29.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 526/130 |
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE —
Orientamenti sull’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 6 bis della direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2021/C 526/02)
INDICE
INTRODUZIONE | 131 |
1. |
AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 6 BIS | 132 |
1.1. |
Significato di «annuncio di riduzione di un prezzo» | 132 |
1.2. |
Commercianti interessanti | 133 |
2. |
Indicazione del prezzo «precedente» | 134 |
2.1. |
Norme generali | 134 |
2.2. |
Indicazione del «prezzo precedente» nel caso di annunci generali di riduzione dei prezzi | 135 |
2.3. |
Programmi di fedeltà e riduzioni personalizzate dei prezzi | 136 |
3. |
INTERAZIONE CON LA DIRETTIVA SULLE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI | 137 |
4. |
SCELTE NORMATIVE | 138 |
4.1. |
Beni deperibili | 138 |
4.2. |
Beni di recente immissione sul mercato | 139 |
4.3. |
Riduzioni progressive del prezzo | 139 |
INTRODUZIONE
La direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («direttiva sull’indicazione dei prezzi») mira a permettere ai consumatori di valutare e raffrontare agevolmente il prezzo dei prodotti sulla base di informazioni omogenee e trasparenti. In questo modo i consumatori possono effettuare scelte più consapevoli (2).
A norma della direttiva sull’indicazione dei prezzi, i commercianti (denominati anche «professionisti») sono tenuti a indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura (ossia il prezzo per un chilogrammo, un litro o una singola unità di quantità diversa impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato) in modo tale che siano «non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili». La direttiva sull’indicazione dei prezzi è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), che ha introdotto norme specifiche (articolo 6 bis) per gli annunci di riduzione di prezzo. La direttiva (UE) 2019/2161 diverrà applicabile in tutta l’UE a decorrere dal 28 maggio 2022.
Il nuovo articolo 6 bis affronta la questione della trasparenza delle riduzioni di prezzo (4) introducendo norme specifiche per garantirne la genuinità. Tale articolo mira a impedire ai professionisti di gonfiare artificiosamente il prezzo di riferimento e/o di indurre in errore i consumatori riguardo all’entità dello sconto. Esso accresce la trasparenza e garantisce che, quando è annunciata una riduzione di prezzo, il prezzo pagato dai consumatori sia effettivamente inferiore. La nuova disposizione in materia di riduzione di prezzo consente inoltre alle autorità responsabili di far rispettare la legge e alle autorità di vigilanza di controllare più agevolmente l’equità della riduzione, in quanto stabilisce norme chiare sul prezzo «precedente» di riferimento su cui si deve basare la riduzione annunciata.
Lo scopo della presente comunicazione è di fornire orientamenti sulle modalità di interpretazione e applicazione di tali nuove disposizioni relative agli annunci di riduzione di prezzo. Al fine di garantire la certezza del diritto e di agevolare l’applicazione delle norme, la presente comunicazione si focalizza sulle questioni comuni a tutti gli Stati membri, compresa l’interazione tra la direttiva sull’indicazione dei prezzi e altri atti della legislazione dell’UE.
La comunicazione non esamina l’applicazione della direttiva nei singoli Stati membri, comprese le decisioni degli organi giurisdizionali nazionali e di altri organi competenti. In aggiunta alle diverse fonti di informazione disponibili negli Stati membri, le informazioni riguardanti le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva sull’indicazione dei prezzi, la giurisprudenza e la dottrina sono reperibili nella banca dati sul diritto dei consumatori accessibile tramite il portale e-Justice (5).
Ove non diversamente specificato, gli articoli citati nella presente comunicazione sono quelli della direttiva sull’indicazione dei prezzi, come successivamente e modificata da ultimo dalla direttiva (UE) 2019/2161. La messa in risalto di parti delle citazioni del testo della direttiva è opera della Commissione.
La presente comunicazione è rivolta agli Stati membri dell’UE e all’Islanda, al Liechtenstein e alla Norvegia, in qualità di firmatari dell’accordo sullo Spazio economico europeo (6) (SEE). I riferimenti all’UE, all’Unione o al mercato unico sono pertanto da intendersi come riferimenti al SEE o al mercato del SEE.
La presente comunicazione intende essere un mero documento di orientamento: soltanto gli atti legislativi dell’Unione hanno forza giuridica. L’interpretazione autentica della normativa deve discendere dal testo della direttiva e direttamente dalle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea («Corte»). La presente comunicazione tiene conto delle sentenze della Corte pubblicate fino all’ottobre 2021 e non pregiudica ulteriori sviluppi della giurisprudenza della Corte.
I pareri espressi nella presente comunicazione non pregiudicano la posizione che la Commissione europea potrebbe assumere dinanzi alla Corte. Le informazioni contenute nella presente comunicazione hanno carattere generale e non si rivolgono a particolari individui od organismi. Né la Commissione europea né qualunque persona che agisca a suo nome è responsabile del possibile uso delle informazioni che seguono.
Poiché la presente comunicazione riflette la situazione al momento della sua stesura, gli orientamenti proposti potranno essere successivamente modificati.
1. AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 6 BIS
Articolo 6 bis
|
1.1. Significato di «annuncio di riduzione di un prezzo»
L’articolo 6 bis si applica alle dichiarazioni promozionali del professionista che annunciano una riduzione del prezzo che egli pratica per il bene o i beni. Ad esempio, una riduzione di prezzo si può annunciare:
— |
in termini percentuali (%), ad esempio «sconto del 20 %», o assoluti, ad esempio «sconto di 10 EUR»; |
— |
indicando un nuovo prezzo (inferiore) assieme al prezzo applicato in precedenza (più elevato). Il prezzo precedente può essere sbarrato. Ad esempio, «ora 50 EUR (in precedenza 100 EUR)» o «50 EUR/100 EUR»; |
— |
mediante qualsiasi altra tecnica promozionale, ad esempio «acquista oggi e non paghi l’IVA», che indica al consumatore che la riduzione del prezzo è pari al valore dell’IVA (il che non significa che l’IVA non sia riscossa); |
— |
presentando il prezzo attuale come il prezzo «di lancio» o simili e indicando un prezzo più elevato quale prezzo normale applicato in futuro. |
L’articolo 6 bis si applica agli annunci di riduzione di prezzo sia quando questi riguardano beni specifici inclusi nell’offerta del venditore, sia quando fanno parte dell’annuncio di una riduzione di prezzo più generale (cfr. sezioni 2.2 e 3).
L’articolo 6 bis non riguarda né limita in alcun modo le fluttuazioni e le diminuzioni di prezzo che non implicano alcun annuncio di una riduzione di prezzo. Di fatto, l’articolo 6 bis si focalizza sugli «annunci» di una riduzione di prezzo. Pertanto non riguarda i meccanismi a lungo termine che consentono ai consumatori di beneficiare sistematicamente di prezzi ridotti e di singole riduzioni di prezzo specifiche (cfr. sezione 2.3 sui programmi di fedeltà e le riduzioni di prezzo personalizzate).
L’articolo 6 bis si applica indipendentemente dal fatto che l’annuncio di una riduzione di prezzo indichi una riduzione misurabile o meno. Ad esempio, anche gli annunci quali «saldi», «offerte speciali» od «offerte del Black Friday» che creano l’impressione di una riduzione di prezzo sono soggetti all’articolo 6 bis , e il prezzo «precedente» dei beni oggetto dell’annuncio deve essere indicato (cfr. sezione 2.2 sugli annunci di una riduzione generale dei prezzi).
Per contro l’articolo 6 bis non si applica agli annunci pubblicitari di carattere generale che promuovono l’offerta del venditore confrontandola con quelle di altri venditori senza evocare o creare l’impressione di una riduzione di prezzo, ad esempio «prezzi migliori/più bassi». Tali dichiarazioni restano tuttavia soggette alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali (cfr. sezione 3 sull’interazione tra la direttiva sull’indicazione dei prezzi e la direttiva sulle pratiche commerciali sleali).
L’articolo 6 bis non si applica nemmeno ad altre tecniche di promozione dei vantaggi di prezzo che non costituiscono riduzioni di prezzo, quali i confronti tra prezzi e le offerte vincolate (soggette a condizioni). Tali altre tecniche di promozione dei vantaggi di prezzo continuano a essere soggette alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali (cfr. sezione 3).
Quanto al concetto di «prezzo», l’articolo 6 bis si riferisce al «prezzo di vendita» quale definito all’articolo 2, lettera a), della direttiva sull’indicazione dei prezzi (7). La direttiva sull’indicazione dei prezzi richiede inoltre l’indicazione del «prezzo per unità» quale definito all’articolo 2, lettera b) (8). Per i beni commercializzati sfusi (ad esempio tessuti, materiali per l’edilizia, alimenti) (9), per i quali il prezzo di vendita non può essere determinato prima che il consumatore abbia indicato la quantità richiesta, a norma dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sull’indicazione dei prezzi «deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura». In relazione a tali beni, l’articolo 6 bis si applica inoltre agli annunci di una riduzione di prezzo che riguardino il prezzo per unità (10). In questi casi l’articolo 6 bis si applica all’indicazione del prezzo per unità «precedente».
La direttiva sull’indicazione dei prezzi si applica ai «prodotti», che nel contesto della direttiva stessa vanno interpretati come«beni». Conformemente ad altre disposizioni del diritto del consumo dell’UE (11) per «beni» si intendono i beni mobili. Pertanto la direttiva sull’indicazione dei prezzi, compreso l’articolo 6 bis, non si applica ai servizi (12) (tra cui i servizi digitali) né ai contenuti digitali.
L’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi si applica agli annunci di una riduzione di prezzo effettuati in tutti i canali di distribuzione (ad esempio in negozi tradizionali, online).
1.2. Commercianti interessanti
La direttiva sull’indicazione dei prezzi si applica al commerciante, definito all’articolo 2, lettera d), quale «qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale». Il nuovo articolo 6 bis pertanto si applica al commerciante che è l’effettiva parte nel contratto con il consumatore, ossia al venditore dei beni, compresi i venditori che si avvalgono di intermediari, in particolare i mercati online.
Per contro l’articolo 6 bis non si applica agli intermediari che si limitano a fornire ai commercianti i mezzi per vendere i loro prodotti (13), quali i mercati online, o ad aggregare e mostrare informazioni sui prezzi fornite da altri venditori (piattaforme per il confronto dei prezzi). Tali intermediari restano soggetti alle norme generali in materia di responsabilità degli intermediari e agli obblighi di diligenza professionale. L’intermediario è tuttavia soggetto alle norme della direttiva sull’indicazione dei prezzi quando si configura come l’effettivo venditore dei beni o quando effettua vendite per conto di un altro commerciante.
Per lo stesso motivo l’articolo 6 bis non si applica agli annunci di rimborso («cash back») in cui terzi che non si configurano come i venditori dei beni, quali produttori/distributori, promettono ai consumatori che hanno acquistato i beni in questione di rimborsare una parte del prezzo pagato, su singola richiesta dei consumatori e per un certo periodo di tempo. Tali pratiche di rimborso restano soggette alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali e non devono essere impiegate per eludere i requisiti relativi agli annunci di una riduzione di prezzo di cui alla direttiva sull’indicazione dei prezzi.
L’articolo 6 bis si applica altresì ai commercianti di paesi terzi che effettuano le proprie vendite ai consumatori dell’UE, compresi i commercianti che offrono beni mediante piattaforme. L’applicabilità della direttiva sull’indicazione dei prezzi ai commercianti di paesi terzi è disciplinata dal regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»). Tale regolamento si applica, «in circostanze che comportino un conflitto di leggi, alle obbligazioni extracontrattuali in materia civile e commerciale».
Articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma II La legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da un atto di concorrenza sleale è quella del paese sul cui territorio sono pregiudicati, o rischiano di esserlo, i rapporti di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori. |
Articolo 6, paragrafo 4, del regolamento Roma II Non si può derogare alla legge applicabile in virtù del presente articolo con un accordo ai sensi dell’articolo 14. |
Se le condizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma II sono soddisfatte, la direttiva sull’indicazione dei prezzi sarà applicabile ai casi di violazione che pregiudicano gli interessi collettivi dei consumatori dell’UE. A norma dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento Roma II, non si può derogare alla legge applicabile con un accordo sulla scelta della legge.
Il compito di far rispettare tali norme è affidato alle autorità nazionali, le quali, se necessario, potranno esercitare i poteri di indagine e di esecuzione loro conferiti dal regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio (15) sulla cooperazione ai fini della tutela dei consumatori.
2. INDICAZIONE DEL PREZZO «PRECEDENTE»
2.1. Norme generali
L’articolo 6 bis, paragrafo 1, obbliga il professionista che annunci una riduzione di prezzo a indicare il prezzo «precedente». L’articolo 6 bis, paragrafo 2, definisce il prezzo «precedente» come il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo.
L’articolo 6 bis, paragrafi da 3 a 5, fornisce agli Stati membri alcune scelte normative che consentono loro di derogare a tale norma generale nel caso, rispettivamente, di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, di beni che sono sul mercato da meno di 30 giorni e di beni per i quali la riduzione del prezzo è progressivamente aumentata (cfr. sezione 4).
Fatti salvi i beni cui si applicano le scelte normative di cui all’articolo 6 bis, paragrafi da 3 a 5, gli Stati membri non possono prevedere un periodo inferiore a 30 giorni per la determinazione del prezzo «precedente». Lo scopo di tale periodo di riferimento, la cui durata deve essere di almeno 30 giorni, è di evitare che i professionisti alterino i prezzi e ne presentino riduzioni fasulle, ad esempio aumentando un prezzo per un breve periodo di tempo per poi ridurlo e presentarlo come una riduzione (significativa) che induce i consumatori in errore. Il periodo di 30 giorni per determinare il prezzo «precedente» di riferimento garantisce dunque che tale prezzo di riferimento sia effettivo e non semplicemente uno strumento commerciale che serve per rendere appetibile la riduzione.
L’articolo 6 bis, paragrafo 2, non impedisce ai professionisti di indicare come prezzo «precedente» il prezzo più basso applicato durante un periodo di durata superiore a 30 giorni (ad esempio, nell’ambito della strategia di commercializzazione). Non è contrario ai requisiti dell’articolo 6 bis indicare un prezzo «precedente» inferiore al prezzo più basso applicato nei 30 giorni immediatamente precedenti l’annuncio della riduzione di prezzo.
Per contro, la legislazione nazionale che preveda un periodo di durata superiore a 30 giorni per la determinazione del prezzo «precedente» andrebbe valutata relativamente alla sua conformità al diritto dell’Unione. A norma dell’articolo 10 della direttiva sull’indicazione dei prezzi, qualsiasi norma nazionale che vada oltre i requisiti di tale direttiva deve introdurre disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti agli Stati membri dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (16).
Per conformarsi all’articolo 6 bis, il professionista che annunci una riduzione di prezzo deve individuare il prezzo più basso che ha praticato per il bene o i beni in questione durante, come minimo, gli ultimi 30 giorni precedenti l’applicazione della riduzione di prezzo. Tale prezzo più basso deve includere gli eventuali prezzi precedenti «ridotti» praticati in quel periodo. L’omessa considerazione dei prezzi praticati negli eventuali periodi promozionali svoltisi nei 30 giorni precedenti l’annuncio della riduzione di prezzo costituirà una violazione dell’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi.
La medesima norma si applica laddove un professionista presenti inizialmente la riduzione di prezzo facendo riferimento a un successivo aumento dello stesso, poi applichi tale aumento per meno di 30 giorni e quindi annunci una riduzione di prezzo. Indipendentemente dal modo in cui la riduzione di prezzo è stata presentata al mercato, il prezzo precedente della successiva riduzione deve comunque essere il prezzo più basso degli ultimi 30 giorni, ossia in questo caso il prezzo di lancio iniziale (cfr. anche la sezione 4.2 sui beni di recente immissione sul mercato).
Di conseguenza la riduzione di prezzo deve essere presentata indicando il prezzo «precedente» a titolo di riferimento, il che significa che qualunque riduzione percentuale indicata deve essere basata sul prezzo «precedente» stabilito conformemente all’articolo 6 bis.
— |
Ad esempio, se l’annuncio della riduzione di prezzo offre uno «sconto del 50 %» e il prezzo più basso degli ultimi 30 giorni era di 100 EUR, il venditore dovrà presentare 100 EUR quale prezzo «precedente» sulla cui base calcolare la riduzione del 50 %, anche qualora l’ultimo prezzo di vendita del bene fosse di 160 EUR. Allo stesso tempo, l’articolo 6 bis non impedisce al venditore che annunci una riduzione di prezzo di indicare altri prezzi di riferimento, purché tali prezzi di riferimento supplementari siano spiegati in maniera chiara e non creino confusione né distolgano l’attenzione del consumatore dall’indicazione del prezzo «precedente» conformemente all’ articolo 6 bis. |
— |
Ad esempio, un professionista che pratichi riduzioni di prezzo più di una volta ogni 30 giorni potrebbe informare ulteriormente il consumatore degli altri prezzi precedenti nel modo seguente: «sconto del 20 % dal [data di inizio] al [data di fine]: 80 EUR al posto di 100 EUR, il nostro prezzo più basso negli ultimi 30 giorni. Negli ultimi 30 (o 100 ecc.) giorni il nostro prezzo normale, esclusi i periodi promozionali, era di 120 EUR». |
In generale le modalità di presentazione e calcolo di eventuali altri prezzi di riferimento di questo tipo sono soggette alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali. A tale riguardo i professionisti sono sempre tenuti a garantire che sia chiaro al consumatore che cosa rappresentano gli altri prezzi di riferimento indicati.
L’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi non obbliga i professionisti a precisare per quanto tempo abbiano applicato il prezzo «precedente» indicato, né incide sulla durata delle campagne di riduzione dei prezzi. A norma di tale articolo i professionisti sono soltanto tenuti a indicare il prezzo «precedente» all’inizio di ciascuna riduzione di prezzo, dopodiché possono mantenerlo per l’intera durata della riduzione di prezzo. La riduzione di prezzo dei beni annunciata dai professionisti può avere una durata maggiore, anche superiore ai 30 giorni. Inoltre, se la riduzione di prezzo dura ininterrottamente per più di 30 giorni, il prezzo «precedente» da indicare resta quello più basso applicato per almeno 30 giorni prima della riduzione.
L’equità di periodi di riduzione dei prezzi eccessivamente lunghi rispetto al momento in cui il bene è venduto a prezzo «pieno» continua a dover essere valutata a norma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (cfr. anche sezione 3 sull’interazione con la direttiva sulle pratiche commerciali sleali).
Se un professionista vende beni tramite canali/punti di vendita diversi (ad esempio diversi negozi fisici e/od online) a prezzi differenti e tali canali/punti di vendita sono oggetto di un annuncio generale di riduzione dei prezzi, egli deve indicare, quale prezzo «precedente» per i beni in questione in ciascun canale/punto di vendita, il prezzo può basso che ha applicato nel canale/punto di vendita in oggetto negli ultimi 30 giorni.
Gli annunci di una riduzione di prezzo ingannevoli, che creano l’impressione che la riduzione si applichi in tutti i canali/punti di vendita del professionista in questione, mentre in realtà solo alcuni di essi sono interessati dalla riduzione di prezzo, devono essere valutati sulla base della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
L’articolo 6 bis non impedisce ai professionisti di prolungare una campagna di riduzione del prezzo, purché i consumatori siano chiaramente informati del fatto che si tratta di una proroga e non di una nuova campagna di riduzione del prezzo, e la presentazione generale della campagna non sia tale da dare una falsa impressione ai consumatori.
2.2. Indicazione del «prezzo precedente» nel caso di annunci generali di riduzione dei prezzi
L’articolo 6 bis non impedisce ai professionisti di annunciare riduzioni dei prezzi in termini generali, ad esempio:
— |
«oggi sconto del 20 % su tutti gli articoli»; o |
— |
«questa settimana sconto del 20 % su tutte le decorazioni di Natale». |
Se la riduzione di prezzo (come descritta nella sezione 1.1) è annunciata con una dichiarazione generale, ad esempio un cartellone pubblicitario o una comunicazione online, non è necessario che il prezzo «precedente» sia indicato nello stesso supporto utilizzato per l’annuncio della riduzione di prezzo. Il prezzo «precedente» dei singoli beni oggetto dell’annuncio deve invece essere indicato presso il punto di vendita, vale a dire sulle rispettive etichette nei negozi o nelle sezioni relative ai prezzi delle interfacce dei negozi online.
Un professionista può altresì annunciare una riduzione generale dei prezzi offrendo sconti diversi per categorie di beni diverse. In tali casi il professionista deve indicare chiaramente le categorie di beni in questione e la rispettiva riduzione di prezzo, ad esempio:
— |
«sconto del 30 % sugli articoli contrassegnati da un pallino blu e del 40 % su quelli contrassegnati da un pallino rosso». |
Quanto all’indicazione del prezzo «precedente» per i singoli beni oggetto dell’annuncio di riduzione generale dei prezzi, occorre distinguere due casi:
— |
negli ultimi 30 giorni il professionista non ha aumentato il prezzo dei singoli beni oggetto di annunci generali né ha organizzato altre riduzioni (generali) dei prezzi nello stesso periodo. In questo caso il prezzo «precedente» ai fini dell’articolo 6 bis sarà il prezzo di vendita dei beni applicato in precedenza, vale a dire il prezzo già indicato sull’etichetta o nella sezione relativa ai prezzi dell’interfaccia del negozio online. Di conseguenza il professionista non sarà tenuto a modificare le etichette/informazioni online dei beni in questione in virtù dell’applicazione dell’ articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi; |
— |
negli ultimi 30 giorni il professionista ha aumentato il prezzo o ha organizzato un’altra riduzione (generale) dei prezzi. In questo caso il prezzo di vendita indicato sull’etichetta o online non può essere considerato il prezzo «precedente», in quanto non è il prezzo più basso degli ultimi 30 giorni richiesto dall’articolo 6 bis. Il professionista dovrà pertanto modificare le etichette o l’indicazione dei prezzi online pertinenti per i beni oggetto dell’annuncio di riduzione generale dei prezzi, in modo tale da indicarne il prezzo «precedente» corretto. |
L’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi non vieta la pubblicità collettiva delle riduzioni di prezzo in cui entità centrali, quali gli affilianti, pianificano e pubblicizzano campagne di riduzione dei prezzi per conto dei venditori (dettaglianti) che ne distribuiscono i prodotti. Qualora annunci riduzioni di prezzo per conto dei propri membri, tale entità centrale deve garantire che i dettaglianti partecipanti si trovino nella posizione di rispettare gli obblighi relativi alle riduzioni di prezzo, ad esempio devono permettere ai dettaglianti partecipanti di rispettare le norme relative all’indicazione del prezzo «precedente». Ciascun dettagliante partecipante conserva la responsabilità, anche in questo caso, di garantire che i pertinenti beni da esso venduti nel contesto della campagna di riduzione dei prezzi indichino il prezzo «precedente» corretto.
Come esposto in precedenza, se il dettagliante partecipante ha mantenuto stabili i propri prezzi nei 30 giorni precedenti l’annuncio della riduzione, non sarà necessario alcun adeguamento dei singoli prezzi «precedenti», in quanto il prezzo di vendita applicato in precedenza costituirà il prezzo «precedente» ai fini dell’articolo 6 bis. Se invece il prezzo di taluni beni oggetto della campagna generale è stato modificato negli ultimi 30 giorni, il venditore è tenuto ad adeguarne il prezzo «precedente». Ciò vale anche nei casi in cui le campagne di riduzione dei prezzi lanciate dal rispettivo venditore (dettagliante) per i propri beni siano seguite, entro 30 giorni, da campagne lanciate dall’entità centrale. In tali casi il singolo dettagliante interessato deve tenere conto, ai fini della determinazione del prezzo «precedente», del prezzo ridotto applicato nel corso della/e campagna/e precedente/i.
2.3. Programmi di fedeltà e riduzioni personalizzate dei prezzi
L’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi non si applica ai programmi di fedeltà dei clienti messi in atto dal venditore, quali buoni o carte di sconto, che permettono al consumatore di usufruire di uno sconto sul prezzo di tutti i prodotti o su specifiche gamme di prodotti del venditore per periodi di tempo continui e prolungati (ad esempio sei mesi o un anno), o grazie ai quali è possibile accumulare crediti (punti) in vista di acquisti futuri.
L’articolo 6 bis della direttiva in questione non si applica nemmeno alle riduzioni dei prezzi personalizzate, che non prevedono l’«annuncio» della riduzione di prezzo. Un esempio tipico di tali riduzioni di prezzo è rappresentato dalle riduzioni applicate in conseguenza di precedenti acquisti del consumatore presso il venditore interessato, ad esempio quando il consumatore riceve un buono di «sconto del 20 %» sul suo acquisto, valido per il prossimo acquisto e fino alla fine del mese. Altri esempi di riduzioni dei prezzi personalizzate che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’ articolo 6 bis sono le riduzioni riservate a un consumatore specifico in occasioni speciali, ad esempio al momento dell’iscrizione al programma di fedeltà o in occasione del matrimonio o del compleanno di tale consumatore, come pure quelle applicate al momento dell’acquisto e che non sono state «annunciate» in precedenza.
I programmi di fedeltà e le offerte personalizzate in questione continuano a essere valutati a norma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (cfr. sezioni 2.8.2 e 4.2.8 degli orientamenti relativi alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali (17)).
Per contro l’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi si applicherà alle riduzioni di prezzo che, seppure presentate come «personalizzate», sono in realtà offerte/annunciate ai consumatori in generale. Una situazione di questo tipo potrebbe verificarsi qualora il professionista renda disponibili dei «buoni» o codici di sconto a potenzialmente tutti i consumatori che ne visitano il negozio fisico od online durante periodi specifici. Tra gli esempi figurano campagne quali:
— |
«oggi sconto del 20 % usando il codice XYZ»; o |
— |
«questo fine settimana sconto del 20 % su tutti gli articoli solo per gli iscritti al programma di fedeltà», |
in cui il codice/programma di fedeltà è accessibile/utilizzato da molti clienti o dalla maggior parte di essi. In questi casi il professionista deve rispettare gli obblighi di cui all’articolo 6 bis, ossia garantire che il prezzo «precedente» di tutti i beni interessati sia il prezzo più basso pubblicamente disponibile praticato negli ultimi 30 giorni (cfr. sezione 2.1 sugli annunci di una riduzione generale dei prezzi).
3. INTERAZIONE CON LA DIRETTIVA SULLE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI
La direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle pratiche commerciali sleali (18) («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») vieta le pratiche commerciali sleali nelle operazioni tra imprese e consumatori (19). Si applica a tutte le pratiche commerciali poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale di un’impresa nei confronti dei consumatori. L’articolo 2, lettera d), di tale direttiva definisce le pratiche commerciali come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori». Una pratica commerciale sleale potrebbe essere costituita da una pratica ingannevole o aggressiva (articoli da 6 a 9) o da una violazione delle norme di diligenza professionale (articolo 5, paragrafo 2) idonea a falsare la decisione di natura commerciale di un consumatore medio.
L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva sulle pratiche commerciali sleali stabilisce che in caso di contrasto tra le disposizioni di tale direttiva e altre norme dell’UE che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, queste ultime prevalgono e si applicano a tali aspetti specifici.
Pertanto, nella misura in cui introduce un insieme specifico di norme relative alla definizione e all’indicazione del prezzo «precedente» al momento dell’annuncio di una riduzione di prezzo, l’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi prevale sulla direttiva sulle pratiche commerciali sleali per quanto concerne gli aspetti della riduzione di prezzo che sono disciplinati da tali norme specifiche (20).
Di conseguenza la correttezza del prezzo «precedente» indicato dal venditore e della corrispondente riduzione di prezzo deve essere valutata sulla base degli obblighi specifici di cui all’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi. Tuttavia ciò non impedisce alle autorità nazionali responsabili del rispetto della legge di applicare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali alle pratiche dei professionisti che violano l’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi, qualora tali pratiche costituiscano anche pratiche sleali vietate a norma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in particolare alle azioni ingannevoli intraprese riguardo all’esistenza di uno specifico vantaggio di prezzo ai sensi dell’ articolo 6, paragrafo 1, lettera d).
Inoltre, come indicato nella sezione 1.2.5 degli orientamenti relativi alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali, quest’ultima, in particolare l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), che si riferisce alle dichiarazioni ingannevoli riguardo all’esistenza di un vantaggio di prezzo, resta applicabile ad altri aspetti delle riduzioni di prezzo. La direttiva sulle pratiche commerciali sleali potrebbe applicarsi a diversi aspetti ingannevoli delle pratiche di riduzione di prezzo, quali:
— |
periodi di validità delle riduzioni di prezzo eccessivamente lunghi rispetto al periodo in cui i beni sono venduti a prezzo pieno (senza riduzioni); |
— |
pubblicità di una riduzione che annunci, ad esempio, «sconti fino al 70 %», laddove soltanto un esiguo numero di articoli è scontato del 70 % e lo sconto applicato agli altri è significativamente inferiore. |
A tale riguardo occorre osservare che, oltre alle riduzioni di prezzo, un venditore può ricorrere ad altri tipi di pratiche per la promozione di vantaggi di prezzo, quali:
— |
confronti con altri prezzi, ad esempio i prezzi praticati da altri professionisti (21) o il prezzo di vendita al dettaglio raccomandato dal produttore; |
— |
offerte combinate od offerte vincolate soggette a condizioni (ad esempio «due al prezzo di uno» o «sconto del 30 % sull’acquisto di tre pezzi»). |
Tali pratiche promozionali non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi, bensì restano interamente soggette alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
La direttiva sulle pratiche commerciali sleali si applica anche agli annunci di una riduzione di prezzo o ad altri tipi di pratiche che promuovono vantaggi di prezzo riguardo al contenuto digitale (22) e a tutti i tipi di servizi, dato che la direttiva sull’indicazione dei prezzi si applica soltanto ai beni mobili (cfr. sezione 1.1).
Un venditore può anche combinare i confronti dei prezzi con l’annuncio di una riduzione di prezzo disciplinato dall’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi. Come indicato nella sezione 2.8.2 degli orientamenti relativi alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali, un venditore che presenti un confronto dei prezzi deve prestare la massima attenzione per garantire che il consumatore medio non percepisca il confronto, ad esempio con il prezzo raccomandato per la vendita al dettaglio, come una riduzione di prezzo. Se la presentazione ingannevole di un confronto dei prezzi fa sì che esso sia di fatto percepito da un consumatore medio come una riduzione di prezzo, tale pratica può costituire una violazione sia della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, sia dell’articolo 6 bis della direttiva sull’indicazione dei prezzi, a causa della presentazione scorretta del prezzo «precedente».
4. SCELTE NORMATIVE
L’articolo 6 bis, paragrafi da 3 a 5, offre agli Stati membri la possibilità di derogare alla norma generale in materia di riduzioni di prezzo nel caso di:
— |
beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente («beni deperibili»); |
— |
beni che sono sul mercato da meno di 30 giorni («beni di recente immissione sul mercato»); e |
— |
successive riduzioni di prezzo entro un periodo di 30 giorni. |
4.1. Beni deperibili
Articolo 6 bis
|
L’opzione di cui all’articolo 6 bis, paragrafo 3, consente agli Stati membri di stabilire norme diverse per i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente. Tali norme possono prevedere persino la completa esclusione di detti beni dall’ambito di applicazione dell’articolo 6 bis o la possibilità per il venditore di indicare, quale prezzo «precedente», l’ultimo prezzo praticato immediatamente prima della riduzione.
I beni che «rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente» sono beni deperibili che potrebbero, per via dell’imminente scadenza, dover essere scontati con maggiore frequenza al fine di velocizzarne la vendita. Tale concetto è ripreso anche all’articolo16, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sui diritti dei consumatori (23), che stabilisce che i consumatori non possono usufruire del diritto di recesso per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativamente alla «fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente».
La direttiva sui diritti dei consumatori non definisce i «beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente». Il rispetto dei criteri oggettivi secondo cui taluni beni «rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente» deve essere valutato caso per caso. Tra gli esempi di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente figurano le bevande e gli alimenti freschi con scadenza in tempi brevi. La possibilità che gli Stati membri deroghino alla norma generale in materia di riduzioni di prezzo non può essere applicata ai beni che non sono deperibili in virtù della loro composizione fisica e delle loro proprietà ma che «scadono» soltanto nel senso commerciale, come ad esempio gli indumenti stagionali (24).
L’approccio adottato nell’ambito della direttiva sui diritti dei consumatori è lo stesso che si applica anche nell’interpretazione di tale concetto ai sensi della direttiva sull’indicazione dei prezzi.
4.2. Beni di recente immissione sul mercato
Articolo 6 bis
|
L’opzione di cui all’articolo 6 bis, paragrafo 4, permette agli Stati membri di consentire annunci di una riduzione di prezzo anche riguardo ai beni (di recente immissione sul mercato) che sono stati in vendita presso il professionista per meno di 30 giorni prima dell’annuncio della riduzione. L’opzione è formulata in maniera generica e fa riferimento a un «periodo di tempo inferiore» (rispetto al periodo normale di almeno 30 giorni).
A differenza della scelta normativa riguardante i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, per i quali gli Stati membri possono stabilire «norme diverse», compresa l’esclusione di tali beni dall’ambito di applicazione dell’ articolo 6 bis, la scelta normativa in questione fa riferimento soltanto a un «periodo di tempo inferiore». Di conseguenza non può essere interpretata nel senso che prevede anche la possibilità di una completa esenzione di tali beni dall’obbligo di osservare un periodo di riferimento per la determinazione del prezzo «precedente».
Pertanto, se scelgono di applicare tale possibilità di deroga alla norma generale, gli Stati membri sono tenuti a stabilire un periodo di tempo specifico per la determinazione del prezzo «precedente» o, in alternativa, a consentire ai professionisti di stabilire autonomamente il periodo di tempo e di indicarlo assieme al corrispondente prezzo«precedente». In quest’ultimo scenario, in cui il periodo di riferimento specifico non è stabilito da norme nazionali, l’equità degli annunci di una riduzione di prezzo relativamente ai beni in questione continuerà a essere valutata caso per caso sulla base della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
Il concetto della presenza sul «mercato» dev’essere interpretato nel contesto della norma generale di cui all’articolo 6 bis, paragrafi 1 e 2, che si riferisce alle azioni del professionista specifico che annuncia la riduzione di prezzo. Pertanto, in questo contesto, per «mercato» si intende la vendita dei beni da parte del commerciante interessato così come definito all’articolo 2, lettera d), della direttiva sull’indicazione dei prezzi.
I beni dovrebbero essere considerati già presenti sul «mercato» se il venditore riattiva l’offerta relativa agli stessi beni dopo averla interrotta per un certo periodo di tempo, ad esempio a seguito di un esaurimento temporaneo delle scorte o nel caso di articoli stagionali quali gli indumenti invernali/estivi. In questo caso, poiché i beni non si configurerebbero, in senso stretto, come beni di recente immissione sul mercato, l’eccezione di cui all’articolo 6 bis, paragrafo 4, non si applicherebbe.
Tuttavia in queste situazioni il professionista può scegliere, quale periodo di riferimento per la determinazione del prezzo «precedente», un periodo di tempo superiore durante il quale il bene è stato messo in vendita per un totale di almeno 30 giorni. Pertanto, laddove metta nuovamente in vendita un bene dopo un periodo di interruzione, il venditore può annunciare una riduzione di prezzo indicando quale prezzo «precedente» il prezzo più basso applicato nel periodo di riferimento prima dell’interruzione (ad esempio nell’ultimo anno), purché:
— |
il bene sia stato in vendita per un totale di almeno 30 giorni in tale periodo di riferimento; e |
— |
il prezzo «precedente» indicato sia il prezzo più basso dell’intero periodo di riferimento. |
Sulla base di una valutazione caso per caso, al professionista potrebbe essere chiesto, conformemente all’articolo 7 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, di informare il consumatore quando il prezzo «precedente» indicato è un prezzo che non è stato applicato nel periodo immediatamente precedente la riduzione, bensì nella stagione precedente.
4.3. Riduzioni progressive del prezzo
Articolo 6 bis
|
La scelta normativa di cui all’articolo 6 bis, paragrafo 5, si applica quando il prezzo è oggetto di una riduzione graduale, senza interruzioni, durante le stesse campagne di vendita. In questo caso il prezzo «precedente» è il prezzo più basso degli ultimi 30 giorni precedenti l’applicazione del primo annuncio di una riduzione di prezzo e resta il prezzo «precedente» per tutti i successivi annunci di una riduzione di prezzo effettuati durante la campagna di vendita.
— |
Ad esempio, il prezzo più basso del bene nei 30 giorni immediatamente precedenti l’inizio della campagna di vendita era di 100 EUR. Il venditore indica 100 EUR quale prezzo «precedente» quando annuncia la prima riduzione di prezzo (ad esempio, sconto del 10 %), quindi può mantenere lo stesso prezzo «precedente» anche quando annuncia le successive riduzioni del 20 % e del 30 %. |
La situazione è diversa nel caso di campagne di vendita organizzate in successione in un periodo di 30 giorni (ad esempio nel caso di promozioni quali «20 % di sconto ogni domenica di dicembre» o delle campagne di vendita organizzate una dopo l’altra in occasione del «Singles’ Day», del «Black Friday», del «Cyber Monday» o di Natale a novembre/dicembre). Nel contesto di tali campagne di vendita organizzate in successione, durante le quali il prezzo aumenta per (brevi) periodi intermittenti, si applica la norma generale di cui all’articolo 6 bis e, per ciascuna riduzione in successione, il prezzo «precedente» è il prezzo più basso praticato in un periodo non inferiore agli ultimi 30 giorni, compreso dunque il prezzo ridotto applicato nelle promozioni precedenti.
Onde evitare che l’articolo 6 bis, paragrafi 1 e 2, sia aggirato, il paragrafo 5 deve essere interpretato in modo restrittivo. Di conseguenza è applicabile soltanto quando il prezzo è oggetto di una riduzione graduale, senza interruzioni e senza alcun aumento del prezzo «precedente» indicato nel corso della continua riduzione dei prezzi.
(1) Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27).
(2) Cfr. considerando 6 e 12 della direttiva sull’indicazione dei prezzi.
(3) Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7).
(4) Nel 2018, sotto il coordinamento della Commissione, le autorità nazionali per la tutela dei consumatori hanno effettuato un’indagine a tappeto annuale dei siti web di commercio elettronico («sweep») a livello dell’UE nel quadro della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori. Tale indagine a tappeto ha riguardato la trasparenza, comprese le riduzioni di prezzo. Per oltre il 31 % dei 431 siti web di commercio elettronico che offrivano sconti e che sono stati oggetto dell’indagine, le autorità di tutela dei consumatori sospettavano che le offerte speciali fossero fasulle, oppure hanno constatato che la modalità di calcolo del prezzo scontato non era chiara. Comunicato stampa della Commissione del 19 febbraio 2019: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_19_1333.
(5) https://e-justice.europa.eu/591/IT/consumer_law_database.
(6) GU L 1 del 3.1.1994, pag. 3.
(7) «[P]rezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell’IVA e di ogni altra imposta» (articolo 2, lettera a), della direttiva sull’indicazione dei prezzi).
(8) «[P]rezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell’IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici» (articolo 2, lettera b), della direttiva sull’indicazione dei prezzi).
(9) «[P]rodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore» (articolo 2, lettera c), della direttiva sull’indicazione dei prezzi).
(10) Cfr. considerando 7 della direttiva sull’indicazione dei prezzi.
(11) A norma della direttiva sui diritti dei consumatori (direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64)], come modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161, per beni si intende «a) qualsiasi bene mobile materiale; l’acqua, il gas e l’elettricità sono considerati beni a norma della presente direttiva quando sono messi in vendita in un volume delimitato o in quantità determinata; b) qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale impedirebbe lo svolgimento delle funzioni del bene (“beni con elementi digitali”);».
(12) Cfr. comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’applicazione della direttiva 1998/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori [COM(2006) 325 definitivo, pag. 4].
(13) A norma della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, questi ultimi devono sempre essere informati dell’identità dell’ effettivo professionista (per ulteriori informazioni, cfr. orientamenti relativi alla direttiva sui diritti dei consumatori).
(14) Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II») (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 40).
(15) Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1).
(16) Cfr. in particolare articoli 34 e 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(17) https://ec.europa.eu/info/law/law-topic/consumer-protection-law/unfair-commercial-practices-law/unfair-commercial-practices-directive_en.
(18) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
(19) Prima che la direttiva (UE) 2019/2161 modificasse la direttiva sull’indicazione dei prezzi, la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva confermato, nella causa Commissione europea/Regno del Belgio, C-421/12, ECLI:EU:C:2013:769, l’impossibilità per gli Stati membri di adottare norme nazionali più vincolanti in materia di riduzioni di prezzo sulla base della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e della direttiva (originaria) sull’indicazione dei prezzi.
(20) Cfr. anche Corte di giustizia dell’Unione europea, causa Citroën, C-476/14, ECLI:EU:C:2016:527.
(21) Il confronto dei prezzi praticati da professionisti diversi è soggetto altresì alla direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21), che stabilisce le condizioni alle quali è permessa la pubblicità comparativa.
(22) «[I] dati prodotti e forniti in formato digitale» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali (GU L 136 del 22.5.2019, pag. 1).
(23) Direttiva 2011/83/UE.
(24) Cfr. documento di orientamento sulla direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori: https://ec.europa.eu/info/law/law-topic/consumer-protection-law/consumer-contract-law/consumer-rights-directive_en.