SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

C-25/62 (*)

Nella causa promossa dalla

Società in accomandita semplice Plaumann & Co, di Amburgo,

rappresentata dall’avv. Harald Ditges, del Foro di Colonia, e con domicilio eletto a Lussemburgo, presso il Sig. Richard Audry, direttore della « Fédération des Commerçants », avenue de l’Arsenal 8,

ricorrente,

la Commissione della Comunità Economica Europea, rappresentata dal dott. Hubert Ehring, consulente giuridico degli Esecutivi europei, in qualità di agente,

assistito dal Prof. Ernst Steindorff, dell’università di Tübingen, e con domicilio eletto a Lussemburgo, presso il Dott. Henri Manzanarès, Segretario del Servizio giuridico degli Esecutivi europei, Place de Metz 2,

convenuta,

causa avente ad oggetto:

- l’annullamento della decisione della Commissione S III 03079, in data 22 maggio 1962, con la quale veniva rifiutata alla Repubblica federale di Germania l’autorizzazione a sospendere parzialmente la riscossione del dazio gravante su « mandarini e clementine, freschi » provenienti da paesi terzi;

- il pagamento di DM 39.414,01 quale riparazione pecuniaria,

LA CORTE

composta dai Signori :

A. M. Donner, Presidente,

L. Delvaux e R. Lecourt, Presidenti di Sezione,

Ch. L. Hammes, R. Rossi (relatore), A. Trabucchi e W. Strauss, giudici,

Avvocato generale : K. Roemer

Cancelliere : A. Van Houtte

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

I.      IN FATTO

A.      — Gli antefatti

I fatti che hanno dato origine alla presente controversia si possono cosí riassumere :

Il 16 giugno 1961, la Repubblica federale di Germania chiedeva alla Commissione l’autorizzazione a sospendere la riscossione del dazio del 13 % previsto dalla tariffa comune per le « clementine, fresche » provenienti da paesi terzi (posizione ex 08.02 della tariffa doganale comune) ed applicare in luogo di quella il dazio del 10 % di cui alla tariffa doganale tedesca. Detta richiesta veniva in tempo successivo modificata oralmente nel senso che fosse istituita un’apposita « sottovoce per le clementine » col dazio del 10 %.

Con decisione del 22 maggio 1962, S III 03079, destinata alla Repubblica federale di Germania, la Commissione negava la richiesta autorizzazione. Contro tale decisione di rifiuto la Plaumann & Co ha introdotto,-il 30 luglio 1962, il presente ricorso.

B.      — Le conclusioni delle parti

Nell’atto introduttivo. la ricorrente ha concluso che la Corte voglia :

« 1. annullare la decisione della convenuta in data 22 maggio 1962, S III 03079, e

a) dichiarare la convenuta tenuta ad autorizzare la Repubblica federale di Germania a sospendere la riscossione del dazio gravante sulle « clementine, fresche » (posizione ex 08.02 B della tariffa doganale comune) per il periodo 1° gennaio —31 dicembre 1962,

ovvero a provvedere nuovamente senza indugio sulla richiesta pre- sentata dalla Repubblica federale di Germania il 16 giugno 1901 e diretta ad ottenere la parziale sospensione della tariffa doganale esterna per le « clementine, fresche » (posizione testè menzionata), tenendo conto dell’insegnamento della Corte, in materia d’interpretazione del Trattato, relativo alla questione della sospensione dei dazi doganali;

in subordine

b) dichiarare la convenuta tenuta a concedere alla Repubblica federale di Germania un contingente tariffario, di non oltre 11.000 tonnellate, col dazio del 10 % per l’importazione da paesi terzi di clementine (posizione ex 08.02 B della tariffa doganale comune);

2. Dichiarare la convenuta tenuta a risarcire alla ricorrente il danno futuro causato dal rifiuto di autorizzare la parziale sospensione del dazio;

3. Porre le spese a carico della convenuta;

4. Ammettere la lingua tedesca quale lingua processuale;

5. Ordinare l’intervento della Repubblica federale di Germania. »

Nella replica, la ricorrente ha chiesto alla Corte di:

« — annullare la decisione impugnata;

— condannare la convenuta al risarcimento dei danni, precisati in 43.265,30 DM;

— porre le spese a carico della convenuta;

— ammettere la lingua tedesca quale lingua processuale. »

La convenuta ha concluso chiedendo :

« — che il ricorso sia dichiarato irricevibile; in subordine, sia respinto perché infondato;

— che le spese siano poste a carico della ricorrente. »

C.      I mezzi e gli argomenti delle parti

I mezzi e gli argomenti fatti valere dalle parti nella fase scritta si possono cosí riassumere :

Prima di esaminare la ricevibilità e la fondatezza del ricorso, la convenuta insorge contro le censure elevate dalla ricorrente, le quali si risolverebbero nella gratuita accusa di essersi la Commissione lasciata influenzare da considerazioni di carattere politico, accusa che potrebbe porre in cattiva luce la convenuta dinanzi alla Corte.

SULLA RICEVIBILITÀ

La convenuta ha sollevato le seguenti eccezioni d’irricevibilità :

1. Per quanto riguarda la domanda di annullamento

–        Agli effetti della ricevibilità dei ricorsi dei singoli è deter- minante non già la forma, bensí la natura giuridica dell’atto impugnato. Dal punto di vista sostanziale, nulla vieta di considerare la decisione impugnata come un atto normativo. Questa classificazione non è in contrasto con l’articolo 189 del Trattato, il quale infatti distingue la decisione dal rego- lamento solo in base a criteri formali.

–        Nella C.E.E. la potestà normativa spetta ancora in gran parte agli Stati, anche se spesso. essa viene esercitata secondo le direttive della Comunità. Queste direttive possono assumere in determinati casi la forma di una decisione, giacché sono destinate solo a un determinato Stato membro ed hanno quale oggetto un atto determinato, cioè un atto normativo. Ove si ammettesse la possibilità d’impugnare le decisioni della Commissione relative ad atti normativi — unicamente a causa della loro forma — ciò significherebbe offrire agli interessati una tutela giurisdizionale molto più ampia di quella che loro concedono i rispettivi ordinamenti interni, mentre l’articolo 173, secondo comma, del Trattato C.E.E. ha chiaramente lo scopo di impedire ai singoli l’impugnazione dei provvedimenti che hanno detta natura.

–        Sono cosí irricevibili i ricorsi contro provvedimenti coi quali la Commissione abbia ordinato ad uno Stato aumenti o riduzioni doganali, giacché questi aumenti o riduzioni, quanto meno nella Repubblica federale e nei casi che qui ci interessano, vengono effettuati mediante atti normativi. Lo stesso dicasi nel caso che la Commissione vieti ad uno Stato membro di emanare norme intese a ridurre i dazi, giacché agli effetti della legittimazione ad agire contro le decisioni adottate in forza dell’articolo 25, n. 3, non ha alcuna rilevanza che la richiesta sia stata accolta ovvero respinta.

–        L'irricevibilità dell’attuale ricorso si evince anche dalla circostanza che la decisione impugnata non è destinata ad un’altra persona ai sensi dell’articolo 173, seconde comma, del Trattato. La Repubblica federale di Germania, nella sua qualità di Stato al quale è destinato il provvedimento impugnato, non può cioè essere considerato come « un’altra persona » rispetto al singolo ricorrente. In primo luogo gli interessi di questo singolo e quelli dello Stato membro al quale la decisione è destinata non si troverebbero sullo stesso piano; sorge qui la questione se gli interessi generali, che gli Stati membri sono tenuti a rispettare nel dare esecuzione ad un provvedimento del genere, non prevalgano a tal punto sugli interessi dei singoli da far ritenere che solo gli Stati possano impugnare la decisione. In secondo luogo non si deve dimenticare che, nel caso di decisioni destinate ad uno Stato membro, il danno subito dal singolo sussiste accanto a quello subito dallo Stato interessato (al contrario di quanto avviene nell’ipotesi di decisioni destinate ai singoli, ipotesi nella quale il danno subito dal ricorrente corrisponde in genere al vantaggio arrecato al destinatario del provvedimento), e si dà quindi la possibilità concreta che il provvedimento sia impugnato anche dallo Stato destinatario e che il singolo sia in tal modo indirettamente tutelato. In terzo luogo va rilevato che nell’interpretare una norma giuridica si deve sempre aver riguardo allo spirito ed allo scopo di essa; l’articolo 173, secondo comma, del Trattato C.E.E. dev’essere perciò indubbiamente interpretato nel senso che gli Stati membri non possono essere considerati come « altre persone ».

È inoltre innegabile che in vari casi gli organi della Comu- nità non hanno .imposto direttamente degli obblighi ai , cittadini degli Stati membri, bensí gli Stati stessi, ovvia- mente in armonia col diritto comunitario e con le direttive o le autorizzazioni ricevute dagli organi della Comunità, hanno imposto tali obblighi. È perciò logico adeguare il diritto d’impugnazione al modo in cui il provvedimento è stato posto in essere ed impedire in questi casi ai singoli di agire direttamente contro gli organi della Comunità. Le considerazioni che precedono sono sufficienti a giustificare la conclusione che solo gli Stati membri sono legittimati ad impugnare le decisioni di cui sono destinatari. Il chiedersi se tali decisioni non riguardino « direttamente » dei singoli, per ammettere in taluni casi il diritto d’impugnazione ed escluderlo, in altri, non sembra la via adatta per risolvere il problema in esame, giacché un siffatto modo di procedere finirebbe per attribuire al termine « direttamente » due significati del tutto diversi. Esso verrebbe cioè usato sia con riferimento agli atti destinati, come nella specie, agli Stati membri, sia con riferimento ad atti della Comunità destinati a singoli diversi dal ricorrente

–        È comunque certo che l’articolo 33, secondo comma, del Trattato C.E.C.A. esige semplicemente, affinché il ricorso sia ricevibile, che il provvedimento impugnato « riguardi » il ricorrente, mentre l’articolo 173, secondo comma, del Trattato C.E.E. esige che esso lo riguardi « direttamente e individualmente ».

a) Nel caso in esame la decisione impugnata non riguarda direttamente il ricorrente. Anzitutto è fuor di dubbio che il provvedimento non tocca soltanto l’importatore, ma anche la Repubblica federale di Germania, giacché l’interesse di questa alla riscossione dei dazi è espressamente riconosciuto dall’articolo 106 della Legge fondamentale. In secondo luogo va detto che le decisioni, a differenza dei regolamenti, non sono « direttamente applicabili » negli Stati membri. All’uopo esse devono previamente essere trasfuse in norme interne e non possono quindi riguardare direttamente i cittadini degli Stati membri. Infine, la decisione impugnata non impone alla Repubblica federale un obbligo di non. facere : essa si limita a ripetere e confermare l’obbligo sancito dall’articolo 23 del Trattato. D’altronde, anche volendo ammettere che la decisione imponga degli obblighi a norma dell'articolo 189, quarto comma, del Trattato, essa sarebbe vincolante unicamente per i destinatari.

b) Se ciò non bastasse, la decisione impugnata non riguarda la ricorrente nemmeno individualmente. Agli effetti del diritto d’impugnazione, infatti, si possono considerare come individualmente colpite soltanto le persone che il provvedimento tocca nella loro individualità o nella loro particolare situazione. Per sincerarsi dell’esattezza di questo assunto è sufficiente ricordare che l'articolo 184 esclude la possibilità di far dichiarare inapplicabile un atto della Comunità che debba essere considerato come una decisione. Il fatto che il provvedimento impugnato sia una decisione e non un regolamento non implica automaticamente che esso abbia anche carattere individuale. Nella specie, la decisione impugnata riguarda « determinati prodotti del mercato comune »; la cerchia degli interessati è indicata in modo astratto, di guisa che le persone che ne fanno parte possono cambiare col tempo. Questa cerchia poteva in realtà mutare nel corso dell’anno 1962, cioè anche dopo che la decisione era stata adottata, e ciò non soltanto per quanto riguarda i commercianti che importano, comprano e vendono i prodotti di cui trattasi, ma anche rispetto ai consumatori e produttori di clementine ovvero di frutta, come i mandarini, con esse in concorrenza. D’altro lato; la decisione impugnata non riguarda soltanto gli importatori, ma anche, e nella stessa misura, i produttori interni ed esterni ed altresì i consumatori.

–        Circa la questione se, qualora il presente ricorso sia irri- cevibile, la ricorrente sia priva di qualsiasi tutela giurisdi- zionale, è sufficiente ricordare che essa può sempre valersi del procedimento a norma dell’articolo 177 del Trattato C.E.E. per tutelare sul piano nazionale i propri interessi nei confronti di atti compiuti da organi della Comunità.

2. Per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni

–        Il risarcimento del danno è stato chiesto per la prima volta nella replica. Nell’atto introduttivo la ricorrente si è limitata a chiedere alla Corte di dichiarare che la Commissione è tenuta a risarcire alla ricorrente il danno futuro causato dalla decisione impugnata. Questa parte delle conclusioni — in seguito abbandonata — non è atta a giustificare la domanda di risarcimento dei danni la quale, a norma dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera d, del Regolamento di procedura, dev’essere quindi considerata inammissibile. Non si può inoltre perdere di vista che la ricorrente non ha ancora indicato definitivamente l’entità del danno subito. Se questa fosse precisata solo nella discussione orale, la convenuta correrebbe il rischio di non potersi validamente difendere su questo punto.

La ricorrente non ha del resto dimostrato che nella specie siano soddisfatte tutte le condizioni di ammissibilità della domanda. Essa trae argomento da una asserita violazione del Trattato, mentre di risarcimento del danno può essere questione solo in caso di colpa della Commissione. La domanda di risarcimento e la domanda di annullamento non possono essere collegate nel modo voluto dalla ricorrente. La seconda domanda è diretta infatti ad ottenere che, dopo avere annullato il provvedimento impugnato, la Commissione imponga alla Repubblica federale di modificare il suo atteggiamento e di rimborsare alla ricorrente i dazi indebitamente riscossi ; la prima domanda è diretta invece ad ottenere che la Commissione stessa sia condannata a rifondere alla ricorrente l’importo di questi dazi. Se ciò non bastasse, l'articolo 176, secondo comma, del Trattato offre la possibilità di proporre congiuntamente la domanda di annullamento e quella di risarcimento solo ove il risultato cui la seconda mira non sia già compreso fra le conseguenze dell’annullamento. Nel presente caso la rifusione alla ricorrente dei dazi indebitamente corrisposti non sarebbe altro che la logica conseguenza dell'annullamento del provvedimento impugnato.

Va detto infine che, qualora si dovesse considerare ammissi- bile la domanda di risarcimento, le limitazioni al diritto di ricorrere dei singoli poste dall’articolo 173, secondo comma, perderebbero qualsiasi significato. Ciò è particolarmente vero nei casi in cui, come nella specie, il ricorrente, con la sua domanda di risarcimento, persegue press’a poco lo stesso scopo cui mira la sua domanda di annullamento.

Il ricorso va quindi dichiarato irricevibile anche perché contiene detta domanda di risarcimento.

La ricorrente sottolinea in primo luogo il proprio interesse ad una rapida decisione della controversia ed oppone quindi alla convenuta quanto segue :

1. Quanto alla domanda di annullamento

–        La decisione impugnata lede dal lato economico la ricorrente al pari degli altri importatori e consumatori di clementine. La Repubblica federale di Germania non può subire alcun danno, trattandosi nella specie di dazi protettivi, non già fiscali. Se si volesse quindi negare alla ricorrente il diritto d’impugnazione e riservarlo al Governo tedesco, i veri danneggiati rimarrebbero privi di qualsiasi tutela innanzi alla Corte, né potrebbero adire il giudice tedesco giacché, a norma dell’articolo 173, secondo comma, del Trattato, la Corte è sola competente in detta materia. Oltracciò è assolutamente inconcepibile, anche per un osservatore imparziale, che un’autorità amministrativa quale la Commissione cerchi di impedire per motivi di forma il controllo sulle sue decisioni, posto che un comportamento del genere può facilmente condurre ad un insopportabile dirigismo e ciò tanto più in quanto un pericolo siffatto è inerente alla struttura stessa della C.E.E.

–        La tesi secondo la quale l’espressione « altre persone » . di cui all’articolo 173, secondo comma, del Trattato non potrebbe assolutamente essere riferita agli Stati membri è in contrasto col buon senso. Questa tesi non tiene conto del fatto che, nel caso in esame, il danno è stato arrecato non già alla Repubblica federale, bensì alla ricorrente, e che il Trattato ha espressamente riconosciuto ai terzi il diritto di adire la Corte.

–        I termini « direttamente » e « individualmente » vanno intesi congiuntamente, giacché, considerato separatamente, ciascuno di essi è molto impreciso. È poi difficile distinguere il danno generale dal danno individuale; una distinzione del genere è ignota al diritto tedesco. Anche volendo considerare i due termini separatamente ai fini della discussione, va detto che il danno subito dalla ricorrente è diretto e individuale. Esso è diretto per i seguenti motivi :

a) La sospensione parziale dei dazi, necessaria onde evitare il danno di cui trattasi, può essere disposta dal Governo federale solo previa autorizzazione della Commissione. La decisione impugnata, con la quale è stata negata tale autorizzazione, costituisce quindi la causa immediata del danno subito dalla ricorrente. Questa sarebbe stata colpita da un atto della Repubblica federale solo nel caso che quest’ultima, pur’essendo stata autorizzata ad adottare determinati provvedimenti, si fosse rifiutata di emanarli, cioè di valersi della concessa autorizzazione. Se ciò non bastasse, le conseguenze economiche dell’atto impugnato si ripercuotono solo sugli importatori e quindi anche sulla ricorrente.

b) Il Governo federale si sarebbe valso dell’autorizzazione a sospendere i dazi di cui trattasi qualora essa gli fosse stata tempestivamente concessa. L’esattezza di quest'assunto può essere provato da un rappresentante del Governo federale che la Corte potrebbe sentire come teste o come perito.

Che il danno sia al tempo stesso anche individuale risulterebbe dalle seguenti considerazioni :

a) Il ricorso non è diretto contro un regolamento del Consiglio, bensì contro una decisione della Commissione la quale, come la Corte ha insegnato nella sentenza 14 dicembre 1962, produce effetti nei confronti di un numero limitato di destinatari, espressamente indicati oppure facilmente individuabili. Questa massima permette di concludere che la decisione impugnata riguarda una determinata cerchia di destinatari; essa colpisce infatti circa 35 importatori di clementine nella Repubblica federale. Il fatto che in questa cerchia si possano avere col tempo dei mutamenti non toglie nulla al carattere individuale del provvedimento.

b) È erroneo sostenere che la decisione impugnata riguardi « determinati prodotti del mercato comune », giacché le clementine non vengono per lo più prodotte in detto mercato.

c) Nella sentenza 7 e 9-54 la Corte ha affermato che l’atto col quale viene concessa un’autorizzazione è una decisione individuale.

d) Non è vero che la ricorrente può sempre aumentare il prezzo di vendita in misura corrispondente alla maggiorazione del dazio; ciò è reso impossibile dalla forte concorrenza sul mercato tedesco della frutta. La ricorrente ha perciò un interesse individuale e personale a che il dazio sulle clementine sia tenuto il più basso possibile, giacché esso può avere influenza determinante sul prezzo d’acquisto e quindi sul volume delle vendite.

La ricorrente si richiama inoltre a quanto dedotto dalla ricorrente nella causa 27-62.

2. Quanto alla domanda di risarcimento del danno

A proposito di questa domanda, fondata sull’articolo 215, secondo comma, del Trattato, la ricorrente rileva che il capo della domanda relativa al risarcimento del danno futuro è divenuto privo di oggetto, essendo nel frattempo trascorso l’anno 1962; il danno di cui viene chiesto il risarcimento deriverebbe dal fatto che non è stato finora rimborsato alla ricorrente il maggiore onere derivato dall’aumento del dazio. L’ammontare di questo danno sarebbe di circa 43.265,30 DM, per il periodo 1° agosto - 31 dicembre 1962. Non sarebbe stato finora possibile effettuare un calcolo preciso.

NEL MERITO

A — La domanda d’annullamento

La ricorrente ha dedotto tre motivi : violazione di forme essenziali, violazione del Trattato e sviamento di potere.

1. Violazione di forme essenziali

La. ricorrente assume che la convenuta si è limitata in vari punti a ripetere le condizioni poste dal Trattato, senza valutare né tali requisiti, né i dati di fatto forniti dalla Repubblica federale. La decisione impugnata lascerebbe nell’ombra l’aspetto economico e farebbe presumere che la convenuta sia persuasa di poter provvedere sulle richieste che le vengono presentate a suo piacimento, cioè con assoluta discrezionalità.

La convenuta ribatte non essere affatto necessario che nella motivazione di un provvedimento vengano combattute o valutate criticamente altre possibili soluzioni. Nella decisione sarebbero indicate le considerazioni essenziali e risulterebbe chiaramente su quali elementi ci si sia fondati.

2. Violazione del Trattato

Oltre agli argomenti sopra esposti e ad una parte di quelli svolti a proposito dello sviamento di potere, la ricorrente ha dedotto a sostegno del motivo di violazione del Trattato in ispecie quanto segue:

–        Le condizioni per la concessione delle autorizzazioni poste dall’articolo 25, paragrafo 3, del Trattato sono molto meno rigide di quelle contemplate nei paragrafi 1 e 2 dello stesso articolo.

–        Nella decisione impugnata la convenuta non ha toccato l’importante questione della grave perturbazione del mercato. La constatazione, ivi contenuta, che i restanti Stati membri non sono in grado di coprire il fabbisogno di clementine della Repubblica federale sarebbe però sufficiente a giustificare l’autorizzazione delle misure richieste dal Governo federale.

–        I mandarini non possono sostituire le clementine.

–        L’aumento del dazio non può migliorare la capacità compe-titiva delle imprese della Comunità.

–        La decisione impugnata si richiama al regolamento n. 23 del Consiglio. Questo regolamento è però entrato in vigore il 30 luglio 1962 per la qualità extra. Questo richiamo, fatto a proposito delle importazioni di clementine durante l’anno 1962, non è quindi pertinente.

–        Nel provvedimento impugnato non è fatta menzione del-l’articolo 29, lettera a, del Trattato. Il motivo è evidente : se avesse tenuto conto della finalità contemplata in questa disposizione, la convenuta non avrebbe potuto negare l’autorizzazione.

–        La decisione impugnata si limita a ripetere testualmente l’articolo 29, b, del Trattato, senza esaminare se esso sia applicabile nella specie.

–        L’autorizzazione richiesta non avrebbe ostacolato il raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 29, d.

–        Il provvedimento impugnato viola anche l’articolo 39, n. 1, lettera d, del Trattato, giacché l’aumento del dazio rende più oneroso l’approvvigionamento di clementine, il quale inoltre può essere coperto dai paesi del mercato comune solo per il 10 per cento.

–        La decisione impugnata viola oltracciò l’articolo 39, n. 1, lettera e, del Trattato, poiché dai calcoli delle associazioni si rileva che il prezzo al consumo è destinato ad aumentare di 10 DM il quintale.

–        È infondata la tesi della convenuta secondo la quale la parziale sospensione dei dazi avrebbe conseguenze psicologiche svantaggiose per la creazione di nuovi giardini.

La ricorrente si richiama infine anche a quanto dedotto dalle ricorrenti nelle cause 24-62 e 27-62.

La convenuta pone in dubbio che si possa dare una violazione del Trattato qualora, come nella specie, l’Amministrazione non sia tenuta ad adottare un provvedimento determinato, bensì disponga di un potere discrezionale. In simili casi il provvedimento dell’Amministrazione potrebbe essere impugnato soltanto per sviamento di potere. Cionondimeno, per il caso che la Corte fosse di diverso avviso, la convenuta prende in esame il motivo di cui trattasi e sostiene quanto segue :

–        La tesi della ricorrente secondo la quale, a causa dell’insufficiente produzione di clementine nel mercato comune, la capacità competitiva di questo in ordine al prodotto di cui trattasi non potrebbe essere aumentata, pare diretta contro l’uso fatto dalla Commissione della discrezionalità tecnica spettantele in questa materia. La ricorrente ha inoltre perso di vista il fatto che il raggiungimento dello scopo perseguito dalla convenuta, cioè la creazione di nuovi giardini di clementine e il miglioramento delle coltivazioni di mandarini, è garantito dal divieto di discostarsi dalla tariffa doganale in vigore per questi prodotti.

–        L’assunto della ricorrente, non potere i mandarini sostituire le clementine, è contraddetto non solo dalle statistiche disponibili, ma anche dai dati forniti dalla stessa Repubblica federale.

3. Sviamento di potere

La ricorrente svolge a questo proposito numerosi argomenti già dedotti o accennati a sostegno del motivo di violazione del Trattato ed assume in ispecie quanto segue :

–        Circa la questione se nella specie la convenuta disponga di un margine di discrezionalità, è sufficiente richiamarsi a quanto dedotto dalla ricorrente nella causa 34-62.

–        Col provvedimento impugnato la convenuta si è proposta di ottenere che nella Comunità vengano consumati mandarini anziché clementine, senza chiedersi se le fosse lecito imporre ai consumatori una determinata scelta.

–        Con le parole « prodotti di cui trattasi » l’articolo 25, n. 3, indica chiaramente che nel provvedere si deve sempre aver riguardo al mercato del prodotto per il quale è stata chiesta la sospensione del dazio, non già al mercato complessivo di tutti i prodotti elencati nell’allegato II.

–        L'insufficiente motivazione della decisione di rifiuto fa pensare che l’autorizzazione sia stata negata per motivi politici, non già economici. Il procedimento seguito dalla convenuta, la quale ha consultato i restanti Stati membri a proposito della richiesta del Governo federale, è in contrasto con l’articolo 25, n. 3, del Trattato.

–        La politica agricola, qual'è descritta dalla convenuta e quale risulta anche dal regolamento n. 135 della Commissione, pare informata a criteri autarchici.

–        L’assunto della Commissione secondo il quale la tariffa doganale costituisce un tutto unico e non vi si può quindi derogare se non per motivi gravi, perde ogni valore di fronte all’articolo 25, n. 3, del Trattato.

–        L’esame di altre decisioni adottate a norma dell’articolo 25, n. 3, del Trattato autorizza a concludere che le richieste presentate ai sensi di detta disposizione hanno spesso costituito oggetto di « baratti ».

La convenuta ribatte quanto segue :

–        Il requisito (di cui all’articolo 25, n. 3, del Trattato) per la concessione di una sospensione dei dazi in forza del quale l’autorizzazione non deve provocare « gravi perturbazioni sul mercato dei prodotti di cui trattasi » non è la sola condizione posta per l’applicazione dell’articolo stesso.

Che la convenuta disponga del potere discrezionale risulta in primo luogo dal confronto fra il paragrafo 3 dell’articolo 25 ed i paragrafi 1 e 2 dello stesso articolo, nei quali non ricorre la parola « può », e in secondo luogo dalla circostanza che il paragrafo 3 riguarda i prodotti agricoli e quindi la politica agricola della Comunità, a proposito della quale il Trattato C.E.E. si è limitato a prescrivere determinate finalità, riservando l’emanazione delle norme del caso a successivi negoziati e provvedimenti.

–        Nell’esercitare questo potere discrezionale la convenuta non si è affatto comportata in modo arbitrario, ma si è attenuta alle finalità prescrittele dagli articoli 29 e 39.

–        Per quanto riguarda in particolare lo scopo di cui all’articolo 29, lettera a, del Trattato, la Commissione, posto che la Comunità va considerata come un tutto unico, deve tener conto degli scambi di tutti gli Stati membri della Comunità con i paesi terzi.

–        La convenuta si è informata anche allo scopo di cui all’articolo 29, lettera b, del Trattato. Questa finalità è menzionata anche nell’articolo 110, secondo comma, del Trattato, relativo alla politica commerciale comune.

–        Le vendite di clementine, in continuo aumento, non sono state finora influenzate dall’aumento dei dazi.

–        La convenuta ha tenuto presenti anche le finalità di cui all’articolo 29, lettera d, del Trattato.

–        Quanto detto a proposito dell’articolo 29, lettera b, del Trattato vale anche per l’articolo 39, n. 1, lettera a.

–        Per quanto riguarda l’articolo 39, n. 1, lettera b, va detto che l’equo tenore di vita delle popolazioni agricole dev’essere ottenuto anzitutto razionalizzando la produzione.

–        Le finalità menzionate alle lettere c e d dell'articolo 39, n. 1, non hanno nella specie alcuna rilevanza.

–        L’aumento dei prezzi provocato dall’applicazione della tariffa doganale non impedisce di praticare al consumo prezzi ragionevoli.

–        Né l’articolo 25, né l’articolo 29, né l’articolo 39 del Trattato vietano alla Commissione di tener conto delle conseguenze che un’autorizzazione a norma dell’articolo 25, n. 3, può avere sul mercato delle merci in concorrenza col prodotto per il quale è stata chiesta la sospensione del dazio.

–        La ricorrente non ha in alcun modo sostanziato la censura tratta dal comportamento assertivamente arbitrario e discriminatorio.

B — Quanto alla domanda di risarcimento del danno

La ricorrente assume di aver valutato solo approssimativamente il danno in DM 43.265,30, non essendole stato materialmente possibile di terminare i conteggi per l’anno 1962.

Per non subire un danno ancora maggiore, essa non avrebbe potuto rivalersi dell’aumento del dazio.

La questione della rivalsa di questo dazio sarebbe stata del resto già esaminata nell’istanza per la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato.

La convenuta ribatte quanto segue :

–        Il danno, di cui viene chiesto il risarcimento ai sensi dell’articolo 215, secondo comma, del Trattato, sarebbe stato causato da una decisione della Commissione la quale in realtà è perfettamente legittima.

–        I diritti tedesco, belga e italiano, come del resto la giurisprudenza della Corte, esigono quale presupposto del risarcimento che l’Amministrazione abbia violato una norma sancita a tutela del ricorrente. Nel caso nostro, la ricorrente non ha precisato di quale norma si tratti; sarebbe erroneo ritenere che l’articolo 25, n. 3, del Trattato abbia lo scopo di tutelare gli importatori.

–        La domanda di risarcimento è diretta ad ottenere la restituzione delle somme corrisposte come dazio. L’articolo 215, secondo comma, del Trattato non permette però una siffatta restituzione, giacché questa potrebbe essere soltanto la logica conseguenza dell’annullamento della decisione impugnata.

D.      Il procedimento

Il 16 agosto 1962 la ricorrente ha chiesto la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato. Il 6 dicembre 1962 è stata presentata una seconda istanza avente lo stesso oggetto. Entrambe le istanze sono state respinte con ordinanze del Presidente in data 31 agosto e, rispettivamente, 21 dicembre 1962.

Con atto del 28 agosto 1962 la convenuta ha sollevato un incidente ai sensi dell’articolo 91 del Regolamento di procedura. Con ordinanza 24 ottobre 1962, la Corte ha deciso di statuire sull’incidente unitamente al merito.

Il 6 dicembre 1962 la Corte ha disposto l’audizione delle parti a proposito dell’ammissibilità dell'istanza contenuta nell’atto introduttivo e intesa ad ottenere che fosse ordinato l’intervento in causa della Repubblica federale di Germania. Con atto depositato il 21 dicembre 1962, la ricorrente ha ritirato detta istanza. Con ordinanza 24 gennaio 1963, la Corte ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza stessa.

Nel corso della discussione orale la ricorrente ha precisato il danno subito in 39.414,01 DM.

IN DIRITTO

 La domanda di annullamento

SULL’AMMISSIB1LITÀ

L’articolo 173, secondo comma del Trattato C.E.E. stabilisce che « qualsiasi persona fìsica o giuridica può proporre ... un ricorso... contro le decisioni che, pur apparendo come... una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente ». La convenuta sostiene che le parole « altre persone » non possono essere riferite agli Stati membri in quanto soggetti di sovranità; i singoli non potrebbero quindi impugnare le decisioni della Commissione o del Consiglio destinate agli Stati.

A questo proposito va detto che l’articolo 173, secondo comma, del Trattato ammette in modo molto generico le impugnative dei singoli dirette contro le decisioni che, pur essendo destinate ad « altre persone », li riguardino direttamente e individualmente. Il senso di quest’espressione non è ulteriormente precisato né limitato. Il significato letterale delle parole e la connessione di esse giustificano la più ampia interpretazione. Se ciò non bastasse, le disposizioni del Trattato relative al diritto d’impugnazione non possono essere interpretate restrittivamente. Nel silenzio del Trattato, la disposizione di cui trattasi non può quindi essere intesa in senso limitativo.

La tesi della convenuta è quindi infondata.

La convenuta sostiene poi che il provvedimento impugnato è in realtà un regolamento adottato sotto forma di decisione; per questo motivo esso sarebbe sottratto all’impugnazione da parte dei singoli alla stessa stregua dei provvedimenti normativi di portata generale.

La Corte rileva che, ai sensi degli articolo 189 e 191 del Trattato, le decisioni sono caratterizzate dal fatto di essere destinate a un numero limitato di persone. Per potere stabilire se si tratti nella specie di una decisione, va quindi accertato se il provvedimento riguardi persone determinate. Il provvedimento impugnato è destinato al Governo della Repubblica federale di Germania ed ha negato a questo l’autorizzazione a sospendere parzialmente i dazi su determinati prodotti importati da paesi terzi. Il provvedimento impugnato va quindi considerato come una decisione la quale designa una determinata persona ed è obbligatoria solo per essa.

A norma dell’articolo 173, secondo comma, del Trattato, i singoli possono impugnare le decisioni le quali, benché destinate ad altre persone, li riguardino direttamente e individualmente. Nella specie la convenuta contesta che il provvedimento impugnato riguardi direttamente e individualmente la ricorrente.

Va quindi esaminato anzitutto se ricorra il secondo requisito ; qualora il provvedimento non riguardi individualmente la ricorrente, è infatti superfluo stabilire se esso la colpisca direttamente.

Chi non sia destinatario di una decisione può sostenere che questa lo riguarda individualmente soltanto qualora il provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità, e quindi lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato colpisce la ricorrente nella sua qualità di importatrice di clementine, cioè a causa di un’attività commerciale che può essere sempre esercitata da chiunque e che non è quindi atta ad identificare la ricorrente, agli effetti della decisione impugnata, nello stesso modo dei destinatari.

La domanda di annullamento è per conseguenza inammissibile.

 La domanda di risarcimento del danno

SULL’AMMISSIBILITÀ

La convenuta eccepisce l’inammissibilità della domanda di risarcimento per essere stata questa proposta soltanto nella replica, cioè tardivamente (articolo 38, paragrafo 1, lettera d del Regolamento di procedura).

La Corte osserva che nell’atto introduttivo la ricorrente ha chiesto una pronunzia dichiarativa avente ad oggetto il danno causato dalla decisione impugnata. In corso di causa essa ha precisato la domanda ed indicato l’entità del danno. La domanda di risarcimento può quindi essere considerata come una precisazione della domanda contenuta nell’atto introduttivo ed è di conseguenza ammissibile ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera d del Regolamento di procedura.

NEL MERITO

La domanda della ricorrente è diretta ad ottenere un indennizzo di importo pari a quanto essa ha dovuto pagare, par dazi e imposte sull’entrata, in conseguenza della decisione impugnata. Il danno assertivamente subito dalla ricorrente dipende quindi da questo atto ; la domanda di risarcimento ha in realtà lo scopo di eliminare le conseguenze dannose prodotte a carico della ricorrente dal provvedimento impugnato.

Nella specie la decisione impugnata non è stata annullata. Un atto amministrativo che non sia stato annullato non può di per sé costituire un illecito, né causare quindi un danno agli amministrati. La domanda di risarcimento non è perciò ammissibile, non potendo la Corte eliminare per tale via le conseguenze giuridiche di un provvedimento che non è stato annullato.

La domanda della ricorrente è di conseguenza infondata.

 Le spese

A norma dell’articolo 69, paragrafo 2, del Regolamento di procedura, la parte soccombente va condannata alle spese. La ricorrente, rimasta soccombente, deve quindi sopportare le spese del giudizio.

Letti gli atti di causa ;

Sentita la relazione del giudice relatore ;

Sentite le parti nelle loro difese orali ;

Sentite le conclusioni dell’avvocato generale ;

Visti gli articoli 173, secondo comma, 176, 189, 191 e 215, secondo comma, del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea ;

Visto il Protocollo sullo Statuto della Corte di Giustizia della Comunità Economica Europea ;

Visto il Regolamento di procedura della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ed in ispecie l’articolo 69, paragrafo 2 ;

LA CORTE

disattesa ogni altra conclusione più ampia o contraria, dichiara e statuisce :

1.      La domanda di annullamento è respinta in quanto inammissibile.

2.      La domanda di risarcimento del danno è respinta perché infondata.

3.      Le spese del giudizio sono poste a carico della ricorrente.

Firme


*      Lingua processuale : il tedesco.