.

( 20 ) Sentenza 17 dicembre 1981, Ludwigshafener Walzmühle, punto 12 della motivazione (cause riunite 197/80-200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Racc. pag. 3211); il corsivo è mio.

( 21 ) Sentenza 2 giugno 1976, Kampfmeyer (cause riunite 56/74-70/74, Racc. pag. 711).

( 22 ) Sentenza 28 marzo 1979 (causa 90/78, Racc. pag. 1081).

( 23 ) Punto 6 della motivazione.

( 24 ) Ibidem, il corsivo è mio.

( 25 ) Sentenza 4 ottobre 1983 (causa 191/82, Racc. pag. 2913).

( 26 ) Punto 30 della motivazione.

( 27 ) Sentenza 20 marzo 1985, punto 16 della motivazione (causa 264/82, Race. pag. 849).

( 28 ) Sentenza 7 novembre 1985 (causa 53/84, Race. pag. 3595).

( 29 ) Punto 15 della motivazione.

( 30 ) Sentenza 28 ottobre 1982 (causa 52/81, Race. pag. 3745).

( 31 ) Punto 27 della motivazione.

( 32 ) Sentenza 27 settembre 1988 (causa 204/86, Race. pag. 5323).

( 33 ) Sentenza 24 giugno 1986 (causa 267/82, Race. pag. 1907).

( 34 ) Art. 228, n. 1, secondo comma.

( 35 ) Parere 11 novembre 1975, Race. pag. 1355.

( 36 ) Per una applicazione, vedasi ad esempio la causa « Go-verno della Gran Bretagna contro Guerrato », in cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo un decreto in quanto esso escludeva qualsiasi impugnazione delle decisioni del ministro della Giustizia relativa al pignoramento dei beni appartenenti a Stati esteri; l'Alta Corte ha ritenuto che « il fatto invero che tale esame possa in determinati casi riuscire delicato e financo difficile, non esclude che si tratta sempre di un accertamento di dati di fatto e giuridici che non può essere sottratto al sindacato giurisdizionale ». Sentenza 13 luglio 1963, La giurisprudenza costituzionale in materia internazionale, 1976, Starace De Caro, pag. 126, in particolare pag. 131.

( 37 ) Rivista di diritto intemazionale, vol. II 1969, pag. 583, in particolare pag. 586.

( 38 ) Bundesverwaltungsgericht, 12 ottobre 1962, BVerwGE 15, pag. 63, in particolare pag. 65.

( 39 ) Ergec, R-: «Le controle juridetionnel de l'administration dans des matières qui se rattachent aux rapports internationaux: acte de gouvernement ou réserve du pouvoir discrétionnaire », Revue de droit international et de droit comparé, 1986, pag. 72, in particolare pag. 77 e seguenti.

( 40 ) Archiv des Völkerrechts, 1984, pag. 220.

( 41 ) Ergec, op. cit., pag. 78.

( 42 ) Ibidem.

( 43 ) Rustomjce/The Queen (1876) 2 QBD69.73, CA.

( 44 ) Si tratterebbe in questo caso di un « Act of State »; tuttavia, come fa rilevare Lord Wilberforce nella causa Buttes (AC. 1982, pag. 939, in particolare pagg. 930-931), la nozione di «Act of State» può del pari indicare ipotesi in cui il giudice sia chiamato a decidere l'applicazione di una normativa straniera nel proprio territorio.

( 45 ) Attorney General/Nissan (1970), A. C. 1979 HL.

( 46 ) Ibidem.

( 47 ) The law reports, 1982, pag. 938.

( 48 ) Underhill/Hernandez, 168 US 250, 252 (1897) in cui se ne dichiara il principio: « Ogni Stato sovrano è tenuto a rispettare l'indipendenza di ogni altro Stato sovrano, ed i giudici di uno Stato non sindacheranno gli atti del governo di un altro Stato se compiuti nel territorio di quest'ultimo. La riparazione di danni subiti a causa di tali atti deve ottenersi mediante l'uso degli strumenti di cui dispongono gli Stati sovrani nei loro reciproci rapporti ».

( 49 ) La dottrina si compiace nel sottolineare la distinzione tra atto di governo e « Act of State » così inteso: « Costruzione giurisprudenziale di origine essenzialmente anglosassone, la dottrina dell'Act of State consiste neìl'escludere dall'apprezzamento del giudice la legittimità degli “ atti di sovranità ” degli Stati esteri, mentre la teoria dell'atto di governo si riferisce agli atti dello Stato del giudice adito. La dottrina dell'Act of State appartiene fondamentalmente al diritto internazionale pubblico e al diritto internazionale privato, mentre l'atto di governo rientra essenzialmente nella sfera del diritto pubblico interno » (Ergec: « Le contrôle juridictionnel de l'administration dans des matières qui se rattachent aux rapports internationaux ». Revue de droit international et de droit comparé, 1986, pag. 73, in particolare pag. 74); nello stesso senso, si è ritenuto che l'« Act of State » sia una « regola di secondo grado sui conflitti di leggi », Falck, citato da Brazyova: « Reflections on immunity of States from the point of view of international law ». Questions of International Law, vol. 3, Dordrecht, 1986, pag. 46.

( 50 ) Nella causa First National City Bank, il giudice Rehnquist ha ritenuto che « Sarebbe del tutto illogico sostenere che tale regola [l'“ Act of State ”], creata per paura che una pronuncia giudiziaria possa pregiudicare relazioni con altri Stati, deve essere applicata anche qualora il dipartimento del governo federale che si occupa degli affari esteri assicuri che la pronuncia non avrà tale effetto », pag. 483.

( 51 ) Sulla questione nel suo complesso, vedasi Lenaerts, K.: « Le juge et la constitution aux Etats-Unis d'Amérique et dans l'ordre juridique européen », pag. 98 e segg. e riferimenti citati pag. 104-105.

( 52 ) Per escludere l'applicazione della dottrina in parola nella causa Baker/Carr, il giudice Brennan ha affermato che « Gli appellanti non hanno bisogno, per vincere la_causa, di chiedere che la Corte si pronunci su decisioni politiche che possono essere valutate alla luce di criteri applicabili sul piano giudiziario », 369 US 186, pag. 691.

( 53 ) Tuttavia non esclusivi, vedasi l'elenco delle condizioni indi-cate da Brennan, J. in Baker/Carr, cit. pag. 691; v. inoltre, Lenaerts, op. cit.

( 54 ) Giurisprudenza costante; v., ad esempio, Conseil d'Etat (CE), 5 febbraio 1926, Dame Caraco, pag. 125; CE, 16 marzo 1962, Prince Siiman Bey, pag. 179; CE, 13 luglio 1979, Cofarex, pag. 319.

( 55 ) Interruzione della navigazione in una zona di sicurezza marittima per effettuare esperimenti nucleari (CE, 11 luglio 1975; Paris de la Bollardière, pag. 423); intervento presso uno Stato estero al fine di proteggere i beni o gli interessi di un francese (CE, 2 marzo 1966, Cramennel, pag. 157); rifiuto di adire una giurisdizione internazionale (CE, 9 gennaio 1952, Geny, pag. 17); rifiuto di comunicare a un sindacato proposte rivolte a un organismo internazionale (CE, 10 febbraio 1978, CFDT, pag. 61).

( 56 ) Conclusioni di Odcnt in Tribunal des conflits, 2 febbraio 1950, Radiodiffusion française, RDP, 1950, pag. 423, in particolare pag. 427.

( 57 ) Una parte della dottrina sottolinea che « sebbene i trattati internazionali riguardino evidentemente le relazioni dello Stato francese con gli Stati esteri, essi non sono atti di governo. Al fatto che non sono atti di diritto interno, poiché non emanano dal solo governo francese, si aggiunge la circostanza che il loro regime č del tutto diverso da quello degli atti di governo »; Chapus: Droit administratif général 1985, pagg. 618-619.

( 58 ) Conseil d'État, Compagnie générale d'énergie radio-électrique, 30 marzo 1966, Racc. Lebon, pag. 257; si vedano, su questa sentenza, AJDA, 20 giugno 1966, Chronique Puissochet e Lecat, pag. 349; tale giurisprudenza sancisce infatti l'estensione agli accordi internazionali della responsabilità sine culpa a causa delle leggi.

( 59 ) Si è ritenuto che l'atto di governo dovesse essere bandito dal « droit public de tout pays civilisé »; Duguit: Traité de droit institutionnel, terza edizione, III 1930.

( 60 ) Chapus: « L'acte de gouvernement, monstre ou victime? », D. 1958, Chr. pag. 5; altri autori ritengono che l'incompetenza derivi dalla natura mista dell'atto: Virally: « L'introuvable acte de gouvernement » RDP 1952, pag. 338.

( 61 ) Conseil d'État, 20 gennaio 1876, Mangin; Conseil d'État, 26 aprile 1933, Pasicrìsie VIII 108; vedasi Bonn, A.: «Lee contentieux administratif en droit luxembourgeois », pag. 144, n. 157, e Schockweiler, F.: «Le contentieux administratif et la procédure administrative non contentieuse en droit luxembourgeois », pag. 28, n. 74.

( 62 ) F. A. Schockweiler, op. cit.

( 63 ) Ergec, op. cit.

( 64 ) Sentenza 4 dicembre 1963, JT 15 dicembre 1963, pag. 782, vedasi inoltre Civ. Bruxelles, 23 settembre 1964, JT 25 ottobre 1964, pag. 600.

( 65 ) Sentenza 15 settembre 1969, Pasìcrtsie belge, pag. 247, in particolare pag. 249.

( 66 ) Sentenza 14 gennaio 1963, JT 27 gennaio 1963, pag. 64, in particolare pag. 66.

( 67 ) Sentenza 14 dicembre 1973, Recueil des arrêts, pag. 955.

( 68 ) Pronuncia 21 maggio 1984, KG 1984, 168.

( 69 ) Pronuncia del presidente del Rechtbank Den Haag, 5 novembre 1985, KG 1985, pag. 376.

( 70 ) Pronuncia 2 marzo 1951, NJ 51.217.

( 71 ) In particolare, l'art. 24, primo comma, secondo cui « chiun-que ha il diritto di ottenere la tutela effettiva dai giudici e ai tribunali onde conseguire i propri diritti e interessi legittimi, senza che tale tutela possa in nessun caso essergli negata ».

( 72 ) Sentenza 29 dicembre 1986, REDI 1988 n. 2, nota Castro-Rial Garrone; v. inoltre sentenza 16 novembre 1974, Aranzarli, Jurisprudencia, 1974, n. 4510; a proposito di tale decisione, vedasi « Discrccionalidad en el ejercicio de la protección diplomática y responsabilidad del Estado en el orden interno », M. Paz Andrés Saenz de Santa Maria, ADI, vol. 111(1976), pag. 321.

( 73 ) Byrne/Ireland, 1972,1. R. 241.

( 74 ) Sentenza Crottv/An Taoiscach (1987), 2 CMLR 657, in cm si afferma che il ricorrente gode, nella fattispecie, di un diritto di azione per impugnare la costituzionalita dell'Atto unico europeo.

( 75 ) Vedasi inoltre la decisione del Conseil constitutionnel français 15 gennaio 1976, « Interruzione volontaria della gravidanza»: «Considerando che l'art. 61 della Costituzione non conferisce al Conseil constitutionnel un potere generale di valutazione e di decisione identico a quello del Parlamento, ma gli attribuisce unicamente la competenza a pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi sottoposte al suo esame », decisione 74.54, Rec. DC 19 (il corsivo è mio); può altresì menzionarsi, in proposito, l'approccio della Corte suprema americana.

( 76 ) V. la vostra sentenza Consiglio/Parlamento nella quale avete dichiarato che « la Corte, pur avendo i! compito di vigilare affinché le istituzioni costituenti l'autorità di bilancio rispettino i limiti della loro competenza, non può intervenire nel processo di negoziazione tra il Consiglio e il Parlamento che, nel rispetto di questi limiti, deve portare alla definizione del bilancio generale delle Comunità » (il corsivo è mio); v. altresì Lenaerts (op. cit.) che cita pure la sentenza 22 novembre 1978 (causa 93/78, Mattheus/Doego, Racc, pag. 2203), nella quale la Corte ha dichiarato la propria incompetenza a conoscere, in sostanza, di una questione inerente alle condizioni di adesione della Spagna e del Portogallo.

( 77 ) A tale proposito, mi permetto di richiamare le recentissime conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven nella causa 70/87; dopo aver respinto l'eccezione d'irricevibilità sollevata dalla Commissione, secondo cui la normativa in materia di difesa dalle pratiche commerciali illecite non accorderebbe alla ricorrente se non una tutela giurisdizionale limitata, il mio collega, esaminando il merito del ricorso, precisa che esiste un potere discrezionale di natura politica non assoggettabile al sindacato giurisdizionale qualora gli elementi cui detto potere è subordinato non siano giuridicamente definibili (punto 18 della traduzione francese).

( 78 ) Causa 53/84, Adams, citata, punto 15 della motivazione; il corsivo è mio.

( 79 ) Jacot-Guillarmod, O.: Droit communautaire et droit international public, Ginevra, 1979, pag. 237.

( 80 ) Catalano: Manuel de droit des Communautés européennes, Parigi, 1965, pag. 73, per l'esclusione di qualsiasi controllo a posteriori.

( 81 ) Pescatore, P.: Les relations extérieures des Communautés européennes, 1961, pag. 129.

( 82 ) Ibidem, pag. 128.

( 83 ) La « decisione del Consiglio » adottata per la conclusione dell'accordo costituiva al riguardo un « atto di governo » non soggetto a impugnazione e, in ogni caso, non separabile dall'accordo; v. Kovar: « Les accords liant les Communautés européennes », RMC, 1974, pag. 345, in particolare pag. 358; Melchior: « La procédure de conclusion des accords externes de la CEE », Revue helge de droit international 1965, pag. 187.

( 84 ) V. Kovar, op. cit. pag. 357.

( 85 ) V. peraltro, contro un sindacato di validità mediante l'art. 177, Kovar, JDI, 1976, pag. 197; Simon, RTDE, 1975, pag. 454; v. inoltre Barav, ELR, 1977, pag. 8.

( 86 ) Secondo O. Jacot-Guillarmod, una dichiarazione secondo cui l'accordo è nullo e non avvenuto (art. 174 del Trattato) sarebbe una « aberrazione giuridica »; l'annullamento dell'atto di approvazione comunitario « condurrebbe allo stesso catastrofico risultato » e asserire che l'accordo stesso non verrebbe pregiudicato sarebbe, in quest'ultimo caso, una « dicotomia » in quanto i due atti sono indissociabili; op. cit., pag. 240.

( 87 ) Vedasi Denys Simon: « Quelques problèmes des relations extérieures des Communautés europécennes », RTDE, 1975, pag. 454.

( 88 ) Sentenza 30 aprile 1974, Haegemann, punti 3, 4, 5 e 6 della motivazione (causa 181/73, Racc. pag. 449); il corsivo č mio.

( 89 ) Parere 1/75, citato; il corsivo è mio.

( 90 ) Si è rilevato il « contrasto paradossale » di tale posizione con l'atteggiamento adottato dalla Corte di giustizia in ordine al sindacato di costituzionalità esercitato a livello nazionale sullajegge di approvazione dei trattati; Joliét: « Le droit institutionnel des Communautés européennes, les institutions, les sources », 1983, pag. 252.

( 91 ) Sentenza 27 settembre 1988, Commissione/Consiglio (causa 165/87, Racc. pag. 5545).

( 92 ) Melchior, op. cit.; Joliét, op. cit., ove si legge: « Dal punto di vista comunitario, verrà seguita la procedura di cui all'art. 228, n. 1, primo comma, del Trattato CEE; dal punto di vista degli Stati membri, sarà messa in atto la procedura ordinaria di conclusione dei trattati internazionali. La procedura di conclusione di un accordo misto, presenta quindi molta somiglianza con la procedura di revisione di cui all'art. 236, in special modo se il fondamento prescelto sia, da parte della Comunità, l'art. 238 del Trattato CEE, che implica la consultazione del PE. Ci si chiederà quindi se tra lo stesso Trattato CEE e l'accordo misto sussistano rapporti di gerarchia o parità », paą. 237; « dubito che la Corte di giustizia possa arrogarsi il potere di sindacare la validità di un trattato firmato e ratificato dagli Stati membri », pag. 251.

( 93 ) Louis, J.-V.: L'ordre juridique communautaire, quarta edizione, pag. 84.

( 94 ) Melchior (op. cit., pag. 209), a proposito della portata del controllo della Corte nell'ambito del parere di cui all'art. 228, rileva che può esservi in tale ambito solo un controllo di legittimità e non di merito; una soluzione del genere deve a maggior ragione accogliersi nell'ambito dei contenzioso, compreso quello relativo alla responsabilità.

( 95 ) Conclusioni di A. Dutheillet de Lamothe nelle cause riunite 9/71 e 11/71, Compagnie d'approvisionnement, sentenza pronunciata il 13 giugno 1972, Racc. pag. 411.

( 96 ) Cause riunite 9 e 11/71, citata; sentenza 2 dicembre 1971, Zuckerfabrik Schöppenstadt (causa 5/71, Racc. pag. 975); sentenza 24 ottobre 1973, Merkur (causa 43/72, Racc. pag. 1055); sentenza 4 ottobre 1979, Ireks-Arkady (causa 238/78, Racc. pag. 2955); sentenza 4 ottobre 1979, DGV, (cause riunite 241/78, 242/78, 245/78-250/78, Racc. pag. 3017); sentenza 4 ottobre 1979, Interquell Stärke-Chemie (cause riunite 261 e 262/78, Racc. pag. 3045); sentenza 12 dicembre 1979, Hans-Otto Wagner (causa 12/79, Racc. pag. 3657); sentenza 12 aprile 1984, Unifrex (causa 281/82, Racc. pag. 1969); sentenza 17 dicembre 1981, Ludwigshafener Walzmühle (cause riunite 197/80-200/80, 243/80, 245/80, 247/80, Racc. pag. 3211).

( 97 ) Sentenza 28 aprile 1971, Lütticke (causa 4/69, pag. 325); sentenza 2 luglio 1974, Holtz e Willemsen (causa 153/73, Racc. pag. 675).

( 98 ) V. Robert Lecourt in Mélanges Teitgen, « Le rôle unificateur du juge dans la Communauté », pag. 223, in particolare pag. 229; v. le conclusioni di A. Dutheillet de Lamothc nella causa 4/69, citata: « penso dunque che il fatto che l'azione di risarcimento in questo caso si fondi su un disconoscimento del secondo comma dell'art. 97 o dell'art. 169 del Trattato abbia molta importanza per il giudizio sul merito (...) comunque non abbia influenza sulla ricevibilità della domanda di risarcimento ».

( 99 ) V. il punto 7 del testo francese del ricorso; va precisato che la Machine Watson ha dichiarato in udienza di aver desistito da ogni azione giudiziaria contro la Comunità dinanzi ai giudici britannici.

( 100 ) Circa la distinzione tra personalità civile e personalità internazionale, e i due aspetti di cui quest'ultima si compone, v. Prescatore: Les ralations extérieures des Communautées européennes, pagg. 32 e segg.

( 101 ) Denys Simon: L'interprétation judiciaire des traités d'orga-nisations internationales. Pedone, 1981, pag. 639.

( 102 ) Corte internazionale di giustizia, parere consultivo 11 aprile 1949, Racc. CIJ 1949, pag. 178.

( 103 ) Corte internazionale di giustizia, 5 febbraio 1970, Race. CIJ 1970, pag. 1, inparticolare pag. 39.

( 104 ) « Crise du Conseil international de l'étain », Eisenmann, P., op. cit., pag. 730.

( 105 ) Infatti, la distinta personalità giuridica dell'organizzazione c la responsabilità dei membri costituiscono due problemi separati; è 11 insito tutto il dibattito, che esula dal presente ricorso, sollevato dal problema della responsabilità dei membri per le obbligazioni del CIS. I giudici britannici hanno allora ritenuto che l'esistenza della personalita giuridica esclude qualsiasi responsabilità dei membri per le obbligazioni dell'organizzazione. Un discreto numero di autori ritengono che sia essenziale, in proposito, accetare se gli statuti abbiano previsto chiaramente una esclusione della responsabilità dei membri (v., in particolare, Mann, F. A.: « International corporations and national law »., BYIL, 1967, pag. 145, in particolare pagg. 160-161 ; Schermers: « Liability of international organization », 1 L JIL (1988), pag. 3, in particolare pagg. 8-9; Chimni, op. cit., pag. 208; nel senso affermativo di un principio di responsabilità, almeno sussidiaria, dei membri per le obbligazioni dell'organizzazione, Seidl-Hohenveldern, op. cit., pagg. 423 e segg.; nello stesso senso, la decisione del tribunale arbitrale della CCI nella causa Westland/Eisenmann, op. cit.).

( 106 ) V. i punti 98-101 del testo francese del ricorso.

( 107 ) Richiamandovi in proposito, come richiesto dalia ricor-rente in udienza, al ricorso nella causa 19/89, voi constaterete che in essa si fa esplicito riferimento alla responsabilità extracontrattuale del CIS.