Bruxelles, 2.12.2016

COM(2016) 719 final

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO

che valuta l’impatto sulla prevenzione della tratta di esseri umani, della legislazione nazionale vigente che incrimina l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta, in conformità all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/36/UE


1.Contesto e scopo

La presente relazione risponde al requisito di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, secondo il quale: «Entro il 6 aprile 2016, la Commissione presenta una relazione, corredata se del caso di proposte opportune, al Parlamento europeo e al Consiglio, che valuta l’impatto sulla prevenzione della tratta di esseri umani, della legislazione nazionale vigente che incrimina l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta».

Il riferimento all’incriminazione dell’utilizzo di servizi di vittime della tratta è sancito dall’articolo 18 (intitolato «Prevenzione»), paragrafi 1 e 4, della direttiva 2011/36/UE nei quali si afferma che: «1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, ad esempio nel settore dell’istruzione e della formazione, per scoraggiare e ridurre la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento correlate alla tratta di esseri umani. […] 4. Per far sì che la prevenzione e il contrasto della tratta di esseri umani diventino più efficaci scoraggiando la domanda, gli Stati membri valutano la possibilità di adottare misure che dispongano che costituisca reato la condotta di chi ricorre consapevolmente ai servizi, oggetto dello sfruttamento di cui all’articolo 2, prestati da una persona che è vittima di uno dei reati di cui al medesimo articolo».

La presente relazione fornisce una descrizione della legislazione nazionale vigente che incrimina l’utilizzo di servizi di vittime di tratta, nonché una valutazione dell’impatto di tali provvedimenti giuridici. Va oltre il campo di applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, per esaminare altre misure non legislative che possano esistere a livello nazionale oppure misure legislative che non riguardano l’incriminazione dell’utilizzo di servizi di vittime di tratta. Giova osservare che la presente non è una relazione che valuta la conformità con le disposizioni della direttiva 2011/36/UE. La presente relazione dovrebbe essere letta congiuntamente con la «Relazione che valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le misure necessarie per conformarsi alla direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1» (COM (2016) 722). Essa prende in considerazione anche la prima relazione della Commissione sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani e nella protezione delle vittime (in appresso «relazione sui progressi realizzati»).

Nel redigere la presente relazione, la Commissione ha fatto uso delle informazioni ricevute dagli Stati membri, attraverso un questionario che è stato inviato nel maggio 2016, e ha consultato la società civile attraverso la piattaforma della società civile dell’UE contro la tratta di esseri umani 1 nonché tramite il gruppo di esperti sulla tratta degli esseri umani 2 della Commissione europea.

2.Legislazione nazionale vigente che incrimina l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta

2.1. Sintesi delle risposte

L’analisi che segue si basa sulle risposte fornite dagli Stati membri. La Commissione non può escludere l’esistenza di altri sviluppi o disposizioni nazionali. In vista dell’analisi, la Commissione ha chiesto agli Stati membri di riferire in merito alla «legislazione nazionale vigente che incrimina l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta; che viene incriminato nello specifico; se l’incriminazione è prevista per tutte le forme di sfruttamento; se la legislazione richiede la dimostrazione dell’elemento di consapevolezza del fatto che la persona è vittima della tratta e come ciò incide sull’applicabilità della normativa; quali misure sono state adottate per garantire che il pubblico sia a conoscenza della legge al fine di assicurarne una migliore attuazione; dati statistici disponibili in merito ai procedimenti penali e alle condanne e ostacoli affrontati; qualora non esista una legge nazionale vigente, quali sono le ragioni e quali alternative sono in atto per adempiere l’obbligo di considerare l’incriminazione; come essi valutano l’impatto di tali leggi e se hanno suggerimenti pertinenti; quali processi di consultazione sono in atto; e se hanno commissionato eventuali valutazioni e ricerche in merito a tali leggi». 

Va sottolineato fin dall’inizio che gli Stati membri non hanno approfondito le informazioni fornite in merito a come soddisfano l’obbligo giuridico di valutare la possibilità di incriminare la condotta di coloro che si avvalgono dei servizi oggetto di sfruttamento delle vittime, previsto dall’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva 2011/36/UE.

L’analisi delle risposte fornite dagli Stati membri dimostra che, al momento della stesura della presente relazione, vi sono dieci (10) Stati membri nei quali configura reato la condotta di chi ricorre ai servizi oggetto di tutte le forme di sfruttamento delle vittime della tratta di esseri umani, e quindici (15) Stati membri contemplano una forma di reato limitata e selettiva dell’utilizzo di servizi di vittime di tratta di esseri umani. 

Si riporta qui in appresso l’analisi più specifica.

1) Stati membri che hanno introdotto il reato per tutte le forme di sfruttamento (BG, EL, HR, CY, LT, MT, PT, RO, SI, UK)

Dieci (10) Stati membri hanno riferito di disporre di norme nazionali in materia penale che contemplano il reato dell’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta di esseri umani (BG, EL, HR, CY, LT, MT, PT, RO, SI, UK 3 ), che copre tutte le forme di sfruttamento.

BG ha informato la Commissione che, secondo il codice penale bulgaro (articolo 159 quater) un individuo che utilizza una persona vittima della tratta di esseri umani per fini di depravazione, lavoro forzato o accattonaggio, per il prelievo di organi, tessuti, cellule o liquidi corporei oppure che la assoggetta a sottomissione forzata, a prescindere dal consenso della stessa, è punito con la detenzione da tre a dieci anni e una sanzione pecuniaria da 10 000 a 20 000 BGN. HR ha una disposizione analoga, ma va oltre, in quanto impone a chiunque utilizzi consapevolmente una vittima o servizi della stessa le stesse sanzioni applicate a coloro che sono stati riconosciuti colpevoli della commissione del reato di tratta di esseri umani. CY segnala che l’articolo 17 della legge 60(I)/2014 dispone che qualsiasi persona che possa ragionevolmente presumere che il lavoro o i servizi che utilizza siano forniti da una vittima della tratta di esseri umani si rende responsabile di un reato ai sensi della legge anti-tratta. EL ha introdotto nell’ordinamento nazionale nel 2013 con legge 4198/2013 disposizioni che incriminano coloro che accettano consapevolmente il lavoro di una persona che è vittima della tratta, nonché coloro che compiono consapevolmente un atto sessuale con una persona vittima della tratta. LT ha riferito che, ai sensi dell’articolo 147-2 del proprio codice penale, ogni persona che utilizza i servizi forniti da vittime della tratta e che sapeva o avrebbe dovuto sapere che tali persone erano delle vittime è punito con una sanzione pecuniaria o con provvedimenti restrittivi della libertà. Va segnalato che una persona che commette un simile atto e, successivamente, informa volontariamente le autorità di contrasto e collabora attivamente, prima di essere indagata, può essere assolta dalla responsabilità penale. Inoltre, anche le persone giuridiche possono rendersi responsabili di tali atti. MT ha informato la Commissione che qualsiasi persona coinvolta o facente uso di servizi o manodopera di una vittima della tratta e che sia consapevole della condizione di quest’ultima, si rende colpevole di un reato e sarà soggetta, in caso di condanna, a una pena detentiva per un periodo che può variare da diciotto mesi a cinque anni. Disposizioni analoghe esistono in PT e SI (che impongono una pena detentiva fino a un massimo di tre anni e una sanzione pecuniaria). RO ha informato la Commissione che ai sensi dell’articolo 216 del codice penale rumeno qualsiasi persona che utilizza i servizi di cui all’articolo 182 (relativo allo sfruttamento) del codice penale diversa dal trafficante e che sa che tali servizi sono forniti da una vittima della tratta di esseri umani deve essere incriminata.

2) Stati membri che non hanno adottato disposizioni di legge nazionali esplicite o che contemplano una forma di reato limitata e selettiva una incriminazione limitata e selettiva dell’utilizzo di servizi di vittime di tratta di esseri umani 4 . 

Quattordici (14) Stati membri hanno riferito di non avere in vigore disposizioni di legge nazionali esplicite che incriminano l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto di ogni forma di sfruttamento delle vittime della tratta di esseri umani (AT, BE, CZ, DE, EE, ES, FR, HU, IT, LV, LU, NL, PL, SK). Tuttavia, alcuni Stati membri (FI, IE, SE) hanno adottato una legislazione mirata all’utilizzo di vittime della tratta, ma soltanto per quanto riguarda particolari forme di sfruttamento. Più specificatamente, FI e IE hanno riferito di disporre di legislazione nazionale vigente mirata esclusivamente all’utilizzo di vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. SE riferisce che, sebbene non vi sia alcuna disposizione specifica che incrimini l’utilizzo di servizi di vittime di tratta, nel paese si applicano le disposizioni della legge sul divieto di acquisto di servizi sessuali, che può coprire l’utilizzo di servizi delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.

Negli Stati membri che non hanno adottato analoghe disposizioni esplicite, secondo le informazioni fornite dagli stessi, in alcuni casi, è possibile fare ricorso a disposizioni applicabili a reati sessuali o allo sfruttamento sessuale di minori (ad esempio IT, ES, NL e BE). Sebbene IT non disponga di tali disposizioni esplicite, questo Stato membro segnala che l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro in generale costituiscono reato ai sensi dell’articolo 603 bis del codice penale italiano. Sebbene AT non abbia alcuna disposizione esplicita in materia di vittime della tratta di esseri umani, esiste una disposizione di recente adozione che punisce gli atti sessuali imposti contro la volontà delle persone, sfruttando una situazione di bisogno o in seguito a precedente intimidazione.

Inoltre, alcuni Stati membri segnalano di avere in vigore soltanto misure che recepiscono e attuano la direttiva 2009/52/CE del 18 giugno 2009 che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare 5 (cosiddetta direttiva sulle sanzioni nei confronti di datori di lavoro) (ad esempio, PL o HU). A questo proposito, la comunicazione relativa all’applicazione della direttiva 2009/52/CE del 18 giugno 2009 rileva che gli Stati membri hanno, in generale, incriminato il lavoro illegale in tutte le circostanze di cui all’articolo 9 (ivi compreso nei casi in cui il datore di lavoro sia consapevole del fatto che il lavoratore è vittima della tratta di esseri umani). Secondo detta comunicazione, CZ e ES non sanzionano specificamente il lavoro illegale nelle situazioni in cui «il datore di lavoro fosse consapevole che il lavoratore era vittima della tratta di esseri umani» 6 . 

Va osservato, tuttavia, che il campo di applicazione ratione personae della direttiva 2009/52/CE è limitato esclusivamente ai cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente nell’UE. Di conseguenza, tale direttiva non copre le vittime della tratta che sono cittadini UE o vittime della tratta che sono cittadini di paesi terzi, ma legalmente residenti nell’UE. Inoltre, sebbene la direttiva si applichi ai casi di lavoro dipendente 7 , essa non copre i casi in cui le vittime sono lavoratori autonomi o i casi in cui l’utilizzatore non è il datore di lavoro. Di conseguenza, l’incriminazione sancita nella direttiva 2009/52/CE è adattata al suo oggetto e campo di applicazione, che è limitato e non sufficiente per affrontare tutti i casi della tratta di esseri umani. Tuttavia, essa funge da buon esempio per misure che potrebbero essere utilizzate in questa direzione per sviluppare ulteriormente e consolidare il quadro giuridico anti-tratta.

3) Alternative alla mancanza di incriminazione

Come menzionato in precedenza, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva, gli Stati membri hanno l’obbligo prendere almeno in considerazione l’incriminazione di coloro che utilizzano consapevolmente i servizi di vittime della tratta. Tuttavia, gli Stati membri hanno fornito informazioni limitate alla Commissione in merito alle alternative nei casi in cui non esistono misure nazionali volte a incriminare coloro che utilizzano i servizi di vittime della tratta. Dalle risposte ai questionari risulta che solo NL e ES hanno fornito informazioni a questo riguardo. NL ha segnalato campagne di informazione in merito alla segnalazione anonima di reati, attività di sensibilizzazione e pubblicità sulle azioni penali concernenti gli abusi sessuali su minori mediante pagamento, accordi con settori del mondo degli affari che mirano a promuovere il rispetto dei diritti umani. ES ha riferito che pur non avendo una disposizione esplicita sull’incriminazione dell’utilizzo di servizi sessuali di una vittima della tratta di esseri umani, laddove vi sia consapevolezza dello stato di vulnerabilità della vittima, tale atto potrebbe essere considerato un reato contro la libertà sessuale e l’integrità di una persona, e quindi sarebbero applicabili i pertinenti articoli del codice penale.

4) Valutazioni

Un numero limitato di Stati membri ha riferito di aver commissionato valutazioni di tali leggi o ricerche pertinenti in materia (ad esempio FI, SE). SE ha riferito alla Commissione che la relazione d’inchiesta sul divieto contro l’acquisto di servizi sessuali è stata pubblicata nel 2010. Tra le principali conclusioni si segnalano: a) il dimezzamento della prostituzione di strada; b) il ruolo di Internet quale nuovo scenario per la prostituzione; c) il contrasto della criminalità organizzata mediante il divieto di acquisto di servizi sessuali ; e d) l’aumento del sostegno pubblico al divieto. Inoltre, è attesa una inchiesta anti-tratta che valuterà l’applicazione della disposizione penale alla tratta di esseri umani, e che esaminerà altresì in che modo le autorità di contrasto indagano e gestiscono le questioni relative alla tratta di esseri umani.

FI ha commissionato una ricerca a seguito di una sentenza storica della Corte Suprema sulla cosiddetta incriminazione parziale dell’acquisto di prestazioni sessuali da prostitute e vittime della tratta di esseri umani. La ricerca ha concluso che il problema principale nell’applicazione della legge era l’esiguo numero di casi investigati, perseguiti e puniti in materia di abuso di una vittima del commercio sessuale. È stato segnalato che il requisito di mens rea nell’incriminazione parziale degli acquirenti di sesso risultava essere problematico. La relazione ha indicato che la situazione favoriva coloro che acquistavano prestazioni sessuali evitando di acquisire qualsiasi informazione in merito alle circostanze in cui versava la prostituta, ma che conoscevano alla lettera la legge. I ricercatori hanno proposto la piena incriminazione di coloro che acquistano prestazioni sessuali. In seguito a questa relazione, il governo ha proposto la modifica del reato basandolo sulla negligenza dell’utilizzatore 8 .

UK (Irlanda del Nord) prevede una valutazione nel 2018 e ha riferito che la Scozia ha commissionato una ricerca sul tema durante l’esame della legge sulla tratta e sullo sfruttamento di esseri umani del 2015 (Human Trafficking and Exploitation Act).

In generale, i dati statistici forniti alla Commissione da parte di tutti gli Stati membri sono scarsi ed è stato comunicato soltanto un numero limitato di procedimenti penali e di condanne. Inoltre, è lecito chiedersi se i dati disaggregati relativi a questo reato siano disponibili a livello nazionale. Ad esempio, IT sottolinea che al momento non vi sono dati distinti relativi all’utilizzo di servizi forniti da vittime della tratta. Di conseguenza la Commissione esaminerà ulteriormente questo ambito, nel quadro dei lavori volti a migliorare la qualità e la comparabilità dei dati statistici in materia di tratta di esseri umani raccolti a livello di UE.

2.2.Valutazione dell’impatto e dell’applicazione

Le informazioni trasmesse alla Commissione mostrano che gli Stati membri seguono approcci e pratiche piuttosto diversi. In tutti gli Stati membri in cui esistono misure nazionali che incriminano l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta di esseri umani, il campo di applicazione personale di tali disposizioni è limitato soltanto a coloro che utilizzano direttamente i servizi o la manodopera forniti dalle vittime.

Nella stragrande maggioranza degli Stati membri nei quali esiste una legislazione nazionale che incrimina l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta di esseri umani, gli Stati membri riferiscono che è troppo presto per valutarne l’impatto. Ciò è dovuto al fatto che le misure sono entrate in vigore dopo il termine di recepimento della direttiva 2011/36/UE nel 2013 a causa del breve periodo di attuazione della direttiva.

Tutti gli Stati membri che hanno tali disposizioni in vigore dispongono che l’utilizzatore deve essere preventivamente consapevole del fatto che la persona della quale sta utilizzando i servizi sia una vittima della tratta di esseri umani. In questi casi, è stata segnalata una difficoltà generale nella raccolta di prove a sostegno. Nella maggior parte degli Stati membri interessati, l’onere della prova spetta in primo luogo al pubblico ministero: il sospettato/l’imputato beneficia dalla presunzione di innocenza e non ha alcun obbligo di dimostrare la sua innocenza. Solo, nel caso di IE l’onere della prova è invertito e ricade sull’imputato che deve dimostrare che non sapeva, e non aveva avuto motivi ragionevoli per credere, che la persona nei confronti della quale è stato commesso il reato fosse vittima di tratta di esseri umani.

A questo proposito, la relazione esplicativa della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani osserva che dimostrare la consapevolezza dell’indagato può essere una questione difficile per le autorità giudiziarie. Una difficoltà analoga si pone con vari altri tipi di disposizioni in materia di diritto penale che richiedono di dimostrare elementi non materiali di un reato, ma che, comunque, la difficoltà di reperire le prove non è necessariamente un argomento decisivo per non considerare reato un determinato tipo di comportamento. In questo contesto, le difficoltà nella raccolta di prove relative a un reato non dovrebbero impedire la sanzione di determinati comportamenti.

Sebbene il numero di indagini e azioni penali condotte con successo e delle condanne inflitte abbia indiscutibilmente un effetto deterrente, è lecito chiedersi come siano interpretate tali statistiche, in particolare in relazione alla valutazione dell’impatto o del successo delle misure pertinenti. Dato che il maggior impatto di tali misure consiste innanzitutto nel prevenire il verificarsi del crimine, le statistiche in merito a procedimenti penali e condanne non possono fornire un’indicazione sicura dell’efficacia delle misure. Come affermato in precedenza, i dati statistici forniti per questa relazione sono scarsi. Per il 2014 e il 2015, BG segnala che ci sono stati, rispettivamente, quattro (4) rinvii a giudizio e una (1) condanna e cinque (5) rinvii a giudizio e due (2) condanne. EL ha riferito che secondo i dati statistici della polizia ellenica vi era stata una (1) azione penale in seguito all’entrata in vigore della nuova legge. RO informa inoltre che nel 2015 sono stati segnalati i primi casi alla direzione per indagini sulla criminalità organizzata e il terrorismo e che nove (9) persone sono state perseguite per il reato di utilizzo di servizi di vittime della tratta. Secondo il Consiglio superiore della magistratura, fino a maggio 2016, 15 persone sono state condannate per il reato di utilizzo di servizi di una persona sfruttata. Queste condanne, tuttavia, non erano definitive e potevano essere oggetto di ricorso dinnanzi alla Corte suprema.

A tale riguardo, la Commissione desidera ricordare le conclusioni della relazione sui progressi compiuti «Le informazioni raccolte dalla Commissione indicano chiaramente quanto sia importante che gli Stati membri rafforzino le iniziative intese ad accrescere il numero di indagini e di azioni penali, nonché a ridurre l’onere che le vittime e i loro testimoni devono sostenere nel corso dei procedimenti ai fini della raccolta delle prove. A tal fine, gli Stati membri potrebbero organizzare formazioni regolari e specifiche per investigatori, procuratori e giudici, nonché ricorrere sistematicamente alle indagini finanziarie (come raccomandato dal Gruppo di azione finanziaria internazionale) e ad altri efficaci strumenti di indagine basati sull’intelligence, che possono fornire prove di diversa natura da utilizzare in aggiunta alle testimonianze. Dovrebbero altresì destinare sufficienti risorse finanziarie e umane per contrastare adeguatamente tale forma di criminalità».

Limitare la responsabilità penale esclusivamente al caso in cui l’utilizzatore disponga di una conoscenza diretta e reale del fatto che la persona è una vittima della tratta di esseri umani definisce una soglia molto elevata per la realizzazione di azioni penali. A tale riguardo, la considerazione del livello di conoscenza che dovrebbe essere richiesto per questo reato dovrebbe essere oggetto di attento esame.

3.Garantire una efficace prevenzione della tratta di esseri umani

Questo capitolo rispecchia le deliberazioni 9 della Commissione in materia, guidate dalla strategia anti-tratta dell’UE 10 e altri strumenti di politica fondamentali 11 , e fornisce una base per l’analisi corrispondente. L’analisi di cui sopra ha mostrato un quadro giuridico incompleto e diversificato a livello nazionale in merito al trattamento giuridico degli utilizzatori di vittime della tratta, che incide sull’efficace prevenzione del crimine. È in questo contesto che la tratta di esseri umani rimane pervasiva nonostante gli sforzi fatti, senza alcun segno di un calo di questo grave crimine.

A questo proposito, un fondamento per qualsiasi decisiva azione deterrente alla tratta di esseri umani è costituito dalla responsabilità degli autori del reato. Ciò si riflette anche in altri strumenti giuridici fondamentali internazionali ed europei 12 . Questo aspetto è stato ulteriormente trattato dal Parlamento europeo 13 e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa 14 e dalla società civile 15 . 

Nell’Agenda europea sulla sicurezza la Commissione ha stabilito e più volte sottolineato nelle sue relazioni e nei suoi studi che la tratta di esseri umani, in quanto espressione di una forma grave di criminalità organizzata transnazionale, presenta costi umani, sociali ed economici enormi 16 . La tratta è determinata dalla domanda per tutte le forme di sfruttamento e dagli elevati profitti. I profitti, nelle economie legali e illegali, si traducono in una complessa interazione tra domanda e offerta che deve essere affrontata se si vuole sradicare questo crimine 17 . Affrontare questa domanda e ridurla è un obbligo di legge sancito dalla direttiva 2011/36/UE e mira a prevenire il verificarsi del danno, modificando l’ambiente in generale, in modo da ridurre gli incentivi per la tratta di esseri umani.

3.1. Identificare l’utilizzatore che ricorre ai servizi delle vittime della tratta di esseri umani

In questo contesto, la domanda comprende tutti quegli individui, quei gruppi o quelle persone giuridiche che sono guidati dall’obiettivo di sfruttare le vittime. al fine di realizzare un profitto a vari livelli, tutti coloro che utilizzano e abusano direttamente delle vittime, nonché tutti coloro che agiscono in qualità di promotori o facilitatori e, in generale, tutti coloro che creano e contribuiscono a creare un ambiente favorevole a questo crimine.

Le imprese che utilizzano vittime di tratta e traggono profitti dal traffico non si limitano alle organizzazioni criminali e la tratta spesso coinvolge una catena di imprese legittime. Le persone che traggono profitto dalla tratta variano, spaziando dai parenti delle vittime, ad agenzie di reclutamento informali o formali, intermediari del mercato del lavoro che forniscono manodopera in settori specifici o subappaltatori nell’ambito di catene di approvvigionamento globali, nonché le agenzie di viaggio e le imprese di trasporto, così come le aziende di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Un’altra fonte di domanda è rappresentata dai consumatori che possono essere persone fisiche che acquistano prodotti realizzati dalle vittime, senza conoscere il modo in cui sono stati prodotti o senza conoscere gli utilizzatori delle vittime della tratta, che ignorano segni evidenti di tratta e sfruttamento della manodopera/sessuale, quali prezzi molto bassi o segni di violenza e intimidazione. A questo proposito, la presente relazione evita di utilizzare termini come «cliente» nel contesto della tratta a scopo di sfruttamento sessuale di adulti o minori vittime, dal momento che tale terminologia oscurerebbe le sofferenze, gli abusi e le violazioni che le vittime di tratta hanno subito.

Come indicato nel documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la relazione sui progressi compiuti nella lotta contro il traffico di esseri umani e nella protezione delle vittime della Commissione: «l’obiettivo finale di eradicare la tratta di esseri umani può essere realizzato soltanto laddove si impedisca in primo luogo che il reato venga commesso, ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili a livello di UE e nazionale […] Ciò significa non solo affrontare le cause primarie che rendono le persone più vulnerabili alla tratta, quali la povertà, la disuguaglianza di genere e la violenza contro le donne, la discriminazione etnica, l’emarginazione sociale, l’immigrazione irregolare, ma anche garantire che coloro che traggono profitto dal reato e sfruttano le vittime siano assicurati alla giustizia» 18 . 

Risulta evidente che la tratta di esseri umani e ogni aspetto ad essa legato siano sempre illeciti. Non c’è nulla di legittimo nella tratta di esseri umani. Lo sfruttamento di una persona in circostanze coercitive da parte di un’altra persona è un comportamento riprovevole nell’ambito di qualsiasi ordinamento giuridico penale. La tratta di esseri umani non ha un aspetto legale o morale. Si tratta di un reato grave e di una grave violazione della dignità umana, in conformità con il divieto di cui all’articolo 5.3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La mancanza di incriminazione dell’utilizzo di servizi forniti da una persona soggetta alla tratta, soprattutto con la consapevolezza che detta persona è una vittima della tratta, rende la lotta globale contro la tratta di esseri umani meno efficace e ostacola la realizzazione degli obiettivi della direttiva 2011/36/UE. Anche se le legislazioni nazionali non incriminano l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta di esseri umani, il nocciolo della questione rimane: spesso le vittime sono state ripetutamente violentate, abusate mentalmente e psichicamente, hanno subito reati non da ultimo contro la loro libertà, la loro dignità, la loro autodeterminazione sessuale, la loro integrità fisica.

4. Osservazioni conclusive e prospettive

Come previsto dall’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva 2011/36/UE, al fine di rendere più efficace la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani, gli Stati membri devono prendere in considerazione l’adozione di misure che incriminino l’utilizzo di servizi che costituiscono oggetto dello sfruttamento legato alla tratta di esseri umani. L’analisi svolta nell’ambito della presente relazione, nel contesto della valutazione dell’impatto della legislazione nazionale vigente in materia, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva, dimostra l’esistenza di un panorama giuridico piuttosto variegato che non riesce a contribuire efficacemente a scoraggiare la domanda di tali servizi.

In totale assenza o in presenza di una inadeguata incriminazione dell’utilizzo di tali servizi nel contesto della tratta di esseri umani, l’attività dei trafficanti, che per definizione include lo sfruttamento delle loro vittime, non solo non può essere scoraggiata, bensì può, per contro, essere persino favorita, anche attraverso una cultura dell’impunità. Ovviamente, la sfida posta dallo scoraggiare la domanda implica il concentrarsi maggiormente su coloro che effettivamente utilizzano i servizi delle diverse forme di tratta, pur consapevoli che la persona è vittima di un reato.

Attualmente i sistemi giuridici di diversi Stati membri non vietano, o solo parzialmente, il comportamento di coloro che fanno uso di tali servizi con la pertinente conoscenza, incidendo sulla situazione di incertezza giuridica per quanto riguarda, ad esempio, la responsabilità penale legata alla relazione dell’utilizzatore con la vittima, il trattamento giuridico di coloro che traggono profitto dallo sfruttamento o che lo consentono e facilitano, la distinzione tra un utilizzatore e uno sfruttatore, la responsabilità degli intermediari, nonché le catene di fornitura più ampie.

Gli Stati membri dovrebbero intensificare i loro sforzi per assicurare un’azione più unitaria e dissuasiva contro questo elemento di criminalità transfrontaliera costituito della tratta degli esseri umani. L’obiettivo finale della presente relazione è quello di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della direttiva 2011/36/UE sulla riduzione della domanda e sulla prevenzione della tratta di esseri umani, al fine di garantire che i gruppi criminali non beneficino del diverso trattamento giuridico degli utilizzatori dei servizi delle vittime di tratta. A questo proposito, la Commissione trae conclusioni importanti dal monitoraggio della situazione negli Stati membri ed esaminerà ulteriormente le potenziali opzioni e prenderà in considerazione in futuro, se necessario, opportune proposte legislative, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/36/UE.

(1)  Per ulteriori informazioni, cfr. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Relazione 2016 sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani, a norma dell’articolo 20 della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (COM (2016) 267 final).
(2)  Decisione 2011/502/UE della Commissione del 10 agosto 2011 che istituisce il gruppo di esperti sulla tratta degli esseri umani e abroga la decisione 2007/675/CE.
(3)  UK ha informato la Commissione che in Inghilterra e Galles vigono tali misure in materia di traffico di esseri umani, mentre la Scozia non dispone di tali misure in atto e la legislazione dell’Irlanda del Nord contempla misure mirate soltanto alla tratta a scopo di sfruttamento sessuale.
(4)  FI, IE, SE hanno adottato disposizioni di legge solo per la tratta a scopo di sfruttamento sessuale e AT, BE, DE, EE, FR, HU, IT, LV, LU, NL, PL, SK lo hanno fatto solo nel contesto della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro.
(5)  Direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32009L0052
(6)  Tenendo conto del periodo trascorso dall’adozione della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione della direttiva 2009/52/CE, non si può escludere che nel frattempo la pertinente legislazione sia stata adottata. Per ulteriori informazioni cfr. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all’applicazione della direttiva 2009/52/CE, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (COM (2014) 286 final).
(7)  La definizione di lavoro comprende l’esercizio di attività comprendenti qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale o conformemente a una prassi consolidata per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro (articolo 2, lettera c), della direttiva 2009/52/CE); il preambolo precisa che ciò si applica a prescindere dal rapporto giuridico (considerando 7).
(8)  Per ulteriori informazioni, cfr. Johanna Niemi & Jussi Aaltonen, Abuse of a victim of sex trade: Evaluation of the Finnish sex purchase ban, [Abuso delle vittime del commercio sessuale: valutazione del divieto di acquistare prestazioni sessuali in Finlandia], ministero della Giustizia della Finlandia, 2014, disponibile (in inglese) all’indirizzo http://ec.europa.eu/anti-trafficking/publications/abuse-victim-sex-trade_en  
(9)  Come ad esempio gli studi della Commissione sulle iniziative di prevenzione in materia di tratta di esseri umani e sulla dimensione di genere della tratta di esseri umani, che erano risultati tangibili della strategia anti-tratta dell’UE.
(10)  Comunicazione sulla strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta degli esseri umani (2012 – 2016) (COM(2012) 286 final).
(11)  Come ad esempio l’agenda europea sulla sicurezza, l’agenda europea sulla migrazione, l’impegno strategico dell’UE in materia di parità di genere e il piano d’azione dell’UE sui diritti umani e la democrazia.
(12)  Ad esempio, il Protocollo delle Nazioni Unite per la prevenzione, la repressione e la punizione del traffico di persone, in particolare donne e bambini del 2000 (articolo 9) e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani del 2005 (articoli 6 e 19).
(13)  Risoluzione del Parlamento europeo del 12 maggio 2016 sull’attuazione della direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime da una prospettiva di genere (2015/2118(INI)); risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2016 sulla lotta contro la tratta di esseri umani nelle relazioni esterne dell’Unione (2015/2340(INI)); risoluzione del Parlamento europeo del 26 febbraio 2014 su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere (2013/2103(INI).
(14)  Risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in materia di prostituzione, tratta e schiavitù moderna in Europa - Risoluzione 1983 (2014). Disponibile (in inglese) all’indirizzo: http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/X2H-Xref-ViewPDF.asp?FileID=20716&lang=en  
(15)  Le organizzazioni che partecipano alla piattaforma della società civile dell’UE contro la tratta di esseri umani osservano che la legislazione rappresenta la misura più importante che gli Stati membri dovrebbero adottare al fine di garantire la prevenzione e la riduzione della domanda. Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la Relazione sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (COM(2016) 267 final, SWD(2016) 159 final, pag. 64).
(16)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, «Agenda europea sulla sicurezza» (COM (2015) 185 final).
(17)  Relazione sui progressi realizzati.
(18)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la Relazione sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (COM(2016) 267 final, SWD(2016) 159 final, pag. 39).