RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza /* COM/2012/0743 final */
INDICE 1........... Introduzione................................................................................................................... 3 1.1........ Contesto........................................................................................................................ 3 1.2........ Valutazione generale dell’applicazione del regolamento.................................................... 4 2........... Campo d’applicazione del
regolamento........................................................................... 4 2.1........ Procedure disciplinate dal regolamento............................................................................ 4 2.1.1..... Procedure di pre-insolvenza e procedure ibride............................................................... 4 2.1.2..... Insolvenza dei privati e dei lavoratori autonomi................................................................ 7 2.2........ Procedure escluse dal campo d’applicazione del regolamento – Articolo
1, paragrafo 2... 8 2.3........ Riconoscimento delle procedure d’insolvenza aperte al di fuori dell’UE
o coordinamento fra procedure all’interno e al di fuori dell’UE 8 3........... Competenza per l’apertura delle
procedure d’insolvenza.................................................. 9 3.1........ Definizione e determinazione del
centro degli interessi principali........................................ 9 3.2........ Quadro procedurale per l’esame della
competenza........................................................ 11 3.3........ Azioni connesse alla situazione
d’insolvenza................................................................... 11 4........... Legge applicabile.......................................................................................................... 12 4.1........ Ambito d’applicazione della norma
generale (lex fori concursus).................................... 12 4.2........ Deroghe al principio della lex fori.................................................................................. 12 5........... Riconoscimento delle decisioni di
apertura delle procedure d’insolvenza......................... 14 6........... Coordinamento della procedura
principale e delle procedure secondarie........................ 14 7........... Gruppi di società.......................................................................................................... 15 8........... Pubblicazione delle procedure
d’insolvenza e relativa informazione................................. 17 9........... Insinuazione dei crediti.................................................................................................. 17 10......... Conclusioni................................................................................................................... 18 RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO sull’applicazione del
regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle
procedure di insolvenza 1. Introduzione 1.1. Contesto Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio[1] (di seguito “il regolamento”) è
entrato in vigore nel maggio 2002, istituendo un quadro europeo per le
procedure d’insolvenza transfrontaliere. Esso si applica ogniqualvolta un debitore
abbia beni o creditori in più di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto
che sia una persona fisica o giuridica. Il regolamento stabilisce quale giudice
è competente per l’apertura della procedura d’insolvenza e garantisce il
riconoscimento e l’esecuzione in tutta l’Unione della decisione che ne risulta,
stabilisce norme uniformi in materia di legge applicabile e prevede meccanismi
di coordinamento fra la procedura principale e le procedure secondarie. Il regolamento è applicabile in tutti gli
Stati membri ad eccezione della Danimarca, che beneficia di un regime speciale
di cooperazione giudiziaria ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea. La presente relazione, elaborata ai sensi dell’articolo
46 del regolamento, ha lo scopo di presentare al Parlamento europeo, al
Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una valutazione dell’applicazione
del regolamento stesso, e tiene conto dei seguenti documenti: ·
uno studio giuridico comparativo sulla valutazione
del regolamento in 26 Stati membri, realizzato dalle università di Heidelberg e
di Vienna con l’aiuto di una rete di relatori nazionali[2]; ·
uno studio di valutazione d’impatto di una modifica
del regolamento, realizzato da un consorzio composto da GHK e Milieu[3]; ·
i risultati di una consultazione pubblica on line
svoltasi fra marzo e giugno 2012[4].
La Commissione ha ricevuto in tutto 134 risposte da tutti gli Stati membri
eccetto Bulgaria e Malta, più del 50% delle quali sono state inviate dal Regno
Unito (21%), dalla Romania (20%) e dall’Italia (12%). Le risposte sono giunte da
un’ampia gamma di parti interessate con, in testa, universitari, professionisti
del diritto e autorità pubbliche. L’applicazione del regolamento è stata
discussa anche con la Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. 1.2. Valutazione generale dell’applicazione del regolamento In base a tale valutazione la Commissione
conclude che il regolamento è generalmente considerato uno strumento utile per
il coordinamento delle procedure d’insolvenza transfrontaliere nell’Unione. Le
sue scelte di base e le politiche sottese sono ampiamente sostenute dalle parti
interessate. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE)
ha chiarito una serie di questioni relative al regolamento, contribuendo così a
una sua interpretazione uniforme da parte dei giudici nazionali. Questa
valutazione è corroborata dai risultati della consultazione pubblica: nella
maggior parte delle risposte viene espressa soddisfazione quanto all’efficiente
funzionamento del regolamento. Le opinioni più positive sono state espresse dai
professionisti del diritto, dalle autorità pubbliche e dagli universitari. Lo studio di valutazione e la consultazione
pubblica hanno tuttavia individuato alcune carenze del regolamento. La
Commissione ritiene quindi che occorra proporre gli adattamenti necessari per
soddisfare l’esigenza di un contesto moderno e favorevole alle imprese.
Essenzialmente, i problemi individuati riguardano il campo d’applicazione del
regolamento, le norme relative alla competenza, la relazione fra la procedura
principale e le procedure secondarie, la pubblicità delle decisioni connesse all’insolvenza
e l’insinuazione dei crediti. È stata inoltre criticata la mancanza di norme
specifiche riguardanti l’insolvenza di società facenti parte di un gruppo societario.
Tali questioni sono descritte più ampiamente qui di seguito. 2. Campo d’applicazione
del regolamento 2.1. Procedure disciplinate dal regolamento L’obiettivo principale del regolamento è
garantire che una decisione d’apertura di una procedura d’insolvenza e i suo
effetti, in relazione sia a persone fisiche che giuridiche, siano riconosciuti
in tutta l’Unione. L’articolo 1, paragrafo 1, che espone i
criteri che devono soddisfare le procedure nazionali per rientrare nel campo d’applicazione
del regolamento, rispecchia il concetto tradizionale di procedura d’insolvenza,
poiché presuppone l’insolvenza del debitore e ne richiede lo spossessamento oltre
alla designazione di un curatore. Tuttavia, date le nuove tendenze e visti i
nuovi approcci negli Stati membri, l’attuale campo d’applicazione del
regolamento non copre un’ampia gamma di procedure nazionali dirette a risolvere
l’indebitamento delle società e dei privati. 2.1.1. Procedure di pre-insolvenza e procedure ibride Attualmente, in Europa, molti diritti
fallimentari nazionali prevedono procedure di pre-insolvenza e procedure ibride.
Le procedure di pre-insolvenza possono essere qualificate come procedure
quasi-concorsuali sotto la sorveglianza di un giudice o di un’autorità
amministrativa che danno al debitore in difficoltà finanziarie la possibilità
di ristrutturare la società prima di trovarsi in stato d’insolvenza e di
evitare l’avvio di una procedura d’insolvenza nel senso tradizionale del
termine. Nelle procedure ibride il debitore mantiene una certa supervisione sui
suoi beni e affari, anche se sotto il controllo o la sorveglianza del giudice o
di un curatore. Secondo le conclusioni dello studio di
valutazione, in 15 Stati membri vigono procedure di pre-insolvenza o procedure
ibride attualmente non elencate nell’allegato A del regolamento, come
indicato nella tabella qui sotto. Tabella - Procedure di pre-insolvenza e
procedure ibride non figuranti nell’allegato A del regolamento Austria || - Procedura ai sensi della legge del 1997 sulla riorganizzazione delle imprese (Reorganisationsverfahren) Belgio || - Indagine commerciale [Handelsonderzoek / enquête commerciale; articolo 8 e segg. della LCE (Loi relative à la continuation des entreprises, “Legge relativa alla continuità delle imprese”)] - Nomina di un mediatore (Aanstelling ondernemingsbemiddelaar / Désignation d’un médiateur d’entreprise; articolo 13 LCE) - Nomina di un mandatario (Aanstelling gerechtsmandataris / Désignation d’un mandataire de justice; articolo 14 LCE) - Accordo extragiudiziale (Minnelijk akkoord / Accord amiable; articolo 15 LCE) - Riorganizzazione giudiziaria tramite accordo extragiudiziale (Gerechtelijke reorganisatie door een minnelijk akkoord / Réorganisation judiciaire par accord amiable; articolo 43 LCE) - Nomina di un amministratore provvisorio (Aanstelling voorlopig bestuurder / Désignation d’un administrateur provisoire; articolo 28 LCE) Estonia || - Procedura di riorganizzazione per le persone giuridiche (Legge estone sulla riorganizzazione) - Procedura di ristrutturazione del debito per le persone fisiche (Legge sulla ristrutturazione e la protezione del debito) Francia || - Mandato ad hoc (L 611-3, Codice del commercio) - Procedura di conciliazione (L 611-4 e segg., Codice del commercio) - Salvaguardia finanziaria accelerata (Sauvegarde financière accélérée - SFA) Germania || - Procedura dello scudo protettivo (Schutzschirmverfahren, Sezione 270b della legge fallimentare)[5] Grecia || - Procedura di riorganizzazione (diadikasia eksigiansis, διαδικασία εξυγίανσης; art. 99 e segg. del Codice fallimentare greco, e modifiche apportate dall’articolo 234 della recente legge n. 4072/2012) Italia || - Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis della Legge fallimentare italiana) - Piano di risanamento attestato Lettonia || - Procedura di protezione extragiudiziale (prevista dalla Legge fallimentare del 26 luglio 2010) Malta || - Regime legale di compromesso o accordo (Rikostruzzjonijiet ta’ Kumpaniji) - Procedura di recupero delle società Paesi Bassi || - Regime di ristrutturazione del debito (Schuldsaneringsregeling) applicabile alle persone fisiche, articolo 287a della Legge fallimentare olandese Polonia || - Procedura di riabilitazione (Postępowanie naprawcze; articoli 492-521 della Legge sul fallimento e la riabilitazione) Romania || - Mandato ad hoc (Mandatul ad-hoc; articolo 7 e segg. della Legge n. 381/2009) - Concordato preventivo (Concordatul preventiv; articolo 13 e segg. della Legge n. 381/2009) Spagna || - Omologazione degli accordi di rifinanziamento (Homologación de los acuerdos de refinanciación – 4° disposizione aggiuntiva della Legge n. 38/2011 che modifica la Legge fallimentare spagnola) Svezia || - Procedura di remissione del debito (Suldsanering; sezione 4 della Legge sulla remissione del debito) applicabile ai privati UK || - Concordato preventivo (Parte 26 della Legge sulle società 2006) Il principale problema derivante dal fatto che
un numero considerevole di procedure di pre-insolvenza e di procedure ibride
non rientrano attualmente nel campo d’applicazione del regolamento è che i loro
effetti non sono riconosciuti nell’insieme dell’Unione europea. Di conseguenza,
i creditori che contestano queste procedure possono cercare di far valere i
loro crediti su beni del debitore situati in un altro Stato membro, cosa che
può frustrare gli sforzi per salvare la società (il cosiddetto problema di “holding-out”
– braccio di ferro). Inoltre, le possibilità di salvare delle società possono
essere vanificate dalla mancanza di volontà delle parti di avviare le pertinenti
procedure se non ne è garantito il riconoscimento transfrontaliero. È stato
quindi raccomandato di affrontare questi problemi in occasione della revisione
del regolamento. Questa opinione è condivisa dalla maggior parte dei soggetti
che hanno risposto alla consultazione pubblica (59%), e che ritengono che il
regolamento dovrebbe riguardare anche le procedure di pre-insolvenza e le
procedure ibride, pur non concordando appieno su quali procedure esattamente
dovrebbero essere interessate e in particolare sui casi in cui dovrebbe essere
obbligatorio il controllo del giudice. Lo studio di valutazione, inoltre, ha
individuato problemi derivanti da divergenze fra le procedure elencate negli
allegati e le condizioni stabilite all’articolo 1, paragrafo 1. Due domande di
pronuncia pregiudiziale pendenti dinanzi alla Corte di giustizia illustrano
questi problemi: nella prima causa viene sollevata la questione se il
regolamento si applichi a una procedura di insolvenza nazionale non elencata
negli allegati, ma che corrisponde alla definizione di cui all’articolo 1,
paragrafo 1[6];
nella seconda causa viene posto il quesito se il regolamento si applichi a
procedure nazionali elencate nell’allegato ma non corrispondenti alla
definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1[7].
Queste cause mostrano l’attuale grado di incertezza giuridica quanto alle
procedure effettivamente rientranti nel campo d’applicazione del regolamento. Un terzo problema individuato riguarda le
situazioni in cui le procedure nazionali elencate negli allegati sono
modificate dagli Stati membri senza che ciò venga notificato alla Commissione.
In questi casi, è difficile determinare se le procedure modificate o nuove
degli Stati membri corrispondano alla definizione di cui all’articolo 1,
paragrafo 1. 2.1.2. Insolvenza dei privati e dei lavoratori autonomi Il regolamento si applica alle procedure
nazionali, indipendentemente dal fatto che riguardino una persona fisica o
giuridica, commerciante o non commerciante[8].
Secondo lo studio di valutazione, se molti Stati membri hanno notificato le
rispettive procedure d’insolvenza delle persone fisiche ai fini del loro
inserimento negli allegati[9],
un considerevole numero di procedure di questo tipo non è attualmente disciplinato
dal regolamento[10].
Questa situazione è dovuta in parte al fatto che le procedure non corrispondono
alla definizione dell’articolo 1, paragrafo 1, sono state introdotte solo
recentemente o il relativo Stato membro ritiene non rientrino nel campo d’applicazione
del regolamento[11].
Quest’ultima situazione è in contrasto con i risultati della consultazione
pubblica, poiché la maggior parte degli intervistati (59%) ha concordato sulla
necessità di applicare il regolamento ai privati e ai lavoratori autonomi. La diversità delle regolamentazioni nazionali
non fa che complicare la situazione. Alcuni Stati membri, ad esempio, non hanno
alcun regime d’insolvenza delle persone fisiche; altri hanno regimi d’insolvenza
delle persone fisiche che si applicano sia ai lavoratori autonomi o agli imprenditori
individuali che ai consumatori; un terzo gruppo ha specifici regimi solo per i
consumatori e fa rientrare i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali
nelle procedure d’insolvenza delle società, mentre un quarto gruppo ha regimi
distinti per i consumatori, i lavoratori autonomi e gli imprenditori
individuali. La Commissione ritiene che lo status quo sia
problematico: può difatti portare a una situazione in cui un debitore debba continuare
a rispondere nei confronti di creditori stranieri. In particolare, a un
imprenditore onesto, che si è liberato del debito in uno Stato membro, può
essere impedito di avviare una nuova attività commerciale in un altro Stato
membro. Il problema può anche scoraggiare i debitori che hanno beneficiato di
una remissione del debito nel loro paese dall’andare a vivere o dal cercare
lavoro in un altro Stato membro. 2.2. Procedure escluse dal campo d’applicazione del regolamento – Articolo 1,
paragrafo 2 Il regolamento non si applica alle imprese
assicuratrici o agli enti creditizi, alle imprese d’investimento che forniscono
servizi che implicano la detenzione di fondi o di valori mobiliari di terzi,
agli organismi d’investimento collettivo. Questi debitori sono esclusi dal
campo d’applicazione del regolamento poiché ad essi si applica un regime
particolare e le autorità nazionali hanno, in alcuni casi, poteri di intervento
estremamente ampi[12].
Le procedure d’insolvenza transfrontaliere che riguardano le imprese
assicuratrici e gli enti creditizi sono disciplinate da altri strumenti del
diritto dell’Unione[13].
Come il regolamento, questi strumenti prevedono norme sulla competenza
internazionale in materia di adozione di provvedimenti di riorganizzazione o di
avvio di procedure di liquidazione, sulla legge applicabile e il riconoscimento
delle procedure. La dottrina ha osservato che la mancanza di
strumenti dell’Unione che disciplinino i casi d’insolvenza transfrontalieri per
gli organismi di investimento collettivo e le imprese d’investimento costituisce
una lacuna inopportuna nel diritto dell’Unione. Tuttavia, per quanto riguarda
la maggior parte delle imprese di investimento, è probabile che detta lacuna venga
colmata entro breve, una volta adottate le modifiche della direttiva 2001/24/CE
previste dalla recente proposta di direttiva sul risanamento e la risoluzione
delle crisi bancarie[14].
Quanto agli organismi di investimento collettivo, i partecipanti alla
consultazione hanno dichiarato che l’attuale situazione non ha creato problemi
nella pratica, poiché i casi d’insolvenza di questo tipo di organismi sono
piuttosto rari. 2.3. Riconoscimento delle procedure d’insolvenza aperte al di fuori dell’UE
o coordinamento fra procedure all’interno e al di fuori dell’UE Il regolamento si applica alle procedure d’insolvenza
di debitori il cui centro degli interessi principali è situato in uno Stato membro.
Le procedure d’insolvenza in cui il centro degli interessi principali si trova
al di fuori dell’UE sono escluse dal campo d’applicazione del regolamento. Anche
quando il centro degli interessi principali è nell’Unione europea, esistono limitazioni
del campo d’applicazione per quanto riguarda i beni, i creditori o le
dipendenze situati all’estero. In tali situazioni, il regolamento si applica
solo in parte, ai soggetti coinvolti e ai beni situati in uno Stato membro. Le
questioni escluse dal campo d’applicazione del regolamento sono disciplinate
dal diritto nazionale. Lo studio di valutazione d’impatto rileva che,
da quando il regolamento è stato approvato, diversi Stati membri hanno adottato
leggi su aspetti d’insolvenza transfrontalieri implicanti paesi terzi. Romania,
Polonia, Regno Unito, Slovenia e Grecia hanno adottato testi basati sulla legge
modello UNCITRAL del 1997. Belgio, Germania e Spagna hanno introdotto leggi
sull’insolvenza internazionale che non seguono l’impostazione UNCITRAL ma che
in generale contemplano aspetti simili. Francia e Italia non hanno specifiche
normative in materia, ma i loro giudici applicano i principi generali del
diritto internazionale privato. Gli effetti della dimensione internazionale
dell’insolvenza variano quindi a seconda degli Stati membri interessati, ma, alla
luce dello studio di valutazione, la Commissione conclude che l’assenza di
disposizioni armonizzate sul riconoscimento delle procedure d’insolvenza al di
fuori dell’Unione o sul coordinamento fra le procedure all’interno e al di
fuori dell’UE non ha causato nella pratica alcun problema di rilievo. Sul fatto
se abbia causato problemi l’assenza di disposizioni sul riconoscimento delle
procedure d’insolvenza extra-UE o sul loro coordinamento con quelle all’interno
dell’Unione, le opinioni degli intervistati sono discordanti: il 44% è d’accordo
mentre il 37% non lo è. Sono stati menzionati alcuni problemi relativi al
riconoscimento delle decisioni emananti dall’Unione o alle competenze del
curatore di uno Stato membro dell’Unione in alcuni paesi terzi come la
Svizzera. Tali problemi, tuttavia, non possono essere risolti da uno strumento
dell’Unione ma solo da un trattato internazionale. A tale riguardo, va
osservato che la Svizzera ha informalmente espresso interesse per l’elaborazione
di un accordo bilaterale con l’Unione europea in materia d’insolvenza. 3. Competenza per l’apertura
delle procedure d’insolvenza 3.1. Definizione
e determinazione del centro degli interessi principali Il concetto di “centro degli interessi
principali” è di fondamentale importanza per l’applicazione del regolamento. La
Commissione osserva che vi è un generale consenso sull’interpretazione data a
tale concetto dalla Corte di giustizia, come dimostrano i risultati della
consultazione pubblica che vede una stragrande maggioranza dei partecipanti (77%)
approvare il ricorso a tale concetto per situare la procedura principale. Il 51%,
tuttavia, ritiene che l’interpretazione del concetto di “centro degli interessi
principali” abbia causato problemi pratici. Alcuni pensano comunque che i
chiarimenti apportati dalla Corte di giustizia siano stati molto utili per arrivare
a un’interpretazione più uniforme di questa espressione. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha
chiarito il concetto di “centro degli interessi principali” nelle sentenze Eurofood[15] e Interedil[16]. La determinazione del centro
degli interessi principali richiede una valutazione globale delle circostanze
di ogni singolo caso. Stando all’approccio oggettivo della Corte di giustizia,
il centro degli interessi principali deve essere determinato in riferimento a
criteri riconoscibili da terzi. In generale, tali criteri sono rispettati nel
luogo in cui il debitore svolge le sue attività imprenditoriali o in cui è
situata la sua principale amministrazione. Per le società e le altre persone giuridiche, l’articolo
3, paragrafo 1 prevede una presunzione confutabile a favore del luogo in
cui si trova la sede statutaria. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha
chiarito le circostanze in cui tale presunzione può essere confutata in un modo
complessivamente considerato appropriato. Tuttavia, è stato riferito che in
molti Stati membri (AT, BE, CZ, FR, DE, GR, IT, LU, NL, PL, RO, ES, SE, UK) tale
presunzione è stata a volte confutata senza svolgere l’analisi globale
richiesta dalla Corte. Non è chiaro se ciò sia dovuto a una scarsa conoscenza
della giurisprudenza della Corte di giustizia da parte dei giudici, o alle
difficoltà che pone un tale approccio fattuale. Benché il regolamento riguardi l’insolvenza
delle persone fisiche, che si tratti di commercianti o consumatori, l’attuale
formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1 non tratta espressamente del centro
degli interessi principali dei singoli individui. A tale riguardo, lo studio di
valutazione ha indicato disomogeneità nelle prassi degli Stati membri. Alcuni
giudici hanno applicato una presunzione a favore del domicilio del debitore,
mentre altri hanno semplicemente applicato, al centro degli interessi
principali, concetti nazionali. La determinazione del centro degli interessi
principali si rivela particolarmente difficile nei casi in cui il debitore abbia
spostato il suo domicilio prima della domanda di apertura della procedura d’insolvenza.
Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia[17], il momento decisivo per
stabilire il centro degli interessi principali è la presentazione della domanda
di apertura della procedura principale. Se il debitore sposta successivamente
il suo centro degli interessi principali in un altro Stato membro, resta
competente il giudice adito. Questa giurisprudenza è ampiamente rispettata
dalle autorità giudiziarie. Possono sorgere problemi se il debitore trasferisce
il centro degli interessi principali in un altro Stato membro prima della
presentazione della domanda. Lo studio di valutazione ha segnalato casi di
spostamento (temporaneo) chiaramente pretestuoso da parte di singoli individui
al solo scopo di ottenere una remissione dei debiti rimanenti. Questo problema,
denominato talvolta “turismo del fallimento”, è limitato ad alcune zone dell’Unione
europea (est della Francia, Regno Unito e Lettonia) che attirano debitori dagli
altri paesi. Debitori tedeschi e irlandesi, soprattutto, hanno cercato di
sfruttare le opportunità di remissione del debito offerte dalle leggi del Regno
Unito, che prevedono la cancellazione del debito nel solo giro di un anno. Vi sono anche stati casi di imprese che hanno
lasciato lo Stato membro della loro sede statutaria per beneficiare dei
meccanismi di ristrutturazione più sofisticati di un altro Stato membro. Questi
spostamenti, tuttavia, non possono essere considerati, di per sé, pretestuosi o
illegittimi. In primo luogo, la Corte di giustizia ha ammesso trasferimenti del
centro degli interessi principali di imprese come legittimo esercizio della
libertà di stabilimento. Nella sentenza Centros, la Corte ha così deciso
che svolgere attività commerciali in uno Stato membro attraverso una società
costituita in un altro Stato membro rientra nella libertà di stabilimento anche
se la sede statutaria dell’impresa è stata scelta per evitare l’obbligo
relativo al capitale minimo imposto dallo Stato membro in cui l’impresa ha la
sede effettiva. Inoltre, lo spostamento del centro degli interessi principali
spesso avvantaggia i creditori e non va a loro scapito. Spesso, questi
trasferimenti sono addirittura indotti dai creditori (privilegiati) nel tentativo
di salvare o di ristrutturare l’impresa. Vi sono diversi casi in cui lo
spostamento del centro degli interessi principali nel Regno Unito ha permesso la
riuscita della ristrutturazione di un’impresa, grazie alla flessibilità che il
diritto fallimentare inglese accorda alle società a tale riguardo. 3.2. Quadro
procedurale per l’esame della competenza Lo studio di valutazione segnala vari problemi
significativi riguardo al quadro procedurale per l’esame della giurisdizione
competente ad aprire la procedura di insolvenza. Il regolamento vigente non
tratta espressamente tale questione, disciplinata dal diritto processuale degli
Stati membri e dai principi generali di efficienza e non discriminazione.
Tuttavia, le impostazioni seguite a livello nazionale per determinare la
competenza ai sensi dell’articolo 3 variano molto nell’intera Unione. Sembra
che non tutti i giudici sappiano di essere tenuti a esaminare d’ufficio la
questione della propria competenza e a menzionare espressamente, nella
decisione di apertura della procedura, la base su cui si fonda detta
competenza. Questa situazione è problematica, poiché il principio della fiducia
reciproca fra gli Stati membri, che il fondamento del regolamento, impone che i
giudici degli Stati membri definiscano accuratamente il centro degli interessi
principali del debitore, poiché le decisioni di apertura di una procedura d’insolvenza
sono riconosciute negli altri Stati membri senza possibilità di contestare la
decisione presa dal giudice. Sempre riguardo al quadro procedurale, è stata
anche mossa la critica che i creditori stranieri non sempre hanno diritto di
impugnare la decisione di apertura della procedura d’insolvenza e che, anche se
formalmente possono farlo, non sono informati della decisione entro un termine
sufficiente per poter effettivamente esercitare tale diritto. 3.3. Azioni
connesse alla situazione d’insolvenza La linea di demarcazione fra il regolamento “Bruxelles
I”[18] e il regolamento relativo alle
procedure d’insolvenza è una delle questioni più controverse legate alle insolvenze
transfrontaliere. La controversia riguarda la competenza internazionale
(articolo 3) e il riconoscimento delle decisioni straniere (articolo 25). Secondo la giurisprudenza della Corte di
giustizia, le sentenze in materia civile devono essere qualificate come
specifiche all’insolvenza quando derivano direttamente da procedure d’insolvenza
e sono ad essa strettamente connesse (vis attractiva concursus). Tuttavia,
questo principio è codificato solo per quanto riguarda il riconoscimento
(articolo 25 del regolamento). La Corte di giustizia ha stabilito la linea di
demarcazione nel 1979[19]
in relazione alla Convenzione di Bruxelles[20]
e l’ha ribadita nella causa DekoMarty[21]
per quanto riguarda la competenza ai sensi del regolamento. La Corte ha
sostenuto che il giudice che apre la procedura d’insolvenza è competente per le
azioni revocatorie esercitate dal curatore nei confronti di un terzo, come un’azione
diretta ad annullare una cessione di quote sociali effettuata nel contesto di una
procedura d’insolvenza[22],
e che tali azioni sono escluse dal campo d’applicazione del regolamento “Bruxelles
I”[23]. La Corte ha sostenuto invece
che un’azione intentata da un venditore in base a una clausola di riserva di proprietà
nei confronti di un acquirente in situazione di fallimento[24], e l’azione pauliana basata su
diritti nei confronti di terzi ceduti dal curatore all’unico creditore[25], non possono essere
qualificate come strettamente connesse alla procedura d’insolvenza. Il 44% dei partecipanti alla consultazione
pubblica non ha segnalato alcun problema riguardante l’interazione fra il
regolamento relativo alle procedure d’insolvenza e il regolamento “Bruxelles I”
che non sia stato risolto in modo soddisfacente dalla giurisprudenza. La
Commissione conclude tuttavia che la mancanza di una norma esplicita sulla
competenza per le azioni connesse alla situazione d’insolvenza dà luogo a
incertezza per i giuristi che non hanno familiarità con la giurisprudenza della
CGUE. È stato inoltre criticato il fatto che un curatore non possa far riunire
un’azione connessa a una situazione d’insolvenza con un’azione disciplinata dal
regolamento “Bruxelles I”. 4. Legge applicabile 4.1. Ambito
d’applicazione della norma generale (lex fori concursus) La maggioranza dei partecipanti alla
consultazione pubblica (55%) ritiene soddisfacenti le disposizioni del
regolamento sulla legge applicabile, mentre il 32% è di parere contrario. Secondo lo studio di valutazione, la scelta
generale della legge applicabile (lex fori concursus) di cui all’articolo
4, paragrafo 1 del regolamento è coerente con i principi generali e
ampiamente riconosciuti del diritto internazionale privato, in virtù dei quali
le procedure d’insolvenza sono disciplinate dalla legge dello Stato di
apertura. La Commissione conclude che non è necessario cambiare o modificare
questa disposizione. Lo studio di valutazione segnala una serie di
questioni relative alla qualificazione o alla caratterizzazione, ma ritiene che
la risposta a tali questioni spetti ai sistemi giudiziari nazionali o, se
necessario, alla Corte di giustizia dell’Unione europea. 4.2. Deroghe
al principio della lex fori La maggior parte dei partecipanti alla
consultazione pubblica (56%) conviene sul fatto che le deroghe alla regola
generale sulla legge applicabile siano giustificate dalla tutela delle legittime
aspettative e della certezza del diritto. L’articolo 5 prevede che il diritto
reale del terzo non venga “pregiudicato” dall’apertura della procedura d’insolvenza.
Quasi la metà dei partecipanti alla consultazione (49%) ha dichiarato che la
disposizione sul diritto reale funziona in modo soddisfacente nella pratica,
mentre il 26% ritiene che non sia così. Lo studio di valutazione indica
che l’applicazione degli articoli 5 e 7 ha dato luogo a poca giurisprudenza, ma
individua i problemi di seguito esposti. ·
Il problema principale, in questo contesto, è la
comprensione del significato stesso dell’articolo 5. Nella stragrande
maggioranza degli Stati membri queste disposizioni sono interpretate come “norme
sostanziali restrittive”, il che significa che i diritti reali interessati o la
riserva di proprietà non possono venire pregiudicati dalle disposizioni in
materia d’insolvenza né dello Stato di apertura della procedura né dello Stato
in cui sono situati i beni, a meno che in quest’ultimo Stato non si avvii una procedura
secondaria. Questo problema esiste anche riguardo all’articolo 7 (riserva
di proprietà). Per quanto attiene all’articolo 5, sono sorti problemi pratici
quando crediti garantiti da diritti reali sono stati ristrutturati in procedure
di riorganizzazione. Ci si può chiedere se una tale ristrutturazione dei
crediti garantiti “pregiudichi” la garanzia accessoria e sia quindi vietata
nell’ambito dell’articolo 5 del regolamento. ·
La localizzazione di beni immateriali come i
diritti di proprietà intellettuale e i conti bancari ha sollevato difficoltà
pratiche. Specialmente nel caso dei conti bancari detenuti in una filiale
locale di una banca straniera, ci si può chiedere se essi siano situati nello
Stato membro della filiale della banca o nello Stato membro in cui la banca ha
la sua sede centrale e il centro degli interessi principali (articolo 2, lettera g)). ·
I campi d’applicazione rispettivi dell’articolo 5 e
dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera i) non sono chiari per quanto riguarda la
ripartizione del ricavato nei casi in cui siano alienati beni oggetto di diritti
reali o nei casi in cui il curatore, per negligenza, abbia violato i diritti di
un creditore garantito. In questo contesto, non è chiara neanche la legge
applicabile a un’eventuale pretesa risarcitoria nei confronti del curatore. Per quanto riguarda l’articolo 6 (compensazione),
non è facile stabilire se questa disposizione si applichi anche se la “legge
applicabile al credito del debitore insolvente” è la legge di un paese terzo.
Nella maggior parte delle relazioni nazionali cui si richiama lo studio di
valutazione viene confermata l’applicabilità dell’articolo 6 a tali casi, ma la
questione non è chiara in un elevato numero di Stati membri. È stata inoltre
mossa la critica che l’applicazione dell’articolo 6 agli accordi di
compensazione non sia chiara e che la tutela degli accordi di compensazione ai
sensi del diritto dell’Unione attualmente vari a seconda che l’insolvenza del
debitore sia disciplinata dal regolamento o dalle direttive sul risanamento e
la liquidazione degli istituti di credito e assicurativi. Lo studio di valutazione non indica nessun
problema specifico in relazione all’articolo 9 (sistemi di pagamento e
mercati finanziari). Quanto all’articolo 10 (contratti di
lavoro), vi sono state alcune denuncie riguardo all’interazione fra diritto del
lavoro e diritto fallimentare, in particolare relativamente ai requisiti d’approvazione
per la risoluzione o la modifica dei contratti di lavoro. Inoltre, lo studio di
valutazione indica che le differenze fra le norme del diritto del lavoro
possono impedire a un curatore di adottare le stesse azioni nei confronti di
dipendenti situati in diversi Stati membri, e che questa situazione può complicare
la ristrutturazione di un’impresa. Questa situazione, tuttavia, è inerente alla
scelta politica sottesa all’articolo 10, e che lo studio di valutazione non
chiama in causa. Un’armonizzazione di certi aspetti del diritto del lavoro
potrebbe attenuare questo problema, ma sarebbe difficile da realizzare, poiché
il diritto del lavoro è profondamente radicato nelle tradizioni nazionali ed
esula, in ogni caso, dalla portata della revisione del regolamento. Lo studio
affronta poi la questione dell’interazione fra il diritto fallimentare e gli
organismi di garanzia ai sensi della direttiva 2008/94/CE[26], e conclude che la soluzione
migliore sarebbe trattare i problemi che sorgono in tale contesto apportando
modifiche alle legislazioni nazionali che disciplinano questi organismi o al
diritto fallimentare nazionale. Dallo studio di valutazione non emerge alcuna
urgente necessità di modificare l’articolo 12 (brevetti e marchi
comunitari), che sembra avere un interesse pratico limitato, o funzionare in
modo soddisfacente. Per quanto riguarda l’articolo 13 (atti
pregiudizievoli), alcuni curatori si sono lamentati della difficoltà di dover
tenere conto di più sistemi giuridici per stabilire se un credito può essere
escluso. Tuttavia, stando allo studio di valutazione, tale complessità è necessaria
per conseguire risultati adeguati relativamente alle aspettative legittime
delle parti. Le soluzioni alternative proposte dalla dottrina, come la semplice
protezione contro un cambiamento del centro degli interessi principali, non
affronterebbero la questione in modo soddisfacente, Le opinioni riguardanti la
disposizione sugli atti pregiudizievoli sono piuttosto divise: un terzo degli
intervistati ha dichiarato che funziona in modo soddisfacente, mentre il 37% di loro ha indicato il contrario. L’articolo 15 (effetti della procedura
di insolvenza sui procedimenti pendenti) non pone particolari problemi. Sembra
che la maggior parte, se non la totalità, delle legislazioni degli Stati membri
prevedano o tendano a dare la priorità alla procedura d’insolvenza rispetto a
una controversia o a una procedura individuale. Vi è tuttavia incertezza quanto
all’applicabilità dell’articolo 15 ai procedimenti arbitrali. Pur prendendo atto dei risultati dello studio
di valutazione riguardanti le deroghe al principio della lex fori, la
Commissione ritiene che le principali disposizioni del regolamento relative
alla legge applicabile funzionino in modo soddisfacente e allo stadio attuale non
richiedano modifiche. 5. Riconoscimento delle
decisioni di apertura delle procedure d’insolvenza Secondo lo studio di valutazione, nella
maggior parte dei casi i giudici degli Stati membri hanno rispettato l’anteriore
apertura della procedura principale in un altro Stato membro. Vi sono,
tuttavia, alcuni casi in cui i giudici non hanno rispettato quest’obbligo. Non
sempre è chiaro quando l’apertura della procedura “produca effetti”; ciò vale
in particolare per la nomina del “vorläufiger Insolvenzverwalter” tedesco,
che la maggior parte dei giudici – ma non tutti – degli Stati membri hanno
accettato come “apertura” della procedura di insolvenza ai sensi del
regolamento. L’applicazione della riserva di ordine
pubblico di cui all’articolo 26 del regolamento non ha causato particolari
problemi. Vi sono comunque alcuni casi in cui i giudici degli Stati membri
hanno invocato l’ordine pubblico rifiutandosi di riconoscere una procedura
principale straniera. La metà degli intervistati (51%) conviene
sulla necessità di modificare la definizione della decisione “di apertura della
procedura d’insolvenza” per tenere conto dei sistemi giuridici nazionali in cui
non vi è realmente un organo giurisdizionale che apre la procedura. 6. Coordinamento della
procedura principale e delle procedure secondarie Secondo lo studio di valutazione, le procedure
secondarie non si sono rivelate, per il curatore principale, come lo strumento
descritto al considerando 19 del regolamento – da utilizzare cioè nei
casi in cui “il patrimonio del debitore sia troppo complesso da amministrare
unitariamente o […] le divergenze tra gli ordinamenti giuridici interessati
siano così rilevanti che possono sorgere difficoltà per l’estendersi degli
effetti derivanti dal diritto dello Stato di apertura della procedura”. Risulta
esservi solo un numero relativamente esiguo di casi in cui sia stato il
curatore principale a chiedere effettivamente l’apertura della procedura
secondaria. Le procedure secondarie sono state invece usate (anche
abusivamente) per ragioni diverse, in particolare come mezzo di tutela degli interessi
locali e come strumento nei conflitti giurisdizionali in cui l’apertura di una
procedura secondaria è stata considerata come una soluzione alternativa all’apertura
di una procedura principale in uno specifico Stato membro. Lo studio di valutazione
stima che gli inconvenienti delle procedure secondarie siano maggiori dei
vantaggi. Ciò è vero, già, quando il curatore secondario lavora in modo
cooperativo, ma è ancora più evidente quando ciò non avviene. Le opinioni dei
partecipanti alla consultazione pubblica sui vantaggi delle procedure
secondarie sono divergenti: il 36% ritiene che la divisione fra procedura
principale e procedure secondarie sia utile, mentre il 37% pensa il
contrario. Lo studio di valutazione ha segnalato i
problemi qui di seguito descritti. Il fatto che le procedure secondarie debbano
essere procedure di liquidazione è un ostacolo a misure di ristrutturazione
flessibili ed efficaci. La mancanza di norme specifiche sull’apertura
delle procedure secondarie è problematico. Non vi sono disposizioni che
autorizzino il giudice competente a rifiutare l’apertura di una procedura
secondaria nel caso in cui ciò non sia nell’interesse dei creditori locali. Non
vi è inoltre alcuna disposizione esplicita che richieda che il curatore principale
sia sentito prima dell’apertura della procedura. Non è chiaro, inoltre, se i curatori di tutti
gli Stati membri possono impegnarsi a garantire, ai creditori che potrebbero
chiedere una procedura secondaria, che rispetteranno tutti i diritti di prelazione
di cui essi godono nel quadro di una procedura secondaria per evitare che
effettivamente la chiedano (o per evitare che la apra il giudice). I giudici e
i curatori inglesi hanno sviluppato questo approccio, ma non è chiaro se i
diritti fallimentari di tutti gli altri Stati membri autorizzino i curatori a
fare offerte di questo tipo. Gli obblighi di collaborazione e di
informazione di cui all’articolo 31 del regolamento sono piuttosto
vaghi. Il regolamento non prevede doveri di collaborazione fra i giudici o fra
i curatori e i giudici. Vi sono esempi di casi in cui i giudici o i curatori
non hanno collaborato in modo sufficiente. Queste constatazioni sono confermate
dai risultati della consultazione pubblica: il 48% dei partecipanti non sono
soddisfatti del coordinamento fra le procedure principali e le procedure
secondarie. L’articolo 33, paragrafo 1, che consente al
curatore principale di chiedere una sospensione della liquidazione nelle
procedure secondarie, non è sufficientemente chiaro e ampio per quanto riguarda
la gamma di misure che la domanda del curatore principale può coprire. La
disposizione dell’articolo 33, paragrafo 2, riguardante la fine della
sospensione, non è coerente con la disposizione dell’articolo 33, paragrafo 1. 7. Gruppi di società Benché un gran numero di casi d’insolvenza
transfrontalieri interessino gruppi societari, il regolamento non contiene
disposizioni specifiche che trattino l’insolvenza di un gruppo multinazionale
di società. Il presupposto su cui si fonda il regolamento attuale è che le
procedure d’insolvenza riguardano una singola entità giuridica, e che in linea
di principio devono aprirsi procedure distinte per ogni società che faccia
parte del gruppo. Non è previsto alcun obbligo di coordinare le procedure d’insolvenza
indipendenti aperte per una società madre e le sue controllate per facilitarne
la riorganizzazione o – quando ciò non è possibile – per coordinarne la
liquidazione. Né i curatori né i giudici che intervengono nelle varie procedure
relative a società di uno stesso gruppo hanno il dovere di cooperare e
comunicare fra di loro. Se i curatori possono collaborare su base volontaria,
in molti Stati membri, invece, i giudici non possono cooperare fra di loro se
non vi è una base giuridica che li autorizzi espressamente a farlo. La giurisprudenza ha esaminato varie vie per
rimediare nella pratica alla mancanza di disposizioni specifiche sull’insolvenza
dei gruppi societari. Nei primi anni dopo l’entrata in vigore del
regolamento alcuni giudici nazionali hanno dato un’ampia interpretazione delle
sue norme sulla competenza, per portare le procedure d’insolvenza riguardanti
tutte le società del gruppo, comprese quelle situate in un altro Stato membro,
davanti alla giurisdizione della sede statutaria della società madre. In
generale, i giudici interessati hanno giustificato un tale consolidamento delle
procedure d’insolvenza col fatto che le decisioni commerciali delle controllate
dipendevano dalla società madre[27]. La sentenza Eurofood della
Corte di giustizia del 2006 ha considerevolmente ridotto il campo d’applicazione
di questa possibilità di consolidamento procedurale, e ha rafforzato la regola
secondo la quale ogni entità giuridica deve essere trattata separatamente[28]. Secondo la Corte,
il controllo della direzione commerciale non basta, da solo, a situare il
centro degli interessi economici di una controllata presso la società madre
piuttosto che presso la propria sede statutaria. Dopo la sentenza Eurofood
– e la pronuncia successiva nella causa Interedil, che rispecchia un
approccio più flessibile -, è sempre possibile sottoporre a procedura d’insolvenza
una controllata nello Stato membro in cui la società madre ha la sede
statutaria, ma solo se gli elementi che mostrano che il centro degli interessi
principali della controllata è situato presso la sede della società madre sono
obiettivi e riconoscibili da terzi. Ciò significa in pratica che i giudici
devono esaminare un insieme complesso di fattori, fra l’altro, se il
finanziamento di una controllata è garantito dalla società madre, se la società
madre controlla le attività operative (ad es. approvando gli acquisti al di
sopra di una certa soglia) e l’impiego di personale, se certe funzioni (come la
gestione delle attrezzature informatiche o l’identità visuale/commerciale) sono
centralizzate[29].
Fondamentalmente, queste condizioni saranno soddisfatte solo nel caso di
imprese estremamente integrate. Un altro approccio seguito nella pratica è la
designazione dello stesso curatore nelle procedure riguardanti tutti i membri
del gruppo interessato, o di curatori che già in precedenza hanno lavorato
insieme con successo in casi d’insolvenza di gruppi[30]. Tuttavia, questa possibilità
dipende attualmente dalla volontà di cooperazione dei curatori e dei giudici. Complessivamente, la Commissione condivide i
risultati dello studio di valutazione, secondo cui la mancanza di uno specifico
quadro per l’insolvenza dei gruppi costituisce, in certi casi, un ostacolo all’efficiente
amministrazione dell’insolvenza delle società facenti parte di un gruppo societario[31]. Questa valutazione è
confermata dai risultati della consultazione pubblica: quasi la metà dei
partecipanti (fra cui più di due terzi di giudici e di accademici) ritiene che
il regolamento non funzioni in modo efficace per i casi di insolvenza di gruppi
multinazionali. 8. Pubblicazione delle procedure
d’insolvenza e relativa informazione Il regolamento contiene disposizioni che
contribuiscono a garantire la pubblicità e la conoscenza delle procedure d’insolvenza.
Ai sensi degli articoli 21 e 22 del regolamento, il curatore può
chiedere che la decisione di apertura della procedura d’insolvenza e la
decisione che lo nomina siano rese pubbliche in un altro Stato membro e
annotate in registri pubblici di tale Stato. Gli Stati membri possono rendere
obbligatorie tale pubblicità e tale annotazione, ma si tratta di misure che
restano essenzialmente discrezionali. Vi è un largo consenso a favore della
conclusione che la mancata pubblicazione dell’apertura della procedura in un
pubblico registro riduca considerevolmente la capacità dei creditori di venire
informati sulle procedure d’insolvenza aperte in un altro Stato membro. La
mancanza di informazioni sulle procedure pendenti ha anche portato all’avvio,
in diversi Stati membri, di procedure concorrenti e superflue. Tre quarti dei
partecipanti alla consultazione pubblica (75%) ritengono problematico il
carattere facoltativo della pubblicità e dell’annotazione della decisione di
apertura della procedura d’insolvenza. Lo studio di valutazione d’impatto rileva che
persiste tutta una serie di problemi anche se la pubblicità e l’annotazione
sono state rese obbligatorie. Mentre le procedure d’insolvenza delle persone
giuridiche sono registrate in ogni Stato membro, i casi d’insolvenza delle persone
fisiche sono registrati sono in alcuni Stati. Solo 14 Stati membri pubblicano
le decisioni in un registro fallimentare accessibile on-line al pubblico[32]. In nove altri Stati membri
alcune informazioni sull’insolvenza sono disponibili in una banca dati
elettronica, ad es. il registro delle società o una versione elettronica della
Gazzetta ufficiale. Quattro Stati membri non forniscono in forma elettronica
alcuna informazione sulle procedure d’insolvenza, cosa che rende particolarmente
difficile l’accesso a tali dati dall’estero. Anche quando esistono registri
elettronici nei singoli Stati membri, i creditori e i giudici stranieri non
riescono a controllarli tutti regolarmente. Fra le misure di attuazione del
piano d’azione E-Justice del 2009, la Commissione ha varato un progetto pilota
per l’interconnessione dei registri fallimentari elettronici. Il progetto
pilota, tuttavia, contempla a tutt’oggi solo sette Stati membri. La maggioranza
dei partecipanti alla consultazione pubblica ritiene che gli Stati membri
dovrebbero essere tenuti ad annotare le decisioni di apertura in un registro
fallimentare, e che i registri fallimentari nazionali dovrebbero essere
interconnessi. 9. Insinuazione dei
crediti Lo studio di valutazione segnala problemi
pratici legati a determinati aspetti dell’insinuazione al passivo dei crediti
in situazioni transfrontaliere, in particolare le barriere linguistiche, i
costi, i termini e la mancanza di informazioni sulla decisione di apertura, sul
curatore e sulle formalità della lex fori concursus. Gli articoli da 39
a 42 del regolamento contengono solo norme minime che permettono ai
creditori stranieri l’insinuazione dei loro crediti, ma non instaurano un
quadro procedurale esaustivo. Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2
del regolamento, al creditore può essere chiesta una traduzione nella lingua
ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato di apertura. Lo studio di
valutazione ha rivelato che in alcuni Stati membri la richiesta di una
traduzione è diventata la regola piuttosto che l’eccezione, cosa che comporta
costi e tempi supplementari. Questo problema è legato alla questione dei
costi procedurali. I relatori nazionali hanno in generale criticato i costi
elevati delle traduzioni necessarie per l’insinuazione dei crediti. Inoltre,
alcuni Stati membri esigono per l’insinuazione dei crediti il ricorso a un
avvocato locale. Il costo medio dell’insinuazione dei crediti per un creditore
straniero è stato stimato a circa 2000 euro in una situazione transfrontaliera.
Dati questi costi elevati, i creditori possono scegliere di rinunciare,
specialmente quando in gioco vi è un importo esiguo. Questo problema interessa
principalmente le piccole e medie imprese così come i privati. Lo studio di valutazione indica altresì le
difficoltà derivanti dall’applicazione della legge del luogo d’apertura della
procedura, in particolare per quanto riguarda le scadenze, la prova dei crediti
e le specifiche procedure d’insinuazione al passivo. Sono stati riferiti casi
in cui creditori stranieri non hanno avuto il tempo di far valere un credito
perché i termini fissati dalla legislazione locale erano relativamente brevi e
il curatore non aveva informato gli interessati prima della scadenza. Quasi la metà dei partecipanti alla
consultazione pubblica (46%) ritiene che vi siano problemi con l’insinuazione
dei crediti ai sensi del regolamento. La questione interessa in particolare le
PMI. 10. Conclusioni Sulla base dei risultati della valutazione di
cui sopra la Commissione ritiene che, in generale, il regolamento funzioni in
maniera corretta e soddisfacente: ha effettivamente attuato il principio del
riconoscimento reciproco delle procedure d’insolvenza transfrontaliere e ne ha
migliorato il coordinamento. Vi sono tuttavia alcuni aspetti che
miglioreranno grazie ad adattamenti del regolamento. Le principali modifiche
che proporrà la Commissione riguardano, in primo luogo, il campo d’applicazione.
La Commissione suggerisce di ampliare il campo d’applicazione del regolamento
rivedendo la definizione di procedura d’insolvenza per includervi le procedure
ibride, le procedure di pre-insolvenza e le procedure d’insolvenza delle
persone fisiche, che sono attualmente escluse. Per quanto riguarda la competenza, il
regolamento dovrebbe mantenere il concetto di centro degli interessi principali
quale interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ma la
Commissione propone di rivederne la formulazione per precisarne il senso. La modifica
chiarisce anche l’applicazione della regola del centro degli interessi principali
per i privati. La modifica proposta inserisce una regola sulla competenza per
le azioni connesse, e il quadro procedurale per l’esame della competenza
dovrebbe essere migliorato al fine di limitare il rischio del forum shopping. La Commissione propone di migliorare la
pubblicità delle procedure di insolvenza in due modi: rendendone obbligatoria la
pubblicazione in un altro Stato membro e prevedendo che le decisioni di
apertura e di chiusura delle procedure d’insolvenza e certe altre decisioni
siano pubblicate in un registro elettronico, pubblicamente accessibile su
Internet. I registri fallimentari elettronici dovrebbero rispondere alle
esigenze legate alle procedure d’insolvenza transfrontaliere, ma saranno ovviamente
utili anche agli utenti nazionali. La proposta di introdurre nuovi moduli
standard per la notifica delle procedure e l’insinuazione al passivo permetterà
ai creditori stranieri di far valere i loro crediti più facilmente. Inoltre, i
termini fissati per l’insinuazione al passivo devono essere abbastanza estesi
per permettere di procedere effettivamente a questa operazione. La Commissione affronta infine la questione
dell’insolvenza dei gruppi societari: propone di includere nel regolamento
norme specifiche per rendere più efficace il trattamento dell’insolvenza delle
società facenti parte di un gruppo multinazionale. Una migliore cooperazione
fra i curatori di diversi Stati membri dovrebbe contribuire al salvataggio
delle imprese e a massimizzare il valore del loro attivo. Sono state esaminate anche altre questioni in
merito alle quali sono stati individuati problemi in sede di valutazione, ad
esempio l’ampliamento del campo d’applicazione del regolamento al di fuori dell’UE,
e la legge applicabile. La Commissione, tuttavia, non ritiene opportuno
introdurre nel regolamento disposizioni specifiche riguardanti il
riconoscimento e il coordinamento delle procedure d’insolvenza aperte al di
fuori dell’UE. Come sopra indicato, la principale ragione è che tali
disposizioni sarebbero vincolanti solo nel territorio degli Stati membri e non
nei paesi terzi. Di conseguenza, l’eventuale redazione di un progetto di
convenzione internazionale realizzerebbe meglio questi obiettivi, e
garantirebbe inoltre gli interessi dell’Unione nei negoziati con i paesi terzi. La Commissione non propone infine modifiche
alle disposizioni del regolamento riguardanti la legge applicabile. Essa
ritiene che l’applicazione delle disposizioni esistenti nell’UE sia
soddisfacente e che i rispettivi ambiti della lex fori e della lex
situ apportino il giusto equilibrio. La Commissione ritiene quindi
preferibile mantenere le attuali norme sul conflitto di leggi, finché non
saranno ulteriormente esaminati gli effetti delle eventuali modifiche sul
diritto fallimentare, societario e sociale degli Stati membri. [1] GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1. [2] Hess/Oberhammer/Pfeiffer, “Study for an evaluation of
Regulation (EC) No 1346/2000 on Insolvency Proceedings”, pubblicato sul sito
Europa della DG GIUSTIZIA (http://ec.europa.eu/justice/civil/document/index_en.htm). [3] Studio pubblicato sul sito Europa della DG GIUSTIZIA (http://ec.europa.eu/justice/civil/document/index_en.htm). [4] Una panoramica statistica delle risposte ricevute
attraverso lo strumento IPM è stata pubblicata all’indirizzo http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?userstate=DisplayPublishedResults&form=Insolvency.
GHK/Milieu ha preparato un’analisi di tutte le risposte ricevute che fa parte
dello studio di valutazione d’impatto sopra menzionato. [5] La situazione attuale non è chiara: dato che l’allegato
A si riferisce in generale alle procedure previste dalla Legge sull’insolvenza,
la procedura dello scudo protettivo sembra inclusa. È tuttavia ancora incerto
se questa procedura corrisponda alla definizione dell’articolo 1, paragrafo 1
del regolamento. [6] CGE, causa C-461/11, Ulf Kaziemierz Radziejewski. [7] CGE, causa C-116/11, Bank Handlowy. [8] Considerando 9 del regolamento. [9] AT, BE, CZ, CY, DE, LV, ML, NL, PL e, in parte, FR, SI e
UK. Nell’est della Francia (Basso Reno, Alto Reno, Mosella), il diritto
fallimentare generale si applica anche ai privati sovra-indebitati. Nel Regno
Unito, alcune delle procedure relative alle persone fisiche sovra-indebitate
sono disciplinate dal regolamento (fallimento, concordato volontario individuale,
atto fiduciario, deposito convenzionale – “sequestration”), mentre altre
(ordinanze di remissione del debito, piani di gestione del debito) non lo sono.
[10] EE, EL, FI, FR, LT, LU, SI, SE, UK. [11] FR, LU. [12] Si veda il considerando 9. [13] Direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio
delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II), GU L 335
del 17.12.2009, pag. 1; direttiva 2001/24/CE in materia di risanamento e
liquidazione degli enti creditizi, GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15. [14] Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 6 giugno 2012, che istituisce un quadro di risanamento e di
risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e
che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE,
2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento
(UE) n. 1093/2010, COM (2012) 280 final. [15] CGE, causa C-341/04, Eurofood. [16] CGE, causa C-396/09, Interedil. [17] CGUE, causa C-1/04, Staubitz-Schreiber. [18] Regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. [19] CGUE, causa 133/78, Gourdain contro Nadler. [20] Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la
competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale (versione consolidata nella GU C 27 del 26.1.1998, pag. 1). [21] Causa C-339/07, Seagon contro Deko Marty. [22] Causa C-111/08, SCT Industri. [23] Causa C-111/08, SCT Industri. [24] Causa C-292/08, German Graphics. [25] Causa C-213/10, F-Tex. [26] Direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza
del datore di lavoro, GU 283 del 28.10.2008, pag. 36. [27] Questo approccio è apparso in Inghilterra ed è stato
adottato dai giudici di Stati membri come Francia, Germania, Ungheria e Italia. [28] Causa C-341/04, Eurofood, punto 30. [29] Si veda ad es. la decisione della High Court nella
causa Daisytek, 16.5.2003. [30] Ad es. Nortel. [31] Per maggiori dettagli si veda la valutazione d’impatto che
accompagna la proposta di regolamento recante modifica del regolamento relativo
alle procedure d’insolvenza. [32] AT, CZ, FI, DE, HU, LV, NL, PL, PT, RO, SI, SK, SE e, in
parte, UK.