Bruxelles, 6.6.2012

COM(2012) 280 final

2012/0150(COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE
e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010

(Testo rilevante ai fini del SEE)

{SWD(2012) 166 final}
{SWD(2012) 167 final}


RELAZIONE

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

La capacità delle autorità nazionali e unionali di gestire i problemi degli enti creditizi è stata messa a dura prova dalla crisi finanziaria. I mercati finanziari dell’Unione europea sono ormai integrati a tal punto che le crisi a livello nazionale in uno Stato membro possono trasmettersi rapidamente ad altri Stati membri.

In questo contesto, nell’ottobre 2010 la Commissione ha emanato una comunicazione 1 contenente piani per un quadro unionale per la gestione delle crisi nel settore finanziario. Il quadro fornirebbe alle autorità strumenti e poteri comuni ed efficaci per prevenire le crisi bancarie, salvaguardando la stabilità finanziaria e riducendo al minimo le perdite a carico del contribuente in caso di insolvenza.

A livello internazionale, i leader del G20 hanno sollecitato un riesame dei regimi di risoluzione delle crisi e del diritto fallimentare alla luce delle recenti esperienze, per garantire che essi consentano una liquidazione ordinata degli enti transfrontalieri grandi e complessi 2 . A Cannes, nel novembre 2011 hanno approvato il documento del Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board, FSB) “Caratteristiche essenziali dei regimi efficaci di risoluzione delle crisi per gli enti finanziari” (“caratteristiche essenziali”) 3 , che stabilisce gli elementi fondamentali che l’FSB reputa necessari ai fini di un regime efficace di risoluzione delle crisi e la cui attuazione dovrebbe consentire alle autorità di risolvere le crisi degli enti finanziari in maniera ordinata senza che ciò incida sul contribuente, che sarebbe altrimenti esposto a perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità, pur tutelando allo stesso tempo la continuità delle funzioni economiche fondamentali degli enti. Nel giugno 2012 il G20 dovrebbe iniziare i lavori di valutazione dei progressi compiuti nell’applicazione di queste disposizioni nei diversi paesi.

Nel giugno 2010 il Parlamento europeo ha adottato una relazione di iniziativa riguardante raccomandazioni sulla gestione transfrontaliera delle crisi nel settore bancario 4 , in cui sottolinea la necessità di un quadro unionale per la gestione delle banche in dissesto e raccomanda di procedere verso una maggiore integrazione e coerenza in materia di obblighi e meccanismi per la risoluzione delle crisi di enti transfrontalieri. Nel dicembre 2010 il Consiglio ECOFIN ha adottato conclusioni 5 in cui sollecita l’istituzione di un quadro unionale per la prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi, sottolineando che dovrebbe applicarsi alle banche di ogni dimensione, migliorare la collaborazione transfrontaliera e consistere di tre pilastri (misure preparatorie e preventive, intervento precoce e strumenti e poteri di risoluzione delle crisi). Questi ultimi dovrebbero “prefiggersi di preservare la stabilità finanziaria tutelando la fiducia dei cittadini e del mercato, porre in primo piano la prevenzione e la preparazione, fornire strumenti di risoluzione credibili, consentire un’azione veloce e decisa, attenuare l’azzardo morale e ridurre quanto più possibile i costi complessivi a carico dei fondi pubblici assicurando un’equa ripartizione degli oneri tra le parti interessate degli istituti finanziari, contribuire a una risoluzione ordinata dei gruppi transfrontalieri, garantire la certezza giuridica, e limitare le distorsioni della concorrenza.”

Inoltre un gruppo ad alto livello deve presentare alla Commissione, nella seconda metà del 2012, una relazione in cui esamina se l’adozione, in aggiunta alle riforme della regolamentazione attualmente in corso, di riforme strutturali delle banche unionali rafforzerebbe la stabilità finanziaria e migliorerebbe l’efficienza e la protezione dei consumatori 6 . Le proposte del gruppo saranno valutate separatamente una volta completati i lavori.

Infine, il 30 maggio 2012 la Commissione ha indicato che avvierà un processo per «definire le tappe principali verso un’unione economica e monetaria» «consistenti tra l’altro, nella transizione verso un’unione bancaria, comprendente una vigilanza finanziaria integrata e un regime unico di garanzia dei depositi» 7 .

2.ESITO DELLA CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONI DELL’IMPATTO

Nel periodo tra il 2008 e il 2012 i servizi della Commissione hanno organizzato una serie di consultazioni e discussioni con esperti e portatori di interesse riguardanti il risanamento e la risoluzione delle crisi delle banche. Nel quadro dell’ultima consultazione pubblica prima dell’adozione della proposta, nel gennaio 2011 è stato pubblicato un documento di lavoro dei servizi della Commissione che descrive nel dettaglio le opzioni potenziali considerate dai servizi della Commissione. La consultazione si è conclusa il 3 marzo 2011. Nell’aprile 2012 sono state organizzate, con esperti degli Stati membri, del settore bancario, del mondo accademico e di studi legali, discussioni mirate in merito ad uno degli strumenti di risoluzione delle crisi, il cosiddetto strumento di bail-in o di riduzione del debito, che si sono concentrate sui parametri fondamentali dello strumento di riduzione del debito, incluse in particolare le soglie per l’attivazione della risoluzione, la portata del bail-in, il suo livello minimo potenziale, la risoluzione delle crisi dei gruppi nonché il grandfathering. I documenti relativi alle consultazioni pubbliche sono disponibili sul sito internet della Commissione europea 8 .

Su questa base la Commissione europea ha preparato la presente proposta legislativa, nonché una valutazione d’impatto della proposta, consultabile sul suo sito internet 9 .

Sono state prese in considerazione le osservazioni espresse dal comitato per la valutazione d’impatto nel suo primo e secondo parere del maggio e giugno 2011. Inoltre il testo della valutazione d’impatto è stato aggiornato per riflettere gli ultimi sviluppi nei forum internazionali ed incorporare i risultati delle discussioni sullo strumento del bail-in svoltesi nell’aprile 2012. In concreto, la valutazione d’impatto riveduta migliora la presentazione del contesto giuridico e istituzionale descrivendo le responsabilità delle autorità di vigilanza e di risoluzione delle crisi nazionali e le relazioni tra la proposta di bail-in e i previsti requisiti della CRD IV. Essa spiega meglio il contenuto delle opzioni, in particolare di quella relativa allo strumento di bail-in/riduzione del debito, nonché gli effetti dello strumento di bail-in sui costi di finanziamento delle banche e delle imprese non finanziarie (PMI). È stata inserita una sezione relativa alla coerenza della proposta con altre proposte di regolamentazione e sono state infine ulteriormente chiariti i meccanismi di monitoraggio e valutazione identificando gli indicatori più rilevanti da monitorare.

Le conclusioni della valutazione d’impatto sono le seguenti:

La proposta di un quadro unionale di risoluzione delle crisi per il settore bancario raggiungerà gli obiettivi di rafforzare la stabilità finanziaria, ridurre l’azzardo morale, tutelare i depositanti e i servizi bancari essenziali, risparmiare denaro pubblico e proteggere il mercato interno degli enti finanziari.

Il quadro dovrebbe avere un impatto sociale positivo: in primo luogo perché riduce la probabilità di una crisi sistemica del settore bancario ed evita le perdite di welfare economico che fanno seguito a una crisi bancaria, e in secondo luogo perché riduce al minimo l’esposizione del contribuente a perdite derivanti dal sostegno agli enti in stato di insolvenza.

I costi per la messa in opera di un simile quadro derivano da un eventuale aumento dei costi di finanziamento per gli enti, a causa della rimozione dell’implicito sostegno statale, e dai costi relativi ai fondi di risoluzione delle crisi. Gli enti potrebbero trasferire tali costi maggiorati ai clienti o agli azionisti, facendo scendere i tassi sui depositi, aumentando i tassi sui prestiti e le commissioni bancarie o riducendo il rendimento del capitale. Tuttavia, la concorrenza potrebbe ridurre la capacità delle banche di trasferire la totalità dei costi. I vantaggi potenziali del quadro in termini di welfare economico a lungo termine, derivanti dalla riduzione della probabilità di una crisi sistemica, sono sostanzialmente più elevati del costo potenziale.

3.spiegazione generale: un quadro di risanamento e risoluzione delle crisi

La necessità di un quadro di risanamento e risoluzione delle crisi efficace

Le banche e le imprese di investimento (nel seguito “enti”) forniscono servizi fondamentali ai cittadini, alle imprese e all’economia nel suo insieme (raccolta dei depositi, erogazione dei prestiti e gestione dei sistemi di pagamento). Un elemento fondamentale per l’attività di questi enti è la fiducia e tali enti possono trovarsi rapidamente in crisi se i loro clienti e le loro controparti perdono la fiducia nella loro capacità di soddisfare i loro obblighi. In caso di fallimento le banche dovrebbero essere liquidate in base alle procedure di insolvenza ordinarie. Tuttavia, le interdipendenze esistenti tra gli enti creano il rischio di una crisi sistemica quando i problemi di una banca possono estendersi a cascata all’intero sistema. A causa di questo rischio sistemico e dell’importante funzione svolta dagli enti, le procedure ordinarie di insolvenza potrebbero non essere appropriate in alcuni casi e l’assenza di strumenti efficaci per la gestione degli enti in crisi ha richiesto troppo spesso l’impiego di fondi pubblici per ripristinare la fiducia in enti anche relativamente piccoli in modo da impedire che un effetto domino di enti in dissesto danneggi seriamente l’economia reale.

Di conseguenza è necessario un quadro politico efficace per gestire i fallimenti bancari in modo ordinato ed evitare il contagio ad altri enti. La finalità di tale quadro sarebbe fornire alle autorità competenti strumenti e poteri comuni ed efficaci per prevenire le crisi bancarie, salvaguardando la stabilità finanziaria e riducendo al minimo le perdite a carico del contribuente.

Preparazione e prevenzione, intervento precoce e risoluzione delle crisi

A tal fine la gamma di poteri a disposizione delle autorità pertinenti dovrebbe consistere di tre elementi: i) misure preparatorie e piani per ridurre al minimo i rischi di problemi potenziali (preparazione e prevenzione 10 ); ii) in caso di problemi incipienti, i poteri di arrestare il deterioramento della situazione della banca in fase precoce in modo da evitare l’insolvenza (intervento precoce); e iii) se l’insolvenza di un ente suscita preoccupazioni per quanto riguarda l’interesse pubblico (ai sensi degli articoli 27 e 28), uno strumento chiaro per risanare o liquidare la banca in modo ordinato preservando le sue funzioni essenziali e limitando al massimo l’esposizione dei contribuenti alle perdite in caso di insolvenza (risoluzione delle crisi). Nel loro complesso questi poteri costituiscono un quadro efficace per il risanamento e, laddove appropriato, la risoluzione delle crisi degli enti. Poiché la misura in cui una singola banca costituisca un rischio per la stabilità finanziaria non può essere accertata in anticipo, le autorità pertinenti dovrebbero disporre di tali poteri in relazione a qualsiasi banca, indipendentemente dalle dimensioni e dalla portata delle relative attività.

Risoluzione delle crisi – un regime speciale per gli enti in materia di insolvenza

Nella maggior parte dei paesi, le società bancarie e non bancarie in difficoltà finanziarie sono soggette a procedure di insolvenza ordinarie, che consentono o il risanamento della società (che implica una riduzione, concordata con i creditori, del suo debito) o la sua liquidazione e l’imputazione delle perdite ai creditori o entrambe le cose. In tutti i casi i creditori e gli azionisti non sono rimborsati appieno. Tuttavia l’esperienza di diverse crisi bancarie indica che le leggi in materia di insolvenza non sono sempre adatte a far fronte in modo efficiente al fallimento di enti finanziari in quanto non tengono conto adeguatamente della necessità di evitare distorsioni della stabilità finanziaria, mantenere servizi essenziali o proteggere i depositanti. In aggiunta le procedure di insolvenza sono lunghe e, in caso di risanamento, richiedono negoziati ed accordi complessi con i creditori, a potenziale detrimento dei debitori e dei creditori in termini di ritardi, costi e risultati.

La risoluzione delle crisi costituisce un’alternativa alle procedure ordinarie di insolvenza e offre i mezzi per ristrutturare o liquidare una banca in dissesto e il cui fallimento creerebbe preoccupazioni sotto il profilo dell’interesse pubblico (in quanto minaccerebbe la stabilità finanziaria, la continuità delle funzioni essenziali di una banca e/o la sicurezza dei depositi, delle attività dei clienti e dei fondi pubblici) 11 . Di conseguenza, la risoluzione delle crisi dovrebbe consentire di raggiungere, per gli enti, risultati analoghi a quelli delle procedure di insolvenza ordinarie tenuto conto delle regole unionali in materia di aiuti di Stato, in termini di imputazione delle perdite ad azionisti e creditori, salvaguardando nel contempo la stabilità finanziaria e limitando le perdite accollate ai contribuenti chiamati a finanziare le misure di sostegno alla solvibilità. Nel processo dovrebbe essere altresì garantita la certezza giuridica, la trasparenza e la prevedibilità per quanto riguarda il trattamento degli azionisti e dei creditori delle banche e dovrebbe essere preservato un valore che potrebbe essere altrimenti distrutto nella bancarotta. Inoltre, eliminando la certezza implicita del salvataggio pubblico degli enti, l’opzione della risoluzione delle crisi dovrebbe incoraggiare i creditori non assicurati a valutare meglio il rischio connesso ai loro investimenti. Inoltre, per poter centrare gli obiettivi globali del quadro di risoluzione delle crisi occorre che i relativi meccanismi di finanziamento nazionali siano in linea con le regole sugli aiuti di Stato.

Trovare un punto di equilibrio tra la prevedibilità per gli investitori e la discrezionalità per le autorità

Per salvaguardare i diritti di proprietà esistenti, la risoluzione della crisi dovrebbe essere avviata quando la banca è molto vicina all’insolvenza, ovvero sull’orlo del fallimento. Tuttavia il giudizio sul punto di avvio della risoluzione della crisi può dipendere da diverse variabili e fattori collegati alle condizioni di mercato prevalenti o a questioni specifiche di liquidità o solvibilità, il che implica la necessità di un certo grado di discrezionalità per l’autorità di risoluzione delle crisi. Analogamente, le azioni concrete da adottare nel quadro della risoluzione non dovrebbero essere predeterminate per qualsiasi banca, ma dovrebbero essere adottate piuttosto sulla base delle circostanze concrete.

Un quadro unionale con strumenti, principi e procedure omogenee è necessario per garantire una convergenza adeguata nelle modalità di attuazione da parte delle autorità nazionali. Nel delineare questo quadro occorre trovare un equilibrio tra la necessità di lasciare alle autorità di vigilanza la discrezionalità per tenere conto delle specificità di ciascun caso e la necessità di garantire parità di condizioni operative e preservare l’integrità del mercato unico. L’Autorità bancaria europea (ABE) dovrebbe essere investita di un ruolo chiaro, consistente nell’emanazione di orientamenti e norme tecniche che consentano un’applicazione uniforme dei poteri di risoluzione delle crisi, nella partecipazione alla pianificazione della risoluzione delle crisi di enti transfrontalieri e nello svolgimento di una mediazione vincolante tra le autorità di vigilanza nazionali in caso di disaccordi sull’applicazione del quadro.

Infine, il buon esito della risoluzione delle crisi presuppone l’impiego di fondi sufficienti, ad esempio per l’emissione di garanzie o l’erogazione di prestiti a breve termine, volti a far sì che le parti essenziali di un’entità soggetta a risoluzione della crisi ritornino ad essere economicamente sostenibili. Questi fondi dovrebbero essere forniti in linea di massima dal settore bancario in modo equo e proporzionato e - nella misura del possibile, tenuto conto del costo economico - in anticipo. Considerate nel loro complesso, queste misure garantiscono che, a prescindere dall’azione di risoluzione della crisi intrapresa, i costi siano sostenuti principalmente dagli enti stessi e dai loro proprietari e investitori.

Il mercato interno – Trattamento dei gruppi transfrontalieri

I gruppi transfrontalieri sono composti da enti stabiliti in diversi Stati membri. Il quadro di risoluzione delle crisi riconosce l’esistenza di gruppi transfrontalieri in Europa come uno dei fattori trainanti per l’integrazione dei mercati finanziari dell’Unione. Esso stabilisce regole speciali per i gruppi transfrontalieri per quanto riguarda la preparazione e la prevenzione (articoli 7, 8, 11, 12 e 15), l’intervento precoce (articolo 25) e la fase di risoluzione della crisi (articoli da 80 a 83) nonché il trasferimento delle attività tra entità affiliate ad un gruppo in periodi di dissesto finanziario (articoli da 16 a 22).

Le regole sui gruppi mirano ad equilibrare l’esigenza di garantire che la risoluzione della crisi sia efficace per il gruppo nel suo insieme con la necessità di proteggere la stabilità finanziaria sia negli Stati membri in cui opera il gruppo che nell’Unione. Dotarsi di metodi efficaci per la risoluzione delle crisi dei gruppi transfrontalieri è l’unico modo per assicurare la stabilità finanziaria dell’Unione e migliorare di conseguenza il funzionamento del mercato interno anche in tempi di crisi. In particolare, e senza trascurare le garanzie necessarie per gli Stati membri ospitanti, attribuendo un ruolo preminente all’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo dovrebbe essere assicurata una risoluzione efficiente e rapida che minimizzi la perdita di valore per il gruppo.

Nonostante il ruolo preminente attribuito all’autorità di risoluzione a livello di gruppo, gli interessi delle autorità di risoluzione delle crisi ospitanti saranno sufficientemente presi in considerazione grazie: a) alla conclusione di intese di cooperazione tra le autorità di risoluzione delle crisi tramite la creazione di collegi di tali autorità; b) al riconoscimento che occorre tenere conto della stabilità finanziaria in tutti gli Stati membri quando si prendono decisioni in materia di gruppi; c) alla definizione di un chiaro processo decisionale che consenta a tutte le autorità di manifestare le proprie opinioni, garantendo nel contempo che venga presa una decisione unica in materia di risoluzione delle crisi di un gruppo; e d) grazie all’istituzione di meccanismi per la composizione dei conflitti tra le autorità di risoluzione delle crisi (mediazione dell’ABE).

L’ABE 12 svolgerà un ruolo di mediazione vincolante, come previsto dal regolamento (UE) n. 1093/2010, in particolare dall’articolo 19. In questo contesto si applicano tutte le regole pertinenti di tale regolamento, compresi l’articolo 38 e l’articolo 44, paragrafo 1.

Tutti questi meccanismi dovrebbero garantire che la risoluzione delle crisi di un gruppo, o il sostegno finanziario tra enti affiliati, non vada a detrimento di alcuna parte del gruppo e che non sia trascurata la stabilità finanziaria dello Stato membro in cui è ubicata una filiazione.

4.ELEMENTI GIURIDICI DELLA PROPOSTA

4.1.Base giuridica

La base giuridica della presente proposta è l’articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che consente l’adozione di misure di ravvicinamento delle disposizioni nazionali che hanno per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno.

La proposta armonizza le leggi nazionali sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento per quanto necessario a garantire che gli Stati membri siano in possesso dei medesimi strumenti e delle medesime procedure per affrontare dissesti sistemici. In questo modo, il quadro armonizzato dovrebbe promuovere la stabilità finanziaria nel mercato interno assicurando una capacità minima di risoluzione delle crisi degli enti in tutti gli Stati membri e agevolando la cooperazione tra le autorità nazionali quando si trovano ad affrontare il dissesto di gruppi bancari transfrontalieri.

L’articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea costituisce pertanto la base giuridica appropriata.

4.2.Sussidiarietà

In virtù del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.

Solo un intervento a livello dell’Unione può garantire che gli Stati membri applichino misure sufficientemente compatibili quando si occupano di banche in dissesto. Sebbene il settore bancario dell’Unione sia fortemente integrato, i dispositivi di gestione delle crisi bancarie hanno carattere nazionale e si differenziano fortemente l’uno dall’altro. Attualmente, molti ordinamenti giuridici nazionali non conferiscono alle autorità i poteri necessari a procedere a una riduzione ordinata delle attività degli enti finanziari preservando contemporaneamente i servizi essenziali alla stabilità finanziaria e riducendo al minimo l’esposizione dei contribuenti a perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità. Norme nazionali divergenti mal si prestano ad affrontare adeguatamente il problema della dimensione transfrontaliera delle crisi, complicando le intese di cooperazione tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro ospitante.

Inoltre, differenze significative tra le procedure nazionali per la risoluzione delle crisi potrebbero portare a rischi inaccettabili per la stabilità finanziaria e mettere a rischio l’efficace risoluzione delle crisi dei gruppi transfrontalieri. Dato che l’introduzione di meccanismi per la risoluzione delle crisi a livello di Unione richiede una forte armonizzazione delle pratiche e procedure nazionali, è opportuno che l’Unione proponga le necessarie azioni legislative. La risoluzione delle crisi è tuttavia strettamente legata a settori non armonizzati della legislazione nazionale, come il diritto in materia di insolvenza e di proprietà. Pertanto, la direttiva è lo strumento giuridico appropriato in quanto è necessario il suo recepimento per garantire che il quadro sia attuato in un modo da consentire il raggiungimento dell’effetto desiderato, all’interno delle specificità della pertinente legislazione nazionale.

4.3.Proporzionalità

In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi stabiliti dai trattati.

In linea di principio, una banca in dissesto è soggetta alle procedure ordinarie di insolvenza, come qualsiasi altra attività d’impresa. Il settore bancario, tuttavia, è diverso dalla maggior parte delle altre attività d’impresa in quanto svolge funzioni determinanti nel sistema economico ed è particolarmente vulnerabile alle crisi sistemiche. Date queste caratteristiche, la liquidazione di una banca può avere conseguenze più gravi rispetto all’uscita dal mercato di altre imprese. Ciò può giustificare il ricorso a norme e procedure speciali in caso di crisi bancaria.

Dato che l’importanza sistemica del dissesto di una banca non può essere preventivamente determinata con certezza, il quadro proposto per la gestione della crisi è in linea di principio applicabile a tutti gli enti creditizi, a prescindere dalla loro dimensione e complessità. Se è certo che il fallimento di un ente la cui dimensione, importanza sul mercato e interconnessione sono di livello mondiale provocherebbe una grave perturbazione nel sistema finanziario globale e conseguenze economiche negative in diversi paesi, è chiaro anche che il fallimento simultaneo, nel quadro di una crisi diffusa, di molti piccoli enti che costituiscono una parte significativa del settore bancario di un paese potrebbe avere sull’economia effetti altrettanto devastanti. Il quadro assicura pertanto che le autorità di vigilanza e di risoluzione delle crisi siano dotate di regole e procedure speciali per gestire efficacemente il dissesto di qualsiasi tipo di banca in caso di rischio sistemico. Tuttavia, nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione delle crisi e nel ricorso ai vari strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità nazionali tengano conto del rischio, delle dimensioni e delle interconnessioni dell’ente accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato.

Le disposizioni sono pertanto proporzionate rispetto agli obiettivi preposti. Inoltre, le limitazioni del diritto di proprietà che l’esercizio dei poteri proposti può comportare devono essere in linea con la Carta dei diritti fondamentali, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia dell’Unione europea. È per questo motivo che il punto d’avvio della procedura di risoluzione delle crisi dovrebbe essere il più possibile prossimo all’insolvenza e l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi dovrebbe limitarsi a quanto necessario per conseguire un obiettivo di interesse generale, segnatamente il mantenimento della stabilità finanziaria nell’Unione.

4.4.Presentazione dettagliata della proposta

4.4.1.Oggetto e ambito di applicazione (articolo 1)

La proposta affronta la gestione (preparazione, piani di risanamento e risoluzione) delle crisi, in relazione a tutti gli enti creditizi e ad alcune imprese di investimento. L’ambito di applicazione della proposta è identico a quello della direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD) 13 , che armonizza i requisiti prudenziali per gli enti finanziari appartenenti ad un gruppo bancario e le imprese di investimento. Le imprese di investimento devono far parte del quadro poiché, come è stato dimostrato dal caso Lehman Brothers, un loro fallimento può avere gravi conseguenze sistemiche. È altresì opportuno che i poteri delle autorità di risoluzione della crisi si applichino anche alle società di partecipazione quando uno o più enti creditizi o imprese d’investimento filiazioni soddisfano le condizioni per la risoluzione della crisi e l’applicazione degli strumenti e dei poteri di risoluzione delle crisi all’entità madre è necessaria ai fini della risoluzione della crisi di una o più delle sue filiazioni oppure del gruppo nel complesso.

4.4.2.Autorità preposte alla risoluzione delle crisi (articolo 3)

La proposta prevede che gli Stati membri conferiscano poteri di risoluzione delle crisi ad autorità amministrative pubbliche per garantire che gli obiettivi previsti possano essere raggiunti in modo tempestivo. La proposta non precisa l’autorità specifica da nominare in qualità di autorità preposta alla risoluzione delle crisi, in quanto ciò non è necessario per garantire un’efficace risoluzione e interferirebbe con le disposizioni costituzionali e amministrative dei singoli Stati membri. Ciascuno Stato membro è pertanto libero di designare in qualità di autorità preposta alla risoluzione, ad esempio, la banca centrale nazionale, l’autorità di vigilanza finanziaria, il sistema di garanzia dei depositi, il ministero delle finanze o un’autorità speciale.

Le autorità preposte alla risoluzione delle crisi devono possedere adeguate competenze e risorse per gestire procedure di risoluzione di banche a livello nazionale e transfrontaliero. Vista la probabilità di conflitto di interessi, la separazione funzionale delle attività di risoluzione dalle altre attività delle autorità designate è obbligatoria.

4.4.3.Piani di risanamento e di risoluzione delle crisi (articoli da 5 a 13)

Il ricorso ad azioni tempestive basate sui piani di risanamento può evitare che i problemi si aggravino e ridurre i rischi di dissesto bancario. Gli enti saranno tenuti a redigere piani di risanamento che stabiliscono modalità e misure che consentano di intervenire in fase precoce per ripristinarne la sostenibilità economica a lungo termine in caso di grave deterioramento della loro situazione finanziaria. I gruppi dovranno elaborare piani sia a livello di gruppo che per i singoli enti facenti parte del gruppo. Le autorità di vigilanza valuteranno e approveranno i piani di risanamento.

I piani di risoluzione delle crisi consentiranno di applicare i meccanismi di risoluzione ad un ente riducendo al minimo l’esposizione del contribuente alle perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità, pur tutelando le funzioni economiche fondamentali. Il piano di risoluzione della crisi, elaborato in tempi normali dalle autorità preposte alla risoluzione delle crisi in cooperazione con le autorità di vigilanza, stabilirà le opzioni a disposizione per la risoluzione della crisi dell’ente a partire da vari scenari, inclusa una crisi sistemica. Tali piani dovrebbero comprendere dettagli sull’applicazione degli strumenti di risoluzione e su come garantire la continuità delle funzioni essenziali. Un piano di risoluzione della crisi di un gruppo dovrà includere sia un piano di risoluzione per il gruppo sia i singoli piani per gli enti al suo interno.

4.4.4.Poteri di affrontare o eliminare impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi (articoli da 14 a 16)

Sulla base del piano di risoluzione delle crisi, le autorità preposte alla risoluzione valutano la possibilità di risoluzione delle crisi per un ente o un gruppo. Se le autorità preposte alla risoluzione delle crisi individuano ostacoli significativi che si frappongono alla risoluzione delle crisi di un ente o di un gruppo, avranno il potere di obbligare l’ente o il gruppo ad adottare misure opportune per agevolare la risoluzione delle crisi.

Tali provvedimenti possono includere: ridurre la complessità, grazie a modifiche alla struttura giuridica od operativa, per garantire che le funzioni essenziali siano giuridicamente ed economicamente separate da altre funzioni; elaborare accordi sui livelli di servizio per garantire la prestazione delle funzioni essenziali; stabilire dei limiti per le esposizioni singole o aggregate; imporre requisiti in materia di segnalazione; limitare o cessare le attività esistenti o proposte; restringere o impedire lo sviluppo di nuove aree di attività o prodotti; emettere ulteriori strumenti di capitale convertibili.

La valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi per i gruppi si fonda sul coordinamento, la consultazione e la valutazione congiunta tra le autorità preposte alla risoluzione delle crisi dei gruppi, le autorità preposte alla risoluzione delle crisi delle filiazioni, altre autorità competenti pertinenti e l’ABE.

Il ruolo dell’ABE sarà determinante per garantire che la valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi e l’uso di poteri di intervento preventivo da parte delle autorità competenti siano applicati uniformemente in tutti gli Stati membri. Concretamente, l’ABE dovrà elaborare norme tecniche che definiscano i parametri necessari per analizzare l’impatto sistemico dei piani di risoluzione delle crisi e norme tecniche che specifichino gli aspetti da esaminare per valutare la possibilità di risolvere le crisi di un ente o di un gruppo.

4.4.5.Sostegno finanziario intragruppo (articoli da 17 a 23)

La proposta mira a superare le attuali restrizioni giuridiche al sostegno finanziario da parte di un’entità di un gruppo a favore di un’altra entità. Gli enti che operano all’interno di un gruppo potranno concludere accordi per fornire sostegno finanziario (in forma di prestiti, di garanzie o di conferimenti di attività utilizzabili in qualità di garanzia per operazioni) ad altre entità del gruppo in difficoltà finanziarie. La fornitura tempestiva di un simile sostegno finanziario può far fronte all’insorgere di problemi finanziari all’interno dei singoli membri del gruppo. L’accordo potrà essere approvato preventivamente dalle assemblee degli azionisti di tutte le entità partecipanti, secondo quanto previsto dalla normativa nazionale, e autorizzerà gli organi di gestione a fornire un sostegno finanziario, se necessario, entro i termini dell’accordo. Su questa base vi sarà maggiore certezza giuridica in quanto risulteranno chiare la tempistica e la modalità di fornitura del sostegno finanziario. Gli accordi sono volontari e consentono ai gruppi bancari di stabilire se le loro modalità siano nell’interesse del gruppo (un gruppo può essere più o meno integrato e perseguire in modo più o meno deciso una strategia comune) e di individuare le imprese che dovrebbero essere coinvolte nell’accordo (può essere opportuno escludere le imprese che esercitano attività più rischiose).

A titolo di tutela, l’autorità di vigilanza dell’ente trasferente avrà il potere di vietare o limitare il sostegno finanziario secondo l’accordo, se tale trasferimento mette a repentaglio la liquidità o solvibilità del trasferente o la stabilità finanziaria.

4.4.6.Intervento precoce – Amministrazione speciale (articoli da 23 a 26)

La proposta amplia i poteri delle autorità di vigilanza in modo che possano intervenire in una fase precoce in caso di deterioramento della situazione finanziaria o della solvibilità di un ente. I poteri contemplati nella proposta integrano quelli conferiti alle autorità di vigilanza di cui all’articolo 136 della direttiva sui requisiti patrimoniali. Questi poteri non derogano ai diritti o agli obblighi procedurali stabiliti in conformità al diritto societario.

I poteri di intervento precoce comprendono la possibilità di richiedere all’ente di attuare le disposizioni e le misure previste nel piano di risanamento; elaborare un programma d’azione e un calendario per la sua attuazione; convocare direttamente un’assemblea degli azionisti, o richiedere all’organo di gestione di convocarla, proponendo l’ordine del giorno e l’adozione di talune decisioni; richiedere all’ente di elaborare un piano per la ristrutturazione dei debiti con i creditori.

Inoltre, quando si ritiene che la solvibilità di un ente sia ad un livello di rischio sufficientemente elevato da giustificarlo, l’autorità di vigilanza avrà il potere di nominare un amministratore straordinario per un periodo limitato. Compito principale dell’amministratore straordinario è risanare la situazione finanziaria dell’ente e provvedere a una sana e prudente gestione della sua attività. Un amministratore straordinario sostituirà l’alta dirigenza dell’ente e ne assumerà tutti i poteri, senza pregiudicare i diritti degli azionisti ordinari. Il potere di nominare un amministratore speciale costituirà un elemento di disciplina per la dirigenza e gli azionisti e rappresenterà un mezzo per promuovere soluzioni mutuate dal settore privato a problemi che, se non affrontati, potrebbero portare al dissesto di un ente.

4.4.7.Condizioni per la risoluzione delle crisi (articolo 27)

La proposta stabilisce parametri comuni per le soglie di applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi. Le autorità possono intervenire quando un ente è insolvente o molto vicino a diventarlo nella misura in cui il non intervento comporta l’insolvenza dell’ente in un prossimo futuro.

Al tempo stesso, è necessario garantire il ricorso a misure invasive solo quando l’interferenza con i diritti degli azionisti sia giustificata. Quindi, il ricorso alle misure di risoluzione delle crisi è giustificabile solo quando l’ente è in dissesto, o vi è la probabilità che lo sia, e non c’è altra soluzione per un risanamento entro limiti di tempo accettabili. Inoltre, il ricorso a misure di risoluzione delle crisi deve essere giustificato da motivi di interesse pubblico così come definiti all’articolo 28.

4.4.8.Principi generali – in particolare il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato (articolo 29)

Il quadro stabilisce alcuni principi generali che le autorità preposte alla risoluzione delle crisi dovranno rispettare. Questi principi si riferiscono, tra l’altro, all’assegnazione delle perdite e al trattamento degli azionisti e dei creditori, nonché alle conseguenze che l’uso degli strumenti previsti potrebbe avere sulla gestione dell’ente.

Il quadro stabilisce che le perdite, una volta individuate attraverso un processo di valutazione (articolo 30), debbano essere distribuite tra gli azionisti e i creditori dell’ente, in base alla gerarchia dei crediti stabilita nell’ambito di ciascun regime di insolvenza nazionale. Tuttavia, come osservato (cfr. punto 3), i regimi ordinari di insolvenza non tengono sufficientemente conto della stabilità finanziaria o di altri aspetti di interesse pubblico. Il quadro di risoluzione delle crisi stabilisce quindi alcuni principi per l’assegnazione delle perdite che dovranno essere rispettati indipendentemente da quanto stabiliscono i singoli regimi di insolvenza nazionali. Tali principi sono i seguenti: a) le perdite devono essere prima assegnate in toto agli azionisti e poi ai creditori; e b) i creditori della stessa categoria possono essere trattati in maniera diversa se ciò è giustificato da ragioni di interesse generale, in particolare per rafforzare la stabilità finanziaria. Questi principi si applicano a tutti gli strumenti di risoluzione delle crisi. Inoltre, per quanto riguarda lo strumento del bail-in, il quadro stabilisce una gerarchia dei crediti più dettagliata (articolo 43), che integrerà e se del caso sostituirà quella prevista dai diversi regimi di insolvenza nazionali.

Nei casi in cui i creditori ricevono una somma inferiore a quella che avrebbero recuperato se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza, le autorità devono assicurare loro che riceveranno la differenza. Questa eventuale compensazione sarà pagata attingendo al fondo di risoluzione delle crisi. Il principio secondo cui le perdite devono essere assegnate prima agli azionisti e poi ai creditori, unito all’obbligo di avviare azioni di risoluzione delle crisi prima di ricorrere ad un sostegno finanziario pubblico straordinario, consente, in linea di principio, di garantire l’efficacia dell’obiettivo di ridurre al minimo le perdite a carico del contribuente (articolo 29).

4.4.9.Valutazione (articolo 30)

L’attuazione degli strumenti e dei poteri di risoluzione si basa sulla valutazione del valore reale delle attività e delle passività dell’ente vicino al dissesto. Per questo motivo, il quadro include una valutazione basata sul principio del “valore di mercato”, che garantirà che le perdite siano rilevate al momento in cui per l’ente viene avviata una procedura di risoluzione della crisi.

Sarebbe opportuno che la valutazione fosse effettuata da un esperto indipendente, a meno che non vi siano ragioni d’urgenza, nel qual caso le autorità preposte alla risoluzione delle crisi procederebbero ad una valutazione provvisoria che sarebbe successivamente completata da una valutazione definitiva da parte di un esperto indipendente. Alle autorità preposte alla risoluzione delle crisi sono stati accordati i poteri necessari per modificare le proprie azioni di risoluzione della crisi 14 sulla base di eventuali discrepanze tra la valutazione provvisoria e quella definitiva.

4.4.10.Strumenti e poteri di risoluzione delle crisi (articoli da 31 a 64)

Quando le condizioni che giustificano il ricorso alla risoluzione sono riunite, le autorità preposte possono utilizzare i seguenti strumenti di risoluzione delle crisi:

(a)vendita dell’attività d’impresa;

(b)“ente-ponte”;

(c)separazione delle attività;

(d)bail-in.

Al fine di utilizzare tali strumenti, le autorità di risoluzione delle crisi avranno i poteri di assumere il controllo di un ente in dissesto o vicino al dissesto, assumere il ruolo degli azionisti e dell’organo di gestione, trasferire attività e passività e far rispettare i contratti.

Gli strumenti di risoluzione possono essere applicati singolarmente o in combinazione. Tutti questi strumenti comportano un certo livello di ristrutturazione della banca. Tale ristrutturazione non è una caratteristica propria soltanto del bail-in. Lo strumento della separazione delle attività deve essere applicato in tutti i casi, insieme agli altri strumenti (articolo 32). L’uso di uno strumento di risoluzione delle crisi dovrà essere coerente con il quadro degli aiuti di Stato dell’Unione, laddove questo sia applicabile. Al riguardo, il ricorso al sostegno pubblico e/o l’uso dei fondi di risoluzione delle crisi per enti in dissesto dovranno essere notificati alla Commissione e saranno valutati in conformità con le disposizioni pertinenti in materia di aiuti di Stato per stabilirne la compatibilità con il mercato interno.

La proposta contiene un insieme minimo di strumenti di risoluzione delle crisi che tutti gli Stati membri dovrebbero adottare. Tuttavia, le autorità nazionali saranno in grado di detenere, in aggiunta, gli strumenti e i poteri nazionali specifici necessari per occuparsi di enti in dissesto, se questi sono compatibili con i principi e gli obiettivi del quadro UE di risoluzione e del TFUE e se non ostano all’efficace risoluzione delle crisi a livello di gruppo 15 . Le autorità nazionali di risoluzione delle crisi potranno usare tali strumenti e poteri nazionali solo dimostrando che nessuno degli strumenti (applicati singolarmente o in combinazione) previsti dal quadro UE consente loro di avviare azioni efficaci di risoluzione delle crisi.

Lo strumento della vendita dell’attività d’impresa consente alle autorità preposte di procedere alla vendita dell’ente nella sua totalità, o di una parte della sua attività, a condizioni di mercato, senza dover richiedere il consenso degli azionisti o soddisfare requisiti procedurali altrimenti applicabili. Per quanto possibile in simili circostanze, le autorità di risoluzione dovrebbero mettere sul mercato l’ente o le parti della sua attività che devono essere cedute.

Lo strumento dell’ente-ponte permette alle autorità preposte alla risoluzione di trasferire la totalità o parte dell’attività di un ente a un’entità controllata da poteri pubblici. L’ente-ponte deve essere autorizzato in conformità con la direttiva sui requisiti patrimoniali e sarà gestito come un’impresa commerciale, entro i limiti fissati dal quadro degli aiuti di Stato. L’operatività di un ente-ponte è temporanea: il suo scopo è di vendere l’attività al settore privato quando le condizioni di mercato siano adeguate.

Lo strumento della separazione delle attività ha come fine di consentire alle autorità preposte alla risoluzione di trasferire attività compromesse o problematiche a un veicolo di gestione dove tali attività verranno gestite e le loro problematicità risolte nel tempo. Le attività dovrebbero essere trasferite al valore di mercato o al valore economico a lungo termine (a norma dell’articolo 30) in modo che le perdite siano rilevate al momento del trasferimento. Al fine di ridurre al minimo le distorsioni della concorrenza e il rischio di azzardo morale, questo strumento dovrebbe essere utilizzato solo congiuntamente a un altro strumento di risoluzione.

Strumento del bail-in (articoli da 37 a 51)

Lo strumento del bail-in consentirà alle autorità di risoluzione delle crisi di ridurre gli importi dovuti ai creditori di un ente in dissesto non garantiti e di convertire tali crediti in capitale. Lo strumento può essere utilizzato per ricapitalizzare un ente in dissesto o vicino al dissesto, consentendo alle autorità di ristrutturarlo attraverso la procedura di risoluzione e di ripristinarne la sostenibilità economica dopo la riorganizzazione e la ristrutturazione. Ciò consentirebbe una maggior flessibilità di risposta da parte delle autorità in caso di dissesto di enti finanziari grandi e complessi. Lo strumento verrebbe accompagnato dalla rimozione dell’organo di gestione responsabile dei problemi dell’ente in questione e dall’attuazione di un piano di risanamento.

Le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero avere il potere di ricorrere al bail-in per tutte le passività dell’ente. Vi sono, tuttavia, alcune passività che sarebbero escluse ex-ante (quali ad esempio le passività garantite, i depositi coperti e le passività con scadenza residua inferiore a un mese). In via eccezionale e qualora esistesse la giustificata necessità di garantire le operazioni essenziali dell’ente, le sue aree di attività principali o la stabilità finanziaria (articolo 38) l’autorità di risoluzione potrebbe escludere le passività risultanti da derivati. L’applicazione armonizzata in tutta l’UE di questa possibile esclusione sarà garantita da atti delegati della Commissione.

Per applicare lo strumento del bail-in le autorità preposte alla risoluzione delle crisi devono essere in grado di garantire che gli enti abbiano in bilancio una quantità sufficiente di passività che potrebbero essere soggette al bail-in. L’importo minimo sarà proporzionato e adattato per ciascuna categoria di enti sulla base del loro rischio o della composizione delle fonti di finanziamento (articolo 39). L’applicazione armonizzata in tutta l’UE di questo importo minimo sarà garantita da atti delegati della Commissione. A titolo di esempio, e sulla base di elementi di prova forniti dalla recente crisi finanziaria nonché di simulazioni effettuate con l’aiuto di modelli, il 10% del totale delle passività (oltre al patrimonio di vigilanza) rappresenterebbe una percentuale adeguata ai fini del bail-in.

Come illustrato al punto 4.4.8, gli articoli 43 e 44 stabiliscono una gerarchia dettagliata che integra e se del caso sostituisce quella prevista dai diversi regimi di insolvenza nazionali. In linea di principio, i crediti degli azionisti dovrebbero essere esauriti prima di quelli dei creditori subordinati. È soltanto quando tali crediti sono esauriti che le autorità preposte alla risoluzione delle crisi possono imputare le perdite ai crediti di primo rango (articoli 43 e 44). Possono esserci casi, tuttavia, in cui le autorità preposte alla risoluzione potrebbero interferire nei diritti dei creditori senza aver prima esaurito i crediti degli azionisti. Si tratta di circostanze specifiche dello strumento del bail-in, che potrebbero verificarsi qualora un ente soggetto a risoluzione abbia del capitale residuo (in base alle condizioni per la risoluzione della crisi, un ente è in dissesto o a rischio di dissesto se ha esaurito tutto il proprio patrimonio o una parte sostanziale di esso). In questo caso, le autorità preposte alla risoluzione delle crisi potrebbero, dopo aver assegnato le perdite agli azionisti e ridotto o cancellato la maggior parte dei crediti degli azionisti, convertire in capitale i crediti subordinati e, se necessario, le passività di primo rango. Questa conversione dovrà avvenire in maniera tale da diluire significativamente i rimanenti crediti degli azionisti.

4.4.11.Restrizioni del diritto di recesso e protezioni per le controparti (articoli da 68 a 73 e articolo 77)

Per un’efficace applicazione degli strumenti di risoluzione, è necessario che le autorità di risoluzione delle crisi possano imporre una sospensione temporanea dell’esercizio da parte di creditori e controparti dei diritti esecutori dei loro diritti e dei diritti di close-out, o di anticipare il termine o comunque recedere dai contratti nei confronti di un ente in dissesto. Tale sospensione temporanea, che dovrebbe durare al massimo fino alle 17.00 del giorno lavorativo successivo, fornisce alle autorità il lasso di tempo necessario ad individuare e valutare i contratti che devono essere trasferiti a una terza parte solvente, senza correre il rischio che il valore e il contenuto dei contratti finanziari cambino in seguito all’esercizio del diritto di recesso da parte delle controparti. I diritti di recesso per le controparti che restano con l’ente in dissesto riprendono normalmente corso alla fine del periodo di sospensione. Al contrario, il trasferimento a una terza parte solvente non deve considerarsi come un caso di inadempimento tale da giustificare il diritto di recesso.

Queste necessarie restrizioni dei diritti contrattuali sono controbilanciate da una protezione per le controparti che consiste nel divieto per le autorità di frazionare obbligazioni, diritti e contratti collegati: se si procede a un trasferimento parziale di beni, è necessario trasferire la totalità dei contratti collegati oppure non trasferirli affatto. I contratti in questione comprendono: accordi di netting per close-out, accordi di compensazione, contratti di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, accordi di garanzia e contratti di finanza strutturata.

4.4.12.Restrizioni applicabili ai procedimenti giudiziari (articoli 77 e 78)

Ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, le parti interessate hanno diritto a un giudice imparziale e a disporre di mezzi di ricorso efficaci nei confronti delle misure che le riguardano. Di conseguenza, occorre prevedere la possibilità di ricorso giurisdizionale avverso le decisioni prese dalle autorità di risoluzione delle crisi. Inoltre, sia per tutelare i terzi che hanno acquistato attività, diritti e passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi in virtù dell’esercizio dei poteri delle autorità in tal senso, sia per assicurare la stabilità dei mercati finanziari, il ricorso giurisdizionale non dovrebbe incidere sugli atti amministrativi e/o sulle transazioni conclusi in base a una decisione di risoluzione della crisi annullata. Occorre pertanto limitare le misure correttive applicate a una decisione indebita al riconoscimento alle persone lese di un indennizzo per i danni subiti.

È inoltre necessario evitare l’avvio di altre azioni legali in relazione ad una banca soggetta a risoluzione di una crisi. A questo scopo, il quadro prevede che, prima che il giudice nazionale avvii le procedure di insolvenza relative ad un ente, ne informi l’autorità nazionale preposta alla risoluzione delle crisi, la quale ha il diritto, entro 14 giorni dalla notifica, di decidere di avviare un’azione di risoluzione della crisi nei confronti dell’ente interessato.

4.4.13.Risoluzioni transfrontaliere (articoli da 80 a 83)

Il quadro di risanamento e risoluzione delle crisi tiene conto della natura transfrontaliera di alcuni gruppi bancari, con l’obiettivo di creare un quadro completo e integrato per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie nell’Unione.

Di conseguenza, i piani di risanamento e risoluzione delle crisi devono essere preparati, concordati e attuati per l’intero gruppo, tenendo però conto delle peculiarità della struttura di ciascun gruppo e della ripartizione delle responsabilità tra le autorità del paese ospitante e quelle del paese di origine. Ciò sarà realizzato attraverso misure che richiederanno una più stretta cooperazione tra le autorità nazionali e la creazione di incentivi per l’applicazione di un approccio di gruppo in tutte le fasi di preparazione, risanamento e risoluzione.

Saranno costituiti collegi di risoluzione con una leadership chiara e con la partecipazione dell’Autorità bancaria europea (ABE). L’ABE agevolerà la collaborazione tra le autorità e, se necessario, ricoprirà un ruolo di mediazione. L’obiettivo dei collegi è coordinare le misure preparatorie e di risoluzione tra le autorità nazionali per garantire soluzioni ottimali a livello UE.

4.4.14.Relazioni con paesi terzi (articoli da 84 a 89)

Dato che molte banche e gruppi bancari dell’UE sono attivi in paesi terzi, un quadro efficace per la risoluzione delle crisi deve prevedere la cooperazione con le autorità di tali paesi. La proposta conferisce alle autorità dell’UE i poteri necessari a sostenere azioni esterne di risoluzione per una banca estera dissestata, conferendo efficacia al trasferimento delle sue attività e passività situate nell’UE o soggette alla sua giurisdizione. Tuttavia, tale sostegno viene fornito solo se l’azione estera garantisce condizioni eque e di parità di trattamento per creditori e depositanti locali e non compromette la stabilità finanziaria dello Stato membro. Le autorità dell’UE preposte alla risoluzione dovrebbero altresì avere il potere di applicare strumenti di risoluzione alle succursali nazionali di enti di paesi terzi, nel caso in cui la risoluzione separata si rendesse necessaria per ragioni di stabilità finanziaria o per la protezione dei depositanti locali. La proposta prevede che il sostegno alle azioni esterne di risoluzione delle crisi sia accordato nel caso in cui le autorità preposte alla risoluzione abbiano stretto un’intesa di cooperazione con le autorità preposte dei paesi terzi. Tali accordi dovrebbero costituire un mezzo per garantire un’efficace attività di pianificazione, decisione e coordinamento rispetto ai gruppi internazionali.

È opportuno che l’ABE elabori e concluda accordi quadro amministrativi con le autorità dei paesi terzi a norma dell’articolo 33 del regolamento (UE) n. 1093/2010 e che le autorità nazionali concludano accordi bilaterali conformi, per quanto possibile, agli accordi quadro dell’ABE.

4.4.15.Finanziamento delle risoluzioni delle crisi (articoli da 90 a 99)

La risoluzione delle crisi consente una migliore ripartizione dei costi tra azionisti e creditori quando le procedure di insolvenza sono ritenute inadeguate alla luce dei potenziali rischi alla stabilità finanziaria. È tuttavia possibile che ciò non sia sempre sufficiente e debba essere integrato da finanziamenti supplementari allo scopo, ad esempio, di fornire liquidità ad una banca-ponte. Sulla base delle esperienze passate, per ridurre al minimo l’esposizione dei contribuenti a perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità, è necessario stabilire meccanismi di finanziamento finanziati dagli enti stessi. Gli articoli da 90 a 99 stabiliscono le disposizioni necessarie a tale scopo.

L’articolo 89 prevede l’introduzione di meccanismi di finanziamento in ciascuno Stato membro. Gli obiettivi per i quali essi possono essere usati sono elencati all’articolo 89, paragrafo 2, e vanno dalle garanzie ai prestiti e ai contributi. Le perdite sono in primo luogo sostenute dagli azionisti e dai creditori, ma, in linea di principio, non si possono escludere altri meccanismi di finanziamento.

L’articolo 90 stabilisce le regole sui contributi ai meccanismi di finanziamento e prevede contributi ex-ante integrati da contributi ex-post e, ove necessario, prestiti da enti finanziari o dalla banca centrale. Per assicurare che alcuni fondi siano sempre disponibili, e visto il carattere prociclico dei finanziamenti ex-post, viene stabilito un livello minimo, da raggiungere con contributi ex-ante nell’arco di dieci anni. Calcolato in base a modelli, l’obiettivo minimo ottimale è fissato all’1% dei depositi coperti.

Per migliorare la resilienza dei meccanismi di finanziamento nazionali, l’articolo 97 prevede il diritto per i meccanismi nazionali di concedere prestiti alle loro controparti in altri Stati membri. Per tener conto della distribuzione delle competenze tra le varie autorità nazionali nella risoluzione delle crisi a livello di gruppo, l’articolo 98 stabilisce regole sui rispettivi contributi dei meccanismi nazionali di finanziamento alla risoluzione delle crisi a livello di gruppo. Tale contributo sarà basato su quello precedentemente concordato nell’ambito dei piani di risoluzione delle crisi a livello di gruppo. I meccanismi nazionali di finanziamento, insieme ai meccanismi di prestito e alla messa in comune dei meccanismi nazionali in caso di risoluzione delle crisi dei gruppi transfrontalieri (articolo 98) costituiscono un sistema europeo di meccanismi di finanziamento.

L’articolo 99 tratta il ruolo dei sistemi di garanzia dei depositi nel quadro di risoluzione delle crisi. I sistemi di garanzia dei depositi possono essere chiamati a contribuire alla risoluzione delle crisi in due modi.

In primo luogo, i sistemi di garanzia dei depositi devono contribuire a garantire la continuità dell’accesso ai depositi coperti. Sistemi di garanzia dei depositi sono attualmente presenti in tutti gli Stati membri, in linea con la direttiva 94/19/CE. Essi indennizzano i depositanti al dettaglio fino a 100 000 EUR per i depositi non disponibili, prima di diventare oggetto di surrogazione nelle procedure di liquidazione. La risoluzione delle crisi, da parte sua, evita la non disponibilità dei depositi coperti, cosa che dal punto di vista dei depositanti risulta preferibile. È pertanto auspicabile che il sistema di garanzia dei depositi contribuisca per un importo equivalente alle perdite che esso avrebbe dovuto sostenere nelle procedure ordinarie di insolvenza, come risulta dall’articolo 99, paragrafo 1. Affinché il finanziamento sia sufficiente, i sistemi di garanzia dei depositi sono integrati nella gerarchia dei crediti e hanno pari trattamento rispetto ai crediti non privilegiati non garantiti. I contributi dei sistemi di garanzia dei depositi devono essere in contanti, per assorbire le perdite relative ai depositi coperti.

In secondo luogo, mentre gli Stati membri devono almeno usare i sistemi di garanzia dei depositi per fornire contanti che possano garantire il mantenimento dell’accesso ai depositi coperti, resta a loro discrezione scegliere come finanziare la risoluzione delle crisi: possono decidere di creare meccanismi di finanziamento separati dai sistemi di garanzia dei depositi, o di usare i loro sistemi di garanzia dei depositi anche come meccanismi di finanziamento a titolo dell’articolo 91. Tra i sistemi di garanzia dei depositi e la risoluzione delle crisi vi sono effetti di sinergia. L’esistenza di un quadro di risoluzione delle crisi che limita il contagio diminuisce il numero di dissesti bancari e, di conseguenza, le probabilità di ricorso ai sistemi di garanzia dei depositi. La proposta consente pertanto agli Stati membri di avvalersi dei sistemi di garanzia dei depositi ai fini della risoluzione delle crisi realizzando economie di scala. Quando i due meccanismi sono separati, il sistema di garanzia dei depositi è responsabile della protezione dei depositanti coperti alle condizioni di cui all’articolo 99, paragrafi da 1 a 4, mentre i meccanismi di finanziamento separati stabiliti a norma dell’articolo 91 forniscono un finanziamento supplementare. Invece, quando essi optano per un meccanismo di finanziamento unico, questo sarà utilizzato sia per coprire le perdite relative ai depositi coperti che per altri scopi, a norma dell’articolo 92. In quel caso, il sistema di garanzia dei depositi deve rispettare tutte le condizioni sui contributi, i prestiti e la messa in comune di cui agli articoli da 93 a 98.

In ogni caso, se il sistema di garanzia dei depositi ha versato un contributo e, in un secondo momento, si verifica il dissesto dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi senza che il sistema di garanzia dei depositi disponga di fondi sufficienti per rimborsare i depositanti, il sistema di garanzia dei depositi deve dotarsi di dispositivi che gli consentano di ottenere immediatamente dai suoi membri gli importi corrispondenti.

La presenza di aiuti di Stati nell’intervento dei fondi di risoluzione delle crisi è probabile a prescindere dal tipo di meccanismo di finanziamento nazionale (ossia esiste un fondo di risoluzione delle crisi distinto dal sistema di garanzia dei depositi, o il sistema di garanzia dei depositi viene utilizzato come fondo di risoluzione delle crisi).

4.4.16.Conformità agli articoli 290 e 291 del TFUE

Il 23 settembre 2009 la Commissione ha adottato le proposte relative ai regolamenti istitutivi dell’Autorità bancaria europea (ABE), dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP) e dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM) 16 . A questo proposito la Commissione desidera ricordare quanto da essa dichiarato all’atto dell’adozione dei regolamenti che istituiscono le Autorità europee di vigilanza relativamente agli articoli 290 e 291 del TFUE: “Riguardo alla procedura per l’adozione degli standard tecnici di regolamentazione, la Commissione sottolinea il carattere peculiare del settore dei servizi finanziari, derivante dalla struttura Lamfalussy ed esplicitamente riconosciuta nella dichiarazione 39 allegata al TFUE. La Commissione ha tuttavia seri dubbi sul fatto che le restrizioni al suo ruolo in materia di adozione di atti delegati e misure di esecuzione siano in linea con gli articoli 290 e 291 del TFUE.”

4.4.17.Modifiche alla direttiva sulla liquidazione, alle direttive in materia di diritto societario e al regolamento ABE (articoli da 104 a 111)

La direttiva 2001/24/CE dispone il riconoscimento reciproco e l’applicazione di misure per il risanamento e la liquidazione degli enti creditizi che hanno succursali in altri Stati membri. Scopo della direttiva è assicurare che un ente creditizio e le relative succursali in altri Stati membri siano risanati o liquidati in base ai principi di unità e di universalità mediante l’applicazione di una procedura d’insolvenza unica che tratti l’ente creditizio come una singola entità. Grazie all’unità e universalità della procedura si garantisce ai creditori l’uguaglianza di trattamento a prescindere da nazionalità, luogo di residenza o domicilio. Ai fini del pari trattamento dei creditori anche nelle procedure di risoluzione, la direttiva 2001/24/CE è modificata al fine di ampliarne il campo di applicazione alle imprese di investimento e per consentire l’uso degli strumenti di risoluzione a qualsiasi entità coperta dal regime di risoluzione.

Le direttive dell’UE sul diritto societario contengono norme per la protezione degli azionisti e dei creditori. Alcune di queste norme possono ostacolare un rapido intervento da parte delle autorità preposte alla risoluzione.

La seconda direttiva sul diritto societario prescrive che gli aumenti di capitale in una società per azioni siano approvati dall’assemblea, mentre la direttiva 2007/36 (la direttiva sui diritti degli azionisti) prevede un termine di 21 giorni per la convocazione della stessa assemblea. Non è pertanto possibile risanare rapidamente la situazione finanziaria di un ente creditizio mediante un aumento di capitale. La proposta modifica di conseguenza la direttiva sui diritti degli azionisti, per consentire all’assemblea di poter decidere in anticipo di abbreviare il termine per la convocazione dell’assemblea nella quale discutere dell’aumento del capitale in situazioni di emergenza. Tale autorizzazione farà parte del piano di risanamento. Ciò consentirà un intervento rapido, pur garantendo agli azionisti la facoltà di esercitare il loro potere decisionale.

Inoltre, le direttive sul diritto societario stabiliscono che aumenti e riduzioni di capitale, fusioni e scissioni devono essere sottoposte all’approvazione degli azionisti e che, nel caso di un aumento di capitale sottoscritto mediante conferimenti in denaro, si applicano i diritti di prelazione. Inoltre, la direttiva sulle offerte pubbliche di acquisto impone offerte di acquisto obbligatorie quando un soggetto – compreso lo Stato – acquisisce quote in una società quotata superando la soglia di controllo (di solito, tra il 30% e il 50%). Per ovviare a tali ostacoli, la proposta consente agli Stati membri di derogare alle disposizioni che richiedono il consenso dei creditori o degli azionisti, o che possono ostacolare in altro modo la rapidità e l’efficacia della risoluzione.

Affinché le autorità competenti della risoluzione delle crisi siano rappresentate nel Sistema europeo di vigilanza finanziaria istituito dal regolamento (UE) n. 1093/2010 e affinché l’ABE disponga delle conoscenze necessarie a svolgere i compiti previsti dalla presente direttiva, occorre modificare il regolamento (UE) n. 1093/2010 per includere le autorità nazionali di risoluzione delle crisi nella nozione di autorità competenti di cui a tale regolamento.

4.4.18.Entrata in vigore

La direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

Come da prassi comune, il termine di recepimento della direttiva è stabilito a 18 mesi, ossia il 31 dicembre 2014.

Le disposizioni relative allo strumento del bail-in sono soggette ad un periodo di recepimento più lungo e saranno applicate dal 1° gennaio 2018. Tale data tiene conto dei cicli di scadenza dei debiti in essere, della necessità di evitare la riduzione della leva finanziaria e della necessità per gli enti di applicare nuovi requisiti patrimoniali entro il 2018.

In conformità della Dichiarazione politica comune degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi, del 28 settembre 2011, gli Stati membri accompagneranno la notifica delle misure di esecuzione con tavole di concordanza. Ciò è giustificato dalla complessità della direttiva, che riguarda diversi aspetti e probabilmente richiederà una notevole varietà di misure di esecuzione, nonché dal fatto che alcuni Stati membri hanno già adottato leggi che, in parte, danno attuazione alla direttiva.

5.INCIDENZA SUL BILANCIO

Le opzioni sopra illustrate avranno incidenza sul bilancio dell’Unione.

La proposta imporrebbe all’ABE di: (i) elaborare circa 23 norme tecniche e 5 orientamenti; (ii) partecipare a collegi di risoluzione, decidere in caso di disaccordo e svolgere un ruolo di mediazione vincolante e (ii) prevedere il riconoscimento delle procedure di risoluzione delle crisi dei paesi terzi a norma dell’articolo 85 e concludere intese di cooperazione non vincolanti con i paesi terzi a norma dell’articolo 88. La pubblicazione delle norme tecniche sarà effettuata 12 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva, prevista tra giugno e dicembre 2013. La proposta della Commissione prevede per l’ABE funzioni di lungo termine, che richiederanno 5 posti aggiuntivi (agenti temporanei) dal 2014. Sono inoltre previsti 11 esperti nazionali distaccati (END) da assegnare a funzioni temporanee limitate al 2014 e 2015.

2012/0150 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE
e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n.
 1093/2010

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,

vista la proposta della Commissione europea 17 ,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo 18 ,

visto il parere della Banca centrale europea 19 ,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

(1)La crisi finanziaria cominciata nel 2008 ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi in crisi o in dissesto. In particolare, occorrono strumenti intesi a prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, a ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni importanti sul piano sistemico dell’ente interessato. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti creditizi utilizzando fondi pubblici.

(2)I mercati finanziari dell’Unione sono fortemente integrati e interconnessi con molti enti creditizi che operano ampiamente al di là dei confini nazionali. Il dissesto di un ente creditizio transfrontaliero può compromettere la stabilità dei mercati finanziari nei diversi Stati membri in cui opera. L’incapacità degli Stati membri di assumere il controllo di un ente creditizio in dissesto e di attuare misure di risoluzione della crisi tali da prevenire con efficacia un danno sistemico più ampio può minare la fiducia reciproca degli Stati membri e la credibilità del mercato interno nel campo dei servizi finanziari. La stabilità dei mercati finanziari è quindi una condizione essenziale per l’istituzione e il funzionamento del mercato interno.

(3)Attualmente, le procedure di risoluzione delle crisi degli enti creditizi non sono armonizzate al livello dell’Unione. Alcuni Stati membri applicano agli enti creditizi le stesse procedure applicate ad altre imprese insolventi, che in determinati casi sono state adattate per gli enti creditizi. Esistono notevoli differenze sostanziali e procedurali tra le normative, i regolamenti e le disposizioni amministrative che disciplinano l’insolvenza degli enti creditizi negli Stati membri. Inoltre, la crisi finanziaria ha messo in rilievo il fatto che non sempre le procedure di insolvenza generalmente applicabili alle imprese sono adatte per gli enti creditizi, in quanto, in alcuni casi, possono non garantire la dovuta rapidità di intervento, la prosecuzione delle funzioni essenziali degli enti creditizi e il mantenimento della stabilità finanziaria.

(4)Occorre pertanto un regime che fornisca alle autorità gli strumenti necessari per un intervento sufficientemente precoce e rapido in un ente creditizio in crisi o in dissesto, al fine di garantire la continuità delle funzioni finanziarie ed economiche essenziali dell’ente creditizio, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sul sistema finanziario e garantendo che azionisti e creditori sostengano perdite adeguate. Nuovi poteri dovrebbero consentire alle autorità di mantenere la continuità dell’accesso ai depositi e delle operazioni di pagamento, di vendere rami sani dell’azienda, se del caso, e di ripartire le perdite in modo equo e prevedibile. Questi obiettivi dovrebbero contribuire a evitare la destabilizzazione dei mercati finanziari e a ridurre al minimo i costi per i contribuenti.

(5)Alcuni Stati membri hanno già adottato delle modifiche legislative che introducono meccanismi per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi in dissesto; altri hanno segnalato l’intenzione di introdurre simili meccanismi ove non siano adottati a livello di Unione. Le differenze a livello nazionale in materia di condizioni, poteri e procedure per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi possono costituire una barriera al buon funzionamento del mercato interno e ostacolare la cooperazione tra autorità nazionali nella gestione di crisi di gruppi bancari transfrontalieri. Questo vale in particolare quando, per via dei diversi approcci utilizzati, le autorità nazionali non dispongono del medesimo grado di controllo o della stessa capacità di procedere alla risoluzione delle crisi degli enti creditizi. Le diversità nei regimi di risoluzione delle crisi possono inoltre influire sui costi di finanziamento delle banche in misura diversa nei vari Stati membri e creare potenziali distorsioni della concorrenza nel settore bancario. La presenza di regimi di risoluzione efficace delle crisi in tutti gli Stati membri è necessaria anche per garantire che l’esercizio del diritto di stabilimento degli enti creditizi previsto dal mercato unico non sia soggetto a restrizioni dovute alla capacità finanziaria dello Stato membro d’origine di gestire i dissesti bancari.

(6)Occorre eliminare tali ostacoli e adottare una normativa intesa a garantire che non siano compromesse le disposizioni del mercato interno. A tal fine, le norme che disciplinano la risoluzione delle crisi degli enti dovrebbero essere soggette a disposizioni comuni di armonizzazione minima.

(7)Poiché gli obiettivi dell’iniziativa prevista, vale a dire l’armonizzazione delle norme e delle procedure di risoluzione delle crisi degli enti creditizi, non possono essere conseguiti in misura adeguata dagli Stati membri, e pertanto, a causa degli effetti che il dissesto di un ente può avere sull’intera Unione, si possono realizzare meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Secondo il principio di proporzionalità stabilito nello stesso articolo, la presente direttiva si limita a quanto necessario per il conseguimento di tali obiettivi.

(8)In un’ottica di coerenza con la legislazione vigente nell’Unione in materia di servizi finanziari, e al fine di garantire la stabilità finanziaria al più alto livello possibile nell’intera gamma di enti, il regime di risoluzione delle crisi non va applicato solo agli enti creditizi, ma anche alle imprese di investimento soggette ai requisiti prudenziali previsti dalla direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi 20 . Il regime dovrebbe applicarsi anche alle società di partecipazione finanziaria e alle società di partecipazione finanziaria mista di cui alla direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE del Consiglio e le direttive 98/78/CE e 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 21 , alle società di partecipazione mista, nonché agli enti finanziari filiazioni di un ente creditizio o di un’impresa d’investimento. La crisi ha dimostrato che l’insolvenza di un’entità affiliata a un gruppo può influire rapidamente sulla solvibilità dell’intero gruppo e quindi comportare delle implicazioni sistemiche. Le autorità dovrebbero pertanto disporre di mezzi di intervento efficaci anche nei confronti di tali entità, al fine di impedire il contagio e produrre un progetto di risoluzione coerente della crisi per il gruppo nel suo complesso, in quanto l’insolvenza di un’entità affiliata a un gruppo potrebbe influire rapidamente sulla solvibilità dell’intero gruppo.

(9)L’impiego degli strumenti e poteri di risoluzione delle crisi previsti dalla presente direttiva può interferire nei diritti degli azionisti e creditori. In particolare, il potere delle autorità di cedere le azioni o le attività, in tutto o in parte, di un ente a un acquirente privato senza il consenso degli azionisti incide sui diritti di proprietà degli azionisti. Inoltre, il potere di stabilire quali passività trasferire da un ente creditizio in dissesto sulla base degli obiettivi di garantire la continuità dei servizi ed evitare effetti negativi sulla stabilità finanziaria può influire sull’equo trattamento dei creditori.

(10)Nel contesto dei piani di risanamento e di risoluzione delle crisi e nel ricorso ai vari strumenti a loro disposizione, è opportuno che le autorità nazionali tengano conto del rischio, delle dimensioni e delle interconnessioni dell’ente accertandosi che il regime sia applicato in modo appropriato.

(11)Al fine di assicurare la necessaria rapidità di azione, garantire l’indipendenza dai soggetti economici ed evitare conflitti di interesse, gli Stati membri dovrebbero nominare autorità amministrative pubbliche per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti relativi alla risoluzione delle crisi ai sensi della presente direttiva, e garantire che a tali autorità di risoluzione delle crisi siano destinate risorse adeguate. La designazione di autorità pubbliche non esclude il conferimento di deleghe sotto la responsabilità dell’autorità di risoluzione delle crisi. Tuttavia, non occorre disporre in modo specifico quale autorità debba essere nominata dagli Stati membri per ricoprire la funzione di autorità di risoluzione delle crisi. L’armonizzazione di quest’aspetto potrebbe facilitare il coordinamento, ma costituirebbe anche una notevole interferenza negli ordinamenti costituzionali e amministrativi degli Stati membri. È possibile raggiungere un livello sufficiente di coordinamento anche attraverso regole meno intrusive: tutte le autorità nazionali coinvolte nella risoluzione delle crisi di enti dovrebbero essere rappresentate in collegi di risoluzione delle crisi in cui è attuato il coordinamento a livello transfrontaliero o di Unione. Gli Stati membri dovrebbero quindi essere liberi di scegliere a quali autorità attribuire la competenza di applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi e di esercitare i poteri previsti nella presente direttiva.

(12)Date le conseguenze che il dissesto di un ente creditizio o di un’impresa d’investimento può avere per il sistema finanziario e per l’economia di uno Stato membro, nonché l’eventualità di dover utilizzare fondi pubblici per risolvere una crisi, i ministeri delle finanze o altri ministeri pertinenti degli Stati membri dovrebbero essere strettamente coinvolti, sin dalle fasi iniziali, nel processo di gestione e risoluzione della crisi.

(13)La risoluzione efficace delle crisi di un ente o gruppo operativo in tutta l’Unione presuppone che le autorità competenti e le autorità di risoluzione delle crisi cooperino nell’ambito dei collegi di vigilanza e di risoluzione delle crisi in tutte le fasi previste dalla presente direttiva, dalla stesura dei piani di risanamento e di risoluzione delle crisi all’effettiva risoluzione della crisi dell’ente. In caso di disaccordo fra le autorità nazionali circa la decisione da adottare riguardo ad un ente a norma della presente direttiva, è opportuno che l’Autorità bancaria europea (in seguito “ABE”) svolga, in ultima istanza, un ruolo di mediazione vincolante. A tal fine l’ABE dovrebbe avere il potere di decidere di prescrivere alle autorità nazionali di adottare provvedimenti specifici, o astenersi dal farlo, a norma del regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione 22 .

(14)Ai fini di un approccio uniforme e coerente alla materia contemplata dalla presente direttiva, occorre conferire all’ABE anche la facoltà di adottare orientamenti ed elaborare norme tecniche e di regolamentazione, che la Commissione avallerà mediante atti delegati a norma dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

(15)Ai fini di una gestione efficace degli enti in dissesto, è opportuno conferire alle autorità il potere d’imporre misure preparatorie e preventive.

(16)È essenziale che tutti gli enti stendano e aggiornino periodicamente piani di risanamento che indichino le misure che, in circostanze o scenari diversi, saranno tenuti a prendere. Tali piani dovrebbero essere dettagliati e basati su ipotesi realistiche, applicabili in una serie di scenari validi e rigorosi. Tuttavia, l’obbligo di preparare un piano di risanamento va applicato proporzionalmente, tenendo conto dell’importanza sistemica dell’ente o del gruppo. In quest’ottica, il contenuto del piano dovrebbe anche tenere conto della natura delle fonti di finanziamento dell’ente e di quanto credibilmente possa fare ricorso a un sostegno a livello di gruppo. Agli enti spetterà l’obbligo di presentare i piani alle autorità di vigilanza ai fini di una valutazione completa, che tenga conto anche della loro esaustività e della loro capacità di ripristinare la solvibilità dell’ente in modo tempestivo, anche in periodi di difficoltà finanziaria.

(17)In caso il piano di risanamento presentato non sia adeguato, le autorità di vigilanza dovrebbero poter esigere che l’ente in questione prenda i provvedimenti necessari per colmarne le lacune, anche sotto forma di modifiche del modello di attività o della strategia di finanziamento. Si tratta di un obbligo che può incidere sulla libertà d’impresa garantita dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ma la limitazione di tale diritto fondamentale è necessaria per il conseguimento degli obiettivi di stabilità finanziaria e per la tutela dei depositanti e creditori. Più in particolare, tale limitazione è necessaria per rafforzare l’attività degli enti e per evitare che essi crescano a dismisura o assumano rischi eccessivi senza avere la capacità di far fronte alle difficoltà e perdite e di ricostituire la base di capitale. È altresì proporzionata, perché soltanto un’azione preventiva è in grado di assicurare che siano prese precauzioni adeguate, e quindi conforme all’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(18)La pianificazione è una componente essenziale di una risoluzione efficace delle crisi. Le autorità dovrebbero disporre di tutte le informazioni necessarie per pianificare in che modo le funzioni essenziali di un ente o di un gruppo transfrontaliero possano essere isolate dal resto dell’attività e trasferite al fine di garantirne il mantenimento e la prosecuzione. Tuttavia, l’obbligo di stendere un piano di risoluzione delle crisi andrebbe semplificato in funzione dell’importanza sistemica dell’ente o del gruppo.

(19)Le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero avere il potere di imporre modifiche alla struttura e all’organizzazione dell’ente o gruppo per eliminare gli impedimenti pratici all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e garantire la possibilità di risoluzione delle crisi degli enti interessati. Dato che, in potenza, tutti gli enti hanno natura sistemica, per preservare la stabilità finanziaria è essenziale che le autorità siano in grado di procedere alla risoluzione delle crisi riguardo a qualsiasi ente. Nel rispetto della libertà d’impresa sancita all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, occorre limitare il margine di manovra delle autorità alle misure necessarie per semplificare la struttura e le operazioni dell’ente al solo fine di migliorare la possibilità di risolverne le crisi. Le misure imposte a tale proposito devono inoltre essere conformi alla legislazione dell’UE, non devono comportare discriminazioni, dirette o indirette, per motivi di nazionalità e devono essere giustificate dalla ragione superiore di applicarle nell’interesse pubblico alla stabilità finanziaria. Per stabilire se un’azione è intrapresa nell’interesse pubblico generale, le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero, agendo nell’interesse pubblico generale, poter realizzare i propri obiettivi senza incontrare ostacoli all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi o alla capacità di esercitare i poteri loro conferiti. Inoltre, l’intervento dovrebbe limitarsi al minimo necessario per il conseguimento degli obiettivi. È opportuno che, nello stabilire le misure da adottare, le autorità di risoluzione delle crisi tengano conto delle segnalazioni e raccomandazioni del Comitato europeo per il rischio sistemico (in seguito “CERS”) istituito dal regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico 23 .

(20)Le misure proposte per affrontare o eliminare gli ostacoli alla possibilità di risolvere le crisi di un ente o gruppo non dovrebbero impedire agli enti di esercitare il diritto di stabilimento previsto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

(21)I piani di risanamento e di risoluzione delle crisi non dovrebbero presupporre l’accesso a un sostegno finanziario pubblico straordinario né esporre i contribuenti al rischio di perdite. L’accesso a strumenti di liquidità forniti da banche centrali, compresi strumenti di liquidità di emergenza, non dovrebbe essere considerato un sostegno finanziario pubblico straordinario a condizione che: l’ente sia solvente al momento dell’immissione di liquidità e questa non faccia parte di un pacchetto d’aiuto più ampio; il dispositivo sia interamente coperto da garanzia alla quale sono applicati scarti (haircut), in funzione della sua qualità e del suo valore di mercato; la banca centrale addebiti al beneficiario un tasso di interesse di penalizzazione; la misura sia adottata su iniziativa della banca centrale e non sia coperta, in particolare, da alcuna controgaranzia dello Stato.

(22)Il sostegno finanziario da parte di un’entità di un gruppo transfrontaliero a favore di un’altra entità dello stesso gruppo è attualmente limitato da una serie di disposizioni contenute nelle legislazioni nazionali, che mirano a tutelare creditori e azionisti di ciascuna entità, ma che non tengono conto dell’interdipendenza delle entità dello stesso gruppo o dell’interesse dello stesso. A livello internazionale solo alcuni ordinamenti prevedono il concetto di interesse di gruppo, sviluppato attraverso la giurisprudenza o norme giuridiche. Questo concetto tiene conto, oltre che dell’interesse di ogni singola entità, dell’interesse indiretto di ciascuna di esse alla prosperità del gruppo nel suo insieme. Tuttavia, il concetto cambia a seconda dello Stato membro e non offre la necessaria certezza giuridica. È pertanto opportuno stabilire a quali condizioni è possibile il trasferimento di sostegno finanziario tra entità di un gruppo bancario transfrontaliero nell’intento di garantire la stabilità finanziaria del gruppo nel suo complesso. Il sostegno finanziario fra entità di uno stesso gruppo dovrebbe essere volontario ed è opportuno che gli Stati membri non subordinino, né direttamente né indirettamente, l’esercizio del diritto di stabilimento all’esistenza di un accordo sulla fornitura di sostegno finanziario.

(23)Per preservare la stabilità finanziaria, è importante che le autorità competenti siano in grado di porre rimedio al deterioramento della situazione finanziaria ed economica di un ente prima che questo giunga a un punto tale per cui non vi siano alternative alla risoluzione della crisi. A tal fine, le autorità competenti dovrebbero disporre di poteri di intervento precoce, compreso il potere di sostituire l’organo di gestione di un ente con un amministratore straordinario, come mezzo di pressione sull’ente affinché prenda misure atte a ripristinare la propria solidità finanziaria e/o riorganizzi la propria attività al fine di garantirne la sostenibilità economica in una fase precoce. L’amministratore straordinario ha il compito di prendere tutte le misure necessarie e di promuovere soluzioni al fine di ripianare la situazione finanziaria dell’ente. La nomina dell’amministratore straordinario non dovrebbe tuttavia derogare ai diritti degli azionisti o proprietari né agli obblighi procedurali imposti dal diritto societario nazionale o dell’Unione e dovrebbe rispettare gli obblighi internazionali assunti dall’Unione o dagli Stati membri in materia di tutela degli investimenti. I poteri di intervento precoce dovrebbero comprendere quelli già specificati nella direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio 24 per circostanze diverse da quelle considerate intervento precoce, nonché altre situazioni ritenute necessarie per ripristinare la solidità finanziaria di un ente.

(24)Occorre che il quadro di risoluzione delle crisi preveda un avvio tempestivo della procedura, prima che l’ente finanziario sia insolvente a termini di bilancio e che l’intero capitale sia esaurito, ossia quando l’impresa non è più economicamente sostenibile, o probabilmente non lo sarà più, e le altre misure si sono rivelate insufficienti a prevenire il dissesto. Il fatto che un ente non soddisfi i requisiti per l’autorizzazione non giustifica di per sé l’avvio della procedura di risoluzione delle crisi, soprattutto se esso è ancora economicamente sostenibile o se sussistono i presupposti perché lo sia. Un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto in una delle situazioni seguenti: quando viola o è in procinto di violare i requisiti patrimoniali per il prosieguo dell’autorizzazione perché ha accusato o rischia di accusare perdite tali da depauperarlo dell’intero patrimonio o sostanzialmente dell’intero patrimonio; quando le sue attività sono o sono in procinto di essere inferiori alle passività; quando non è o è in procinto di non essere in grado di pagare le proprie obbligazioni in scadenza; quando necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario. La mera circostanza che l’ente necessiti del sostegno di emergenza alla liquidità fornito da una banca centrale non costituisce una prova sufficiente del fatto che esso non è, o a breve termine non sarà, in grado di pagare le proprie obbligazioni in scadenza. Per preservare la stabilità finanziaria, specialmente in caso di carenza sistemica di liquidità, le garanzie dello Stato sugli strumenti di liquidità forniti da banche centrali o le garanzie dello Stato sulle passività di nuova emissione non dovrebbero attivare il quadro di risoluzione delle crisi quando sono soddisfatte determinate condizioni. Occorre, in particolare, che le misure di garanzia dello Stato ottengano l’approvazione nell’ambito del quadro degli aiuti di Stato e non facciano parte di un pacchetto d’aiuto più ampio, e che il ricorso alle misure di garanzia sia rigorosamente limitato nel tempo. In entrambi i casi la banca dev’essere solvente.

(25)È opportuno che i poteri delle autorità di risoluzione delle crisi si applichino anche alle società di partecipazione quando sia la società di partecipazione sia un ente filiazione sono in dissesto o a rischio di dissesto. A prescindere dal fatto che la società di partecipazione sia o no in dissesto o a rischio di dissesto, è altresì opportuno che i poteri di tali autorità le si applichino quando uno o più enti creditizi o imprese d’investimento filiazioni soddisfano le condizioni per la risoluzione della crisi e l’applicazione degli strumenti e poteri di risoluzione delle crisi alla società di partecipazione è necessaria ai fini della risoluzione della crisi di una o più delle sue filiazioni oppure del gruppo nel complesso.

(26)Quando un ente è in dissesto o a rischio di dissesto, le autorità nazionali dovrebbero disporre di una serie minima di strumenti e poteri armonizzati di risoluzione delle crisi, il cui utilizzo o esercizio sia soggetto a condizioni, obiettivi e principi generali comuni. La decisione dell’autorità di risoluzione delle crisi di assoggettare l’ente alla risoluzione della crisi esclude la procedura ordinaria d’insolvenza. È opportuno che gli Stati membri possano dotare le autorità di risoluzione delle crisi di poteri e strumenti aggiuntivi rispetto a quelli loro conferiti a norma della presente direttiva, che però dovranno essere utilizzati secondo i principi e gli obiettivi relativi alla risoluzione delle crisi in essa stabiliti. Occorre in particolare che l’utilizzo o esercizio di tali strumenti o poteri non interferisca con la risoluzione efficace delle crisi di gruppi transfrontalieri e assicuri che le perdite siano sostenute dagli azionisti.

(27)Per evitare l’azzardo morale, un ente insolvente dovrebbe essere in grado di uscire dal mercato, a prescindere dalle sue dimensioni e interconnessioni, senza provocare perturbazioni sistemiche. In linea di principio, un ente in dissesto è liquidato con procedura ordinaria di insolvenza. Tale procedura, tuttavia, potrebbe compromettere la stabilità finanziaria, interrompere la prestazione di servizi essenziali e pregiudicare la tutela dei depositanti. In tal caso si configura un interesse pubblico ad applicare strumenti di risoluzione delle crisi, con l’obiettivo di garantire la continuità dei servizi finanziari essenziali, mantenere la stabilità del sistema finanziario, limitare l’azzardo morale riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico per gli enti in dissesto e tutelare i depositanti.

(28)Si dovrebbe sempre vagliare l’ipotesi della liquidazione dell’ente insolvente con procedura ordinaria di insolvenza prima di prendere la decisione di mantenerlo in attività. Un ente insolvente dovrebbe essere mantenuto in attività ricorrendo, per quanto possibile, a fondi privati, attraverso la vendita o la fusione con un acquirente del settore privato o previa riduzione delle passività dell’ente ovvero previa conversione del debito in capitale per effettuare una ricapitalizzazione.

(29)Nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione delle crisi, occorre che le autorità di risoluzione delle crisi si assicurino che azionisti e creditori sostengano una quota adeguata delle perdite, che i dirigenti siano sostituiti, che i costi della risoluzione della crisi dell’ente siano ridotti al minimo e che tutti i creditori di un ente insolvente appartenenti alla stessa categoria siano trattati in modo analogo. Quando il ricorso a strumenti di risoluzione delle crisi implica la concessione di aiuti di Stato, occorre valutare gli interventi in conformità alle pertinenti disposizioni in materia di aiuti di Stato. L’intervento degli aiuti di Stato è possibile, tra l’altro, quando si ricorre a fondi di risoluzione delle crisi o fondi di garanzia dei depositi a sostegno della risoluzione delle crisi di enti in dissesto.

(30)Le limitazioni dei diritti di azionisti e creditori devono essere conformi all’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali. Gli strumenti di risoluzione delle crisi dovrebbero pertanto essere applicati esclusivamente agli enti in dissesto o a rischio di dissesto e solo quando ciò risulta necessario per perseguire l’obiettivo della stabilità finanziaria nell’interesse generale. In particolare, dovrebbero essere applicati laddove l’ente non possa essere liquidato con procedura ordinaria di insolvenza senza destabilizzare il sistema finanziario e siano necessarie misure intese a garantire il rapido trasferimento e la prosecuzione di funzioni importanti a livello sistemico, e laddove non si possa ragionevolmente prospettare una soluzione alternativa che coinvolga il settore privato, neanche sotto forma di un aumento del capitale, da parte degli azionisti o di terzi, sufficiente a ripristinare la sostenibilità economica piena dell’ente.

(31)L’interferenza nei diritti di proprietà non dovrebbe essere eccessiva. Di conseguenza, gli azionisti e creditori interessati non dovrebbero subire perdite superiori a quelle che avrebbero sostenuto se l’ente fosse stato liquidato nel momento in cui è stata decisa la risoluzione della crisi. Qualora le attività di un ente soggetto a risoluzione della crisi siano parzialmente cedute ad un acquirente privato o a una banca-ponte, è opportuno liquidare la parte residua di tale ente con procedura ordinaria di insolvenza. Per tutelare gli azionisti e creditori che si ritrovano coinvolti nella procedura di liquidazione dell’ente, occorre sancirne il diritto a ricevere, in pagamento dei loro crediti nel quadro di tale procedura, una somma non inferiore a quella che, secondo le stime, avrebbero recuperato se l’ente nella sua integralità fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza.

(32)Per tutelare il diritto degli azionisti e creditori di ricevere una somma non inferiore a quella che avrebbero recuperato nella procedura ordinaria di insolvenza, occorre stabilire obblighi chiari riguardo alla valutazione delle attività e delle passività dell’ente e concedere tempo sufficiente ad una stima adeguata del trattamento che tali azionisti e creditori avrebbero ricevuto se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza. Dovrebbe essere possibile avviare la valutazione fin dalla fase di intervento precoce. Prima di qualsiasi azione di risoluzione della crisi si dovrebbe stimare sia il valore delle attività e passività dell’ente sia il trattamento che sarebbe riservato ad azionisti e creditori in una procedura ordinaria di insolvenza. Un ricorso giurisdizionale avverso la stima effettuata dovrebbe essere possibile soltanto se verte anche sulla decisione di risoluzione della crisi. Dovrebbe vigere altresì l’obbligo di effettuare un raffronto a posteriori, dopo l’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi, fra il trattamento effettivamente ricevuto da azionisti e creditori e quello che sarebbe stato riservato loro in una procedura ordinaria di insolvenza. Se risulta che, in pagamento dei loro crediti, azionisti e creditori hanno ricevuto una somma inferiore a quella che avrebbero recuperato in una procedura ordinaria di insolvenza, occorre sancire il loro diritto a incassare la differenza. Contrariamente a quanto previsto per la valutazione precedente l’azione di risoluzione della crisi, il ricorso avverso tale raffronto dovrebbe essere possibile anche separatamente dalla decisione di risoluzione della crisi. È opportuno lasciare agli Stati membri la libertà di stabilire la procedura secondo cui corrispondere ad azionisti e creditori le eventuali differenze di trattamento constatate. È opportuno che tale differenza sia corrisposta dai meccanismi finanziari istituiti in conformità alla presente direttiva.

(33)È importante che le perdite siano rilevate al momento in cui si verifica il dissesto dell’ente. Il principio guida per la valutazione delle attività e passività dell’ente in dissesto dovrebbe essere il loro valore di mercato al momento dell’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi, nella misura in cui i mercati funzionano correttamente. In presenza di un’effettiva disfunzione dei mercati, la valutazione può essere effettuata al valore economico a lungo termine, debitamente giustificato, delle attività e passività. Dovrebbe essere possibile procedere, per motivi di urgenza, a una valutazione rapida delle attività e passività dell’ente in dissesto da parte delle autorità di risoluzione delle crisi: si tratterebbe di una valutazione provvisoria, valida fino al momento in cui è effettuata una valutazione indipendente.

(34)Occorre agire rapidamente per sostenere la fiducia del mercato e ridurre al minimo il contagio. Una volta accertato il dissesto, o probabile dissesto, dell’ente, le autorità di risoluzione delle crisi non dovrebbero tardare a prendere le opportune misure. È opportuno permettere a tali autorità, in funzione delle circostanze in cui si verifica il dissesto dell’ente e in particolare dell’eventuale urgenza, di intraprendere un’azione di risoluzione delle crisi senza dover prima esercitare i poteri di intervento precoce.

(35)Gli strumenti di risoluzione delle crisi dovrebbero essere applicati prima di un’eventuale iniezione di capitale del settore pubblico, ovvero di un equivalente sostegno finanziario pubblico straordinario a favore di un ente, senza tuttavia precludere l’uso, per il finanziamento di tale risoluzione, delle risorse dei sistemi di garanzia dei depositi o dei fondi di risoluzione. Al riguardo, occorre valutare in conformità alle pertinenti disposizioni in materia di aiuti di Stato il ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario o a fondi di risoluzione delle crisi, compresi i fondi di garanzia dei depositi, a sostegno della risoluzione delle crisi di enti in dissesto.

(36)Gli strumenti di risoluzione delle crisi dovrebbero comprendere la vendita dell’attività d’impresa a un acquirente privato, la costituzione di un ente-ponte, la separazione delle attività sane dell’ente in dissesto da quelle deteriorate e il bail-in dell’ente in dissesto.

(37)Laddove gli strumenti di risoluzione delle crisi siano stati utilizzati per trasferire i servizi d’importanza sistemica o l’attività economicamente sostenibile di un ente a un’entità sana, quale un acquirente del settore privato o un ente-ponte, la parte residua dell’ente dovrebbe essere liquidata entro un termine appropriato, tenuto conto della necessità che l’ente dissestato fornisca servizi o assistenza per consentire all’acquirente o all’ente-ponte di svolgere le attività o i servizi acquisiti in virtù di tale trasferimento.

(38)Lo strumento della vendita dell’attività d’impresa dovrebbe consentire alle autorità di vendere l’ente o rami della sua attività a uno o più acquirenti senza il consenso degli azionisti. Nell’applicare tale strumento le autorità dovrebbero procedere alla commercializzazione dell’ente o di rami della sua attività in modo aperto, trasparente e non discriminatorio, adoperandosi nel contempo per ottenere una vendita al prezzo più alto possibile.

(39)Per tutelare il diritto di azionisti e creditori di ricevere una somma non inferiore a quella che avrebbero recuperato in una procedura ordinaria d’insolvenza, occorre che i proventi derivanti da una cessione parziale delle attività vadano a beneficio dell’ente soggetto a risoluzione della crisi. In caso di cessione di tutte le azioni o di tutte le attività, i diritti e le passività dell’ente, occorre che i proventi derivanti dal trasferimento vadano a beneficio degli azionisti dell’ente dissestato. I proventi sono calcolati al netto dei costi indotti dal dissesto dell’ente e dal processo di risoluzione della crisi.

(40)Perché la vendita dell’attività d’impresa sia effettuata nei tempi opportuni e a salvaguardia della stabilità finanziaria, occorre effettuare senza indugio, in deroga ai termini fissati dalla direttiva 2006/48/CE, la valutazione dell’acquirente di una partecipazione qualificata.

(41)È probabile che le informazioni concernenti la commercializzazione di un ente dissestato e i negoziati con i potenziali acquirenti prima dell’applicazione dello strumento della vendita dell’attività d’impresa siano di importanza sistemica. Per garantire la stabilità finanziaria, è importante che la divulgazione al pubblico delle informazioni previste dalla direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) 25 possa essere ritardata per il tempo necessario a pianificare e strutturare la risoluzione della crisi dell’ente, nel rispetto dei termini consentiti dal regime in materia di abusi di mercato.

(42)In quanto ente controllato dall’autorità di risoluzione delle crisi, l’ente-ponte ha come finalità principale quella di garantire che i clienti dell’ente insolvente continuino a ricevere i servizi finanziari essenziali e che si continuino a svolgere le attività finanziarie fondamentali. È opportuno gestire l’ente-ponte come un’impresa in attività economicamente sostenibile e rimetterlo sul mercato appena possibile o liquidarlo se economicamente insostenibile.

(43)Lo strumento della separazione delle attività consente alle autorità di cedere attività compromesse o deteriorate a una società veicolo distinta. Questo strumento dovrebbe essere utilizzato solo unitamente ad altri strumenti per impedire un indebito vantaggio competitivo a favore dell’ente in dissesto.

(44)Un regime di risoluzione efficace delle crisi dovrebbe ridurre al minimo i costi della risoluzione della crisi di un ente in dissesto sostenuti dai contribuenti, così come assicurare che anche la risoluzione delle crisi di grandi enti di rilevanza sistemica sia possibile senza mettere a repentaglio la stabilità finanziaria. Con lo strumento del bail-in si consegue tale obiettivo garantendo che gli azionisti e creditori dell’ente sostengano perdite adeguate e si facciano carico di una quota adeguata dei costi. A tale proposito, il Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board, FSB) ha raccomandato che i poteri di riduzione del debito previsti per legge siano inclusi in un quadro di risoluzione delle crisi come opzione aggiuntiva, unitamente ad altri strumenti di risoluzione delle crisi.

(45)Al fine di garantire che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano della necessaria flessibilità per ripartire le perdite tra i creditori in una serie di circostanze, è opportuno che esse possano applicare lo strumento del bail-in sia quando l’obiettivo è procedere alla risoluzione della crisi dell’ente in dissesto mantenendo l’impresa attiva – purché se ne possa ragionevolmente prospettare il ripristino della sostenibilità economica –, sia quando servizi importanti a livello sistemico sono trasferiti a un ente-ponte e la parte residua dell’ente cessa di operare ed è liquidata.

(46)Quando lo strumento del bail-in è applicato con l’obiettivo di ripristinare il capitale dell’ente in dissesto per consentirgli di continuare la propria attività, la risoluzione della crisi tramite bail-in dovrebbe essere sempre accompagnata dalla sostituzione della direzione e dalla successiva ristrutturazione dell’ente e delle sue attività in modo da eliminare i motivi del dissesto. La ristrutturazione dovrebbe essere realizzata mediante l’attuazione di un piano di riorganizzazione aziendale. Laddove applicabile, tale piano dovrebbe essere compatibile con il piano di ristrutturazione che gli enti sono tenuti a presentare alla Commissione a titolo del quadro dell’Unione per gli aiuti di Stato. Il piano dovrebbe in particolare includere, oltre alle misure volte a ripristinare la sostenibilità economica a lungo termine dell’ente, sia misure che limitino l’aiuto a un minimo e che dispongano la ripartizione degli oneri sia misure che arginino le distorsioni di concorrenza.

(47)Non è opportuno applicare lo strumento del bail-in a crediti garantiti, siano essi assistiti da garanzia reale o da altri tipi di garanzie. Tuttavia, per assicurare che lo strumento sia efficace e raggiunga gli obiettivi è auspicabile che si possa applicare a una gamma più ampia possibile di passività non garantite di un ente in dissesto. In ogni caso, è opportuno escludere determinate categorie di passività non garantite dall’ambito di applicazione dello strumento del bail-in. Per motivi di ordine pubblico e di efficacia della risoluzione delle crisi, lo strumento del bail-in non dovrebbe applicarsi ai depositi protetti ai sensi della direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi 26 , alle passività nei confronti dei dipendenti dell’ente in dissesto o ai crediti commerciali relativi a beni e servizi necessari per il funzionamento quotidiano dell’ente.

(48)Lo strumento del bail-in non dovrebbe incidere sui titolari di depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, anche se questo concorre comunque a finanziare il processo di risoluzione delle crisi perché deve, nel caso, rifondere i depositanti. L’esercizio dei poteri di bail-in permetterebbe ai depositanti di continuare ad accedere ai depositi, il che costituisce il principale motivo per cui sono stati istituiti i sistemi di garanzia dei depositi. Se non si prevedesse d’implicare questi sistemi in tali casi, si configurerebbe un vantaggio indebito rispetto al resto dei creditori, nei cui confronti l’autorità di risoluzione delle crisi eserciterebbe i suoi poteri.

(49)In generale, le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero applicare lo strumento del bail-in in modo tale da rispettare il trattamento paritario dei creditori e il rango dei crediti ai sensi della legislazione vigente in materia di insolvenza. Le perdite dovrebbero essere assorbite innanzitutto da strumenti di patrimonio di vigilanza e dovrebbero essere ripartite tra gli azionisti mediante la cancellazione o una forte diluizione delle azioni. Se ciò non bastasse, il debito subordinato dovrebbe essere convertito o ridotto. Occorre infine convertire o ridurre le passività di primo rango se le categorie subordinate sono già state convertite o azzerate.

(50)Per evitare che gli enti strutturino le passività in modo da minare l’efficacia dello strumento del bail-in, è opportuno stabilire che essi devono disporre in qualsiasi momento di un importo aggregato, espresso in percentuale delle loro passività totali, di fondi propri, debito subordinato e passività di primo rango cui si applica lo strumento non rientranti nei fondi propri a norma della direttiva 2006/48/CE o della direttiva 2006/49/CE. È altresì opportuno permettere alle autorità di risoluzione delle crisi d’imporre che tale percentuale si componga, in tutto o in parte, di fondi propri e debito subordinato.

(51)Gli Stati membri dovrebbero assicurare che gli strumenti di capitale aggiuntivi di classe 1 e di classe 2 assorbano completamente le perdite quando l’ente emittente raggiunge il punto di insostenibilità economica. Di conseguenza, a quel punto le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero essere tenute ad azzerare tali strumenti o a convertirli in strumenti di capitale di base di classe 1 prima che sia avviata qualsiasi altra azione di risoluzione della crisi. A tale scopo, il punto di insostenibilità economica dovrebbe essere inteso come il punto al quale l’autorità nazionale pertinente stabilisce che l’ente soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi, ovvero il punto al quale l’autorità stabilisce che l’ente cesserà di essere economicamente sostenibile se tali strumenti di capitale non saranno ridotti. Il fatto che gli strumenti debbano essere ridotti o convertiti dalle autorità nelle circostanze richieste dalla presente direttiva dev’essere riconosciuto nelle clausole che disciplinano lo strumento e in eventuali prospetti o documenti di offerta pubblicati o forniti in relazione allo stesso.

(52)Mantenendo l’ente come impresa attiva, lo strumento del bail-in dovrebbe massimizzare il valore delle pretese dei creditori, migliorare la certezza sui mercati e rassicurare le controparti. Per rassicurare gli investitori e le controparti sui mercati e per minimizzare l’impatto, occorre consentire di attendere il 1° gennaio 2018 per applicare lo strumento del bail-in.

(53)Le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero disporre di tutti i poteri giuridici che si possono esercitare in diverse combinazioni quando sono applicati gli strumenti di risoluzione delle crisi. Tali poteri dovrebbero includere il potere di cedere azioni o attività, diritti o passività di un ente in dissesto a un’altra entità, quale un altro ente o un ente-ponte; il potere di estinguere o cancellare azioni, o il potere di ridurre o convertire il debito di un ente in dissesto; il potere di sostituire la direzione e il potere di imporre una moratoria temporanea del pagamento dei crediti. Potrebbero essere necessari anche poteri supplementari, compreso quello di richiedere ad altre parti del gruppo di continuare a fornire servizi essenziali.

(54)Non occorre prescrivere con esattezza i mezzi attraverso i quali le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero intervenire nell’ente insolvente. Esse dovrebbero poter scegliere tra l’assunzione del controllo mediante un intervento diretto nell’ente o attraverso un ordine esecutivo, decidendo in base alle circostanze del caso. In questa fase non pare necessario imporre un modello unico per una collaborazione efficiente tra Stati membri.

(55)Il quadro di risoluzione delle crisi dovrebbe prevedere degli obblighi procedurali per assicurare che le misure di risoluzione delle crisi siano adeguatamente notificate e rese pubbliche. Tuttavia, poiché è probabile che siano sensibili, le informazioni ottenute dalle autorità di risoluzione delle crisi e dai loro consulenti professionali durante la procedura di risoluzione della crisi dovrebbero essere soggette a un efficace regime di riservatezza prima che la decisione di risoluzione della crisi sia resa pubblica.

(56)Le autorità nazionali dovrebbero disporre di poteri accessori per garantire l’efficacia della cessione di azioni o titoli di debito e attività, diritti e passività. Tali poteri dovrebbero comprendere la facoltà di rimuovere i diritti di terzi dai titoli o attività ceduti e il potere di far valere contratti e assicurare la continuità degli accordi nei confronti del ricevente di attività e azioni cedute, senza tuttavia interferire con il diritto dei dipendenti di risolvere un contratto di lavoro. Dovrebbe restare impregiudicato anche il diritto di una parte di risolvere un contratto per motivi diversi dalla mera sostituzione dell’ente in dissesto con il nuovo ente. Le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero inoltre disporre del potere accessorio di imporre all’ente residuo che è liquidato con procedura ordinaria di insolvenza di fornire i servizi necessari per consentire all’ente al quale sono state cedute attività o azioni in virtù dell’applicazione dello strumento della vendita dell’attività d’impresa o dello strumento dell’ente-ponte di svolgere la propria attività.

(57)Ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, le parti interessate hanno diritto a un giudice imparziale e a disporre di mezzi di ricorso efficaci nei confronti delle misure che le riguardano. Di conseguenza, occorre prevedere la possibilità di ricorso giurisdizionale avverso le decisioni prese dalle autorità di risoluzione delle crisi. Tuttavia, poiché la presente direttiva è intesa a disciplinare situazioni di estrema urgenza e la sospensione di una decisione delle autorità di risoluzione delle crisi potrebbe interrompere la continuità di funzioni essenziali, è necessario prevedere che né la presentazione di un ricorso né un provvedimento giudiziario provvisorio possano sospendere l’attuazione delle decisioni di risoluzione delle crisi. Inoltre, sia per tutelare i terzi che hanno acquistato attività, diritti e passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi in virtù dell’esercizio dei poteri delle autorità in tal senso, sia per assicurare la stabilità dei mercati finanziari, il ricorso giurisdizionale non dovrebbe incidere sugli atti amministrativi e/o sulle transazioni conclusi in base a una decisione di risoluzione della crisi annullata. Occorre pertanto limitare al riconoscimento alle persone interessate di una compensazione per i danni subiti le misure correttive applicate a una decisione indebita.

(58)Nell’interesse di una risoluzione efficiente delle crisi e per evitare conflitti di competenza, non deve essere aperta né portata avanti alcuna procedura ordinaria di insolvenza in relazione all’ente in dissesto mentre l’autorità di risoluzione delle crisi esercita i propri poteri o applica strumenti di risoluzione delle crisi. È altresì utile e necessario sospendere, per un periodo di tempo limitato, determinati obblighi contrattuali, affinché l’autorità di risoluzione delle crisi abbia il tempo di mettere in pratica gli strumenti di risoluzione delle crisi.

(59)Affinché, nel cedere attività e passività a un acquirente del settore privato o a un ente-ponte, le autorità di risoluzione delle crisi dispongano di un periodo di tempo adeguato per individuare i contratti da cedere, è opportuno imporre limitazioni proporzionate dei diritti delle controparti di procedere al close out, anticipare o estinguere in altro modo contratti finanziari prima del trasferimento. Tali limitazioni sono necessarie per consentire alle autorità di ottenere un quadro fedele dello stato patrimoniale dell’ente in dissesto, senza le modifiche in termini di valore e contenuto che deriverebbero da un ampio esercizio dei diritti di recesso. Per limitare al minimo necessario l’interferenza nei diritti contrattuali delle controparti, la limitazione dei diritti di recesso dovrebbe applicarsi soltanto in relazione all’azione di risoluzione della crisi, lasciando impregiudicati i diritti di recesso derivanti da qualsiasi altro inadempimento, compreso il mancato pagamento o versamento dei margini.

(60)Al fine di preservare legittimi accordi finanziari nel caso di una cessione di parte delle attività, dei diritti e delle passività di un ente in dissesto, è opportuno introdurre meccanismi di protezione per impedire la separazione di passività, diritti e contratti collegati. Tale limitazione a determinate pratiche rispetto a contratti collegati dovrebbe estendersi ai contratti con la stessa controparte assistiti da garanzie, contratti di garanzia finanziaria che implicano il trasferimento della proprietà, accordi di compensazione, accordi di netting per close out e contratti di finanza strutturata. Quando si applica tale protezione, le autorità di risoluzione delle crisi sarebbero tenute a trasferire tutti i contratti collegati nell’ambito di un accordo protetto, ovvero a lasciarli alla banca residua fallita. Questa forma di protezione dovrebbe garantire che i requisiti di capitale previsti dalla direttiva 2006/48/CE per le esposizioni incluse in un accordo di netting non siano alterati.

(61)Nel caso in cui le autorità di risoluzione delle crisi intendano trasferire una serie di contratti collegati, il trasferimento non deve essere effettuato quando esso non è possibile per tutti i contratti della serie perché alcuni diritti o passività da essi contemplati sono disciplinati dalla legge di un territorio esterno all’Unione. Qualsiasi trasferimento effettuato in violazione di detta regole è privo di effetti.

(62)Anche se il fatto che le autorità di risoluzione delle crisi disporranno degli stessi strumenti e degli stessi poteri agevolerà un’azione coordinata in caso di dissesto di un gruppo transfrontaliero, sembrano tuttavia necessarie ulteriori misure per promuovere la cooperazione e prevenire risposte nazionali frammentarie. Le autorità di risoluzione delle crisi dovrebbero consultarsi e cooperare nell’ambito di collegi di risoluzione delle crisi in caso di risoluzione della crisi di entità affiliate, nell’intento di concordare un programma di risoluzione della crisi del gruppo. Dovrebbero essere istituiti collegi di risoluzione delle crisi che andrebbero a integrare i già esistenti collegi delle autorità di vigilanza attraverso l’aggiunta delle autorità di risoluzione delle crisi, e, ove appropriato, il coinvolgimento dei ministeri delle finanze, per le entità appartenenti a gruppi. In caso di crisi, il collegio di risoluzione delle crisi dovrebbe rappresentare un forum per lo scambio di informazioni e per il coordinamento delle misure di risoluzione delle crisi.

(63)Nella risoluzione delle crisi di gruppi transfrontalieri occorre raggiungere un equilibrio fra, da un lato, la necessità di procedure consone all’urgenza della situazione e funzionali al raggiungimento di soluzioni efficaci, eque e tempestive per il gruppo nel suo complesso e, dall’altro, l’esigenza di preservare la stabilità finanziaria in tutti gli Stati membri in cui il gruppo opera. È opportuno che le diverse autorità di risoluzione delle crisi confrontino le loro posizioni nel collegio di risoluzione delle crisi. Le azioni di risoluzione della crisi proposte dall’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo dovrebbero essere preparate e discusse fra le diverse autorità nazionali di risoluzione delle crisi nel quadro dei corrispondenti piani a livello di gruppo. Per agevolare il raggiungimento di una decisione rapida e comune ogniqualvolta possibile, i collegi di risoluzione delle crisi dovrebbero comprendere le posizioni delle autorità di risoluzione delle crisi di tutti gli Stati membri in cui il gruppo opera. Le azioni di risoluzione delle crisi decise dall’apposita autorità a livello di gruppo dovrebbero tener sempre conto delle ripercussioni sulla stabilità finanziaria negli Stati membri in cui il gruppo opera. Occorre a tal fine conferire alle autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro in cui è stabilita una filiazione la facoltà di contestare le decisioni dell’autorità di risoluzione delle crisi di gruppo, non soltanto quanto all’adeguatezza delle azioni e misure di risoluzione della crisi, ma anche nell’ottica della necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria in tale Stato membro. È opportuno incaricare l’ABE di comporre le controversie che vertono, fra l’altro, sull’adeguatezza della salvaguardia della stabilità finanziaria in tutti i vari Stati membri in cui il gruppo opera. Spetta all’ABE assicurare, in particolare, che la decisione finale sull’azione di risoluzione della crisi ponderi adeguatamente gli interessi di tutte le autorità di risoluzione delle crisi alla salvaguardia della stabilità finanziaria nell’Unione e in tutti gli Stati membri in cui il gruppo opera.

(64)L’elaborazione di un programma di risoluzione delle crisi di gruppo dovrebbe agevolare una risoluzione coordinata che ha più probabilità di produrre i migliori risultati per tutti gli enti di un gruppo. Il programma di risoluzione delle crisi di gruppo dovrebbe essere proposto dall’autorità di risoluzione delle crisi di gruppo e vincolare i membri del collegio di risoluzione delle crisi. È opportuno concedere alle autorità nazionali di risoluzione delle crisi dissenzienti la possibilità di rimettere la questione all’Autorità bancaria europea (in appresso “ABE”), la quale dovrebbe essere abilitata a dirimerla dopo aver valutato se un’azione autonoma dello Stato membro interessato sia giustificata da motivi di stabilità finanziaria nazionale, tenuto conto dell’impatto sulla stabilità finanziaria in altri Stati membri e della massimizzazione del valore del gruppo nel suo complesso.

(65)Nell’ambito di un programma di risoluzione delle crisi di gruppo, le autorità nazionali dovrebbero essere invitate ad applicare lo stesso strumento alle entità giuridiche che soddisfano le condizioni per la risoluzione delle crisi. Le autorità nazionali non dovrebbero avere il potere di contestare gli strumenti di risoluzione delle crisi applicati a livello di gruppo che sono di competenza dell’autorità di risoluzione delle crisi di gruppo, quali l’applicazione dello strumento dell’ente-ponte a livello di impresa madre, la vendita di attività dell’ente creditizio impresa madre e la conversione del debito a livello di impresa madre. Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo dovrebbero avere anche il potere di applicare lo strumento dell’ente-ponte a livello di gruppo (che può comportare, se del caso, meccanismi di ripartizione degli oneri) per stabilizzare un gruppo nel suo insieme. La proprietà delle filiazioni potrebbe essere trasferita all’ente-ponte in vista di una loro vendita successiva, tutte insieme o una per una, quando le condizioni del mercato saranno favorevoli. Inoltre, l’autorità di risoluzione delle crisi di gruppo dovrebbe avere il potere di applicare lo strumento del bail-in a livello di impresa madre.

(66)Una risoluzione efficace delle crisi degli enti e gruppi attivi a livello internazionale implica intese di cooperazione tra l’Unione e le autorità di risoluzione delle crisi dei paesi terzi. La cooperazione sarà più agevole se i regimi di risoluzione delle crisi dei paesi terzi si fondano sui principi e approcci comuni in via di definizione al Consiglio per la stabilità finanziaria e al G20. A tal fine è opportuno che l’ABE elabori e concluda accordi quadro amministrativi con le autorità dei paesi terzi a norma dell’articolo 33 del regolamento (UE) n. 1093/2010 e che le autorità nazionali concludano accordi bilaterali conformi, per quanto possibile, agli accordi quadro dell’ABE. La definizione di tali accordi tra autorità nazionali competenti della gestione del dissesto di imprese globali dovrebbe essere un mezzo per garantire l’efficacia della pianificazione, del processo decisionale e del coordinamento riguardo ai gruppi internazionali. L’ABE dovrebbe essere inoltre incaricata del riconoscimento delle misure adottate dalle autorità di risoluzione delle crisi nei paesi terzi. Spetterebbe agli Stati membri dare attuazione alle decisioni di riconoscimento dell’ABE.

(67)È opportuno che la cooperazione riguardi sia le filiazioni dei gruppi dell’Unione o di paesi terzi sia succursali degli enti dell’Unione o di paesi terzi. La succursali dei gruppi di paesi terzi sono imprese stabilite nell’Unione: pertanto, sono totalmente sottoposte al diritto dell’Unione, compresi gli strumenti di risoluzione delle crisi previsti dalla presente direttiva. Occorre tuttavia preservare il diritto degli Stati membri di applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi anche alle succursali di enti la cui amministrazione centrale è stabilita in un paese terzo nei casi in cui il riconoscimento e l’applicazione alla succursale di procedure del paese terzo metterebbe a repentaglio la stabilità finanziaria dell’Unione o in cui i depositanti dell’Unione non riceverebbero lo stesso trattamento dei depositanti del paese terzo. Occorre quindi conferire all’ABE il diritto di rifiutare, previa consultazione delle autorità nazionali di risoluzione delle crisi, il riconoscimento di una procedura di un paese terzo nei confronti di una succursale sita nell’Unione di un ente di un paese terzo.

(68)Vi sono casi in cui l’efficacia degli strumenti di risoluzione delle crisi applicati può dipendere dalla disponibilità di finanziamenti a breve termine per l’ente o per un ente-ponte, dalla fornitura di garanzie a potenziali acquirenti o dalla reperibilità di capitali per l’ente-ponte. Al di là del ruolo delle banche centrali di fornire liquidità al sistema finanziario anche in momenti di crisi, è importante che gli Stati membri istituiscano meccanismi di finanziamento intesi a evitare che i fondi necessari a tal fine provengano dai bilanci nazionali. La stabilizzazione del sistema finanziario dovrebbe essere finanziata dal settore finanziario nel suo complesso.

(69)In linea di principio, i contributi dovrebbero essere raccolti dal settore prima di qualsiasi operazione di risoluzione delle crisi e indipendentemente da essa. Quando i finanziamenti preventivi non sono sufficienti a coprire le perdite o i costi sostenuti utilizzando i meccanismi di finanziamento, occorrono contributi aggiuntivi per sostenere gli ulteriori costi o perdite.

(70)Al fine di costituire una massa critica ed evitare gli effetti prociclici che si verificherebbero se, in una crisi sistemica, i meccanismi di finanziamento dovessero basarsi solo sui contributi ex post, le risorse finanziarie messe ex ante a disposizione dei meccanismi finanziari nazionali devono obbligatoriamente ammontare ad un determinato livello-obiettivo.

(71)Ai fini di un calcolo equo dei contributi e di un incentivo a operare secondo un modello meno rischioso, è opportuno che i contributi ai meccanismi di finanziamento nazionali tengano conto del grado di rischio cui gli enti creditizi sono esposti.

(72)Assicurare una risoluzione efficace delle crisi degli enti finanziari in dissesto nell’Unione è un fattore essenziale nel completamento del mercato interno: il loro dissesto, infatti, incide non soltanto sulla stabilità finanziaria dei mercati in cui operano direttamente, ma anche sul mercato finanziario dell’Unione nella sua totalità. Con il completamento del mercato interno dei servizi finanziari si rinsalda l’interazione fra i vari sistemi finanziari nazionali. Gli enti operano al di là dello Stato membro di stabilimento e sono intercollegati tramite il mercato interbancario e altri mercati che sono, nella sostanza, paneuropei. Assicurare che la risoluzione delle crisi di tali enti sia finanziata efficacemente, a pari condizioni, nei diversi Stati membri è nell’interesse superiore dello Stato membro in cui l’ente in questione opera, ma anche, in generale, in quello di tutti gli altri, perché costituisce un mezzo per garantire pari condizioni di concorrenza e migliorare il funzionamento del mercato unico finanziario europeo. L’istituzione di un sistema europeo dei meccanismi di finanziamento dovrebbe far sì che tutti gli enti che operano nell’Unione siano soggetti a meccanismi di finanziamento della risoluzione delle crisi di pari efficacia e concorrano alla stabilità del mercato unico.

(73)Per migliorare la resilienza del sistema europeo dei meccanismi di finanziamento, e in linea con l’obiettivo di attingere principalmente al settore per ottenere i finanziamenti piuttosto che ai fondi pubblici, è opportuno che i meccanismi nazionali possano concedersi reciprocamente prestiti in caso di necessità.

(74)Benché istituiti a livello nazionale, i meccanismi di finanziamento dovrebbero essere messi in comune in caso di risoluzione di una crisi di gruppo. Quando l’azione di risoluzione della crisi assicura ai depositanti il mantenimento dell’accesso ai depositi, il sistema di garanzia dei depositi cui l’ente soggetto a risoluzione della crisi è affiliato dovrebbe rispondere, fino all’ammontare dei depositi coperti, dell’ammontare delle perdite che essi avrebbero dovuto sostenere se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza.

(75)Oltre a provvedere al rimborso dei depositanti o alla continuità dell’accesso ai depositi coperti, gli Stati membri dovrebbero essere liberi di decidere se usare i sistemi di garanzia dei depositi anche come meccanismi per finanziare altre azioni di risoluzione delle crisi. Tale flessibilità non dovrebbe mettere a rischio il finanziamento dei sistemi di garanzia dei depositi né la funzione di garantire il rimborso dei depositi coperti.

(76)Quando, nel contesto della risoluzione della crisi di un ente creditizio, i depositi sono trasferiti a un altro ente, i depositanti non dovrebbero essere assicurati per un importo superiore al livello di copertura previsto dalla direttiva 94/19/CE. Di conseguenza, i crediti relativi ai depositi rimasti presso l’ente creditizio soggetto a risoluzione delle crisi si dovrebbero limitare alla differenza tra i fondi trasferiti e il livello di copertura previsto dalla direttiva 94/19/CE. Se i depositi trasferiti sono superiori al livello di copertura, il depositante non dovrebbe avere un diritto di credito nei confronti del sistema di garanzia dei depositi per quanto concerne i depositi rimasti presso l’ente creditizio soggetto a risoluzione delle crisi.

(77)L’istituzione dei meccanismi di finanziamento che costituiscono il sistema europeo dei meccanismi di finanziamento di cui alla presente direttiva dovrebbe assicurare il coordinamento nell’impiego dei fondi che sono disponibili per la risoluzione delle crisi a livello nazionale.

(78)L’adozione di norme tecniche relative ai servizi finanziari dovrebbe garantire un’armonizzazione coerente e una tutela adeguata di depositanti, investitori e consumatori in tutta l’Unione. Sarebbe efficiente e opportuno affidare all’ABE, in quanto organismo altamente specializzato, l’elaborazione dei progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione che non implicano scelte politiche, da sottoporre alla Commissione.

(79)È opportuno che la Commissione adotti i progetti di norme tecniche di regolamentazione elaborati dall’ABE mediante atti delegati a norma dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e in conformità agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

(80)Dovrebbe essere conferito alla Commissione il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea al fine di: precisare le definizioni di “funzioni essenziali” e “aree di attività principali”; precisare le circostanze in cui un ente è in dissesto o a rischio di dissesto; indicare le circostanze in cui applicare lo strumento della separazione delle attività; specificare le passività escluse dall’ambito di applicazione dello strumento del bail-in; indicare le situazioni in cui l’esclusione dallo strumento del bail-in è necessaria ai fini della continuità delle operazioni essenziali e delle principali linee di attività; indicare i criteri per fissare l’importo minimo delle passività ammissibili di cui l’ente deve disporre ai fini dello strumento del bail-in; precisare le circostanze in cui, in applicazione dello strumento del bail-in, cancellare le azioni esistenti e convertire le passività in azioni; specificare le situazioni in cui non riconoscere la procedura di risoluzione delle crisi di un paese terzo; precisare ulteriormente le condizioni a cui considerare che il livello-obiettivo dei meccanismi di finanziamento si è scostato in modo significativo dal livello iniziale; adottare criteri per adeguare i contributi ai meccanismi di finanziamento al profilo di rischio dei diversi enti; sancire obblighi per assicurare l’effettivo versamento dei contributi ai meccanismi di finanziamento; precisare le condizioni per i prestiti reciproci fra meccanismi di finanziamento nazionali. È particolarmente importante che la Commissione svolga consultazioni adeguate durante il lavoro preparatorio, anche a livello di esperti.

(81)È opportuno prevedere che, in determinati casi, l’ABE promuova dapprima, mediante orientamenti, la convergenza delle pratiche delle autorità nazionali e che successivamente, in funzione della convergenza realizzata nell’applicazione di tali orientamenti, la Commissione sia abilitata a adottare atti delegati.

(82)Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla tempestiva e continua trasmissione delle informazioni sui documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.

(83)Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero disporre di un termine di due mesi a decorrere dalla data di notifica per sollevare obiezioni all’atto delegato. Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero poter informare le altre istituzioni che non intendono sollevare obiezioni.

(84)Nella dichiarazione relativa all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, allegata all’atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona, la Conferenza prende atto dell’intenzione della Commissione di continuare a consultare gli esperti nominati dagli Stati membri nell’elaborazione dei progetti di atti delegati nel settore dei servizi finanziari, secondo la sua prassi costante.

(85)Dovrebbe essere conferito alla Commissione anche il potere di adottare norme tecniche di attuazione mediante atti di esecuzione a norma dell’articolo 291 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e in conformità all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010. All’ABE è affidata la stesura di progetti di norme tecniche di attuazione da sottoporre alla Commissione.

(86)La direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi 27 prevede il reciproco riconoscimento e l’attuazione in tutti gli Stati membri delle decisioni concernenti il risanamento o la liquidazione di enti creditizi con succursali in Stati membri diversi da quello della sede legale; la direttiva garantisce che tutte le attività e le passività dell’ente creditizio, a prescindere dal paese in cui si trovano, siano gestite in un’unica procedura nello Stato membro d’origine e che ai creditori negli Stati ospitanti sia riservato lo stesso trattamento dei creditori nello Stato membro d’origine; ai fini di una risoluzione efficace delle crisi, la direttiva 2001/24/CE si dovrebbe applicare anche nel caso di utilizzo degli strumenti di risoluzione delle crisi, sia quando sono applicati a enti creditizi sia quando sono applicati ad altre entità soggette al regime di risoluzione delle crisi; occorre pertanto modificare di conseguenza la direttiva 2001/24/CE.

(87)Le direttive sul diritto societario dell’Unione contengono norme obbligatorie per la tutela di azionisti e creditori degli enti creditizi che rientrano nel loro ambito di applicazione. Poiché, in una situazione in cui le autorità di risoluzione delle crisi devono agire rapidamente, queste norme possono ostacolare l’efficacia dell’intervento e l’uso degli strumenti e poteri di risoluzione delle crisi, occorre prevedere delle deroghe. Al fine di garantire il massimo grado di certezza giuridica ai portatori di interesse, le deroghe dovrebbero essere definite in modo chiaro e preciso ed essere applicate esclusivamente nell’interesse pubblico e nel rispetto delle condizioni per la risoluzione delle crisi. Il ricorso agli strumenti di risoluzione delle crisi presuppone il rispetto degli obiettivi e delle condizioni stabiliti a tal fine dalla presente direttiva.

(88)La seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa 28 contiene norme sul diritto degli azionisti di decidere in merito all’aumento e alla riduzione del capitale sociale, sul loro diritto a partecipare alle nuove emissioni di azioni come corrispettivo di conferimenti in contanti, sulla tutela dei creditori in caso di riduzione del capitale e sulla convocazione dell’assemblea dei soci in caso di perdita grave di capitale. Poiché queste norme possono ostacolare la rapidità di azione delle autorità di risoluzione delle crisi, occorre prevedere delle deroghe.

(89)La direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni 29 contiene, tra l’altro, norme sull’approvazione delle fusioni da parte dell’assemblea generale di ciascuna delle società partecipanti alla fusione, sui requisiti concernenti il progetto di fusione, la relazione della direzione e la relazione di un esperto, nonché sulla tutela dei creditori. La sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni 30 prevede norme analoghe sulla scissione delle società per azioni. La direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali 31 prevede norme corrispondenti sulle fusioni transfrontaliere delle società di capitali. Occorre introdurre deroghe a tali direttive per consentire un’azione rapida delle autorità di risoluzione delle crisi.

(90)La direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto 32 prevede l’obbligo di un’offerta pubblica di acquisto su tutte le azioni della società a un prezzo equo, come definito nella direttiva, ove qualcuno acquisti, direttamente o indirettamente e personalmente o di concerto con altri, una determinata percentuale di azioni della società tale da conferirgli il controllo sulla stessa e definita dalla legislazione nazionale. La norma sull’offerta obbligatoria ha lo scopo di tutelare gli azionisti di minoranza nel caso di cambio di controllo. Tuttavia, la prospettiva di un obbligo così costoso potrebbe scoraggiare possibili investitori nell’ente interessato, rendendo così difficile alle autorità di risoluzione delle crisi valersi di tutti i poteri di risoluzione delle crisi. Occorre prevedere una deroga alla disposizione sull’offerta pubblica obbligatoria, nella misura necessaria a consentire l’uso dei poteri di risoluzione delle crisi; successivamente al periodo di tale risoluzione, invece, la disposizione dovrebbe applicarsi a chiunque acquisisca il controllo dell’ente interessato.

(91)La direttiva 2007/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate 33 contempla i diritti procedurali degli azionisti in relazione all’assemblea. La direttiva stabilisce, tra l’altro, il termine minimo e il contenuto della convocazione dell’assemblea. Poiché queste disposizioni possono ostacolare la rapidità di azione delle autorità di risoluzione delle crisi, occorre prevedere delle deroghe alla direttiva. Prima della risoluzione può presentarsi l’esigenza di un rapido aumento del capitale, quando l’ente creditizio non soddisfa, o non è probabile che soddisfi, i requisiti delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, e con un aumento di capitale si potrebbe risanare la situazione finanziaria ed evitare di raggiungere la soglia per la risoluzione. In siffatta situazione, occorre prevedere la possibilità di convocare l’assemblea entro un termine ridotto. Tuttavia, gli azionisti dovrebbero mantenere il potere decisionale in merito all’aumento e alla riduzione del termine per la convocazione dell’assemblea. Per varare tale meccanismo occorre prevedere una deroga alla direttiva 2007/36/CE.

(92)Affinché le autorità competenti della risoluzione delle crisi siano rappresentate nel Sistema europeo di vigilanza finanziaria istituito dal regolamento (UE) n. 1093/2010 e affinché l’ABE disponga delle conoscenze necessarie a svolgere i compiti previsti dalla presente direttiva, occorre modificare il regolamento (UE) n. 1093/2010 per includere le autorità nazionali di risoluzione delle crisi nella nozione di autorità competenti di cui a tale regolamento. Tale assimilazione fra autorità di risoluzione delle crisi e autorità competenti a norma del regolamento (UE) n. 1093/2010 è in linea con le funzioni che l’articolo 25 dello stesso attribuisce all’ABE, vale a dire, tra l’altro, contribuire e partecipare attivamente all’elaborazione e al coordinamento di piani di risanamento e di risoluzione delle crisi e tendere a facilitare la risoluzione delle crisi degli istituti in fallimento e, in particolare, di gruppi transfrontalieri.

(93)Per assicurare l’osservanza degli obblighi imposti dalla presente direttiva da parte degli enti, di coloro che ne controllano effettivamente l’attività d’impresa e dei membri del loro organo di gestione, e per assicurare che essi ricevano un trattamento analogo in tutta l’Unione, occorre che gli Stati membri siano tenuti a prevedere sanzioni e misure amministrative effettive, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni e misure amministrative previste dagli Stati membri dovrebbero quindi rispondere a determinati requisiti quanto a destinatari, criteri di cui tener conto nell’applicare una sanzione o misura, pubblicazione delle sanzioni o misure, poteri sanzionatori fondamentali e livello delle sanzioni pecuniarie amministrative.

(94)La presente direttiva fa riferimento alle sanzioni e misure amministrative in modo da coprire tutte le azioni applicate in caso di violazione e miranti a impedire ulteriori violazioni, a prescindere dalla loro classificazione come sanzione o misura nell’ordinamento nazionale.

(95)Occorre che la presente direttiva lasci impregiudicate le disposizioni del diritto degli Stati membri relative alle sanzioni penali.

(96)Con la Dichiarazione politica comune degli Stati membri e della Commissione, del 28 settembre 2011, sui documenti esplicativi 34 , gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi debitamente giustificati, la notifica delle misure di recepimento con uno o più documenti esplicativi che chiariscano il rapporto tra le componenti della direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.

(97)La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto di proprietà, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e i diritti della difesa,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE, DEFINIZIONI E AUTORITÀ

Articolo 1

Oggetto e ambito di applicazione

La presente direttiva stabilisce norme e procedure per il risanamento e la risoluzione delle crisi di:

(a)enti creditizi e imprese di investimento;

(b)enti finanziari filiazioni di un ente creditizio o di un’impresa di investimento o di una società di cui alle lettere c) o d), soggetti alla vigilanza dell’impresa madre su base consolidata in conformità del titolo V, capo 2, sezione 2, sottosezione 1, della direttiva 2006/48/CE;

(c)società di partecipazione finanziaria, società di partecipazione finanziaria mista, società di partecipazione mista;

(d)società di partecipazione finanziaria madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria madri nell’Unione, società di partecipazione finanziaria mista madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria mista madri nell’Unione;

(e)succursali di enti con sede legale al di fuori dell’Unione secondo le specifiche condizioni previste nella presente direttiva.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

(1)“risoluzione della/delle crisi”: la ristrutturazione di un ente al fine di assicurarne la continuità delle funzioni essenziali, di preservare la stabilità finanziaria e di ripristinare la sostenibilità economica di tutto l’ente o di sue parti;

(2)“ente creditizio”: un ente creditizio come definito all’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/48/CE;

(3)“impresa di investimento”: un’impresa di investimento definita all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/49/CE, soggetta al requisito relativo al capitale iniziale di cui all’articolo 9 della medesima;

(4)“ente finanziario”: un ente finanziario come definito all’articolo 4, punto 5, della direttiva 2006/48/CE;

(5)“filiazione”: un’impresa figlia come definita all’articolo 4, punto 13, della direttiva 2006/48/CE;

(6)“impresa madre”: un’impresa madre come definita all’articolo 4, punto 12, della direttiva 2006/48/CE;

(7)“base consolidata”: in base alla situazione finanziaria consolidata di un gruppo soggetto alla vigilanza su base consolidata a norma del titolo V, capo 2, sezione 2, sottosezione 1, della direttiva 2006/48/CE o al subconsolidamento a norma dell’articolo 73, paragrafo 2, della medesima;

(8)“società di partecipazione finanziaria”: un ente finanziario le cui filiazioni sono, esclusivamente o prevalentemente, enti o enti finanziari, e almeno una di esse è un ente, e che non è una società di partecipazione finanziaria mista ai sensi dell’articolo 2, punto 15, della direttiva 2002/87/CE;

(9)“società di partecipazione finanziaria mista”: una società di partecipazione finanziaria mista come definita all’articolo 2, punto 15, della direttiva 2002/87/CE;

(10)“società di partecipazione mista”: una società di partecipazione mista come definita all’articolo 4, punto 20, della direttiva 2006/48/CE, o una società di partecipazione mista come definita all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b) della direttiva 2006/49/CE;

(11)“società di partecipazione finanziaria madre in uno Stato membro”: una società di partecipazione finanziaria che non sia a sua volta filiazione di un ente autorizzato nello stesso Stato membro o di una società di partecipazione finanziaria o di partecipazione finanziaria mista costituita nello stesso Stato membro;

(12)“società di partecipazione finanziaria madre nell’Unione”: una società di partecipazione finanziaria madre che non sia filiazione di un ente autorizzato in un qualsiasi Stato membro o di un’altra società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista costituita in un qualsiasi Stato membro;

(13)“società di partecipazione finanziaria mista madre in uno Stato membro”: società di partecipazione finanziaria mista che non sia a sua volta filiazione di un ente autorizzato nello stesso Stato membro o di una società di partecipazione finanziaria o di partecipazione finanziaria mista costituita nello stesso Stato membro;

(14)“società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione”: una società di partecipazione finanziaria mista madre che non sia filiazione di un ente creditizio autorizzato in un qualsiasi Stato membro o di un’altra società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista costituita in un qualsiasi Stato membro;

(15)“obiettivi della risoluzione della/delle crisi”: gli obiettivi specificati all’articolo 26, paragrafo 2;

(16)“succursale”: una succursale come definita all’articolo 4, punto 3, della direttiva 2006/48/CE;

(17)“autorità di risoluzione della/delle crisi”: un’autorità designata da uno Stato membro a norma dell’articolo 3;

(18)“strumento di risoluzione della/delle crisi”: lo strumento della vendita dell’attività d’impresa, lo strumento dell’ente-ponte, lo strumento della separazione delle attività o lo strumento del bail-in;

(19)“potere di risoluzione della/delle crisi”: uno dei poteri di cui all’articolo 56, paragrafo 1;

(20)“autorità competente”: autorità competente come definita all’articolo 4, punto 4, della direttiva 2006/48/CE o all’articolo 3, paragrafo 3, lettera c) della direttiva 2006/49/CE;

(21)“ministeri competenti”: i ministeri delle finanze o altri ministeri responsabili delle decisioni economiche, finanziarie e di bilancio secondo le competenze nazionali;

(22)“controllo”: il rapporto tra un’impresa madre e una filiazione come definito all’articolo 1 della direttiva 83/349/CEE, ovvero un rapporto analogo tra una persona fisica o giuridica e un’impresa;

(23)“ente”: un ente creditizio o un’impresa di investimento;

(24)“direzione”: le persone che determinano effettivamente l’orientamento dell’attività dell’ente creditizio ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/48/CE;

(25)“gruppo”: un’impresa madre e le sue filiazioni;

(26)“sostegno finanziario pubblico straordinario”: aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, forniti per mantenere o ripristinare la sostenibilità economica, la liquidità o la solvibilità di un ente;

(27)“entità del gruppo”: un’entità giuridica facente parte di un gruppo;

(28)“piano di risanamento”: un piano preparato e aggiornato da un ente a norma dell’articolo 5;

(29)“funzioni essenziali”: attività, servizi e operazioni la cui interruzione potrebbe determinare una perturbazione dell’economia o dei mercati finanziari di uno o più Stati membri;

(30)“aree di attività principali”: aree di attività e servizi connessi che rappresentano una fonte sostanziale di entrate, utili o valore di franchise di un ente;

(31)“autorità di vigilanza su base consolidata”: l’autorità competente della vigilanza su base consolidata come definita all’articolo 4, punto 48, della direttiva 2006/48/CE;

(32)“fondi propri”: fondi propri ai sensi del titolo V, capo 2, della direttiva 2006/48/CE;

(33)“condizioni per la risoluzione delle crisi”: le condizioni specificate all’articolo 27, paragrafo 1;

(34)“azione di risoluzione della/delle crisi”: la decisione di assoggettare un ente a risoluzione delle crisi a norma dell’articolo 27, l’applicazione di uno strumento di risoluzione delle crisi o l’esercizio di uno o più poteri di risoluzione delle crisi in relazione a un ente;

(35)“piano di risoluzione della/delle crisi”: un piano preparato per un ente dalla pertinente autorità di risoluzione della/delle crisi a norma dell’articolo 9;

(36)“risoluzione della/delle crisi di gruppo”: uno degli interventi seguenti:

(a)azione di risoluzione della crisi a livello di impresa madre o di ente soggetto a vigilanza consolidata;

(b)coordinamento dell’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e dell’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi da parte delle autorità di risoluzione delle crisi in relazione a entità del gruppo che soddisfano le condizioni per la risoluzione della crisi;

(37)“piano di risoluzione della/delle crisi di gruppo”: un piano di risoluzione della/delle crisi di gruppo preparato a norma degli articoli 11 e 12;

(38)“autorità di risoluzione della/delle crisi a livello di gruppo”: l’autorità di risoluzione delle crisi nello Stato membro in cui si trova l’autorità di vigilanza su base consolidata;

(39)“collegio di risoluzione della/delle crisi”: un collegio istituito in conformità all’articolo 80 per svolgere i compiti di cui agli articoli 12, 13 e 83;

(40)“procedura ordinaria di insolvenza”: l’insieme delle procedure di insolvenza che comportano il parziale o totale disinvestimento di un debitore e la nomina di un liquidatore, di norma applicabili agli enti ai sensi del diritto nazionale, e specifiche per tali enti oppure applicabili in generale a qualsiasi persona fisica o giuridica;

(41)“titoli di debito” di cui all’articolo 56, lettere d), i), l) e m): le obbligazioni e altre forme di titoli di debito trasferibili, gli strumenti che creano o riconoscono un debito e quelli che conferiscono diritti di acquistare titoli di debito;

(42)“ente impresa madre in uno Stato membro”: un ente creditizio impresa madre in uno Stato membro come definito all’articolo 4, punto 14, della direttiva 2006/48/CE, o un’impresa d’investimento madre in uno Stato membro come definita all’articolo 3, lettera f), della direttiva 2006/49/CE;

(43)“ente impresa madre nell’Unione”: un ente creditizio impresa madre nell’Unione come definito all’articolo 4, punto 16, della direttiva 2006/48/CE, o un’impresa d’investimento madre nell’Unione come definita all’articolo 3, lettera g) della direttiva 2006/49/CE;

(44)“requisiti in materia di fondi propri”: i requisiti imposti dall’articolo 75 della direttiva 2006/48/CE;

(45)“collegio delle autorità di vigilanza”: un collegio delle autorità di vigilanza istituito a norma dell’articolo 131 bis della direttiva 2006/48/CE;

(46)“quadro degli aiuti di Stato dell’Unione”: il quadro istituito dagli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e i regolamenti stabiliti o adottati ai sensi dell’articolo 107 o dell’articolo 106, paragrafo 4 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea;

(47)“liquidazione”: il realizzo delle attività di un ente;

(48)“strumento della separazione delle attività”: la cessione, mediante l’esercizio del potere di cessione di un’autorità di risoluzione delle crisi, di attività e diritti di un ente che soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi a una società veicolo per la gestione delle attività, in conformità all’articolo 36;

(49)“strumento del bail-in”: esercizio, da parte di un’autorità di risoluzione delle crisi, dei poteri di riduzione e di conversione in relazione alle passività di un ente che soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi a norma dell’articolo 37;

(50)“strumento della vendita dell’attività d’impresa”: la cessione, ad opera di un’autorità di risoluzione delle crisi, di titoli di proprietà, attività, diritti o passività di un ente che soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi a un acquirente diverso da un ente-ponte, a norma dell’articolo 32;

(51)“strumento dell’ente-ponte”: il potere di cedere a un ente-ponte attività, diritti o passività di un ente che soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi, in conformità all’articolo 34;

(52)“ente-ponte”: un’entità giuridica interamente di proprietà di una o più autorità pubbliche (che possono includere l’autorità di risoluzione delle crisi), creata al fine di ricevere alcune o tutte le attività, i diritti e le passività di un ente soggetto a risoluzione della crisi per subentrarvi, in tutto o in parte, nei servizi e attività;

(53)“titoli di proprietà”: azioni, titoli che conferiscono la proprietà in associazioni mutualistiche, titoli convertibili in - o che conferiscono il diritto di acquisire - azioni o titoli di proprietà, e titoli che rappresentano partecipazioni azionarie o titoli di proprietà;

(54)“poteri di cessione”: i poteri specificati all’articolo 56, paragrafo 1, lettere c), d) o e), di cedere azioni, altri titoli di proprietà, titoli di debito, attività, diritti o passività, ovvero qualsiasi combinazione degli stessi, da un ente soggetto a risoluzione della crisi a un ricevente;

(55)“controparte centrale”: un’entità giuridica che si interpone tra le controparti di una transazione su uno o più mercati finanziari, diventando l’acquirente di ogni venditore e il venditore di ogni acquirente;

(56)“derivato”: uno strumento finanziario elencato nell’allegato I, sezione C, punti da (4) a (10), della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 35 ;

(57)“poteri di riduzione del debito e conversione”: i poteri specificati all’articolo 56, paragrafo 1, lettere da f) a l);

(58)“passività garantita”: una passività per la quale il diritto del creditore al pagamento è garantito da un gravame sulle attività, un pegno o un’ipoteca, o da contratti di garanzia, comprese le passività derivanti da operazioni di vendita con patto di riacquisto ed altri contratti di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà;

(59)“strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1”: strumenti di capitale rientranti nei fondi propri a norma dell’articolo 57, lettera c bis), della direttiva 2006/48/CE;

(60)“importo aggregato”: l’importo aggregato di cui l’autorità di risoluzione delle crisi ha valutato che si debbano ridurre o convertire le passività ammissibili ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1;

(61)“strumenti di capitale di base di classe 1”: strumenti di capitale rientranti nei fondi propri a norma dell’articolo 57, lettera a), della direttiva 2006/48/CE;

(62)“passività ammissibili”: le passività di un ente che non sono escluse dall’ambito di applicazione dello strumento del bail-in in virtù dell’articolo 38, paragrafo 2;

(63)“sistema di garanzia dei depositi”: un sistema di garanzia dei depositi istituito e ufficialmente riconosciuto da uno Stato membro a norma dell’articolo 3 della direttiva 94/19/CE;

(64)“strumenti di capitale di classe 2”: strumenti di capitale rientranti nei fondi propri a norma dell’articolo 56, lettere f) e h), della direttiva 2006/48/CE;

(65)“strumenti di capitale pertinenti”: ai fini del titolo IV, capo III, sezioni 5 e 6, strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 e strumenti di capitale di classe 2;

(66)“tasso di conversione”: il fattore che determina il numero di azioni ordinarie in cui è convertita una passività di una data classe, facendo riferimento a un singolo strumento di detta classe o a una specifica unità di valore di un credito;

(67)“creditore interessato”: il creditore la cui pretesa si riferisce a una passività ridotta o convertita in azioni mediante l’esercizio del potere di riduzione o di conversione;

(68)“azionista interessato”: l’azionista le cui azioni sono cancellate tramite il potere di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera j);

(69)“autorità appropriata”: l’autorità dello Stato membro designata ai sensi dell’articolo 54 che è competente a norma dell’ordinamento nazionale di tale Stato per effettuare le determinazioni di cui all’articolo 51, paragrafo 1;

(70)“ente impresa madre pertinente”: un’impresa madre in uno Stato membro, un’impresa madre nell’Unione, una società di partecipazione finanziaria, una società di partecipazione finanziaria mista, una società di partecipazione mista, una società di partecipazione finanziaria madre in uno Stato membro, una società di partecipazione finanziaria madre nell’Unione, una società di partecipazione finanziaria mista madre in uno Stato membro oppure una società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione, in relazione alla quale è applicato lo strumento del bail-in;

(71)“ricevente”: l’entità alla quale sono ceduti azioni, altri titoli di proprietà, titoli di debito, attività, diritti o passività, ovvero una combinazione degli stessi, dall’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(72)“giorno lavorativo”: qualsiasi giorno tranne il sabato, la domenica e le festività pubbliche nello Stato membro di origine dell’ente;

(73)“diritto di recesso”: il diritto di recedere da un contratto in caso di inadempimento, secondo quanto definito nel contratto o ai fini dello stesso, che comprende eventuali diritti connessi di anticipazione, close-out, compensazione o netting di obbligazioni nonché eventuali disposizioni connesse che sospendono, modificano o estinguono l’obbligo di un contraente di effettuare un pagamento;

(74)“ente soggetto a risoluzione della/delle crisi”: un ente, un ente finanziario, una società di partecipazione finanziaria, una società di partecipazione finanziaria mista, una società di partecipazione mista, una società di partecipazione finanziaria madre in uno Stato membro, una società di partecipazione finanziaria madre nell’Unione, una società di partecipazione finanziaria mista madre in uno Stato membro oppure una società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione, in relazione al quale è avviata un’azione di risoluzione della crisi;

(75)“ente filiazione nazionale”: un ente stabilito in uno Stato membro che è filiazione di un ente di un paese terzo o di una società di partecipazione finanziaria;

(76)“impresa madre nell’Unione”: un ente impresa madre nell’Unione, una società di partecipazione finanziaria madre nell’Unione o una società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione;

(77)“ente di un paese terzo”: un’entità la cui sede legale è stabilita in un paese terzo, titolare di un’autorizzazione o di una licenza a norma della legislazione di detto paese che le consente di esercitare una delle attività elencate nell’allegato I della direttiva 2006/48/CE o nell’allegato I, sezione A, della direttiva 2004/39/CE;

(78)“procedura di risoluzione della/delle crisi in un paese terzo”: un’azione ai sensi della legge di un paese terzo per gestire il dissesto di un ente di un paese terzo che è comparabile, in termini di risultati, alle azioni di risoluzione delle crisi di cui alla presente direttiva;

(79)“succursale nazionale”: una succursale di un ente di un paese terzo stabilita in uno Stato membro;

(80)“autorità competente di un paese terzo”: l’autorità di un paese terzo competente a svolgere funzioni comparabili a quelle delle autorità di risoluzione delle crisi o delle autorità competenti di cui alla presente direttiva;

(81)“meccanismo di finanziamento di gruppo”: il meccanismo o i meccanismi di finanziamento dello Stato membro dell’autorità di risoluzione della crisi a livello di gruppo;

(82)“operazione back to back”: un’operazione tra due entità di un gruppo volta a trasferire, in tutto o in parte, il rischio generato da un’altra operazione effettuata tra una delle entità e un terzo;

(83)“garanzia infragruppo”: un contratto con il quale un’entità del gruppo garantisce per le obbligazioni di un’altra entità del gruppo nei confronti di un terzo.

Quando la presente direttiva fa riferimento al regolamento (UE) n. 1093/2010, le autorità di risoluzione delle crisi sono considerate, ai fini di tale regolamento, autorità competenti ai sensi dell’articolo 4, punto 2, dello stesso.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare le definizioni di “funzioni essenziali” e “aree di attività principali” di cui ai punti (29) e (30), al fine di garantire un’applicazione uniforme della presente direttiva.

Articolo 3

Designazione delle autorità di risoluzione delle crisi

1.Ciascuno Stato membro designa una o più autorità di risoluzione delle crisi, abilitate ad applicare gli strumenti e a esercitare i poteri di risoluzione delle crisi.

2.Le autorità di risoluzione delle crisi sono autorità amministrative pubbliche.

3.Possono essere autorità di risoluzione delle crisi le autorità competenti della vigilanza ai fini delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, le banche centrali, i ministeri competenti ovvero altre autorità amministrative pubbliche, purché gli Stati membri adottino le norme e disposizioni necessarie per evitare conflitti di interesse tra le funzioni di vigilanza ai sensi delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, o le altre funzioni dell’autorità in questione, e le funzioni di autorità di risoluzione delle crisi ai sensi della presente direttiva. In particolare, gli Stati membri provvedono a che, in seno alle autorità competenti, banche centrali, ministeri competenti ovvero altre autorità amministrative pubbliche, la funzione di risoluzione delle crisi sia separata dalla funzione di vigilanza o altre funzioni dell’autorità in questione.

4.Laddove l’autorità di risoluzione delle crisi e l’autorità competente ai sensi della direttiva 2006/48/CE siano entità separate, gli Stati membri richiedono loro di collaborare strettamente nella preparazione, pianificazione e applicazione delle decisioni di risoluzione delle crisi.

5.Laddove l’autorità designata a norma del paragrafo 1 non sia il ministero competente di uno Stato membro, qualsiasi decisione dell’autorità designata ai sensi della presente direttiva è presa in consultazione con il ministero competente.

6.Gli Stati membri provvedono a che le autorità designate a norma del paragrafo 1 dispongano delle competenze, risorse e capacità operative atte ad applicare le misure di risoluzione delle crisi e siano in grado di esercitare i loro poteri con la rapidità e flessibilità necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione delle crisi.

7.Lo Stato membro che, ai fini dell’applicazione degli strumenti e dell’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi, designa più di una autorità ripartisce chiaramente le funzioni e i poteri tra le diverse autorità, assicura un adeguato coordinamento tra di esse e designa un’unica autorità quale autorità di contatto ai fini della collaborazione e del coordinamento con le autorità pertinenti di altri Stati membri.

8.Gli Stati membri informano l’Autorità bancaria europea (di seguito “ABE”) in merito alla o alle autorità nazionali nominate autorità di risoluzione delle crisi e autorità di contatto indicandone, se del caso, le rispettive funzioni e competenze specifiche. L’ABE pubblica l’elenco delle autorità di risoluzione delle crisi.

TITOLO II

PREPARAZIONE

CAPO I

Pianificazione del risamento e della risoluzione delle crisi

Sezione 1

Disposizioni generali

Articolo 4

Semplificazione degli obblighi per taluni enti

1.Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti e le autorità di risoluzione delle crisi stabiliscano, in considerazione dell’impatto che il dissesto dell’ente potrebbe avere sui mercati finanziari, su altri enti e sulle condizioni di finanziamento a causa della tipologia della sua attività, delle sue dimensioni o dell’interconnessione con altri enti o con il sistema finanziario in generale, in che misura i seguenti elementi valgano per l’ente:

(a)contenuto e particolari dei piani di risanamento e di risoluzione delle crisi previsti agli articoli 5, 7, 9 e 11;

(b)contenuto e particolari delle informazioni che gli enti devono fornire a norma dell’articolo 5, paragrafo 5, e degli articoli 10 e 11.

2.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per indicare i criteri cui il paragrafo 1 rimanda ai fini della valutazione, in conformità di detto paragrafo, dell’impatto del dissesto di un ente sui mercati finanziari, su altri enti e sulle condizioni di finanziamento.

3.Le autorità competenti e le autorità di risoluzione delle crisi comunicano all’ABE le modalità con cui hanno ottemperato all’obbligo di cui al paragrafo 1 relativamente agli enti di loro competenza. L’ABE riferisce alla Commissione, entro e non oltre il 1° gennaio 2018, in merito all’ottemperanza dell’obbligo di cui al paragrafo 1. L’ABE segnala in particolare alla Commissione le eventuali divergenze nell’ottemperanza a tale obbligo a livello nazionale.

Sezione 2

Pianificazione del risanamento

Articolo 5

Piani di risanamento

1.Gli Stati membri assicurano che ciascun ente prepari e tenga aggiornato un piano di risanamento che preveda, attraverso misure intraprese dalla direzione dell’ente o da un’entità del gruppo, il ripristino della situazione finanziaria a seguito di un deterioramento significativo. I piani di risanamento sono considerati un dispositivo di governo societario ai sensi dell’articolo 22 della direttiva 2006/48/CE.

2.Gli Stati membri assicurano che ciascun ente aggiorni il piano di risanamento almeno ogni anno o a seguito di cambiamenti della struttura giuridica o organizzativa, dell’attività o della situazione finanziaria che possano influire in misura sostanziale sul piano di risanamento o renderne necessaria la modifica. Le autorità competenti hanno facoltà di richiedere agli enti di aggiornare con maggiore frequenza i piani di risanamento.

3.I piani di risanamento non presuppongono l’accesso a un sostegno finanziario pubblico straordinario né il suo ottenimento, ma comprendono, ove pertinente, un’analisi delle modalità e delle situazioni in cui l’ente può chiedere di accedere a meccanismi della banca centrale in condizioni di crisi, e le relative garanzie reali disponibili.

4.Gli Stati membri provvedono a che i piani di risanamento contengano le informazioni elencate nella sezione A dell’allegato.

5.Le autorità competenti assicurano che gli enti indichino nei piani di risanamento le condizioni e procedure atte a garantire la tempestività delle azioni di risanamento, così come una vasta gamma di opzioni di risanamento. Le autorità competenti provvedono a che le imprese testino il rispettivo piano di risanamento sullo sfondo di una serie di scenari di turbolenza finanziaria d’intensità variabile, fra cui eventi a livello di sistema, stress specifici per la singola entità giuridica e stress a livello di gruppo.

6.L’ABE elabora, in consultazione con il Comitato europeo per il rischio sistemico (in seguito “CERS”), progetti di norme tecniche che specificano la gamma di scenari cui ricorrere ai fini del paragrafo 5, conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1093/2010.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

7.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione che specificano le informazioni da inserire nel piano di risanamento di cui al paragrafo 4.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 6

Valutazione dei piani di risanamento

1.Gli Stati membri richiedono agli enti di sottoporre i piani di risanamento alla verifica delle autorità competenti.

2.Le autorità competenti procedono alla verifica dei piani e valutano in che misura ciascuno di essi soddisfi i requisiti indicati all’articolo 5, nonché i seguenti criteri:

(a)probabilità che l’attuazione delle disposizioni proposte nel piano ripristini la sostenibilità economica e la solidità finanziaria dell’ente, tenuto conto delle misure preparatorie che l’ente ha preso o intende prendere;

(b)possibilità di attuazione efficace del piano o di opzioni specifiche in situazioni di crisi finanziaria senza provocare effetti negativi di entità significativa sul sistema finanziario, anche nel caso in cui altri enti mettano in atto piani di risanamento nello stesso periodo.

3.Se valutano che il piano di risanamento presenta delle lacune o che la sua attuazione è soggetta a potenziali impedimenti, le autorità competenti comunicano all’ente la loro valutazione richiedendogli di presentare entro tre mesi un piano modificato indicante come è stato posto rimedio a tali lacune o impedimenti.

4.Se l’ente non presenta un piano di risanamento modificato o se l’autorità competente stabilisce che il piano di risanamento modificato non pone rimedio in maniera adeguata alle lacune o ai potenziali impedimenti individuati nella prima valutazione, le autorità competenti richiedono all’ente di prendere le misure che ritiene necessarie per eliminare le lacune o impedimenti. Oltre alle misure che possono essere imposte a norma dell’articolo 136 della direttiva 2006/48/CE, le autorità competenti hanno facoltà, in particolare, di chiedere all’ente di agire per:

(a)agevolare la riduzione del proprio profilo di rischio;

(b)attivare tempestive misure di ricapitalizzazione;

(c)introdurre cambiamenti nella strategia aziendale;

(d)modificare la strategia di finanziamento al fine di migliorare la resilienza delle aree di attività principali e delle operazioni essenziali;

(e)modificare la propria struttura di governo.

5.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione in cui specifica gli aspetti che l’autorità competente deve considerare ai fini della valutazione di cui al paragrafo 2.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 7

Piani di risanamento di gruppo

1.Gli Stati membri provvedono a che l’impresa madre o l’ente soggetto a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE preparino e presentino all’autorità di vigilanza su base consolidata un piano di risanamento di gruppo che comprenda un piano di risanamento per l’intero gruppo, comprese le società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), e un piano di risanamento per ciascun ente che ne fa parte.

2.L’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette i piani di risanamento di gruppo alle pertinenti autorità competenti di cui all’articolo 131 bis della direttiva 2006/48/CE e all’ABE.

3.Il piano di risanamento di gruppo mira alla stabilizzazione del gruppo nel suo complesso o di un suo ente, qualora si trovino in difficoltà, in modo da risolvere o eliminare le cause della difficoltà e ristabilire la situazione finanziaria del gruppo o dell’ente in questione.

Il piano di risanamento di gruppo prevede disposizioni per il coordinamento e la coerenza delle misure da adottare a livello dell’impresa madre o del pertinente ente soggetto a vigilanza su base consolidata, nonché a livello delle società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), e misure da intraprendere a livello di singoli enti.

4.Il piano di risanamento di gruppo contiene gli elementi e i dispositivi previsti all’articolo 5, per l’intero gruppo e per ciascuna delle sue entità. Se del caso, prevede altresì dispositivi per l’eventuale sostegno finanziario infragruppo adottati conformemente ad accordi per il sostegno finanziario di gruppo conclusi in conformità all’articolo 16.

5.L’autorità di vigilanza su base consolidata provvede a che l’impresa madre o l’ente soggetto a vigilanza su base consolidata di cui al paragrafo 1 forniscano varie opzioni di risanamento che illustrino le azioni adatte agli scenari previsti all’articolo 5, paragrafo 5.

Per ciascuno di tali scenari il piano di risanamento di gruppo individua gli eventuali ostacoli all’attuazione di misure di risanamento all’interno del gruppo ed eventuali ostacoli pratici o giuridici sostanziali all’immediato trasferimento di fondi propri o al rimborso di passività o attività all’interno del gruppo.

6.L’organo di gestione dell’impresa madre o dell’ente soggetto a vigilanza su base consolidata di cui al paragrafo 1 e l’organo di gestione degli enti facenti parte del gruppo approvano il piano di risanamento di gruppo prima di trasmetterlo all’autorità di vigilanza su base consolidata.

Articolo 8

Valutazione dei piani di risanamento di gruppo

1.L’autorità di vigilanza su base consolidata verifica il piano di risanamento di gruppo, compresi i piani di risanamento per i singoli enti che ne fanno parte, e ne valuta la rispondenza ai requisiti e criteri di cui agli articoli 6 e 7. La valutazione è effettuata secondo la procedura prevista nell’articolo 6 e secondo le disposizioni del presente articolo.

L’autorità di vigilanza su base consolidata procede alla verifica e alla valutazione del piano di risanamento di gruppo, compresi i piani di risanamento dei singoli enti che ne fanno parte, in consultazione e cooperazione con le autorità competenti di cui all’articolo 131 bis della direttiva 2006/48/CE. La verifica e la valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del piano di risanamento di gruppo e, ove necessario, la richiesta di prendere misure ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, assumono la forma di decisioni congiunte delle autorità di cui all’articolo 131 bis della direttiva 2006/48/CE.

2.Le autorità competenti fanno il possibile per giungere alla decisione congiunta entro un periodo di quattro mesi.

In mancanza di una decisione congiunta delle autorità competenti entro quattro mesi, l’autorità di vigilanza su base consolidata prende una decisione autonoma sulla verifica e sulla valutazione del piano di risanamento di gruppo o sulle misure richieste ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4. La decisione è riportata in un documento insieme alle motivazioni complete e dovrebbe tenere conto delle opinioni e delle riserve espresse dalle altre autorità competenti nel corso del periodo di quattro mesi. L’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette la decisione all’impresa madre dell’ente soggetto a vigilanza consolidata e alle altre autorità competenti.

L’ABE può, di sua iniziativa, prestare assistenza alle autorità competenti nel raggiungimento di un accordo in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

3.L’autorità competente che dissente dalla valutazione del piano di risanamento di gruppo o dalle azioni che l’impresa madre o l’ente sarebbero tenuti a prendere in conseguenza di tale valutazione a norma dell’articolo 6, paragrafi 2 e 4, può rimettere la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. La questione non può essere rimessa all’ABE una volta scaduto il periodo di quattro mesi o raggiunta una decisione congiunta.

4.L’ABE decide entro un mese e il periodo di quattro mesi di cui al paragrafo 3 è assimilato al periodo di conciliazione ai sensi del regolamento (UE) n. 1093/2010.

5.Qualora un’autorità competente abbia rimesso la questione all’ABE conformemente al paragrafo 3, l’autorità di vigilanza su base consolidata rinvia la propria decisione in attesa della decisione dell’ABE. La successiva decisione dell’autorità di vigilanza su base consolidata si conforma alla decisione dell’ABE.

Sezione 3

Pianificazione della Risoluzione delle crisi

Articolo 9

Piani di risoluzione delle crisi

1.Le autorità di risoluzione delle crisi preparano, in consultazione con le autorità competenti, un piano di risoluzione delle crisi per ciascun ente che non fa parte di un gruppo soggetto a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE. Detto piano prevede le azioni di risoluzione delle crisi che le autorità di risoluzione delle crisi e le autorità competenti possono attuare qualora l’ente soddisfi le condizioni per la risoluzione della crisi.

2.Il piano di risoluzione delle crisi tiene conto di una gamma di scenari, tra cui l’ipotesi che il dissesto sia specifico o si verifichi in un momento di instabilità finanziaria più ampia o di eventi a livello di sistema. Il piano di risoluzione delle crisi non presuppone alcun sostegno finanziario pubblico straordinario oltre all’impiego dei meccanismi di finanziamento istituiti ai sensi dell’articolo 91.

3.Il piano di risoluzione delle crisi è rivisto, e se del caso aggiornato, almeno una volta all’anno e a seguito di cambiamenti sostanziali nella struttura giuridica o organizzativa dell’ente, nella sua attività o nella sua situazione finanziaria che possano influire in misura sostanziale sull’efficacia del piano.

4.Il piano di risoluzione delle crisi prevede una serie di opzioni per l’applicazione all’ente degli strumenti e poteri di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV. Esso comprende:

(a)una sintesi dei suoi elementi fondamentali;

(b)una sintesi dei cambiamenti sostanziali subiti dall’ente dalla registrazione delle ultime informazioni sulla risoluzione delle crisi;

(c)una dimostrazione di come le funzioni essenziali e le aree di attività principali possano essere separate dalle altre funzioni, sul piano legale ed economico e nella misura necessaria, in modo da garantire la continuità in caso di dissesto dell’ente;

(d)una stima dei tempi necessari per l’esecuzione di ciascun suo aspetto sostanziale;

(e)una descrizione particolareggiata della valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi effettuata a norma dell’articolo 13;

(f)una descrizione delle misure necessarie, ai sensi dell’articolo 14, per affrontare o eliminare gli impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi individuati a seguito della valutazione effettuata a norma dell’articolo 13;

(g)una descrizione delle procedure per determinare il valore e la commerciabilità delle funzioni essenziali, aree di attività principali e attività dell’ente;

(h)una descrizione particolareggiata dei dispositivi atti a garantire che le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 11 siano aggiornate e a disposizione delle autorità di risoluzione delle crisi in qualsiasi momento;

(i)una spiegazione delle autorità di risoluzione delle crisi per precisare le modalità che permettono il finanziamento delle opzioni di risoluzione delle crisi senza presupporre un sostegno finanziario pubblico straordinario;

(j)una descrizione particolareggiata delle diverse strategie di risoluzione delle crisi che si potrebbero applicare nei vari scenari possibili;

(k)una descrizione delle interdipendenze critiche;

(l)un’analisi dell’impatto del piano sugli altri enti all’interno del gruppo;

(m)una descrizione delle opzioni praticabili per mantenere l’accesso ai pagamenti, ai servizi di compensazione e ad altre infrastrutture;

(n)un piano di comunicazione con i media e con i cittadini.

5.L’ABE elabora, in consultazione con il CERS, progetti di norme tecniche di regolamentazione che specificano una gamma di scenari per i casi di dissesto ai fini del paragrafo 2.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 10

Informazioni ai fini dei piani di risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi abbiano il potere d’imporre agli enti di fornire loro tutte le informazioni necessarie per la preparazione e l’attuazione dei piani di risoluzione delle crisi. In particolare, tali autorità hanno il potere di esigere, fra le altre, le informazioni e analisi specificate nella sezione B dell’allegato.

2.Le autorità competenti negli Stati membri pertinenti collaborano con le autorità di risoluzione delle crisi al fine di verificare se le informazioni di cui al paragrafo 1 siano già disponibili in tutto o in parte. Ove tali informazioni siano disponibili, le autorità competenti le comunicano alle autorità di risoluzione delle crisi.

3.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di attuazione su moduli, modelli e procedure standard per la comunicazione di tali informazioni.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di attuazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare le norme tecniche di attuazione di cui al primo comma, in conformità all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 11

Piani di risoluzione delle crisi di gruppo

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi preparino piani di risoluzione delle crisi di gruppo. Tali piani comprendono sia un piano di risoluzione delle crisi a livello di impresa madre o di ente soggetto a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE, sia i piani di risoluzione delle crisi per i singoli enti filiazioni preparati in conformità all’articolo 9. Comprendono altresì piani di risoluzione delle crisi delle società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) e piani di risoluzione delle crisi degli enti che hanno succursali in altri Stati membri, in conformità alla direttiva 2001/24/CE.

2.Il piano di risoluzione delle crisi di gruppo è preparato in base alle informazioni fornite ai sensi dell’articolo 10.

3.Il piano di risoluzione delle crisi di gruppo:

(a)espone le azioni di risoluzione delle crisi da avviare riguardo al gruppo nel suo complesso o parte di esso, comprese le singole filiazioni, sia mediante azioni di risoluzione delle crisi nei confronti delle società di cui all’articolo 1, lettera d), dell’impresa madre e degli enti filiazioni, sia mediante azioni coordinate di risoluzione delle crisi nei confronti degli enti filiazioni, negli scenari di cui all’articolo 9, paragrafo 2;

(b)esamina in che misura gli strumenti e poteri di risoluzione delle crisi possono essere applicati ed esercitati in maniera coordinata nei confronti delle entità del gruppo ubicate nell’Unione, ivi comprese le misure volte ad agevolare l’acquisto, da parte di un terzo, del gruppo nel suo complesso o di aree di attività separate o di attività svolte da una serie di entità del gruppo o da determinate entità del gruppo, e individua i potenziali ostacoli a una risoluzione delle crisi coordinata;

(c)nel caso di un gruppo che comprende entità costituite in paesi terzi, definisce intese per la cooperazione e il coordinamento con le autorità pertinenti di tali paesi terzi;

(d)indica le misure, tra cui la separazione giuridica ed economica di particolari funzioni o aree di attività, necessarie per agevolare la risoluzione delle crisi di gruppo quando ne sono soddisfatte le condizioni;

(e)indica le modalità di finanziamento delle azioni di risoluzione delle crisi di gruppo e, se del caso, espone principi per la ripartizione della responsabilità del finanziamento tra fonti presenti in diversi Stati membri. Il piano non presuppone alcun sostegno finanziario pubblico straordinario oltre all’impiego dei meccanismi di finanziamento istituiti ai sensi dell’articolo 91. Detti principi sono stabiliti in funzione di criteri equi ed equilibrati e tengono conto, in particolare, dell’impatto economico della risoluzione delle crisi negli Stati membri interessati e della ripartizione dei poteri di vigilanza fra le varie autorità competenti.

Articolo 12

Requisiti e procedura per i piani di risoluzione delle crisi di gruppo

1.Le imprese madri e gli enti soggetti a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE trasmettono le informazioni richieste in conformità all’articolo 11 all’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo. Le informazioni riguardano l’impresa madre o l’ente soggetto a vigilanza su base consolidata e tutte le entità giuridiche appartenenti al gruppo. Gli enti soggetti a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE forniscono inoltre le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 11 sulle società di cui all’articolo 1, lettere c) o d).

L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo trasmette le informazioni fornite a norma del presente paragrafo all’ABE, alle autorità di risoluzione delle crisi degli enti filiazioni, alle pertinenti autorità competenti di cui agli articoli 130 e 131 bis della direttiva 2006/48/CE e alle autorità di risoluzione delle crisi degli Stati membri in cui sono stabilite le società di cui all’articolo 1, lettere c) o d).

2.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo preparino e tengano aggiornati i piani di risoluzione delle crisi di gruppo collaborando con le autorità di risoluzione delle crisi degli enti filiazioni di cui al paragrafo 1, secondo comma, nei collegi di risoluzione delle crisi e consultandosi con le pertinenti autorità competenti. Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo hanno facoltà, se lo desiderano, di coinvolgere nella preparazione e nel mantenimento dei piani di risoluzione delle crisi di gruppo le autorità di risoluzione delle crisi dei paesi terzi nella cui giurisdizione il gruppo ha stabilito filiazioni o società di partecipazione finanziaria oppure succursali significative di cui all’articolo 42 bis della direttiva 2006/48/CE.

3.Gli Stati membri assicurano che i piani di risoluzione delle crisi di gruppo siano aggiornati almeno una volta all’anno e a seguito di qualsiasi cambiamento nella struttura giuridica o organizzativa dell’ente o gruppo, nella sua attività o nella sua situazione finanziaria che possa influire in misura sostanziale sui piani o renderne necessaria la modifica.

4.Il piano di risoluzione delle crisi di gruppo assume la forma di una decisione congiunta dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e delle altre pertinenti autorità di risoluzione delle crisi. Le autorità di risoluzione delle crisi assumono una decisione congiunta entro quattro mesi dalla data in cui l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo ha trasmesso le informazioni di cui al paragrafo 1, secondo comma.

In mancanza di una decisione congiunta delle autorità di risoluzione delle crisi entro quattro mesi, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo decide autonomamente. La decisione è riportata in un documento insieme alle motivazioni complete e tiene conto delle opinioni e delle riserve espresse dalle altre autorità competenti nel corso del periodo di quattro mesi. L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo trasmette la decisione alle imprese madri o all’ente soggetto a vigilanza su base consolidata, nonché alle altre autorità di risoluzione delle crisi.

L’ABE può, di sua iniziativa, prestare assistenza alle autorità competenti nel raggiungimento di un accordo in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

5.L’autorità di risoluzione delle crisi che dissente da un qualsiasi elemento del piano di risoluzione delle crisi di gruppo può rimettere la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. La questione non può essere rimessa all’ABE una volta scaduto il periodo di quattro mesi o raggiunta una decisione congiunta.

6.L’ABE decide entro un mese e il periodo di quattro mesi è assimilato al periodo di conciliazione ai sensi dello stesso regolamento. La successiva decisione dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo si conforma alla decisione dell’ABE.

7.Qualora una delle autorità di risoluzione delle crisi interessate abbia rimesso la questione all’ABE conformemente al paragrafo 5, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo rinvia la propria decisione in attesa della decisione dell’ABE.

CAPO II

Valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi e
poteri preventivi

Articolo 13

Valutazione della possibilità di risoluzione

1.Gli Stati membri assicurano che le autorità di risoluzione delle crisi valutino, in consultazione con le autorità competenti, in che misura è possibile la risoluzione delle crisi di enti e gruppi senza presupporre un sostegno finanziario pubblico straordinario oltre all’impiego dei meccanismi di finanziamento istituiti ai sensi dell’articolo 91. La risoluzione delle crisi di un ente o gruppo s’intende possibile quando all’autorità di risoluzione delle crisi risulta fattibile e credibile liquidare l’ente o gruppo con procedura ordinaria di insolvenza oppure risolverne la crisi applicandogli i vari strumenti di risoluzione delle crisi ed esercitando nei suoi confronti i diversi poteri di risoluzione delle crisi senza provocare conseguenze negative significative per il sistema finanziario dello Stato membro in cui l’ente è ubicato, neanche in un momento di instabilità finanziaria più ampia o di eventi a livello di sistema, tenuto conto della situazione dell’economia o della stabilità finanziaria in tale Stato membro o in altri ovvero nell’Unione e nella prospettiva di assicurare la continuità delle funzioni essenziali svolte dall’ente o gruppo mediante la loro separazione, se praticabile facilmente e tempestivamente, oppure con altro mezzo.

2.Ai fini della valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi di cui al paragrafo 1, le autorità di risoluzione delle crisi esaminano, come minimo, gli aspetti specificati nella sezione C dell’allegato.

3.L’ABE elabora, in consultazione con il CERS, progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare quali aspetti devono, a norma del paragrafo 2, essere esaminati ai fini della valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi di enti o gruppi. L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

4.Alla Commissione è conferito il potere di adottare i progetti di norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 14

Poteri di affrontare o eliminare impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri assicurano che l’autorità di risoluzione delle crisi che, in base a una valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi effettuata conformemente all’articolo 13, accerta che si profilano in potenza impedimenti sostanziali a tale possibilità ne dia notifica all’ente interessato per iscritto.

2.Entro quattro mesi dalla data di ricevimento di una notifica in conformità al paragrafo 1, l’ente propone all’autorità di risoluzione delle crisi misure volte ad affrontare o eliminare gli impedimenti individuati nella notifica. L’autorità di risoluzione delle crisi valuta, in consultazione con le autorità competenti, se tali misure sono in grado di affrontare con efficacia o di eliminare gli impedimenti in questione.

3.Se valuta che le misure proposte dall’ente in conformità al paragrafo 2 non riducono con efficacia né eliminano gli impedimenti in questione, l’autorità di risoluzione delle crisi individua, in consultazione con le autorità competenti, misure alternative idonee al conseguimento di tale obiettivo e le notifica all’ente per iscritto.

4.Ai fini del paragrafo 3, le misure individuate da un’autorità di risoluzione delle crisi possono comprendere, laddove necessario e proporzionato ai fini della riduzione o eliminazione degli impedimenti in questione, le misure seguenti:

(a)richiedere all’ente di elaborare contratti di servizio (infragruppo o con terzi) per la prestazione di funzioni o servizi economici essenziali;

(b)richiedere all’ente di limitare le esposizioni massime, singole e aggregate;

(c)imporre obblighi di informativa specifici o periodici, pertinenti ai fini della risoluzione delle crisi;

(d)richiedere all’ente di disinvestire attività specifiche;

(e)richiedere all’ente di limitare o sospendere attività specifiche esistenti o proposte;

(f)limitare o impedire lo sviluppo o la vendita di nuove aree di attività o prodotti;

(g)imporre modifiche alle strutture giuridiche o operative dell’ente in modo da ridurne la complessità, affinché le funzioni essenziali possano essere separate da altre funzioni, sul piano giuridico ed economico, applicando gli strumenti di risoluzione delle crisi;

(h)imporre ad un’impresa madre di costituire una società di partecipazione finanziaria madre in uno Stato membro oppure una società di partecipazione finanziaria madre nell’Unione;

(i)imporre ad un’impresa madre o a una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) di emettere titoli di debito o prestiti di cui all’articolo 39, paragrafo 2;

(j)se un ente è filiazione di una società di partecipazione mista, richiedere che tale società costituisca una società di partecipazione finanziaria separata per controllare l’ente, qualora ciò si renda necessario per agevolare la risoluzione della crisi dell’ente ed evitare l’applicazione degli strumenti e l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi specificati nel titolo IV, con conseguenze negative sulla parte non finanziaria del gruppo.

5.Le autorità di risoluzione delle crisi non basano l’accertamento previsto al paragrafo 1 su impedimenti derivanti da fattori che sfuggono al controllo dell’ente, tra cui la capacità operativa e finanziaria dell’autorità di risoluzione delle crisi.

6.Una notifica ai sensi del paragrafo 1 o 3 soddisfa i seguenti requisiti:

(a)è sostenuta dalle motivazioni della valutazione o accertamento in questione;

(b)indica in che modo tale valutazione o accertamento soddisfa il requisito dell’applicazione proporzionale di cui all’articolo 9.

7.Prima di individuare le misure di cui al paragrafo 3, le autorità di risoluzione delle crisi prendono in debita considerazione i potenziali effetti di tali misure sulla stabilità del sistema finanziario in altri Stati membri.

8.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare le misure previste al paragrafo 4 e, per ciascuna di esse, le circostanze in cui è possibile l’applicazione.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 15

Poteri di affrontare o eliminare impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi:
regime di gruppo

1.Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e le autorità di risoluzione delle crisi delle filiazioni si consultano nell’ambito di un collegio di risoluzione delle crisi, in consultazione con le pertinenti autorità competenti, e fanno quanto ragionevolmente possibile per giungere a una decisione congiunta sull’applicazione delle misure individuate conformemente all’articolo 14, paragrafo 3.

2.L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo prepara, in collaborazione con l’autorità di vigilanza su base consolidata e con l’ABE conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1093/2010, una relazione e la trasmette alle imprese madri o all’ente soggetto a vigilanza su base consolidata e alle autorità di risoluzione delle crisi delle filiazioni. La relazione è elaborata in consultazione con le autorità competenti e analizza gli impedimenti sostanziali all’applicazione efficace degli strumenti e all’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi in relazione al gruppo. Raccomanda altresì le misure che, secondo le autorità, sono necessarie o appropriate per eliminare tali impedimenti.

3.Entro quattro mesi dalla data di ricevimento della notifica, l’impresa madre o l’ente soggetto a vigilanza su base consolidata possono presentare osservazioni e proporre all’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo misure alternative per porre rimedio agli impedimenti individuati nella relazione.

4.L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo comunica all’autorità di vigilanza su base consolidata, all’ABE e alle autorità di risoluzione delle crisi delle filiazioni le misure proposte dalle imprese madri o dall’ente soggetto a vigilanza su base consolidata. Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e le autorità di risoluzione delle crisi delle filiazioni si adoperano al massimo, in consultazione con le autorità competenti, per giungere a una decisione congiunta in seno al collegio di risoluzione per quanto concerne l’individuazione degli impedimenti sostanziali e, se necessario, la valutazione delle misure proposte dalle imprese madri o dall’ente soggetto a vigilanza su base consolidata, nonché le misure richieste dalle autorità al fine di affrontare o eliminare gli impedimenti.

5.La decisione congiunta è adottata entro quattro mesi dalla presentazione della relazione. Essa è motivata e riportata in un documento che l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo trasmette alle imprese madri o all’ente soggetto a vigilanza su base consolidata.

L’ABE può, di sua iniziativa, prestare assistenza alle autorità di risoluzione delle crisi nel raggiungimento di un accordo in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

6.In mancanza di una decisione congiunta entro quattro mesi dalla data di presentazione della relazione di cui ai paragrafi 1 o 2, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo decide autonomamente in merito alle misure appropriate da adottare ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, in relazione al gruppo nel suo complesso.

La decisione è riportata in un documento insieme alle motivazioni complete e tiene conto delle opinioni e delle riserve espresse dalle altre autorità di risoluzione delle crisi nel corso del periodo di quattro mesi. L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo trasmette la decisione alle imprese madri o all’ente oggetto di vigilanza su base consolidata.

La decisione di cui al primo comma è riconosciuta come definitiva e applicata dalle autorità competenti negli Stati membri interessati.

Qualora al termine del periodo di quattro mesi una delle autorità di risoluzione delle crisi interessate abbia rimesso la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo rinvia la propria decisione in attesa della decisione dell’ABE a norma dell’articolo 19, paragrafo 3, di detto regolamento. L’ABE decide entro un mese e il periodo di quattro mesi è assimilato al periodo di conciliazione ai sensi dello stesso regolamento. La successiva decisione dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo si conforma alla decisione dell’ABE. La questione non può essere rimessa all’ABE una volta scaduto il periodo di quattro mesi o raggiunta una decisione congiunta.

CAPO III

Sostegno finanziario infragruppo

Articolo 16

Accordo di sostegno finanziario di gruppo

1.Gli Stati membri provvedono a che un ente impresa madre in uno Stato membro o un ente impresa madre nell’Unione ovvero una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) e le relative filiazioni che sono enti o enti finanziari oggetto della vigilanza dell’impresa madre possano concludere un accordo per fornire sostegno finanziario a un’altra parte dell’accordo che versa in difficoltà finanziarie, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite nel presente capo.

2.L’accordo può:

(a)coprire una o più filiazioni del gruppo e prevedere il sostegno finanziario dell’impresa madre alle filiazioni e viceversa, tra filiazioni del gruppo che sono parti dell’accordo ovvero in altra combinazione di tali entità;

(b)prevedere un sostegno finanziario sotto forma di prestito, prestazione di garanzie o fornitura di attività da utilizzare come garanzie reali in operazioni tra il beneficiario del sostegno e un terzo o in altra combinazione di tali entità.

3.Qualora, in virtù dei termini dell’accordo, una filiazione accetti di fornire sostegno finanziario all’impresa madre, l’accordo contiene l’impegno reciproco dell’impresa madre a fornire sostegno finanziario a tale filiazione.

4.L’accordo specifica il corrispettivo dovuto per qualsiasi operazione effettuata in sua virtù ovvero indica i principi per il calcolo di tale corrispettivo.

5.L’accordo può essere concluso solo se, a giudizio dell’autorità di vigilanza, al momento della sua conclusione nessuna delle parti viola, o rischia di violare, i requisiti della direttiva 2006/48/CE relativi a capitale o liquidità oppure è a rischio di insolvenza.

6.Gli Stati membri assicurano che i diritti, pretese o azioni derivanti dall’accordo possano essere esercitati solo dalle parti dell’accordo, a esclusione di terzi.

Articolo 17

Verifica del progetto di accordo da parte delle autorità di vigilanza e mediazione

1.Le imprese madri e gli enti soggetti a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE presentano all’autorità di vigilanza su base consolidata una richiesta di autorizzazione dell’accordo di sostegno finanziario di gruppo. La richiesta contiene il testo del progetto di accordo e indica le entità del gruppo che si propongono come parti.

2.L’autorità di vigilanza su base consolidata concede l’autorizzazione se i termini del progetto di accordo sono coerenti con le condizioni per il sostegno finanziario indicate nell’articolo 19.

3.L’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette senza indugio la richiesta alle autorità competenti di ciascuna filiazione che si propone come parte dell’accordo.

4.Le autorità competenti si adoperano al massimo per giungere a una decisione congiunta in merito alla coerenza dei termini del progetto di accordo con le condizioni per il sostegno finanziario previste nell’articolo 19 entro quattro mesi dalla data in cui l’autorità di vigilanza su base consolidata riceve la richiesta. La decisione congiunta è riportata in un documento, insieme alle motivazioni complete, che l’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette al richiedente.

5.In mancanza di una decisione congiunta delle autorità competenti entro quattro mesi, l’autorità di vigilanza su base consolidata decide autonomamente sulla richiesta. La decisione è riportata in un documento insieme alle motivazioni complete e tiene conto delle opinioni e delle riserve espresse dalle altre autorità competenti nel corso del periodo di quattro mesi. L’autorità di vigilanza su base consolidata notifica la decisione al richiedente e alle altre autorità competenti.

6.Qualora al termine del periodo di quattro mesi una delle autorità competenti interessate abbia rimesso la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010, l’autorità di vigilanza su base consolidata rinvia la propria decisione in attesa della decisione dell’ABE a norma dell’articolo 19, paragrafo 3, di detto regolamento e adotta la propria decisione in conformità alla decisione dell’ABE. Il periodo di quattro mesi è assimilato al periodo di conciliazione ai sensi dello stesso regolamento. L’ABE decide entro un mese. La questione non può essere rimessa all’ABE una volta scaduto il periodo di quattro mesi o raggiunta una decisione congiunta.

Articolo 18

Approvazione del progetto di accordo da parte degli azionisti

1.Gli Stati membri possono esigere che il progetto di accordo autorizzato dalle autorità competenti sia sottoposto all’approvazione all’assemblea degli azionisti di ciascuna entità del gruppo che si propone di aderirvi. In tal caso l’accordo è valido solo nei confronti delle parti la cui assemblea degli azionisti lo ha approvato.

2.Se si avvalgono dell’opzione prevista al paragrafo 1, gli Stati membri richiedono che, in virtù dell’accordo di sostegno finanziario di gruppo, gli azionisti di ciascuna entità del gruppo che sarà parte dell’accordo autorizzino il rispettivo organo di gestione di cui all’articolo 11 della direttiva 2006/48/CE a decidere che l’entità fornirà sostegno finanziario in conformità ai termini dell’accordo e alle condizioni definite nel presente capo. Non è necessaria alcun altra approvazione degli azionisti né un’assemblea aggiuntiva per eventuali operazioni specifiche effettuate in virtù dell’accordo.

3.L’organo di gestione di ciascuna entità parte di un accordo riferisce ogni anno agli azionisti in merito all’esecuzione dell’accordo e all’attuazione delle decisioni prese in sua virtù.

Articolo 19

Condizioni per il sostegno finanziario di gruppo

1.Può essere fornito sostegno finanziario in virtù di un accordo di sostegno finanziario di gruppo se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

(a)si può ragionevolmente prospettare che il sostegno fornito ponga rimedio alle difficoltà finanziarie dell’entità destinataria;

(b)la concessione di sostegno finanziario mira a preservare o ripristinare la stabilità finanziaria del gruppo nel suo complesso;

(c)il sostegno finanziario è fornito a fronte di un corrispettivo;

(d)vi è la ragionevole certezza, sulla base delle informazioni a disposizione dell’organo di gestione nel momento in cui è decisa la concessione del sostegno finanziario, che il prestito sarà rimborsato ovvero che un corrispettivo congruo sarà pagato dall’entità destinataria;

(e)il sostegno finanziario non mette a repentaglio la liquidità o solvibilità dell’entità che lo fornisce né pone, di conseguenza, una minaccia alla stabilità finanziaria;

(f)l’entità che fornisce il sostegno soddisfa, nel momento in cui lo fornisce, e continua a soddisfare, dopo che l’ha fornito, i requisiti in materia di fondi propri e gli altri requisiti imposti ai sensi dell’articolo 136, paragrafo 2, della direttiva 2006/48/CE.

2.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di attuazione per precisare le condizioni previste al paragrafo 1.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di attuazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare le norme tecniche di attuazione presentate dall’ABE in conformità all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 20

Decisione di fornire sostegno finanziario

La decisione di fornire un sostegno finanziario di gruppo in conformità all’accordo è presa dall’organo di gestione di cui all’articolo 11 della direttiva 2006/48/CE dell’entità che fornisce il sostegno finanziario. La decisione è motivata e indica l’obiettivo del sostegno finanziario proposto. In particolare, la decisione indica:

(a)in che modo il sostegno finanziario preservi o ripristini la stabilità finanziaria del gruppo nel suo complesso;

(b)che il sostegno finanziario non supera la capacità finanziaria dell’entità giuridica che lo fornisce;

(c)che l’entità che fornisce il sostegno finanziario continua a soddisfare i requisiti in materia di fondi propri e gli altri requisiti imposti ai sensi dell’articolo 136, paragrafo 2, della direttiva 2006/48/CE.

Articolo 21

Diritto di opposizione delle autorità competenti

1.Prima di fornire sostegno in virtù di un accordo di sostegno finanziario di gruppo, l’organo di gestione dell’entità che intende fornirlo ne trasmette notifica alla rispettiva autorità competente e all’ABE. La notifica riporta i dettagli del sostegno proposto.

2.Entro due giorni dalla data di ricevimento della notifica, l’autorità competente può vietare o limitare la fornitura del sostegno finanziario previsto all’articolo 19 se le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo non sono soddisfatte. La decisione dell’autorità competente di vietare o limitare il sostegno finanziario è motivata.

3.L’autorità competente informa immediatamente l’ABE, l’autorità di vigilanza su base consolidata e le autorità competenti di cui all’articolo 131 bis della direttiva 2006/48/CE della sua decisione di vietare o limitare il sostegno finanziario.

4.L’autorità di vigilanza su base consolidata o l’autorità competente preposta all’entità destinataria del sostegno possono, qualora abbiano obiezioni in merito alla decisione di vietare o limitare il sostegno finanziario, rimettere la questione all’ABE e chiederne l’assistenza a norma dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. In tal caso, l’ABE può agire in conformità ai poteri che le sono conferiti da detto articolo. In deroga ai termini previsti nell’articolo 39, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1093/2010, l’ABE prende le decisioni a norma dell’articolo 19, paragrafo 3, del medesimo entro 48 ore.

5.In assenza di divieti o limitazioni da parte dell’autorità competente entro il periodo indicato al paragrafo 2, il sostegno finanziario può essere fornito in conformità ai termini presentati all’autorità competente.

Articolo 22

Informativa

1.Gli Stati membri provvedono a che gli enti che hanno stipulato un accordo di sostegno finanziario di gruppo ai sensi dell’articolo 16 pubblichino una descrizione dell’accordo e i nomi delle entità che ne sono parti ed aggiornino tali informazioni almeno una volta all’anno.

Si applicano gli articoli da 145 a 149 della direttiva 2006/48/CE.

2.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare forma e contenuto della descrizione prevista al paragrafo 1. L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

3.Alla Commissione è conferito il potere di adottare i progetti di norme tecniche di regolamentazione di cui al paragrafo 2 conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

TITOLO III

INTERVENTO PRECOCE

Articolo 23

Misure di intervento precoce

1.Qualora un ente non soddisfi o rischi di violare i requisiti della direttiva 2006/48/CE, gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti dispongano, oltre che delle misure di cui all’articolo 136 di detta direttiva ove applicabili, in particolare delle misure seguenti:

(a)richiedere alla direzione dell’ente di attuare uno o più dei dispositivi e misure previsti nel piano di risanamento;

(b)richiedere alla direzione dell’ente di esaminare la situazione, indicare le misure atte a superare i problemi individuati e preparare un programma d’azione a tal fine, indicandone i tempi di attuazione;

(c)richiedere alla direzione dell’ente di convocare l’assemblea degli azionisti, o convocarla direttamente ove la direzione non ottemperi alla richiesta, proponendo l’ordine del giorno e l’adozione di determinate decisioni;

(d)richiedere alla direzione dell’ente di revocare e sostituire uno o più membri del consiglio di amministrazione o amministratori delegati, qualora non siano ritenuti idonei a svolgere i loro compiti ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/48/CE;

(e)richiedere alla direzione dell’ente di preparare un piano per negoziare la ristrutturazione del debito con tutti o alcuni creditori;

(f)acquisire, anche tramite ispezioni in loco, tutte le informazioni necessarie per predisporre la risoluzione della crisi dell’ente, anche procedendo a una valutazione delle sue attività e passività;

(g)prendere contatto con potenziali acquirenti per predisporre la risoluzione della crisi dell’ente, fatte salve le condizioni stabilite all’articolo 33, paragrafo 2, e le disposizioni sulla riservatezza previste all’articolo 77.

2.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di attuazione per assicurare la coerenza nell’attuazione delle misure previste al paragrafo 1.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di attuazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare le norme tecniche di attuazione di cui al primo comma, in conformità all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 24

Amministrazione straordinaria

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano nominare un amministratore straordinario in sostituzione della direzione dell’ente quando si verificano un deterioramento significativo della situazione finanziaria dell’ente oppure gravi violazioni delle disposizioni legislative, regolamentari o statutarie ovvero gravi irregolarità amministrative, e se le altre misure attuate in conformità all’articolo 23 non sono sufficienti ad invertire il processo. Le autorità competenti rendono pubblica la nomina dell’amministratore straordinario. Gli Stati membri assicurano inoltre che l’amministratore straordinario possieda le qualifiche, le capacità e le conoscenze necessarie per svolgere le sue funzioni.

2.L’amministratore straordinario assume tutti i poteri della direzione dell’ente ai sensi del relativo statuto e della legislazione nazionale, ivi compreso il potere di esercitare tutte le funzioni amministrative della direzione dell’ente. Tuttavia, può esercitare il potere di convocare l’assemblea degli azionisti dell’ente e di fissarne l’ordine del giorno soltanto previa approvazione dell’autorità competente.

3.L’amministratore straordinario ha il compito, per legge, di prendere tutte le misure necessarie e di promuovere soluzioni al fine di risanare la situazione finanziaria dell’ente e di ripristinare la sana e prudente gestione dell’attività e dell’organizzazione. Ove necessario, in presenza di un’incoerenza tale compito prevale su qualsiasi altro compito gestionale ai sensi dello statuto dell’ente o della legislazione nazionale. Le soluzioni possono comprende un aumento di capitale, la riorganizzazione dell’assetto proprietario dell’ente o l’acquisizione da parte di enti solidi sul piano finanziario e organizzativo.

4.Le autorità competenti possono porre limiti all’azione dell’amministratore straordinario o esigere che determinati suoi atti siano subordinati all’approvazione dell’autorità competente. Le autorità competenti possono revocare l’amministratore straordinario in qualsiasi momento.

5.Gli Stati membri impongono all’amministratore straordinario di trasmettere all’autorità competente che lo ha nominato, a intervalli regolari da questa stabiliti nonché all’inizio e alla fine del mandato, relazioni in merito alla situazione economica e finanziaria dell’ente e agli atti compiuti nello svolgimento dei suoi compiti.

6.L’amministrazione straordinaria dura al massimo un anno. Tale periodo può essere rinnovato in via eccezionale, se sussistono le condizioni per la designazione di un amministratore straordinario. Spetta all’autorità competente stabilire se sussistono le condizioni per il mantenimento di un amministratore straordinario e giustificare la decisione in tal senso dinanzi agli azionisti.

7.Fatti salvi i paragrafi da 1 a 6, la nomina dell’amministratore straordinario lascia impregiudicati i diritti degli azionisti o proprietari previsti a norma del diritto societario nazionale o dell’Unione.

8.La nomina di un amministratore straordinario non è riconosciuta come evento determinante l’escussione della garanzia ai sensi della direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 36 né come procedura di insolvenza ai sensi della direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 37 .

Articolo 25

Coordinamento delle misure di intervento precoce e nomina di un amministratore straordinario per i gruppi

1.Laddove, in relazione a un’impresa madre o a un ente soggetto a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE o ad una delle sue filiazioni, siano soddisfatte le condizioni per l’imposizione degli obblighi di cui all’articolo 23 o per la nomina di un amministratore straordinario ai sensi dell’articolo 24, l’autorità competente che intende adottare una misura a norma di detti articoli ne dà notifica alle altre autorità competenti pertinenti nell’ambito del collegio di vigilanza e all’ABE.

2.L’autorità di vigilanza su base consolidata e le altre autorità competenti pertinenti valutano se occorre prendere misure ai sensi dell’articolo 23 o nominare un amministratore straordinario ai sensi dell’articolo 24 in relazione ad altre entità del gruppo e se è auspicabile il coordinamento delle misure da adottare. L’autorità di vigilanza su base consolidata e le altre autorità pertinenti vagliano l’ipotesi che misure alternative abbiano maggiori probabilità di ripristinare la sostenibilità economica delle singole entità e di preservare la solidità finanziaria del gruppo nel suo complesso. Qualora più di un’autorità competente intenda nominare un amministratore straordinario in relazione a un’entità affiliata a un gruppo, le autorità valutano se sia più opportuno nominare lo stesso amministratore straordinario per tutte le entità interessate o per l’intero gruppo al fine di agevolare soluzioni intese a ripristinare la solidità finanziaria del gruppo nel suo complesso.

La valutazione assume la forma di una decisione congiunta dell’autorità di vigilanza su base consolidata e delle altre autorità competenti pertinenti. La decisione congiunta è adottata entro cinque giorni dalla data della notifica di cui al paragrafo 1. La decisione congiunta è motivata e riportata in un documento che l’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette all’impresa madre o all’ente soggetto a vigilanza su base consolidata.

3.L’ABE può, di sua iniziativa, prestare assistenza alle autorità competenti nel raggiungimento di un accordo in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

4.In mancanza di una decisione congiunta entro cinque giorni, l’autorità di vigilanza su base consolidata e le autorità competenti responsabili della vigilanza delle filiazioni possono prendere decisioni autonome.

5.La decisione di ciascuna autorità competente è motivata. Essa tiene conto delle opinioni e delle riserve espresse dalle altre autorità competenti durante il periodo di cinque giorni, nonché del potenziale impatto della decisione sulla stabilità finanziaria in altri Stati membri. L’autorità di vigilanza su base consolidata trasmette le decisioni all’impresa madre o all’ente soggetto a vigilanza su base consolidata, e le rispettive autorità competenti le trasmettono alle filiazioni.

Se, al termine del periodo di cinque giorni, una delle autorità competenti interessate ha rimesso la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010, l’autorità di vigilanza su base consolidata e le altre autorità competenti rinviano le decisioni in attesa della decisione dell’ABE a norma dell’articolo 19, paragrafo 3, di tale regolamento, e adottano una decisione conforme alla decisione dell’ABE. Il periodo di cinque giorni è assimilato al periodo di conciliazione ai sensi dello stesso regolamento. L’ABE decide entro cinque giorni. La questione non può essere rimessa all’ABE una volta scaduto il periodo di cinque giorni o raggiunta una decisione congiunta.

6.Prima di adottare decisioni autonome ai sensi del paragrafo 4, le autorità competenti consultano l’ABE. La decisione tiene conto della posizione dell’ABE e spiega gli eventuali scostamenti significativi da essa.

TITOLO IV

RISOLUZIONE DELLE CRISI

CAPO I

Obiettivi, condizioni e principi generali

Articolo 26

Obiettivi della risoluzione delle crisi

1.Nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi tengono conto degli obiettivi attesi e scelgono gli strumenti e i poteri più adatti a conseguire quelli pertinenti nelle circostanze del caso.

2.Gli obiettivi della risoluzione delle crisi cui rimanda il paragrafo 1 sono i seguenti:

(a)garantire la continuità delle funzioni essenziali;

(b)evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, anche attraverso la prevenzione del contagio e il mantenimento della disciplina di mercato;

(c)salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario;

(d)evitare la distruzione del valore non necessaria e cercare di contenere al minimo i costi della risoluzione delle crisi;

(e)tutelare i depositanti coperti dalla direttiva 94/19/CE e gli investitori coperti dalla direttiva 97/9/CE;

(f)tutelare i fondi e attività dei clienti.

3.Fatta salva disposizione contraria della presente direttiva, i diversi obiettivi della risoluzione delle crisi rivestono pari importanza e le autorità di risoluzione delle crisi li ponderano opportunamente a seconda della natura e delle circostanze di ciascun caso.

Articolo 27

Condizioni per la risoluzione della crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi possano avviare un’azione di risoluzione della crisi per un ente di cui all’articolo 1, lettera a), solo se sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

(a)l’autorità competente o l’autorità di risoluzione delle crisi stabilisce che l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto;

(b)tenuto conto della tempistica e di altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che un’alternativa all’avvio dell’azione di risoluzione della crisi per l’ente in questione, sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, permetta di evitare il fallimento dell’ente in tempi ragionevoli;

(c)l’azione di risoluzione della crisi è necessaria nell’interesse pubblico a norma del paragrafo 3.

2.Ai fini del paragrafo 1, lettera a), l’ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

(a)l’ente viola, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro violerà, i requisiti patrimoniali per il prosieguo dell’autorizzazione in modo tale da giustificare la revoca dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente, perché ha accusato o rischia di accusare perdite tali da depauperarlo dell’intero patrimonio o sostanzialmente dell’intero patrimonio;

(b)le attività dell’ente sono, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro saranno, inferiori alle passività;

(c)l’ente non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare le proprie obbligazioni in scadenza;

(d)l’ente necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario, ad esclusione dei casi in cui, per preservare la stabilità finanziaria, richiede uno degli elementi seguenti:

(i)una garanzia dello Stato per sostenere gli strumenti di liquidità forniti da banche centrali alle condizioni ordinarie da esse applicate (il dispositivo è interamente coperto da garanzia alla quale sono applicati scarti (haircut), in funzione della sua qualità e del suo valore di mercato e la banca centrale addebita al beneficiario un tasso di interesse di penalizzazione); oppure

(ii)una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione per rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro.

In entrambi i casi di cui ai punti (i) e (ii), le misure di garanzia sono limitate agli enti finanziari solventi, non fanno parte di un pacchetto d’aiuto più ampio, sono subordinate all’approvazione a titolo delle norme sugli aiuti di Stato e sono limitate a una durata massima di tre mesi.

3.Ai fini del paragrafo 1, lettera c), l’azione di risoluzione della crisi è considerata nell’interesse pubblico se consegue uno o più obiettivi della risoluzione delle crisi di cui all’articolo 26 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente o dell’impresa madre con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

4.L’ABE emana orientamenti a norma dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 per promuovere la convergenza delle pratiche di vigilanza e di risoluzione delle crisi in materia di interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto. L’ABE elabora detti orientamenti entro e non oltre la data prevista all’articolo 115, paragrafo 1, primo comma.

5.La Commissione adotta, tenendo conto, se del caso, dell’esperienza maturata con l’applicazione degli orientamenti dell’ABE, atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare le situazioni in cui un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto.

Articolo 28

Condizioni per la risoluzione della crisi in relazione ad enti finanziari e società di partecipazione

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi possano avviare un’azione di risoluzione della crisi in relazione a un ente finanziario o impresa di cui all’articolo 1, lettera b), quando le condizioni indicate all’articolo 27, paragrafo 1, sono soddisfatte relativamente sia all’ente finanziario o impresa sia all’impresa madre soggetta a vigilanza su base consolidata.

2.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi avviino un’azione di risoluzione della crisi in relazione a una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), quando le condizioni indicate all’articolo 27, paragrafo 1, sono soddisfatte relativamente sia alla società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), sia a una o più enti filiazioni.

3.Se gli enti filiazioni di una società di partecipazione mista sono detenuti direttamente o indirettamente da una società di partecipazione finanziaria intermedia, gli Stati membri provvedono a che le azioni di risoluzione delle crisi ai fini della risoluzione della crisi del gruppo siano avviate in relazione alla società di partecipazione finanziaria intermedia e non in relazione alla società di partecipazione mista.

4.Fatto salvo il paragrafo 3 e in deroga al paragrafo 1, le autorità di risoluzione delle crisi possono, nonostante il fatto che una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) potrebbe non soddisfare le condizioni indicate all’articolo 27, paragrafo 1, avviare un’azione di risoluzione della crisi in relazione a una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) quando uno o più enti filiazioni soddisfano le condizioni previste nell’articolo 27, paragrafi 1, 2 e 3, e l’azione in relazione a una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) è necessaria per la risoluzione della crisi di uno o più enti filiazioni o del gruppo nel suo complesso.

Articolo 29

Principi generali che disciplinano la risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi prendano tutte le misure atte a garantire che l’azione di risoluzione della crisi sia avviata in conformità dei principi seguenti:

(a)gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi sostengono le prime perdite;

(b)i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi sostengono le perdite dopo gli azionisti, secondo l’ordine di priorità delle loro pretese a norma della presente direttiva;

(c)l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione della crisi è sostituita;

(d)gli alti dirigenti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi sostengono perdite che, a norma del diritto civile o penale, sono proporzionali alle loro specifiche responsabilità per il suo dissesto;

(e)salvo disposizione contraria nella presente direttiva, i creditori di una stessa classe ricevono pari trattamento;

(f)nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza.

2.Nei casi in cui un ente fa parte di un gruppo, le autorità di risoluzione delle crisi applicano gli strumenti ed esercitano i poteri di risoluzione delle crisi in modo da ridurre al minimo sia l’impatto sugli enti affiliati e sul gruppo nel suo complesso sia l’effetto negativo sulla stabilità finanziaria nell’Unione e, in particolare, nei paesi in cui il gruppo opera.

3.Nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione delle crisi, gli Stati membri provvedono a che essi siano conformi al quadro degli aiuti di Stato dell’Unione, ove applicabile.

CAPO II

Valutazione

Articolo 30

Valutazione preliminare

1.Prima di avviare un’azione di risoluzione delle crisi, e in particolare ai fini degli articoli 31, 34, 36, 41, 42 e 65, le autorità di risoluzione delle crisi provvedono a che una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compresa l’autorità di risoluzione delle crisi, e dall’ente effettui una valutazione equa e realistica delle attività e passività dell’ente. L’autorità di risoluzione delle crisi avalla detta valutazione. Qualora una valutazione indipendente non sia possibile a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, la valutazione delle attività e passività dell’ente può essere effettuata dalle autorità di risoluzione delle crisi.

2.Fatto salvo, ove applicabile, il quadro degli aiuti di Stato dell’Unione, la valutazione richiesta dal paragrafo 1 si fonda su ipotesi prudenti e realistiche, anche per quanto concerne i tassi di inadempimento e la gravità delle perdite; il suo obiettivo è stimare il valore di mercato delle attività e delle passività dell’ente in dissesto o a rischio di dissesto, in modo che le eventuali perdite risultanti siano rilevate al momento dell’impiego degli strumenti di risoluzione delle crisi. Tuttavia, se per una data attività o passività il mercato non funziona correttamente, la valutazione può rispecchiare il valore economico a lungo termine di tali attività o passività. La valutazione non presuppone la fornitura all’ente di un sostegno pubblico straordinario, a prescindere dal fatto che esso sia effettivamente fornito.

3.La valutazione è integrata dalle seguenti informazioni ricavate dai libri e registri contabili dell’ente:

(a)stato patrimoniale aggiornato e relazione sulla situazione economica e finanziaria dell’ente;

(b)nota contenente un’analisi e una stima del valore delle attività;

(c)elenco delle passività in essere risultante dai libri e registri contabili dell’ente, con indicazione dei rispettivi crediti e dell’ordine di priorità a norma del diritto fallimentare applicabile;

(d)elenco delle attività detenute dall’ente per conto di terzi titolari del diritto di proprietà su di esse.

4.La valutazione indica la suddivisione dei creditori in classi in funzione del rispettivo ordine di priorità a norma del diritto fallimentare applicabile e una stima del trattamento che ciascuna classe potrebbe attendersi in una procedura di insolvenza.

5.Qualora non sia possibile, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, adempiere gli obblighi stabiliti nei paragrafi 3 e 4, la persona indipendente o l’autorità di risoluzione delle crisi effettuano la valutazione in ottemperanza degli obblighi previsti nel paragrafo 2. Detta valutazione è considerata provvisoria in attesa che l’autorità di risoluzione delle crisi effettui una valutazione conforme a tutti i requisiti previsti dal presente articolo. Tale valutazione definitiva può essere effettuata separatamente dalla valutazione di cui all’articolo 66 o congiuntamente ad essa.

6.La valutazione fa parte integrante della decisione di applicare uno strumento o esercitare un potere di risoluzione delle crisi. Non è ammesso un ricorso giurisdizionale separato avverso la valutazione, che è impugnabile soltanto congiuntamente alla decisione assunta a norma dell’articolo 78.

7.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i seguenti criteri ai fini dei paragrafi 1 e 2 e dell’articolo 66:

(a)circostanze in cui una persona è indipendente sia dall’autorità di risoluzione delle crisi sia dagli enti;

(b)circostanze in cui una valutazione da parte di una persona indipendente può non essere considerata possibile;

(c)metodologia per valutare il valore di mercato delle attività e passività dell’ente in dissesto o a rischio di dissesto;

(d)circostanze in cui si può considerare che per una data attività o passività il mercato non funzioni correttamente;

(e)metodologia per valutare il valore economico a lungo termine delle attività e passività dell’ente in dissesto o a rischio di dissesto.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

CAPO III

Strumenti di risoluzione delle crisi

Sezione I

Principi generali

Articolo 31

Principi generali degli strumenti di risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano dei poteri necessari per applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi a un ente, ente finanziario o società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), che soddisfa le applicabili condizioni per la risoluzione delle crisi.

2.Gli strumenti di risoluzione delle crisi cui rimanda il paragrafo 1 sono i seguenti:

(a)strumento della vendita dell’attività d’impresa;

(b)strumento dell’ente-ponte;

(c)strumento della separazione delle attività;

(d)strumento del bail-in.

3.Fatto salvo il paragrafo 4, le autorità di risoluzione delle crisi possono applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi singolarmente o combinandoli.

4.Le autorità di risoluzione delle crisi possono applicare lo strumento della separazione delle attività solo abbinandolo a un altro strumento di risoluzione delle crisi.

5.Quando sono applicati gli strumenti di risoluzione delle crisi di cui al paragrafo 2, lettere a), b) o c) ed essi sono usati per cedere parte delle attività, diritti o passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi, la parte residua dell’ente da cui è avvenuta tale cessione è liquidata con procedura ordinaria di insolvenza entro un termine appropriato, tenuto conto dell’eventuale necessità che tale ente fornisca servizi o assistenza a norma dell’articolo 58 per consentire al ricevente di svolgere le attività o i servizi acquisiti in virtù di tale cessione.

6.Gli Stati membri assicurano che le norme del diritto fallimentare nazionale relative all’annullamento o all’inopponibilità degli atti giuridici pregiudizievoli per i creditori non si applichino alle cessioni di attività, diritti e passività da un ente soggetto a risoluzione della crisi a un’altra entità disposte in virtù dell’applicazione di uno strumento dell’esercizio di un potere di risoluzione delle crisi.

7.Non è preclusa agli Stati membri la facoltà di conferire alle autorità di risoluzione delle crisi ulteriori poteri esercitabili quando un ente soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi, purché tali poteri non ostino all’efficace risoluzione della crisi di gruppo e siano coerenti con gli obiettivi della risoluzione delle crisi e con i principi generali che la disciplinano di cui agli articoli 26 e 29.

Sezione 2

Strumento della vendita dell’attività d’impresa

Articolo 32

Strumento della vendita dell’attività d’impresa

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di cedere a un acquirente diverso da un ente-ponte gli elementi seguenti:

(a)azioni o altri titoli di proprietà dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi;

(b)tutte le attività, i diritti o le passività, o una parte di essi, dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi;

(c)qualsiasi combinazione di parte o della totalità delle attività, dei diritti e delle passività dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi.

La cessione di cui al primo comma è effettuata senza ottenere il consenso degli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi o di terzi diversi dall’acquirente e senza ottemperare agli obblighi procedurali del diritto societario o della legislazione sui valori mobiliari che sarebbero altrimenti applicabili.

2.La cessione ai sensi del paragrafo 1 è effettuata a condizioni commerciali, tenuto conto delle circostanze, e nel rispetto delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

3.In caso di cessione di parte delle attività dell’ente, i proventi derivanti dalla cessione vanno a beneficio dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi.

In caso di cessione di tutte le azioni o altri titoli di proprietà ovvero in caso di cessione di tutte le attività, diritti e passività dell’ente, i proventi derivanti dalla cessione vanno a beneficio degli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi, che sono stati spogliati dei loro diritti.

Gli Stati membri calcolano i proventi di cui al paragrafo 2 al netto delle spese, amministrative o di altro tipo, sostenute nella procedura di risoluzione della crisi, compresi i costi e le spese risultanti dai meccanismi di finanziamento di cui all’articolo 92.

4.Le autorità di risoluzione delle crisi prendono tutte le iniziative ragionevoli affinché la cessione a norma del paragrafo 2 avvenga a condizioni commerciali conformi alla valutazione equa e realistica effettuata a norma dell’articolo 30, tenuto conto delle circostanze del caso.

5.Nell’applicare lo strumento della vendita dell’attività d’impresa, le autorità di risoluzione delle crisi possono esercitare il potere di cessione più volte, al fine di effettuare ulteriori cessioni, secondo i casi, di azioni o altri titoli di proprietà ovvero di attività, diritti o passività dell’ente soggetto a risoluzione delle crisi.

6.Dopo aver applicato lo strumento della vendita dell’attività d’impresa, le autorità di risoluzione delle crisi possono, con il consenso dell’acquirente, esercitare i poteri di cessione in relazione a, secondo i casi, azioni o altri titoli di proprietà ovvero attività, diritti o passività ceduti all’acquirente, al fine di ritrasferire il patrimonio all’ente soggetto a risoluzione delle crisi.

7.L’acquirente deve essere in possesso dell’autorizzazione appropriata all’esercizio delle attività o alla prestazione dei servizi che acquisisce in virtù di una cessione effettuata conformemente al paragrafo 1.

8.In deroga all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2006/48/CE, qualora la cessione di azioni o altri titoli di proprietà effettuata in applicazione dello strumento della vendita dell’attività d’impresa determini l’acquisizione o l’incremento di una partecipazione qualificata del tipo di cui all’articolo 19, paragrafo 1, di detta direttiva, le autorità competenti effettuano tempestivamente la valutazione richiesta a norma di tale articolo in modo da non ritardare l’applicazione dello strumento suddetto né impedire all’azione di risoluzione della crisi di conseguire i pertinenti obiettivi.

9.Le cessioni effettuate in virtù dello strumento della vendita dell’attività d’impresa che riguardano una parte delle attività, diritti o passività dell’ente, ma non la loro totalità, sono soggette alle garanzie per le cessioni parziali di beni previste nel capo IV.

10.Al fine di esercitare il diritto di prestare servizi o di stabilirsi in un altro Stato membro conformemente alla direttiva 2006/48/CE o alla direttiva 2004/39/CE, l’acquirente è considerato un proseguimento dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e può continuare a esercitare i diritti che erano esercitati da quest’ultimo in relazione alle attività, diritti o passività ceduti, compresi i diritti di appartenenza e di accesso ai sistemi di pagamento, di compensazione e di regolamento.

11.Gli azionisti o i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e altri terzi i cui beni, diritti o passività non sono ceduti non vantano alcun diritto sulle attività, diritti o passività ceduti o in relazione ad essi.

Articolo 33

Strumento della vendita dell’attività d’impresa: obblighi procedurali

1.Fatto salvo il paragrafo 3, nell’applicare ad un ente lo strumento della vendita dell’attività d’impresa l’autorità di risoluzione delle crisi commercializza o dispone la commercializzazione dell’ente interessato o delle sue attività, diritti o passività che intende cedere. Gli aggregati di diritti, attività e passività possono essere commercializzati separatamente.

2.Fatto salvo, ove applicabile, il quadro degli aiuti di Stato dell’Unione, la commercializzazione di cui al paragrafo 1 rispetta i criteri seguenti:

(a)è improntata alla massima trasparenza possibile, tenuto conto delle circostanze e, in particolare, della necessità di preservare la stabilità finanziaria;

(b)non favorisce né discrimina potenziali acquirenti;

(c)è immune da qualsiasi conflitto di interessi;

(d)non conferisce alcun vantaggio indebito a un potenziale acquirente;

(e)tiene conto della necessità di effettuare un’azione rapida di risoluzione della crisi;

(f)mira a ottenere il prezzo più alto possibile per la vendita delle attività e passività in questione.

I principi di cui al presente paragrafo non ostano a che l’autorità di risoluzione delle crisi solleciti determinati acquirenti potenziali.

Qualsiasi divulgazione al pubblico della commercializzazione dell’ente, che sarebbe altrimenti richiesta conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/6/CE, può essere ritardata in conformità dell’articolo 6, paragrafo 2 della medesima.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi possono applicare lo strumento della vendita dell’attività d’impresa senza conformarsi agli obblighi in materia di commercializzazione di cui al paragrafo 1 se accertano che l’ottemperanza ad essi rischierebbe di compromettere uno o più degli obiettivi della risoluzione della crisi e, in particolare, se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

(a)l’autorità di risoluzione delle crisi ritiene che il dissesto dell’ente soggetto a risoluzione della crisi costituisca una minaccia sostanziale per la stabilità finanziaria o la aggravi; e

(b)l’ottemperanza agli obblighi rischia di compromettere l’efficacia dello strumento della vendita dell’attività d’impresa nell’affrontare tale minaccia o nel raggiungere l’obiettivo di risoluzione delle crisi di cui all’articolo 26, paragrafo 2, lettera b).

4.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare le circostanze materiali che costituiscono una minaccia sostanziale e gli elementi relativi all’efficacia dello strumento della vendita dell’attività d’impresa di cui al paragrafo 3, lettere a) e b).

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Sezione 3

Strumento dell’ente-ponte

Articolo 34

Strumento dell’ente-ponte

1.Per attivare lo strumento dell’ente-ponte, gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di cedere la totalità o una parte delle attività, diritti o passività di un ente soggetto a risoluzione della crisi, e qualsiasi combinazione di tali attività, diritti o passività, a un ente-ponte senza ottenere il consenso degli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi o di terzi e senza ottemperare agli obblighi procedurali previsti dal diritto societario o dalla legislazione sui valori mobiliari che sarebbero altrimenti applicabili.

2.Salvo laddove è applicato lo strumento del bail-in per il fine indicato nell’articolo 37, paragrafo 2, lettera b), ai fini dello strumento dell’ente-ponte per “ente-ponte” s’intende un’entità giuridica interamente o parzialmente di proprietà di una o più autorità pubbliche (che possono includere l’autorità di risoluzione delle crisi) costituita al fine di svolgere alcune o tutte le funzioni dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e di detenerne, in tutto o in parte, le attività e passività.

L’applicazione dello strumento del bail-in per il fine indicato nell’articolo 37, paragrafo 2, lettera b) non interferisce nella capacità dell’autorità di risoluzione delle crisi di controllare l’ente-ponte nella misura necessaria a compiere la risoluzione della crisi e conseguirne gli obiettivi.

3.Nell’applicare lo strumento dell’ente-ponte, l’autorità di risoluzione delle crisi assicura che il valore complessivo delle passività cedute a tale ente non superi il valore totale dei diritti e delle attività ceduti dall’ente soggetto a risoluzione della crisi o provenienti da altre fonti.

4.Nel’applicare lo strumento dell’ente-ponte, l’autorità di risoluzione delle crisi può cedere le attività, diritti o passività dell’ente che reputa appropriati per perseguire uno o più degli obiettivi della risoluzione della crisi.

5.Nell’applicare lo strumento dell’ente-ponte, le autorità di risoluzione delle crisi possono:

(a)cedere a più riprese diritti, attività o passività dall’ente soggetto a risoluzione della crisi all’ente-ponte; e

(b)ritrasferire diritti, attività o passività dall’ente-ponte all’ente soggetto a risoluzione della crisi, purché siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 6;

(c)cedere diritti, attività o passività dall’ente-ponte a un terzo.

6.Le autorità di risoluzione delle crisi ritrasferiscono diritti, attività o passività dall’ente-ponte all’ente soggetto a risoluzione della crisi solo in una delle circostanze seguenti:

(a)la possibilità di ritrasferire gli specifici diritti, attività o passività è prevista espressamente dallo strumento mediante il quale è stata effettuata la cessione di cui al paragrafo 5, lettera a);

(b)gli specifici diritti, attività o passività non rientrano di fatto nelle classi di diritti, attività o passività definiti nello strumento mediante il quale è stata effettuata la cessione di cui al paragrafo 5, lettera a) o non rispettano le condizioni al riguardo ivi specificate.

In entrambi i casi di cui alle lettere a) e b), il ritrasferimento è effettuato entro i termini prescritti in detto strumento per lo scopo pertinente e soddisfa le altre condizioni ivi previste.

7.Le cessioni effettuate in virtù dello strumento dell’ente-ponte che comportano il trasferimento di una parte delle attività, diritti o passività dell’ente, ma non della loro totalità, sono soggette alle garanzie per le cessioni parziali di beni previste nel capo IV.

8.Al fine di esercitare il diritto di prestare servizi o di stabilirsi in un altro Stato membro conformemente alla direttiva 2006/48/CE o alla direttiva 2004/39/CE, l’ente-ponte è considerato un proseguimento dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e può continuare a esercitare i diritti che erano esercitati da quest’ultimo in relazione alle attività, diritti o passività ceduti, compresi i diritti di appartenenza e di accesso ai sistemi di pagamento, di compensazione e di regolamento.

9.Gli azionisti o i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e altri terzi i cui beni, diritti o passività non sono ceduti all’ente-ponte non vantano alcun diritto sull’ente-ponte o sul suo patrimonio ovvero in relazione ad essi.

Articolo 35

Funzionamento dell’ente-ponte

1.Gli Stati membri provvedono a che il funzionamento dell’ente-ponte sia conforme alle disposizioni seguenti:

(a)l’autorità di risoluzione delle crisi specifica il contenuto degli atti costitutivi dell’ente-ponte;

(b)l’autorità di risoluzione delle crisi nomina il consiglio di amministrazione dell’ente-ponte, ne approva le retribuzioni e determina le competenze appropriate;

(c)l’ente-ponte è autorizzato conformemente alla direttiva 2006/48/CE o, secondo il caso, alla direttiva 2004/39/CE ed è in possesso dell’autorizzazione necessaria a norma del diritto nazionale applicabile per svolgere le attività o prestare i servizi acquisiti in virtù di una cessione effettuata conformemente all’articolo 56;

(d)l’ente-ponte soddisfa, secondo i casi, gli obblighi della direttiva 2006/48/CE, 2006/49/CE o 2004/39/CE ed è soggetto, secondo i casi, a vigilanza in conformità di dette direttive.

2.Fatte salve le limitazioni imposte in conformità con le regole di concorrenza dell’Unione o nazionali, gli amministratori gestiscono l’ente-ponte nella prospettiva di vendere l’ente e le sue attività, diritti o passività a uno o più acquirenti del settore privato quando le condizioni lo permettono e nei termini di cui al paragrafo 5.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi pongono fine al funzionamento dell’ente-ponte non appena si verifica una delle situazioni seguenti:

(a)fusione dell’ente-ponte con un altro ente;

(b)acquisizione della maggioranza del capitale dell’ente-ponte da parte di un terzo;

(c)assunzione della totalità o della sostanziale totalità delle attività, diritti o passività dell’ente-ponte da parte di un’altra persona;

(d)scadenza del termine di cui al paragrafo 5 o, se del caso, al paragrafo 6.

4.Nel tentare di vendere l’ente-ponte o le sue attività o passività, gli Stati membri assicurano che l’ente ovvero le attività o passività pertinenti siano commercializzati in modo aperto e trasparente e che la vendita non favorisca né discrimini determinati acquirenti potenziali.

Siffatta vendita è effettuata a condizioni commerciali, tenuto conto delle circostanze e nel rispetto del quadro degli aiuti di Stato dell’Unione.

5.Se non si verifica nessuno dei risultati di cui al paragrafo 3, lettere a), b) o c), l’autorità di risoluzione delle crisi pone fine al funzionamento dell’ente-ponte trascorso un periodo di due anni a decorrere dalla data in cui è stata effettuata l’ultima cessione da un ente soggetto a risoluzione delle crisi conformemente allo strumento dell’ente-ponte.

6.L’autorità di risoluzione delle crisi può prorogare il periodo di cui al paragrafo 5 fino a un massimo di altri tre periodi di un anno se:

(a)la proroga offre buone probabilità di conseguire uno dei risultati di cui al paragrafo 3, lettere a), b) o c); oppure

(b)la proroga è necessaria per assicurare la continuità di servizi bancari o finanziari essenziali.

7.Quando è posto termine al funzionamento dell’ente-ponte nelle circostanze di cui al paragrafo 3, lettere c) e d), l’ente è sciolto e liquidato.

I proventi derivanti dal cessato funzionamento dell’ente-ponte a norma del paragrafo 3 vanno a beneficio dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

Gli Stati membri possono calcolare i proventi al netto delle spese, amministrative o di altro tipo sostenute nella procedura di risoluzione della crisi.

8.Qualora l’ente-ponte sia utilizzato ai fini della cessione di attività e passività di più enti, l’obbligo di cui al paragrafo 7 si riferisce alla liquidazione delle attività e passività cedute da ciascuno di questi e non all’ente-ponte stesso.

Sezione 4

Strumento della separazione delle attività

Articolo 36

Strumento della separazione delle attività

1.Ai fini dell’attivazione dello strumento della separazione delle attività, gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi abbiano il potere di cedere a un veicolo di gestione delle attività le attività, diritti o passività di un ente soggetto a risoluzione della crisi.

2.Ai fini dello strumento della separazione delle attività, per veicolo di gestione delle attività si intende un’entità giuridica interamente di proprietà di una o più autorità pubbliche, che possono includere l’autorità di risoluzione delle crisi.

3.L’autorità di risoluzione delle crisi designa amministratori responsabili della gestione delle attività cedute al veicolo di gestione, al fine di massimizzare il valore delle attività attraverso la vendita finale ovvero di assicurare la liquidazione ordinata dell’attività d’impresa.

4.Le autorità di risoluzione delle crisi possono esercitare il potere di cedere attività, di cui al paragrafo 1, solo se la situazione del particolare mercato per le attività in questione è tale che una loro liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza potrebbe incidere negativamente sul mercato finanziario.

5.Nell’applicare lo strumento della separazione delle attività, le autorità di risoluzione delle crisi stabiliscono il corrispettivo per la cessione delle attività al veicolo di gestione, nel rispetto dei principi fissati nell’articolo 30 e del quadro degli aiuti di Stato dell’Unione.

6.Le autorità di risoluzione delle crisi possono:

(c)cedere a più riprese le attività, diritti o passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi al veicolo di gestione; ritrasferire attività, diritti o passività dal veicolo di gestione all’ente soggetto a risoluzione della crisi, purché siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 7.

7.Le autorità di risoluzione delle crisi ritrasferiscono diritti, attività o passività dal veicolo di gestione delle attività all’ente soggetto a risoluzione della crisi solo in una delle circostanze seguenti:

(a)la possibilità di ritrasferire gli specifici diritti, attività o passività è prevista espressamente dallo strumento mediante il quale è stata effettuata la cessione di cui al paragrafo 6, lettera a);

(b)gli specifici diritti, attività o passività non rientrano di fatto nelle classi di diritti, attività o passività definiti nello strumento mediante il quale è stata effettuata la cessione di cui al paragrafo 6, lettera a) o non rispettano le condizioni al riguardo ivi specificate.

In entrambi i casi di cui alle lettere a) e b), il ritrasferimento è effettuato entro i termini prescritti in detto strumento per lo scopo pertinente e soddisfa le altre condizioni ivi previste.

8.Le cessioni tra l’ente soggetto a risoluzione della crisi e il veicolo di gestione delle attività sono soggette alle garanzie per le cessioni parziali di beni previste nella presente direttiva.

9.Gli azionisti e i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e altri terzi i cui beni, diritti o passività non sono ceduti al veicolo di gestione delle attività non vantano alcun diritto su di esso, sul suo patrimonio o nei confronti dei suoi amministratori.

10.Gli obiettivi degli amministratori designati conformemente al paragrafo 3 non comportano obblighi né responsabilità nei confronti degli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e gli amministratori non hanno, nei confronti degli azionisti, responsabilità derivanti dalle azioni intraprese o non intraprese nell’esercizio - o supposto esercizio - delle proprie funzioni, a meno che l’atto o l’omissione implichino negligenze gravi o colpa grave in conformità della legislazione nazionale.

11.L’ABE elabora orientamenti a norma dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 per promuovere la convergenza delle pratiche di vigilanza e di risoluzione delle crisi in materia di accertamento delle situazioni in cui, a norma del paragrafo 4, la liquidazione delle attività o passività con procedura ordinaria di insolvenza potrebbe incidere negativamente sul mercato finanziario. L’ABE elabora detti orientamenti entro e non oltre la data prevista all’articolo 115, paragrafo 1, primo comma.

12.La Commissione adotta, tenendo conto, se del caso, dell’esperienza maturata con l’applicazione degli orientamenti dell’ABE, atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare le situazioni in cui la liquidazione delle attività o passività con procedura ordinaria di insolvenza potrebbe incidere negativamente sul mercato finanziario.

Sezione 5

Strumento del bail-in

Sottosezione 1

Obiettivo e anbito d’applicazione dello strumento del bail-in

Articolo 37

Strumento del bail-in

1.Ai fini dell’attivazione dello strumento del bail-in, gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano dei poteri di risoluzione delle crisi di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere da f) a l).

2.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi possano applicare lo strumento del bail-in per uno dei seguenti fini:

(a)ricapitalizzare un ente che soddisfi le condizioni per la risoluzione delle crisi in misura sufficiente a ripristinarne la capacità di rispettare le condizioni di autorizzazione e di esercitare le attività per le quali è autorizzato ai sensi della direttiva 2006/48/CE o della direttiva 2004/39/CE;

(b)convertire in capitale o ridurre l’importo dei crediti o dei titoli di debito ceduti a un ente-ponte al fine di fornirgli capitale.

3.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi possano applicare lo strumento del bail-in per il fine di cui al paragrafo 2, lettera a), solo se esiste una prospettiva realistica che la sua applicazione e il ricorso contemporaneo alle misure attuate conformemente al piano di riorganizzazione aziendale previsto all’articolo 47 consentano non solo di raggiungere i pertinenti obiettivi della risoluzione della crisi, ma anche di risanare l’ente in questione ripristinandone la solidità finanziaria e la sostenibilità economica a lungo termine.

Se non è soddisfatta la condizione prevista al primo comma, gli Stati membri applicano uno degli strumenti di risoluzione delle crisi di cui all’articolo 31, paragrafo 2, lettere a), b) e c), secondo i casi, e lo strumento del bail-in di cui al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo.

Articolo 38

Ambito d’applicazione dello strumento del bail-in

1.Gli Stati membri assicurano che lo strumento del bail-in possa essere applicato a tutte le passività di un ente che non sono escluse dal suo ambito d’applicazione a norma del paragrafo 2.

2.Le autorità di risoluzione delle crisi non esercitano i poteri di riduzione o conversione in relazione alle passività seguenti:

(a)depositi garantiti a norma della direttiva 94/19/CE;

(b)passività garantite;

(c)qualsiasi passività sorta dal fatto che l’ente detiene attività o liquidità dei clienti ovvero da un rapporto fiduciario tra l’ente (in quanto fiduciario) e un’altra persona (in quanto beneficiario);

(d)passività con scadenza originaria inferiore a un mese;

(e)una passività nei confronti di uno dei soggetti seguenti:

(i)un dipendente, per quanto riguarda la retribuzione, le prestazioni pensionistiche o altra remunerazione fissa dovute, ad eccezione della retribuzione variabile in qualsiasi forma;

(ii)un creditore, sia esso fornitore o impresa commerciale, che ha fornito all’ente beni o servizi essenziali per il funzionamento quotidiano delle sue operazioni, compresi i servizi informatici, le utenze e la locazione, riparazione e manutenzione dei locali;

(iii)autorità tributarie e previdenziali, a condizione che si tratti di passività privilegiate ai sensi del diritto fallimentare applicabile.

Le lettere a) e b) non ostano a che le autorità di risoluzione delle crisi esercitino, ove opportuno, tali poteri in relazione a qualsiasi parte di una passività garantita o di una passività per la quale è stata costituita una garanzia che supera il valore delle attività, pegni, ipoteche o garanzie a fronte dei quali è stata costituita. Gli Stati membri possono esentare dalla presente disposizione le obbligazioni garantite quali definite nell’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva 85/611/CEE 38 .

La lettera c) non osta a che le autorità di risoluzione delle crisi esercitino, ove opportuno, tali poteri in relazione a qualsiasi importo di un deposito che supera la copertura prevista da detta direttiva.

3.Nell’applicare lo strumento del bail-in, le autorità di risoluzione delle crisi possono escludere dall’applicazione dei poteri di riduzione e conversione le passività sorte da derivati che non rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 2, lettera d), se l’esclusione è necessaria o opportuna per il raggiungimento degli obiettivi indicati all’articolo 26, paragrafo 2, lettere a) e b).

4.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare ulteriormente:

(a)le specifiche classi di passività di cui al paragrafo 2, lettera d);

(b)le circostanze in cui l’esclusione è necessaria o opportuna per il raggiungimento degli obiettivi indicati all’articolo 26, paragrafo 2, lettere a) e b), tenuto conto dei fattori seguenti:

(i)impatto sistemico del close out delle posizioni in derivati al fine di applicare lo strumento del bail-in;

(ii)effetto sul funzionamento di una controparte centrale derivante dell’applicazione dello strumento del bail-in alle passività risultanti da derivati che sono compensate dalla controparte centrale; e

(iii)effetto dell’applicazione dello strumento del bail-in alle passività risultanti da derivati sulla gestione del rischio delle controparti di tali derivati.

Sottosezione 2

Requisito minimo per le passività ammissibili

Articolo 39

Requisito minimo per le passività soggette ai poteri di riduzione e conversione

1.Gli Stati membri provvedono a che gli enti dispongano in qualsiasi momento di un sufficiente importo aggregato di fondi propri e passività ammissibili, espresso in percentuale delle loro passività totali non rientranti nei fondi propri a norma del titolo V, capo 2, sezione 1, della direttiva 2006/48/CE o del capo IV della direttiva 2006/49/CE.

2.I titoli di debito subordinato e i prestiti subordinati che non rientrano nel capitale aggiuntivo di classe 1 e di classe 2 possono essere computati nell’importo aggregato delle passività ammissibili di cui al paragrafo 1 soltanto se soddisfano le condizioni seguenti:

(a)gli strumenti sono emessi e interamente liberati;

(b)gli strumenti non sono acquistati dai soggetti seguenti:

(i)l’ente o le sue filiazioni;

(ii)un’impresa in cui l’ente ha partecipazioni sotto forma di proprietà, diretta o mediante controllo, del 20% o più dei diritti di voto o del capitale;

(c)l’acquisto dello strumento non è finanziato dall’ente, né direttamente né indirettamente;

(d)gli strumenti non sono coperti da nessun tipo di garanzia fornita da un’entità parte dello stesso gruppo di cui fa parte l’ente;

(e)gli strumenti hanno scadenza originaria di almeno un anno.

3.L’importo aggregato minimo ai sensi del paragrafo 1 è determinato in base ai criteri seguenti:

(a)necessità di assicurare che l’ente possa essere assoggetto a risoluzione delle crisi mediante applicazione degli appositi strumenti, compreso, se del caso, lo strumento del bail-in, in modo da soddisfare gli obiettivi della risoluzione delle crisi;

(b)necessità di assicurare, laddove appropriato, che l’ente abbia sufficienti passività ammissibili per garantire che, in caso di applicazione dello strumento del bail-in, la percentuale di capitale di base di classe 1 dell’ente possa essere ripristinata ad un livello atto a generare nel mercato una fiducia sufficiente nell’ente e permettere a questo di continuare a rispettare le condizioni di autorizzazione e ad esercitare le attività per le quali è autorizzato ai sensi della direttiva 2006/48/CE o 2006/49/CE;

(c)dimensioni, modello di attività e profilo di rischio dell’ente;

(d)misura in cui il sistema di garanzia dei depositi potrebbe concorrere al finanziamento della risoluzione della crisi conformemente all’articolo 99;

(e)misura in cui il fallimento dell’ente avrebbe un effetto negativo sulla stabilità finanziaria, fra l’altro a causa del contagio di altri enti dovuto alle interconnessioni dell’ente in questione con altri o con il sistema finanziario in generale.

4.Fatto salvo l’articolo 40, ciascun ente soddisfa il requisito di cui al paragrafo 2 su base individuale.

Fatto salvo l’articolo 40, le passività detenute da altre entità del gruppo sono escluse dall’importo aggregato di cui al paragrafo 1.

5.Le autorità di risoluzione delle crisi impongono agli enti di mantenere l’importo aggregato di cui al paragrafo 1, e verificano l’osservanza di tale obbligo, e prendono le decisioni a norma del paragrafo 4 nell’elaborare e tenere aggiornati i piani di risoluzione delle crisi.

6.Le autorità di risoluzione delle crisi comunicano all’ABE l’importo minimo che hanno stabilito per ciascun ente che rientra nella loro giurisdizione. L’ABE riferisce alla Commissione, entro e non oltre il 1° gennaio 2018, in merito all’ottemperanza dell’obbligo di cui al paragrafo 1. L’ABE segnala in particolare alla Commissione le eventuali divergenze nell’ottemperanza a tale obbligo a livello nazionale.

7.La Commissione adotta, mediante atti delegati in conformità dell’articolo 103, misure volte a specificare i criteri di cui al paragrafo 3, lettere da a) ad e), eventualmente corredate di rimandi alle diverse categorie di enti e delle relative forcelle di percentuali.

Articolo 40

Applicazione del requisito minimo ai gruppi

1.Le autorità di risoluzione delle crisi possono scegliere di applicare su base consolidata il requisito minimo previsto all’articolo 39, paragrafi 1 e 3, ai gruppi soggetti a vigilanza su base consolidata, purché siano soddisfatte le condizioni seguenti:

(a)la percentuale di cui all’articolo 39, paragrafo 1, è calcolata in base al livello consolidato delle passività e dei fondi propri detenuti dal gruppo;

(b)i titoli di debito o prestiti di cui all’articolo 39, paragrafo 2, sono emessi dall’impresa madre o da una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d);

(c)l’impresa madre o la società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) distribuisce adeguatamente e in modo proporzionato agli enti filiazioni, sotto forma di crediti, i fondi raccolti mediante l’emissione di titoli di debito o prestiti di cui all’articolo 39, paragrafo 2;

(d)ciascun ente filiazione soddisfa il requisito minimo di cui all’articolo 39, paragrafo 1. Tuttavia, in deroga all’articolo 39, paragrafo 4, secondo comma, le passività detenute dall’impresa madre o dalla società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) sono computate nell’importo aggregato dei fondi propri e passività ammissibili che la filiazione è tenuta ad avere a disposizione a norma dell’articolo 39, paragrafo 1;

(e)quando l’autorità di risoluzione della crisi a livello di gruppo, o, secondo i casi, altra competente autorità di risoluzione delle crisi, applica lo strumento del bail-in all’impresa madre o alla società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), le autorità di risoluzione delle crisi delle filiazioni applicano detto strumento dapprima alle passività delle filiazioni nei confronti dell’impresa madre o, secondo i casi, della società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), prima di applicarlo, eventualmente, alle altre passività ammissibili della filiazione.

2.Nel prendere una decisione in conformità al paragrafo 1, le autorità di risoluzione delle crisi tengono conto del modo in cui il gruppo struttura le sue operazioni, in particolare della misura in cui finanziamento, liquidità e rischio sono gestiti a livello centrale.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi decidono di applicare il requisito minimo su base consolidata, conformemente al paragrafo 1, nell’elaborare e tenere aggiornati i piani di risoluzione delle crisi a norma dell’articolo 9. Relativamente ai gruppi soggetti a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 125 e 126 della direttiva 2006/48/CE, le autorità di risoluzione delle crisi decidono di applicare il requisito minimo su base consolidata secondo la procedura prevista all’articolo 12.

Sottosezione 3

Applicazione dello strumento del bail-in

Articolo 41

Valutazione dell’importo del bail-in

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare lo strumento del bail-in, le autorità di risoluzione delle crisi stimino l’importo aggregato di cui occorre ridurre o convertire le passività ammissibili sulla base di una valutazione conforme ai requisiti di cui all’articolo 30.

2.Quando le autorità di risoluzione delle crisi applicano lo strumento del bail-in per il fine previsto all’articolo 37, paragrafo 2, lettera a), la valutazione di cui al paragrafo 1 stabilisce l’importo di cui occorre ridurre le passività ammissibili al fine di ripristinare la percentuale di capitale di base di classe 1 dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e l’importo che l’autorità di risoluzione della crisi reputa necessario per generare nel mercato una fiducia sufficiente nell’ente e permettere a questo di continuare a rispettare le condizioni di autorizzazione e ad esercitare le attività per le quali è autorizzato ai sensi della direttiva 2006/48/CE o 2004/39/CE.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi stabiliscono e mantengono disposizioni affinché la stima e la valutazione si basino su informazioni il più possibile aggiornate e complete, secondo quanto è ragionevole attendersi, riguardo alle attività e passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

Articolo 42

Trattamento degli azionisti

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare lo strumento del bail-in, le autorità di risoluzione delle crisi avviino nei confronti degli azionisti una delle seguenti iniziative o entrambe:

(a)cancellazione delle azioni esistenti;

(b)esercizio del potere, di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera h), di convertire le passività ammissibili in azioni dell’ente soggetto a risoluzione della crisi a un tasso di conversione tale da diluire fortemente le quote di partecipazione esistenti.

2.Le iniziative di cui al paragrafo 1 si applicano agli azionisti qualora le azioni in questione siano state emesse o conferite nelle circostanze seguenti:

(a)in virtù della conversione di titoli di debito in azioni, a norma delle disposizioni contrattuali dei titoli di debito originari, al verificarsi di un evento precedente o simultaneo alla valutazione con cui l’autorità di risoluzione della crisi stabilisce che l’ente soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi;

(b)in virtù della conversione degli strumenti di capitale pertinenti in strumenti di capitale di base di classe 1 a norma dell’articolo 52.

3.Nel valutare quale iniziativa avviare conformemente al paragrafo 1, le autorità di risoluzione delle crisi tengono conto, prima dell’applicazione dello strumento del bail-in, del probabile ammontare delle perdite in relazione alle attività, affinché l’iniziativa avviata nei confronti degli azionisti sia coerente con tale riduzione del valore del capitale sociale, della valutazione effettuata conformemente agli articoli 30 e 31, e in particolare della probabilità che gli azionisti potessero recuperare valore in caso di liquidazione dell’ente in base a detta valutazione.

4.Quando le autorità di risoluzione delle crisi applicano lo strumento del bail-in, si applicano gli articoli 30 e 31.

5.L’ABE elabora orientamenti conformemente all’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 sulle circostanze in cui ciascuna delle iniziative di cui al paragrafo 1 sarebbe appropriata, tenuto conto dei fattori specificati al paragrafo 2. L’ABE elabora detti orientamenti entro e non oltre la data prevista all’articolo 115, paragrafo 1, primo comma.

6.La Commissione può adottare, tenendo conto, se del caso, dell’esperienza maturata con l’applicazione degli orientamenti dell’ABE, atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare le situazioni in cui sia opportuno avviare ciascuna delle iniziative menzionate al paragrafo 1, tenuto conto dei fattori indicati al paragrafo 2.

Articolo 43

Gerarchia dei crediti

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare lo strumento del bail-in, le autorità di risoluzione delle crisi esercitino i poteri di riduzione e di conversione adempiendo ai requisiti seguenti:

(a)gli strumenti di capitale di base di classe 1 sono dapprima ridotti in proporzione alle perdite e sino a concorrenza della loro capacità e le azioni corrispondenti sono cancellate conformemente all’articolo 42;

(b)se e soltanto se la riduzione ai sensi della lettera a) è inferiore all’importo aggregato, le autorità azzerano il capitale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 che sono passività e degli strumenti di capitale di classe 2 conformemente alla sottosezione 2;

(c)se e soltanto se la riduzione totale delle passività effettuata conformemente alle lettere a) e b) è inferiore all’importo aggregato, le autorità riducono il capitale del debito subordinato diverso dal capitale aggiuntivo di classe 1 o capitale di classe 2 nella misura necessaria, in concomitanza con la riduzione effettuata a norma delle lettere a) e b), fino al raggiungimento dell’importo aggregato;

(d)se e soltanto se la riduzione totale delle passività effettuata conformemente alle lettere a), b) o c) è inferiore all’importo aggregato, le autorità riducono il capitale o l’importo da pagare non corrisposto relativo alle restanti passibilità ammissibili, a norma dell’articolo 38, che costituiscono debito di primo rango, nella misura necessaria, in concomitanza con la riduzione effettuata a norma delle lettere a), b) o c), fino al raggiungimento dell’importo aggregato.

2.Nell’applicare i poteri di riduzione e di conversione conformemente al paragrafo 1, lettere c) e d), le autorità di risoluzione delle crisi ripartiscono equamente le perdite rappresentate dall’importo aggregato fra passività dello stesso rango riducendo il capitale o l’importo da pagare non corrisposto di tali passività in misura proporzionale al loro valore.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi riducono il capitale dello strumento o lo convertono alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettera b) o c) prima di esercitare i poteri di riduzione e di conversione rispetto alle passività di cui al paragrafo 1, lettera d) e quando dette condizioni non hanno preso effetto laddove l’ente abbia emesso strumenti, diversi da quelli di cui al paragrafo 1, lettera b), che prevedono una delle due tipologie di condizioni seguenti:

(a)condizioni che prevedono la riduzione del capitale dello strumento al verificarsi di eventi relativi alla situazione finanziaria, alla solvibilità o al livello dei fondi propri dell’ente;

(b)condizioni che prevedono la conversione degli strumenti in azioni o in altri titoli di proprietà al verificarsi di un evento siffatto.

4.Qualora il capitale di uno strumento sia stato ridotto ma non azzerato, conformemente alla tipologia di condizioni di cui al paragrafo 3, lettera a), prima dell’applicazione del bail-in o a norma del paragrafo 3, le autorità di risoluzione delle crisi applicano i poteri di riduzione e conversione all’ammontare residuo di tale capitale a norma del paragrafo 1.

Articolo 44

Derivati

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi rispettino il presente articolo quando esercitano i poteri di riduzione e di conversione rispetto a passività risultanti da derivati.

2.Ove le transazioni siano soggette a un accordo di netting, le autorità di risoluzione delle crisi determinano la passività risultante da tali transazioni su base netta conformemente ai termini dell’accordo.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi determinano il valore delle passività risultanti da derivati secondo:

(a)metodologie appropriate per determinare il valore delle classi di derivati, comprese le transazioni soggette ad accordi di netting;

(b)principi per stabilire il momento appropriato in cui determinare il valore di una posizione su derivati.

4.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare le metodologie e i principi di cui al paragrafo 3, lettere a) e b) applicabili alla valutazione del valore delle passività risultanti da derivati.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 45

Tasso di conversione del debito in capitale

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare la ristrutturazione del debito mediante esercizio del potere di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera h), per convertire passività ammissibili in azioni ordinarie o altri titoli di proprietà, le autorità di risoluzione delle crisi possano applicare tassi di conversione diversi a classi diverse di passività conformemente a uno dei principi stabiliti ai paragrafi 2 e 3 ovvero a entrambi.

2.Il tasso di conversione compensa adeguatamente il creditore interessato per la perdita subita a causa dell’esercizio del potere di riduzione e di conversione.

3.Il tasso di conversione applicabile alle passività di primo rango è maggiore di quello applicabile alle passività subordinate ove ciò risulti appropriato per rispecchiare il privilegio delle passività di primo rango nella liquidazione a norma del diritto fallimentare applicabile.

4.L’ABE elabora orientamenti conformemente all’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 sulla fissazione dei tassi di conversione. L’ABE elabora detti orientamenti entro e non oltre la data prevista all’articolo 115, paragrafo 1, primo comma.

Gli orientamenti indicano, in particolare, le modalità con cui compensare adeguatamente i creditori interessati mediante il tasso di conversione e i relativi tassi di conversione adeguati a rispecchiare il privilegio delle passività di primo rango a norma del diritto fallimentare applicabile.

Articolo 46

Misure di risanamento e di riorganizzazione a corredo del bail-in

1.Gli Stati membri provvedono a che, quando le autorità di risoluzione delle crisi applicano lo strumento del bail-in, siano adottate disposizioni che assicurino la stesura di un piano di riorganizzazione aziendale dell’ente in questione e la relativa attuazione conformemente all’articolo 47.

2.Le disposizioni di cui al paragrafo 1 comprendono la nomina di un amministratore in vista della stesura e attuazione del piano di riorganizzazione aziendale previsto all’articolo 47.

Articolo 47

Piano di riorganizzazione aziendale

1.Gli Stati membri dispongono che, entro [un mese] dall’applicazione all’ente dello strumento del bail-in a norma dell’articolo 37, paragrafo 2, lettera a), l’amministratore nominato a norma dell’articolo 46 stenda un piano di riorganizzazione aziendale tale da soddisfare i requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3 e lo trasmetta all’autorità di risoluzione della crisi, alla Commissione e all’ABE. Laddove sia applicabile il quadro degli aiuti di Stato dell’Unione, gli Stati membri provvedono a che tale piano sia compatibile con il piano di ristrutturazione che l’ente è tenuto a presentare alla Commissione in tale contesto.

2.Il piano di riorganizzazione aziendale dispone misure volte a ripristinare la sostenibilità economica a lungo termine dell’ente o di rami della sua attività entro un arco di tempo ragionevole non superiore a due anni. Tali misure si basano su presupposti realistici circa le condizioni economiche e finanziarie di mercato in cui l’ente si troverà ad operare.

Il piano di riorganizzazione aziendale tiene conto, fra l’altro, della situazione attuale e delle prospettive future dei mercati finanziari presupponendo lo scenario più favorevole e quello meno favorevole. Le prove di stress ipotizzano una serie di scenari, compresa una concomitanza di eventi di stress e una recessione protratta a livello mondiale. I presupposti sono raffrontati ad appropriati parametri di riferimento settoriali.

3.Il piano di riorganizzazione aziendale comprende gli elementi seguenti:

(a)diagnosi dettagliata dei fattori e dei problemi che hanno portato l’ente al dissesto o al rischio di dissesto e delle circostanze che hanno determinato le difficoltà incontrate;

(b)descrizione delle misure volte a ripristinare la sostenibilità economica a lungo termine dell’ente che saranno adottate;

(c)calendario per l’attuazione di tali misure.

4.Le misure volte a ripristinare la sostenibilità economica a lungo termine dell’ente possono comprendere:

(a)    la riorganizzazione delle attività dell’ente;

(b)l’abbandono delle attività in perdita;

(c)la ristrutturazione delle attività esistenti che possono diventare competitive;

(d)la vendita di attività o di aree di attività.

5.Entro un mese dalla data di presentazione del piano di riorganizzazione aziendale, l’autorità di risoluzione delle crisi valuta la probabilità che il piano, se attuato, ripristini la sostenibilità economica a lungo termine dell’ente.

Se conclude che la sua attuazione possa conseguire tale obiettivo, l’autorità di risoluzione delle crisi approva il piano.

6.Se non è convinta che l’attuazione del piano possa conseguire tale obiettivo, l’autorità di risoluzione delle crisi comunica le proprie perplessità all’amministratore e gli impone di modificare il piano in modo da tenerne conto.

7.Entro due settimane dalla ricezione di tale comunicazione, l’amministratore sottopone un piano modificato all’approvazione dell’autorità di risoluzione delle crisi. L’autorità di risoluzione delle crisi valuta il piano modificato e comunica all’amministratore entro una settimana se ritiene che il piano modificato tenga adeguatamente conto delle perplessità espresse o se occorre apportarvi ulteriori modifiche.

8.L’amministratore attua il piano di riorganizzazione approvato dall’autorità di risoluzione delle crisi e riferisce a questa ogni sei mesi sui progressi compiuti nell’attuazione.

9.Se necessario per conseguire l’obiettivo di cui al paragrafo 2, l’amministratore rivede il piano e sottopone le eventuali revisioni all’approvazione dell’autorità di risoluzione delle crisi.

10.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare ulteriormente:

(a)gli elementi da includere nel piano di riorganizzazione aziendale a norma del paragrafo 3; e

(b)il contenuto delle relazioni a norma del paragrafo 8.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Sottosezione 4

Strumento del bail-in: disposizioni accessorie

Articolo 48

Effetto del bail-in

1.Gli Stati membri provvedono a che, quando un’autorità di risoluzione delle crisi esercita uno dei poteri di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere da f) a l), la riduzione del capitale o dell’importo dovuto non ancora corrisposto, la conversione o la cancellazione abbiano effetto e siano immediatamente vincolanti per l’ente soggetto a risoluzione della crisi e per i creditori e azionisti interessati.

2.Gli Stati membri provvedono a che tutti i compiti amministrativi e procedurali necessari attivare l’esercizio di uno dei poteri di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere da f) a l), siano portati a termine, ivi incluse:

(a)la modifica di tutti i registri pertinenti;

(b)la cancellazione dal listino di borsa o la rimozione dalle negoziazioni di azioni o strumenti di debito;

(c)l’iscrizione nel listino di borsa o l’ammissione alla negoziazione di nuove azioni.

3.Se un’autorità di risoluzione delle crisi riduce a zero il capitale o l’importo ancora non corrisposto da pagare a fronte di una passività mediante l’esercizio del potere di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera g), tale passività e le obbligazioni o i crediti sorti in relazione ad essa che, al momento in cui è esercitato tale potere, non sono ancora maturati sono considerati assolti a tutti gli effetti e non sono ammissibili nel corso di procedure successive in relazione all’ente soggetto a risoluzione della crisi né a qualsiasi ente successore nell’ambito di una futura liquidazione.

4.Qualora un’autorità di risoluzione delle crisi riduca, ma non azzeri, il capitale o l’importo da pagare non corrisposto relativo a una passività esercitando il potere di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera g):

(a)la passività è assolta a concorrenza dell’importo ridotto;

(b)il pertinente strumento o accordo che ha istituito la passività originaria resta valido in relazione al capitale residuo o all’importo ancora non corrisposto rispetto alla passività, fatte salve eventuali modifiche dell’importo degli interessi da pagare onde rispecchiare la riduzione del capitale ed eventuali successive modifiche dei termini apportate dall’autorità di risoluzione delle crisi mediante l’esercizio del potere di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera m).

Articolo 49

Eliminazione degli ostacoli procedurali al bail-in

1.In situazioni appropriate, gli Stati membri impongono agli enti di mantenere in qualsiasi momento un capitale azionario autorizzato sufficiente affinché, qualora l’autorità di risoluzione delle crisi eserciti i poteri di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere f), g) e h) in relazione a un ente o alle sue filiazioni, non sia preclusa all’ente la facoltà di emettere nuove azioni o titoli di proprietà in volume sufficiente a garantire che la conversione delle passività in azioni ordinarie o in altri titoli di proprietà possa svolgersi efficacemente.

2.Le autorità di risoluzione delle crisi valutano l’opportunità di imporre per un dato ente l’obbligo di cui al paragrafo 1 nel contesto dell’elaborazione e del mantenimento del piano di risoluzione delle crisi che lo riguarda, tenendo conto, in particolare, delle azioni di risoluzione delle crisi ivi previste. Se il piano di risoluzione delle crisi prevede la possibilità di applicare lo strumento del bail-in, le autorità verificano che il capitale azionario autorizzato sia sufficiente a coprire l’importo aggregato di cui all’articolo 41.

3.Gli Stati membri impongono agli enti di assicurare che non vi siano ostacoli procedurali alla conversione delle passività in azioni ordinarie o altri titoli di proprietà esistenti in virtù del loro atto costitutivo o del loro statuto, compresi i diritti di opzione per gli azionisti o i requisiti riguardanti il consenso degli azionisti a un aumento di capitale.

4.Il presente articolo lascia impregiudicate le modifiche delle direttive 77/91/CEE, 82/891/CEE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE di cui al titolo VIII.

Articolo 50

Riconoscimento contrattuale del bail-in

1.Gli Stati membri impongono agli enti d’includere, nelle disposizioni contrattuali che disciplinano le passività ammissibili, lo strumento di capitale aggiuntivo di classe 1 o lo strumento di capitale di classe 2 disciplinato da un ordinamento giuridico diverso da quello di uno Stato membro, una clausola mediante la quale il creditore o la parte dell’accordo che crea la passività riconosce che ad essa si possono applicare i poteri di riduzione e di conversione e accetta di essere vincolato da qualsiasi riduzione del capitale o dell’importo ancora non corrisposto, conversione o cancellazione effettuate da un’autorità di risoluzione delle crisi mediante l’esercizio di detti poteri.

2.Il fatto che un ente non includa nelle disposizioni contrattuali che disciplinano una passività pertinente una clausola a norma del paragrafo 1 non osta a che l’autorità di risoluzione delle crisi eserciti i poteri di riduzione e di conversione rispetto a tale passività.

3.La Commissione può adottare, mediante atti delegati a norma dell’articolo 103, misure per specificare ulteriormente il contenuto della clausola imposta dal paragrafo 1.

CAPO IV

Riduzione degli strumenti di capitale

Articolo 51

Obbligo di riduzione degli strumenti di capitale

1.Gli Stati membri impongono alle autorità di risoluzione della crisi l’obbligo di esercitare senza indugio, prima di avviare qualsiasi azione di risoluzione della crisi, il potere di riduzione conformemente all’articolo 52 in relazione agli strumenti di capitale pertinenti emessi da un ente, quando si verificano una o più delle circostanze seguenti:

(a)l’autorità appropriata determina che l’ente soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi;

(b)l’autorità appropriata determina che il mancato esercizio di tale potere rispetto agli strumenti di capitale pertinenti decreterebbe l’insostenibilità economica dell’ente;

(c)è stata adottata in uno Stato membro la decisione di fornire un sostegno pubblico straordinario all’ente o all’impresa madre e l’autorità appropriata determina che la mancata fornitura di tale sostegno decreterebbe l’insostenibilità finanziaria dell’ente;

(d)gli strumenti di capitale pertinenti sono riconosciuti ai fini del soddisfacimento dei requisiti in materia di fondi propri su base individuale e su base consolidata, ovvero su base consolidata, e l’autorità appropriata dello Stato membro dell’autorità di vigilanza su base consolidata determina che il mancato esercizio del potere di riduzione in relazione a detti strumenti decreterebbe l’insostenibilità economica del gruppo consolidato.

2.Qualora proceda alla determinazione di cui al paragrafo 1, l’autorità appropriata ne informa immediatamente l’autorità di risoluzione delle crisi competente dell’ente in questione, se non è essa stessa a svolgere tale funzione.

3.L’autorità appropriata adempie agli obblighi di notifica e di consultazione previsti all’articolo 52 prima di procedere alla determinazione di cui al paragrafo 1, lettera d), in relazione ad un ente che emette strumenti di capitale pertinenti riconosciuti ai fini del soddisfacimento dei requisiti in materia di fondi propri su base individuale e su base consolidata.

4.Le autorità di risoluzione delle crisi ottemperano all’obbligo di cui al paragrafo 1 a prescindere dall’eventuale applicazione di uno strumento di risoluzione delle crisi o dall’eventuale esercizio di un altro potere di risoluzione delle crisi in relazione a tale ente.

Articolo 52

Disciplina della riduzione degli strumenti di capitale

1.Nell’adempiere all’obbligo di cui al paragrafo 51, le autorità di risoluzione delle crisi esercitano il potere di riduzione in modo da ottenere i risultati seguenti:

(a)gli strumenti di capitale di base di classe 1 sono ridotti per primi in proporzione alle perdite e sino a concorrenza della loro capacità;

(b)il capitale degli strumenti di capitale pertinenti è azzerato;

(c)l’azzeramento di tale capitale è permanente;

(d)non resta alcun obbligo nei confronti del detentore dello strumento di capitale pertinente in base a tale strumento o in connessione ad esso, eccetto gli eventuali obblighi già maturati e l’eventuale responsabilità per danni che può emergere da un ricorso giurisdizionale di verifica della legittimità dell’esercizio del potere di riduzione;

(e)ai detentori degli strumenti di capitale pertinenti non è versata alcuna compensazione eccetto a norma del paragrafo 4.

La lettera d) lascia impregiudicata la fornitura di strumenti di capitale di base di classe 1 al detentore di strumenti di capitale pertinenti a norma del paragrafo 2.

2.Le autorità di risoluzione delle crisi possono associare all’esercizio del potere di cui all’articolo 51, paragrafo 1, l’obbligo imposto agli enti di emettere strumenti di capitale di base di classe 1 da destinare ai detentori di strumenti di capitale pertinenti sottoposti a riduzione a norma del paragrafo 1, purché siano soddisfatte le condizioni seguenti:

(a)gli strumenti di capitale di base di classe 1 sono emessi dall’ente di cui al paragrafo 1 o dalla sua impresa madre;

(b)gli strumenti di capitale di base di classe 1 sono emessi prima che l’ente emetta azioni o titoli di proprietà a fini di apporto di capitale da parte dello Stato o di entità statali;

(c)gli strumenti di capitale di base di classe 1 sono attribuiti e trasferiti senza indugio in seguito all’esercizio del potere di riduzione;

(d)il tasso di conversione che determina il numero degli strumenti di capitale di base di classe 1 forniti per ciascuno strumento di capitale pertinente è conforme ai principi stabiliti nell’articolo 45 e agli orientamenti elaborati dall’ABE a norma dell’articolo 45, paragrafo 5.

3.Ai fini della fornitura di strumenti di capitale di base di classe 1 a norma del paragrafo 2, le autorità di risoluzione delle crisi possono imporre agli enti di tenere a disposizione, in qualsiasi momento, l’autorizzazione preliminare necessaria per l’emissione del numero pertinente di strumenti di capitale di base di classe 1.

4.Qualora un ente soddisfi le condizioni per la risoluzione delle crisi e l’autorità di risoluzione delle crisi decida di applicargli uno strumento di risoluzione delle crisi, prima di applicare lo strumento detta autorità ottempera all’obbligo di cui all’articolo 51, paragrafo 1.

5.Gli Stati membri impongono agli enti di assicurare che il fatto che le autorità di risoluzione delle crisi esercitino il potere di riduzione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1, non costituisca un inadempimento o un evento di credito a titolo degli strumenti di capitale pertinenti.

6.Ai fini di un’applicazione coerente del paragrafo 5, l’ABE e l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (in seguito “AESFEM”) elaborano insieme progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare che cosa s’intenda per “evento di credito” ai fini di detto paragrafo.

L’ABE e l’AESFEM presentano i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010 e agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1095/2010.

Articolo 53

Riduzione o conversione contrattuali degli strumenti di capitale

A condizione che le clausole contrattuali in questione prendano effetto nel momento in cui l’autorità effettua una determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, l’obbligo imposto dall’articolo 51, paragrafo 1, non si applica rispetto agli strumenti di capitale pertinenti quando le clausole che li riguardano soddisfano le condizioni seguenti:

(a)le clausole contrattuali dello strumento di capitale pertinente prevedono che il capitale dello strumento sia azzerato, o lo strumento sia convertito in uno o più strumenti di capitale di base di classe 1, automaticamente nel momento in cui l’autorità appropriata effettua una determinazione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1;

(b)la riduzione del capitale dello strumento di capitale pertinente o la conversione dello strumento di capitale pertinente in uno o più strumenti di capitale di base di classe 1 soddisfano le condizioni previste all’articolo 52, paragrafo 1;

(c)qualora le clausole inerenti allo strumento di capitale pertinente prevedano che questo sia convertito in uno o più strumenti di capitale di base di classe 1, il tasso di conversione è fissato in tali clausole e rispetta i principi stabiliti nell’articolo 45 e gli orientamenti elaborati dall’ABE a norma dell’articolo 45, paragrafo 5.

Articolo 54

Autorità competenti della determinazione

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti delle determinazioni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, siano quelle specificate nel presente articolo.

2.Quando gli strumenti di capitale pertinenti sono riconosciuti ai fini del soddisfacimento dei requisiti in materia di fondi propri su base individuale a norma dell’articolo 52 della direttiva 2006/48/CE, l’autorità competente della determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, è l’autorità competente o l’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro in cui l’ente è stato autorizzato a norma del titolo II di detta direttiva.

3.Quando gli strumenti di capitale pertinenti sono emessi da un ente filiazione e sono riconosciuti ai fini del soddisfacimento dei requisiti in materia di fondi propri su base individuale e consolidata, le autorità competenti delle determinazioni di cui all’articolo 53, paragrafo 1 sono le seguenti:

(a)è competente delle determinazioni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), b) o c), l’autorità competente o l’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro in cui l’ente che ha emesso tali strumenti è stabilito a norma del titolo II della direttiva 2006/48/CE;

(b)è competente della determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera d), l’autorità competente o l’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro dell’autorità di vigilanza su base consolidata o dell’autorità competente che effettua il subconsolidamento.

Articolo 55

Applicazione a livello consolidato: procedura per la determinazione

1.Gli Stati membri provvedono a che, prima di procedere alla determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), b), c) o d), in relazione ad un ente che emette strumenti di capitale pertinenti riconosciuti ai fini del soddisfacimento dei requisiti in materia di fondi propri su base individuale e su base consolidata, le autorità appropriate adempiano agli obblighi seguenti:

(a)l’autorità appropriata che vaglia l’ipotesi di procedere a una determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettere a), b) o c), ne informa senza indugio l’autorità di vigilanza su base consolidata;

(b)l’autorità appropriata che vaglia l’ipotesi di procedere a una determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d), ne informa senza indugio l’autorità competente responsabile di ciascun ente che ha emesso gli strumenti di capitale pertinenti in relazione ai quali dev’essere esercitato il potere di riduzione se è effettuata la determinazione.

2.L’autorità appropriata correda la notifica effettuata a norma del paragrafo 1 con una spiegazione dei motivi che l’hanno indotta a vagliare l’ipotesi di procedere alla determinazione in questione.

3.Una volta effettuata la notifica a norma del paragrafo 1, l’autorità appropriata valuta, in consultazione con le autorità competenti informate, gli aspetti seguenti:

(a)eventuale disponibilità di una misura alternativa all’esercizio del potere di riduzione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1;

(b)praticabilità di una siffatta misura alternativa, se esistente;

(c)eventualità che siffatta misura alternativa, se praticabile, presenti prospettive realistiche di risolvere in tempi consoni le circostanze che altrimenti imporrebbero una determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1.

4.Ai fini del paragrafo 3, per misura alternativa s’intende una misura d’intervento precoce di cui all’articolo 23, una misura di cui all’articolo 136, paragrafo 1, della direttiva 2006/48/CE ovvero un trasferimento di fondi o di capitale in provenienza dall’impresa madre.

5.L’autorità appropriata e le autorità competenti che valutano, a norma del paragrafo 3, che una o più misure alternative siano disponibili, siano praticabili e permettano di ottenere i risultati di cui a detto paragrafo, lettera c), provvedono a che dette misure siano applicate.

6.Laddove l’autorità appropriata e le autorità competenti valutino, a norma del paragrafo 3, che non sono disponibili misure alternative che permettano di ottenere i risultati di cui a detto paragrafo, lettera c), l’autorità appropriata decide dell’opportunità della determinazione di cui all’articolo 51, paragrafo 1, al vaglio.

7.Le autorità di risoluzione delle crisi si conformano prontamente alle disposizioni dei paragrafi da 1 a 6, tenendo debitamente conto dell’urgenza della situazione.

CAPO V

Poteri di risoluzione delle crisi

Articolo 56

Poteri generali

1.Gli Stati membri provvedono affinché le autorità di risoluzione delle crisi dispongano di tutti i poteri necessari per applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi. In particolare, tali autorità dispongono dei seguenti poteri di risoluzione delle crisi, che esse possono esercitare singolarmente o in combinazione:

(a)potere di esigere da chiunque le informazioni necessarie per decidere e predisporre un’azione di risoluzione delle crisi, compresi aggiornamenti ed integrazioni delle informazioni comunicate nei piani di risoluzione delle crisi;

(b)potere di assumere il controllo dell’ente soggetto a risoluzione della crisi ed esercitare tutti i diritti conferiti ai suoi azionisti o proprietari;

(c)potere di trasferire azioni e altri titoli di proprietà emessi dall’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(d)potere di trasferire titoli di debito emessi dall’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(e)potere di cedere a un’altra persona determinati diritti, attività o passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(f)potere di ridurre o convertire gli strumenti di cui all’articolo 51 in azioni o altri titoli di proprietà dell’ente soggetto a risoluzione della crisi o della pertinente impresa madre soggetta a risoluzione della crisi;

(g)potere di ridurre, anche azzerandolo, il capitale o l’importo dovuto ancora non corrisposto a fronte delle passività ammissibili dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(h)potere di convertire le passività ammissibili dell’ente soggetto a risoluzione della crisi in azioni ordinarie o altri titoli di proprietà dell’ente stesso, di un ente impresa madre pertinente o di un ente-ponte al quale sono cedute le attività, diritti o passività dell’ente;

(i)potere di cancellare i titoli di debito emessi dall’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(j)potere di cancellare azioni e altri titoli di proprietà dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(k)potere d’imporre all’ente soggetto a risoluzione della crisi di emettere nuove azioni o altri titoli di proprietà ovvero altri strumenti di capitale, compresi azioni privilegiate e strumenti convertibili contingenti;

(l)potere di esigere, nelle circostanze previste all’articolo 51, la conversione degli strumenti di debito che contengono una clausola contrattuale al riguardo;

(m)potere di modificare o cambiare la scadenza dei titoli di debito emessi dall’ente soggetto a risoluzione della crisi oppure modificare l’importo degli interessi pagabili nel quadro di tali strumenti, anche sospendendo il pagamento per un periodo transitorio;

(n)potere di allontanare o sostituire l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

2.Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che, nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi non siano assoggettate ad alcuno dei seguenti obblighi che sarebbero altrimenti d’applicazione a norma di legge o contratto o altro:

(a)obbligo di ottenere il consenso o l’approvazione da parte di qualsiasi persona pubblica o privata, compresi gli azionisti o i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(b)obbligo procedurale di notificare determinate persone.

In particolare, gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi possano esercitare i poteri di cui al presente articolo ai fini della cessione degli strumenti finanziari, dei diritti, attività o passività in questione, a prescindere da qualsiasi limitazione od obbligo di consenso altrimenti applicabili.

La lettera b) lascia impregiudicati gli obblighi di cui all’articolo 75 e gli obblighi di notifica previsti dal quadro degli aiuti di Stato dell’Unione.

Articolo 57

Poteri accessori al potere di cessione

1.Gli Stati membri provvedono a che, nell’esercizio del potere di cessione, le autorità di risoluzione delle crisi abbiano il potere di:

(a)prevedere che la cessione avvenga scevra da qualsiasi passività o gravame sugli strumenti finanziari, i diritti, attività o passività che ne sono oggetto;

(b)eliminare i diritti ad acquisire ulteriori azioni o altri titoli di proprietà;

(c)sospendere l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato come definito all’articolo 4, punto 14, della direttiva 2004/39/CE, o alla quotazione ufficiale degli strumenti finanziari ai sensi della direttiva 2001/34/CE;

(d)prevedere che il ricevente sia trattato alla stregua dell’ente soggetto a risoluzione della crisi per quando riguarda tutte le obbligazioni, contratti o accordi conclusi da detto ente ovvero le azioni da esso avviate;

(e)imporre all’ente soggetto a risoluzione della crisi o al ricevente di fornirsi vicendevolmente informazioni e assistenza;

(f)annullare o modificare le clausole di un contratto di cui l’ente soggetto a risoluzione della crisi è parte, o sostituire una delle parti con il ricevente;

(g)far rispettare i contratti stipulati da una filiazione, le obbligazioni tramite cui sono garantiti o altrimenti sostenuti dall’impresa madre, indipendentemente da qualsiasi diritto contrattuale a determinare il recesso, la liquidazione o l’anticipazione di tali contratti esclusivamente in base all’insolvenza o alla situazione finanziaria dell’impresa madre, se la garanzia o altro supporto in questione e tutte le attività e passività collegate sono state cedute al ricevente e da esso assunte ovvero se l’autorità di risoluzione della crisi tutela altrimenti tali obbligazioni in modo adeguato.

2.Le autorità di risoluzione delle crisi esercitano i poteri di cui al paragrafo 1, lettere da a) a g), laddove l’autorità lo reputi opportuno per contribuire all’efficacia di un’azione di risoluzione della crisi o alla realizzazione di uno o più obiettivi della risoluzione della crisi.

3.Gli Stati membri provvedono a che, nell’esercizio di un potere di cessione o del potere di riduzione del debito, le autorità di risoluzione delle crisi abbiano il potere di prevedere i meccanismi di garanzia della continuità operativa necessari per assicurare che l’azione di risoluzione della crisi sia efficace e che il ricevente possa esercitare l’attività d’impresa che gli è stata ceduta. I meccanismi di garanzia della continuità operativa comprendono in particolare:

(a)la continuità dei contratti stipulati dall’ente soggetto a risoluzione della crisi, in modo che il ricevente ne assuma diritti e passività riguardo a ciascuno strumento finanziario, diritto, attività o passività ceduti e si sostituisca, esplicitamente o implicitamente, all’ente soggetto a risoluzione della crisi in tutti i pertinenti atti contrattuali;

(b)la sostituzione dell’ente soggetto a risoluzione della crisi con il ricevente nei procedimenti giudiziari vertenti su strumenti finanziari, diritti, attività o passività ceduti.

4.I poteri di cui al paragrafo 1, lettera d), e al paragrafo 3, lettera b), lasciano impregiudicati:

(a)il diritto del dipendente dell’ente soggetto a risoluzione della crisi di risolvere il contratto di lavoro;

(b)il diritto di una parte contrattuale di esercitare i diritti che dal contratto derivano, compreso il diritto di recesso, se le clausole dello stesso gliene conferiscono il diritto in conseguenza di un atto o di un’omissione compiuti dall’ente soggetto a risoluzione della crisi prima della cessione in questione ovvero dal ricevente dopo di essa.

5.Laddove l’autorità di risoluzione delle crisi constati che sono soddisfatte le corrispondenti condizioni, applichi uno degli strumenti pertinenti oppure eserciti uno dei poteri pertinenti, l’azione di risoluzione delle crisi in sé non conferisce a nessuno la possibilità di:

(a)esercitare il diritto o il potere di risolvere, anticipare o dichiarare un inadempimento o un evento di credito relativamente a qualsiasi contratto o accordo di cui è parte l’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(b)entrare in possesso di beni dell’ente soggetto a risoluzione della crisi o esercitare un controllo su di essi;

(c)incidere sui diritti contrattuali dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

Il primo comma lascia impregiudicato il diritto di una persona di avviare una delle iniziative di cui al primo comma, lettere a), b) e c), qualora il diritto in questione sorga in virtù di un inadempimento o di una situazione indipendente dall’azione di risoluzione della crisi o dall’esercizio di uno dei poteri di risoluzione delle crisi ai sensi del presente articolo.

Articolo 58

Potere di richiedere la fornitura di servizi e meccanismi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di richiedere a un ente soggetto a risoluzione della crisi, anche qualora sia soggetto alla procedura ordinaria di insolvenza, nonché a un’entità parte del suo stesso gruppo, di fornire i servizi o meccanismi necessari per consentire al ricevente di esercitare efficacemente l’attività che gli è stata ceduta.

2.Gli Stati membri provvedono a che le loro autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di obbligare le entità affiliate stabilite nel loro territorio a rispettare gli obblighi che autorità omologhe di altri Stati membri hanno imposto loro a norma del paragrafo 1.

3.I servizi e i meccanismi di cui ai paragrafi 1 e 2 sono circoscritti ai servizi e dispositivi operativi e non includono alcuna forma di sostegno finanziario.

4.I servizi e i meccanismi ai sensi dei paragrafi 1 e 2 sono forniti alle seguenti condizioni:

(a)alle stesse condizioni, se i servizi e i meccanismi erano forniti all’ente soggetto a risoluzione della crisi immediatamente prima dell’avvio dell’azione di risoluzione della crisi;

(b)a condizioni commerciali, se la lettera a) non è d’applicazione.

5.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare i servizi o meccanismi necessari per consentire al ricevente di esercitare efficacemente l’attività che gli è stata ceduta.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 59

Potere di dare esecuzione alle azioni di risoluzione delle crisi disposte da altri Stati membri

1.Gli Stati membri assicurano che, se la cessione di azioni, di altri titoli di proprietà o di attività, diritti e passività comprende attività ubicate in uno Stato membro diverso da quello dell’autorità di risoluzione delle crisi ovvero comprende diritti o passività ai sensi della legislazione di uno Stato membro diverso da quello dell’autorità di risoluzione delle crisi, la cessione sia effettuata in tale altro Stato membro ovvero ai sensi della sua normativa.

2.Gli Stati membri forniscono all’autorità di risoluzione delle crisi che ha effettuato o intende effettuare la cessione tutta l’assistenza ragionevolmente possibile affinché le azioni o gli altri titoli di proprietà ovvero le attività, diritti e passività siano ceduti al ricevente in conformità alle disposizioni applicabili del diritto nazionale.

3.Gli Stati membri provvedono a che nessuna disposizione di legge dello Stato membro in cui le attività sono ubicate o della legge che disciplina i diritti o le passività conferisca ai creditori e terzi interessati dalla cessione di attività, diritti e passività di cui al paragrafo 1 il diritto di impedire, contestare o annullare la cessione.

4.Se l’autorità di risoluzione delle crisi di uno Stato membro (“Stato membro A”) esercita i poteri di riduzione o di conversione, anche in relazione a strumenti di capitale ai sensi dell’articolo 51, e le passività ammissibili o gli strumenti di capitale pertinenti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi comprendono:

(a)strumenti o passività disciplinati dalla legge di uno Stato membro diverso da quello dell’autorità di risoluzione delle crisi che ha esercitato i poteri di riduzione o di conversione (“Stato membro B”);

(b)passività dovute a creditori situati nello Stato membro B,

lo Stato membro B provvede a che il capitale di tali passività o strumenti sia ridotto, o le passività o strumenti siano convertiti, in conformità all’esercizio del potere di riduzione o di conversione da parte dell’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro A.

5.Gli Stati membri provvedono a che i creditori interessati dall’esercizio dei poteri di riduzione o di conversione di cui al paragrafo 4 non abbiano il diritto, in applicazione di una disposizione legislativa dello Stato membro B, di contestare la riduzione del capitale dello strumento o passività ovvero, secondo il caso, la sua conversione.

6.Ciascuno Stato membro assicura che gli elementi seguenti siano determinati conformemente alla legislazione dello Stato membro dell’autorità di risoluzione delle crisi:

(a)diritto dei creditori e dei terzi di contestare mediante ricorso giurisdizionale, a norma dell’articolo 78, la cessione di attività, diritti o passività di cui al paragrafo 1 ubicati nel suo territorio o disciplinati dalla legge vigente nel suo territorio;

(b)diritto dei creditori di contestare mediante ricorso giurisdizionale, a norma dell’articolo 78, la riduzione o conversione del capitale di uno strumento o di una passività di cui al paragrafo 4, lettera a) o b);

(c)le garanzie per le cessioni parziali, di cui al capo V, in relazione ad attività, diritti o passività di cui al paragrafo 1 ubicati nel suo territorio o disciplinati dalla legge vigente nel suo territorio.

Articolo 60

Potere di richiedere la cessione di beni ubicati in paesi terzi

Gli Stati membri provvedono a che, laddove l’azione di risoluzione della crisi comporti iniziative riguardo a beni ubicati in un paese terzo ovvero diritti e passività disciplinati dalla legge di un paese terzo, le autorità di risoluzione delle crisi possono esigere che:

(a)l’amministratore, il curatore o altra persona che esercita il controllo sull’ente soggetto a risoluzione della crisi e il ricevente siano tenuti ad adottare tutte le misure necessarie affinché la cessione acquisti efficacia;

(b)l’amministratore, il curatore o altra persona che esercita il controllo sull’ente soggetto a risoluzione della crisi sia obbligato a detenere le attività o i diritti ovvero ad assolvere le passività per conto del ricevente fino a che la cessione acquisti efficacia;

(c)le spese sostenute dal ricevente per attuare le misure di cui alle lettere a) e b) siano coperte dalle attività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

Articolo 61

Potere di sospendere taluni obblighi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di sospendere, a decorrere dalla pubblicazione di un avviso di sospensione ai sensi dell’articolo 75, paragrafo 7, fino alle ore 17.00 del giorno lavorativo successivo alla pubblicazione, gli obblighi di pagamento o di consegna a norma di un contratto di cui l’ente è parte.

2.La sospensione a norma del paragrafo 1 non si applica ai depositi ammissibili ai sensi della direttiva 94/19/CE.

Articolo 62

Potere di limitare l’opponibilità dei diritti di garanzia

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di limitare l’opponibilità dei diritti di garanzia da parte dei creditori garantiti di un ente soggetto a risoluzione della crisi in relazione alle sue attività, per il periodo limitato che l’autorità reputa necessario per il conseguimento degli obiettivi della risoluzione della crisi.

2.La autorità di risoluzione delle crisi non esercitano il potere previsto al paragrafo 1 rispetto ai diritti di garanzia di cui una controparte centrale dispone in relazione ad attività coperte da margini o garanzie reali dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

3.Nei casi in cui si applica l’articolo 72, le autorità di risoluzione delle crisi provvedono a che le limitazioni imposte mediante il potere di cui al paragrafo 1 siano coerenti per tutte le entità affiliate in relazione alle quali è stata avviata un’azione di risoluzione della crisi.

4.La Commissione adotta, mediante atti delegati conformemente all’articolo 103, misure per specificare il periodo di tempo per cui si dovrebbe applicare una limitazione dell’opponibilità di determinate classi di diritti di garanzia.

Articolo 63

Potere di sospendere temporaneamente i diritti di recesso

1.Fatto salvo l’articolo 77, gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano del potere di sospendere, a decorrere dalla notifica di un avviso ai sensi dell’articolo 74, paragrafi 5 e 6, fino al massimo alle ore 17.00 del giorno lavorativo successivo alla notifica, i diritti di recesso di cui le parti godono in virtù di un contratto finanziario concluso con un ente in dissesto, laddove tali diritti sorgano esclusivamente a causa di un’azione dell’autorità di risoluzione delle crisi.

Ai fini del presente paragrafo l’ora applicabile è quella dello Stato membro d’origine dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

2.Nell’esercitare il potere di sospendere i diritti di recesso a norma del paragrafo 1, l’autorità di risoluzione delle crisi compie ogni ragionevole sforzo per assicurare l’adempimento di tutti gli obblighi dell’ente in dissesto inerenti a margini, garanzie reali e regolamenti che sorgono durante il periodo di sospensione in virtù di contratti finanziari.

3.Una persona può esercitare il diritto di recesso in virtù di un contratto finanziario prima della fine del periodo di cui al paragrafo 1 se riceve dall’autorità di risoluzione delle crisi un avviso in cui è precisato che i diritti e le passività coperti dall’accordo di netting non sono ceduti ad altra entità.

4.Laddove l’autorità di risoluzione delle crisi esercita il potere di sospendere i diritti di recesso di cui al paragrafo 1, tali diritti possono essere esercitati alla scadenza del periodo di sospensione come segue:

(a)se i diritti e passività contemplati dal contratto finanziario sono stati ceduti ad un’altra entità ovvero se all’ente soggetto a risoluzione della crisi è stato applicato lo strumento del bail-in ai fini di cui all’articolo 37, paragrafo 2, lettera b):

(i)una persona non può esercitare i diritti di recesso in conseguenza all’azione di risoluzione della crisi in nessuno dei casi contemplati dall’articolo 77, paragrafo 1;

(ii)una persona può esercitare i diritti di recesso a norma delle clausole di tale contratto qualora successivamente si verifichi un inadempimento del ricevente, quando il contratto è stato trasferito ad un’altra entità, ovvero dell’ente, quando è stato applicato lo strumento del bail-in;

(b)se i diritti e passività contemplati dal contratto finanziario restano nell’ente soggetto a risoluzione della crisi e l’autorità di risoluzione della crisi non applica a tale ente lo strumento del bail-in a norma dell’articolo 37, paragrafo 2, lettera a), una persona può esercitare immediatamente i diritti di recesso a norma delle clausole di tale contratto.

5.Quando ravvisano una possibilità sostanziale che l’ente soddisfi le condizioni per la risoluzione delle crisi, le autorità competenti o le autorità di risoluzione delle crisi possono imporre all’ente di tenere registrazioni particolareggiate dei contratti finanziari.

6.Ai fini del paragrafo 1, i contratti finanziari comprendono i contratti e accordi seguenti:

(a)contratti su valori mobiliari, fra cui:

(i)contratti di compravendita o di prestito di titoli ovvero gruppi o indici di titoli,

(ii)opzioni su titoli ovvero gruppi o indici di titoli,

(iii)operazioni di vendita con patto di riacquisto o operazioni di acquisto con patto di rivendita su titoli ovvero gruppi o indici di titoli;

(b)contratti su merci, fra cui:

(i)contratti di compravendita di merci per consegna futura,

(ii)opzioni su merci;

(c)contratti a termine futures e forward, compresi i contratti (esclusi quelli su merci) per la compravendita o la cessione, a un dato prezzo a una data futura, di merci o beni di qualsiasi altro tipo, servizi, diritti o interessi,

(d)contratti di vendita con patto di riacquisto su titoli;

(e)accordi di swap, tra cui:

(i)accordi di swap, opzioni e accordi futures o forward su tassi d’interesse; accordi spot o altri accordi su cambi, metalli preziosi o merci; valute; indici di borsa o titoli azionari; indici di debito o debiti; indici di merci o merci; condizioni meteorologiche; emissioni o inflazione,

(ii)total return swap, swap su differenziali creditizi o credit swap,

(iii)qualsiasi accordo o transazione analogo agli accordi di cui ai punti (i) o (ii) negoziato abitualmente sui mercati degli swap o dei derivati;

(f)accordi quadro per i contratti o accordi di cui alle lettere da a) ad e).

7.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i seguenti elementi ai fini del paragrafo 6:

(a)informazioni sui contratti finanziari da inserire nelle registrazioni particolareggiate;

(b)circostanze in cui imporre l’obbligo.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 64

Esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che, al fine di avviare un’azione di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi siano in grado di esercitare un controllo sull’ente soggetto a risoluzione della crisi, in modo da:

(a)farlo funzionare esercitando tutti i poteri dei soci o degli azionisti, degli amministratori e dei dirigenti e dirigendone le attività e i servizi;

(b)gestirne e smaltirne le attività e i beni.

Il controllo previsto nel primo comma può essere esercitato direttamente dall’autorità di risoluzione della crisi o indirettamente da una persona da questa nominata, compreso un amministratore o un amministratore straordinario.

2.Gli Stati membri assicurano inoltre che le autorità di risoluzione delle crisi siano in grado di avviare un’azione di risoluzione della crisi mediante un provvedimento esecutivo conforme alle competenze e procedure amministrative nazionali, senza esercitare il controllo sull’ente.

3.Le autorità di risoluzione delle crisi decidono in ciascun caso particolare dell’opportunità di attuare l’azione di risoluzione delle crisi servendosi dei mezzi di cui al paragrafo 1 o al paragrafo 2, tenuto conto degli obiettivi della risoluzione delle crisi e dei principi generali che la disciplinano, delle circostanze specifiche dell’ente in questione e della necessità di agevolare un’efficace risoluzione delle crisi dei gruppi transfrontalieri.

CAPO VI

Salvaguardie

Articolo 65

Trattamento di azionisti e creditori in caso di cessione parziale e applicazione dello strumento del bail-in

1.A seguito dell’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e in particolare ai fini dell’articolo 67, gli Stati membri assicurano che:

(a)quando le autorità di risoluzione delle crisi procedono a una cessione solo parziale dei diritti, attività e passività dell’ente, gli azionisti e creditori i cui crediti non sono stati ceduti ricevono, in pagamento dei loro crediti, una somma non inferiore a quella che avrebbero recuperato se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza immediatamente prima della cessione;

(b)quando le autorità di risoluzione delle crisi applicano lo strumento del bail-in, gli azionisti e creditori i cui crediti sono stati ridotti o convertiti in titoli azionari ricevono, in pagamento dei loro crediti, una somma non inferiore a quella che avrebbero recuperato se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza immediatamente prima della riduzione o conversione.

Articolo 66

Valutazione

Ai fini dell’articolo 65, gli Stati membri provvedono a che una persona indipendente effettui una valutazione dopo l’avvenuta cessione parziale ovvero riduzione o conversione. Detta valutazione è distinta da quella effettuata a norma dell’articolo 30, a meno che non sostituisca una valutazione provvisoria effettuata a norma dell’articolo 30, paragrafo 5. La valutazione può essere effettuata dall’autorità competente della procedura ordinaria di insolvenza con cui l’ente è liquidato, nell’ambito della procedura medesima oppure in una procedura distinta secondo quanto previsto dalla normativa nazionale.

2.La valutazione accerta:

(a)il trattamento che gli azionisti e creditori avrebbero ricevuto se l’ente interessato dalla cessione parziale, riduzione o conversione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza immediatamente prima della cessione, riduzione o conversione effettuata;

(b)il trattamento effettivo che azionisti e creditori hanno ricevuto, ricevono o probabilmente riceveranno nella liquidazione dell’ente;

(c)le eventuali differenze fra il trattamento di cui alla lettera a) e quello di cui alla lettera b).

3.La valutazione è effettuata conformemente alle disposizioni e secondo la metodologia previste nell’articolo 30, paragrafi da 1 a 5, e:

(a)presuppone che l’ente interessato dalla cessione parziale, riduzione o conversione sarebbe stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza immediatamente dopo la cessione, riduzione o conversione effettuata;

(b)presuppone che non sia stata effettuata nessuna cessione parziale di attività o passività, neanche a più riprese, né riduzione o conversione;

(c)prescinde dall’eventuale fornitura di sostegno pubblico straordinario all’ente.

Articolo 67

Salvaguardia per azionisti e creditori

1.Gli Stati membri provvedono a che, qualora dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 66 emerga che gli azionisti e creditori di cui all’articolo 65, paragrafo 2, hanno ricevuto, in pagamento dei loro crediti, una somma inferiore a quella che avrebbero recuperato in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza, tali azionisti e creditori abbiano il diritto a incassare la differenza dall’autorità di risoluzione della crisi.

2.Gli Stati membri hanno facoltà di scegliere i meccanismi e dispositivi con cui effettuare il pagamento.

Articolo 68

Salvaguardia per le controparti nelle cessioni parziali

1.Gli Stati membri provvedono a che le tutele specificate nel presente capo si applichino nelle circostanze seguenti:

(a)quando un’autorità di risoluzione delle crisi trasferisce solo una parte dei beni, dei diritti o delle passività da un ente a un’altra entità oppure da un ente-ponte o veicolo di gestione delle attività a un’altra persona;

(b)quando un’autorità di risoluzione delle crisi esercita i poteri previsti all’articolo 57, paragrafo 1, lettera f).

2.Gli Stati membri provvedono a una tutela adeguata dei seguenti accordi e delle relative controparti:

(a)accordi di garanzia, in cui una persona ha, a titolo di garanzia, un interesse reale o contingente nei beni o diritti soggetti a cessione, indipendentemente dal fatto che tale interesse sia garantito da beni o diritti specifici o da una garanzia generale (floating charge) o meccanismo analogo;

(b)contratti di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà in virtù dei quali la garanzia reale a garanzia o copertura dell’adempimento di obblighi specifici è costituita da un trasferimento della piena proprietà di attività dal fornitore al beneficiario della garanzia, secondo condizioni per cui il beneficiario della garanzia cede le attività in caso di adempimento di detti obblighi specifici;

(c)accordi di compensazione in virtù dei quali due o più crediti od obbligazioni esistenti fra la banca e una controparte possono essere compensati reciprocamente;

(d)accordi di netting in virtù dei quali determinati crediti o obbligazioni possono essere convertiti in un unico credito netto, compresi accordi di netting per close-out per cui, al verificarsi di un evento che determini l’escussione della garanzia (comunque e ovunque definito), le obbligazioni delle parti sono anticipate in modo da giungere immediatamente a maturità, oppure sono estinte, e in entrambi i casi sono convertite in un unico credito netto o da esso sostituite;

(e)contratti di finanza strutturata, comprese le cartolarizzazioni e le obbligazioni garantite, in base ai quali la garanzia è concessa e detenuta da una parte dell’accordo o da un fiduciario, agente o rappresentante designato.

La forma di tutela adeguata alle classi di accordi di cui alle lettere da a) a e) è ulteriormente precisata negli articoli da 70 a 73 ed è sottoposta alle limitazioni previste negli articoli 61, 62 e 77.

3.L’obbligo previsto al paragrafo 2 si applica indipendentemente dal numero di parti associate agli accordi e dal fatto che gli accordi:

(a)siano conclusi per contratto, trust o altro mezzo ovvero emergano automaticamente per effetto di legge;

(b)emergano per effetto della normativa di un’altra giurisdizione o ne siano disciplinati del tutto o in parte.

4.La Commissione adotta, mediante atti delegati adottati conformemente all’articolo 103, misure per specificare ulteriormente le classi di accordi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 2, lettere da a) a e).

Articolo 69

Tutela dei contratti di garanzia finanziaria, contratti di compensazione e accordi di netting

Gli Stati membri provvedono a una tutela adeguata per i contratti di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, per i contratti di compensazione e per gli accordi di netting, in modo da impedire la cessione di alcuni, ma non tutti, i diritti e passività tutelati in virtù di un contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, di un contratto di compensazione o di un accordo di netting fra l’ente e un’altra persona e la modifica o estinzione dei diritti e passività tutelati in virtù di un siffatto contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, contratto di compensazione o accordo di netting, mediante l’esercizio dei poteri accessori.

Ai fini del primo comma, i diritti e passività devono essere considerati tutelati in virtù di un accordo siffatto se le parti dell’accordo hanno diritto alla compensazione o al netting di detti diritti e passività.

Articolo 70

Tutela degli accordi di garanzia

Gli Stati membri provvedono a una tutela adeguata delle passività garantite in virtù di un accordo di garanzia, al fine di impedire:

(a)la cessione di attività con cui è garantita la passività, salvo se questa e il beneficio della garanzia siano anch’essi ceduti;

(b)la cessione di una passività garantita, salvo se anche il beneficio della garanzia è ceduto;

(c)la cessione del beneficio, salvo se anche la passività garantita è ceduta;

(d)la modifica o l’estinzione di un accordo di garanzia mediante l’esercizio dei poteri accessori, se l’effetto di tale modifica o estinzione è far cessare la garanzia della passività.

Articolo 71

Tutela dei contratti di finanza strutturata

1.Gli Stati membri provvedono a una tutela adeguata dei contratti di finanza strutturata, al fine di impedire:

(a)la cessione di alcuni, ma non tutti, i beni, diritti e passività che costituiscono o fanno parte di un contratto di finanza strutturata di cui l’ente soggetto a risoluzione della crisi è parte;

(b)l’estinzione o la modifica, mediante l’esercizio dei poteri accessori, dei beni, diritti e passività che costituiscono o fanno parte di un contratto di finanza strutturata di cui l’ente soggetto a risoluzione della crisi è parte.

2.Le tutele di cui al paragrafo 1 non si applicano quando sono ceduti o non ceduti, estinti o modificati beni, diritti e passività relativi unicamente a depositi.

Articolo 72

Cessioni parziali: tutela dei sistemi di negoziazione, compensazione e regolamento

1.Gli Stati membri provvedono a che la cessione, la cancellazione o la modifica non incidano sul funzionamento e sulle regole dei sistemi contemplati dalla direttiva 98/26/CE, laddove l’autorità di risoluzione delle crisi:

(a)cede alcuni, ma non tutti, i beni, diritti o passività di un ente ad un’altra entità;

(b)esercita i poteri a norma dell’articolo 57 per cancellare o modificare le clausole di un contratto di cui l’ente soggetto a risoluzione della crisi è parte o per sostituire un ricevente come parte.

2.In particolare, la cessione, il fatto di porre fine o la modifica non può revocare un ordine di trasferimento in violazione dell’articolo 5 della direttiva 98/26/CE né modificare o negare l’esecutività degli ordini di trasferimento e del netting a norma degli articoli 3 e 5 della direttiva 98/26/CE, l’uso di fondi, titoli o facilitazioni di credito a norma dell’articolo 4 della medesima o la tutela dei titoli dati in garanzia a norma dell’articolo 9 della medesima.

Articolo 73

Beni, diritti e passività disciplinati dall’ordinamento di un territorio non appartenente all’Unione

Laddove un’autorità di risoluzione delle crisi intende cedere o cede tutti i beni, diritti e passività di un ente ad un’altra entità, ma la cessione non è effettiva o potrebbe non esserlo per determinati beni perché questi si trovano al di fuori dell’Unione, oppure riguardo a determinati diritti o passività perché questi sono disciplinati dall’ordinamento di un territorio non appartenente all’Unione, l’autorità di risoluzione delle crisi non effettua la cessione ovvero, se tale autorità ha già impartito l’ordine in tal senso, la cessione è priva di effetti e tutti i beni, diritti e passività contemplati dal relativo accordo di cui all’articolo 69, paragrafo 2, non sono trasferiti dall’ente soggetto a risoluzione della crisi ovvero gli sono restituiti.

CAPO VII

Obblighi procedurali

Articolo 74

Obblighi di notifica

1.Gli Stati membri esigono che l’organo di gestione dell’ente informi l’autorità competente quando reputa che l’ente sia in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2.

2.Le autorità competenti comunicano alle pertinenti autorità di risoluzione delle crisi le misure che esse impongono all’ente di adottare ai sensi dell’articolo 22 della presente direttiva o dell’articolo 136, paragrafo 1, della direttiva 2006/48/CE.

3.Laddove valuta che l’ente soddisfi le condizioni di cui all’articolo 27, paragrafo 1, lettere a) e b), l’autorità competente comunica senza indugio la valutazione in questione alle autorità seguenti:

(a)l’autorità di risoluzione delle crisi competente per l’ente, se non è essa stessa a svolgere tale funzione;

(b)la banca centrale, se non è essa stessa a svolgere tale funzione;

(c)ove applicabile, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo;

(d)i ministeri competenti;

(e)l’autorità di vigilanza su base consolidata, se l’ente è soggetto a vigilanza su base consolidata a norma del titolo V, capo 4, sezione 1, della direttiva 2006/48/CE.

4.Quando riceve dall’autorità competente una comunicazione ai sensi del paragrafo 3, l’autorità di risoluzione delle crisi valuta se l’ente in questione soddisfa le condizioni stabilite nell’articolo 27.

5.La decisione che sancisce che l’ente soddisfa le condizioni per la risoluzione delle crisi è riportata in un avviso che contiene le informazioni seguenti:

(a)la motivazione della decisione;

(b)l’azione che l’autorità di risoluzione della crisi intende avviare.

L’azione di cui alla lettera b) può comprendere un’azione di risoluzione della crisi o una domanda di liquidazione, la nomina di un amministratore ovvero qualsiasi altra misura prevista dal diritto fallimentare nazionale applicabile.

L’autorità o le autorità cui compete tale decisione la notificano all’ente in questione. La notifica ai sensi del presente paragrafo può assumere la forma della notifica pubblica di cui al paragrafo 6.

6.Nell’avviare un’azione di risoluzione della crisi l’autorità di risoluzione della crisi rende pubblica l’azione e prende le iniziative ragionevolmente praticabili per informarne tutti gli azionisti e creditori noti, in particolare gli investitori al dettaglio, interessati dall’esercizio del potere di risoluzione delle crisi. Le misure previste nell’articolo 75, paragrafo 4, sono considerate iniziative ragionevolmente praticabili ai sensi del presente paragrafo.

7.L’autorità di risoluzione della crisi pubblica, secondo la procedura prevista nell’articolo 75, paragrafo 4, un avviso in cui precisa i termini e il periodo della sospensione in questione laddove eserciti i poteri di risoluzione delle crisi, in particolare:

(a)il potere di cui all’articolo 61 di sospendere gli obblighi di pagamento o di consegna;

(b)il potere di cui all’articolo 63 di sospendere i diritti di recesso.

8.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare le procedure, il contenuto e le condizioni inerenti agli obblighi seguenti:

(a)notifiche di cui ai paragrafi da 1 a 5;

(b)avviso di sospensione di cui al paragrafo 7.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 75

Obblighi procedurali delle autorità di risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi adempiano agli obblighi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 non appena ragionevolmente possibile dopo l’avvio di un’azione di risoluzione delle crisi.

2.L’autorità di risoluzione delle crisi informa dell’azione di risoluzione della crisi l’ente soggetto a risoluzione delle crisi e l’ABE.

La notifica ai sensi del presente paragrafo include una copia di qualsiasi provvedimento o strumento attraverso il quale i poteri pertinenti sono esercitati, con l’indicazione della data a decorrere dalla quale le azioni di risoluzione della crisi acquistano efficacia.

3.La notifica di cui al paragrafo 2 include una copia di qualsiasi provvedimento o strumento attraverso il quale i poteri pertinenti sono esercitati, con l’indicazione della data a decorrere dalla quale lo strumento o i poteri acquistano efficacia.

4.L’autorità di risoluzione delle crisi pubblica ovvero dispone che sia pubblicata una copia del provvedimento o dello strumento mediante il quale l’azione di risoluzione delle crisi è avviata oppure un avviso che riassume gli effetti di tale azione, in particolare sugli investitori al dettaglio, attraverso:

(a)il proprio sito internet ufficiale;

(b)il sito internet dell’autorità competente, se diversa dall’autorità di risoluzione della crisi, o il sito internet dell’ABE;

(c)il sito internet dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(d)se le azioni o altri titoli di proprietà dell’ente soggetto a risoluzione della crisi sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, i mezzi utilizzati per la divulgazione delle informazioni previste dalla regolamentazione relative a tale ente, a norma dell’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 39 .

5.L’autorità di risoluzione della crisi provvede a che i documenti a riprova degli strumenti di cui al paragrafo 4 siano trasmessi agli azionisti e creditori noti dell’ente soggetto a risoluzione della crisi.

Articolo 76

Riservatezza

1.Sono vincolate dagli obblighi del segreto professionale le persone seguenti:

(a)autorità di risoluzione delle crisi;

(b)autorità competenti e ABE;

(c)ministeri competenti;

(d)dipendenti o ex dipendenti delle autorità di cui alle lettere a) e b);

(e)amministratori straordinari nominati a norma dell’articolo 24;

(f)potenziali acquirenti contattati dalle autorità competenti o sollecitati dalle autorità di risoluzione delle crisi, a prescindere dal fatto che il contatto o la sollecitazione sia avvenuta in preparazione dell’uso dello strumento della vendita dell’attività d’impresa e indipendentemente dal fatto che la sollecitazione abbia effettivamente condotto a un’acquisizione;

(g)revisori dei conti, contabili, consulenti legali e professionali, valutatori e altri esperti che hanno ricevuto incarico dall’autorità di risoluzione delle crisi o dai potenziali acquirenti di cui alla lettera f);

(h)organismi di gestione dei sistemi di garanzia dei depositi;

(i)banche centrali e altre autorità che intervengono nella procedura di risoluzione delle crisi;

(j)qualsiasi altra soggetta che presta o ha prestato servizi alle autorità di risoluzione delle crisi.

2.Fatta salva la valenza generale degli obblighi di cui al paragrafo 1, alle persone ivi citate è fatto divieto di rivelare informazioni riservate ricevute nel corso di attività professionali oppure provenienti da un’autorità di risoluzione delle crisi in relazione alle sue funzioni, a qualsiasi persona o autorità, se non in forma sommaria o aggregata, affinché non si possano individuare i singoli enti, o previo accordo espresso dell’autorità di risoluzione delle crisi.

3.Gli obblighi di riservatezza di cui ai paragrafi 1 e 2 non ostano a che le autorità di risoluzione delle crisi, compresi i dipendenti, condividano, ai fini della pianificazione o attuazione di un’azione di risoluzione delle crisi, informazioni con altre autorità di risoluzione delle crisi nell’Unione, autorità competenti, banche centrali, ABE, ovvero, fatto salvo l’articolo 90, autorità di paesi terzi omologhe delle autorità di risoluzione delle crisi.

4.Il presente articolo fa salvi i casi soggetti al diritto penale.

5.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di attuazione per precisare le modalità con cui le informazioni dovrebbero essere fornite in forma sommaria o aggregata ai fini del paragrafo 2.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di attuazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme tecniche di attuazione di cui al primo comma conformemente all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

CAPO VIII

Diritto di impugnazione ed esclusione di altre azioni

Articolo 77

Esclusione dei diritti di recesso e di compensazione nella procedura di risoluzione della crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che le controparti di un contratto finanziario ai sensi dell’articolo 63, originariamente concluso con l’ente soggetto a risoluzione della crisi, possano esercitare i diritti di recesso previsti dal contratto o i diritti previsti da una clausola di recesso (walk-away clause) soltanto se l’azione di risoluzione della crisi consiste nello strumento della vendita dell’attività d’impresa o in quello dell’ente-ponte e i diritti e passività contemplati dal contratto finanziario non sono ceduti, secondo il caso, a un terzo o a un ente-ponte.

Ai fini del presente paragrafo, la clausola di deroga inserisce in un contratto finanziario una disposizione che sospende, modifica o estingue l’obbligo della parte non inadempiente di effettuare un pagamento o impedisce che sorga un siffatto obbligo, come accadrebbe in assenza di tale clausola.

2.Gli Stati membri provvedono a che i creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi possano esercitare i diritti alla compensazione previsti per legge soltanto se l’azione di risoluzione della crisi consiste nello strumento della vendita dell’attività d’impresa o in quello dell’ente-ponte e i diritti e passività contemplati dal contratto finanziario non sono ceduti, secondo il caso, a un terzo o a un ente-ponte.

Articolo 78

Diritti di impugnare la risoluzione della crisi

1.Gli Stati membri provvedono a che tutte le persone interessate dalla decisione di avviare una procedura di risoluzione delle crisi, prevista all’articolo 74, paragrafo 5, o dalla decisione delle autorità di risoluzione delle crisi di avviare un’azione di risoluzione della crisi abbiano il diritto di presentare un ricorso giurisdizionale avverso tale decisione.

2.Il diritto al ricorso giurisdizionale disposto dal paragrafo 1 è soggetto alle limitazioni seguenti:

(a)la presentazione del ricorso giurisdizionale o di altra misura provvisoria non comporta la sospensione automatica degli effetti della decisione contestata;

(b)la decisione dell’autorità di risoluzione della crisi è immediatamente esecutiva e non è soggetta ad alcun provvedimento sospensivo emanato da un giudice;

(c)il ricorso è limitato a una o più delle seguenti materie:

legittimità della decisione di cui al paragrafo 1, compreso l’accertamento del fatto che le condizioni per la risoluzione della crisi fossero soddisfatte;

legittimità delle modalità di attuazione di detta decisione;

congruità delle compensazioni concesse;

(d)L’annullamento di una decisione di un’autorità di risoluzione delle crisi lascia impregiudicati i successivi atti amministrativi o transazioni conclusi dall’autorità di risoluzione delle crisi interessata e basati sulla decisione annullata, laddove ciò sia necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede che hanno acquistato attività, diritti e passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi in virtù dell’esercizio dei poteri in tal senso da parte dell’autorità di risoluzione della crisi. Le misure correttive applicate a una decisione o azione indebita delle autorità di risoluzione delle crisi sono limitate alla compensazione della perdita subita dal ricorrente in conseguenza della decisione o azione.

Articolo 79

Limitazioni applicabili ad altri procedimenti giudiziari

1.Gli Stati membri provvedono a che non possa essere avviata una procedura ordinaria di insolvenza a norma del diritto nazionale nei confronti di un ente soggetto a risoluzione della crisi o di un ente per cui è stato accertato il soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione.

2.Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri assicurano che:

(a)le autorità competenti e le autorità di risoluzione delle crisi siano informate delle domanda di apertura di una procedura ordinaria di insolvenza in relazione a un ente, a prescindere dal fatto che esso sia soggetto a risoluzione della crisi o che una decisione sia stata resa pubblica conformemente all’articolo 74, paragrafo 6;

(b)si possa decidere sulla domanda soltanto se il giudice ha ricevuto conferma del fatto che le notifiche di cui alla lettera a) sono state effettuate e si verifica una delle due situazioni seguenti:

(i)l’autorità di risoluzione delle crisi ha comunicato al giudice che non intende avviare un’azione di risoluzione della crisi in relazione all’ente;

(ii)è scaduto un termine di 14 giorni a decorrere dalla data in cui sono state effettuate le notifiche di cui alla lettera a).

3.Fatte salve tutte le limitazioni all’opponibilità dei diritti di garanzia imposte a norma dell’articolo 63 o del paragrafo 1 del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che, ove necessario per l’effettiva applicazione degli strumenti e l’effettivo esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi possano chiedere al giudice la sospensione, per un congruo periodo di tempo in funzione dell’obiettivo perseguito, di qualsiasi azione o procedimento giudiziari di cui un ente soggetto a risoluzione delle crisi è o diventa parte.

TITOLO V

RISOLUZIONE DELLE CRISI DI GRUPPO

Articolo 80

Collegi di risoluzione delle crisi

1.Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo costituiscono collegi di risoluzione delle crisi per svolgere i compiti di cui agli articoli 11, 15 e 83 e, se del caso, per assicurare la cooperazione e il coordinamento con le autorità omologhe di paesi terzi.

In particolare, i collegi di risoluzione delle crisi costituiscono un quadro in cui l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, le altre autorità di risoluzione delle crisi e, se del caso, le autorità competenti e le autorità di vigilanza su base consolidata possono svolgere i compiti seguenti:

(a)scambio di informazioni pertinenti per l’elaborazione dei piani di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, per l’esercizio dei poteri preparatori e preventivi nei confronti dei gruppi e per la risoluzione delle crisi a livello di gruppo;

(b)elaborazione dei piani di risoluzione delle crisi a livello di gruppo conformemente all’articolo 11;

(c)valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi dei gruppi a norma dell’articolo 13;

(d)esercizio dei poteri di affrontare ed eliminare impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi di gruppo a norma dell’articolo 15;

(e)decisione circa la necessità di stendere un programma di risoluzione delle crisi di gruppo a norma dell’articolo 83;

(f)raggiungimento dell’accordo sui programmi di risoluzione delle crisi di gruppo proposti a norma dell’articolo 83;

(g)coordinamento della comunicazione al pubblico delle strategie e dei programmi di risoluzione delle crisi di gruppo;

(h)coordinamento dell’impiego dei meccanismi di finanziamento istituiti a norma del titolo VII.

2.Sono membri del collegio di risoluzione delle crisi l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, le autorità di risoluzione delle crisi di ciascuno Stato membro in cui è stabilita una filiazione interessata dalla vigilanza su base consolidata, e l’ABE.

Qualora l’impresa madre di uno o più enti sia una società di cui all’articolo 1, lettera d), l’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro in cui essa è stabilita è membro del collegio di risoluzione delle crisi.

Qualora le autorità di risoluzione delle crisi che sono membri del collegio di risoluzione delle crisi non siano i ministeri competenti, questi sono anch’essi membri dei collegi di risoluzione delle crisi al fianco di dette autorità e possono partecipare alle riunioni di tali collegi, in particolare quando sono in discussione questioni che possono avere ripercussioni sui fondi pubblici.

Qualora un’impresa madre o un ente stabilito nell’Unione abbia enti filiazioni in paesi terzi, le autorità di risoluzione delle crisi di tali paesi possono essere invitate, su richiesta dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, a partecipare al collegio di risoluzione delle crisi in veste di osservatori, purché siano soggette a obblighi di riservatezza equivalenti a quelli stabiliti nell’articolo 76.

3.Gli organismi pubblici che partecipano ai collegi istituiscono fra loro una stretta cooperazione. L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo coordina tutte le attività dei collegi di risoluzione delle crisi e ne indice e presiede tutte le riunioni. Detta autorità tiene pienamente informati, in anticipo, tutti i membri del collegio e l’ABE dell’organizzazione delle riunioni, delle questioni principali in discussione e delle attività da prendere in considerazione. Decide, in funzione delle necessità specifiche, quali autorità e ministeri debbano partecipare a determinate riunioni o attività del collegio. Tiene altresì tempestivamente informati tutti i membri del collegio delle azioni e decisioni adottate nel corso di dette riunioni o delle misure realizzate.

La decisione dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo tiene conto della rilevanza della questione da discutere, dell’attività da programmare o coordinare e delle decisioni da prendere per le autorità di risoluzione delle crisi in questione, in particolare dell’impatto potenziale sulla stabilità del sistema finanziario nello Stato membro interessato.

4.L’ABE contribuisce a promuovere e monitorare il funzionamento efficiente, efficace e uniforme dei collegi di risoluzione delle crisi. A tal fine, può partecipare, se lo ritiene opportuno, a specifiche riunioni o attività, ma senza diritto di voto.

5.L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo stabilisce per iscritto, previa consultazione delle altre autorità di risoluzione delle crisi, modalità e procedure per il funzionamento del collegio di risoluzione delle crisi.

6.Nonostante il paragrafo 2, ai fini dell’esecuzione dei compiti di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera e), l’autorità o le autorità di risoluzione delle crisi di ciascuno Stato membro in cui è stabilita una filiazione partecipano alle riunioni o alle attività del collegio di risoluzione delle crisi.

7.Nonostante il paragrafo 2, ai fini dell’esecuzione dei compiti di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettere f) e h), l’autorità o le autorità di risoluzione delle crisi di ciascuno Stato membro in cui è stabilita una filiazione che soddisfa le condizioni per la risoluzione della crisi partecipano alle riunioni o alle attività dei collegi di risoluzione delle crisi.

8.Le autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo non possono costituire collegi di risoluzione delle crisi se altri gruppi o collegi svolgono le funzioni o eseguono i compiti previsti nel presente articolo e rispettano tutte le condizioni e procedure previste nella presente sezione. In tal caso, tutti i riferimenti ai collegi di risoluzione delle crisi contenuti nella presente direttiva s’intendono fatti a tali altri gruppi o collegi.

9.L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare le modalità operative dei collegi di risoluzione delle crisi nell’esecuzione dei compiti di cui ai paragrafi 1, 3, 5, 6 e 7.

L’ABE presenta i progetti di norme tecniche di regolamentazione alla Commissione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva.

Alla Commissione è delegato il potere di adottare le norme di regolamentazione di cui al primo comma conformemente alla procedura di cui agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 81

Collegi europei di risoluzione delle crisi

1.Se un ente di un paese terzo o un’impresa madre di un paese terzo ha due o più enti filiazione stabiliti nell’Unione, le autorità di risoluzione delle crisi degli Stati membri in cui sono stabiliti tali enti filiazioni nazionali nell’Unione costituiscono, in assenza di accordi quali quelli previsti all’articolo 89, un collegio europeo di risoluzione delle crisi.

2.Il collegio europeo di risoluzione delle crisi svolge le funzioni ed esegue i compiti di cui all’articolo 80 in relazione agli enti filiazioni nazionali.

3.Qualora le filiazioni nazionali siano detenute da una società di partecipazione finanziaria stabilita nell’Unione a norma dell’articolo 143, paragrafo 3, terzo comma, della direttiva 2006/48/CE, il collegio europeo di risoluzione delle crisi è presieduto dall’autorità di risoluzione delle crisi dello Stato membro in cui è ubicata l’autorità di vigilanza su base consolidata ai fini della vigilanza su base consolidata a norma di detta direttiva.

Laddove non si applichi il primo comma, i membri del collegio europeo di risoluzione delle crisi designano e nominano il presidente.

4.Fatto salvo il paragrafo 3, il collegio europeo di risoluzione delle crisi funziona conformemente all’articolo 81 in tutti gli altri aspetti.

Articolo 82

Scambio di informazioni

Le autorità di risoluzione delle crisi si trasmettono a vicenda tutte le informazioni pertinenti per l’esecuzione dei rispettivi compiti a norma della presente direttiva.

Le autorità di risoluzione delle crisi comunicano tutte le pertinenti informazioni su richiesta. In particolare, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo trasmette tempestivamente alle autorità di risoluzione delle crisi negli altri Stati membri tutte le informazioni pertinenti per agevolare l’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 80, paragrafo 1, secondo comma, lettere da b) a h).

Le informazioni scambiate a norma del presente articolo sono condivise anche con i ministeri competenti.

Articolo 83

Risoluzione delle crisi di gruppo

1.L’autorità di risoluzione delle crisi, laddove decida che un ente filiazione di un gruppo è in dissesto o a rischio di dissesto, oppure ne sia informata a norma dell’articolo 74, paragrafo 3, comunica senza indugio all’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, se non svolge essa stessa tale funzione, e alle autorità di risoluzione delle crisi che sono membri del collegio di risoluzione delle crisi per il gruppo in questione, le informazioni seguenti:

(a)decisione secondo cui l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto;

(b)azioni di risoluzione della crisi o altre misure relative all’insolvenza che l’autorità di risoluzione della crisi considera appropriate per l’ente.

2.Alla ricezione di una notifica a norma del paragrafo 1, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo valuta, in consultazione con gli altri membri del pertinente collegio di risoluzione delle crisi, il probabile impatto del dissesto dell’ente in questione, ovvero dell’azione di risoluzione della crisi o delle altre misure notificate a norma del paragrafo 1, lettera b), sul gruppo o sugli enti affiliati in altri Stati membri.

3.Se l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo valuta, a seguito della consultazione con le altre autorità di risoluzione delle crisi a norma del paragrafo 2, che il dissesto dell’ente in questione, ovvero l’azione di risoluzione della crisi o le altre misure notificate a norma del paragrafo 1, lettera b), non avrebbero un impatto negativo sul gruppo o su enti affiliati in altri Stati membri, l’autorità di risoluzione delle crisi competente per detto ente può avviare l’azione di risoluzione della crisi o le altre misure notificate a norma del paragrafo 1, lettera b).

4.L’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo, se valuta, a seguito della consultazione con le altre autorità di risoluzione delle crisi a norma del paragrafo 2, che il dissesto dell’ente in questione, ovvero l’azione di risoluzione della crisi o le altre misure notificate a norma del paragrafo 1, lettera b), avrebbero un impatto negativo sul gruppo o su enti affiliati in altri Stati membri, propone, entro 24 ore dalla ricezione della notifica di cui al paragrafo 1, un programma di risoluzione della crisi di gruppo e lo presenta al collegio di risoluzione delle crisi.

5.Il programma di risoluzione della crisi a livello di gruppo previsto al paragrafo 4:

(a)delinea le azioni di risoluzione della crisi che le pertinenti autorità di risoluzione della crisi devono avviare, in relazione all’impresa madre nell’Unione o a particolari entità del gruppo, al fine di preservare il valore del gruppo nel suo complesso, ridurre al minimo l’impatto sulla stabilità finanziaria negli Stati membri in cui il gruppo è attivo e ridurre al minimo il ricorso a un sostegno finanziario pubblico straordinario;

(b)specifica le modalità di coordinamento delle azioni di risoluzione della crisi;

(c)stabilisce un piano di finanziamento. Il piano di finanziamento tiene conto dei principi sulla ripartizione delle responsabilità stabiliti in conformità all’articolo 11, paragrafo 3, lettera e).

6.Un membro del collegio di risoluzione della crisi, se dissente sul programma di risoluzione della crisi di gruppo proposto dall’autorità di risoluzione della crisi a livello di gruppo e ritiene, per motivi di stabilità finanziaria, di dover avviare autonomamente, in relazione a un dato ente o entità di gruppo, azioni di risoluzione della crisi o misure diverse da quelle proposte in tale piano, rimette entro 24 ore la questione all’ABE in conformità all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

7.In deroga all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1093/2010, l’ABE decide entro 24 ore. La successiva azione o misura dell’autorità di risoluzione delle crisi si conforma alla decisione dell’ABE.

8.L’autorità di risoluzione della crisi a livello di gruppo, laddove decida che un’impresa madre nell’Unione di cui è competente è in dissesto o a rischio di dissesto, oppure ne sia informata a norma dell’articolo 74, paragrafo 3, comunica le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere a) e b), alle autorità di risoluzione delle crisi che sono membri del collegio di risoluzione della crisi del gruppo in questione. Le azioni di risoluzione della crisi ai fini del paragrafo 1, lettera b), possono comprendere un programma di risoluzione della crisi di gruppo elaborato conformemente al paragrafo 5.

9.Le autorità attuano tutte le azioni di cui ai paragrafi da 2 a 8 senza indugio e tenendo debitamente conto dell’urgenza della situazione.

10.In tutti i casi in cui non è attuato un programma di risoluzione della crisi di gruppo e le autorità di risoluzione delle crisi avviano azioni di risoluzione della crisi in relazione a enti affiliati, dette autorità cooperano strettamente con i collegi di risoluzione delle crisi al fine di mettere a punto una strategia coordinata di risoluzione delle crisi per tutti gli enti in dissesto o a rischio di dissesto.

11.Le autorità di risoluzione delle crisi che avviano azioni di risoluzione delle crisi in relazione a entità di un gruppo comunicano periodicamente informazioni esaurienti su tali azioni o misure al collegio di risoluzione della crisi e gli riferiscono sul loro andamento.

TITOLO VI

RELAZIONI CON I PAESI TERZI

Articolo 84

Accordi con paesi terzi

1.La Commissione può trasmettere al Consiglio, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa, proposte relative alla negoziazione, con uno o più paesi terzi, di accordi sulle modalità di cooperazione fra le autorità di risoluzione delle crisi nel contesto della pianificazione della risoluzione delle crisi e della relativa procedura in relazione a enti e imprese madri, in particolare nelle situazioni seguenti:

(a)l’ente filiazione nazionale è stabilito in uno Stato membro;

(b)l’ente di un paese terzo gestisce una succursale significativa in uno Stato membro;

(c)un’impresa madre ovvero una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d) stabilita in uno Stato membro ha uno o più enti filiazioni in paesi terzi;

(d)l’ente stabilito in uno Stato membro ha una o più succursali significative in uno o più paesi terzi.

2.Gli accordi di cui al paragrafo 1 mirano in particolare a stabilire tra le autorità di risoluzione delle crisi procedure e modalità di cooperazione per l’esecuzione di alcuni o tutti i compiti ovvero per l’esercizio di alcuni o tutti i poteri previsti all’articolo 89.

Articolo 85

Riconoscimento delle procedure di risoluzione delle crisi dei paesi terzi

1.Le disposizioni seguenti si applicano finché non è concluso con il paese terzo un accordo internazionale a norma dell’articolo 84 e nella misura in cui la materia non è disciplinata da detto accordo.

2.Fatto salvo l’articolo 86, l’ABE riconosce le procedure di risoluzione delle crisi che un paese terzo avvia in relazione a un suo ente che:

(a)ha una succursale nazionale,

(b)ha, in altra forma, attività, diritti o passività ubicate in uno Stato membro ovvero disciplinate dalla legge di uno Stato membro.

3.Il riconoscimento delle procedure di risoluzione delle crisi dei paesi terzi da parte dell’ABE, di cui al paragrafo 2, comporta per le autorità nazionali di risoluzione delle crisi l’obbligo di conferire efficacia a dette procedure nel rispettivo territorio.

4.Le autorità di risoluzione delle crisi danno attuazione alla decisione dell’ABE di riconoscere una procedura di risoluzione delle crisi di un paese terzo. A tal fine gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi abbiano almeno la facoltà, senza che sia nominato un amministratore o altro soggetto a norma del diritto fallimentare nazionale, senza che il giudice emetta alcuna ordinanza, consenso o approvazione e senza altra formalità giudiziaria, di:

(a)esercitare il potere di cessione in relazione a:

attività di un ente di un paese terzo ubicate nel loro Stato membro o disciplinate dalla legge del loro Stato membro;

diritti o passività di un ente di un paese terzo contabilizzati dalla succursale nazionale nel loro Stato membro o disciplinati dalla legge del loro Stato membro ovvero quando i crediti relativi a tali diritti e passività sono opponibili nel loro Stato membro;

(b)perfezionare, anche imponendo ad un’altra persona un intervento in tal senso, una cessione di azioni o titoli di proprietà in relazione a un ente filiazione nazionale stabilito nello Stato membro designante.

Articolo 86

Diritto di rifiutare il riconoscimento delle procedure di risoluzione delle crisi dei paesi terzi

1.Previa consultazione delle autorità nazionali di risoluzione delle crisi interessate, l’ABE rifiuta il riconoscimento a norma dell’articolo 85, paragrafo 2, delle procedure di risoluzione delle crisi dei paesi terzi se reputa:

(a)che la procedura di risoluzione della crisi del paese terzo abbia un effetto negativo sulla stabilità finanziaria dello Stato membro in cui è basata l’autorità di risoluzione della crisi ovvero che la procedura possa avere un effetto negativo sulla stabilità finanziaria di un altro Stato membro;

(b)che un’azione autonoma di risoluzione della crisi a norma dell’articolo 87 in relazione a una succursale nazionale sia necessaria per conseguire uno o più obiettivi della risoluzione delle crisi;

(c)che nella procedura di risoluzione della crisi del paese terzo i creditori, inclusi in particolare i depositanti ubicati o pagabili in uno Stato membro, non beneficino della parità di trattamento con i creditori del paese terzo.

2.La Commissione precisa, mediante atti delegati adottati a norma dell’articolo 103, le circostanze di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).

Articolo 87

Risoluzione di succursali nell’Unione di enti di paesi terzi

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi dispongano dei poteri necessari ad avviare, in relazione a una succursale nazionale, un’azione di risoluzione della crisi autonoma rispetto a qualsiasi procedura di risoluzione della crisi aperta da un paese terzo in relazione all’ente del paese terzo in questione.

2.Gli Stati membri provvedono a che un’autorità di risoluzione delle crisi possa esercitare i poteri previsti al paragrafo 1 quando reputa necessaria, nell’interesse pubblico, un’azione di risoluzione della crisi e purché siano soddisfatte una o più delle condizioni seguenti:

(a)la succursale non soddisfa più, o rischia di non soddisfare, le condizioni imposte dalla legge nazionale per la sua autorizzazione e il suo esercizio in tale Stato membro e non vi sono prospettive che un intervento del settore privato, un’azione di vigilanza ovvero un’azione pertinente di un paese terzo permetta alla succursale di ripristinare il soddisfacimento di tali condizioni ovvero di evitare il fallimento in tempi ragionevoli;

(b)l’ente del paese terzo non è in grado, o non sarà probabilmente in grado, di pagare alla scadenza le proprie obbligazioni ai creditori nazionali o le obbligazioni create o contabilizzate attraverso la succursale e l’autorità di risoluzione della crisi ha accertato che in relazione a tale ente non è stata aperta né sarà aperta nel paese terzo nessuna procedura di risoluzione della crisi o procedura di insolvenza;

(c)l’autorità pertinente del paese terzo ha aperto una procedura di risoluzione della crisi in relazione all’ente del paese terzo, ovvero ha notificato all’autorità di risoluzione delle crisi l’intenzione di aprirla, e vale una delle circostanze previste all’articolo 86.

3.L’autorità di risoluzione delle crisi che avvia, in relazione a una succursale nazionale, un’azione autonoma di risoluzione della crisi tiene conto degli obiettivi della risoluzione delle crisi e avvia tale azione nel rispetto dei principi e requisiti seguenti, nella misura in cui sono pertinenti:

(a)principi stabiliti all’articolo 29;

(b)requisiti relativi all’applicazione degli strumenti di risoluzione di cui al titolo IV, capo II.

Articolo 88

Cooperazione con le autorità dei paesi terzi

1.Le disposizioni seguenti si applicano finché non è concluso con il paese terzo un accordo internazionale a norma dell’articolo 84 e nella misura in cui la materia non è disciplinata da detto accordo.

2.L’ABE conclude intese quadro di cooperazione non vincolanti con le seguenti autorità pertinenti dei paesi terzi:

(a)se un ente filiazione nazionale è stabilito nell’Unione, le autorità pertinenti del paese terzo in cui è stabilita l’impresa madre o la società di cui all’articolo 1, lettere c) o d);

(b)se un ente di un paese terzo gestisce una succursale significativa nell’Unione, l’autorità pertinente del paese terzo in cui l’ente è stabilito;

(c)se un’impresa madre o una società di cui all’articolo 1, lettere c) o d), stabilita nell’Unione ha uno o più enti filiazioni in paesi terzi, le autorità pertinenti dei paesi terzi in cui gli enti filiazioni sono stabiliti;

(d)se un ente stabilito nell’Unione ha una o più succursali significative in uno o più paesi terzi, le autorità pertinenti dei paesi terzi in cui le succursali sono stabilite.

Le intese di cooperazione di cui al presente paragrafo possono riferirsi a singoli enti o a gruppi che comprendono diversi enti.

3.Le intese quadro di cooperazione di cui al paragrafo 1 stabiliscono tra le autorità che ne sono parte procedure e modalità di cooperazione per l’esecuzione di alcuni o tutti i compiti seguenti ovvero per l’esercizio di alcuni o tutti i poteri seguenti in relazione agli enti di cui al paragrafo 1, lettere da a) a d), ovvero ai gruppi che li comprendono:

(a)elaborazione dei piani di risoluzione delle crisi in conformità degli articoli 9 e 12 e requisiti analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(b)valutazione della possibilità di risoluzione delle crisi di tali enti e gruppi, in conformità dell’articolo 13, e requisiti analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(c)esercizio del potere di affrontare o eliminare gli impedimenti alla possibilità di risoluzione delle crisi, a norma degli articoli 14 e 15, e poteri analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(d)applicazione delle misure di intervento precoce ai sensi dell’articolo 23 e poteri analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(e)applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi, e poteri analoghi a disposizione delle pertinenti autorità dei paesi terzi.

4.Le autorità competenti o, secondo i casi, le autorità di risoluzione delle crisi concludono intese di cooperazione non vincolanti, conformi all’intesa quadro concluso dall’ABE, con le autorità pertinenti dei paesi terzi di cui al paragrafo 2.

5.Le intese di cooperazione concluse a norma del presente paragrafo tra le autorità di risoluzione delle crisi degli Stati membri e le loro omologhe dei paesi terzi comprendono disposizioni sulle questioni seguenti:

(a)scambio delle informazioni necessarie per la preparazione e l’aggiornamento dei piani di risoluzione delle crisi;

(b)consultazione e cooperazione nell’elaborazione dei piani di risoluzione delle crisi, compresi i principi per l’esercizio dei poteri previsti dagli articoli 87 e 88, e poteri analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(c)scambio delle informazioni necessarie per l’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi e poteri analoghi previsti dalla normativa dei pertinenti paesi terzi;

(d)allerta precoce e consultazione delle parti dell’intesa di cooperazione prima di avviare, ai sensi della presente direttiva o della legislazione del pertinente paese terzo, un’azione significativa che si ripercuote sull’ente o sul gruppo al quale l’intesa si riferisce;

(e)coordinamento delle comunicazioni al pubblico in caso di azioni congiunte di risoluzione delle crisi;

(f)procedure e intese per lo scambio di informazioni e la cooperazione, di cui alle lettere da a) ad e), compresi, se del caso, l’istituzione e il funzionamento di gruppi di gestione delle crisi.

6.Gli Stati membri notificano all’ABE le intese di cooperazione concluse dalle autorità di risoluzione delle crisi e dalle autorità competenti in conformità del presente articolo.

Articolo 89

Riservatezza

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione delle crisi, le autorità competenti e i ministeri competenti scambino informazioni riservate con le autorità pertinenti dei paesi terzi soltanto se sono rispettate le condizioni seguenti:

(a)tali autorità dei paesi terzi sono soggette a requisiti e norme in materia di segreto professionale almeno equivalenti a quelle stabilite dall’articolo 76;

(b)le informazioni sono necessarie affinché le autorità pertinenti dei paesi terzi possano svolgere le funzioni, previste dalla normativa nazionale, analoghe a quelle previste dalla presente direttiva.

2.Qualora le informazioni riservate provengano da un altro Stato membro, le autorità di risoluzione delle crisi o le autorità competenti possono divulgarle alle autorità pertinenti dei paesi terzi soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

(a)l’autorità pertinente dello Stato membro da cui provengono le informazioni (“autorità d’origine”) autorizza la divulgazione;

(b)le informazioni sono divulgate unicamente ai fini autorizzati dall’autorità d’origine.

3.Ai fini del presente articolo le informazioni sono considerate riservate se sono soggette agli obblighi di riservatezza previsti dal diritto dell’Unione.

TITOLO VII

SISTEMA EUROPEO DEI MECCANISMI DI FINANZIAMENTO

Articolo 90

Sistema europeo dei meccanismi di finanziamento

Il sistema europeo dei meccanismi di finanziamento si compone degli elementi seguenti:

(a)meccanismi di finanziamento nazionali istituiti a norma dell’articolo 91;

(b)prestiti fra meccanismi nazionali di finanziamento, di cui all’articolo 97;

(c)messa in comune dei meccanismi di finanziamento nazionali in caso di risoluzione della crisi di gruppo, di cui all’articolo 98.

Articolo 91

Obbligo di istituire meccanismi di finanziamento della risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri istituiscono meccanismi di finanziamento per permettere all’autorità di risoluzione delle crisi di applicare o esercitare efficacemente gli strumenti e i poteri di risoluzione delle crisi. I meccanismi di finanziamento sono utilizzati esclusivamente in conformità agli obiettivi della risoluzione delle crisi e ai principi stabiliti negli articoli 26 e 29.

2.Gli Stati membri provvedono a che i meccanismi di finanziamento siano dotati di mezzi finanziari adeguati.

3.Ai fini del paragrafo 2, i meccanismi di finanziamento dispongono in particolare dei poteri seguenti:

(a)potere di raccogliere i contributi ex ante previsti nell’articolo 94 ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo indicato all’articolo 93;

(b)potere di raccogliere i contributi straordinari ex post previsti nell’articolo 95;

(c)potere di contrarre i prestiti e le altre forme di sostegno previsti nell’articolo 96.

Articolo 92

Uso dei meccanismi di finanziamento della risoluzione delle crisi

1.Nell’applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi l’autorità di risoluzione delle crisi può utilizzare i meccanismi di finanziamento istituiti in conformità all’articolo 91 ai fini seguenti:

(a)garantire le attività o passività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi, delle sue filiazioni, di un ente-ponte o di un veicolo di gestione delle attività;

(b)erogare prestiti all’ente soggetto a risoluzione della crisi, alle sue filiazioni, a un ente-ponte o a un veicolo di gestione delle attività;

(c)acquistare attività dell’ente soggetto a risoluzione della crisi;

(d)effettuare conferimenti a un ente-ponte;

(e)avviare una qualsiasi combinazione delle azioni di cui alle lettere da a) ad e).

I meccanismi di finanziamento possono essere utilizzati per avviare le azioni di cui alle lettere da a) ad e) anche nei confronti dell’acquirente nel contesto dello strumento della vendita dell’attività d’impresa.

2.Gli Stati membri provvedono a che le perdite, i costi o le altre spese sostenuti in relazione all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi siano in primo luogo a carico degli azionisti e creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi. I meccanismi di finanziamento si fanno carico delle perdite, costi o altre spese sostenuti in relazione all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi soltanto se le risorse degli azionisti e creditori sono esaurite.

Articolo 93

Livello-obiettivo del finanziamento

1.Gli Stati membri provvedono a che, entro 10 anni al massimo a decorrere dall’entrata in vigore della presente direttiva, il rispettivo meccanismo di finanziamento disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l’1% dell’ammontare dei depositi di tutti gli enti creditizi autorizzati nel rispettivo territorio che sono coperti da garanzia a norma della direttiva 94/19/CE.

2.Nel periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i contributi ai meccanismi di finanziamento raccolti in conformità all’articolo 94 sono spalmati nel tempo nel modo più uniforme possibile, fino al raggiungimento del livello-obiettivo.

Gli Stati membri possono prorogare il periodo iniziale di un massimo di quattro anni se i meccanismi di finanziamento effettuano esborsi cumulati per una percentuale superiore allo 0,5% dei depositi garantiti.

3.Se, dopo il periodo iniziale di cui al paragrafo 1, i mezzi finanziari disponibili scendono al di sotto del livello-obiettivo fissato nel paragrafo 2, la raccolta dei contributi a norma dell’articolo 94 riprende fino al ripristino di tale livello. Laddove i mezzi finanziari disponibili ammontino a meno della metà del livello-obiettivo, i contributi annuali sono almeno pari allo 0,25% dei depositi garantiti.

Articolo 94

Contributi ex ante

1.Ai fini del raggiungimento del livello-obiettivo fissato nell’articolo 93, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti a cadenza almeno annuale contributi presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.

2.I contributi sono calcolati secondo le norme seguenti:

(a)per lo Stato membro che si è valso dell’opzione, prevista all’articolo 99, paragrafo 5, di usare i fondi del sistema di garanzia dei depositi ai fini dell’articolo 92, i contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell’ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi garantiti a norma della direttiva 94/19/CE, rispetto alle passività complessive, esclusi i fondi propri e i depositi garantiti a norma della direttiva 94/19/CE, di tutti gli enti autorizzati nel suo territorio;

(b)per lo Stato membro che non si è valso dell’opzione, prevista all’articolo 99, paragrafo 5, di usare i fondi del sistema di garanzia dei depositi ai fini dell’articolo 92, i contributi di ciascun ente sono calcolati in percentuale dell’ammontare complessivo delle sue passività, esclusi i fondi propri, rispetto alle passività complessive, esclusi i fondi propri, di tutti gli enti autorizzati nel suo territorio;

(c)i contributi calcolati a norma delle lettere a) e b) sono corretti secondo i criteri adottati a norma del paragrafo 7 in funzione del profilo di rischio dell’ente.

3.I mezzi finanziari disponibili che concorrono al raggiungimento del livello-obiettivo fissato all’articolo 93 possono comprendere impegni di pagamento integralmente coperti dalla garanzia reale di attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi, a libera disposizione e destinate all’uso esclusivo delle autorità di risoluzione delle crisi per gli scopi specificati nell’articolo 92, paragrafo 1. La quota di impegni di pagamento irrevocabili non supera il 30% dell’importo complessivo dei contributi raccolti in conformità al presente articolo.

4.Gli Stati membri provvedono a che l’obbligo di versare i contributi previsti nel presente articolo sia opponibile a norma del diritto nazionale e che i contributi siano versati integralmente.

Gli Stati membri stabiliscono adeguati obblighi regolamentari, contabili, informativi e di altro tipo per assicurare il pagamento integrale dei contributi dovuti. Provvedono altresì a che vigano misure atte a permettere una verifica adeguata del corretto pagamento del contributo. Provvedono a che vigano misure per impedire elusioni, evasioni e abusi.

5.Gli importi raccolti a norma del presente articolo sono impiegati soltanto per i fini previsti all’articolo 92 e, qualora gli Stati membri si siano valsi dell’opzione prevista all’articolo 99, paragrafo 5, ai fini previsti all’articolo 92 o per il rimborso dei depositi garantiti a norma della direttiva 94/19/CE.

6.Confluiscono nei meccanismi di finanziamento le somme ottenute dall’ente soggetto a risoluzione della crisi o dall’ente-ponte, gli interessi ed altri utili degli investimenti e qualsiasi altro utile.

7.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare il concetto della correzione dei contributi in funzione del profilo di rischio dell’ente, di cui al paragrafo 2, lettera c), tenuto conto degli elementi seguenti:

(a)esposizione al rischio dell’ente, compresi l’importanza delle sue attività di negoziazione, le esposizioni fuori bilancio e il grado di leva finanziaria;

(b)stabilità e diversificazione delle fonti di finanziamento della società;

(c)situazione finanziaria dell’ente;

(d)probabilità che l’ente sia assoggettato a risoluzione delle crisi;

(e)misura in cui l’ente ha beneficiato di sostegno statale in passato;

(f)complessità della struttura dell’ente e possibilità di risoluzione delle crisi che lo riguardano;

(g)sua importanza sistemica per il mercato in questione,

8.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per:

(a)specificare gli obblighi di registrazione, contabili, informativi e di altro tipo intesi ad assicurare il pagamento effettivo dei contributi, di cui al paragrafo 4;

(b)specificare le misure atte a permettere una verifica adeguata del corretto pagamento del contributo, di cui al paragrafo 4;

(c)specificare le misure intese a impedire elusioni, evasioni e abusi, di cui al paragrafo 4.

Articolo 95

Contributi straordinari ex post

1.Laddove i mezzi finanziari disponibili non siano sufficienti a coprire mediante i meccanismi di finanziamento le perdite, costi o altre spese sostenuti, gli Stati membri provvedono a che siano raccolti presso gli enti autorizzati nel rispettivo territorio contributi straordinari ex post a copertura degli importi aggiuntivi. Il pagamento di detti contributi straordinari è ripartito fra gli enti a norma dell’articolo 94, paragrafo 2.

2.Ai contributi raccolti a norma del presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 94, paragrafi da 4 a 8.

Articolo 96

Mezzi di finanziamento alternativi

Gli Stati membri provvedono a che il meccanismo di finanziamento di rispettiva competenza possa contrarre prestiti o altre forme di sostegno presso enti finanziari, banche centrali o altri terzi, quando le somme raccolte a norma dell’articolo 94 non sono sufficienti a coprire mediante i meccanismi di finanziamento le perdite, costi o altre spese sostenuti e i contributi straordinari previsti nell’articolo 95 non sono accessibili immediatamente.

Articolo 97

Prestiti fra meccanismi di finanziamento

1.Gli Stati membri provvedono a che il meccanismo di finanziamento di rispettiva competenza abbia diritto di contrarre prestiti presso tutti gli altri meccanismi di finanziamento dell’Unione, quando le somme raccolte a norma dell’articolo 94 non sono sufficienti a coprire mediante i meccanismi di finanziamento le perdite, costi o altre spese sostenuti e i contributi straordinari previsti nell’articolo 95 non sono accessibili immediatamente.

2.Gli Stati membri provvedono a che il meccanismo di finanziamento di rispettiva competenza sia tenuto ad erogare prestiti agli omologhi dell’Unione nelle circostanze previste al paragrafo 1.

Fatto salvo il primo comma, i meccanismi di finanziamento nazionali non sono tenuti ad erogare prestiti ad un omologo quando l’autorità di risoluzione delle crisi del loro Stato membro reputa di non disporre di risorse sufficienti a finanziare, in un futuro prossimo, una prevedibile risoluzione delle crisi. I meccanismi di finanziamento nazionali non dovrebbero comunque essere tenuti a prestare oltre la metà dei fondi di cui dispongono nel momento in cui il prestito è formalmente chiesto.

3.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare le condizioni che devono essere soddisfatte affinché un meccanismo di finanziamento possa contrarre prestiti da un omologo, nonché le condizioni applicabili al prestito stesso, in particolare i criteri con cui valutare se siano disponibili risorse sufficienti a finanziare, in un futuro prossimo, una prevedibile risoluzione delle crisi, il periodo di rimborso e il tasso d’interesse applicabile.

Articolo 98

Messa in comune dei meccanismi di finanziamento nazionali in caso di risoluzione delle crisi di gruppo

1.Gli Stati membri assicurano che, in caso di una risoluzione delle crisi di gruppo prevista all’articolo 83, ciascun meccanismo di finanziamento nazionale di ciascuno degli enti che fanno parte del gruppo contribuisca al finanziamento di tale risoluzione delle crisi in conformità del presente articolo.

2.Ai fini del paragrafo 1, l’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo predispone, in consultazione con le autorità di risoluzione delle crisi degli enti che fanno parte del gruppo, e se necessario prima dell’avvio di un’azione di risoluzione della crisi, un piano di finanziamento che stabilisce il fabbisogno finanziario complessivo per il finanziamento della risoluzione della crisi di gruppo e le modalità con cui effettuare tale finanziamento.

3.Le modalità di cui al paragrafo 2 possono comprendere:

(a)contributi attinti ai meccanismi di finanziamento nazionali degli enti che fanno parte del gruppo;

(b)prestiti o altre forme di sostegno erogati da enti finanziari o dalla banca centrale.

Il piano di finanziamento è parte integrante del programma di risoluzione delle crisi di gruppo previsto all’articolo 83. Esso stabilisce il contributo che ciascun meccanismo di finanziamento nazionale deve versare.

4.Fermo restando l’adempimento degli obblighi previsti dal paragrafo 2 e dall’articolo 83, gli Stati membri prevedono norme e procedure per assicurare che il rispettivo meccanismo di finanziamento nazionale versi il contributo al piano di finanziamento immediatamente dopo che le corrispondenti autorità di risoluzione delle crisi hanno ricevuto la pertinente richiesta dell’autorità di risoluzione della crisi a livello di gruppo.

5.Ai fini del presente articolo gli Stati membri provvedono a che i meccanismi di finanziamento di gruppo possano contrarre, alle condizioni stabilite all’articolo 96, prestiti o altre forme di sostegno da enti finanziari, dalla banca centrale o da altri terzi, sino all’occorrenza dell’importo totale necessario per finanziare la risoluzione della crisi di gruppo in conformità del piano di finanziamento di cui al paragrafo 2.

6.Gli Stati membri provvedono a che il rispettivo meccanismo di finanziamento nazionale di loro competenza garantisca i prestiti contratti dal meccanismo di finanziamento di gruppo in conformità al paragrafo 4. La garanzia fornita da ciascun meccanismo di finanziamento nazionale non supera la quota della corrispondente partecipazione al piano di finanziamento a norma del paragrafo 2.

7.Gli Stati membri provvedono a che i proventi o utili derivanti dall’uso dei meccanismi di finanziamento vadano a beneficio di tutti i meccanismi di finanziamento nazionali in funzione del contributo versato da ciascuno di essi per il finanziamento della risoluzione della crisi a norma del paragrafo 2.

8.Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 103 per precisare ulteriormente:

(a)forma e contenuto del piano di finanziamento previsto al paragrafo 2;

(b)modalità di esborso dei contributi al piano di finanziamento di cui al paragrafo 3;

(c)modalità delle garanzie di cui al paragrafo 5.

(d)criteri per appurare quando tutte le azioni di risoluzione della crisi sono concluse.

Articolo 99

Uso dei sistemi di garanzia dei depositi nel contesto della risoluzione delle crisi

1.Gli Stati membri assicurano che, quando le autorità di risoluzione delle crisi avviano azioni di risoluzione delle crisi e purché tali azioni garantiscano ai depositanti il mantenimento dell’accesso ai depositi, il sistema di garanzia dei depositi cui l’ente è affiliato risponda, fino all’ammontare dei depositi coperti, dell’ammontare delle perdite che esso avrebbe dovuto sostenere se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza.

2.Gli Stati membri garantiscono che, conformemente al diritto nazionale che disciplina la procedura ordinaria di insolvenza, i sistemi di garanzia dei depositi abbiano pari trattamento rispetto ai crediti non privilegiati non garantiti.

3.Gli Stati membri garantiscono che la determinazione dell’importo di cui il sistema di garanzia dei depositi risponde conformemente al paragrafo 1 ottemperi alle condizioni di cui all’articolo 30, paragrafo 2.

4.Il contributo del sistema di garanzia dei depositi ai fini del paragrafo 1 è fornito in contante.

5.Gli Stati membri possono anche prevedere che i mezzi finanziari disponibili dei sistemi di garanzia dei depositi stabiliti nel loro territorio possano essere usati ai fini dell’articolo 92, paragrafo 1, purché i sistemi di garanzia dei depositi ottemperino, dove applicabile, alle disposizioni di cui agli articoli da 93 a 98.

6.Gli Stati membri garantiscono che il sistema di garanzia dei depositi abbia adottato disposizioni per assicurare che, in seguito ad un contributo fornito dal sistema di garanzia dei depositi a titolo del paragrafo 1 o 5 e quando i depositanti dell’ente soggetto a risoluzione debbono essere rimborsati, i membri del sistema possano fornire immediatamente al sistema gli importi che devono essere pagati.

7.Quando gli Stati membri si valgono dell’opzione di cui al paragrafo 5, i sistemi di garanzia dei depositi sono considerati meccanismi di finanziamento ai fini dell’articolo 91. In tal caso gli Stati membri possono astenersi dall’istituire meccanismi di finanziamento separati.

8.Quando uno Stato membro si vale dell’opzione di cui al paragrafo 5, all’uso dei mezzi finanziari disponibili dei sistemi di garanzia dei depositi si applica la seguente regola di priorità.

Se al sistema di garanzia dei depositi è chiesto di utilizzare i suoi mezzi finanziari disponibili nel contempo ai fini di cui all’articolo 92 o ai fini del paragrafo 1 e per il rimborso dei depositanti a norma delle direttiva 94/19/CE, e i mezzi finanziari disponibili sono insufficienti per soddisfare tutte queste richieste, la priorità è data al rimborso dei depositanti a norma della direttiva 94/19/CE e alle azioni specificate al paragrafo 1 rispetto ai pagamenti previsti dall’articolo 92 della presente direttiva.

9.Quando i depositi ammissibili presso un ente soggetto a risoluzione della crisi sono trasferiti ad un’altra entità tramite lo strumento della vendita dell’attività d’impresa o lo strumento dell’ente-ponte, i depositanti non vantano alcun diritto a norma della direttiva 94/19/CE nei confronti del sistema di garanzia dei depositi in relazione a qualsiasi parte non trasferita dei loro depositi presso l’ente soggetto a risoluzione della crisi, purché l’importo dei fondi trasferiti sia pari o superiore al livello di copertura aggregato di cui all’articolo 7 della direttiva 94/19/CE.

TITOLO VIII

SANZIONI

Articolo 100

Sanzioni e misure amministrative

1.Gli Stati membri assicurano che siano adottate sanzioni e misure amministrative appropriate quando le disposizioni nazionali adottate ad attuazione della presente direttiva non sono rispettate e ne garantiscono l’applicazione. Le sanzioni e misure sono effettive, proporzionate e dissuasive.

2.Gli Stati membri assicurano che, quando gli obblighi si applicano agli enti finanziari e alle imprese madri dell’Unione, in caso di violazioni le sanzioni possano essere applicate ai membri della direzione e a qualsiasi altra persona responsabile per la violazione a norma del diritto nazionale.

3.Alle autorità di risoluzione delle crisi e alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni. Nell’esercizio dei loro poteri sanzionatori, le autorità di risoluzione delle crisi e le autorità competenti cooperano strettamente per assicurare che le sanzioni o le misure producano i risultati voluti e per coordinare la loro azione nei casi transfrontalieri.

Articolo 101

Disposizioni specifiche

1.Il presente articolo si applica in tutte le circostanze seguenti:

(a)un ente o un’impresa madre non prepara, mantiene e aggiorna i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, in violazione dell’articolo 5 o 7;

(b)un’entità non notifica l’intenzione di fornire un sostegno finanziario di gruppo alle sue autorità competenti in violazione dell’articolo 22;

(c)un ente o un’impresa madre non fornisce tutte le informazioni necessarie per la preparazione dei piani di risoluzione delle crisi in violazione dell’articolo 10;

(d)la direzione di un ente non informa l’autorità competente quando l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto in violazione dell’articolo 73, paragrafo 1.

2.Fatti salvi i poteri delle autorità competenti o delle autorità di risoluzione delle crisi di cui ad altre disposizioni delle presente direttiva, gli Stati membri assicurano che nei casi di cui al paragrafo 1 le sanzioni e misure amministrative che possono essere applicate includano almeno quanto segue:

(a)una dichiarazione pubblica indicante la persona fisica o giuridica responsabile e la natura della violazione;

(b)un divieto temporaneo, a carico di qualunque membro della direzione dell’ente o dell’impresa madre o di qualunque altra persona fisica ritenuta responsabile, ad esercitare funzioni negli enti;

(c)nel caso di una persona giuridica, sanzioni pecuniarie amministrative pari fino al 10% del fatturato annuo totale di tale persona giuridica nel precedente esercizio; quando la persona giuridica è una filiazione di un’impresa madre, il fatturato annuo totale pertinente è il fatturato annuo totale derivante dal bilancio consolidato dell’impresa madre ultima nell’esercizio precedente;

(d)nel caso di una persona fisica, sanzioni pecuniarie amministrative pari fino a 5 000 000 di euro o, negli Stati membri in cui l’euro non è la moneta ufficiale, il valore corrispondente nella moneta nazionale alla data di entrata in vigore della presente direttiva;

(e)sanzioni pecuniarie amministrative pari fino al doppio dell’importo degli utili guadagnati o delle perdite evitate grazie alla violazione quando essi possono essere determinati.

Articolo 102

Applicazione effettiva delle sanzioni ed esercizio dei poteri sanzionatori da parte delle autorità competenti

Gli Stati membri assicurano che, quando determinano il tipo di sanzioni o misure amministrative e il livello delle sanzioni pecuniarie amministrative, le autorità competenti tengano conto di tutte le circostanze rilevanti inclusi:

(a)la gravità e la durata della violazione;

(b)il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica responsabile;

(c)la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile, quale risulta dal fatturato totale della persona giuridica responsabile o dal reddito annuale della persona fisica responsabile;

(d)l’entità degli utili conseguiti o delle perdite evitate dalla persona fisica o giuridica responsabile, nella misura in cui possono essere determinati;

(e)le perdite a carico di terzi causate dalla violazione, nella misura in cui possono essere determinate;

(f)il livello di collaborazione della persona fisica o giuridica responsabile con l’autorità competente;

(g)le violazioni precedenti della persona fisica o giuridica responsabile.

TITOLO IX

POTERI DI ESECUZIONE

Articolo 103

Esercizio della delega

1.Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni definite nel presente articolo.

2.La delega dei poteri è conferita per un periodo di tempo indeterminato a partire dalla data di cui all’articolo 116.

3.La delega dei poteri di cui agli articoli 2, 4, 28, 37, 39, 43, 86, 94, 97 e 98 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. Una decisione di revoca pone fine alla delega del potere specificato nella stessa. Essa prende effetto il giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o a una data successiva ivi specificata. La decisione lascia impregiudicata la validità degli atti delegati già in vigore.

4.Non appena adotta un atto delegato, la Commissione lo notifica simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio.

5.Un atto delegato adottato ai sensi degli articoli 2, 4, 28, 37, 39, 43, 86, 94, 97 e 98 entra in vigore solo se il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni entro un periodo di due mesi dal ricevimento della notifica dell’atto, o se, prima della scadenza di tale periodo, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno entrambi informato la Commissione di non avere obiezioni. Su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio tale termine è prorogato di due mesi.

TITOLO X

MODIFICHE ALLE DIRETTIVE 77/91/CEE, 82/891/CEE, 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e al REGOLAMENTO (UE) n. 1093/2010

Articolo 104

Modifiche alla direttiva 77/91/CEE

All’articolo 41 della direttiva 77/91/CEE è aggiunto il seguente paragrafo 3:

“3. Gli Stati membri garantiscono che l’articolo 17, paragrafo 1, l’articolo 25, paragrafi 1 e 3, l’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, gli articoli 29, 30, 31 e 32 della presente direttiva non si applichino in caso di utilizzo degli strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio(*) [direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento] purché siano soddisfatti gli obiettivi per la risoluzione delle crisi definiti all’articolo 27 della direttiva XX/XX/UE e le condizioni per la risoluzione delle crisi indicati all’articolo 28 della stessa direttiva.

_______

(*) GU L …… …. pag. …”

Articolo 105

Modifiche alla direttiva 82/891/CEE

L’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 82/891/CEE è sostituito dal seguente:

“4. Si applica l’articolo 1, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (*).

________

(*) GU L 110 del 29.4.2011, pag. 1.”

Articolo 106

Modifiche alla direttiva 2001/24/CE

La direttiva 2001/24/CE è modificata come segue:

1.All’articolo 1 si aggiungono i seguenti paragrafi 3 e 4:

“3. La presente direttiva si applica inoltre alle imprese di investimento come definite all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (*) e alle loro succursali istituite in uno Stato membro diverso da quello della sede legale.

4. Qualora siano applicati gli strumenti di risoluzione delle crisi ed esercitati i poteri di risoluzione delle crisi previsti dalla direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (**), le disposizioni della presente direttiva si applicano anche a enti finanziari, imprese e imprese madri che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva XX/XX/UE.

__________

(*) GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201.

(**) GU L …… …. pag. …”

2.All’articolo 2, il settimo trattino è sostituito dal seguente:

“- “provvedimenti di risanamento”: i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti di terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti; tali provvedimenti comprendono l’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi previsti dalla direttiva XX/XX/UE;”.

Articolo 107

Modifiche alla direttiva 2002/47/CE

All’articolo 7 della direttiva 2002/47/CE è aggiunto il seguente paragrafo 1 bis:

“1bis. Il paragrafo 1 non si applica ad alcuna restrizione sull’effetto di una clausola di compensazione per close-out imposta in virtù dell’articolo 77 della direttiva XX/XX/UE o dell’esercizio da parte dell’autorità di risoluzione delle crisi del potere di imporre una sospensione temporanea a norma dell’articolo 63 di tale direttiva.

__________

(*) GU L …… …. pag. …”

Articolo 108

Modifiche alla direttiva 2004/25/CE

All’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2004/25/CE è aggiunto il seguente terzo comma:

“Gli Stati membri garantiscono che l’articolo 5, paragrafo 1 della presente direttiva non si applichi in caso di uso di strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (*) [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento].

_________

(*) GU L …. pag. … “

Articolo 109

Modifiche alla direttiva 2005/56/CE

All’articolo 3 della direttiva 2005/56/CEE è aggiunto il seguente paragrafo 4:

“(4)    Gli Stati membri garantiscono che la presente direttiva non si applichi alla società o alle società che sono soggette all’uso di strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento] (*).

_________

(*) GU L …… …. pag. …”

Articolo 110

Modifiche alla direttiva 2007/36/CE

La direttiva 2007/36/CE è modificata come segue:

1.All’articolo 1 si aggiunge il seguente paragrafo 4:

“4. Gli Stati membri garantiscono che la presente direttiva non si applichi in caso di uso di strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento] (*).

___________

(*) GU L …… …. pag. …”

2.All’articolo 5 sono aggiunti i seguenti paragrafi 5 e 6:

“5. Gli Stati membri assicurano che ai fini della direttiva XX/XX/UE [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento], l’assemblea possa decidere, con una maggioranza dei due terzi dei voti validamente espressi, che un’assemblea per deliberare un aumento di capitale possa essere convocata con un preavviso più breve rispetto a quanto previsto al paragrafo 1 del presente articolo, purché tale assemblea non si tenga entro dieci giorni di calendario dalla convocazione, siano soddisfatte le condizioni degli articoli 23 e 24 della direttiva XX/XX/UE (misure di intervento precoce) e l’aumento di capitale sia necessario per evitare che si verifichino le condizioni per la risoluzione della crisi stabilite all’articolo 27 della stessa direttiva.

6. Ai fini del paragrafo 5, non si applicano l’articolo 6, paragrafi 3 e 4 e l’articolo 7, paragrafo 3.”

Articolo 111

Modifiche alla direttiva 2011/35/UE

All’articolo 1 della direttiva 2011/35/UE è aggiunto il seguente paragrafo 4:

“4. Gli Stati membri garantiscono che la presente direttiva non si applichi alla società o alle società che sono soggette all’uso di strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione delle crisi di cui al titolo IV della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento] (*).

________

(*) GU L …… …. pag. …”

Articolo 112

Modifiche al regolamento (UE) n. 1093/2010

Il regolamento (UE) n. 1093/2010 è modificato come segue:

1.All’articolo 4, il punto 2) è sostituito dal seguente:

“2) “autorità competenti”:

i)le autorità competenti quali definite nelle direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE e di cui alla direttiva 2009/110/CE;

ii)in relazione alle direttive 2002/65/CE e 2005/60/CE, le autorità competenti ad assicurare l’osservanza dei requisiti di dette direttive da parte degli enti creditizi e degli enti finanziari;

iii)in relazione ai sistemi di garanzia dei depositi, gli organismi incaricati della gestione di tali sistemi conformemente alla direttiva 94/19/CE o, qualora il funzionamento del sistema di garanzia dei depositi sia gestito da una società privata, l’autorità pubblica che vigila su tali sistemi, ai sensi di tale direttiva; e

iv)in relazione alla direttiva …/… [direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento], le autorità di risoluzione delle crisi ai sensi di tale direttiva.

_________

(*) GU L …… …. pag. …”

2.All’articolo 40, paragrafo 6 si aggiunge il seguente secondo comma:

“Ai fini della direttiva XX/XX/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (*) [direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento] il membro del consiglio delle autorità di vigilanza di cui al paragrafo 1, lettera b), può essere accompagnato, se necessario, da un rappresentante, senza diritto di voto, dell’autorità di risoluzione delle crisi in ogni Stato membro.

_________

(*) GU L …… …. pag. …”

TITOLO XI

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 113

Comitato per la risoluzione delle crisi dell’ABE

L’ABE istituisce un comitato interno permanente a norma dell’articolo 41 del regolamento (UE) n. 1093/2010 ai fini della preparazione delle decisioni dell’ABE previste dalla presente direttiva. Tale comitato interno è composto quanto meno dalle autorità di risoluzione delle crisi di cui all’articolo 3 della presente direttiva.

Ai fini della presente direttiva l’ABE collabora con l’AESFEM e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP) nel quadro del comitato congiunto delle autorità europee di vigilanza istituito dall’articolo 54 del regolamento (UE) n. 1093/2010.

Articolo 114

Clausola di revisione

Entro il 1° giugno 2018 la Commissione riesamina l’applicazione generale della presente direttiva e valuta la necessità di modifiche in particolare:

(a)sulla base della relazione dell’ABE di cui all’articolo 39, paragrafo 6, la necessità di modifiche volte a minimizzare le divergenze a livello nazionale. Tale relazione e le eventuali proposte di accompagnamento sono trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio;

(b)sulla base della relazione dell’ABE di cui all’articolo 4, paragrafo 3, la necessità di modifiche volte a minimizzare le divergenze a livello nazionale. Tale relazione e le eventuali proposte di accompagnamento sono trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio.

Articolo 115

Attuazione

1.Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2014. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Gli Stati membri applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° gennaio 2015.

Essi applicano tuttavia le disposizioni adottate per conformarsi al titolo IV, capo III, sezione 5 a decorrere al più tardi dal 1° gennaio 2018.

2.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

3.Gli Stati membri comunicano alla Commissione e all’ABE il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 116

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 117

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Parlamento europeo    Per il Consiglio

Il Presidente    Il Presidente

ALLEGATO

SEZIONE A

Informazioni da inserire nei piani di risanamento

Il piano di risanamento riporta le informazioni seguenti:

(1)sintesi degli elementi fondamentali del piano, analisi strategica e sintesi della capacità globale di risanamento;

(2)sintesi delle modifiche sostanziali apportate all’ente dopo l’ultimo piano di risanamento;

(3)piano di comunicazione e informazione che delinea in che modo l’impresa intende gestire le eventuali reazioni potenzialmente negative del mercato;

(4)gamma di azioni sul capitale e sulla liquidità necessarie per mantenere operative e per finanziare le funzioni essenziali e le aree di attività principali dell’ente;

(5)stima dei tempi necessari per l’esecuzione di ciascun aspetto sostanziale del piano;

(6)descrizione dettagliata degli eventuali impedimenti sostanziali all’esecuzione efficace e tempestiva del piano, tenuto conto anche dell’impatto sul resto del gruppo, sulla clientela e sulle controparti;

(7)individuazione delle funzioni essenziali;

(8)descrizione dettagliata delle procedure per determinare il valore e la commerciabilità delle aree di attività principali, delle operazioni e delle attività dell’ente;

(9)descrizione dettagliata delle modalità con cui la pianificazione del risanamento è integrata nella struttura di governo societario dell’ente, nonché delle politiche e procedure che disciplinano l’approvazione del piano di risanamento e l’identificazione delle persone responsabili della preparazione e dell’attuazione del piano all’interno dell’organizzazione;

(10)dispositivi e misure per conservare o ripristinare i fondi propri dell’ente;

(11)dispositivi e misure intesi a garantire che l’ente abbia un accesso adeguato a fonti di finanziamento di emergenza, comprese le potenziali fonti di liquidità, una valutazione delle garanzie reali disponibili e una valutazione della possibilità di trasferire liquidità tra entità del gruppo e aree di attività, affinché l’ente possa svolgere le proprie funzioni e rispettare i propri obblighi allo loro scadenza;

(12)dispositivi e misure intesi a ridurre il rischio e la leva finanziaria;

(13)dispositivi e misure per ristrutturare le passività;

(14)dispositivi e misure per ristrutturare le aree di attività;

(15)dispositivi e misure necessari per assicurare la continuità dell’accesso alle infrastrutture dei mercati finanziari;

(16)dispositivi e misure necessari per assicurare la continuità del funzionamento dei processi operativi dell’ente, compresi infrastrutture e servizi informatici;

(17)dispositivi preparatori per agevolare la vendita di attività o di aree di attività in tempi adeguati per il ripristino della solidità finanziaria;

(18)altre azioni o strategie di gestione intese a ripristinare la solidità finanziaria nonché effetti finanziari previsti di tali azioni o strategie;

(19)misure preparatorie che l’ente ha attuato o intende attuare al fine di agevolare l’attuazione del piano di risanamento, comprese le misure necessarie per consentire una ricapitalizzazione tempestiva dell’ente.

SEZIONE B

Informazioni che le autorità di risoluzione delle crisi possono chiedere agli enti ai fini della preparazione e del mantenimento dei piani di risoluzione delle crisi

Ai fini della preparazione e del mantenimento dei piani di risoluzione delle crisi, le autorità di risoluzione delle crisi possono chiedere agli enti di fornire le informazioni seguenti:

(1)descrizione dettagliata della struttura organizzativa dell’ente, compreso un elenco di tutte le entità giuridiche;

(2)identificazione del titolare diretto e percentuale di titoli con e senza diritto di voto di ciascuna entità giuridica;

(3)ubicazione, giurisdizione di costituzione, licenze e personale dirigente chiave relativamente a ciascuna entità giuridica;

(4)classificazione delle operazioni essenziali e delle aree di attività principali dell’ente, comprese le detenzioni di attività sostanziali e le passività relative a tali operazioni e aree di attività, con riferimento alle entità giuridiche;

(5)descrizione dettagliata delle componenti delle passività dell’ente e di tutte le sue entità giuridiche, operando una separazione almeno per tipo e ammontare dei debiti a breve e lungo termine e delle passività garantite, non garantite e subordinate;

(6)dettaglio delle passività dell’ente che sono passività ammissibili;

(7)individuazione delle procedure necessarie per stabilire a chi l’ente abbia ceduto garanzie reali, il titolare delle stesse e il paese nel quale sono ubicate;

(8)descrizione delle esposizioni fuori bilancio dell’ente e delle sue entità giuridiche, compresa l’attribuzione a operazioni essenziali e aree di attività principali;

(9)coperture rilevanti dell’ente, compresa l’attribuzione alle singole entità giuridiche;

(10)identificazione delle controparti principali o più critiche dell’ente, nonché analisi dell’impatto del dissesto delle controparti principali sulla situazione finanziaria dell’ente;

(11)ciascun sistema nel quale l’ente effettua un volume sostanziale di scambi, in termini di numero o di valore, compresa l’attribuzione alle entità giuridiche, operazioni essenziali e aree di attività principali dell’ente;

(12)ciascun sistema di pagamento, compensazione o regolamento al quale l’ente partecipa direttamente o indirettamente, compresa l’attribuzione alle entità giuridiche, operazioni essenziali e aree di attività principali dell’ente;

(13)inventario dettagliato e descrizione dei sistemi informatici gestionali fondamentali utilizzati dall’ente, compresi quelli per la gestione del rischio, la contabilità e le informazioni finanziarie e regolamentari, compresa l’attribuzione alle entità giuridiche, operazioni essenziali e aree di attività principali dell’ente;

(14)identificazione dei proprietari dei sistemi individuati alla lettera m), i relativi accordi sul livello di servizio ed eventuali software e sistemi o licenze, compresa l’attribuzione alle entità giuridiche, operazioni essenziali e aree di attività principali dell’ente;

(15)identificazione e classificazione delle entità giuridiche e delle interconnessioni e interdipendenze tra entità giuridiche diverse, quali:

personale, strutture e sistemi comuni o condivisi;

accordi su capitali, finanziamenti o liquidità;

esposizioni creditizie effettive o potenziali;

accordi reciproci di garanzia, accordi reciproci su garanzie reali, disposizioni in materia di inadempimenti reciproci e meccanismi di netting tra affiliati;

trasferimenti di rischi e accordi di scambio back to back; accordi sul livello di servizio;

(16)autorità di vigilanza e autorità di risoluzione delle crisi per ciascuna entità giuridica;

(17)l’alto dirigente responsabile del piano di risoluzione delle crisi dell’ente nonché i responsabili, se diversi, per le varie entità giuridiche, operazioni essenziali e aree di attività principali;

(18)descrizione dei meccanismi che l’ente ha istituito per garantire che, in caso di risoluzione della crisi, l’autorità di risoluzione della crisi disponga di tutte le informazioni che ha stabilito sono necessarie per applicazione degli strumenti e l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi;

(19)tutti gli accordi stipulati dall’ente e dalle sue entità giuridiche con parti terze che potrebbero essere estinti se le autorità decidessero di applicare uno strumento di risoluzione delle crisi ed eventualità che le conseguenze dell’estinzione possano incidere sull’applicazione di tale strumento;

(20)descrizione delle possibili fonti di liquidità a sostegno della risoluzione della crisi;

(21)informazioni concernenti gravami sulle attività, attività liquide, attività fuori bilancio, strategie di copertura e pratiche di contabilizzazione.

SEZIONE C

Aspetti di cui l’autorità di risoluzione delle crisi deve tenere conto nel valutare la possibilità di risoluzione delle crisi di un ente

Nel valutare la possibilità di risoluzione delle crisi di un ente, l’autorità di risoluzione delle crisi tiene conto degli aspetti seguenti:

(1)misura in cui l’ente o il gruppo sono in grado di attribuire le aree di attività principali e operazioni essenziali a entità giuridiche;

(2)misura in cui le strutture giuridiche e societarie sono allineate rispetto alle aree di attività principali e operazioni essenziali;

(3)misura in cui sono predisposti dispositivi per fornire personale essenziale, infrastrutture, finanziamenti, liquidità e capitali per sostenere e mantenere in essere le aree di attività principali e le operazioni essenziali;

(4)misura in cui i contratti di servizio mantenuti dall’ente o dal gruppo sono pienamente opponibili in caso di risoluzione della crisi dell’ente o del gruppo;

(5)misura in cui la struttura di governo dell’ente o del gruppo è adeguata per assicurare la gestione e l’osservanza delle politiche interne dell’ente o del gruppo a fronte dei suoi accordi sul livello di servizio;

(6)misura in cui l’ente o il gruppo dispongono di una procedura per trasferire a terzi i servizi forniti in virtù di accordi sul livello di servizio in caso di separazione delle operazioni essenziali o delle aree di attività principali;

(7)misura in cui sono predisposti piani di emergenza per assicurare la continuità dell’accesso a sistemi di pagamento e regolamento;

(8)adeguatezza dei sistemi informatici gestionali per permettere alle autorità di risoluzione delle crisi di raccogliere informazioni accurate e complete sulle aree di attività principali e sulle operazioni essenziali, al fine di agevolare decisioni rapide;

(9)capacità dei sistemi informatici gestionali di fornire le informazioni essenziali per una risoluzione efficace della crisi dell’ente o del gruppo in qualsiasi momento, anche in situazioni in rapida evoluzione;

(10)misura in cui l’ente o il gruppo hanno testato i propri sistemi informatici gestionali in scenari di stress definiti dall’autorità di risoluzione delle crisi;

(11)misura in cui l’ente o il gruppo sono in grado di assicurare la continuità dei sistemi informatici gestionali sia per l’ente interessato sia per l’ente nuovo nel caso in cui le operazioni essenziali e le aree di attività principali siano separate dal resto delle operazioni e aree di attività;

(12)misura in cui l’ente o il gruppo hanno instaurato procedure adeguate affinché le autorità di risoluzione delle crisi possano disporre delle informazioni necessarie per individuare i depositanti e gli importi coperti dai sistemi di garanzia dei depositi;

(13)se il gruppo prevede garanzie infragruppo, misura in cui tali garanzie sono fornite a condizioni di mercato e solidità dei relativi sistemi di gestione del rischio;

(14)quando il gruppo effettua operazioni back to back, misura in cui tali operazioni sono effettuate a condizioni di mercato e solidità dei relativi sistemi di gestione del rischio;

(15)misura in cui il ricorso a garanzie infragruppo o a operazioni di contabilizzazione back to back aumenta il rischio di contagio nel gruppo;

(16)misura in cui la struttura giuridica del gruppo ostacola l’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi in conseguenza del numero di entità giuridiche, della complessità della struttura del gruppo o della difficoltà di associare le aree di attività alle entità del gruppo;

(17)ammontare o percentuale delle passività ammissibili dell’ente;

(18)quando la valutazione coinvolge una società di partecipazione mista, misura in cui la risoluzione delle crisi di entità del gruppo che sono enti o enti finanziari può esercitare un impatto negativo sul ramo non finanziario del gruppo;

(19)esistenza e solidità di accordi sul livello di servizio;

(20)disponibilità, presso le autorità dei paesi terzi, degli strumenti di risoluzione delle crisi necessari per sostenere le autorità di risoluzione delle crisi dell’Unione nelle azioni di risoluzione delle crisi e margini per un’azione coordinata fra autorità dell’Unione e autorità dei paesi terzi;

(21)possibilità di applicare gli strumenti di risoluzione delle crisi in modo da conseguire gli obiettivi di risoluzione delle crisi, tenuto conto degli strumenti disponibili e della struttura dell’ente;

(22)misura in cui la struttura del gruppo permette all’autorità di risoluzione delle crisi di procedere alla risoluzione della crisi del gruppo nel suo complesso o di una o più delle sue entità senza provocare, direttamente o indirettamente, un impatto negativo significativo sul sistema finanziario, sulla fiducia del mercato o sull’economia in generale, e al fine di massimizzare il valore del gruppo nel suo complesso;

(23)accordi e mezzi che potrebbero agevolare la risoluzione delle crisi in caso di gruppi con filiazioni stabilite in giurisdizioni diverse;

(24)credibilità dell’uso degli strumenti di risoluzione delle crisi in modo da conseguire gli obiettivi di risoluzione delle crisi, tenuto conto delle possibili ripercussioni su creditori, controparti, clientela e dipendenti e delle azioni eventualmente avviate da autorità di paesi terzi;

(25)possibilità di valutare adeguatamente l’impatto della risoluzione della crisi dell’ente sul sistema finanziario e sulla fiducia dei mercati finanziari;

(26)eventualità che la risoluzione della crisi dell’ente provochi, direttamente o indirettamente, un impatto negativo significativo sul sistema finanziario, sulla fiducia del mercato o sull’economia in generale;

(27)possibilità di contenere, mediante l’applicazione degli strumenti o l’esercizio dei poteri di risoluzione delle crisi, il contagio di altri enti finanziari o dei mercati finanziari;

(28)possibile effetto significativo della risoluzione della crisi dell’ente sul funzionamento di sistemi di pagamento e regolamento.

SCHEDA FINANZIARIA LEGISLATIVA

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

1.1.Denominazione della proposta

1.2.Settore/settori interessati nella struttura ABM/ABB

1.3.Natura della proposta

1.4.Obiettivi

1.5.Motivazione della proposta

1.6.Durata e incidenza finanziaria

1.7.Modalità di gestione previste

2.MISURE DI GESTIONE

2.1.Disposizioni in materia di monitoraggio e di relazioni

2.2.Sistema di gestione e di controllo

2.3.Misure di prevenzione delle frodi e delle irregolarità

3.INCIDENZA FINANZIARIA PREVISTA DELLA PROPOSTA

3.1.Rubrica/rubriche del quadro finanziario pluriennale e linea/linee di bilancio di spesa interessate

3.2.Incidenza prevista sulle spese

3.2.1.Sintesi dell’incidenza prevista sulle spese

3.2.2.Incidenza prevista sugli stanziamenti operativi

3.2.3.Incidenza prevista sugli stanziamenti di natura amministrativa

3.2.4.Compatibilità con il quadro finanziario pluriennale attuale

3.2.5.Partecipazione di terzi al finanziamento

3.3.Incidenza prevista sulle entrate

SCHEDA FINANZIARIA LEGISLATIVA

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

1.1.Denominazione della proposta

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2011

1.2.Settore/settori interessati nella struttura ABM/ABB 40

Mercato interno – mercati finanziari

1.3.Natura della proposta

 La proposta/iniziativa riguarda una nuova azione

 La proposta/iniziativa riguarda una nuova azione a seguito di un progetto pilota/un’azione preparatoria 41

 La proposta/iniziativa riguarda la proroga di un’azione esistente

 La proposta/iniziativa riguarda un’azione riorientata verso una nuova azione

1.4.Obiettivi

1.4.1.Obiettivo/obiettivi strategici pluriennali della Commissione oggetto della proposta/iniziativa

Mantenere la stabilità finanziaria e la fiducia nelle banche, garantire la continuità dei servizi finanziari essenziali, evitare il contagio;

minimizzare le perdite per la società nel suo insieme ed in particolare per i contribuenti, proteggere i depositanti e ridurre l’azzardo morale;

rafforzare il mercato interno dei servizi bancari mantenendo parità di condizioni operative per tutti gli operatori che competono nei mercati finanziari dell’UE.

1.4.2.Obiettivo/obiettivi specifici e attività ABM/ABB interessate

Obiettivi specifici:

Alla luce degli obiettivi generali riportati sopra, si perseguono i seguenti obiettivi specifici:

preparazione e prevenzione:

aumentare la preparazione delle autorità di vigilanza e delle banche a fronte delle situazioni di crisi e

consentire misure di risoluzione delle crisi per tutte le banche

intervento precoce:

migliorare le disposizioni di intervento precoce per le autorità di vigilanza

risoluzione delle crisi bancarie:

consentire la risoluzione delle crisi bancarie in modo tempestivo e incisivo

garantire la certezza giuridica per la risoluzione delle crisi delle banche

gestione transfrontaliera delle crisi:

favorire un’efficace collaborazione tra le autorità in materia di risoluzione transfrontaliera delle crisi

finanziamento:

garantire che siano disponibili fondi privati per finanziare la risoluzione delle crisi bancarie

1.4.3.Risultati e incidenza previsti

Precisare gli effetti che la proposta/iniziativa dovrebbe avere sui beneficiari/gruppi interessati.

Il quadro proposto a livello di Unione per la gestione delle crisi intende rafforzare ulteriormente la stabilità finanziaria, ridurre l’azzardo morale e proteggere i depositanti, i servizi bancari essenziali e il denaro dei contribuenti. Esso mira inoltre a proteggere e a sviluppare ulteriormente il mercato interno degli enti finanziari.

Il quadro dovrebbe avere in primo luogo il vantaggio di ridurre la probabilità di crisi bancarie sistemiche ed evitare il crollo del PIL derivante da tali crisi. In secondo luogo dovrebbe ridurre le possibilità che per salvare le banche in eventuali crisi future sia nuovamente utilizzato il denaro dei contribuenti. Il costo delle crisi bancarie, qualora esse si verifichino, dovrebbe essere sostenuto in primo luogo dai detentori del capitale e del debito delle banche. L’eliminazione della garanzia statale implicita sul debito delle banche dovrebbe inoltre ridurre il costo di finanziamento del debito degli Stati membri.

1.4.4.Indicatori di risultato e di incidenza

Precisare gli indicatori che permettono di seguire la realizzazione della proposta/iniziativa.

Poiché i fallimenti bancari sono imprevedibili e per quanto possibile sono evitati, è impossibile monitorare regolarmente il funzionamento della risoluzione delle crisi in base all’andamento dei casi concreti di fallimenti bancari. Tuttavia alcune delle misure potrebbero essere monitorate utilizzando i seguenti indicatori possibili:

il numero di collegi di risoluzione istituiti;

il numero di piani di risanamento e risoluzione delle crisi presentati e approvati dalle autorità di risoluzione delle crisi e dai collegi di risoluzione delle crisi;

il numero di casi in cui modificazioni del modo di operare di banche (e di gruppi bancari) sono stati imposti dalle autorità di risoluzione delle crisi;

il numero di accordi di finanziamento intragruppo conclusi;

il numero di banche per le quali è richiesta una capacità minima di assorbimento delle perdite (capitale + debito ammesso al bail-in);

livello globale di capacità di assorbimento delle perdite delle banche negli Stati membri e nell’UNIONE;

il numero di banche soggette a risoluzione delle crisi;

il numero di casi di applicazione dei diversi strumenti e poteri di risoluzione delle crisi (ad esempio cessione di attività, banca-ponte, bail-in);

il costo della risoluzione delle crisi bancarie a livello di singoli Stati membri e a livello aggregato UE (milioni di EUR) (il costo include il costo di bail-in, la ricapitalizzazione, il contributo dei DGS/RF, altri costi).

È proposta la partecipazione dell’ABE in tutte le fasi previste dal quadro per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie; tale proposta è condivisa dalle categorie interessate, anche se il regolamento ABE non assegna attualmente alcuna competenza all’ABE in un processo di risoluzione delle crisi. Sulla base di questa partecipazione, l’ABE potrebbe eseguire i relativi compiti di monitoraggio. Il recepimento di qualsiasi nuovo atto legislativo unionale sarà monitorato a norma del trattato sul funzionamento dell’Unione.

1.5.Motivazione della proposta

1.5.1.Necessità da coprire nel breve e lungo termine

La crisi finanziaria ha messo a dura prova la capacità delle autorità di gestire i problemi delle banche. I mercati finanziari dell’Unione europea sono ormai integrati a tal punto che le crisi a livello nazionale si possono trasmettere rapidamente alle imprese e ai mercati di altri Stati membri.

A livello internazionale, i leader del G20 hanno sollecitato un riesame dei regimi di risoluzione delle crisi e delle legislazioni fallimentari alla luce delle recenti esperienze, per garantire che essi consentano la liquidazione ordinata degli enti transfrontalieri grandi e complessi 42 . Al vertice di Pittsburgh, del 25 settembre 2009, si sono impegnati ad agire di concerto per creare strumenti più incisivi che obblighino le grandi imprese internazionali a rendere conto dei rischi assunti e, in particolare, a sviluppare strumenti e quadri per la risoluzione effettiva delle crisi dei gruppi finanziari, in modo da mitigare le disfunzioni derivanti dal dissesto di enti finanziari e ridurre l’azzardo morale in futuro.

Nel novembre 2010, a Seul, il G20 ha approvato la relazione dell’FSB-SIFI 43 che raccomandava a tutti i paesi di intraprendere le necessarie riforme giuridiche per porre in atto un regime in grado di consentire la risoluzione delle crisi di qualsiasi ente finanziario senza che ciò incida sul contribuente, che sarebbe altrimenti esposto a perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità, pur tutelando allo stesso tempo la continuità delle funzioni economiche fondamentali attraverso meccanismi che rendono possibile l’assorbimento delle perdite in base al rango dei crediti per azionisti e creditori non garantiti e non assicurati.

Nell’ottobre 2011 il Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) ha adottato un documento intitolato “Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions 44 che descrive gli elementi fondamentali che l’FSB ritiene necessari per un regime efficace di risoluzione delle crisi. La loro attuazione dovrebbe consentire alle autorità di risolvere le crisi degli enti finanziari in modo ordinato, evitando che i contribuenti debbano sopportare le perdite derivanti dal sostegno alla solvibilità, mantenendo però nel contempo la continuità delle funzioni economiche fondamentali esercitate da tali enti.

1.5.2.Valore aggiunto dell’intervento dell’Unione europea

In virtù del principio di sussidiarietà, di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.

Solo un intervento a livello dell’Unione può garantire che gli Stati membri applichino misure compatibili quando si occupano di banche in dissesto. Sebbene il settore bancario dell’Unione sia fortemente integrato, gli strumenti di gestione delle crisi bancarie hanno carattere nazionale. Attualmente, molti ordinamenti giuridici nazionali non conferiscono alle autorità i poteri necessari a procedere a una liquidazione ordinata degli enti finanziari, preservando contemporaneamente i servizi essenziali per la stabilità finanziaria, senza far ricorso al denaro dei contribuenti. Norme nazionali divergenti mal si prestano ad affrontare adeguatamente il problema della dimensione transfrontaliera delle crisi; inoltre, le intese di cooperazione tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro ospitante sono insufficienti.

La limitatezza delle opzioni di risoluzione delle crisi aumenta l’azzardo morale e genera aspettative rispetto al fatto che banche di grandi dimensioni, complesse e interconnesse, dovrebbero nuovamente ricorrere al sostegno pubblico in caso di problemi. È quindi evidente che un quadro efficace per il risanamento e la risoluzione in un mercato integrato non può essere realizzato a livello degli Stati membri ma dell’Unione.

In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati.

La presente proposta mira a mantenere la stabilità finanziaria e la fiducia nelle banche, ridurre al minimo le perdite per i contribuenti e rafforzare il mercato interno dei servizi bancari mantenendo nel contempo parità di condizioni operative. Ciò richiede la convergenza delle legislazioni nazionali, onde fornire alle autorità un insieme coerente di strumenti di gestione e risoluzione delle crisi. Solo una misura a livello dell’Unione può raggiungere questo obiettivo.

Le disposizioni sono proporzionate rispetto agli obiettivi preposti. Le limitazioni del diritto di proprietà che l’esercizio dei poteri proposti può comportare sono conformi alla Carta dei diritti fondamentali, secondo l’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tali restrizioni si limitano a quanto necessario per conseguire un obiettivo di interesse generale, segnatamente il mantenimento della stabilità finanziaria nell’Unione.

La risoluzione delle crisi è strettamente legata a settori non armonizzati della legislazione nazionale, come il diritto fallimentare e di proprietà. Pertanto, la direttiva è lo strumento giuridico appropriato in quanto il suo recepimento è necessario per garantire che il quadro sia attuato in modo da consentire il raggiungimento del risultato perseguito nel rispetto delle specificità della pertinente legislazione nazionale.

1.5.3.Insegnamenti tratti da esperienze analoghe

Non pertinente

1.5.4.Coerenza ed eventuale sinergia con altri strumenti pertinenti

Il quadro per la gestione delle crisi è strettamente collegato al regime dei sistemi di garanzia dei depositi (DGS) dell’Unione. La modifica della pertinente direttiva 94/19/CE è attualmente discussa in sede di Consiglio e di Parlamento. Le sinergie tra i fondi dei DGS e le misure di risoluzione delle crisi bancarie sono significative, specialmente in materia di finanziamento. Quando esiste un quadro per la risoluzione delle crisi che arresta il contagio, i fondi dei DGS devono finanziare solo le poche banche che falliscono in un primo tempo. Per contro, se non sono disponibili misure di risoluzione delle crisi e il contagio si diffonde in tutto il sistema finanziario, l’importo dei fondi che il DGS deve pagare in uno Stato membro è considerevolmente più elevato.

La proposta è collegata anche alla direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD), che armonizza i requisiti prudenziali per le banche e le imprese di investimento. Recenti modifiche alla CRD mirano ad incrementare la quantità e la qualità del capitale detenuto dalle banche, in modo che queste possano effettivamente assorbire le potenziali perdite. Nuovi requisiti di liquidità sono intesi a garantire che le banche restino liquide anche in periodi di stress di mercato e sviluppino strutture del passivo che le rendano più stabili. Tutte queste misure renderanno il settore bancario più sicuro e ridurranno le probabilità di fallimenti di banche e la necessità di interventi pubblici. Nonostante tutte queste misure è impossibile escludere la possibilità che in futuro si verifichino fallimenti di banche. Di qui la necessità di sviluppare un quadro giuridico complementare (risanamento e risoluzione delle crisi delle banche) che garantisca la stabilità finanziaria anche in scenari negativi.

1.6.Durata e incidenza finanziaria

 Proposta/iniziativa di durata limitata

   Proposta/iniziativa in vigore a decorrere dal [GG/MM]AAAA fino al [GG/MM]AAAA

   Incidenza finanziaria dal AAAA al AAAA

 Proposta di durata illimitata

Attuazione con un periodo di avviamento dal 2013 al 2015,

seguito da un funzionamento a pieno ritmo.

1.7.Modalità di gestione prevista 45  

 Gestione centralizzata diretta da parte della Commissione

 Gestione centralizzata indiretta con delega delle funzioni di esecuzione a:

   agenzie esecutive

   organismi creati dalle Comunità 46

   organismi pubblici nazionali/organismi investiti di attribuzioni di servizio pubblico

   persone incaricate di attuare azioni specifiche di cui al titolo V del trattato sull’Unione europea, che devono essere indicate nel pertinente atto di base ai sensi dell’articolo 49 del regolamento finanziario

 Gestione concorrente con gli Stati membri

 Gestione decentrata con paesi terzi 

 Gestione congiunta con organizzazioni internazionali (specificare)

Se è indicata più di una modalità, fornire ulteriori informazioni alla voce “Osservazioni”.

Osservazioni

-

2.MISURE DI GESTIONE

2.1.Disposizioni in materia di monitoraggio e di relazioni

Precisare frequenza e condizioni.

L’articolo 81 del regolamento che istituisce l’Autorità bancaria europea (ABE) prescrive alla Commissione di presentare, entro il 2 gennaio 2014 e successivamente ogni tre anni, una relazione generale sull’esperienza acquisita a seguito del funzionamento dell’ABE. A tal fine, la Commissione pubblicherà una relazione generale che sarà trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

2.2.Sistema di gestione e di controllo

2.2.1.Rischi individuati

Per quanto riguarda l’uso giuridico, economico, efficiente ed efficace degli stanziamenti derivanti dalla proposta, è previsto che essa non determini nuovi rischi che non siano già coperti dall’attuale quadro di controllo interno dell’ABE.

2.2.2. Modalità di controllo previste

-

2.3.Misure di prevenzione delle frodi e delle irregolarità

Precisare le misure di prevenzione e di tutela in vigore o previste.

Ai fini della lotta contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illegale, all’ABE saranno applicate senza restrizioni le disposizioni del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999 relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF).

L’ABE aderisce all’accordo interistituzionale del 25 maggio 1999, fra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee, relativo alle inchieste interne effettuate dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e adotta immediatamente le disposizioni opportune che si applicano a tutto il personale dell’ABE.

Le decisioni di finanziamento, gli accordi e gli strumenti di applicazione che ne derivano prevedono espressamente che la Corte dei conti e l’OLAF possono, se necessario, effettuare un controllo in loco presso i beneficiari degli stanziamenti dell’ABE e presso gli agenti responsabili della loro allocazione.

Gli articoli 64 e 65 del regolamento che istituisce l’Autorità bancaria europea (ABE) contengono le disposizioni in materia di attuazione e controllo del bilancio dell’ABE e le norme finanziarie applicabili.

3.INCIDENZA FINANZIARIA PREVISTA DELLA PROPOSTA

3.1.Rubrica/rubriche del quadro finanziario pluriennale e linea/linee di bilancio di spesa interessate

Linee di bilancio di spesa esistenti

Secondo l’ordine delle rubriche del quadro finanziario pluriennale e delle linee di bilancio.

Rubrica del quadro finanziario pluriennale

Linea di bilancio

Natura della spesa

Partecipazione

Numero
[Descrizione………]

Diss./Non diss.
( 47 )

di paesi EFTA 48

di paesi candidati 49

di paesi terzi

ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a bis), del regolamento finanziario

12.0402.01

ABE – Sovvenzione di cui ai titoli 1, 2 e 3

Diss.

NO

NO

NO

Nuove linee di bilancio di cui è chiesta la creazione

Secondo l’ordine delle rubriche del quadro finanziario pluriennale e delle linee di bilancio.

Rubrica del quadro finanziario pluriennale

Linea di bilancio

Natura della spesa

Partecipazione

Numero
[Rubrica ……]

Diss./Non diss.

di paesi EFTA

di paesi candidati

di paesi terzi

ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a bis), del regolamento finanziario

[XX.YY.YY.YY]

Sì/No

Sì/No

Sì/No

Sì/No

3.2.Incidenza prevista sulle spese

3.2.1.Sintesi dell’incidenza prevista sulle spese

Mio EUR (al terzo decimale)

Rubrica del quadro finanziario pluriennale:

1A

Competitività per la crescita e l’occupazione

DG: MARKT

Anno
2013 50

Anno
2014

Anno
2015

TOTALE

• Stanziamenti operativi

12.0402.01

Impegni

(1)

0

1,080

999

2,079

Pagamenti

(2)

0

1,080

999

2,079

Stanziamenti di natura amministrativa finanziati dai ricavi delle commissioni

Numero della linea di bilancio

(3)

TOTALE degli stanziamenti per la DG MARKT

Impegni

=1+1a +3

0

1,080

999

2,079

Pagamenti

=2+2a+3

0

1,080

999

2,079



TOTALE degli stanziamenti operativi

Impegni

(4)

0

1,080

999

2,079

Pagamenti

(5)

0

1,080

999

2,079

• TOTALE degli stanziamenti di natura amministrativa finanziati dai ricavi delle commissioni

(6)

TOTALE degli stanziamenti per la RUBRICA 1A
del quadro finanziario pluriennale

Impegni

=4+ 6

0

1,080

999

2,079

Pagamenti

=5+ 6

1,080

999

2,079

Osservazioni:

Mio EUR (al terzo decimale)

Anno
2013 51

Anno
2014

Anno
2015

TOTALE

TOTALE degli stanziamenti per le RUBRICHE da 1 a 5
del quadro finanziario pluriennale 

Impegni

0

1,080

999

2,079

Pagamenti

0

1,080

999

2,079

3.2.2.Incidenza prevista sugli stanziamenti operativi

   La proposta/iniziativa non comporta l’utilizzazione di stanziamenti operativi

   La proposta/iniziativa comporta l’utilizzazione di stanziamenti operativi, come spiegato di seguito:

Specificare

gli obiettivi e i risultati

Anno
2012

Anno
2013

Anno
2014

Anno
2015 

TOTALE

Tipo 52

Costo medio

Risultato

Costo totale

Risultato

Costo totale

Risultato

Costo totale

Risultato

Costo totale

Risultato

Costo totale

1. Obiettivi della preparazione e prevenzione:

aumentare la preparazione delle autorità di vigilanza e delle banche a fronte delle situazioni di crisi e

consentire misure di risoluzione delle crisi per tutte le banche

Numero delle norme tecniche e degli orientamenti

Numerico

0

0

0

0

11

517

1

200

12

717

Totale parziale Obiettivo specifico 1

0

0

0

0

11

517

1

200

12

717

2. Obiettivo per l’intervento precoce:

migliorare le disposizioni di intervento precoce per le autorità di vigilanza

Numero delle norme tecniche e degli orientamenti

Numerico

0

0

0

0

1

47

0

0

1

47

Totale parziale Obiettivo specifico 2

0

0

1

47

0

0

1

47

3. Obiettivi per la risoluzione delle crisi delle banche:

garantire la risoluzione delle crisi delle banche in modo tempestivo e robusto

garantire la certezza giuridica per la risoluzione delle crisi delle banche

Numero delle norme tecniche e degli orientamenti

Numerico

0

0

0

0

10

470

4

799

14

1,269

Totale parziale Obiettivo specifico 3

0

0

0

10

470

4

799

14

1,269

4. Obiettivo della gestione transfrontaliera delle crisi: - favorire un’efficace collaborazione tra le autorità in materia di risoluzione transfrontaliera delle crisi

Numero delle norme tecniche e degli orientamenti

0

0

0

0

1

47

0

0

1

47

Totale parziale Obiettivo specifico 4

0

0

0

0

1

47

0

0

1

47

COSTO TOTALE 53

0

0

23

1,081

5

999

28

2,080

3.3.Rubrica/rubriche del quadro finanziario pluriennale e linea/linee di bilancio di spesa interessate

Linee di bilancio di spesa esistenti

NA

Nuove linee di bilancio di cui è chiesta la creazione

NA

Incidenza prevista sugli stanziamenti di natura amministrativa

3.3.1.1.Sintesi

   La proposta/iniziativa non comporta l’utilizzazione di stanziamenti amministrativi

   La proposta/iniziativa comporta l’utilizzazione di stanziamenti amministrativi, come spiegato di seguito:

3.3.1.2.Fabbisogno previsto di risorse umane

   La proposta non comporta l’utilizzazione di risorse umane

   La proposta/iniziativa comporta l’utilizzazione di risorse umane, come spiegato di seguito:

Osservazioni

La proposta non implica la necessità di risorse umane e amministrative aggiuntive per la DG MARKT.

3.3.2.Compatibilità con il quadro finanziario pluriennale attuale

   La proposta è compatibile con la programmazione finanziaria in vigore.

   La proposta/iniziativa implica una riprogrammazione della pertinente rubrica del quadro finanziario pluriennale.

   La proposta/iniziativa richiede l’applicazione dello strumento di flessibilità o la revisione del quadro finanziario pluriennale 54 .

3.3.3.Partecipazione di terzi al finanziamento

   La proposta/iniziativa non prevede il cofinanziamento da parte di terzi

   La proposta prevede il cofinanziamento indicato di seguito:

Stanziamenti in Mio EUR (al terzo decimale)

Anno
2013

Anno
2014

Anno
2015

Totale

Contributo degli Stati membri (60% dei costi complessivi)

0

1,620

1,498

3,119

3.4.Incidenza prevista sulle entrate

   La proposta non ha alcuna incidenza finanziaria sulle entrate.

   La proposta/iniziativa ha la seguente incidenza finanziaria:

   sulle risorse proprie

   sulle entrate varie



Allegato alla scheda finanziaria legislativa relativa alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010

I costi relativi ai compiti che devono essere svolti dall’ABE sono stati stimati in relazione alla spesa per il personale (titolo 1) ma anche al titolo 2.

Quanto alla tempistica della proposta, si prevede che la direttiva entrerà in vigore tra giugno e dicembre 2013. L’ABE deve elaborare norme tecniche 12 mesi dopo l’entrata in vigore, pertanto è previsto che il lavoro inizi nel gennaio 2014. È stato calcolato personale aggiuntivo per le 23 norme tecniche e 5 orientamenti, comprese le azioni collegate per il riconoscimento delle procedure di risoluzione delle crisi di paesi terzi, per il completamento delle intese quadro di cooperazione non vincolanti con paesi terzi e per il lavoro continuo di monitoraggio, per la partecipazione nei collegi e per l’esercizio di una mediazione vincolante da parte dell’ABE. La proposta della Commissione include compiti a lungo termine per l’ABE che richiederanno l’istituzione di 5 posti aggiuntivi (agenti temporanei) a partire dal 2014. È inoltre previsto che 11 esperti nazionali distaccati eseguiranno compiti temporanei limitatamente agli anni 2014 e 2015.

Altre ipotesi:

il coefficiente di ponderazione salariale per Londra è pari a 1,28;

a causa della complessità delle norme tecniche e degli orientamenti e del carico di lavoro per i compiti connessi spiegato in precedenza, si presume che in media una norma tecnica/un orientamento richiederà 1,15 persone/anno. Pertanto 23 norme tecniche e 5 orientamenti richiederanno 32 persone/anno per il 2014 e il 2015;

costi di formazione stimati a 1 000 EUR per TPE all’anno;

costi di missione di 10 000 EUR, stimati sulla base del progetto di bilancio del 2012 per persona;

costi relativi alle assunzioni (viaggio, albergo, visite mediche, costi di insediamento e altre indennità, costi di trasferimento, ecc.) pari a 12 700 EUR, stimati sulla base del progetto di bilancio per il 2012 per l’assunzione di nuovi collaboratori.

Il metodo di calcolo dell’aumento del bilancio per i prossimi tre anni figura in modo più dettagliato nella tabella che segue.

Tipologia di costo

Calcolo

Importi (in milioni di euro)

2013

2014

2015

Totale

Titolo 1: Spese per il personale

11 Stipendi e indennità

- di cui agenti temporanei

=5*127*1,28

0

813

813

1,626

- di cui END

=11*73*1,28

0

1,028

1,028

2,056

- di cui agenti contrattuali

0

0

0

0

12 Spese relative all’assunzione

=16*12,7

0

203

0

203

13 Spese di missione

=16*10

0

160

160

320

15 Formazioni

=16*1

0

16

16

32

Totale titolo 1: Spese per il personale

0

2,220

2,017

4,237

Titolo 2: Spesa per infrastrutture e spesa di funzionamento

=16*30

0

480

480

960

Titolo 3: Spesa di funzionamento

0

0

0

0

Totale

0

2,700

2,497

5,197

Di cui contributo dell’Unione (40%)

0

1,080

999

2,078

Di cui contributo per Stato membro (60%)

0

1,620

1,498

3,119

La tabella che segue presenta l’organigramma proposto per i cinque posti di agente temporaneo:

Gruppo di funzione e grado

Posti temporanei

AD 8

1

AD 7

1

AD 6

1

AD 5

2

Totale AD

5

(1) COM(2010) 579 definitivo.
(2) Dichiarazione dei leader dei G20 al vertice su mercati finanziari ed economia mondiale, aprile 2009.
(3) http://www.financialstabilityboard.org/publications/r_111104cc.pdf
(4) (2010/2006(INI))
(5) 17006/1/10
(6) http://ec.europa.eu/internal_market/bank/group_of_experts/index_en.htm#High-level_Expert_Group
(7) http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/nd/eccomm2012_en.pdf
(8) http://ec.europa.eu/internal_market/bank/index_en.htm
(9) http://ec.europa.eu/internal_market/bank/index_en.htm
(10) “Prevenzione” in questo contesto significa evitare fallimenti disordinati che potrebbero causare un’instabilità finanziaria, non la preclusione del fallimento tout court.
(11) Se le autorità valutano che la stabilità finanziaria e i contribuenti non sono a rischio, una banca (o parti di essa) potrebbe essere lasciata fallire normalmente.
(12) Per garantire che le autorità di risoluzione delle crisi siano rappresentate in seno all’ABE e mitigare i conflitti di interesse, il regolamento (UE) n. 1093/2010 è modificato onde includere le autorità nazionali di risoluzione delle crisi nel concetto di autorità competenti definito dal regolamento.
(13) Direttiva 2006/48/CE relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio e direttiva 2006/49/CE relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.
(14) Le autorità preposte alla risoluzione delle crisi, ad esempio, possono ritrasferire attività o passività trasferite ad un ente-ponte.
(15) In questo senso uno strumento che consiste nel separare un ente dal resto del gruppo non sarebbe compatibile con il quadro.
(16) COM(2009) 501, COM(2009) 502, COM(2009) 503.
(17) GU C del , pag..
(18) GU C del , pag..
(19) GU C del , pag..
(20) GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201.
(21) GU L 35 dell’11.2.2003, pag.1.
(22) GU L [...] del [...], pag. [...].
(23) GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1.
(24) GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.
(25) GU L 96 del 12.4.2003, pag. 16.
(26) GU L 135 del 31.5.1994, pagg. 5.
(27) GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15.
(28) GU L 26 del 31.1.1977, pag. 1.
(29) GU L 110 del 29.4.2011, pag. 1.
(30) GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47.
(31) GU L 310 del 25.11.2005, pag. 1.
(32) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 12.
(33) GU L 184 del 14.7.2007, pag. 17.
(34) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(35) Direttiva 2004/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio – GU L 145 del 30.4.2004, pag.1.
(36) GU L 168 del 27.6.2002, pag. 43.
(37) GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 45.
(38) Direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 375 del 31.12.1985, pag. 3). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2008/18/CE.
(39) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38.
(40) ABM: Activity Based Management (gestione per attività) – ABB: Activity Based Budgeting (bilancio per attività).
(41) A norma dell’articolo 49, paragrafo 6, lettera a) o b), del regolamento finanziario.
(42) Dichiarazione dei leader del G20 al vertice su mercati finanziari ed economia mondiale, aprile 2009.
(43) “Reducing the moral hazard posed by systemically important financial institutions”: http://www.financialstabilityboard.org/press/pr_101111a.pd
(44) http://www.financialstabilityboard.org/publications/r_111104cc.pdf
(45) Le spiegazioni sulle modalità di gestione e i riferimenti al regolamento finanziario sono disponibili sul sito BudgWeb: http://www.cc.cec/budg/man/budgmanag/budgmanag_en.html .
(46) A norma dell’articolo 185 del regolamento finanziario.
(47) SD = Stanziamenti dissociati / SND = Stanziamenti non dissociati.
(48) EFTA: Associazione europea di libero scambio.
(49) Paesi candidati e, se del caso, paesi potenziali candidati dei Balcani occidentali.
(50) L’anno N è l’anno di inizio dell’attuazione della proposta/iniziativa.
(51) L’anno N è l’anno di inizio dell’attuazione della proposta/iniziativa.
(52) I risultati sono i prodotti e servizi da fornire (ad esempio: numero di scambi di studenti finanziati, numero di km di strade costruiti ecc.).
(53) Gli stanziamenti assegnati a diversi obiettivi includono anche le spese generali, che sono proporzionate ai costi diretti per le risorse umane.
(54) Cfr. punti 19 e 24 dell’Accordo interistituzionale.