Bruxelles, 8.11.2016

COM(2016) 707 final

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO

Attuazione dell'accordo di Parigi - Progressi dell'UE verso il raggiungimento dell'obiettivo minimo "-40%"

(richiesta dall'articolo 21 del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga e che abroga la decisione n. 280/2004/EC)

{SWD(2016) 349 final}


1.Quadro generale

1.1.Ratifica dell’accordo di Parigi

1.2.Progressi verso l’obiettivo 2030 che mira a una riduzione di almeno il 40%

1.3.Progressi nel conseguimento degli obiettivi 2020

1.4.Rispetto dell’obiettivo di Kyoto per il primo periodo di impegno e progressi compiuti verso l’obiettivo per il secondo periodo di impegno

2.Agire a livello sia interno sia internazionale attraverso i finanziamenti per il clima

2.1.Mobilitare i proventi della messa all’asta delle quote del sistema ETS

Utilizzo da parte degli Stati membri dei proventi delle aste

NER 300

2.2.Integrare le politiche in materia di clima nel bilancio dell’UE

2.3.Sostegno ai paesi in via di sviluppo

3.Mitigare le emissioni dell’UE

3.1.Revisione del sistema ETS - fase 4 (2021-2030)

3.2.Proposte legislative di regolamenti sulla condivisione degli sforzi e sull’uso del suolo per il periodo 2021-2030

3.3.Settore dei trasporti

3.4.Sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (MRV) del trasporto marittimo dell’UE

3.5.Cattura e stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture Storage)

3.6.Gas fluorurati a effetto serra

3.7.Governance

3.8.Iniziative per il mercato del carbonio e partenariato per la preparazione del mercato (PMR, Partnership for Market Readiness)

4.Adattamento ai cambiamenti climatici

5.Partecipazione alle politiche internazionali in materia di clima

5.1.Trasporto aereo

Politiche in materia di trasporto aereo

Impatto complessivo del trasporto aereo sui cambiamenti climatici

5.2.Graduale riduzione degli idrofluorocarburi nel quadro del protocollo di Montreal

6.Scambio di esperienze



Indice delle figure

Figura 1: Progressi dell’Europa verso il conseguimento degli obiettivi 2020    

Figura 2: Evoluzione del PIL (in termini reali), delle emissioni di gas serra e dell’intensità delle emissioni dell’economia (rapporto tra emissioni e PIL) Indice (1990 = 100)    

Figura 3: Scarto relativo, stimato (2015) e previsto (2020), tra le emissioni e gli obiettivi stabiliti nella decisione sulla condivisione degli sforzi (in % rispetto alle emissioni dell’anno di riferimento 2005). I valori negativi e positivi indicano, rispettivamente, risultati in eccesso o in difetto.    

Figura 4: Utilizzo dei proventi della vendita all’asta delle quote spesi per clima ed energia negli Stati membri, per settore (media ponderata dell’UE) nel 2015    

Figura 5: Valutazione ex-post dell’impatto del sistema ETS, delle energie rinnovabili, della fiscalità e di altre politiche incentrate sulle emissioni di CO2 da combustione    

1.Quadro generale

1.1.Ratifica dell’accordo di Parigi

Il 4 ottobre 2016, l’UE ha ratificato l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, consentendone in tal modo l’entrata in vigore il 4 novembre 2016. Il 5 ottobre 2015 l’UE ha depositato i suoi strumenti di ratifica insieme agli otto Stati membri che avevano già completato le loro procedure nazionali di ratifica: Austria, Francia, Germania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Ungheria. La Grecia e la Svezia hanno depositato gli strumenti di ratifica successivamente, sempre nel corso dell’ottobre 2016. I restanti Stati membri continueranno i processi di ratifica nazionali al fine di depositare gli strumenti di ratifica non appena possibile.

L’accordo di Parigi costituisce una svolta a livello mondiale nel rafforzamento dell’azione collettiva e nell’accelerazione della transizione mondiale verso una società a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici. La Commissione ha presentato la sua valutazione dell’accordo di Parigi nel marzo 2016. Sulla base di questa valutazione, i leader europei hanno evidenziato l’impegno dell’UE sia a ridurre le emissioni di gas a effetto serra a livello nazionale sia ad aumentare la quota di energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica, come convenuto nell’ottobre 2014. Per l’UE, adeguare la legislazione al fine di attuare questo quadro continua ad essere una priorità.

L’accordo di Parigi sostituirà l’approccio adottato nell’ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che contiene impegni fino alla fine del 2020. La seconda fase del protocollo di Kyoto fa da ponte verso l’accordo mondiale post-2020 sui cambiamenti climatici. L’UE può già contare sui primi risultati della sua legislazione all’orizzonte 2020 (decisione sulla condivisione degli sforzi, sistema dell’UE di scambio delle emissioni, regolamento sul meccanismo di monitoraggio) e insieme ai suoi Stati membri è sulla buona strada per conseguire congiuntamente l’obiettivo per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto.

1.2.Progressi verso l’obiettivo 2030 che mira a una riduzione di almeno il 40% 

Come illustrato nella figura 1 di seguito, nel 2015 le emissioni di gas serra nell’UE sono state inferiori del 22% rispetto ai livelli del 1990. Anche la quota UE delle emissioni mondiali è diminuita nel tempo. Secondo i più recenti dati disponibili della banca dati EDGAR, questa quota si attestava all’8,8% nel 2012.

Figura 1: Progressi dell’Europa verso il conseguimento degli obiettivi 2020

 

Nel 2015 le emissioni sono leggermente aumentate (+0,7%), dopo un calo considerevole nel 2014 (4%): sebbene sia ampiamente riconosciuto che l’anno 2015 sia stato il più caldo mai registrato a livello mondiale, le condizioni atmosferiche in Europa sono state più fredde nel 2015 rispetto al 2014, con un aumento del 4% dei “gradi-giorno di riscaldamento”. Inoltre, la diminuzione del prezzo dei combustibili fossili, in particolare dei propellenti, nel 2015 ha contribuito a un aumento degli acquisti rispetto al 2014. Nel medio e lungo termine, tuttavia, le emissioni hanno seguito una tendenza al ribasso.

Secondo le proiezioni degli Stati membri sulla base delle misure esistenti, nel 2030 le emissioni totali dell’UE dovrebbero essere inferiori del 26% rispetto ai livelli del 1990. Si stanno mettendo in opera anche nuove politiche di mitigazione per raggiungere l’obiettivo dell’UE, concordato a Parigi, di ridurre entro il 2030 le emissioni interne di gas a effetto serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990. Con l’attuazione delle politiche in questione, le emissioni dell’UE seguiranno il tracciato indicato in verde nella figura 1. La descrizione di questi strumenti legislativi e non legislativi è disponibile nelle sezioni che seguono.

L’UE continua a dissociare con successo la crescita economica dalle sue emissioni. Tra il 1990 e il 2015 il PIL complessivo dell’UE è aumentato del 50%, mentre le emissioni totali (escludendo le attività LULUCF ma includendo il trasporto aereo internazionale) sono diminuite del 22%. Tra il 1990 e il 2015 l’intensità delle emissioni di gas serra dell’economia dell’UE, definita come il rapporto tra emissioni e PIL, si è pressoché dimezzata.

Figura 2: Evoluzione del PIL (in termini reali), delle emissioni di gas serra e dell’intensità delle emissioni dell’economia (rapporto tra emissioni e PIL) Indice (1990 = 100)

1.3.Progressi nel conseguimento degli obiettivi 2020

Secondo le proiezioni trasmesse dagli Stati membri nel 2015 sulla base delle misure esistenti, nel 2020 le emissioni saranno inferiori del 24% rispetto a quelle del 1990. Nell’ambito della strategia 2020, l’UE si è impegnata a ridurre le emissioni di gas a effetto serra nel 2020 del 20% rispetto ai livelli del 1990. L’UE è pertanto sulla buona strada per raggiungere questo obiettivo interno.

Il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE è un elemento fondamentale della politica dell’UE in materia di clima. Esso si applica prevalentemente nei settori dell’industria e dell’energia. Tra il 2005 e il 2015 le emissioni coperte dal sistema ETS dell’UE (sistema ETS), che rappresentano poco meno della metà delle emissioni totali nell’UE, sono diminuite del 24%. Durante questo periodo, le emissioni al di fuori del sistema ETS sono diminuite del 12%. Si stima che nel 2015 le emissioni prodotte dagli impianti partecipanti al sistema ETS siano diminuite di poco meno dello 0,4%. Ciò conferma la tendenza al ribasso degli ultimi cinque anni. Inoltre, l’eccedenza di quote di emissioni che si è costituita nel sistema a partire dal 2009, è diminuita in modo significativo in seguito all’attuazione del posticipo della messa all’asta fino a raggiungere circa 1,78 miliardi di quote. L’eccedenza è quindi al livello più basso dall’inizio dell’attuale periodo di scambio, nel 2013. È stata posticipata la messa all’asta di 400 milioni di quote nel 2014, 300 milioni di quote nel 2015 e 200 milioni di quote nel 2016. Si tratta di quote che saranno trasferite alla riserva stabilizzatrice del mercato (MSR, Market Stability Reserve) che sarà operativa a partire dal gennaio 2019 e ovvierà all’attuale eccedenza di quote. Una relazione sul funzionamento del mercato del carbonio sarà pubblicata nel corso dell’anno.

Conformemente alla decisione sulla condivisione degli sforzi (decisione ESD, Effort Sharing Decision), gli Stati membri devono rispettare gli obiettivi annuali vincolanti sulle emissioni di gas a effetto serra per il periodo 2013-2020 nei settori non interessati dal sistema ETS, ad esempio: edilizia, trasporti, rifiuti e agricoltura. Secondo l’inventario per il 2013 e il 2014 e quello approssimativo per il 2015 (cfr. figura 2), 27 Stati membri hanno raggiunto i loro obiettivi per il triennio 2013-2015. Solo le emissioni di Malta hanno superato l’obiettivo stabilito per ciascuno di questi tre anni. Le emissioni di Malta sono di conseguenza più elevate rispetto alle stime originali delle proiezioni nazionali. Di conseguenza, il paese deve avvalersi delle disposizioni per la flessibilità di cui alla decisione sulla condivisione degli sforzi (ad esempio, comprando unità da altri Stati membri) e potrebbe anche dover aggiornare le proprie proiezioni per il 2020 sulla base degli ultimi dati sulle emissioni.

Figura 3: Scarto relativo, stimato (2015) e previsto (2020), tra le emissioni e gli obiettivi stabiliti nella decisione sulla condivisione degli sforzi (in % rispetto alle emissioni dell’anno di riferimento 2005). I valori negativi e positivi indicano, rispettivamente, risultati in eccesso o in difetto.

Inoltre, secondo proiezioni nazionali basate sulle politiche già attuate, nel 2020 la maggior parte degli Stati membri dovrebbero raggiungere i loro obiettivi stabiliti nella decisione sulla condivisione degli sforzi. Secondo le loro proiezioni, nel 2020 alcuni Stati membri dovranno ancora attuare misure supplementari o avvalersi di margini di flessibilità:

in Irlanda, le emissioni dovrebbero rimanere stabili fino al 2020, mentre le emissioni dei trasporti dovrebbero aumentare in misura significativa entro tale data; nel giugno 2016, nel quadro del semestre europeo (il ciclo annuale di coordinamento delle politiche macroeconomiche, strutturali e di bilancio dell’UE), i leader dell’UE hanno raccomandato all’Irlanda di ridurre ulteriormente le emissioni attraverso maggiori investimenti nei trasporti pubblici;

secondo le più recenti proiezioni nazionali, entro il 2020 le emissioni del Lussemburgo supereranno del 5% l’obiettivo nazionale;

anche il Belgio dovrebbe superare del 5% l’obiettivo per il 2020. Ulteriori investimenti nelle infrastrutture di trasporto e nella capacità di generazione di energia potrebbero tuttavia contribuire a ridurre le emissioni. La persistenza di un trattamento fiscale favorevole per le autovetture aziendali contribuisce all’inquinamento, alla congestione del traffico e alle emissioni di gas a effetto serra;

secondo le proiezioni, anche l’Austria, la Danimarca e la Finlandia potrebbero non soddisfare i loro obiettivi di emissioni per il 2020, ma con un margine inferiore al 5%. Se però l’Austria e la Finlandia attuassero le misure supplementari da loro programmate, potrebbero ancora centrare gli obiettivi.

1.4.Rispetto dell’obiettivo di Kyoto per il primo periodo di impegno e progressi compiuti verso l’obiettivo per il secondo periodo di impegno 

Il 2 agosto 2016 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha pubblicato la relazione finale delle parti del protocollo di Kyoto per il primo periodo di impegno (“CP 1”), corrispondente al periodo 2008-2012. 26 Stati membri e l’UE, in quanto parte, si sono impegnati per tale periodo. Durante il CP1, le emissioni dell’UE sono state di 23,5 Gt CO2 eq. a fronte di un obiettivo cumulativo di 26,7 Gt CO2 eq. Questo obiettivo è stato pertanto raggiunto con un margine del 12%, come illustrato in modo più dettagliato nella tabella 7 del documento di lavoro dei servizi della Commissione.

Per rispettare l’obiettivo, nel suo insieme l’UE ha utilizzato 21,8 miliardi di unità di quantità assegnate (AAU), 818 milioni di riduzioni certificate delle emissioni (CER), 1,6 milioni di CER temporanee, 508 milioni di unità di riduzione delle emissioni (ERU) e 390 milioni di unità di assorbimento (RMU). L’UE ha inoltre riportato oltre 4 miliardi di AUU, 1,5 miliardi di CER e 1,7 miliardi di ERU. Le unità riportate possono essere utilizzate per rispettare l’obiettivo del secondo periodo di impegno (“CP 2”), fatte salve le norme stabilite dall’emendamento di Doha al protocollo di Kyoto. Le AAU riportate non possono però essere utilizzate per rispettare gli obiettivi fissati dalla normativa dell’UE sul clima e l’energia mentre l’uso delle CER e delle ERU è limitato per qualità e quantità.

Nel secondo periodo di impegno (2013-2020), tutti i 28 Stati membri si sono impegnati congiuntamente a rispettare un obiettivo a livello dell’UE. Secondo le proiezioni degli Stati membri, l’UE e i suoi 28 Stati membri sono sulla buona strada addirittura per superare questo obiettivo.

2.Agire a livello sia interno sia internazionale attraverso i finanziamenti per il clima

2.1.Mobilitare i proventi della messa all’asta delle quote del sistema ETS

Utilizzo da parte degli Stati membri dei proventi delle aste

Nel 2015, la vendita all’asta delle quote ETS ha generato 4,9 miliardi di EUR di entrate per gli Stati membri, il 98% delle quali proveniva da impianti fissi e il 2% dal trasporto aereo. Secondo le informazioni trasmesse alla Commissione, gli Stati membri hanno speso o hanno previsto di spendere il 77% di questi proventi per scopi connessi al clima.

Come si evince dalla figura 4, i proventi sono stati spesi in base alle priorità dei diversi Stati membri: per esempio, l’Ungheria ha recentemente deciso di investirne una parte nella e-mobilità; la Francia e la Repubblica ceca ne investono la maggior parte nell’efficienza energetica; la priorità della Spagna è tuttora lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ulteriori informazioni sull’uso dei proventi della vendita all’asta saranno disponibili nella prossima relazione sullo stato dell’Unione dell’energia.

Figura 4: Utilizzo dei proventi della vendita all’asta delle quote spesi per clima ed energia negli Stati membri, per settore (media ponderata dell’UE) nel 2015

NER 300

Il programma NER 300 è uno dei maggiori programmi di finanziamento al mondo per i progetti dimostrativi sulle tecnologie innovative a basse emissioni di energia finanziati dalla messa all’asta di 300 milioni di quote di emissione ETS. Nell’ambito del programma NER 300 ai fini del finanziamento sono stati selezionati, in 19 Stati membri, 37 progetti in materia di energie rinnovabili e un progetto CCS per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Tre di questi sono già in funzione e producono energia pulita. Complessivamente i finanziamenti erogati nell’ambito del NER 300 ammontano a 2,1 miliardi di EUR e dovrebbero mobilitare altri 2,7 miliardi di EUR di investimenti privati.

2.2.Integrare le politiche in materia di clima nel bilancio dell’UE

In media, per il periodo 2014-2020, si prevede che almeno il 20% del bilancio dell’UE sarà destinato a spese per il clima. L’importo dovrebbe essere pari a circa 200 miliardi di EUR. La situazione varia a seconda degli strumenti:

-Fondi strutturali e d’investimento europei (ESIF). Questi costituiscono più del 43% del bilancio UE. 28 accordi di partenariato e oltre 530 programmi di finanziamento specifici contribuiscono al finanziamento delle politiche in materia di clima. È stata stabilita una metodologia comune per determinare il livello di sostegno agli obiettivi nell’ambito dei cambiamenti climatici. Oltre 115 miliardi di EUR (ossia il 25% circa dell’insieme dei fondi) sono destinati al conseguimento degli obiettivi in materia di clima.

-Politica agricola comune (PAC). Il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) rappresentano insieme il 39% del bilancio dell’UE. A partire dal 1990, nell’UE le emissioni diverse dal CO2 legate all’agricoltura sono diminuite del 24%. Il sostegno a un’agricoltura rispettosa del clima attraverso la PAC ha contribuito a tale disaccoppiamento. La politica di sviluppo rurale della PAC, ad esempio, sostiene l’ammodernamento delle aziende agricole al fine di ridurre il consumo di energia, produrre energie rinnovabili, migliorare l’efficienza di utilizzo dei fattori di produzione e quindi ridurre le emissioni. Nel 2015 si stima che nel bilancio della PAC ben 13,6 miliardi di EUR fossero connessi al clima.

-Orizzonte 2020. Questo programma di finanziamento dell’UE per la ricerca, può contare su 79 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020 (una cifra pari al 7% del bilancio totale dell’UE). Si prevede che almeno il 35% della dotazione di bilancio di Orizzonte 2020, equivalente a 79 miliardi di EUR, sarà investito in progetti relativi ai cambiamenti climatici. I dati più recenti segnalano che la ricerca destinata alle sfide per la società (ad esempio: energia, trasporti o generi alimentari) sta per raggiungere questo obiettivo del 35%. Purtroppo, si nota un ritardo nelle cosiddette azioni “bottom-up” del programma Orizzonte 2020 (cioè gli inviti a presentare proposte a tematica aperta). Saranno quindi necessari sia un livello di ambizione più elevato sia azioni correttive per poter raggiungere l’obiettivo di integrazione del 35%.

L’industria e le autorità europee hanno lanciato diversi partenariati pubblici privati (PPP), come quello su industrie di trasformazione sostenibili attraverso l’uso efficiente delle risorse e dell’energia (Sustainable Process Industry through Resource and energy Efficiency, SPIRE), per un uso più efficiente delle risorse e per ridurre le emissioni di CO2 nel settore industriale e negli edifici. Recenti analisi mostrano che questi PPP riducono in maniera significativa il consumo energetico e le emissioni di CO2.

I risultati della COP21 e l’attenzione all’innovazione dell’accordo di Parigi contribuiscono a colmare il divario nei prossimi programmi di lavoro per il periodo 2018-2020. Inoltre, il piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET) è il primissimo risultato concreto della dimensione ricerca e innovazione (R&I) nell’ambito dell’Unione dell’energia e imprime un nuovo slancio allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie a basso tenore di carbonio grazie a un miglior coordinamento del lavoro e a una migliore definizione delle priorità. Il piano si incentra su dieci linee d’azione principali intese a realizzare le priorità di ricerca e innovazione dell’Unione dell’energia sulla base di una valutazione delle esigenze dei sistemi energetici, della loro importanza per la trasformazione del sistema energetico e del loro potenziale di generare crescita e posti di lavoro nell’UE. Queste azioni riguardano l’intera catena dell’innovazione, dalla ricerca di base alla commercializzazione, sia in termini di finanziamento sia di quadro normativo, proponendo inoltre un nuovo prodotto finanziario, ossia una linea di credito per i progetti di dimostrazione “energia” (“Energy Demo Projects facility”) sviluppata con la Banca europea per gli investimenti (BEI) per i progetti di dimostrazione su larga scala commerciali e innovativi.

-Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). È una garanzia di 16 miliardi di EUR provenienti dal bilancio dell’UE, integrata da una dotazione di 5 miliardi di EUR provenienti dalle risorse proprie della BEI. Il Fondo sostiene gli investimenti strategici in settori chiave, quali le infrastrutture, l’istruzione, la ricerca, l’innovazione nonché i finanziamenti tramite capitale di rischio per le piccole imprese. È in grado di mobilitare 315 miliardi di EUR. Il FEIS ha già finanziato progetti dimostrativi nel settore della produzione di energia rinnovabile (RES), che comprendono trasporti, processi industriali e stoccaggio. Il 16 settembre 2016, la Commissione ha proposto una proroga del fondo per sostenere ulteriormente progetti innovativi a basse emissioni di carbonio nel periodo 2018-2020. La proposta rafforza il concetto di «addizionalità», per garantire che vengano scelti solo i progetti che non sarebbero stati realizzati senza il FEIS. Data l’importanza che rivestono per il mercato unico, i progetti infrastrutturali transfrontalieri (compresi i servizi) sono stati specificamente indicati come progetti rispondenti al criterio dell’addizionalità. La proposta dovrebbe creare un totale di almeno di 500 miliardi di EUR di investimenti entro il 2020. La Commissione ha invitato i colegislatori a valutarla in via prioritaria.

-Sottoprogramma per l’azione per il clima del programma LIFE. Nel 2015 questo sottoprogramma ha contribuito all’attuazione e allo sviluppo della politica e della legislazione in materia di clima attraverso sovvenzioni per azioni e strumenti finanziari. A suo titolo la Commissione ha erogato 56 milioni di EUR destinati a 40 progetti con un valore aggiunto europeo in termini di mitigazione, adattamento, governance e informazioni. Circa 30 ONG particolarmente attive nel settore dell’ambiente e dell’azione per il clima hanno ricevuto finanziamenti dell’ordine di 10 milioni di EUR da sovvenzioni di funzionamento. Si sono registrati progressi anche in merito ai due strumenti finanziari. Tre strumenti di finanziamento privato per l’efficacia energetica (PF4EE) sono stati firmati con Spagna, Francia e Repubblica ceca. Nell’ambito dello strumento di finanziamento del capitale naturale (NCFF, Natural Capital Finance Facility) sono state svolte procedure di valutazione e di dovuta diligenza su due operazioni da sottoscrivere, eventualmente, nell’autunno del 2016.

-Strumenti per l’azione esterna. Per dar seguito all’accordo di Parigi e sostenere sia i paesi in via di sviluppo sia i paesi vicini nell’attuazione dei loro piani d’azione per il clima, il clima è integrato anche nel bilancio dell’UE destinato agli aiuti.

2.3.Sostegno ai paesi in via di sviluppo 

In seguito alla conclusione dell’accordo di Parigi, il sostegno ai paesi in via di sviluppo nell’attuazione dei rispettivi contributi stabiliti a livello nazionale (NDC) svolge un ruolo importante per realizzare la transizione verso economie a basse emissioni.

Nel 2009, in occasione della conferenza sui cambiamenti climatici di Copenaghen, i paesi sviluppati si sono impegnati a mobilitare collettivamente 100 miliardi di USD all’anno a partire dal 2020 per azioni di mitigazione significative e per rendere più trasparente l’attuazione delle azioni. I finanziamenti proverranno da diverse fonti, pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, comprese fonti alternative di finanziamento. Nel 2015 alla conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, le parti che sono paesi sviluppati hanno convenuto di perseguire l’attuale obiettivo collettivo di mobilitazione fino al 2025 e di fissare un nuovo obiettivo collettivo quantificato partendo da una soglia minima di 100 miliardi di USD all’anno.

Questo impegno di 100 miliardi di USD ha contribuito ad aumentare significativamente i finanziamenti a favore del clima nel contesto della cooperazione allo sviluppo e tramite le banche multilaterali e di sviluppo. L’UE e i suoi Stati membri sono i principali fornitori di aiuto pubblico allo sviluppo, con una cifra di 68 miliardi di EUR nel 2014. Nel 2015 l’Unione europea, la BEI e gli Stati membri hanno collettivamente messo a disposizione 17,6 miliardi di EUR per aiutare i paesi in via di sviluppo nella lotta contro i cambiamenti climatici.

3.Mitigare le emissioni dell’UE

Nell’ottobre 2014 i leader europei hanno raggiunto un accordo sui principali elementi del quadro 2030 per il clima e l’energia dell’UE. L’UE ha stabilito l’obiettivo, vincolante ed esteso a tutti i settori economici, di ridurre le emissioni di almeno il 40% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di un impegno in linea con un percorso efficiente sotto il profilo dei costi per conseguire gli obiettivi climatici a lungo termine dell’UE: è divenuto la base dell’impegno sottoscritto dall’UE a livello internazionale nell’ambito dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e sarà realizzato da tutti gli Stati membri collettivamente.

Per dare avvio all’attuazione di questo impegno, nel luglio 2015 la Commissione ha presentato una proposta di riforma del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (cfr. la sezione 3.1). Nel luglio 2016, la Commissione ha presentato alcune misure destinate agli altri settori economici fondamentali che contribuiranno all’azione per il clima: edilizia, trasporti, trattamento dei rifiuti, agricoltura, uso del suolo e silvicoltura (cfr. sezione 3.2).

La Commissione sta inoltre attuando le iniziative previste nell’ambito della strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di clima, per affrontare gli ambiti delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica, dei trasporti e della ricerca e sviluppo e per definire la governance dell’Unione dell’energia.

3.1.Revisione del sistema ETS - fase 4 (2021-2030) 

La proposta legislativa della Commissione del luglio 2015 che riguarda la fase 4 della revisione del sistema ETS è attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo. La proposta mira a conseguire una riduzione del 43%, rispetto ai livelli del 2005, delle emissioni rientranti nel sistema ETS

3.2.Proposte legislative di regolamenti sulla condivisione degli sforzi e sull’uso del suolo per il periodo 2021-2030

Nell’ottobre 2014, i leader dell’UE si sono impegnati politicamente per ridurre entro il 2030 del 30%, rispetto ai livelli del 2005, le emissioni dei settori economici che non rientrano nel sistema ETS. Hanno inoltre convenuto che tutti i settori, compreso quello che riguarda l’uso del suolo, dovranno concorrere ad assolvere gli impegni assunti dall’UE nel quadro dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

L’attuale decisione sulla condivisione degli sforzi, che obbliga gli Stati membri a raggiungere obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra nei settori non coperti dal sistema ETS, fatta eccezione per l’utilizzo del suolo, è applicabile per il periodo 2013-2020. In risposta all’impegno politico assunto nel 2014, il 20 luglio 2016 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure per accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori dell’economia europea per il periodo 2021-2030. La prima proposta legislativa impone agli Stati membri obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra per il 2021-2030 per i settori non regolamentati dal sistema ETS, compresi edilizia, agricoltura, gestione dei rifiuti, trasporti e alcune attività industriali.

La fissazione di obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni si basa su equità, solidarietà, efficacia economica e integrità ambientale. La proposta riconosce le diverse capacità d’intervento degli Stati membri, differenziando gli obiettivi sulla base del PIL pro capite. Ciò garantisce l’equità in quanto gli Stati membri a reddito più elevato adottano obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli a reddito più basso. Gli obiettivi 2030 variano dallo 0% al -40%, rispetto ai livelli 2005.

I leader dell’UE hanno inoltre riconosciuto che un’impostazione basata unicamente sul PIL relativo pro capite comporterebbe costi di conformità relativamente elevati per alcuni Stati membri ad alto reddito. Di conseguenza, la proposta adegua gli obiettivi degli Stati membri ad alto reddito tenendo conto dell’efficacia dei costi. Vengono inoltre proposti due nuovi elementi di flessibilità, rigorosamente limitati: gli Stati membri ammissibili possono accedere a quote del sistema ETS; tutti gli Stati membri sono autorizzati rafforzare le azioni nell’ambito dell’uso del suolo al fine di rispettare gli obiettivi vincolanti che hanno sottoscritto.

La seconda proposta legislativa riguarda le emissioni e gli assorbimenti di CO₂ dovuti all’uso agricolo del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura (LULUCF, land-use, land-use change and forestry), e stabilisce l’impegno vincolante per ogni Stato membro e le norme contabili per determinare la conformità. La proposta impone a ciascuno Stato membro di garantire che le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo siano interamente compensate da un assorbimento equivalente di CO₂ dall’atmosfera tramite un’azione nel settore interessato. Ad esempio, se uno Stato membro abbatte le sue foreste (deforestazione), deve compensare le emissioni che da ciò conseguono attraverso l’impianto di nuovi boschi (afforestazione) o migliorando la gestione sostenibile delle foreste, delle terre coltivate e dei pascoli esistenti, oppure, in alternativa, tramite ulteriori riduzioni delle emissioni nei settori interessati dalla condivisione degli sforzi.

La proposta della Commissione si basa su un attento equilibrio tra la concessione di maggiori incentivi per la cattura del carbonio nel suolo e nelle foreste e la necessità di mantenere l’integrità ambientale del quadro UE per il clima così da incentivare la riduzione delle emissioni nei settori edilizio, agricolo e dei trasporti. La proposta prevede anche che gli Stati membri possano scambiare crediti LULUCF.

L’uso del suolo e la silvicoltura comprendono l’uso di suolo, alberi, piante, biomassa e legname e si trovano in una posizione ideale per contribuire a una politica efficace in materia di clima. Ciò è dovuto al fatto che questo settore può non solo produrre gas a effetto serra, ma anche rimuovere CO₂ dall’atmosfera.

3.3.Settore dei trasporti 

Nel luglio 2016, la Commissione ha adottato una strategia europea per la mobilità a basse emissioni, all’interno di un pacchetto di misure per accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in Europa, dove i trasporti rappresentano quasi un quarto delle emissioni di gas a effetto serra e sono la prima causa di inquinamento atmosferico nei centri urbani.

L’ambizione della strategia è chiara: entro la metà del secolo le emissioni di gas a effetto serra provenienti dai trasporti dovranno essere inferiori di almeno il 60% ai livelli del 1990 ed essere avviate saldamente su un percorso di avvicinamento allo zero. Occorre ridurre drasticamente e senza indugi le emissioni degli inquinanti atmosferici provenienti dai trasporti perché sono dannose per la salute umana. Affrontare queste sfide offrirà opportunità per modernizzare l’economia europea e rafforzare il mercato interno.

La strategia fornisce un quadro per le azioni che la Commissione sta programmando per i prossimi anni, concentrandosi in particolare sul trasporto stradale, che rappresenta oltre il 70% delle emissioni del settore dei trasporti e gran parte dell’inquinamento atmosferico. Si tratta di azioni destinate a tre ambiti fondamentali: i) miglioramento dell’efficienza del sistema dei trasporti; ii) energie alternative a basse emissioni per i trasporti; iii) veicoli a basse o a zero emissioni. La trasformazione potrà altresì contare sul sostegno di attivatori trasversali quali la strategia per l’Unione dell’energia, la ricerca e l’innovazione, la politica industriale e per gli investimenti, le strategie destinate al mercato unico digitale e l’agenda per le competenze.

3.4.Sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (MRV) del trasporto marittimo dell’UE 

L’UE sostiene un approccio mondiale in relazione alla riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto marittimo internazionale, che è una fonte importante e crescente di emissioni. Nell’aprile 2015 la Commissione ha adottato un regolamento che istituisce a livello di UE un sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (monitoring, reporting and verification system, MRV) del trasporto marittimo come primo passo nell’ambito della strategia dell’UE per la riduzione delle emissioni in questo settore. Questo regolamento prevede che, a partire dal 1º gennaio 2018, le navi di grandi dimensioni (stazza lorda superiore a 5 000 tonnellate) che utilizzano i porti dell’UE controllino e comunichino le loro emissioni annuali di CO2 verificate e altri dati connessi all’energia.

Il sistema MRV dell’UE per le emissioni del trasporto marittimo è destinato a contribuire all’istituzione di un sistema internazionale in questo settore. Discussioni in materia sono in corso presso l’Organizzazione marittima internazionale. Il sistema MRV dell’UE per il trasporto marittimo offrirà anche la possibilità di concordare standard di efficienza per le navi esistenti. Ad adozione avvenuta di un sistema mondiale, la legislazione dell’UE riguardante il sistema MRV impone alla Commissione di effettuarne una valutazione al fine, se necessario, di allineare il sistema unionale e quello mondiale.

3.5.Cattura e stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture Storage)

Nelle relazioni presentate alla Commissione in merito all’attuazione della direttiva CCS, gli Stati membri hanno indicato che, nonostante l’assenza di una valutazione positiva in merito alla fattibilità tecnica ed economica dell’installazione di tecnologie CCS su impianti esistenti, i nuovi impianti presentano standard che generalmente superano quelli imposti dagli obblighi di legge e riservano una parte del sito per l’eventuale inserimento di tecnologie CCS nel caso in cui le condizioni dovessero cambiare in futuro. Maggiori ragguagli verranno forniti nella seconda relazione della Commissione sull’applicazione della direttiva relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio che sarà pubblicata nel corso dell’anno. La relazione fornirà anche una panoramica sugli ultimi sviluppi connessi alla preparazione dei siti di stoccaggio, su esplorazione e licenze, sulle licenze di esercizio delle grandi centrali per la produzione di energia, sui piani nazionali per sviluppare infrastrutture di trasporto e stoccaggio di CO2 e su progetti di ricerca pertinenti alla direttiva.

3.6.Gas fluorurati a effetto serra

Il nuovo regolamento europeo per il controllo dei gas da gas fluorurati a effetto serra (F-gas) si applica dal 1º gennaio 2015. Rafforza le misure esistenti (ad esempio riguardo il contenimento dei gas attraverso l’individuazione di eventuali fuoriuscite, l’installazione di apparecchiature da parte di personale specializzato, il recupero di gas usati ecc.) e introduce la graduale eliminazione dei gas fluorurati che, entro il 2030, permetterà di ridurre le emissioni totali di gas fluorurati nell’UE di due terzi rispetto ai livelli del 2014. Nel 2016, le quote necessarie per l’immissione legale degli HFC sul mercato dell’UE sono state ridotte al 93% dei livelli del 2015. Il regolamento sui gas fluorurati vieta inoltre l’immissione di gas fluorurati sul mercato in determinate circostanze e cioè se sono disponibili alternative. Ad esempio, a partire dal 1º gennaio 2016 sono vietati i dispositivi antincendio che utilizzano HFC-23.

3.7.Governance 

Il quadro strategico per l’Unione dell’energia, adottato dai capi di Stato e di governo nel febbraio 2015, garantisce che l’Europa disponga di energia sicura, ecocompatibile e a prezzi ragionevoli. Richiederà importanti investimenti nella generazione di energia, nelle reti e nell’efficienza energetica, che si stimano a circa 200 miliardi di EUR l’anno per il prossimo decennio. Gli obiettivi di questa strategia possono essere raggiunti soltanto se le politiche nazionali sono coerenti tra loro e in linea con la legislazione dell’UE in materia di energia e di clima.

Perciò, i leader europei hanno concordato la messa a punto a livello dell’Unione di un sistema di governance affidabile e trasparente, senza oneri amministrativi inutili, specificando inoltre che integrerà la pianificazione strategica e la comunicazione riguardo l’attuazione delle politiche in materia di clima ed energia. Prima della fine del 2016 la Commissione presenterà una proposta sia per razionalizzare la pianificazione esistente e gli obblighi di comunicazione e monitoraggio, sia riguardo a un processo di governance dell’Unione dell’energia. Si prevede che a partire dal 2021, la relazione sull’attuazione dell’accordo di Parigi farà parte della regolare relazione di monitoraggio della Commissione nel quadro dell’imminente proposta di regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia.

3.8.Iniziative per il mercato del carbonio e partenariato per la preparazione del mercato (PMR, Partnership for Market Readiness)

L’UE continua a sostenere l’attuazione di strumenti basati sul mercato, come il sistema ETS, in quanto fondamentali per stimolare una riduzione delle emissioni interne efficace in termini di costi. Ciò è conseguibile mediante assistenza tecnica bilaterale e scambi, principalmente in Cina e nella Corea del Sud, ma anche attraverso le iniziative multilaterali intraprese dalla Banca mondiale come il partenariato per la preparazione del mercato (PMR) del quale l’UE è il principale sottoscrittore. Quest’anno è stato prorogato il supporto bilaterale alla Cina e sono stati riorientati i finanziamenti all’interno del PMR a favore di un’analisi strategica iniziale della fissazione del prezzo del carbonio in modo da sostenere l’attuazione degli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi. L’azione a livello nazionale continuerà a essere prioritaria e a improntare la partecipazione sui mercati internazionali.

4.Adattamento ai cambiamenti climatici 

La strategia 2013 dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici è volta a preparare l’Unione per le conseguenze attuali e future dei cambiamenti climatici. Promuove azioni di adattamento in tutta l’UE, garantendo che l’adattamento figuri in tutte le pertinenti politiche dell’UE e assicurando il rafforzamento del coordinamento, della coerenza e della condivisione delle informazioni tra gli Stati membri. La Commissione riferirà al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della strategia di adattamento ed effettuerà una valutazione dell’attuazione.

Le tendenze generali includono i seguenti elementi:

molti Stati membri si stanno impegnando a pianificare l’adattamento e a individuare rischi e vulnerabilità connessi ai cambiamenti climatici. Strategie di adattamento nazionali sono già state adottate da ventuno Stati membri, e sono in corso di elaborazione nella maggior parte dei rimanenti. Tuttavia, la maggior parte degli Stati membri deve ancora definire e attuare piani d’azione per l’adattamento;

i settori più comunemente individuati per l’integrazione dell’adattamento sono: gestione dell’acqua e risorse idriche, foreste e silvicoltura, agricoltura, biodiversità ed ecosistemi nonché salute umana. Come indicato nella strategia globale in materia di politica estera e di sicurezza, presentata al Consiglio europeo la scorsa estate, i cambiamenti climatici amplificano le situazioni di conflitto nell’UE;

meno della metà degli Stati membri stanno attuando strategie di adattamento in settori chiave;

lo sviluppo e l’attuazione di sistemi di monitoraggio e valutazione è ancora in fase embrionale nella maggior parte degli Stati membri;

si sono intensificate le attività a livello urbano nonché le politiche urbane in materia di adattamento ai cambiamenti climatici. Con il nuovo Patto dei sindaci, l’adeguamento è stato accorpato agli sforzi di mitigazione all’interno di un’iniziativa europea che coinvolge quasi 7 000 città in tutto il mondo. Le politiche urbane in materia di clima sono state sostenute dall’accordo di Parigi che ha riconosciuto il ruolo chiave delle città a livello di attuazione.

5.Partecipazione alle politiche internazionali in materia di clima

5.1.Trasporto aereo 

Politiche in materia di trasporto aereo

L’UE ha sostenuto e partecipato all’elaborazione di una misura globale per ridurre le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto aereo internazionale. A partire dall’accordo raggiunto in occasione della 38a assemblea dell’ICAO nel 2013 per l’elaborazione di una misura mondiale basata sul mercato, l’ICAO ha contribuito attivamente alla sua stesura insieme ai suoi Stati membri. L’ICAO ha scelto un sistema di compensazione delle emissioni di carbonio, con l’obiettivo di stabilizzare le emissioni provenienti dall’aviazione internazionale ai livelli del 2020. Una risoluzione in merito all’attuazione di questa misura a partire dal 2020, è stata adottata all’inizio di ottobre 2016 in occasione della 39a assemblea dell’ICAO. Sulla base del livello di partecipazione alla prima fase del meccanismo volontario che si estende al 2027, la copertura delle emissioni è pari a circa l’80% di quanto necessario a conseguire la neutralità in termini di emissioni di carbonio a partire dal 2020. Questa prima fase dovrà essere integrata da altri elementi chiave della progettazione del sistema, in particolare norme concernenti il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni e criteri di ammissibilità per le emissioni, nonché la creazione di un registro. Si tratta di elementi importanti in termini di efficacia e di correttezza, da mettere in opera prima del 2020 per consentire che il sistema cominci a funzionare come programmato.

In seguito alla decisione espressa dall’assemblea dell’ICAO in merito a una misura mondiale per il trasporto aereo basata sul mercato, la Commissione presenterà una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli esiti dell’assemblea e, se opportuno, proporrà una revisione dell’ambito di applicazione del sistema ETS per il settore del trasporto aereo.

Impatto complessivo del trasporto aereo sui cambiamenti climatici

Il totale dichiarato delle emissioni del trasporto aereo rappresentava circa il 3,6% del totale delle emissioni di gas serra dell’UE nel 2015. Si tratta di emissioni che per la maggior parte provengono da voli internazionali. Sebbene il combustibile bruciato in media per passeggeri/chilometro trasportati sia diminuito del 19% tra il 2005 e il 2014, le emissioni di CO2 sono aumentate del 5% nel corso del medesimo periodo.

Anche le emissioni di ossidi di azoto (NOx), aerosol e precursori di aerosol (fuliggine e solfati), nonché l’aumento della formazione di nubi, contribuiscono al cambiamento climatico. Nel documento “Rotta 2050” (“Flightpath 2050”) l’UE riconosce la presenza di questi fattori diversi dalla CO2, e chiede che entro il 2050 le emissioni di NOx vengano ridotte del 90% rispetto ai livelli del 2000. Negli ultimi anni sono stati compiuti sforzi per valutare l’impatto sui cambiamenti climatici di fattori diversi dalla CO2. Uno studio, finanziato in parte dal programma “QUANTIFY” dell’UE per il finanziamento della ricerca, ha cercato di valutare gli impatti globali del trasporto aereo, concludendo che nel 2005 il trasporto aereo rappresentava circa il 3,5% dell’alterazione totale dovuta alle attività umane (cioè cambiamenti nel bilancio energetico del pianeta dovuti ad attività economica antropica).

5.2.Graduale riduzione degli idrofluorocarburi nel quadro del protocollo di Montreal

L’UE è stata particolarmente attiva in seno ai negoziati per la definizione di un obiettivo mondiale ambizioso nel quadro del protocollo di Montreal per limitare la produzione globale e l’uso di idrofluorocarburi (HFC). La scienza suggerisce che un obiettivo ambizioso per l’eliminazione degli HFC potrebbe evitare fino a 0,5ºC di riscaldamento del pianeta entro la fine del secolo. L’entrata in vigore, nel 2015, del regolamento UE sui gas fluorurati e la modifica proposta dall’UE nel 2015, hanno contribuito a costruire un consenso sull’emendamento di Kigali, adottato il 15 ottobre 2016, che costituisce un importante passo avanti nell’attuazione dell’accordo di Parigi.

Per facilitare un’azione rapida sugli HFC nei paesi dell’America latina e dei Caraibi, in Africa, nel Sud-Est asiatico e nella regione del Pacifico, la Commissione europea continua a fornire un contributo finanziario per progetti specifici in queste regioni.

6.Scambio di esperienze

La Commissione europea svolge regolarmente valutazioni ex post sulle politiche nell’ambito del clima, al fine di comprendere meglio i principali fattori che hanno determinato una riduzione delle emissioni e di quantificare l’impatto delle politiche in materia di clima sulle emissioni. Un primo studio sulla base di analisi di disaggregazione dimostra che le riduzioni delle emissioni osservate a partire dal 1990 e i progressi in termini di intensità di emissioni dell’economia (cfr. figura 2) sono stati determinati principalmente dai cambiamenti tecnologici e dall’innovazione. Lo slittamento relativo tra i diversi settori economici, in particolare dall’industria ai servizi, ha prodotto, in media, solo un effetto marginale nell’UE. Pertanto, il disaccoppiamento evidenziato nella figura 2 è prevalentemente riconducibile all’evoluzione tecnologica che consente, contemporaneamente, l’aumento del PIL e la riduzione dei gas a effetto serra.

Nel 2016 sono stati sviluppati due modelli econometrici per mostrare in che modo la politica in materia di clima contribuisca a ridurre le emissioni. A causa dei vincoli inerenti alle metodologie utilizzate, è stato possibile analizzare solo le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione nel periodo 1990-2012. Il primo modello fornisce una stima quantitativa dell’impatto del sistema ETS sulle emissioni. Il secondo modello, basato su un approccio diverso, quantifica l’impatto sulle emissioni delle politiche nazionali, incluse quelle riguardanti le imposte su energia e trasporti nonché le politiche in materia di energie rinnovabili.

La figura 5 intende fornire una rappresentazione semplificata dei risultati dell’analisi di cui sopra, per il periodo 1990-2012. Nel grafico, le riduzioni ETS appaiono in rosso. Sono rappresentate anche le riduzioni imputabili alla fiscalità nel settore dell’energia e dei trasporti e alle politiche in materia di rinnovabili. Queste ultime sono confrontate con le emissioni effettive, evidenziate in calce, in blu. Il totale si riferisce alle emissioni che si sarebbero verificate in assenza di tali politiche.

Per semplificare la metodologia, nel grafico si presume che il sistema ETS non abbia in alcun modo inciso sull’uso di fonti di energia rinnovabile o su altre politiche. Una descrizione più dettagliata delle metodologie e dei loro limiti figura sul sito web della direzione generale per l’Azione per il clima.

Figura 5: Valutazione ex-post dell’impatto del sistema ETS, delle energie rinnovabili, della fiscalità e di altre politiche incentrate sulle emissioni di CO2 da combustione

La figura 5 mostra che in assenza delle politiche climatiche appena elencate, nel 2012 le emissioni di CO2 sarebbero state del 30% superiori a quanto osservato. Inoltre, risulta chiaro che lo sviluppo delle energie rinnovabili è un fattore decisivo per la riduzione delle emissioni e che anche la fiscalità e il sistema ETS si ripercuotono sulle emissioni. Le valutazioni ex-post giungono alla conclusione che le politiche in materia di clima producono risultati positivi, in quanto riducono le emissioni e incoraggiano la diffusione di tecnologie pulite.

Nel luglio 2016, la Commissione ha pubblicato una valutazione incentrata sull’attuazione della decisione sulla condivisione degli sforzi fino al 2015 concludendo che, benché la decisione si trovasse ancora nelle prime fasi di attuazione, gli impegni assunti a suo titolo hanno contribuito a stimolare nuove politiche nazionali intese a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. La decisione ha inoltre migliorato il coordinamento tra i governi nazionali, regionali e locali. Hanno contribuito ai risultati anche le politiche che facevano parte del pacchetto clima ed energia del 2020, in particolare quelle sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili.