15.1.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 13/145


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Atti delegati»

(supplemento di parere)

(2016/C 013/22)

Relatore:

Jorge PEGADO LIZ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 febbraio 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un supplemento di parere sul tema:

Atti delegati

(supplemento di parere)

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 luglio 2015.

Nella sua 510a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 settembre 2015 (seduta del 16 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Mentre stava già elaborando un supplemento di parere d’iniziativa sulla procedura di delega, il CESE ha appreso che la Commissione aveva pubblicato una proposta di nuovo accordo interistituzionale vincolante «Legiferare meglio», basato sull’articolo 295 del TFUE, nell’ambito di un pacchetto generale di miglioramento normativo comprendente anche due allegati specifici sul regime degli atti delegati.

1.2.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione, che rappresenta il passo nella giusta direzione, quella da esso auspicata.

1.3.

Il CESE giudica positivamente la maggior parte degli orientamenti proposti.

1.4.

Il CESE si compiace soprattutto degli sforzi profusi dalla Commissione per conseguire un giusto equilibrio tra i valori fondamentali quali il rispetto dello «Stato di diritto», la partecipazione democratica, la trasparenza, la prossimità ai cittadini e il diritto a un’informazione esauriente sulle procedure legislative, da un lato, e l’esigenza di semplificazione normativa, di una regolamentazione più flessibile, più consona agli interessi in gioco e di più agevole aggiornamento e revisione, dall’altro.

1.5.

Il CESE accoglie con favore soprattutto il fatto che la Commissione si impegni, «prima dell’adozione di un atto delegato, a valersi di tutte le competenze necessarie, anche attraverso la consultazione degli esperti degli Stati membri e mediante consultazioni pubbliche» e che proponga di impiegare lo stesso metodo consultivo per l’adozione degli atti di esecuzione. Teme però che tutte queste consultazioni prolunghino in modo eccessivo e inutile l’elaborazione degli atti.

1.6.

Tuttavia, il CESE non condivide interamente l’impostazione «caso per caso» data alla distinzione tra le misure da adottare mediante atti delegati e quelle da adottare mediante atti di esecuzione, dal momento che i criteri impiegati sono ambigui e lasciano un margine di interpretazione discrezionale troppo ampio.

1.7.

Il CESE è in disaccordo con la proposta della Commissione in particolare per quanto concerne:

a)

l’assenza di informazioni preliminari sugli esperti degli Stati membri e le loro competenze tecniche,

b)

l’assenza di un termine appropriato per la consultazione di esperti, di parti interessate, del PE e del Consiglio, salvo nei casi di urgenza,

c)

il fatto che la consultazione degli esperti del PE e delle parti interessate e la trasmissione del calendario delle riunioni agli stessi siano facoltative,

d)

la sporadicità e l’incoerenza delle informazioni relative all’adozione degli atti delegati, informazioni che invece andrebbero rese disponibili in modo sistematico e automatico attraverso un sito Internet aggiornato in tempo reale,

e)

il fatto che, in linea di principio, la delega abbia una durata indeterminata: il CESE è infatti dell’avviso che la regola debba invece essere quella di un termine preciso, eventualmente rinnovabile per un identico periodo di tempo, salvi casi eccezionali debitamente giustificati.

1.8.

Il CESE desidererebbe che gli orientamenti prevedessero espressamente che le deleghe siano determinate in tutti i loro elementi, vale a dire abbiano:

a)

obiettivi ben definiti,

b)

un contenuto preciso,

c)

una portata chiara,

d)

un termine rigoroso, ossia una durata determinata.

1.9.

Il CESE reputa che il proprio parere dovrebbe essere richiesto, al pari di quanto avviene nella procedura legislativa ordinaria, anche in merito alle valutazioni d’impatto e alla revisione degli atti delegati.

1.10.

Infine, il CESE ritiene che la formulazione degli articoli 290 e 291 del TFUE possa e — nell’ipotesi di una revisione dei Trattati — debba essere migliorata. L’applicazione di tali articoli dovrebbe poi essere meglio disciplinata, onde evitare che la scelta dello strumento giuridico da adottare finisca per dipendere da una decisione politica piuttosto che tecnica.

2.   Perché un supplemento di parere sugli «atti delegati»

2.1.

Nel 2012 il CESE aveva autorizzato l’elaborazione di una relazione informativa (1) sulla procedura in oggetto, al fine di analizzare l’uso fatto di quest’ultima e trarne conclusioni riguardo al funzionamento del sistema di controllo inteso a prevenire o correggere gli sviamenti di potere che potessero pregiudicare le regole democratiche dell’Unione europea in quanto «comunità di diritto».

2.2.

A seguito di tale relazione, nonché di due consultazioni ricevute dalla Commissione in merito a tre proposte di regolamento che adattavano all’articolo 290 del TFUE una serie di atti giuridici che prevedevano il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (2), il CESE aveva poi adottato due pareri (3), nei quali, dopo aver ribadito le osservazioni e le conclusioni formulate nella relazione, tra le quali i «dubbi circa la semplicità della procedura, l’effettiva percezione da parte dei cittadini europei della posta in gioco, l’uso “corretto” della procedura e l’efficacia dei meccanismi di controllo», raccomandava un uso prudente di tale strumento, tenendo conto del fatto che «taluni elementi della procedura di delega restano ancora oscuri».

2.3.

Dopo le elezioni del PE del 2014 e la nomina dei nuovi commissari europei, tra i quali un primo vicepresidente responsabile «della Qualità della legislazione, delle relazioni interistituzionali, dello Stato di diritto e della Carta dei diritti fondamentali», è sembrato opportuno riaprire questo dossier, per informarsi sulle intenzioni dei nuovi attori istituzionali e, soprattutto, prendere posizione riguardo alle eventuali innovazioni destinate a garantire meglio i principi di trasparenza, certezza del diritto, controllo democratico ed equilibrio istituzionale. Si tratta inoltre di cogliere questa occasione anche per rilanciare il dibattito tra le istituzioni europee, la società civile, gli esperti e il mondo accademico, con l’obiettivo di proporre nuove raccomandazioni alle istituzioni dell’UE.

3.   La situazione attuale

3.1.

Sono trascorsi due anni da quando il CESE ha adottato la relazione informativa e i due pareri summenzionati, e nel frattempo le proposte della Commissione «Omnibus I» e «Omnibus III» non hanno avuto seguito. Nella sua relazione intermedia trasmessa al Coreper il 20 giugno 2014, l’allora presidenza greca del Consiglio ha criticato il carattere «automatico» di tali proposte, in quanto impedivano al legislatore di esercitare il suo potere discrezionale caso per caso. Successivamente, il Consiglio ha esercitato il suo diritto di veto due volte, contro le modalità d’accesso al servizio pubblico regolamentato offerto dal sistema globale di navigazione satellitare istituito dal programma Galileo (4) e il formato di trasmissione dei dati concernenti le spese per ricerca e sviluppo (5).

3.2.

Il programma di lavoro dell’attuale Commissione europea prevedeva di potenziare gli strumenti che le avrebbero permesso di legiferare meglio, e di «individuare un’ulteriore serie di azioni nell’ambito del suo programma sull’adeguatezza della regolamentazione».

3.3.

La proposta di un nuovo accordo interistituzionale, la cui conclusione era inizialmente prevista per il 28 aprile 2015 ma è stata poi rimandata al 19 maggio, comprende, da un lato, l’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6) vero e proprio e, dall’altro lato, due allegati dedicati alla questione centrale del regime giuridico degli atti delegati: Convenzione d’intesa tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sugli atti delegati (allegato 1) e Formule standard (allegato 2).

3.4.

Alla vigilia della pubblicazione del pacchetto, permanevano ancora delle divergenze riguardo alla pertinenza della base giuridica scelta, ossia l’articolo 295 del TFUE. Sembrava invece certo che le «valutazioni d’impatto» sarebbero state rafforzate, al pari della consultazione delle parti interessate (stakeholders), e che la consultazione degli esperti degli Stati membri prima dell’adozione di un atto delegato sarebbe diventata obbligatoria. L’intenzione era anche quella di limitare gli atti delegati a taluni «settori cruciali» (key areas), benché quest’ultima nozione resti ancora piuttosto vaga. A quanto pare, il vicepresidente Timmermans avrebbe dovuto «convalidare» egli stesso tutte le proposte di atti delegati.

3.5.

Secondo più fonti, il PE sarebbe stato ancora sommerso da proposte di atti delegati, senza disporre né di mezzi né di un metodo tali da consentirgli di esercitare su di esse un controllo efficace; era pertanto allo studio una ristrutturazione dei suoi servizi, accompagnata da linee guida interne, nonché l’assegnazione di risorse umane supplementari.

3.6.

Al Consiglio, la questione delle deleghe di competenze e del loro controllo sembrava preoccupare alcuni Stati membri e continuava ad essere considerata una priorità. Esistevano tuttavia divergenze quanto alla necessità di una delimitazione più precisa degli ambiti di applicazione degli articoli 290 e 291 del TFUE. La posizione del Consiglio andava nel senso di una riformulazione dell’«Intesa comune» (Common Understanding), con un rafforzamento del ruolo degli esperti nazionali, i quali avrebbero dovuto essere sistematicamente consultati nel corso della preparazione degli atti delegati (consultazione ex ante). La relazione annuale del 2015 della presidenza del Consiglio sulle valutazioni d’impatto ha inoltre ribadito la necessità che gli esperti nazionali possano essere consultati con sufficiente anticipo.

3.7.

Alcune parti hanno lamentato la mancanza di trasparenza della procedura di delega. L’individuazione degli interlocutori pertinenti in seno alla Commissione europea e ai comitati di esperti del Consiglio, nonché tra i deputati competenti del PE o i responsabili interessati in seno alle agenzie esecutive dell’UE sembrerebbe essere estremamente difficile, quando non addirittura impossibile nel caso degli esperti che siedono nei comitati del Consiglio, mentre i temi trattati nel quadro della procedura di delega hanno un impatto diretto sulla società civile organizzata, l’industria e il commercio, i consumatori e i cittadini in genere. Queste parti interessate sottolineavano altresì l’apparente mancanza di conoscenze e di formazione da parte di queste persone riguardo alla procedura stessa di delega e alle sue implicazioni, spesso considerate come una formalità procedurale «neutra».

3.8.

Da parte sua, la Corte di giustizia dell’UE si è pronunciata sulla nozione di «elementi essenziali» in una sentenza emessa il 5 settembre 2012 dalla Grande Sezione (7), in una causa che opponeva il PE al Consiglio, statuendo che «l’adozione delle norme essenziali nella materia considerata è riservata alla competenza del legislatore dell’Unione», per cui tali norme essenziali devono essere «stabilite nella normativa di base e non possono costituire oggetto di una delega» (8).

3.8.1.

Quanto statuito in tale sentenza in materia di comitatologia è applicabile alla procedura di delega nella misura in cui l’articolo 290 del TFUE si riferisce alla nozione di «elementi non essenziali». La sentenza precisa inoltre che il tema dei diritti fondamentali è di competenza esclusiva del legislatore. Ed indica che la delimitazione tra il potere legislativo e quello esecutivo deve basarsi «su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale».

3.9.

Più di recente, la Corte si è pronunciata sulla distinzione tra atti di esecuzione e atti delegati, in una sentenza emessa il 18 marzo 2014 dalla Grande Sezione nella causa «Biocidi» (Commissione/PE e Consiglio) (9). Essa ha considerato che, nel caso dell’atto delegato in questione, la Commissione adottasse «norme che si inseriscono nel quadro normativo quale definito dall’atto legislativo di base», mentre, con il conferimento di un potere di esecuzione, la Commissione è chiamata a «precisare il contenuto di un atto legislativo, per garantire la sua attuazione a condizioni uniformi in tutti gli Stati membri».

3.9.1.

Nella stessa sentenza, inoltre, si precisa che l’atto delegato può modificare e completare l’atto di base, mentre l’atto di esecuzione può solo precisarlo (10). Rincresce che la Corte non abbia accolto l’invito, rivoltole nelle sue conclusioni dall’avvocato generale CRUZ VILLALÓN, ad approfondire ulteriormente il ragionamento sul rapporto tra atti delegati ed esercizio del potere politico (11).

3.10.

Infine, il 21 febbraio 2014 (12) la Corte è stata adita dalla Commissione con un ricorso per annullamento relativo al regolamento (CE) n. 1289/2013, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo.

3.11.

Oggetto del ricorso proposto dalla Commissione era l’annullamento di tale regolamento, che prevede il ricorso agli atti delegati nel quadro del meccanismo di reciprocità da esso introdotto. Il 7 maggio 2015 l’avvocato generale MENGOZZI ha presentato le sue conclusioni.

3.12.

Analizzando la portata del potere discrezionale riconosciuto al legislatore dalla sentenza «Biocidi», Mengozzi rammenta che quest’ultimo gode di un pieno potere di valutazione politica, non soggetto a controllo giurisdizionale, per quanto concerne la scelta di conferire o meno una delega legislativa, e che tale scelta politica non può in alcun caso formare oggetto di delega. E precisa poi che il ricorso alla delega non è un obbligo, bensì uno strumento volto a semplificare e accelerare l’attività normativa riguardo agli aspetti «non essenziali» della legislazione di base.

3.13.

Mengozzi ritiene che, per «modifica» di un atto normativo (13), debba intendersi qualsiasi cambiamento apportato al suo testo, che si tratti di sopprimere, aggiungere o sostituire un qualunque elemento di esso, osserva che «la funzione legislativa delegata si caratterizza per l’esercizio, da parte del potere delegato, di un certo margine di discrezionalità, che non contraddistingue, invece, necessariamente la funzione esecutiva» (14), e mette in rilievo le difficoltà di interpretazione della nozione di «modifica» e le sue ripercussioni sull’equilibrio istituzionale.

Quanto all’oggetto del contendere, l’avvocato generale, dopo un’attenta analisi del regolamento in questione, conclude per il rigetto delle domande di annullamento avanzate dalla Commissione. La Corte si pronuncerà il 16 luglio 2015.

4.   La proposta di un nuovo accordo interistituzionale e l’audizione pubblica del 26 maggio 2015 al CESE

4.1.

Quella degli atti delegati è una delle questioni più importanti affrontate dal pacchetto «Legiferare meglio» e ripresa nel testo stesso dell’agenda dell’UE pubblicata dalla Commissione (punto 3.3) (15), dei nuovi orientamenti della Commissione per legiferare meglio (16), della toolbox  (17) e del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT — Regulatory Fitness and Performance Programme)  (18), nonché, naturalmente, nonché in quello della proposta di (nuovo) accordo interistituzionale (AII).

4.2.

Il CESE aveva già avuto modo di deplorare:

a.

il fatto che non venisse precisata l’esatta natura giuridica degli atti delegati, l’ambiguità del concetto di «misura non essenziale», interpretato dalla Corte in modo diverso a seconda degli ambiti interessati, e l’amplissimo margine di manovra della Commissione riguardo alla portata e alla durata delle deleghe,

b.

la mancanza di trasparenza e l’incertezza giuridica della — nonché l’insufficiente controllo politico sulla — consultazione preventiva, basata su un atto giuridicamente non vincolante, del 4 aprile 2011, intitolato «Intesa comune sulle modalità pratiche del ricorso agli atti delegati»,

c.

il fatto che le modalità di attuazione dell’articolo 290 del TFUE fossero state indicate soltanto in una comunicazione della Commissione al PE ed al Consiglio, del 9 dicembre 2009, ossia in un atto anch’esso giuridicamente non vincolante.

4.3.

Il CESE aveva inoltre già espresso riserve e seri dubbi riguardo ai seguenti aspetti:

a.

le deleghe a tempo indeterminato,

b.

l’estrema brevità dei termini per il controllo del PE e del Consiglio,

c.

l’effettiva partecipazione del PE,

d.

la mancanza di razionalità delle procedure,

e.

la carenza di informazioni, malgrado l’annuncio della Commissione, per quanto concerne sia la delega sia la pertinenza delle misure adottate, in tutte le fasi della procedura,

f.

l’assenza di una piena accessibilità alle informazioni per i cittadini e la società civile,

g.

l’effettiva applicazione dell’articolo 10 del TUE, secondo il quale le decisioni sono prese nella maniera il più possibile vicina ai cittadini.

4.4.

Infatti, la sua maggiore preoccupazione riguardava il conseguimento di un giusto equilibrio tra i principi dello «Stato di diritto», la partecipazione democratica, la trasparenza, la prossimità ai cittadini e il diritto all’informazione sulle procedure legislative, da un lato, e l’esigenza di semplificazione normativa, di una regolamentazione più flessibile, più consona agli interessi in gioco e di più agevole revisione, dall’altro.

4.5.

Il CESE ha sempre ritenuto che le deleghe di competenza siano necessarie all’attività legislativa dell’UE, ma anche che siano differenti nei singoli Stati membri, considerate le specificità e le lacune alle quali occorre ovviare in mancanza di una vera e propria Costituzione europea.

4.6.

E ha altresì affermato che i fondamenti di tali valori essenziali per l’elaborazione del diritto si trovano in particolare:

a.

negli articoli 4 e 5 del TUE e negli articoli 2, 3 e 4 del TFUE, riguardanti l’attribuzione e la condivisione delle competenze dell’UE e i principi di sussidiarietà e di proporzionalità,

b.

nell’articolo 10 del TUE, che sancisce il diritto dei cittadini di partecipare alla vita democratica e dispone che le decisioni siano prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini stessi,

c.

nell’articolo 11 del TUE, al quale il CESE ha dedicato alcuni pareri e una «tabella di marcia» per il dialogo civile, la trasparenza e le «consultazioni delle parti interessate»,

d.

nell’articolo 15, paragrafo 1, del TFUE, relativo ai principi di buona governance, di partecipazione della società civile e di apertura,

e.

nell’articolo 298 del TFUE, che obbliga le istituzioni europee a basarsi «su un’amministrazione europea aperta, efficace ed indipendente».

4.7.

L’audizione pubblica del CESE, già prevista ben prima della pubblicazione del pacchetto «Legiferare meglio», si è svolta il 26 maggio, in presenza di rappresentanti della Commissione, del Consiglio, del PE, del Mediatore europeo e del Garante europeo della protezione dei dati, nonché con l’intervento di un oratore del Collegio d’Europa, davanti a un pubblico composto da rappresentanti permanenti degli Stati membri e da esponenti del mondo accademico e della società civile (BEUC, EMI, EIM, IGT, GIZ ecc.).

5.   Valutazione critica della proposta della Commissione

5.1.

Il CESE si compiace del fatto che la Commissione abbia accolto la maggior parte dei principi sopra citati.

5.1.1.

Anzitutto, approva il fatto che la proposta in esame abbia come base giuridica l’articolo 295 del TFUE, da esso sempre indicata come quella idonea. E accoglie con favore i riferimenti, contenuti nella proposta, al «metodo comunitario» e ai principi di trasparenza, legittimità democratica, sussidiarietà, proporzionalità e certezza del diritto. Si rallegra inoltre che la Commissione affermi che, nella redazione dei testi legislativi, la guideranno la semplicità, la chiarezza e la coerenza.

5.1.2.

Un altro elemento positivo è il richiamo, sempre nella proposta, al «ruolo» e alla «responsabilità» dei parlamenti nazionali previsti nel protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Tuttavia, il CESE sottolinea che i parlamenti nazionali devono disporre di tempo sufficiente per pronunciarsi.

5.1.3.

Il CESE approva poi «il ricorso alla consultazione delle parti interessate, alla valutazione ex post della legislazione vigente e alle valutazioni d’impatto delle nuove iniziative».

5.1.4.

Infine, esso condivide gli obiettivi «di semplificazione della legislazione dell’Unione e di riduzione degli oneri regolamentari […] senza pregiudizio per il conseguimento degli obiettivi politici dell’Unione previsti nei trattati e per la salvaguardia dell’integrità del mercato unico».

5.2.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione si impegni a consultare gli esperti degli Stati membri prima dell’adozione degli atti delegati, nonché, ove necessario, a rivolgersi a gruppi di esperti, consultare parti interessate ed effettuare consultazioni pubbliche in una fase precoce dell’elaborazione dei progetti di atti di esecuzione.

5.3.

Per quanto riguarda, più in particolare, la Convenzione d’intesa tra il PE, il Consiglio e la Commissione sugli atti delegati (allegato 1), il CESE concorda con quest’ultima segnatamente sui seguenti punti:

a.

la definizione di «atto di portata generale» come quello che «si applica a situazioni determinate oggettivamente e […] produce effetti giuridici in relazione a specifiche categorie di persone oppure in generale» e l’affermazione che «un atto legislativo può conferire alla Commissione solo il potere di adottare atti non legislativi di portata generale mediante atti delegati»,

b.

il fatto che «gli atti legislativi» possano «essere modificati solo mediante atti legislativi o atti delegati», e che ciò valga «anche per le modifiche degli allegati degli atti legislativi»,

c.

il fatto che «gli elementi essenziali dell’atto legislativo» debbano «essere determinati dal legislatore» e non possano «essere oggetto di un atto delegato o di un atto di esecuzione»,

d.

lo sforzo della Commissione di proporre un nuovo approccio nei confronti della consultazione degli esperti degli Stati membri e del PE, nonché di quelli delle parti interessate.

5.4.

Per contro, il CESE non condivide interamente l’impostazione «caso per caso» data alla distinzione tra le misure da adottare mediante atti delegati e quelle da adottare mediante atti di esecuzione, dal momento che i relativi criteri rimangono poco chiari e lasciano un margine di interpretazione troppo ampio. Il CESE auspica uno sforzo di concettualizzazione, e desidererebbe che la Convenzione d’intesa stabilisse regole chiare in virtù delle quali:

a.

il ricorso agli atti delegati debba essere l’eccezione e non la regola,

b.

in caso di dubbio se gli elementi in questione siano «essenziali» oppure rientrino in una «zona grigia», la Commissione debba astenersi dal proporre atti delegati e disciplinarli invece nell’atto legislativo di base,

c.

in caso di dubbio sulla natura della misura da adottare, la Commissione debba adottare di preferenza degli atti di esecuzione piuttosto che degli atti delegati.

5.5.

Il CESE è anche in disaccordo con la proposta della Commissione in merito ai seguenti aspetti:

a.

l’assenza di informazioni preliminari sugli esperti incaricati dagli Stati membri e sulle loro competenze tecniche,

b.

l’assenza di un termine minimo per fornire i documenti agli esperti e alle parti interessate e trasmetterli al PE ed al Consiglio, salvo nei casi di urgenza,

c.

il fatto che il ricorso agli esperti del PE, la consultazione delle parti interessate e la trasmissione del calendario delle riunioni degli esperti alle commissioni del PE siano facoltativi,

d.

la sporadicità e l’incoerenza delle informazioni relative agli atti delegati previsti: esse, infatti, dovrebbero essere rese disponibili in modo sistematico, permanente ed automatico (grazie a un sito Internet aggiornato in tempo reale dove ciascuno possa avere immediatamente accesso allo stato di avanzamento e al contenuto degli atti delegati),

e.

il principio della durata indeterminata della delega: il CESE è infatti dell’avviso che la regola debba essere quella di un termine tassativo, eventualmente rinnovabile tacitamente per identici periodi di tempo, salvo in casi eccezionali debitamente giustificati.

5.6.

Infine, il CESE teme che l’uso sconsiderato dei mezzi di consultazione, di studi ex ante ed ex post e delle riunioni con esperti prolunghi in modo eccessivo e inutile l’elaborazione degli atti.

5.7.

Il CESE condivide l’opinione, espressa in occasione dell’audizione pubblica del 26 maggio 2015, secondo cui la formulazione degli articoli 290 e 291 potrebbe e — nell’ipotesi di una futura revisione dei Trattati — dovrebbe essere migliorata, rendendola più chiara e meno ambigua. L’applicazione di tali articoli dovrebbe essere disciplinata meglio nel sistema legislativo dell’UE, onde evitare che la scelta dello strumento da adottare finisca per dipendere da una decisione politica piuttosto che tecnica.

5.8.

Inoltre, il CESE desidererebbe che degli orientamenti indicassero espressamente quantomeno che le deleghe previste negli atti legislativi devono essere rigorosamente determinate in tutti i loro elementi, ossia avere:

a.

obiettivi ben definiti,

b.

un contenuto preciso,

c.

una portata chiara,

d.

una durata precisa e determinata.

5.9.

Il CESE reputa inoltre che il proprio parere dovrebbe essere richiesto non solo per gli atti legislativi ma anche nell’ambito della procedura di delega, nonché in merito alle valutazioni d’impatto degli atti delegati e all’eventuale modifica di questi ultimi, tenuto conto delle loro ripercussioni in termini economici e sociali.

5.10.

Alla luce delle conclusioni dell’audizione pubblica, il CESE ritiene che le istituzioni debbano garantire ai cittadini l’accesso a ciascuna fase dei lavori preparatori e dotarsi delle risorse necessarie per gestire tutto questo processo.

Bruxelles, 16 settembre 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  CESE 248/2013.

(2)  COM(2013) 451 final, 452 final e 751 final.

(3)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 104, e GU C 177 dell’11.6.2014, pag. 48.

(4)  http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-17336-2013-INIT/it/pdf

(5)  http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15147-2014-INIT/it/pdf

(6)  COM(2015) 216 final.

(7)  Causa C-355/10, Parlamento europeo/Consiglio, del 5 settembre 2012, punti 26-28, 39, 65-68.

(8)  Ibidem, punto 64.

(9)  Sentenza nella causa C-427/12, Commissione/Parlamento europeo e Consiglio, del 18 marzo 2014 (causa «Biocidi»).

(10)  Causa C-427/12, punto 40.

(11)  Causa C-427/12, paragrafo 75 e seguenti delle conclusioni.

(12)  GU C 135 del 5.5.2014, pag. 24. Ricorso proposto il 21 febbraio 2014 — Commissione europea/Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea (causa C-88/14).

(13)  Paragrafo 38 delle conclusioni.

(14)  Paragrafo 45 delle conclusioni.

(15)  COM(2015) 215 final.

(16)  SWD(2015) 111 final.

(17)  http://ec.europa.eu/smart-regulation/guidelines/docs/br_toolbox_en.pdf

(18)  SWD(2015) 110 final.