19.4.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 164/1


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE —

Approvazione del contenuto del progetto di comunicazione della Commissione – Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale

(2022/C 164/01)

In data 1o marzo 2022, la Commissione ha approvato il contenuto di un progetto di comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale.

Il progetto di comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale figura come allegato alla presente comunicazione.

Il progetto delle linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale è sottoposto a consultazione pubblica:

http://ec.europa.eu/competition/consultations/open.html.


ALLEGATO

Comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale

PROGETTO

INDICE

1.

Introduzione 8

1.1.

Finalità e struttura delle presenti linee direttrici 8

1.2.

Applicabilità dell’articolo 101 agli accordi di cooperazione orizzontale 9

1.2.1.

Introduzione 9

1.2.2.

Quadro analitico 11

1.2.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 12

1.2.4.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 13

1.2.5.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 14

1.2.6.

Restrizioni accessorie 15

1.2.7.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 15

1.2.8.

Accordi di cooperazione orizzontale che generalmente non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1 16

1.3.

Relazione rispetto ad altri orientamenti e altre normative 17

2.

Accordi di ricerca e sviluppo 18

2.1.

Introduzione 18

2.2.

Mercati rilevanti 19

2.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 20

2.3.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 20

2.3.2.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 20

2.3.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 20

2.4.

Accordi soggetti all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo 22

2.4.1.

Distinzione tra «attività di ricerca e sviluppo comuni» e «attività di ricerca e sviluppo a pagamento» e concetto di «specializzazione nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo» 23

2.4.2.

Sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo e concetto di specializzazione nel contesto dello sfruttamento comune 23

2.4.3.

Cessione o concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale 25

2.5.

Condizioni di esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo 25

2.5.1.

Accesso ai risultati finali 25

2.5.2.

Accesso al know-how preesistente 26

2.5.3.

Condizioni legate allo sfruttamento comune 26

2.5.4.

Soglie, quote di mercato e durata dell’esenzione 26

2.6.

Restrizioni fondamentali ed escluse 32

2.6.1.

Restrizioni fondamentali 32

2.6.2.

Restrizioni escluse 34

2.7.

Revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo 35

2.8.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, degli accordi di ricerca e sviluppo che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo 37

2.8.1.

Incrementi di efficienza 37

2.8.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 37

2.8.3.

Trasferimento ai consumatori 37

2.8.4.

Non eliminazione della concorrenza 37

2.9.

Momento della valutazione 37

2.10.

Esempio 38

3.

Accordi di produzione 40

3.1.

Introduzione 40

3.2.

Mercati rilevanti 41

3.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 41

3.3.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 41

3.3.2.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 42

3.3.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 43

3.4.

Accordi soggetti all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 46

3.4.1.

Accordi di specializzazione 46

3.4.2.

Altre disposizioni contenute negli accordi di specializzazione 47

3.4.3.

Distribuzione comune e concetto di «comune» ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 48

3.4.4.

Servizi nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 48

3.4.5.

Imprese concorrenti: concorrenti effettivi o potenziali 48

3.4.6.

Soglia relativa alla quota di mercato e durata dell’esenzione 48

3.4.7.

Restrizioni fondamentali di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 50

3.4.8.

Revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 50

3.5.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, degli accordi di produzione che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione 51

3.5.1.

Incrementi di efficienza 51

3.5.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 51

3.5.3.

Trasferimento ai consumatori 51

3.5.4.

Non eliminazione della concorrenza 52

3.6.

Accordi di condivisione di infrastrutture mobili 52

3.7.

Esempi 54

4.

Accordi di acquisto 57

4.1.

Introduzione 57

4.2.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 58

4.2.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 58

4.2.2.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 58

4.2.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 59

4.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 63

4.3.1.

Incrementi di efficienza 63

4.3.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 63

4.3.3.

Trasferimento ai consumatori 63

4.3.4.

Non eliminazione della concorrenza 63

4.4.

Esempi 64

5.

Accordi di commercializzazione 66

5.1.

Introduzione 66

5.2.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 67

5.2.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 67

5.2.2.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 67

5.2.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 68

5.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 69

5.3.1.

Incrementi di efficienza 69

5.3.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 70

5.3.3.

Trasferimento ai consumatori 70

5.3.4.

Non eliminazione della concorrenza 70

5.4.

Consorzi offerenti 70

5.5.

Esempi 72

6.

Scambio di informazioni 76

6.1.

Introduzione 76

6.2.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 78

6.2.1.

Introduzione 78

6.2.2.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza relative allo scambio di informazioni 79

6.2.3.

La natura delle informazioni scambiate 80

6.2.4.

Le caratteristiche dello scambio 82

6.2.5.

Caratteristiche del mercato 86

6.2.6.

Restrizione della concorrenza per oggetto 87

6.2.7.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 88

6.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 89

6.3.1.

Incrementi di efficienza 89

6.3.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 89

6.3.3.

Trasferimento ai consumatori 89

6.3.4.

Non eliminazione della concorrenza 90

6.4.

Esempi 90

7.

Accordi di normazione 92

7.1.

Introduzione 92

7.2.

Mercati rilevanti 92

7.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 92

7.3.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 92

7.3.2.

Restrizioni della concorrenza per oggetto 94

7.3.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 94

7.4.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 99

7.4.1.

Incrementi di efficienza 99

7.4.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 99

7.4.3.

Trasferimento ai consumatori 101

7.4.4.

Non eliminazione della concorrenza 101

7.5.

Esempi 101

8.

Condizioni standard 102

8.1.

Definizioni 102

8.2.

Mercati rilevanti 102

8.3.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 102

8.3.1.

Principali riserve sotto il profilo della concorrenza 102

8.3.2.

Restrizione della concorrenza per oggetto 103

8.3.3.

Effetti restrittivi sulla concorrenza 103

8.4.

Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 104

8.4.1.

Incrementi di efficienza 104

8.4.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 104

8.4.3.

Trasferimento ai consumatori 105

8.4.4.

Non eliminazione della concorrenza 105

8.5.

Esempi 105

9.

Accordi di sostenibilità 106

9.1.

Introduzione 106

9.2.

Accordi di sostenibilità che non suscitano riserve sotto il profilo della concorrenza 108

9.3.

Valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 108

9.3.1.

Principi 108

9.3.2.

Accordi di normazione in materia di sostenibilità 109

9.4.

Valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 112

9.4.1.

Incrementi di efficienza 112

9.4.2.

Carattere indispensabile delle restrizioni 112

9.4.3.

Trasferimento ai consumatori 113

9.4.4.

Non eliminazione della concorrenza 117

9.5.

Coinvolgimento delle autorità pubbliche 117

9.6.

Esempi 117

1.   INTRODUZIONE

1.1.   Finalità e struttura delle presenti linee direttrici

1.

Le presenti linee direttrici (1) mirano a garantire la certezza del diritto fornendo assistenza alle imprese nella valutazione dei loro accordi di cooperazione orizzontale ai sensi delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, garantendo nel contempo un’efficace tutela della concorrenza. Mirano inoltre a facilitare la cooperazione per le imprese secondo modalità economicamente auspicabili, contribuendo in tal modo, ad esempio, alle transizioni verde e digitale e a promuovere la resilienza del mercato interno (2).

2.

Le presenti linee direttrici stabiliscono i principi per la valutazione degli accordi di cooperazione orizzontale e delle pratiche concordate ai sensi dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (*1) (in appresso «articolo 101») e forniscono un quadro analitico per i tipi più comuni di accordi di cooperazione orizzontale:

accordi di ricerca e sviluppo, compresi orientamenti sull’applicazione del regolamento (UE) n. […] della Commissione, del […] dicembre 2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (in appresso «regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo») (capitolo 2);

accordi di produzione, compresi gli orientamenti sull’applicazione del regolamento (UE) n. […] della Commissione, del […] dicembre 2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (in appresso «regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione») (capitolo 3);

accordi di acquisto (capitolo 4);

accordi di commercializzazione (capitolo 5);

scambio di informazioni (capitolo 6);

accordi di normazione (capitolo 7);

condizioni standard (capitolo 8).

3.

Inoltre, dato che la Commissione si è impegnata a conseguire gli obiettivi del Green Deal per l’Unione europea (3), le presenti linee direttrici forniscono orientamenti sul modo in cui gli accordi di cooperazione orizzontale più comuni saranno valutati ai sensi dell’articolo 101 quando perseguono obiettivi di sostenibilità (capitolo 9).

4.

Viste le diverse tipologie e le molte combinazioni di cooperazione orizzontale possibili nonché le condizioni del mercato in cui le imprese possono operare, è difficile fornire orientamenti precisi in relazione ad ogni possibile scenario. Le presenti linee direttrici non costituiscono una sorta di «checklist» da applicare in maniera meccanica. Ciascun caso deve essere valutato sulla base degli elementi fattuali che gli sono propri.

5.

Le presenti linee direttrici si applicano agli accordi di cooperazione orizzontale riguardanti beni, servizi e tecnologie.

6.

Gli accordi di cooperazione orizzontale possono combinare varie fasi di cooperazione, ad esempio le attività di ricerca e sviluppo con la produzione e/o la commercializzazione dei risultati di queste attività. Anche tali accordi sono disciplinati dalle presenti linee direttrici. Nell’utilizzare le presenti linee direttrici per l’analisi di tale cooperazione integrata, come regola generale, tutti i capitoli relativi alle diverse parti della cooperazione saranno rilevanti. Tuttavia, per quanto riguarda la valutazione del fatto che un determinato comportamento venga o meno considerato di norma come una restrizione della concorrenza per oggetto o per effetto, quanto stabilito nel capitolo relativo alla parte della cooperazione integrata che ne può essere considerata il «centro di gravità» prevale per l’intera cooperazione.

7.

Due fattori sono particolarmente rilevanti per stabilire quale sia il centro di gravità di una cooperazione integrata: in primo luogo, il punto di partenza della cooperazione e, in secondo luogo, il grado di integrazione delle diverse funzioni che vengono combinate. Sebbene non sia possibile fornire una norma precisa e definitiva valida per tutti i casi e per tutte le possibili combinazioni, in base all’esperienza acquisita è possibile considerare che in generale:

il centro di gravità di un accordo di cooperazione orizzontale che comprende sia ricerca e sviluppo che produzione comune dei risultati sarebbe l’attività di ricerca e sviluppo comune, se la produzione comune avverrà soltanto se tale attività di ricerca e sviluppo comune ha successo. Ciò significa che i risultati di tali attività di ricerca e sviluppo comuni sono determinanti per la produzione comune che ne deriva. In questo caso prevalgono gli orientamenti di cui al capitolo sugli accordi di ricerca e sviluppo. L’esito della valutazione del centro di gravità sarebbe diverso se le parti si fossero comunque impegnate nella produzione comune, ossia indipendentemente dalle attività di ricerca e sviluppo comuni. Ciò significa che tali accordi dovrebbero invece essere valutati come accordi di produzione comune e prevalgono quindi gli orientamenti di cui al capitolo sugli accordi di produzione. Se l’accordo prevede una piena integrazione nel settore della produzione e un’integrazione solo parziale di alcune attività di ricerca e sviluppo, il centro di gravità della cooperazione sarebbe anche in questo caso la produzione comune;

analogamente, il centro di gravità di un accordo di cooperazione orizzontale che comprende sia specializzazione che commercializzazione in comune dei risultati sarebbe di norma la specializzazione, in quanto la commercializzazione in comune avverrà soltanto in ragione della cooperazione nel contesto dell’attività di specializzazione;

il centro di gravità di un accordo di cooperazione orizzontale che comprende produzione comune e commercializzazione in comune dei prodotti sarebbe di norma la produzione comune, in quanto la commercializzazione in comune avverrà in genere soltanto in ragione della cooperazione nel contesto dell’attività principale di produzione comune.

8.

La valutazione del centro di gravità si applica solo al rapporto tra i vari capitoli delle presenti linee direttrici e non al rapporto tra i vari regolamenti di esenzione per categoria. Il campo di applicazione di un regolamento di esenzione per categoria è definito dalle sue disposizioni. Si rimanda al capitolo 2 per gli accordi oggetto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e al capitolo 3 per gli accordi oggetto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione.

9.

Le presenti linee direttrici sono strutturate come segue:

il primo capitolo funge da introduzione che definisce il contesto in cui l’articolo 101 si applica agli accordi di cooperazione orizzontale. Si tratta inoltre del capitolo che fornisce informazioni sul rapporto tra le presenti linee direttrici e altre normative ed orientamenti che incidono sugli accordi di cooperazione orizzontale;

i capitoli da 2 a 8 contengono orientamenti destinati a facilitare l’autovalutazione ai sensi dell’articolo 101 per gli accordi di cooperazione orizzontale più comuni. Il capitolo 9 fornisce ulteriori orientamenti nel caso in cui tali accordi perseguano obiettivi di sostenibilità. Gli orientamenti di cui ai capitoli da 2 a 9 integrano quelli più generali forniti nella presente introduzione. Si raccomanda pertanto di leggere sempre innanzitutto l’introduzione e poi di fare riferimento ai capitoli specifici.

1.2.   Applicabilità dell’articolo 101 agli accordi di cooperazione orizzontale

1.2.1.   Introduzione

10.

Uno degli obiettivi dell’articolo 101 è garantire che le imprese non utilizzino gli accordi di cooperazione orizzontale per impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza sul mercato a scapito, in ultima istanza, dei consumatori.

11.

L’articolo 101 si applica alle imprese e alle associazioni di imprese. Per impresa si intende qualsiasi entità costituita da elementi personali, materiali e immateriali che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (4). Un’associazione di imprese è un soggetto attraverso il quale imprese dello stesso tipo generale coordinano il loro comportamento sul mercato (5). Le presenti linee direttrici si applicano agli accordi di cooperazione orizzontale tra imprese e alle decisioni di associazioni di imprese.

12.

Quando un’impresa esercita un’influenza determinante su un’altra, esse formano un soggetto economico unico e costituiscono pertanto parte della medesima impresa (6). Le società che fanno parte della stessa impresa non sono considerate concorrenti ai fini delle presenti linee direttrici, anche se entrambe operano sugli stessi mercati rilevanti del prodotto e geografici.

13.

Ai fini dell’accertamento della responsabilità di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, la Corte di giustizia ha stabilito che le imprese madri e la loro impresa comune formano una stessa unità economica e, pertanto, un’unica impresa per quanto riguarda il diritto in materia di concorrenza e il mercato rilevante o i mercati rilevanti, nella misura in cui sia dimostrato che le imprese madri di un’impresa comune esercitano un’influenza determinante su tale impresa comune (7). Di conseguenza, quando viene dimostrato che le imprese madri hanno esercitato un’influenza determinante sull’impresa comune, la Commissione non applicherà di norma l’articolo 101, paragrafo 1, agli accordi e alle pratiche concordate tra l’impresa madre o le imprese madri e l’impresa comune riguardanti la loro attività sul mercato rilevante o sui mercati rilevanti in cui l’impresa comune opera. Tuttavia la Commissione applicherà di norma l’articolo 101, paragrafo 1, agli accordi:

tra le imprese madri per la costituzione dell’impresa comune;

tra le imprese madri per modificare l’oggetto dell’impresa comune;

tra le imprese madri e l’impresa comune non concernenti il prodotto e la portata geografica dell’attività dell’impresa comune; e

tra le imprese madri senza coinvolgimento dell’impresa comune, anche per quanto riguarda il mercato rilevante nel quale l’impresa comune opera.

14.

Il fatto che un’impresa comune e le sue controllanti siano considerate appartenenti ad una stessa impresa su un mercato determinato non osta a che, su tutti gli altri mercati, le due controllanti restino indipendenti (8).

15.

Affinché l’articolo 101 si applichi alla cooperazione orizzontale, deve esistere una forma di coordinamento tra concorrenti, in altre parole, deve esistere un accordo tra imprese, una decisione di un’associazione di imprese oppure una pratica concordata.

La cooperazione orizzontale può assumere la forma di un accordo in base al quale due o più imprese hanno espresso la comune volontà di cooperare (9). Una pratica concordata è una forma di coordinamento tra imprese nell’ambito della quale queste ultime non hanno raggiunto un accordo, ma sostituiscono consapevolmente una collaborazione pratica fra le stesse ai rischi della concorrenza (10). La nozione di pratica concordata implica, oltre alla concertazione tra le imprese interessate, un comportamento sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra questi due elementi (11).

16.

L’esistenza di un accordo, di una pratica concordata o di una decisione di un’associazione di imprese non indica di per sé l’esistenza di una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Per comodità di riferimento, salvo indicazione contraria, nelle presenti linee direttrici il termine «accordo» comprende anche le pratiche concordate e le decisioni di associazioni di imprese.

17.

Gli accordi di cooperazione orizzontale possono essere conclusi tra concorrenti effettivi o potenziali. Due imprese vengono trattate come concorrenti effettivi se operano sullo stesso mercato del prodotto e sullo stesso mercato geografico. Un’impresa è considerata un «concorrente potenziale» di un’altra impresa se, in mancanza di accordo è probabile che essa, entro un breve lasso di tempo (12), effettui investimenti gli supplementari o sostenga gli altri costi di conversione necessari per entrare nel mercato rilevante. Questa valutazione deve avere un fondamento realistico, non è infatti sufficiente evocare la possibilità puramente teorica di un ingresso sul mercato (13). Nei casi in cui le presenti linee direttrici fanno riferimento a imprese concorrenti, salvo indicazione contraria, il riferimento si intende fatto a imprese concorrenti tanto effettive quanto potenziali.

Al fine di valutare se un’impresa possa essere considerata un concorrente potenziale di un’altra impresa, possono essere pertinenti le seguenti considerazioni:

se l’impresa ha la ferma determinazione nonché la capacità propria di fare ingresso nel mercato entro un breve lasso di tempo e non deve affrontare ostacoli di natura insormontabile a tale accesso (14);

se l’impresa ha adottato misure preparatorie sufficienti a consentirle di entrare nel mercato di cui trattasi;

le possibilità reali e concrete dell’impresa non ancora attiva di entrare in tale mercato e di competere con una o più delle altre imprese: la semplice possibilità teorica di entrare in un mercato non è sufficiente;

la struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che ne disciplina il funzionamento;

la percezione dell’impresa già presente sul mercato è un elemento rilevante ai fini della valutazione dell’esistenza di un rapporto concorrenziale tra essa e un’impresa esterna, dal momento che, se quest’ultima è percepita come un operatore potenzialmente entrante nel mercato, essa può, per la sua sola esistenza, essere all’origine di una pressione concorrenziale sull’operatore presente su tale mercato;

la conclusione di un accordo tra più imprese operanti a un medesimo livello della catena di produzione, alcune delle quali non erano presenti sul mercato interessato (15).

1.2.2.   Quadro analitico

18.

La valutazione a norma dell’articolo 101 comporta due fasi. La prima fase, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, consiste nel valutare se un accordo tra imprese, che possa pregiudicare gli scambi tra Stati membri, abbia un oggetto anticoncorrenziale o effetti restrittivi sulla concorrenza, effettivi o potenziali (16).

19.

La seconda fase, a norma dell’articolo 101, paragrafo 3, che interviene solo qualora si ritenga che un accordo possa restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, consiste nel determinare i benefici per la concorrenza prodotti dall’accordo in questione e nel valutare se tali effetti favorevoli superino gli effetti restrittivi (17). La valutazione comparata degli effetti restrittivi e degli effetti favorevoli per la concorrenza è condotta esclusivamente nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 3 (18). A norma dell’articolo 101, paragrafo 2, nel caso gli effetti favorevoli non prevalgano sulla restrizione della concorrenza, l’accordo sarà automaticamente nullo.

20.

L’articolo 101 non si applica qualora il comportamento anticoncorrenziale delle imprese sia imposto da una normativa nazionale o da un quadro giuridico nazionale che escluda tutte le possibilità di un comportamento competitivo delle parti (19). In tali situazioni le imprese non possono adottare comportamenti autonomi capaci di impedire, restringere o falsare la concorrenza (20). Il fatto che le autorità pubbliche incoraggino un accordo di cooperazione orizzontale non significa che esso sia ammissibile ai sensi dell’articolo 101 (21). Alle imprese continua ad applicarsi l’articolo 101 se la legislazione nazionale le incita o le agevola nell’adozione di un comportamento anticoncorrenziale. In determinati casi, le imprese sono incoraggiate dalle autorità pubbliche a concludere accordi di cooperazione orizzontale per raggiungere un obiettivo di politica pubblica mediante autoregolamentazione.

1.2.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

1.2.3.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza relative alla cooperazione orizzontale

21.

Gli accordi di cooperazione orizzontale possono determinare vantaggi economici sostanziali, compresi vantaggi in termini di sostenibilità, in particolare se combinano attività, competenze o attivi complementari. La cooperazione orizzontale tra imprese può costituire uno strumento idoneo a condividere i rischi, ridurre i costi, aumentare gli investimenti, mettere in comune il know-how, aumentare la qualità e la varietà dei prodotti e lanciare più rapidamente le innovazioni sul mercato. Analogamente la cooperazione orizzontale può costituire un mezzo per affrontare le penurie e le interruzioni nelle catene di approvvigionamento o per ridurre la dipendenza da determinati prodotti, servizi e tecnologie.

22.

Gli accordi di cooperazione orizzontale possono comunque limitare anche la concorrenza in vari modi. L’accordo può comportare ad esempio una perdita di concorrenza sul mercato rilevante, rischiare di creare occasioni di collusione tra le parti o suscitare riserve in materia di preclusione anticoncorrenziale.

1.2.3.2.   Perdita di concorrenza sul mercato rilevante

23.

Un effetto potenziale degli accordi di cooperazione orizzontale può essere la perdita di concorrenza tra le parti. I concorrenti possono trarre beneficio dalla riduzione della pressione competitiva derivante dall’accordo e possono dunque trovare vantaggioso aumentare i loro prezzi oppure incidere in modo negativo su altri parametri della concorrenza sul mercato.

24.

Ai fini della valutazione dell’accordo sotto il profilo della concorrenza è pertinente se:

le parti dell’accordo detengono quote di mercato elevate;

sono concorrenti effettive o potenziali;

i clienti hanno possibilità sufficienti di cambiare fornitore;

è probabile che i concorrenti rispondano a un incremento dei prezzi aumentando l’offerta; e

una delle parti dell’accordo è un’importante forza concorrenziale.

1.2.3.3.   Rischio di comportamenti collusivi

25.

Un accordo di cooperazione orizzontale può altresì ridurre l’indipendenza decisionale delle parti, aumentando di conseguenza la probabilità che le imprese coordinino il loro comportamento per arrivare ad un esito collusivo. Tuttavia può anche rendere il coordinamento più semplice, più stabile o più efficace per le imprese che si coordinavano tra loro già prima, rendendo il coordinamento più solido o permettendo loro di fissare prezzi addirittura più elevati. La cooperazione orizzontale può determinare ad esempio la divulgazione di informazioni strategiche aumentando dunque la probabilità di coordinamento fra le parti all’interno o al di fuori dell’ambito della cooperazione. Inoltre le parti possono realizzare una significativa condivisione dei costi (ossia la quota di costi variabili che le parti hanno in comune), il che consentirebbe loro di coordinare più facilmente prezzi di mercato e produzione.

26.

Ai fini della valutazione dell’accordo sotto il profilo della concorrenza è pertinente se:

le parti dell’accordo detengono quote di mercato elevate;

sono concorrenti effettive o potenziali;

le caratteristiche del mercato sono favorevoli al coordinamento;

nell’ambito della cooperazione rientra una quota elevata dei costi variabili sostenuti dalle parti in un determinato mercato; e

le parti mettono in comune in misura significativa le proprie attività nell’ambito della cooperazione. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, quando le parti fabbricano o acquistano in comune un prodotto intermedio importante o quando fabbricano o distribuiscono in comune una quota elevata della loro produzione totale di un bene finale.

1.2.3.4.   Preclusione

27.

Anche taluni accordi di cooperazione orizzontale, ad esempio accordi di produzione e di normazione, possono dar luogo a riserve in materia di preclusione anticoncorrenziale. Attraverso strumenti anticoncorrenziali, sarebbe quindi possibile impedire ai concorrenti di competere efficacemente, ad esempio negando loro l’accesso a un fattore produttivo importante o bloccando uno sbocco importante verso il mercato. Anche uno scambio di informazioni o dati sensibili dal punto di vista commerciale può determinare un considerevole svantaggio concorrenziale per i concorrenti che non partecipano allo scambio rispetto alle imprese che fanno parte del sistema di scambio.

1.2.4.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

28.

Talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (22). In tali casi, non è necessario valutare gli effetti reali o potenziali di un comportamento sul mercato una volta stabilito il suo oggetto anticoncorrenziale (23).

29.

Affinché un accordo di cooperazione orizzontale sia considerato avente un oggetto anticoncorrenziale, è sufficiente che la pratica concordata sia tale da produrre effetti dannosi per la concorrenza. In altri termini, è sufficiente che l’accordo sia idoneo, in un caso concreto, tenuto conto del contesto giuridico ed economico nel quale si inserisce, ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno (24).

30.

Per concludere che un accordo ha un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario che vi sia un nesso diretto tra l’accordo e i prezzi al consumo (25). L’articolo 101 non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale (26).

31.

La nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» può essere applicata a pratiche per le quali, dopo un esame individuale e dettagliato, sia dimostrato che esse presentano un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza (27).

32.

Al fine di valutare se un accordo abbia un oggetto anticoncorrenziale, si tiene conto dei seguenti elementi:

il contenuto delle disposizioni dell’accordo;

gli obiettivi perseguiti;

il contesto economico e giuridico di cui fa parte.

33.

Nel determinare tale contesto giuridico ed economico è altresì necessario prendere in considerazione (28):

la natura dei beni o servizi coinvolti;

le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (29).

34.

Qualora le parti asseriscano l’esistenza di effetti favorevoli alla concorrenza promananti dall’accordo in questione, che non solo dovrebbero essere dimostrati e pertinenti, ma anche propri dell’accordo di cui trattasi e sufficientemente importanti, la Commissione ne terrà debitamente conto (30).

35.

L’intenzione delle parti non è un fattore necessario per determinare se un accordo ha un oggetto anticoncorrenziale, ma può essere tenuto in considerazione (31).

1.2.5.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

36.

Un accordo di cooperazione orizzontale che di per sé non evidenzia un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza può comunque presentare effetti restrittivi sulla concorrenza. Affinché un accordo di cooperazione orizzontale abbia effetti restrittivi sulla concorrenza, esso deve avere un significativo impatto negativo reale o probabile su almeno uno dei parametri della concorrenza nel mercato, quali prezzo, produzione, qualità dei prodotti, varietà dei prodotti o innovazione. Al fine di stabilire se ciò si verifichi, occorre considerare il gioco della concorrenza nel concreto quadro in cui si svolgerebbe in assenza di tale accordo (32). Gli accordi possono produrre effetti restrittivi quando riducono sensibilmente la concorrenza tra le imprese che sono parti dell’accordo o tra le parti e terzi (33).

37.

Al fine di valutare se un accordo abbia o meno effetti restrittivi, sono pertinenti i seguenti elementi:

la natura e il contenuto dell’accordo;

il contesto effettivo in cui si inserisce la cooperazione, in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (34);

la misura in cui le parti, singolarmente o congiuntamente, detengono o pervengono a detenere un certo potere di mercato e in cui l’accordo contribuisce alla creazione, al mantenimento o al rafforzamento di tale potere di mercato, ovvero consenta alle parti di sfruttarlo (35);

gli effetti restrittivi sulla concorrenza possono essere sia reali che potenziali ma, in ogni caso, devono essere sufficientemente sensibili (36).

38.

Talvolta le imprese concludono accordi di cooperazione orizzontale in quanto non sarebbero in grado di realizzare in modo indipendente il progetto o l’attività oggetto della cooperazione sulla base di fattori oggettivi, ad esempio in ragione delle limitate capacità tecniche delle parti. Tali accordi di cooperazione orizzontale non comportano di norma effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, tranne nel caso in cui i concorrenti avrebbero potuto attuare il progetto con restrizioni meno rigorose (37).

1.2.6.   Restrizioni accessorie

39.

Un accordo di cooperazione orizzontale conforme all’articolo 101, paragrafo 1, può comunque limitare l’autonomia commerciale delle parti di tale accordo. Tale cosiddetta «restrizione accessoria» può anche essere di per sé conforme all’articolo 101, paragrafo 1, se è oggettivamente necessaria per l’attuazione dell’accordo di cooperazione orizzontale e proporzionata ai suoi obiettivi (38). In tali casi è necessario esaminare se la realizzazione dell’accordo risulterebbe impossibile in mancanza della restrizione in questione (39). La circostanza che l’operazione o l’attività in questione sia semplicemente resa più difficilmente realizzabile o meno redditizia in assenza della restrizione in oggetto non rende tale restrizione «obiettivamente necessaria» e quindi accessoria (40).

1.2.7.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

40.

La valutazione delle restrizioni della concorrenza per oggetto o per effetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è solo un aspetto dell’analisi. L’altro aspetto, recepito nell’articolo 101, paragrafo 3, è la valutazione degli effetti favorevoli degli accordi restrittivi nei confronti della concorrenza (41). Quando, in un caso specifico, sia stata dimostrata una restrizione della concorrenza per oggetto o per effetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è possibile invocare la deroga di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Sulla base dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (42), l’onere della prova per quanto concerne le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato incombe alle imprese che chiedono di beneficiare della disposizione. Le argomentazioni fattuali e gli elementi di prova forniti dalle imprese devono pertanto consentire alla Commissione di pervenire alla convinzione che è sufficientemente probabile che l’accordo in questione determini effetti favorevoli alla concorrenza (43).

41.

L’applicazione della deroga di cui all’articolo 101, paragrafo 3, è soggetta a quattro condizioni cumulative, delle quali due positive e due negative:

l’accordo deve contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, ossia determinare incrementi di efficienza;

la restrizione deve essere indispensabile per raggiungere tali obiettivi, ossia determinare incrementi di efficienza;

i consumatori devono ricevere una congrua parte dei benenfici che ne derivano; questo significa che gli incrementi di efficienza (compresi gli incrementi di efficienza qualitativa) realizzati mediante restrizioni indispensabili devono essere trasferiti in misura sufficiente ai consumatori in modo che questi beneficino di una compensazione a fronte degli effetti restrittivi dell’accordo. Non saranno dunque considerate sufficienti le efficienze che vanno ad esclusivo beneficio delle parti dell’accordo. Ai fini delle presenti linee direttrici, nel concetto di «consumatori» sono compresi i clienti, potenziali e/o effettivi, delle parti dell’accordo (44); e

l’accordo non deve dare alle imprese interessate la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.

42.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione sono basati sull’articolo 101, paragrafo 3. Tali regolamenti si basano sul presupposto che la combinazione di competenze o attivi complementari può essere fonte di considerevoli efficienze negli accordi di ricerca e sviluppo e negli accordi di specializzazione. Ciò può verificarsi anche per altri tipi di accordi di cooperazione orizzontale. L’analisi delle efficienze di un singolo accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, consiste dunque in larga misura nell’individuare le competenze e gli attivi complementari che ciascuna delle parti apporta nell’accordo e nel valutare se le efficienze che ne derivano sono tali da soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3.

Gli accordi di cooperazione orizzontale possono dare luogo a complementarità in diversi modi. Un accordo di ricerca e sviluppo può riunire diverse capacità di ricerca e combinare competenze e attivi complementari che possono comportare lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti e tecnologie migliorati o nuovi rispetto a quanto sarebbe altrimenti possibile. Altri accordi di cooperazione orizzontale possono consentire alle parti di unire le forze per progettare, produrre e commercializzare prodotti o acquistare congiuntamente prodotti o servizi di cui potrebbero aver bisogno per le loro operazioni.

43.

È meno probabile che gli accordi di cooperazione orizzontale che non comportano la combinazione di competenze o di attivi complementari determinino incrementi di efficienza vantaggiosa per i consumatori. Tali accordi possono ridurre la duplicazione di taluni costi, ad esempio perché è possibile eliminare determinati costi fissi. Tuttavia, in generale è meno probabile che la riduzione dei costi fissi produca vantaggi per i consumatori rispetto, ad esempio, ad una riduzione dei costi variabili o marginali.

1.2.8.   Accordi di cooperazione orizzontale che generalmente non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1

44.

Gli accordi non suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri (assenza di pregiudizio al commercio) o che non restringono sensibilmente il gioco della concorrenza (accordi di importanza minore) non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (45). La Commissione ha fornito orientamenti in merito all’assenza di pregiudizio al commercio nella comunicazione della Commissione – Linee direttrici la nozione di pregiudizio al commercio di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (in appresso «linee direttrici sul pregiudizio al commercio») (46) e sugli accordi di importanza minore nella comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso «comunicazione ‘de minimis’») (47). Le presenti linee direttrici lasciano impregiudicate le linee direttrici sul pregiudizio al commercio e la comunicazione «de minimis», nonché gli eventuali orientamenti futuri della Commissione al riguardo.

45.

Le linee direttrici sul pregiudizio al commercio stabiliscono i principi sviluppati dagli organi giurisdizionali della Corte di giustizia per interpretare la nozione di pregiudizio al commercio e indicano quando è improbabile che gli accordi siano suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri. Esse includono una presunzione relativa negativa applicabile a tutti gli accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, indipendentemente dalla natura delle restrizioni contenute nell’accordo, applicandosi pertanto anche agli accordi che contengono restrizioni fondamentali (48). Ai sensi di tale presunzione, gli accordi di cooperazione orizzontale non sono atti a pregiudicare sensibilmente il commercio tra Stati membri quando:

la quota di mercato aggregata delle parti su qualsiasi mercato rilevante all’interno dell’Unione interessato dagli accordi non supera il 5 %; e

il fatturato dell’Unione aggregato annuo delle imprese interessate relativo ai prodotti a cui si applica l’accordo non è superiore a 40 milioni di EUR (49);

nel caso di accordi riguardanti l’acquisto congiunto di prodotti, il fatturato rilevante sarà quello relativo all’acquisto aggregato dei prodotti interessati dall’accordo. La Commissione può confutare tale presunzione solo qualora l’analisi delle caratteristiche dell’accordo e del contesto economico in cui si inserisce dimostri il contrario.

46.

Come indicato nella comunicazione «de minimis», gli accordi di cooperazione orizzontale conclusi tra concorrenti effettivi o potenziali non restringono sensibilmente la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, se la quota di mercato aggregata detenuta dalle parti dell’accordo non supera il 10 % su nessuno dei mercati rilevanti interessati dall’accordo (50). Tale norma generale è soggetta a due eccezioni. Innanzitutto, per quanto riguarda le restrizioni fondamentali, l’articolo 101, paragrafo 1, si applica indipendentemente dalle quote di mercato delle parti (51). Un accordo idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri e avente un oggetto anticoncorrenziale può infatti, per sua natura e indipendentemente da qualsiasi effetto concreto, costituire una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (52). In secondo luogo la soglia della quota di mercato del 10 % è ridotta al 5 %, quando sul mercato rilevante la concorrenza risulti limitata dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi (53).

47.

Inoltre non esiste alcuna presunzione secondo la quale gli accordi orizzontali conclusi da imprese, di cui una o più detengono una quota di mercato individuale superiore al 10 %, rientrino automaticamente nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Tali accordi possono comunque non produrre effetti sensibili sul commercio tra Stati membri o possono non costituire una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (54). Essi devono quindi essere valutati nel loro contesto giuridico ed economico. Le presenti linee direttrici comprendono i criteri per la valutazione individuale di tali accordi.

1.3.   Relazione rispetto ad altri orientamenti e altre normative

48.

Gli accordi conclusi tra imprese situate ad un diverso livello della catena produttiva o distributiva (i cosiddetti accordi verticali) sono disciplinati in linea di principio dal regolamento (UE) 2022/… della Commissione, del XX aprile 2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (55) (in appresso «regolamento (UE) 2022/…» o «regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali») e dalla comunicazione della Commissione «Orientamenti sulle restrizioni verticali» (in appresso «orientamenti sulle restrizioni verticali») (56). Tuttavia, quando gli accordi verticali, ad esempio gli accordi di distribuzione, sono conclusi tra imprese concorrenti, gli effetti sul mercato e i problemi che ne derivano per la concorrenza possono essere simili a quelli che si riscontrano per gli accordi orizzontali. Gli accordi verticali tra concorrenti rientrano pertanto nel campo di applicazione delle presenti linee direttrici (57). Le presenti linee direttrici specificheranno nei singoli capitoli i casi in cui è necessario valutare tali accordi anche a norma del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali e degli orientamenti sulle restrizioni verticali. In mancanza di tale indicazione, agli accordi verticali tra concorrenti si applicano soltanto le presenti linee direttrici.

49.

Laddove le presenti linee direttrici facciano riferimento al mercato rilevante, la comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (in appresso «comunicazione sulla definizione del mercato») può fornire indicazioni sulle norme, sui criteri e sugli elementi di prova utilizzati dalla Commissione per definire il mercato (58). Il mercato rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 agli accordi di cooperazione orizzontale dovrebbe pertanto essere definito sulla base di tali indicazioni e di qualsiasi orientamento futuro relativo alla definizione di mercati rilevanti ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

50.

Pur facendo talvolta riferimento ai cartelli, le presenti linee direttrici non forniscono indicazioni su cosa costituisca o meno un cartello ai sensi della prassi decisionale della Commissione e della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

51.

Le presenti linee direttrici si applicano alle forme più comuni di accordi di cooperazione orizzontale indipendentemente dal livello d’integrazione che essi comportano, ad eccezione delle operazioni che costituiscono una concentrazione ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (59) (in appresso «regolamento sulle concentrazioni»); questo, ad esempio, è il caso delle imprese comuni (joint ventures) che esercitano stabilmente tutte le funzioni di una entità economica autonoma («imprese comuni a pieno titolo») (60).

52.

Le presenti linee direttrici non si applicano agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate dei produttori di prodotti agricoli che si riferiscono alla produzione e al commercio di prodotti agricoli e che mirano ad applicare norme di sostenibilità più rigorose rispetto a quelle obbligatorie ai sensi del diritto dell’Unione o nazionale ed esentati dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, ai sensi dell’articolo 210 bis del regolamento (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (61). Le presenti linee direttrici lasciano impregiudicati gli orientamenti che la Commissione pubblicherà a norma dell’articolo 210 bis, paragrafo 5, di tale regolamento. Tuttavia gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate dei produttori di prodotti agricoli che si riferiscono alla produzione e al commercio di prodotti agricoli e che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 210 bis sono soggetti all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1.

53.

La valutazione in base all’articolo 101, così come descritta nelle presenti linee direttrici, non pregiudica la possibilità di un’applicazione parallela dell’articolo 102 del trattato agli accordi di cooperazione orizzontale (62).

54.

Le presenti linee direttrici non pregiudicano l’interpretazione che la Corte di giustizia dell’Unione europea è eventualmente chiamata a dare in relazione all’applicazione dell’articolo 101 agli accordi di cooperazione orizzontale.

55.

Le presenti linee direttrici sostituiscono le linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (63) pubblicate dalla Commissione nel 2011 e non si applicano qualora siano applicabili norme specifiche di settore, come avviene per taluni accordi relativi all’agricoltura (64) o ai trasporti (65). La Commissione continuerà a controllare il funzionamento del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, nonché delle presenti linee direttrici sulla base delle informazioni di mercato provenienti da soggetti interessati e autorità nazionali preposte alla concorrenza e potrà rivedere le presenti linee direttrici alla luce degli sviluppi futuri e dell’evoluzione delle sue conoscenze in materia.

2.   ACCORDI DI RICERCA E SVILUPPO

2.1.   Introduzione

56.

Il presente capitolo mira a fornire orientamenti in merito alla valutazione degli accordi di ricerca e sviluppo in termini di portata e sotto il profilo della concorrenza.

57.

Gli accordi di ricerca e sviluppo differiscono per forma e portata. Possono comprendere accordi relativi a talune attività di ricerca e sviluppo, accordi concernenti il miglioramento in comune di tecnologie esistenti e una cooperazione in materia di ricerca, sviluppo e marketing di prodotti completamente nuovi. La cooperazione in materia di ricerca e sviluppo può assumere la forma di un accordo di cooperazione o di una cooperazione nel contesto di un’impresa controllata in comune (66). Rientra in tale contesto anche la cooperazione tra concorrenti in modalità più informali, quali la cooperazione tecnica nell’ambito di gruppi di lavoro.

58.

Gli accordi di ricerca e sviluppo possono essere conclusi da grandi imprese, piccole e medie imprese (PMI) (67), organismi accademici o istituti di ricerca o da qualsiasi loro combinazione (68).

59.

La cooperazione in materia di ricerca e sviluppo può incidere non soltanto sulla concorrenza nei mercati di prodotti o tecnologie esistenti, ma anche sulla concorrenza in termini di innovazione.

60.

Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e del presente capitolo delle linee direttrici, la «concorrenza in termini di innovazione» (69) fa riferimento ad iniziative di ricerca e sviluppo a favore di prodotti nuovi e/o tecnologie nuove che creano un proprio nuovo mercato (70) e ai poli di ricerca e sviluppo, ossia iniziative di ricerca e sviluppo orientate principalmente verso scopi o obiettivi specifici derivanti dall’accordo di ricerca e sviluppo (71). Gli obiettivi e gli scopi specifici di un polo di ricerca e sviluppo non possono ancora essere definiti in termini di prodotti o tecnologie o implicano finalità sostanzialmente più ampie rispetto a un prodotto specifico o una tecnologia specifica da immettere su un mercato specifico.

61.

La valutazione degli accordi di ricerca e sviluppo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è trattata nella sezione 2.3 delle presenti linee direttrici. Gli accordi di ricerca e sviluppo possono beneficiare della «zona di sicurezza» stabilita dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo (72). L’esenzione per categoria si basa sul fatto che, nella misura in cui rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e soddisfano i criteri stabiliti nel regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, gli accordi di ricerca e sviluppo di norma soddisfano le quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. La sezione 2.4 delle presenti linee direttrici descrive gli accordi oggetto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Le condizioni di esenzione per gli accordi di ricerca e sviluppo sono spiegate nella sezione 2.5 «Condizioni di esenzione». Le restrizioni fondamentali ed escluse illustrate nella sezione 2.6 delle presenti linee direttrici mirano a garantire che soltanto gli accordi restrittivi che possono ragionevolmente soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, beneficino dell’esenzione di cui all’articolo 2 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

62.

La «zona di sicurezza» si applica fintantoché il beneficio dell’esenzione per categoria non sia stato revocato in un caso specifico dalla Commissione o dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro («autorità nazionale garante della concorrenza») a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (73) (sezione 2.7 delle presenti linee direttrici).

63.

Qualora la «zona di sicurezza» prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo non si applichi a un accordo di ricerca e sviluppo, occorre esaminare se, nel caso specifico, l’accordo di ricerca e sviluppo rientri nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e, in caso affermativo, se le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, siano soddisfatte. Questo aspetto è illustrato nella sezione 2.8 delle presenti linee direttrici, mentre la sezione 2.9 definisce il momento pertinente per la valutazione.

2.2.   Mercati rilevanti

64.

La comunicazione sulla definizione del mercato fornisce orientamenti sulle norme, sui criteri e sugli elementi di prova che la Commissione utilizza quando prende in esame questioni di definizione del mercato (74). Il mercato rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 agli accordi di ricerca e sviluppo dovrebbe pertanto essere definito sulla base di tali orientamenti o di qualsiasi orientamento futuro relativo alla definizione di mercati rilevanti ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, a seconda dei casi.

65.

Ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, un mercato rilevante del prodotto o della tecnologia è il mercato dei prodotti o delle tecnologie migliorabili, intercambiabili o sostituibili con i prodotti o le tecnologie contrattuali (75).

2.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

2.3.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

66.

Gli accordi di ricerca e sviluppo possono dare adito a riserve differenti sotto il profilo della concorrenza; in particolare possono limitare direttamente la concorrenza tra le parti, determinare una preclusione anticoncorrenziale di terzi o un esito collusivo sul mercato.

67.

Una cooperazione in materia di ricerca e sviluppo che limita o restringe direttamente la concorrenza tra le parti oppure facilita un esito collusivo sul mercato può comportare prezzi più elevati, una minore scelta per i consumatori o una minore qualità dei prodotti o delle tecnologie. Tale eventualità potrebbe altresì determinare una riduzione o un rallentamento dell’innovazione e quindi l’immissione sul mercato di prodotti o tecnologie di qualità peggiore o in numero minore o fare sì che i prodotti o le tecnologie raggiungano il mercato più tardi di quanto farebbero altrimenti.

68.

La preclusione anticoncorrenziale di terzi può verificarsi in particolare quando almeno una delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo ha il diritto di sfruttare in esclusiva i risultati delle attività di ricerca e sviluppo e almeno una parte detiene un notevole grado di potere di mercato.

2.3.2.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

69.

Gli accordi concernenti la ricerca e lo sviluppo limitano la concorrenza per oggetto se la loro finalità principale non è l’attività di ricerca e sviluppo, ma se fungono da strumento per costituire cartelli o per commettere altre violazioni per oggetto che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, quali la fissazione dei prezzi, la limitazione della produzione, la ripartizione del mercato o restrizioni dello sviluppo tecnico.

70.

Un accordo di ricerca e sviluppo può limitare lo sviluppo tecnico quando, anziché cooperare per promuovere il progresso tecnico ed economico, le parti utilizzano la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo per: a) impedire o ritardare l’ingresso sul mercato di prodotti o tecnologie; b) coordinare le caratteristiche di prodotti o tecnologie non oggetto dall’accordo di ricerca e sviluppo; o c) limitare il potenziale di un prodotto o di una tecnologia sviluppato o sviluppata congiuntamente quando immettono sul mercato tale prodotto o tale tecnologia individualmente.

2.3.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

2.3.3.1.   Introduzione – accordi che di norma non determinano una restrizione della concorrenza

71.

Numerosi accordi di ricerca e sviluppo non sono soggetti all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, quando sono conclusi da imprese con competenze complementari che altrimenti non sarebbero state in grado di condurre le attività di ricerca e sviluppo autonomamente.

72.

Inoltre la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo tra imprese non concorrenti (76) non determina di norma effetti orizzontali restrittivi sulla concorrenza.

73.

Il rapporto di concorrenza tra le parti dovrà essere analizzato nel contesto dei mercati esistenti interessati (77) e nel contesto dell’innovazione (78).

74.

Se, sulla base di criteri oggettivi, le parti non sarebbero in grado di svolgere autonomamente le necessarie attività di ricerca e sviluppo, di norma l’accordo di ricerca e sviluppo non avrà effetti restrittivi sulla concorrenza. Una parte può non essere in grado di svolgere le attività di ricerca e sviluppo in modo indipendente ad esempio se dispone di capacità tecniche limitate o di un accesso limitato a finanziamenti, lavoratori qualificati, tecnologie o ad altre risorse.

75.

L’esternalizzazione di attività di ricerca e sviluppo che prima erano svolte internamente costituisce una forma specifica di cooperazione in materia di ricerca e sviluppo. In tale ipotesi, le attività di ricerca e sviluppo vengono spesso affidate ad imprese specializzate, istituti di ricerca od organismi accademici che non partecipano allo sfruttamento dei risultati. Tali accordi comportano di norma un trasferimento di «know-how» e/o una clausola di fornitura esclusiva riguardante gli eventuali risultati. Data la natura complementare delle parti che cooperano (ad esempio in termini di competenze o tecnologie) in tale scenario, di norma detti accordi non producono effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

76.

Una cooperazione in materia di ricerca e sviluppo che non preveda lo sfruttamento comune dei risultati tramite la concessione di licenze, la produzione o il marketing determina raramente effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Tali accordi di ricerca e sviluppo possono tuttavia dare origine a effetti anticoncorrenziali, ad esempio se, a seguito dell’accordo di ricerca e sviluppo, la concorrenza a livello di innovazione viene sensibilmente ridotta.

2.3.3.2.   Potere di mercato

77.

È probabile che gli accordi di ricerca e sviluppo producano effetti restrittivi sulla concorrenza soltanto se le parti della cooperazione in materia di ricerca e sviluppo detengono un potere di mercato.

78.

Non esiste una soglia assoluta al di sopra della quale si può presumere che un accordo di ricerca e sviluppo crei o mantenga potere di mercato e possa quindi determinare effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Tuttavia gli accordi di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti per prodotti e/o tecnologie esistenti beneficiano dell’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, a condizione che la loro quota di mercato congiunta non superi il 25 % sui mercati rilevanti dei prodotti e delle tecnologie e che risultino soddisfatte le altre condizioni per l’applicazione di tale regolamento.

79.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo si applica anche a tali accordi tra imprese concorrenti in termini di innovazione. Tali accordi beneficiano dell’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, a condizione che vi siano tre o più iniziative comparabili di ricerca e sviluppo concorrenti (79), oltre a quelle delle parti dell’accordo. Dovranno essere soddisfatte anche le altre condizioni per l’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Nel rispetto di tali condizioni, è improbabile che un accordo tra imprese concorrenti in termini di innovazione (80) abbia effetti restrittivi sul mercato interno, dato che le parti probabilmente non saranno in grado di mantenere l’innovazione in modo redditizio al di sotto dei livelli competitivi per un periodo di tempo più lungo.

80.

Più è forte la posizione congiunta delle parti sui mercati esistenti e/o più è limitato il numero di iniziative comparabili di ricerca e sviluppo concorrenti oltre a quelle delle parti dell’accordo, maggiore è la probabilità che l’accordo di ricerca e sviluppo determini effetti restrittivi sulla concorrenza (81).

2.3.3.3.   Attività di ricerca e sviluppo finalizzate a migliorare, sostituire o rimpiazzare prodotti o tecnologie esistenti

81.

Se l’attività di ricerca e sviluppo è volta a migliorare prodotti o tecnologie esistenti, gli effetti che potrebbero derivare riguardano i mercati rilevanti di detti prodotti o tecnologie. Gli effetti sui prezzi, sulla produzione, sulla qualità e sulla varietà dei prodotti o sullo sviluppo tecnico sui mercati esistenti sono tuttavia possibili soltanto se le parti detengono insieme una posizione di forza, se l’ingresso in tali mercati è difficile e se vi sono rimasti soltanto pochi altri concorrenti. Inoltre, se le attività di ricerca e sviluppo riguardano soltanto un fattore produttivo minore che entra nella composizione di un prodotto finale, gli effetti di preclusione per questo prodotto finale saranno nulli o molto limitati.

82.

Se l’attività di ricerca e sviluppo è volta a sostituire o rimpiazzare un prodotto o una tecnologia esistente, gli effetti che potrebbero derivare riguardano il rallentamento dello sviluppo del prodotto sostitutivo o della tecnologia sostitutiva. Ciò vale in particolare se le parti detengono un potere di mercato sul mercato dei prodotti o delle tecnologie esistenti e se esse sono anche le uniche impegnate nell’attività di ricerca e sviluppo volta a sviluppare un prodotto sostitutivo o una tecnologia sostitutiva di tali prodotti e tecnologie esistenti. Effetti simili possono manifestarsi se un operatore importante attivo in un mercato esistente coopera con un concorrente molto più piccolo o con un concorrente potenziale che sta per emergere sul mercato con un prodotto o una tecnologia in grado di minacciare la posizione dell’impresa già presente sul mercato.

83.

Se le parti includono nel loro accordo anche lo sfruttamento comune (ad esempio produzione e/o distribuzione) dei prodotti o delle tecnologie contrattuali, occorre esaminare più attentamente gli effetti sulla concorrenza. In particolare, se le parti sono concorrenti forti, sono più probabili effetti restrittivi sulla concorrenza sotto forma di aumento dei prezzi o di riduzione della produzione sui mercati esistenti. Se tuttavia lo sfruttamento comune è limitato soltanto alla concessione di licenze a terzi, non ne risulteranno probabilmente effetti restrittivi ed in particolare problemi di preclusione.

2.3.3.4.   Poli di ricerca e sviluppo e iniziative di ricerca e sviluppo finalizzati a prodotti o a tecnologie che creano nuovi mercati

84.

Ai fini del presente capitolo le iniziative di ricerca e sviluppo che riguardano la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi o tecnologie nuove, così come i poli di ricerca e sviluppo, rientrano nel contesto della nozione di concorrenza in termini di innovazione.

85.

Un prodotto nuovo o una tecnologia nuova non si limita a migliorare, sostituire o rimpiazzare prodotti o tecnologie esistenti. La domanda relativa al prodotto nuovo o alla tecnologia nuova creerà, qualora si affermi, un nuovo mercato distinto.

86.

I poli di ricerca e sviluppo sono iniziative di ricerca e sviluppo orientate principalmente verso scopi od obiettivi specifici. Gli obiettivi e gli scopi specifici di un polo di ricerca e sviluppo non possono ancora essere definiti in termini di prodotti o tecnologie o implicano finalità sostanzialmente più ampie rispetto a prodotti o tecnologie da immettere su specifici mercati.

87.

Al momento della valutazione della cooperazione in materia di ricerca e sviluppo gli effetti sui prezzi e sulla produzione sui mercati esistenti sono piuttosto improbabili per tali iniziative di ricerca e sviluppo, dato che queste ultime non possono ancora essere definite come finalizzate a un prodotto o a una tecnologia. L’analisi dovrebbe pertanto concentrarsi sulle eventuali restrizioni della concorrenza a livello di innovazione riguardanti, ad esempio, la qualità e la varietà dei futuri prodotti o delle future tecnologie potenziali e/o la velocità o il livello dell’innovazione. Tali effetti restrittivi possono verificarsi quando due o più delle poche imprese che svolgono autonomamente (ad esempio) attività di ricerca e sviluppo di un prodotto nuovo (in particolare quando si trovano in una fase prossima al lancio di tale prodotto) iniziano a cooperare anziché sviluppare il prodotto nuovo separatamente. Di norma tali effetti sono la conseguenza diretta della cooperazione tra le parti.

88.

L’innovazione può essere limitata anche da un accordo «puro» di ricerca e sviluppo. In generale, tuttavia, è improbabile che la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo concernente prodotti nuovi o tecnologie nuove oppure poli di ricerca e sviluppo produca effetti restrittivi sulla concorrenza, fatto salvo il caso in cui vi sia soltanto un numero limitato di iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti residue oltre a quelle delle parti della cooperazione in materia di ricerca e sviluppo.

2.4.   Accordi soggetti all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo

89.

Il beneficio dell’esenzione stabilito mediante il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo riguarda agli accordi di ricerca e sviluppo che si possano, con sufficiente certezza, presumere conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3 (82).

90.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo si applica agli accordi di ricerca e sviluppo conclusi da due o più parti che riguardano le condizioni alle quali tali parti svolgono (83):

(a)

attività di ricerca e sviluppo comuni relative a prodotti o tecnologie contrattuali che comprendono o escludono lo sfruttamento comune dei risultati di tali attività di ricerca e sviluppo; o

(b)

attività di ricerca e sviluppo a pagamento relative a prodotti o tecnologie contrattuali che comprendono o escludono lo sfruttamento comune dei risultati di tali attività di ricerca e sviluppo; o

(c)

lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo relative a prodotti o tecnologie contrattuali svolte sulla base di un accordo di ricerca e sviluppo comune (di cui alla lettera a)) concluso anteriormente dalle stesse parti; o

(d)

lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo relative a prodotti o tecnologie contrattuali svolte sulla base di un accordo di ricerca e sviluppo a pagamento (di cui alla lettera b)) concluso anteriormente dalle stesse parti.

91.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo opera una distinzione tra prodotti contrattuali o tecnologie contrattuali:

(a)

per «prodotto contrattuale» (84) s’intende il prodotto (85) risultante dalle attività comuni di ricerca e sviluppo o dalle attività di ricerca e sviluppo a pagamento o fabbricato o fornito grazie all’applicazione delle tecnologie contrattuali, compresi i prodotti messi a punto in un polo di ricerca e sviluppo e i prodotti nuovi (86);

(b)

per «tecnologia contrattuale» (87) s’intende la tecnologia o il procedimento risultante dalle attività comuni di ricerca e sviluppo o dalle attività di ricerca e sviluppo a pagamento, tra cui le tecnologie e i procedimenti messi a punto in un polo di ricerca e sviluppo e le tecnologie e i procedimenti nuovi.

92.

Nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, per «ricerca e sviluppo» si intendono attività volte all’acquisizione di know-how relativo a prodotti, tecnologie o procedimenti esistenti o nuovi, la realizzazione di analisi teoriche, di studi sistematici o di sperimentazioni, inclusi la produzione sperimentale, le verifiche tecniche di prodotti o procedimenti, la realizzazione degli impianti necessari e l’ottenimento dei diritti di proprietà intellettuale per i risultati di tali attività.

2.4.1.   Distinzione tra «attività di ricerca e sviluppo comuni» e «attività di ricerca e sviluppo a pagamento» e concetto di «specializzazione nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo»

93.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo opera una distinzione tra «attività di ricerca e sviluppo comuni» e «attività di ricerca e sviluppo a pagamento».

94.

Quando le parti svolgono attività di ricerca e sviluppo comuni, il loro accordo può prevedere una delle seguenti modalità di attuazione delle attività di ricerca e sviluppo (88):

(a)

le attività di ricerca e sviluppo sono eseguite da gruppi, organismi o imprese comuni;

(b)

le parti affidano congiuntamente a un terzo lo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo; o

(c)

le parti ripartiscono tali attività tra loro in base a una «specializzazione nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo». Con tale termine si intende la partecipazione di ciascuna delle parti alle attività di ricerca e sviluppo, sulla base della ripartizione dei lavori di ricerca e sviluppo considerata più opportuna dalle parti stesse; essa non comprende le attività di ricerca e sviluppo a pagamento (89).

95.

Per attività di ricerca e sviluppo a pagamento si intendono le attività di ricerca e sviluppo che vengono effettuate da almeno una parte mentre almeno un’altra parte finanza tali attività ma non svolge alcuna di tali attività in prima persona (la parte finanziatrice).

96.

Nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo la distinzione tra attività di ricerca e sviluppo comuni e attività di ricerca e sviluppo a pagamento è pertinente ai fini del calcolo delle quote di mercato. Per le attività di ricerca e sviluppo a pagamento, le parti dovranno includere anche gli accordi di ricerca e sviluppo conclusi dalla parte finanziatrice con terzi, per quanto riguarda gli stessi prodotti contrattuali o le stesse tecnologie contrattuali, ai fini del calcolo delle quote di mercato congiunte (cfr. sezione 2.5.4.2).

2.4.2.   Sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo e concetto di specializzazione nel contesto dello sfruttamento comune

97.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo riguarda esplicitamente gli accordi che prevedono lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo. Tali accordi sono tuttavia soggetti a disposizioni specifiche.

98.

Il concetto di «sfruttamento dei risultati» è piuttosto ampio e comprende la produzione o distribuzione dei prodotti contrattuali, l’applicazione delle tecnologie contrattuali, la cessione o la concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale o la comunicazione del know-how necessario per la suddetta produzione o applicazione (90).

99.

Ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, lo sfruttamento comune dei risultati dell’attività di ricerca e sviluppo può riguardare soltanto i risultati che siano:

(a)

indispensabili per la produzione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali; e

(b)

protetti da diritti di proprietà intellettuale o che si configurino come know-how.

100.

Di contro, ciò significa che, per beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, il campo di applicazione di un tale accordo che comprende lo sfruttamento comune non può riguardare risultati non protetti da diritti di proprietà intellettuale o che si configurano come know-how e che non sono indispensabili per la produzione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali.

101.

Lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento può avvenire nel contesto dell’accordo di ricerca e sviluppo originale o nel contesto di un accordo successivo concernente lo sfruttamento comune dei risultati di un precedente accordo di ricerca e sviluppo tra le stesse parti (91). Se le parti scelgono di procedere allo sfruttamento comune dei risultati di un precedente accordo di ricerca e sviluppo ai sensi di un contratto successivo, anche il precedente accordo di ricerca e sviluppo deve soddisfare le condizioni previste dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo affinché l’accordo di sfruttamento successivo comune possa beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

102.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo prevede tre modi diversi mediante i quali è possibile sfruttare congiuntamente i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo (92):

(a)

innanzitutto lo sfruttamento può essere effettuato congiuntamente dalle parti nel contesto di gruppi, organizzazioni o imprese comuni;

(b)

in secondo luogo, le parti possono affidare congiuntamente a un terzo lo svolgimento dello sfruttamento;

(c)

infine, le parti possono ripartire le attività tra loro in considerazione di una specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento, nel senso che (93):

i)

le parti si ripartiscono singoli compiti, quali la produzione o la distribuzione; o

ii)

impongono restrizioni reciproche riguardanti lo sfruttamento dei risultati, ad esempio restrizioni relative a determinati territori, clienti o settori di utilizzo; tale eventualità comprende anche lo scenario in cui soltanto una parte produce e distribuisce i prodotti contrattuali, sulla base di una licenza esclusiva concessa dalle altre parti.

103.

Le prassi che prevedono specializzazioni nel quadro delle attività di sfruttamento non saranno considerate restrizioni fondamentali (94). Inoltre, qualora si specializzino nel quadro delle attività di sfruttamento, le parti possono limitare l’accesso ai risultati agli scopi di tale sfruttamento (95). Ciò significa che un accordo di ricerca e sviluppo può limitare ad esempio i diritti di sfruttamento delle parti per determinati territori, clienti o settori di utilizzo. Se le parti convengono che ciascuna di esse può distribuire i prodotti contrattuali (e quindi non hanno optato per un modello di distribuzione comune e non hanno convenuto che solo la parte che produce i prodotti contrattuali può distribuire questi ultimi), le parti incaricate della produzione dei prodotti contrattuali nell’ambito della specializzazione devono essere tenute a soddisfare gli ordini di fornitura dei prodotti contrattuali delle altre parti (96).

104.

Infine, come indicato nella sezione 2.5.4, se l’accordo di ricerca e sviluppo riguarda lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo, l’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo a tali accordi si applica: i) per la durata delle attività di ricerca e sviluppo e ii) per un ulteriore periodo di sette anni a decorrere dalla data in cui i prodotti o le tecnologie contrattuali sono immessi per la prima volta sul mercato interno (97).

2.4.3.   Cessione o concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale

105.

L’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo si applica anche agli accordi contenenti disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale degli accordi di ricerca e sviluppo, ma siano direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi (98).

106.

Tale esenzione riguarda la cessione o la concessione in licenza a una o più parti o a enti costituiti dalle parti per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo comuni, attività di ricerca e sviluppo a pagamento o attività di sfruttamento comuni (99).

107.

In tali casi, la cessione o la concessione in licenza saranno pertanto soggette alle disposizioni del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e non a quelle del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di trasferimento di tecnologia (100). Tuttavia, nel contesto degli accordi di ricerca e sviluppo, le parti possono altresì stabilire le condizioni per la concessione in licenza a terzi dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo. Tali accordi di licenza non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, ma possono beneficiare dell’esenzione per categoria prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di trasferimento di tecnologia, purché siano soddisfatte le condizioni ivi stabilite (101).

2.5.   Condizioni di esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo

2.5.1.   Accesso ai risultati finali

108.

La prima condizione per beneficiare dell’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo consiste nel fatto che tutte le parti abbiano pieno accesso ai risultati finali delle attività di ricerca e sviluppo per due finalità (102):

(a)

per condurre ulteriori attività di ricerca; e

(b)

per sfruttare i risultati delle attività di ricerca e sviluppo.

109.

Conformemente al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, il pieno accesso ai risultati finali delle attività di ricerca e sviluppo comprende anche tutti i diritti di proprietà intellettuale e il know-how che ne derivano. Tale accesso deve essere concesso non appena sono disponibili i risultati delle attività di ricerca e sviluppo (103).

110.

A seconda delle loro capacità e delle loro esigenze commerciali, le parti possono apportare contributi diversi alla cooperazione in materia di ricerca e sviluppo. Pertanto, affinché le differenze di valore o di natura tra i contributi delle parti siano prese in considerazione e compensate, gli accordi di ricerca e sviluppo possono prevedere che una parte compensi un’altra parte per ottenere l’accesso ai risultati finalizzato ad ulteriori attività di ricerca o sfruttamento. Tale compensazione non è obbligatoria, ma laddove prevista nell’accordo di ricerca e sviluppo, non deve essere così elevata da impedire di fatto il pieno accesso ai risultati.

111.

Per poter beneficiare di un’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, il diritto di accesso ai risultati delle attività di ricerca e sviluppo non può essere limitato se tale accesso è necessario per condurre ulteriori attività di ricerca (104).

112.

Tuttavia, in determinate circostanze, l’accesso ai risultati a scopi di sfruttamento può essere limitato e l’accordo di ricerca e sviluppo può comunque beneficiare di un’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Ciò si verifica nel caso di accordi di ricerca e sviluppo con le seguenti parti, le quali possono concordare di utilizzare detti risultati soltanto per ulteriori ricerche (e quindi non per fini di sfruttamento):

(a)

istituti di ricerca;

(b)

organismi accademici; o

(c)

imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo a titolo di servizio commerciale, astenendosi in linea di principio dal partecipare allo sfruttamento dei risultati (105).

113.

Inoltre l’accesso ai risultati a scopi di sfruttamento può essere limitato anche qualora le parti limitino i propri diritti di sfruttamento a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, in particolare quando si specializzano nel quadro delle attività di sfruttamento (106). Ciò significa che le parti saranno autorizzate a imporre restrizioni reciproche riguardanti lo sfruttamento dei risultati (ad esempio restrizioni relative a determinati territori, clienti o settori di utilizzo).

2.5.2.   Accesso al know-how preesistente

114.

La seconda condizione per beneficiare dell’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo fa riferimento all’accesso al know-how preesistente. Tale condizione si applica esclusivamente agli accordi di ricerca e sviluppo che escludono lo sfruttamento comune dei risultati dell’attività di ricerca e sviluppo ed è limitata al know-how indispensabile ai fini dello sfruttamento di tali risultati (107).

115.

Tali accordi devono stabilire che ognuna delle parti garantisca alle altre parti l’accesso all’eventuale know-how preesistente, se tale know-how è indispensabile ai fini dello sfruttamento dei risultati di detta parte. Ciò non significa che le parti debbano includere tutto il loro know-how preesistente nel campo di applicazione dell’accordo di ricerca e sviluppo. Tuttavia dovranno individuare il know-how indispensabile ai fini dello sfruttamento dei risultati. L’accordo di ricerca e sviluppo può prevedere che le parti si compensino reciprocamente per concedere l’accesso al loro know-how preesistente. Tale compensazione non deve comunque essere così elevata da impedire, di fatto, tale accesso (108).

116.

La condizione che prevede di concedere l’accesso al know-how preesistente non pregiudica la condizione di fornire pieno accesso ai risultati delle attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Ciò significa che un determinato accordo di ricerca e sviluppo, a determinate condizioni, può dover includere disposizioni tanto concernenti l’accesso al know-how preesistente quanto concernenti i risultati finali delle attività di ricerca e sviluppo, al fine di beneficiare dell’esenzione.

2.5.3.   Condizioni legate allo sfruttamento comune

117.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo prevede altre due condizioni che riguardano lo sfruttamento comune dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo. Come illustrato nella sezione 2.4.2, la finalità dello sfruttamento comune deve essere limitata ai risultati delle attività di ricerca e sviluppo protetti da diritti di proprietà intellettuale o che si configurino come know-how e che siano indispensabili per la produzione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali.

118.

In secondo luogo, se le parti convengono che ciascuna di esse può distribuire i prodotti contrattuali (e quindi non hanno optato per un modello di distribuzione comune e non hanno convenuto che solo la parte che produce i prodotti contrattuali può distribuire questi ultimi), le parti incaricate della produzione dei prodotti contrattuali nell’ambito della specializzazione devono essere tenute a soddisfare gli ordini di fornitura dei prodotti contrattuali delle altre parti (109).

2.5.4.   Soglie, quote di mercato e durata dell’esenzione

119.

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, in genere si può presumere che, al di sotto di un certo livello di potere di mercato, gli effetti positivi degli accordi di ricerca e sviluppo prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza (110).

120.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo utilizza due parametri per individuare gli accordi di ricerca e sviluppo che rimangono al di sotto di un determinato livello di potere di mercato: i) una soglia relativa alla quota di mercato per le imprese concorrenti per prodotti e/o tecnologie esistenti; e ii) una soglia per le imprese concorrenti in termini di innovazione basata sull’esistenza di un numero minimo di iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti (tre oltre a quella delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo).

2.5.4.1.   Imprese concorrenti per prodotti e/o tecnologie esistenti e imprese concorrenti in termini di innovazione

121.

Per determinare il rapporto concorrenziale esistente tra le parti, è necessario esaminare se, in assenza dell’accordo di ricerca e sviluppo, le parti avrebbero potuto essere imprese concorrenti (111).

122.

In generale gli accordi tra imprese concorrenti per un prodotto e/o una tecnologia esistente e gli accordi tra imprese concorrenti in termini di innovazione comportano un rischio maggiore per la concorrenza rispetto agli accordi tra imprese che non sono in concorrenza tra loro. Gli accordi tra imprese non concorrenti produrranno effetti restrittivi orizzontali sulla concorrenza soltanto in rari casi (112).

(A)   IMPRESE CONCORRENTI PER UN PRODOTTO E/O UNA TECNOLOGIA ESISTENTE

123.

Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo per «impresa concorrente per un prodotto e/o una tecnologia esistente» si intende un concorrente effettivo o potenziale:

(a)

il termine «concorrente effettivo» è definito come qualsiasi impresa che fornisca prodotti o tecnologie esistenti migliorabili, intercambiabili o sostituibili, nel mercato geografico rilevante, con i prodotti o le tecnologie contrattuali; mentre

(b)

il termine «concorrente potenziale» è definito come qualsiasi impresa che, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, sarebbe disposta, in assenza dell’accordo di ricerca e sviluppo, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari, o a sostenere le spese necessarie, per fornire prodotti o tecnologie migliorabili, intercambiabili o sostituibili, nel mercato geografico rilevante, con i prodotti o le tecnologie contrattuali.

124.

La concorrenza potenziale deve essere esaminata su basi realistiche. Ad esempio, le parti non possono essere definite concorrenti potenziali semplicemente perché la cooperazione permette loro di condurre le attività di ricerca e sviluppo. La questione determinante consiste nell’accertare se ciascuna delle parti disponga, in modo autonomo, degli strumenti necessari in termini di mezzi produttivi, know-how e altre risorse (113).

125.

Gli accordi di ricerca e sviluppo rientranti nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo concernenti prodotti e/o tecnologie esistenti possono assumere ad esempio le seguenti forme:

(a)

un accordo di ricerca e sviluppo tra due imprese che forniscono già un prodotto esistente migliorabile, intercambiabile o sostituibile con il prodotto derivante dalla cooperazione in materia di ricerca e sviluppo (concorrenti effettivi);

(b)

un accordo di ricerca e sviluppo tra a) un’impresa che fornisce già un prodotto migliorabile, intercambiabile o sostituibile con il prodotto contrattuale (un concorrente effettivo) e b) un’impresa che conduce attività di ricerca e sviluppo in relazione a un prodotto e che probabilmente intraprenderà gli investimenti supplementari necessari per fornire tale prodotto migliorabile, intercambiabile o sostituibile con il prodotto derivante dalla cooperazione in materia di ricerca e sviluppo (prodotto contrattuale) sul mercato geografico rilevante (concorrente potenziale).

(B)   IMPRESE CONCORRENTI IN TERMINI DI INNOVAZIONE

126.

Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo le imprese concorrenti in termini di innovazione sono imprese che non sono in concorrenza per un prodotto e/o una tecnologia esistenti (114) e che operano in modo indipendente o, in assenza dell’accordo di ricerca e sviluppo, sarebbero in grado di, e sarebbero verosimilmente inclini a, svolgere in modo indipendente iniziative di ricerca e sviluppo che riguardano:

(a)

la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi e/o di tecnologie nuove identici a quelli oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi; o

(b)

poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo.

127.

Per quanto concerne i prodotti nuovi e/o tecnologie nuove, se l’accordo di ricerca e sviluppo riguarda sia prodotti nuovi che tecnologie nuove, le parti valutano se si tratta di imprese concorrenti sia per quanto concerne la tecnologia che per quanto concerne il prodotto che può essere sviluppato.

128.

La valutazione della probabile sostituibilità di prodotti nuovi e/o tecnologie nuove dovrebbe concentrarsi sulla possibilità che i consumatori, una volta che i prodotti e/o le tecnologie entreranno sul mercato, considerino tali prodotti nuovi e/o tecnologie nuove intercambiabili o sostituibili in ragione delle loro caratteristiche (115), dei loro prezzi previsti e del loro uso previsto.

129.

Per essere considerati concorrenti, i poli di ricerca e sviluppo devono perseguire sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo. Tale aspetto va determinato sulla base di informazioni affidabili riguardanti ad esempio la natura e la portata dell’iniziativa di ricerca e sviluppo.

130.

Gli accordi di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti nel settore dell’innovazione che rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo possono assumere ad esempio le seguenti forme:

(a)

un accordo di ricerca e sviluppo tra a) un’impresa che sviluppa un prodotto nuovo e b) un’impresa che sviluppa lo stesso prodotto o un probabile sostituto di tale nuovo prodotto;

(b)

un accordo di ricerca e sviluppo tra a) un’impresa che sviluppa un prodotto nuovo e b) un’impresa in grado di, e verosimilmente incline a, svolgere in modo indipendente (ma che non svolge ancora) attività di ricerca e sviluppo dello stesso prodotto nuovo o di un probabile sostituto di tale prodotto nuovo;

(c)

un accordo di ricerca e sviluppo tra a) un’impresa coinvolta in un’iniziativa di ricerca e sviluppo che riguarda un polo di ricerca e sviluppo e b) un’impresa che opera in un polo di ricerca e sviluppo e persegue sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi;

(d)

un accordo di ricerca e sviluppo tra a) un’impresa che opera in un polo di ricerca e sviluppo e b) un’impresa in grado di, e verosimilmente incline a, operare in modo indipendente (ma che non vi opera ancora) in un polo di ricerca e sviluppo e persegue sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi.

(C)   IMPRESE NON CONCORRENTI

131.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo definisce una «impresa non concorrente» come un’impresa che non è né un’impresa concorrente per un prodotto e/o una tecnologia esistente, né un’impresa concorrente in termini di innovazione. Le parti di un accordo di ricerca e sviluppo sarebbero considerate imprese non concorrenti nel caso, ad esempio, di un’impresa impegnata in iniziative di ricerca e sviluppo per un prodotto migliorabile, intercambiabile o sostituibile con il prodotto contrattuale e di un’impresa che svolge attività di ricerca in un polo di ricerca e sviluppo.

2.5.4.2.   Accordi tra imprese concorrenti per un prodotto e/o una tecnologia esistente

(A)   SOGLIE RELATIVE ALLA QUOTA DI MERCATO PER IMPRESE CONCORRENTI PER UN PRODOTTO E/O UNA TECNOLOGIA ESISTENTE

132.

Se due o più parti dell’accordo di ricerca e sviluppo sono imprese concorrenti per prodotti e/o tecnologie esistenti, l’esenzione si applica a condizione che sia soddisfatta una soglia relativa alla quota di mercato del 25 %, calcolata al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo. Tale soglia si applica nel modo seguente, a seconda che l’accordo di ricerca e sviluppo comporti attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento (116):

(a)

per gli accordi di ricerca e sviluppo che comportano attività di ricerca e sviluppo comuni, la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti dell’accordo non deve superare il 25 % sui mercati rilevanti dei prodotti e delle tecnologie (117);

(b)

per gli accordi di ricerca e sviluppo che comportano attività di ricerca e sviluppo a pagamento si applica la stessa soglia relativa alla quota di mercato del 25 %, ma detta soglia è estesa non soltanto alla parte finanziatrice stessa ma comprende anche tutte le parti con le quali tale parte finanziatrice ha concluso accordi di ricerca e sviluppo per gli stessi prodotti contrattuali o per le stesse tecnologie contrattuali (118).

133.

Se i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo comune o a pagamento non sono sfruttati congiuntamente, l’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo si applica per la durata dell’attività di ricerca e sviluppo.

134.

Se, tuttavia, i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo comune o a pagamento sono sfruttati congiuntamente, le parti continueranno a beneficiare dell’esenzione per sette anni a decorrere dalla data in cui i prodotti o le tecnologie contrattuali sono immessi per la prima volta sul mercato interno (119) se la soglia relativa alla quota di mercato era soddisfatta i) al momento della conclusione dell’accordo che persegue l’attività di ricerca e sviluppo comune o a pagamento e che prevede lo sfruttamento comune (120), o ii) per gli accordi di ricerca e sviluppo ai sensi dei quali le parti perseguono lo sfruttamento comune dei risultati di un accordo precedente (121), al momento della stipula di tale accordo concluso anteriormente (122).

135.

Dopo la fine del periodo di sette anni di cui all’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, l’esenzione continua ad applicarsi a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 25 % sui mercati cui appartengono i prodotti o le tecnologie contrattuali. Ciò significa che le parti dovrebbero valutare, in quel momento, a quale mercato appartengono il prodotto contrattuale o le tecnologie contrattuali e se la loro quota di mercato congiunta non supera il 25 %. Se la quota di mercato congiunta supera il 25 % dopo la scadenza del periodo di sette anni, l’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo continua ad applicarsi per un periodo di due anni civili consecutivi a decorrere dall’anno in cui tale soglia è stata superata per la prima volta (123).

(B)   CALCOLO DELLE QUOTE DI MERCATO PER I MERCATI DEI PRODOTTI E DELLE TECNOLOGIE ESISTENTI

136.

All’inizio di una cooperazione in materia di ricerca e sviluppo per un prodotto e/o una tecnologia esistente, il punto di riferimento è il mercato esistente dei prodotti o delle tecnologie migliorabili, intercambiabili o sostituibili con prodotti contrattuali o tecnologie contrattuali.

137.

Se l’accordo di ricerca e sviluppo mira a migliorare, sostituire o rimpiazzare prodotti o tecnologie esistenti, le quote di mercato possono essere calcolate con riferimento a prodotti o tecnologie esistenti che saranno migliorati, sostituiti o rimpiazzati. Se i prodotti o le tecnologie che sostituiscono i prodotti e le tecnologie esistenti sono significativamente diversi, le quote di mercato relative ai prodotti o alle tecnologie esistenti possono essere meno informative, ma possono comunque essere utilizzate come indice di riferimento per valutare la posizione di mercato delle parti. In alternativa, qualora i valori delle vendite sul mercato non siano disponibili, il calcolo della quota di mercato può essere basato su altre informazioni di mercato attendibili, comprese le spese per le attività di ricerca e sviluppo (124).

138.

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, le quote di mercato devono essere calcolate sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente (125). Per taluni mercati può essere necessario calcolare le quote di mercato sulla base di una media delle quote di mercato detenute dalle parti negli ultimi tre anni civili precedenti. Ciò può essere pertinente ad esempio quando vi sono mercati degli appalti e le quote di mercato possono variare significativamente (ad esempio dallo 0 % al 100 %) da un anno all’altro, a seconda che una parte vinca o non vinca la procedura di gara. Ciò può essere pertinente anche per i mercati caratterizzati da ordini di grande entità e poco frequenti, per i quali la quota di mercato dell’anno civile precedente può non essere rappresentativa, ad esempio se nell’anno civile precedente non sono stati effettuati ordini di grandi dimensioni. Un’altra situazione in cui può essere necessario calcolare le quote di mercato sulla base di una media degli ultimi tre anni civili precedenti è quella in cui si verifica uno shock a livello dell’offerta o della domanda nell’anno civile antecedente l’accordo di cooperazione.

139.

Per quanto riguarda i parametri per il calcolo delle quote di mercato, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo prevede che il calcolo delle quote di mercato si basi sul valore delle vendite sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite, la quota di mercato delle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, tra cui i volumi delle vendite sul mercato, le spese per le attività di ricerca e sviluppo o le capacità di ricerca e sviluppo.

140.

Nel caso dei mercati delle tecnologie, un modo di procedere consiste nel calcolare le quote di mercato sulla base della quota di ogni tecnologia sul totale dei ricavi delle licenze derivanti dalle royalties, una misura della quota che rappresenta la quota di detta tecnologia sul mercato in cui vengono concesse in licenza tecnologie concorrenti. Un metodo alternativo consiste nel calcolare le quote di mercato detenute sul mercato delle tecnologie in base alle vendite di beni e servizi che incorporano la tecnologia oggetto della licenza sui mercati a valle del prodotto. Questo metodo tiene conto di tutte le vendite sul mercato del prodotto rilevante, a prescindere dal fatto che il prodotto incorpori o meno una tecnologia sotto licenza (126).

2.5.4.3.   Accordi per prodotti nuovi e/o tecnologie nuove e poli di ricerca e sviluppo (127)

(A)   SOGLIA PER PRODOTTI NUOVI E/O TECNOLOGIE NUOVE E POLI DI RICERCA E SVILUPPO

141.

Se due o più parti dell’accordo di ricerca e sviluppo sono imprese concorrenti in termini di innovazione, l’esenzione si applica se, al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo, vi sono tre o più iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti, oltre a quelle delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo, comparabili a queste ultime (128).

142.

Un accordo di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti in termini di innovazione potrebbe altresì portare a risultati che le parti possono concordare di sfruttare congiuntamente (prodotti contrattuali o tecnologie contrattuali). Il fatto che l’accordo preveda o meno tale sfruttamento comune avrà un impatto sulla durata dell’esenzione previste dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

143.

Se i risultati dell’accordo relativo ad attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento concernente prodotti nuovi e/o tecnologie nuove o poli di ricerca e sviluppo non sono sfruttati congiuntamente e l’accordo soddisfa le condizioni di esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, l’esenzione si applica per la durata delle attività di ricerca e sviluppo.

144.

Tuttavia, se i risultati delle attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento riguardanti prodotti nuovi e/o tecnologie nuove o i poli di ricerca e sviluppo sono sfruttati congiuntamente, le parti continueranno a beneficiare dell’esenzione per sette anni a decorrere dalla data in cui i prodotti o le tecnologie contrattuali sono immessi per la prima volta sul mercato interno (129). Ciò si applica se l’accordo soddisfa le condizioni di esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo (130): i) al momento della conclusione dell’accordo che persegue attività di ricerca e sviluppo comuni e a pagamento e che prevede lo sfruttamento comune (131) o ii) per gli accordi di ricerca e sviluppo ai sensi dei quali le parti perseguono lo sfruttamento comune dei risultati di un accordo concluso anteriormente (132), al momento della conclusione di tale accordo precedente (133).

145.

Dopo la fine del periodo di sette anni, le parti dovrebbero essere in grado di calcolare le loro quote di mercato sui mercati del prodotto o della tecnologia contrattuale risultante. L’esenzione continuerà pertanto ad applicarsi soltanto a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 25 % sui mercati cui appartengono i prodotti o le tecnologie contrattuali (134). Se la quota di mercato congiunta supera il 25 % dopo la scadenza del periodo di sette anni, l’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo continua ad applicarsi per un periodo di due anni civili consecutivi a decorrere dall’anno in cui tale soglia è stata superata per la prima volta (135).

(B)   VALUTAZIONE DELL’ESISTENZA DI INIZIATIVE DI RICERCA E SVILUPPO CONCORRENTI E COMPARABILI

146.

Affinché una cooperazione in materia di ricerca e sviluppo concernente l’innovazione possa beneficiare dell’esenzione, la soglia pertinente si basa sull’esistenza di tre iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti e comparabili.

147.

Dalla definizione di iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 19, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo (136) risulta che per individuare le iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti occorre prendere in considerazione i seguenti elementi:

(a)

se le iniziative di ricerca e sviluppo riguardano la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi e/o di tecnologie nuove identici o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi oppure poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo;

(b)

se vi sono terzi che già svolgono iniziative di ricerca e sviluppo o che sono in grado di, e verosimilmente inclini a, svolgere in modo indipendente tali iniziative; e

(c)

se tali terzi sono indipendenti dalle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo.

148.

Innanzitutto, per quanto riguarda la questione se le iniziative di ricerca e sviluppo riguardino prodotti nuovi e/o tecnologie nuove identici o che potrebbero sostituirsi ad essi oppure poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi, si può rispondere allo stesso modo della valutazione delle imprese concorrenti in termini di innovazione di cui alla sezione 2.5.4.1.

149.

In secondo luogo, le iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti possono essere quelle nelle quali vi è già il coinvolgimento di terzi, da soli o in cooperazione con altri terzi. Ciò significa che l’iniziativa di ricerca e sviluppo può essere perseguita su base individuale da un terzo o congiuntamente da più terzi diversi. Un’iniziativa di ricerca e sviluppo concorrente può altresì riguardare le iniziative che un terzo è in grado di, e verosimilmente incline a, svolgere individualmente. L’eventualità o meno che un terzo sia in grado di, e verosimilmente incline a, svolgere individualmente attività di ricerca e sviluppo in relazione a prodotti nuovi e/o tecnologie nuove identici o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi oppure attuare poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo, può essere determinata sulla base dell’accesso di tale terzo a risorse finanziarie e umane pertinenti, dei suoi diritti di proprietà intellettuale, del suo know-how, di altri attivi specializzati o di sue precedenti iniziative di ricerca e sviluppo.

150.

In terzo luogo, la questione se le iniziative di ricerca e sviluppo siano perseguite da terzi indipendenti dalle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo mira a includere nella valutazione soltanto le iniziative di ricerca e sviluppo nel contesto delle quali le parti dell’accordo di ricerca e sviluppo non sono coinvolte.

151.

Per quanto riguarda la valutazione della comparabilità delle iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti rispetto a quelle delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo stabilisce che tale valutazione deve essere effettuata sulla base di informazioni affidabili riguardanti elementi quali i) le dimensioni, la fase e i tempi delle iniziative di ricerca e sviluppo, ii) le risorse finanziarie e umane dei terzi o il loro accesso a tali risorse, le loro proprietà intellettuali, il loro know-how o altri attivi specializzati, le loro precedenti iniziative di ricerca e sviluppo e iii) la capacità e la probabilità dei terzi di sfruttare direttamente o indirettamente sul mercato interno i possibili risultati delle loro iniziative di ricerca e sviluppo (137).

152.

I criteri devono essere applicati sulla base di un approccio caso per caso che metta a confronto i fattori a favore e quelli a sfavore della comparabilità. L’obiettivo di tale confronto è, in ultima analisi, stabilire che le iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti impongono una pressione concorrenziale sulle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo.

153.

La prima serie di elementi per la valutazione della comparabilità è legata alle iniziative di ricerca e sviluppo stesse e riguarda le dimensioni, la fase e i tempi dell’iniziativa di ricerca e sviluppo. Ciò significa, ad esempio, che se le iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti di un terzo hanno dimensioni quanto meno uguali o simili oppure si trovano in una fase di sviluppo analoga o più avanzata rispetto all’iniziativa di ricerca e sviluppo oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo, tali iniziative possono esercitare una pressione concorrenziale e ciò sarebbe un indizio a favore della comparabilità. Analogamente, per quanto riguarda i tempi, ad esempio, un’iniziativa di ricerca e sviluppo di un terzo il cui ingresso sul mercato è previsto dopo sei/otto anni non può essere comparabile a un’iniziativa di ricerca e sviluppo delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo il cui ingresso sul mercato è previsto dopo un anno.

154.

La seconda serie di elementi è legata alla capacità del terzo (o dei terzi) di perseguire l’iniziativa di ricerca e sviluppo. Tale aspetto riguarda le risorse finanziarie e umane (ovvero l’accesso a tali risorse), i diritti di proprietà intellettuale, il know-how o altri attivi specializzati oppure le loro precedenti iniziative di ricerca e sviluppo. Tali elementi sono pertinenti ai fini della determinazione dell’eventualità o meno che le risorse e le capacità a sostegno delle iniziative di ricerca e sviluppo da parte di terzi siano comparabili e possano pertanto presentare quanto meno un ritmo di sviluppo e risultati simili, esercitando in tal modo una pressione concorrenziale. Ad esempio l’iniziativa di ricerca e sviluppo di un terzo potrebbe non essere comparabile qualora presenti carenze significative in termini di risorse finanziarie e umane necessarie per perseguire iniziative di ricerca e sviluppo analoghe. Analogamente una precedente esperienza riuscita in progetti di ricerca e sviluppo simili a quello oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo sarebbe un indizio a favore della comparabilità. Inoltre, in taluni settori, anche un accesso a condizioni paragonabili ai diritti di proprietà intellettuale pertinenti (ad esempio, ai brevetti) o al know-how pertinente e/o la proprietà in termini paragonabili di tali diritti o know-how possono essere indizi a favore della comparabilità

155.

La terza serie di elementi è legata allo sfruttamento dei risultati e fa riferimento alla capacità di terzi di sfruttare gli eventuali risultati dell’iniziativa di ricerca e sviluppo sul mercato interno nonché alla probabilità che detti terzi procedano in tal senso (ossia siano incentivati a continuare a impegnarsi per portare i risultati sul mercato). Ciò significa ad esempio che le iniziative di ricerca e sviluppo che saranno probabilmente sfruttate soltanto al di fuori dell’UE senza alcuna prospettiva di raggiungere il mercato interno non possono essere paragonabili alle iniziative di ricerca e sviluppo oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo, i cui risultati verrebbero immessi sul mercato nel contesto del mercato interno.

2.5.4.4.   Accordi tra imprese non concorrenti

156.

Se le parti dell’accordo di ricerca e sviluppo sono imprese non concorrenti, dette parti non sono soggette ad alcuna soglia (138). Se i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo non sono sfruttati congiuntamente, l’accordo di ricerca e sviluppo è esentato per l’intera durata dell’attività di ricerca e sviluppo.

157.

In caso di sfruttamento comune dei risultati dell’attività di ricerca e sviluppo, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di sette anni a decorrere dal momento in cui i prodotti o le tecnologie contrattuali sono per la prima volta messi in commercio nel mercato interno.

158.

Dopo la scadenza del periodo di sette anni, le parti dovrebbero essere in grado di calcolare le loro quote di mercato sui mercati del prodotto o della tecnologia contrattuale risultante. L’esenzione continuerà ad applicarsi soltanto a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 25 % sui mercati cui appartengono i prodotti o le tecnologie contrattuali. Se la quota di mercato congiunta supera il 25 % su uno di tali mercati dopo la scadenza del periodo di sette anni, l’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo continua ad applicarsi per un periodo di due anni civili consecutivi a decorrere dall’anno in cui tale soglia è stata superata per la prima volta (139).

2.6.   Restrizioni fondamentali ed escluse

2.6.1.   Restrizioni fondamentali

159.

L’articolo 8 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo contiene un elenco di restrizioni fondamentali. Si tratta di gravi restrizioni della concorrenza che nella maggior parte dei casi dovrebbero essere vietate in ragione dei danni che provocano al mercato e ai consumatori. Gli accordi di ricerca e sviluppo che contemplano una o più restrizioni fondamentali sono esclusi nel loro complesso dal campo di applicazione dell’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

160.

Le restrizioni fondamentali elencate all’articolo 8 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo possono essere raggruppate nelle seguenti categorie: i) restrizioni alla libertà delle parti di svolgere altre iniziative di ricerca e sviluppo; ii) limitazioni della produzione o delle vendite e fissazione dei prezzi; iii) restrizioni delle vendite attive e passive; e iv) altre restrizioni fondamentali.

2.6.1.1.   Restrizione della libertà delle parti di svolgere altre iniziative di ricerca e sviluppo

161.

L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo esclude dall’esenzione gli accordi di tale tipo che comportano restrizioni della libertà delle parti di svolgere attività di ricerca e sviluppo in modo indipendente o in cooperazione con terzi:

(a)

in un settore non connesso a quello cui si riferisce l’accordo di ricerca e sviluppo; o

(b)

nel settore di pertinenza dell’accordo di ricerca e sviluppo o in un settore correlato, dopo il completamento delle attività di ricerca e sviluppo.

162.

In altre parole, le parti di un accordo di ricerca e sviluppo devono essere sempre libere di svolgere iniziative di ricerca e sviluppo in settori non connessi rispetto a quelli contemplati dall’accordo. Dopo il completamento dell’attività di ricerca e sviluppo oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo le parti devono altresì rimanere libere di svolgere iniziative di ricerca e sviluppo nel settore di pertinenza di tale accordo o in un settore correlato. In caso contrario l’accordo di ricerca e sviluppo non beneficerà dell’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

2.6.1.2.   Limitazione della produzione o delle vendite e fissazione dei prezzi

163.

L’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo esclude dall’esenzione gli accordi di ricerca e sviluppo che comportano limitazioni della produzione o delle vendite. Quando i concorrenti convengono di limitare la quantità che ciascuno di essi può produrre o vendere, si tratta di norma di una grave restrizione della concorrenza. Tuttavia la fissazione di obiettivi di produzione non va considerata una restrizione fondamentale nel caso in cui lo sfruttamento comune dei risultati includa la fabbricazione comune dei prodotti contrattuali (140). Analogamente la fissazione di obiettivi di vendita non deve essere considerata una restrizione fondamentale quando lo sfruttamento comune dei risultati comprende la distribuzione comune dei prodotti contrattuali o la concessione in licenza comune delle tecnologie contrattuali ed è eseguito da un gruppo, un organismo o un’impresa comune o è affidato congiuntamente a terzi (141). Ciò vale anche per le prassi che prevedono specializzazioni nel quadro delle attività di sfruttamento (142) e per taluni obblighi di non concorrenza (143).

164.

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, costituiscono restrizioni fondamentali anche la fissazione dei prezzi per la vendita dei prodotti o la fissazione dei costi delle licenze applicati per la concessione in licenza di tecnologie a terzi. Tuttavia la fissazione dei prezzi applicati ai clienti diretti o la fissazione dei costi delle licenze applicati ai licenziatari diretti, non deve essere considerata una restrizione fondamentale quando lo sfruttamento comune dei risultati comprende la distribuzione comune dei prodotti contrattuali o la concessione in licenza comune delle tecnologie contrattuali ed è eseguito da un gruppo, un organismo o un’impresa comune o è affidato congiuntamente a un terzo.

2.6.1.3.   Restrizioni delle vendite attive e passive

165.

I paragrafi 4, 5 e 6 dell’articolo 8 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo riguardano le restrizioni delle vendite attive e passive. Per quanto riguarda gli accordi di ricerca e sviluppo, le vendite passive sono definite all’articolo 1, paragrafo 1, punto 24, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo come le vendite in risposta a richieste spontanee di singoli clienti, inclusa la consegna di prodotti ai clienti, senza che la procedura di vendita sia stata avviata sollecitando attivamente particolari clienti, gruppi di clienti o territori; le vendite passive comprendono le vendite derivanti dalla partecipazione ad appalti pubblici o privati.

166.

Per «vendite attive» si intendono tutte le forme di vendita diverse dalle vendite passive, effettuate, ad esempio, attraverso:

(a)

la sollecitazione attiva dei clienti mediante visite, lettere, messaggi di posta elettronica, chiamate o altri mezzi di comunicazione diretta oppure attraverso pubblicità o promozione mirate, offline od online, ad esempio attraverso la stampa o i media digitali, compresi i media online, gli strumenti di confronto dei prezzi o la pubblicità sui motori di ricerca rivolta a clienti in determinati territori o a gruppi specifici di clienti;

(b)

l’offerta su un sito web di opzioni linguistiche diverse da quelle comunemente utilizzate nel territorio in cui è stabilito il distributore;

(c)

l’offerta di un sito web con un nome di dominio corrispondente a un territorio diverso da quello in cui è stabilito il distributore.

167.

L’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo elimina l’esenzione prevista da detto regolamento in relazione agli accordi di ricerca e sviluppo che contengono restrizioni delle vendite passive. Tale disposizione riguarda qualsiasi restrizione delle vendite passive per quanto concerne a) il territorio in cui o b) i clienti ai quali, le parti possono passivamente vendere i prodotti contrattuali o concedere in licenza le tecnologie contrattuali, ma esclude l’obbligo di concedere in licenza esclusiva i risultati a un’altra parte. La ragione di quest’ultima eccezione risiede nella possibilità esplicita concessa alle parti secondo la quale soltanto una parte produce e distribuisce i prodotti contrattuali sulla base di una licenza esclusiva concessa dalle altre parti (144).

168.

L’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo elimina l’esenzione prevista da detto regolamento in relazione agli accordi di ricerca e sviluppo che contengono determinate restrizioni delle vendite attive, ad esempio l’obbligo di non effettuare, o di limitare, le vendite attive di prodotti o tecnologie contrattuali in territori o a clienti che non siano stati assegnati esclusivamente a una delle parti nell’ambito della specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento.

169.

Ciò significa che le vendite attive non devono essere soggette a restrizioni tra le parti, fatto salvo il caso in cui le parti assegnino territori o clienti a una di esse a seguito di una specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento (145).

2.6.1.4.   Altre restrizioni fondamentali

170.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo comprende altre due restrizioni fondamentali. Innanzitutto, se le parti si sono ripartite i territori tra di loro o si sono ripartite altrimenti i clienti in ragione di una specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento, costituisce una restrizione fondamentale obbligare una parte a rifiutarsi di soddisfare la domanda di clienti assegnati all’altra parte, qualora tali clienti intendano commercializzare i prodotti contrattuali o concedere in licenza le tecnologie contrattuali in altri territori del mercato interno (146).

171.

In secondo luogo anche l’obbligo di limitare la facoltà degli utilizzatori o rivenditori di ottenere i prodotti contrattuali presso altri rivenditori del mercato interno costituisce una restrizione fondamentale (147).

2.6.2.   Restrizioni escluse

172.

L’articolo 9 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo esclude dall’esenzione prevista da detto regolamento taluni obblighi previsti dagli accordi di ricerca e sviluppo. Si tratta di obblighi per i quali non si può presumere con sufficiente certezza che siano conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. A differenza delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 8 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, le restrizioni escluse non eliminano il beneficio dell’esenzione per categoria per l’intero accordo di ricerca e sviluppo. Ciò avviene tuttavia soltanto se la restrizione in questione può essere separata dal resto dell’accordo. Se la restrizione è separabile, il resto dell’accordo continua a beneficiare dell’esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

173.

Le restrizioni escluse sono soggette a una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101. Non esiste alcuna presunzione secondo la quale le restrizioni escluse rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, o non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

174.

La prima restrizione esclusa è l’obbligo di non contestare la validità dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dalle parti nel mercato interno:

(a)

dopo il completamento dell’attività di ricerca e sviluppo per diritti di proprietà intellettuale pertinenti per tale attività; o

(b)

dopo la scadenza dell’accordo di ricerca e sviluppo per diritti di proprietà intellettuale che tutelano i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo (148).

175.

Il motivo per cui tali obblighi sono esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria è che alle parti che dispongono delle informazioni pertinenti per individuare un diritto di proprietà intellettuale concesso erroneamente non dovrebbe essere impedito di contestare la validità di tali diritti di proprietà intellettuale. Per quanto concerne tale restrizione non si può in genere presumere che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, siano soddisfatte e le parti dovranno pertanto valutare autonomamente tali restrizioni. Tuttavia le disposizioni che consentono la risoluzione dell’accordo di ricerca e sviluppo qualora una delle parti contesti la validità dei diritti di proprietà intellettuale che sono rilevanti per tale accordo o che tutelano i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo non sono escluse dalle restrizioni.

176.

La seconda restrizione esclusa è l’obbligo di non concedere a terzi licenze per la produzione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali. Ciò significa che le parti, in linea di principio, dovrebbero essere libere di concedere licenze a terzi. È prevista un’eccezione se gli accordi di ricerca e sviluppo prevedono lo sfruttamento dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento da parte di almeno una delle parti e tale sfruttamento avviene nel mercato interno nei confronti di terzi.

2.7.   Revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo

177.

La Commissione può revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, qualora constati che, in un caso specifico, un accordo di ricerca e sviluppo esentato a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo produce determinati effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3. Qualora, in un caso specifico, un simile accordo produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, sul territorio di uno Stato membro o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto, l’autorità nazionale garante della concorrenza può anche revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in relazione a tale territorio, a norma dell’articolo 29, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003. L’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 non cita le giurisdizioni degli Stati membri, che quindi non hanno il potere di revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, a meno che la giurisdizione interessata non sia un’autorità garante della concorrenza designata di uno Stato membro a norma dell’articolo 35 del regolamento (CE) n. 1/2003.

178.

La Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possono revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, in particolare se:

(a)

l’esistenza di un accordo di ricerca e sviluppo limita in misura sostanziale la possibilità per i terzi di svolgere attività di ricerca e sviluppo nel settore o nei settori connessi ai prodotti e alle tecnologie contrattuali o ai poli di ricerca e sviluppo; ciò potrebbe essere dovuto, ad esempio, alla limitatezza delle capacità di ricerca disponibili;

(b)

l’esistenza dell’accordo di ricerca e sviluppo limita in misura sostanziale l’accesso dei terzi al mercato dei prodotti o delle tecnologie contrattuali; ciò potrebbe essere dovuto, ad esempio, alla struttura particolare dell’offerta;

(c)

le parti non sfruttano i risultati delle attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento rispetto ai terzi senza ragioni obiettivamente valide;

(d)

i prodotti o le tecnologie contrattuali non sono soggetti, in tutto il mercato comune o in una parte sostanziale di questo, alla concorrenza effettiva di prodotti o tecnologie che, per caratteristiche, prezzi e usi ai quali sono destinati, gli utilizzatori ritengono equivalenti.

179.

A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo agendo d’ufficio o in seguito a denuncia. Ciò comprende la possibilità per le autorità nazionali garanti della concorrenza di chiedere alla Commissione di revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in uno specifico caso, fatta salva l’applicazione delle norme in materia di attribuzione dei casi e assistenza nell’ambito della rete europea della concorrenza (REC) (149) e fermo restando il loro potere di revoca a norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003. Se almeno tre autorità nazionali garanti della concorrenza chiedono alla Commissione di applicare l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 in uno specifico caso, la Commissione ne discuterà nel quadro della REC nell’intento di decidere se revocare o meno il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. In tale contesto, la Commissione terrà in massima considerazione i pareri delle autorità nazionali garanti della concorrenza che hanno chiesto di revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo per giungere a una conclusione tempestiva sul fatto che le condizioni per una revoca nel caso specifico siano o meno soddisfatte.

180.

Dall’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 risulta che la Commissione ha la competenza esclusiva di revoca a livello dell’Unione del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, in quanto può revocare tale beneficio rispetto ad accordi di ricerca e sviluppo che limitano la concorrenza su un mercato geografico rilevante più vasto del territorio di un singolo Stato membro, mentre le autorità nazionali garanti della concorrenza possono revocare tale beneficio solo in relazione al territorio del rispettivo Stato membro.

181.

Il potere di revoca di una singola autorità nazionale garante della concorrenza si riferisce quindi ai casi in cui il mercato rilevante riguarda un unico Stato membro o una regione ubicata esclusivamente in uno Stato membro o in una parte del suo territorio. In tal caso, l’autorità nazionale garante della concorrenza è competente in merito alla revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in relazione all’accordo di ricerca e sviluppo che produce effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato su tale mercato nazionale o regionale. Si tratta di una competenza concorrente, in quanto l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 conferisce anche alla Commissione il potere di revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in relazione a un mercato nazionale o regionale, purché l’accordo di ricerca e sviluppo in questione sia idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

182.

Laddove siano interessati vari mercati nazionali o regionali distinti, diverse autorità nazionali garanti della concorrenza competenti possono revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in parallelo.

183.

Dalla formulazione dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 risulta che, quando la Commissione revoca il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, essa è soggetta all’onere di dimostrare, innanzitutto, che l’accordo di ricerca e sviluppo in questione ha effetti anticoncorrenziali sensibili e rientra nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. In secondo luogo, la Commissione deve dimostrare che l’accordo produce effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, ovverosia che non soddisfa almeno una delle quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, gli stessi requisiti si applicano quando un’autorità nazionale garante della concorrenza revoca il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in relazione al proprio Stato membro. Per quanto riguarda in particolare l’onere di dimostrare il rispetto del secondo requisito, l’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 dispone che l’autorità nazionale garante della concorrenza competente debba dimostrare che almeno una delle quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è soddisfatta (150).

184.

Se i requisiti di cui all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 sono soddisfatti, la Commissione può revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo in un caso individuale. Tale revoca e i relativi requisiti indicati ai punti precedenti devono essere distinti dalle conclusioni contenute in una decisione della Commissione che constata un’infrazione, a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003. Una revoca può comunque essere combinata, ad esempio, con la constatazione di un’infrazione e l’imposizione di una misura correttiva, e anche con misure cautelari, come in precedenti decisioni della Commissione (151).

185.

Qualora proceda alla revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione deve tenere conto del fatto che la revoca può avere solo effetti ex nunc, ossia del fatto che l’esenzione degli accordi interessati rimarrà valida fino alla data in cui la revoca entra in vigore. Nel caso di una revoca a norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità nazionale garante della concorrenza interessata deve tenere conto anche dei rispettivi obblighi a norma dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare del suo obbligo di comunicare alla Commissione un’eventuale decisione prevista.

2.8.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, degli accordi di ricerca e sviluppo che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo

186.

Non esiste alcuna presunzione secondo la quale gli accordi di ricerca e sviluppo che non rientrino nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Tali accordi di ricerca e sviluppo richiedono una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101.

187.

Tale valutazione individuale inizia considerando se l’accordo limiti la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (152). In caso affermativo, le imprese dovrebbero valutare se l’accordo di ricerca e sviluppo soddisfa le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

2.8.1.   Incrementi di efficienza

188.

Molti accordi di ricerca e sviluppo – che prevedano o meno lo sfruttamento comune dei risultati – producono incrementi di efficienza combinando competenze e attivi complementari, il che accelera lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti e tecnologie nuovi o migliori. Accordi di ricerca e sviluppo possono anche portare a una maggiore divulgazione delle conoscenze, promuovendo l’innovazione. Gli accordi di ricerca e sviluppo possono anche determinare una riduzione dei costi e ridurre la dipendenza da un numero troppo limitato di fornitori di determinate tecnologie, prodotti e servizi. Tali incrementi di efficienza possono contribuire alla resilienza del mercato interno.

2.8.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

189.

Le restrizioni superiori a quanto strettamente necessario per conseguire gli incrementi di efficienza generati da un accordo di ricerca e sviluppo non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In particolare, è meno probabile che le restrizioni fondamentali di cui all’articolo 8 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo (153) soddisfino il criterio del carattere indispensabile in una valutazione individuale.

2.8.3.   Trasferimento ai consumatori

190.

Gli incrementi di efficienza conseguiti tramite restrizioni indispensabili devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza determinati dall’accordo di ricerca e sviluppo. Ad esempio, l’immissione sul mercato di prodotti nuovi o migliori deve compensare l’aumento dei prezzi o altri effetti restrittivi sulla concorrenza.

191.

In generale, un accordo di ricerca e sviluppo ha più probabilità di comportare incrementi di efficienza vantaggiosi per i consumatori, se combina competenze e attivi complementari. Le parti di un accordo possono ad esempio avere capacità di ricerca diverse.

192.

Se le competenze e gli attivi delle parti sono molto simili, la principale conseguenza dell’accordo di ricerca e sviluppo può essere l’eliminazione parziale o totale delle attività di ricerca e sviluppo di una o più parti. Ciò eliminerebbe i costi (fissi) per le parti dell’accordo, ma probabilmente non comporterebbe vantaggi da trasferire ai consumatori.

193.

Inoltre, più è elevato il potere di mercato delle parti, più è difficile che queste trasferiscano gli incrementi di efficienza ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza.

2.8.4.   Non eliminazione della concorrenza

194.

I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, non possono essere soddisfatti se l’accordo permette alle parti di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti o delle tecnologie in questione.

2.9.   Momento della valutazione

195.

La valutazione degli accordi restrittivi alla luce dell’articolo 101 viene effettuata tenendo conto del contesto reale in cui si inseriscono e sulla base della situazione di fatto esistente ad un determinato momento. La valutazione tiene conto dei cambiamenti importanti relativi a tale situazione.

196.

La deroga di cui all’articolo 101, paragrafo 3, si applica fintantoché sono soddisfatte le quattro condizioni cumulative previste da tale articolo e cessa di applicarsi quando tale circostanza viene meno. Quando si applicano i quattro criteri cumulativi di cui all’articolo 101, paragrafo 3, è necessario tenere conto degli investimenti iniziali irrecuperabili fatti da una parte o dall’altra e del tempo o delle restrizioni necessarie per realizzare e recuperare un investimento destinato ad aumentare l’efficienza di un’impresa. Non è possibile applicare l’articolo 101 senza tener conto di tali investimenti ex ante. I rischi che devono affrontare le parti e gli investimenti irrecuperabili che devono essere realizzati per attuare l’accordo possono far sì che esso non rientri nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, oppure che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, per il periodo necessario per recuperare l’investimento. Nel caso in cui l’invenzione risultante dall’investimento usufruisca di una qualsiasi forma di esclusiva concessa alle parti in base a regole specifiche per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, è poco probabile che il periodo necessario per recuperare l’investimento superi il periodo di esclusiva stabilito in base a tali regole.

197.

In certi casi l’accordo restrittivo è irreversibile. Una volta data attuazione all’accordo restrittivo, non è possibile ristabilire la situazione ex ante. In tali casi, la valutazione deve essere effettuata esclusivamente sulla base degli elementi fattuali pertinenti al momento dell’attuazione dell’accordo.

198.

Nel caso, ad esempio, di un accordo di ricerca e sviluppo mediante il quale ciascuna delle parti acconsente ad abbandonare il rispettivo progetto di ricerca e a mettere in comune le proprie capacità con quelle di un’altra parte, può essere oggettivamente tecnicamente ed economicamente impossibile riprendere il progetto una volta che sia stato abbandonato. Se, in quel momento, l’accordo è compatibile con l’articolo 101, ad esempio perché esistono sufficienti iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti di terzi, l’accordo mediante il quale le parti decidono di abbandonare i loro progetti individuali resta compatibile con l’articolo 101, paragrafo 1, anche se successivamente i progetti dei terzi dovessero venire meno.

199.

Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, può tuttavia applicarsi ad altri elementi dell’accordo in relazione ai quali la questione del carattere irreversibile non si pone. Se il progetto prevede, ad esempio, oltre alle attività di ricerca e sviluppo comuni anche lo sfruttamento comune, l’articolo 101 si può applicare a questa parte dell’accordo se, a seguito di successivi sviluppi del mercato, l’accordo determina effetti restrittivi sulla concorrenza e non soddisfa più le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, tenuto debito conto degli investimenti irrecuperabili ex ante.

2.10.   Esempio

200.

Accordi di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti in termini di innovazione

Esempio n. 1

Situazione: le imprese A e B hanno effettuato in modo indipendente investimenti significativi in ricerca e sviluppo al fine di sviluppare un nuovo componente elettronico miniaturizzato che non migliorerà né sostituirà quelli esistenti e la cui domanda creerà un nuovo mercato, in caso di esito positivo. Le imprese A e B hanno messo a punto i primi prototipi. A questo punto acconsentono a mettere in comune tali iniziative di ricerca e sviluppo costituendo un’impresa comune per completare tali attività, concentrandosi soltanto su una delle due attività di ricerca e sviluppo (la parte dell’accordo relativa a ricerca e sviluppo), così come per produrre il nuovo componente (la parte dell’accordo relativa allo sfruttamento comune), che sarà rivenduto alle imprese A e B le quali commercializzeranno il nuovo componente separatamente («l’accordo di ricerca e sviluppo»).

Non vi sono altre imprese che stanno attualmente sviluppando lo stesso componente elettronico o un componente elettronico sostituibile oppure che sono in grado di, e verosimilmente inclini a, svolgere in modo indipendente iniziative di ricerca e sviluppo per sviluppare lo stesso componente o un componente sostituibile.

Analisi: il componente elettronico miniaturizzato è un prodotto interamente nuovo e si dovrebbe analizzare se l’accordo di ricerca e sviluppo ha effetti restrittivi sulla concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Inoltre si dovrebbe valutare se l’accordo di ricerca e sviluppo è soggetto all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

Al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo, le imprese A e B sono le uniche due imprese che svolgono (o che sono in grado di, e verosimilmente inclini a, svolgere) iniziative di ricerca e sviluppo in relazione al nuovo componente. Ciascuna di tali imprese sarebbe stata in grado di perseguire l’attività di ricerca e sviluppo del nuovo componente in modo indipendente e di portare il nuovo componente sul mercato. Attraverso l’impresa comune, le imprese A e B si concentreranno ora su un’unica iniziativa di ricerca e sviluppo, anziché svolgerne due distinte. Di conseguenza l’accordo di ricerca e sviluppo potrebbe avere effetti restrittivi ai sensi dell’articolo 101, causati dalla riduzione del numero di iniziative di ricerca e sviluppo e quindi del numero di prodotti che possono raggiungere il mercato.

Se l’accordo genera una restrizione della concorrenza, le parti dovrebbero stabilire se possono beneficiare dell’esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Tuttavia l’accordo di ricerca e sviluppo tra le imprese A e B non soddisfa le condizioni di esenzione. In particolare la soglia prevista per gli accordi tra imprese concorrenti in termini di innovazione non è soddisfatta in quanto non vi sono altre iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti (articolo 6 paragrafo 3 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo). Di conseguenza è necessaria una valutazione individuale al fine di stabilire se l’accordo di ricerca e sviluppo soddisfa i requisiti di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

Ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, sebbene l’accordo di ricerca e sviluppo possa potenzialmente dare origine a incrementi di efficienza che si tradurrebbero nella creazione più rapida di un prodotto nuovo, l’accordo di ricerca e sviluppo eliminerebbe l’unica pressione concorrenziale delle parti a livello di innovazione, circostanza che probabilmente porterà a una perdita di innovazione e a prezzi più elevati a valle. L’accordo di ricerca e sviluppo creerebbe probabilmente un duopolio nel mercato futuro dei nuovi componenti elettronici miniaturizzati. Tale duopolio sarebbe caratterizzato da un livello elevato di condivisione dei costi e da un possibile scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale tra le parti dato che la loro impresa comune produrrà per gli unici venditori del nuovo componente, ossia le imprese A e B. Potrebbe quindi sussistere un grave rischio di coordinamento anticoncorrenziale tale da determinare un esito collusivo sul nuovo mercato. Benché alcuni di questi problemi possano essere risolti con l’impegno delle parti di concedere sotto licenza a terzi e a condizioni ragionevoli il loro know-how o i diritti di proprietà intellettuale indispensabili per la produzione del nuovo componente, si ritiene improbabile che ciò elimini tutte le riserve e soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. È pertanto improbabile che l’accordo di ricerca e sviluppo possa beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.

201.

Accordi di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti per un prodotto e/o una tecnologia esistente

Esempio n. 2

Situazione: l’impresa A detiene una quota di mercato del 51 % su un mercato di cui fa parte il suo medicinale campione d’incassi (blockbuster). Una piccola impresa, l’impresa B, svolge attività di ricerca e sviluppo nel settore farmaceutico ed è attiva nella produzione di principi attivi farmaceutici e nella produzione di medicinali generici. L’impresa B ha inventato un procedimento che consente di produrre in modo più economico i principi attivi farmaceutici del medicinale blockbuster dell’impresa A. L’impresa B ha depositato una domanda di brevetto per tale procedimento (brevetto di procedimento). Il brevetto del composto (principio attivo farmaceutico) dell’impresa A del medicinale blockbuster scade tra meno di tre anni, dopo di che saranno ancora validi alcuni brevetti di procedimento relativi al medicinale. L’impresa B ritiene che il nuovo procedimento più efficiente non comporti una violazione dei brevetti di procedimento esistenti dell’impresa A e che permetterebbe di produrre una versione generica del medicinale blockbuster, una volta scaduto il brevetto per il principio attivo farmaceutico dell’impresa A. L’impresa B potrebbe fabbricare il prodotto stesso oppure concedere in licenza il procedimento a terzi interessati, ad esempio, ad altri produttori di medicinali generici o all’impresa A.

Prima di concludere le proprie attività di ricerca e sviluppo nel settore in questione, l’impresa B conclude un accordo con l’impresa A, secondo il quale quest’ultima apporta finanziamenti al progetto di ricerca e sviluppo realizzato dall’impresa B a condizione di poter acquisire una licenza esclusiva per ogni brevetto di procedimento dell’impresa B relativo alla produzione di principi attivi farmaceutici dei medicinali blockbuster dell’impresa A.

Vi sono altre due iniziative di ricerca e sviluppo indipendenti che stanno sviluppando un procedimento per la produzione dei principi attivi farmaceutici del medicinale blockbuster che non violerebbe i brevetti di procedimento delle imprese A o B, ma non è ancora chiaro se raggiungeranno la fase della produzione industriale.

Analisi: il procedimento oggetto della domanda di brevetto dell’impresa B si limita a migliorare un procedimento di produzione esistente. L’impresa A è attiva sul mercato per la tecnologia esistente (il procedimento di produzione) e sul mercato del prodotto esistente (il medicinale blockbuster). L’impresa B è un concorrente potenziale a livello tecnologico. Qualora l’impresa B dovesse sfruttare il brevetto di procedimento, sarebbe quindi verosimilmente in grado di entrare nel mercato del prodotto con ad esempio un prodotto generico. Di conseguenza le imprese A e B sono concorrenti potenziali in relazione al mercato del prodotto di cui fa parte il medicinale blockbuster. L’accordo non beneficia dell’esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo dato che, almeno per quanto concerne il mercato del prodotto, la quota di mercato dell’impresa A è superiore al 25 %. Occorre pertanto effettuare una valutazione individuale.

L’impresa A detiene un certo potere di mercato sul mercato di cui fa parte il medicinale blockbuster. Questo potere di mercato diminuirebbe in modo sostanziale se concorrenti produttori di medicinali generici entrassero davvero sul mercato, ma l’acquisto della licenza a titolo esclusivo per il brevetto di procedimento non consente a terzi di utilizzare il procedimento sviluppato dall’impresa B e può ritardare l’ingresso sul mercato degli altri concorrenti (anche perché il prodotto è ancora protetto da una serie di brevetti di procedimento appartenenti all’impresa A). Dal momento che non è chiaro se le due altre iniziative di ricerca e sviluppo che stanno attualmente lavorando su un’alternativa che non viola il brevetto di procedimento dell’impresa A raggiungeranno la fase di produzione industriale, il brevetto di procedimento dell’impresa B è l’unico percorso credibile per lanciare sul mercato prodotti generici che potrebbero competere con il medicinale blockbuster dell’impresa A. Di conseguenza tale accordo restringe la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Il risparmio di costi che l’impresa A realizzerebbe grazie al nuovo procedimento di produzione non basta a compensare la restrizione della concorrenza. In assenza di altri concorrenti nel mercato del prodotto, come i produttori di medicinali generici, è improbabile che i risparmi in termini di costi di produzione verrebbero trasferiti ai consumatori. Inoltre una licenza esclusiva non è indispensabile per ottenere tali risparmi. È pertanto probabile che l’accordo non rispetti i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

202.

Partenariato per la ricerca

Esempio n. 3

Situazione: le imprese A, B e C sono importanti operatori del settore delle tecnologie relative alle energie rinnovabili che hanno in programma di creare un partenariato di ricerca che definirà un programma di ricerca e sviluppo destinato a definire una visione comune a lungo termine per quanto concerne lo sviluppo di tecnologie nuove nel settore delle energie rinnovabili e il miglioramento di quelle esistenti, che verrebbe attuata tramite una serie di progetti di ricerca e sviluppo distinti.

Tale programma costituirebbe una collaborazione in materia di ricerca e sviluppo e verrebbe formalizzato in un protocollo d’intesa destinato a stabilire gli obiettivi, i termini e le condizioni della collaborazione, compresi i meccanismi di governance e gli accordi di monitoraggio. Tale protocollo d’intesa stabilisce pertanto un quadro di cooperazione all’interno del quale verranno realizzati progetti specifici di collaborazione in materia di ricerca e sviluppo a sostegno del programma a lungo termine concordato.

Analisi: questo tipo di partenariato per la ricerca potrebbe coinvolgere imprese concorrenti a livello di sviluppo e/o di attuazione di tali tecnologie. Tuttavia se la natura del partenariato per la ricerca è limitata alla definizione di un programma di ampio respiro, non è probabile che questo tipo di collaborazione sia problematico.

Inoltre se affronta una sfida che nessuna singola impresa è in grado di affrontare autonomamente e richiede la mobilitazione di più operatori, il partenariato per la ricerca potrebbe promuovere un’innovazione che non avrebbe altrimenti luogo e quindi rappresenterebbe un contributo al progresso tecnico ed economico.

Sebbene sia improbabile che tale partenariato per la ricerca possa suscitare riserve sotto il profilo della concorrenza, i singoli accordi di cooperazione relativi ad attività di ricerca e sviluppo dovrebbero essere analizzati in modo indipendente.

3.   ACCORDI DI PRODUZIONE

3.1.   Introduzione

203.

Il presente capitolo intende fornire orientamenti sulla portata e sulla valutazione sotto il profilo della concorrenza degli accordi di produzione soggetti all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e che a) beneficiano del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione (sezione 3.4); o b) non rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento e devono essere valutati ai sensi dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3 (sezione 3.5).

204.

Gli accordi di produzione differiscono per forma e portata. Possono prevedere che la produzione sia effettuata da una sola parte o da due o più parti. Le imprese possono realizzare la produzione congiuntamente tramite un’impresa comune, cioè un’impresa controllata congiuntamente che gestisce uno o più impianti di produzione, oppure attraverso forme di cooperazione meno stretta come gli accordi di subfornitura.

205.

Le presenti linee direttrici si applicano a tutti i tipi di accordi di produzione comune e di accordi di subfornitura orizzontali (154).

206.

Per «accordi di subfornitura» si intendono gli accordi nel contesto dei quali una parte (il «committente») affida la produzione di un prodotto ad un’altra parte (il «subfornitore»). Gli accordi di subfornitura orizzontali sono conclusi tra imprese che operano sullo stesso mercato del prodotto, indipendentemente dal fatto che siano concorrenti effettivi o potenziali. Gli accordi di subfornitura orizzontali comprendono accordi di specializzazione unilaterale e reciproca, nonché altri accordi di subfornitura orizzontali.

207.

Gli accordi di specializzazione unilaterale sono accordi tra due o più parti che operano sullo stesso mercato del prodotto, in forza dei quali una o più parti acconsentono a cessare interamente o in parte la fabbricazione di determinati prodotti o ad astenersi dalla fabbricazione di tali prodotti e ad acquistarli dall’altra parte o dalle altre parti, le quali si impegnano a fabbricare e fornire i prodotti in questione alla parte o alle parti che cessano la fabbricazione o si astengono dalla fabbricazione degli stessi.

208.

Gli accordi di specializzazione reciproca sono accordi tra due o più parti che operano sullo stesso mercato del prodotto e in forza dei quali due o più parti acconsentono su base reciproca a cessare interamente o in parte la fabbricazione di determinati prodotti, diversi tra loro, e ad acquistarli dalle altre parti, le quali si impegnano a fabbricare e fornire i prodotti in questione alla parte o alle parti che cessano la fabbricazione o si astengono dalla fabbricazione degli stessi.

209.

Le presenti linee direttrici si applicano anche ad altri accordi di subfornitura orizzontali, tra cui gli accordi di subfornitura finalizzati all’espansione della produzione, nell’ambito dei quali il committente non cessa o non limita la propria produzione del prodotto.

3.2.   Mercati rilevanti

210.

Un accordo di produzione inciderà sui mercati direttamente interessati dalla cooperazione, ossia sui mercati ai quali appartengono i prodotti fabbricati nell’ambito dell’accordo di produzione. Tali mercati saranno definiti conformemente alla comunicazione sulla definizione del mercato (155). Un accordo di produzione può altresì avere effetti di ricaduta sui mercati a monte, a valle o contigui rispetto al mercato direttamente interessato dalla cooperazione (i «mercati secondari») (156). I mercati secondari potrebbero essere rilevanti se i mercati sono interdipendenti e le parti hanno una posizione di forza sul mercato secondario.

3.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

211.

Tale valutazione di un accordo di specializzazione inizia chiedendosi se l’accordo contenga restrizioni della concorrenza di cui all’articolo 101, paragrafo 1. In caso di risposta affermativa:

(a)

in primo luogo la valutazione si concentrerà sulla possibilità che l’accordo di specializzazione possa beneficiare dell’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione;

(b)

in secondo luogo, se gli accordi non rientrano nel campo di applicazione di quest’ultimo regolamento, sarebbe necessaria una valutazione individuale dell’accordo al fine di stabilire se l’accordo di specializzazione soddisfa le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

3.3.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

212.

Gli accordi di produzione possono suscitare diverse riserve sotto il profilo della concorrenza, quali:

(a)

una limitazione diretta della concorrenza fra le parti;

(b)

il coordinamento del comportamento concorrenziale delle parti in qualità di fornitori; o

(c)

la preclusione anticoncorrenziale di terzi in un mercato connesso.

213.

Gli accordi di produzione possono comportare una limitazione diretta della concorrenza fra le parti. Gli accordi di produzione, e in particolare le imprese comuni di produzione (157), possono indurre le parti a fissare direttamente: i) i livelli di produzione; ii) la qualità; iii) i prezzi ai quali l’impresa comune vende i propri prodotti; o iv) altri parametri importanti per la concorrenza (ad esempio in termini di innovazione o sostenibilità). Ciò limiterebbe la concorrenza, anche se le parti venderanno autonomamente i prodotti.

214.

Gli accordi di produzione possono altresì determinare un coordinamento del comportamento concorrenziale delle parti in qualità di fornitori, ossia un esito collusivo, che comporta: i) prezzi più elevati; ii) una riduzione della produzione; iii) una riduzione della qualità dei prodotti; iv) una minore varietà di prodotti; o v) una riduzione dell’innovazione. Ciò può verificarsi se:

(a)

le parti detengono potere di mercato; e

(b)

esistono caratteristiche di mercato favorevoli a tale coordinamento, in particolare:

i)

quando l’accordo di produzione aumenta la condivisione dei costi tra le parti (ossia la quota dei costi variabili che le parti condividono) in misura tale da consentire loro di ottenere un esito collusivo; o

ii)

se l’accordo comporta uno scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale che possono determinare un esito collusivo.

215.

Gli accordi di produzione possono inoltre provocare la preclusione anticoncorrenziale dei terzi su un mercato connesso (ad esempio in un mercato a valle che dipende da fattori produttivi provenienti dal mercato nel quale è concluso l’accordo di produzione). Tali riserve sotto il profilo della concorrenza potrebbero concretizzarsi indipendentemente dal fatto che le parti dell’accordo siano concorrenti sul mercato nel quale avviene la cooperazione. Tuttavia, perché questo genere di preclusione abbia effetti anticoncorrenziali, almeno una delle parti deve disporre di una forte posizione sul mercato nel quale esistono rischi di preclusione.

216.

Esempio. Ad esempio, se ottengono un sufficiente potere di mercato, le parti che effettuano una produzione comune in un mercato a monte possono essere in grado di aumentare il prezzo di una componente (o di un fattore produttivo) fondamentale per un mercato a valle. Così facendo, potrebbero usare la produzione comune per causare un incremento dei costi sostenuti dai concorrenti a valle ed emarginarli o anche obbligarli ad abbandonare il mercato. Il potere di mercato a valle detenuto dalle parti risulterebbe a sua volta rafforzato, il che permetterebbe loro di mantenere i prezzi a un livello superiore a quello competitivo o danneggiare i consumatori in altri modi.

3.3.2.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

217.

Gli accordi che prevedono a) la fissazione dei prezzi, b) la limitazione della produzione o c) la ripartizione dei mercati o dei clienti hanno generalmente lo scopo di restringere la concorrenza per oggetto.

218.

Tuttavia, nel contesto degli accordi di produzione, ciò non si applica nei seguenti casi:

(a)

quando le parti fissano la quantità della produzione direttamente interessata dall’accordo (ad esempio, la capacità e il volume di produzione di un’impresa comune, o il volume convenuto di prodotti oggetto di contratti di subfornitura), sempre che non siano eliminati gli altri parametri di concorrenza (ad esempio, i prezzi); o

(b)

quando un accordo di produzione che comprende anche la distribuzione comune dei prodotti fabbricati in comune prevede la fissazione comune dei prezzi di vendita di tali prodotti (e solo di questi) a patto che tale limitazione sia necessaria per la produzione comune, ovvero che in caso contrario non sussisterebbero incentivi per le parti a contrarre l’accordo di produzione.

219.

In questi due casi, gli accordi di produzione che contemplano tali restrizioni dovranno essere valutati al fine di stabilire se possano causare effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Tali restrizioni e gli accordi di produzione non saranno valutati separatamente, ma alla luce degli effetti complessivi sul mercato dell’accordo di produzione nel suo complesso.

3.3.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

220.

La probabilità che in un determinato caso si concretizzino eventuali riserve sotto il profilo della concorrenza che gli accordi di produzione possono suscitare dipende da diverse variabili. Tali variabili determinano i probabili effetti di un accordo di produzione sulla concorrenza e pertanto l’applicabilità dell’articolo 101, paragrafo 1. Tali variabili comprendono:

(a)

le caratteristiche del mercato in cui ha luogo l’accordo;

(b)

la natura della cooperazione;

(c)

la copertura di mercato della cooperazione; e

(d)

i prodotti interessati dalla cooperazione.

221.

La possibilità che un accordo di produzione provochi effetti che limitano la concorrenza dipende dalla relativa situazione controfattuale, cioè dalla situazione che si avrebbe in mancanza dell’accordo e di tutte le sue presunte restrizioni.

222.

Ai fini della valutazione dell’accordo sotto il profilo della concorrenza è utile esaminare se le parti dell’accordo sono in stretta concorrenza fra di loro, se i clienti hanno scarse possibilità di cambiare fornitore, se è poco probabile che i concorrenti rispondano a un incremento dei prezzi aumentando l’offerta e se una delle parti dell’accordo è un’importante forza concorrenziale.

223.

Accordi di produzione che comportano anche funzioni di commercializzazione (ad esempio distribuzione comune o marketing in comune). Tali accordi comportano un rischio più elevato di effetti restrittivi sulla concorrenza rispetto agli accordi puri di produzione comune. La commercializzazione comune riduce la distanza tra la cooperazione e il consumatore e prevede solitamente la fissazione comune dei prezzi e delle vendite, ossia pratiche che comportano i maggiori rischi per la concorrenza.

224.

Tuttavia, in genere, gli accordi di distribuzione comune per prodotti che sono stati prodotti congiuntamente rischiano meno di limitare la concorrenza rispetto ad accordi di distribuzione comune a sé stanti.

225.

In definitiva, è meno probabile che limiti la concorrenza un accordo di distribuzione comune che è necessario ai fini di un accordo di produzione comune rispetto ad un accordo non necessario ai fini della produzione comune.

226.

È improbabile che gli accordi di produzione abbiano effetti restrittivi. È improbabile che taluni accordi di produzione abbiano effetti restrittivi:

227.

gli accordi di produzione fra imprese in concorrenza su mercati interessati da una cooperazione non avranno verosimilmente effetti restrittivi sulla concorrenza se l’accordo di produzione fa sorgere un nuovo mercato (158), ossia se grazie all’accordo le parti sono in grado di lanciare un nuovo bene che, sulla base di effetti oggettivi, non sarebbero state in grado di fornire altrimenti (ad esempio in ragione delle capacità tecniche delle parti);

228.

se le parti dell’accordo non hanno potere di mercato sul mercato oggetto della valutazione di una restrizione della concorrenza, è improbabile che si determini una limitazione diretta della concorrenza fra le parti, una collusione o una preclusione anticoncorrenziale. Solamente il potere di mercato può consentire alle parti dell’accordo di mantenere, in modo economicamente vantaggioso, i prezzi ad un livello superiore a quello competitivo, o di mantenere la produzione, la qualità o la varietà del prodotto, in modo redditizio, al di sotto del livello determinato dalla concorrenza.

3.3.3.1.   Potere di mercato

229.

Il punto di partenza dell’analisi del potere di mercato è a) la quota di mercato detenuta dalle parti individualmente e congiuntamente. A ciò seguirà di regola b) il calcolo dell’indice di concentrazione e del numero di imprese operanti sul mercato, oltre che c) fattori dinamici come i potenziali nuovi operatori e i cambiamenti delle quote di mercato, nonché d) altri fattori pertinenti per la valutazione del potere di mercato.

(A)   QUOTE DI MERCATO

230.

Al di sotto di una certa quota di mercato, è improbabile che le imprese abbiano potere di mercato.

231.

Regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione. La soglia relativa alla quota di mercato ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione è fissata al 20 %. Gli accordi di specializzazione (159) rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione se sono conclusi tra parti con una quota di mercato congiunta non superiore al 20 % sul mercato o sui mercati rilevanti, purché siano soddisfatte le altre condizioni per l’applicazione di tale regolamento.

232.

Zona di sicurezza. Per gli accordi di subfornitura orizzontali, che non rientrano nella definizione di accordo di specializzazione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione (articolo 1, paragrafo 1, lettera a)), è improbabile, nella maggior parte dei casi, che esista un potere di mercato se le parti dell’accordo detengono una quota di mercato congiunta non superiore al 20 %. In ogni caso è probabile che gli accordi di subfornitura orizzontali nell’ambito dei quali la quota di mercato congiunta delle parti non supera il 20 % soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

233.

Quota di mercato superiore al 20 %. Se la quota di mercato congiunta delle parti supera il 20 %, occorre analizzare gli effetti restrittivi. Nel complesso, il rischio che un accordo di produzione possa aumentare gli incentivi delle parti dell’accordo ad aumentare i loro prezzi (e/o a diminuire la qualità e la gamma) è tanto più probabile quanto sono più elevate le quote di mercato congiunte delle parti.

(B)   INDICE DI CONCENTRAZIONE DEL MERCATO

234.

In genere, è più probabile che un accordo di produzione provochi effetti restrittivi sulla concorrenza in un mercato concentrato piuttosto che in un mercato che non lo è. Un accordo di produzione in un mercato concentrato può accrescere il rischio di collusione anche se le parti congiuntamente detengono solo una quota di mercato moderata.

235.

Tuttavia una quota di mercato congiunta delle parti leggermente superiore al 20 % non implica necessariamente un mercato altamente concentrato. Una quota di mercato congiunta leggermente superiore al 20 % può essere compatibile con un mercato moderatamente concentrato.

(C)   FATTORI DINAMICI

236.

Anche se le quote di mercato delle parti dell’accordo e la concentrazione del mercato sono elevate, i rischi di effetti restrittivi sulla concorrenza possono ancora essere bassi se il mercato è dinamico, cioè caratterizzato da frequenti nuovi ingressi e cambiamenti nelle quote di mercato.

(D)   ALTRI FATTORI PERTINENTI PER LA VALUTAZIONE DEL POTERE DI MERCATO

237.

Il numero e l’intensità dei legami (ad esempio, esistenza di altri accordi di cooperazione) tra i concorrenti sul mercato sono rilevanti anche per la valutazione del potere di mercato delle parti.

238.

Inoltre nel caso in cui un’impresa con potere di mercato su un determinato mercato cooperi con un potenziale nuovo operatore, ad esempio con un fornitore dello stesso prodotto su un mercato geografico o del prodotto contiguo, l’accordo potrebbe aumentare il potere di mercato dell’impresa già insediata. Ciò può produrre effetti che limitano la concorrenza se: a) la concorrenza effettiva sul mercato dell’impresa insediata è già debole; e b) la minaccia dell’ingresso di nuovi operatori è una fonte importante di pressioni concorrenziali.

3.3.3.2.   Limitazione diretta della concorrenza fra le parti

239.

La concorrenza fra le parti di un accordo di produzione può essere limitata direttamente in diversi modi. A titolo di esempio:

(a)

Le parti di un’impresa comune di produzione possono, ad esempio, limitare la produzione dell’impresa comune rispetto al livello che avrebbero potuto produrre e immettere sul mercato se ognuna di esse decide il proprio livello di produzione in modo autonomo.

(b)

se le caratteristiche principali del prodotto sono determinate dall’accordo di produzione potrebbero venir eliminate anche le dimensioni fondamentali della concorrenza tra le parti, il che comporterebbe in definitiva effetti restrittivi sulla concorrenza;

(c)

un’impresa comune che applichi un prezzo di trasferimento elevato alle parti dell’accordo di produzione aumenterebbe i costi dei fattori produttivi per le parti e, di conseguenza, i prezzi a valle. In risposta, i concorrenti potrebbero ritenere conveniente aumentare i loro prezzi, contribuendo in tal modo a innalzare i prezzi sul mercato rilevante.

240.

Inoltre per le industrie la cui attività economia principale è rappresentata dalla produzione, anche un semplice accordo di produzione può essere sufficiente a eliminare alcune dimensioni fondamentali della concorrenza, limitando quindi direttamente la concorrenza tra le parti dell’accordo.

3.3.3.3.   Esito collusivo e preclusione anticoncorrenziale

241.

La probabilità di un esito collusivo dipende dal potere di mercato delle parti e dalle caratteristiche del mercato rilevante (cfr. sezione 3.3.3.1). Un esito collusivo può derivare in particolare (ma non solo) dalla condivisione dei costi o dallo scambio di informazioni derivanti dall’accordo di produzione.

242.

Un accordo di produzione può inoltre determinare una preclusione anticoncorrenziale: a) aumentando il potere di mercato delle imprese; o b) aumentando la condivisione dei costi; o c) se comporta lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale.

(A)   CONDIVISIONE DEI COSTI

243.

Un accordo di produzione tra parti con potere di mercato può avere effetti restrittivi sulla concorrenza se aumenta la condivisione dei costi a un livello che consente loro di attuare pratiche collusive (ad esempio concordare prezzi o altri parametri della concorrenza) oppure di precludere a terzi i mercati secondari.

244.

La condivisione dei costi fa riferimento alla percentuale dei costi variabili che le parti dell’accordo condividono. I costi pertinenti sono i costi variabili del prodotto con il quale le parti dell’accordo di produzione competono sul mercato.

245.

Se prima dell’accordo le parti condividevano già un’elevata percentuale di costi variabili, è più probabile che un accordo di produzione determini una collusione o una preclusione in quanto l’incremento supplementare comportato dai costi di produzione dei prodotti oggetto dell’accordo può alterare l’equilibrio e favorire una collusione. Di contro, anche se il livello iniziale di condivisione dei costi è basso, se l’incremento (determinato dai costi di produzione dei prodotti oggetto dell’accordo) è elevato, il rischio di collusione o di preclusione può essere elevato.

246.

La condivisione dei costi aumenta il rischio di collusione o preclusione solo se i costi di produzione rappresentano un’ampia percentuale dei costi variabili in gioco.

(a)

La condivisione dei costi può determinare una collusione nel caso in cui le parti decidano di mettere in comune la produzione di un bene intermedio che rappresenta un’ampia percentuale dei costi variabili del prodotto finale con il quale esse competono sul mercato a valle. Le parti potrebbero utilizzare l’accordo di produzione per aumentare il prezzo di questo importante fattore produttivo comune per i loro prodotti sul mercato a valle. Ciò indebolirebbe la concorrenza a valle e provocherebbe prezzi finali più elevati. Il profitto si sposterebbe dal mercato a valle verso quello a monte, per essere poi suddiviso proficuamente tra le parti mediante l’impresa comune.

(b)

analogamente, la condivisione dei costi aumenta i rischi di preclusione anticoncorrenziale di un accordo di subfornitura orizzontale nel quale il fattore di produzione che il committente acquista dal subfornitore rappresenta un’ampia percentuale dei costi variabili del prodotto finale con il quale le parti competono.

247.

Tuttavia è meno probabile che la condivisione dei costi aumenti il rischio di collusione quando la cooperazione riguarda prodotti che richiedono una commercializzazione costosa. Un esempio in tal senso sono i prodotti nuovi o eterogenei che comportano dispendiose attività di marketing o spese di trasporto elevate.

(B)   SCAMBI DI INFORMAZIONI

248.

Un accordo di produzione può avere effetti che limitano la concorrenza se prevede uno scambio di informazioni commerciali strategiche che può determinare una collusione o una preclusione anticoncorrenziale.

249.

La probabilità che lo scambio di informazioni nell’ambito di un accordo di produzione possa produrre effetti restrittivi sulla concorrenza deve essere valutata conformemente alle indicazioni fornite nel capitolo 6 delle presenti linee direttrici. Gli eventuali effetti negativi provocati da tali scambi di informazioni non saranno valutati separatamente, ma alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di produzione.

250.

È più probabile che l’accordo di produzione soddisfi i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, se lo scambio di informazioni non va al di là della condivisione dei dati necessari per la produzione dei prodotti oggetto dell’accordo, anche se lo scambio di informazioni ha effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. In tal caso, gli incrementi di efficienza derivanti dalla produzione comune potrebbero prevalere sugli effetti restrittivi provocati dal coordinamento del comportamento delle parti.

251.

L’accordo di produzione avrebbe meno probabilità di soddisfare i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, se lo scambio di informazioni andasse oltre quanto necessario per la produzione comune, ad esempio comprendendo informazioni relative a prezzi e vendite.

3.4.   Accordi soggetti all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

252.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione istituisce una zona di sicurezza, a determinate condizioni, per taluni accordi di produzione, denominati «accordi di specializzazione».

253.

Il beneficio dell’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione è limitato a quegli accordi di specializzazione che si possano presumere, con sufficiente certezza, conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

3.4.1.   Accordi di specializzazione

254.

Gli accordi di specializzazione comprendono i seguenti tipi di accordi di produzione orizzontali: gli accordi di specializzazione unilaterale, gli accordi di specializzazione reciproca e gli accordi di produzione comune e riguardano la fabbricazione di beni o la preparazione di servizi.

255.

Accordi di specializzazione unilaterale. Gli elementi fondamentali di tali accordi, quali definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto i), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, sono i seguenti:

(a)

coinvolgono due o più parti; e

(b)

le parti degli accordi operano già nello stesso mercato del prodotto; e

(c)

l’accordo riguarda gli stessi prodotti;

(d)

una o più parti acconsentono a cessare interamente o in parte la fabbricazione di determinati prodotti o ad astenersi dalla fabbricazione di tali prodotti e ad acquistarli dall’altra parte o dalle altre parti; e

(e)

una o più parti diverse acconsentono a fabbricare e fornire tali prodotti all’altra parte o alle altre parti che cessano di produrli o si astengono dal fabbricarli.

256.

La definizione di accordi di specializzazione unilaterale non richiede che: i) le parti operino nel medesimo settore geografico; o ii) la parte o le parti che cessano la fabbricazione di determinati prodotti o si astengono dal fabbricarli riducano la loro capacità (ad esempio vendita di stabilimenti, chiusura di linee di produzione, ecc.), dato che è sufficiente che riducano i loro volumi di produzione.

257.

Accordi di specializzazione reciproca. Gli elementi fondamentali di tali accordi, quali definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto ii), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, sono i seguenti:

(a)

coinvolgono due o più parti; e

(b)

le parti degli accordi operano già nello stesso mercato del prodotto; e

(c)

l’accordo riguarda prodotti diversi; e

(d)

due o più parti acconsentono, su base reciproca, a cessare interamente o in parte la fabbricazione di determinati prodotti, diversi, o ad astenersi dalla loro fabbricazione e ad acquistarli dalle altre parti; e

(e)

tali altre parti acconsentono a fabbricare e fornire tali prodotti alle altre parti che cessano di produrli o si astengono dal fabbricarli.

258.

La definizione di accordi di specializzazione reciproca non richiede che: i) le parti operino nel medesimo settore geografico; o ii) le parti che cessano la fabbricazione di determinati prodotti, diversi, o si astengono dal fabbricarli riducano la loro capacità (ad esempio vendita di stabilimenti, chiusura di linee di produzione, ecc.), dato che è sufficiente che riducano i loro volumi di produzione.

259.

Accordi di produzione comune. Gli elementi fondamentali di tali accordi, quali definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto iii), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, sono i seguenti:

(a)

coinvolgono due o più parti; e

(b)

le parti producono congiuntamente determinati prodotti (cfr. sezione 3.4.3).

260.

La definizione di accordi di produzione comune non richiede che: i) le parti operino già nel medesimo mercato del prodotto; o ii) che una o più parti cessino la fabbricazione di alcun prodotto o si astengano dal fabbricarlo.

3.4.2.   Altre disposizioni contenute negli accordi di specializzazione

261.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione esenta altresì talune disposizioni che possono essere incluse negli accordi di specializzazione.

262.

Disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale a favore di una o più parti (articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione). Tali disposizioni beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione se soddisfano due condizioni cumulative:

(a)

non costituiscono l’oggetto principale dell’accordo di specializzazione; e

(b)

sono direttamente collegate e necessarie all’esecuzione di tale accordo.

263.

Disposizioni in materia di obblighi di fornitura o di acquisto (articolo 2, paragrafo 4, e considerando 11 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione). Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione stabilisce che gli accordi di specializzazione unilaterale e reciproca saranno esentati soltanto se prevedono obblighi di fornitura e di acquisto. In tal caso tali obblighi possono essere esclusivi o meno (considerando 11 del medesimo regolamento).

264.

Per quanto concerne gli obblighi di fornitura esclusiva o di acquisto esclusivo, l’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione stabilisce che l’esenzione si applicherà agli accordi di specializzazione in base ai quali le parti accettano un obbligo di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva.

(a)

Per «obbligo di fornitura esclusiva», quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera j), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, si intende l’obbligo di astenersi dal fornire i prodotti di specializzazione (quali definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento) a un’impresa concorrente diversa da quella o quelle che partecipano all’accordo. Di conseguenza un obbligo di fornitura esclusiva non impedisce alle parti di fornire i prodotti di specializzazione a terzi che non sono imprese concorrenti;

(b)

per «obbligo di acquisto esclusivo», quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, si intende l’obbligo di acquistare i prodotti di specializzazione esclusivamente presso la parte o le parti dell’accordo.

265.

Anche altre disposizioni incluse negli accordi di specializzazione che costituiscono restrizioni accessorie beneficeranno dell’esenzione di cui all’articolo 2 di tale regolamento purché siano soddisfatte le condizioni definite dalla giurisprudenza dell’Unione (160).

3.4.3.   Distribuzione comune e concetto di «comune» ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

266.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione definisce il concetto di «comune» nel contesto della distribuzione. La distribuzione comune può far parte di un accordo di specializzazione e può beneficiare dell’esenzione di cui a tale regolamento se le attività di distribuzione sono svolte in uno dei due seguenti modi:

(a)

la distribuzione è eseguita da un gruppo, un organismo o un’impresa comune; o

(b)

la distribuzione è effettuata da un distributore terzo che soddisfa tre condizioni cumulative:

i)

è designato congiuntamente dalle parti dell’accordo di specializzazione; e

ii)

è designato su base esclusiva o non esclusiva; e

iii)

non si tratta di un concorrente effettivo o potenziale delle parti dell’accordo di specializzazione.

267.

L’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione si applica (161) anche agli accordi di specializzazione nel contesto dei quali le parti a) distribuiscono in comune i prodotti di specializzazione e b) non li vendono in modo indipendente.

268.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione utilizza inoltre il concetto di «comune» nella definizione di «accordi di produzione comune» (articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto iii), di tale regolamento). Tuttavia il termine «comune» non è definito nel contesto della produzione. Di conseguenza ai sensi di tale regolamento la produzione comune può assumere qualsiasi forma.

3.4.4.   Servizi nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

269.

Gli accordi di specializzazione che beneficiano dell’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione possono riguardare anche la preparazione di servizi. La preparazione dei servizi si riferisce alle attività a monte della prestazione di servizi ai clienti (articolo 1, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento). Ad esempio un accordo di specializzazione per la creazione di una piattaforma attraverso la quale sarà prestato un servizio potrebbe essere considerato un accordo relativo alla preparazione di servizi.

270.

Tuttavia, come spiegato al considerando 9 del regolamento in questione, la prestazione di servizi non rientra nel campo di applicazione del medesimo regolamento, tranne che nel quadro di una distribuzione in cui le parti forniscono i servizi preparati nell’ambito dell’accordo di specializzazione.

3.4.5.   Imprese concorrenti: concorrenti effettivi o potenziali

271.

Ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione (articolo 1, paragrafo 1, lettera i)), le imprese concorrenti sarebbero considerate: a) concorrenti effettivi se operano sullo stesso mercato rilevante; b) concorrenti potenziali se, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, sono disposte, in assenza dell’accordo di produzione, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari o a sostenere le altre spese necessarie per entrare nel mercato interessato.

272.

La concorrenza potenziale deve essere esaminata su basi realistiche. Ad esempio, le parti non possono essere definite concorrenti potenziali semplicemente perché l’accordo di specializzazione permette loro di svolgere determinate attività di produzione. La questione determinante consiste nell’accertare se ciascuna delle parti disponga, in modo autonomo, degli strumenti per procedere in tal senso.

3.4.6.   Soglia relativa alla quota di mercato e durata dell’esenzione

3.4.6.1.   Soglia relativa alla quota di mercato

273.

A norma dell’articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, gli accordi di specializzazione beneficiano dell’esenzione se sono soddisfatte le seguenti soglie relative alle quote di mercato:

(a)

la quota di mercato congiunta delle parti non supera il 20 % nel mercato o nei mercati rilevanti interessati dall’accordo di specializzazione, purché siano soddisfatte le altre condizioni di esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione;

(b)

quando i prodotti di specializzazione sono prodotti intermedi e una o più parti utilizzano, totalmente o parzialmente in modo vincolato, tali prodotti per la produzione di determinati prodotti a valle che le parti provvedono altresì a vendere, l’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione è subordinata:

i)

a una quota di mercato congiunta delle parti non superiore al 20 % sul mercato o sui mercati rilevanti cui appartengono il prodotto o i prodotti di specializzazione; e

ii)

a una quota di mercato congiunta delle parti non superiore al 20 % sul mercato o sui mercati rilevanti cui appartengono il prodotto o i prodotti a valle. Ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione per «prodotti a valle» si intendono i prodotti per i quali una o più parti utilizzano, come fattori produttivi, prodotti di specializzazione e che sono venduti sul mercato dalle parti stesse (articolo 1, paragrafo 1, lettera g)).

3.4.6.2.   Calcolo delle quote di mercato

274.

Ai sensi dell’articolo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, le quote di mercato devono essere calcolate sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente.

275.

Per taluni mercati può essere necessario calcolare le quote di mercato sulla base di una media delle quote di mercato detenute dalle parti negli ultimi tre anni civili precedenti. Ciò può essere pertinente ad esempio quando vi sono mercati degli appalti e le quote di mercato possono variare significativamente (ad esempio dallo 0 % al 100 %) da un anno all’altro, a seconda che una parte vinca o non vinca la procedura di gara. Ciò può essere pertinente anche per i mercati caratterizzati da ordini di grande entità e concentrati, per i quali la quota di mercato dell’anno civile precedente può non essere rappresentativa, ad esempio se nell’anno civile precedente non sono stati effettuati ordini di grandi dimensioni. Un’altra situazione in cui può essere necessario calcolare le quote di mercato sulla base di una media degli ultimi tre anni civili precedenti è quella in cui si verifica uno shock a livello dell’offerta o della domanda nell’anno civile antecedente l’accordo di cooperazione.

276.

Per quanto riguarda i parametri per il calcolo delle quote di mercato, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione prevede che il calcolo delle quote di mercato si basi sul valore delle vendite. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite, la quota di mercato delle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato.

277.

Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione i termini «impresa» e «parte» includono le «imprese collegate» come definite all’articolo 1, paragrafo 2. A norma dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, la quota di mercato detenuta dalle parti dell’accordo di specializzazione e dalle imprese collegate è ripartita in parti uguali tra ciascuna impresa che dispone dei seguenti diritti o poteri:

(a)

il potere di esercitare, direttamente o indirettamente, più della metà dei diritti di voto;

(b)

il potere di nominare, direttamente o indirettamente, più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o del consiglio di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o

(c)

il diritto di gestire, direttamente o indirettamente, gli affari dell’impresa.

3.4.6.3.   Durata dell’esenzione

278.

L’esenzione di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione non è soggetta a una durata specifica. L’esenzione è applicabile per la durata dell’accordo di specializzazione, purché siano rispettate le soglie relative alle quote di mercato.

279.

Il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione prevede che se la quota di mercato congiunta delle parti è superiore al 20 % in almeno uno dei mercati interessati dall’accordo di specializzazione, l’esenzione continuerà ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui il limite del 20 % è stato superato per la prima volta.

3.4.7.   Restrizioni fondamentali di cui al regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

3.4.7.1.   Restrizioni fondamentali

280.

L’articolo 5 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione contiene un elenco di restrizioni fondamentali. Le restrizioni fondamentali sono considerate gravi restrizioni della concorrenza che nella maggior parte dei casi dovrebbero essere vietate in ragione dei danni che provocano al mercato e ai consumatori. Gli accordi di specializzazione che contemplano una o più restrizioni fondamentali sono esclusi nel loro complesso dal campo di applicazione dell’esenzione prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione.

281.

Le restrizioni fondamentali elencate all’articolo 5 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione possono essere raggruppate nelle seguenti categorie:

(a)

la fissazione dei prezzi in caso di vendita di prodotti di specializzazione a terzi;

(b)

la limitazione della produzione o delle vendite; e

(c)

la ripartizione di mercati o clienti.

282.

Tali restrizioni possono essere attuate a) direttamente o indirettamente e b) isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti dell’accordo di specializzazione.

3.4.7.2.   Eccezioni

283.

L’articolo 5 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione contempla altresì diverse eccezioni in relazione alle restrizioni fondamentali. Gli accordi di specializzazione che contengono tali disposizioni possono comunque essere esentati se sono soddisfatte le altre condizioni di esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione.

(a)

Fissazione dei prezzi: nell’ambito della distribuzione comune, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione consente la fissazione dei prezzi praticati nei confronti dei clienti diretti (articolo 5, paragrafo 1, secondo comma);

(b)

limitazione della produzione o delle vendite:

i)

nel contesto di accordi di specializzazione unilaterale o reciproca, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione consente disposizioni relative alle quantità di prodotti concordate che i) una o più parti cesserebbero di fabbricare o preparare e/o che ii) una o più parti fabbricherebbero o preparerebbero per l’altra parte o le altre parti (articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera a));

ii)

nel contesto di accordi di produzione comune, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione consente disposizioni relative alla fissazione della capacità e dei volumi di produzione delle parti per quanto riguarda i prodotti di specializzazione (articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera b));

iii)

nell’ambito della distribuzione comune, il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione consente disposizioni che fissano obiettivi di vendita relativi ai prodotti di specializzazione (articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)).

3.4.8.   Revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

284.

Gli articoli 6 e 7 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione prevedono che la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possano revocare il beneficio del medesimo regolamento a norma, rispettivamente, dell’articolo 29, paragrafo 1, e dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare se:

(a)

i mercati rilevanti sono molto concentrati; e

(b)

la concorrenza è già scarsa, in particolare a causa di: i) posizioni individuali occupate da altri operatori economici del settore; o ii) legami esistenti tra altri operatori economici per effetto di accordi paralleli di specializzazione.

285.

Gli orientamenti previsti per la revoca dei benefici del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo si applicano anche alla revoca dei benefici del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione (cfr. punto 2.7 delle presenti linee direttrici).

3.5.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, degli accordi di produzione che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione

286.

Non esiste alcuna presunzione secondo la quale gli accordi di produzione che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Tali accordi di produzione richiedono una valutazione individuale.

287.

La valutazione individuale di tali accordi di produzione inizia interrogandosi in merito all’eventualità o meno che l’accordo limiti la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (162). In caso affermativo, le imprese dovrebbero valutare se l’accordo di produzione soddisfa le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

3.5.1.   Incrementi di efficienza

288.

Gli accordi di produzione possono apportare incrementi di efficienza:

(a)

consentendo alle imprese di risparmiare costi che altrimenti duplicherebbero;

(b)

aiutando le imprese a migliorare la qualità del prodotto se uniscono competenze e know-how complementari;

(c)

consentendo alle imprese di ampliare la varietà dei prodotti, un’operazione che sarebbe stata troppo costosa o che non sarebbero state in grado di realizzare altrimenti;

(d)

consentendo alle imprese di migliorare le tecnologie di produzione o di lanciare prodotti nuovi (quali prodotti sostenibili), cosa che non sarebbero state altrimenti in grado di fare (ad esempio in ragione delle capacità tecniche delle parti);

(e)

incentivando le imprese a, e consentendo loro di, adattare le loro capacità di produzione a un improvviso aumento della domanda o a un calo dell’offerta di determinati prodotti, con il conseguente rischio di penurie;

(f)

affrontando le penurie e le perturbazioni nella catena di approvvigionamento in settori critici dell’economia, consentendo alle parti di ridurre le dipendenze da un numero troppo limitato di fornitori di determinati prodotti, servizi e tecnologie;

(g)

consentendo alle imprese di produrre a costi inferiori se la cooperazione consente alle parti di accrescere la produzione fino al punto in cui i costi marginali diminuiscono con l’aumentare della produzione, ossia di realizzare economie di scala; e

(h)

consentendo risparmi sui costi grazie ad economie di diversificazione, se l’accordo consente alle parti di aumentare il numero di diversi tipi di prodotti.

289.

Tali incrementi di efficienza possono contribuire alla resilienza del mercato interno.

3.5.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

290.

Le restrizioni superiori a quanto necessario per conseguire gli incrementi di efficienza generati da un accordo di produzione non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Ad esempio, le restrizioni imposte da un accordo di produzione al comportamento concorrenziale delle parti riguardo alla produzione non oggetto della cooperazione non saranno di norma ritenute indispensabili. Analogamente, la fissazione comune dei prezzi non sarà considerata indispensabile se l’accordo di produzione non comprende anche la commercializzazione comune.

3.5.3.   Trasferimento ai consumatori

291.

Gli incrementi di efficienza conseguiti tramite restrizioni indispensabili devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza ad esempio sotto forma di prezzi più bassi o di una migliore qualità o varietà dei prodotti.

292.

Gli incrementi di efficienza che vanno ad esclusivo beneficio delle parti o la riduzione dei costi causata da un calo della produzione o dalla ripartizione del mercato non sono considerati sufficienti per soddisfare i criteri dell’articolo 101, paragrafo 3.

293.

È più probabile che le parti dell’accordo di produzione trasferiscano ai consumatori il beneficio della riduzione dei costi se questa interessa i costi variabili anziché i costi fissi.

294.

Inoltre, più è elevato il potere di mercato delle parti, più è difficile che queste trasferiscano gli incrementi di efficienza ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza.

3.5.4.   Non eliminazione della concorrenza

295.

I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, non possono essere soddisfatti se l’accordo permette alle parti di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti rilevanti. Tale circostanza deve essere esaminata in relazione al mercato al quale appartengono i prodotti contemplati dalla cooperazione e ad eventuali mercati secondari.

3.6.   Accordi di condivisione di infrastrutture mobili

296.

In questa sezione la Commissione fornisce orientamenti in merito a uno specifico tipo di accordo di produzione concernente le infrastrutture mobili, ossia gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili (163). Le reti di connettività sono alla base di un’economia e di una società digitali, aspetti che interessano praticamente tutte le imprese e tutti i consumatori. Gli operatori di reti mobili spesso cooperano per migliorare l’efficacia in termini di costi dell’installazione delle loro reti (164).

297.

Gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili sono un’esemplificazione degli accordi di specializzazione che riguardano la preparazione congiunta di servizi. Negli accordi di condivisione di infrastrutture mobili, gli operatori di reti mobili accettano di condividere taluni elementi infrastrutturali. Può rientrare in tale contesto la condivisione della loro infrastruttura di base quali piloni, armadi, antenne o alimentatori («condivisione passiva» o «condivisione di siti»). Gli operatori di reti mobili possono inoltre condividere le apparecchiature della rete di accesso via radio («RAN», Radio Access Network) presso siti quali stazioni ricetrasmittenti di base o nodi di controllo («condivisione attiva della RAN») o il loro spettro, ossia le bande di frequenza («condivisione dello spettro») (165).

298.

La Commissione riconosce i potenziali benefici degli accordi di condivisione di infrastrutture mobili derivanti dalla riduzione dei costi o dal miglioramento della qualità. Le riduzioni dei costi, ad esempio dei costi relativi alla realizzazione e alla manutenzione, possono andare a vantaggio dei consumatori sotto forma di prezzi più bassi. Una migliore qualità dei servizi o una più ampia varietà di prodotti e servizi può derivare, ad esempio, da una più rapida realizzazione di reti e tecnologie nuove, da una copertura più ampia o da reti più fitte. La condivisione di infrastrutture mobili può altresì consentire l’emergere della concorrenza che altrimenti non esisterebbe (166). La Commissione ha inoltre constatato in generale che gli operatori di reti mobili possono beneficiare di ampie reti efficienti concludendo accordi di condivisione di reti senza necessità di consolidamento mediante fusioni.

299.

La Commissione ritiene che gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili, tra cui una possibile condivisione dello spettro, non sia in linea di principio restrittiva della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, fatto salvo il caso in cui tali accordi fungano da strumento per attuare un cartello.

300.

Gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili possono tuttavia dare origine a effetti restrittivi sulla concorrenza, potendo limitare la concorrenza a livello di infrastrutture che invece sarebbe maggiore in assenza dell’accordo (167). Una minore concorrenza a livello di infrastrutture può a sua volta limitare la concorrenza tanto all’ingrosso quanto al dettaglio. Ciò è dovuto al fatto che una concorrenza più limitata a livello di infrastrutture può incidere su parametri quali il numero e l’ubicazione dei siti, i tempi di realizzazione dei siti e la quantità di capacità installata presso ciascun sito, il che, a sua volta, può incidere sulla qualità del servizio e sui prezzi.

301.

Gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili possono altresì ridurre di fatto l’indipendenza decisionale delle parti e limitare la capacità di queste ultime nel partecipare a una concorrenza a livello infrastrutturale tra di loro e gli incentivi a farlo. Ad esempio ciò potrebbe dipendere da alcune condizioni tecniche (168), contrattuali o finanziarie dell’accordo (169). Anche gli scambi di informazioni tra le parti possono risultare problematici dal punto di vista della concorrenza, in particolare quando vanno oltre quanto strettamente necessario per il funzionamento dell’accordo di condivisione di infrastrutture mobili.

302.

Sebbene la valutazione sotto il profilo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 debba essere sempre condotta caso per caso (170), possono essere forniti ampi principi che fungano da orientamento per lo svolgimento di tale valutazione per i diversi tipi di accordi di condivisione di infrastrutture mobili:

(a)

è improbabile che una condivisione passiva produca effetti restrittivi sulla concorrenza se gli operatori di rete mantengono un grado significativo di indipendenza e flessibilità nella definizione della loro strategia commerciale, delle caratteristiche dei loro servizi e degli investimenti nella rete;

(b)

gli accordi di condivisione attiva della RAN sono maggiormente suscettibili di produrre effetti restrittivi sulla concorrenza, poiché, rispetto alla condivisione passiva, è probabile che la condivisione attiva della RAN comporti una cooperazione più ampia in relazione ad elementi di rete che potrebbero incidere non soltanto sulla copertura ma anche sullo sviluppo indipendente della capacità;

(c)

gli accordi di condivisione dello spettro (denominati anche «accordi di messa in comune dello spettro») costituiscono una cooperazione di più ampia portata e possono limitare ulteriormente la capacità delle parti di differenziare ulteriormente le loro offerte al dettaglio e/o all’ingrosso e limitare direttamente la concorrenza tra di esse (171). Sebbene le autorità competenti non impediscano la condivisione dello spettro radio nelle condizioni associate ai diritti d’uso dello spettro radio (172), tali accordi devono essere esaminati con cautela ai sensi dell’articolo 101 (173).

303.

Nel condurre la valutazione dell’eventualità che un accordo di condivisione di infrastrutture mobili possa avere effetti restrittivi sulla concorrenza, risultano pertinenti svariati fattori, tra i quali:

(a)

il tipo e la profondità della condivisione (compreso il grado di indipendenza mantenuto dagli operatori di rete) (174);

(b)

la portata dei servizi condivisi e delle tecnologie condivise, la durata e la struttura poste in essere dagli accordi;

(c)

la portata geografica e la copertura di mercato dell’accordo di condivisione di infrastrutture mobili (ad esempio la copertura in termini di popolazione e l’eventualità che l’accordo riguardi zone densamente popolate) (175);

(d)

la struttura e le caratteristiche del mercato (quote di mercato delle parti, quantità di spettro detenuto dalle parti, grado di concorrenza tra le parti, numero di operatori esclusi dall’accordo e portata della pressione concorrenziale da essi esercitata, barriere all’ingresso, ecc.).

304.

Sebbene ciò non comporti automaticamente il rispetto dell’articolo 101, affinché un accordo di condivisione di infrastrutture mobili venga preso in considerazione prima facie come non suscettibile di produrre effetti restrittivi ai sensi dell’articolo 101, tale accordo dovrebbe quanto meno soddisfare le condizioni seguenti:

(a)

gli operatori controllano e gestiscono la propria rete principale e non esistono disincentivi tecnici, contrattuali, finanziari o di altra natura che impediscono agli operatori di diffondere individualmente/unilateralmente la loro infrastruttura, effettuare aggiornamenti e innovazioni qualora intendano procedere in tal senso;

(b)

gli operatori mantengono operazioni indipendenti al dettaglio e all’ingrosso (indipendenza decisionale tecnica, commerciale e di altra natura). Rientra in tale contesto la libertà degli operatori di fissare i prezzi per i propri servizi, di determinare i parametri del prodotto/raggruppamento di prodotti, di seguire strategie di spettro indipendenti, nonché di differenziare i propri servizi in base alla qualità e ad altri parametri;

(c)

gli operatori non si scambiano più informazioni di quanto sia strettamente necessario per la condivisione delle infrastrutture mobili da gestire e sono state attivate le necessarie barriere allo scambio di informazioni.

305.

Il mancato soddisfacimento di tali condizioni minime da parte dell’accordo di condivisione di infrastrutture mobili fornisce un’indicazione del fatto che tale accordo è suscettibile di produrre effetti restrittivi ai sensi dell’articolo 101.

3.7.   Esempi

306.

Limitazione diretta della concorrenza

Esempio n. 1

Situazione: due fornitori, le imprese A e B, di un prodotto X decidono di chiudere gli impianti produttivi obsoleti che hanno attualmente e di costruirne uno nuovo, più grande ed efficiente gestito da un’impresa comune, con una capacità superiore alla capacità totale dei vecchi impianti di A e B. I concorrenti stanno utilizzando i loro impianti a piena capacità e non hanno piani di espansione. A e B detengono quote di mercato rispettivamente del 20 % e del 25 % sul mercato rilevante del prodotto X. Il mercato è concentrato, stagnante, non vi è stato alcun ingresso recente e le quote di mercato sono rimaste stabili nel tempo. I costi di produzione rappresentano la maggior parte dei costi variabili sostenuti da A e B per il prodotto X. Al confronto con la produzione, la commercializzazione è un’attività economica minore in termini di costi e di importanza strategica: i costi di marketing sono bassi poiché il prodotto X è omogeneo e consolidato, i costi di trasporto non sono un fattore determinante della concorrenza.

Analisi: il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione non si applica a questo esempio dato che la quota di mercato congiunta delle parti supera il 20 % nel mercato rilevante del prodotto X. Di conseguenza sarebbe necessaria una valutazione individuale dell’accordo di produzione.

Se A e B condividessero la totalità o la maggioranza dei loro costi variabili, l’accordo di produzione determinerebbe una limitazione diretta della concorrenza tra loro. L’accordo limiterebbe la produzione dell’impresa comune rispetto al livello che le parti avrebbero potuto immettere sul mercato se ognuna di esse avesse deciso il proprio livello di produzione in modo autonomo. Alla luce dei vincoli limitati che i concorrenti eserciteranno in termini di capacità, la riduzione della produzione in questione potrebbe determinare un aumento dei prezzi.

Di conseguenza è probabile che l’impresa comune di produzione di A e B comporterebbe effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, sul mercato del prodotto X.

La sostituzione dei due impianti di produzione più piccoli e obsoleti con uno nuovo può indurre l’impresa comune a produrre di più a prezzi inferiori a beneficio dei consumatori. Ciò nonostante, l’accordo di produzione può soddisfare i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, solamente se le parti forniscono elementi di prova verificabili che gli incrementi di efficienza saranno sostanziali e verosimilmente trasferiti ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza.

307.

Esiti collusivi

Esempio n. 2

Situazione: due fornitori, le imprese A e B, creano un’impresa comune di produzione relativamente al prodotto Y. A e B detengono rispettivamente una quota del 15 % e del 10 % sul mercato del prodotto Y. Sul mercato ci sono altri tre operatori: C, D ed E che detengono rispettivamente una quota di mercato del 30 %, 25 % e 20 %. B ha già costruito uno stabilimento di produzione comune con D. Il prodotto Y è omogeneo, la tecnologia di base è semplice e i fornitori sostengono costi variabili molto simili.

Analisi: il mercato è caratterizzato da pochissimi operatori con quote di mercato e costi di produzione variabili simili. La cooperazione fra A e B aggiungerebbe un legame supplementare nel mercato, aumentandone di fatto la concentrazione in quanto collegherebbe D ad A e B. È probabile che tale cooperazione aumenti il rischio di collusione e produca quindi effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, potrebbero essere soddisfatti solamente in presenza di significativi incrementi di efficienza che vengono trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza. Tuttavia, in questo esempio, date le caratteristiche omogenee del prodotto Y e la semplicità della tecnologia sottostante, ciò appare improbabile.

308.

Preclusione anticoncorrenziale

Esempio n. 3

Situazione: le imprese A e B costituiscono un’impresa comune di produzione per il prodotto intermedio X, la quale copre l’intera produzione di X. Il prodotto intermedio X è il fattore di produzione fondamentale per la produzione del prodotto a valle Y e non esiste nessun altro prodotto che possa essere utilizzato come fattore produttivo alternativo. I costi di produzione di X rappresentano il 70 % dei costi variabili del prodotto finale Y, con il quale A e B competono a valle. A e B detengono ognuna una quota di mercato del 20 % sul mercato di Y, l’ingresso di nuovi concorrenti è limitato e le quote di mercato sono rimaste stabili nel tempo. Oltre a soddisfare la loro domanda interna del bene X (uso vincolato), sia A che B detengono una quota di mercato del 40 % sul mercato di X (vendite a terzi). Esistono forti barriere all’ingresso sul mercato di X e i produttori esistenti operano quasi a piena capacità. Sul mercato di Y esistono altri due grandi fornitori, ognuno con una quota di mercato del 15 %, oltre a numerosi concorrenti di minori dimensioni. Tale accordo genera risparmi sui costi fissi, sotto forma di riduzione dei costi della sede centrale, con conseguenti economie di scala per l’impresa comune.

Analisi: il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione non si applica a questo esempio dato che la quota di mercato congiunta delle parti supera il 20 % nel mercato del prodotto intermedio X e nel mercato del prodotto a valle Y. Di conseguenza sarebbe necessaria una valutazione individuale dell’accordo di produzione.

Grazie all’impresa comune di produzione, A e B sarebbero in grado di controllare la maggior parte delle forniture del fattore produttivo fondamentale X ai loro concorrenti sul mercato a valle di Y. Ciò offrirebbe ad A e B la possibilità di innalzare i costi a carico dei concorrenti, aumentando artificialmente il prezzo di X o riducendone la produzione. Ciò potrebbe precludere ai concorrenti di A e B l’ingresso sul mercato di Y. A causa della probabile preclusione anticoncorrenziale a valle, questo accordo avrà verosimilmente effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. È difficile che le economie di scala ottenute dall’impresa comune di produzione compensino gli effetti restrittivi sulla concorrenza e pertanto molto probabilmente questo accordo non soddisferà i criteri dell’articolo 101, paragrafo 3.

309.

Accordi di produzione sotto forma di ripartizione del mercato

Esempio n. 4

Situazione: le imprese A e B fabbricano individualmente i prodotti X e Y, che appartengono a mercati del prodotto distinti. La quota di A sul mercato di X è del 30 % e sul mercato di Y del 10 %. La quota di B sul mercato di X è del 10 % e sul mercato di Y del 30 %. Per conseguire economie di scala nella produzione, A e B concludono un accordo di specializzazione reciproca, in virtù del quale A produrrà soltanto X e B solamente Y. Esse decidono inoltre di non fornirsi reciprocamente il prodotto, in modo che A venda solo il prodotto X e B solo Y. Le parti sostengono che con tale specializzazione possono ridurre i costi fissi in maniera significativa grazie a economie di scala e che, concentrandosi solo su un prodotto, miglioreranno le loro tecnologie di produzione ottenendo così prodotti di qualità più elevata.

Analisi: il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione non si applica in quanto la quota di mercato congiunta delle parti supera il 20 % in ciascuno dei mercati del prodotto per X e Y. Inoltre, l’accordo concluso tra A e B non rientra nella definizione di accordo di specializzazione reciproca ai sensi di tale regolamento, in quanto non vi sono forniture incrociate (ossia le parti non hanno concordato di acquistare i prodotti X e Y rispettivamente da B ed A, che si impegnano a produrli e a fornirli). Sarebbe pertanto necessaria una valutazione individuale dell’accordo di produzione.

Per quanto riguarda i suoi effetti sulla concorrenza sul mercato, l’accordo di produzione in questione ripartisce i mercati dei prodotti X e Y tra le parti. Pertanto, l’accordo costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto. Poiché i presunti incrementi di efficienza sotto forma di riduzione di costi fissi e di miglioramento della tecnologia produttiva sono esclusivamente collegati alla ripartizione del mercato, è poco probabile che controbilancino gli effetti restrittivi dell’accordo e quest’ultimo non soddisferebbe pertanto i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In ogni caso, se A o B ritengono più efficiente concentrarsi unicamente su un prodotto, possono semplicemente decidere unilateralmente di produrre solo X o Y senza stabilire al contempo che l’altra impresa si concentri rispettivamente sulla produzione dell’altro prodotto.

310.

Scambio di informazioni

Esempio n. 5

Situazione: le imprese A e B producono entrambe Z, un prodotto chimico di base. Z è un prodotto omogeneo, fabbricato conformemente a una norma europea che non consente modifiche del prodotto. I costi di produzione sono un fattore di costo significativo per Z. Sul mercato di Z, che comprende tutta l’Unione europea, A detiene una quota di mercato del 20 % e B del 25 %. Sul mercato di Z ci sono altri quattro produttori che detengono quote di mercato rispettivamente pari al 20 %, 15 %, 10 % e 10 %. L’impianto di produzione di A è ubicato in Europa settentrionale, nello Stato membro X, mentre lo stabilimento di B si trova in Europa meridionale, nello Stato membro Y. Sebbene la maggior parte dei clienti di A si trovino in Europa settentrionale, A ha vari clienti anche in Europa meridionale. Anche B ha vari clienti in Europa meridionale, nonostante ne abbia anche in Europa settentrionale. Attualmente, A fornisce il prodotto Z fabbricato nel suo stabilimento situato in X ai suoi clienti in Europa meridionale, trasportandolo in camion. Analogamente, B fornisce ai clienti in Europa settentrionale il prodotto Z fabbricato nel suo stabilimento situato in Y, trasportandolo a mezzo autocarro. I costi di trasporto sono abbastanza elevati, ma non a tal punto da rendere non remunerative le consegne di A in Europa meridionale e quelle di B in Europa settentrionale.

A e B decidono che sarebbe più efficiente se A cessasse di trasportare il prodotto Z da X verso l’Europa meridionale e se B smettesse di trasportarlo da Y verso l’Europa settentrionale, pur desiderando mantenere al tempo stesso i loro clienti esistenti. A tal fine, A e B intendono concludere un accordo di swap (interscambio) in virtù del quale possono acquistare una quantità annua convenuta di Z dallo stabilimento dell’altra parte allo scopo di venderla ai loro clienti situati più vicino a quello stabilimento. Per calcolare un prezzo di acquisto che non favorisca una parte rispetto all’altra e che prenda in debita considerazione i differenti costi di produzione delle parti e i diversi risparmi sui costi di trasporto e per assicurare che entrambe le parti possano ottenere un margine appropriato, A e B concordano di scambiarsi reciprocamente informazioni relative ai costi principali connessi a Z (ovvero i costi di produzione e di trasporto).

Analisi: il fatto che A e B, concorrenti fra loro, si scambino parti della propria produzione non solleva di per sé riserve sotto il profilo della concorrenza. Tuttavia l’accordo prevede anche che le parti si scambino informazioni sui costi di produzione e di trasporto relativi a Z. Inoltre, A e B dispongono insieme di una forte posizione su un mercato molto concentrato di un prodotto di base omogeneo. Di conseguenza, dato l’ampio scambio di informazioni relative a un parametro chiave della concorrenza relativamente a Z, è probabile che l’accordo di swap concluso tra A e B determini effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, in quanto può determinare una collusione. Anche se l’accordo consentirà notevoli incrementi di efficienza sotto forma di riduzione dei costi per le parti, le restrizioni della concorrenza generate dall’accordo non sono indispensabili ai fini del loro ottenimento. Le parti potrebbero ottenere riduzioni dei costi analoghe accordandosi su una formula per il calcolo del prezzo che non comporta la divulgazione dei loro costi di produzione e trasporto. Di conseguenza, l’accordo di swap nella sua formulazione attuale non rispetta i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

4.   ACCORDI DI ACQUISTO

4.1.   Introduzione

311.

Il presente capitolo verte sugli accordi per l’acquisto in comune di prodotti da parte di diverse imprese congiuntamente. L’acquisto in comune può essere effettuato da un’impresa comune, da un’impresa nella quale diverse imprese detengono partecipazioni non maggioritarie, da una cooperativa o da una cooperativa di cooperative, mediante un accordo di natura contrattuale o anche attraverso una forma di cooperazione meno stretta, ad esempio con un acquirente o un negoziatore che rappresenta un gruppo di acquirenti («accordi di acquisto in comune»).

312.

Gli accordi di acquisto in comune si possono riscontrare in diversi settori economici e comportano la messa in comune delle attività di acquisto. Possono consistere nel mettere in comune gli acquisti effettivi tramite l’accordo di acquisto in comune e possono altresì limitarsi a una negoziazione congiunta del prezzo di acquisto, di taluni elementi del prezzo o di altri termini e condizioni, lasciando gli acquisti effettivi ai singoli membri, nel rispetto del prezzo e delle condizioni negoziati congiuntamente. Un accordo di acquisto in comune può altresì comportare lo svolgimento di attività aggiuntive quali la distribuzione comune, il controllo di qualità e l’immagazzinamento, evitando la duplicazione dei costi di consegna. A seconda del settore, l’acquirente può consumare i prodotti o utilizzarli come fattori produttivi per le proprie attività, ad esempio nel caso di energia o fertilizzanti. Gruppi di potenziali licenziatari possono altresì negoziare congiuntamente con i licenzianti accordi di licenza per brevetti essenziali al fine di incorporare tale tecnologia nei loro prodotti (talvolta denominati «gruppi di negoziazione per la concessione di licenze»). Nel settore della distribuzione, gli acquirenti possono semplicemente rivendere i prodotti, come ad esempio i beni di consumo in rapida evoluzione, l’elettronica di consumo o altri beni di consumo. Questi ultimi gruppi di acquirenti costituiti da venditori al dettaglio indipendenti, catene di vendita al dettaglio o gruppi di venditori al dettaglio sono generalmente denominati «alleanze per la vendita al dettaglio» (176).

313.

Gli accordi di acquisto in comune mirano di norma a creare un certo potere degli acquirenti nei confronti di fornitori di grandi dimensioni, che i singoli membri dell’accordo di acquisto in comune non eserciterebbero se agissero separatamente anziché congiuntamente. La valutazione di tali accordi si concentra pertanto principalmente sul mercato di acquisto nel quale l’accordo di acquisto in comune genera il potere di acquisto dei suoi membri e dove avvengono gli acquisti o i negoziati con i fornitori Il potere d’acquisto di un’organizzazione di acquisto in comune può permettere di ottenere prezzi più bassi e una maggiore varietà o una migliore qualità di prodotti o servizi per i consumatori. Le imprese possono altresì concludere accordi di acquisto in comune quando ciò consente loro di prevenire penurie o affrontare interruzioni nella produzione di determinati prodotti, evitando così interruzioni della catena di approvvigionamento. Tuttavia, in alcune circostanze, il potere d’acquisto può anche suscitare riserve sotto il profilo della concorrenza, come illustrato nella sezione 4.2.3.

314.

Gli accordi di acquisto in comune possono comprendere accordi sia verticali che orizzontali. In tali casi occorre svolgere un’analisi in due tempi. Innanzitutto gli accordi orizzontali fra imprese concorrenti che effettuano acquisti in comune o le decisioni adottate dall’associazione di imprese devono essere valutati in base ai principi descritti nelle presenti linee direttrici. Se da tale valutazione emerge che l’accordo di acquisto in comune non suscita riserve sotto il profilo della concorrenza, sarà necessaria un’ulteriore valutazione per esaminare i pertinenti accordi verticali tra l’organizzazione di acquisto in comune e un suo singolo membro e tra l’organizzazione di acquisto in comune e i fornitori. Questa seconda valutazione si baserà sui principi stabiliti nel regolamento di esenzione per categoria e negli orientamenti sulle restrizioni verticali. Gli accordi verticali che non rientrano nel campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali non sono ritenuti illegali ma necessitano un esame individuale.

4.2.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

4.2.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

315.

Gli accordi di acquisto possono produrre effetti restrittivi sulla concorrenza nei mercati d’acquisto a monte e/o di vendita a valle, sotto forma di aumento dei prezzi, limitazioni della produzione, riduzione della qualità o varietà del prodotto e dell’innovazione, ripartizioni dei mercati o preclusioni anticoncorrenziali di altri eventuali acquirenti

4.2.2.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

316.

Gli accordi di acquisto in comune non costituiscono di norma una restrizione della concorrenza per oggetto se riguardano effettivamente l’acquisto in comune, ossia se l’accordo di acquisto in comune comporta la negoziazione e la conclusione collettive di un accordo, per conto dei suoi membri, con un determinato fornitore in relazione a una o più condizioni commerciali. Occorre operare una distinzione tra tali accordi e i cartelli fra acquirenti, ossia accordi o pratiche concordate tra due o più acquirenti destinati a:

(a)

coordinare la condotta concorrenziale individuale di tali acquirenti sul mercato o a influire sui pertinenti parametri di concorrenza mediante pratiche consistenti, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, nel fissare o coordinare i prezzi di acquisto o loro elementi (compresi accordi di fissazione dei salari o che prevedono il non pagamento di alcun prezzo per un prodotto) o altre condizioni commerciali, nell’assegnare quote di acquisto e nel ripartire i mercati e i fornitori; e

(b)

influenzare le trattative individuali o gli acquisti individuali di tali acquirenti in relazione ai fornitori, ad esempio attraverso il coordinamento delle strategie di negoziazione dei prezzi degli acquirenti o scambi sullo stato di tali trattative con i fornitori.

317.

I cartelli fra acquirenti hanno per oggetto la distorsione del processo di concorrenza nel mercato interno (177) in violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a) (178). Nel contesto di un cartello fra acquirenti, questi ultimi coordinano tra loro il comportamento da adottare in vista della loro interazione individuale con il fornitore sul mercato degli acquisti. Se gli acquirenti trattano individualmente con i fornitori, dovrebbero prendere le proprie decisioni di acquisto in modo indipendente l’uno dall’altro, senza eliminare l’incertezza strategica tra di loro attraverso accordi e pratiche concordate o aumentare artificiosamente la trasparenza riguardo al loro comportamento futuro sul mercato. È evidente che ciò non avviene quando gli acquirenti fissano il prezzo di acquisto tra di loro e poi ciascuno di essi negozia e acquista individualmente presso il fornitore.

318.

Un cartello fra acquirenti può esistere anche quando gli acquirenti convengono di scambiarsi informazioni sensibili dal punto di vista commerciale sulle rispettive intenzioni di acquisto o sui rispettivi negoziati con i fornitori, al di fuori di un genuino accordo di acquisto in comune che serva per interagire collettivamente, per conto dei suoi membri, con i fornitori (179). Ciò riguarda, in particolare, gli scambi fra acquirenti sui prezzi di acquisto (prezzi massimi, sconti minimi e altri aspetti dei prezzi) da pagare, sui termini e sulle condizioni, sulle fonti di approvvigionamento (in termini tanto di fornitori quanto di territori), sui volumi e sulle quantità, sulla qualità o su altri parametri della concorrenza (ad esempio tempi, consegna e innovazione).

319.

Il seguente elenco non esaustivo di fattori può aiutare le imprese a stabilire che l’accordo che hanno sottoscritto insieme ad altri acquirenti non costituisca un cartello fra acquirenti. Tali fattori dovranno essere valutati caso per caso:

(a)

l’accordo di acquisto in comune ha chiarito ai fornitori che negozia congiuntamente e vincola i suoi membri ai termini e alle condizioni per i loro acquisti individuali o che procede ad un acquisto congiunto effettuati per loro conto. Questo aspetto non richiede che l’accordo di acquisto in comune indichi l’identità esatta dei suoi membri, in particolare se si tratta di piccole o medie imprese che interagiscono con fornitori di grandi dimensioni. Tuttavia è improbabile che la conoscenza indiretta dell’accordo di acquisto in comune da parte dei fornitori, ad esempio attraverso terzi o comunicati stampa, sia considerata sufficiente (180);

(b)

le parti dell’accordo di acquisto in comune hanno definito la forma della loro cooperazione, la sua portata e il suo funzionamento in un accordo scritto, affinché sia possibile verificarne ex post il rispetto dell’articolo 101, paragrafo 1, così come la conformità rispetto all’effettivo funzionamento dell’accordo di acquisto in comune. Tuttavia un accordo scritto non può sottrarre l’accordo all’esame a norma del diritto in materia di concorrenza.

320.

Un cartello fra acquirenti che incida sugli scambi tra Stati membri costituisce, per sua natura e indipendentemente da qualsiasi suo eventuale effetto concreto, una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (181). Di conseguenza la valutazione dei cartelli fra acquirenti, contrariamente a quella degli accordi di acquisto in comune, non richiede una definizione del mercato o dei mercati rilevanti, né una considerazione della posizione di mercato degli acquirenti sul mercato degli acquisti a monte, né dell’eventualità che essi siano in concorrenza tra loro sul mercato di vendita a valle.

321.

Gli accordi di acquisto in comune possono altresì determinare una restrizione della concorrenza per oggetto se fungono da strumento per avviare un cartello dissimulato, ossia un accordo tra acquirenti che fissa i prezzi, limita la produzione o ripartisce i mercati o i clienti sul mercato o sui mercati di vendita a valle.

322.

Un accordo di acquisto in comune tra un gruppo di acquirenti che mira ad escludere un concorrente effettivo o potenziale dallo stesso livello del mercato di vendita si qualifica come un boicottaggio collettivo e costituisce inoltre una restrizione della concorrenza per oggetto.

4.2.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

323.

Gli accordi di acquisto in comune tramite i quali gli acquirenti interagiscono congiuntamente con fornitori mediante l’accordo in questione devono essere analizzati nel loro contesto giuridico ed economico per quanto riguarda gli effetti reali e probabili sulla concorrenza. L’analisi degli effetti restrittivi sulla concorrenza generati da un accordo di acquisto in comune deve comprendere gli effetti negativi tanto sul mercato o sui mercati di acquisto, in cui l’organizzazione di acquisto in comune interagisce con i fornitori, quanto sul mercato o sui mercati di vendita, in cui le parti dell’accordo di acquisto in comune possono competere in veste di venditori.

324.

Tuttavia, in genere è improbabile che gli accordi di acquisto in comune suscitino riserve sotto il profilo della concorrenza se le parti non hanno potere di mercato sul mercato (o sui mercati) di vendita.

325.

Talune restrizioni contrattuali imposte ai membri di un accordo di acquisto in comune non possono limitare la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, e hanno persino effetti positivi sulla concorrenza se sono limitate a quanto oggettivamente necessario per garantire il corretto funzionamento dell’accordo ed esercitare il suo potere d’acquisto nei confronti dei fornitori (182). Ciò vale, ad esempio, per il divieto per le parti di un accordo di acquisto in comune di partecipare ad altri accordi concorrenti nella misura in cui ciò potrebbe compromettere le operazioni e il potere degli acquirenti di cui a tale accordo. Di contro, obblighi di acquisto esclusivo, ai sensi dei quali i membri di un accordo di acquisto in comune sono tenuti ad acquistare la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno attraverso l’accordo, possono avere effetti negativi sulla concorrenza e richiedono una valutazione alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di acquisto in comune.

4.2.3.1.   Mercati rilevanti

326.

Due sono i mercati che possono essere interessati dagli accordi di acquisto in comune. In primo luogo, il mercato o i mercati direttamente interessati dall’accordo di acquisto in comune, ossia il mercato o i mercati rilevanti sotto il profilo degli acquisti in cui le parti negoziano con i fornitori o acquistano da questi ultimi. In secondo luogo, il mercato di vendita, cioè il mercato o i mercati a valle in cui le parti dell’accordo di acquisto in comune operano come venditori.

327.

La definizione di mercati di acquisto rilevanti segue i principi descritti nella comunicazione sulla definizione del mercato e in orientamenti futuri relativi alla definizione dei mercati rilevanti ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza e si basa sul concetto di sostituibilità per individuare i vincoli concorrenziali. L’unica differenza rispetto alla definizione dei «mercati di vendita» è che la sostituibilità deve essere definita dal punto di vista dell’offerta e non da quello della domanda. In altre parole, al fine di individuare i vincoli concorrenziali esercitati sugli acquirenti acquista un’importanza decisiva l’esistenza di soluzioni alternative per i fornitori. Tali alternative potrebbero essere esaminate ad esempio valutando la reazione dei fornitori ad una riduzione di prezzo di scarsa entità ma non transitoria. Una volta definito il mercato, la quota di mercato può essere calcolata come la percentuale degli acquisti effettuati dalle parti sulle vendite totali del prodotto o dei prodotti acquistati sul mercato rilevante.

328.

Se le parti sono anche concorrenti in uno o più mercati di vendita, tali mercati sono a loro volta rilevanti ai fini della valutazione. I mercati di vendita vanno definiti applicando la metodologia descritta nella comunicazione sulla definizione del mercato e negli orientamenti futuri relativi alla definizione dei mercati rilevanti ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

4.2.3.2.   Potere di mercato

329.

Ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, non esiste una soglia assoluta al di sopra della quale si può presumere che un accordo di acquisto in comune crei potere di mercato e possa determinare effetti restrittivi sulla concorrenza. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, è improbabile che esista un potere di mercato se le parti dell’accordo di acquisto in comune detengono nell’insieme una quota di mercato inferiore al 15 % sul mercato (sui mercati) di acquisto e, del pari, una quota congiunta inferiore al 15 % sul mercato (sui mercati) di vendita. In ogni caso, se la quota di mercato congiunta delle parti è inferiore al 15 % sul mercato (sui mercati) sia di acquisto sia di vendita, è probabile che l’accordo di acquisto rispetti le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

330.

Una quota di mercato superiore alla soglia su uno di tali mercati o entrambi non indica automaticamente che l’accordo di acquisto in comune potrebbe avere effetti restrittivi sulla concorrenza. Un’organizzazione di acquisto in comune con una quota di mercato congiunta superiore a tale soglia necessita di una valutazione più dettagliata degli effetti che provoca sul mercato che tenga conto, fra gli altri, di fattori quali la concentrazione del mercato, una valutazione dei margini di profitto e l’eventuale potere contrattuale esercitato da fornitori importanti.

331.

Se le parti dell’accordo di acquisto in comune dispongono di un grado significativo di potere degli acquirenti sul mercato di acquisto, vi è il rischio che possano danneggiare la concorrenza a monte, una circostanza questa che, in ultima analisi, può anche causare un danno concorrenziale ai consumatori più a valle. Ad esempio l’esercizio congiunto del potere degli acquirenti può danneggiare gli incentivi agli investimenti e costringere i fornitori a ridurre la gamma o la qualità dei prodotti che producono. Ciò può avere effetti restrittivi sulla concorrenza, quali la riduzione della qualità, la riduzione degli sforzi di innovazione o, in ultima analisi, un’offerta non ottimale.

332.

Il rischio che un accordo di acquisto in comune possa scoraggiare gli investimenti o le innovazioni a vantaggio dei consumatori può essere maggiore nel caso di acquirenti di grandi dimensioni che congiuntamente rappresentano un’ampia percentuale di acquisti, in particolare quando interagiscono con fornitori di piccole dimensioni. Tali fornitori possono essere particolarmente vulnerabili a una riduzione dei profitti derivante da un accordo di acquisto in comune avente una quota di mercato significativa sul mercato o sui mercati di acquisto, in particolare quando i fornitori di piccole dimensioni hanno effettuato investimenti specifici per rifornire i membri di un accordo di acquisto in comune. È meno probabile che si verifichino effetti restrittivi sulla concorrenza se i fornitori dispongono di un grado significativo di contropotere dei venditori (che non costituisce necessariamente una posizione dominante) sul mercato o sui mercati di acquisto, ad esempio perché vendono prodotti o servizi di cui gli acquirenti devono disporre per competere sul mercato o sui mercati di vendita a valle.

333.

Ad esempio un’intesa tra i membri di un accordo di acquisto in comune volta a non acquistare più prodotti da determinati fornitori perché tali prodotti sono insostenibili, mentre l’accordo di acquisto intende acquistare solo prodotti sostenibili, può determinare una restrizione della concorrenza in termini di prezzo e scelta. Tenuto conto del suo contenuto, dei suoi obiettivi e del suo contesto giuridico ed economico (183), un siffatto accordo in linea di principio non mira ad escludere dal mercato degli acquisti i fornitori che producono prodotti non sostenibili. In tali circostanze, gli effetti restrittivi sulla concorrenza di un accordo di acquisto in comune volto ad acquistare soltanto prodotti sostenibili dovrebbero essere valutati considerando, in particolare, la natura dei prodotti, la posizione di mercato degli acquirenti e la posizione di mercato dei fornitori. In tale contesto sarà importante valutare se i fornitori interessati hanno clienti diversi da quelli che sono parti dell’accordo di acquisto in comune (compresi i clienti in altri mercati) o se possono facilmente decidere di iniziare a produrre anche prodotti sostenibili.

334.

Il potere degli acquirenti delle parti dell’accordo di acquisto in comune può essere utilizzato anche per precludere ad acquirenti concorrenti il mercato di acquisto limitando il loro accesso a fornitori efficienti e richiede una valutazione degli effetti restrittivi dell’accordo sulla concorrenza. Ciò è probabile solo se il numero di fornitori è limitato e se esistono barriere all’ingresso per quanto riguarda l’offerta del mercato di acquisto a monte. Di contro, un accordo di acquisto in comune tra un gruppo di acquirenti che mira ad escludere un concorrente effettivo o potenziale dallo stesso livello del mercato di vendita si qualifica come un boicottaggio collettivo e costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto.

335.

Se le parti di un accordo di acquisto in comune sono concorrenti effettivi o potenziali a valle, i loro incentivi alla concorrenza sui prezzi sul mercato o sui mercati di vendita a valle possono essere notevolmente ridotti quando acquistano insieme una parte significativa dei loro prodotti. Innanzitutto se le parti detengono congiuntamente un potere di mercato significativo sul mercato o sui mercati di vendita (il che non costituisce necessariamente una posizione dominante), è meno probabile che i prezzi di acquisto più bassi conseguiti tramite l’accordo di acquisto in comune siano trasferiti ai consumatori. In secondo luogo, quanto maggiore è la quota di mercato congiunta degli acquirenti sul mercato di vendita a valle, tanto maggiore è il rischio che il coordinamento degli acquisti a monte possa determinare altresì un coordinamento delle vendite a valle. Tale rischio è particolarmente elevato se l’accordo di acquisto in comune limita (o disincentiva) la capacità dei suoi membri di acquistare autonomamente volumi aggiuntivi di fattori produttivi sul mercato di acquisto, attraverso o al di fuori dell’accordo di acquisto in comune. L’obbligo per i membri di un accordo di acquisto in comune di acquistare la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno attraverso l’accordo richiede una valutazione degli effetti restrittivi sulla concorrenza. Tale valutazione tiene conto, in particolare, della portata dell’obbligo, della quota di mercato dell’accordo di acquisto in comune sul mercato di vendita e del grado di concentrazione dei fornitori sul mercato di acquisto e se tale obbligo sia necessario per garantire una posizione negoziale sufficientemente forte dell’accordo nei confronti di fornitori forti.

336.

Nell’analizzare se le parti di un accordo di acquisto in comune detengono un determinato potere degli acquirenti, sono pertinenti il numero e l’intensità dei legami fra i concorrenti presenti sul mercato di acquisto (ad esempio altri accordi di acquisto).

337.

Tuttavia se gli acquirenti concorrenti che cooperano non operano nello stesso mercato di vendita rilevante (ad esempio venditori al dettaglio che operano in mercati geografici diversi e non possono essere considerati concorrenti potenziali), è meno probabile che l’accordo di acquisto in comune abbia effetti restrittivi sulla concorrenza sul mercato di vendita. Tale accordo di acquisto in comune con membri che non operano sullo stesso mercato di vendita può tuttavia presentare maggiori probabilità di produrre effetti restrittivi sulla concorrenza se tali membri detengono una posizione talmente significativa sui mercati di acquisto da poter danneggiare il processo concorrenziale per altri operatori sui mercati di acquisto (ad esempio danneggiando in modo significativo gli incentivi agli investimenti a monte).

4.2.3.3.   Esito collusivo

338.

Gli accordi di acquisto possono determinare una collusione se facilitano il coordinamento del comportamento delle parti sui mercati di vendita in cui esse sono concorrenti effettive o potenziali. Ciò può verificarsi, in particolare, se la struttura del mercato di vendita favorisce la collusione (ad esempio perché il mercato è concentrato e presenta un grado significativo di trasparenza). Un esito collusivo è inoltre più probabile se l’accordo di acquisto in comune include un numero significativo di imprese sul mercato di vendita e si estende oltre la semplice negoziazione comune dei termini e delle condizioni di acquisto (ad esempio fissando i volumi di acquisto dei suoi membri), limitando così in modo significativo la possibilità per le parti dell’accordo di competere sul mercato di vendita.

339.

La collusione può essere facilitata altresì se, attraverso gli acquisti in comune, le parti condividono una quota elevata dei loro costi, se esse hanno potere di mercato nel mercato di vendita e se le caratteristiche del mercato sono favorevoli al coordinamento.

340.

Se le parti dell’accordo di acquisto hanno in comune una parte notevole dei loro costi variabili sul mercato di vendita, è più probabile che si verifichino restrizioni della concorrenza. Ciò accade, per esempio, se alcuni venditori al dettaglio che operano nello/negli stesso/i mercato/i al dettaglio acquistano in comune una quantità considerevole dei prodotti che rivendono. Lo stesso caso si verifica se produttori e venditori concorrenti di un prodotto finale acquistano in comune una parte considerevole dei fattori di produzione.

341.

L’attuazione di un accordo di acquisto può necessitare lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale, quali prezzi (o loro elementi) e volumi di acquisto. Lo scambio di tali informazioni può facilitare il coordinamento relativamente ai prezzi di vendita e al livello di produzione e determinare quindi una collusione sui mercati di vendita. Gli effetti di ricaduta derivanti dallo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale possono essere ridotti al minimo ad esempio se i dati sono confrontati dall’organizzazione di acquisto in comune che non trasmette le informazioni alle parti, mettendo in atto misure tecniche o pratiche destinate a proteggere la riservatezza di tali informazioni. Inoltre la partecipazione di un’impresa a diversi accordi di acquisto in comune non dovrebbe portare a scambi di informazioni anticoncorrenziali o ad altri tipi di coordinamento tra i diversi accordi di acquisto.

342.

Gli eventuali effetti sulla concorrenza derivanti dallo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale saranno valutati alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di acquisto in comune, a condizione che tali scambi siano necessari per il funzionamento dell’accordo di acquisto in comune. La possibilità che lo scambio di informazioni nell’ambito di un accordo di acquisto possa produrre effetti restrittivi sulla concorrenza deve essere valutata anche conformemente alle indicazioni fornite nel capitolo 6. Anche qualora lo scambio di informazioni avesse effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è più probabile che l’accordo soddisfi i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, se lo scambio non va oltre la condivisione dei dati necessari per l’acquisto in comune dei beni oggetto dell’accordo di acquisto piuttosto che se eccede quanto necessario ai fini dell’acquisto comune.

343.

Nel negoziare i termini e le condizioni con i fornitori, un’organizzazione di acquisto in comune può minacciare i fornitori di abbandonare le negoziazioni o di interrompere temporaneamente gli acquisti, a meno che non le siano offerte condizioni migliori o prezzi più bassi. Tali minacce si inseriscono di norma in un processo di negoziazione e possono comportare azioni collettive da parte degli acquirenti quando un’organizzazione di acquisto in comune conduce le negoziazioni. Fornitori forti possono utilizzare minacce analoghe per interrompere la negoziazione o la fornitura di prodotti nelle loro trattative con gli acquirenti. Tali minacce non costituiscono di norma una restrizione della concorrenza per oggetto e gli eventuali effetti negativi derivanti da tali minacce collettive non saranno valutati separatamente, bensì alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di acquisto in comune. Un esempio di tali minacce nel corso della trattativa è costituito da interruzioni temporanee da parte dei membri di un’alleanza per la vendita al dettaglio nell’ordinare determinati prodotti, selezionati individualmente da ciascuno dei membri per i propri negozi, presso un fornitore durante le negoziazioni sui termini e le condizioni del loro futuro accordo di fornitura (184). Tali interruzioni temporanee possono comportare l’indisponibilità dei prodotti selezionati dai singoli membri dell’alleanza sugli scaffali dei venditori al dettaglio per un periodo di tempo limitato, ossia fino a quando l’alleanza per la vendita al dettaglio e il fornitore non abbiano concordato i termini e le condizioni delle forniture future.

4.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

4.3.1.   Incrementi di efficienza

344.

Gli accordi di acquisto in comune possono determinare notevoli incrementi di efficienza. In particolare, gli accordi di acquisto possono determinare riduzioni dei costi mediante prezzi di acquisto inferiori o costi ridotti di transazione, trasporto e magazzinaggio, facilitando in tal modo le economie di scala. Inoltre gli accordi di acquisto in comune possono comportare incrementi di efficienza qualitativi, portando i fornitori a innovare e a immettere sul mercato prodotti nuovi o migliori. Tali efficienze qualitative possono apportare benefici ai consumatori, riducendo le dipendenze ed evitando le penurie attraverso catene di approvvigionamento più resilienti e contribuendo a un mercato interno più resiliente.

4.3.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

345.

Le restrizioni superiori a quanto necessario per conseguire gli incrementi di efficienza generati da un accordo di acquisto non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In alcuni casi, l’obbligo di effettuare gli acquisti o di negoziare esclusivamente nell’ambito dell’accordo di acquisto in comune può essere indispensabile per conseguire il livello necessario di potere degli acquirenti o il volume necessario a realizzare economie di scala. Tuttavia, un tale obbligo deve essere valutato nel contesto del singolo caso.

4.3.3.   Trasferimento ai consumatori

346.

Gli incrementi di efficienza, quali le efficienze nell’acquisto tramite una riduzione dei costi e le efficienze in termini di qualità sotto forma di introduzione sul mercato di prodotti nuovi o migliorati, conseguiti tramite restrizioni indispensabili, devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza determinati dall’accordo di acquisto in comune. Non sono dunque sufficienti i risparmi sui costi o altre efficienze che vanno ad esclusivo beneficio delle parti dell’accordo di acquisto in comune. Al contrario, i risparmi sui costi devono essere trasferiti ai clienti delle parti, ossia ai consumatori. Nell’esempio dei costi di acquisto più bassi, il trasferimento può avvenire attraverso prezzi più bassi sul mercato o sui mercati di vendita.

347.

Di norma le imprese sono incentivate a trasferire almeno una parte della riduzione dei costi variabili ai propri clienti. Il margine di profitto più elevato derivante dalle riduzioni dei costi variabili fornisce alle imprese un notevole incentivo commerciale ad espandere la produzione attraverso riduzioni dei prezzi. Tuttavia i membri di un accordo di acquisto in comune che detengono congiuntamente un potere di mercato significativo sul mercato o sui mercati di vendita possono essere meno inclini a trasferire ai consumatori le riduzioni dei costi variabili. Inoltre è improbabile che mere riduzioni dei costi fissi (quali pagamenti forfettari da parte dei fornitori) siano trasferite ai consumatori, in quanto di norma non incentivano le imprese ad espandere la produzione. È pertanto necessaria un’attenta valutazione dell’accordo specifico di acquisto in comune al fine di stabilire se esso generi un incentivo economico ad espandere la produzione e quindi a trasferire riduzioni dei costi o incrementi di efficienza (185). Infine la riduzione dei prezzi di vendita per i consumatori è particolarmente improbabile se l’accordo di acquisto in comune limita (o disincentiva) la capacità dei suoi membri di acquistare autonomamente volumi aggiuntivi attraverso o al di fuori dell’accordo di acquisto in comune. In effetti gli accordi di acquisto in comune che limitano la possibilità per i loro membri di effettuare ordini in maniera indipendente di volumi aggiuntivi costituiscono un incentivo ad aumentare i prezzi di vendita. Ciò è dovuto al fatto che limitare congiuntamente l’acquisto di fattori produttivi può altresì avere l’effetto di limitare il volume delle vendite sul mercato o sui mercati di vendita.

4.3.4.   Non eliminazione della concorrenza

348.

I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, non possono essere soddisfatti se l’accordo permette alle parti di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti rilevanti, Tale valutazione deve riguardare i mercati di acquisto e di vendita.

4.4.   Esempi

349.

Cartello fra acquirenti

Esempio n. 1

Situazione: numerose piccole imprese raccolgono telefoni cellulari usati presso punti vendita al dettaglio dove sono restituiti al momento dell’acquisto di un nuovo telefono cellulare. Tali soggetti che ritirano telefoni cellulari usati li rivendono ad imprese di riciclaggio che estraggono materie prime preziose quali oro, argento e rame da riutilizzare come alternativa più sostenibile all’estrazione mineraria artigianale. Cinque imprese di riciclaggio, che rappresentano il 12 % del mercato degli acquisti di telefoni cellulari usati, concordano un prezzo di acquisto massimo comune per singolo telefono. Tali cinque imprese di riciclaggio si tengono reciprocamente informate in merito alle discussioni sui prezzi che conducono individualmente con i soggetti che ritirano i telefoni cellulari usati, alle offerte presentate a tali soggetti e al prezzo che alla fine accettano di pagare a tali soggetti per ciascun telefono.

Analisi: le cinque imprese di riciclaggio sono tutte parti di un cartello fra acquirenti. Ciascuna di esse negozia individualmente con i soggetti che ritirano i telefoni cellulari e acquista individualmente da questi ultimi. Non vi è alcun accordo di acquisto in comune che rappresenti congiuntamente gli acquirenti nelle negoziazioni o negli acquisti presso i soggetti che ritirano i telefoni. Indipendentemente dalla quota di mercato relativamente modesta che le imprese di riciclaggio detengono sul mercato di acquisto di rifiuti elettronici, l’accordo tra di esse si qualifica come una restrizione della concorrenza per oggetto e non richiede alcuna definizione del mercato né alcuna valutazione dei suoi potenziali effetti sul mercato.

350.

Negoziazione comune da parte di un’alleanza europea per la vendita al dettaglio

Esempio n. 2

Situazione: un’alleanza europea per la vendita al dettaglio, composta da sette grandi catene di distribuzione, ciascuna proveniente da uno Stato membro diverso, negozia congiuntamente con un grande fabbricante di marca di prodotti dolciari alcuni termini e condizioni supplementari per il loro futuro accordo di fornitura. L’alleanza detiene una quota di mercato non superiore al 18 % su ciascun mercato di acquisto rilevante per i prodotti dolciari e ciascuno dei suoi membri detiene una quota di mercato compresa tra il 15 % e il 20 % sui mercati al dettaglio nei rispettivi Stati membri. Le trattative riguardano in particolare uno sconto supplementare sul prezzo di catalogo normale del fabbricante in cambio di taluni servizi promozionali che interessano i sette Stati membri nei quali i membri dell’alleanza operano sul mercato di vendita. Entrambe le parti conducono una strenua trattativa per spuntare il miglior accordo possibile. A un certo punto dei negoziati, l’alleanza per la vendita al dettaglio minaccia, e successivamente decide, di interrompere temporaneamente gli ordini per determinati prodotti presso il fabbricante al fine di aumentare la pressione. Nell’attuare tale decisione, ciascun membro dell’alleanza decide individualmente quali prodotti del fabbricante cessa di ordinare durante lo stallo delle negoziazioni. Infine, dopo un ulteriore ciclo di negoziati, il fabbricante e l’alleanza concordano lo sconto supplementare che si applicherà ai successivi acquisti individuali da parte dei suoi membri e riprendono gli ordini per l’intera gamma di prodotti presso il fabbricante.

Analisi: l’alleanza europea per la vendita al dettaglio si qualifica come un accordo di acquisto in comune, anche se negozia congiuntamente con il fabbricante soltanto determinate condizioni per conto dei suoi membri sulla base delle quali essi acquistano individualmente i quantitativi richiesti. Le catene nazionali di vendita al dettaglio che sono membri dell’alleanza non operano sugli stessi mercati di vendita. Pertanto è meno probabile che l’accordo di acquisto in comune abbia effetti restrittivi sulla concorrenza a valle, nella misura in cui essi devono far fronte a una sufficiente pressione concorrenziale da parte di venditori al dettaglio concorrenti. Gli eventuali effetti negativi sulla concorrenza per i produttori a monte derivanti dallo sconto supplementare (ad esempio in termini di innovazione da parte dei fornitori) devono essere valutati alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di acquisto in comune. La sospensione temporanea degli ordini non sembra danneggiare i consumatori nel breve termine, nella misura in cui abbiano altri venditori al dettaglio concorrenti presso i quali possono acquistare gli stessi prodotti o prodotti sostituibili; inoltre può andare a vantaggio dei consumatori nel lungo termine grazie a prezzi più bassi.

351.

Acquisto in comune fra piccole imprese che nell’insieme detengono una quota di mercato modesta

Esempio n. 3

Situazione: 150 piccoli venditori al dettaglio stipulano un accordo per creare un’organizzazione di acquisto in comune. Essi sono obbligati a effettuare un volume minimo di acquisti attraverso l’organizzazione, pari a circa il 50 % dei costi totali di ciascun venditore. Il volume di acquisti effettuato da ciascuno attraverso l’organizzazione può essere superiore a quello minimo, e sono ammessi anche acquisti al di fuori dell’organizzazione. Tali venditori al dettaglio detengono insieme una quota di mercato del 23 % sia sul mercato d’acquisto che su quello di vendita. L’impresa A e l’impresa B sono due concorrenti di grandi dimensioni dei membri dell’accordo di acquisto in comune. A e B detengono rispettivamente una quota di mercato del 25 % e del 35 %, sia sul mercato di acquisto che su quello di vendita. Non esistono barriere che impediscono agli altri piccoli concorrenti di creare anch’essi un’organizzazione di acquisto in comune. I 150 venditori al dettaglio ottengono una sostanziale riduzione dei costi grazie agli acquisti congiunti effettuati mediante l’organizzazione di acquisto.

Analisi: i venditori al dettaglio detengono una posizione modesta nei mercati d’acquisto e di vendita. L’accordo di cooperazione comporta inoltre la realizzazione di economie di scala. Sebbene i venditori al dettaglio raggiungano un più elevato livello di condivisione dei costi, è improbabile che guadagnino potere di mercato sul mercato di vendita a causa della presenza di A e B, entrambi di dimensioni singole maggiori dell’organizzazione di acquisto in comune. È quindi improbabile che i venditori al dettaglio possano coordinare il loro comportamento e colludere e che l’organizzazione di acquisto in comune abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

352.

Condivisione dei costi e potere di mercato sul mercato di vendita

Esempio n. 4

Situazione: due catene di supermercati stipulano un accordo per acquistare in comune prodotti che rappresentano all’incirca l’80 % dei loro costi variabili. Sui mercati d’acquisto rilevanti per le diverse categorie di prodotti le parti detengono insieme una quota di mercato compresa fra il 25 % e il 40 %. Sul mercato di vendita rilevante le parti detengono congiuntamente una quota di mercato del 60 % e vi sono altri quattro venditori al dettaglio significativi, ciascuno con una quota di mercato del 10 %. È poco probabile riuscire ad entrare nel mercato.

Analisi: è probabile che mediante tale accordo di acquisto le parti possano coordinare il loro comportamento e colludere. Le parti hanno potere di mercato sul mercato di vendita, data la presenza di pochi concorrenti sul mercato di dimensioni molto inferiori, e dato che l’accordo di acquisto genera una notevole condivisione dei costi. Inoltre è poco probabile riuscire ad entrare nel mercato. Le parti avrebbero un incentivo ancora più forte a coordinare il loro comportamento se le loro strutture dei costi fossero analoghe già prima della conclusione dell’accordo. Inoltre, margini simili delle parti aumenterebbero ulteriormente il rischio di collusione. Questo accordo crea anche il rischio che le parti limitino la domanda e, di conseguenza, in risposta alla riduzione della quantità, i prezzi di vendita a valle aumentino. È quindi verosimile che l’accordo di acquisto abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. A causa del significativo potere di mercato delle parti sul mercato di vendita, è difficile che gli incrementi di efficienza sotto forma di riduzione dei costi che l’accordo potrebbe determinare siano trasferiti ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza. È pertanto probabile che l’accordo di acquisto non rispetti i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

353.

Parti che operano in mercati geografici differenti

Esempio n. 5

Situazione: sei grandi venditori al dettaglio, ognuno situato in un diverso Stato membro, formano un’organizzazione di acquisto in comune per comprare insieme vari prodotti di marca a base di farina di grano duro. Le parti possono acquistare altri prodotti di marca simili al di fuori della cooperazione. Inoltre, cinque di loro offrono prodotti simili con il proprio marchio. I membri dell’organizzazione di acquisto in comune detengono insieme una quota di mercato del 22 % circa sul mercato di acquisto rilevante, che comprende tutta l’Unione. Sul mercato di acquisto sono presenti altri tre grandi acquirenti, di dimensioni analoghe. Sui mercati di vendita nei quali operano e che sono mercati nazionali, ciascuna parte dell’organizzazione di acquisto in comune detiene una quota di mercato compresa fra il 20 % e il 30 %. In ogni Stato membro opera una sola parte del gruppo. Le parti non sono concorrenti potenziali sui mercati di altre.

Analisi: l’organizzazione di acquisto in comune sarà in grado di competere con altri grandi acquirenti esistenti sul mercato di acquisto. I mercati di vendita sono molto più piccoli (in termini di fatturato e di estensione geografica) del mercato di acquisto che comprende tutta l’Unione e in essi alcuni membri dell’organizzazione possono avere potere di mercato. Sebbene i membri dell’organizzazione di acquisto in comune abbiano una quota di mercato congiunta superiore al 15 % sul mercato di acquisto, è improbabile che le parti coordinino il loro comportamento e possano colludere sui mercati di vendita in quanto non sono concorrenti né effettivi né potenziali sui mercati a valle. È inoltre probabile che essi trasferiscano i prezzi ridotti nella misura in cui devono far fronte a una concorrenza significativa sui mercati di vendita. Di conseguenza l’organizzazione di acquisto in comune probabilmente non avrà effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

354.

Scambio di informazioni

Esempio n. 6

Situazione: tre produttori in concorrenza fra di loro, A B e C, affidano a un’organizzazione indipendente di acquisto in comune l’acquisto del prodotto Z, un bene intermedio utilizzato dai tre per produrre il prodotto finale X. I costi di Z non rappresentano un fattore di costo rilevante nella produzione di X. L’organizzazione di acquisto in comune non è in concorrenza con le parti sul mercato di vendita di X. Tutte le informazioni necessarie per gli acquisti (ad esempio le specifiche relative alla qualità e quantità, le date di consegna, i prezzi di acquisto massimi) sono divulgate solo all’organizzazione di acquisto in comune e non alle altre parti. L’organizzazione di acquisto in comune concorda i prezzi di acquisto con i fornitori. A, B e C hanno insieme una quota di mercato del 30 % sia sul mercato di acquisto che in quello di vendita. Sui mercati di acquisto e di vendita essi hanno sei concorrenti, due dei quali detengono una quota di mercato del 20 %.

Analisi: poiché non c’è uno scambio diretto di informazioni fra le parti, è poco probabile che la comunicazione di informazioni necessarie per gli acquisti tramite l’organizzazione di acquisto in comune possa determinare una collusione. È quindi improbabile che questo scambio di informazioni abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

5.   ACCORDI DI COMMERCIALIZZAZIONE

5.1.   Introduzione

355.

Gli accordi di commercializzazione riguardano la cooperazione tra concorrenti nella vendita, distribuzione o promozione dei rispettivi prodotti sostitutivi. Questi tipi di accordi possono essere di portata molto diversa a seconda delle funzioni di commercializzazione interessate dalla cooperazione. Ad un estremo, gli accordi di vendita in comune possono condurre alla definizione a livello comune di tutti gli aspetti commerciali relativi alla vendita dei prodotti, ivi compreso il prezzo. All’altro estremo vi sono accordi specifici che interessano solo una funzione particolare di commercializzazione, come la distribuzione, l’assistenza post-vendita o la pubblicità.

356.

Gli accordi di distribuzione costituiscono una categoria importante di questi accordi specifici. Di norma gli accordi di distribuzione rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali e degli orientamenti sulle restrizioni verticali, tranne i casi in cui le parti dell’accordo sono concorrenti effettivi o potenziali. Se i concorrenti stipulano un accordo per la distribuzione dei loro prodotti sostitutivi (in particolare se ciò avviene su mercati geografici diversi), esiste il rischio che in certi casi gli accordi abbiano come oggetto o come effetto la suddivisione del mercato tra le parti o che determinino un esito collusivo. Ciò può valere tanto per gli accordi reciproci quanto per quelli non reciproci tra concorrenti che devono quindi essere valutati innanzitutto in base ai principi indicati nel presente capitolo. Qualora da tale valutazione emerga che la cooperazione tra concorrenti nel settore della distribuzione è in linea di massima ammissibile, sarà necessario un ulteriore esame per valutare le restrizioni verticali contenute negli accordi. Questa seconda fase della valutazione si baserà sui principi stabiliti negli orientamenti sulle restrizioni verticali.

357.

L’unica eccezione al processo in due fasi di cui al punto precedente riguarda gli accordi di distribuzione non reciproca tra concorrenti nel contesto dei quali a) il fornitore è un produttore, venditore all’ingrosso o importatore e un distributore di beni, mentre l’acquirente è un distributore e non un’impresa concorrente a livello di produzione, vendita all’ingrosso o importazione oppure b) il fornitore è un prestatore di servizi operante a diversi livelli della catena commerciale, mentre l’acquirente fornisce i propri servizi a livello di vendita al dettaglio e non è un’impresa concorrente a livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto del contratto soggetti all’applicazione del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali (186), ai quali non si applicano le presenti linee direttrici. Il punto 48 fornisce ulteriori orientamenti sul rapporto generale tra le presenti linee direttrici e il regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali e gli orientamenti sulle restrizioni verticali.

358.

È necessario effettuare un’ulteriore distinzione tra gli accordi con i quali le parti decidono solo di svolgere in comune la commercializzazione e quelli in cui la commercializzazione è legata a un’altra forma di cooperazione a monte, quale per esempio la produzione o l’acquisto in comune. Per l’analisi degli accordi di commercializzazione che combinano varie fasi di cooperazione occorre intraprendere la valutazione in conformità con i punti 6 e 7.

359.

Norme specifiche si applicano alla commercializzazione di prodotti agricoli. L’articolo 101 non si applica i) alla commercializzazione di prodotti agricoli attraverso organizzazioni di produttori e associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute (187) e ii) a taluni accordi di commercializzazione che non riguardano i prezzi di vendite in comune e che sono conclusi tra agricoltori e tra le loro associazioni (188), fatte salve le condizioni specifiche stabilite nelle presenti norme. Esistono inoltre disposizioni specifiche per la commercializzazione del latte crudo (189).

5.2.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

5.2.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

360.

Gli accordi di commercializzazione possono determinare restrizioni della concorrenza in diversi modi. La fissazione dei prezzi è la forma di restrizione più evidente.

361.

In secondo luogo, gli accordi di commercializzazione possono anche agevolare le limitazioni della produzione, poiché le parti possono stabilire il volume di prodotti da immettere sul mercato, riducendo quindi l’offerta.

362.

In terzo luogo, le parti possono usare gli accordi di commercializzazione come mezzo per suddividere i mercati o per ripartire gli ordini o i clienti, ad esempio quando gli stabilimenti di produzione delle parti sono situati in mercati geografici diversi o quando gli accordi sono reciproci.

363.

Gli accordi di commercializzazione, infine, possono comportare uno scambio di informazioni strategiche su aspetti all’interno o al di fuori dell’ambito della cooperazione o sulla condivisione dei costi, specie per quanto riguarda gli accordi che non comprendono una fissazione dei prezzi, che può condurre ad un esito collusivo.

5.2.2.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

364.

Innanzitutto gli accordi di commercializzazione comportano una restrizione della concorrenza per oggetto se fungono da strumento per avviare un cartello dissimulato. In ogni caso, è probabile che gli accordi di commercializzazione che comportano la fissazione dei prezzi, le limitazioni della produzione o la compartimentazione del mercato limitino la concorrenza per oggetto.

365.

Una delle principali riserve sotto il profilo della concorrenza suscitate da un accordo di commercializzazione tra concorrenti è la fissazione dei prezzi. Gli accordi limitati alla vendita in comune e, in generale, gli accordi di commercializzazione che includono la fissazione dei prezzi in comune portano di norma al coordinamento della politica dei prezzi dei fabbricanti o dei fornitori di servizi concorrenti. In tal caso essi non solo eliminano la concorrenza dei prezzi tra le parti su prodotti sostitutivi, ma possono anche ridurre il volume totale dei prodotti che saranno forniti dalle parti nell’ambito del sistema di assegnazione degli ordini. È pertanto probabile che questi accordi costituiscano una restrizione della concorrenza per oggetto.

366.

La valutazione non cambia nel caso degli accordi non esclusivi, cioè quelli in cui le parti sono libere di effettuare individualmente vendite al di fuori dell’accordo, nella misura in cui si può concludere che esso provochi un coordinamento generale dei prezzi applicati dalle parti alla totalità o a una parte dei loro clienti.

367.

Analogamente le limitazioni della produzione costituiscono un’importante riserva sotto il profilo della concorrenza che può derivare dagli accordi di commercializzazione. Qualora le parti dell’accordo stabiliscano congiuntamente la quantità dei prodotti da commercializzare, l’offerta disponibile dei prodotti contrattuali potrebbe essere ridotta, una circostanza questa che ne aumenta il prezzo. Qualsiasi parte dell’accordo dovrebbe, in linea di principio, decidere in maniera indipendente di aumentare o ridurre la propria produzione per soddisfare la domanda del mercato. Il rischio di limitazioni della produzione è più limitato nel caso di accordi di commercializzazione non esclusiva, purché le parti restino libere ed effettivamente disponibili a soddisfare individualmente qualsiasi domanda supplementare e a condizione che l’accordo non determini un coordinamento della politica di approvvigionamento delle parti.

368.

Un’altra riserva specifica sotto il profilo della concorrenza per quanto riguarda gli accordi di commercializzazione tra parti che operano in mercati geografici differenti o nei confronti di categorie di clienti diverse è che tali accordi possano contribuire a una compartimentazione del mercato. Qualora le parti usino un accordo di commercializzazione reciproca per distribuire i rispettivi prodotti in modo tale da eliminare la concorrenza reciproca effettiva o potenziale suddividendo deliberatamente i mercati o la clientela, è probabile che l’accordo abbia per oggetto una restrizione della concorrenza. Se l’accordo non è reciproco, il rischio di compartimentazione del mercato è minore. Si deve tuttavia valutare se l’accordo non reciproco non costituisca la base dell’eventuale intesa comune di non entrare nei rispettivi mercati.

5.2.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

369.

Un accordo di commercializzazione che non sia restrittivo per oggetto può comunque avere effetti restrittivi sulla concorrenza, da verificare conformemente agli elementi di cui al paragrafo 37. I chiarimenti che seguono possono essere aggiunti con riferimento specifico agli effetti anticoncorrenziali negli accordi di commercializzazione.

370.

Al fine di valutare gli eventuali effetti restrittivi di un accordo di commercializzazione, occorre definire il rapporto di concorrenza che intercorre tra le parti nel mercato o nei mercati del prodotto rilevante e nel mercato o nei mercati geografici interessati direttamente dalla cooperazione (ossia il mercato o i mercati cui appartengono i prodotti oggetto dell’accordo). In un accordo di commercializzazione in generale il principale mercato interessato è quello nel quale le parti dell’accordo commercializzeranno congiuntamente i prodotti contrattuali. Tuttavia, poiché un accordo di commercializzazione in un mercato può avere ripercussioni anche sul comportamento concorrenziale delle parti in mercati contigui strettamente collegati a quello interessato direttamente dalla cooperazione, occorre inoltre definire gli eventuali mercati contigui. I mercati contigui possono essere collegati a livello orizzontale o verticale al mercato in cui si svolge la cooperazione.

371.

Nei casi in cui non siano restrittivi per oggetto, gli accordi di commercializzazione tra concorrenti avranno in genere effetti restrittivi sulla concorrenza soltanto se le parti dispongono di un determinato potere di mercato, un aspetto questo da valutare tenendo conto anche di eventuali contropoteri degli acquirenti. A tale riguardo, negli accordi di commercializzazione le parti mettono in comune (parte delle) attività connesse al mercato, in diretta relazione con i loro clienti. In caso di potere di mercato congiunto si rileva pertanto, in generale, un grado rilevante di probabilità che le parti abbiano la capacità di aumentare i prezzi o di ridurre la produzione, la qualità dei prodotti, la varietà dei prodotti o l’innovazione. Il rapporto diretto con i clienti aumenta il rischio di effetti anticoncorrenziali dell’accordo.

372.

In linea di massima, è poco probabile che un accordo di commercializzazione susciti riserve sotto il profilo della concorrenza se è obiettivamente necessario consentire a una parte di entrare in un mercato nel quale non sarebbe riuscita ad entrare individualmente, o con un numero di parti più limitato di quelle che partecipano di fatto alla cooperazione, a causa, ad esempio, dei costi che ciò avrebbe comportato.

373.

Per valutare un accordo di commercializzazione reciproca ci si dovrà chiedere innanzitutto se esso sia oggettivamente necessario affinché le parti possano entrare nei reciproci mercati. Se la risposta a tale quesito è positiva, l’accordo non determina problemi di carattere orizzontale per la concorrenza. Se tuttavia l’accordo riduce l’indipendenza decisionale di una delle parti per quanto riguarda l’ingresso sul mercato delle altre limitando i propri incentivi, è probabile che abbia effetti restrittivi sulla concorrenza. Lo stesso ragionamento si applica agli accordi non reciproci nei quali, tuttavia, il rischio di effetti restrittivi sulla concorrenza è minore.

5.2.3.1.   Esito collusivo

374.

È inoltre probabile che un accordo di commercializzazione in comune che non preveda una fissazione dei prezzi, una limitazione della produzione o una compartimentazione del mercato abbia effetti restrittivi sulla concorrenza se aumenta la condivisione dei costi variabili delle parti portandola a un livello che può determinare un esito collusivo. È probabile che ciò avvenga nel caso di un accordo di commercializzazione in comune se, prima dell’accordo, le parti dispongono già di una quota elevata di condivisione dei loro costi variabili. In una situazione del genere, l’ulteriore incremento di tale condivisione (ossia dei costi di commercializzazione del prodotto oggetto dell’accordo) può spingere l’equilibrio verso un esito collusivo. Quando invece l’aumento è notevole, il rischio di collusione può essere elevato anche se il livello iniziale di condivisione dei costi è basso.

375.

La probabilità di un esito collusivo dipende dal potere di mercato delle parti e dalle caratteristiche del mercato rilevante. La condivisione dei costi può aumentare il rischio di un esito collusivo solo se le parti hanno un potere di mercato e se i costi di commercializzazione rappresentano un’ampia percentuale dei costi variabili connessi ai prodotti in questione. Ciò non si verifica, ad esempio, nel caso di prodotti omogenei, per i quali la produzione rappresenta il principale fattore di costo. La condivisione dei costi di commercializzazione aumenta il rischio di collusione se l’accordo di commercializzazione riguarda prodotti la cui commercializzazione è costosa (ad esempio, elevati costi di distribuzione o di marketing). Di conseguenza, anche gli accordi che riguardano soltanto pubblicità o promozione in comune possono avere effetti restrittivi sulla concorrenza se tali costi rappresentano un fattore di costo rilevante.

376.

Di norma la commercializzazione in comune comporta lo scambio di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale, riguardanti in particolare la strategia di marketing e la determinazione dei prezzi. Poiché l’attuazione della maggior parte degli accordi di commercializzazione richiede uno scambio di informazioni, occorre verificare se lo scambio di informazioni possa avere un esito collusivo relativamente alle attività delle parti all’interno o al di fuori dell’ambito della cooperazione. Gli eventuali effetti negativi provocati dallo scambio di informazioni non saranno valutati separatamente, ma alla luce degli effetti complessivi dell’accordo.

377.

In ogni caso, i probabili effetti restrittivi sulla concorrenza degli scambi di informazioni nell’ambito di accordi di commercializzazione dipenderanno dalle caratteristiche del mercato e dai dati condivisi e dovranno essere valutati secondo gli orientamenti generali forniti al capitolo 6.

5.2.3.2.   Cooperazione che in generale non desta riserve

378.

Come già menzionato al precedente punto 367, gli accordi di commercializzazione tra concorrenti possono di norma avere effetti restrittivi sulla concorrenza se le parti hanno un certo potere di mercato. Nella maggior parte dei casi è improbabile che esista un potere di mercato se le parti dell’accordo hanno una quota di mercato congiunta non superiore al 15 % nel mercato in cui commercializzano congiuntamente i prodotti contrattuali. In ogni caso, se la quota di mercato congiunta delle parti non supera il 15 % è probabile che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, siano soddisfatte.

379.

Se la quota di mercato congiunta delle parti supera il 15 %, non è possibile presumere che il loro accordo con produrrà effetti restrittivi ed è pertanto necessario valutare il probabile effetto sul mercato dell’accordo di commercializzazione in comune.

5.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

5.3.1.   Incrementi di efficienza

380.

Gli accordi di commercializzazione possono determinare notevoli incrementi di efficienza. Gli incrementi di efficienza da tenere in considerazione per valutare se un accordo di commercializzazione soddisfi i criteri dell’articolo 101, paragrafo 3, dipenderanno dalla natura dell’attività e dalle parti della cooperazione. In linea generale la fissazione dei prezzi non può essere giustificata, a meno che non sia indispensabile per l’integrazione di altre funzioni di marketing e a meno che tale integrazione generi notevoli guadagni in termini di efficienza. La distribuzione comune può consentire significativi incrementi di efficienza, derivanti dalle economie di scala o di diversificazione, specialmente per i piccoli produttori o i gruppi di venditori al dettaglio indipendenti, ad esempio nel caso in cui traggano vantaggio da nuove piattaforme di distribuzione per competere con operatori su scala mondiale o di grandi dimensioni. La distribuzione comune può essere rilevante in particolare per il conseguimento degli obiettivi ambientali, a condizione che questi ultimi siano certi, quantificabili e documentati. Gli accordi di commercializzazione possono altresì contribuire a un mercato interno resiliente e generare efficienze a vantaggio dei consumatori riducendo le dipendenze e/o attenuando le penurie e le interruzioni nelle catene di approvvigionamento.

381.

Inoltre, gli incrementi di efficienza non devono essere determinati da risparmi derivanti solo dall’eliminazione di costi che sono parte integrante della concorrenza, ma devono essere il risultato dell’integrazione di attività economiche. Una riduzione dei costi di trasporto dovuta solo ad una ripartizione della clientela senza un’integrazione del sistema logistico non può essere considerata un incremento di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.

382.

Le parti dell’accordo devono dimostrare gli incrementi di efficienza. Al riguardo, assume notevole importanza il fatto che le parti forniscano un rilevante contributo di capitale, di tecnologia o di altri attivi. Può essere valutato positivamente anche un risparmio di costi ottenuto riducendo la duplicazione di risorse e strutture. Se tuttavia la commercializzazione in comune assolve solo alla funzione di agenzia di vendita senza che vi sia alcun investimento, è improbabile che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

5.3.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

383.

Le restrizioni superiori a quanto strettamente necessario per conseguire gli incrementi di efficienza generati da un accordo di commercializzazione non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. La questione del carattere indispensabile è di particolare importanza per gli accordi che prevedono una fissazione dei prezzi o la compartimentazione del mercato, i quali possono essere considerati indispensabili solo in circostanze eccezionali.

5.3.3.   Trasferimento ai consumatori

384.

Gli incrementi di efficienza conseguiti tramite restrizioni indispensabili devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza determinati dall’accordo di commercializzazione. Ciò può avvenire mediante prezzi più bassi o prodotti di migliore qualità o varietà. Tuttavia, più è elevato il potere di mercato delle parti, più è difficile che gli incrementi di efficienza siano trasferiti ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza. Se la quota di mercato delle parti è inferiore al 15 %, gli eventuali incrementi di efficienza dimostrati determinati dall’accordo saranno probabilmente trasferiti ai consumatori in misura sufficiente.

5.3.4.   Non eliminazione della concorrenza

385.

I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, non possono essere soddisfatti se l’accordo permette alle parti di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti rilevanti, una condizione che dovrà essere analizzata nel mercato rilevante al quale appartengono i prodotti oggetto della cooperazione e in eventuali mercati secondari.

5.4.   Consorzi offerenti

386.

Il termine consorzio offerente si riferisce a una situazione nella quale due o più parti cooperano per presentare un’offerta congiunta nell’ambito di una gara d’appalto pubblica o privata (190).

387.

Ai fini della presente sezione, i consorzi offerenti vanno distinti dalla turbativa d’asta (o dalla presentazione di offerte collusive), che fa riferimento ad accordi illegali tra operatori economici, aventi lo scopo di falsare la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione. La turbativa d’asta è una delle forme più gravi di restrizione per oggetto e può assumere varie forme, come la definizione anticipata del contenuto delle loro offerte (in particolare il prezzo) al fine di influenzare l’esito della procedura, la rinuncia alla presentazione di un’offerta, la ripartizione del mercato su base geografica o sulla base dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’oggetto dell’appalto, o l’istituzione di sistemi di rotazione per una serie di procedure. L’obiettivo di tutte queste pratiche è quello di consentire a un offerente predeterminato di ottenere l’aggiudicazione di un appalto creando nel contempo l’impressione che la procedura sia realmente competitiva (191). Dal punto di vista della concorrenza, la turbativa d’asta è una forma di intesa consistente nella manipolazione di una procedura di gara per l’aggiudicazione di un appalto (192).

388.

In genere la turbativa d’asta non comporta la partecipazione congiunta a una procedura di gara. Di norma si tratta piuttosto di un accordo occulto o tacito tra i potenziali partecipanti destinato a coordinare le loro decisioni individuali apparenti per quanto riguarda la partecipazione alla procedura di gara. Tuttavia in alcuni casi la distinzione tra turbativa d’asta e forme legittime di offerta congiunta non è semplice, in particolare nei casi di subappalto. Ad esempio il caso di subappalto reciproco tra due offerenti può costituire un potenziale indizio di collusione, dato che tali accordi di subappalto consentono solitamente alle parti di conoscere l’offerta finanziaria dell’altra parte, mettendo così in discussione l’indipendenza delle parti nella formulazione delle proprie offerte. Tuttavia non esiste una presunzione generale secondo la quale il subappalto da parte dell’aggiudicatario a favore di un altro offerente nell’ambito della medesima procedura costituisce una collusione tra gli operatori economici interessati e le parti interessate possono dimostrare il contrario (193).

389.

Gli accordi relativi a consorzi offerenti possono comportare un grado significativo di integrazione di risorse e attività delle parti, in particolare quando nell’attività contrattuale sono incluse forme di produzione congiunta, ai fini della partecipazione alla procedura di gara. Nelle situazioni in cui la commercializzazione in comune è soltanto accessoria all’integrazione principale delle parti nel processo di produzione, il centro di gravità dell’accordo consiste nell’attività di produzione e la valutazione sotto il profilo della concorrenza deve essere effettuata conformemente alle norme applicabili alla cooperazione pertinente, ossia la produzione comune. In tal caso la fissazione dei prezzi per i prodotti o servizi oggetto dell’appalto non è generalmente considerata una restrizione per oggetto e sarà necessaria una valutazione per effetto (cfr. il punto 216 sugli accordi di produzione).

390.

Tuttavia, in linea di principio, gli accordi di consorzio che comprendono principalmente o esclusivamente la commercializzazione in comune devono essere considerati accordi di commercializzazione e devono pertanto essere valutati conformemente ai principi enunciati nel presente capitolo.

391.

Un accordo di consorzio di offerta congiunta, indipendentemente dalla sua qualificazione giuridica, non genera restrizioni della concorrenza se consente alle imprese interessate di partecipare a progetti che non sarebbero in grado di intraprendere individualmente. Dato che le parti degli accordi di consorzio non sono quindi potenziali concorrenti per l’attuazione del progetto, non si verifica alcuna restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Ciò può verificarsi nel caso di imprese che producono servizi diversi complementari ai fini della partecipazione alla gara d’appalto. Un’altra possibilità è quella in cui le imprese coinvolte, sebbene tutte attive sugli stessi mercati, non possono eseguire l’appalto individualmente, ad esempio in ragione delle dimensioni dell’appalto o della sua complessità.

392.

La valutazione della possibilità delle parti di concorrere individualmente in una gara d’appalto, essendo quindi concorrenti, dipende innanzitutto dalle prescrizioni previste dal disciplinare di gara. Tuttavia la semplice possibilità teorica di effettuare l’attività contrattuale autonomamente non rende automaticamente le parti concorrenti: occorre una valutazione realistica del fatto che un’impresa sia in grado di completare l’appalto autonomamente, considerando le circostanze specifiche del caso, come le dimensioni e le capacità dell’impresa e la sua capacità presente e futura valutate alla luce dell’evoluzione delle prescrizioni contrattuali.

393.

Nel caso di gare d’appalto nelle quali è possibile presentare offerte su parti dell’appalto (lotti), le imprese che hanno la capacità di presentare offerte per uno o più lotti, ma presumibilmente non per l’intero appalto, devono essere considerate concorrenti. In situazioni analoghe, la collaborazione è spesso giustificata dal fatto che la cooperazione nell’ambito dell’accordo di consorzio consentirebbe alle parti di presentare offerte per l’intero appalto e ciò darebbe la possibilità di offrire uno sconto combinato per l’intero appalto. Tuttavia, ciò non modifica il fatto che, in linea di principio, le parti sono concorrenti per almeno una parte dell’offerta e che gli eventuali incrementi di efficienza conseguiti con un’offerta congiunta in relazione all’intera offerta devono essere valutati sulla base dei principi di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

394.

Qualora non sia possibile escludere che le parti dell’accordo di consorzio possano concorrere individualmente nel contesto dell’offerta (o se vi sono più parti di un accordo di consorzio rispetto a quanto necessario), l’offerta congiunta può restringere la concorrenza. Tale restrizione può avvenire per oggetto o per effetto, a seconda del contenuto dell’accordo e delle circostanze specifiche del caso (cfr. punti da 360 a 375).

395.

In ogni caso un accordo di consorzio tra concorrenti può soddisfare i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In generale sarà necessaria una valutazione specifica e concreta, sulla base di vari elementi quali la posizione delle parti sul mercato rilevante, il numero e la posizione di mercato degli altri partecipanti alla procedura di gara, il contenuto dell’accordo di consorzio, i prodotti o servizi interessati e le condizioni di mercato.

396.

In termini di efficienza, tali accordi possono assumere la forma di prezzi più bassi, ma anche di una qualità migliore, di una scelta più ampia o di una realizzazione più rapida dei prodotti o dei servizi oggetto della procedura di gara. Inoltre tutti gli altri criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, devono essere soddisfatti (carattere indispensabile, trasferimento ai consumatori e non eliminazione della concorrenza). Nelle procedure di gara tali aspetti sono spesso interconnessi: gli incrementi di efficienza di un’offerta congiunta attraverso un accordo di consorzio sono più facilmente trasferiti ai consumatori (sotto forma di prezzi più bassi o di una qualità migliore dell’offerta) se la concorrenza per quanto riguarda l’offerta non viene eliminata e altri concorrenti prendono parte alla procedura di gara.

397.

In sostanza i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, possono essere soddisfatti se la partecipazione congiunta alla procedura di gara consente alle parti di presentare un’offerta più competitiva rispetto alle offerte che avrebbero presentato autonomamente, in termini di prezzi e/o qualità, e i vantaggi a favore dei consumatori e dell’ente aggiudicatore prevalgono sulle restrizioni della concorrenza. Gli incrementi di efficienza devono essere trasferiti ai consumatori e non saranno sufficienti a soddisfare i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, se avvantaggiano soltanto le parti dell’accordo di consorzio.

5.5.   Esempi

398.

Commercializzazione in comune necessaria per entrare in un mercato

Esempio n. 1

Situazione: quattro imprese che forniscono servizi di lavanderia in una grande città vicina al confine di un altro Stato membro, ciascuna delle quali detiene una quota di mercato pari al 3 % dell’intero settore in tale città, decidono di creare un ramo di marketing in comune per la vendita di servizi di lavanderia a clienti istituzionali (ad esempio alberghi, ospedali e uffici) pur mantenendo la propria indipendenza e libertà di concorrenza per i clienti individuali locali. In considerazione del nuovo segmento di domanda (i clienti istituzionali), esse definiscono un marchio comune, un prezzo comune e condizioni standard comuni, tra cui un termine massimo di 24 ore prima della consegna e gli orari di consegna. Viene creato un call center comune a cui i clienti istituzionali possono chiedere il ritiro e/o la consegna degli articoli. Le imprese assumono un/una centralinista (per il call center) e vari autisti; investono inoltre in furgoncini per il trasporto e nella promozione del marchio per aumentare la propria visibilità. L’accordo non riduce del tutto i loro costi individuali per le infrastrutture (poiché conservano i propri locali e rimangono in concorrenza fra di esse per i clienti individuali locali), ma aumenta le loro economie di scala e consente loro di offrire ad altri tipi di clienti un servizio più completo, che comprende orari di apertura più lunghi e consegne in un raggio più ampio. Per garantire la redditività del progetto, è indispensabile che tutte e quattro le imprese partecipino all’accordo. Si tratta di un mercato estremamente frammentato, in cui le quote di mercato dei singoli concorrenti non superano il 15 %.

Analisi: sebbene la quota di mercato congiunta delle parti sia inferiore al 15 %, il fatto che l’accordo preveda una fissazione dei prezzi significa che potrebbe applicarsi l’articolo 101, paragrafo 1. Tuttavia, nella misura in cui le parti non sarebbero state in grado di entrare nel mercato della fornitura di servizi di lavanderia a clienti istituzionali, né individualmente né in collaborazione con un numero di parti inferiore rispetto alle quattro che attualmente partecipano all’accordo, quest’ultimo accordo non creerebbe riserve sotto il profilo della concorrenza, indipendentemente dalla restrizione in termini di fissazione dei prezzi, che in questo caso può essere considerata indispensabile per la promozione del marchio comune e per la riuscita del progetto.

399.

Accordo di commercializzazione fra più parti di quanto non sia necessario per entrare in un mercato

Esempio n. 2

Situazione: si applicano gli stessi elementi fattuali di cui all’esempio n. 1, punto 398, ma con una differenza principale: per garantire la redditività del progetto, l’accordo avrebbe potuto essere attuato da tre sole parti (invece delle quattro effettivamente coinvolte nella cooperazione).

Analisi: sebbene la quota di mercato congiunta delle parti sia inferiore al 15 %, il fatto che l’accordo preveda una fissazione dei prezzi che avrebbe potuto essere attuato da meno di quattro parti significa che si applica l’articolo 101, paragrafo 1. L’accordo deve pertanto essere valutato a norma dell’articolo 101, paragrafo 3. L’accordo determina incrementi di efficienza, poiché ora le parti possono offrire servizi migliori a una nuova categoria di clienti su una scala più vasta (cosa che non avrebbero potuto fare individualmente). Visto che la quota di mercato congiunta è inferiore al 15 %, è probabile che esse trasferiscano in misura sufficiente ai consumatori gli eventuali incrementi di efficienza. Occorre inoltre valutare se le restrizioni imposte dall’accordo siano indispensabili per conseguire gli incrementi di efficienza e se l’accordo elimini la concorrenza. Dato che l’accordo mira a fornire un servizio più completo (compreso il trasporto, che prima non era compreso) a una categoria supplementare di clienti, sotto un unico marchio e a condizioni standard comuni, la fissazione dei prezzi può essere considerata indispensabile alla promozione del marchio comune e, di conseguenza, al successo del progetto e agli incrementi di efficienza che ne derivano. Inoltre, vista la frammentazione del mercato, l’accordo non eliminerà la concorrenza. Il fatto che l’accordo sia stato concluso tra quattro parti (invece delle tre che sarebbero state strettamente necessarie) aumenta la capacità e contribuisce a soddisfare contemporaneamente la domanda di più clienti istituzionali in conformità delle condizioni standard (come il rispetto dei tempi massimi per la consegna). È probabile che gli incrementi di efficienza compensino di per sé gli effetti restrittivi derivanti dalla riduzione della concorrenza tra le parti e che l’accordo soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

400.

Piattaforma internet comune – 1

Esempio n. 3

Situazione: alcuni piccoli negozi specializzati di uno Stato membro aderiscono a una piattaforma elettronica basata sul web per la promozione, la vendita e la consegna di cestini regalo di frutta. Esistono diverse piattaforme elettroniche basate sul web in concorrenza tra loro. Dietro pagamento di una quota mensile, i negozi condividono i costi operativi della piattaforma e investono congiuntamente nella promozione del marchio. I clienti usano la pagina web, in cui vengono offerti tipi diversi di cestini regalo, per ordinare (e pagare) il tipo di cestino che desiderano far consegnare. L’ordine viene poi trasmesso al negozio specializzato più vicino all’indirizzo di consegna. Il negozio sostiene individualmente i costi legati alla composizione del cestino regalo e alla sua consegna al cliente e incamera il 90 % del prezzo finale, che viene fissato mediante la piattaforma basata sul web e si applica uniformemente a tutti i negozi specializzati partecipanti, mentre il 10 % rimanente serve a coprire i costi di promozione comune e i costi operativi della piattaforma. A parte il pagamento della quota mensile, l’adesione alla piattaforma dei negozi specializzati non è soggetta ad altre restrizioni sul territorio nazionale. Inoltre, i negozi specializzati che possiedono un proprio sito web possono vendere cestini regalo di frutta su internet con il loro nome (e a volte lo fanno) e pertanto possono continuare a concorrere gli uni con gli altri al di fuori della cooperazione. La consegna dei cesti di frutta acquistati sulla piattaforma basata sul web è garantita per lo stesso giorno e i clienti possono anche scegliere l’ora di consegna.

Analisi: pur essendo di natura specifica, perché copre solo la vendita in comune di un tipo particolare di prodotto attraverso un canale di marketing specifico (la piattaforma basata sul web) e prevede una fissazione dei prezzi, l’accordo determinerà probabilmente restrizioni della concorrenza per oggetto. L’accordo deve pertanto essere valutato a norma dell’articolo 101, paragrafo 3. L’accordo determina incrementi di efficienza, quali una maggiore scelta, un servizio di migliore qualità e la riduzione dei costi di ricerca, che vanno a vantaggio dei consumatori e sono probabilmente tali da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza prodotti dall’accordo. Dato che i negozi specializzati che partecipano alla cooperazione possono comunque operare individualmente e concorrere gli uni con gli altri, sia mediante i negozi stessi che su internet, la restrizione relativa alla fissazione dei prezzi può essere considerata indispensabile alla promozione del prodotto (poiché quando comprano mediante la piattaforma basata sul web i consumatori non sanno da chi acquistano il cestino regalo e non vogliono confrontare una serie di prezzi diversi) e agli incrementi di efficienza che ne derivano, anche in considerazione del marchio comune usato online. In assenza di altre restrizioni, l’accordo soddisfa i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Inoltre, data l’esistenza di altre piattaforme concorrenti basate sul web e visto che le parti continuano a concorrere tra loro, sia mediante i negozi stessi che su internet, la concorrenza non viene eliminata.

401.

Piattaforma internet comune – 2

Esempio n. 4

Situazione: una serie di piccole librerie indipendenti crea una piattaforma elettronica basata sul web che promuoverà, venderà e consegnerà i libri disponibili presso i loro negozi. Le librerie coprono una regione sostanziale che confina con diversi Stati membri. Ogni libreria versa un canone annuale destinato a coprire i costi di gestione e promozione della piattaforma. Tale canone è calcolato sulla base di una percentuale fissa delle vendite annuali di ogni libreria sulla piattaforma fino alla concorrenza di un importo massimo. Tale importo massimo è concordato annualmente e si basa sui costi di gestione della piattaforma sostenuti nel corso dell’anno precedente. Per il periodo iniziale di 3 anni, la percentuale è fissata al 10 % delle vendite annuali, ma vi è un’intesa tra i membri che, man mano che l’attività cresce, si potrà probabilmente ridurre i contributi. Le librerie convengono di negoziare un accordo con un corriere per la consegna in giornata dei libri ordinati online. In ragione del numero di librerie coinvolte nell’attività, il corriere è in grado di garantire la consegna in giornata. Viene quindi concordato un prezzo per tale servizio di consegna che comprende il costo dell’imballaggio degli articoli. Non esiste alcun accordo tra le singole librerie per quanto riguarda il prezzo online dei loro libri, che viene comunicato da ogni libreria soltanto alla piattaforma e non vi è scambio di informazioni tra le librerie in merito a prezzi futuri o promozioni. Il prezzo dei libri online corrisponde in genere a quello praticato in negozio (a cui si aggiunge l’importo supplementare per le spese di spedizione e l’imballaggio concordato con il corriere). L’accesso alla piattaforma è aperto a tutti i negozi indipendenti a fronte del pagamento di un canone annuale. Esistono diverse altre piattaforme web analoghe che forniscono un servizio analogo nella stessa regione. Nessuna singola piattaforma detiene più del 15 % del mercato in una regione.

Analisi: dato che l’accordo prevede la fissazione del prezzo per l’imballaggio e la consegna degli ordini, nonché un canone basato su una percentuale dei prezzi al dettaglio, può essere applicabile l’articolo 101, paragrafo 1. Le parti forniscono elementi di prova del fatto che i vantaggi dell’accordo negoziato, compresa la clausola di consegna in giornata, non sarebbero stati messi a disposizione di ciascuna libreria individualmente. Inoltre, in ragione dell’accordo, si registra un notevole aumento delle vendite di libri, tanto online quanto in negozio. Sembra evidente che tali benefici non avrebbero potuto essere conseguiti in assenza dell’accordo. Essendovi diverse altre piattaforme con quote di mercato analoghe che operano nella stessa regione, la concorrenza non viene eliminata e l’accordo non desta riserve sotto il profilo della concorrenza.

402.

Impresa comune di vendita

Esempio n. 5

Situazione: le imprese A e B, situate in due Stati membri diversi, producono gomme per biciclette. La loro quota di mercato congiunta è pari al 14 % del mercato unionale delle gomme per biciclette. Le due imprese decidono di costituire un’impresa comune di vendita (non a pieno titolo) per il marketing delle gomme presso i fabbricanti di biciclette e accettano di vendere tutta la loro produzione tramite l’impresa comune. La produzione e le infrastrutture di trasporto rimangono attività distinte presso ciascuna parte. Le parti sostengono che l’accordo determina notevoli incrementi di efficienza, in quanto permette soprattutto di aumentare le economie di scala, di soddisfare la domanda dei clienti esistenti e potenziali e di sostenere meglio la concorrenza delle gomme importate prodotte nei paesi terzi. L’impresa comune negozia i prezzi e assegna gli ordini allo stabilimento di produzione più vicino, in modo da razionalizzare i costi di trasporto per la successiva consegna al cliente.

Analisi: anche se la quota di mercato congiunta delle parti è inferiore al 15 %, l’accordo rientra nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. L’accordo restringe la concorrenza per oggetto perché prevede che l’impresa comune attribuisca i clienti e fissi i prezzi. I presunti incrementi di efficienza derivanti dall’accordo non sono dovuti né all’integrazione di attività economiche né a investimenti comuni. L’impresa comune avrebbe un campo d’azione molto limitato e fungerebbe soltanto da interfaccia per l’assegnazione degli ordini agli stabilimenti di produzione. È quindi poco probabile che gli eventuali incrementi di efficienza si ripercuotano sui consumatori in misura tale da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza derivanti dall’accordo. Di conseguenza, non risulterebbero soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

403.

Clausola di concorrenza non sleale nell’accordo sull’esternalizzazione dei servizi

Esempio n. 6

Situazione: le imprese A e B sono fornitori concorrenti di servizi di pulizia per locali commerciali. Entrambi detengono una quota di mercato del 15 %. Vi sono molti altri concorrenti con quote di mercato comprese tra il 10 e il 15 %. A ha deciso (unilateralmente) di concentrarsi in futuro solo sui grossi clienti, avendo constatato che l’organizzazione del lavoro è lievemente diversa a seconda che si debbano servire grossi o piccoli clienti. Di conseguenza, A ha deciso di non stipulare più contratti con nuovi piccoli clienti. Inoltre, A e B concludono un accordo di esternalizzazione in virtù del quale B fornisce direttamente servizi di pulizia ai piccoli clienti esistenti di A (che rappresentano 1/3 della sua clientela complessiva). Al tempo stesso, A non vuole perdere i contatti con questi piccoli clienti, per cui continuerà a mantenere con essi rapporti contrattuali anche se i servizi di pulizia saranno forniti direttamente da B. Per attuare l’accordo di esternalizzazione, A dovrà necessariamente comunicare a B i nomi dei suoi piccoli clienti a cui si applica l’accordo. Temendo che B possa tentare di portarle via questi clienti offrendo servizi diretti a un prezzo più basso (e quindi bypassando A), A insiste perché nell’accordo di esternalizzazione sia inserita una «clausola di concorrenza non sleale», secondo la quale B non può mettersi in contatto con i piccoli clienti cui si applicano gli accordi di esternalizzazione nell’intento di fornire loro servizi diretti. A e B convengono inoltre che qualora tali clienti si rivolgano a B, quest’ultima non possa fornire loro servizi diretti. In assenza della «clausola di concorrenza non sleale» A non concluderebbe un accordo di esternalizzazione né con B né con altre imprese.

Analisi: l’accordo di esternalizzazione elimina B come fornitore indipendente di servizi di pulizia per i piccoli clienti di A, che non potranno più instaurare rapporti contrattuali diretti con B, pertanto può applicarsi l’articolo 101, paragrafo 1. Tuttavia tali clienti rappresentano soltanto 1/3 della clientela dell’impresa A, ossia il 5 % del mercato e potranno comunque rivolgersi ai concorrenti di A e B, che rappresentano il 70 % del mercato. L’accordo di esternalizzazione, quindi, non consentirà ad A di aumentare in modo redditizio i prezzi applicati ai clienti oggetto dell’accordo di esternalizzazione. Inoltre è poco probabile che l’accordo di esternalizzazione determini una collusione, poiché A e B detengono solo una quota di mercato congiunta del 30 % e devono far fronte a diversi concorrenti con quote di mercato simili alle loro quote individuali. Per di più, le lievi differenze tra i servizi prestati a grossi e piccoli clienti minimizzano il rischio che l’accordo di esternalizzazione incida sul comportamento di A e B quando competono per aggiudicarsi i grossi clienti. È quindi improbabile che l’accordo di esternalizzazione abbia effetti restrittivi sulla concorrenza e possa essere esentato ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.

404.

Piattaforma di distribuzione di mezzi di comunicazione

Esempio n. 7

Situazione: le emittenti televisive A e B, entrambe attive principalmente nel mercato della televisione in chiaro in uno Stato membro, creano un’impresa comune per lanciare nello stesso mercato nazionale una piattaforma di video su richiesta (video-on-demand) online, sulla quale i consumatori possono, a fronte del pagamento di un corrispettivo, guardare film o serie televisive prodotti da ciascuna di esse o da terzi che hanno concesso in licenza ad una delle due emittenti televisive i relativi diritti audiovisivi. Il gruppo dell’emittente televisiva A detiene una quota di mercato del 25 % circa sul mercato della televisione in chiaro e l’emittente B detiene una quota di mercato del 15 % circa. Ci sono altri due grandi operatori aventi quote di mercato comprese tra il 10 % e il 15 % e una serie di emittenti minori. Il mercato nazionale dei video su richiesta, nel quale l’impresa comune sarà principalmente attiva, è un mercato giovane per il quale si prevede un grande potenziale di crescita. Il prezzo per la visione di un video sarà determinato a livello centrale dall’impresa comune, che coordinerà anche i prezzi per l’acquisizione di licenze per video su richiesta sul mercato a monte.

Analisi: tenuto conto delle loro dimensioni sul mercato televisivo nazionale e della loro grande biblioteca di diritti audiovisivi, sia A che B potrebbero lanciare separatamente una piattaforma di video su richiesta. Di conseguenza si tratta di concorrenti potenziali sul nascente mercato al consumo dei video su richiesta. Inoltre l’accordo comporta la fissazione dei prezzi e di conseguenza si applica l’articolo 101, paragrafo 1. Poiché la concorrenza sui prezzi tra le due emittenti sarà eliminata, la restrizione della concorrenza appare sostanziale. Inoltre sarà coordinata anche la fissazione dei prezzi per le licenze di video su richiesta. Tenuto conto delle attività e delle dimensioni delle imprese coinvolte, si tratta di restrizioni sensibili della concorrenza. Per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, i vantaggi derivanti da una gamma più ampia di offerte di video su richiesta e da una navigazione semplificata attraverso i contenuti non sembrano prevalere sugli effetti negativi per la concorrenza. In particolare le restrizioni non sembrano necessarie per conseguire i suddetti incrementi di efficienza, che potrebbero essere ottenuti anche con una piattaforma aperta e una cooperazione puramente tecnica. In conclusione l’accordo in questione non sembra soddisfare i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

405.

Consorzi offerenti

Esempio n. 8

Situazione: le imprese A e B sono fornitori concorrenti di prodotti medici specializzati per ospedali. Le due imprese decidono di concludere un accordo di consorzio per la presentazione di offerte congiunte in una serie di procedure di gara organizzate dal sistema sanitario nazionale di uno Stato membro, per la fornitura di una serie di medicinali derivati dal plasma agli ospedali pubblici. Il criterio per l’aggiudicazione degli appalti è l’offerta economicamente più vantaggiosa, che tiene conto di un equilibrio tra prezzo e qualità. In particolare sono attribuiti punti supplementari nel caso in cui l’offerta comprenda una serie di prodotti facoltativi. Le due imprese potrebbero concorrere individualmente nelle procedure di gara, sulla base delle prescrizioni previste nel disciplinare di gara. Infatti tanto A quanto B hanno già partecipato individualmente a una delle gare d’appalto pertinenti, aggiudicate a un altro partecipante in quanto entrambe le loro offerte individuali erano inferiori, in termini di prezzo e qualità, in particolare in ragione di un’offerta limitata di prodotti facoltativi. In generale vi sono almeno altri due partecipanti alle procedure di gara in questione.

Analisi: dato che le imprese A e B potrebbero concorrere individualmente nelle offerte, si applica l’articolo 101, paragrafo 1, e la partecipazione congiunta può restringere la concorrenza. L’accordo deve pertanto essere valutato a norma dell’articolo 101, paragrafo 3. In base al risultato della procedura di gara precedente, nel contesto della quale le parti concorrevano separatamente, risulta che un’offerta congiunta sarebbe più competitiva rispetto alle offerte individuali, in termini di prezzi e di gamma di prodotti offerti, in particolare per i prodotti facoltativi. L’accordo di consorzio sembra oggettivamente necessario per consentire alle parti interessate di presentare offerte effettivamente competitive nelle procedure di gara, rispetto alle offerte presentate dagli altri partecipanti. La concorrenza nelle procedure di gara non è eliminata in quanto almeno altri due concorrenti interessati vi parteciperanno. Ciò implica che gli incrementi di efficienza dell’offerta congiunta potrebbero andare a vantaggio dell’ente aggiudicatore e, in definitiva, dei consumatori. Di conseguenza l’accordo rispetta i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

6.   SCAMBIO DI INFORMAZIONI

6.1.   Introduzione

406.

Il presente capitolo mira a fornire indicazioni alle imprese e alle associazioni in relazione alla valutazione dello scambio di informazioni sotto il profilo della concorrenza (194). Lo scambio di informazioni può assumere forme diverse e può avvenire in contesti diversi.

407.

Lo scambio di informazioni ai fini del presente capitolo comprende lo scambio di: i) contenuti digitali grezzi e non organizzati che richiederanno un trattamento per renderli usufruibili (dati grezzi); ii) dati pretrattati che sono già stati preparati e convalidati; iii) dati trattati al fine di produrre informazioni significative, di qualsiasi forma; nonché iv) qualsiasi altro tipo di informazione, comprese le informazioni non digitali. Comprende la condivisione fisica di informazioni e la condivisione di dati tra concorrenti effettivi o potenziali (195). Nel presente capitolo il termine «informazioni» comprende tutti i tipi di dati e di informazioni di cui sopra.

408.

Le informazioni possono essere scambiate direttamente tra concorrenti (sotto forma di divulgazione unilaterale o nell’ambito di uno scambio bilaterale o multilaterale) oppure indirettamente da o tramite terzi (quale un fornitore di servizi, una piattaforma, uno strumento online o un algoritmo), un’agenzia comune (ad esempio un’associazione di categoria), un organismo di ricerca di mercato o tramite fornitori o venditori al dettaglio. Il presente capitolo si applica sia alle forme dirette che a quelle indirette di scambio di informazioni.

409.

Lo scambio di informazioni può rientrare in un altro tipo di accordo di cooperazione orizzontale la cui attuazione di cooperazione orizzontale può richiedere lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale. In tal caso sarà necessario verificare se lo scambio possa dar luogo ad un esito collusivo per quanto concerne le attività delle parti all’interno e all’esterno dell’accordo di cooperazione. Gli eventuali effetti negativi provocati da tali scambi di informazioni non saranno valutati separatamente, ma alla luce degli effetti complessivi dell’accordo di cooperazione orizzontale. Se non va oltre quanto necessario ai fini della cooperazione legittima tra i concorrenti, anche qualora lo scambio di informazioni avesse effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, sarebbe più probabile che l’accordo soddisfi i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, rispetto al caso in cui lo scambio andasse oltre quanto necessario per consentire la cooperazione. Quando lo scambio di informazioni costituisce di per sé l’obiettivo principale della cooperazione, la valutazione di tale scambio dovrebbe avvenire secondo le indicazioni fornite nel presente capitolo.

410.

Lo scambio di informazioni può altresì far parte di un processo di acquisizione. In tali casi, a seconda delle circostanze, lo scambio può essere soggetto alle norme di cui al regolamento sulle concentrazioni (196). Qualsiasi comportamento restrittivo della concorrenza che non sia direttamente connesso e necessario all’attuazione dell’acquisizione del controllo resta soggetto all’articolo 101 del trattato.

411.

Lo scambio di informazioni può altresì derivare da iniziative di regolamentazione. Anche se le imprese possono essere incoraggiate od obbligate a condividere determinate informazioni e dati al fine di ottemperare agli obblighi imposti dall’Unione o dai governi, l’articolo 101, paragrafo 1, continua ad applicarsi. Nella pratica ciò significa che chi è soggetto a prescrizioni normative non deve utilizzarle come mezzo per violare l’articolo 101, paragrafo 1, ma dovrebbe limitare la portata dello scambio di informazioni a quanto richiesto in base al regolamento applicabile e potrebbe essere tenuto ad applicare misure precauzionali in caso di scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale.

Un regolamento UE può prevedere ad esempio lo scambio di informazioni tra le persone soggette al regolamento al fine di evitare o ridurre la necessità di sperimentazione animale e/o ridurre i costi di ricerca. Tali scambi sono soggetti all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Le imprese che partecipano agli scambi previsti dal regolamento non devono pertanto fornire informazioni sensibili dal punto di vista commerciale che rivelino la loro strategia di mercato o informazioni tecniche che vadano oltre quanto prescritto dal regolamento. Le imprese possono essere in grado di ridurre la frequenza dello scambio al fine di rendere le informazioni meno sensibili dal punto di vista commerciale. Ove possibile, si dovrebbero utilizzare informazioni aggregate o intervalli di valori aggregati al fine di evitare lo scambio di cifre individuali o più dettagliate. Le imprese possono altresì prendere in considerazione il ricorso a un terzo prestatore di servizi indipendente («fiduciario») incaricato di ricevere informazioni individuali da diverse fonti sulla base di accordi di non divulgazione e, quindi, di raccogliere, verificare e aggregare tali informazioni in un prodotto composito che non offra la possibilità di dedurre dati individuali.

6.2.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

6.2.1.   Introduzione

412.

Lo scambio di informazioni è una caratteristica comune di molti mercati concorrenziali e può determinare vari tipi di incrementi di efficienza; ad esempio risolvendo problemi di asimmetria delle informazioni (197), e rendendo quindi i mercati più efficienti. Negli ultimi anni, ha acquisito nello specifico importanza la condivisione dei dati, che è diventata essenziale per orientare il processo decisionale attraverso l’uso di tecniche di analisi dei megadati (big data) e di apprendimento automatico (198). Inoltre le imprese possono migliorare la propria efficienza interna confrontando le proprie prestazioni rispetto alle migliori pratiche applicate da altre imprese. Lo scambio di informazioni può altresì aiutare le imprese a risparmiare sui costi riducendo i loro inventari, consentendo una consegna più rapida di prodotti deperibili ai consumatori o affrontando una domanda instabile, ecc. La condivisione di informazioni dello stesso tipo o di natura complementare può consentire alle imprese di sviluppare prodotti o servizi nuovi o migliori oppure di addestrare algoritmi su una base più ampia e significativa. Inoltre gli scambi di informazioni possono apportare benefici diretti ai consumatori, riducendo i costi di ricerca e migliorando la scelta.

413.

Come indicato al punto 15 è possibile applicare l’articolo 101, paragrafo 1, soltanto se lo scambio di informazioni costituisce (o fa parte di) un accordo, una pratica concordata o una decisione di un’associazione di imprese. La nozione di pratica concordata implica, oltre alla concertazione tra le imprese interessate, un comportamento sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra questi due elementi (199). Nel caso in cui lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale tra concorrenti avvenga in preparazione di un accordo anticoncorrenziale, ciò è sufficiente a dimostrare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. A tal riguardo non è necessario dimostrare che tali concorrenti si sono formalmente impegnati ad adottare un determinato comportamento o che i concorrenti hanno adottato pratiche collusive in relazione al loro comportamento futuro sul mercato (200). Inoltre esiste una presunzione secondo la quale le imprese partecipanti a una pratica concordata e che restano attive sul mercato tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti nel determinare il proprio comportamento sul mercato (201).

414.

Secondo il principio fondamentale della concorrenza ciascuna impresa determina in modo indipendente il proprio comportamento economico sul mercato rilevante. Tale principio non impedisce alle imprese di adeguarsi intelligentemente al comportamento esistente o previsto dei loro concorrenti o alle condizioni abituali esistenti sul mercato. Le imprese dovrebbero tuttavia evitare scambi di informazioni che hanno per oggetto o per effetto la creazione di condizioni di concorrenza che non corrispondono alle normali condizioni del mercato rilevante. Un esempio potrebbe essere allorché lo scambio influenza il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure rivela a tale concorrente il comportamento che un altro concorrente intende tenere, o che prevede di tenere, sul mercato (202).

415.

La presente sezione illustra innanzitutto le due principali riserve sotto il profilo della concorrenza relative allo scambio di informazioni (sezione 6.2.2). Successivamente fornisce ulteriori orientamenti sulla pertinenza della natura delle informazioni scambiate ai fini della valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (sezione 6.2.3) e sulle caratteristiche dello scambio stesso (sezione 6.2.4), nonché sulle caratteristiche del mercato (sezione 6.2.5). Due sezioni dedicate riguardano le restrizioni della concorrenza per oggetto (sezione 6.2.6) e per effetto (sezione 6.2.7).

6.2.2.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza relative allo scambio di informazioni (203)

6.2.2.1.   Esito collusivo

416.

Aumentando artificiosamente la trasparenza tra concorrenti nel mercato, lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può facilitare il coordinamento del comportamento concorrenziale delle imprese determinando restrizioni sulla concorrenza. Ciò vale in particolare laddove lo scambio rappresenti il supporto di un altro meccanismo anticoncorrenziale (204).

417.

Uno scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può di per sé consentire alle imprese di arrivare ad un’intesa sulle condizioni del coordinamento, con il risultato di un esito collusivo sul mercato. Tale scambio può creare aspettative simili delle parti per quanto riguarda le incertezze esistenti sul mercato. Su tale base le imprese possono dunque raggiungere un’intesa comune sul loro comportamento sul mercato, anche senza un accordo esplicito in merito a tale coordinamento (205).

418.

Lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può altresì essere utilizzato come metodo per aumentare la stabilità interna di un accordo anticoncorrenziale o di una pratica concordata sul mercato. Lo scambio di informazioni può rendere il mercato trasparente in misura sufficiente da permettere alle imprese in collusione tra loro di controllare ad un livello sufficiente se altre imprese deviano rispetto alla collusione e di sapere dunque quando applicare misure di ritorsione. Sia lo scambio di dati attuali che quello di dati precedenti possono costituire un tale sistema di controllo, che consente alle imprese di pervenire ad un esito collusivo sui mercati nei quali non hanno avuto la possibilità di agire in tal senso o di aumentare la stabilità di una collusione già esistente sul mercato.

L’uso di algoritmi da parte dei concorrenti può aumentare ad esempio il rischio di collusione sul mercato (206). Gli algoritmi possono consentire ai concorrenti di aumentare la trasparenza del mercato, individuare scostamenti sui prezzi in tempo reale e rendere più efficaci i meccanismi sanzionatori. D’altro canto, affinché la collusione algoritmica sia possibile, oltre alla progettazione specifica degli algoritmi sono necessarie alcune condizioni strutturali di mercato, quali un’elevata frequenza di interazioni, un potere limitato degli acquirenti e la presenza di prodotti/servizi omogenei.

419.

Infine lo scambio di informazioni può essere utilizzato anche come metodo per aumentare la stabilità esterna di un accordo anticoncorrenziale o di una pratica concordata sul mercato. Gli scambi che rendono il mercato sufficientemente trasparente possono permettere alle imprese in collusione tra loro di controllare dove e quando altre imprese tentano di entrare sul mercato, permettendo alle prime di adottare un’azione mirata nei confronti del nuovo concorrente. Sia lo scambio di informazioni attuali che quello di informazioni precedenti possono creare un tale sistema di controllo.

6.2.2.2.   Preclusione anticoncorrenziale

420.

Oltre ad agevolare la collusione, uno scambio di informazioni può anche determinare una preclusione anticoncorrenziale sullo stesso mercato in cui avviene lo scambio o su un mercato collegato (207).

421.

La preclusione sul medesimo mercato può avvenire quando lo scambio di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale determina un considerevole svantaggio concorrenziale per i concorrenti che non partecipano allo scambio rispetto alle imprese che fanno parte del sistema di scambio. Questo tipo di preclusione è possibile se le informazioni in questione sono di importanza strategica e lo scambio riguarda una parte significativa del mercato rilevante. Un esempio è costituito dalle iniziative di condivisione di dati nel contesto delle quali i dati condivisi sono di importanza strategica, rappresentano un’ampia parte del mercato e l’accesso di terzi è impedito (208). Inoltre tali iniziative non facilitano l’ingresso di nuovi operatori sul mercato.

422.

Non si può escludere che lo scambio di informazioni dia anche luogo ad una preclusione anticoncorrenziale di terzi su un mercato collegato. Ad esempio le imprese integrate verticalmente che scambiano informazioni in un mercato a monte possono acquisire potere di mercato e attuare pratiche collusive per aumentare il prezzo di un elemento chiave per un mercato a valle. In questo modo, esse potrebbero aumentare i costi dei loro concorrenti a valle, il che potrebbe dar luogo ad una preclusione anticoncorrenziale sul mercato a valle. Inoltre le imprese che utilizzano termini di accesso non trasparenti e discriminatori alle informazioni condivise possono limitare la loro capacità di terzi di individuare le tendenze relative a potenziali prodotti nuovi sui mercati collegati.

6.2.3.   La natura delle informazioni scambiate

6.2.3.1.   Informazioni sensibili dal punto di vista commerciale

423.

L’articolo 101, paragrafo 1, si applica se uno scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può incidere sulla strategia commerciale dei concorrenti. Ciò si verifica se le informazioni, una volta scambiate, riducono l’incertezza in merito alle azioni future o recenti di uno o più concorrenti sul mercato e indipendentemente dal fatto che le imprese coinvolte nello scambio ottengano un qualche vantaggio dalla loro cooperazione. Si tratta spesso di informazioni importanti da difendere per un’impresa al fine di mantenere o migliorare la propria posizione concorrenziale sul mercato o sui mercati. Le informazioni sui prezzi sono ad esempio sensibili dal punto di vista commerciale, ma l’articolo 101, paragrafo 1, si applica anche se lo scambio non ha un effetto diretto sui prezzi pagati dai consumatori finali (209). Il fatto che le informazioni scambiate possano essere inesatte o fuorvianti non elimina di per sé il rischio che possano incidere sul comportamento dei concorrenti sul mercato (210).

424.

Le informazioni che sono state considerate particolarmente sensibili dal punto di vista commerciale e il cui scambio è stato qualificato come restrizione per oggetto comprendono quanto segue:

lo scambio con concorrenti di informazioni circa la fissazione dei prezzi o le intenzioni in materia di fissazione dei prezzi di un’impresa (211);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa le capacità produttive attuali e future di un’impresa (212);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa la strategia commerciale prevista di un’impresa (213);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa gli accordi di un’impresa in materia di domanda attuale e futura (214);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa le vendite future di un’impresa (215);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa lo stato corrente di un’impresa e la sua strategia commerciale (216);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa le caratteristiche future di prodotti rilevanti per i consumatori (217);

lo scambio con i concorrenti di informazioni circa le posizioni sul mercato e le strategie nell’ambito di aste di prodotti finanziari (218).

6.2.3.2.   Informazioni pubbliche

425.

Le informazioni «effettivamente» pubbliche sono informazioni che sono in genere facilmente accessibili per tutti i concorrenti e i consumatori (in termini di costi di accesso) (219). Le informazioni accessibili al pubblico potrebbero aver perso la loro natura commercialmente sensibile. In generale è poco probabile che gli scambi di informazioni effettivamente pubbliche costituiscano una violazione dell’articolo 101 (220). Il fatto che le informazioni siano effettivamente pubbliche può ridurre le probabilità di un esito collusivo sul mercato nella misura in cui i concorrenti che non partecipano allo scambio di informazioni, i concorrenti potenziali e i clienti possono essere in grado di limitare i potenziali effetti restrittivi sulla concorrenza (221).

426.

Affinché le informazioni siano effettivamente pubbliche, non dovrebbe essere più costoso ottenerle per i clienti e le imprese che non partecipano allo scambio di informazioni rispetto alle imprese che lo fanno. I concorrenti non scelgono solitamente di scambiare informazioni che possono reperire sul mercato con la stessa facilità; gli scambi di informazioni effettivamente pubbliche risultano pertanto, nella pratica, poco probabili. Al contrario, anche se le informazioni scambiate tra concorrenti sono considerate essere di «dominio pubblico», non si tratta di informazioni effettivamente pubbliche se i costi necessari per raccoglierli scoraggiano altre imprese ed altri clienti dall’agire in tal senso (222). La possibilità di raccogliere le informazioni sul mercato, ad esempio ottenendole dai clienti, non significa necessariamente che tali informazioni siano dati di mercato facilmente accessibili ai concorrenti (223).

Un tipico esempio di informazioni effettivamente pubbliche è la pubblicità da parte delle stazioni di servizio delle loro informazioni correnti sui prezzi destinate ai consumatori e, parimenti, ai concorrenti nelle vicinanze. In mancanza di un accordo o di una pratica concordata anticoncorrenziali, tale pubblicità avvantaggia i consumatori in quanto facilita il confronto tra le stazioni di servizio prima di effettuare il rifornimento delle loro automobili, anche se la pubblicità consente altresì ai concorrenti di venire a conoscenza dei prezzi praticati dai loro concorrenti nelle vicinanze.

Nel caso in cui i proprietari delle stazioni di servizio avviino uno scambio di informazioni sui prezzi in tempo reale unicamente tra loro, è probabile che la valutazione di cui all’articolo 101, paragrafo 1, sia diversa. I dati sui prezzi scambiati dai titolari non sono effettivamente pubblici, perché per ottenere le stesse informazioni in altro modo sarebbe necessario un considerevole dispendio di tempo e notevoli costi di trasporto. In effetti sarebbe necessario percorrere frequentemente lunghe distanze per raccogliere i prezzi che figurano sui tabelloni presso i distributori di benzina sparsi in tutto il paese. I costi di questa operazione sarebbero potenzialmente elevati e le informazioni non potrebbero dunque, in pratica, essere ottenute senza lo scambio di informazioni. Inoltre lo scambio è sistematico e copre l’intero mercato rilevante, sul quale sono presenti solo pochi concorrenti ed è improbabile l’ingresso di nuovi entranti. È probabile che lo scambio crei un clima di reciproca certezza tra i concorrenti in merito alla loro politica di fissazione dei prezzi e possa quindi facilitare un esito collusivo.

427.

Anche se le informazioni sono disponibili al pubblico (ad esempio, sotto forma di informazioni pubblicate dalle autorità di regolamentazione), un ulteriore scambio di informazioni da parte dei concorrenti può avere effetti restrittivi sulla concorrenza se contribuisce ulteriormente a ridurre l’incertezza strategica sul mercato. In questo caso, le informazioni incrementali scambiate potrebbero essere determinanti per sbilanciare la situazione del mercato verso un esito collusivo.

In un determinato settore, ad esempio, può essere noto al pubblico che i costi delle forniture sono in aumento. Nelle riunioni bilaterali o durante le riunioni della pertinente associazione di categoria, questo fenomeno può essere portato avanti dai partecipanti. Se da un lato i concorrenti possono fare riferimento all’aumento dei costi delle forniture, essendo di pubblico dominio, dall’altro, non possono valutare congiuntamente l’aumento dei costi se ciò riduce l’incertezza circa le azioni future o recenti di un singolo concorrente sul mercato (224). Un concorrente deve determinare autonomamente la politica che intende adottare nel mercato interno. Ciò implica che ogni concorrente deve decidere autonomamente quale sarà la sua risposta all’aumento dei costi delle forniture.

6.2.3.3.   Informazioni e dati aggregati/individualizzati

428.

La natura sensibile dal punto di vista commerciale delle informazioni dipende anche dalla loro utilità per i concorrenti. A seconda delle circostanze, lo scambio di dati grezzi può essere meno sensibile dal punto di vista commerciale rispetto a uno scambio di dati già trattati e trasformati in informazioni significative. Analogamente i dati grezzi possono essere meno sensibili dal punto di vista commerciale rispetto ai dati aggregati, ma scambiarli può consentire alle imprese di ottenere maggiori efficienze. Allo stesso tempo è molto meno probabile che lo scambio di informazioni effettivamente aggregate (ossia quelle per le quali il riconoscimento delle informazioni individualizzate a livello di singola impresa è sufficientemente arduo o incerto) determini una restrizione della concorrenza rispetto agli scambi di informazioni al livello di singola impresa.

429.

La raccolta e la pubblicazione di informazioni aggregate sul mercato (quali dati sulle vendite, sulle capacità o sul costo di fattori produttivi e componenti) da parte di un’associazione di categoria o di un’impresa specializzata nella ricerca di mercato può essere utile per concorrenti e consumatori, risparmiando sui costi e consentendo loro di avere idee più chiare in generale sulla situazione economica di un settore. Tale raccolta e tale pubblicazione di informazioni possono consentire a singoli concorrenti di compiere scelte più consapevoli e adeguare efficacemente la loro strategia individuale in materia di concorrenza alle condizioni del mercato. Più in generale, fatto salvo il caso in cui avvenga tra un numero relativamente ridotto di imprese con una quota di mercato sufficientemente elevata, è improbabile che lo scambio di informazioni aggregate dia luogo a una restrizione della concorrenza. Lo scambio di informazioni individualizzate, invece, facilita l’intesa sul mercato e le strategie di punizione consentono alle imprese che praticano il coordinamento di individuare in modo più efficace coloro che deviano dal comportamento concordato o i nuovi concorrenti. Non si può tuttavia escludere che persino lo scambio di informazioni e dati aggregati possa agevolare esiti collusivi in mercati con caratteristiche particolari. In particolare, i membri di un oligopolio molto rigido e stabile che si scambiano informazioni aggregate potrebbero automaticamente supporre, notando un prezzo di mercato inferiore a un certo livello, che qualcuno abbia deviato dalla situazione collusiva, producendo una ritorsione che interessi tutto il mercato. In altri termini, per mantenere stabile la collusione, le imprese coinvolte in un oligopolio molto rigido e stabile non hanno sempre bisogno di sapere quale impresa è responsabile della deviazione; talvolta può essere sufficiente sapere che «qualcuno» si è discostato dalla condotta concordata.

6.2.3.4.   Età delle informazioni

430.

In numerosi settori le informazioni diventano storiche in modo relativamente rapido e perdono quindi la loro natura sensibile dal punto di vista commerciale. È improbabile che lo scambio di informazioni storiche porti ad un esito collusivo, perché è poco probabile che sia indicativo del comportamento previsto dei concorrenti o che determini un’intesa sul mercato (225). In linea di principio, tanto più datate sono le informazioni, tanto minore è la loro utilità per un’individuazione tempestiva delle deviazioni e, di conseguenza, per una minaccia credibile di una rapida rappresaglia (226). Tuttavia questo aspetto richiede una valutazione caso per caso della rilevanza delle informazioni (227).

431.

Il carattere storico delle informazioni dipende dalle caratteristiche specifiche del mercato rilevante, dalla frequenza delle trattative di acquisto e di vendita nel settore e dalla datazione delle informazioni generalmente utilizzate nel settore ai fini dell’adozione di decisioni commerciali. Le informazioni possono ad esempio essere considerate storiche se risalgono ad un periodo corrispondente a varie volte la durata media dei cicli di fissazione dei prezzi o dei contratti nel settore in questione, se tali contratti sono indicativi delle rinegoziazioni dei prezzi. Di contro, lo scambio di informazioni attuali può avere effetti restrittivi sulla concorrenza, in particolare se tale scambio serve ad aumentare artificiosamente la trasparenza tra le imprese piuttosto che nei confronti dei consumatori.

Se ad esempio le imprese si basano di norma su dati sulle preferenze dei consumatori (acquisti o altre scelte) nel corso dell’ultimo anno per ottimizzare le decisioni commerciali strategiche dei loro marchi, le informazioni relative a tale periodo saranno in genere più sensibili dal punto di vista commerciale rispetto a dati più datati. Le informazioni relative all’ultimo anno non sono quindi considerate «storiche».

6.2.4.   Le caratteristiche dello scambio

6.2.4.1.   Divulgazioni unilaterali

432.

È possibile parlare di pratica concordata qualora una sola impresa divulghi informazioni sensibili dal punto di vista commerciale al proprio o ai propri concorrenti (che le accettano) (228). Tali divulgazioni potrebbero avvenire, ad esempio, mediante post su siti web, messaggi (chat), e-mail, telefono, inserimento di dati in uno strumento algoritmico condiviso, ecc. È poi irrilevante se solo un’impresa informi unilateralmente i propri concorrenti in merito al comportamento che intende adottare sul mercato oppure se tutte le imprese coinvolte si scambino informazioni in ordine alle rispettive considerazioni e intenzioni. Quando una sola impresa rivela ai suoi concorrenti informazioni sensibili dal punto di vista commerciale concernenti la propria politica commerciale futura, viene meno l’incertezza strategica sul futuro funzionamento del mercato per tutti i suoi concorrenti e aumenta il pericolo di una limitazione della concorrenza e di un comportamento collusivo (229).

Ad esempio, è probabile che la partecipazione ad una riunione (230) in cui un’impresa rivela le sue intenzioni in merito ai prezzi ai propri concorrenti rientri nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, anche in mancanza di un accordo esplicito per aumentare i prezzi (231). Analogamente anche l’introduzione di una norma in materia di fissazione dei prezzi in uno strumento algoritmico condiviso (ad esempio il prezzo più basso sulla o sulle piattaforme online o sui negozi online pertinenti + 5 % oppure il prezzo di un concorrente – 5 %) rientra probabilmente nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, anche in assenza di un accordo esplicito per l’allineamento dei prezzi futuri.

Al contrario, l’invio di un messaggio di posta elettronica a caselle di posta elettronica personali non indica, di per sé, che i destinatari avrebbero dovuto essere a conoscenza del contenuto di tale messaggio (232). Alla luce di altri indizi oggettivi e concordanti, si potrebbe presumere presunzione che i destinatari fossero a conoscenza del contenuto, ma a questi ultimi deve comunque essere data la possibilità di confutare tale presunzione (233).

433.

Quando un’impresa riceve informazioni sensibili dal punto di vista commerciale da un concorrente (nel contesto di una riunione, al telefono, per via elettronica o tramite l’inserimento di dati in uno strumento algoritmico), si presupporrà che abbia tenuto conto di tali informazioni e abbia adattato il proprio comportamento sul mercato di conseguenza, a meno che non reagisca con una dichiarazione chiara del fatto che non desidera ricevere tali informazioni (234) o segnali tale eventualità alle autorità amministrative.

434.

Quando l’impresa fa un annuncio unilaterale effettivamente pubblico, ad esempio attraverso un post su un sito web accessibile al pubblico, una dichiarazione pubblica o un giornale, ciò non costituisce generalmente una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (235). Tuttavia, a seconda dei fatti alla base del caso in esame, non è possibile escludere la possibilità di constatare l’esistenza di una pratica concordata. Come spiegato al punto 426, fornire informazioni e dati effettivamente pubblici può aiutare i clienti a compiere scelte informate. Tali incrementi di efficienza sono tuttavia meno probabili se le informazioni riguardano intenzioni future che potrebbero non concretizzarsi e non vincolano l’impresa nei confronti dei suoi clienti (236).

Un annuncio pubblico unilaterale che faccia riferimento a intenzioni future in materia di prezzi, ad esempio, non vincolerà l’impresa che effettua tale annuncio nei confronti dei suoi clienti, ma può fornire ai suoi concorrenti segnali importanti sulla strategia che intende adottare sul mercato. Ciò vale in particolare se le informazioni sono sufficientemente specifiche. Tali annunci tendono pertanto a non apportare vantaggi in termini di efficienza a favore dei consumatori, ma possono facilitare la collusione.

Gli annunci pubblici unilaterali possono anche essere indicativi di un accordo o di una pratica concordata anticoncorrenziale sottostante. In un mercato in cui sono presenti solo pochi concorrenti ed esistono forti barriere all’ingresso, le imprese che pubblicizzano costantemente le informazioni senza un evidente vantaggio per i consumatori (ad esempio, informazioni sui costi di ricerca e sviluppo, sui costi di adeguamento ai requisiti ambientali, ecc.) possono, in assenza di un’altra spiegazione plausibile, essere coinvolte in una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Gli annunci pubblici unilaterali possono essere utilizzati per attuare o monitorare i loro accordi collusivi. L’accertamento di tale violazione dipenderà dall’insieme degli elementi di prova disponibili.

6.2.4.2.   Scambio indiretto di informazioni e scambi misti nel contesto di relazioni verticali/orizzontali

435.

Lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale tra concorrenti può avvenire tramite terzi (ad esempio un fornitore terzo di servizi, compreso un fornitore terzo di strumenti di ottimizzazione), un’agenzia comune (ad esempio un’organizzazione di categoria), uno dei loro fornitori o clienti (237) oppure un algoritmo condiviso (congiuntamente denominati «terzi»). La principale riserva sotto il profilo della concorrenza è data dal fatto che lo scambio può ridurre l’incertezza sulle azioni dei concorrenti e condurre quindi a un esito collusivo sul mercato. La collusione in tali casi è agevolata o attuata tramite il terzo in questione. A seconda delle circostanze del caso di specie, i concorrenti e il terzo possono essere entrambi ritenuti responsabili di tale collusione. Nulla nel tenore letterale dell’articolo 101, paragrafo 1, indica che il divieto ivi enunciato riguarda solamente le parti di tali accordi o pratiche concordate attive nei mercati interessati dai medesimi (238).

436.

In caso di scambio indiretto di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale, è necessaria un’analisi caso per caso del ruolo di ciascun partecipante al fine di stabilire se lo scambio riguarda un accordo o una pratica concordata anticoncorrenziale e chi è responsabile della collusione. Tale valutazione dovrà tener conto in particolare del livello di consapevolezza di fornitori o destinatari delle informazioni relative agli scambi di informazioni tra altri destinatari o fornitori di informazioni e il terzo.

Si possono distinguere diverse circostanze.

Taluni scambi indiretti di informazioni sono denominati accordi “a raggiera («hub-and-spoke»). In tali casi un fornitore o un fabbricante comune funge da fulcro per trasmettere le informazioni a diversi venditori al dettaglio, ma può anche accadere che un venditore al dettaglio faciliti il coordinamento tra più fornitori o fabbricanti. Una piattaforma online può inoltre fungere da fulcro nel caso in cui faciliti, coordini o applichi pratiche anticoncorrenziali tra gli utenti dei suoi servizi di piattaforma.

Le piattaforme online possono consentire ad esempio lo scambio di informazioni tra gli utenti delle piattaforme per garantire determinati margini o livelli di prezzo. Le piattaforme possono altresì essere utilizzate per imporre al sistema restrizioni operative che impediscono agli utenti delle piattaforme di offrire prezzi inferiori o altri vantaggi ai clienti finali. Altri scambi indiretti di informazioni possono comportare il ricorso tra concorrenti (potenziali) a un algoritmo di ottimizzazione condiviso che prenderebbe decisioni commerciali sulla base di flussi di dati sensibili dal punto di vista commerciale provenienti da vari concorrenti, o l’attuazione nei pertinenti strumenti automatizzati di caratteristiche o meccanismi di ottimizzazione allineati/coordinati. Sebbene l’utilizzo di dati pubblicamente disponibili per alimentare il software algoritmico sia legale, l’aggregazione di informazioni sensibili in uno strumento di fissazione dei prezzi offerto da un’unica impresa informatica a cui vari concorrenti hanno accesso potrebbe costituire una collusione orizzontale.

Anche un’agenzia comune, come un’associazione di categoria, può facilitare gli scambi tra i suoi membri.

437.

Un’impresa che riceve o trasmette indirettamente informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può essere ritenuta responsabile di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1. La condizione è che l’impresa che ha ricevuto o trasmesso le informazioni fosse a conoscenza degli obiettivi anticoncorrenziali perseguiti dai suoi concorrenti e dal terzo e intendesse contribuirvi con il proprio comportamento. Ciò si applicherebbe qualora l’impresa avesse concordato espressamente o tacitamente con il fornitore terzo che condivide tali informazioni con i suoi concorrenti di divulgare informazioni sensibili dal punto di vista commerciale ai suoi concorrenti o qualora intendesse, tramite il terzo, procedere a tale divulgazione. Inoltre tale condizione sarebbe soddisfatta se l’impresa che riceve o trasmette le informazioni poteva ragionevolmente prevedere che il terzo avrebbe condiviso le proprie informazioni commerciali con i suoi concorrenti e se era disposta ad accettare il rischio che ciò comportava. Al contrario, la condizione non è soddisfatta quando il terzo ha utilizzato le informazioni sensibili dal punto di vista commerciale di un’impresa e, senza averla informata, le ha trasmesse ai suoi concorrenti (239).

438.

Analogamente una terza parte che trasmette informazioni sensibili dal punto di vista commerciale può essere ritenuta responsabile anch’essa per tale violazione qualora essa avesse inteso contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti all’accordo e fosse stata a conoscenza dei comportamenti materiali progettati o adottati da altre imprese per conseguire tali obiettivi, o avesse potuto ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio (240).

6.2.4.3.   Frequenza dello scambio di informazioni

439.

Gli scambi frequenti di informazioni che agevolano sia una migliore comprensione comune del mercato che il controllo delle deviazioni aumentano i rischi di un esito collusivo. Per facilitare un esito collusivo in mercati instabili possono risultare necessari scambi di informazioni più frequenti rispetto ai mercati più stabili. Nei mercati con contratti a lungo termine (indicativi di una scarsa frequenza di negoziazione di acquisti e vendite) uno scambio meno frequente di informazioni potrebbe dunque essere sufficiente per raggiungere un esito collusivo; uno scambio di tale frequenza non potrebbe invece essere sufficiente nei mercati con contratti a breve termine e frequenti rinegoziazioni dei prezzi (241). In generale la frequenza di scambio di informazioni necessaria per raggiungere un esito collusivo dipende anche dalla natura, dall’età e dall’aggregazione di tali informazioni (242). In ragione della crescente importanza dei dati in tempo reale ai fini della capacità delle imprese di concorrere in modo efficiente, lo scambio automatizzato di informazioni in tempo reale consegue il massimo vantaggio competitivo.

6.2.4.4.   Misure messe in atto per limitare e/o controllare le modalità di utilizzo dei dati

440.

Le imprese che desiderano (o necessitano di) scambiarsi informazioni possono adottare misure per limitare l’accesso alle informazioni e/o controllare le modalità di utilizzo delle stesse (243). Tali misure possono impedire che informazioni sensibili dal punto di vista commerciale possano incidere sul comportamento di un concorrente.

Le imprese possono ad esempio utilizzare«clean team»(squadre «pulite») per ricevere e trattare informazioni. In genere per«clean team»si intende un gruppo ristretto di persone interne ad un’impresa che non partecipano alla sua attività commerciale ordinaria e sono vincolate da rigorosi protocolli in materia di riservatezza delle informazioni sensibili dal punto di vista commerciale. Si può ricorrere a un«clean team»ad esempio nell’attuazione di un altro accordo di cooperazione orizzontale per garantire che le informazioni fornite ai fini di tale cooperazione siano fornite in base al principio della necessità di sapere e in modo aggregato.

In linea di principio, i partecipanti a un pool di dati dovrebbero avere accesso soltanto alle proprie informazioni e alle informazioni finali aggregate degli altri partecipanti. Delle misure tecniche e pratiche possono garantire che un partecipante non sia in grado di ottenere informazioni sensibili dal punto di vista commerciale da altri partecipanti. La gestione di un pool di dati può essere affidata ad esempio a un terzo indipendente, soggetto a rigorose norme di riservatezza per quanto riguarda le informazioni ricevute dai partecipanti al pool di dati. Coloro che gestiscono un pool di dati dovrebbero inoltre garantire che siano raccolte soltanto le informazioni necessarie per la realizzazione della finalità legittima di tale pool di dati.

6.2.4.5.   Accesso alle informazioni e ai dati raccolti

441.

Nelle situazioni nelle quali le informazioni scambiate sono strategiche per la concorrenza e coprono una parte significativa del mercato rilevante, ma non comportano un rischio di esito collusivo, le condizioni di accesso a tali informazioni costituiscono un elemento importante per valutare eventuali effetti di preclusione. Lo scambio di tali informazioni strategiche può essere consentito soltanto se le informazioni sono rese accessibili in modo non discriminatorio a tutte le imprese attive sul mercato rilevante. Qualora tale accessibilità non fosse garantita alcuni dei concorrenti sarebbero svantaggiati, disponendo di minori informazioni, il che non faciliterebbe neppure l’ingresso di nuovi operatori sul mercato (244).

442.

In particolare ciò può verificarsi nelle iniziative di condivisione di dati nel contesto delle quali i dati condivisi in un pool di dati rappresentano un’ampia parte del mercato. Quando i dati condivisi rappresentano una risorsa preziosa per competere sul mercato, i concorrenti cui viene negato l’accesso (o cui viene concesso l’accesso soltanto a condizioni meno favorevoli) potrebbero essere esclusi dal mercato. La valutazione di cui all’articolo 101, paragrafo 1, dipenderà da elementi quali la natura dei dati condivisi, le condizioni dell’accordo di condivisione dei dati e i requisiti di accesso nonché la posizione di mercato delle parti interessate. Supponendo che il pool di dati non sia soggetto a un esito collusivo, una qualche forma di adesione aperta o accesso al pool di dati limiterebbe il rischio di preclusione anticoncorrenziale. La valutazione dovrebbe considerare che gli effetti di preclusione derivanti dal rifiuto di concedere l’accesso a un pool di dati possono essere significativi, in particolare in presenza di un grado elevato di concentrazione del mercato e dei dati e se i dati raccolti conferiscono un vantaggio competitivo importante nel servire non soltanto il mercato rilevante, ma anche i mercati contigui.

6.2.5.   Caratteristiche del mercato

443.

La probabilità che uno scambio di informazioni dia luogo a collusione o preclusione dipende dalle caratteristiche del mercato. Inoltre gli scambi stessi possono incidere su tali caratteristiche del mercato. Tra le caratteristiche pertinenti del mercato figurano, tra l’altro, il livello di trasparenza in un mercato, il numero di imprese presenti su un mercato, l’esistenza di barriere all’ingresso, la natura omogenea del prodotto o del servizio interessato dallo scambio, l’omogeneità delle imprese coinvolte (245) e la stabilità delle condizioni di domanda e offerta sul mercato (246).

444.

È più facile conseguire un’intesa comune sulle condizioni di coordinamento e monitorare le deviazioni su un mercato nel quale sono presenti soltanto poche imprese. Qualora un mercato sia fortemente concentrato, lo scambio di talune informazioni può, in particolare a seconda del tipo di informazioni che sono scambiate, consentire alle imprese di conoscere la posizione e la strategia commerciale dei loro concorrenti sul mercato, falsando in tal modo la rivalità su tale mercato e aumentando la probabilità di una collusione, o comunque facilitandola. Per contro, se un mercato è frammentato, la diffusione e lo scambio di informazioni tra concorrenti possono essere neutri, o anche positivi, per la natura competitiva del mercato (247).

445.

Un mercato molto trasparente può facilitare la collusione permettendo alle imprese di raggiungere un’intesa sulle condizioni di coordinamento e aumentando la stabilità interna ed esterna della collusione (248).

446.

Gli esiti collusivi sono più inoltre probabili quando le condizioni della domanda e dell’offerta sul mercato sono relativamente stabili (249). Una domanda volatile, una sostanziale crescita interna di alcune imprese sul mercato o il frequente ingresso di nuove imprese possono indicare che la situazione attuale non è sufficientemente stabile da rendere probabile un coordinamento (250) oppure può richiedere scambi più frequenti per incidere sulla concorrenza.

447.

Inoltre, in mercati nei quali l’innovazione ha un ruolo importante, il coordinamento può risultare più difficile in quanto le innovazioni particolarmente significative possono consentire ad un’impresa di conquistare un forte vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. Affinché un esito collusivo sia sostenibile, le reazioni degli estranei, quali i concorrenti attuali e potenziali che non aderiscono al coordinamento, come pure i clienti, non dovrebbero poter pregiudicare i risultati attesi da detta collusione. In tale contesto, in presenza di barriere all’ingresso è maggiormente probabile che un esito collusivo sul mercato sia fattibile e sostenibile.

6.2.6.   Restrizione della concorrenza per oggetto

448.

Uno scambio di informazioni è considerato una restrizione per oggetto quando le informazioni sono sensibili da un punto di vista commerciale e lo scambio è idoneo ad eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento che le imprese interessate devono effettuare nel loro comportamento sul mercato (251). Nel valutare se lo scambio di informazioni dà luogo ad una restrizione della concorrenza per oggetto, la Commissione presterà particolare attenzione al contenuto e agli obiettivi di tale scambio, nonché al contesto giuridico ed economico in cui avviene lo scambio di informazioni (252). Nella valutazione di detto contesto, occorre prendere in considerazione la natura dei beni o dei servizi coinvolti, nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (253).

449.

Dagli esempi forniti al punto 424 emerge chiaramente che non è richiesto alcun nesso diretto tra le informazioni scambiate e i prezzi al consumo affinché lo scambio costituisca una restrizione per oggetto. Al fine di accertare l’esistenza di una violazione per oggetto, il criterio decisivo è la natura dei contatti e non la loro frequenza (254).

Ad esempio: un gruppo di concorrenti teme che i propri prodotti possano essere soggetti a requisiti ambientali sempre più severi. Nel contesto degli sforzi comuni di lobbismo, essi si riuniscono regolarmente e procedono a uno scambio di opinioni. Al fine di conseguire una posizione comune sulle future proposte legislative, si scambiano alcune informazioni relative alle caratteristiche ambientali dei loro prodotti esistenti. Nella misura in cui tali informazioni sono storiche e non consentono alle imprese di venire a conoscenza delle strategie di mercato previste dai loro concorrenti, tale scambio non costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

Tuttavia, una volta che le imprese iniziano a scambiarsi informazioni sullo sviluppo di prodotti futuri, vi è il rischio che tali scambi possano influenzare il comportamento dei concorrenti sul mercato. Tale scambio può indurre i concorrenti a raggiungere un’intesa comune per non commercializzare prodotti più rispettosi dell’ambiente rispetto a quanto richiesto dalla legge. Tale coordinamento incide sul comportamento delle parti sul mercato e limita le scelte dei consumatori e la concorrenza sulle caratteristiche dei prodotti. Di conseguenza sarà considerato una restrizione della concorrenza per oggetto.

450.

Uno scambio di informazioni può essere considerato un cartello se mira a coordinare il comportamento concorrenziale o a incidere sui parametri pertinenti della concorrenza sul mercato tra due o più concorrenti. Uno scambio di informazioni costituisce un cartello se si tratta di un accordo o una pratica concordata fra due o più concorrenti, volta a coordinare la loro condotta concorrenziale sul mercato o a influire sui pertinenti parametri di concorrenza mediante pratiche consistenti, tra l’altro, nel fissare o coordinare i prezzi di acquisto o di vendita o di altre condizioni di transazione, anche in relazione ai diritti di proprietà intellettuale, nell’allocare quote di produzione o di vendita, nel ripartire i mercati e i clienti, tra l’altro mediante manipolazione delle gare d’appalto, le restrizioni delle importazioni o delle esportazioni o azioni anticoncorrenziali dirette contro altre imprese concorrenti. Gli scambi di informazioni che si configurano come cartelli non soltanto violano l’articolo 101, paragrafo 1, ma molto difficilmente possono soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Lo scambio di informazioni può anche facilitare l’attuazione di un cartello consentendo alle imprese di controllare se i partecipanti rispettano i termini concordati. Questo tipo di scambi di informazioni verrà valutato come parte del cartello.

6.2.7.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

451.

Uno scambio di informazioni che non costituisce una restrizione per oggetto può comunque avere effetti restrittivi sulla concorrenza.

452.

Come indicato al punto 37, gli effetti probabili di uno scambio di informazioni sulla concorrenza vanno analizzati caso per caso, in quanto i risultati della valutazione dipendono da una combinazione di vai fattori specifici per ogni singolo caso. Nel contesto di tale valutazione, la Commissione confronterà gli effetti reali o potenziali dello scambio di informazioni sulla situazione corrente del mercato con la situazione che si verificherebbe in assenza di tale scambio di informazioni specifico (255). Affinché uno scambio di informazioni abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, deve sussistere la probabilità che esso abbia significativi effetti negativi su uno o più parametri di concorrenza, come il prezzo, la produzione, la qualità o la varietà del prodotto o l’innovazione.

453.

Ai fini della valutazione di eventuali effetti restrittivi sono pertinenti la natura delle informazioni scambiate (cfr. sezione 6.2.3), le caratteristiche dello scambio (cfr. sezione 6.2.4) e le caratteristiche del mercato (cfr. sezione 6.2.5) (256).

454.

Affinché uno scambio di informazioni abbia la probabilità di produrre effetti restrittivi sulla concorrenza, le imprese partecipanti allo scambio devono coprire una parte sufficientemente grande del mercato rilevante. In caso contrario, i concorrenti che non partecipano allo scambio potrebbero limitare qualsiasi comportamento anticoncorrenziale delle imprese interessate.

455.

Non è possibile definire in modo astratto che cosa costituisca «una parte sufficientemente grande del mercato»; ciò dipenderà dai fatti specifici per ciascun caso e dal tipo di scambio in questione. Qualora uno scambio di informazioni abbia luogo nel contesto di un altro tipo di accordo di cooperazione orizzontale e non vada oltre a quanto necessario per la sua realizzazione, una copertura di mercato inferiore alle soglie basate sulla quota di mercato precisate nel relativo capitolo delle presenti linee direttrici, nel regolamento di esenzione per categoria applicabile (257) o nella comunicazione «de minimis» sul tipo di accordo in questione (258).

456.

Uno scambio di informazioni che contribuisca poco alla trasparenza in un mercato ha meno probabilità di avere effetti restrittivi sulla concorrenza rispetto ad uno scambio di informazioni che aumenta significativamente la trasparenza. La combinazione del livello preesistente di trasparenza e del modo in cui lo scambio modifica tale livello determina pertanto il grado di probabilità che lo scambio di informazioni abbia effetti restrittivi sulla concorrenza. Gli scambi di informazioni all’interno di oligopoli rigidi hanno maggiori probabilità di causare effetti restrittivi sulla concorrenza a livello di concorrenza rispetto agli oligopoli meno rigidi. Tali effetti restrittivi saranno poi probabilmente assenti nel quadro di mercati molto frammentati.

6.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

6.3.1.   Incrementi di efficienza (259)

457.

Lo scambio di informazioni può dar luogo a incrementi di efficienza, a seconda delle caratteristiche del mercato. Le imprese possono diventare ad esempio più efficienti se confrontano le loro prestazioni con le migliori pratiche del settore. Lo scambio di informazioni può contribuire inoltre a un mercato resiliente consentendo alle imprese di rispondere più rapidamente alle variazioni della domanda e dell’offerta e di attenuare i rischi interni ed esterni di perturbazioni o vulnerabilità delle catene di approvvigionamento. Può andare a vantaggio tanto dei consumatori quanto delle imprese fornendo informazioni sulle qualità relative dei prodotti, ad esempio attraverso la pubblicazione delle liste dei best seller o di dati di confronto dei prezzi. Quindi uno scambio di informazioni che sia effettivamente pubblico può essere vantaggioso per i consumatori, in quanto li aiuta a compiere una scelta più informata (e riduce i loro costi di ricerca). Analogamente, lo scambio di informazioni pubbliche sui prezzi attuali dei fattori di produzione può ridurre i costi di ricerca delle imprese, andando alla fine a beneficio dei consumatori, grazie al contenimento dei prezzi finali.

458.

Anche lo scambio tra imprese di dati relativi ai consumatori nei mercati con informazioni asimmetriche sui consumatori può dar luogo ad efficienze. Ad esempio, conservando traccia del comportamento passato dei clienti, in termini di infortuni o di insolvenza, si incentivano i consumatori a limitare la propria esposizione al rischio. Ciò consente inoltre di individuare quali consumatori presentano un rischio più basso e dovrebbero beneficiare di prezzi inferiori. In tale contesto, lo scambio di informazioni può anche ridurre la dipendenza dei consumatori da un particolare fornitore, stimolando una maggiore concorrenza. Ciò è dovuto al fatto che le informazioni sono generalmente specifiche per un determinato rapporto e che i consumatori perderebbero, in caso contrario, i vantaggi derivanti da tali informazioni al momento di passare ad un’altra impresa. Esempi di efficienze di questo tipo si riscontrano nei settori bancari ed assicurativi, che sono caratterizzati da scambi frequenti di informazioni sugli inadempimenti dei consumatori e sulle caratteristiche di rischio.

6.3.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

459.

Le restrizioni superiori a quanto strettamente necessario per conseguire gli incrementi di efficienza generati da uno scambio di informazioni non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Per soddisfare la condizione relativa al carattere indispensabile, le parti dovranno provare che le informazioni e il contesto nel quale ha luogo lo scambio non comportano rischi di concorrenza illimitata non indispensabili per ottenere gli incrementi di efficienza dichiarati. Inoltre, lo scambio non dovrebbe comprendere informazioni che vadano oltre le variabili rilevanti per ottenere gli incrementi di efficienza.

Ad esempio, per posizionarsi rispetto alle prestazioni altrui, uno scambio di dati individualizzati non sarebbe in genere indispensabile in quanto anche le informazioni aggregate (ad esempio sotto forma di classifica dell’industria) potrebbero generare incrementi di efficienza con rischi minori di determinare un esito collusivo.

6.3.3.   Trasferimento ai consumatori

460.

Gli incrementi di efficienza conseguiti tramite restrizioni indispensabili devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza determinati dallo scambio di informazioni. Più è basso il potere di mercato delle parti che partecipano a tale scambio di informazioni, maggiori sono le probabilità che gli incrementi di efficienza siano trasferiti ai consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza.

6.3.4.   Non eliminazione della concorrenza

461.

I criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, non possono essere soddisfatti se le imprese che partecipano allo scambio di informazioni hanno la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte considerevole dei prodotti in questione.

6.4.   Esempi

Esempio n. 1

Situazione: gli alberghi di lusso della capitale del paese A, che operano nel quadro di un oligopolio rigido e stabile e sono caratterizzati da strutture dei costi in ampia parte omogenee, costituiscono un mercato rilevante separato dagli altri hotel. Essi si scambiano direttamente informazioni individuali sui tassi di occupazione e sulle entrate correnti. In questo caso, le parti possono dedurre direttamente i loro prezzi correnti effettivi dalle informazioni scambiate.

Analisi: A meno che non si tratti di un modo nascosto per scambiare informazioni sulle intenzioni per il futuro, in linea di massima tale scambio di informazioni non costituirebbe una restrizione della concorrenza per oggetto, perché gli alberghi si scambiano dati attuali e non informazioni sui prezzi o sulle quantità previsti per il futuro. Tuttavia, lo scambio di informazioni avrebbe effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, perché il fatto di conoscere i prezzi correnti effettivi dei concorrenti determinerebbe probabilmente un coordinamento del loro comportamento concorrenziale. Ciò servirebbe con ogni probabilità a monitorare le deviazioni dall’esito collusivo. Lo scambio di informazioni aumenta la trasparenza sul mercato in quanto, pur pubblicando di norma l’elenco dei prezzi, gli alberghi offrono anche sconti di vario tipo a seguito di trattative o in caso di prenotazioni anticipate, di gruppo, ecc. Le informazioni incrementali che non vengono scambiate pubblicamente tra gli alberghi sono pertanto sensibili sotto il profilo commerciale. Tale scambio potrebbe facilitare un esito collusivo sul mercato, perché le parti costituiscono un oligopolio rigido, non complesso e stabile coinvolto in un rapporto concorrenziale a lungo termine (interazioni ripetute). La struttura dei costi degli alberghi, inoltre, è sostanzialmente omogenea. Infine, né i consumatori, né l’ingresso sul mercato di nuovi operatori possono condizionare il comportamento anticoncorrenziale degli operatori già insediati, perché i consumatori hanno un potere contrattuale limitato e le barriere all’ingresso sono elevate. È poco probabile che in tal caso le parti siano in grado di dimostrare eventuali incrementi di efficienza derivanti dallo scambio di informazioni che si ripercuoterebbero sui consumatori in misura tale da compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza. È pertanto improbabile che possano essere soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

Esempio n. 2

Situazione: tre grandi imprese con una quota di mercato congiunta dell’80 % in un mercato stabile, non complesso e concentrato con elevate barriere all’ingresso, si scambiano direttamente e frequentemente informazioni non pubbliche su una parte sostanziale dei propri costi individuali, al fine, secondo quanto sostenuto dalle imprese, di valutare le proprie prestazioni rispetto a quelle dei concorrenti e di diventare quindi più efficienti.

Analisi: In linea di massima, detto scambio di informazioni non costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto. Occorre pertanto valutarne gli effetti sul mercato. A causa della struttura del mercato, del fatto che le informazioni scambiate riguardano una parte sostanziale dei costi variabili delle imprese, della presentazione individualizzata dei dati e della sua ampia copertura del mercato rilevante, questo scambio di informazioni faciliterà probabilmente una collusione e avrà pertanto effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. È improbabile che vengano rispetti i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, perché esistono modi meno restrittivi di ottenere gli incrementi d’efficienza addotti, ad esempio se un terzo raccoglie, rende anonimi e aggrega i dati in una qualche forma di classifica per settore/delle imprese. Infine, dato che le parti costituiscono un oligopolio molto rigido, non complesso e stabile, anche lo scambio di dati aggregati può agevolare una collusione sul mercato. Ciò sarebbe tuttavia molto improbabile se lo scambio di informazioni avvenisse in un mercato non trasparente, frammentato, instabile e complesso.

Esempio n. 3

Situazione: Nel mercato rilevante operano cinque produttori di succo di carota fresco in bottiglia. La domanda di tale prodotto è molto instabile e varia a seconda dell’ubicazione e del momento. Il succo deve essere venduto e consumato entro un giorno dalla data di produzione. I produttori concordano di costituire un’impresa indipendente per le ricerche di mercato, incaricata di raccogliere quotidianamente informazioni attuali sui succhi invenduti presso ciascun punto vendita, che pubblica la settimana seguente sul suo sito web in forma aggregata per punto vendita. Le statistiche pubblicate consentono ai produttori e ai venditori al dettaglio di prevedere la domanda e di migliorare la posizione del prodotto. Prima che venisse organizzato lo scambio di informazioni, i venditori al dettaglio segnalavano lo spreco di grosse quantità di succo e riducevano quindi la quantità di succo acquistata dai produttori; ossia il mercato non funzionava in maniera efficiente. In alcuni periodi e in determinate zone la domanda risultava quindi spesso insoddisfatta. Il sistema di scambio delle informazioni, che permette di prevedere meglio l’eccesso o l’insufficienza dell’offerta, ha notevolmente ridotto i casi in cui la domanda dei consumatori non veniva soddisfatta e aumentato la quantità venduta sul mercato.

Analisi: anche se il mercato è alquanto concentrato e i dati scambiati sono recenti e strategici, non è molto probabile che tale scambio faciliti un esito collusivo in quanto la domanda sul mercato è instabile. Anche se lo scambio crea il rischio di determinare effetti restrittivi per la concorrenza, allineando meglio l’offerta e la domanda e, quindi, riducendo gli sprechi, è probabile che vengano generate efficienze. Le informazioni vengono scambiate in forma pubblica e non aggregata, il che comporta rischi anticoncorrenziali inferiori a quelli di uno scambio non pubblico e individualizzato. Lo scambio di informazioni, quindi, non va al di là di quanto necessario per ovviare al fallimento del mercato. È pertanto probabile che questo scambio di informazioni risponda ai criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

Esempio n. 4

Situazione: diversi produttori di prodotti essenziali sono presenti su un mercato spesso colpito da carenze di approvvigionamento. Al fine di migliorare l’offerta e aumentare la produzione nel modo più efficace e più rapido, l’associazione di categoria propone di raccogliere dati e modelli di domanda e offerta per i prodotti essenziali in questione. Inoltre propone di raccogliere dati al fine di individuare la capacità di produzione, le scorte esistenti e il potenziale di ottimizzazione della catena di approvvigionamento. Una società di consulenza fornirebbe assistenza all’associazione nella raccolta dei dati e nella loro aggregazione in un modello, fatta salva la conclusione di accordi di non divulgazione con ciascun produttore. I dati aggregati sarebbero trasmessi ai produttori allo scopo di riequilibrare e adeguare l’utilizzo delle capacità, la produzione e l’offerta individuali.

Analisi: i dati raccolti sono sensibili da un punto di vista commerciale e, se scambiati tra i produttori, sarebbero in grado di eliminare l’incertezza tra i partecipanti per quanto riguarda il momento, la portata e i dettagli delle modifiche che le imprese interessate devono effettuare nel loro comportamento sul mercato. Inoltre, i produttori che non sono membri dell’associazione di categoria possono trovarsi in una situazione di notevole svantaggio concorrenziale rispetto alle imprese che partecipano al sistema di scambio.

Al fine di evitare il rischio di collusione, potrebbero essere adottate diverse misure. Qualora sia assolutamente necessario procedere a uno scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale tra i produttori che vada oltre le informazioni che sarebbero raccolte in forma aggregata dall’associazione di categoria e dalla società di consulenza (ad esempio, per individuare congiuntamente dove conviene cambiare produzione o aumentare la capacità), tali scambi dovrebbero essere strettamente limitati a quanto è indispensabile per conseguire efficacemente gli obiettivi previsti. Tutte le informazioni e tutti gli scambi relativi al progetto dovrebbero essere ben documentati per garantire la trasparenza delle interazioni. I partecipanti dovrebbero impegnarsi a evitare qualsiasi discussione sui prezzi o qualsiasi coordinamento su altre questioni non strettamente necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi. Il progetto dovrebbe inoltre essere limitato nel tempo, in maniera tale che gli scambi cessino immediatamente una volta che il rischio di carenze cessa di costituire una minaccia sufficientemente urgente da giustificare la cooperazione. Solo il consulente riceverebbe i dati sensibili dal punto di vista commerciale e sarebbe incaricato di aggregarli. Le riserve relative alla preclusione potrebbero essere attenuate se il progetto fosse aperto a tutti i fabbricanti che producono il prodotto in questione, indipendentemente dal fatto che siano membri dell’associazione di categoria pertinente.

7.   ACCORDI DI NORMAZIONE

7.1.   Introduzione

462.

Il principale obiettivo degli accordi di normazione (o di standardizzazione o normalizzazione) è definire requisiti tecnici o qualitativi di prodotti, processi di fabbricazione, processi di dovuta diligenza in relazione alla catena del valore, servizi o metodi attuali o futuri (260). Gli accordi di normazione possono riguardare svariati elementi come la standardizzazione delle diverse categorie o delle diverse dimensioni di un particolare prodotto o delle specifiche tecniche in mercati di prodotti o di servizi in cui la compatibilità o l’interoperabilità con altri prodotti o sistemi è essenziale. Possono rientrare nel concetto di norma (o standard) anche le condizioni per ottenere un determinato marchio di qualità o l’omologazione da parte di un ente di regolamentazione, così come gli accordi che definiscono norme di sostenibilità. Sebbene presentino analogie con gli accordi di normazione trattati nel presente capitolo, le norme di sostenibilità mostrano altresì caratteristiche atipiche o meno pronunciate rispetto a quelle presenti in tali accordi di normazione. Il capitolo 9 contiene pertanto orientamenti pertinenti per tali norme di sostenibilità.

463.

La preparazione e la produzione di norme tecniche nell’ambito dell’esercizio dei pubblici poteri non rientrano nelle presenti linee direttrici (261). Gli organismi di normazione europei riconosciuti a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea (262) sono soggetti al diritto in materia di concorrenza nella misura in cui possono essere considerati un’impresa o un’associazione di imprese ai sensi degli articoli 101 e 102 (263). Le presenti linee direttrici non si applicano alle norme relative alla fornitura di servizi professionali, quali le norme per l’ammissione all’esercizio di una libera professione.

7.2.   Mercati rilevanti

464.

Gli accordi di normazione possono produrre i loro effetti su quattro possibili mercati, che saranno definiti conformemente alla comunicazione sulla definizione del mercato e agli orientamenti futuri relativi alla definizione dei mercati rilevanti ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. In primo luogo, la definizione delle norme può influire sul mercato (o sui mercati) del prodotto o servizio cui le norme stesse si riferiscono. In secondo luogo, se la definizione delle norme comprende lo sviluppo o la selezione di una tecnologia o se i diritti di proprietà intellettuale sono commercializzati separatamente dal prodotto cui si riferiscono, le norme possono influire sul mercato tecnologico rilevante (264). In terzo luogo, il mercato di definizione delle norme può essere influenzato se esistono diversi organismi o accordi di normazione. In quarto luogo, la definizione delle norme può avere un impatto sul mercato distinto di verifica e certificazione, ove pertinente.

7.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

7.3.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

465.

Gli accordi di normazione hanno in genere notevoli effetti economici positivi (265) in quanto, ad esempio, promuovono la compenetrazione economica sul mercato interno e favoriscono lo sviluppo di prodotti o mercati nuovi e migliorati e di migliori condizioni di offerta. Di norma, quindi, le norme rafforzano la concorrenza e riducono i costi di produzione e di vendita, a beneficio dell’intera economia. Le norme possono mantenere e migliorare la qualità e la sicurezza, fornire informazioni e assicurare l’interoperabilità e la compatibilità (aumentando così il valore per i consumatori).

466.

I partecipanti alla normazione non sono necessariamente concorrenti. In circostanze specifiche, tuttavia, che coinvolgono concorrenti, la definizione delle norme può provocare effetti restrittivi sulla concorrenza, restringendo potenzialmente la concorrenza sui prezzi e limitando o controllando la produzione, i mercati, l’innovazione o lo sviluppo tecnico. Come spiegato in appresso, ciò può avvenire in tre modi: i) riduzione della concorrenza sui prezzi; ii) preclusione delle tecnologie innovative; e iii) esclusione o discriminazione di determinate imprese a cui di fatto viene impedito l’accesso alla norma.

467.

In primo luogo, l’avvio di discussioni anticoncorrenziali tra imprese nel quadro della definizione delle norme potrebbe ridurre o eliminare la concorrenza sui prezzi nei mercati interessati, oppure limitare o controllare la produzione, facilitando in tal modo una collusione sul mercato (266).

468.

In secondo luogo, le norme che fissano specifiche tecniche dettagliate per un prodotto o un servizio possono limitare lo sviluppo tecnico e l’innovazione. Durante la definizione di una norma, tecnologie alternative possono concorrere per esservi incluse. Una volta scelta o sviluppata una tecnologia e definita la norma, talune tecnologie e imprese possono affrontare una barriera all’ingresso e possono essere escluse dal mercato. Inoltre le norme che impongono che per una norma sia utilizzata esclusivamente una determinata tecnologia possono avere l’effetto di ostacolare lo sviluppo e la diffusione di altre tecniche. Impedire lo sviluppo di altre tecnologie obbligando i membri dell’organizzazione di normazione a utilizzare esclusivamente una determinata norma può avere il medesimo effetto. L’esclusione ingiustificata di una o più imprese dal processo di definizione delle norme aumenta il rischio di limitazione dell’innovazione.

469.

Relativamente alle norme che comportano diritti di proprietà intellettuale (267), si può fare una distinzione teorica fra tre gruppi principali di imprese con interessi diversi nella definizione delle norme. In primo luogo, le imprese che operano solo a monte sviluppano e commercializzano unicamente tecnologie. In tale contesto possono rientrare anche le imprese che acquistano tecnologie allo scopo di concederle in licenza. I diritti relativi alle licenze costituiscono la loro unica fonte di reddito e il loro incentivo è massimizzare le royalties. In secondo luogo, le imprese che operano solo a valle fabbricano esclusivamente prodotti o offrono servizi sulla base di tecnologie sviluppate da altri e non detengono i diritti di proprietà intellettuale pertinenti. Poiché le royalties per esse rappresentano un costo e non una fonte di reddito, il loro incentivo è ridurle. Infine vi sono imprese integrate verticalmente che si occupano sia di sviluppare tecnologie protette da diritti di proprietà intellettuale che di vendere prodotti per i quali necessiterebbero di una licenza. Tali imprese sono soggette a incentivi contrastanti. Da un lato, potrebbero generare entrate relative alle licenze dai loro diritti di proprietà intellettuale. Dall’altro, potrebbero dover pagare royalties ad altre imprese che detengono diritti di proprietà intellettuale essenziali per la norma pertinente per i loro prodotti. Dette imprese possono pertanto rilasciare licenze reciproche sui propri diritti di proprietà intellettuale essenziali in cambio dei diritti di proprietà intellettuale essenziali detenuti da altre imprese oppure utilizzare i propri diritti di proprietà intellettuale in modo difensivo. Inoltre le imprese possono altresì trarre valore dai loro diritti di proprietà intellettuale attraverso metodi diversi dalle royalties. Di fatto, molte imprese utilizzano una combinazione di questi modelli aziendali.

470.

In terzo luogo, la normazione può dar luogo a risultati anticoncorrenziali precludendo di fatto a determinate imprese l’accesso ai risultati del processo di definizione delle norme (ossia la specifica e/o il diritto di proprietà intellettuale essenziale per l’applicazione della norma). Se ad un’impresa viene totalmente precluso l’accesso al risultato della norma o se l’accesso le viene concesso solo a condizioni proibitive o discriminatorie, vi è il rischio di un effetto anticoncorrenziale. Un sistema nel quale il diritto di proprietà intellettuale potenzialmente rilevante viene divulgato in anticipo può aumentare la probabilità che sia concesso un accesso effettivo alla norma (268), perché consente ai partecipanti di distinguere dalle altre le tecnologie su cui gravano diritti di proprietà intellettuale. Le norme sulla proprietà intellettuale e le norme sulla concorrenza hanno gli stessi obiettivi (269), ossia promuovere il benessere dei consumatori e l’innovazione, nonché migliorare una allocazione efficiente delle risorse. I diritti di proprietà intellettuale favoriscono una concorrenza dinamica incoraggiando le imprese a investire nello sviluppo di prodotti e processi nuovi o migliorati. Di conseguenza i diritti di proprietà intellettuale sono generalmente favorevoli alla concorrenza. Ciò nonostante, un partecipante titolare di un diritto di proprietà intellettuale essenziale per l’applicazione della norma potrebbe acquisire, nello specifico contesto della definizione della norma, il controllo dell’uso della norma grazie al suo diritto di proprietà intellettuale. Nel caso in cui la norma costituisca una barriera all’ingresso, l’impresa potrebbe controllare in tal modo il mercato del prodotto o del servizio a cui la norma si riferisce. A sua volta, questo potrebbe consentire alle imprese di adottare comportamenti anticoncorrenziali vale a dire, ad esempio, negando la concessione in licenza dei necessari diritti di proprietà intellettuale, o applicando royalties discriminatorie o eccessive (270) in modo da impedire l’accesso effettivo alla norma («ricatto»). La situazione inversa può verificarsi anche nel caso in cui le negoziazioni per la concessione di licenze siano protratte a lungo per motivi imputabili esclusivamente all’utilizzatore della norma. Una tale circostanza potrebbe includere ad esempio il rifiuto di pagare un canone equo, ragionevole e non discriminatorio (fair, reasonable and non-discriminatory, «FRAND») o il ricorso a strategie dilatorie «resistenza»).

471.

Tuttavia, anche se la definizione di una norma può generare o aumentare il potere di mercato dei titolari di diritti di proprietà intellettuale essenziali per la norma, non si presuppone che il fatto di detenere o di esercitare tali diritti equivalga al possesso o all’esercizio di un potere di mercato. La questione del potere di mercato può essere esaminata solo caso per caso (271).

7.3.2.   Restrizioni della concorrenza per oggetto

472.

Gli accordi che utilizzano una norma all’interno di un accordo restrittivo più ampio volto ad escludere concorrenti effettivi o potenziali restringono la concorrenza per oggetto. Rientrerebbe, ad esempio, in tale categoria un accordo con il quale un’associazione nazionale di produttori fissi una norma ed eserciti pressioni su terzi affinché non commercializzino prodotti non conformi alla norma o nel cui ambito i produttori di un prodotto già presente sul mercato colludano per escludere tecnologie nuove da una norma già esistente (272).

473.

Qualsiasi accordo volto a ridurre la concorrenza agendo sulla divulgazione di condizioni più restrittive per il rilascio delle licenze prima dell’adozione di una norma come pretesto per fissare i prezzi in comune per prodotti a valle o diritti di proprietà intellettuale/tecnologie sostitutivi rappresenterà una restrizione della concorrenza per oggetto (273).

7.3.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

7.3.3.1.   Accordi che generalmente non determinano restrizioni di concorrenza

474.

Gli accordi di normazione che non determinano restrizioni della concorrenza per oggetto devono essere analizzati nel loro contesto giuridico ed economico, tenendo conto altresì della natura dei beni o dei servizi interessati, delle condizioni reali di funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione, con riferimento ai loro effetti reali e probabili sulla concorrenza. In assenza di un potere di mercato (274), un accordo di normazione non può avere effetti restrittivi sulla concorrenza. Di conseguenza, è estremamente improbabile che si verifichino effetti restrittivi in presenza di un’effettiva concorrenza tra una serie di norme facoltative.

475.

Per quanto riguarda gli accordi per la definizione di norme che rischiano di creare un potere di mercato, i punti da 477 a 483 stabiliscono le condizioni alle quali l’articolo 101, paragrafo 1, non si applica di norma a tali accordi.

476.

L’inosservanza di uno o di tutti i principi esposti nella presente sezione non comporta necessariamente la presunzione di una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Sarà però necessaria un’autovalutazione per stabilire se l’accordo rientri nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e, in caso affermativo, se siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In tale contesto si riconosce che esistono diversi modelli per la definizione delle norme e che la concorrenza all’interno di questi modelli e fra di essi è un aspetto positivo di un’economia di mercato. Di conseguenza, le organizzazioni di normazione rimangono totalmente libere di istituire norme e procedure che non violano le norme in materia di concorrenza pur essendo diverse da quelle di cui ai punti da 477 a 483.

477.

Quando la partecipazione alla definizione di una norma e la procedura per la sua adozione non sono sottoposte a restrizioni e la procedura di adozione della norma è trasparente, in linea di massima gli accordi di normazione che non rendono obbligatorio il rispetto (275) delle norme stesse e che permettono di accedervi a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (FRAND) non limitano la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

478.

In particolare, per garantire la partecipazione non limitata, le norme dell’organizzazione di normazione devono prevedere che tutti i concorrenti sul mercato/sui mercati interessato/i dalla norma possano partecipare al processo teso alla selezione della norma. Le organizzazioni di normazione devono inoltre disporre di procedure obiettive e non discriminatorie per attribuire i diritti di voto nonché, se pertinente, di criteri oggettivi per selezionare la tecnologia da includere nella norma.

479.

Riguardo alla trasparenza, l’organizzazione di normazione competente deve disporre di procedure che consentano ai soggetti interessati di informarsi in tempo utile, in ciascuna fase della definizione della norma, sulle attività di normazione future, in corso e terminate.

480.

Le regole dell’organizzazione di normazione devono inoltre permettere di accedere alla norma a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (276).

481.

Nel caso degli standard che comportano diritti di proprietà intellettuale, una politica chiara ed equilibrata in materia di diritti di proprietà intellettuale (277), adeguata in funzione del settore specifico e delle esigenze dell’organizzazione di normazione in questione, aumenta le probabilità che chi applica la norma benefici di un accesso effettivo alla norma o alle norme elaborata/e da detta organizzazione di normazione.

482.

Per garantire un accesso effettivo alla norma, la politica in materia di diritti di proprietà intellettuale deve imporre a tutti i partecipanti che desiderano che il loro diritto di proprietà intellettuale sia incluso nella norma di impegnarsi irrevocabilmente per iscritto a concedere in licenza il loro diritto di proprietà intellettuale essenziale a tutti i terzi a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (278). Tale impegno deve essere assunto prima che sia adottata la norma. Al tempo stesso, la politica in materia di diritti di proprietà intellettuale deve consentire ai titolari di tali diritti di escludere la tecnologia specifica dal processo di definizione della norma e, di conseguenza, dall’impegno di concessione in licenza, purché tale esclusione avvenga in una delle prime fasi dello sviluppo della norma. Per garantire l’efficacia dell’impegno FRAND, tutti i titolari di diritti di proprietà intellettuale partecipanti che assumono tale impegno devono essere obbligati a prendere le misure necessarie affinché un’impresa alla quale essi cedono i propri diritti di proprietà intellettuale (compreso il diritto a concederli in licenza) sia tenuta a rispettare tale impegno, ad esempio mediante una clausola contrattuale tra acquirente e venditore. Va osservato che il FRAND può coprire anche la concessione di licenze a titolo gratuito.

483.

La politica in materia di diritti di proprietà intellettuale deve imporre altresì ai partecipanti la divulgazione in buona fede dei loro diritti di proprietà intellettuale che possono essere essenziali per l’attuazione di una norma in fase di definizione. Ciò è pertinente per: i) consentire all’industria di compiere una scelta informata della tecnologia da includere in una norma (279); e ii) contribuire in tal modo all’obiettivo di un accesso effettivo alla norma. Quest’obbligo di divulgazione potrebbe basarsi su sforzi ragionevoli per individuare i diritti di proprietà intellettuale interessati dalla norma potenziale (280) e aggiornare la divulgazione a mano a mano che viene definita la norma. Per quanto riguarda i brevetti, la divulgazione dei diritti di proprietà intellettuale dovrebbe comprendere quanto meno il numero del brevetto o della domanda di brevetto. Qualora tali informazioni non siano ancora di dominio pubblico, è sufficiente anche che il partecipante segnali che rivendicherà probabilmente diritti di proprietà intellettuale su una particolare tecnologia (senza individuare specifiche rivendicazioni o richieste di diritti di proprietà intellettuale) (cosiddetta «divulgazione generica») (281). Fatta eccezione per questo caso, la divulgazione generica delle informazioni avrebbe meno probabilità di consentire all’industria di compiere una scelta informata della tecnologia e di garantire un accesso effettivo alla norma. I partecipanti dovrebbero inoltre essere incoraggiati ad aggiornare le loro divulgazioni al momento dell’adozione di una norma, in particolare se vi sono modifiche che possono incidere sul carattere essenziale o sulla validità dei loro diritti di proprietà intellettuale. Poiché i rischi relativamente all’accesso effettivo non sono gli stessi nel caso di un’organizzazione di normazione con una politica di norme senza royalties, una divulgazione dei diritti di proprietà intellettuale non sarebbe pertinente in tale contesto.

484.

Gli impegni FRAND servono ad assicurare che la tecnologia brevettata oggetto di diritti di proprietà intellettuale essenziali integrata in una norma sia accessibile agli utilizzatori di quella norma a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. In particolare, questi impegni possono evitare che i titolari di diritti di proprietà intellettuale ostacolino l’attuazione di una norma rifiutando di concedere licenze o applicando canoni non equi o non ragionevoli (in altre parole eccessivi) dopo che il settore è stato vincolato alla norma e/o applicando royalties discriminatorie (282). Allo stesso tempo, gli impegni FRAND consentono ai titolari di diritti di proprietà intellettuale di monetizzare le loro tecnologie attraverso royalties FRAND e di ottenere un rendimento ragionevole sui loro investimenti in ricerca e sviluppo, che per loro natura sono rischiosi. Ciò può assicurare continuità degli incentivi a contribuire alla norma con la migliore tecnologia disponibile.

485.

L’osservanza dell’articolo 101 da parte dell’organizzazione di normazione non impone a quest’ultima di verificare se le condizioni applicate dai partecipanti per il rilascio di licenze siano conformi all’impegno FRAND (283). Sarà compito dei partecipanti valutare se le condizioni per il rilascio delle licenze, e in particolare i canoni applicati, siano conformi all’impegno FRAND. Di conseguenza, nel decidere se assumere un impegno FRAND per particolari diritti di proprietà intellettuale, i partecipanti dovranno prevedere le implicazioni che ne conseguono, in particolare per quanto riguarda la possibilità di fissare liberamente il livello dei loro canoni.

486.

In caso di controversia, per valutare se i canoni applicati per l’accesso ai diritti di proprietà intellettuale nel quadro della definizione delle norme non sono né equi né ragionevoli occorrerà determinare se il canone richiesto è ragionevole in relazione al valore economico dei diritti di proprietà intellettuale (284). Il valore economico dei diritti di proprietà intellettuale potrebbe basarsi sul valore aggiunto attuale dei diritti in questione e dovrebbe essere indipendente dal successo commerciale del prodotto, che non è legato alla tecnologia brevettata (285). In generale, esistono vari metodi di valutazione (286) e, nella pratica, spesso, al fine di tenere conto delle carenze di un determinato metodo e di effettuare un controllo incrociato dei risultati (287), si utilizza più di un metodo. Può essere possibile confrontare i canoni di licenza applicati dall’impresa interessata per i brevetti in questione in un ambiente concorrenziale prima che il settore fosse vincolato a una norma (ex ante) con il valore/le royalties della successiva migliore alternativa disponibile (ex ante) o con il valore applicato/le royalties applicate dopo che il settore è stato vincolato (ex post). Questo metodo presuppone che il confronto possa essere effettuato in modo coerente e affidabile (288).

487.

Ci si potrebbe inoltre basare su una valutazione effettuata da un esperto indipendente circa la qualità obiettiva e la pertinenza con la norma in questione dei diritti di proprietà intellettuale pertinenti. Ove opportuno, è inoltre possibile fare riferimento a divulgazioni ex ante delle condizioni per il rilascio di licenze, comprese le royalties individuali o aggregate per i diritti di proprietà intellettuale pertinenti, nell’ambito di un processo specifico di definizione della norma. Analogamente può essere possibile confrontare le condizioni di licenza negli accordi del titolare dei diritti di proprietà intellettuale con altri soggetti che attuano la medesima norma. Anche le royalties applicate per gli stessi diritti di proprietà intellettuale in altre norme comparabili possono fornire un’indicazione per le royalties FRAND. Tali metodi presuppongono che il confronto possa essere effettuato in modo coerente e affidabile e non sia il risultato di un indebito esercizio del potere di mercato. Un altro metodo consiste nel determinare, innanzitutto, un valore complessivo adeguato per tutti i diritti di proprietà intellettuale pertinenti e, successivamente, la parte attribuibile a un particolare titolare di tali diritti. Le presenti linee direttrici non intendono fornire un elenco esauriente dei metodi adeguati per valutare il carattere eccessivo o discriminatorio delle royalties ai sensi dell’articolo 102.

488.

Va però sottolineato che nessun elemento delle presenti linee direttrici pregiudica la possibilità per le parti di adire gli organi giurisdizionali civili o commerciali competenti per comporre le loro controversie circa il livello delle royalties FRAND oppure ricorrere a metodi alternativi di risoluzione delle controversie (289).

7.3.3.2.   Valutazione basata sugli effetti ai fini degli accordi di normazione

489.

La valutazione di ogni accordo di normazione deve prendere in considerazione gli effetti probabili della norma sui mercati interessati. Nell’analizzare gli accordi di normazione si deve tenere conto delle caratteristiche del settore e dell’industria. Le seguenti considerazioni si applicano a tutti gli accordi di normazione che si discostano dai principi di cui ai punti da 477 a 483.

(A)   NATURA VOLONTARIA DELLA NORMA

490.

La possibilità che gli accordi di normazione provochino effetti restrittivi sulla concorrenza dipende, tra l’altro, dal fatto che i membri di un’organizzazione di normazione rimangano liberi o meno di sviluppare norme o prodotti alternativi non conformi alla norma concordata (290). Ad esempio, se l’accordo per la definizione di una norma impone ai membri di produrre soltanto prodotti conformi alla norma, il rischio di un probabile effetto negativo sulla concorrenza aumenta considerevolmente e potrebbe, in determinate circostanze, determinare una restrizione per oggetto (291). Analogamente, le norme che coprono solo aspetti minori/parti del prodotto finale hanno meno probabilità di determinare riserve sotto il profilo della concorrenza rispetto a norme più globali, in particolare se la norma in questione non riguarda diritti di proprietà intellettuale essenziali.

(B)   ACCESSO ALLA NORMA

491.

La valutazione dell’eventuale restrizione della concorrenza determinata dall’accordo si concentrerà anche sull’accesso alla norma. La mancata accessibilità del risultato di una norma (ossia le indicazioni specifiche su come conformarsi alla norma e, se pertinente, il diritto di proprietà intellettuale essenziale per l’applicazione della norma) per tutti i membri o per terzi (ossia coloro che non fanno parte dell’organizzazione di normazione competente) può determinare una preclusione o una segmentazione dei mercati ed è quindi probabile che produca restrizioni della concorrenza. È altresì probabile che la concorrenza sia limitata quando il risultato di una norma è accessibile soltanto a condizioni discriminatorie o eccessive per i membri o terzi. Tuttavia, nel caso di diverse norme concorrenti o di un’effettiva concorrenza tra soluzione standardizzata e soluzione non standardizzata, una limitazione dell’accesso può anche non avere effetti restrittivi sulla concorrenza.

492.

Per quanto riguarda gli accordi di normazione con modelli di divulgazione di diritti di proprietà intellettuale diversi da quelli di cui al punto 483, occorre valutare caso per caso se il modello di divulgazione in questione (ad esempio un modello che non richieda la divulgazione dei diritti di proprietà intellettuale, ma si limiti a incoraggiarla) garantisca un accesso effettivo alla norma. Gli accordi di normazione che prevedono la divulgazione di informazioni sulle caratteristiche e sul valore aggiunto di ciascun diritto di proprietà intellettuale rispetto a una norma e, di conseguenza, una maggiore trasparenza nei confronti delle parti coinvolte nella definizione di una norma non produrranno, in linea di principio, restrizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

(c)   PARTECIPAZIONE ALLA DEFINIZIONE DELLA NORMA

493.

Se la partecipazione al processo di definizione delle norme è aperta, ciò ridurrà i rischi di un probabile effetto restrittivo sulla concorrenza che deriverebbe dall’esclusione di talune imprese dalla capacità di influenzare la scelta e l’elaborazione della norma (292).

494.

La partecipazione aperta può essere conseguita consentendo a tutti i concorrenti e/o alle parti interessate del mercato pertinente sui quali la norma incide di partecipare allo sviluppo e alla scelta della norma.

495.

L’importanza di un pari accesso al processo di definizione della norma è direttamente proporzionale al suo probabile effetto sul mercato della norma e ai suoi ambiti di applicazione potenziali.

496.

Tuttavia, in determinate circostanze, una restrizione della partecipazione può non produrre effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, ad esempio: i) se esiste una concorrenza tra più norme e organizzazioni di normazione; ii) se in assenza di una limitazione del numero dei partecipanti (293) non sarebbe stato possibile adottare la norma o tale adozione sarebbe stata improbabile (294); o iii) se la limitazione del numero dei partecipanti si applica in misura limitata nel tempo e al fine di procedere rapidamente (ad esempio all’inizio di un’iniziativa di normazione) e a condizione che tutti i concorrenti abbiano la possibilità di essere coinvolti nelle tappe principali per proseguire la definizione della norma.

497.

In determinate situazioni, i potenziali effetti negativi della partecipazione ristretta possono essere eliminati, o perlomeno ridotti, facendo in modo che le parti interessate siano informate e consultate durante i lavori (295). Possono essere previste procedure riconosciute per la rappresentanza collettiva delle parti interessate (ad esempio dei consumatori). Quanto più le parti interessate possono influenzare il processo che porta alla selezione della norma e quanto più la procedura di adozione della norma è trasparente, più è probabile che la norma adottata tenga conto degli interessi di tutte le parti in causa.

(D)   QUOTE DI MERCATO

498.

Per valutare gli effetti di un accordo di definizione di una norma occorre tener conto delle quote di mercato dei beni, dei servizi o delle tecnologie basati su tale norma. Non è sempre possibile valutare in modo abbastanza preciso, nelle fasi iniziali, se la norma sarà adottata in pratica da una vasta parte del settore o se sarà usata solo da una sua parte marginale. Nei casi in cui le imprese che contribuiscono alla norma in termini di tecnologia sono integrate verticalmente, le quote di mercato pertinenti delle imprese che hanno partecipato alla definizione della norma possono essere utilizzate per stimare la sua quota di mercato probabile (poiché in molti casi le imprese che partecipano alla definizione della norma avrebbero interesse ad applicarla) (296). Ciò nonostante, poiché l’efficacia degli accordi di normazione è spesso proporzionale alla quota del settore coinvolto nella determinazione e/o applicazione della norma, quote di mercato elevate detenute dalle parti sul mercato interessato dalla norma non indurranno necessariamente a concludere che la norma potrebbe provocare effetti restrittivi sulla concorrenza.

(E)   DISCRIMINAZIONE

499.

Qualsiasi accordo di definizione di una norma che determini palesi discriminazioni nei confronti dei membri partecipanti o potenziali potrebbe determinare una restrizione della concorrenza. Ad esempio, il fatto che un’organizzazione di normazione escluda esplicitamente le imprese che operano solo a monte (ossia le imprese che non operano sul mercato di produzione a valle) potrebbe comportare l’esclusione di tecnologie a monte potenzialmente migliori.

(F)   INFORMATIVA EX ANTE SULLE ROYALTIES

500.

Gli accordi di normazione che prevedono la divulgazione ex ante delle condizioni più restrittive per il rilascio di licenze per brevetti essenziali da parte di singoli titolari di diritti di proprietà intellettuale o delle royalties massime cumulate (297) da parte di tutti i titolari di diritti di proprietà intellettuale non produrrà, in linea di massima, restrizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 A tale proposito, è importante che le parti coinvolte nella selezione di una norma siano pienamente informate non solo riguardo alle opzioni tecniche disponibili e ai relativi diritti di proprietà intellettuale, ma anche riguardo ai probabili costi di tali diritti. Pertanto, se la politica in materia di diritti di proprietà intellettuale di un’organizzazione di normazione impone ai titolari di tali diritti di divulgare individualmente, prima dell’adozione della norma, le loro condizioni più restrittive per il rilascio di licenze, comprese le royalties massime applicabili o le royalties massime cumulate, ciò non determinerà di norma una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (298). Tale divulgazione unilaterale ex ante delle condizioni di licenza più restrittive o delle royalties massime cumulate sarebbe uno dei modi per consentire alle parti coinvolte nella definizione di una norma di prendere una decisione informata sulla base degli svantaggi e dei vantaggi delle diverse tecnologie alternative.

7.4.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

7.4.1.   Incrementi di efficienza

501.

Gli accordi di normazione determinano spesso notevoli incrementi di efficienza. Ad esempio, norme diffuse a livello unionale possono agevolare l’integrazione del mercato e consentire alle imprese di commercializzare i propri beni e servizi in tutti gli Stati membri, con conseguente maggiore scelta per i consumatori e prezzi inferiori. Spesso le norme che stabiliscono l’interoperabilità e la compatibilità tecnologica favoriscono la concorrenza in base al merito tra tecnologie di diverse imprese e contribuiscono ad evitare la dipendenza da un fornitore particolare. Inoltre, le norme possono ridurre i costi di transazione sia per i venditori sia per gli acquirenti. Le norme riguardanti, ad esempio, la qualità, la sicurezza e gli aspetti ambientali di un prodotto possono altresì facilitare la scelta del consumatore e migliorare la qualità del prodotto. Le norme hanno anche un ruolo importante ai fini dell’innovazione: possono ridurre il tempo necessario per portare una tecnologia nuova sul mercato e facilitare l’innovazione permettendo alle imprese di basarsi sulle soluzioni concordate. Tali incrementi di efficienza possono contribuire alla resilienza del mercato interno.

502.

Per ottenere incrementi di efficienza nel caso di accordi di normazione, occorre che le informazioni necessarie per applicare la norma siano effettivamente a disposizione di coloro che desiderano entrare sul mercato (299).

503.

La divulgazione di una norma può essere accentuata grazie a marchi o loghi che certifichino la conformità, garantendo certezza ai consumatori. Gli accordi in materia di verifica e certificazione vanno oltre l’obiettivo principale di definizione della norma e costituiscono generalmente un accordo e un mercato a parte.

504.

Gli effetti sull’innovazione devono essere valutati caso per caso. Tuttavia, si ritiene che le norme che stabiliscono una compatibilità a livello orizzontale fra piattaforme tecnologiche differenti possano determinare incrementi di efficienza.

7.4.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

505.

Le restrizioni superiori a quanto strettamente necessario per conseguire gli incrementi di efficienza che possono essere generati da un accordo di normazione o da condizioni standard non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

506.

Per la valutazione di ciascun accordo di normazione si dovrà tenere conto, da un lato, dei suoi probabili effetti sui mercati interessati e, dall’altro, della portata delle eventuali restrizioni che vanno oltre l’obiettivo di ottenere incrementi di efficienza (300).

507.

Di norma, la partecipazione alla definizione di una norma deve essere aperta a tutti i concorrenti sul/i mercato/i interessato/i, a meno che le parti non dimostrino che tale partecipazione sarebbe causa di una grave inefficienza (301). In alternativa, gli eventuali effetti restrittivi derivanti dalla limitazione della partecipazione dovrebbero essere altrimenti eliminati o ridotti (302). Inoltre una limitazione del numero dei partecipanti potrebbe essere compensata da incrementi di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, se l’adozione della norma sarebbe stata notevolmente ritardata da un processo aperto a tutti i concorrenti.

508.

In generale, gli accordi di normazione dovrebbero riguardare solo quanto è necessario per raggiungere i loro obiettivi, siano essi l’interoperabilità e la compatibilità tecnica o un certo livello di qualità. Nei casi in cui avere un’unica soluzione tecnologica andrebbe a vantaggio dei consumatori o dell’economia in generale, tale norma deve essere fissata con un criterio non discriminatorio. In determinate circostanze le norme neutre sul piano tecnologico possono determinare maggiori incrementi di efficienza. L’inclusione di diritti di proprietà intellettuale (303) sostitutivi come parti essenziali di una norma, obbligando al tempo stesso gli utilizzatori della norma a pagare per più diritti di proprietà intellettuale di quanto sia tecnicamente necessario, andrebbe oltre quanto necessario per ottenere gli incrementi di efficienza individuati. Analogamente, includere diritti di proprietà intellettuale sostitutivi come parti essenziali di una norma e limitare l’uso della tecnologia in questione a una norma particolare (uso esclusivo) potrebbe restringere la concorrenza fra tecnologie e non sarebbe necessario per ottenere gli incrementi di efficienza individuati.

509.

Non sono, in linea di massima, indispensabili le restrizioni di un accordo di normazione che renda una norma vincolante e obbligatoria per il settore.

510.

Analogamente, gli accordi di normazione che conferiscono a taluni organismi il diritto esclusivo di verificare il rispetto della norma vanno oltre l’obiettivo primario di definire la norma e possono a loro volta avere un effetto restrittivo per la concorrenza. L’esclusiva può tuttavia essere giustificata per un certo periodo di tempo, ad esempio per la necessità di recuperare ingenti costi di avviamento (304). In tal caso, l’accordo di normazione dovrebbe comprendere garanzie sufficienti per attenuare i possibili rischi per la concorrenza derivanti dall’esclusiva. Ciò riguarda, tra l’altro, la tassa di certificazione, che deve essere ragionevole e proporzionata al costo della verifica della conformità.

7.4.3.   Trasferimento ai consumatori

511.

Gli incrementi di efficienza conseguiti tramite restrizioni indispensabili devono essere trasferiti ai consumatori in misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza determinati da un accordo di normazione. Per valutare la probabilità del trasferimento ai consumatori, è importante analizzare quali procedure sono utilizzate per garantire la salvaguardia degli interessi degli utilizzatori delle norme e dei consumatori finali. Se le norme agevolano l’interoperabilità e la compatibilità tecnica e/o la concorrenza fra prodotti, servizi e processi nuovi e già esistenti, si può presumere che determinino un beneficio per i consumatori.

7.4.4.   Non eliminazione della concorrenza

512.

La possibilità che un accordo di normazione consenta alle parti di eliminare la concorrenza dipende dalle varie fonti di concorrenza presenti sul mercato, dal livello di pressione concorrenziale che queste impongono alle parti e dall’influenza dell’accordo su tale pressione concorrenziale. Sebbene le quote di mercato siano importanti per questa analisi, l’entità delle rimanenti fonti di concorrenza effettiva non può essere stimata esclusivamente in base alla quota di mercato, salvo nei casi in cui una norma diventa di fatto una norma di settore (305). In quest’ultimo caso la concorrenza può essere eliminata se l’accesso effettivo a tale norma viene precluso ai terzi.

7.5.   Esempi

513.

Definizione di norme che i concorrenti non possono soddisfare

Esempio n. 1

Situazione: un’organizzazione di normazione elabora e pubblica norme di sicurezza che vengono ampiamente utilizzate nel settore pertinente. La maggior parte dei concorrenti del settore partecipa alla definizione della norma. Prima dell’adozione della norma, un nuovo operatore ha sviluppato un prodotto tecnicamente equivalente sul piano delle prestazioni e delle funzionalità e che è riconosciuto dal comitato tecnico dell’organizzazione di normazione. Tuttavia, le specifiche tecniche della norma di sicurezza sono elaborate, senza una giustificazione obiettiva, in maniera tale da non consentire a questo o ad altri nuovi prodotti di conformarsi alla norma.

Analisi: tale accordo di normazione potrebbe provocare effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, ed è poco probabile che soddisfi i criteri dell’articolo 101, paragrafo 3. I membri dell’organizzazione di normazione hanno definito la norma, senza una giustificazione obiettiva, in modo che i prodotti dei concorrenti che si basano su altre soluzioni tecnologiche non possano soddisfarla, anche a parità di prestazioni. Pertanto, tale accordo, non definito su base non discriminatoria, ridurrà o ostacolerà l’innovazione e la varietà del prodotto. Tenuto conto del modo in cui la norma è elaborata, è improbabile che gli incrementi di efficienza siano maggiori di quelli generati da una norma neutra.

514.

Norma non vincolante e trasparente che interessa gran parte del mercato

Esempio n. 2

Situazione: alcuni produttori di elettronica di consumo con quote di mercato significative decidono di sviluppare una nuova norma per un prodotto che sostituisca il DVD.

Analisi: a condizione che a) i produttori rimangano liberi di fabbricare altri prodotti nuovi non conformi alla nuova norma, b) la partecipazione all’elaborazione della norma sia trasparente e non limitata e c) l’accordo di normazione non limiti la concorrenza, non è probabile che si verifichi una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Se le parti decidessero di fabbricare solo prodotti conformi alla nuova norma, l’accordo limiterebbe lo sviluppo tecnico, ridurrebbe l’innovazione e impedirebbe alle parti di vendere prodotti diversi, avendo così il potenziale di creare effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

515.

Accordo di normazione senza divulgazione di diritti di proprietà intellettuale

Esempio n. 3

Situazione: un’organizzazione di normazione privata che opera nel settore delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) ha una politica in materia di diritti di proprietà intellettuale che non richiede né incoraggia la divulgazione di diritti di proprietà intellettuale che potrebbero essere essenziali per la futura norma. L’organizzazione di normazione ha deciso consapevolmente di non includere tale obbligo, in particolare perché ritiene che in linea generale tutte le tecnologie potenzialmente pertinenti per la futura norma siano coperte da molti diritti di proprietà intellettuale. L’organizzazione di normazione ha pertanto ritenuto che l’inclusione di un obbligo di divulgazione di diritti di proprietà intellettuale, da un lato, non avrebbe il vantaggio di consentire ai partecipanti di scegliere una soluzione con pochi o nessun diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro, comporterebbe costi supplementari derivanti dalla necessità di stabilire se i diritti di proprietà intellettuale siano potenzialmente essenziali per la futura norma. La politica dell’organizzazione di normazione in materia di diritti di proprietà intellettuale impone però a tutti i partecipanti di impegnarsi a concedere in licenza tutti i diritti di proprietà intellettuale che potrebbero essere interessati dalla futura norma a condizioni FRAND. La politica in materia di diritti di proprietà intellettuale prevede la possibilità di deroghe (opt-out) qualora un titolare di tali diritti desideri escludere diritti specifici da questo impegno generale in materia di licenze. In tale settore particolare esistono diverse organizzazioni di normazione private concorrenti. La partecipazione all’organizzazione di normazione è aperta a chiunque operi nel settore.

Analisi: in molti casi un obbligo di divulgazione di diritti di proprietà intellettuale aumenterebbe la concorrenza fra le tecnologie ex ante. In linea generale, un obbligo di tal genere permette ai membri di un’organizzazione di normazione di tener conto dell’importo dei diritti di proprietà intellettuale interessati da una particolare tecnologia al momento di scegliere fra tecnologie concorrenti (o persino, sempre che sia possibile, di scegliere una tecnologia su cui non gravino diritti di proprietà intellettuale). L’importo dei diritti di proprietà intellettuale interessati da una tecnologia ha spesso un’incidenza diretta sul costo di accesso alla norma. Tuttavia, in questo specifico contesto, tutte le tecnologie disponibili sembrano essere coperte da numerosi diritti di proprietà intellettuale. Di conseguenza, l’eventuale divulgazione di diritti di proprietà intellettuale non avrebbe l’effetto positivo di consentire ai membri di tener conto dell’importo dei diritti di proprietà intellettuale nella scelta della tecnologia poiché, a prescindere dalla tecnologia scelta, si può presumere che tale tecnologia sia gravata da diritti di proprietà intellettuale. È quindi poco probabile che l’accordo determini effetti negativi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

8.   CONDIZIONI STANDARD

8.1.   Definizioni

516.

In certi settori le imprese usano condizioni standard di vendita o acquisto, definite da un’associazione di categoria o direttamente dalle imprese in concorrenza («condizioni standard») (306). Tali condizioni standard rientrano nel campo di applicazione delle presenti linee direttrici nella misura in cui stabiliscono condizioni standard per la vendita o l’acquisto di beni o servizi fra concorrenti e consumatori (e non fra concorrenti) per prodotti sostitutivi. Quando in un settore viene fatto ampio ricorso a tali condizioni standard, le condizioni di acquisto o di vendita utilizzate nel settore possono diventare di fatto allineate (307). Ad esempio, settori nei quali le condizioni standard hanno un ruolo importante sono il settore bancario (per esempio le condizioni relative ai conti) e il settore assicurativo.

517.

Le condizioni standard elaborate da un’impresa singola esclusivamente per suo uso interno nei contratti con i propri fornitori o clienti non sono accordi orizzontali e non sono pertanto oggetto delle presenti linee direttrici.

8.2.   Mercati rilevanti

518.

Per quanto riguarda le condizioni standard, gli effetti si ripercuotono in genere sul mercato a valle, dove le imprese che utilizzano le condizioni standard competono vendendo i loro prodotti ai clienti.

8.3.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

8.3.1.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

519.

Le condizioni standard possono provocare effetti restrittivi sulla concorrenza limitando la scelta e l’innovazione del prodotto. Se la maggior parte di un settore adotta le condizioni standard e decide di non discostarsene nei singoli casi (o si allontana da esse solo in casi eccezionali di forte potere degli acquirenti), i clienti non hanno altra scelta che accettare le condizioni stabilite. La scelta e l’innovazione rischiano comunque di essere limitate solo in casi in cui le condizioni standard definiscono la portata del prodotto finale. Per quanto riguarda i beni di consumo classici, generalmente le condizioni standard di vendita non limitano l’innovazione del prodotto effettivo o la sua qualità e varietà.

520.

A seconda del loro contenuto, le condizioni standard possono altresì influenzare le condizioni commerciali del prodotto finale. In particolare, c’è un serio rischio che le condizioni standard relative ai prezzi limitino la concorrenza sui prezzi.

521.

Inoltre, se le condizioni standard diventano una prassi del settore, avere accesso ad esse può essere cruciale per entrare sul mercato. In questi casi, negare l’accesso alle condizioni standard può determinare una preclusione anticoncorrenziale. Finché esse restano effettivamente accessibili a tutti coloro che desiderano farne uso, è poco probabile che si verifichi una preclusione anticoncorrenziale.

8.3.2.   Restrizione della concorrenza per oggetto

522.

Anche gli accordi che utilizzano condizioni standard all’interno di un accordo restrittivo più ampio volto ad escludere concorrenti effettivi o potenziali restringono la concorrenza per oggetto. Un esempio in questo senso è il caso in cui un’associazione di categoria non permette a un nuovo concorrente di accedere alle sue condizioni standard, il cui utilizzo è cruciale per entrare sul mercato.

523.

Tutte le condizioni standard contenenti disposizioni che incidono direttamente sui prezzi applicati ai clienti (cioè prezzi raccomandati, sconti ecc.) restringono la concorrenza per oggetto.

8.3.3.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

524.

L’elaborazione e l’utilizzo di condizioni standard devono essere valutati nel contesto economico appropriato e alla luce della situazione sul mercato rilevante, al fine di determinare se le condizioni standard in questione potrebbero provocare effetti restrittivi sulla concorrenza.

525.

Finché la partecipazione all’elaborazione effettiva di condizioni standard non è soggetta a restrizioni per i concorrenti sul mercato rilevante (sia mediante la partecipazione all’associazione di categoria sia direttamente) e le condizioni standard definite sono non vincolanti e effettivamente accessibili a tutti, tali accordi non producono generalmente (ferme restando le riserve di cui ai punti da 527 a 531) effetti restrittivi sulla concorrenza.

526.

Le condizioni standard effettivamente accessibili e non vincolanti per la vendita di beni o servizi di consumo (presupponendo che non incidano sui prezzi) non hanno generalmente effetti restrittivi sulla concorrenza in quanto è difficile che incidano negativamente sulla qualità e varietà del prodotto o sull’innovazione. Ci sono tuttavia due eccezioni di carattere generale che richiedono una valutazione più approfondita.

527.

In primo luogo, le condizioni standard per la vendita di beni o servizi di consumo che definiscono la portata del prodotto venduto al consumatore, e aumentando quindi il rischio di limitare la scelta del prodotto, possono produrre effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, se è probabile che dalla loro applicazione congiunta risulti un allineamento de facto. Ciò si verifica quando l’utilizzo diffuso delle condizioni standard limita di fatto l’innovazione e la varietà del prodotto sul mercato. Ad esempio, ciò può avvenire se le condizioni standard contenute nei contratti di assicurazione limitano per i consumatori la scelta pratica di elementi chiave del contratto, come i normali rischi coperti. Benché il loro utilizzo non sia obbligatorio, le condizioni standard possono disincentivare i concorrenti a competere sulla diversificazione del prodotto. Tale circostanza potrebbe essere superata aprendo agli assicuratori la possibilità di includere nei loro contratti di assicurazione anche rischi diversi da quelli normali.

528.

Nel valutare se le condizioni standard rischino di determinare effetti restrittivi limitando la scelta del prodotto, vanno considerati fattori quali la concorrenza esistente sul mercato. In presenza di un gran numero di piccoli concorrenti, ad esempio, il rischio di una scelta limitata del prodotto è inferiore a quello associato a un numero ridotto di concorrenti di maggiori dimensioni (308). Anche le quote di mercato delle imprese che partecipano alla definizione delle condizioni standard possono dare un’idea della probabilità che le condizioni standard siano adottate o utilizzate da gran parte del mercato. In tale contesto, tuttavia, oltre ad analizzare la probabilità che le condizioni standard elaborate siano utilizzate da gran parte del mercato è pertinente valutare anche se le condizioni standard coprano il prodotto interamente o in parte (la portata delle condizioni standard è direttamente proporzionale alla limitazione della scelta del prodotto che comportano). Inoltre, nei casi in cui in assenza di condizioni standard non sarebbe stato possibile offrire un determinato prodotto, non vi sarebbero verosimilmente effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. In tal caso, l’elaborazione di condizioni standard amplia la scelta del prodotto anziché ridurla.

529.

In secondo luogo, anche se non definiscono la portata effettiva del prodotto finale, le condizioni standard possono rappresentare una parte decisiva della transazione con il cliente per altri motivi. Un esempio in questo senso è il commercio online, per il quale è cruciale la fiducia del consumatore (ad esempio riguardo ai sistemi di pagamento sicuro, a una descrizione esatta dei prodotti, a norme di fissazione dei prezzi chiare e trasparenti, alla flessibilità della politica dei resi ecc.). Vista la difficoltà di procedere a una valutazione chiara di tutti questi elementi, i clienti tendono ad adottare le pratiche più diffuse, per cui le condizioni standard relative a tali elementi potrebbero diventare una norma de facto a cui le imprese dovrebbero conformarsi per poter vendere sul mercato. Pur non essendo vincolanti, queste condizioni standard diventerebbero di fatto una norma con effetti molto simili a quelli di una norma vincolante, che devono essere analizzati adeguatamente.

530.

Se l’utilizzo di condizioni standard è vincolante, occorre valutare il loro impatto sulla qualità e varietà del prodotto e sull’innovazione (soprattutto se le condizioni standard sono vincolanti sull’intero mercato).

531.

Inoltre, se le condizioni standard (vincolanti o meno) contengono clausole che possono avere un probabile effetto negativo sulla concorrenza connessa ai prezzi (che definiscono ad esempio il tipo di sconti da praticare), esse provocheranno probabilmente effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

8.4.   Valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

8.4.1.   Incrementi di efficienza

532.

Il ricorso a condizioni standard può comportare benefici economici permettendo, ad esempio, ai consumatori di confrontare più agevolmente le condizioni offerte e pertanto di rivolgersi più facilmente ad altre imprese. Le condizioni standard possono anche determinare incrementi di efficienza sotto forma di riduzione dei costi di transazione e, in taluni settori (in particolare se i contratti hanno una struttura giuridica complessa), agevolare l’ingresso sul mercato, nonché aumentare la certezza del diritto per le parti dell’accordo. Tali incrementi di efficienza possono contribuire alla resilienza del mercato interno.

533.

Il numero di concorrenti sul mercato è direttamente proporzionale all’incremento di efficienza derivante da un più agevole confronto delle condizioni offerte.

8.4.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

534.

Le restrizioni superiori a quanto strettamente necessario per conseguire gli incrementi di efficienza che possono essere generati da condizioni standard non soddisfano i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Generalmente non è giustificato rendere le norme vincolanti e obbligatorie per il settore. Non è tuttavia da escludere che, in un caso specifico, condizioni standard vincolanti possano essere indispensabili al raggiungimento degli incrementi di efficienza che generano.

8.4.3.   Trasferimento ai consumatori

535.

Il rischio di effetti restrittivi sulla concorrenza e la probabilità di incrementi di efficienza sono entrambi proporzionali alla quota di mercato delle imprese e alla diffusione dell’utilizzo delle condizioni standard. Di conseguenza, non è possibile indicare una «zona di sicurezza» generale entro la quale non c’è rischio di effetti restrittivi sulla concorrenza o che consenta di presumere che gli incrementi di efficienza saranno trasferiti ai consumatori in misura sufficiente da controbilanciare gli effetti che limitano la concorrenza.

536.

Tuttavia, taluni incrementi di efficienza generati dalle condizioni standard, come la maggiore confrontabilità delle offerte sul mercato, la possibilità di cambiare agevolmente fornitore e la certezza giuridica delle clausole contenute nelle condizioni standard, risultano necessariamente vantaggiosi per i consumatori. Per quanto riguarda altri possibili incrementi di efficienza, come costi di transazione inferiori, occorre valutare caso per caso e nel contesto economico pertinente se potrebbero essere trasferiti ai consumatori.

8.4.4.   Non eliminazione della concorrenza

537.

Condizioni standard utilizzate dalla maggior parte di un settore possono creare una norma di settore di fatto. In tal caso la concorrenza può essere eliminata se l’accesso effettivo a tale norma viene precluso ai terzi. Tuttavia se le condizioni standard riguardano solo una parte limitata del prodotto/servizio, è improbabile che la concorrenza sia eliminata.

8.5.   Esempi

538.

Condizioni standard non vincolanti e aperte utilizzate nei contratti con i consumatori finali

Esempio n. 1

Situazione: un’associazione di categoria dei distributori di elettricità stabilisce condizioni standard non vincolanti per la fornitura di elettricità agli utenti finali. L’elaborazione delle condizioni standard avviene in maniera trasparente e non discriminatoria. Le condizioni standard riguardano questioni quali la precisazione del punto di consumo, l’ubicazione del punto di connessione e la tensione della connessione, disposizioni sull’affidabilità del servizio, nonché sulla procedura per il regolamento dei conti fra le parti del contratto (ad esempio cosa succede se il cliente non comunica al fornitore la lettura dei contatori). Le condizioni standard non interessano nessun aspetto riguardante i prezzi, cioè non contengono prezzi raccomandati o altre clausole ad essi relative. Qualsiasi impresa operante nel settore è libera di utilizzare le condizioni standard nel modo che giudica necessario. L’80 % circa dei contratti stipulati con gli utenti finali sul mercato rilevante si basa su dette condizioni standard.

Analisi: è poco probabile che queste condizioni standard producano effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Anche se sono diventate una prassi del settore, non sembrano avere un impatto negativo apprezzabile sui prezzi, sulla qualità e sulla varietà del prodotto.

539.

Condizioni standard utilizzate nei contratti fra imprese

Esempio n. 2

Situazione: le imprese di costruzione di un certo Stato membro si riuniscono per stabilire condizioni standard, non vincolanti e aperte, utilizzabili da un imprenditore edile che presenta un preventivo per un lavoro di costruzione a un cliente. Un modello di preventivo adatto alla costruzione è allegato alle condizioni. Insieme, i documenti costituiscono il contratto di costruzione. Le clausole riguardano aspetti quali la formazione del contratto, gli obblighi generali dell’imprenditore edile e del cliente, le condizioni di pagamento non connesse ai prezzi (ad esempio una disposizione che stabilisce il diritto dell’imprenditore di notificare la sospensione dei lavori in caso di mancato pagamento), l’assicurazione, la durata, la consegna e la garanzia per i difetti, la limitazione di responsabilità, la risoluzione del contratto ecc. Tali condizioni standard sono spesso usate tra imprese, una attiva a monte e l’altra attiva a valle.

Analisi: è poco probabile che tali condizioni standard producano effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Normalmente la scelta del consumatore per il prodotto finale (il lavoro di costruzione) non dovrebbe subire limitazioni significative. Non sembrano probabili altri effetti restrittivi sulla concorrenza. In effetti, varie clausole elencate sopra (consegna e garanzia per i difetti, risoluzione del contratto ecc.) sono spesso regolamentate dalla legge.

540.

Condizioni standard che agevolano il confronto fra prodotti di varie imprese

Esempio n. 3

Situazione: un’associazione nazionale del settore assicurativo distribuisce condizioni standard non vincolanti di assicurazione per i contratti di assicurazione casa. Tali condizioni non precisano il livello dei premi assicurativi, l’entità della copertura o le franchigie a carico dell’assicurato, non impongono una copertura globale che comprenda i rischi a cui numerosi titolari di polizze non sono esposti contemporaneamente e non obbligano i titolari di polizze a ottenere dallo stesso assicuratore una copertura per diversi rischi. Sebbene la maggior parte delle compagnie assicurative utilizzi condizioni standard di assicurazione, non tutti i loro contratti contengono le stesse condizioni in quanto esse vengono adattate alle esigenze specifiche del cliente e pertanto di fatto manca una standardizzazione dei prodotti assicurativi offerti ai consumatori. Le condizioni standard di assicurazione consentono ai consumatori e alle associazioni dei consumatori di confrontare le polizze offerte da diversi assicuratori. Un’associazione dei consumatori partecipa al processo di elaborazione delle condizioni standard di assicurazione. Queste sono anche disponibili ai nuovi operatori, su base non discriminatoria.

Analisi: tali condizioni standard di assicurazione riguardano la composizione del prodotto assicurativo finale. Qualora le condizioni di mercato e altri fattori indichino un possibile rischio di limitazioni alla varietà del prodotto, derivanti dal fatto che le compagnie assicurative utilizzano tali condizioni standard di assicurazione, le eventuali limitazioni saranno verosimilmente compensate dagli incrementi di efficienza, come la possibilità per i consumatori di confrontare con facilità le condizioni offerte dagli assicuratori. Tali confronti consentono a loro volta di cambiare compagnia assicurativa e favoriscono la concorrenza. Anche la possibilità di cambiare fornitore e l’ingresso di concorrenti sul mercato costituiscono un vantaggio per i consumatori. In certi casi, il fatto che l’associazione dei consumatori abbia partecipato al processo potrebbe rendere più probabile il trasferimento degli incrementi di efficienza che non vanno automaticamente a vantaggio dei consumatori. È altrettanto probabile che le condizioni della polizza standard riducano i costi di transazione e facilitino l’ingresso degli assicuratori su mercati geografici e/o del prodotto diversi. Inoltre, le limitazioni non sembrano andare oltre quanto necessario per conseguire le efficienze individuate e la concorrenza non sarebbe eliminata. È pertanto probabile che sussistano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

9.   ACCORDI DI SOSTENIBILITÀ

9.1.   Introduzione

541.

Il presente capitolo si concentra sulla valutazione degli accordi tra concorrenti che perseguono uno o più obiettivi di sostenibilità («accordi di sostenibilità»).

542.

Lo sviluppo sostenibile è un principio fondamentale del trattato sull’Unione europea e un obiettivo prioritario per le politiche dell’Unione (309). La Commissione si è impegnata ad attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (310). In linea con tale impegno il Green Deal europeo definisce una strategia di crescita il cui obiettivo è quello di trasformare l’Unione in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, che a partire dal 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse (311).

543.

In termini generali, per sviluppo sostenibile si intende la capacità della società di consumare e utilizzare le risorse disponibili oggi senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze. Comprende attività a sostegno dello sviluppo economico, ambientale e sociale (compresi i diritti del lavoro e umani) (312). La nozione di obiettivo di sostenibilità comprende pertanto, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, il contrasto dei cambiamenti climatici (ad esempio attraverso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra), l’eliminazione dell’inquinamento, la limitazione dell’uso delle risorse naturali, il rispetto dei diritti umani, la promozione di infrastrutture resilienti e dell’innovazione, la riduzione dei rifiuti alimentari, l’agevolazione del passaggio a alimenti sani e nutrienti, la garanzia del benessere degli animali, ecc. (313).

544.

L’applicazione del diritto in materia di concorrenza contribuisce allo sviluppo sostenibile garantendo una concorrenza effettiva, che stimola l’innovazione, aumenta la qualità e la scelta dei prodotti, garantisce un’allocazione efficiente delle risorse, riduce i costi di produzione e contribuisce in tal modo al benessere dei consumatori.

545.

Tuttavia un problema legato allo sviluppo sostenibile è dato dal fatto che le decisioni individuali in materia di produzione e consumo possono avere effetti negativi («esternalità negative»), ad esempio sull’ambiente, di cui gli operatori economici o i consumatori non tengono sufficientemente conto. Tali fallimenti del mercato possono essere attenuati o sanati da azioni collettive, ad esempio mediante politiche pubbliche, normative settoriali specifiche o accordi di cooperazione tra imprese che promuovono la produzione o il consumo sostenibili.

546.

Qualora tali fallimenti del mercato vengano affrontati mediante normative adeguate, ad esempio mediante norme obbligatorie dell’Unione in materia di inquinamento, meccanismi di fissazione dei prezzi, quali il sistema di scambio di quote di emissioni dell’Unione (EU ETS) nonché imposte, misure supplementari da parte di imprese, ad esempio mediante accordi di cooperazione, possono non essere necessarie. Tuttavia gli accordi di cooperazione possono rendersi necessari se persistono fallimenti del mercato che non sono pienamente affrontati dalle politiche e dalle normative pubbliche.

547.

Gli obiettivi di sostenibilità possono essere perseguiti mediante diversi tipi di accordi di cooperazione, compresi quelli trattati nei capitoli precedenti delle presenti linee direttrici. Gli accordi che perseguono obiettivi di sostenibilità non sono un tipo distinto di accordi di cooperazione. Il termine «accordo di sostenibilità» utilizzato nelle presenti linee direttrici fa riferimento in generale a qualsiasi tipo di accordo di cooperazione orizzontale che persegua effettivamente uno o più obiettivi di sostenibilità, indipendentemente dalla forma della cooperazione. Qualora un accordo di sostenibilità riguardi un tipo di cooperazione descritto in uno dei capitoli precedenti delle presenti linee direttrici, la sua valutazione sarà disciplinata dai principi e dalle considerazioni esposti in tali capitoli, tenendo conto nel contempo dell’obiettivo specifico di sostenibilità perseguito.

548.

Gli accordi di sostenibilità suscitano riserve sotto il profilo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, soltanto se comportano gravi restrizioni della concorrenza sotto forma di restrizioni per oggetto oppure se producono effetti negativi sensibili sulla concorrenza in violazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Quando gli accordi di sostenibilità violano l’articolo 101, paragrafo 1, possono comunque essere giustificati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, se sono soddisfatte le quattro condizioni di cui a tale disposizione. Orientamenti dettagliati sulla valutazione di tali condizioni sono contenuti nelle linee direttrici della Commissione sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3 (314). Gli accordi che producono restrizioni della concorrenza non possono sfuggire al divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, per il solo motivo che sono necessari al perseguimento di un obiettivo di sostenibilità (315). Tuttavia anche le restrizioni accessorie a un accordo di sostenibilità conforme all’articolo 101, paragrafo 1, non rientreranno nel campo di applicazione di tale disposizione (316).

549.

Il presente capitolo fornisce ulteriori orientamenti sulla valutazione di tali condizioni, in particolare chiarendo quando i benefici in termini di sostenibilità possono essere presi in considerazione come incrementi di efficienza qualitativi o quantitativi nella valutazione di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

550.

Il presente capitolo è articolato nel seguente modo: la sezione 9.2 illustra esempi di accordi di sostenibilità che difficilmente suscitano riserve sotto il profilo della concorrenza in quanto non limitano la concorrenza per oggetto né hanno effetti sensibili sulla concorrenza e non rientrano pertanto nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1; la sezione 9.3 fornisce orientamenti su aspetti specifici della valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, e si concentra sugli accordi di sostenibilità più tipici che fissano le norme di sostenibilità. La sezione 9.4 si concentra su aspetti specifici della valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. La sezione 9.5. esamina le conseguenze del coinvolgimento delle autorità pubbliche nella conclusione di accordi di sostenibilità. Infine, la sezione 9.7 fornisce una valutazione di esempi ipotetici di accordi di sostenibilità.

9.2.   Accordi di sostenibilità che non suscitano riserve sotto il profilo della concorrenza

551.

Non tutti gli accordi di sostenibilità tra concorrenti rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101. Qualora non incidano su parametri di concorrenza, quali il prezzo, la quantità, la qualità, la scelta o l’innovazione, tali accordi non sono in grado di suscitare riserve ai sensi del diritto in materia di concorrenza. Gli esempi che seguono sono illustrativi e non esaustivi.

552.

Innanzitutto gli accordi che non riguardano l’attività economica dei concorrenti, ma il loro comportamento interno, non rientreranno generalmente nel campo di applicazione dell’articolo 101. Imprese concorrenti possono cercare di accrescere la reputazione generale del loro settore come un settore ecologicamente responsabile e a tal fine concordano, ad esempio, misure destinate a eliminare i prodotti di plastica monouso nei loro locali commerciali, a non superare una determinata temperatura ambiente negli edifici o a limitare il numero di stampe effettuate quotidianamente.

553.

In secondo luogo, gli accordi relativi alla creazione di una banca dati contenente informazioni sui fornitori che dispongono di catene del valore sostenibili, utilizzano processi di produzione sostenibili e forniscono fattori produttivi sostenibili, oppure concernenti distributori che vendono prodotti in modo sostenibile, senza imporre alle parti di acquistare da tali fornitori o di vendere a tali distributori, in generale non suscitano preoccupazioni sotto il profilo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101.

554.

In terzo luogo, anche gli accordi tra concorrenti relativi all’organizzazione di campagne di sensibilizzazione a livello di settore o campagne di sensibilizzazione dei clienti in merito all’impronta ambientale dei loro consumi, senza che tali campagne costituiscano una pubblicità comune di determinati prodotti, non sono in genere in grado di suscitare riserve sotto il profilo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101.

9.3.   Valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

9.3.1.   Principi

555.

Quando gli accordi di sostenibilità incidono su uno o più parametri della concorrenza, può essere necessario valutarli ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

556.

Gli accordi di sostenibilità che corrispondono a uno dei tipi di accordi di cooperazione di cui ai capitoli precedenti delle presenti linee direttrici saranno valutati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, come descritto in tali capitoli. Ad esempio un accordo tra concorrenti destinato a sviluppare congiuntamente una tecnologia di produzione che riduca il consumo di energia va valutato secondo i principi stabiliti nel capitolo 2 (accordi di ricerca e sviluppo). Un accordo di condivisione delle infrastrutture destinato a ridurre l’impronta ambientale di un processo di produzione va valutato in base ai principi di cui al capitolo 3 (accordi di produzione).

557.

Un accordo tra concorrenti inteso all’acquisto comune di prodotti con un’impronta ambientale limitata come fattore produttivo, o a limitare l’acquisto soltanto presso fornitori che rispettano determinati principi di sostenibilità, va valutato in linea con i principi di cui al capitolo 4 (accordi di acquisto) (317).

558.

Analogamente gli accordi di sostenibilità che assumono la forma di accordi di ricerca e sviluppo o accordi di specializzazione sono soggetti all’applicazione dei rispettivi regolamenti di esenzione per categoria qualora siano soddisfatte le condizioni per beneficiare di un’esenzione a norma di tali regolamenti.

559.

Il fatto che un accordo persegua effettivamente un obiettivo di sostenibilità può essere preso in considerazione nel determinare se la restrizione in questione sia una restrizione per oggetto o per effetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1 (318).

560.

A tale riguardo, quando le parti sostengono che un accordo, che sembra perseguire la fissazione di prezzi, la ripartizione del mercato o della clientela, la limitazione della produzione o l’innovazione, persegua in effetti un obiettivo di sostenibilità, dovranno presentare tutti i fatti e gli elementi di prova a dimostrazione del fatto che l’accordo persegue effettivamente tale obiettivo e non è utilizzato per dissimulare una restrizione della concorrenza per oggetto. Qualora gli elementi di prova consentano di stabilire che l’accordo persegue effettivamente un obiettivo di sostenibilità reale, occorrerà valutarne gli effetti sulla concorrenza (319).

9.3.2.   Accordi di normazione in materia di sostenibilità

9.3.2.1.   Definizione e caratteristiche

561.

Al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile, i concorrenti possono decidere di eliminare gradualmente, ritirare o, in alcuni casi, sostituire prodotti non sostenibili (ad esempio combustibili fossili quali petrolio e carbone, plastica) e processi (ad esempio la combustione in torcia di gas) con prodotti sostenibili. Imprese concorrenti possono altresì decidere di armonizzare i materiali di imballaggio per facilitare il riciclaggio o armonizzare le dimensioni degli imballaggi (e quindi il contenuto di prodotto) al fine di ridurre i rifiuti. Possono altresì decidere di acquistare fattori produttivi soltanto se i prodotti acquistati sono fabbricati in modo sostenibile. Analogamente, imprese concorrenti potrebbero voler concordare determinate condizioni destinate a migliorare il benessere degli animali (ad esempio norme concordate per fornire maggiore spazio agli animali). A tal fine dette imprese concorrenti possono accettare di adottare e rispettare determinate norme di sostenibilità. Nel presente capitolo tali accordi sono denominati «accordi di normazione in materia di sostenibilità» o «norme di sostenibilità».

562.

Gli accordi di normazione in materia di sostenibilità specificano le prescrizioni che i produttori, gli operatori, i fabbricanti, i venditori al dettaglio o i fornitori di servizi di una catena di approvvigionamento possono essere tenuti a rispettare in relazione a possibilmente un’ampia serie di parametri di sostenibilità, quali gli impatti ambientali della produzione (320). Gli accordi di normazione in materia di sostenibilità solitamente mettono a disposizione norme, orientamenti o caratteristiche per i prodotti e i metodi di produzione in merito a tali parametri di sostenibilità e sono talvolta definiti sistemi di sostenibilità. Si tratta spesso di iniziative private che possono spaziare da codici di condotta stabiliti unilateralmente da imprese, fino a norme guidate da organizzazioni della società civile e a iniziative multilaterali che coinvolgono imprese lungo l’intera catena del valore (321). Le presenti linee direttrici riguardano soltanto le norme di sostenibilità elaborate da concorrenti o alle quali partecipano imprese concorrenti, compresi i marchi o le etichette di qualità.

563.

Gli accordi di normazione in materia di sostenibilità presentano analogie con gli accordi di normazione di cui al capitolo 7. Tuttavia mostrano altresì caratteristiche atipiche o meno pronunciate rispetto a quelle di cui in tali accordi di normazione.

564.

Innanzitutto l’adozione di una norma di sostenibilità può spesso portare alla creazione di un marchio di qualità ecologica, di un logo o di un nome di marchio per i prodotti che soddisfano determinati requisiti minimi. Il ricorso a tale marchio, logo o nome di marchio obbliga in linea di principio gli utilizzatori a rispettare la norma in questione. Tali imprese possono utilizzare il marchio/il logo/il nome di marchio a patto che soddisfino le condizioni di sostenibilità e perderanno la possibilità di utilizzare gli stessi qualora non soddisfino più detti requisiti.

565.

In secondo luogo, il costo dell’adesione e del rispetto di una norma di sostenibilità può essere elevato, in particolare se sono necessarie modifiche dei processi di produzione o di scambio esistenti al fine di conformarsi alla norma di sostenibilità. Di conseguenza l’adesione a una norma di sostenibilità può comportare un aumento dei costi di produzione o di distribuzione e, di conseguenza, un aumento del prezzo dei prodotti venduti dalle parti.

566.

In terzo luogo, a differenza delle norme tecniche, che garantiscono l’interoperabilità e favoriscono la concorrenza tra tecnologie provenienti da imprese diverse nel processo di definizione delle norme, le questioni dell’interoperabilità e della compatibilità tra tecnologie sono generalmente irrilevanti per le norme di sostenibilità.

567.

In quarto luogo, numerose norme di sostenibilità sono basate su processi, sulla gestione o sui risultati. Ciò significa che, a differenza di numerose norme tecniche, le norme di sostenibilità prescrivono spesso un obiettivo da raggiungere senza imporre tecnologie o metodi di produzione specifici. Coloro che adottano norme di sostenibilità possono impegnarsi a conseguire l’obiettivo, ma rimarranno liberi di decidere in merito al ricorso a una tecnologia o a un processo di produzione particolare per raggiungere tale obiettivo.

9.3.2.2.   Principali riserve sotto il profilo della concorrenza

568.

Gli accordi di normazione in materia di sostenibilità hanno spesso effetti positivi sulla concorrenza. Contribuiscono a uno sviluppo sostenibile e possono pertanto consentire lo sviluppo di prodotti o mercati nuovi, aumentare la qualità dei prodotti o migliorare le condizioni di offerta o di distribuzione. In particolare, fornendo informazioni in merito a questioni di sostenibilità (ad esempio attraverso marchi), le norme di sostenibilità consentono ai consumatori di prendere decisioni informate di acquisto e svolgono pertanto un ruolo nello sviluppo dei mercati dei prodotti sostenibili. Infine le norme di sostenibilità possono garantire altresì parità di condizioni tra i produttori soggetti a requisiti normativi diversi.

569.

In talune circostanze, tuttavia, le norme di sostenibilità possono anche limitare la concorrenza. Ciò si verifica principalmente in tre modi: attraverso il coordinamento dei prezzi, la preclusione di norme alternative e l’esclusione o la discriminazione di determinati concorrenti (322).

9.3.2.3.   Restrizione per oggetto

570.

Le norme di sostenibilità che non perseguono effettivamente un obiettivo di sostenibilità, ma riguardano la fissazione di prezzi, la ripartizione del mercato o della clientela, limitazioni della produzione o limitazioni della qualità o dell’innovazione, limitano la concorrenza per oggetto.

571.

In particolare un accordo tra concorrenti in merito alle modalità per tradurre l’aumento dei costi derivante dall’adozione di una norma di sostenibilità in un aumento dei prezzi di vendita ai loro clienti limita la concorrenza per oggetto. Analogamente un accordo tra le parti della norma di sostenibilità volto ad esercitare pressioni su terzi affinché si astengano dalla commercializzazione di prodotti non conformi alla norma di sostenibilità limita la concorrenza per oggetto.

9.3.2.4.   Effetti restrittivi sulla concorrenza

(A)   ZONA DI SICUREZZA AGEVOLATA.

572.

Qualora un accordo non si qualifichi come restrizione per oggetto, può violare l’articolo 101, paragrafo 1, soltanto se produce un effetto negativo sensibile sulla concorrenza. Tuttavia è improbabile che gli accordi di normazione in materia di sostenibilità producano effetti negativi sensibili sulla concorrenza e non rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, se sono soddisfatte le condizioni cumulative di cui al seguente riquadro.

Innanzitutto, la procedura per la definizione della norma di sostenibilità è trasparente e tutti i concorrenti interessati possono partecipare al processo che porta alla selezione della norma (323).

In secondo luogo, la norma di sostenibilità non dovrebbe imporre alle imprese che non intendono parteciparvi un obbligo, diretto o indiretto, di rispettarla (324).

In terzo luogo, le imprese partecipanti dovrebbero rimanere libere di adottare autonomamente una norma di sostenibilità più elevata rispetto a quella concordata con le altre parti dell’accordo (ad esempio, possono decidere di utilizzare nel loro prodotto finale ingredienti più sostenibili di quanto la norma possa richiedere).

In quarto luogo, le parti della norma di sostenibilità non dovrebbero scambiarsi informazioni sensibili dal punto di vista commerciale che non siano necessarie per la definizione, l’adozione o la modifica della norma.

In quinto luogo, dovrebbe essere garantito un accesso effettivo e non discriminatorio ai risultati della procedura di normazione. Ciò dovrebbe includere un accesso effettivo e non discriminatorio ai requisiti e alle condizioni per ottenere il marchio concordato o per l’adozione della norma in una fase successiva da parte di imprese che non hanno partecipato al processo di definizione della stessa.

In sesto luogo, la norma di sostenibilità non dovrebbe comportare un aumento significativo dei prezzi o una riduzione significativa della scelta dei prodotti disponibili sul mercato (325).

In settimo luogo, dovrebbe essere istituito un meccanismo o un sistema di monitoraggio atto a garantire che le imprese che adottano la norma di sostenibilità ne rispettino effettivamente i requisiti.

573.

Tali condizioni garantiscono che la norma di sostenibilità non escluda norme alternative innovative, né escluda o discrimini altre imprese e garantisca un accesso effettivo alla norma. La condizione di non scambiare informazioni sensibili dal punto di vista commerciale non necessarie garantisce che la procedura di definizione delle norme non sia utilizzata per facilitare la collusione o limitare la concorrenza tra le parti. Come sottolineato al punto 565, le norme di sostenibilità possono spesso determinare un aumento dei prezzi. Tuttavia, quando la norma è adottata da imprese che rappresentano una parte significativa del mercato, possono essere realizzate economie di scala significative che consentono alle imprese di mantenere il precedente livello dei prezzi o di applicare solo un aumento irrilevante dei prezzi.

574.

Il mancato rispetto di una o più di queste condizioni non fa presumere che l’accordo restringa la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Tuttavia, se alcune di queste condizioni non sono soddisfatte, sarà necessario valutare, in particolare, se e in quale misura l’accordo possa determinare, o effettivamente abbia, un effetto negativo sensibile sulla concorrenza. Possono esistere modelli diversi per gli sforzi di normazione e le imprese sono libere di introdurre norme e procedure che non violino le norme in materia di concorrenza, pur essendo diverse da quelle descritte al precedente punto 572.

(B)   NECESSITÀ DI VALUTARE GLI EFFETTI DELL’ACCORDO

575.

Per valutare gli effetti di una norma di sostenibilità occorre tener conto della copertura di mercato dei prodotti che incorporano tale norma. Le norme di sostenibilità possono non avere effetti anticoncorrenziali significativi perché esiste una concorrenza sufficiente da parte di marchi/norme di sostenibilità alternativi e/o di prodotti fabbricati e distribuiti in modo convenzionale (ossia al di fuori dell’applicazione di marchi/norme). La copertura di mercato dell’accordo in questione può essere insufficiente a provocare distorsioni sensibili della concorrenza, in ragione dell’effettiva concorrenza di marchi e/o prodotti alternativi fabbricati e distribuiti in modo convenzionale. Anche qualora la copertura di mercato dell’accordo fosse significativa, l’effetto limitativo della concorrenza potenziale può essere comunque sufficiente, in particolare nei casi in cui l’accordo di sostenibilità si limita a stabilire un marchio, lasciando le imprese partecipanti libere di operare anche al di fuori di tale marchio. In tal caso i consumatori avranno la scelta di acquistare prodotti recanti il marchio o prodotti, eventualmente fabbricati dalle stesse imprese, che non sono conformi al marchio ed è quindi improbabile che la concorrenza sia limitata (326). Nei casi in cui un accordo di normazione possa comportare un aumento significativo del prezzo o una riduzione della produzione, della varietà dei prodotti, della qualità dei prodotti o dell’innovazione, le parti dell’accordo possono avvalersi dell’articolo 101, paragrafo 3.

9.4.   Valutazione degli accordi di sostenibilità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

576.

Qualsiasi accordo di sostenibilità che violi l’articolo 101, paragrafo 1, può beneficiare dell’esenzione a norma dell’articolo 101, paragrafo 3, se le parti dell’accordo dimostrano che le quattro condizioni cumulative di cui a tale disposizione sono soddisfatte.

9.4.1.   Incrementi di efficienza

577.

La prima condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, prevede che l’accordo in questione contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o contribuisca a promuovere il progresso tecnico o economico. In sostanza, richiede che l’accordo contribuisca ad incrementi di efficienza oggettivi, intesi in senso lato, come comprendenti non soltanto la riduzione dei costi di produzione e di distribuzione, ma anche l’aumento della varietà e della qualità dei prodotti, miglioramenti dei processi di produzione o di distribuzione e aumenti dell’innovazione (327). Consente pertanto di considerare un ampio spettro di benefici in termini di sostenibilità derivanti dall’uso di ingredienti, tecnologie e processi di produzione specifici come incrementi di efficienza.

578.

Ad esempio gli accordi di sostenibilità possono produrre efficienze, quali l’uso di tecnologie di produzione o distribuzione più pulite, un minore inquinamento, migliori condizioni di produzione e distribuzione, infrastrutture o catene di approvvigionamento più resilienti, prodotti di migliore qualità, ecc. Possono altresì evitare interruzioni della catena di approvvigionamento, ridurre i tempi necessari per immettere sul mercato prodotti sostenibili e contribuire a migliorare la scelta dei consumatori facilitando il confronto dei prodotti. Tali incrementi di efficienza possono contribuire alla resilienza del mercato interno.

579.

Tali efficienze dovranno essere comprovate e non possono essere semplicemente presunte (328). Devono inoltre essere obiettive, concrete e verificabili. Ad esempio se l’efficienza dichiarata consiste nel miglioramento di prodotti, le parti devono dimostrare le caratteristiche esatte del miglioramento di prodotti. Se il beneficio richiesto è ad esempio la riduzione della contaminazione dell’acqua, le parti devono spiegare in che modo l’accordo contribuisce esattamente alla riduzione della contaminazione dell’acqua e fornire una stima dell’entità del beneficio asserito (329).

9.4.2.   Carattere indispensabile delle restrizioni

580.

Ai fini delle presenti linee direttrici, è opportuno trattare la terza condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, ossia quella relativa al carattere indispensabile, prima della seconda condizione, ossia quella della congrua parte per i consumatori. Ciò è dovuto al fatto che l’analisi della congrua parte per i consumatori non dovrebbe includere gli effetti di eventuali restrizioni che non soddisfano la condizione del carattere indispensabile e che sono pertanto vietate dall’articolo 101 (330).

581.

In base alla terza condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, l’accordo restrittivo non deve imporre restrizioni che non siano indispensabili per realizzare i vantaggi comportati dall’accordo. Al fine di soddisfare tale condizione, le parti dell’accordo devono dimostrare che il loro accordo in quanto tale e ciascuna delle restrizioni della concorrenza che esso comporta sono ragionevolmente necessarie affinché i benefici in termini di sostenibilità asseriti si concretizzino e che non esistono altri mezzi economicamente praticabili e meno restrittivi per conseguirli (331).

582.

In linea di principio, ciascuna impresa dovrebbe decidere autonomamente come perseguire benefici in termini di sostenibilità e, nella misura in cui i consumatori apprezzano tali benefici, il mercato premierebbe le decisioni positive e punirebbe quelle negative. Laddove vi sia una domanda di prodotti sostenibili, gli accordi di cooperazione non sono indispensabili per conseguire di per sé benefici in termini di sostenibilità, ma possono comunque essere indispensabili ai fini del conseguimento dell’obiettivo di sostenibilità in modo più efficiente sotto il profilo dei costi.

583.

Le politiche e le normative pubbliche tengono spesso conto delle esternalità negative. In genere mirano a farlo imponendo norme che richiedono azioni collettive, che garantiscano risultati di mercato efficienti che tengano conto delle implicazioni in termini di sostenibilità delle singole azioni (332). Pertanto, quando il diritto dell’UE o nazionale impone alle imprese di rispettare obiettivi concreti di sostenibilità, gli accordi di cooperazione e le restrizioni che essi possono comportare non possono essere considerati indispensabili per il conseguimento dell’obiettivo in questione. Ciò è dovuto al fatto che il legislatore ha già deciso che ogni impresa è tenuta individualmente a conseguire tale obiettivo (333). In tali circostanze gli accordi di cooperazione possono essere indispensabili soltanto ai fini del conseguimento dell’obiettivo in modo più efficiente sotto il profilo dei costi.

584.

Vi possono essere altri casi in cui, a causa di fallimenti del mercato, i benefici in termini di sostenibilità non possono essere conseguiti se lasciati alla libera interazione delle forze di mercato oppure possono essere conseguiti in modo più efficiente sotto il profilo dei costi se le imprese cooperano. Ad esempio può essere necessario un accordo di sostenibilità per evitare il parassitismo in relazione agli investimenti necessari per promuovere un prodotto sostenibile ed educare i consumatori (superando i cosiddetti «svantaggi del pioniere»).

585.

In tale contesto può essere necessario un accordo restrittivo anche per realizzare economie di scala, in particolare per conseguire una scala sufficiente a coprire i costi fissi di creazione, funzionamento e controllo del marchio. Le restrizioni possono altresì essere indispensabili al fine di uniformare gli incentivi delle parti ed assicurare che esse concentrino il loro impegno sull’attuazione dell’accordo (334). Se l’accordo obbliga le parti a non operare al di fuori del marchio o della norma, le parti dovranno dimostrare il motivo per cui la semplice istituzione di un marchio o di una norma non sarà sufficiente per conseguire incrementi di efficienza. Solitamente è sufficiente che l’accordo definisca la norma di sostenibilità come norma minima comune, lasciando così spazio alle imprese partecipanti per applicare individualmente una norma di sostenibilità più elevata rispetto a quella concordato di comune accordo.

586.

Un accordo può inoltre essere necessario nei casi in cui le parti possano dimostrare che i consumatori sul mercato rilevante incontrano difficoltà, a causa ad esempio della mancanza di conoscenze o di informazioni sufficienti sul prodotto stesso o sulle conseguenze del suo utilizzo, a bilanciare oggettivamente i benefici futuri che ottengono da un accordo rispetto al danno immediato che subiscono a causa dello stesso accordo e che, di conseguenza, essi sovrastimano l’importanza dell’effetto immediato. Ad esempio i consumatori potrebbero non essere in grado di valutare i benefici futuri sotto forma di miglioramento della qualità e dell’innovazione, se l’effetto immediato è un aumento del prezzo del prodotto.

587.

Di norma gli obblighi imposti dagli accordi di sostenibilità non dovrebbero andare oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo dell’accordo.

9.4.3.   Trasferimento ai consumatori

588.

La seconda condizione dell’articolo 101, paragrafo 3, richiede che ai consumatori sia riservata una congrua parte dei benefici asseriti. La nozione di «consumatori» comprende tutti gli utilizzatori diretti o indiretti dei prodotti contemplati dall’accordo (335). I consumatori ricevono una congrua parte dei benefici quando i benefici derivanti dall’accordo superano il danno causato dallo stesso, di modo che l’effetto complessivo sui consumatori nel mercato rilevante sia quanto meno neutro (336). Di conseguenza i benefici in termini di sostenibilità derivanti dagli accordi devono essere collegati ai consumatori dei prodotti oggetto di tali accordi.

589.

In numerosi casi potrebbe essere ovvio che i benefici in termini di sostenibilità non sono correlati ai consumatori nel mercato rilevante o che non sarebbero sufficientemente significativi da compensare il danno generato nel mercato rilevante. Di contro potrebbero verificarsi casi in cui il danno concorrenziale è chiaramente insignificante rispetto ai potenziali benefici, una circostanza questa che eviterebbe quindi la necessità di una valutazione dettagliata. Tuttavia vi possono essere anche casi nei quali una valutazione dettagliata non può essere evitata.

9.4.3.1.   Benefici in termini di valore d’uso individuale

590.

I benefici per i consumatori derivano generalmente dal consumo o dall’uso dei prodotti interessati dall’accordo oggetto della valutazione. Tali benefici possono assumere la forma di un miglioramento della qualità o della varietà di prodotti derivante da incrementi di efficienza qualitativi oppure concretizzarsi sotto forma di diminuzione dei prezzi in ragione di efficienze in termini di costi. Detti benefici possono derivare anche dal consumo di un prodotto sostenibile allo stesso modo in cui derivano dal consumo di qualsiasi altro prodotto. Tali benefici possono essere definiti «vantaggi in termini di valore d’uso individuale» in quanto derivano dall’uso del prodotto e migliorano direttamente l’esperienza dei consumatori in relazione al prodotto in questione.

591.

Ad esempio il consumo di verdure coltivate con l’aiuto di fertilizzanti organici può avere un gusto migliore e/o essere più sano per i consumatori rispetto agli ortaggi prodotti utilizzando fertilizzanti non organici. Analogamente la sostituzione della plastica con materiali più durevoli in una serie di prodotti può aumentare la longevità dei prodotti in questione. In tali circostanze i consumatori godono di una qualità superiore per il semplice fatto di consumare il prodotto in questione. Si tratta di tipici incrementi di efficienza qualitativi che possono derivare da un accordo restrittivo e che possono superare il danno causato dall’aumento dei prezzi (dovuto all’uso concordato di materiali sostenibili più costosi) o dalla riduzione della scelta (in ragione del non uso concordato di un prodotto non sostenibile). Se i benefici sono sufficientemente significativi da prevalere sul danno causato dall’aumento dei prezzi o dalla riduzione della scelta, compenseranno i consumatori lesi dallo stesso accordo e soddisferanno quindi la seconda condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

592.

Negli esempi di cui sopra, unitamente ai vantaggi in termini di valore d’uso individuale, gli accordi in questione possono essere accompagnati da effetti positivi esterni ai consumatori (esternalità positive). Le esternalità positive sono presenti quando si riducono le esternalità negative, quali l’inquinamento, l’erosione del suolo, ecc. Tali esternalità positive di cui la società potrebbe beneficiare oggi o in futuro potrebbero non essere possibili in assenza dell’accordo restrittivo in questione. Dette esternalità positive sono distinte dai vantaggi in termini di valore d’uso individuale di cui godono i consumatori nel mercato rilevante (cfr. sezione 9.4.3.3).

593.

Gli accordi destinati a ridurre gli imballaggi possono altresì ridurre i costi di produzione e di distribuzione e, in ultima analisi, il prezzo del prodotto. Ad esempio un accordo tra concorrenti per fornire liquidi detergenti concentrati in bottiglie di dimensioni ridotte può ridurre i costi dei materiali, del trasporto e dell’immagazzinamento. Analogamente gli accordi destinati a condividere le infrastrutture o i servizi di trasporto di distribuzione con i concorrenti possono ridurre i costi delle parti e quindi il prezzo del prodotto finale. Infatti il danno generato da tali accordi può consistere in una riduzione della scelta dei consumatori, ma il beneficio del prezzo più basso può essere superiore al danno derivante dalla limitazione della scelta o persino dalla minore qualità dei servizi o dei prodotti (337). Gli stessi accordi possono altresì presentare esternalità positive consistenti in un minore impatto negativo sull’ambiente (cfr. sezione 9.4.3.3).

9.4.3.2.   Benefici in termini di valore di non uso individuale

594.

I benefici per i consumatori derivanti dagli accordi di sostenibilità possono comprendere non soltanto i benefici diretti derivanti dall’uso di un prodotto sostenibile, ma anche i benefici indiretti, derivanti dalla valutazione, da parte dei consumatori, dell’impatto del loro consumo sostenibile su altri. In particolare alcuni consumatori possono valutare il loro consumo di un prodotto sostenibile più del consumo di un prodotto non sostenibile, in quanto il prodotto sostenibile ha un impatto meno negativo su altri rispetto a quello non sostenibile.

595.

Ad esempio i consumatori possono optare per un particolare liquido di lavaggio non perché pulisce meglio, ma perché contamina meno l’acqua. Analogamente i consumatori possono essere disposti a pagare un prezzo più elevato per mobili prodotti a partire da legno coltivato e raccolto in modo sostenibile non in ragione della migliore qualità dei mobili, ma perché vogliono porre fine al disboscamento e alla perdita di habitat naturali. Nella stessa ottica, i conducenti possono scegliere di utilizzare carburanti più costosi non perché siano di migliore qualità e siano migliori per i loro veicoli, ma perché inquinano meno.

596.

In tali circostanze l’esperienza di utilizzo del prodotto da parte dei consumatori non viene migliorata direttamente. Tuttavia i consumatori sono disposti a pagare un prezzo più elevato per un prodotto sostenibile o a limitare la loro scelta di consumo non utilizzando una variante non sostenibile del prodotto, a vantaggio della società o delle generazioni future. Di conseguenza i consumatori all’interno del mercato rilevante godono di benefici indiretti in termini di valore del non uso attraverso la loro valutazione personale/individuale dell’effetto su altri, compresi i non utilizzatori al di fuori del mercato rilevante.

597.

I consumatori disposti a pagare di più per tali prodotti ritengono che siano di qualità superiore, proprio in ragione dei vantaggi che ne derivano per gli altri. Di conseguenza, da un punto di vista economico, tali benefici qualitativi indiretti non sono diversi dai consueti benefici di miglioramento della qualità che aumentano il valore d’uso diretto di un prodotto, di cui alla sezione 9.4.3.1. La misurazione di tali benefici indiretti in termini di valore del non uso può essere effettuata esaminando la disponibilità dei consumatori a pagare, ad esempio mediante indagini presso i clienti.

598.

Può esservi una differenza tra quelle che i consumatori dichiarano essere le loro preferenze e ciò che il loro comportamento di acquisto suggerisce siano le loro preferenze. Ciò può indicare che le preferenze dichiarate sovrastimano o, al contrario, sottostimano le preferenze effettive. Per attenuare tali distorsioni legate alle scelte ipotetiche operate nel contesto di indagini, queste ultime devono fornire un contesto utile e adeguato. Inoltre le domande poste potrebbero dover tener conto delle norme sociali, delle conoscenze e delle abitudini dei consumatori o delle aspettative riguardo al comportamento altrui.

599.

Più in generale, al fine di soddisfare l’onere della prova di cui all’articolo 101, paragrafo 3, le parti di un accordo devono fornire elementi di prova convincenti che dimostrino le effettive preferenze dei consumatori. Le parti dell’accordo dovrebbero evitare di sovrapporre le proprie preferenze a quelle dei consumatori.

600.

Nel contesto della valutazione della disponibilità dei consumatori a pagare, non è necessario valutare la disponibilità di ciascun consumatore sul mercato rilevante. Ai fini dell’inchiesta è sufficiente che la valutazione si basi su una porzione rappresentativa di tutti i consumatori del mercato rilevante (338).

9.4.3.3.   Benefici collettivi

601.

La sezione 9.4.3.2. fa riferimento ai benefici individuali in termini di valore di non uso che sono limitati a scelte volontarie (altruiste) dei singoli consumatori. Tuttavia non tutte le esternalità negative possono essere colmate mediante azioni individuali e volontarie dei consumatori. Poiché l’impatto sulla sostenibilità dei consumi individuali non si ripercuote necessariamente sul consumatore, ma su un gruppo più ampio, può essere necessaria un’azione collettiva, come un accordo di cooperazione, per internalizzare le esternalità negative e apportare benefici in termini di sostenibilità a un gruppo più ampio della società (339). Ad esempio i consumatori potrebbero non essere disposti a pagare un prezzo più elevato per un prodotto fabbricato con una tecnologia verde ma costosa. Per garantire che i benefici connessi all’uso di tale tecnologia verde si concretizzino, potrebbe essere necessario un accordo per eliminare gradualmente la tecnologia inquinante. Tali benefici sono denominati «benefici collettivi» in quanto si verificano indipendentemente dalla valutazione individuale del prodotto da parte dei consumatori e possono oggettivamente essere attribuiti ai consumatori nel mercato rilevante se questi ultimi fanno parte del gruppo più ampio di beneficiari.

602.

Sebbene il bilanciamento degli effetti negativi con i benefici derivanti dagli accordi restrittivi sia di norma effettuato all’interno del mercato rilevante cui l’accordo si riferisce, quando due mercati sono collegati, gli incrementi di efficienza conseguiti su mercati distinti possono essere presi in considerazione a condizione che il gruppo di utilizzatori interessato dalla restrizione e che beneficia degli incrementi di efficienza sia sostanzialmente lo stesso (340).

603.

Per analogia, laddove i consumatori nel mercato rilevante si sovrappongono sostanzialmente ai, o fanno parte dei, beneficiari al di fuori del mercato rilevante, i benefici collettivi per i consumatori nel mercato rilevate che si verificano al di fuori del mercato, possono essere presi in considerazione se sono sufficientemente significativi per compensare i consumatori nel mercato rilevante per il danno subito (341).

604.

Ad esempio i conducenti che acquistano combustibili meno inquinanti sono anche cittadini che trarrebbero vantaggio da un’aria più pulita se si utilizzasse combustibile meno inquinante. Nella misura in cui è possibile stabilire una sostanziale sovrapposizione tra i consumatori (i conducenti in questo esempio) e i beneficiari (cittadini), i benefici in termini di sostenibilità derivanti dall’aria più pulita in linea di principio sono pertinenti per la valutazione e possono essere presi in considerazione se sono sufficientemente significativi per compensare i consumatori nel mercato rilevante per il danno subito. Al contrario i consumatori possono acquistare indumenti realizzati in cotone sostenibile che riduce il consumo di sostanze chimiche e acqua nei terreni in cui viene coltivato. In linea di principio tali benefici potrebbero essere presi in considerazione come benefici collettivi. Tuttavia è probabile che non vi siano sovrapposizioni sostanziali tra i consumatori dell’abbigliamento e i beneficiari di tali benefici ambientali che si verificano soltanto nella zona in cui viene coltivato il cotone. Pertanto è improbabile che tali benefici collettivi possano andare a vantaggio dei consumatori nel mercato rilevante. Nella misura in cui i consumatori sono disposti a pagare di più se i loro vestiti sono realizzati in cotone coltivato in modo sostenibile, i benefici ambientali locali possono essere presi in considerazione come benefici individuali in termini di valore di non uso per i consumatori degli indumenti (cfr. sezione 9.4.3.2).

605.

Affinché i benefici collettivi si concretizzino, può spesso essere necessario che la copertura di mercato dell’accordo sia significativa. Se, ad esempio, soltanto due produttori di lavatrici su dieci accettano di abbandonare le varianti più inquinanti, l’accordo difficilmente sarà in grado di impedire il parassitismo e quindi difficilmente ridurrà in maniera sufficiente l’inquinamento, in quanto i consumatori interessati ai propri interessi potrebbero comunque acquistare le varianti inquinanti da uno o più fornitori rimanenti (342).

606.

Affinché si tenga conto dei benefici collettivi, le parti dovrebbero essere in grado di:

(a)

descrivere chiaramente i benefici asseriti e dimostrare che si sono già verificati o che è probabile che si verifichino;

(b)

definire chiaramente i beneficiari;

(c)

dimostrare che i consumatori nel mercato rilevante si sovrappongono in modo sostanziale ai beneficiari o ne fanno parte; e

(d)

dimostrare quale parte dei benefici collettivi che si verificano o che è probabile si verifichino al di fuori del mercato rilevante vada a vantaggio dei consumatori del prodotto nel mercato rilevante.

607.

La dimostrazione dei benefici collettivi sulla base di relazioni di autorità pubbliche o di relazioni redatte da organizzazioni accademiche riconosciute può essere particolarmente utile ai fini di tale valutazione.

608.

Quando non sono disponibili dati che consentano un’analisi quantitativa dei benefici in questione, deve essere possibile prevedere un impatto positivo chiaramente identificabile sui consumatori, non solamente marginale. L’esperienza attuale nella misurazione e nella quantificazione dei benefici collettivi rimane scarsa. La Commissione sarà in grado di fornire ulteriori orientamenti in materia dopo aver accumulato esperienza nel trattamento di casi concreti, una circostanza questa che potrebbe consentire lo sviluppo di metodologie di valutazione.

9.4.3.4.   Alcuni o tutti i tipi di benefici

609.

In ogni caso, le parti dell’accordo di sostenibilità sono libere di presentare elementi di prova e argomentazioni a sostegno delle asserzioni per uno dei tre tipi di benefici per i consumatori o per tutti. La scelta delle parti può dipendere dalla specificità del caso e dalla solidità degli elementi di prova disponibili. In taluni casi l’indicazione del valore d’uso individuale può essere sufficiente a soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, mentre in altri casi sono sufficienti i benefici individuali relativi al valore di non uso o i benefici collettivi. In altri casi è possibile combinare due o tutti e tre i tipi di benefici.

9.4.4.   Non eliminazione della concorrenza

610.

Conformemente alla quarta condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, l’accordo non deve dare alle imprese interessate la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi. In sostanza, tale condizione garantisce che un certo grado di concorrenza residua rimanga sempre sul mercato interessato dall’accordo, indipendentemente dall’entità dei benefici.

611.

Quest’ultima condizione può essere soddisfatta anche se l’accordo restrittivo della concorrenza riguarda l’intero settore, purché le parti dell’accordo continuino a competere vigorosamente su almeno un aspetto importante della concorrenza. Ad esempio se l’accordo elimina la concorrenza per quanto riguarda la qualità o la varietà, ma la concorrenza sui prezzi è comunque un parametro importante per la concorrenza nel settore interessato e non è soggetta a restrizioni, tale condizione può comunque essere soddisfatta.

612.

Inoltre, se i concorrenti sono in concorrenza tra loro in relazione a una serie di prodotti differenziati, tutti sullo stesso mercato rilevante, l’eliminazione della concorrenza per una o più varianti del prodotto non comporta necessariamente l’eliminazione della concorrenza sul mercato rilevante.

613.

Analogamente, se i concorrenti decidono di non utilizzare una particolare tecnologia inquinante o un particolare ingrediente non sostenibile nella produzione dei loro prodotti, la concorrenza tra i concorrenti non sarà eliminata se continuano a competere sul prezzo e/o sulla qualità del prodotto finale.

614.

Infine l’eliminazione della concorrenza per un periodo di tempo limitato, che non incide in alcun modo sullo sviluppo della concorrenza dopo la scadenza di tale periodo, non ostacolerà il rispetto di detta condizione. Ad esempio un accordo tra concorrenti volto a limitare temporaneamente la produzione di una variante di un prodotto contenente un ingrediente non sostenibile, al fine di introdurre sul mercato un suo sostituto sostenibile, destinato a sensibilizzare i consumatori sulle proprietà del prodotto nuovo, soddisferà l’ultima condizione di concorrenza.

9.5.   Coinvolgimento delle autorità pubbliche

615.

Il coinvolgimento di autorità governative o locali nel processo di conclusione di accordi di sostenibilità oppure la conoscenza da parte di tali autorità dell’esistenza di tali accordi, non costituisce di per sé un motivo per considerare tali accordi compatibili con le norme in materia di concorrenza. Tale coinvolgimento o conoscenza da parte delle autorità pubbliche non esime le parti dell’accordo di sostenibilità dalla responsabilità per una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Analogamente, se gli atti delle autorità pubbliche si limitano a sollecitare o a facilitare l’adozione di comportamenti anticoncorrenziali autonomi da parte delle imprese, queste rimangono soggette all’articolo 101, paragrafo 1 (343).

616.

Tuttavia le parti di un accordo di sostenibilità che limita la concorrenza non saranno ritenute responsabili di violazioni del diritto in materia di concorrenza se sono state forzate od obbligate dalle autorità pubbliche a concludere l’accordo o se le autorità pubbliche rafforzano gli effetti di tale accordo (344).

9.6.   Esempi

617.

Un accordo che beneficia della zona di sicurezza agevolata

Esempio n. 1

Situazione: i cereali per la prima colazione sono venduti in scatole di cartone attraenti e colorate. Nel corso degli anni queste scatole sono diventate più grandi, non perché i contenuti siano aumentati, ma semplicemente per renderli più attraenti e promettenti per i consumatori. Si tratta di una strategia di marketing redditizia, in quanto i consumatori spesso acquistano spontaneamente cereali per la prima colazione e le dimensioni maggiori del prodotto danno l’impressione che si tratti dell’acquisto migliore. Poiché tutti i produttori hanno seguito questa strategia, quest’ultima non ha sortito un effetto significativo sulle loro quote di mercato. Tuttavia ciò ha portato a un eccesso di circa il 15 % del materiale di imballaggio utilizzato per i loro prodotti.

Prevent Waste, un’organizzazione non governativa, ha criticato la strategia della «scatola vuota» dei produttori di cereali per la colazione, ritenendola uno spreco nonché dannosa per l’ambiente, in quanto utilizza più risorse naturali di quanto sia necessario per una produzione e una distribuzione efficienti di tali prodotti. In risposta, i produttori di cereali per la colazione, organizzati nell’ambito della loro organizzazione di categoria, hanno convenuto di limitare l’imballaggio in eccesso dei loro prodotti. Hanno convenuto collettivamente di limitare l’eccedenza a non più del 3 % per garantire che le scatole di cereali siano comunque facili da utilizzare e hanno reso pubblica la loro decisione. I produttori hanno attuato l’accordo dall’inizio dell’anno e coprono il 100 % del mercato. Di conseguenza, i costi di imballaggio, che costituiscono il 6 % del prezzo all’ingrosso, sono diminuiti del 10 % circa. Ciò ha comportato una diminuzione di circa lo 0,5 % del prezzo all’ingrosso dei cereali per la prima colazione e una diminuzione dello 0 %-0,5 % del prezzo al dettaglio.

Analisi: i concorrenti definiscono un accordo in merito a un elemento che incide sul prezzo del prodotto, ma lo fanno in modo trasparente, consentendo a tutti di adottare tale approccio senza imporre un obbligo in tal senso. Non vi è scambio di informazioni sensibili e il rispetto della decisione è facile da monitorare. Inoltre, se lo desiderano, i produttori di cereali restano liberi di ridurre ulteriormente il loro imballaggio. Inoltre l’accordo destinato a limitare gli imballaggi in eccesso ha un effetto molto modesto, se non addirittura al ribasso, sul prezzo dei cereali per la prima colazione, non incide sulla concorrenza tra i produttori di cereali in relazione ai principali parametri di prezzo, qualità e innovazione e incide solo in misura molto limitata sulla concorrenza in merito alla commercializzazione (tenuto conto dell’impatto apparentemente limitato della strategia di «sovradimensionamento» delle scatole). L’accordo soddisfa pertanto le condizioni della zona di sicurezza e non rientra quindi nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. L’accordo migliora di fatto l’esito per i consumatori, eliminando le costose strategie di imballaggio in eccesso che hanno un impatto limitato sulla concorrenza.

618.

Un accordo che non ha effetti sensibili sulla concorrenza

Esempio n. 2

Situazione: Fair Tropical Fruits, un’organizzazione non governativa, unitamente a una serie di operatori del settore della frutta, ha istituito un marchio per la frutta tropicale del commercio equo (il marchio «FTF»). Per poter utilizzare il marchio le imprese che commercializzano frutta tropicale devono garantire che i frutti in questione provengano da aziende agricole in cui sono rispettate determinate condizioni minime per quanto riguarda l’uso sicuro di pesticidi. Tali imprese restano libere di commercializzare frutta anche sotto altri marchi. Fair Tropical Fruits ha istituito un sistema di monitoraggio per certificare che i prodotti venduti con il marchio FTF siano conformi alle condizioni minime. Le condizioni di partecipazione, la metodologia e i risultati del sistema di monitoraggio sono disponibili sul sito web di Fair Tropical Fruits. La frutta venduta con il marchio FTF è più costosa rispetto ad altri frutti tropicali commercializzati.

Il marchio FTF è stato introdotto in tutta l’UE e diversi operatori di grandi dimensioni lo utilizzano e hanno firmato l’accordo per rispettare le condizioni minime del marchio. Il marchio si è diffuso rapidamente presso alcuni consumatori. A seconda del tipo di frutta tropicale e del mercato geografico interessato, le quote di mercato per i frutti venduti nell’UE con il marchio variano dal 2,6 % per gli ananas al 14,7 % per i manghi. Il resto del mercato è fornito dagli stessi operatori attivi al di fuori del marchio e da altri operatori non aderenti all’accordo.

Analisi: il prezzo più elevato dei frutti venduti con il marchio FTF può richiedere una valutazione degli effetti dell’accordo. Tuttavia, tenuto conto delle modeste quote di mercato dei prodotti oggetto dell’accordo nei vari mercati dell’UE, delle notevoli quote di mercato detenute da altri marchi e da prodotti convenzionali nonché della concorrenza esercitata da questi ultimi, del fatto che la partecipazione al marchio FTF è volontaria e non esclusiva e che la licenza di utilizzo del marchio dipende soltanto dal rispetto di determinate condizioni minime, è improbabile che gli accordi per l’istituzione e la concessione in licenza del marchio comportino effetti negativi apprezzabili. Gli accordi non rientrano pertanto nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Gli accordi possono effettivamente ampliare la scelta a disposizione dei consumatori, consentendo loro di individuare i prodotti che presentano caratteristiche del «commercio equo».

619.

Un accordo difficilmente suscettibile di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, e/o suscettibile di soddisfare la condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3

Esempio n. 3

Situazione: in risposta alle conclusioni di una ricerca sui livelli raccomandati di grassi contenuti in alcuni alimenti trasformati condotta da un gruppo di esperti finanziato con fondi pubblici in uno Stato membro, vari grandi produttori di alimenti trasformati dello stesso Stato membro decidono, mediante discussioni formali in seno a un’associazione di categoria del settore, di fissare livelli di grassi raccomandati per i prodotti. Nell’insieme, le parti rappresentano il 70 % delle vendite dei prodotti nello Stato membro. L’iniziativa delle parti sarà sostenuta da una campagna pubblicitaria nazionale finanziata dal gruppo di esperti e che evidenzia i rischi di un tenore elevato di grassi negli alimenti trasformati.

Analisi: sebbene i livelli di grassi siano raccomandati e quindi facoltativi, a seguito dell’ampia attenzione suscitata dalla campagna pubblicitaria nazionale, i livelli di grassi raccomandati saranno verosimilmente rispettati da tutti i produttori di alimenti trasformati nello Stato membro. È quindi probabile che questo livello diventi di fatto il livello massimo di grassi contenuti negli alimenti trasformati. La scelta dei consumatori sui mercati dei prodotti potrebbe pertanto essere ridotta. Tuttavia, le parti potranno continuare a competere tra loro su varie altre caratteristiche dei prodotti, quali il prezzo, la dimensione del prodotto, la qualità, il sapore, il tenore di sale e di altri elementi nutritivi, il dosaggio degli ingredienti e la marca. Inoltre, la concorrenza relativa ai livelli di grassi nell’offerta dei prodotti può aumentare se le parti cercano di offrire prodotti con il tenore più basso. È quindi verosimile che l’accordo non abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1. Tuttavia, anche qualora si accerti che l’accordo ha un notevole effetto negativo sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, in quanto i consumatori sono privati della scelta di disporre di alimenti ad alto tenore di grassi, è probabile che i vantaggi per i consumatori in termini di valore delle informazioni ricevute e di effetti benefici per la salute possano prevalere sul danno e l’accordo può soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

620.

Un accordo restrittivo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, che non soddisfa le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3

Esempio n. 4

Situazione: tutti i principali produttori di mobili in un determinato mercato convengono di introdurre il marchio «legno ecologico» per i mobili fabbricati con legno coltivato in modo sostenibile. Attualmente la legge non impone norme di sostenibilità per il legno. Le parti hanno convenuto di applicare la nuova norma, che prevede che almeno il 30 % del legno utilizzato nei mobili sia coltivato in modo sostenibile entro 3 anni. Trascorso tale periodo, tutti i mobili prodotti dalle parti dell’accordo dovranno essere conformi alla norma concordata e saranno etichettati con il marchio «legno ecologico». Le parti restano libere di produrre mobili che rispettino (anche) norme più rigorose con altri marchi. Alcuni produttori lo fanno già. La norma di sostenibilità concordato rallenta, ma non arresta la riduzione delle zone boschive e il degrado della loro biodiversità. Per questo motivo le organizzazioni non governative hanno criticato al marchio di fare «troppo poco, troppo tardi».

I produttori di mobili che sono parti dell’accordo detengono congiuntamente una quota di mercato dell’85 %. Attualmente circa l’80 % delle vendite totali delle parti riguarda mobili fabbricati con legno non coltivato e raccolto in modo sostenibile. Il restante 15 % del mercato è detenuto da piccoli produttori che vendono con altri marchi di sostenibilità. Gli studi commissionati dai produttori di mobili a consulenti terzi stimano che il rispetto della norma del marchio «legno ecologico» aumenterà il costo del legno in media del 40 % e che ciò comporterà un aumento medio del 20 % del costo di produzione dei mobili, per i quali il legno è la componente principale. I costi di produzione costituiscono in media il 60 % del prezzo finale e il restante 40 % è rappresentato dai costi di distribuzione. Si può prevedere che l’aumento del prezzo finale di mobili sarà in media del 12 %.

Uno studio pubblicato separatamente indica che, in media, i consumatori sono disposti a pagare il 5 % in più per i mobili prodotti secondo la norma «legno ecologico» rispetto ai mobili in legno non sostenibili. Tale ricerca si basa su un’indagine dei consumatori sulla loro disponibilità a pagare i mobili di legno conformi alla norma «legno ecologico» e su un esperimento di scelta che prevede diverse opzioni di acquisto di mobili che rispettano norme diverse e presentano prezzi diversi.

Analisi: tenuto conto della copertura di mercato dell’accordo e del significativo aumento dei prezzi, è probabile che l’accordo violi l’articolo 101, paragrafo 1. È improbabile che le possibili efficienze, sotto forma di una maggiore sostenibilità nella coltivazione e nella raccolta del legno, conferiscano ai consumatori benefici superiori all’aumento previsto dei prezzi: lo studio sulla disponibilità dei consumatori a pagare mostra che, in media, i consumatori attribuiscono un valore decisamente inferiore alle migliori condizioni di sostenibilità (che si attesta al 5 % del prezzo finale) rispetto all’aumento previsto del 12 %. Inoltre sembra improbabile che l’accordo sia indispensabile per rendere le norme di sostenibilità per la coltivazione del legno più rigorose. Ciò è dimostrato dal fatto che alcune delle parti dell’accordo e altri produttori di mobili utilizzano già norme e marchi più rigorosi. In altre parole non è chiaro perché l’accordo sia necessario per rendere le norme di sostenibilità più rigorose e perché un’azione individuale da parte di ciascun produttore di mobili non consentirebbe loro di rendere le norme più rigorose in modo analogo o, in ragione della pressione concorrenziale, persino in modo migliore. L’accordo non soddisfa pertanto almeno due delle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, e non può pertanto beneficiare dell’eccezione al divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1.

621.

Un accordo restrittivo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3

Esempio n. 5

I produttori di lavatrici producono attualmente una serie di macchine, dai modelli più recenti, tecnicamente più avanzati, ai modelli più datati che sono tecnicamente meno avanzati. I modelli più datati e meno avanzati utilizzano più elettricità e acqua, ma sono meno costosi da produrre e sono venduti a prezzi inferiori rispetto ai modelli più recenti e tecnicamente avanzati. Conformemente a un regolamento dell’Unione europea, tutti i modelli sono classificati in otto categorie di efficienza energetica, da A ad H, ed etichettati di conseguenza.

L’innovazione nel settore si concentra sull’ulteriore miglioramento dell’efficienza energetica dei nuovi modelli. Tuttavia i produttori di lavatrici ritengono anche di avere la responsabilità di cercare di ridurre il consumo energetico delle loro macchine in altri modi. Hanno pertanto accettato di eliminare gradualmente la produzione e la vendita di lavatrici delle categorie da F a H, i modelli più datati e meno efficienti sotto il profilo energetico. Tali modelli più datati sono anche i meno efficienti dal punto di vista idrico.

L’accordo comprende tutti i produttori e copre quindi quasi il 100 % del mercato. Prevede che la produzione e la vendita di lavatrici delle categorie da F a H siano gradualmente abbandonate entro due anni. Tali modelli rappresentano attualmente circa il 35 % di tutte le vendite sul mercato. Sebbene tutti i produttori partecipanti producano già alcuni modelli delle categorie da A a E, e pertanto nessuno di loro perderà tutte le loro vendite attuali, ciascun produttore subirà un impatto diverso, a seconda della sua attuale serie di modelli. È quindi probabile che la concorrenza tra i produttori ne risentirà. Inoltre, l’eliminazione graduale delle categorie da F a H ridurrà la scelta delle lavatrici a disposizione dei consumatori e aumenterà il costo medio di acquisto. Per l’acquirente medio di una lavatrice delle categorie da F a H, il prezzo della macchina aumenterà tra 40 EUR e 70 EUR.

Prima di attuare l’accordo per l’abbandono graduale delle categorie da F a H, il settore ha cercato di spostare la domanda da queste categorie attraverso campagne pubblicitarie. Alcuni studi hanno dimostrato che il mancato successo di tali campagne è dovuto al fatto che numerosi consumatori hanno difficoltà a bilanciare l’impatto positivo delle future riduzioni delle bollette dell’elettricità e dell’acqua con l’impatto negativo dell’immediato aumento del prezzo di acquisto della macchina.

Tali studi dimostrano inoltre che gli acquirenti di lavatrici beneficiano di fatto in misura notevole della graduale eliminazione delle categorie da F a H. L’acquirente medio di una lavatrice recupererà l’aumento del prezzo di acquisto entro un periodo da uno a due anni, sotto forma di costi dell’elettricità e dell’acqua inferiori. La grande maggioranza dei consumatori, compresi quelli che utilizzano meno frequentemente la lavatrice, recupererà l’aumento del prezzo di acquisto entro quattro anni. Dato che la speranza di vita media delle lavatrici delle categorie da A ad E è di almeno cinque anni, i consumatori beneficiano collettivamente dell’accordo. Questo vantaggio netto è ulteriormente aumentato, per tutti gli utilizzatori di lavatrici, dai benefici ambientali derivanti dalla riduzione collettiva dell’uso di energia elettrica e acqua. La riduzione del consumo di energia elettrica determina una riduzione dell’inquinamento dovuto alla produzione di energia elettrica, a vantaggio dei consumatori, nella misura in cui il fallimento del mercato legato all’inquinamento non è già affrontato da altri strumenti normativi (ad esempio il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, che limita le emissioni di carbonio). La riduzione del consumo idrico determina una riduzione dell’inquinamento idrico. Poiché gli utilizzatori delle lavatrici costituiscono la grande maggioranza della popolazione complessiva, una parte di tali benefici ambientali andrà ai consumatori nel mercato rilevante interessato dall’accordo.

Analisi: sebbene l’accordo possa avere effetti negativi sensibili e rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, è probabile che soddisfi anche le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. In particolare: i) a seguito dell’accordo, una lavatrice media diventa più efficiente sotto il profilo energetico e idrico; ii) tale obiettivo non avrebbe potuto essere conseguito con un accordo meno restrittivo, ad esempio con una campagna pubblicitaria collettiva o un marchio; iii) i consumatori nel mercato rilevante ottengono di conseguenza benefici economici individuali e benefici collettivi ambientali; e iv) la concorrenza non viene eliminata, in quanto l’accordo riguarda soltanto la portata della serie di modelli, che è un parametro della concorrenza, e non altri parametri, sui quali la concorrenza può e continua ad aver luogo.


(1)  Le presenti linee direttrici sostituiscono la comunicazione della Commissione – Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (GU C 11 del 14.1.2011, pag. 1).

(2)  Cfr. anche la comunicazione «Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa», COM(2021) 350 final, del 5 maggio 2021.

(*1)  A decorrere dal 1o dicembre 2009, l’articolo 81 del trattato CE è diventato l’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («il trattato»). Il disposto rimane sostanzialmente invariato. Ai fini delle presenti linee direttrici, i riferimenti all’articolo 101 del trattato si intendono fatti, ove necessario, all’articolo 81 del trattato CE. Il trattato ha inoltre introdotto talune modifiche terminologiche, quali la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e di «mercato comune» con «mercato interno». Le presenti linee direttrici si avvalgono della terminologia del trattato.

(3)  Comunicazione della Commissione «Il Green Deal europeo», COM(2019) 640 final.

(4)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom/Commissione, C-152/19 P, ECLI:EU:C:2021:238, punto 72 e giurisprudenza ivi citata.

(5)  Ai sensi della sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 76 e le conclusioni dell’avvocato generale Léger del 10 luglio 2001, Wouters, C-309/99, ECLI:EU:C:2001:390, punto 61.

(6)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 24 ottobre 1996, Viho, C-73/95 P, ECLI:EU:C:1996:405, punto 51. Si può presumere che un’impresa madre eserciti un’influenza determinante sul comportamento di una controllata nel caso in cui la controllata sia detenuta interamente dall’impresa madre oppure qualora la società madre detenga tutti i diritti di voto associati alle azioni della sua controllata; cfr. ad esempio sentenza della Corte del 10 settembre 2009, Akzo, C-97/08 P, ECLI:EU:C:2009:536, punto 60 e seguenti, sentenza della Corte del 27 gennaio 2021, The Goldman Sachs Group Inc/Commissione, C-595/18 P, ECLI:EU:C:2021:73, punto 36.

(7)  Sentenza della Corte del 26 settembre 2013, EI du Pont de Nemours and Company, C-172/12 P, ECLI:EU:C:2013:601, punto 47 e sentenza della Corte del 14 settembre 2017, LG Electronics Inc. e Koninklijke Philips Electronics NV, cause riunite C-588/15 P e C-622/15 P, ECLI:EU:C:2017:679, punti 71 e 76.

(8)  Sentenza della Corte del 14 settembre 2017, LG Electronics Inc. e Koninklijke Philips Electronics NV, cause riunite C-588/15 P e C-622/15 P, ECLI:EU:C:2017:679, punto 79.

(9)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 13 luglio 2006, Commissione/Volkswagen, C-74/04 P, ECLI:EU:C:2006:460, punto 37.

(10)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 26; sentenza della Corte del 31 marzo 1993, Wood Pulp, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, ECLI:EU:C:1993:120, punto 63.

(11)  Sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 126 e giurisprudenza ivi citata.

(12)  La nozione di «breve lasso di tempo» dipende dal contesto giuridico ed economico nonché dalle circostanze del caso di specie e, in particolare, dal fatto che l’impresa in questione sia una parte di un accordo di cooperazione orizzontale o un terzo. Quando valuta se una parte di un accordo debba essere considerata un concorrente potenziale dell’altra parte, la Commissione riterrà di norma «breve» un lasso di tempo più esteso rispetto al caso in cui viene analizzata la capacità di un terzo di esercitare una pressione concorrenziale sulle parti di un accordo. Affinché un terzo venga considerato un concorrente potenziale, l’ingresso sul mercato dovrebbe avvenire in modo sufficientemente rapido di modo che la minaccia di un ingresso potenziale costituisca una restrizione al comportamento delle parti e di altri operatori del mercato. Per tali motivi, sia nel regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo che in quello relativo agli accordi di specializzazione si ritiene che un periodo non superiore ai tre anni costituisca un «breve lasso di tempo».

(13)  Sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punti 37 e 38.

(14)  L’esistenza di un brevetto, in quanto tale, non può essere considerata un tale ostacolo di natura insormontabile. Cfr. sentenza della Corte del 25 marzo 2021, Lundbeck, C-591/16 P, ECLI:EU:C:2021:243, punti 38, 58 e 59.

(15)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punti da 36 a 58.

(16)  L’articolo 101, paragrafo 1, vieta gli effetti anticoncorrenziali sia effettivi che potenziali; cfr. ad esempio sentenza della Corte del 28 maggio 1998, John Deere, C-7/95 P, ECLI:EU:C:1998:256, punto 77; sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 50.

(17)  Cfr. sentenza della Corte del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline, cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P and C-519/06 P, ECLI EU:C:2009:610, punto 95.

(18)  Cfr. sentenza del Tribunale del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione, T-65/98, ECLI:EU:T:2003:281, punto 107; sentenza del Tribunale del 18 settembre 2001, Métropole télévision (M6) e a./Commissione, T-112/99, ECLI:EU:T:2001:215, punto 74; sentenza del Tribunale del 2 maggio 2006, O2/Commissione, T-328/03, ECLI:EU:T:2006:116, punto 69 e seguenti.

(19)  Cfr. sentenza della Corte del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom, C-280/08 P, ECLI:EU:C:2010:603, punti 80 e 81. Tale possibilità è stata interpretata in modo restrittivo; cfr. ad esempio sentenza della Corte del 29 ottobre 1980, Van Landewyck, cause riunite da 209 a 215 e 218/78, ECLI:EU:C:1980:248, punti da 130 a 134; sentenza della Corte del 11 novembre 1997, Ladbroke Racing, C-359/95 P e C-379/95 P, ECLI:EU:C:1997:531, punto 33 e seguenti.

(20)  Sentenza della Corte del 9 settembre 2003, CIF, C-198/01, ECLI:EU:C:2003:430, punto 54 e successivi.

(21)  Cfr. ad esempio sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2006, FNCBV e a./Commissione (French Beef), cause riunite T-217/03 e T-245/03, ECLI:EU:T:2006:391, punto 92.

(22)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C-67/13 P, ECLI:EU:C:2014:2204, punti 49 e 50.

(23)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline, cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C-519/06 P, ECLI:EU:C:2009:610, punto 55; sentenza della Corte del 20 novembre 2008, BIDS, C-209/07, ECLI:EU:C:2008:643, punto 16; sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punti 29 e successivi; sentenza della Corte del 28 maggio 1998, John Deere, C-7/95 P, ECLI:EU:C:1998:256, punto 77.

(24)  Sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 31.

(25)  Il prezzo è uno dei parametri della concorrenza, oltre a parametri quali la produzione, la qualità dei prodotti, la varietà dei prodotti o l’innovazione.

(26)  Sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punti 38 e 39; sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commission, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 125.

(27)  Cfr. sentenza della Corte del 25 marzo 2021, Sun/Commissione, C-586/16 P, ECLIEU:C:2021:241, punto 86.

(28)  Per gli accordi per i quali la Corte di giustizia dell’Unione europea ha già dichiarato che costituiscono violazioni particolarmente gravi delle norme in materia di concorrenza, l’analisi del contesto giuridico ed economico può essere limitata a quanto è strettamente necessario al fine di stabilire l’esistenza di una restrizione per oggetto, cfr. sentenza della Corte del 20 gennaio 2016, Toshiba, C-373/14 P, ECLI:EU:C:2016:26, punto 29.

(29)  Cfr. inoltre sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C-67/13 P, ECLI:EU:C:2014:2204, punto 53; sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 117 e sentenza della Corte del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C-228/18, ECLI:EU:C:2020:265, punto 51.

(30)  Sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punti da 103 a 107.

(31)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C-32/11, ECLI:EU:C:2013:160, punto 37; sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C-67/13 P, ECLI:EU:C:2014:2204, punto 54; e sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 118.

(32)  Sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punto 118; sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2018, Krka/Commissione, T-684/14, ECLI:EU:T:2018:918, punto 315; e sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 166.

(33)  Sentenza della Corte del 28 maggio 1998, John Deere, C-7/95 P, ECLI:EU:C:1998:256, punto 88; sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLIEU:C:2006:734, punto 51.

(34)  Sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punto 116 e giurisprudenza ivi citata.

(35)  Il potere di mercato è la capacità di mantenere i prezzi, in modo redditizio, ad un livello superiore a quello competitivo per un determinato periodo o di mantenere, in modo redditizio, la produzione - in termini di quantitativi, di qualità e varietà dei prodotti o di innovazione - ad un livello inferiore a quello competitivo per un determinato periodo. Il grado di potere di mercato di norma necessario perché venga riscontrata un a violazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è inferiore al grado di potere di mercato necessario perché venga constatata l’esistenza di una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102, per la quale è necessario un considerevole grado di potere di mercato.

(36)  Sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, CB/Commission, C-67/13 P, ECLI:EU:C:2014:2204, punto 52.

(37)  Cfr. anche il punto 18 della comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(38)  Sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 89; sentenza della Corte dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, causa 42/84, ECLI:EU:C:1985:327, punti 19 e 20; sentenza della Corte del 28 gennaio 1986, Pronuptia, causa 161/84, ECLI:EU:C:1986:41, punti da 15 a 17; sentenza della Corte del 15 dicembre 1994, DLG, C-250/92, ECLI:EU:C:1994:413, punto 35 e sentenza della Corte del 12 dicembre 1995, Oude Luttikhuis e a., C-399/93, ECLI:EU:C:1995:434, punti da 12 a 15.

(39)  Sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 91.

(40)  Sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 91.

(41)  L’approccio generale all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, è presentato nella comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(42)  GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.

(43)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline, cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C-519/06 P, ECLI:EU:C:2009:610, punti da 93 a 95.

(44)  Maggiori dettagli sul concetto di consumatore sono forniti al punto 84 della comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(45)  Cfr. sentenza della Corte del 13 dicembre 2012, Expedia, C-226/11, ECLI:EU:C:2012:795, punti 16 e 17 e giurisprudenza ivi citata.

(46)  GU C 101 del 27.4.2004, pag. 81.

(47)  GU C 291 del 30.8.2014, pag. 1.

(48)  Linee direttrici sul pregiudizio al commercio, punto 50.

(49)  Linee direttrici sul pregiudizio al commercio, punto 52.

(50)  Comunicazione «de minimis», punto 8.

(51)  Cfr. sentenza della Corte del 9 luglio 1969, Völk/Vervaecke, causa 5/69, ECLI:EU:C:1969:35; sentenza della Corte del 6 maggio 1971, Cadillon/Höss, causa 1/71, ECLI:EU:C:1971:47 e sentenza della Corte del 28 aprile 1998, Javico/Yves Saint Laurent Parfums, C-306/96, ECLI:EU:C:1998:173, punti 16 e 17.

(52)  Sentenza della Corte del 13 dicembre 2012, Expedia, C-226/11, ECLI:EU:C:2012:795, punto 37.

(53)  Comunicazione «de minimis», punto 10.

(54)  Cfr. sentenza del Tribunale dell’8 giugno 1995, Langnese-Iglo/Commissione, T-7/93, ECLI:EU:T:1995:98, punto 98.

(55)  […].

(56)  […].

(57)  Ciò non si applica quando i concorrenti concludono un accordo verticale non reciproco e i) il fornitore è un produttore e distributore di beni, mentre l’acquirente è un distributore e non un’impresa concorrente a livello della produzione, oppure ii) il fornitore è un prestatore di servizi operante a diversi livelli della catena commerciale, mentre l’acquirente fornisce i propri beni o servizi a livello del dettaglio e non è un’impresa concorrente al livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto del contratto. Tali accordi sono valutati esclusivamente in base al regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali e agli orientamenti sulle restrizioni verticali (cfr. articolo 2, paragrafo 4, di tale regolamento).

(58)  Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU C 372 del 9.12.1997, pag. 5).

(59)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.

(60)  Cfr. articolo 3, paragrafo 4, del regolamento sulle concentrazioni. Tuttavia, nel valutare se si è in presenza di un’impresa comune a pieno titolo, la Commissione valuta se l’impresa comune è autonoma in senso operativo. Ciò non significa che essa goda di autonomia rispetto alle proprie imprese madri per quanto riguarda l’adozione delle proprie decisioni strategiche (cfr. la comunicazione consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, GU C 95 del 16.4.2008, pag. 1, punti da 91 a 109 («la comunicazione consolidata sui criteri di competenza giurisdizionale»)). Va anche sottolineato che, se la creazione di un’impresa comune che costituisce una concentrazione ai sensi dell’articolo 3 del regolamento sulle concentrazioni ha come oggetto o come effetto il coordinamento del comportamento concorrenziale di imprese che rimangono indipendenti, tale coordinamento verrà valutato a norma dell’articolo 101 del trattato (cfr. articolo 2, paragrafo 4, del regolamento sulle concentrazioni).

(61)  Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671), come modificato dal regolamento (UE) 2021/2117 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021 (GU L 435 del 6.12.2021, pag. 262).

(62)  Cfr. sentenza del Tribunale del 10 luglio 1990, Tetra Pak I, T-51/89, ECLI:EU:T:1990:41, punto 25 e seguenti.

(63)  GU C 11 del 14.1.2011, pag. 1.

(64)  Regolamento (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (GU L 214 del 4.8.2006, pag. 7).

(65)  Regolamento (CE) n. 169/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo all’applicazione di regole di concorrenza ai settori dei trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili (GU L 61 del 5.3.2009, pag. 1); regolamento (CE) n. 246/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra compagnie di trasporto marittimo di linea, (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 1) e regolamento (CE) n. 906/2009 della Commissione, del 28 settembre 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra compagnie di trasporto marittimo di linea (consorzi) (GU L 256 del 29.9.2009, pag. 31), più recentemente modificato da regolamento (UE) 2020/436 della Commissione. del 24 marzo 2020 (GU L 90 del 25.3.2020, pag. 1); linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81 del trattato CE ai servizi di trasporto marittimo (GU C 245 del 26.9.2008, pag. 2).

(66)  Cfr. il punto 51 («imprese comuni a pieno titolo») e il punto 13 («responsabilità per una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1») delle presenti linee direttrici.

(67)  Quali definite nell’allegato della raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(68)  Comprese le start-up.

(69)  Cfr. articolo 1, paragrafo 1, punto 18, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, per quanto concerne le parti dell’accordo e articolo 1, paragrafo 1, punto 19, del medesimo regolamento, per quanto concerne i terzi.

(70)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 7, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(71)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 8, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(72)  Regolamento (UE) […] della Commissione, del […] dicembre 2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo.

(73)  GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.

(74)  Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (97/C 372/03).

(75)  Articolo 1, paragrafo 1, punti 21 e 22, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(76)  Per una definizione, cfr. articolo 1, paragrafo 1, punto 20, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(77)  Nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, cfr. articolo 1, paragrafo 1, punto 17, di tale regolamento.

(78)  Nel contesto del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, cfr. articolo 1, paragrafo 1, punto 18, di tale regolamento.

(79)  L’articolo 1, paragrafo 1, punto 19, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo definisce un’iniziativa di ricerca e sviluppo concorrente come «un’iniziativa di ricerca e sviluppo che un terzo svolge, da solo o in cooperazione con altri terzi, o è in grado di, ed è verosimilmente incline a, svolgere in modo indipendente, che riguarda: a) la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi e/o di tecnologie nuove identici a quelli oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi; o b) poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo. questi terzi devono essere indipendenti dalle parti che concludono l»accordo di ricerca e sviluppo.

(80)  L’articolo 1, paragrafo 1, punto 18, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo definisce un’impresa concorrente in termini di innovazione come «un’impresa che non è in concorrenza per un prodotto e/o una tecnologia esistenti e che svolge in modo indipendente o che, in assenza dell’accordo di ricerca e sviluppo, sarebbe in grado di, e verosimilmente incline a, svolgere in modo indipendente iniziative di ricerca e sviluppo che riguardano: a) la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi e/o di tecnologie nuove identici a quelli oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi; o b) poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall»accordo di ricerca e sviluppo.

(81)  Fatta salva l’analisi dei potenziali incrementi di efficienza, anche di quelli presenti regolarmente in progetti di ricerca e sviluppo cofinanziati da fondi pubblici.

(82)  Il regolamento (CEE) n. 2821/71 conferisce alla Commissione, conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, il potere di esentare per categoria mediante regolamento gli accordi aventi per oggetto la ricerca e lo sviluppo di prodotti, tecnologie o processi fino alla fase di applicazione industriale e di sfruttamento dei risultati, comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale.

(83)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(84)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 6, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(85)  Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, per «prodotto» s’intende qualsiasi bene o servizio, inclusi sia i beni o servizi intermedi che i beni o servizi finali (articolo 1, paragrafo 1, punto 4, di tale regolamento).

(86)  Ai fini del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo per «prodotti nuovi o tecnologie nuove» s’intendono prodotti, tecnologie o procedimenti che non esistono ancora al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettere a) o b) di tale regolamento, e che, se si affermano, creano un proprio nuovo mercato, non limitandosi a migliorare, sostituire o rimpiazzare prodotti, tecnologie o procedimenti esistenti (articolo 1, paragrafo 1, punto 7, di tale regolamento).

(87)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(88)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 12, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(89)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 13, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(90)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 9, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(91)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettere c) e d), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(92)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 12, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(93)  Articolo 1, paragrafo 1, punto 14, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(94)  Cfr. sezione 2.6 dedicata alle restrizioni fondamentali e l’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(95)  Articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(96)  Articolo 5, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(97)  Cfr. anche articolo 6, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(98)  Articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(99)  Articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(100)  Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 93 del 28.3.2014, pag. 17). Cfr. anche i punti 73 e 74 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3) («linee direttrici sul trasferimento di tecnologia»).

(101)  Cfr. linee direttrici sul trasferimento di tecnologia, punto 74.

(102)  Articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(103)  Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(104)  L’articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo fa riferimento unicamente alla possibilità di limitare l’accesso ai fini dello sfruttamento in determinate circostanze di cui all’articolo 3, paragrafi 3 e 4, del medesimo regolamento.

(105)  Si potrebbe trattare ad esempio di piccole e medie imprese.

(106)  Per la definizione di specializzazione relativa alle attività di sfruttamento cfr. articolo 1, paragrafo 1, punto 14, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e la sezione 2.4 delle presenti linee direttrici.

(107)  Cfr. l’articolo 4 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e la sezione 2.4.2 delle presenti linee direttrici.

(108)  Articolo 4, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(109)  Articolo 5, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(110)  Considerando 5 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(111)  Cfr. anche la sezione 2.3 del presente capitolo sulla valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

(112)  Qualsiasi effetto verticale potrebbe dover essere valutato in linea con gli orientamenti sulle restrizioni verticali.

(113)  Cfr. anche la sezione 1.2.1 delle presenti linee direttrici.

(114)  Cfr. sezione 2.5.4.1, lettera a).

(115)  In tale contesto possono rientrare anche le tecnologie sottostanti per la produzione dei prodotti nuovi.

(116)  Cfr. sezione 2.4.1 sulla distinzione tra attività di ricerca e sviluppo comuni e attività di ricerca e sviluppo a pagamento. Cfr. anche articolo 1, paragrafo 1, punto 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(117)  Articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(118)  Articolo 6, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Tali accordi di ricerca e sviluppo non devono rientrare nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(119)  Articolo 6, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(120)  Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettera a), ii) e dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettera b), ii) del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(121)  Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettere c) e d).

(122)  Come menzionato nella sezione 2.4.2 delle presenti linee direttrici, anche l’accordo concluso anteriormente per l’attività di ricerca e sviluppo comune o a pagamento deve soddisfare le condizioni per l’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(123)  Articolo 6, paragrafo 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(124)  Articolo 7, paragrafo 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(125)  L’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo prevede che se l’anno civile precedente non è rappresentativo della posizione delle parti sul mercato rilevante o sui mercati rilevanti, le quote di mercato debbano essere calcolate sulla base di una media dei dati delle quote di mercato detenute dalle parti relativi agli ultimi tre anni civili precedenti.

(126)  Cfr. anche le linee direttrici sul trasferimento di tecnologia per gli elementi pertinenti per il calcolo delle quote di mercato nei mercati delle tecnologie.

(127)  L’articolo 12 del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo prevede che per gli accordi di ricerca e sviluppo tra imprese concorrenti in termini di innovazione, l’articolo 1, paragrafo 1, punto 18, e l’articolo 6, paragrafo 3, di tale regolamento, si applichino soltanto agli accordi che entrano in vigore dopo il 31 dicembre 2022.

(128)  Articolo 6, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Se l’accordo di ricerca e sviluppo riguarda prodotti nuovi e tecnologie nuove, l’esenzione si applica se, al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo, vi sono tre o più iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti oltre a quelle delle parti di tale accordo a livello tecnologico e a livello di prodotto, comparabili a queste ultime iniziative.

(129)  Articolo 6, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(130)  Le condizioni di esenzione sono descritte nel titolo III del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e comprendono, tra l’altro, la soglia di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

(131)  Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettera a), ii) e dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettera b), ii) del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(132)  Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, lettere c) e d), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(133)  Come menzionato nella sezione 2.4.2 delle presenti linee direttrici, anche l’accordo concluso anteriormente per l’attività di ricerca e sviluppo comune o a pagamento deve soddisfare le condizioni per l’esenzione a norma del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(134)  Articolo 6, paragrafo 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(135)  Articolo 6, paragrafo 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(136)  Per «iniziativa di ricerca e sviluppo concorrente» si intende un’iniziativa di ricerca e sviluppo che un terzo svolge, da solo o in cooperazione con altri terzi, o è in grado di, ed è verosimilmente incline a, svolgere in modo indipendente, che riguarda: a) la ricerca e lo sviluppo di prodotti nuovi e/o di tecnologie nuove identici a quelli oggetto dell’accordo di ricerca e sviluppo o che potrebbero sostituirsi a questi ultimi; o b) poli di ricerca e sviluppo che perseguono sostanzialmente gli stessi scopi od obiettivi di quelli previsti dall’accordo di ricerca e sviluppo; questi terzi devono essere indipendenti dalle parti che concludono l’accordo di ricerca e sviluppo.

(137)  Articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Per i terzi in grado di, e verosimilmente inclini a, svolgere iniziative di ricerca e sviluppo concorrenti, ai fini della valutazione della comparabilità sarebbero pertinenti soltanto la seconda e la terza serie di elementi.

(138)  Articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(139)  Articolo 6, paragrafo 5, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(140)  Articolo 8, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(141)  Articolo 8, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(142)  Articolo 8, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Per la definizione di specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento cfr. l’articolo 1, paragrafo 1, punto 14, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo e la sezione 2.4.2 delle presenti linee direttrici.

(143)  Articolo 8, paragrafo 2, lettera d), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(144)  Come da definizione di specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento di cui all’articolo 1 paragrafo 1, punto 14, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(145)  Cfr. la definizione di specializzazione nel quadro delle attività di sfruttamento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 14, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(146)  Articolo 8, paragrafo 6, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(147)  Articolo 8, paragrafo 7, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(148)  Articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo.

(149)  Cfr. capitolo IV del regolamento (CE) n. 1/2003.

(150)  Il requisito a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l’onere della prova a carico dell’autorità garante della concorrenza competente si riferisce alla situazione in cui il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo non si applica e un’impresa invoca l’articolo 101, paragrafo 3, in un caso individuale. In tale situazione all’impresa incombe l’onere, a norma dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003, di provare che tutte e quattro le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, sono soddisfatte. A tal fine, deve corroborare le proprie affermazioni, cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.39226 - Lundbeck, confermata nella sentenza del Tribunale dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, T-472/13, ECLI:EU:T:2016:449 e nella sentenza della Corte del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C-591/16 P, ECLI:EU:C:2021:243.

(151)  La Commissione si è avvalsa del suo potere di revocare il beneficio di un regolamento di esenzione per categoria applicabile in precedenza con le decisioni del 25 marzo 1992 (misure cautelari) e del 23 dicembre 1992 relative a un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CEE nel caso IV/34.072 – Mars/Langnese e Schöller confermate dalla sentenza della Corte del 1o ottobre 1998, Langnese-Iglo/Commissione, C-279/95 P, ECLI:EU:C:1998:447, e con le decisioni del 4 dicembre 1991 (misure cautelari) e del 4 dicembre 1991 relative a un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CEE nel caso IV/33.157 – Eco System/Peugeot.

(152)  Cfr. anche la sezione 2.3 delle presenti linee direttrici.

(153)  Cfr. anche la sezione 2.6 delle presenti linee direttrici, dedicata alle restrizioni fondamentali.

(154)  Gli accordi di subfornitura verticali non sono oggetto delle presenti linee direttrici. Gli accordi di subfornitura verticali sono conclusi tra imprese che operano a livelli diversi del mercato. Tali accordi rientrano nel campo di applicazione degli orientamenti sulle restrizioni verticali e, a determinate condizioni, possono beneficiare dell’applicazione del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali. Possono essere inoltre disciplinati dalla comunicazione della Commissione, del 18 dicembre 1978, relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell’articolo 85, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (GU C 1 del 3.1.1979, pag. 2) («comunicazione sulla subfornitura»).

(155)  Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU C 372 del 9.12.1997, pag. 5).

(156)  Articolo 2, paragrafo 5, primo comma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1).

(157)  Cfr. il punto 51 («imprese comuni a pieno titolo») e il punto 13 («responsabilità per una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1») delle presenti linee direttrici.

(158)  Ai fini del presente capitolo, il termine «nuovo mercato» dovrebbe essere inteso in un senso più ampio rispetto al contesto degli accordi di ricerca e sviluppo contemplati dal capitolo 2 (cfr. ad esempio il punto 60).

(159)  Articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione.

(160)  Sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard/Commissione, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 89; sentenza della Corte dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, causa 42/84, ECLI:EU:C:1985:327, punti 19 e 20; sentenza della Corte del 28 gennaio 1986, Pronuptia, causa 161/84, ECLI:EU:C:1986:41, punti da 15 a 17; sentenza della Corte del 15 dicembre 1994, DLG, C-250/92, ECLI:EU:C:1994:413, punto 35 e sentenza della Corte del 12 dicembre 1995, Oude Luttikhuis e a., C-399/93, ECLI:EU:C:1995:434, punti da 12 a 15.

(161)  Articolo 2, paragrafo 4, lettera b), e articolo 1, paragrafo 1, lettera l), del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione.

(162)  Sezione 2.3 delle presenti linee direttrici.

(163)  Occorre osservare che il termine «infrastruttura mobile» nella presente sezione riguarda l’uso delle infrastrutture non soltanto per servizi mobili, quali la banda larga mobile, ma anche per la fornitura di accesso wireless a un luogo fisso, come l’accesso fisso senza cavo («FWA», Fixed Wireless Access) utilizzato come alternativa alle connessioni cablate.

(164)  Il quadro normativo nel contesto delle comunicazioni elettroniche stabilisce le possibilità di condivisione di infrastrutture mobili in determinate circostanze molto specifiche. Ciò può verificarsi ad esempio per le zone meno densamente popolate nelle quali la replica è impraticabile e gli utenti finali rischiano di essere privati della connettività digitale. Cfr. anche le condizioni di cui all’articolo 61, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/1972, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36), in base alle quali gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti abbiano il potere di imporre alle imprese obblighi in relazione alla condivisione di infrastrutture passive od obblighi di concludere accordi di accesso al roaming localizzato nonché, in via eccezionale, la condivisione attiva. Cfr. anche la raccomandazione (UE) 2020/1307 della Commissione relativa a un pacchetto di strumenti comuni dell’Unione per ridurre i costi di installazione di reti ad altissima capacità e garantire un accesso allo spettro radio 5G tempestivo e favorevole agli investimenti al fine di promuovere la connettività a sostegno della ripresa economica dalla crisi di COVID-19 nell’Unione (GU L 305 del 21.9.2020, pag. 33).

(165)  Infine, oltre a condividere la parte RAN della loro rete, gli operatori di reti mobili possono altresì condividere alcuni nodi delle rispettive reti principali quali i centri di commutazione mobili e i nodi MME (mobile management entity).

(166)  La condivisione di infrastrutture mobili può ad esempio consentire la concorrenza a livello di vendita al dettaglio che non esisterebbe in assenza dell’accordo. Cfr. per analogia la sentenza del Tribunale del 2 maggio 2006, O2 (Germany)/Commissione, T-328/03, ECLI:EU:T:2006:116, punti da 77 a 79. Tale sentenza riguarda gli accordi nazionali di roaming, tuttavia i principi possono essere applicati mutatis mutandis agli accordi di condivisione di infrastrutture mobili.

(167)  Dovrebbero essere presi in considerazione gli effetti dell’accordo e affinché siano soggetti a divieto è necessario constatare che siano presenti quei fattori che dimostrano che la concorrenza è stata in effetti evitata o limitata o distorta in misura apprezzabile. La concorrenza in questione deve essere intesa nel contesto effettivo nel quale si verificherebbe in assenza dell’accordo oggetto di controversia. L’interferenza con la concorrenza, in particolare, può essere messa in dubbio se l’accordo sembra effettivamente necessario per la penetrazione di una nuova zona da parte di un’impresa. Cfr. sentenza del Tribunale del 2 maggio 2006, O2 (Germany)/Commissione, T-328/03, ECLI:EU:T:2006:116, punto 68.

(168)  Gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili potrebbero portare a situazioni nelle quali una parte rallenta l’altra parte, ad esempio quando una parte non è in grado di utilizzare determinate tecnologie in una zona servita dall’altra parte.

(169)  Ad esempio, in caso di ripartizione geografica, quando gli aggiornamenti della rete sono addebitati da una parte all’altra ad un prezzo superiore ai costi incrementali sottostanti.

(170)  Sentenza del Tribunale del 2 maggio 2006, O2 (Germany)/Commissione, T-328/03, ECLI:EU:T:2006:116, punti da 65 a 71.

(171)  Occorre osservare che il termine «condivisione dello spettro» in questa sezione riguarda soltanto il tipo di accordo di condivisione di infrastrutture nel contesto del quale due o più operatori di reti mobili utilizzano come risorsa condivisa («ossia messa in comune») le loro rispettive partecipazioni nello spettro in una o più bande di spettro. Tuttavia le considerazioni relative alla condivisione dello spettro non pregiudicano gli altri tipi di condivisione dello spettro ad esempio tra soggetti non concorrenti (anche tra gli operatori di reti mobili e gli operatori di reti non mobili) che utilizzano le stesse bande di spettro in modo dinamico favorendo così l’uso efficiente di una risorsa scarsa e nuove opportunità per la diffusione del 5G. Inoltre il termine «condivisione dello spettro» nella presente sezione non deve essere confuso con la cosiddetta «condivisione dinamica dello spettro» (Dynamic Spectrum Sharing), che è una tecnologia che consente l’assegnazione dinamica delle risorse di capacità di un operatore mobile in una banda di spettro specifica al fine di abilitare il funzionamento simultaneo di più di una generazione di tecnologie mobili, quali 3G, 4G e 5G, su tale banda di spettro.

(172)  Cfr. disposizioni di cui all’articolo 47, paragrafo 2, del codice europeo delle comunicazioni elettroniche, ai sensi delle quali le autorità competenti degli Stati membri non devono impedire la condivisione dello spettro radio nelle condizioni associate ai diritti d’uso dello spettro radio. Inoltre, le autorità competenti, quando associano condizioni ai diritti d’uso individuali dello spettro radio, possono prevedere le seguenti possibilità: a) la condivisione delle infrastrutture passive o attive; b) accordi commerciali di accesso in roaming; c) il dispiegamento congiunto di infrastrutture per la fornitura di reti o servizi che si basano sull’uso dello spettro radio.

(173)  Ad esempio un accordo di condivisione di infrastrutture mobili tra due operatori di telefonia mobile che detengono quote di mercato congiunte stabili del 90 % e concernente l’intero territorio di uno Stato membro, tutte le tecnologie (2G-5G) e la condivisione dello spettro richiederà un’indagine approfondita con una probabilità presumibilmente elevata di individuare effetti restrittivi sul mercato a danno dei consumatori. Tuttavia, in determinate circostanze (ad esempio se l’accordo è limitato soltanto alle zone scarsamente popolate), tali accordi possono non presentare detti effetti restrittivi.

(174)  Decisione della Commissione del 16 luglio 2003, nel caso T-Mobile Deutschland/O2 Germany: accordo quadro per la condivisione delle infrastrutture di rete - Rahmenvertrag COMP/38.369, considerando 12; decisione della Commissione, del 30 aprile 2003, nel caso O2 UK Limited/T-Mobile UK Limited («accordo di condivisione delle reti nel Regno Unito») (COMP/38.370), considerando 11.

(175)  Cfr. la posizione comune dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) sulla condivisione delle infrastrutture mobili del 13 giugno 2019, sezione 4.2. Condivisione attiva. Cfr. ad esempio anche la decisione della Commissione del 6 marzo 2020, Vodafone Italia/TIM/INWIT JV (M.9674) e il relativo comunicato stampa: concentrazioni: la Commissione autorizza, a determinate condizioni, l’acquisizione del controllo congiunto di INWIT da parte di Telecom Italia e Vodafone (europa.eu).

(176)  Cfr. Colen, L., Bouamra-Mechemache. Z., Daskalova, V., Nes, K., Retail alliances in the agricultural and food supply chain, EUR 30206 EN, Commissione europea, 2020, ISBN 978-92-76-18585-7, doi:10.2760/33720, JRC120271.

(177)  Sentenza della Corte del 7 novembre 2019, Campine, T-240/17, ECLI:EU:C:2019:778, punto 297.

(178)  Cfr. sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 37; sentenza della Tribunale del 13 dicembre 2006, French Beef, cause riunite T-217/03 e T-245/03, ECLI:EU:T:2006:391, punti 83 e seguenti.

(179)  Cfr. capitolo 6 sullo scambio di informazioni e, in particolare, la sezione 6.2.6, che si applica anche agli scambi tra acquirenti di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale.

(180)  Tuttavia la segretezza non è un requisito per la constatazione dell’esistenza di un cartello fra acquirenti. La Commissione ha sanzionato cartelli fra acquirenti che non operavano interamente in modo segreto, ma erano quanto meno iniziati in modo relativamente trasparente. Cfr. decisione n. 2003/600/CE della Commissione, del 2 aprile 2003, Carni bovine francesi (GU L 209 del 19.8.2003, pag. 12).

(181)  Sentenza della Corte del 13 dicembre 2012, Expedia, C-226/11, ECLI:EU:C:2012:795, punto 37.

(182)  Cfr. sentenza della Corte del 15 dicembre 1994, Gøttrup-Klim, C-250/92, ECLI:EU:C:1994:413, punto 34.

(183)  Cfr. sezione 1.2.4 delle presenti linee direttrici.

(184)  Le interruzioni temporanee effettuate dai venditori al dettaglio in relazione agli ordini per determinati prodotti presso i fornitori dovrebbero essere distinte dalla cosiddetta «cancellazione dall’elenco», ossia una misura in base alla quale un venditore al dettaglio elimina definitivamente determinati prodotti di un fornitore dal proprio assortimento e cede lo spazio associato sui suoi scaffali.

(185)  Ad esempio sebbene uno sconto possa assumere la forma contrattuale di un pagamento forfettario, detto sconto può essere effettivamente subordinato al conseguimento di determinati obiettivi di vendita previsti al momento della rinegoziazione del contratto l’anno successivo.

(186)  Articolo […] del regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali.

(187)  Articolo 152, paragrafo 1 bis, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671), modificato dal regolamento (UE) 2021/2117 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021 (GU L 435 del 6.12.2021, pag. 262).

(188)  Articolo 209 del medesimo regolamento.

(189)  Articolo 149 del medesimo regolamento.

(190)  La cooperazione nelle gare d’appalto può essere realizzata mediante subappalto, qualora l’offerente ufficiale accetti, in caso di aggiudicazione, di subappaltare parte dell’attività a una o più altre parti, oppure tramite un consorzio, nel contesto del quale tutti i partner del consorzio partecipano congiuntamente alla procedura di gara, di norma tramite un soggetto giuridico specifico costituito ai fini della procedura di gara. Dal punto di vista degli appalti pubblici, la differenza tra subappalto e consorzio consiste nel fatto che, nel primo caso, il contraente principale non è tenuto a comunicare immediatamente i nomi dei suoi subappaltatori, mentre in un consorzio i nomi dei membri del consorzio sono immediatamente dichiarati all’amministrazione aggiudicatrice. Dal punto di vista del diritto in materia di concorrenza, il subappalto e i consorzi costituiscono entrambi forme di offerta congiunta. Nella presente sezione si utilizzerà il termine consorzio offerente per ragioni di semplicità.

(191)  Comunicazione sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione (GU C 91 del 18.3.2021, pag. 1).

(192)  Sentenza della Corte del 14 gennaio 2021, Kilpailu- ja kuluttajavirasto, C-450/19, ECLI:EU:C:2021:10, punto 35.

(193)  Comunicazione sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione (GU C 91 del 18.3.2021, pag. 1), sezione 5.6.

(194)  Nella misura in cui le informazioni scambiate sono costituite interamente o in parte da dati personali, le presenti linee direttrici non pregiudicano il diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati, in particolare il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). Nessuna disposizione delle presenti linee direttrici dovrebbe essere applicata o interpretata in modo tale da ridurre o limitare il diritto alla protezione dei dati personali.

(195)  Il termine «condivisione dei dati» è utilizzato per descrivere tutte le forme e i modelli possibili su cui si basano l’accesso ai dati e il loro trasferimento tra imprese. Comprende i pool di dati nel contesto dei quali i titolari dei dati si riuniscono per condividere le risorse di dati.

(196)  Articolo 4, paragrafo 1, e articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 139/2004. Cfr. inoltre sentenza del Tribunale del 22 settembre 2021, Altice Europe/Commissione, T-425/18, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2021:607, punto 239.

(197)  La teoria economica dell’asimmetria delle informazioni verte sullo studio delle decisioni nelle transazioni in cui una parte dispone di maggiori informazioni dell’altra.

(198)  La condivisione dei dati è incoraggiata anche nella strategia europea per i dati.

(199)  Cfr. sentenza della Corte del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punti 39 e 40; sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 126.

(200)  Sentenza della Corte del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C-609/13 P, ECLI:EU:C:2017:46, punto 135.

(201)  Sentenza del Tribunale del 10 novembre 2017, ICAP e a./Commissione, T-180/15, ECLI:EU:T:2017:795, punto 57; sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 51 e sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 127.

(202)  Sentenza della Corte del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punto 27 e sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punti 32 e 33.

(203)  Utilizzando l’espressione «principali riserve sotto il profilo della concorrenza» si intende che la descrizione delle riserve non è né unica né esaustiva.

(204)  Sentenza della Corte del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C-609/13 P, ECLI:EU:C:2017:46, punto 134; sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, ECLI:EU:C:2004:6, punto 281.

(205)  Cfr. ad esempio sentenza del Tribunale del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione, T-240/17, ECLI:EU:T:2019:778, punto 305.

(206)  Occorre operare una distinzione tra la collusione algoritmica e la cosiddetta «collusione mediante codice» che fa riferimento all’applicazione deliberata da parte di concorrenti di algoritmi comuni di coordinamento comportamentale. La collusione mediante codice è tipicamente un cartello e costituisce pertanto una restrizione della concorrenza per oggetto, indipendentemente dalle condizioni di mercato e dalle informazioni scambiate.

(207)  Per quanto riguarda il rischio che gli accordi verticali possano dar luogo a casi di preclusione anticoncorrenziale, cfr. punti […] degli orientamenti sulle restrizioni verticali.

(208)  La sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punti 57 e 58 evidenzia l’importanza di analizzare la struttura del mercato sottostante al fine di stabilire se è probabile il rischio di preclusione.

(209)  Sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commission, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 123 e sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 36.

(210)  Sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2016, Philips e Philips France /Commissione, T-762/14, ECLI:EU:T:2016:738, punto 91.

(211)  Cfr. ad esempio sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punto 96; sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2016, Philips e Philips France/Commissione, T-762/14, ECLI:EU:T:2016:738, punti da 134 a 136. Non è necessario che le informazioni si riferiscano direttamente ai prezzi. Anche gli scambi riguardanti informazioni che costituiscono un elemento decisivo del prezzo che il consumatore finale deve pagare possono costituire una restrizione per oggetto. Cfr. sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 37.

(212)  Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punti 85 e 96; sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2016, Philips e Philips France/Commissione, T-762/14, ECLI:EU:T:2016:738, punto 104.

(213)  Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punto 98.

(214)  Sentenza del Tribunale del 9 settembre 2015, Samsung SDI e a./Commissione, T-84/13, ECLI:EU:T:2015:611, punto 51.

(215)  Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punto 96.

(216)  Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punto 70.

(217)  Decisione della Commissione dell’8 luglio 2021 nel caso AT.40178 Emissioni delle autovetture, considerando 84, 107 e da 124 a 126.

(218)  Decisione della Commissione del 20 maggio 2021 nel caso AT.40324 – European Government Bonds, considerando 94.

(219)  Ciò non impedisce che una banca dati non possa essere offerta ad un prezzo ridotto ai clienti che hanno contribuito ad alimentarla, in quanto tale attività avrà verosimilmente generato dei costi.

(220)  Sentenza del Tribunale del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, cause riunite T-191/98, da T-212/98 a T-214/98, ECLI:EU:T:2003:245, punto 1154. Va notato che questo può non avvenire se lo scambio sostiene un cartello.

(221)  Per determinare se gli operatori estranei al sistema di scambio di informazioni sarebbero in grado di compromettere l’esito previsto del coordinamento potrebbe essere opportuno valutare le barriere all’ingresso e il rispettivo potere contrattuale. Tuttavia, l’aumento della trasparenza per i consumatori può determinare l’aumento o la diminuzione della portata dell’esito collusivo, in quanto in virtù di tale aumento, essendo maggiore l’elasticità della domanda rispetto ai prezzi, i vantaggi delle deviazioni sono più consistenti ma le misure di ritorsione più aspre.

(222)  Inoltre, il fatto che i partecipanti allo scambio abbiano precedentemente comunicato i dati al pubblico (per esempio tramite un quotidiano o il proprio sito web) non implica che un successivo scambio non pubblico non violi l’articolo 101, paragrafo 1.

(223)  Cfr. sentenza del Tribunale del 12 luglio 2001, Tate & Lyle e a./Commissione, cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98, ECLI:EU:T:2001:185, punto 60.

(224)  Cfr. ad esempio sentenza del Tribunale del 14 marzo 2013, Dole Food Company e Dole Germany/Commissione, T-588/08, ECLI:EU:T:2013:130, punti da 291 a 295.

(225)  La raccolta di dati storici può essere utilizzata anche per trasmettere il contributo di un’associazione di settore ad un riesame di una politica pubblica o all’analisi di tale riesame.

(226)  Ad esempio, in casi esaminati in passato la Commissione ha considerato lo scambio di dati individuali avvenuto più di un anno prima come storico e privo di effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, mentre le informazioni risalenti a meno di un anno prima sono state considerate recenti; decisione della Commissione nel caso IV/31.370, UK Agricultural Tractor Registration Exchange (GU L 68 del 13.3.1992, pag. 19), considerando 50; decisione della Commissione nel caso IV/36.069, Wirtschaftsvereinigung Stahl (GU L 1 del 3.1.1998, pag. 10), considerando 17.

(227)  Nella sua sentenza del Tribunale del 12 luglio 2019, Sony e Sony Electronics/Commissione, T-762/15, ECLI:EU:T:2019:515, punto 127, il Tribunale ha ritenuto che nelle circostanze del caso, la conoscenza dei risultati di aste passate costituisse informazioni altamente pertinenti per i concorrenti, sia per fini di monitoraggio che in vista di contratti futuri.

(228)  Cfr. sentenza del Tribunale del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR/Commissione, cause riunite T-25/95 e altre, ECLI:EU:T:2000:77, punto 1849.

(229)  Cfr. conclusioni dell’avvocato generale Kokott del 19 febbraio 2009 nella causa T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:110, punto 54.

(230)  Cfr. sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 59.

(231)  Cfr. sentenza del Tribunale del 12 luglio 2001, Tate & Lyle e a./Commissione, cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98, ECLI:EU:T:2001:185, punto 54.

(232)  Sentenza della Corte del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punti 39 e 40.

(233)  Nella sentenza della Corte del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punto 41, la Corte ha citato esempi di modalità di confutazione di tale presunzione: si può dimostrare di non aver ricevuto il messaggio in questione o di non aver consultato la rubrica in questione oppure di averla consultata solo dopo che era trascorso un certo lasso di tempo dalla data di invio.

(234)  Cfr. sentenza della Corte del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punto 48; sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C-199/92 P, ECLI:EU:C:1999:358, punto 162; sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C-49/92 P, ECLI:EU:C:1999:356, punto 121.

(235)  Cfr. sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2020, Casino, Guichard-Perrachon e AMC/Commissione, T-249/17, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:458, punti da 263 a 267.

(236)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione del 7 luglio 2016 nel caso AT.39850 Container Shipping, considerando da 40 a 43.

(237)  Sebbene siano disponibili nel regolamento di esenzione per categoria sulle restrizioni verticali e negli orientamenti sulle restrizioni verticali degli orientamenti concernenti la valutazione degli accordi di distribuzione verticale, in determinate circostanze gli accordi di distribuzione verticale possono essere utilizzati per attuare pratiche collusive orizzontali.

(238)  Sentenza del Tribunale del 10 novembre 2017, ICAP e a./Commissione, T-180/15, ECLI:EU:T:2017:795, punto 103; sentenza della Corte del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C-194/14 P, ECLI:EU:C:2015:717, punti 27, 34 e 35.

(239)  Sentenza della Corte del 21 luglio 2016, VM Remonts e a., C-542/14, ECLI:EU:C:2016:578, punto 30; sentenza della Corte del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C-194/14 P, ECLI:EU:C:2015:717, punto 30.

(240)  Sentenza del Tribunale del 10 novembre 2017, ICAP e a./Commissione, T-180/15, ECLI:EU:T:2017:795, punto 100.

(241)  Ad esempio contratti poco frequenti potrebbero ridurre la possibilità di ritorsioni.

(242)  A seconda della struttura del mercato e del contesto generale dello scambio, non è possibile escludere che uno scambio una tantum possa costituire una base sufficiente perché le imprese interessate concordino i rispettivi comportamenti sul mercato; cfr. sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 59.

(243)  Tali obblighi possono già derivare dal regolamento generale sulla protezione dei dati (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1), nel caso in cui nello scambio siano inclusi dati personali.

(244)  Sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 60.

(245)  Quando le imprese sono omogenee in termini di costi, domanda, quote di mercato, gamma dei prodotti, capacità ecc., è più probabile che raggiungano un’intesa sulle condizioni del coordinamento, in quanto i rispettivi incentivi sono maggiormente allineati.

(246)  Va notato che quanto esposto non costituisce un elenco esaustivo delle caratteristiche del mercato rilevante. Vi possono essere altre caratteristiche del mercato importanti per la realizzazione di determinati scambi di informazioni.

(247)  Sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 58 e giurisprudenza ivi citata.

(248)  Cfr. altresì punto 452.

(249)  Cfr. sentenza del Tribunale del 27 ottobre 1994, Deere/Commissione, T-35/92, ECLI:EU:T:1994:259, punto 78.

(250)  Cfr. la decisione della Commissione nei casi IV/31.370 e 31.446, UK Agricultural Tractor Registration Exchange, considerando 51, e sentenza del Tribunale del 27 ottobre 1994, Deere/Commissione, T-35/92, ECLI:EU:T:1994:259, punto 78.

(251)  Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T-758/14 RENV, non ancora pubblicata, ECLI:EU:T:2020:307, punto 100. Cfr. anche: sentenza della Corte del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C-286/13 P, ECLI:EU:C:2015:184, punto 122; e sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C-8/08, ECLI:EU:C:2009:343, punto 41.

(252)  Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline, cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C-519/06 P, ECLI:EU:C:2009:610, punti 58; sentenza della Corte del 20 novembre 2008, BIDS, C-209/07, ECLI:EU:C:2008:643, punto 15 e ulteriori.

(253)  Sentenza della Corte del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C-98/17 P, ECLI:EU:C:2018:774, punto 35.

(254)  Sentenza della Corte del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione, T-240/17, ECLI:EU:T:2019:778, punto 308.

(255)  Sentenza della Corte del 28 maggio 1998, John Deere, C-7/95 P, ECLI:EU:C:1998:256, punto 76.

(256)  Sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 54.

(257)  Gli scambi di informazioni nel contesto di un accordo di ricerca e sviluppo, se non superano il livello necessario all’applicazione dell’accordo, possono beneficiare della zona di sicurezza del 25 % prevista dal regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo. Per il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, la zona di sicurezza è del 20 %.

(258)  Cfr. sezione 1.2.8.

(259)  La discussione dei potenziali incrementi di efficienza resi possibili dagli scambi di informazioni non è né unica né esaustiva.

(260)  La normazione può concretizzarsi in modi diversi che vanno dall’adozione, da parte di organismi di standardizzazione internazionali, europei o nazionali riconosciuti, di norme basate su un consenso che si fonda su specifiche tecniche sviluppate da consorzi e altri organismi, fino agli accordi stipulati tra imprese indipendenti.

(261)  Cfr. sentenza della Corte del 26 marzo 2009, Selex Sistemi Integrati/Commissione, C-113/07 P, ECLI:EU:C:2009:191, punto 92.

(262)  Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).

(263)  Cfr. sentenza del Tribunale del 12 maggio 2010, EMC Development/Commissione, T-432/05, ECLI:EU:T:2010:189.

(264)  Cfr. il capitolo 2 sugli accordi di ricerca e sviluppo e le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3), punti da 20 a 26 («linee direttrici sul trasferimento di tecnologia»), che trattano aspetti della definizione del mercato che rivestono particolare importanza nel settore della concessione in licenza di diritti relativi a tecnologie. Per un esempio di definizione del mercato in conformità a tali linee direttrici, cfr. decisione della Commissione nel caso AT.39985, Motorola - Esecuzione di brevetti essenziali per lo standard GPRS, considerando da 184 a 220.

(265)  Cfr. anche il punto 501.

(266)  A seconda dei partecipanti al processo di definizione delle norme, le restrizioni possono verificarsi a livello del fornitore o a livello dell’acquirente sul mercato del prodotto standardizzato.

(267)  In questo capitolo, i diritti di proprietà intellettuale si riferiscono in particolare ai brevetti (escluse le richieste di brevetti non pubblicate). Gli stessi principi devono tuttavia essere applicati nel caso in cui qualsiasi altro tipo di diritti di proprietà intellettuale conferisca, di fatto, al titolare il controllo dell’uso della norma.

(268)  Se accompagnato anche da un impegno FRAND. Cfr. punti da 482 a 484.

(269)  Cfr. le linee direttrici sul trasferimento di tecnologia, punto 7.

(270)  Royalties elevate possono essere definite eccessive solo se sussistono le condizioni di sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 del trattato e della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Cfr. ad esempio la sentenza della Corte del 14 febbraio 1978, United Brands, causa 27/76, ECLI:EU:C:1978:22.

(271)  Cfr. decisione della Commissione nel caso AT.39985 - Motorola - Esecuzione di brevetti essenziali per lo standard GPRS, considerando da 221 a 270.

(272)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso n. IV/35.691: intesa tubi preisolati (GU L 24 del 30.1.1999, pag. 1), considerando 147, secondo la quale una parte della violazione dell’articolo 101 consisteva nell’«utilizzare norme e livelli tecnici e di qualità per ostacolare o ritardare l’introduzione di tecnologie nuove che avrebbero fatto diminuire i prezzi».

(273)  Tale punto non deve impedire la divulgazione ex ante delle condizioni più restrittive per il rilascio di licenze per brevetti essenziali da parte di singoli titolari di diritti di proprietà intellettuale o delle royalties massime cumulate da parte di tutti i titolari di diritti di proprietà intellettuale, come descritto al punto 500, né impedisce la costituzione di pool di brevetti secondo i principi contenuti nella sezione IV.4 delle linee direttrici sul trasferimento di tecnologia o la decisione di concedere sotto licenza in esenzione dalle royalties diritti di proprietà intellettuale essenziali per una norma come indicato al presente capitolo.

(274)  Cfr. anche il capitolo 1 Introduzione. Per quanto riguarda le quote di mercato, cfr. anche il punto 498.

(275)  Cfr. al riguardo anche il punto 490.

(276)  Ad esempio, dovrebbe essere concesso un accesso effettivo alla specifica della norma.

(277)  Come specificato ai punti 482 e 483. Cfr. anche la comunicazione della Commissione europea COM(2017) 712 «Definire l’approccio dell’UE ai brevetti essenziali».

(278)  Cfr. sentenza della Corte del 16 luglio 2015, Huawei Technologies Co. Ltd/ZTE Corp. e ZTE Deutschland GmbH, C-170/13, ECLI:EU:C:2015:477, punto 53: Ciò posto, e dato che un impegno a rilasciare licenze a condizioni FRAND crea nei terzi legittime aspettative a che il titolare del BEN conceda loro in concreto licenze a tali condizioni, un rifiuto del titolare del BEN di concedere una licenza a questo tipo di condizioni può costituire, in via di principio, un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Cfr. anche la decisione della Commissione nel caso AT.39985 - Motorola - Esecuzione di brevetti essenziali per lo standard GPRS, considerando 417: in considerazione del processo di normazione che ha portato all’adozione della norma GPRS e dell’impegno volontario di Motorola a concedere in licenza il brevetto SEP Cudak a condizioni FRAND, coloro che attuano lo standard GPRS si basano sul legittimo affidamento secondo il quale Motorola concederà loro una licenza rispetto a tale SEP, a condizione che essi siano disposti a sottoscrivere una licenza a condizioni FRAND.

(279)  Al contrario, una «patent ambush» (imboscata brevettuale) si verifica quando un’impresa che partecipa al processo di definizione di norme nasconde intenzionalmente il fatto di detenere brevetti essenziali concernenti la norma in corso di definizione e inizia a far valere tali brevetti soltanto dopo che la norma è stata concordata e altre imprese sono quindi vincolate a utilizzarla. Quando si verifica un’imboscata brevettuale durante il processo di definizione di norme, ciò mina la fiducia in tale processo, dato che un processo efficace di definizione delle norme costituisce una condizione preliminare per lo sviluppo tecnico e del mercato in generale a vantaggio dei consumatori. Cfr. ad esempio decisione della Commissione, del 9 dicembre 2009, nel caso COMP/38.636 – RAMBUS (GU C 30 del 6.2.2010, pag. 17).

(280)  Per ottenere il risultato auspicato, la divulgazione in buona fede non deve necessariamente imporre ai partecipanti di confrontare i propri diritti di proprietà intellettuale con la norma potenziale e di rilasciare una dichiarazione da cui risulti che non detengono diritti interessati dalla norma potenziale.

(281)  I partecipanti sono invitati a completare le informazioni da loro divulgate nel momento in cui il numero del brevetto e/o il numero della domanda di brevetto sono resi pubblici.

(282)  Cfr. anche sentenza della Corte del 16 luglio 2015, Huawei Technologies Co. Ltd/ZTE Corp. e ZTE Deutschland GmbH, C-170/13, ECLI:EU:C:2015:477, punto 71, secondo il quale un’azione per contraffazione può costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 se viene promossa nei confronti di un potenziale licenziatario senza rispettare gli atti procedurali stabiliti dalla Corte nella sua sentenza.

(283)  Le organizzazioni di normazione non partecipano alle negoziazioni per la concessione di licenze o agli accordi che ne derivano.

(284)  Cfr. sentenza della Corte del 14 febbraio 1978, United Brands, causa 27/76, ECLI:EU:C:1978:22, punto 250; cfr. anche sentenza della Corte del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C-385/07 P, ECLI:EU:C:2009:456, punto 142.

(285)  Comunicazione della Commissione europea COM(2017) 712 «Definire l’approccio dell’UE ai brevetti essenziali» pag. 9.

(286)  In linea di massima, i metodi basati sul costo possono non essere adeguati nella migliore misura possibile dato che impongono la difficoltà di valutare i costi attribuibili allo sviluppo di un particolare brevetto o gruppi di brevetti e possono creare distorsioni in relazione agli incentivi a innovare.

(287)  I metodi descritti in questa sede non sono esclusivi e, al fine di determinare le percentuali FRAND, si possono utilizzare anche altri metodi che rispecchiano il medesimo spirito dei metodi qui descritti. Cfr. anche Chryssoula Pentheroudakis, Justus A. Baron (2017), Licensing Terms of Standard Essential Patents. A Comprehensive Analysis of Cases. relazione del JRC Scienza al servizio della politica. EUR 28302 EN; doi:10.2791/193948.

(288)  Cfr. sentenza della Corte del 13 luglio 1989, Tournier, C-395/87, ECLI:EU:C:1989:319, punto 38; sentenza della Corte del 13 luglio 1989, Lucazeau e a./SACEM e a., cause riunite 110/88, 241/88 e 242/88, ECLI:EU:C:1989:326, punto 33.

(289)  Se entrambe le parti concordano, le controversie in merito a ciò che costituisce condizioni FRAND per i brevetti essenziali possono essere decise anche da un terzo indipendente, ossia da un arbitro. Cfr. ad esempio sentenza della Corte del 16 luglio 2015, Huawei Technologies Co. Ltd/ZTE Corp. e ZTE Deutschland GmbH, C-170/13, ECLI:EU:C:2015:477, punto 68 e la decisione della Commissione del 29 aprile 2014 nel caso AT. 39939, Samsung - Esecuzione di brevetti essenziali per lo standard UMTS (GU C 350 del 4.10.2014, pag. 8), considerando 78.

(290)  Cfr. la decisione della Commissione nel caso IV/29/151, Philips/VCR, considerando 23: «[t]rattandosi di norme per la fabbricazione di apparecchi e di cassette con il sistema VCR, ne consegue l’obbligo per le imprese partecipanti di fabbricare e commercializzare soltanto cassette e apparecchi secondo questo sistema concesso in licenza dalla Philips. Tali imprese non potevano perciò […] passare alla fabbricazione o alla commercializzazione di altri sistemi di video-cassette […] Ciò costituiva una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, lettera b)».

(291)  Cfr. la decisione della Commissione nel caso IV/29/151, Philips/VCR, considerando 23.

(292)  Nella decisione nel caso IV/31.458, X/Open Group (GU L 35 del 6.2.1987, pag. 36), la Commissione ha ritenuto che, anche se le norme adottate erano state messe a disposizione del pubblico, la politica restrittiva adottata in materia di ammissione abbia impedito ai non membri di influire sui risultati dei lavori del gruppo e di ottenere il know-how e la comprensione tecnica relativi a questi risultati che i membri possono acquisire. Inoltre, contrariamente ai membri, i non membri non hanno potuto applicare la norma prima che fosse adottata (cfr. punto 32). Si è pertanto ritenuto che l’accordo costituisse una restrizione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1.

(293)  Tale limitazione può concretizzarsi mediante l’esclusione delle parti interessate dall’accordo di normazione o attraverso uno status di partecipante più limitato.

(294)  Oppure, se l’adozione della norma è stata fortemente ritardata da un processo inefficiente, qualsiasi restrizione iniziale potrebbe essere compensata da incrementi di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.

(295)  Cfr. la decisione della Commissione del 14 ottobre 2009 nel caso 39.416, Classificazione delle navi.

(296)  Cfr. il punto 464.

(297)  Al fine di aumentare la trasparenza dei costi potenziali per l’attuazione di una norma, le organizzazioni di normazione potrebbero svolgere un ruolo attivo nel comunicare l’accumulo massimo totale delle royalties per la norma. Analogamente al concetto di pool di brevetti, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono condividere l’accumulo totale delle royalties.

(298)  Le divulgazioni unilaterali o congiunte ex ante delle condizioni più restrittive per il rilascio di licenze non devono mascherare la fissazione dei prezzi di prodotti a valle o di diritti di proprietà intellettuale/tecnologie sostitutivi, cosa che costituirebbe una restrizione della concorrenza per oggetto.

(299)  Cfr. la decisione della Commissione del 15 dicembre 1986 nel caso IV/31.458, X/Open Group, considerando 42: «[l]a Commissione considera che la volontà del gruppo di rendere disponibili detti risultati il più rapidamente possibile è un elemento essenziale della sua decisione di concedere un’esenzione».

(300)  Nella decisione della Commissione nel caso IV/29/151, Philips/VCR, il rispetto delle norme VCR ha provocato l’esclusione di altri sistemi eventualmente migliori. L’esclusione è risultata particolarmente grave in considerazione della posizione di mercato preminente di Philips «[…] [a]lle imprese partecipanti venivano nello stesso tempo imposte delle restrizioni che non erano indispensabili per raggiungere i summenzionati miglioramenti. La possibilità di impiegare le video-cassette del sistema VCR negli apparecchi provenienti da altri fabbricanti sarebbe stata garantita anche se questi ultimi si fossero dovuti impegnare semplicemente a rispettare le norme VCR nella fabbricazione secondo il sistema VCR» (considerando 31).

(301)  Cfr. la decisione della Commissione del 15 dicembre 1986 nel caso IV/31.458, X/Open Group, considerando 45: «[l]a finalità del gruppo non potrebbe essere realizzata se qualsiasi impresa disposta ad impegnarsi sugli obiettivi del gruppo avesse il diritto di divenirne membro. Ciò sarebbe fonte di difficoltà pratiche e logistiche nella gestione del lavoro con il rischio anche di ostacolare l’adozione di proposte appropriate». Cfr. anche la decisione della Commissione nel caso 39.416, Classificazione delle navi, considerando 36: «gli impegni offrono un adeguato equilibrio tra il mantenimento di criteri di adesione rigorosi, da un lato, e l’eliminazione di ostacoli superflui all’adesione, dall’altro. In base ai nuovi criteri secondo cui solo società di classificazione tecnicamente competenti possono aderire all’IACS, si eviterà che l’efficienza e la qualità del lavoro dell’associazione siano indebitamente danneggiate da requisiti di adesione troppo blandi. Allo stesso tempo, i nuovi criteri non impediranno a società di classificazione tecnicamente competenti di aderire all’IACS se lo desiderano».

(302)  Cfr. punto 477 in merito alla necessità di garantire che le parti interessate siano tenute informate e consultate circa i lavori in corso in caso di limitazione della partecipazione.

(303)  Tecnologie che gli utilizzatori/licenziatari considerano intercambiabili con un’altra tecnologia, o sostituibili a essa, in ragione delle loro caratteristiche e utilizzo.

(304)  In tale contesto, cfr. la decisione della Commissione del 29 novembre 1995 nei casi IV/34.179, 34.202, 216, Dutch Cranes (SCK and FNK), considerando 23: «[i]l divieto di rivolgersi a imprese non certificate dalla SCK in caso di subappalto restringe la libertà di scelta delle imprese certificate. Se detto divieto vada considerato come atto ad impedire, restringere o falsare la concorrenza ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1 è cosa da valutare nel concreto contesto giuridico ed economico. Se il divieto fosse associato ad un sistema di certificazione pienamente aperto, indipendente e trasparente e prevedesse il riconoscimento di garanzie equivalenti espresse da altri sistemi, si potrebbe difendere la tesi che esso non produce alcun effetto di limitazione della concorrenza ma è inteso puramente a garantire la qualità dei beni o dei servizi sottoposti a certificazione».

(305)  Per standardizzazione di fatto s’intende una situazione in cui una norma (giuridicamente non vincolante) viene applicata in pratica dalla maggior parte del settore.

(306)  Tali condizioni standard possono interessare la maggior parte, o anche solo una piccola parte, delle clausole contenute nel contratto finale.

(307)  Si fa riferimento a una situazione in cui le condizioni standard vengono applicate in pratica dalla maggior parte del settore e/o per la maggior parte degli aspetti del prodotto/servizio, con una conseguente limitazione o addirittura assenza di scelta dei consumatori.

(308)  Basandosi sull’esperienza acquisita in passato, da cui risulta che le condizioni standard sul mercato rilevante non hanno ridotto la concorrenza in termini di differenziazione del prodotto, si può pensare che lo stesso tipo di condizioni standard elaborate per un prodotto simile non avrà un effetto restrittivo sulla concorrenza.

(309)  Articolo 3 TUE.

(310)  L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015.

(311)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Il Green Deal europeo (COM(2019) 640 final).

(312)  Cfr. ad esempio la risoluzione delle Nazioni Unite 66/288 adottata dall’Assemblea generale il 27 luglio 2012.

(313)  L’agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile individua 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (tra i quali ad esempio l’obiettivo 7: assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni; l’obiettivo 9: costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile; l’obiettivo 13: promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico) e 169 traguardi (tra i quali ad esempio: traguardo 9.1: sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti, comprese le infrastruttura regionali e transfrontaliere, per sostenere lo sviluppo economico e il benessere degli esseri umani, concentrando l’attenzione su un accesso equo e conveniente per tutti; e il traguardo 13.1: rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento ai rischi relativi al clima e ai disastri naturali in tutti i paesi).

(314)  Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato («linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3») (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(315)  Il trattato prevede espressamente deroghe all’applicazione delle norme in materia di concorrenza soltanto per il perseguimento di un servizio di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e per il conseguimento degli obiettivi della politica agricola comune ai sensi dell’articolo 42 del trattato. Cfr. anche i casi in cui la Corte di giustizia ha riconosciuto che le restrizioni che sono insite negli obiettivi legittimi perseguiti da talune professioni possono esulare dal divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, se gli effetti restrittivi sulla concorrenza che ne conseguono sono insiti nel perseguimento di tali obiettivi (cfr. sentenza della Corte del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C-309/99, ECLI:EU:C:2002:98; e sentenza della Corte del 16 luglio 2006, Meca-Medina and Majcen/Commissione, C-519/04 P, ECLI:EU:C:2006:492).

(316)  Cfr. sezione 1.2.6.

(317)  Cfr. sezione 4.2.3.2.

(318)  Per valutare se un accordo tra imprese presenta un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza per essere considerato come una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, occorre riferirsi al tenore delle loro disposizioni, agli obiettivi che essi mirano a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale essi si collocano. Cfr. sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C-67/13 P, ECLI:EU:C:2014:2204, punto 53.

(319)  In linea di principio gli elementi di prova a dimostrazione del perseguimento di un obiettivo di sostenibilità dovrebbero essere tali da giustificare un ragionevole dubbio circa l’oggetto anticoncorrenziale dell’accordo. Il perseguimento dell’obiettivo di sostenibilità non dovrebbe tuttavia essere incerto. Cfr., per analogia, sentenza della Corte del 30 gennaio 2020, Generics (UK), C-307/18, ECLI:EU:C:2020:52, punti da 107 a 108.

(320)  Cfr. ad esempio: forum delle Nazioni Unite sulle norme di sostenibilità, https://unfss.org/home/objective-of-unfss.

(321)  Cfr. ad esempio l’insieme di strumenti di valutazione del quadro per le norme volontarie di sostenibilità (VSS) della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, https://unctad.org/system/files/official-document/ditctabinf2020d5_en.pdf.

(322)  Cfr. punti da 467 a 470.

(323)  Cfr. punto 479.

(324)  In altre parole, le imprese del settore che non desiderano conformarsi alla norma dovrebbero rimanere libere e non dovrebbero essere ostacolate dal continuare a fornire al mercato e ai consumatori prodotti che soddisfano i requisiti di legge ma che non soddisfano i requisiti aggiuntivi creati dalla nuova norma di sostenibilità.

(325)  La politica in materia di concorrenza riguarda gli aumenti di prezzo derivanti da una restrizione della concorrenza e non gli aumenti di prezzo che si limitano a riflettere un aumento della qualità dei prodotti. Tuttavia, nella pratica, è molto difficile distinguere gli aumenti di prezzo derivanti unicamente dall’aumento della qualità dagli aumenti di prezzo dovuti anche alla restrizione della concorrenza. Pertanto qualora l’aumento di prezzo o la riduzione della qualità siano significativi, sarà necessario valutare gli effetti dell’accordo.

(326)  Anche gli accordi tra concorrenti che non contengono restrizioni per oggetto possono beneficiare della deroga prevista dalla comunicazione «de minimis», a condizione che, se l’accordo è concluso tra concorrenti, la quota di mercato aggregata delle parti dell’accordo non superi il 10 % in nessuno dei mercati rilevanti interessati dall’accordo. Cfr. comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (comunicazione «de minimis») (GU C 291 del 30.8.2014, pag. 1).

(327)  Cfr. anche i punti da 48 a 72 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(328)  Cfr. anche i punti da 50 a 58 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(329)  Cfr. ad esempio raccomandazione (UE) 2021/2279 della Commissione del 15 dicembre 2021 sull’uso dei metodi dell’impronta ambientale per misurare e comunicare le prestazioni ambientali del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni (GU L 471 del 30.12.2021, pag. 1).

(330)  Cfr. in particolare il punto 39 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(331)  Cfr. in particolare i punti da 73 a 82 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(332)  Ad esempio la normativa ambientale persegue questo obiettivo mediante imposte, divieti o sovvenzioni.

(333)  Se le imprese sono vincolate da un sistema di limitazione e scambio, come il sistema EU ETS, si deve ritenere che qualsiasi riduzione dell’inquinamento e corrispondente diminuzione dell’uso delle quote di emissioni di una determinata impresa o settore libereranno tali quote, con un effetto netto pari a zero sull’inquinamento in assenza di una riduzione delle quote di emissione (effetto «materasso ad acqua»).

(334)  Cfr. in particolare il punto 80 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(335)  Rientrano in tale contesto i produttori che utilizzano i prodotti come fattori produttivi, i venditori all’ingrosso, i venditori al dettaglio e i consumatori finali, ossia le persone fisiche che agiscono per finalità che possono essere considerate estranee alla loro attività commerciale o professionale.

(336)  Cfr. punto 85 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3; cfr. anche sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 72.

(337)  È più probabile che le riduzioni dei costi marginali o variabili siano rilevanti per la valutazione dell’efficienza rispetto alle riduzioni dei costi fissi; in linea di principio è più probabile che i primi comportino prezzi più bassi per i consumatori.

(338)  Sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax, C-238/05, ECLI:EU:C:2006:734, punto 72.

(339)  Il fallimento del mercato in tali situazioni consiste solitamente nel fatto che un consumo non sostenibile esercita esternalità negative su altri. Tali esternalità (quali le emissioni) non sono completamente internalizzate dai singoli acquirenti e quindi fornite in eccesso. Analogamente il fallimento del mercato può consistere in esternalità positive derivanti dal consumo sostenibile che i consumatori esercitano reciprocamente. Per lo stesso motivo essi sono forniti in misura insufficiente dal mercato libero.

(340)  Paragrafo 43 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3; cfr. anche sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione, T-168/01, ECLI:EU:T:2006:265, punti 248 e 251; sentenza della Corte dell’11 settembre 2014, MasterCard Inc, C-382/12 P, ECLI:EU:C:2014:2201, punto 242; decisione della Commissione del 23 maggio 2013 nel caso AT.39595 Air Canada/United Airlines/Lufthansa («STAR alliance»).

(341)  I consumatori possono essere compensati attraverso un tipo di benefici in termini di sostenibilità o attraverso una combinazione di vantaggi individuali e collettivi (cfr. sezione 9.4.3.4).

(342)  Tuttavia, in questo esempio non solo il potenziale beneficio dell’accordo è limitato a causa di una copertura insufficiente, lo è anche il potenziale danno concorrenziale (essenzialmente per gli stessi motivi).

(343)  Sentenza della Corte del 9 settembre 2003, CIF, C-198/01, ECLI:EU:C:2003:430, punto 56.

(344)  Sentenza della Corte del 12 dicembre 2013, Soa Nazionale Costruttori, C-327/12, ECLI:EU:C:2013:827, punto 38; sentenza della Corte del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C-94/04, ECLI:EU:C:2006:758, punto 47.