16.7.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 226/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Ruolo e futuro delle libere professioni nella società civile europea del 2020» (parere d’iniziativa)

2014/C 226/02

Relatore: METZLER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

Ruolo e futuro delle libere professioni nella società civile europea del 2020  (1).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 febbraio 2014.

Alla sua 497a sessione plenaria, dei giorni 25 e 26 marzo 2014 (seduta del 25 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 210 voti favorevoli, 8 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il sistema delle libere professioni è, con i dovuti correttivi in campo sociale, in grado di recare in futuro un contributo essenziale alla prestazione di servizi altamente qualificati nel campo di «beni sociali» come la salute e più in generale di servizi per il pubblico, nonché alla tutela dei diritti dei cittadini e alla prosperità economica. Le libere professioni sono una componente di ogni società democratica e racchiudono un notevole potenziale di crescita per l’occupazione e il PIL.

1.2.

Il concetto unitario di «libere professioni» in alcuni Stati membri dell’UE non viene utilizzato, ma il sistema delle professioni corrispondenti, con gli annessi problemi sociali e le relative soluzioni, si ritrova in ogni paese dell’Unione. In questo settore, si lamentano in varia misura insufficienze nell’attuazione della vigilanza e della garanzia della qualità, che affondano generalmente le radici in un deficit di esecuzione e non rappresentano difetti sistemici.

1.3.

Sia la rules-based regulation («regolamentazione basata sulle norme») che la principles-based regulation («regolamentazione basata sui principi») sono idonee ad assicurare una disciplina ottimale delle libere professioni.

1.4.

La prestazione di servizi nell’ambito delle libere professioni è caratterizzata da un’asimmetria informativa tra i prestatori di servizi da un lato e i loro destinatari dall’altro. I servizi di questo settore riguardano aspetti essenziali per la vita, la salute e i diritti delle persone, oppure aspetti economici fondamentali. Per questo, il prestatore di tali servizi deve soddisfare requisiti professionali ed etici particolarmente elevati.

1.5.

In non pochi paesi, per alcune professioni sono imposti prezzi regolamentati, che possono essere utili allo scopo di proteggere i consumatori. I prezzi regolamentati necessitano di una giustificazione specifica e devono essere fissati in modo da corrispondere all’interesse pubblico e non a quello di una determinata categoria.

1.6.

In tutti gli Stati membri, le associazioni di categoria o gli ordini e collegi professionali rappresentano gli interessi della loro professione, contribuiscono, con funzione consultiva e in parte anche deliberante, all’elaborazione della normativa statale, e garantiscono, attraverso una continua e fattiva collaborazione con le istituzioni, anche la tutela degli interessi generali dei cittadini e dello Stato. La semplificazione amministrativa è una delle priorità dei liberi professionisti, i quali vi investono perciò ingenti risorse umane e finanziarie senza peraltro percepire alcuna forma di compenso a carico delle finanze dello Stato.

1.7.

Gli Stati membri dell’UE configurano e vigilano sull’autogoverno delle libere professioni sul proprio territorio. Al riguardo essi devono prevenire i conflitti tra diritto di regolamentazione e rappresentanza degli interessi, e garantire la soddisfazione delle aspettative dei consumatori per quanto riguarda competenza, etica e specificità dei prestatori di servizi.

1.8.

L’apporto delle libere professioni al buon andamento della vita amministrativa, politica ed economica di uno Stato membro è riconosciuto a livello nazionale ed europeo perché esse contribuiscono alla modernizzazione e all’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei servizi ai cittadini e ai consumatori.

1.9.

Il settore delle libere professioni riveste una cruciale importanza per le opportunità occupazionali offerte ai giovani che scelgono un futuro di libera imprenditorialità e investimento nelle proprie conoscenze. I titolari degli studi professionali devono rispettare le norme legislative e/o i contratti collettivi rispetto ai propri dipendenti, con i quali hanno un rapporto di lavoro subordinato, e rispetto ai giovani che presso di loro ricevono formazione professionale e svolgono la pratica professionale, un tirocinio o un percorso di specializzazione.

2.   Dalle artes liberales a prestatori di servizi basati sulle conoscenze

2.1.

Il concetto di «libera professione» è riconducibile a quello delle artes liberales, che in un passato ormai lontano designava attività come quelle dell’insegnante, dell’avvocato, del costruttore edile, dell’architetto o dell’ingegnere nonché del medico. In quel contesto socioprofessionale, l’esercizio delle artes liberales era appannaggio dei ceti cui appartenevano i liberi cittadini: la borghesia e la nobiltà.

2.2.

Dal XIX secolo, invece, il tratto distintivo della «libera professione» ha cessato di essere lo status personale di «cittadino nato libero», per risolversi invece nel tipo di attività esercitata.

2.3.

Fino all’inizio del XIX secolo, inoltre, determinate libere professioni avevano una particolare prossimità alla sfera statale. Ciò aveva impedito ai liberi professionisti di svolgere i loro compiti in modo indipendente, con la conseguenza di una ridotta considerazione sociale. Tale situazione riguardava in particolare gli avvocati, sulla cui nomina e sul cui trasferimento decidevano a volte i tribunali, ai quali competeva in certi casi anche l’esercizio della vigilanza sulla professione forense e del potere disciplinare.

2.4.

Sotto l’influenza del liberalismo, nel XIX secolo in diversi paesi oggi membri dell’UE si andò sviluppando nei liberi professionisti la consapevolezza di appartenere a uno specifico ceto, e sorsero organizzazioni professionali autonome, indipendenti dallo Stato: così, ad esempio, gli avvocati iniziarono a sottrarsi all’ingerenza statale, e anche la professione medica, ormai esercitata esclusivamente da persone con formazione universitaria, riuscì a ottenere una relativa libertà dalla disciplina e dai controlli statali sulla propria attività.

2.5.

In molti casi, compiti quali l’abilitazione all’esercizio della professione, l’ordinamento della professione e la vigilanza sulla stessa sono stati rilevati da organizzazioni professionali. In seguito, il potere di regolamentare le professioni è stato trasferito ai rispettivi organismi di autogoverno, che in certi casi sono ordini o collegi professionali.

2.6.

La nozione odierna di libera professione è una descrizione sociologica.

2.7.

Tra le caratteristiche di una libera professione figurano la prestazione di un servizio immateriale di elevato valore e dal carattere spiccatamente intellettuale sulla base di una formazione (universitaria) di alto livello, l’interesse pubblico del servizio prestato, l’indipendenza professionale ed economica nell’esercizio delle funzioni, la prestazione a titolo personale, sotto la propria responsabilità e in modo professionalmente indipendente, l’esistenza di un particolare rapporto di fiducia tra committente e prestatore di servizi, la prevalenza dell’interesse del prestatore a offrire un’assistenza ottimale rispetto all’interesse a ottenere il massimo guadagno e, infine, l’ottemperanza a regole professionali e deontologiche precise e rigorose.

2.8.

Un’attività può essere ascritta al novero delle libere professioni anche nel caso in cui, a dispetto della mancanza di determinate caratteristiche, i criteri essenziali risultino comunque soddisfatti. Così, in numerosi Stati, non costituisce un ostacolo all’attribuzione della qualità di libera professione il fatto che un’attività sia svolta in base a un rapporto di lavoro dipendente, a condizione che sia fatta salva l’indipendenza professionale. Il CESE constata attualmente in Europa, all’interno del sistema delle libere professioni, una tendenza alla diversificazione delle categorie professionali, come pure degli ordini, collegi o altre organizzazioni che ne disciplinano le attività. Nel concetto di libera professione devono pertanto farsi rientrare anche le nuove categorie professionali — ad esempio psicologi, assistenti sociali, consulenti fiscali, consulenti fallimentari, periti geometri o mediatori — che attualmente non in tutti i paesi sono considerate libere professioni.

2.9.

Il concetto di libera professione ha infatti una portata più o meno ampia a seconda dello Stato membro, e in alcuni paesi risulta addirittura assente. In alcuni Stati membri le libere professioni includono soltanto una ristretta cerchia di attività e figure professionali — professioni in ambito sanitario; attività di consulenza come quelle di avvocati, commercialisti e revisori dei conti, consulenti del lavoro; ingegneri ed architetti — mentre in altri, oltre a quelle menzionate, sono considerate libere professioni anche le attività artistiche.

2.10.

Tuttavia, a tutti gli Stati membri in egual misura spetta impedire che la caratteristica distintiva delle libere professioni, cioè l’asimmetria informativa tra prestatori e destinatari di servizi, venga sfruttata a favore dei primi. I servizi prestati dai liberi professionisti sono attività complesse, che richiedono un alto grado di competenze specialistiche. Al destinatario di tali servizi mancano quindi le informazioni, le conoscenze e l’esperienza sufficienti per giudicarne la qualità, sia al momento di sceglierne il prestatore sia ad erogazione del servizio avvenuta.

2.11.

Per questo, le libere professioni si basano sulla fiducia: nel quadro di questa asimmetria informativa, il destinatario del servizio deve fidarsi che il prestatore non sfrutti la situazione a proprio vantaggio, ma gli eroghi invece il miglior servizio possibile, commisurato alle sue necessità. In pratica, all’atto del conferimento dell’incarico, il destinatario del servizio opera una sorta di «apertura di credito». Standard professionali minimi e il rispetto di orientamenti deontologici sono gli strumenti adeguati per tutelare la fiducia del destinatario di un servizio.

3.   Regolamentazioni e relative finalità

3.1.

Nel disciplinare le libere professioni, gli Stati membri adottano essenzialmente due diverse tecniche di regolamentazione: una basata sui principi (principles-based regulation) ed una basata su norme proscrittive e prescrittive, che enunciano cioè divieti ed obblighi (rules-based regulation).

3.2.

La disciplina delle libere professioni comprende i requisiti morali per l’esercizio della professione e le norme di etica professionale della categoria, ed è dunque espressione della responsabilità sociale di tali professioni. La somma di tutte queste norme viene chiamata deontologia.

3.3.

La principles-based regulation è contraddistinta dalla formulazione di principi astratti di diritto professionale, che devono poi essere concretizzati caso per caso (outcomes-based regulation). L’esatta modalità con cui, nel caso specifico, gli obiettivi prefissati vengono raggiunti dal destinatario delle norme è invece rimessa alla discrezionalità di quest’ultimo. La rules-based regulation, per contro, ha un’impostazione basata sulla casistica.

3.4.

Entrambi questi approcci normativi presentano vantaggi e svantaggi, ma rispondono comunque al principio fondamentale della richiesta di consulenza e assistenza indipendente che viene dalla società. Al riguardo i problemi e le soluzioni possono cambiare nel tempo, il che rende necessario adeguare le regole vigenti o crearne di nuove.

3.5.

La progressiva verifica delle norme da parte dell’UE è quindi utile e dovrebbe essere introdotta anche a livello nazionale. In questo modo sarebbe possibile «liberare» certe vecchie professioni (ad esempio nell’edilizia) e introdurre, ove necessario, nuove norme per le libere professioni apparse più recentemente (ad esempio nel campo della raccolta di informazioni o nel settore creditizio).

4.   Aspetti economici

4.1.

Le libere professioni apportano un contributo significativo alla creazione e alla conservazione di importanti infrastrutture della società. Circa un lavoratore autonomo su sei è occupato in un settore dell’economia contraddistinto dall’esercizio di una libera professione, e la tendenza è alla crescita. Lo stesso si può dire per un lavoratore dipendente su sei.

4.2.

Nel periodo di riferimento 2008-2012 sono aumentati sia il numero che la proporzione delle lavoratrici autonome nei settori economici contraddistinti dall’esercizio di una libera professione. La loro quota si colloca attorno al 45 %, ed è quindi nettamente superiore alla quota di lavoratrici autonome nell’economia nel suo insieme (31,1 %).

4.3.

Il contributo dei settori economici contraddistinti dall’esercizio di una libera professione al prodotto interno lordo supera il 10 %. Il calo del valore aggiunto nell’anno di crisi 2009 è stato più contenuto in questi settori che nella somma di tutti i settori dell’economia dell’UE, come mostrano queste cifre: «consulenza aziendale» e «studi d’ingegneria» rispettivamente 6 00  000 e 5 50  000 imprese, «consulenza giuridica» e «revisione contabile», «studi di architettura», «pubblicità e indagini di mercato» rispettivamente 3 15  000 e 2 70  000.

4.4.

Considerate le potenzialità di crescita del settore e la quota di occupazione che esso rappresenta — costituita in gran parte da posti di lavoro stabili e altamente qualificati -, l’attività delle libere professioni dovrebbe essere riconosciuta e sostenuta nella sua chiara dimensione imprenditoriale. Il CESE si compiace che la Commissione riconosca i liberi professionisti come imprenditori a pieno titolo e intenda sostenerne il settore estendendo ad esso, ad esempio, i programmi intesi a favorire lo sviluppo e la competitività delle PMI. Un tale approccio presuppone che siano analizzate e migliorate le condizioni strutturali per l’esercizio delle libere professioni, come richiede del resto anche la direttiva sui servizi nel mercato interno. Le libere professioni non possono svilupparsi unicamente nella forma delle imprese individuali o del lavoro autonomo individuale. Esse devono invece prendere le distanze dal problema del lavoro autonomo fittizio.

5.   Questioni etiche e ricerca del profitto

5.1.

In tutti gli Stati membri, le libere professioni sono intrinsecamente associate a un interesse pubblico. I professionisti dei campi sanitario, psicologico e sociale assicurano il funzionamento di un’infrastruttura volta a salvaguardare la salute dell’intera popolazione.

I professionisti che si occupano di consulenza giuridica e fiscale contribuiscono, nello Stato di diritto democratico, a tutelare i diritti di libertà; e, unitamente alla categoria dei revisori dei conti, assicurano altresì il corretto svolgimento dei processi economici. Tali professioni sono dunque direttamente connesse anche ai diritti fondamentali.

5.2.

Il legame tra le libere professioni e l’interesse pubblico comporta al tempo stesso una precisa responsabilità etica. I professionisti che prestano consulenza giuridica e fiscale, nonché i revisori dei conti, rendono un servizio allo Stato di diritto e tutelano gli interessi patrimoniali dei loro assistiti. Gli assistenti sociali e gli psicologi garantiscono ai cittadini europei un contesto inclusivo e molto più sicuro dal punto di vista relazionale, psicologico e sociale. Gli architetti e gli ingegneri, dal canto loro, proteggono la collettività contro i rischi associati alle costruzioni edili e agli impianti tecnici e promuovono la capacità d’innovazione della società e la qualità della vita delle persone grazie allo sviluppo di infrastrutture e impianti tecnici e a nuove invenzioni tecnologiche. Chi esercita una professione artistica, invece, reca il suo contributo alla salvaguardia e alla creazione di beni culturali. Questo stato di cose, unito all’asimmetria informativa già descritta, rende necessari un alto grado di qualificazione e il rispetto di requisiti etici particolarmente elevati.

5.3.

Lo speciale legame tra le libere professioni e l’interesse collettivo, e i presupposti vincolanti che ne derivano per la prestazione dei servizi delle prime, rendono necessario apprestare una garanzia sotto forma di discipline professionali vincolanti e di un catalogo di norme deontologiche universalmente riconosciute relative a ciascuna professione. Un livello minimo di regolamentazione è pertanto previsto in tutti gli Stati membri. Il CESE raccomanda che tutti gli ordini e i collegi professionali e le associazioni dei liberi professionisti si dotino di codici e norme di deontologia e istituiscano commissioni deontologiche permanenti per ciascuna categoria professionale.

5.4.

Laddove non esistano ancora codici deontologici, le rappresentanze professionali dovrebbero formularli per il proprio Stato membro sotto forma di linee guida professionali non vincolanti. Inoltre, gli ordini, i collegi e le altre organizzazioni professionali dovrebbero elaborare codici deontologici europei volti a individuare e garantire a livello europeo gli elevati requisiti che le rispettive libere professioni sono tenute a soddisfare. L’elaborazione di codici di condotta è del resto incoraggiata dall’articolo 37 della direttiva sui servizi (2). Dall’importanza che i servizi prestati nell’esercizio delle libere professioni assumono per il committente, e dalla particolare fiducia che quest’ultimo deve nutrire nei confronti del prestatore, consegue inoltre la necessità che tali prestazioni siano effettuate in prima persona.

5.5.

Il rapporto di fiducia personale che deve instaurarsi tra il destinatario e il prestatore dei servizi, nonché il carattere strettamente personale degli interessi giuridici coinvolti, rendono imprescindibili una tutela giuridica del segreto professionale e il diritto del prestatore e dei suoi collaboratori di astenersi dal deporre, come anche un divieto di testimoniare per tali soggetti. Si tratta di principi caratterizzanti per uno Stato di diritto che tutela le libertà.

5.6.

Le prestazioni attinenti alle libere professioni che toccano ambiti di vitale importanza per la collettività devono assicurare una copertura capillare del territorio: ad esempio, l’assistenza medica, i servizi psicologici e sociali, le farmacie e l’assistenza legale devono essere disponibili anche nelle zone rurali.

5.7.

I suddetti requisiti presuppongono che i liberi professionisti facciano sempre prevalere la qualità del servizio sulla massimizzazione del profitto, conformemente ai principi etici che essi sono tenuti a rispettare.

5.8.

Lo sviluppo futuro della normativa sulle libere professioni non deve pertanto essere orientato unicamente da considerazioni di ordine economico. La garanzia di una prestazione di servizi ad ampio raggio, altamente qualificati e rispondenti ai massimi requisiti qualitativi deve essere l’obiettivo di ciascuna regolamentazione. Occorre sempre verificare se le normative esistenti siano idonee a garantire il raggiungimento degli scopi menzionati o se siano, in realtà, funzionali a interessi di altra natura.

6.   Requisiti attuali e futuri per le libere professioni e relativo profilo

6.1.

Occorre stabilire una definizione unica delle libere professioni che sia valida per tutta l’Europa. Tale definizione dovrebbe contenere soltanto le caratteristiche generali delle libere professioni e indicarne le diverse categorie. Inoltre, la presenza di una tale definizione non deve impedire il sorgere di nuove professioni. Come modello si potrebbe utilizzare la proposta di Carta delle libere professioni elaborata da diverse organizzazioni professionali europee su impulso del Council of European Dentists (Consiglio europeo dei dentisti).

6.2.

Ferme restando le istanze interprofessionali — organizzazioni nazionali e rappresentanze europee -, in ogni Stato membro dovrebbe essere istituita, per ogni libera professione, un’organizzazione professionale incaricata di raccogliere, pubblicare e sviluppare ulteriormente i principi deontologici pertinenti, laddove questi compiti non vengano già svolti dagli ordini e collegi professionali. Tale organizzazione, inoltre, dovrebbe anche avere il compito di assicurare il rispetto dei principi deontologici da parte della categoria che essa rappresenta.

6.3.

Gli elevati requisiti etici concernenti la prestazione di servizi nell’ambito delle libere professioni dovranno essere assicurati anche in futuro da linee guida concrete e principi etici chiaramente definiti; e a tal fine sarà possibile ricorrere a normative disciplinari professionali che prevedano sanzioni, così come a codici di condotta deontologici. In questo modo si potrà rafforzare la fiducia da parte dei consumatori.

6.4.

Oltre ad assicurare il soddisfacimento di requisiti professionali ed etici relativi ai servizi resi dai liberi professionisti, è necessario mantenere e accrescere la competitività e il potere innovativo delle libere professioni. La sfida con cui oggi i liberi professionisti devono confrontarsi è quella di sapersi rapportare con norme nazionali diverse tra loro e saper competere con colleghi di altri Stati membri nell’ambito di un mercato interno sempre più integrato.

6.5.

Le regolamentazioni professionali devono essere compatibili con le libertà fondamentali europee, e in particolare con la libertà di prestare servizi, la libertà di stabilimento e la libertà di circolazione. Tali norme devono quindi non avere effetti discriminatori, devono porsi rigorosamente al servizio dell’interesse pubblico e devono essere proporzionate, oltre a dover essere compatibili con il rispettivo diritto nazionale, che dovrebbe legare determinate funzioni a determinate qualifiche.

6.6.

La prestazione di servizi attinenti a una libera professione espone spesso beni giuridici strettamente personali dei destinatari di tali servizi ad una serie di rischi specifici. Un’esposizione a rischi, questa, che rende necessario regolamentare l’accesso alla professione e porre requisiti elevati per l’abilitazione al suo esercizio. Si tratta di esigere, oltre a una determinata formazione, anche altre caratteristiche personali come la buona reputazione, controlli sullo stato di salute o la rinuncia al contemporaneo esercizio di un’attività incompatibile. A livello UE, tale requisito è preso nella dovuta considerazione dalla direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (3), nonché da normative speciali quali le direttive sui medici e i dentisti, le direttive sugli avvocati (4) oppure la direttiva relativa alle revisioni legali dei conti annuali (5).

6.7.

In quasi tutti gli Stati membri, i liberi professionisti sono tenuti a un aggiornamento professionale con cadenza regolare (Continuing Professional Development — CPD). Vi sono però differenze quanto alla verifica delle misure di aggiornamento professionale e alle conseguenze in caso di omessa frequenza della formazione professionale prevista. Considerati la crescente complessità della materia, il progressivo sviluppo dei procedimenti tecnici in campo medico e tecnologico e la costante evoluzione delle norme giuridiche interne ed internazionali, sta alle singole libere professioni garantire l’effettivo aggiornamento professionale di tutti coloro che le esercitano.

6.8.

Nella maggior parte degli Stati membri, coloro che esercitano una libera professione possono stabilire quasi senza limiti collaborazioni professionali con persone che esercitano una professione diversa. In taluni Stati membri, però, la compagine sociale è circoscritta a una selezione di libere professioni, sono richieste determinate maggioranze in relazione ai soci, ai diritti di voto o agli amministratori, ed è esclusa la partecipazione al capitale da parte di terzi. Tali disposizioni costituiscono un possibile mezzo per evitare che l’esercizio di una professione siffatta sia guidato da obiettivi puramente economici.

6.9.

La partecipazione di membri di altre professioni a una società di liberi professionisti può generare conflitti in relazione alla tutela del segreto professionale e al diritto di invocarlo. In tali casi occorre garantire che il conferimento di un incarico a una società di liberi professionisti non vada a detrimento della tutela del committente, del cliente o del paziente. Tali frizioni possono essere efficacemente evitate circoscrivendo il numero dei soci.

7.   Tutela dei consumatori e autogoverno

7.1.

In tutti gli Stati membri le libere professioni sono governate dallo Stato e/o dagli ordini, collegi o altre organizzazioni professionali; in molti Stati membri il concetto di autogoverno in quanto principio organizzativo delle libere professioni è inestricabilmente connesso con l’idea di queste ultime.

7.2.

Per quanto concerne l’autogoverno, negli Stati membri si riscontrano attualmente due impostazioni differenti. In base a una di esse, le associazioni e gli ordini o collegi professionali si fanno portavoce degli interessi della rispettiva categoria in qualità di associazione volontaria. Essi svolgono una funzione di consulenza e contribuiscono in tal modo alla regolamentazione (statale) della rispettiva professione. Inoltre, mediante la stesura di codici deontologici esprimono la valutazione della rispettiva categoria riguardo agli standard cui attenersi nell’esercizio della professione. In base all’altra impostazione, gli ordini professionali, quale parte integrante dell’amministrazione statale indiretta, assumono inoltre compiti pubblici in materia di ammissione alla professione e di vigilanza professionale. L’autogoverno non si contrappone al «governo» statuale delle professioni, ma entrambi concorrono ad assolvere funzioni comuni.

7.3.

L’autogoverno delle libere professioni costituisce una mediazione tra il diritto dei liberi professionisti alla libertà dall’influenza statale sull’esercizio della professione e la pretesa di regolamentazione da parte dello Stato. La regolamentazione autonoma (autodisciplina) da parte di coloro che esercitano una determinata professione esprime il loro diritto alla libertà da interventi statali, ma costituisce nel contempo una garanzia dell’interesse pubblico, ed è dunque al servizio dei destinatari delle prestazioni e dei consumatori.

7.4.

Con l’autogoverno delle libere professioni viene recepito il principio di sussidiarietà, in base al quale le decisioni vanno prese al livello operativo più vicino possibile al cittadino. I rappresentanti di una determinata professione si contraddistinguono per la particolare competenza tecnica, e sono pertanto l’istanza più vicina possibile per la gestione e la regolamentazione della professione stessa. In questo modo si applica il principio del controllo della concorrenza.

7.5.

L’autogoverno e l’autoregolamentazione delle libere professioni limitano essi stessi l’esercizio della professione da parte dei suoi membri. Si tratta di atti di amministrazione statale indiretta che necessitano di un’attribuzione di competenze da parte dello Stato. A sua volta, qualsiasi autogoverno e autoregolamentazione delle libere professioni è vincolato al rispetto delle libertà fondamentali, del diritto nazionale nonché della normativa antitrust europea e nazionale.

7.6.

Presupposto per il funzionamento dell’autogoverno — nei paesi in cui quest’ultimo è ammesso dal diritto statale in vigore — è l’adesione obbligatoria del prestatore del servizio all’organizzazione professionale pertinente. Questo intervento nella libertà di esercizio della professione è giustificato da un interesse pubblico prevalente.

7.7.

Le norme sull’associazione obbligatoria devono essere formulate in modo tale da non pregiudicare la libertà della prestazione di servizi e la libertà di stabilimento. Strumenti idonei a questo scopo sono il riconoscimento delle iscrizioni professionali in un altro Stato membro o l’iscrizione (gratuita) nel caso in cui una persona sia già associata in un altro Stato membro dell’Unione europea.

7.8.

Anche nella prospettiva del 2020 si possono prevedere un rapporto conflittuale tra gli interessi statali e quelli individuali e la necessità di una consulenza e un’assistenza indipendenti. E si può prevedere che l’istituto della libera professione continuerà ad assolvere la sua funzione se potrà essere aggiornato ai tempi senza restringerne il nucleo essenziale, costituito da un vantaggio comparativo in termini di conoscenza, da indipendenza e trasparenza e dalla fiducia che ad esse consegue.

Bruxelles, 25 marzo 2014

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Nel quadro dell’elaborazione del parere, il CESE ha affidato all’Europäischen Zentrum für Freie Berufe (Centro europeo per le libere professioni) dell’Università di Colonia la realizzazione di uno studio intitolato The State of Liberal Professions Concerning their Functions and Relevance to European Civil Society (La situazione delle libere professioni: le loro funzioni e la loro rilevanza per la società civile europea) (EESC/COMM/05/2013, di prossima pubblicazione).

(2)  Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376, pag. 36 segg.

(3)  Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, GU L 255, pag. 22 segg.

(4)  Direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, GU L 78, pag. 17, e la direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, GU L 77, pag. 36.

(5)  Direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/CEE del Consiglio, GU L 157, pag. 87 segg.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni (articolo 39, paragrafo 2, del Regolamento interno)

a)   Punto 1.1

Modificare come segue:

 

1.1

Il sistema delle libere professioni è, con i dovuti correttivi in campo sociale, in grado di recare in futuro un contributo essenziale alla prestazione di servizi altamente qualificati nel campo dei di«beni sociali», come la salute e i servizi psicosociali, e più in generale dei servizi per il pubblico, nonché alla tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini e alla prosperità economica. Le libere professioni sono una componente di ogni società democratica e racchiudono un notevole potenziale di crescita per l'occupazione e il PIL, con una capacità di adattamento continua alle necessità dei cittadini europei.

Motivazione

Sarà esposta oralmente.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

56

Voti contrari

:

128

Astensioni

:

30

b)   Punto 6.9

Modificare come segue:

 

6.9

La partecipazione di membri di altre professioni a una società di liberi professionisti può generare conflitti in relazione alla tutela del segreto professionale e al diritto di invocarlo. In tali casi occorre garantire che il conferimento di un incarico a una società di liberi professionisti non vada a detrimento della tutela del committente, del cliente o del paziente. La riservatezza in quanto valore deontologico deve essere una priorità nell'esercizio di tutte le libere professioni. Tali frizioni possono essere efficacemente evitate circoscrivendo il numero dei soci rispettando i valori deontologici.

Motivazione

Sarà esposta oralmente.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

80

Voti contrari

:

116

Astensioni

:

27