22.3.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 110/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, delle acque e dei rifiuti»

(parere esplorativo)

(2019/C 110/06)

Relatore:

Arnaud SCHWARTZ

Consultazione

Parlamento europeo, 03/05/2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

Parere esplorativo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

17.4.2018 (in previsione della consultazione)

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

27.11.2018

Adozione in sessione plenaria

12.12.2018

Sessione plenaria n.

539

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

117/2/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE plaude all’obiettivo del riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (Environmental Implementation Review, EIR), che è quello di fornire informazioni dettagliate in merito alla situazione di ciascuno Stato membro per quanto riguarda le principali lacune nell’attuazione delle normative ambientali dell’UE, raccomandare azioni volte a rimediare a tali lacune e fornire sostegno agli Stati membri che sono in ritardo sul piano attuativo, in particolare mediante un nuovo strumento inter pares per l’assistenza tecnica.

1.2.

Tuttavia, nel proprio parere sull’argomento (1), il CESE osserva che l’EIR dell’UE mostra che in molti Stati membri la lacunosa, frammentata e disomogenea attuazione della legislazione ambientale europea rappresenta un serio problema. Oggi come ieri, dietro alle cause profonde di queste carenze di attuazione individuate dall’EIR sembra esservi l’assenza di volontà politica, da parte dei governi di molti Stati membri, di considerare un obiettivo politico prioritario il miglioramento sostanziale dell’attuazione e di fornire risorse sufficienti per conseguirlo (per esempio attraverso il quadro finanziario pluriennale — QFP). Il CESE rammenta pertanto che la corretta attuazione dell’acquis dell’Unione in materia ambientale non solo è nell’interesse dei cittadini europei, ma apporta anche vantaggi economici e sociali reali.

1.3.

Allo stesso modo il CESE, come indicato nel suddetto parere (2), riafferma che l’attuazione efficace delle misure di protezione ambientale dipende, in parte, dal conferimento di un ruolo attivo alla società civile: datori di lavoro, lavoratori dipendenti e altri rappresentanti della società. Il CESE reitera quindi la propria richiesta di una partecipazione più robusta e strutturata della stessa, che sarebbe in grado di rafforzare le EIR. Per il CESE, alle organizzazioni della società civile a livello nazionale va data l’opportunità di contribuire, con le loro competenze e conoscenze, alle relazioni per paese, oltre che ai dialoghi nazionali strutturati e al loro monitoraggio. Questo è il motivo per cui il CESE resta pronto ad agevolare il dialogo della società civile a livello dell’UE nel quadro di un’economia realmente sostenibile e circolare.

1.4.

Per migliorare la conformità e la governance ambientali, il CESE, fondandosi sul proprio parere sul piano d’azione dell’UE per migliorare la conformità e la governance ambientali (3), ribadisce ancora una volta che le attuali carenze minano la fiducia dei cittadini nell’efficacia della legislazione europea, e rinnova pertanto la propria richiesta agli Stati membri e alla Commissione di destinare finanziamenti consistenti all’assunzione di personale supplementare incaricato di controllare l’attuazione della governance e della normativa ambientali.

1.5.

Il CESE sottolinea che, in alcuni casi, sono necessari anche investimenti ambientali, campagne di sensibilizzazione dei cittadini o robuste strutture attuative e che, sebbene già esistano gli ispettori ambientali, l’UE e i suoi Stati membri hanno bisogno anche di giudici e pubblici ministeri specializzati.

1.6.

Il CESE rammenta anche che, come segnalato nel parere (4), a completamento delle azioni presso gli Stati membri e le categorie di persone interessate volte a comunicare e a sensibilizzare in merito alle norme da rispettare, occorre adottare misure riguardanti il monitoraggio o l’applicazione, a livello dell’Unione, da parte della Commissione europea nella sua qualità di «custode dei trattati». Il piano d’azione (5) trascura in specie alcuni fattori di mancato rispetto delle norme quali, ad esempio, quelli che dipendono dall’opportunismo o dalla mancanza di volontà politica. Se il sostegno agli Stati membri è senz’altro necessario, il CESE precisa ancora una volta che le misure non vincolanti previste dal piano d’azione proposto non possono essere l’unica strategia per migliorare il rispetto della normativa ambientale.

1.7.

Tanto l’EIR quanto il precitato piano d’azione seguono un ciclo biennale. Il CESE pone di conseguenza l’accento sul fatto che dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel monitoraggio e nella regolare evoluzione del loro contenuto, per far sentire la voce della società civile in questo processo di miglioramento continuo delle politiche ambientali dell’Unione europea.

1.8.

Inoltre, dato che, come mostrato da svariati lavori della Commissione europea, un gran numero di lacune dipende da una mancanza di cooperazione tra i diversi livelli di governance (nazionale, regionale, locale) incaricati dell’attuazione della normativa ambientale, il CESE invita l’UE anche ad includere la società civile nel monitoraggio e nella valutazione continua di tale attuazione.

1.9.

I cittadini dell’Unione reputano che la protezione ambientale rivesta un’importanza capitale. Tuttavia, la maggioranza degli europei ritiene anche che l’Unione e i governi nazionali non facciano abbastanza per proteggere l’ambiente. Di conseguenza, il Consiglio, il Parlamento e la Commissione dovrebbero operare in modo più coordinato, con l’assistenza del CESE, per rispondere alle attese dei cittadini. In particolare, quest’ambizione potrebbe tradursi in una richiesta di un parere esplorativo al CESE sul modo in cui la società civile potrebbe contribuire maggiormente all’elaborazione e all’applicazione della normativa ambientale dell’Unione.

1.10.

Nell’immediato, il CESE chiede alla Commissione di condividere l’elenco delle carenze, individuate dall’EIR per ciascuno Stato membro, nell’attuazione della normativa ambientale dell’Unione in materia di qualità dell’aria, acqua e rifiuti, fondandosi in particolare sulle segnalazioni di cui viene a conoscenza, nonché grazie a una consultazione della società civile organizzata, come pure di definire (e, in seguito, applicare) dei rimedi per correggere tali mancanze. Il CESE, nella misura dei suoi mezzi e delle sue competenze, è pronto a contribuire alla definizione di tali misure, come pure a partecipare alla valutazione della loro futura attuazione.

1.11.

Il CESE ritiene che la Commissione non dovrebbe soltanto presentare proposte di atti legislativi, ma anche agevolare e sostenere l’applicazione delle normative, nonché rendere i testi in essere più coerenti tra di loro e anche più in linea con i progressi scientifici e gli impegni internazionali tesi a proteggere la salute delle popolazioni e a ripristinare un corretto funzionamento degli ecosistemi, senza i quali non è possibile alcuno sviluppo economico né alcuna giustizia sociale. In particolare, l’attuazione della normativa in materia ambientale è fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) e per la messa in pratica degli accordi in materia di clima. Il CESE richiama quindi l’attenzione delle autorità competenti su vari esempi di miglioramento della normativa ambientale in materia di qualità dell’aria, acqua e rifiuti che figurano nel presente parere.

1.12.

Infine, sul modello della recente proposta di direttiva sui prodotti di plastica monouso, sembra scontato che le misure proposte abbiano incontrato un livello elevato di accettazione proprio grazie alle campagne informative e mediatiche sull’inquinamento causato dalla plastica negli oceani, le quali hanno aumentato la consapevolezza dei cittadini rispetto a questo problema. Il CESE reputa che la stessa cosa accada per numerose altre misure in grado di offrire agli abitanti dell’Unione un quadro di vita sano e la possibilità di adattarsi agli squilibri climatici, come pure porre fine al deterioramento della biodiversità. In tal senso, il CESE ribadisce la necessità della partecipazione impegnata della società civile a favore di un’educazione delle popolazioni e l’atteso raddoppiamento degli sforzi di sensibilizzazione complementare dei cittadini, nonché dei soggetti decisori pubblici e privati (in particolare le PMI e le piccole e medie industrie), da parte delle autorità europee, nazionali e locali, su queste grandi sfide del XXI secolo.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) plaude alla volontà di cooperare espressa dal Parlamento europeo (PE) con la sua richiesta del presente parere esplorativo, dedicato all’attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti.

2.2.

L’attuazione della normativa ambientale europea nei succitati ambiti concerne settori che interessano, in particolare, la protezione degli ecosistemi; spiana del pari la strada a nuove opportunità economiche e a sviluppi positivi per la salute degli europei. Detta attuazione non pone soltanto la questione del recepimento delle direttive nel diritto interno (questa costituisce unicamente una prima tappa), ma porta anche all’istituzione delle autorità pubbliche necessarie o alla messa a disposizione dei mezzi esistenti in fatto di risorse umane, competenze e responsabilità, conoscenze tecniche e risorse finanziarie. In numerosi casi, sono necessari investimenti ambientali (pubblici e/o privati: ad esempio, per il trattamento delle acque e dei rifiuti) e, in altri casi, devono essere regolamentate le attività con ripercussioni ambientali negative (ad esempio, per preservare la qualità dell’aria).

2.3.

Il miglioramento dell’attuazione della normativa ambientale dell’UE dovrebbe diventare prioritario in tutti gli Stati membri, e si dovrebbero rafforzare le autorità pubbliche responsabili in materia. In numerosi pareri adottati in passato il CESE ha già formulato raccomandazioni in tal senso e, più in generale, per quanto riguarda l’attuazione della normativa ambientale dell’Unione nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti. Il CESE invita quindi a farvi riferimento, che si tratti di pareri riguardanti l’aria (6), l’acqua (7) o i rifiuti (8).

2.4.

Al di là dei predetti pareri di natura tematica, è altresì opportuno sottolineare che anche pareri del CESE di portata più generale comprendono raccomandazioni in grado di rispondere alla presente richiesta, che siano, ad esempio, pareri inerenti all’accesso alla giustizia (9) o all’attuale attuazione della normativa e della governance (10) e alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori (11), pareri di carattere strategico (12) o ancora riguardanti un quadro geografico più ampio dell’Unione europea e che trattano segnatamente degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) (13), degli accordi di libero scambio (14) o del clima (15).

2.5.

Oltre all’attuazione del diritto in essere, che agevola la creazione di un mercato unico favorevole a una concorrenza libera e non falsata, degna della fiducia dei cittadini produttori o consumatori (un diritto che sia in grado di far valere norme elevate di qualità e sicurezza per la protezione delle popolazioni e del loro ambiente), appare indispensabile cercare di ovviare alle carenze della normativa attuale, garantendo, al tempo stesso, che l’Unione, nel quadro dei negoziati commerciali bilaterali o multilaterali, ottenga sistematicamente una normativa sociale e ambientale equivalente alla propria per i prodotti importati.

2.6.

In tale contesto, occorre pertanto considerare l’insieme delle osservazioni, delle raccomandazioni e delle conclusioni elencate nel presente parere esplorativo non come un rischio bensì come un’opportunità per orientare le nostre attività in modo da generare vantaggi, concorrenziali o cooperativi, che conferiscano senso e futuro sui piani economico, ambientale e sociale.

2.7.

Per concludere rammentiamo, che si tratti di aria, acqua o rifiuti, la necessità di evitare le disparità tra uno Stato membro e l’altro nell’applicazione del diritto europeo, che rischiano di generare distorsioni della concorrenza, disuguaglianze ambientali e sociali o ancora frontiere artificiali che intralciano la gestione delle risorse comuni e, per loro natura, transfrontaliere. Inoltre, per rafforzare l’insieme delle misure in essere e future, occorrerebbe altresì dotarsi dei mezzi per un’armonizzazione fiscale in materia di tasse sugli inquinamenti e le risorse, nonché rispondere alla necessità di calibrare meglio gli strumenti esistenti in funzione delle esternalità da coprire. Le politiche ambientali non devono più fungere da variabile di adeguamento, bensì trasformarsi in una considerevole leva di riorientamento strategico per le attività umane, artigianali, agricole e industriali nell’Unione e, grazie all’effetto del contagio positivo, affermarsi anche in seno alle altre regioni in cui si trovano i suoi partner politici e commerciali.

3.   Osservazioni particolari

3.1.   L’attuazione della normativa ambientale dell’Unione nel settore della qualità dell’aria

Insieme all’acqua, alla natura e ai rifiuti, la qualità dell’aria è uno dei settori che presentano il numero più elevato di casi d’infrazione. Nel maggio 2018 la Commissione ha adottato delle misure per rafforzare l’applicazione contro sei Stati membri che avevano violato le norme dell’UE sulla qualità dell’aria, deferendoli alla Corte di giustizia (16). Il CESE prende atto del fatto che la Commissione sta oggi svolgendo un controllo dell’adeguatezza sulla direttiva in materia di qualità dell’aria valutando i risultati delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente nel periodo 2008-2018. In particolare, gli sforzi volti a migliorare l’attuazione della normativa in materia di qualità dell’aria esterna contribuirebbero all’OSS n. 11 riguardante le città sostenibili.

Per quanto concerne la qualità dell’aria, rammentiamo anche che l’inquinamento atmosferico produce effetti in tre ambiti:

1)

la salute, a un punto tale che l’inquinamento dell’aria interna ed esterna continua a costituire uno dei rischi principali nell’Unione europea (17) e altrove. Si tratta, addirittura, del principale rischio sanitario e ambientale su scala mondiale (18), con 6,5 milioni di decessi prematuri l’anno e un costo elevato per la società, per i sistemi sanitari, per l’economia e per tutti quelli la cui salute ne risulta colpita. In Europa, il numero di morti premature è valutato all’incirca a 400 000 l’anno, secondo una recente relazione della Corte dei conti europea dedicata all’inquinamento atmosferico, la quale osserva che la salute dei cittadini europei non sempre è protetta a sufficienza e che l’azione dell’UE non ha sortito gli effetti previsti;

2)

la biodiversità (effetti su colture, foreste ecc.);

3)

gli edifici attuali e, naturalmente, quelli storici, a loro volta collegati al settore del turismo.

3.1.1.   Aria interna

a)

Per migliorare la qualità dell’aria interna sarebbe opportuno, grazie all’etichettatura, informare il consumatore in merito alle emissioni dei prodotti acquistati, che si tratti, ad esempio, di materiali da costruzione, di prodotti per la decorazione, di arredi oppure di casalinghi. A tale scopo, dopo aver effettuato un raffronto delle normative dei suoi Stati membri, l’Unione si dovrebbe munire di un quadro coerente fondato sulle attuali migliori pratiche.

b)

Trascorsa la fase di costruzione e di consegna di un edificio, occorrerebbe istituire un obbligo di manutenzione e regolare sorveglianza della qualità della ventilazione. Tale monitoraggio degli edifici a lungo termine avrebbe evidentemente ripercussioni positive non solo sul piano sanitario, ma anche a livello energetico.

c)

Al fine di proteggere le categorie vulnerabili della popolazione, il cui apparato respiratorio è indebolito o in fase di sviluppo e necessita di una qualità dell’aria migliore, sarebbe opportuno anche attuare piani d’azione a tale scopo nelle strutture destinate ad accogliere il pubblico e, più specificamente, i bambini in tenera età.

d)

Infine, sarebbe utile armonizzare le pratiche in materia di depurazione dell’aria. L’Unione dovrebbe dare una definizione dei criteri per misurarne l’efficacia e l’innocuità, in particolare per evitare qualsiasi deriva commerciale o persino sanitaria, indotta dalla relativa assenza di norme al giorno d’oggi.

3.1.2.   Aria esterna

a)

Per migliorare la qualità dell’aria e aumentare la fiducia tra cittadini e istituzioni europee, non soltanto occorrerebbe attuare più seriamente la normativa vigente e sanzionarne più severamente le violazioni, ma sarebbe altresì opportuno che le norme stabilite nelle direttive europee tenessero finalmente conto delle raccomandazioni mancanti dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) nei casi in cui queste ultime offrono una maggiore protezione per la salute delle popolazioni.

b)

Oggi vengono monitorati unicamente i particolati PM10 e PM2,5 (scala del micrometro). Tuttavia, in termini sanitari, alcuni tipi di particolato ultrafine (PUF) producono molti più effetti sulla salute (nanoscala) in quanto penetrano molto più in profondità nel corpo umano e possono accumularsi negli organi vitali. Sarebbe pertanto necessario che la normativa europea tenesse conto di questa realtà e prevedesse un monitoraggio di tale particolato, affinché la sua presenza nell’aria sia anch’essa ridotta progressivamente.

c)

Si dovrebbe agire allo stesso modo per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e per diverse altre sostanze inquinanti non ancora oggetto di monitoraggio, in specie quelle legate agli inceneritori, ai trasporti via nave, ai veicoli terrestri, ai macchinari per l’edilizia ecc., tanto più che il continuo progredire delle conoscenze scientifiche e delle capacità tecniche consentirebbe di ottenere già da ora una miglior protezione della salute e degli ecosistemi.

d)

A tal fine, la direttiva sui limiti nazionali di emissione (LNE) (19) è di primaria importanza per fare in modo gli Stati membri riducano le loro emissioni di sostanze inquinanti atmosferiche. Nondimeno, essa propone soltanto misure indicative, in base al principio di sussidiarietà, per far sì che gli Stati membri rispettino gli impegni di riduzione delle emissioni. La flessibilità di attuazione che offre rende tale normativa decisamente troppo debole.

e)

Un altro punto da migliorare risiede nel fatto che tale direttiva non abbia proposto un obiettivo di riduzione delle emissioni di metano, una sostanza inquinante atmosferica che è essenziale in quanto precursore dell’ozono, nonché un potente gas a effetto serra.

f)

Al fine di garantire un’armonizzazione tra le diverse normative europee, la politica agricola comune (PAC) dovrebbe introdurre obiettivi sull’inquinamento atmosferico proveniente dal settore agricolo. Ad esempio, quest’ultimo è responsabile di oltre il 95 % delle emissioni d’ammoniaca, un inquinante che rientra nella direttiva LNE. Affinché gli Stati membri conseguano i loro obiettivi di riduzione in materia, la PAC dovrebbe offrire strumenti adeguati.

g)

Si rammenta infine che la quantificazione degli inquinanti è attualmente basata sul loro peso (in μg/m3), benché, da parecchi anni, i tossicologi sottolineino nelle riunioni scientifiche che sarebbe preferibile quantificarli in numero di particelle. Un simile approccio è ancor più sensato quando ci si interessa agli elementi ultrafini che si respirano (20).

3.2.   L’attuazione della normativa ambientale dell’Unione europea nel settore delle acque

In ordine alla questione dell’acqua, sottolineiamo fin da subito che la direttiva quadro in materia risulta globalmente soddisfacente ma che la sua attuazione rimane insoddisfacente e che la maggior parte degli Stati membri non è riuscita a creare il buono stato ecologico atteso nel 2015. Lo stesso accade per quanto riguarda Natura 2000, dato un generalizzato fallimento dello strumento contrattuale. Possono essere apportate diverse migliorie e novità, legate in specie ai progressi scientifici relativi, da un lato, al funzionamento dei terreni e, dall’altro, alla dispersione e all’interazione di talune sostanze inquinanti. Vi ritorneremo in seguito. I progressi nell’attuazione della legislazione dell’UE in materia di acqua permetterebbero di conseguire diversi traguardi connessi all’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 6 sull’acqua pulita e i servizi igienico-sanitari.

Uno dei settori più critici legati all’acqua è l’attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, nel cui ambito esistono forti differenze in termini di conformità tra gli Stati membri, a causa di una combinazione di questioni di governance e finanziamenti. Malgrado la Commissione abbia compiuto sforzi considerevoli nel corso dell’attuale mandato, esistono ancora notevoli esigenze di finanziamento in questo settore, nonché problemi legati alla governance che devono essere risolti. Sulla base della comprovata esperienza in materia di gestione dei rifiuti solidi, dovrebbero essere messe a punto nuove modalità per rendere i produttori responsabili del finanziamento del trattamento supplementare delle acque reflue teso a catturare gli inquinanti emergenti, quali i prodotti farmaceutici e le microplastiche.

3.2.1.   Acque di superficie

a)

Per migliorare la situazione delle acque di superficie e anche per evitare regressi del diritto e della governance in materia d’ambiente, sarebbe preferibile definire talune nozioni quali, ad esempio, quelle di «continuità ecologica», di «corso d’acqua» e di «zona umida». Ad esempio, è indispensabile che le norme di caratterizzazione delle zone umide siano specificate a livello europeo, tenendo presente che l’unico approccio che si basa sulla finalità della protezione è troppo complesso per essere correttamente recepito nel diritto interno, almeno in taluni Stati membri.

b)

Del pari, sarebbe utile disporre di un quadro unificato che consenta uno svolgimento delle valutazioni chiaro e condiviso dall’insieme degli attori interessati dall’attuazione del diritto in materia.

c)

Che si tratti di nanoparticelle, ad esempio quelle emesse dalle industrie tessili e agroalimentari, oppure di disgregatori endocrini, ad esempio quelli emessi dall’industria farmaceutica e dall’agricoltura, sarebbe opportuno ridurne alla fonte la diffusione nell’ambiente e stabilire dei limiti da non oltrepassare nelle acque di superficie e in quelle sotterranee, visto il loro impatto sugli ecosistemi e, in particolare, sulle catene trofiche che includono gli esseri umani. A tale scopo, sarebbe opportuno dotarsi finalmente dei mezzi per determinare, anche a termine, delle soglie relative all’«effetto cocktail» tra tali sostanze, le varie sostanze già sorvegliate e i loro sottoprodotti di degrado.

3.2.2.   Acque sotterranee

a)

Riguardo alla normativa sull’acqua, le disposizioni relative al recupero dei costi indotti da parte delle diverse categorie di utenti, all’internalizzazione delle esternalità e ad una tariffazione conforme ai costi, quali definite dalla direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (21), non sono né abbastanza vincolanti né sufficientemente precise per poter produrre un effetto adeguato.

b)

Con il cambiamento climatico, la ricarica delle falde acquifere sotterranee può diventare ancora più problematica perché, in certi luoghi, le pratiche urbanistiche o agricole portano a una forma indesiderabile di interruzione del ciclo dell’acqua, a causa dei terreni impermeabilizzati o con attività biologica troppo debole, che favoriscono il ruscellamento, l’erosione e le colate di fango anziché l’infiltrazione, la depurazione e lo stoccaggio naturali. Affinché tali fenomeni non si aggravino ulteriormente, l’Unione dovrebbe finalmente adottare una normativa a favore dei suoli vivi, che avrebbe altresì il vantaggio di rispondere nel contempo a problemi di qualità e quantità di acqua disponibile per gli ecosistemi, il consumo umano e le attività agricole e industriali.

c)

Tenuto conto del ruolo loro proprio nel provocare la pioggia mediante evapotraspirazione, come pure per filtrare, depurare e immagazzinare l’acqua nei terreni e nelle falde freatiche, le foreste e le siepi e anche, in misura minore, i prati permanenti e i terreni coltivati a lungo termine senza aratura dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione ed essere, per quanto possibile, presenti e distribuiti sull’insieme del territorio europeo: a maggior ragione perché rappresentano anche un aiuto non trascurabile per gli altri esseri viventi, compresi i numerosi organismi ausiliari alla coltura, a fronte dei picchi di calore e di altri eventi climatici estremi che si verificano con sempre maggiore frequenza.

3.2.3.   Direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque

Ai fini di una migliore attuazione della direttiva quadro sulle acque, risulterebbe opportuno modificarne il testo per taluni aspetti, già in parte menzionati, riguardo ai seguenti punti:

a)

lo status dell’acqua nel preambolo «l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri» andrebbe sostituito con «l’acqua non è un prodotto commerciale».

b)

L’applicazione dei principi di prevenzione e di precauzione esige, tenuto conto dello stato delle acque in Europa, l’eliminazione di tutte le deroghe, ad esempio quelle che compaiono all’articolo 4, paragrafo 5, o all’articolo 7, paragrafo 4.

c)

A motivo dello stato delle acque, si deve esigere una valutazione ambientale per tutti i progetti che potrebbero nuocere all’acqua e agli ambienti acquatici. Occorrerebbe quindi eliminare la «procedura semplificata di valutazione» (articolo 16).

d)

Il principio «chi inquina, paga» dev’essere rivisto, segnatamente in merito alle sue modalità d’applicazione con:

una riformulazione dell’articolo 9: invece di: «gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”», si dovrebbe scrivere: «gli Stati membri applicano il recupero dei costi diretti e indiretti legati all’impatto delle attività umane sull’acqua, secondo il principio “chi inquina paga”»;

l’eliminazione delle eccezioni di cui all’articolo 9, paragrafo 4;

l’aggiunta di tutti gli ambiti, precisando i tre settori (agricoltura, industria, nuclei familiari) per i quali gli Stati fissano norme volte ad eliminare l’esternalizzazione dei costi. Una relazione annuale specificherebbe, per ogni settore, le modalità di attuazione di tale processo.

e)

Andrebbero anche sostituite tutte le formulazioni del tipo «assicurano che» o «provvedono affinché» con un obbligo reale (ad esempio, all’articolo 11, paragrafo 5, o all’articolo 14, paragrafo 1).

f)

Del pari, appare necessario abbassare le soglie degli inquinanti, anche in combinazione con altre direttive (come quelle sui nitrati, i prodotti chimici ecc.), e aggiornare le sostanze prioritarie (includendo, ad esempio, i composti perfluorurati, le nanotecnologie ecc.).

g)

È necessario migliorare la partecipazione del pubblico (articolo 14) per quanto concerne principalmente le programmazioni. Questa dev’essere ampliata ai programmi di misure di base e complementari, nonché a tutti i controlli amministrativi preliminari.

h)

A proposito del contenzioso (articolo 23), occorrerebbe aggiungere che, in applicazione della convenzione di Århus, gli Stati devono istituire norme e procedure che agevolino l’accesso del pubblico al contenzioso idrico.

3.3.   L’attuazione della normativa ambientale dell’Unione europea nel settore dei rifiuti

La valutazione d’impatto alla base della normativa sui rifiuti, di recente adozione, ha individuato svariati problemi di attuazione: giuridici/normativi, nonché questioni legate alla governance e alla sensibilizzazione. Le lacune nell’attuazione della direttiva quadro sui rifiuti sono spesso dovute alla mancanza di strumenti economici, ad esempio quelli che rendono il riciclaggio più attraente del deposito in discarica. Tuttavia, l’istituzione di strumenti economici di questo tipo può essere problematica per i comuni. In molti casi, gli enti locali non hanno la capacità di tradurre le misure e gli strumenti unionali a livello locale, il che è sintomo di un problema di governance. Anche il rispetto delle norme è un grave problema in svariati Stati membri. Il CESE prende atto del fatto che la Commissione, negli ultimi anni, ha lavorato insieme agli Stati membri per intervenire su tali lacune nell’attuazione, ad esempio fornendo assistenza tecnica e orientamenti specifici sugli aspetti da modificare mediante i due esercizi di promozione della conformità svolti nel 2012 e nel 2015.

Le proposte legislative sui rifiuti recentemente adottate dovrebbero risolvere alcuni dei problemi di attuazione e contribuire al conseguimento dell’OSS n. 12 (Produzione e consumo sostenibili), ma le questioni legate alla governance e all’applicazione devono ancora essere affrontate a livello nazionale. Di concerto con la Commissione, il CESE ha istituito una piattaforma delle parti interessate europee per l’economia circolare che ha già conseguito risultati significativi, facilitando la raccolta, lo scambio e la diffusione di esperienze e di buone pratiche esistenti tra le diverse parti interessate. La piattaforma costituisce uno strumento fondamentale che merita di essere utilizzato più ampiamente per promuovere l’attuazione della legislazione dell’UE in quest’ambito.

3.3.1.   Prevenzione dei rifiuti

a)

La recente revisione della politica in materia di rifiuti (22) è l’occasione per sostenere con vigore misure atte a ridurre le nostre esigenze alla fonte (comprese le esigenze di materie prime e di materie prime secondarie), nonché la generazione di futuri rifiuti, in particolare quelli di natura pericolosa per gli ecosistemi e la salute umana. Ciò significa che occorre mettere in discussione le nostre esigenze e le nostre produzioni, il modo di progettarle, di far durare la loro vita, poi di trasformarle con la minor perdita materiale possibile, poiché essa produce degli effetti, in generale, su ambiente, sovranità energetica e sostenibilità economica.

b)

Per poter parlare di «materiali sostenibili», anziché di «rifiuti», e di un’economia circolare, occorre, fin dalla progettazione delle nostre produzioni, eliminare i componenti che presentano una tossicità o una pericolosità tale da complicare una futura fase di riciclaggio.

c)

In materia d’imballaggi dovrebbe prevalere la sobrietà, e sarebbe utile evolversi al massimo, progressivamente e in modo obbligatorio, onde evitare qualsiasi distorsione della concorrenza, verso differenti sistemi di consegna e riutilizzo, già esistenti o ancora da mettere a punto.

d)

La prevenzione dei rifiuti passa anche per la capacità delle nostre società di riutilizzare e riparare le nostre produzioni. A tal fine sarebbe necessaria una normativa europea ambiziosa che stabilisca obiettivi obbligatori da raggiungere, anziché limitarsi a misure di carattere volontario.

e)

Al fine di sganciare lo sviluppo economico dal consumo delle risorse naturali e dalle ripercussioni ambientali che ne derivano, è necessario che l’Unione si ponga obiettivi più ambiziosi al fine di accrescere l’efficacia dell’utilizzo delle risorse nei nostri sistemi produttivi.

3.3.2.   Gestione dei rifiuti

a)

Per guadagnare e conservare la fiducia della popolazione, sia dei produttori che dei consumatori, occorre che l’economia circolare, tenendo regolarmente conto delle conoscenze scientifiche più recenti, si premunisca contro qualsiasi scandalo futuro, segnatamente sanitario, che potrebbe essere legato alla concentrazione o alla dispersione di inquinanti nei materiali riciclati (bromo o disgregatori endocrini, ad esempio) o nell’ambiente (nanomateriali o microplastiche).

b)

Un simile approccio sarà ancor più credibile ed efficace quando, per migliorare il tasso di riciclaggio di tutti i tipi di materiali, sarà stata messa in atto una tracciabilità dei loro componenti fin dalla fase della produzione e sarà stata garantita la maggiore trasparenza possibile fino al loro incontro con il consumatore.

c)

Lo stesso livello di protezione della salute umana e dell’ambiente deve quindi applicarsi ai materiali riciclati o ai materiali vergini all’interno dell’Unione europea. Nei materiali riciclabili non si dovrebbe permettere che perduri l’utilizzo di prodotti chimici pericolosi in concentrazioni più elevate. Di conseguenza, all’atto della restrizione e della fissazione di limiti per i prodotti chimici nell’ambito del regolamento REACH (23), l’Agenzia europea per i prodotti chimici dovrebbe fissare gli stessi limiti per i materiali riciclati. I materiali che non rispettino i suddetti limiti devono essere trattati in modo tale che la sostanza sia rimossa o resa inammissibile per il riutilizzo o il riciclaggio.

d)

Al di là della progettazione ecocompatibile alla quale gli smartphone e altri prodotti elettrici ed elettronici dovrebbero essere sottoposti, è necessario che l’Unione sviluppi e adotti anche una politica di gestione dei suoi rifiuti degna di tale nome sul suo territorio, anziché lasciare che questi prendano la via dell’estero.

e)

Se si tiene conto dell’analisi del ciclo di vita (ACV), tutte le opzioni di riciclaggio sono superiori all’incenerimento (in specie a causa dell’energia incorporata, nelle materie plastiche, ad esempio), ad eccezione del legno in alcuni casi particolari, nonché di alcuni prodotti/materiali di scarto pericolosi. Tale pratica, alla stregua dell’interramento, deve progressivamente scomparire e devono essere stabiliti obiettivi ambiziosi in tal senso.

Bruxelles, 12 dicembre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere sul tema Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali dell’UE, (GU C 345 del 13.10.2017, pag. 114).

(2)  Cfr. nota a piè di pagina 1.

(3)  Parere sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali, (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83).

(4)  Cfr. nota a piè di pagina 3.

(5)  COM(2018) 10 final.

(6)  Pareri su Un programma «Aria pulita per l’Europa» (NAT/634) (GU C 451 del 16.12.2014, pag.134), e su Liberare l’UE dall’amianto (CCMI/130), (GU C 251 del 31.7.2015, pag. 13).

(7)  Pareri su Un piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia, (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 90), sulla Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani, (GU C 209 del 30.6.2017, pag. 60), e sulla Qualità delle acque destinate al consumo umano, (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 107).

(8)  Pareri sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, (GU C 345 del 13.10.2017, pag. 110); sulle possibili soluzioni all’interazione tra la normativa in materia di sostanze chimiche, prodotti e rifiuti, (GU C 283 del 10.08.2018, pag. 56); su Una strategia europea per la plastica nell’economia circolare (compreso il trattamento dei rifiuti delle navi), (GU C 283 del 10.08.2018, pag. 61); sul ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare, (GU C 345 del 13.10.2017, pag. 102); sul pacchetto sull’«economia circolare» (NAT/676), (GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98).

(9)  Parere sul tema Accesso alla giustizia in materia ambientale, (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 65).

(10)  Cfr. note a piè di pagina 1 e 3.

(11)  Parere sul tema Un «New Deal» per i consumatori, (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 66).

(12)  Pareri su La transizione verso un futuro europeo più sostenibile — Una strategia per il 2050, (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44), e su Nuovi modelli economici sostenibili, (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 57).

(13)  Pareri su Agenda 2030 — Un’Unione europea impegnata a favore dello sviluppo sostenibile a livello globale, adottato il 20 ottobre 2016, (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 58), e su Il ruolo fondamentale del commercio e degli investimenti nel conseguire e attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 27).

(14)  Parere sui Capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE, (GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27).

(15)  Pareri su Il protocollo di Parigi — Piano particolareggiato per la lotta contro il cambiamento climatico oltre il 2020, (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 74), e sulla Giustizia climatica, (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 22).

(16)  http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3450_it.htm.

(17)  Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente.

(18)  Secondo l'OMS.

(19)  Direttiva LNE.

(20)  https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0048969711005730?via%3Dihub.

(21)  Direttiva quadro sulle acque.

(22)  http://ec.europa.eu/environment/waste/target_review.htm.

(23)  Regolamento REACH — Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1, come rettificato nella GU L 136 del 29.5.2007, pag. 3).