5.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 228/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Ascoltare i cittadini d’Europa per un futuro sostenibile (Sibiu e oltre)»

(2019/C 228/06)

Relatori: Vladimíra DRBALOVÁ

Peter SCHMIDT

Yves SOMVILLE

Decisione dell’Ufficio di presidenza

16.10.2018

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

Adozione in sessione plenaria

20.3.2019

Sessione plenaria n.

542

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

217/6/8

Ascoltare i cittadini d’Europa per un futuro sostenibile

1.   Introduzione

1.1

Grazie alla diversità dei suoi membri, il CESE funge da ponte tra le istituzioni dell’UE e i cittadini europei e, in quanto tale, intende proporre un’ambiziosa visione per il futuro, nella quale l’Europa è leader mondiale in materia di sviluppo sostenibile.

1.2

La creazione dell’Unione europea è uno dei progetti sociali, economici e di pace di maggiore successo della storia europea. La nostra Europa si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della non-discriminazione, della tolleranza, della giustizia, della solidarietà e della parità tra uomini e donne, della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze (1). Tali valori devono continuare a essere al centro delle politiche e dello sviluppo dell’UE in futuro.

1.3

Sette decenni di pace e stabilità in Europa rappresentano uno straordinario traguardo di portata storica. Un traguardo reso possibile dal progetto europeo e dalla costruzione dell’Unione europea, che hanno creato un’unione tra i popoli d’Europa riunendo, passo dopo passo, gli Stati europei attorno a un obiettivo comune. Ciò spiega perché l’UE è ancora un progetto interessante per i paesi candidati e per i paesi che partecipano alla politica di vicinato dell’UE. Tuttavia, l’Europa deve essere preparata ad affrontare i nuovi sviluppi geopolitici. Il CESE dovrebbe contribuire a sensibilizzare sul fatto che la pace non può essere data per scontata per sempre.

1.4

Il mercato unico, in tutte le sue dimensioni economica, sociale e ambientale, è al centro dell’integrazione europea. Pertanto, dovrebbe poter generare crescita sostenibile e innovazione, attirare investimenti e promuovere la competitività sostenibile delle sue imprese sui mercati globalizzati. Tuttavia, è anche importante riconoscere che l’impatto positivo del mercato unico non si è diffuso in maniera uniforme e che non tutti i cittadini riescono a beneficiare della ricchezza da esso prodotta.

1.5

Crescita sostenibile significa che la crescita non dovrebbe fondarsi solo sulla quantità, ma anche (e in realtà persino di più) sulla qualità, il che significa: i) nessuno sfruttamento dell’ambiente o del lavoro, ii) condizioni di vita eque, iii) crescita economica misurata sulla base non solo dei flussi annuali, ma anche delle riserve di ricchezza e della loro distribuzione, iv) soddisfacimento dei bisogni di tutti nel limite delle risorse del pianeta, v) sviluppo di economie che ci consentono di prosperare, indipendentemente dalla loro crescita o meno, e vi) un flusso chiuso relativo al ciclo delle entrate tra nuclei familiari, imprese, banche, governo e commercio, che operi in modo sociale ed ecologico. L’energia, i materiali, il mondo naturale, la società umana, il potere e la ricchezza che condividiamo: tutti questi elementi sono assenti nel modello attuale. Il lavoro non retribuito dei prestatori di assistenza, principalmente le donne, è ignorato, sebbene nessuna economia potrebbe funzionare senza di loro (2).

1.6

La competitività sostenibile è invece un modello che trova un equilibrio tra prosperità economica, questioni ambientali e inclusione sociale. In questo contesto, l’indice di competitività globale adeguato alla sostenibilità deve tenere conto di due nuove dimensioni: quella ambientale e quella sociale (3).

1.7

Le quattro libertà, ovvero libera circolazione di merci, persone, servizi e capitale, che insieme consentono commercio e sviluppo economico, occupazione, creatività e innovazione, scambi di competenze e sviluppo di infrastrutture in zone remote, sono l’essenza dell’Europa. Il buon funzionamento delle libertà economiche e quello delle norme in materia di concorrenza vanno di pari passo con i diritti sociali fondamentali, ma non dovrebbero indebolirli.

1.8

Ciononostante, l’UE deve ancora fare i conti con sfide eccezionali, interne ed esterne, in campo economico, sociale, ambientale e politico (4), che ne minacciano l’esistenza: protezionismo nel mercato unico, disuguaglianze sociali, populismo, nazionalismo ed estremismo (5), mutamenti radicali sulla scena geopolitica e cambiamenti tecnologici di grande portata.

1.9

Il clima in rapido cambiamento, la drastica riduzione della biodiversità, altri rischi ambientali e l’incapacità collettiva di elaborare politiche efficaci rappresentano anch’essi una minaccia fondamentale per la popolazione, l’economia e gli ecosistemi europei. Per tale motivo abbiamo bisogno di una forte strategia dell’UE per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Le società più eque registrano migliori risultati ambientali e una maggiore capacità di aumentare progressivamente la propria sostenibilità.

1.10

Vi è una chiara necessità di soddisfare la domanda di posti di lavoro di qualità da parte dei cittadini in tutta l’Europa, in particolare nelle regioni con elevati tassi di disoccupazione, segnatamente quella giovanile, o che attraversano cambiamenti strutturali. Tale aspetto impone a tutti (istituzioni, governi, parti sociali e altre organizzazioni della società civile) l’obbligo di ridefinire un’Europa sostenibile volta a incentivare la creazione di posti di lavoro di qualità.

1.11

È urgentemente necessario migliorare l’accesso ai mercati del lavoro stabilendo una correlazione tra la creazione di impieghi di qualità e sistemi di istruzione potenziati, volta a dotare le persone di competenze adeguate, ad esempio tramite il sistema duale.

1.12

La dimensione sociale e quella ambientale sono intrecciate, e l’economia deve essere il fattore che consente il rinnovo sociale, economico e culturale, non da ultimo tramite la promozione e lo sviluppo di competenze chiave e una maggiore diversificazione. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite deve incoraggiare il settore privato a contribuire al conseguimento degli obiettivi di sostenibilità in campo economico, sociale e ambientale, promuovendo in tal modo una crescita equa e sostenibile caratterizzata dal benessere per tutti e dalla protezione dei diritti sociali, umani e del lavoro (6).

1.13

La dimensione culturale, in tutta la sua diversità, del progetto europeo deve inoltre essere pienamente riconosciuta in tutte le politiche dell’UE. Ciò implica la comprensione e la promozione del patrimonio culturale, l’integrazione di una dimensione culturale e creativa nell’istruzione e il sostegno alla creazione contemporanea, quale fattore di coesione e sviluppo.

1.14

La sostenibilità è un processo lungimirante che deve essere guidato da una chiara fermezza politica e dalla determinazione di plasmare un’Unione europea sostenibile orientando le nostre economie verso un futuro resiliente e cooperativo, efficiente in termini di risorse, a basso tenore di carbonio e socialmente inclusivo (7), in cui i comportamenti, le azioni e le decisioni di governi, imprese, lavoratori, cittadini e consumatori sono determinati dalla realizzazione dei loro effetti economici, ambientali e sociali in modo responsabile.

Il CESE sollecita innanzitutto una strategia globale per la sostenibilità nell’attuazione dell’Agenda 2030, garantita da un ambizioso bilancio dell’UE.

La competitività e la sostenibilità non sono in contrapposizione, purché gli aspetti sociali e ambientali rientrino pienamente nel concetto di competitività. Quest’ultima non deve essere definita unicamente da quantità e prezzi, ma di preferenza tenendo conto anche dei valori europei, della qualità e della sostenibilità, nel quadro di un mercato unico pienamente sviluppato e ben funzionante.

L’Europa ha bisogno di un nuovo modello di crescita, che sia qualitativamente diverso da quelli precedenti, che sia maggiormente inclusivo sul piano sociale e sostenibile sotto il profilo ecologico, e in grado di incoraggiare e accompagnare la convergenza delle transizioni digitali ed ecologiche nei nostri paesi e nelle nostre società.

Gli investimenti sostenibili sono uno strumento fondamentale per guidare e promuovere il rafforzamento della leadership dell’Europa verso una società sostenibile. Devono stimolare la creazione di posti di lavoro di alta qualità, le energie rinnovabili, i sistemi d’istruzione, trasporti pubblici verdi accessibili, anche sul piano dei prezzi, la tecnologia digitale a progettazione ecocompatibile, la ricerca e l’innovazione.

Se la competitività e la sostenibilità economica del sistema europeo sono ridefinite nel rispetto dei limiti del nostro solo e unico pianeta, le imprese europee devono adempiere il loro ruolo e le loro responsabilità e agire da leader agli occhi del resto del mondo.

2.   Europa dei cittadini

2.1

L’Europa è percepita dai cittadini europei sempre meno come una soluzione e sempre più come un problema. Il nazionalismo e il protezionismo sono minacce attuali. Confrontata con la perdita di identità e valori e avendo trascurato la dimensione culturale del progetto europeo, l’Europa non riesce a trovare risposte adeguate alle questioni locali e mondiali.

2.2

È molto importante riconoscere le legittime preoccupazioni dei cittadini e incoraggiare la loro partecipazione democratica, specialmente in riferimento ai giovani. È fondamentale migliorare e riformare i meccanismi partecipativi e i processi consultativi attualmente esistenti nell’UE. Le questioni giovanili sono integrate, tra l’altro, nel pilastro europeo dei diritti sociali, nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.

Il dialogo civile strutturato deve diventare un reale strumento di partecipazione democratica, come sancito dall’articolo 11, paragrafi 1 e 2, del Trattato sull’Unione europea (TUE) (8).

Il CESE, in quanto rappresentante istituzionale dell’UE della società civile organizzata, continuerà a svolgere un ruolo attivo nel processo di elaborazione delle politiche.

Anche l’iniziativa dei cittadini europei, prevista dall’articolo 11, paragrafo 4, del TUE, e primo strumento partecipativo transnazionale nel mondo, necessita di ulteriore sostegno e miglioramento. Da parte sua, il CESE si è battuto per una serie di norme più semplici e comprensibili per la sua attuazione (9) e funge da mediatore tra la Commissione e i cittadini, in particolare tramite l’organizzazione del convegno annuale per la Giornata dell’iniziativa dei cittadini europei e fornendo assistenza e sostegno agli organizzatori di tale iniziativa.

I giovani devono essere coinvolti e partecipare al processo politico europeo (10) grazie alla promozione di un impegno civico più ampio, anche attraverso il voto, l’attività di volontariato, l’adesione a organizzazioni giovanili e la partecipazione alla democrazia sul luogo di lavoro e al dialogo sociale (11). Il CESE promuoverà la partecipazione dei giovani alle sue attività e creerà eventi destinati ai giovani, quali «La vostra Europa, la vostra opinione!» (Your Europe, Your Say!) e il premio per i giovani imprenditori.

È opportuno adottare misure per garantire una maggiore responsabilità e trasparenza dei processi decisionali delle istituzioni dell’UE e dei governi nazionali, coinvolgendo anche il livello regionale e locale, al fine di conquistare il sostegno dei cittadini, ad esempio riformare i metodi di lavoro del Consiglio per migliorare la trasparenza e risolvere le questioni di responsabilità e trasparenza legate all’ampio ricorso ai «triloghi» chiusi prima dell’adozione di atti in prima e seconda lettura nell’ambito della procedura legislativa ordinaria (12) (13).

È opportuno creare meccanismi istituzionali per aumentare l’impatto dei pareri del CESE sulla definizione delle politiche e sui processi decisionali dell’UE, ad esempio migliorando il monitoraggio del seguito dato ai pareri del Comitato e tramite la conclusione di un accordo di cooperazione con il Consiglio dell’UE al fine di garantire, tra l’altro, la trasmissione sistematica ai gruppi di lavoro del Consiglio di informazioni relative ai pareri del Comitato.

È fondamentale ottenere il sostegno pubblico per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per un nuovo accordo sociale.

3.   Europa sociale

3.1

Il modello sociale europeo dovrebbe fornire una solida ed equa protezione a tutti i cittadini, riducendo al contempo la povertà e fornendo opportunità affinché tutti prosperino. Redditi dignitosi dovrebbero ridurre il divario tra chi è abbiente e chi è svantaggiato e assicurare una vita di qualità. Tutti dovrebbero poter beneficiare di condizioni di lavoro dignitose, uguaglianza, maggiore benessere e minori disparità in materia di salute all’interno dei diversi paesi, tra di essi e tra le generazioni. Inclusione e protezione sociali, posti di lavoro di elevata qualità, parità di genere, sanità pubblica e assistenza sanitaria di buona qualità e accessibili, anche sul piano dei prezzi, accesso ad alloggi economicamente accessibili e di qualità, giustizia ambientale, istruzione pubblica di qualità e accesso equo alla cultura: questi devono essere i principi fondamentali alla base dei programmi politici nazionali ed europei.

È indispensabile un nuovo «accordo sociale» che offra a tutti i cittadini una società più giusta ed equa. Per tali motivi il CESE chiede un programma di azione sociale al fine di recepire l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite a tutti i livelli.

Il CESE sollecita un miglioramento generale dei sistemi d’istruzione e maggiori investimenti in essi e sostiene il diritto universale all’apprendimento permanente che consenta ai cittadini di acquisire competenze, di riqualificarsi e di migliorare le proprie competenze; maggiori investimenti nelle istituzioni, nelle politiche e nelle strategie che accompagneranno le persone durante le future transizioni lavorative e attuazione di un’agenda trasformativa e misurabile per la parità di genere: a tutti questi elementi occorre dare ampio sostegno (14).

Le politiche pubbliche e le misure legislative devono garantire che tutti i cittadini e i residenti europei godano dello stesso livello di protezione e possano esercitare i loro diritti e le loro libertà fondamentali. L’UE deve migliorare le proprie politiche e azioni per assicurare la parità di genere, oltre a garantire che tutti coloro che subiscono molteplici forme di discriminazione abbiano pari opportunità all’interno della società.

Nel contesto delle crescenti preoccupazioni per la divergenza dei progressi degli Stati membri, le misure volte a garantire un salario minimo e un reddito minimo, nel quadro di un processo di convergenza sociale nell’UE, possono costituire un importante elemento di protezione sociale. Questo contribuirebbe a conseguire un tenore di vita dignitoso in tutti i paesi, favorendo inoltre il sostegno alla crescita e una migliore convergenza, o evitando divergenze, all’interno dell’UE (15).

Una transizione sostenibile richiede investimenti in sistemi di protezione sociale efficaci e integrati in grado di offrire servizi di qualità (16).

Il dialogo sociale e solidi sistemi di contrattazione collettiva tra le parti sociali dovrebbero prevalere quali strumenti chiave per anticipare e gestire le transizioni e i mutamenti.

Le misure di cui sopra dovrebbero contribuire a creare condizioni di parità per facilitare la piena attuazione del mercato unico.

4.   Ambiente sostenibile

4.1

I rischi ambientali continuano a dominare i risultati del Global Risks Perception Survey (indagine sulla percezione dei rischi globali). Quest’anno essi costituivano tre dei cinque principali rischi in termini di probabilità e quattro in termini di impatto. Le condizioni meteorologiche estreme erano il rischio che suscitava maggiori timori, ma gli intervistati hanno espresso la loro crescente preoccupazione per il fallimento della politica ambientale: dopo essere sceso in classifica in seguito all’accordo di Parigi, il «fallimento della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamento a essi» quest’anno è balzato nuovamente in seconda posizione in termini di impatto (17).

4.2

In un pianeta morto non vi saranno né vita, né occupazione, né imprenditorialità. La drastica riduzione della biodiversità e i cambiamenti climatici significano pertanto che per l’UE è un prerequisito assoluto creare posti di lavoro di alta qualità (18) e fornire soluzioni vantaggiose per i datori di lavoro, i lavoratori e gli altri rappresentanti della società civile. Ritardare l’adattamento, o non agire affatto, potrebbe aumentare sostanzialmente il costo totale dei cambiamenti climatici (19) e le loro conseguenze fatali per la biodiversità, umanità compresa.

4.3

Il progetto di patto europeo finanza-clima è in discussione ormai da diversi anni. Tale patto consentirebbe all’UE di mantenere la propria leadership nello sviluppo sostenibile e nella lotta ai cambiamenti climatici (20).

Tale strategia deve assicurare che almeno l’accordo di Parigi sia pienamente e immediatamente attuato e che si rifletta nell’allineamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE per il 2030 e il 2050 all’impegno di limitare l’aumento della temperatura a un massimo di 1 °C e in politiche ambiziose dell’Unione in materia di clima, compreso un rapido abbandono dei combustibili fossili, passando dall’efficienza energetica a un calo assoluto dell’impiego di energia. L’UE dovrebbe accelerare la transizione giusta e sostenibile verso un approvvigionamento composto al massimo livello possibile da energie rinnovabili (21) che siano pulite, economicamente accessibili, che sostengano la proprietà da parte della comunità e non causino povertà energetica o minino la competitività sostenibile delle imprese europee a livello mondiale.

Il patto finanza-clima deve comprendere tutti gli aspetti della politica in materia di cambiamenti climatici, quali una transizione giusta per mitigare gli effetti dei cambiamenti e compensare i danni e le perdite, nonché politiche reali di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il CESE ribadisce l’invito a sviluppare una politica alimentare globale (22) dell’UE, con l’obiettivo di fornire un’alimentazione sana a partire da sistemi alimentari sostenibili, di collegare l’agricoltura all’alimentazione e ai servizi ecosistemici, nonché di garantire catene di approvvigionamento che tutelino la salute pubblica per tutti i settori della società europea. È fondamentale una distribuzione equa del valore aggiunto lungo la filiera alimentare.

L’agricoltura potrebbe essere parte della soluzione tramite la mitigazione dei cambiamenti climatici (economia circolare, stoccaggio di CO2 ecc.), dato che interessa un’enorme parte del territorio europeo. Inoltre, l’agricoltura sostenibile svolge un importante ruolo nel mantenimento del tessuto socioeconomico delle zone rurali.

L’UE deve trasformare l’economia lineare in un’economia circolare e priva di carbonio. Le politiche in materia di economia circolare dovrebbero garantire la lunga durata, la scala ridotta, la dimensione locale e la pulizia dei cicli. Per alcune attività industriali specifiche, i cicli hanno a volte la tendenza ad essere lunghi (23).

Dovrebbero essere stabilite e applicate norme comuni per l’aria e l’acqua pulite e per proteggere i nostri oceani. Devono essere attuate misure ambiziose per fermare la deforestazione e la perdita della biodiversità in Europa e a livello mondiale, nonché per porre fine allo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, anche nel Sud del mondo. È opportuno adottare provvedimenti per allineare i livelli di consumo europei alla capacità di produrre della Terra, anche tramite l’attuazione di strategie di sufficienza (24).

5.   L’imprenditoria europea quale leader globale sostenibile più forte

5.1

L’attività imprenditoriale consente lo sviluppo sociale e ambientale, e la competitività sostenibile è una precondizione necessaria affinché le imprese svolgano il proprio ruolo nella società. Esse operano sempre più in modo sostenibile, in base alle loro circostanze e risorse specifiche e in collaborazione con i loro portatori di interessi, al fine di monitorare, valutare e comunicare l’impatto sulla dimensione sociale e ambientale, sulla protezione dei consumatori e sui diritti umani delle loro attività. Nelle sue politiche, l’Europa deve pertanto adottare un approccio conforme alla sua ambizione di diventare leader mondiale in materia di sviluppo sostenibile. Tra le imprese europee vi sono già capofila in questo ambito, ma essi devono essere più ambiziosi e trasmettere tale cultura della sostenibilità lungo le catene del valore, incoraggiando in particolare le PMI.

5.2

Una moltitudine di nuovi modelli sta trasformando le relazioni tra produttori, distributori e consumatori. Alcuni di questi modelli (quali l’economia funzionale, l’economia collaborativa e la finanza responsabile) cercano di affrontare altre sfide chiave per le persone e il pianeta che sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile, quali la giustizia sociale, la governance partecipativa e la conservazione delle risorse e del capitale naturale.

La quarta rivoluzione industriale in corso sta modificando radicalmente l’economia globale, in particolare il settore manifatturiero e i servizi collegati alle industrie. L’Europa ha bisogno di una vera e propria trasformazione digitale per riconquistare competitività sostenibile a livello mondiale e creare crescita e posti di lavoro sostenibili. L’Europa necessita di un cambiamento generale per diventare la regione digitale più dinamica del mondo, tenendo conto della natura globale dell’economia digitale e dell’integrazione delle imprese nelle catene del valore mondiali.

Il sostegno a tali modelli innovativi offre all’Unione europea l’opportunità di divenire leader in materia di modelli economici sostenibili innovativi che uniscono in modo indissociabile le nozioni di prosperità economica, protezione sociale di qualità e sostenibilità ambientale e che definiscono un «marchio europeo».

Le imprese europee devono rimanere fattori di innovazione e creatività e rispettare le rigide norme in materia di lavoro, consumatori e ambiente in tutta Europa. L’elaborazione intelligente delle politiche e la buona governance sono importanti per definire il giusto contesto, ma sono le imprese con i loro dipendenti, in stretta collaborazione con la comunità scientifica e della ricerca, che offrono innovazione e soluzioni capaci di rispondere ai bisogni della società.

Un clima imprenditoriale che contribuisce a preparare il futuro è fondato su mercati aperti e sulla concorrenza leale, in cui gli aspetti sociali e ambientali rientrano nella sua definizione, e crea le condizioni propizie per fare impresa.

Devono essere messi a disposizione orientamento e sostegno per consentire a tutte le imprese, e in particolare alle PMI, di adottare la digitalizzazione, invertendo i trend di investimenti inadeguati in tecnologia e innovazione tramite la sensibilizzazione, l’incentivazione di finanziamenti, l’appoggio all’attività di R&S e gli investimenti in competenze adeguate.

6.   Commercio libero ed equo

6.1

La politica commerciale dell’UE è un fattore fondamentale che si applica all’Unione nel suo complesso e unisce tutti gli Stati membri. La politica commerciale ha aiutato l’UE ad aumentare la propria prosperità tramite scambi commerciali con un’ampia gamma di partner. Oggi l’UE è una delle principali forze del commercio mondiale, con oltre 30 milioni di posti di lavoro legati al commercio internazionale (25), un ruolo di primo piano negli scambi di servizi e significativi avanzi commerciali relativi alle merci, ad esempio con gli USA (oltre 107,9 miliardi di EUR nei primi 11 mesi del 2018). Contemporaneamente, l’UE incarna e promuove, attraverso il commercio, i valori di inclusione sociale e tutela ambientale, fondamentali per plasmare una globalizzazione sostenibile; in altre parole, una forma di globalizzazione che offrirà benefici non solo a grandi imprese e investitori, ma anche alla gente comune, ai lavoratori, agli agricoltori, ai consumatori e alle PMI.

6.2

L’UE mira a promuovere (a livello multilaterale, bilaterale e unilaterale) una visione della politica commerciale che coniuga il tradizionale approccio mercantilista all’accesso al mercato (aspetti tariffari e non tariffari) con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, in linea con la lotta ai cambiamenti climatici.

6.3

La politica commerciale dell’Unione ha rafforzato il ruolo della società civile durante la fase negoziale e di attuazione grazie ai contributi dei gruppi consultivi interni. Il CESE sostiene la professionalizzazione di tutte le organizzazioni che consentono ai cittadini di far sentire maggiormente la propria voce nella determinazione del contenuto degli accordi commerciali e di avere un maggiore controllo sul rispetto degli impegni e delle norme «qualitativi» (26) da parte dei partner commerciali.

Proprio come la sua diplomazia e la sua politica di vicinato, la politica commerciale dell’UE deve riflettere i suoi valori interni di leader mondiale in materia di sostenibilità ed essere coerente con essi. L’Unione dovrebbe poter conservare la sua competitività e gestire le sue alleanze con i partner chiave, mantenendo, rafforzando e migliorando al contempo il suo modello basato su norme rigorose in campo ambientale e sociale.

Il CESE sollecita in particolare un’agenda ambiziosa in materia di politica commerciale a tutti e tre i livelli, unilaterale, bilaterale e multilaterale: una politica che crei crescita e occupazione nell’UE e che promuova contemporaneamente, a livello mondiale, una politica commerciale basata sulle regole.

In ambito unilaterale, l’Unione dovrebbe modernizzare e migliorare il sistema di preferenze generalizzate (SPG) e il meccanismo «Tutto tranne le armi» (EBA) al fine di incoraggiare il progresso dei paesi meno sviluppati e in via di sviluppo.

In termini bilaterali, l’UE dovrebbe continuare ad aprire nuovi mercati e ad aumentare le opportunità imprenditoriali e la soddisfazione dei consumatori con un numero maggiore di partner, garantendo al contempo il rispetto di rigorose norme sociali e ambientali nell’agricoltura, nell’industria e nei servizi.

In ambito multilaterale, l’Unione dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella riforma dell’OMC al fine di evitare la paralisi dell’organo d’appello in seno all’organo di conciliazione. Il CESE ha recentemente adottato una serie di proposte ambiziose e lungimiranti per tale riforma nel breve e medio termine (27). Esse mirano a garantire che l’OMC, l’unico guardiano del commercio internazionale, contribuisca in modo fondamentale al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), mantenga la coerenza tra le regole commerciali e le norme internazionali del lavoro e faciliti il rispetto degli impegni assunti con l’accordo di Parigi.

L’apertura agli scambi richiede strumenti di difesa commerciale efficaci e un meccanismo di controllo operativo per gli investimenti esteri diretti in settori strategici dell’UE, allo scopo, ovviamente, di proteggere l’UE e i suoi consumatori, i suoi lavoratori e le sue imprese da pratiche commerciali sleali e predatorie.

È fondamentale rafforzare la cooperazione a livello internazionale con tutte le organizzazioni pertinenti (OCSE, UNECE, ILO, OMC ecc.) al fine di affrontare in modo efficiente le sfide globali, tra cui cambiamenti climatici, povertà, frode, evasione fiscale e attacchi informatici.

7.   Beni e servizi pubblici

7.1

In base al principio 20o del pilastro europeo dei diritti sociali «Ogni persona ha il diritto di accedere a servizi essenziali di qualità, compresi l’acqua, i servizi igienico-sanitari, l’energia, i trasporti, i servizi finanziari e le comunicazioni digitali» (28). Tali servizi non possono funzionare solo in base a norme comuni in materia di concorrenza e mercato: sono fondamentali regole specifiche per garantire che ogni cittadino abbia accesso a prezzo abbordabile ai suddetti servizi, considerati essenziali e riconosciuti come valori comuni dell’Unione (29).

Le autorità pubbliche devono contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile tramite i loro contratti di appalti pubblici applicando in modo proattivo i criteri ambientali e sociali in materia di appalti, quali definiti nella nuova normativa europea sugli appalti pubblici.

I servizi pubblici di base (30), quali istruzione, sanità, assistenza all’infanzia e trasporti pubblici, e i beni pubblici, quali acqua potabile pulita, aria pulita e suolo incontaminato ecc., devono essere accessibili a tutti, a prezzo abbordabile.

8.   Equità fiscale

8.1

La politica fiscale dell’UE si articola in due componenti: l’imposizione diretta, che rimane di esclusiva competenza degli Stati membri, e l’imposizione indiretta, che agisce sulla libera circolazione delle merci e sulla libera prestazione dei servizi nel mercato unico. Per quanto riguarda l’imposizione diretta, l’UE ha tuttavia stabilito alcune norme armonizzate per l’imposizione delle società e delle persone fisiche, mentre gli Stati membri hanno adottato misure comuni per prevenire l’elusione fiscale e la doppia imposizione. Ciononostante, l’UE deve continuare a promuovere un sistema fiscale equo, che imponga alle persone fisiche e a quelle giuridiche di versare le imposte sul reddito e sui profitti in misura proporzionale. Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, l’UE coordina e armonizza la normativa sull’imposta sul valore aggiunto (IVA) e sulle accise, garantendo che la concorrenza nel mercato interno non sia falsata da variazioni delle aliquote delle imposte indirette e da sistemi che conferiscono alle imprese di un determinato paese un vantaggio indebito rispetto agli altri.

8.2

La mancanza di trasparenza, la discriminazione, la distorsione della concorrenza e le pratiche fiscali dannose aumentano le disuguaglianze economiche e riducono gli investimenti e l’occupazione, provocando insoddisfazione sociale, sfiducia e un deficit democratico. Per questo motivo, una politica fiscale europea equa dovrebbe essere attuata nel rispetto, e non in contraddizione, della strategia globale di sostenibilità al fine di promuovere la convergenza economica e sociale, la coesione sociale e gli investimenti nello sviluppo sostenibile.

La necessaria riforma dell’Unione economica e monetaria (UEM) dovrebbe comprendere un maggiore coordinamento fiscale tra i suoi membri e una rappresentanza unificata dell’euro nelle organizzazioni internazionali.

Il CESE sostiene una tassazione equa e la lotta contro la frode, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro e le pratiche finanziarie dei paradisi fiscali; un obiettivo comune delle istituzioni, dei governi e delle imprese dell’UE deve essere quello di lavorare insieme per mettere in atto meccanismi efficaci, come le due direttive anti-elusione (31).

Il coordinamento nella lotta contro la frode e l’evasione fiscale dovrebbe comprendere misure contro l’erosione della base imponibile delle società e il trasferimento degli utili: in base ai calcoli della Commissione europea, prima che si cominciasse ad attuare le misure, tali pratiche determinavano una perdita di 50-70 miliardi di EUR l’anno. Secondo le stime, l’IVA non riscossa sarebbe pari a circa 150 miliardi di EUR l’anno.

L’UE deve cooperare con altre regioni economiche per combattere efficacemente la corruzione e l’evasione fiscale in tutto il mondo e per garantire che le norme internazionali in materia di imposta sulle società siano chiare, trasparenti, obiettive e prevedibili.

I cittadini chiedono sempre più spesso che la tassazione sia utilizzata per garantire la coesione sociale, per combattere il riscaldamento globale e per promuovere la crescita sostenibile.

Il CESE sollecita misure fiscali efficaci e coordinate per garantire che tutte le imprese versino la loro giusta quota di imposte e contribuiscano ai bilanci pubblici nazionali ed europei per consentire ai governi di soddisfare i diritti sociali (32). Il CESE sostiene la proposta della Commissione relativa all’istituzione di una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB) (33).

I nuovi modelli commerciali basati sulle piattaforme via Internet e su altri strumenti digitali hanno spinto le società a fare meno assegnamento sulla presenza fisica in un dato paese. A giudizio del CESE, è estremamente importante elaborare nuovi principi su come attribuire gli utili delle imprese a un paese dell’UE e tassarli, in concertazione con i partner commerciali, nonché partecipare attivamente alle discussioni in corso a livello di OCSE/G20 su un accordo globale sull’economia digitalizzata, al fine di evitare qualsiasi inasprimento delle tensioni commerciali e fiscali tra i principali attori economici del mondo (34).

9.   Governance

9.1

Orientare la trasformazione verso lo sviluppo sostenibile richiede un nuovo approccio alla governance e norme e strumenti nuovi per la definizione e l’attuazione delle politiche dell’UE. Lo sviluppo sostenibile richiede un approccio olistico e politiche intersettoriali per garantire che le sfide economiche, sociali e ambientali siano affrontate insieme.

L’UE deve garantire che tutte le sue politiche interne ed esterne siano coerenti e in linea con gli OSS in modo da tenere debitamente conto dell’efficienza, della proporzionalità e della sostenibilità.

Un altro modo per garantire una maggiore integrazione dello sviluppo sostenibile nelle politiche europee è utilizzare gli strumenti per una migliore regolamentazione della Commissione europea. Tutte le valutazioni di impatto della Commissione devono esaminare l’impatto ambientale, climatico, sociale ed economico, affinché la sostenibilità sia inclusa e tenuta in debita considerazione. Anche nelle valutazioni ex post è necessario analizzare queste tre dimensioni secondo un approccio fortemente integrato. È inoltre necessario consultare le parti sociali, nel rispetto delle disposizioni del Trattato che chiedono la consultazione specifica delle parti sociali in relazione alla legislazione su questioni sociali (articolo 154, paragrafo 2); le consultazioni con il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato europeo delle regioni e i parlamenti nazionali rientrano anch’esse tra gli strumenti per una migliore regolamentazione, al fine di soddisfare il requisito di inclusività al centro dell’Agenda 2030.

Tenendo conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile, la piattaforma REFIT e le valutazioni d’impatto devono contribuire a garantire che la legislazione sia favorevole a imprese e cittadini. Tali strumenti dovrebbero, in futuro, continuare a utilizzare tutte le fonti disponibili, compresa la società civile, per valutare la modalità con cui migliorare l’efficacia e l’efficienza della normativa dell’UE in considerazione dei suoi obiettivi. Essi dovrebbero contribuire a un ampio miglioramento normativo dello sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni, finalizzato non solo a semplificare e ridurre gli oneri superflui e a garantire l’efficace conseguimento degli obiettivi legislativi senza ridimensionarli, ma anche a contribuire a riesaminare, convalidare, modificare, migliorare o applicare meglio la normativa vigente.

Il semestre europeo, quale quadro di governance economica dell’UE, riserva una certa attenzione all’occupazione e alle prestazioni sociali, ma non considera in misura sufficiente i pericoli derivanti dai cambiamenti climatici e i progressi dell’UE verso il raggiungimento degli obiettivi di Parigi, come indicato nell’Analisi annuale della crescita 2019 (35). Il CESE sollecita una strategia di sviluppo sostenibile lungimirante radicata in un ciclo di sviluppo sostenibile, basato su indicatori e obiettivi sociali, economici e ambientali complementari.

Il dialogo sociale deve essere riconosciuto come strumento di attuazione dell’agenda per lo sviluppo. Esso richiede un contesto favorevole e un quadro istituzionale efficace, che abbia come punto di partenza il rispetto della libertà di associazione e del diritto alla contrattazione collettiva. L’UE dovrebbe collaborare con le parti sociali per promuovere pratiche sane in materia di relazioni industriali e un’amministrazione del lavoro che funzioni in modo agevole.

L’Unione europea dovrebbe rafforzare i propri legami con gli Stati membri e riconquistare la fiducia dei propri cittadini tramite la corretta attuazione di un approccio di sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD), che consenta uno sviluppo locale integrato e il coinvolgimento dei cittadini e delle loro organizzazioni a livello di base. Il CESE è convinto che il CLLD possa essere uno strumento europeo efficace di sviluppo locale in grado di offrire numerosi vantaggi (36).

10.   Un approccio globale alla politica migratoria

10.1

Il dibattito sul futuro di un’Europa sostenibile non può ignorare l’approccio europeo in materia di migrazione. L’andamento demografico indica che l’Europa avrà bisogno dei migranti, del loro talento, delle loro competenze e del loro potenziale imprenditoriale. Vi è una necessità urgente di modificare la narrazione e le politiche sulla migrazione in base a una più stretta collaborazione con i paesi terzi, al fine di garantire un dibattito razionale fondato sui fatti. I rifugiati e i migranti andrebbero visti non come una minaccia, ma come un’opportunità per il modello economico e sociale europeo (37). A tal fine abbiamo bisogno di un approccio globale e di una strategia per la migrazione.

L’UE dovrebbe adottare politiche e misure tese a favorire una migrazione sicura, ordinata e regolare, nonché a rafforzare l’inclusione e la coesione sociale. L’UE dovrebbe lavorare in stretto coordinamento con l’ILO riguardo alla migrazione per lavoro e ai programmi di integrazione.

Il CESE chiede che i rifugiati abbiano accesso a vie sicure e legali per entrare nell’UE. Tutti gli Stati membri e i portatori di interessi, europei e nazionali, devono adottare un approccio coordinato, basato su una responsabilità condivisa, un’equa ripartizione, un’impostazione convergente e il rispetto dei diritti fondamentali, al fine di prevedere più opzioni per la riunificazione familiare, la ricollocazione e il reinsediamento.

La non integrazione comporta rischi e costi economici, socioculturali e politici, pertanto gli investimenti nell’integrazione dei migranti costituiscono la migliore assicurazione contro potenziali costi, tensioni e problemi in futuro.

L’integrazione è un processo bidirezionale, e la comunità ospitante e i migranti hanno diritti e doveri; pertanto le responsabilità devono essere condivise tra le due parti. Non è né equo né sostenibile aspettarsi che i nuovi arrivati si integrino da soli in presenza di notevoli barriere sociali, culturali ed economiche. Per agevolare questa integrazione bidirezionale, le politiche pubbliche dovrebbero affrontare i timori, le preoccupazioni e le inquietudini delle diverse fasce della popolazione nelle società dell’UE per prevenire narrazioni anti-UE e xenofobe. A tal fine, le politiche pertinenti dovrebbero includere un insieme chiaro, coerente e motivato di obblighi, ma dovrebbero al tempo stesso denunciare con coerenza la retorica e i comportamenti anti-migrazione.

La guerra, i cambiamenti climatici e la mancanza di prospettive nei paesi terzi possono dar luogo a un costante e persino crescente afflusso di rifugiati e migranti. La limitazione dei fattori che spingono alla migrazione in generale costituisce una sfida di portata mondiale. La migrazione di tutti i tipi (anche dei rifugiati climatici) aumenterà a causa del crescente fenomeno degli sfollati. Per tale motivo l’UE deve essere meglio preparata a coordinare la loro distribuzione tra gli Stati membri. Il CESE ha già sottolineato come i processi economici squilibrati possano accentuare la destabilizzazione in tale contesto. Esso pertanto ritiene che il Trattato di Lisbona fornisca un mandato sufficientemente ampio per riesaminare la politica di immigrazione al fine di regolamentare lo status delle «persone sfollate per motivi ambientali».

11.   Il bilancio dell’UE

11.1

Il CESE riconosce l’alto valore aggiunto europeo dei programmi in cui le proposte della Commissione per il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 concentrano i principali aumenti di spesa (R+S+I, Erasmus+). Il Comitato esprime tuttavia dubbi per il fatto che tali aumenti sono realizzati apportando forti tagli al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), alla politica di coesione e alla politica agricola comune (PAC), per effetto dello sforzo di riduzione del bilancio dell’UE, che passa dall’1,16 % del reddito nazionale lordo (RNL) dell’UE a 27 nell’attuale bilancio a solo l’1,11 % nel QFP post 2020.

11.2

Il CESE esprime dubbi sui tagli proposti relativi agli impegni previsti per la PAC. Questi tagli renderanno impossibile attuare un modello di sviluppo rurale sostenibile, che rappresenta un obiettivo globale della nuova riforma della PAC, e impediranno di realizzare altri obiettivi inclusi nella recente comunicazione della Commissione sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura.

11.3

Purtroppo, la proposta della Commissione appare eccessivamente orientata verso il mantenimento dello status quo e il CESE si rammarica per lo sfasamento tra la natura e la dimensione delle nuove sfide che si presentano all’UE, e le sue ambizioni, e le risorse che essa ha a disposizione per superarle.

11.4

La mancanza di fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche nazionali ed europee porta all’ascesa di movimenti politici che mettono in discussione i valori e i principi democratici e la stessa UE. Alcuni di tali movimenti politici fanno oggi parte dei governi di alcuni Stati membri dell’UE.

Per affrontare le priorità economiche, sociali e ambientali, nuove e attuali, in questo momento politicamente critico l’UE necessita di un forte bilancio. La proposta della Commissione relativa al QFP 2021-2027 è modesta e poco ambiziosa. Come il Parlamento europeo e il Comitato europeo delle regioni, il CESE invita a fissare le risorse all’1,3 % dell’RNL e a far derivare le entrate per lo più dalle risorse proprie dell’Unione, stabilendo i livelli impositivi proposti dal gruppo ad alto livello sulle risorse proprie, presieduto da Mario Monti (38).

Il CESE ritiene che le risorse debbano essere trasferite agli Stati membri conformemente ai criteri di giustizia distributiva al fine di riprendere il cammino di convergenza economica e sociale interrotto dalla crisi (39).

Il CESE ritiene necessario che il prossimo QFP aumenti i finanziamenti per consentire i) l’attuazione da parte degli Stati membri della Dichiarazione di Göteborg sul pilastro europeo dei diritti sociali al fine di stimolare la creazione e di posti di lavoro di qualità nel contesto dello sviluppo sostenibile, ii) la realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e iii) l’attuazione dell’accordo di Parigi volto a promuovere transizioni eque verso società ecologiche e digitalizzate.

L’UE ha bisogno di bilanci ambiziosi, strumentali a politiche atte a sviluppare una chiara strategia di rafforzamento dell’Unione, con maggiore integrazione, più democrazia, maggiore sostegno alle organizzazioni della società civile, sia all’interno che all’esterno dell’Unione, maggiore appoggio alle imprese nell’affrontare le sfide ambientali e digitali, una dimensione sociale più forte e un maggior sostegno alla vita rurale. Solo in questo modo l’UE può limitare e battere le forze centrifughe interne e affrontare i rischi geopolitici esterni.

Il CESE sostiene la proposta che subordina il ricevimento di finanziamenti dell’UE da parte degli Stati membri al rispetto del principio dello Stato di diritto, un pilastro fondamentale dei valori dell’Unione conformemente all’articolo 2 del TUE.

12.   Comunicazione

12.1

Persino i concetti e i programmi politici più ambiziosi a livello dell’UE non contribuiranno a colmare l’attuale divario tra l’Unione e i suoi cittadini se non sono comunicati in modo adeguato.

12.2

Tale sfasamento tra le iniziative, le attività e le decisioni a livello di UE e la loro percezione da parte dei cittadini porta a un circolo vizioso di cittadini non informati o male informati, con la conseguenza che il populismo si sta intensificando nella maggior parte degli Stati membri. Contemporaneamente, osserviamo l’emergere di un sentimento anti-europeo in alcune fasce della popolazione, fattore che compromette il costante lavoro di costruzione del progetto europeo.

12.3

È pertanto necessaria con urgenza una strategia di comunicazione globale comune a tutte le istituzioni dell’UE, a tutti i livelli, compresi tutti gli attori della società civile, al fine di contrastare tale mancanza di informazione, nonché le informazioni deliberatamente fuorvianti.

12.4

Una politica di comunicazione efficace deve assumere i contorni di un reale dialogo tra coloro che trasmettono le informazioni e coloro che le ricevono, al fine di evitare un approccio dall’alto verso il basso.

12.5

Informazioni sostanziali, attendibili e interessanti sui temi europei aiutano a creare consapevolezza e interesse generale riguardo alle questioni europee.

12.6

Il CESE, quale ponte tra l’UE e i cittadini europei, tramite i suoi 350 membri, dovrebbe fungere da mediatore di tali misure coordinate. La diversità dei membri del CESE costituisce un grande vantaggio per raggiungere un numero massimo di cittadini in tutta Europa. In particolare, si dovrebbe prestare più attenzione ai giovani.

Il ruolo cruciale del CESE nel colmare il divario con i cittadini europei deve essere meglio riconosciuto e sostenuto dall’UE.

L’Unione deve inoltre decentralizzare i dialoghi con i suoi cittadini, in modo che i comuni e le regioni possano iniziare a sviluppare un’identità e uno scopo condivisi di livello europeo.

Le politiche dell’UE dovrebbero essere molto più ricettive alle proposte di cittadini, comunità e organizzazioni della società civile, dando loro una ragione per partecipare.

Il CESE dovrebbe valutare ogni anno l’attuazione delle politiche dell’UE negli Stati membri sulla base degli obiettivi strategici stabiliti nel presente parere, al fine di fornire risposte concrete ai cittadini sull’impatto dell’appartenenza all’UE nella loro vita quotidiana.

Bruxelles, 20 marzo 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Trattato sull’Unione europea, articolo 2.

(2)  Questa definizione di crescita sostenibile è di Kate Raworth, dell’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford, e deriva dal suo concetto di «economia della ciambella» (doughnut economics), che costituisce un’alternativa radicale rispetto all’economia della crescita e il nuovo modello economico sostenibile per il XXI secolo che potrebbe contribuire a porre fine alle disuguaglianze — https://www.kateraworth.com/doughnut/.

(3)  Tale definizione si basa sul lavoro di Sten Thore e Ruzanna Tarverdyan sulla competitività sostenibile: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0040162516000664?via%3Dihub.

(4)  Parere del CESE del 18 ottobre 2017 sul tema La transizione verso un futuro europeo più sostenibile — Una strategia per il 2050 (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44).

(5)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 25 ottobre 2018, sull’aumento della violenza neofascista in Europa.

(6)  Parere del CESE, del 7 dicembre 2017, sul tema Il ruolo fondamentale del commercio e degli investimenti nel conseguire e attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (GU C 129 dell’11.4.2018, pag. 27).

(7)  Parere del CESE, del 21 settembre 2016, sul tema Sviluppo sostenibile: una mappatura delle politiche interne ed esterne dell’UE (GU C 487 del 28.12.2016, pag. 41).

(8)  Parere del CESE, del 14 novembre 2012, sul tema Principi, procedure e azioni per l’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 1 e 2 del Trattato di Lisbona (GU C 11 del 15.1.2013, pag. 8).

(9)  Parere del CESE del 13 luglio 2016 sul tema L’iniziativa dei cittadini europei (GU C 389 del 21.10.2016, pag. 35).

(10)  Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, su un piano di lavoro dell’Unione europea per la gioventù per il 2016-2018; Eurochild Child Participation Strategy (strategia di Eurochild di partecipazione dei minori), del 5 aprile 2017; Programma delle nazioni unite per la gioventù — Youth Participation in Development — Summary Guidelines for Development Partners (Partecipazione giovanile allo sviluppo — sintesi degli orientamenti per i partner dello sviluppo).

(11)  Parere del CESE, del 18 ottobre 2018, sulla comunicazione della Commissione Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell’UE per la gioventù (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 142).

(12)  Parere del CESE, del 17 settembre 2015, sul tema Migliorare il Trattato di Lisbona (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 183).

(13)  Risoluzione del CESE, del 5 luglio 2017, sul Libro bianco della Commissione sul futuro dell’Europa e oltre (GU C 345 del 13.10.2017, pag. 11).

(14)  ILO Global Commission on the Future of Work (commissione globale sul futuro del lavoro dell’ILO) — Work for a brighter future (Lavorare per un futuro più roseo), del 22 gennaio 2019.

(15)  Parere del CESE, del 20 febbraio 2019, sulla comunicazione della Commissione Analisi annuale della crescita 2019 — Per un’Europa più forte di fronte all’incertezza globale (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24).

(16)  Documento di riflessione della Commissione europea Verso un’Europa sostenibile entro il 2030, del 30 gennaio 2019.

(17)  The Global Risk Report 2019 per il Forum economico mondiale — sintesi e commenti.

(18)  Parere del CESE, del 25 gennaio 2017, sul tema Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10).

(19)  OCSE — Relazione dal titolo The Economic Consequences of Climate Change (Le conseguenze economiche dei cambiamenti climatici), del 2 settembre 2016.

(20)  Parere del CESE, del 17 ottobre 2018, sul Patto europeo finanza-clima ( GU C 62 del 15.2.2019, pag. 8 ).

(21)  Parere del CESE, del 2 luglio 2015, sul tema Il protocollo di Parigi — Piano particolareggiato per la lotta contro il cambiamento climatico oltre il 2020 (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 74).

(22)  Parere del CESE, del 6 dicembre 2017, sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale nell’UE (GU C 129 dell’11.4.2018, pag. 18).

(23)  Parere del CESE, del 27 aprile 2016, sul tema Pacchetto sull’economia circolare (GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98).

(24)  Manifesto for a Sustainable Europe for its Citizens (Manifesto per un’Europa sostenibile a beneficio dei suoi cittadini), del 28 settembre 2018.

(25)  Comunicazione della Commissione, del 14 ottobre 2015, dal titolo Commercio per tutti.

(26)  Parere del CESE, del 23 gennaio 2019, sul tema Il ruolo dei gruppi consultivi interni nel monitoraggio dell’attuazione degli accordi di libero scambio (GU C 159 del 10.5.2019, pag. 28).

(27)  Parere del CESE, del 23 gennaio 2019, sul tema Riformare l’OMC per adattarsi all’evoluzione del commercio mondiale (GU C 159 del 10.5.2019, p. 15).

(28)  Tali servizi, descritti dalla Commissione come «essenziali», e di cui il 20o principio non fornisce un elenco esaustivo, rientrano tra i «servizi di interesse generale» soggetti a obblighi di servizio pubblico. La nozione di «servizi essenziali» non esiste nel diritto dell’UE, che tratta solo di servizi pubblici (trasporti) e servizi di interesse generale (economico, non economico).

(29)  Il CESE sta attualmente elaborando un parere d’iniziativa sul tema Promuovere i servizi essenziali per una migliore attuazione del pilastro sociale nel quadro del suo contributo al vertice di Sibiu e oltre.

(30)  Parere del CESE, del 17 ottobre 2018, sul tema Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo Plus (FSE+) (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 165).

(31)  Parere del CESE, del 20 settembre 2017, sul tema Un regime fiscale favorevole alla concorrenza leale e alla crescita economica (GU C 434 del 15.12.2017, pag. 18).

(32)  Cfr. la nota 31.

(33)  Parere del CESE, del 20 settembre 2017, sul tema Base imponibile (consolidata) comune per l’imposta sulle società (GU C 434 del 15.12.2017, pag. 58).

(34)  Parere del CESE, del 12 luglio 2018, sul tema Tassazione degli utili delle multinazionali nell’economia digitale (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 73).

(35)  Cfr. la nota 22.

(36)  Parere del CESE, del 7 dicembre 2017, sul tema Vantaggi di un approccio di sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) per lo sviluppo locale e rurale integrato (GU C 129 dell’11.4.2018, pag. 36).

(37)  Parere del CESE, del 12 dicembre 2018, sul tema I costi della non immigrazione e non integrazione (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 1).

(38)  Final report and recommendations of the High Level Group on Own Resources on the Future financing of the EU (Relazione finale e raccomandazioni del gruppo ad alto livello sulle risorse proprie sul futuro finanziamento dell’UE) — dicembre 2016.

(39)  Parere del CESE, del 19 settembre 2018, sul tema Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 4, del Regolamento interno):

a)   Punto 1.5

Modificare come segue:

Crescita sostenibile significa che la crescita non dovrebbe fondarsi solo sulla quantità, ma anche – e in realtà persino di più – sulla qualità, il che significa: i) nessuno sfruttamento dell’ambiente o del lavoro, ii) condizioni di vita eque, iii) crescita economica misurata sulla base non solo dei flussi annuali, ma anche delle riserve di ricchezza e della loro distribuzione, iv) soddisfacimento dei bisogni di tutti nel limite delle risorse del pianeta, v) sviluppo di economie che ci consentono di prosperare, indipendentemente dalla loro crescita o meno, e vi) un flusso chiuso relativo al ciclo delle entrate tra nuclei familiari, imprese, banche, governo e commercio, che operi in modo sociale ed ecologico. L’energia, i materiali, il mondo naturale, la società umana, il potere e la ricchezza che condividiamo: tutti questi elementi sono assenti nel modello attuale. Il lavoro non retribuito dei prestatori di assistenza, principalmente donne, viene ignorato, sebbene nessuna economia potrebbe funzionare senza di loro. Con il concetto di crescita sostenibile si intende una crescita che tiene conto di considerazioni di ordine non solo economico, ma anche sociale e ambientale. Negli ultimi anni sono stati presentati modelli economici di diversi tipi, ad esempio l’«economia della ciambella» (doughnut economics), volta a soddisfare i bisogni essenziali di tutti (basata su 12 «fondamenti sociali») nel limite delle risorse del pianeta (definiti da 9 «limiti del pianeta»). Di conseguenza, sono state avanzate delle proposte per misurare la crescita con indicatori che vanno «oltre il PIL».

Motivazione

L’obiettivo è chiarire il fatto che il testo soppresso non è una definizione comunemente adottata di crescita sostenibile, ma si riferisce al modello economico presentato da Kate Raworth, menzionato nella nota a piè di pagina. Infatti, il testo non descrive l’idea centrale di questo modello «a ciambella», ma mescola i prerequisiti, le caratteristiche, le implicazioni e gli aspetti di misurazione a esso collegati.

Esito della votazione:

Favorevoli

:

75

Contrari

:

132

Astensioni

:

11

b)   Punto 1.6

Modificare come segue:

Il concetto di La competitività sostenibile si riferisce è invece a un modello che trova un equilibrio tra prosperità economica, questioni ambientali e inclusione sociale. In tale contesto, Ciò si rispecchia, ad esempio, nell’indice di competitività globale adeguato alla sostenibilità deve tenere conto di due nuove dimensioni: la dimensione ambientale e la dimensione sociale del Forum economico mondiale.

Motivazione

L’indice di competitività adeguato alla sostenibilità tiene specificamente conto delle dimensioni ambientale e sociale.

Esito della votazione:

Favorevoli

:

64

Contrari

:

147

Astensioni

:

13

c)   Riquadro 1 (dopo il punto 1.14), 2o punto in neretto

Modificare come segue:

La competitività e la sostenibilità non sono in contrapposizione, purché gli aspetti sociali e ambientali siano tenuti pienamente in considerazione nella valutazione dei prodotti e dei servizi sui mercati. rientrino pienamente nel concetto di competitività. Quest’ultima non deve essere definita unicamente da quantità e prezzi, ma di preferenza tenendo conto anche dei valori europei, della qualità e della sostenibilità.

Motivazione

La competitività sui mercati non è determinata da definizioni.

Esito della votazione:

Favorevoli

:

66

Contrari

:

148

Astensioni

:

9

d)   Riquadro 1 (dopo il punto 1.14), 5o punto in neretto

Modificare come segue:

Se la competitività e la sostenibilità economica del sistema europeo sono ridefinite nel rispetto dei limiti del nostro solo e unico pianeta In relazione alla sostenibilità, le imprese europee, i lavoratori, i consumatori e l’intera società civile devono adempiere il loro ruolo e le loro responsabilità e agire da leader agli occhi del resto del mondo.

Motivazione

Tutti gli attori della società civile devono adempiere il loro ruolo e le loro responsabilità. Ciò vale indipendentemente dalle definizioni.

Esito della votazione:

Favorevoli

:

56

Contrari

:

138

Astensioni

:

9