RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sull'applicazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale /* COM/2014/0176 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sull'applicazione
della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale 1. Introduzione 1.1. La direttiva La direttiva 2008/104/CE[1] relativa al lavoro
tramite agenzia interinale (di seguito "la direttiva") è stata
adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio a norma dell'articolo 137,
paragrafo 2, del trattato CE (attualmente articolo 153, paragrafo 2, del TFUE). La direttiva è volta a
garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale e a migliorare la
qualità del lavoro tramite agenzia interinale garantendo il rispetto del
principio della parità di trattamento nei confronti dei lavoratori tramite
agenzia interinale e riconoscendo tali agenzie quali datori di lavoro, tenendo
conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso al
lavoro tramite agenzia interinale al fine di contribuire efficacemente alla
creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili. In particolare, la direttiva:
istituisce il principio della parità di trattamento
presso le imprese utilizzatrici consentendo al contempo talune deroghe
limitate nel rispetto di condizioni rigorose;
prevede che, nel periodo di recepimento, gli Stati
membri riesaminino le restrizioni e i divieti imposti quanto al ricorso al
lavoro tramite agenzia interinale;
migliora l'accesso dei lavoratori tramite agenzia
interinale all'occupazione permanente, alle attrezzature collettive delle
imprese utilizzatrici e alla formazione;
comprende disposizioni sulla rappresentanza dei
lavoratori tramite agenzia interinale.
I servizi forniti dalle
agenzie interinali sono esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva
2006/123/CE[2]
relativa ai servizi nel mercato interno, il cui articolo 2, paragrafo 2,
lettera e) stabilisce che tale direttiva non si applica ai servizi delle
agenzie di lavoro interinale. 1.2. Base giuridica
e finalità della relazione La
presente relazione riesamina l'applicazione della direttiva da parte degli
Stati membri, come stabilito dall'articolo 12, che recita: "Entro il 5 dicembre 2013 la Commissione, in consultazione con gli
Stati membri e le parti sociali a livello comunitario, riesamina l'applicazione
della presente direttiva per proporre, se del caso, le modifiche
necessarie." La presente relazione ha un
duplice obiettivo. Innanzitutto traccia un quadro d'insieme dell'attuazione
della direttiva da parte degli Stati membri ed evidenzia i principali problemi.
Ciononostante, non può fornire un resoconto completo ed esaustivo di tutti i
provvedimenti nazionali di recepimento.[3]
In secondo luogo, valuta se l'esperienza acquisita nell'applicazione della
direttiva, a due anni dal termine del periodo di recepimento, può giustificare
eventuali modifiche del testo attualmente in vigore. La
relazione è stata redatta sulla base dell'esame, da parte della Commissione,
delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva nonché delle
risposte ricevute dalla Commissione a due questionari, uno sulle opzioni scelte
per il recepimento della direttiva negli ordinamenti giuridici nazionali e
l'altro sul riesame della direttiva e sulle questioni relative ai costi. Entrambi
i questionari sono stati sottoposti agli Stati membri. Il secondo era rivolto
anche alle parti sociali a livello europeo. Anche il gruppo di esperti
governativi sulla trasposizione della direttiva, nel cui lavoro sono state
coinvolte le parti sociali europee, ha contribuito alla stesura della presente
relazione. La relazione si basa anche sulle informazioni ottenute dalla
Commissione da altre fonti, quali relazioni di esperti indipendenti della Rete
europea di esperti giuridici nel settore del diritto del lavoro (European
Labour Law Network). La
sezione 5 della relazione si basa in ampia misura sulle relazioni degli Stati
membri concernenti i risultati del riesame delle restrizioni e dei divieti
imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale e su
informazioni integrative fornite da una serie di paesi su richiesta della
Commissione. Sono state utilizzate anche altre fonti disponibili, nella
fattispecie denunce presentate alla Commissione e informazioni provenienti
dalle parti sociali europee. 2. Processo di
recepimento A norma dell'articolo 11,
paragrafo 1, gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva nel diritto
nazionale entro il 5 dicembre 2011, adottando e pubblicando le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa oppure
accertandosi che le parti sociali attuassero le disposizioni necessarie
mediante accordo. Tutti gli Stati membri hanno
recepito la direttiva. In alcuni casi la trasposizione è stata tardiva ed è
avvenuta solo in seguito all'avvio di procedimenti di infrazione da parte della
Commissione. All'inizio del 2012 la Commissione ha inviato lettere di messa in
mora a 15 Stati membri per la mancata comunicazione delle misure di
recepimento. Nel corso dello stesso anno sono stati inviati pareri motivati a
tre Stati membri. Nello Stato membro che ha recepito la direttiva per ultimo
gli strumenti legislativi di attuazione sono entrati in vigore il 1° luglio
2013. Il recepimento è stato
effettuato in molti modi differenti. Ciò è dovuto al fatto che, prima che la direttiva
diventasse applicabile, in alcuni Stati membri il lavoro tramite agenzia
interinale era disciplinato dalla legge, in altri era prevalentemente
regolamentato da contratti collettivi o da una combinazione di entrambe le
modalità. Alcuni Stati membri non disponevano di un quadro giuridico
applicabile al lavoro tramite agenzia interinale e pertanto hanno
specificamente disciplinato questa forma di lavoro per la prima volta all'atto
del recepimento della direttiva. Alcuni Stati membri hanno modificato un unico
atto legislativo, mentre altri hanno apportato modifiche a più testi giuridici. Tre Stati membri (Francia,
Lussemburgo e Polonia) hanno ritenuto che le loro disposizioni
nazionali fossero già conformi alla direttiva e non richiedessero modifiche al momento
della sua entrata in vigore. 3. Campo di
applicazione e definizioni (Articoli 1 e 3) 3.1. Applicazione
della direttiva alle imprese utilizzatrici che non esercitano un'attività
economica (articolo 1, paragrafo 2) L'articolo 1, paragrafo 2,
afferma che la direttiva si applica alle imprese pubbliche e private che sono
agenzie di lavoro interinale o imprese utilizzatrici che esercitano un'attività
economica con o senza fini di lucro. Di norma le agenzie di lavoro
interinale soddisfano la condizione di esercitare un'attività economica.
Tuttavia, alcune attività delle imprese utilizzatrici, ad esempio quelle svolte
da parti del settore pubblico, non possono essere considerate aventi carattere
economico.[4]
Gli Stati membri hanno il diritto di escludere dal campo di applicazione della
direttiva le imprese utilizzatrici che non esercitano un'attività economica.
Ciononostante, 19 Stati membri applicano la direttiva a imprese utilizzatrici
che non esercitano attività economiche. Bulgaria, Cipro, Danimarca, Irlanda,
Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Regno Unito e Romania hanno deciso
di escludere tali imprese dal campo di applicazione delle loro disposizioni di
attuazione. In questa fase l'attuazione
di tale disposizione non sembra creare problemi particolari. 3.2. Deroga per
programmi specifici di formazione, d'inserimento o di riqualificazione
professionali, pubblici o sostenuti da enti pubblici (articolo 1, paragrafo 3) L'articolo 1, paragrafo 3,
permette agli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, di
escludere dal campo di applicazione delle loro misure di recepimento i rapporti
di lavoro conclusi nell'ambito di un programma specifico di formazione,
d'inserimento e di riqualificazione professionali, pubblico o sostenuto da enti
pubblici. Un'ampia maggioranza di Stati
membri non esclude alcuno dei suddetti rapporti di lavoro dalle sue
disposizioni nazionali di attuazione. Austria, Cipro, Danimarca,
Irlanda, Malta, Svezia e Ungheria applicano
invece questa esclusione. A Cipro e in Irlanda l'obiettivo è
agevolare l'inserimento o il reinserimento di determinate categorie di persone
che potrebbero avere difficoltà a entrare o rientrare nel mercato del lavoro.
La Svezia esclude i lavoratori che beneficiano del sostegno
dell'occupazione speciale o di forme di lavoro protetto, ma solo per quanto
riguarda il principio della parità di trattamento. Le disposizioni riguardanti,
ad esempio, l'accesso alle strutture e alle attrezzature collettive nonché le
informazioni sui posti vacanti nelle imprese utilizzatrici continuano a essere
applicabili a questo gruppo di lavoratori. La Commissione non è a
conoscenza di difficoltà specifiche riscontrate nell'attuazione di tale deroga
né di questioni di conformità alla direttiva delle misure nazionali di
attuazione. 3.3. Definizioni
(articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a e) L'articolo
3, paragrafo 1, lettere da a) a e) fornisce definizioni di alcuni dei
principali concetti utilizzati nella direttiva: "lavoratore",
"agenzia interinale", "lavoratore tramite agenzia interinale",
"impresa utilizzatrice" e "missione". Taluni
Stati membri (Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Portogallo,
Regno Unito, Svezia e Ungheria) hanno fornito definizioni di almeno alcuni
di tali concetti nella loro normativa di attuazione, utilizzando una
formulazione che nella maggior parte dei casi è molto simile a quella impiegata
nella direttiva e che pertanto chiarisce opportunamente il campo di
applicazione delle misure nazionali di attuazione. Altri Stati membri non hanno
adottato tali definizioni. In Lettonia
la normativa di attuazione afferma espressamente che l'agenzia interinale deve
essere considerata come il datore di lavoro del lavoratore tramite agenzia
interinale. Si tratta di un utile chiarimento conformemente alle definizioni di
cui all'articolo 3, paragrafo 1, secondo il quale un lavoratore tramite agenzia
interinale ha un rapporto di lavoro con un'agenzia interinale, al fine di
essere inviato in missione presso un'impresa utilizzatrice per prestare
temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della
stessa. 4. Principio della
parità di trattamento 4.1. Parità di
trattamento riguardo alle condizioni di base di lavoro e d'occupazione
(articolo 3, paragrafo 1, lettera f), articolo 3, paragrafo 2, primo comma, e
articolo 5, paragrafo 1) L'articolo 5, paragrafo 1,
fissa il principio della parità di trattamento presso le imprese utilizzatrici.
Conformemente a tale principio, i lavoratori tramite agenzia interinale devono
godere dal primo giorno della loro missione delle condizioni di base di lavoro
e d'occupazione che si applicherebbero se fossero direttamente impiegati
dall'impresa utilizzatrice per svolgervi il medesimo lavoro. Tali condizioni
riguardano la retribuzione nonché l'orario di lavoro, le ore di lavoro
straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i
giorni festivi. Devono essere applicate ai lavoratori tramite agenzia
interinale nella misura in cui costituiscono disposizioni vincolanti di portata
generale in vigore nell'impresa utilizzatrice. Le condizioni devono anche
rispettare le regole in vigore nell'impresa utilizzatrice riguardanti la
protezione delle donne in stato di gravidanza e in periodo di allattamento, la
protezione dei bambini e dei giovani nonché la parità di trattamento fra uomini
e donne e tutte le misure antidiscriminazione[5].
Possono essere applicate
talune deroghe al principio della parità di trattamento, per le quali la
direttiva definisce tuttavia condizioni rigorose, come illustrato di seguito. Vari Stati membri applicavano
già il principio della parità di trattamento prima dell'entrata in vigore della
direttiva. Attualmente tale principio è riconosciuto da tutti gli Stati membri.
Ciononostante, 12 Stati membri consentono deroghe al principio a determinate
condizioni. Inoltre, la maggior parte degli Stati membri ha optato per una
formulazione che si discosta considerevolmente dalla terminologia utilizzata
nella direttiva, in particolare per quanto riguarda il recepimento sia
dell'articolo 5, paragrafo 1, primo comma, che definisce il principio della
parità di trattamento, sia dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera f), che
stabilisce il campo di applicazione del concetto di "condizioni di base di
lavoro e d'occupazione". Ad esempio, in Estonia
l'applicazione del principio della parità di trattamento si basa sul concetto
di "lavoratore comparabile" dell'impresa utilizzatrice. In assenza di
lavoratori comparabili, il raffronto deve essere effettuato in riferimento al
contratto collettivo applicabile. In assenza di contratti collettivi, un
dipendente addetto a lavoro identico o simile nella stessa regione è
considerato un lavoratore comparabile. Sembra che anche in Polonia e nel
Regno Unito le condizioni da applicare ai lavoratori tramite agenzia
interinale siano determinate mediante il raffronto con lavoratori comparabili
dell'impressa utilizzatrice. La Commissione verificherà se
nella pratica tale riferimento a un lavoratore comparabile garantisce la
corretta applicazione del principio della parità di trattamento o se può dare
luogo a pratiche discriminatorie nei confronti dei lavoratori tramite agenzia
interinale. Se necessario, adotterà misure adeguate volte a garantire la piena
osservanza della direttiva. La Commissione vigilerà
inoltre affinché il concetto di "condizioni di base di lavoro e
d'occupazione" sia correttamente applicato in tutti gli Stati membri. Tale
concetto riguarda la retribuzione nonché l'orario di lavoro, le ore di lavoro
straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i
giorni festivi. Questo è un elenco obbligatorio al quale non è possibile
derogare. 4.2. Deroghe
possibili 4.2.1. Deroga di cui
all'articolo 5, paragrafo 2 Conformemente all'articolo 5,
paragrafo 2, gli Stati membri possono, previa consultazione delle parti
sociali, prevedere una deroga al principio della parità di retribuzione nel
caso in cui i lavoratori tramite agenzia interinale che sono legati da un
contratto a tempo indeterminato a un'agenzia interinale continuino a essere
retribuiti nel periodo che intercorre tra una missione e l'altra. La
maggioranza degli Stati membri non applica tale deroga. Ciononostante, Irlanda,
Malta, Regno Unito, Svezia e Ungheria prevedono la possibilità di
derogare al principio della parità di retribuzione durante le missioni per i
lavoratori interinali con un contratto di lavoro a tempo indeterminato che sono
retribuiti anche tra una missione e l'altra, ossia nei periodi in cui sono
senza lavoro. In Ungheria il codice
del lavoro prevede che i lavoratori tramite agenzia interinale che soddisfano
tali condizioni abbiano diritto alla parità di trattamento per quanto riguarda
il pagamento delle retribuzioni e altri benefici a partire dal 184° giorno di
lavoro presso l'impresa utilizzatrice. In
Irlanda la legge sulla tutela dei lavoratori subordinati (lavoro tramite
agenzia interinale) (Protection of Employees (Temporary Agency Work) Act) del
2012 afferma che i lavoratori tramite agenzia interinale con un contratto a
tempo indeterminato non hanno diritto alla parità di retribuzione per tutta la
durata della missione a condizione che nel periodo che intercorre tra una
missione e l'altra sia loro corrisposta almeno la metà della retribuzione loro
spettante per la missione più recente e che essa non sia inferiore al salario
minimo nazionale. Prima della sottoscrizione di un contratto di lavoro,
l'agenzia interinale deve informare per iscritto il lavoratore tramite agenzia
interinale che non avrà diritto alla parità di retribuzione. Misure
analoghe si applicano nel Regno Unito, dove i regolamenti sui lavoratori
interinali (Agency Workers Regulations) 2010 prevedono una deroga alle
disposizioni sulla parità di trattamento riguardo alla retribuzione e alle
ferie per i lavoratori tramite agenzia interinale che soddisfano le condizioni
di cui all'articolo 5, paragrafo 2. Nel periodo che intercorre tra una missione
e l'altra i lavoratori tramite agenzia interinale hanno diritto a un minimo del
50% della retribuzione di base che è stata loro corrisposta nelle ultime 12
settimane della missione precedente e, in ogni caso, al salario minimo
nazionale. Nel contratto di lavoro deve figurare una dichiarazione in cui si
precisa che il lavoratore tramite agenzia interinale non avrà diritto alla
parità di retribuzione. A Malta
i regolamenti sui lavoratori interinali (Agency Workers Regulations) 2010
affermano che la disposizione che introduce la parità di retribuzione non si
applica ai lavoratori tramite agenzia interinale che hanno un contratto di
lavoro a tempo indeterminato e che sono retribuiti nel periodo che intercorre
tra una missione e l'altra. In
Svezia la normativa di attuazione della direttiva stabilisce che, per
quanto riguarda la retribuzione, il principio della parità di trattamento non
si applica ai lavoratori che sono assunti a tempo indeterminato presso
un'agenzia interinale e che sono retribuiti tra una missione e l'altra. Pertanto,
i cinque Stati membri sopraindicati derogano di fatto al principio della parità
di trattamento nei periodi in cui i lavoratori tramite agenzia interinale sono
assegnati a imprese utilizzatrici. Fatti salvi i salari minimi applicabili,
nessuno di loro ha adottato norme che limitano la portata della deroga tra una
missione e l'altra, ad esempio fissando un minimo retributivo specifico. Per
quanto riguarda i periodi che intercorrono tra una missione e l'altra, Malta,
Svezia e Ungheria non hanno fissato minimi retributivi da
rispettare. Ciononostante, a Malta i lavoratori tramite agenzia
interinale hanno diritto allo stesso livello di retribuzione sia durante la
missione che tra una missione e l'altra. Quale
deroga al principio della parità di trattamento, l'articolo 5, paragrafo 2,
deve essere interpretato in senso restrittivo. Non riguarda i lavoratori
tramite agenzia interinale con un contratto a tempo determinato e può essere
applicato solo ai lavoratori che hanno un contratto a tempo indeterminato. Alla
luce del recepimento nazionale dell'articolo 5, paragrafo 2, questa deroga
solleva alcune questioni di interpretazione, in particolare in merito al fatto
che il livello di retribuzione dei lavoratori tramite agenzia interinale
durante una missione e tra una missione e l'altra possa legalmente
corrispondere all'eventuale salario minimo applicabile, mentre per i salari
minimi non è stabilito alcun limite inferiore. È necessario considerare
altresì le misure volte a prevenire il ricorso abusivo alla deroga. Tali
questioni dovranno essere esaminate in maniera approfondita nelle prossime
riunioni del gruppo di esperti sul recepimento della direttiva. In ogni caso la
Commissione adotterà misure appropriate per garantire il pieno rispetto della
direttiva da parte di tutti gli Stati membri. 4.2.2. Deroga di cui
all'articolo 5, paragrafo 3 Ai sensi dell'articolo 5,
paragrafo 3, dopo aver consultato le parti sociali, gli Stati membri possono
consentire loro di concludere o mantenere contratti collettivi riguardanti le
condizioni di lavoro e d'occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale
in deroga al principio della parità di trattamento, nel rispetto della
protezione globale dei lavoratori tramite agenzia interinale. L'articolo 5,
paragrafo 3, deve essere interpretato alla luce dell'articolo 2, paragrafo 2,
della direttiva 91/383/CEE[6]
sulla sicurezza e sulla salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un
rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale.
Conformemente a tale disposizione, una differenza di trattamento nei confronti
di un lavoratore avente un rapporto di lavoro interinale con un'agenzia di
lavoro interinale non è giustificata per quanto concerne le condizioni di
lavoro relative alla protezione della sicurezza e della salute durante il
lavoro. La maggioranza degli Stati
membri ha deciso di non applicare la deroga di cui all'articolo 5, paragrafo 3.
Ciononostante, tale disposizione prevede una certa flessibilità e tiene conto
del fatto che, tradizionalmente, in taluni Stati membri il lavoro tramite
agenzia interinale è disciplinato in prevalenza da contratti collettivi. Dieci
Stati membri (Austria, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda,
Italia, Paesi Bassi, Svezia e Ungheria) hanno adottato disposizioni
che permettono ai contratti collettivi di lavoro di derogare alla parità di
trattamento dei lavoratori tramite agenzia interinale. Austria, Irlanda e
Svezia riferiscono la necessità che tali contratti collettivi siano
opportunamente equilibrati al fine di non pregiudicare la protezione globale
dei lavoratori tramite agenzia interinale. Al momento la Commissione non
è a conoscenza di problemi specifici riscontrati nell'attuazione di tale
disposizione. Verificherà il rispetto della "protezione globale dei
lavoratori tramite agenzia interinale" in tutti i casi, specialmente se le
disposizioni nazionali di attuazione non fanno riferimento a tale concetto.
4.2.3. Deroga di cui
all'articolo 5, paragrafo 4 Conformemente all'articolo 5,
paragrafo 4, gli Stati membri che non possiedono un sistema che dichiari i
contratti collettivi universalmente applicabili né un sistema che consenta di
estendere le disposizioni di tali contratti a tutte le imprese simili in un
determinato settore o area geografica possono, in base a un accordo concluso
dalle parti sociali nazionali, derogare al principio della parità di
trattamento per quanto riguarda le condizioni di base di lavoro e d'occupazione
dei lavoratori tramite agenzia interinale, a condizione che a tali lavoratori
sia garantito un livello adeguato di protezione. In tal caso può essere
previsto un periodo di attesa per il conseguimento della parità di trattamento. Hanno fatto ricorso
all'articolo 5, paragrafo 4, solo Regno Unito e Malta. Nel Regno
Unito i lavoratori tramite agenzia interinale hanno diritto a una piena
parità di trattamento presso l'impresa utilizzatrice dopo avere svolto la
stessa occupazione per il medesimo datore di lavoro per un periodo di attesa di
12 settimane. A Malta, nella misura in cui riguarda la retribuzione, il
principio della parità di trattamento non si applica per le prime quattro
settimane di una missione se tale missione ha una durata non inferiore alle 14
settimane. Gli Stati membri che
applicano l'articolo 5, paragrafo 4, devono precisare se regimi professionali
di sicurezza sociale, inclusi i regimi pensionistici, i regimi relativi alle
prestazioni per malattia o i regimi di partecipazione finanziaria dei
lavoratori, sono compresi nelle condizioni di base di lavoro e d'occupazione.
Di fatto Regno Unito e Malta escludono tali regimi dalle
condizioni di base di lavoro e d'occupazione cui hanno diritto i lavoratori
tramite agenzia interinale. Inoltre, l'articolo 5,
paragrafo 5, impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per
evitare il ricorso abusivo all'applicazione dell'articolo 5 e, in particolare,
per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della
direttiva. Il rischio di elusione dei principi della parità di trattamento e
della parità di retribuzione è particolarmente elevato se i principi si
applicano solo dopo un periodo di attesa anziché dal primo giorno delle
missioni dei lavoratori tramite agenzia interinale. Il Regno Unito ha
adottato misure dettagliate volte a evitare il ricorso abusivo all'applicazione
della normativa nazionale, tra l'altro stabilendo che, qualora l'interruzione
di una missione non superi le sei settimane, "l'orologio" del periodo
di attesa non viene riazzerato. A Malta, se un lavoratore tramite
agenzia interinale cui non è stata accordata la parità di retribuzione nelle
prime quattro settimane della sua missione viene successivamente sostituito, il
lavoratore tramite agenzia interinale assegnato come sostituto beneficerà della
parità di trattamento per quanto riguarda la retribuzione dal primo giorno
della missione. 5. Riesame dei divieti
e delle restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di
lavoro interinale (articolo 4) 5.1. Oggetto
dell'articolo 4 Ai sensi dell'articolo 4, i
divieti o le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di
lavoro interinale sono giustificati soltanto da ragioni d'interesse generale
che investono in particolare: - la tutela dei lavoratori
tramite agenzia interinale; - le prescrizioni in materia
di salute e sicurezza sul lavoro; - la necessità di garantire
il buon funzionamento del mercato del lavoro; - la necessità di garantire
la prevenzione di abusi. Gli Stati membri avevano
l'obbligo, previa consultazione delle parti sociali, di riesaminare tali
divieti e restrizioni al fine di accertare se fossero giustificati da ragioni
d'interesse generale nonché di comunicare alla Commissione i risultati di tale
riesame entro il termine previsto per la trasposizione della direttiva (5
dicembre 2011). Le restrizioni e i divieti fissati da contratti collettivi
potevano essere riesaminati dalle parti sociali che avevano negoziato il
contratto. Come
indicato nella relazione del 2011 dei servizi della Commissione sul lavoro del
gruppo di esperti riguardante la trasposizione della direttiva relativa al
lavoro tramite agenzia interinale, il campo di applicazione del riesame deve
contemplare tutte le misure, ad esempio le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative attuate negli Stati membri e la cui finalità, o
il cui effetto, è l'imposizione di limiti al lavoro tramite agenzia interinale. Inoltre, l'articolo
4, paragrafo 4, chiarisce che le disposizioni dell'articolo 4 lasciano
impregiudicati i requisiti nazionali in materia di registrazione,
autorizzazione, certificazione, garanzia finanziaria o controllo delle agenzie
di lavoro interinale. Di conseguenza, le restrizioni rientranti in una di queste
categorie, che riguardano l'accesso al mercato e l'esercizio delle attività
delle agenzie interinali, sono escluse dal campo di applicazione dell'obbligo
di riesaminare restrizioni e divieti. L'articolo 4 riduce pertanto il campo di applicazione delle
giustificazioni che gli Stati membri possono utilizzare per limitare il ricorso
al lavoro tramite agenzia interinale. L'articolo 4, paragrafo 1, è vincolante
per tutti gli Stati membri. Spetta a ciascuno Stato membro decidere quale
metodo deve essere utilizzato per attuare tale disposizione a livello
nazionale. Non è previsto un limite temporale per l'attuazione dell'articolo 4,
paragrafo 1. L'articolo 4 obbliga gli Stati membri a effettuare un riesame dei
divieti e delle restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale, a comunicare alla Commissione i risultati del riesame e a
giustificare divieti e restrizioni sulla base di ragioni d'interesse generale. 5.2. Risultati del
riesame degli Stati membri Tutti gli Stati membri hanno comunicato
alla Commissione la loro posizione riguardo al riesame delle restrizioni e dei
divieti imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale. Ventiquattro Stati membri
hanno riferito in merito ai risultati del riesame effettuato. Quattro Stati
membri (Irlanda, Lussemburgo, Malta e Regno Unito) hanno
dichiarato che non esistevano restrizioni o divieti. Di conseguenza, in tali
Stati membri non è stato effettuato alcun riesame. Nei casi di Irlanda, Malta
e Regno Unito, l'esame della Commissione non ha individuato
restrizioni o divieti specifici che imporrebbero a tali Stati membri di
effettuare un riesame adeguato delle disposizioni in questione. Quanto al Lussemburgo,
la Commissione ha invece individuato restrizioni nella legislazione nazionale
applicabile, ad esempio riguardo alla durata delle missioni o all'esistenza di
un elenco di ragioni ammissibili per il ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale. Le restrizioni e i divieti in vigore in Lussemburgo devono
pertanto essere riesaminati previa consultazione delle parti sociali,
conformemente all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva. Le relazioni sui risultati
del riesame delle restrizioni e dei divieti forniti dai 24 Stati membri erano
molto eterogenee in termini sia di formato che di lunghezza. Nella maggior
parte dei casi sono state integrate da informazioni specifiche, più accurate,
fornite su richiesta della Commissione. L'eterogeneità
delle relazioni è in parte attribuibile alla varietà di situazioni incontrate
negli Stati membri. Benché complessivamente il lavoro tramite agenzia
interinale interessi solo un'esigua percentuale di lavoratori dipendenti, in
alcuni paesi è molto più diffuso che in altri. In alcuni Stati membri un quadro
giuridico nazionale che disciplina il lavoro tramite agenzia interinale è stato
adottato negli anni '60 (Paesi Bassi) o '70 (Francia, Germania, Regno
Unito). In molti altri, questa forma di lavoro è stata regolamentata molto
più di recente, in alcuni casi solo nel contesto della trasposizione della
direttiva. Inoltre, sebbene il numero dei lavoratori tramite agenzia interinale
sia relativamente modesto, è impossibile negare l'importanza di questa forma di
lavoro flessibile nel funzionamento dei mercati nazionali del lavoro. Tutti gli
Stati membri hanno compiuto scelte specifiche in termini di politica
occupazionale, ad esempio, favorendo la flessibilità del mercato del lavoro a
vari livelli. Tali scelte influiscono sul ruolo e sulla situazione del lavoro
tramite agenzia interinale nei loro rispettivi mercati del lavoro. Nella loro
relazione sui risultati del riesame, cinque Stati membri (Danimarca,
Estonia, Lettonia, Lituania e Slovacchia) hanno dichiarato di non
applicare divieti o restrizioni al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale. Inoltre, vari Stati
membri hanno altresì informato la Commissione in merito alle disposizioni
nazionali che rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 4, paragrafo 4,
della direttiva e che riguardano, ad esempio, la registrazione e la garanzia
finanziaria delle agenzie di lavoro interinale. Non sussiste alcun obbligo di
riesame per quanto riguarda tali disposizioni. 5.2.1. Giustificazione
dei divieti e delle restrizioni sulla base di ragioni d'interesse generale Le restrizioni e i divieti
imposti dagli Stati membri quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale possono essere giustificati soltanto da ragioni d'interesse
generale, come indicato al punto 5.1. Facendo riferimento a "ragioni
d'interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori
tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza
sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del
lavoro e la prevenzione di abusi", l'articolo 4, paragrafo 1, della
direttiva fornisce un elenco indicativo, non esaustivo, delle ragioni che
possono giustificare divieti e restrizioni. Gli Stati membri erano tenuti
a informare la Commissione in merito alla giustificazione delle restrizioni e
dei divieti imposti entro il termine previsto per la trasposizione della
direttiva. Essi hanno elencato una serie di divieti e restrizioni e, nella
vasta maggioranza dei casi, hanno citato come giustificazione una o più delle
ragioni d'interesse generale enumerate all'articolo 4, paragrafo 1. Quando hanno
ritenuto che la medesima giustificazione potesse essere applicata a più misure
restrittive, hanno fornito una giustificazione comune per differenti divieti o
restrizioni. Nel complesso, e salvo rare
eccezioni, gli Stati membri hanno fornito solo giustificazioni molto generali
per le disposizioni restrittive in vigore, anche quando la Commissione ha
chiesto informazioni complementari sui motivi per cui le autorità nazionali
hanno ritenuto che i divieti e le restrizioni che rimangono applicabili fossero
giustificati da ragioni d'interesse generale. Gli Stati membri hanno fatto
riferimento in particolare alle giustificazioni elencate all'articolo 4,
paragrafo 1, della direttiva.
Vari Stati membri (nella fattispecie Belgio,
Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo,
Repubblica ceca, Slovenia, Ungheria) hanno citato "la tutela dei
lavoratori tramite agenzia interinale" per spiegare e giustificare
taluni divieti o restrizioni in vigore.
Ad esempio, questa è una
delle giustificazioni che sono state utilizzate riguardo alle restrizioni
applicabili nel settore edile in Germania. La Polonia ha
dichiarato che la limitazione del periodo in cui un lavoratore tramite agenzia
interinale può lavorare presso una singola impresa utilizzatrice è collegata al
carattere temporaneo dei compiti che i lavoratori tramite agenzia interinale
possono svolgere e contribuisce alla loro tutela.
Le "prescrizioni in materia di salute e
sicurezza sul lavoro" sono state citate da una serie di Stati membri
(segnatamente Belgio, Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Polonia,
Portogallo, Repubblica ceca, Slovenia, Spagna e Ungheria) per
giustificare le restrizioni o il divieto totale al ricorso a lavoratori
tramite agenzia interinale per lo svolgimento di mansioni che comportano
rischi speciali per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Taluni Stati
membri hanno utilizzato questa giustificazione in combinazione con altre
fra quelle elencate all'articolo 4, paragrafo 1, in particolare la tutela
dei lavoratori tramite agenzia interinale (Croazia, Portogallo,
Slovenia).
In Slovenia, dove
un contratto collettivo di categoria potrebbe vietare il ricorso a lavoratori
tramite agenzia interinale, la possibilità di imporre tale divieto è stata
limitata ai casi in cui lo scopo del divieto è garantire una maggiore tutela
dei lavoratori o proteggere maggiormente la loro salute e sicurezza. L'articolo 4, paragrafo
1, deve essere interpretato alla luce dell'articolo 5, paragrafo 1, della
direttiva 91/383/CEE sulla sicurezza e sulla salute durante il lavoro dei
lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di
lavoro interinale. Ai sensi di detto articolo, gli Stati membri hanno la
facoltà di vietare che "si faccia ricorso" a lavoratori tramite
agenzia interinale "per taluni lavori particolarmente pericolosi per la
loro sicurezza o salute […] ed in particolare per taluni lavori che formano
oggetto di una sorveglianza medica speciale […]". Poiché il diritto
dell'Unione non fornisce definizioni del concetto di lavori particolarmente
pericolosi per la sicurezza o la salute dei lavoratori, è responsabilità degli
Stati membri individuare le attività interessate sotto il controllo della Corte
di giustizia.
Vari Stati membri (in particolare Belgio,
Bulgaria, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania e
Svezia) hanno citato "la necessità di garantire il buon
funzionamento del mercato del lavoro" per giustificare le misure
restrittive, ad esempio un elenco limitativo delle ragioni del ricorso a
lavoratori tramite agenzia interinale (Francia, Italia, Polonia),
limitazioni al numero o alla percentuale di lavoratori tramite agenzia
interinale di cui può avvalersi un'impresa utilizzatrice (Belgio,
Italia) o l'obbligo per il datore di lavoro di negoziare con
un'organizzazione dei lavoratori prima di ricorrere a lavoratori tramite
agenzia interinale (Svezia).
Alcuni Stati membri (Belgio, Bulgaria, Germania,
Grecia, Italia, Polonia, Repubblica ceca, Svezia) hanno giustificato
determinati divieti o restrizioni al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale citando "la necessità di garantire la prevenzione di
abusi". Tale giustificazione è stata utilizzata in riferimento a
misure di varia natura quali le restrizioni al genere di mansioni che
possono essere assegnate a lavoratori tramite agenzia interinale (Italia,
Polonia), la possibilità che i contratti collettivi nazionali fissino
limiti quantitativi al ricorso a contratti a tempo determinato per il
lavoro tramite agenzia interinale (Italia) o, in alcuni casi, la
necessità che l'impresa utilizzatrice ottenga il consenso della sua
delegazione sindacale prima di avvalersi di lavoratori tramite agenzia
interinale (Belgio).
La "necessità di
garantire la prevenzione di abusi" è stata talvolta citata in combinazione
con altre giustificazioni elencate all'articolo 4, paragrafo 1, della
direttiva, in particolare la necessità di garantire il buon funzionamento del
mercato del lavoro (Italia, Polonia, Svezia). Alcuni Stati membri hanno
utilizzato le giustificazioni riportate di seguito anche in riferimento ai
divieti e alla restrizioni in vigore.
Fra gli Stati membri che vietano di ricorrere a
lavoratori tramite agenzia interinale per sostituire lavoratori che
esercitano il loro diritto di sciopero (Austria, Belgio, Bulgaria,
Croazia, Francia, Grecia, Italia, Polonia, Slovenia, Spagna, Ungheria),
quattro (Belgio, Grecia, Italia e Ungheria) hanno fatto
espressamente riferimento alla tutela del diritto di sciopero. Alcuni
Stati membri hanno citato il considerando 20 della direttiva,
conformemente al quale le disposizioni relative alle restrizioni o ai
divieti di ricorso al lavoro tramite agenzia interinale non pregiudicano
legislazioni o prassi nazionali che vietano di sostituire lavoratori in
sciopero con lavoratori tramite agenzia interinale.
Alcuni Stati membri (Belgio, Francia, Grecia,
Polonia) hanno spiegato che varie misure restrittive sono giustificate
dalla necessità di tutelare l'occupazione a tempo indeterminato e di
evitare una situazione in cui i posti fissi potrebbero essere ricoperti da
lavoratori assunti su base temporanea. In particolare, essi hanno
utilizzato tale giustificazione per limitare la durata delle missioni e
spiegare l'esistenza di un elenco di ragioni ammissibili per il ricorso al
lavoro tramite agenzia interinale, tra cui, ad esempio, la sostituzione di
un lavoratore assente, un aumento temporaneo del volume di lavoro o lo
svolgimento di mansioni straordinarie o stagionali.
L'Austria ha citato la tutela della vita e
della salute umana per giustificare l'applicazione di quote che limitano
la percentuale di lavoratori tramite agenzia interinale che possono essere
impiegati presso un'impresa utilizzatrice per talune professioni del
settore sanitario al 10 % o al 15 %.
Nel quadro del riesame delle
restrizioni e dei divieti rispettivi riguardanti il ricorso al lavoro tramite
agenzia interinale, gli Stati membri avrebbero potuto prendere in
considerazione l'ipotesi di eliminare taluni divieti e restrizioni che erano
originariamente giustificati dal desiderio di tutelare i lavoratori tramite
agenzia interinale. Ad esempio, la Romania, dove vigeva un elenco
limitativo delle ragioni del ricorso a lavoratori tramite agenzia interinale,
ora permette di ricorrere a questa forma di lavoro "per lo svolgimento di
compiti temporanei specifici". In Svezia il divieto di assegnare un
lavoratore tramite agenzia interinale al proprio datore di lavoro precedente
nei sei mesi successivi alla risoluzione del contratto di lavoro è stato
eliminato a decorrere dal 1° gennaio 2013. In Belgio il ricorso ai
lavoratori tramite agenzia interinale non è consentito a determinate condizioni
a fini di inserimento, vale a dire, onde favorire la possibile assunzione
diretta del lavoratore da parte dell'impresa utilizzatrice. Sebbene alcune restrizioni e
divieti imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale siano
stati eliminati, fino a questo momento il riesame non ha portato a modifiche
sostanziali della portata delle misure restrittive applicate dagli Stati
membri. Ciononostante, in vari Stati membri le restrizioni e i divieti imposti
e la loro giustificazione continuano a essere oggetto di discussione, anche con
le parti sociali, al fine di individuare possibili adeguamenti supplementari.
Il riesame delle restrizioni e dei divieti è pertanto tuttora in corso in
alcuni Stati membri (ad esempio Belgio, Grecia e Paesi Bassi). Ciononostante, stabilendo che
le restrizioni o i divieti sono giustificati soltanto da ragioni d'interesse
generale, l'articolo 4, paragrafo 1, autorizza gli Stati membri a continuare ad
applicare una serie di divieti o restrizioni che si basano su tali ragioni. A
parere della Commissione, nella misura in cui sono il risultato di scelte
politiche basate su motivi legittimi e sono proporzionati all'obiettivo
perseguito, tali provvedimenti restrittivi sembrerebbero giustificati da
ragioni d'interesse generale, fatto salvo un esame più approfondito di tali
divieti e restrizioni caso per caso. La tutela dei lavoratori
tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del
lavoro e la prevenzione di abusi possono giustificare taluni divieti o
restrizioni quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale.
Altre ragioni d'interesse generale possono a loro volta giustificare misure
restrittive nella misura in cui siano legittime e proporzionate al loro
obiettivo. A condizione che rispettino la direttiva relativa al lavoro tramite
agenzia interinale nonché altri principi e disposizioni del diritto dell'Unione
applicabile, quali la libera prestazione dei servizi, la libertà di
stabilimento e la legislazione esistente in tema di non discriminazione, gli
Stati membri possono disciplinare tipi differenti di occupazione, compreso il
lavoro tramite agenzia interinale, e garantire il buon funzionamento del
mercato del lavoro conformemente alle proprie scelte politiche. Le restrizioni o i divieti
che comportano una discriminazione nei confronti dei lavoratori tramite agenzia
interinale non possono essere considerati giustificati da ragioni d'interesse
generale. Ad esempio, il divieto di assumere disabili come lavoratori tramite
agenzia interinale non potrebbe essere giustificato né dalla necessità di
garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro né dalla tutela di tali
persone né dalle prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. 5.2.2. Consultazione
delle parti sociali Come affermato al punto 5.1.,
gli Stati membri avevano l'obbligo di consultare le parti sociali prima di
riesaminare divieti e restrizioni. Inoltre, se tali divieti o restrizioni sono
fissati da contratti collettivi, il riesame poteva essere effettuato dalle
parti sociali che avevano negoziato il contratto. Gli Stati membri che hanno
riesaminato i divieti e le restrizioni in vigore hanno coinvolto le parti
sociali in vari modi, riflettendo la diversità dei mercati del lavoro e delle
relazioni industriali nell'UE. Essi possono essere
raggruppati in tre categorie principali:
gli Stati membri in cui le parti sociali sono state
consultate nel quadro del riesame dei divieti e delle restrizioni (Belgio,
Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo e
Ungheria); alcuni hanno comunicato, in misura variabile, i pareri
delle parti sociali alla Commissione (Belgio, Grecia, Polonia e
Portogallo);
gli Stati membri in cui il riesame è stato svolto
prevalentemente dalle parti sociali stesse, in quanto la maggior parte dei
divieti e delle restrizioni è fissata da contratti collettivi (Danimarca,
Finlandia, Paesi Bassi e Svezia); Finlandia e Svezia
hanno comunicato alla Commissione i pareri delle parti sociali;
gli Stati membri in cui le parti sociali sono state
consultate nel quadro dell'adozione delle misure nazionali di recepimento
(Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica
ceca, Romania, Slovenia e Spagna).
In generale, il
modo in cui le parti sociali sono state coinvolte nel riesame sembra riflettere
le variazioni nelle funzioni e nel ruolo che rivestono all'interno dell'UE.
Laddove la Commissione è stata informata dei pareri delle parti sociali, è
evidente che si sarebbe potuto attribuire maggiore importanza a tali posizioni.
Ciononostante, sembra che, con l'eccezione del Lussemburgo, la consultazione
delle parti sociali sia avvenuta in conformità all'articolo 4, paragrafo 2. 6. Accesso
all'occupazione, alle attrezzature collettive e alla formazione professionale –
rappresentanza dei lavoratori tramite agenzia interinale – informazione dei
rappresentanti dei lavoratori (Articoli 6, 7 e 8) 6.1. Accesso
all'occupazione, alle attrezzature collettive e alla formazione professionale
(articolo 6) L'articolo 6 migliora
l'accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale all'occupazione permanente,
alle attrezzature collettive e alla formazione professionale. In particolare,
prevede che i lavoratori tramite agenzia interinale siano informati dei posti
vacanti nell'impresa utilizzatrice (articolo 6, paragrafo 1). Garantisce
inoltre ai lavoratori tramite agenzia interinale la parità di accesso alle
strutture e alle attrezzature collettive nell'impresa utilizzatrice, in
particolare ai servizi di ristorazione, alle infrastrutture d'accoglienza
dell'infanzia e ai servizi di trasporto, a meno che ragioni oggettive
giustifichino un trattamento diverso (articolo 6, paragrafo 4). Chiede agli
Stati membri o alle parti sociali di migliorare l'accesso dei lavoratori
tramite agenzia interinale alle opportunità di formazione nelle agenzie
interinali e nelle imprese utilizzatrici (articolo 6, paragrafo 5). L'articolo 6, paragrafo 1, è
stato recepito quasi letteralmente da vari Stati membri. Non sembra creare
problemi particolari nella fase attuale. Per quanto riguarda
l'articolo 6, paragrafo 4, 14 paesi (Austria, Belgio, Cipro, Danimarca,
Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi,
Regno Unito e Svezia), pari alla metà degli Stati membri, hanno
dichiarato di avvalersi della possibilità di derogare al principio della parità
di accesso alle strutture e alle attrezzature collettive nell'impresa
utilizzatrice se ragioni oggettive giustificano un trattamento diverso. Nella
maggior parte dei casi la formulazione utilizzata nelle misure nazionali è
pressoché identica al testo della direttiva. La Commissione sottolinea che le
disparità di trattamento in virtù delle quali i lavoratori tramite agenzia
interinale godono di condizioni meno favorevoli rispetto ai lavoratori
impiegati dall'impresa utilizzatrice devono rimanere eccezionali. Il fatto che in
vari Stati membri esista questa possibilità non significa necessariamente che
essa sia applicata nella pratica. L'articolo 6, paragrafo 5,
incoraggia le parti sociali a svolgere un ruolo importante nel migliorare
l'accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale sia alle opportunità di
formazione e alle infrastrutture d'accoglienza dell'infanzia nelle agenzie che
alle opportunità di formazione di cui godono i lavoratori delle imprese
utilizzatrici. L'attuazione di questa disposizione non sembra essere problematica.
A Malta i lavoratori tramite agenzia interinale accedono alla formazione
professionale alle stesse condizioni dei lavoratori dell'impresa utilizzatrice
a meno che ragioni oggettive giustifichino un trattamento diverso. 6.2. Rappresentanza
dei lavoratori tramite agenzia interinale (articolo 7) L'articolo 7 stabilisce che
per il calcolo della soglia sopra la quale si devono costituire gli organi
rappresentativi dei lavoratori devono essere presi in considerazione i
lavoratori tramite agenzia interinale, o nell'agenzia interinale o nell'impresa
utilizzatrice o in entrambe. Nella maggior parte degli
Stati membri i lavoratori tramite agenzia interinale sono presi in
considerazione nell'agenzia interinale che li impiega (Bulgaria, Croazia,
Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Polonia, Regno
Unito, Repubblica ceca, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria) oppure
sia nell'agenzia che nell'impresa utilizzatrice alla quale sono assegnati (Austria,
Cipro, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e
Slovacchia). I lavoratori tramite agenzia interinale sono presi in
considerazione unicamente nell'impresa utilizzatrice solo in tre Stati membri (Belgio,
Lettonia e Romania). Taluni Stati membri hanno
introdotto condizioni specifiche alle quali sono presi in considerazione i
lavoratori tramite agenzia interinale. Ad esempio, la Bulgaria prende in
considerazione il numero medio di lavoratori tramite agenzia interinale che
sono stati impiegati dall'agenzia interinale nei 12 mesi precedenti. In Belgio
il calcolo si basa sul numero medio di lavoratori tramite agenzia interinale
che sono stati collocati presso l'impresa utilizzatrice nel trimestre
precedente. Tuttavia, i lavoratori tramite agenzia interinale che stanno attualmente
sostituendo i membri del personale permanente presso l'impresa utilizzatrice
non sono presi in considerazione. La Commissione non è al
corrente di particolari difficoltà in relazione al recepimento dell'articolo 7. 6.3. Informazione
dei rappresentanti dei lavoratori (articolo 8) Ai
sensi dell'articolo 8, l'impresa utilizzatrice è tenuta a fornire informazioni
adeguate sul ricorso a lavoratori tramite agenzia interinale all'interno
dell'impresa all'atto della presentazione dei dati sulla propria situazione
occupazionale agli organi rappresentativi dei lavoratori. Alcuni
Stati membri impongono obblighi dettagliati alle imprese utilizzatrici. In Grecia,
ad esempio, l'impresa utilizzatrice è tenuta a fornire informazioni sul numero
di lavoratori tramite agenzia interinale, ma anche sulle sue intenzioni di
ricorrervi nonché sulla prospettiva di impiegarli direttamente. In Francia e
Lussemburgo i rappresentanti del personale possono accedere ai contratti
conclusi tra l'impresa utilizzatrice e l'agenzia interinale per l'assegnazione
dei lavoratori. In
questa fase la Commissione non è a conoscenza di problemi particolari
riscontrati nell'attuazione di tale disposizione. 7. Sanzioni (Articolo
10) Da un primo esame della
normativa di attuazione adottata dagli Stati membri si evince che le
informazioni fornite riguardo alle sanzioni si riferiscono principalmente a
disposizioni nazionali diverse da quelle adottate per recepire la direttiva (ad
esempio, la gestione di un'agenzia senza la debita autorizzazione, la mancata
notifica alle autorità pubbliche dei contratti di lavoro firmati
dall'agenzia…). Questo aspetto deve essere esaminato in maniera più
approfondita nei prossimi mesi, in particolare per verificare se le sanzioni
sono utilizzate nell'ambito di applicazione della direttiva. Poiché solo
pochissimi Stati membri hanno fornito tabelle di concordanza, non è ancora
stato possibile stilare un quadro globale della situazione a livello
nazionale. 8. Costi normativi In
una consultazione pubblica online svolta dalla Commissione nel periodo
ottobre-dicembre 2012, le piccole e medie imprese (PMI) e le organizzazioni di
PMI che hanno risposto alla consultazione hanno definito la direttiva come uno
dei più gravosi atti legislativi dell'UE.[7]
I risultati sono stati pubblicati in un documento di lavoro dei servizi della
Commissione[8]
del 7 marzo 2013 che accompagna la comunicazione "Legiferare con
intelligenza". Dalla
comunicazione della Commissione del 18 giugno 2013[9] sul seguito dato alla
consultazione delle PMI ("TOP 10") sugli atti legislativi dell'UE è
emerso che tali affermazioni riguardavano prevalentemente gli attuali ostacoli
all'attività delle agenzie interinali e l'obbligo di effettuare la
registrazione ogni volta che un'agenzia vuole operare in uno Stato membro
differente. La comunicazione indicava che la presente relazione avrebbe tenuto
conto delle preoccupazioni espresse dalle PMI e degli aspetti relativi agli
oneri normativi. In
tale contesto, la Commissione ha inviato un questionario agli Stati membri e
alle parti sociali a livello europeo per conoscere il loro parere sulla
questione dei costi sostenuti in relazione alla direttiva. La
Commissione ha chiesto innanzitutto se la direttiva impone un notevole onere
amministrativo a carico delle autorità pubbliche nazionali e se tali costi sono
stati valutati negli Stati membri. Fra
i ventisette Stati membri che hanno risposto, tutti tranne due hanno affermato
che di per sé la direttiva non aveva comportato un notevole onere
amministrativo a carico delle autorità nazionali o che non ne avevano
specificamente valutato i costi. Il Belgio ha fatto riferimento ai
considerevoli costi amministrativi sostenuti per effettuare il riesame delle
restrizioni e dei divieti. Il Regno Unito aveva pubblicato una
valutazione d'impatto prima dell'attuazione della direttiva, secondo la quale i
costi complessivi per i datori di lavoro del settore pubblico in termini di
aumento delle retribuzioni sarebbero stati pari a una cifra compresa tra i
157 milioni di GBP e i 259 milioni di GBP l'anno,
ma non sono disponibili aggiornamenti. Nessuno Stato membro ha valutato l'onere
amministrativo determinato dalla direttiva. La
Commissione ha inoltre chiesto se le disposizioni sostanziali della
direttiva comportano ostacoli o costi considerevoli per le agenzie interinali o
per le imprese utilizzatrici e se tali costi sono stati valutati. Alcuni
Stati membri hanno rilevato che la direttiva ha di fatto comportato costi di
scarsa entità per le agenzie di lavoro interinale (Austria, Germania) e/o
le imprese utilizzatrici (Finlandia, Germania, Polonia), mentre il Regno
Unito ha citato oneri salariali maggiori a carico delle agenzie nonché
costi sia per le agenzie che per le imprese utilizzatrici determinati dagli
obblighi di informazione. Altri Stati membri non hanno fatto riferimento ad
alcun costo od ostacolo considerevole per le agenzie o gli utenti. Nessuno
Stato membro dispone di informazioni aggiornate sul livello dei costi
sostenuti. Cipro ha dichiarato che sul suo territorio non
operava ancora alcuna agenzia di lavoro interinale. Quanto
alle parti sociali europee, BusinessEurope ha fatto riferimento a costi di
conformità elevati per le agenzie interinali in alcuni Stati membri e a costi
sociali considerevoli derivanti da una scarsa o mancata attuazione
dell'articolo 4. Eurociett ha citato un aumento dei costi per le agenzie in
paesi quali Regno Unito e Irlanda e ha sottolineato di avere
accettato e sostenuto tale aumento poiché era favorevole all'adozione della
direttiva. Ha inoltre fatto riferimento ai costi collegati all'insufficiente
recepimento di talune disposizioni della direttiva; per il CEEP[10], invece, la direttiva
aveva aumentato considerevolmente i costi per i datori di lavoro, in
particolare nei casi in cui il principio della parità di trattamento non era
stato attuato prima della trasposizione della direttiva. Nessuna di queste
organizzazioni dei datori di lavoro ha tuttavia fornito una quantificazione dei
costi menzionati. L'UEAPME[11]
non era a conoscenza di norme particolarmente gravose per le imprese
utilizzatrici. L'ETUC[12] ha affermato che
l'articolo 12 della direttiva, che è la base giuridica della presente
relazione, non prevedeva una valutazione dei costi e che non esistevano studi
attestanti un aumento dei costi per le agenzie dovuto alla trasposizione della
direttiva. A parere di UNI-Europa, i costi non ostacolano l'attività delle
agenzie di lavoro interinale o delle imprese utilizzatrici. Quanto
alla domanda se siano disponibili informazioni sui cosi sostenuti dalle PMI
e/o dalle microimprese, nessuno Stato membro è in possesso di tali
informazioni. La Germania ha affermato che la direttiva ha
effettivamente comportato costi a carico sia delle agenzie di lavoro interinale
che delle imprese utilizzatrici. A parere di Austria e Belgio, la
direttiva non può essere considerata particolarmente onerosa per le PMI. Le
parti sociali europee non hanno fornito informazioni al riguardo. L'ETUC ha
ritenuto inappropriato utilizzare i risultati della consultazione "TOP
10" come base del lavoro futuro. Inoltre,
quando sono stati consultati, alcuni Stati membri hanno riferito che qualsiasi
valutazione generale dei cosi derivanti dalla direttiva dovrebbe tenere in
considerazione anche i benefici apportati. 9. Relazione tra la
direttiva relativa al lavoro tramite agenzia interinale e altri atti
legislativi dell'UE L'articolo 3, paragrafo 2,
secondo comma, stabilisce che gli Stati membri non escludono dall'ambito
d'applicazione della direttiva i lavoratori o i rapporti di lavoro unicamente
per il fatto che riguardano lavoratori a tempo parziale, lavoratori a tempo
determinato o persone che hanno un rapporto di lavoro con un'agenzia
interinale. Tale disposizione chiarisce che i lavoratori tramite agenzia
interinale che lavorano a tempo parziale o con un contratto a tempo determinato
non possono essere esclusi dal campo di applicazione della direttiva
2008/104/CE in ragione della "atipicità" dei loro contratti di
lavoro. La Corte di giustizia ha
confermato che la direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato non si
applica al rapporto di lavoro a termine tra un lavoratore tramite agenzia
interinale e un'agenzia di lavoro interinale.[13]
Pertanto, anche se i lavoratori tramite agenzia interinale sono assunti con un
contratto di lavoro a tempo determinato, il loro rapporto di lavoro triangolare
non è disciplinato dalla direttiva sul lavoro a tempo determinato, che si
applica esclusivamente ai rapporti di lavoro diretti tra un datore di lavoro e
un lavoratore. Per quanto riguarda la
relazione tra la direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia
interinale e la direttiva 96/71/CE[14]
relativa al distacco dei lavoratori, il considerando 22 della direttiva
2008/104/CE dichiara che essa dovrebbe essere applicata nel rispetto delle
disposizioni del trattato in materia di libera prestazione di servizi e libertà
di stabilimento e fatta salva la direttiva 96/71/CE. La direttiva relativa al
lavoro tramite agenzia interinale riguarda, in linea di principio, le
situazioni nazionali, mentre la direttiva relativa al distacco dei lavoratori
tratta espressamente le situazioni transfrontaliere. La direttiva relativa al
lavoro tramite agenzia interinale si applica pienamente ai lavoratori mobili
che lavorano in uno Stato membro diverso dal proprio alle stesse condizioni
previste per i lavoratori nazionali, mentre la direttiva relativa al distacco
dei lavoratori si applica esclusivamente ai lavoratori distaccati, ossia ai
lavoratori che, per un periodo limitato, svolgono il proprio lavoro nel
territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavorano
abitualmente. Conformemente al suo articolo
1, paragrafo 3, lettera c), la direttiva relativa al distacco dei lavoratori si
applica in particolare a imprese di lavoro temporaneo o a imprese che effettuano
la cessione temporanea di lavoratori presso un'impresa utilizzatrice avente la
sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante
il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e
l'impresa di lavoro temporaneo o l'impresa che lo cede temporaneamente. Per quanto riguarda i
lavoratori distaccati, l'articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva,
prevede che siano rispettate talune condizioni di lavoro e di occupazione che
includono le "tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per
lavoro straordinario" e le "condizioni di cessione temporanea dei
lavoratori, in particolare la cessione temporanea di lavoratori da parte di
imprese di lavoro temporaneo", nella misura in cui sono stabilite per legge
o in contratti collettivi universalmente applicabili. Come afferma il
considerando 22 della direttiva 2008/104/CE precedentemente citato, le suddette
disposizioni della direttiva relativa al distacco dei lavoratori prevalgono su
quelle della direttiva relativa al lavoro tramite agenzia interinale. Tuttavia,
conformemente all'articolo 3, paragrafo 9, della direttiva relativa al distacco
dei lavoratori, gli Stati membri possono prevedere che ai lavoratori tramite
agenzia interinale distaccati nel loro territorio sia garantita la parità di
trattamento per quanto riguarda le condizioni che sono applicabili ai
lavoratori temporanei nello Stato membro in cui è eseguito il lavoro. 10. Possibili modifiche Il questionario citato al
punto 8 chiedeva anche se sulla base dell'esperienza acquisita da quando era
divenuta pienamente applicabile nel dicembre 2011, la direttiva aveva raggiunto
i suoi obiettivi di politica sociale quali enunciati all'articolo 2. Conformemente all'articolo
12, la presente relazione deve prendere in considerazione tutte le modifiche
della direttiva che risultino opportune. La Commissione ha sollevato la
questione anche nel questionario chiedendo se sia necessario chiarire
eventuali disposizioni della direttiva e, in caso affermativo, quali e quali
siano i problemi incontrati. Per quanto riguarda la prima
domanda, la maggior parte degli Stati membri ha ritenuto che la direttiva
avesse effettivamente raggiunto i suoi obiettivi di politica sociale o che
avesse rappresentato un passo importante nello sviluppo di un'Europa sociale.
Alcuni di essi hanno evidenziato le difficoltà pratiche incontrate per ragioni
non correlate alla direttiva (Slovacchia, Slovenia), ma nessuno Stato
membro ha risposto affermando che la direttiva non aveva raggiunto i suoi
obiettivi. La Bulgaria ha avuto difficoltà a rispondere alla domanda
perché sul suo territorio le agenzie di lavoro interinale sono attive solo da
un breve periodo, mentre il Regno Unito non disponeva di dati che gli
permettessero di rispondere alla domanda. Nemmeno Cipro ha potuto
fornire una risposta, poiché nel paese non sono presenti agenzie di lavoro
interinale. BusinessEurope ed Eurociett,
tuttavia, ritengono che gli obiettivi della direttiva non siano stati
pienamente raggiunti. Nelle loro risposte hanno affermato che in alcuni Stati
membri è rimasto in vigore o è stato addirittura recentemente introdotto un
numero considerevole di restrizioni ingiustificate al lavoro tramite agenzia
interinale. Tra gli esempi figuravano divieti settoriali, limiti irragionevoli
sulla durata massima delle missioni, motivazioni troppo limitate per il ricorso
al lavoro interinale e contingenti sul numero massimo di lavoratori tramite
agenzia interinale. Queste organizzazioni hanno affermato che tali restrizioni
dovrebbero essere eliminate. Dal canto loro, l'UEAPME e, in certa misura, il
CEEP hanno ritenuto che la direttiva avesse realizzato i suoi obiettivi di
politica sociale. L'ETUC ha sottolineato che il
termine per il recepimento della direttiva era relativamente recente e che
molti Stati membri avevano attuato la trasposizione in maniera tardiva. Per
tali motivi, era troppo presto per effettuare una valutazione adeguata della
situazione a livello nazionale. UNI-Europa ha ritenuto che nella maggior parte
degli Stati membri gli obiettivi enunciati all'articolo 2 della direttiva
fossero già stati ampiamente raggiunti dalla legislazione nazionale prima
dell'entrata in vigore della direttiva. Quanto alla seconda
domanda, la vasta maggioranza degli Stati membri ha ritenuto che in questa
fase non fosse necessario chiarire o riesaminare alcuna delle disposizioni
della direttiva. Bulgaria e Polonia hanno ritenuto che fosse
prematuro sollevare tali questioni. Unitamente a Cipro, la Bulgaria
ha segnalato una mancanza di esperienza pratica in materia di lavoro tramite
agenzia interinale. Il Portogallo ha sottolineato l'importanza di
garantire che la direttiva fosse correttamente recepita in tutti gli Stati
membri. La Finlandia ha
affermato che l'articolo 4 della direttiva non era chiaro, in particolare
riguardo all'eventuale obbligo per gli Stati membri di adottare legislazioni
nazionali conformi all'articolo 4, paragrafo 1, citando le ragioni che possono
giustificare i divieti e le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro
tramite agenzie di lavoro interinale. A parere di BusinessEurope,
non sussisteva la necessità di riesaminare la direttiva, bensì di attuare
correttamente il suo articolo 4 negli Stati membri in cui permangono ostacoli
ingiustificati al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale. BusinessEurope
ha invitato la Commissione ad adottare una comunicazione interpretativa
sull'articolo 4 e a incoraggiare l'eliminazione di restrizioni ingiustificate
in raccomandazioni specifiche per paese, se del caso mediante l'avvio di
procedimenti di infrazione. Anche Eurociett non ha ritenuto necessario
riesaminare la direttiva, aggiungendo tuttavia che, qualora non fosse possibile
compiere progressi considerevoli nell'attuazione dell'articolo 4, potrebbe
valutare l'ipotesi di chiedere un riesame condizionale, limitato, di tale
articolo. L'UEAPME non ha rilevato la necessità di riesaminare la direttiva
nella fase attuale, mentre il CEEP ha segnalato l'esigenza di chiarire talune
misure nazionali di attuazione anziché la direttiva in sé. L'ETUC ha dichiarato che, a
causa del recepimento tardivo in vari Stati membri, era troppo presto per
decidere se fosse necessario riesaminare la direttiva. Ciononostante, ritiene
che le deroghe al principio della parità di trattamento siano molto
problematiche, in particolare l'articolo 5, paragrafo 2, quale applicato in
alcuni Stati membri. UNI-Europa è del parere che
la direttiva debba essere riesaminata. Ritiene che le deroghe di cui
all'articolo 5, paragrafi 3 e 4, debbano essere soppresse, in quanto violano
direttamente il principio della parità di trattamento. Inoltre, poiché la
direttiva non prevede limitazioni sulle missioni successive, occorre chiarire
il concetto di "ricorso abusivo" all'applicazione dell'articolo 5. 11. Conclusioni La direttiva è volta a
conseguire un giusto equilibrio tra, da un lato, il miglioramento della tutela
dei lavoratori tramite agenzia interinale, in particolare istituendo il
principio della parità di trattamento e, dall'altro, il sostegno del ruolo
positivo che il lavoro tramite agenzia interinale può svolgere fornendo
sufficiente flessibilità nel mercato del lavoro. La Commissione è consapevole
del grosso lavoro svolto per il recepimento della direttiva, in particolare
negli Stati membri in cui non esisteva una normativa che disciplinasse
specificamente il lavoro tramite agenzia interinale o in cui il principio della
parità di trattamento era riconosciuto nel diritto nazionale per la prima
volta. Dall'analisi soprariportata
emerge che, in generale, le disposizioni della direttiva sembrano essere state
attuate e applicate correttamente. Emerge anche, tuttavia, che il duplice
obiettivo della direttiva non è ancora stato pienamente raggiunto. Da un lato,
la misura in cui sono utilizzate alcune deroghe al principio della parità di
trattamento, in casi specifici, può aver portato ad una situazione in cui
l'applicazione della direttiva non ha effetti reali sul miglioramento della
tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale. Dall'altro, il riesame delle
restrizioni e dei divieti imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale è servito, nella maggior parte dei casi, a legittimare lo status quo
anziché essere uno stimolo per ripensare il ruolo del lavoro tramite agenzia in
mercati del lavoro moderni e flessibili. La Commissione continuerà a
seguire con attenzione l'applicazione della direttiva, tenendo conto dei futuri
sviluppi nei settori del diritto del lavoro e del lavoro tramite agenzia
interinale al fine di garantire l'opportuno conseguimento dei suoi obiettivi
nonché il completo e corretto recepimento delle sue disposizioni in tutti gli
Stati membri. In questo contesto, la Commissione lavorerà a stretto contatto
con gli Stati membri e le parti sociali nel gruppo di lavoro che seguirà l'applicazione
della direttiva e in altre sedi. La Commissione intende
inoltre affrontare gli eventuali problemi nell'applicazione della direttiva con
gli strumenti opportuni, compresi i procedimenti di infrazione, ove necessario.
Le denunce presentate alla Commissione nei confronti degli Stati membri nonché
le petizioni e le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di giustizia
possono a loro volta costituire un'importante fonte di informazioni riguardo
alle misure o alle pratiche nazionali che sarebbero incompatibili con la
direttiva. Nel contesto del semestre
europeo, se nella sua valutazione degli ostacoli nazionali all'attività delle
agenzie di lavoro interinale la Commissione individuerà determinati aspetti
relativi agli oneri normativi quali ostacoli alla crescita e alla
competitività, considererà l'ipotesi di includere raccomandazioni destinate
agli Stati membri interessati nelle misure specifiche per paese. Per quanto riguarda le
possibili modifiche della direttiva, occorre più tempo per acquisire esperienza
riguardo alla sua applicazione e per stabilire se ha pienamente raggiunto i
suoi obiettivi. Il termine fissato per il suo recepimento è scaduto nel
dicembre 2011 e alcune delle misure nazionali di attuazione della direttiva
sono state adottate solo nella primavera del 2013. Non esiste ancora una
giurisprudenza della Corte di giustizia sulla sua applicazione. In tale contesto e alla luce
della valutazione della Commissione sull'applicazione della direttiva, tenendo
conto dei pareri espressi dagli Stati membri e dalle parti sociali europee
durante il processo di consultazione relativo alla presente relazione, la
Commissione ritiene che in questa fase non siano necessarie modifiche. Accompagnano il documento di lavoro dei
servizi della Commissione: -
panoramica delle opzioni scelte dagli Stati membri per il recepimento della
direttiva negli ordinamenti giuridici nazionali; -
panoramica delle relazioni degli Stati membri sui risultati del riesame delle
restrizioni e dei divieti imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzia
interinale. [1] Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19
novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, GU L 327 del
5.12.2008, pag. 9. [2] Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376 del
27.12.2006, pag. 36. [3] Nessuna parte della presente relazione pregiudica la posizione che la
Commissione potrebbe adottare in futuro nell'ambito di eventuali azioni
giudiziarie. [4] In base alle disposizioni del trattato relative al mercato interno,
qualsiasi prestazione di servizi remunerata deve essere considerata un'attività
economica. Secondo la giurisprudenza della Corte, il servizio non deve
necessariamente essere pagato da coloro che ne beneficiano, ma la prestazione
del servizio implica l'esistenza di un corrispettivo economico. Le attività
svolte senza corrispettivo economico, dallo Stato o per conto dello Stato, nel
quadro dei suoi compiti nel campo sociale (ad esempio i corsi forniti nel
quadro del sistema di istruzione nazionale o in un istituto di insegnamento
superiore finanziato in gran parte con fondi pubblici) non costituiscono
un'attività economica (cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione
"Guida relativa all'applicazione ai servizi d'interesse economico
generale, e in particolare ai servizi sociali d'interesse generale, delle norme
dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, di "appalti
pubblici" e di "mercato interno" (SEC(2010) 1545 definitivo
del 7.12.2010), nella fattispecie i punti 6.1-6.3). [5] Il
rispetto della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992,
concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della
sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in
periodo di allattamento (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 1), della direttiva
2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006,
riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di
trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204
del 26.7.2006, pag. 23), della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29
giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000,
pag. 22) e della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che
stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16) non è
stato verificato nella presente relazione. [6] Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa
le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute
durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata
determinata o un rapporto di lavoro interinale, GU L 206 del 29.7.1991, pag.
19. [7] Su un totale di 995 partecipanti alla consultazione, di cui 768 erano
PMI stabilite nell'UE od organizzazioni che ne rappresentano gli interessi
nell'UE, 59 hanno considerato la direttiva 2008/104/CE uno dei più gravosi atti
legislativi dell'UE. [8] Documento di lavoro dei servizi della Commissione "Monitoraggio e
consultazione su una regolamentazione intelligente per le PMI" (SWD(2013)
60 definitivo) che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento
europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato
delle regioni "Legiferare con intelligenza – Rispondere alle esigenze
delle piccole e medie imprese" (COM(2013) 122 definitivo). [9] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio,
al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni
"Seguito dato dalla Commissione alla consultazione delle PMI ("TOP
10") sugli atti legislativi dell'UE", COM(2013) 446 definitivo del 18
giugno 2013. [10] Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese
di interesse economico generale. [11] Unione europea dell'artigianato e delle piccole e medie imprese. [12] Confederazione europea dei sindacati. [13]
Sentenza della Corte 11 aprile 2013, causa C–290/12, Oreste Della
Rocca/Poste Italiane SpA. [14] Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una
prestazione di servizi, GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.