21.2.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 66/30


P8_TA(2016)0203

Collaboratrici domestiche e prestatrici di assistenza nell'UE

Risoluzione del Parlamento europeo del 28 aprile 2016 sulle collaboratrici domestiche e le prestatrici di assistenza nell'UE (2015/2094(INI))

(2018/C 066/05)

Il Parlamento europeo,

visto il trattato sull'Unione europea, in particolare il preambolo e gli articoli 3 e 6,

vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare gli articoli 1, 3, 5, 27, 31, 32, 33 e 47,

vista la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica,

vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), in particolare l'articolo 4.1 che vieta la schiavitù e la servitù e l'articolo 14 che vieta la discriminazione,

vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), del 18 dicembre 1979,

vista la Carta sociale europea del 3 maggio 1996, in particolare la parte I e l'articolo 3 della parte II,

vista la comunicazione della Commissione del 6 giugno 2014 relativa a un quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020 (COM(2014)0332),

vista la sua risoluzione del 19 ottobre 2010 sulle lavoratrici precarie (1),

vista la sua risoluzione del 6 luglio 2010 sui contratti atipici, i percorsi professionali garantiti, la flessicurezza e le nuove forme di dialogo sociale (2),

vista la sua risoluzione del 20 settembre 2001 sul mobbing sul posto di lavoro (3),

vista la relazione del 2013 della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) dal titolo «Donne, uomini e condizioni di lavoro in Europa»,

vista la relazione del 2008 di Eurofound dal titolo «misure per lottare contro il lavoro nero nell'Unione europea» e la sua relazione del 2013 dal titolo «Lotta al lavoro sommerso nei 27 Stati membri dell'Unione europea e in Norvegia: approcci e misure dal 2008»,

vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti (4),

vista la comunicazione della Commissione del 24 maggio 2006 dal titolo «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti — Contributo dell'Unione alla realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso nel mondo» (COM(2006)0249),

vista la relazione del 2015 dell'Agenzia per i diritti fondamentali (FRA) dal titolo «Severe labour exploitation: workers moving within or into the European Union. States obligations and victims' rights» (Sfruttamento grave dell'attività lavorativa: lavoratori che si spostano all'interno dell'Unione europea o che vi entrano. Obblighi degli Stati e diritti delle vittime),

vista la relazione del 2011 della FRA dal titolo «Migrants in an irregular situation employed in domestic work: fundamental rights challenges for the European Union and its Member States» (Migranti in situazione irregolare impiegati nel lavoro domestico: sfide ai diritti fondamentali per l'Unione europea e i suoi Stati membri),

vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (5),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 16 ottobre 2014 sullo sviluppo dei servizi alla famiglia come mezzo per aumentare i tassi di occupazione e promuovere la parità di genere sul luogo di lavoro,

vista la sua risoluzione del 9 giugno 2015 su una strategia dell'Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015 (6),

vista la sua risoluzione del 10 marzo 2015 sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2013 (7),

vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini (8),

vista la relazione del 2007 di Eurofound dal titolo «Condizioni di lavoro nell'Unione europea: la prospettiva di genere»,

vista la relazione del 2014 di Eurofound dal titolo «Settore dell'assistenza residenziale: condizioni di lavoro e qualità del lavoro»,

vista la sua risoluzione del 4 febbraio 2014 sulle donne migranti prive di documenti nell'Unione europea (9),

vista la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, del 18 dicembre 1990,

vista la Convenzione europea sullo status giuridico dei lavoratori migranti, del 24 novembre 1977,

vista la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, del 18 aprile 1961,

vista la Convenzione dell'ONU per i diritti delle persone con disabilità, del 13 dicembre 2006,

vista la relazione del 2011 di Eurofound dal titolo «Iniziative aziendali a sostegno dei lavoratori con responsabilità di assistenza nei confronti di bambini o adulti disabili»,

vista la sua risoluzione del 13 settembre 2011 sulla situazione delle donne che si avvicinano all'età pensionabile (10),

vista la relazione congiunta, del 10 ottobre 2014, del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea dal titolo «Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia»,

vista la relazione del 2015 di Eurofound dal titolo «Lavoro e cura: misure di conciliazione in tempi di cambiamento demografico»,

visto il parere della sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza del Comitato economico e sociale europeo, del 26 maggio 2010, su «La professionalizzazione del lavoro domestico» (11),

vista la convenzione n. 189 dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) e la raccomandazione n. 201 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, adottata il 16 giugno 2011 dalla Conferenza internazionale del lavoro dell'OIL,

vista la decisione 2014/51/UE del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'Unione europea, la convenzione del 2011 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) (convenzione n. 189) (12),

vista la sua risoluzione del 12 maggio 2011 sulla proposta di convenzione dell'OIL completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici (13),

viste le relazioni IV(1) e IV(2) dell'OIL dal titolo «Lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici», elaborate in occasione della 99a sessione della Conferenza internazionale del lavoro del mese di giugno 2010, e le relazioni IV(1) e IV(2) (pubblicate in due volumi) dal titolo «Lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici», elaborate in occasione della 100a sessione della Conferenza internazionale del lavoro del mese di giugno 2011,

visto l'articolo 52 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A8-0053/2016),

A.

considerando che, secondo la convenzione n. 189 dell'OIL, «lavoratore domestico» significa ogni persona che svolge un lavoro domestico nel quadro di una relazione di lavoro, per una o più famiglie, mentre una persona che svolge un lavoro domestico in maniera occasionale o sporadica, senza farne la propria professione, non è da considerarsi lavoratore domestico;

B.

considerando che per «assistenza» si intende un lavoro svolto in istituti pubblici o privati o in case private per fornire assistenza personale ai bambini, alle persone anziane, malate o disabili e che il lavoro assistenziale può essere svolto da prestatori di assistenza professionisti che possono essere assunti da enti pubblici o privati o da famiglie o essere autonomi e/o che tale lavoro può essere svolto anche da prestatori di assistenza non professionisti, di solito i familiari;

C.

considerando che i termini «collaboratori domestici e prestatori di assistenza» comprendono diversi gruppi di lavoratori quali, ma non esclusivamente, lavoratori conviventi, lavoratori esterni, lavoratori a ore in diverse famiglie, coadiuvanti familiari, prestatori di assistenza diurni o notturni, baby-sitter, lavoratori alla pari e giardinieri, la cui realtà e le cui condizioni possono variare in maniera significativa;

D.

considerando che il settore del lavoro domestico impiegava nel 2010 oltre 52 milioni di persone in tutto il mondo, secondo i dati dell'OIL, a cui si aggiungono 7,4 milioni di collaboratori domestici di età inferiore ai 15 anni, che rappresentano fra il 5 % e il 9 % di tutti i lavoratori nei paesi industrializzati; considerando che, secondo i dati dell'OIL, la maggioranza dei lavoratori impiegati in questo settore sono donne, che nel 2010 esse rappresentavano l'83 % dei collaboratori domestici nel mondo, che nell'UE essi sono 2,5 milioni e l'88 % di essi sono donne; considerando che questo settore è caratterizzato da una notevole femminilizzazione; considerando che il lavoro domestico e assistenziale contribuisce sensibilmente agli obiettivi della parità di genere della strategia Europa 2020 fornendo efficacemente a molte famiglie dell'UE le infrastrutture necessarie per conseguire l'equilibrio tra vita lavorativa e vita privata;

E.

considerando che professionalizzazione significa garantire ai lavoratori di un determinato settore diritti in termini di occupazione e di protezione sociale; considerando che il lavoro domestico e quello assistenziale possono essere professionalizzati sommando tra loro finanziamenti pubblici (incentivi fiscali), sociali (assegni familiari, aiuti alle imprese, mutue e assicurazione malattia, comitati aziendali, ecc.) e privati (pagamento del servizio da parte dei privati);

F.

considerando che in entrambi i settori sono largamente diffusi il lavoro sommerso e lo sfruttamento;

G.

considerando che il lavoro domestico e di assistenza è caratterizzato principalmente dai seguenti aspetti: instabilità lavorativa, mobilità, flessibilità, stagionalità, rotazione, precarietà, temporaneità e che è prevalentemente non dichiarato;

H.

considerando che, secondo l'OIL, il 29,9 % dei lavoratori domestici è completamente escluso dalla legislazione del lavoro nazionale e a tutt'oggi il lavoro dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza in Europa è regolato molto di rado e in modo non uniforme negli Stati membri, con la conseguenza che i lavoratori domestici spesso non sono considerati lavoratori tipici o in regola e i loro diritti occupazionali e la loro protezione sociale sono gravemente limitati (14);

I.

considerando che i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza che sono esclusi dalle leggi sul lavoro non possono vedersi garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano, devono affrontare una notevole discriminazione per quanto riguarda il livello dei diritti e della tutela loro riservati, rispetto agli standard generali del paese; considerando che, inoltre, essi non hanno il diritto di iscriversi alle organizzazioni sindacali o di partecipare con altri mezzi alla contrattazione collettiva, o non ne sono a conoscenza, o trovano difficoltà a farlo, la qual cosa li rende particolarmente vulnerabili, soprattutto a causa della copertura previdenziale limitata (in particolare i sussidi di disoccupazione, di malattia e di infortunio, nonché il congedo di maternità, il congedo parentale e altre forme di congedo), e della loro frequente esclusione dalla tutela contro il licenziamento;

J.

considerando che per alcuni Stati membri il rispetto e l'applicazione delle leggi nazionali esistenti per la protezione dei diritti del lavoro dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza continuano a essere questioni in sospeso;

K.

considerando che una regolamentazione adeguata del settore contribuirebbe a contrastare il lavoro sommerso;

L.

considerando che alcune misure di sostegno settoriali, quali le detrazioni fiscali svedesi per i servizi domestici, il «voucher di occupazione per servizi» francese o il «voucher di servizio» belga, hanno dimostrato la loro efficacia nel ridurre il lavoro sommerso, migliorare le condizioni di lavoro e garantire i diritti del lavoro ordinario ai collaboratori domestici o ai prestatori di assistenza;

M.

considerando che si stima che la maggior parte dell'assistenza nell'UE viene attualmente fornita da prestatori di assistenza informali e non retribuiti che possono essere considerati un gruppo vulnerabile a causa delle crescenti pressioni per fornire livelli di assistenza più sofisticati e tecnici; considerando che l'80 % di tutti gli operatori assistenziali è rappresentato da donne e che ciò costituisce una sfida ai livelli di occupazione tra le donne, all'equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, all'uguaglianza di genere e all'invecchiamento in buona salute;

N.

considerando che il settore del lavoro domestico, in cui la maggioranza dei lavoratori sono donne, si presta allo sfruttamento dei lavoratori; che tale fenomeno rappresenta una grave violazione dei diritti fondamentali dalla quale devono essere protetti sia i lavoratori in condizioni di irregolarità, sia i cittadini dell'UE;

O.

considerando che la FRA ha ritenuto che il lavoro domestico e assistenziale fosse uno dei settori con maggiori rischi di sfruttamento grave dell'attività lavorativa nell'UE; considerando che questo sfruttamento è spesso indicato dall'assenza di contratti formali o di contratti che non corrispondono ai reali compiti svolti, da retribuzioni eccessivamente basse, da pagamenti irregolari e spesso anche dall'assenza di pagamenti, da orari di lavoro troppo lunghi e dall'assenza di congedi nonché da esperienze di violenze sessuali, razziali e/o sessiste;

P.

considerando che ai collaboratori domestici è spesso chiesto di lavorare ore eccessive e che il 45 % di essi non ha diritto a congedi settimanali o a ferie annuali retribuite (15); considerando che i collaboratori domestici e, in particolare, i prestatori di assistenza conviventi hanno responsabilità e compiti che non consentono loro di prendere un adeguato periodo di riposo consecutivo;

Q.

considerando che oltre un terzo delle collaboratrici domestiche non ha diritto al congedo di maternità e ai relativi diritti e indennità (16) e che in alcuni Stati membri i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza non hanno diritto ai sussidi di disoccupazione;

R.

considerando che in alcuni Stati membri molti posti di lavoro nel settore sanitario e assistenziale sono ancora mal retribuiti, spesso non offrono contratti formali né garantiscono altri diritti fondamentali del lavoro e hanno scarsa attrattiva a causa dell'elevato rischio di stress fisico ed emotivo, del pericolo di logoramento e della mancanza di opportunità di crescita professionale; considerando che il settore offre poca formazione e che inoltre gli occupati sono prevalentemente persone piuttosto anziane, donne e migranti;

S.

considerando che i collaboratori domestici lavorano spesso in condizioni deplorevoli o pericolose o non dispongono della formazione adeguata per svolgere compiti specifici, il che potrebbe causare infortuni sul lavoro; considerando che dovrebbero essere garantite le stesse disposizioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro per tutti i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza, indipendentemente dal tipo di occupazione, vale a dire per i lavoratori formali e per i lavoratori assunti direttamente da famiglie private;

T.

considerando che le peculiarità del luogo di lavoro in cui queste persone svolgono il proprio lavoro non sollevano il datore di lavoro dal rispetto di alcune condizioni di sanità e sicurezza, prevenzione dei rischi, nonché rispetto della privacy di chi pernotta presso il domicilio;

U.

considerando che i lavoratori alla pari costituiscono una categoria di collaboratori domestici che spesso non sono considerati lavoratori regolari; considerando che numerose relazioni indicano che ciò può portare ad abusi, per esempio forzando i lavoratori alla pari a lavorare per un numero eccessivo di ore; considerando che i lavoratori alla pari devono ricevere la stessa protezione degli altri collaboratori domestici;

V.

considerando che la maggior parte dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza sono donne migranti, delle quali una grande percentuale è in situazione irregolare, e che molte sono minori o lavoratrici occasionali o lavoratrici i cui diritti e qualifiche non sono riconosciuti e sono inconsapevoli dei loro diritti, hanno un accesso limitato ai servizi pubblici o incontrano problemi nell'accedere a tali servizi, hanno una conoscenza limitata della lingua locale e non godono di inclusione sociale;

W.

considerando che i lavoratori migranti quali i collaboratori domestici possono essere esposti a molteplici discriminazioni e sono chiaramente vulnerabili a violenze e discriminazioni di genere dal momento che spesso lavorano in condizioni precarie e irregolari; considerando che occorre compiere sforzi concreti per evitare i maltrattamenti, i pagamenti irregolari, i licenziamenti abusivi e gli atti di violenza o di abuso sessuale nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti;

X.

considerando che soprattutto i migranti irregolari che lavorano come collaboratori domestici sono particolarmente esposti al rischio di subire discriminazioni ed essere sfruttati; considerando che, data la propria condizione di irregolarità, tali persone, temendo di essere individuate ed espulse, sono poco propense a difendersi e a chiedere aiuto; considerando che tale situazione è sfruttata a proprio vantaggio da datori di lavoro poco scrupolosi;

Y.

considerando preoccupanti i livelli di discriminazione cui sono esposte le lavoratrici immigrate irregolari, che non denunciano situazioni di abusi, licenziamenti arbitrari, mancato pagamento dello stipendio e violenza, perché non sono a conoscenza dei propri diritti e a causa di barriere quali la lingua o la paura di essere detenute o di perdere il lavoro;

Z.

considerando che le donne migranti spesso decidono, o sono portate a farlo, di cercare lavoro nel settore del lavoro domestico e assistenziale in quanto tali occupazioni sono considerate temporanee e scarsamente qualificate;

AA.

considerando che la crescita della domanda di lavoro domestico e assistenziale ai bambini, ai disabili e agli anziani ha portato alla crescente femminilizzazione della migrazione verso l'Europa;

AB.

considerando che le donne migranti sono spesso costrette a ricorrere al lavoro sommerso;

AC.

considerando che le agenzie intermediarie sono talvolta collegate alla tratta delle donne e alle reti di lavoro forzato o ad altre attività criminali che implicano l'assunzione illegale delle donne e il loro sfruttamento sotto forme diverse; considerando che i dati Eurostat mostrano che l'80 % delle vittime registrate della tratta è rappresentato da donne, mentre il 19 % è vittima dello sfruttamento del lavoro, incluso il lavoro domestico;

AD.

considerando che occorre prestare attenzione al lavoro minorile, alle molestie e all'ampia negazione dei diritti dei lavoratori nel settore del lavoro domestico;

AE.

considerando che l'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro è un passo importante verso l'inclusione sociale e culturale;

AF.

considerando che l'onere della responsabilità dei lavori domestici è molto superiore per le donne di quanto non lo sia per gli uomini e non viene valutato in termini monetari o in termini di riconoscimento del suo valore; considerando che il tasso d'occupazione delle donne è correlato alle loro responsabilità familiari; che oltre 20 milioni di europei (di cui due terzi sono donne) si fanno carico di persone dipendenti adulte, la qual cosa impedisce loro di esercitare un'attività professionale a tempo pieno aumentando pertanto il divario retributivo di genere e determinando un maggiore rischio di povertà in età avanzata per le donne vicine alla pensione;

AG.

considerando che, nonostante risulti dalle tendenze che circa il 20 % della popolazione europea supera i 65 anni e si stimi che questo tasso raggiungerà il 25 % nel 2050, circa l'80 % del tempo dedicato ad assistere un anziano o una persona disabile, vale a dire vari giorni a settimana oppure ogni giorno, viene ancora messo a disposizione da prestatori di assistenza informali e/o familiari e che, nonostante il crescente numero di prestatori di assistenza, nell'UE, l'assistenza informale è principalmente fornita da donne (solitamente mogli, figlie di mezza età o nuore) di età compresa tra i 45 e i 75 anni;

AH.

considerando che la crisi ha ridotto gli investimenti pubblici nel settore dell'assistenza, il che ha costretto molte persone, in gran parte donne, a ridurre la giornata lavorativa o a rimanere a casa per prendersi cura delle persone non autosufficienti, degli anziani, dei malati o dei figli;

AI.

considerando che il numero crescente di anziani, la diminuzione del numero di persone in età lavorativa e i vincoli ai bilanci pubblici stanno avendo un forte impatto sui servizi sociali e considerando che ciò avrà altresì un impatto sulle persone che devono conciliare il lavoro e le responsabilità assistenziali spesso in circostanze difficili;

AJ.

considerando che la crisi finanziaria e sociale hanno gravemente colpito i suoi cittadini e residenti, aggravando la precarietà del lavoro, la povertà, la disoccupazione e l'esclusione sociale e portando a un accesso limitato o nullo ai servizi di assistenza sociale e domestici;

AK.

considerando che, nella maggior parte degli Stati membri, gli attuali modelli politici per l'assistenza a lungo termine non sono adatti a soddisfare le esigenze delle nostre società che invecchiano e che la maggior parte degli Stati membri non ha ancora affrontato la sfida demografica nell'ambito delle proprie iniziative politiche;

AL.

considerando che le abitudini, gli usi e le forme familiari hanno avuto un'evoluzione notevole, il che ha inevitabilmente generato nuove esigenze in termini di assistenza e di sostegno all'interno delle famiglie moderne, soprattutto nel caso delle donne che lavorano fuori casa e delle famiglie monoparentali;

AM.

considerando che molte persone non autosufficienti vivono anche in zone caratterizzate dalla mancanza di risorse pubbliche, dall'isolamento o da altre circostanze che rendono difficile accedere agli operatori professionisti o agli istituti di assistenza pubblici o privati e che tali persone non autosufficienti possono essere seguite solo da operatori non professionisti che, molto spesso ma non sempre, sono i familiari;

AN.

considerando che diversi Stati membri sono privi di un servizio di assistenza di qualità disponibile per tutti, indipendentemente dal reddito, vale a dire i servizi devono essere accessibili ed economici per tutti gli utenti e le loro famiglie;

AO.

considerando che l'aumento delle liste di attesa per ricevere servizi di sostegno e assistenza sta aumentando la dipendenza dai collaboratori domestici e dai prestatori di assistenza, spesso condannando le persone che dipendono da questi servizi alla povertà e all'emarginazione;

AP.

considerando che l'adeguata protezione delle persone disabili, degli anziani, dei malati, delle persone non autosufficienti e dei minori è uno dei principi fondamentali dell'Unione e che il lavoro domestico e di assistenza è un settore essenziale per garantirne la salvaguardia;

AQ.

considerando che il diritto a una serie di servizi di sostegno domiciliari, residenziali o basati sul territorio, compresa l'assistenza personale, è sancito dagli articoli 19 e 26 della Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità;

AR.

considerando l'importante ruolo sia economico che sociale svolto da collaboratori domestici e prestatori di assistenza di sesso femminile, che consentono soprattutto alle donne che fanno ricorso ai loro servizi di avanzare nella carriera e trarre vantaggio dalla loro vita sociale e di conciliare meglio lavoro e vita privata, ma anche a molte persone di rendersi disponibili sul mercato del lavoro;

AS.

considerando l'importanza economica del settore, che offre opportunità di lavoro a una percentuale elevata della forza lavoro, in particolare alle persone meno qualificate;

AT.

considerando che il lavoro domestico e di assistenza è un settore che genera occupazione; che è necessario che esso sia un'occupazione di qualità, dal momento che grazie al lavoro svolto dai lavoratori di questo settore, molte persone possono essere economicamente e socialmente attive fuori casa;

AU.

considerando che, per assumere collaboratori domestici e prestatori di assistenza, in alcuni Stati membri dell'UE, si ricorre, in molti casi, ad accordi bilaterali tra il lavoratore e il proprietario di casa o la persona a carico, anziché a strumenti formali quali le strutture statali o aziende e imprese;

AV.

considerando che i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza hanno diritto a una vita dignitosa, tenendo conto della loro necessità di svolgere un lavoro di qualità, di condurre una buona vita familiare e di godere di un corretto equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, in particolare nel caso dei collaboratori domestici conviventi, e devono godere degli stessi diritti sociali e lavorativi degli altri lavoratori;

AW.

considerando che la convenzione n. 189 dell'OIL e la raccomandazione n. 201 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici rappresentano un insieme storico di norme internazionali volte a migliorare le condizioni di lavoro di decine di milioni di collaboratori domestici su scala mondiale; considerando che la maggior parte dei collaboratori domestici sono donne e che le nuove norme di cui alla convenzione n. 189 dell'OIL costituiscono un passo importante verso la parità di genere nel mondo del lavoro e garantiscono alle donne parità di diritti e tutela secondo la legge; che, tuttavia, dei 22 Stati che hanno ratificato la convenzione a tutt'oggi, solo 6 sono Stati membri (Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia e Portogallo);

AX.

considerando che la Convenzione 189 dell'OIL è volta a garantire un riconoscimento giuridico al lavoro domestico, a estendere i diritti a tutti i collaboratori domestici e a prevenire le violazioni e gli abusi;

AY.

considerando che 48 Stati hanno già ratificato la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990) e che altri 18 l'hanno firmata, ma che nessuno Stato membro dell'UE l'ha finora firmata o ratificata;

AZ.

considerando che i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza contribuiscono in maniera significativa ai regimi di protezione sociale, ma che il loro ruolo è spesso sottovalutato, incompreso o escluso da qualsiasi riforma in merito a dette tematiche;

BA.

considerando che i rapporti lavorativi cui sono soggetti i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza variano notevolmente da uno Stato membro all'altro, passando dai lavoratori migranti senza contratto, sottopagati, non dichiarati e in posizione irregolare, al lavoro domestico e assistenziale prestato come servizio sociale pubblico o privato fornito da aziende, agenzie, associazioni e cooperative o come lavoro diretto offerto da privati;

BB.

considerando che nel settore del lavoro domestico e, in particolare, in quello dei prestatori di assistenza nell'UE lavorano anche uomini, che richiedono gli stessi livelli di protezione e sostegno, evitando qualsiasi tipo di discriminazione sulla base del genere e garantendo la parità di opportunità nel mercato del lavoro, così come riconosciuto dagli articoli 19 e 153 TFUE rispettivamente;

BC.

considerando che la maggior parte dei datori di lavoro dei collaboratori domestici non ha alcuna comprensione dei loro obblighi e diritti;

BD.

considerando che le ispezioni sul lavoro spesso non riguardano il lavoro domestico a causa dell'assenza di monitoraggio del settore nella maggior parte degli Stati membri;

BE.

considerando che l'accesso ai meccanismi di giustizia è spesso difficile per le violazioni del diritto del lavoro nonché per le vittime di abusi o sfruttamenti; considerando che il timore dell'isolamento sul posto di lavoro e le difficoltà di accesso all'assistenza giuridica possono rappresentare un ostacolo determinante per i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza migranti in situazione irregolare;

BF.

considerando che l'attuale direttiva sulla sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (direttiva 89/391/CEE) copre i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza assunti formalmente, ad eccezione dei lavoratori assunti direttamente dalle famiglie private;

1.

ritiene che sia necessario un riconoscimento comune a livello di UE della professione e del valore del lavoro domestico e assistenziale come lavoro vero e proprio, dal momento che il riconoscimento di questo settore professionale ridurrà probabilmente il lavoro sommerso e promuoverà l'integrazione sociale, e invita pertanto l'UE e gli Stati membri a stabilire norme comuni in materia di lavoro domestico e assistenziale;

2.

invita la Commissione a presentare una serie di strumenti d'azione sul lavoro domestico e assistenziale, stabilendo orientamenti di qualità per entrambi i settori; ritiene che tali iniziative dovrebbe essere incentrata su:

a)

l'introduzione di un quadro generale per la professionalizzazione del lavoro domestico e assistenziale che porti al riconoscimento e alla standardizzazione delle relative professioni e competenze nonché della costruzione della carriera, compresi i diritti maturati secondo le norme specifiche degli Stati membri;

b)

l'urgente presentazione di una proposta di direttiva sui congedi dei prestatori di assistenza e di un quadro per il riconoscimento dello status dei prestatori di assistenza non professionisti, che garantisca loro una retribuzione e norme minime di protezione sociale durante il periodo in cui svolgono il lavoro di assistenza e offra loro sostegno in termini di formazione e di azioni specifiche per aiutarli a migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro;

3.

plaude all'impegno della Commissione per l'iniziativa «New start for working parents and caregivers» (un nuovo inizio per i genitori che lavorano e i prestatori di assistenza);

4.

invita gli Stati membri a richiedere un'adeguata qualificazione professionale per determinati tipi di lavoro domestico (assistenza agli anziani, ai bambini, ai disabili) che richiedono competenze specifiche;

5.

ritiene che il settore del lavoro domestico e assistenziale e la sua professionalizzazione possano creare posti di lavoro e crescita e pertanto che sia necessaria una giusta remunerazione ritiene che le soluzioni potrebbero essere parte di un modello d'innovazione sociale;

6.

ritiene che la professionalizzazione dei lavoratori al servizio delle famiglie aumenterà l'attrattiva del settore e la qualità del servizio fornito e favorirà un lavoro dignitoso e riconosciuto;

7.

sottolinea l'importanza di promuovere il riconoscimento professionale delle competenze e delle qualifiche dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza in questo settore, al fine di fornire loro maggiori prospettive di sviluppo professionale, nonché una formazione specifica per le persone che lavorano con anziani e bambini, nella prospettiva di favorire la creazione di posti di lavoro di qualità che portino a un'occupazione di qualità e a migliori condizioni di lavoro, tra cui la stipula di regolari contratti, l'accesso alla formazione e un miglior riconoscimento sociale; riconosce l'importanza di garantire la convalida e la certificazione delle competenze, delle qualifiche e dell'esperienza acquisite e di promuovere lo sviluppo della carriera; ritiene che l'istituzione di corsi di formazione e di riqualificazione sia di fondamentale importanza per raggiungere questo obiettivo;

8.

invita la Commissione a incoraggiare gli Stati membri a istituire sistemi per la professionalizzazione, la formazione, lo sviluppo continuo delle competenze e il riconoscimento delle qualifiche delle collaboratrici domestiche e delle prestatrici di assistenza, compresa (ove necessario) l'alfabetizzazione, al fine di migliorare le loro prospettive di sviluppo personale, professionale e di carriera;

9.

chiede nel frattempo agli Stati membri di regolamentare ogni rapporto di lavoro tra i proprietari di casa — quando agiscono in qualità di datori di lavoro — e i dipendenti/lavoratori che forniscono servizi retribuiti all'interno dell'abitazione del datore di lavoro;

10.

invita gli Stati membri a istituire un quadro giuridico specifico che consenta l'occupazione legale e organizzata dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza e definisca diritti e responsabilità di tutti gli interessati, al fine di garantire certezza giuridica sia ai lavoratori del settore che ai loro potenziali datori di lavoro; chiede che si tenga conto in modo conseguente delle specificità del contratto di lavoro nonché del fatto che molti datori di lavoro sono privati che non hanno familiarità con il formalismo giuridico;

11.

invita gli Stati membri ad adottare azioni decisive nei settori del lavoro domestico e assistenziale che comportino un alto valore aggiunto all'economia, riconoscendo tale lavoro come una professione a tutti gli effetti e garantendo ai collaboratori domestici e ai prestatori di assistenza diritti effettivi e la protezione sociale tramite la legislazione del lavoro o i contratti collettivi;

12.

sostiene la Convenzione 189 dell'OIL sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, integrata dalla raccomandazione n. 201, in quanto evidenzia globalmente la necessità che i lavoratori siano coperti dal diritto del lavoro e invoca diritti sociali, non discriminazione e parità di trattamento;

13.

esorta tutti gli Stati membri a ratificare d'urgenza la convenzione n. 189 dell'OIL e ad assicurare che sia applicata correttamente, in modo da migliorare le condizioni di lavoro e di assicurare il rispetto degli articoli della stessa, nonché della raccomandazione n. 201 dell'OIL sul lavoro dignitoso per i lavoratori e le lavoratrici domestici, del 2011; ricorda che, conformemente alla costituzione dell'OIL, i governi hanno l'obbligo di presentare la convenzione e la raccomandazione ai loro legislatori nazionali al fine di promuovere misure finalizzate all'attuazione di questi strumenti e che, nel caso della convenzione, la procedura di presentazione mira anche a promuovere la ratifica;

14.

ritiene che la ratifica da parte di tutti gli Stati membri sarebbe un importante passo avanti verso la promozione e la tutela dei diritti umani e un forte segnale politico nei confronti di ogni forma di abuso, molestia e violenza commessa nei riguardi di tutti i lavoratori e, in particolare, delle collaboratrici domestiche;

15.

invita gli Stati membri a inserire i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza in tutte le leggi nazionali sul lavoro, sull'assistenza sanitaria, sull'assistenza sociale, sull'assicurazione e antidiscriminazione, riconoscendo il loro contributo all'economia e alla società; esorta, di conseguenza, la Commissione europea a considerare la revisione di qualsiasi direttiva europea che escluda i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza dai diritti di cui godono altre categorie di lavoratori;

16.

riconosce la riluttanza di alcuni Stati membri a legiferare in materia di sfera privata; ritiene, tuttavia, che l'inazione costerà cara alla società e ai lavoratori interessati; sottolinea che la prevista crescita della domanda di operatori assistenziali, in particolare nei nuclei domestici, rende necessaria tale legislazione al fine di tutelare pienamente questi lavoratori; invita pertanto gli Stati membri ad adottare, di concerto con le parti sociali, misure volte a fornire un sistema di controllo adeguato e appropriato, in linea con l'articolo 17 della convenzione n. 189 dell'OIL, e sanzioni adeguate per violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza sul lavoro e salute;

17.

invita la Commissione e gli Stati membri a garantire e a far rispettare un adeguato livello di salute e di sicurezza sul lavoro, ad esempio la tutela della maternità, e ad agire per prevenire gli incidenti sul lavoro, i rischi di infortuni e le malattie professionali; per quanti già lavorano in questo settore, sottolinea la necessità di migliorare le norme attraverso schemi di formazione e riqualificazione professionale orientati alla pratica; è del parere che tale formazione dovrebbe comprendere la gestione dei rischi legati alle attività di postura e movimento, dei rischi biologici e chimici, nonché l'uso di tecnologie assistive;

18.

ritiene essenziale contrastare il lavoro precario e sommerso, dato che questo fenomeno colpisce duramente i collaboratori domestici, ivi comprese le lavoratrici migranti, peggiorando in questo modo la loro situazione già vulnerabile; sottolinea, in tale contesto, l'importanza di porre fine e sanzionare simili pratiche, lavoro minorile compreso; sostiene, al riguardo, l'inserimento della situazione di precarietà dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza nel quadro della piattaforma europea contro il lavoro sommerso; rammenta che il lavoro non dichiarato li priva della copertura previdenziale e mette in discussione le loro condizioni di salute e sicurezza sul luogo di lavoro; si attende che la piattaforma europea contro il lavoro sommerso volta a prevenire e a disincentivare il lavoro non dichiarato, dal momento che l'economia sommersa pregiudica la sicurezza del lavoro, incide negativamente sulla qualità dell'assistenza e delle condizioni di lavoro di molti prestatori non dichiarati, mette a rischio la sostenibilità del sistema di previdenza e sociale e riduce le entrate fiscali delle casse dello Stato;

19.

invita gli Stati membri a investire in nuovi e migliori modi per prevenire, individuare e combattere l'ingente quantità di lavoro sommerso nel settore del lavoro domestico e assistenziale, segnatamente per quanto riguarda i casi di traffico di esseri umani e di sfruttamento del lavoro, nonché i casi di aziende che forniscono servizi domestici e assistenziali utilizzando il lavoro autonomo non dichiarato e falso, in modo da proteggere i lavoratori e promuovere la transizione dal lavoro sommerso a quello regolare, mediante una protezione migliore e meccanismi di controllo e ispezione del lavoro migliori e più efficienti;

20.

esorta gli Stati membri a provvedere alla disponibilità di vie legali di migrazione nell'UE e a introdurre programmi mirati di migrazione legale; sottolinea la necessità degli Stati membri di definire accordi bilaterali con gli Stati che le statistiche indicano come paesi di invio di collaboratori domestici e prestatori di assistenza, al fine di regolamentare il flusso di invio e ricezione, contribuendo in tal modo alla lotta contro la tratta e le reti di lavoro forzato ostacolando tuttavia il fenomeno del dumping sociale; invita gli Stati membri a ratificare la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1999;

21.

invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere regimi di regolarizzazione sulla base degli insegnamenti tratti dalle esperienze passate al fine di ridurre l'esposizione dei lavoratori migranti in situazione irregolare allo sfruttamento e all'abuso; invita vivamente gli Stati membri a sostenere e proteggere i collaboratori domestici o i prestatori di assistenza non dichiarati che decidono di uscire dal circolo vizioso del lavoro «nascosto»;

22.

invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere l'indagine sui casi di tratta per sfruttamento umano, e più precisamente nel lavoro domestico, per migliorare il meccanismo di identificazione e protezione delle vittime e coinvolgere ONG, sindacati, autorità pubbliche e tutti i cittadini nel rilevamento dei fenomeni di tratta e sfruttamento grave;

23.

chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di estendere gli strumenti e i meccanismi istituiti per contrastare la tratta, quali i meccanismi di riferimento o i permessi di soggiorno temporanei, e di rivederli al fine di estenderne il campo di applicazione ai casi di sfruttamento grave dell'attività lavorativa che non coinvolgono la tratta;

24.

invita gli Stati membri, a norma dell'articolo 17 della convenzione n. 189 dell'OIL, a stabilire meccanismi di denuncia efficaci e accessibili e mezzi per assicurare il rispetto delle leggi e dei regolamenti nazionali per la tutela dei collaboratori domestici; invita inoltre gli Stati membri a elaborare e attuare misure in materia di ispezioni del lavoro, applicazione e sanzioni, con particolare attenzione alle speciali caratteristiche del lavoro domestico, conformemente alle leggi e alle regolamentazioni nazionali; chiede che, fatte salve dette leggi e detti regolamenti, queste misure specifichino le condizioni alle quali può essere consentito l'accesso ai locali domestici, nel dovuto rispetto della vita privata; chiede agli Stati membri, in linea con le normative nazionali, di prendere in considerazione meccanismi volti ad affrontare con efficacia gli abusi, come ispezioni a domicilio, nei casi in cui vi siano motivi di sospetto di abuso;

25.

esprime preoccupazione in merito alle insufficienti ispezioni sul lavoro, sul rispetto e il controllo delle assunzioni di collaboratrici domestiche e prestatrici di assistenza gestite da imprese o agenzie di collocamento e ricorda la necessità di aumentare il numero di ispettori pubblici e di ispezioni per verificare il rispetto della legge;

26.

esorta gli Stati membri a intraprendere gli sforzi necessari e a trovare metodi di controllo innovativi nel rispetto della privacy, in particolare in merito alle abitazioni private dove gli ispettori non possono entrare senza l'autorizzazione di un organo giurisdizionale, e a informare e formare gli ispettori al fine di eliminare i maltrattamenti e lo sfruttamento, anche di tipo economico, e gli atti di violenza o di abuso sessuale nei confronti dei collaboratori domestici;

27.

raccomanda agli Stati membri di organizzare campagne per migliorare la visibilità e la consapevolezza e la sensibilizzazione degli organismi pubblici, privati, delle famiglie e dell'opinione pubblica nel suo insieme, nelle quali venga nobilitata la professione e sia riconosciuto l'importante lavoro e il contributo delle lavoratrici domestiche e prestatrici di assistenza al funzionamento della nostra società; invita gli Stati membri a organizzare campagne per sensibilizzare il pubblico in merito all'esistenza di uno sfruttamento grave nei nuclei domestici fissando l'obiettivo della tolleranza zero riguardo allo sfruttamento di tali lavoratori;

28.

invita gli Stati membri a organizzare campagne di sensibilizzazione sull'importanza e i benefici del lavoro domestico e assistenziale regolarizzato e sui rischi e l'impatto dello sfruttamento nel campo del lavoro domestico, nonché per promuovere il riconoscimento del lavoro domestico e assistenziale; raccomanda agli Stati membri di elaborare programmi d'azione finalizzati;

29.

chiede agli Stati membri di attuare e migliorare, in collaborazione con le parti sociali, i canali di informazione sui diritti dei collaboratori domestici e prestatori di assistenza, nonché di accertarsi che tutti i lavoratori ricevano queste informazioni; raccomanda, a tal fine, di stabilire punti di informazione, attenendosi alle prassi migliori negli Stati membri, a livello regionale e locale, numeri di telefono e siti web che forniscano assistenza e informazioni, anche sotto forma di campagne sui diritti dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza in ciascuno Stato membro, nella lingua nazionale e in altre lingue di interesse; sottolinea che le organizzazioni della società civile, quali le organizzazioni che operano a favore delle donne e dei migranti, dovrebbero essere anch'esse in grado di fornire tali informazioni; sottolinea che questi strumenti devono essere sviluppati anche in modo tale che le prassi migliori, i consigli e l'assistenza siano forniti ai potenziali datori di lavoro, comprese le famiglie e le agenzie, e che i modelli dei contratti di lavoro siano offerti in modo da garantire che i datori di lavoro facciano fronte alle proprie responsabilità;

30.

chiede di intervenire in modo intransigente nei confronti delle aziende in tutti i settori e il cui modello aziendale sia fondato sullo sfruttamento di lavoratori illegali, per ridurre al minimo i costi di gestione, massimizzare i profitti ed escludere dal mercato le aziende che operano legalmente;

31.

sottolinea il ruolo importante che i sindacati possono svolgere nell'organizzare e informare i lavoratori circa i loro diritti e obblighi; osserva che questa è una strategia affinché i collaboratori domestici siano rappresentati con una sola voce, siano in grado di negoziare collettivamente i loro contratti e di difendere i loro diritti e interessi;

32.

chiede un'adeguata rappresentazione delle parti sociali a livello europeo e nazionale, e in particolare ai sindacati di intensificare la contrattazione collettiva settoriale in linea con le prassi nazionali, al fine di promuovere e far rispettare con efficacia condizioni di lavoro dignitose in questi settori; chiede altresì una rappresentanza adeguata delle organizzazioni professionali, delle organizzazioni che lavorano con e per conto dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza e di altre organizzazioni della società civile interessate, e la garanzia che siano pienamente consapevoli delle sfide e della tutela dei diritti del lavoro delle donne impiegate come collaboratrici domestiche o prestatrici di assistenza;

33.

deplora il fatto che le collaboratrici domestiche e prestatrici di assistenza continuino a essere poco rappresentate nelle organizzazioni sindacali dei diversi Stati membri ed evidenzia la necessità di incoraggiare queste lavoratrici ad aderire al sindacato;

34.

sottolinea altresì l'importanza di raggruppare i datori di lavoro in federazioni o in altri tipi di organizzazioni a livello nazionale, in quanto ritiene che, in assenza di tali organizzazioni dei datori di lavoro, gli sforzi volti a legittimare il lavoro domestico e assistenziale, nonché a migliorare le condizioni di lavoro e l'attrattiva di tali posti di lavoro, risulteranno vani;

35.

osserva che i datori di lavoro privati svolgono un ruolo essenziale in termini di rispetto di norme e diritti del lavoro equi; invita gli Stati membri a garantire che le informazioni pertinenti siano messe a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori;

36.

invita la Commissione ad adottare le misure necessarie al fine di monitorare e documentare meglio la professione vulnerabile e sottovalutata dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza e di proporre azioni volte a far fronte al fenomeno;

37.

chiede alla Commissione e alle agenzie europee competenti di condurre uno studio di raffronto tra i diversi sistemi di lavoro domestico regolarizzato e di raccogliere dati concernenti la situazione negli Stati membri; ritiene che tali dati dovrebbero servire a uno scambio di buone prassi tra gli Stati membri, in particolare per ottimizzare la lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori domestici; invita altresì la Commissione ad avviare uno studio sul contributo dei prestatori di assistenza e dei collaboratori domestici ai regimi di protezione sociale e all'economia in generale;

38.

incoraggia lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri al fine di rafforzare le azioni e gli impatti;

39.

ritiene che l'adozione e l'adeguamento delle migliori pratiche provenienti da taluni Stati membri potrebbero portare a forme regolari di occupazione per i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza;

40.

invita la Commissione e gli Stati membri a raccogliere, analizzare e pubblicare dati statistici affidabili disaggregati in base all'età, al sesso e alla nazionalità in modo da consentire discussioni informate, in fase di ricerca di migliori soluzioni sulle modalità di professionalizzare il settore del lavoro domestico e chiede che EUROFOUND e OSHA siano incaricati di elaborare misure di protezione, denuncia e sensibilizzazione;

41.

invita la Commissione a includere discussioni sulla situazione del settore dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza nell'ordine del giorno del comitato per l'occupazione (EMCO);

42.

invita la Commissione e gli Stati membri, nel momento in cui rivedono e propongono, rispettivamente, atti giuridici o legislazione nazionale pertinenti, di garantire che gli interessi dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza siano presi in considerazione, nel rispetto delle competenze nazionali;

43.

riconosce l'enorme contributo sociale ed economico fornito dai familiari e dai volontari che prestano assistenza (informale) e le crescenti responsabilità di cui sono gravati a causa dei tagli nell'erogazione dei servizi o dell'aumento dei costi dei servizi medesimi;

44.

osserva che si registra un incremento del numero di persone che vivono in istituti di assistenza a lungo termine e una maggiore esclusione sociale delle persone con disabilità nell'UE, il che costituisce una violazione diretta degli impegni dell'UE ai sensi della convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità e della strategia europea in materia di disabilità 2010-2020;

45.

ritiene che si debbano incentivare le pratiche di assistenza domiciliare indiretta, sostenendo i progetti di vita indipendente che danno ai disabili la possibilità di scegliere e rivolgersi a operatori professionali qualificati, restando nella propria dimora, soprattutto nei casi più gravi di disabilità;

46.

sottolinea che è necessario che gli Stati membri garantiscano un accesso più ampio a un'assistenza all'infanzia, ai disabili e a servizi per gli anziani di qualità accessibili e di facile disponibilità, attraverso adeguati finanziamenti, riducendo così al minimo le ragioni per svolgere questi compiti su base informale o precaria e migliorando il riconoscimento del valore del lavoro intrapreso dai prestatori di assistenza professionisti; sottolinea l'esigenza che gli Stati membri sviluppino servizi a sostegno della famiglia, dei prestatori di assistenza formali e informali;

47.

invita gli Stati membri a promuovere le assunzioni nel settore dei servizi di assistenza sociale e a impegnarsi per aumentare l'attrattiva di quest'ultimo quale valida opzione professionale;

48.

esorta gli Stati membri a investire nella creazione di posti di lavoro stabili e di qualità nel settore del lavoro domestico e assistenziale, anche mediante i fondi dell'UE, quali il Fondo sociale europeo (FSE) e il programma dell'UE per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI);

49.

invita la Commissione e gli Stati membri a incoraggiare e promuovere soluzioni innovative e investimenti a favore dei servizi di assistenza sociale e sanitaria che presentano un notevole potenziale di creazione di posti di lavoro, sono essenziali per rispondere alle esigenze delle nostre società che invecchiano e del cambiamento demografico in generale, nonché sono necessari a evitare le conseguenze sociali negative della crisi;

50.

chiede alla Commissione di scambiare informazioni e migliori pratiche delle associazioni e cooperative di collaboratori domestici e prestatori di assistenza inseriti nei modelli dell'economia sociale nell'UE;

51.

invita gli Stati membri a promuovere la creazione di cooperative di lavoratori nel settore dei servizi domestici e dell'assistenza, con particolare attenzione alle zone rurali, visti gli effetti positivi che ciò avrà sulla creazione di posti di lavoro di qualità e sostenibili, in particolare per i lavoratori che hanno difficoltà a integrarsi nel mercato del lavoro;

52.

invita gli Stati membri ad assicurarsi che i collaboratori domestici di giovane età non abbandonino la scuola per andare a lavorare;

53.

invita la Commissione a rivedere la direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego; invita altresì gli Stati membri ad attuare detta direttiva in maniera coerente;

54.

chiede agli Stati membri di prendere in considerazione incentivi per incoraggiare l'uso di collaboratori domestici e prestatori di assistenza dichiarati; esorta gli Stati membri a introdurre sistemi di dichiarazione semplici al fine di scoraggiare e contrastare il lavoro sommerso, come raccomandato dal Comitato economico e sociale europeo nel suo parere sul tema «Lo sviluppo dei servizi alla famiglia come mezzo per aumentare i tassi di occupazione e promuovere la parità di genere sul luogo di lavoro (-SOC/508)»; raccomanda alla Commissione di promuovere lo scambio di migliori pratiche tra gli Stati membri, usando modelli di successo che hanno generato un impatto sociale e lavorativo positivo per il settore, come il sistema di voucher di servizio, implementato dal Belgio, o altri, come l'assegno di occupazione per servizi universali, in Francia;

55.

ritiene che sia utile adeguare la legislazione al fine di creare accordi contrattuali flessibili tra i collaboratori domestici e prestatori di assistenza e i datori di lavoro privati, al fine di aiutare entrambe le parti a utilizzare/fornire servizi domestici secondo le proprie esigenze, garantendo al tempo stesso la tutela dei lavoratori;

56.

segnala agli Stati membri che una normativa chiara a favore dell'occupazione legale dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza va sostenuta da incentivi per i collaboratori domestici e i loro potenziali datori di lavoro che scelgono la via legale del lavoro; invita altresì gli Stati membri a eliminare gli ostacoli giuridici che attualmente limitano in misura considerevole il lavoro dichiarato da parte delle famiglie;

57.

ribadisce la richiesta del Parlamento europeo di avviare un dialogo settoriale strutturato nel settore del lavoro assistenziale (17);

58.

invita gli Stati membri a porre i lavoratori alla pari dell'UE e dei paesi terzi su uno stesso livello, concedendo loro un permesso combinato di soggiorno e di lavoro che specifichi le ore di lavoro, il tipo di contratto e i termini di pagamento; invita gli Stati membri a ratificare l'accordo del Consiglio d'Europa sul collocamento alla pari; chiede che gli Stati membri migliorino il sistema di accreditamento e i meccanismi di controllo sulle agenzie di collocamento alla pari;

59.

rammenta la necessità di dare un riconoscimento formale alle ragazze alla pari, nel rispetto dell'Accordo europeo sul collocamento alla pari e di aumentare i controlli, in modo che non diventino il sostituto informale e a buon mercato dei collaboratori domestici e dei prestatori di assistenza;

60.

invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza in Europa siano valutati come esseri umani e possano godere di un equilibrio tra lavoro e vita privata, nonché essere coperti dalla direttiva sull'orario di lavoro (2003/88/CE) che consente ai dipendenti di godere di periodi essenziali di riposo e di non essere costretti a orari di lavoro eccessivi;

61.

chiede agli Stati membri di adottare misure volte a conciliare la vita lavorativa e quella familiare, dal momento che ciò avrà il vantaggio di sostenere le donne a proseguire l'attività lavorativa remunerata e a ridurre il loro successivo divario pensionistico;

62.

invita gli Stati membri a garantire che i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza ricevano contributi pensionistici conformemente alla legislazione nazionale;

63.

invita gli Stati membri con un salario minimo nazionale a garantire che tutti i collaboratori domestici e i prestatori di assistenza siano pagati almeno con questa tariffa;

64.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e all'OIL.


(1)  GU C 70 E dell'8.3.2012, pag. 1.

(2)  GU C 351 E del 2.12.2011, pag. 39.

(3)  GU C 77 E del 28.3.2002, pag. 138.

(4)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321.

(5)  GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.

(6)  Testi approvati, P8_TA(2015)0218.

(7)  Testi approvati, P8_TA(2015)0050.

(8)  GU C 16 E del 22.1.2010, pag. 21.

(9)  Testi approvati, P7_TA(2014)0068.

(10)  GU C 51 E del 22.2.2013, pag. 9.

(11)  SOC/372 — CESE 336/2010 fin.

(12)  GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 32.

(13)  GU C 377 E del 7.12.2012, pag. 128.

(14)  Lavoratori domestici nel mondo: statistiche globali e regionali ed estensione della protezione giuridica, Organizzazione internazionale del lavoro, Ginevra: OIL, 2013.

(15)  Ibid.

(16)  Ibid.

(17)  Risoluzione del Parlamento europeo del 4 luglio 2013 (GU C 75 del 26.02.2016, pag. 130).