20.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 264/110


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell’Unione europea e alle procedure a sostegno dei negoziati sull’accesso di beni e servizi dell’Unione europea ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi»

[COM(2016) 34 final — 2012/0060 (COD)]

(2016/C 264/15)

Relatore:

Mário SOARES

La Commissione europea, in data 29 gennaio 2016, e il Parlamento europeo, in data 4 febbraio 2016, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 207 e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell’Unione europea e alle procedure a sostegno dei negoziati sull’accesso di beni e servizi dell’Unione europea ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi

[COM(2016) 34 final – 2012/0060 (COD)].

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 aprile 2016

Alla sua 516a sessione plenaria, dei giorni 27 e 28 aprile 2016 (seduta del 27 aprile 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 223 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L’UE ha proceduto a un’integrazione e una liberalizzazione più avanzate degli appalti pubblici europei in occasione della revisione dell’accordo sugli appalti pubblici (AAP), nel corso dei negoziati commerciali con i paesi terzi e nell’ambito degli accordi commerciali recentemente conclusi dall’Unione europea. Tali riforme hanno portato a una maggiore apertura degli appalti pubblici europei alle imprese dei paesi industrializzati o emergenti, mentre tali paesi non hanno risposto a tale apertura con un’offerta equivalente e le imprese europee continuano a confrontarsi con pratiche restrittive e discriminatorie nei paesi terzi. Tale apertura è tanto più necessaria se si considera che gli appalti pubblici rappresentano circa il 20 % del PIL mondiale e che, nell’attuale contesto di crisi, gli investimenti pubblici nelle infrastrutture e negli appalti di lavori e forniture nelle economie sviluppate ed emergenti costituiscono una delle leve essenziali della crescita economica per gli anni a venire.

1.2

In molti pareri il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si è pronunciato a favore dell’obiettivo, che l’Unione europea si è fissata, di una maggiore apertura degli appalti pubblici di tutti i paesi alla concorrenza internazionale. Il Comitato ha inoltre insistito sulla necessità di garantire la semplificazione delle norme in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, in particolare per le PMI, ma anche il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento. Esso ha inoltre chiesto più volte che la dimensione sociale e quella ambientale, nonché il rispetto dei diritti umani fondamentali e la protezione dei consumatori fossero debitamente rinforzati nella conduzione della politica commerciale europea, conformemente all’articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che chiede una maggiore coerenza con i principi e gli obiettivi dell’Unione.

1.3

Il Comitato comprende la preoccupazione della Commissione, che vuole garantire una maggiore apertura degli appalti pubblici alle imprese europee nei paesi terzi, ed è consapevole della leva che può rappresentare la proposta modificata di regolamento relativo all’accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell’Unione europea, oggetto del presente parere.

1.4

Il Comitato reputa che la proposta di regolamento possa costituire un primo passo per garantire una maggiore apertura degli appalti pubblici, in particolare nei negoziati in corso nel quadro del partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) tra l’UE e gli Stati Uniti, nonché nel contesto dei negoziati su un accordo commerciale con il Giappone ovvero in quello dei negoziati d’adesione della Cina all’accordo sugli appalti pubblici dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), tutti paesi con mercati degli appalti pubblici meno aperti di quelli dell’Unione europea, ma anche nei confronti di paesi non firmatari dell’AAP, come la Russia, il Brasile o l’Argentina.

1.5

Tuttavia, il Comitato è consapevole delle profonde divergenze esistenti in seno al Consiglio e al Parlamento europeo in relazione alla pertinenza e all’efficacia della proposta di regolamento.

1.6

Il Comitato insiste sull’assoluta necessità di garantire che la concorrenza con le imprese dei paesi terzi nel quadro dell’aggiudicazione di appalti pubblici sia libera e non falsata. Il CESE dubita tuttavia che la presente proposta di regolamento possa raggiungere l’obiettivo dell’apertura equilibrata dei mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi. Il Comitato ritiene in particolare che la nuova proposta di regolamento manchi di ambizione, in quanto il suo campo d’applicazione è limitato a un semplice adeguamento di prezzo per gli appalti di valore superiore a 5 000 000 EUR, e fa osservare che solo il 7 % di tutti gli appalti pubblici ha un valore superiore a 5 000 000 EUR. Reputa, anche, che la penalità, che può raggiungere il 20 % del prezzo delle offerte, non sia sufficiente e debba essere esaminata caso per caso. Il Comitato propone di applicare misure di adeguamento dei prezzi per gli appalti di valore stimato pari o superiore a 2 500 000 EUR.

1.7

Il Comitato si chiede inoltre se il divieto imposto agli Stati membri di applicare misure restrittive che vadano oltre quelle stabilite dal regolamento non equivalga a una liberalizzazione de facto e senza contropartita degli appalti pubblici al di sotto della soglia di 5 000 000 EUR per le imprese dei paesi terzi. Il Comitato si fa sostenitore pertanto della necessità inderogabile di un’apertura equilibrata e reciproca dei mercati degli appalti pubblici tra l’UE e gli Stati terzi.

1.8

Il Comitato deplora che la proposta di regolamento non contenga alcun riferimento all’obiettivo dello sviluppo sostenibile quando invece la Commissione ha fatto di tale obiettivo un elemento importante della sua comunicazione Commercio per tutti ed ha annunciato a più riprese che avrebbe tenuto conto dello sviluppo sostenibile in tutti gli aspetti pertinenti degli accordi di libero scambio (energia, materie prime e appalti pubblici) (1).

1.9

Il Comitato si rammarica per la soppressione degli articoli 85 e 86 della direttiva 2014/25/UE da parte del nuovo regolamento, poiché tali disposizioni sono ambiziose e più conformi all’obiettivo di integrazione dello sviluppo sostenibile, in quanto includono una dimensione sociale relativa alla difficoltà delle imprese europee di aggiudicarsi appalti pubblici nei paesi terzi a causa del mancato rispetto delle disposizioni internazionali in materia del diritto del lavoro in tali paesi. Il Comitato ritiene inoltre che sarebbe utile esaminare in modo più approfondito una possibile integrazione di alcuni loro elementi nell’attuale proposta di regolamento.

1.10

Il Comitato è quindi dell’avviso che il regolamento debba sviluppare un approccio più ambizioso per quanto riguarda la promozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile, di rispetto dei diritti fondamentali e di protezione dei consumatori nella procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici nei paesi terzi. Secondo il Comitato, il mancato rispetto di tali norme fondamentali può avere un impatto negativo sulla competitività delle imprese europee e esso ritiene che la definizione di «misura o pratica restrittiva» dell’articolo 2 della proposta debba includere il mancato rispetto di tali norme fondamentali. Il Comitato reputa altresì che la relazione che la Commissione deve presentare il 31 dicembre 2018 al più tardi e, in seguito, almeno ogni tre anni (articolo 16 della proposta) dovrebbe riguardare non soltanto l’accesso per gli operatori economici alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei paesi terzi, ma anche vertere sul rispetto nei paesi terzi, nell’ambito di tali procedure, delle norme sociali e ambientali, nonché sul rispetto dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei consumatori; le relazioni della Commissione sull’applicazione del regolamento dovranno tenerne debito conto.

1.11

Il CESE chiede l’attuale proposta di regolamento ricordi l’obbligo, cui sono tenute le imprese dei paesi terzi che partecipano alle procedure di appalti pubblici nell’UE, di ottemperare alle disposizioni volte a promuovere il rispetto dello sviluppo sostenibile e il rafforzamento delle dimensioni sociali e ambientali, nonché il rispetto dei diritti umani fondamentali, la tutela dei consumatori e l’inserimento o il reinserimento sociale e professionale dei lavoratori con disabilità, di cui alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli appalti pubblici. La conformità a tali disposizioni è essenziale per una concorrenza libera e non falsata nel mercato interno.

1.12

Il Comitato è assolutamente favorevole alla non applicazione del regolamento ai paesi in via di sviluppo meno avanzati e più vulnerabili di cui al regolamento SPG (2), ma ricorda alla Commissione che devono essere adottate misure complementari per promuovere la partecipazione dei paesi meno sviluppati e più vulnerabili agli appalti pubblici nell’UE.

1.13

Il Comitato approva anche la non applicazione del regolamento alle PMI europee. Desidera tuttavia ricordare alla Commissione che le PMI hanno bisogno di un sostegno particolare, sia per l’accesso ad appalti «transfrontalieri» nell’Unione europea che per l’accesso ai mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi.

2.   Contesto

2.1

Il CESE è stato consultato dalla Commissione europea e dal Parlamento sulla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell’Unione europea e alle procedure a sostegno dei negoziati sull’accesso di beni e servizi dell’Unione europea ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi.

2.2

La spesa per gli appalti pubblici è generalmente stimata a circa il 20 % del PIL mondiale. Nell’attuale contesto di crisi, gli investimenti pubblici nelle infrastrutture e gli appalti di lavori e di forniture nelle economie sviluppate ed emergenti costituiranno probabilmente una delle leve fondamentali della crescita economica nei prossimi anni.

2.3

L’UE ha progressivamente assicurato l’integrazione dei suoi appalti pubblici e li ha aperti grazie a una maggiore liberalizzazione degli appalti pubblici europei in occasione della revisione dell’accordo sugli appalti pubblici (AAP) dell’OMC, entrata in vigore nell’aprile 2014, nonché nel corso dei negoziati commerciali con i paesi terzi e nell’ambito degli accordi commerciali recentemente conclusi dall’Unione europea (per esempio gli accordi UE-Corea, UE-America centrale, UE-Colombia/Perù, UE-Moldova, UE-Georgia e UE-Ucraina).

2.4

Tuttavia, le imprese europee continuano a scontrarsi con pratiche restrittive e discriminatorie nei paesi terzi. Tali pratiche sono il risultato di diversi fattori:

alcuni altri paesi firmatari dell’AAP (firmato da 43 membri dell’OMC) non hanno assunto impegni altrettanto importanti di quelli assunti dall’UE. Così, l’UE ha aperto l’80 % dei suoi mercati di appalti pubblici, mentre gli altri paesi sviluppati hanno aperto solo il 20 % dei loro appalti pubblici. L’Unione apre i suoi mercati di appalti pubblici per un importo di circa 352 miliardi di EUR ad offerenti provenienti dai paesi firmatari dell’accordo sugli appalti pubblici (AAP), mentre gli appalti pubblici a livello mondiale sono chiusi per oltre il 50 % del loro valore, il che comporta che si registrano soltanto 10 miliardi di euro di esportazioni provenienti dall’Unione e che la perdita in termini di esportazioni è stimata a 12 miliardi di EUR;

la Cina sta ancora negoziando l’adesione all’accordo, anche se si è impegnata a garantire l’integrazione dell’accordo già al momento della sua adesione all’OMC nel 2001. La Russia anche si è impegnata ad avviare negoziati di adesione all’accordo entro quattro anni dalla sua adesione all’OMC nel 2012. L’integrazione della Russia nell’accordo AAP rischia di prendere ancora più tempo rispetto a quella della Cina;

un certo numero di grandi attori, membri del G20 (Brasile, India, Argentina) non intendono aderire all’AAP e i negoziati bilaterali con questi paesi non si concluderanno certamente tra breve.

2.5

Va altresì rilevato che un gran numero di partner commerciali dell’Unione europea mantengono preferenze per i loro produttori o prodotti nazionali o delle preferenze a favore delle piccole e medie imprese (ad esempio, il Buy American Act negli Stati Uniti, la Buy Chinese policy in Cina, i margini preferenziali imposti dalla legge in Brasile, preferenze nazionali a livello regionale in Australia), il che esclude di fatto le imprese dell’UE dalla partecipazione a tali appalti pubblici (3).

2.6

Per quanto riguarda gli appalti pubblici aperti alla concorrenza nei paesi terzi, alle imprese europee è spesso impedita una partecipazione effettiva alle gare d’appalto pubbliche da ostacoli che «superano le frontiere» (come norme di certificazione e di standardizzazione diverse, le procedure di licenza, procedure non trasparenti o discriminatorie ecc.) ancora più complessi e più problematici dal punto di vista tecnico in quanto la loro identificazione, analisi ed eliminazione richiedono più tempo e le norme e le pratiche che li riguardano sono restrittive. Ciò è già stato segnalato in un precedente parere del Comitato.

2.7

In questo contesto difficile a causa della mancanza di una leva per ottenere una sostanziale apertura dei mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi, l’Unione europea cerca da anni di elaborare uno strumento che preveda la possibilità di introdurre restrizioni in mancanza di reciprocità o in caso di misure restrittive e discriminatorie imposte alle imprese europee da parte dei paesi terzi.

2.8

Va tuttavia osservato che l’UE ha avuto a disposizione e dispone tuttora della possibilità di limitare l’accesso agli appalti pubblici dell’UE per le imprese dei paesi che non concedono un trattamento identico a quello di cui godono gli operatori economici di tali paesi nell’Unione europea per quanto riguarda gli appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali. Tuttavia, tale possibilità non è stata mai utilizzata. Infatti, la direttiva 2004/17/CE (modificata dalla direttiva 2014/25/UE, che entra in vigore il 18 aprile 2016) prevede la possibilità di respingere le offerte contenenti più del 50 % di prodotti originari di paesi terzi con cui l’Unione non ha concluso accordi internazionali (articolo 58) e la possibilità per la Commissione (articolo 59) di proporre al Consiglio di decidere di sospendere o limitare, per un certo periodo, l’accesso agli appalti pubblici dell’UE per le imprese di paesi che non concedono un trattamento identico a quello di cui gli operatori economici di tali paesi godono nell’Unione europea ovvero per le imprese dei paesi in cui tali difficoltà sono connesse al mancato rispetto delle norme internazionali sul lavoro. Tali disposizioni sono previste dagli articoli 85 e 86 della direttiva 2014/25/UE.

2.9

Dal canto suo, la direttiva generale sugli appalti pubblici 2004/18/CE (riveduta dalla direttiva 2014/24/UE) non contiene disposizioni simili; per tale motivo, esistevano ed esistono tuttora nei diversi Stati membri pratiche diverse in relazione agli offerenti esteri o alle offerte contenenti prodotti e servizi originari di paesi terzi. In certi paesi membri si registrava una parità di trattamento, in altri paesi membri ciò dipendeva dall’esistenza o no di obblighi internazionali derivanti dall’accordo sugli appalti pubblici dell’OMC o da trattati bilaterali.

2.10

Per rimediare all’assenza di disposizioni nella direttiva generale sui mercati degli appalti pubblici e al fatto che alcuni paesi terzi non vogliono aprire i propri mercati degli appalti alla concorrenza internazionale, ma beneficiano di un accesso relativamente facile al mercato europeo, la Commissione ha formulato, nel 2012, una proposta di regolamento per introdurre una certa reciprocità nell’accesso agli appalti pubblici.

2.11

La prima proposta della Commissione, pubblicata nel 2012, ricordava in primo luogo il principio generale secondo cui, nel mercato interno dell’UE, i prodotti e i servizi esteri che beneficiano di impegni dell’UE in materia di accesso al mercato sono trattati allo stesso modo che i prodotti e i servizi originari dell’UE nelle procedure di aggiudicazione degli appalti; essa estendeva inoltre tale trattamento ai prodotti e servizi originari dei paesi meno sviluppati.

Per i beni e i servizi che non beneficiano di impegni in materia di accesso al mercato, la proposta si basava su due pilastri:

Il pilastro decentrato (articolo 6) che consentiva all’ente aggiudicatore di notificare alla Commissione l’intenzione di respingere le offerte nelle quali il valore dei beni e servizi non contemplati da impegni internazionali rappresentasse oltre il 50 % del valore complessivo dei beni e dei servizi inclusi nell’offerta. La Commissione poteva dare la sua approvazione nel caso sussistesse una mancanza sostanziale di reciprocità tra l’UE e il paese di origine dei beni e servizi. La Commissione avrebbe inoltre approvato l’esclusione quando i beni e i servizi in questione rientrassero nel campo di applicazione di una riserva in materia di accesso al mercato espressa dall’Unione europea nel quadro di un accordo internazionale,

la procedura centralizzata (articoli da 8 a 13) che consentiva alla Commissione di avviare un’indagine. Tale indagine poteva essere avviata su iniziativa della Commissione stessa o su richiesta di uno Stato membro o di una parte interessata volta a verificare l’esistenza di pratiche restrittive in materia di aggiudicazione di appalti nel paese terzo. La Commissione poteva consultarsi con il paese interessato per risolvere questo problema e migliorare le condizioni di accesso delle imprese dell’UE al mercato di tale paese o, in caso di fallimento, imporre misure restrittive a carattere temporaneo. Tali misure restrittive potevano, in linea di principio, consistere o nell’esclusione delle offerte costituite per oltre il 50 % da beni o servizi originari del paese terzo interessato (chiusura del mercato europeo) oppure nell’applicazione di una sanzione pecuniaria obbligatoria ai prodotti ed ai servizi originari del paese terzo in questione. L’indagine della Commissione doveva essere conclusa entro un periodo di 9 mesi. In casi debitamente giustificati il termine poteva essere prorogato di 3 mesi.

2.12

Il Parlamento ha adottato la sua relazione nel 2014 (4), esprimendo una certa opposizione alla procedura decentrata. Secondo il Parlamento, è solo la Commissione, e non le autorità locali, che può decidere di escludere un’offerta, perché il commercio internazionale è di competenza esclusiva dell’UE. Esso ha pertanto proposto un’integrazione della procedura decentrata nella procedura centralizzata. Sono stati sollevati altri punti di disaccordo, quali l’assenza di reciprocità quanto al rispetto delle norme sociali e ambientali e delle norme fondamentali dell’OIL, la non definizione della mancanza di sostanziale reciprocità; il Parlamento propone inoltre una presunzione di mancanza di reciprocità in caso di inosservanza delle disposizioni internazionali di diritto del lavoro. Il Parlamento si è anche mostrato preoccupato del fatto che il regolamento non difendesse le norme ambientali e sociali europee.

2.13

La prima lettura in sede di Consiglio non ha, dal canto suo, condotto a una decisione. Una quindicina di Stati membri non condividevano veramente la proposta e hanno costituito una minoranza di blocco. I più importanti tra questi erano la Germania, il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Svezia, nonché alcuni paesi dell’Europa orientale. Essi hanno espresso il timore che tale strumento fosse considerato protezionistico a livello mondiale. I paesi che sostengono la proposta, guidati dalla Francia, hanno ottenuto una discussione tecnica nel 2014 e vi era la speranza di poter raggiungere un consenso durante la presidenza italiana (seconda metà del 2014). Purtroppo così non è stato e la Commissione ha adottato una proposta modificata in gennaio (5), con l’auspicio di sbloccare la situazione al Consiglio.

3.   Osservazioni generali

3.1

La Commissione presenta la nuova proposta come volta a correggere alcune conseguenze negative della precedente. Nella nuova proposta, la Commissione elimina la procedura decentrata che è stata criticata in quanto impone un notevole onere amministrativo e favorisce una certa frammentazione del mercato interno. Essa elimina inoltre la possibilità di chiusura totale del mercato europeo, pur mantenendo la possibilità di imporre, dopo un’indagine della Commissione, sanzioni pecuniarie del 20 % alle offerte costituite per oltre il 50 % da beni e servizi originari dei paesi che applicano pratiche restrittive o discriminatorie. Le misure di adeguamento del prezzo si applicano solo a contratti di valore stimato pari o superiore a 5 000 000 di EUR, misura che ridurrebbe secondo la Commissione il rischio di ritorsioni da parte dei paesi terzi. La proposta prevede inoltre che la misura di adeguamento del prezzo non si applichi alle piccole e medie imprese (PMI) europee né agli offerenti o ai prodotti originari di paesi in via di sviluppo meno avanzati e più vulnerabili quali definiti dal regolamento sul sistema di preferenze generalizzate (SPG).

3.2

In diverse occasioni il CESE si è pronunciato a favore dell’obiettivo di una maggiore apertura dei mercati degli appalti pubblici di tutti i paesi alla concorrenza internazionale che l’Unione europea si è fissata, ma il Comitato ha anche sottolineato la necessità di far prevalere i principi di semplificazione delle norme in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, di trasparenza, di non discriminazione, di parità di trattamento, di responsabilità sociale e ambientale e il rispetto dei diritti fondamentali (6).

3.3

Il Comitato comprende la preoccupazione della Commissione che vuole garantire una maggiore apertura degli appalti pubblici alle imprese europee nei paesi terzi. Il Comitato condivide altresì l’idea che la proposta di un regolamento siffatto possa costituire un primo passo nei negoziati in corso sugli appalti pubblici nel quadro del partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) tra l’UE e gli Stati Uniti, nonché nel contesto dei negoziati commerciali con il Giappone e in quello dei negoziati di adesione della Cina all’accordo AAP, tutti paesi con mercati degli appalti pubblici meno aperti di quelli dell’Unione europea, ma anche nei confronti di paesi non firmatari dell’AAP, come la Russia, il Brasile e l’Argentina.

3.4

Il CESE dubita tuttavia che, una volta adottato, il regolamento proposto possa consentire di raggiungere l’obiettivo dell’apertura dei mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi. Il Comitato ritiene che la nuova proposta di regolamento manchi di ambizione, dato che il suo campo d’applicazione è ridotto e la sua incidenza sull’apertura dei mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi è molto incerta e rischia anche di essere molto limitata.

3.5

Secondo la stessa Commissione, solo il 7 % di tutti gli appalti pubblici ha un valore superiore ai 5 000 000 di EUR. Tali appalti rappresentano tuttavia il 61 % del valore degli appalti pubblici dell’UE. Nondimeno, visto che il regolamento si applicherà soltanto agli appalti non contemplati da impegni internazionali dell’Unione europea, occorrerebbe chiedersi quale sia la percentuale di appalti pubblici che sarà coperta, soprattutto a seguito dell’eventuale adesione della Cina all’AAP e a un’eventuale conclusione dei negoziati con gli Stati Uniti e il Giappone. Il rischio che l’applicazione sia circoscritta a un numero molto esiguo di appalti e a pochissimi paesi rischia di ridurre considerevolmente l’interesse del regolamento. Il Comitato propone di applicare misure di adeguamento del prezzo agli appalti di valore stimato pari o superiore a 2 500 000 EUR.

3.6

Il Comitato si rammarica altresì per il fatto che non vi sia, nella proposta di regolamento, alcun riferimento allo sviluppo sostenibile, che la Commissione mette peraltro in evidenza nella sua comunicazione Commercio per tutti quando dichiara che terrà conto «degli aspetti attinenti allo sviluppo sostenibile in tutti i pertinenti settori degli accordi di libero scambio (ad esempio i settori dell’energia e delle materie prime o degli appalti pubblici)» (7). È necessario che la dimensione sociale e quella ambientale, nonché il rispetto dei diritti umani fondamentali e la protezione dei consumatori, siano debitamente rafforzati nella conduzione della politica commerciale europea, conformemente all’articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che chiede una maggiore coerenza con i principi e gli obiettivi dell’Unione.

3.7

Le nuove direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli appalti pubblici e le concessioni mirano a promuovere il rispetto dello sviluppo sostenibile e il rafforzamento delle dimensioni sociali e ambientali nonché dei diritti umani fondamentali, la tutela dei consumatori e l’inserimento o il reinserimento sociale e professionale delle persone con disabilità. Il rispetto di tali normative è essenziale per una concorrenza libera e non falsata nel mercato interno. Il CESE ritiene che sarebbe utile che l’attuale proposta di regolamento ricordasse che le imprese dei paesi terzi che partecipano alle procedure di appalti pubblici nell’UE sono tenute al rispetto di queste disposizioni.

3.8

La Commissione parla infatti delle «misure o pratiche restrittive», ma non fa alcun riferimento alla difficoltà di aggiudicarsi degli appalti pubblici nei paesi terzi a causa del mancato rispetto da parte delle imprese concorrenti delle norme sociali ambientali e dell’inosservanza dei diritti umani fondamentali e della protezione dei consumatori. Secondo il Comitato, il mancato rispetto di tali norme fondamentali può avere un impatto negativo sulla competitività delle imprese europee e esso ritiene che la definizione di «misura o pratica restrittiva» dell’articolo 2 della proposta debba includere il mancato rispetto di tali norme fondamentali. Il Comitato reputa altresì che la relazione che la Commissione deve presentare il 31 dicembre 2018 al più tardi e, in seguito, almeno ogni tre anni (articolo 16 della proposta) dovrebbe riguardare non soltanto l’accesso per gli operatori economici alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei paesi terzi, ma anche vertere sul rispetto nei paesi terzi, nell’ambito di tali procedure, delle norme sociali e ambientali, nonché sul rispetto dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei consumatori; le relazioni della Commissione sull’applicazione del regolamento dovranno tenerne debito conto.

3.9

Si può dubitare del successo di questo nuovo regolamento se si guarda alla divisione osservata in seno al Consiglio e che è all’origine del suo blocco. Infatti, l’eliminazione del pilastro decentrato potrebbe portare ad un nuovo blocco, visti, in particolare, tutti gli altri cambiamenti.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il Comitato approva il chiarimento apportato dall’articolo 1, paragrafo 5, della proposta di regolamento secondo cui gli Stati membri non possono applicare agli operatori economici, beni e servizi dei paesi terzi misure restrittive che vadano al di là di quelle stabilite dal regolamento. Ciò ha il vantaggio di conferire maggiore uniformità nell’applicazione agli operatori stranieri delle norme europee in materia di appalti pubblici. Il Comitato si chiede tuttavia se tale divieto non equivalga a una liberalizzazione de facto degli appalti pubblici europei per le imprese dei paesi terzi al di sotto della soglia di 5 000 000 EUR, senza alcuna contropartita. Infatti, attualmente, alcuni Stati membri applicano restrizioni relative agli appalti pubblici non coperti da obblighi internazionali e all’articolo 85 della direttiva 2014/25/UE relativa all’aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia e dei servizi postali si prevede espressamente la possibilità di respingere le offerte che contengono più del 50 % di prodotti originari dei paesi con cui l’UE non ha firmato impegni internazionali. Questo articolo sarà soppresso dal regolamento proposto.

4.2

Il Comitato appoggia pienamente la non applicazione del regolamento ai paesi in via di sviluppo meno avanzati e più vulnerabili di cui al regolamento SPG (articolo 4) e, affinché tale esclusione sia effettiva e possa beneficiare i paesi meno sviluppati e le loro imprese, invita la Commissione a includere spiegazioni riguardanti gli appalti pubblici nell’Unione europea e un link alle pubblicazioni nella Gazzetta ufficiale (TED) nell’Export Helpdesk per i paesi in via di sviluppo e a garantire l’assistenza tecnica necessaria alle imprese dei paesi in via di sviluppo che desiderino ottenere informazioni sul funzionamento delle norme in materia di appalti pubblici nell’Unione europea.

4.3

Il Comitato approva anche la non applicazione del regolamento alle PMI europee (articolo 5). Desidera tuttavia ricordare alla Commissione che le PMI hanno bisogno di un sostegno particolare, sia per l’accesso ad appalti «transfrontalieri» nell’Unione europea che per l’accesso ai mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi. Tale approccio è compatibile con l’attenzione speciale riservata alle PMI nella comunicazione della Commissione «Commercio per tutti». Un obiettivo di miglioramento dell’accesso delle PMI agli appalti pubblici deve essere stipulato nel quadro del capitolo PMI del TTIP in particolare, nonché nei futuri accordi commerciali che prevedano tali capitoli. Il CESE si è già pronunciato contro la fissazione delle quote per le PMI negli appalti pubblici, sul modello dello Small Business Act degli Stati Uniti, ma chiede una politica proattiva di accompagnamento della partecipazione delle PMI, per consentire loro di accedere a un maggior numero di appalti pubblici (8). Il Comitato ha anche già segnalato la necessità di migliorare la base di dati sull’accesso ai mercati della Commissione (Market Access data base) affinché, da un lato, essa contenga informazioni affidabili e accessibili sui bandi di gara, le formalità e le specifiche tecniche del capitolato che di fatto impediscono la partecipazione agli appalti nei paesi terzi e, dall’altro, fornisca basi statistiche e indicatori d’impatto dei fenomeni distorsivi (9).

4.4

Il Comitato comprende la preoccupazione della Commissione per l’assenza di uno strumento giuridico che le consenta di garantire l’accesso effettivo delle imprese europee ai mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi, in quanto il regolamento (UE) n. 654/2014 relativo all’esercizio dei diritti dell’Unione per l’applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali non si applica in assenza di un accordo internazionale. Tuttavia, la procedura d’indagine prevista agli articoli da 6 a 8 del regolamento sembra particolarmente lenta e inefficace. In primo luogo, il Comitato esprime dubbi in ordine all’ampio potere discrezionale che viene lasciato alla Commissione al momento di decidere se avviare o no un’indagine. Per quel che riguarda poi la durata dell’indagine, contrariamente a ciò che afferma la Commissione, essa non è stata ridotta nella nuova proposta e resta di una durata totale possibile di 12 mesi. Questo sembra un periodo particolarmente lungo, dato che in numerosi casi, e soprattutto nei casi in cui la Commissione avvia l’indagine di propria iniziativa, essa dispone già di un certo numero di elementi e spesso ha già affrontato la questione nel quadro del dialogo in atto con i paesi terzi. Il Comitato comprende anche il fatto che l’inchiesta sia sospesa durante eventuali negoziati commerciali. Tuttavia, a causa della durata dei negoziati commerciali e della loro applicazione, è opportuno fissare un termine di sospensione, che non deve superare i due anni.

4.5

Il Comitato ritiene che il fatto che l’indagine possa concludersi soltanto con un adeguamento del prezzo del 20 % per i contratti di valore superiore a 5 000 000 EUR, disposizione corredata di un gran numero di eccezioni, non sia sufficiente e privi il regolamento della sua efficacia.

4.6

Il Comitato si rammarica per la soppressione degli articoli 85 e 86 della direttiva 2014/25/UE da parte del nuovo regolamento, poiché tali disposizioni sono ambiziose e più conformi all’obiettivo di integrazione dello sviluppo sostenibile, in quanto includono una dimensione sociale e una dimensione ambientale. Il Comitato ritiene inoltre che sarebbe utile esaminare in modo più approfondito una possibile integrazione di alcuni loro elementi nell’attuale proposta di regolamento.

Bruxelles, 27 aprile 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Cfr. COM(2015) 497 final.

(2)  Regolamento n. 978/2012.

(3)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le imprese pubbliche dei paesi terzi sui mercati dell’UE degli appalti pubblici (GU C 218 del 23.7.2011, pag. 31).

(4)  P7_TA (2014)0027.

(5)  COM(2016) 34 final.

(6)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Gli appalti pubblici internazionali, adottato il 28 maggio 2008, relatore Malosse (GU C 224 del 30.8.2008, pag. 32) e parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le imprese pubbliche dei paesi terzi sui mercati dell’UE degli appalti pubblici (GU C 218 del 23.7.2011, pag. 31).

(7)  Cfr. COM(2015) 497 final.

(8)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Gli appalti pubblici internazionali, adottato il 28 maggio 2008, relatore M. Malosse (GU C 224 del 30.8.2008, pag. 32).

(9)  Cfr. nota 3.