52012DC0743

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza /* COM/2012/0743 final */


INDICE

1........... Introduzione................................................................................................................... 3

1.1........ Contesto........................................................................................................................ 3

1.2........ Valutazione generale dell’applicazione del regolamento.................................................... 4

2........... Campo d’applicazione del regolamento........................................................................... 4

2.1........ Procedure disciplinate dal regolamento............................................................................ 4

2.1.1..... Procedure di pre-insolvenza e procedure ibride............................................................... 4

2.1.2..... Insolvenza dei privati e dei lavoratori autonomi................................................................ 7

2.2........ Procedure escluse dal campo d’applicazione del regolamento – Articolo 1, paragrafo 2... 8

2.3........ Riconoscimento delle procedure d’insolvenza aperte al di fuori dell’UE o coordinamento fra procedure all’interno e al di fuori dell’UE  8

3........... Competenza per l’apertura delle procedure d’insolvenza.................................................. 9

3.1........ Definizione e determinazione del centro degli interessi principali........................................ 9

3.2........ Quadro procedurale per l’esame della competenza........................................................ 11

3.3........ Azioni connesse alla situazione d’insolvenza................................................................... 11

4........... Legge applicabile.......................................................................................................... 12

4.1........ Ambito d’applicazione della norma generale (lex fori concursus).................................... 12

4.2........ Deroghe al principio della lex fori.................................................................................. 12

5........... Riconoscimento delle decisioni di apertura delle procedure d’insolvenza......................... 14

6........... Coordinamento della procedura principale e delle procedure secondarie........................ 14

7........... Gruppi di società.......................................................................................................... 15

8........... Pubblicazione delle procedure d’insolvenza e relativa informazione................................. 17

9........... Insinuazione dei crediti.................................................................................................. 17

10......... Conclusioni................................................................................................................... 18

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza

1.           Introduzione

1.1.        Contesto

Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio[1] (di seguito “il regolamento”) è entrato in vigore nel maggio 2002, istituendo un quadro europeo per le procedure d’insolvenza transfrontaliere. Esso si applica ogniqualvolta un debitore abbia beni o creditori in più di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che sia una persona fisica o giuridica. Il regolamento stabilisce quale giudice è competente per l’apertura della procedura d’insolvenza e garantisce il riconoscimento e l’esecuzione in tutta l’Unione della decisione che ne risulta, stabilisce norme uniformi in materia di legge applicabile e prevede meccanismi di coordinamento fra la procedura principale e le procedure secondarie.

Il regolamento è applicabile in tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca, che beneficia di un regime speciale di cooperazione giudiziaria ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

La presente relazione, elaborata ai sensi dell’articolo 46 del regolamento, ha lo scopo di presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una valutazione dell’applicazione del regolamento stesso, e tiene conto dei seguenti documenti:

· uno studio giuridico comparativo sulla valutazione del regolamento in 26 Stati membri, realizzato dalle università di Heidelberg e di Vienna con l’aiuto di una rete di relatori nazionali[2];

· uno studio di valutazione d’impatto di una modifica del regolamento, realizzato da un consorzio composto da GHK e Milieu[3];

· i risultati di una consultazione pubblica on line svoltasi fra marzo e giugno 2012[4]. La Commissione ha ricevuto in tutto 134 risposte da tutti gli Stati membri eccetto Bulgaria e Malta, più del 50% delle quali sono state inviate dal Regno Unito (21%), dalla Romania (20%) e dall’Italia (12%). Le risposte sono giunte da un’ampia gamma di parti interessate con, in testa, universitari, professionisti del diritto e autorità pubbliche.

L’applicazione del regolamento è stata discussa anche con la Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.

1.2.        Valutazione generale dell’applicazione del regolamento

In base a tale valutazione la Commissione conclude che il regolamento è generalmente considerato uno strumento utile per il coordinamento delle procedure d’insolvenza transfrontaliere nell’Unione. Le sue scelte di base e le politiche sottese sono ampiamente sostenute dalle parti interessate. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha chiarito una serie di questioni relative al regolamento, contribuendo così a una sua interpretazione uniforme da parte dei giudici nazionali. Questa valutazione è corroborata dai risultati della consultazione pubblica: nella maggior parte delle risposte viene espressa soddisfazione quanto all’efficiente funzionamento del regolamento. Le opinioni più positive sono state espresse dai professionisti del diritto, dalle autorità pubbliche e dagli universitari.

Lo studio di valutazione e la consultazione pubblica hanno tuttavia individuato alcune carenze del regolamento. La Commissione ritiene quindi che occorra proporre gli adattamenti necessari per soddisfare l’esigenza di un contesto moderno e favorevole alle imprese. Essenzialmente, i problemi individuati riguardano il campo d’applicazione del regolamento, le norme relative alla competenza, la relazione fra la procedura principale e le procedure secondarie, la pubblicità delle decisioni connesse all’insolvenza e l’insinuazione dei crediti. È stata inoltre criticata la mancanza di norme specifiche riguardanti l’insolvenza di società facenti parte di un gruppo societario. Tali questioni sono descritte più ampiamente qui di seguito.

2.           Campo d’applicazione del regolamento

2.1.        Procedure disciplinate dal regolamento

L’obiettivo principale del regolamento è garantire che una decisione d’apertura di una procedura d’insolvenza e i suo effetti, in relazione sia a persone fisiche che giuridiche, siano riconosciuti in tutta l’Unione. L’articolo 1, paragrafo 1, che espone i criteri che devono soddisfare le procedure nazionali per rientrare nel campo d’applicazione del regolamento, rispecchia il concetto tradizionale di procedura d’insolvenza, poiché presuppone l’insolvenza del debitore e ne richiede lo spossessamento oltre alla designazione di un curatore. Tuttavia, date le nuove tendenze e visti i nuovi approcci negli Stati membri, l’attuale campo d’applicazione del regolamento non copre un’ampia gamma di procedure nazionali dirette a risolvere l’indebitamento delle società e dei privati.

2.1.1.     Procedure di pre-insolvenza e procedure ibride

Attualmente, in Europa, molti diritti fallimentari nazionali prevedono procedure di pre-insolvenza e procedure ibride. Le procedure di pre-insolvenza possono essere qualificate come procedure quasi-concorsuali sotto la sorveglianza di un giudice o di un’autorità amministrativa che danno al debitore in difficoltà finanziarie la possibilità di ristrutturare la società prima di trovarsi in stato d’insolvenza e di evitare l’avvio di una procedura d’insolvenza nel senso tradizionale del termine. Nelle procedure ibride il debitore mantiene una certa supervisione sui suoi beni e affari, anche se sotto il controllo o la sorveglianza del giudice o di un curatore.

Secondo le conclusioni dello studio di valutazione, in 15 Stati membri vigono procedure di pre-insolvenza o procedure ibride attualmente non elencate nell’allegato A del regolamento, come indicato nella tabella qui sotto.

Tabella - Procedure di pre-insolvenza e procedure ibride non figuranti nell’allegato A del regolamento

Austria || - Procedura ai sensi della legge del 1997 sulla riorganizzazione delle imprese (Reorganisationsverfahren)

Belgio || - Indagine commerciale [Handelsonderzoek / enquête commerciale; articolo 8 e segg. della LCE (Loi relative à la continuation des entreprises, “Legge relativa alla continuità delle imprese”)] - Nomina di un mediatore (Aanstelling ondernemingsbemiddelaar / Désignation d’un médiateur d’entreprise; articolo 13 LCE) - Nomina di un mandatario (Aanstelling gerechtsmandataris / Désignation d’un mandataire de justice; articolo 14 LCE) - Accordo extragiudiziale (Minnelijk akkoord / Accord amiable; articolo 15 LCE) - Riorganizzazione giudiziaria tramite accordo extragiudiziale (Gerechtelijke reorganisatie door een minnelijk akkoord / Réorganisation judiciaire par accord amiable; articolo 43 LCE) - Nomina di un amministratore provvisorio (Aanstelling voorlopig bestuurder / Désignation d’un administrateur provisoire; articolo 28 LCE)

Estonia || - Procedura di riorganizzazione per le persone giuridiche (Legge estone sulla riorganizzazione) - Procedura di ristrutturazione del debito per le persone fisiche (Legge sulla ristrutturazione e la protezione del debito)

Francia || - Mandato ad hoc (L 611-3, Codice del commercio) - Procedura di conciliazione (L 611-4 e segg., Codice del commercio) - Salvaguardia finanziaria accelerata (Sauvegarde financière accélérée - SFA)

Germania || - Procedura dello scudo protettivo (Schutzschirmverfahren, Sezione 270b della legge fallimentare)[5]

Grecia || - Procedura di riorganizzazione (diadikasia eksigiansis, διαδικασία εξυγίανσης; art. 99 e segg. del Codice fallimentare greco, e modifiche apportate dall’articolo 234 della recente legge n. 4072/2012)

Italia || - Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis della Legge fallimentare italiana) - Piano di risanamento attestato

Lettonia || - Procedura di protezione extragiudiziale (prevista dalla Legge fallimentare del 26 luglio 2010)

Malta || - Regime legale di compromesso o accordo (Rikostruzzjonijiet ta’ Kumpaniji) - Procedura di recupero delle società

Paesi Bassi || - Regime di ristrutturazione del debito (Schuldsaneringsregeling) applicabile alle persone fisiche, articolo 287a della Legge fallimentare olandese

Polonia || - Procedura di riabilitazione (Postępowanie naprawcze; articoli 492-521 della Legge sul fallimento e la riabilitazione)

Romania || - Mandato ad hoc (Mandatul ad-hoc; articolo 7 e segg. della Legge n. 381/2009) - Concordato preventivo (Concordatul preventiv; articolo 13 e segg. della Legge n. 381/2009)

Spagna || - Omologazione degli accordi di rifinanziamento (Homologación de los acuerdos de refinanciación – 4° disposizione aggiuntiva della Legge n. 38/2011 che modifica la Legge fallimentare spagnola)

Svezia || - Procedura di remissione del debito (Suldsanering; sezione 4 della Legge sulla remissione del debito) applicabile ai privati

UK || - Concordato preventivo (Parte 26 della Legge sulle società 2006)

Il principale problema derivante dal fatto che un numero considerevole di procedure di pre-insolvenza e di procedure ibride non rientrano attualmente nel campo d’applicazione del regolamento è che i loro effetti non sono riconosciuti nell’insieme dell’Unione europea. Di conseguenza, i creditori che contestano queste procedure possono cercare di far valere i loro crediti su beni del debitore situati in un altro Stato membro, cosa che può frustrare gli sforzi per salvare la società (il cosiddetto problema di “holding-out” – braccio di ferro). Inoltre, le possibilità di salvare delle società possono essere vanificate dalla mancanza di volontà delle parti di avviare le pertinenti procedure se non ne è garantito il riconoscimento transfrontaliero. È stato quindi raccomandato di affrontare questi problemi in occasione della revisione del regolamento. Questa opinione è condivisa dalla maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione pubblica (59%), e che ritengono che il regolamento dovrebbe riguardare anche le procedure di pre-insolvenza e le procedure ibride, pur non concordando appieno su quali procedure esattamente dovrebbero essere interessate e in particolare sui casi in cui dovrebbe essere obbligatorio il controllo del giudice.

Lo studio di valutazione, inoltre, ha individuato problemi derivanti da divergenze fra le procedure elencate negli allegati e le condizioni stabilite all’articolo 1, paragrafo 1. Due domande di pronuncia pregiudiziale pendenti dinanzi alla Corte di giustizia illustrano questi problemi: nella prima causa viene sollevata la questione se il regolamento si applichi a una procedura di insolvenza nazionale non elencata negli allegati, ma che corrisponde alla definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1[6]; nella seconda causa viene posto il quesito se il regolamento si applichi a procedure nazionali elencate nell’allegato ma non corrispondenti alla definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1[7]. Queste cause mostrano l’attuale grado di incertezza giuridica quanto alle procedure effettivamente rientranti nel campo d’applicazione del regolamento.

Un terzo problema individuato riguarda le situazioni in cui le procedure nazionali elencate negli allegati sono modificate dagli Stati membri senza che ciò venga notificato alla Commissione. In questi casi, è difficile determinare se le procedure modificate o nuove degli Stati membri corrispondano alla definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1.

2.1.2.     Insolvenza dei privati e dei lavoratori autonomi

Il regolamento si applica alle procedure nazionali, indipendentemente dal fatto che riguardino una persona fisica o giuridica, commerciante o non commerciante[8]. Secondo lo studio di valutazione, se molti Stati membri hanno notificato le rispettive procedure d’insolvenza delle persone fisiche ai fini del loro inserimento negli allegati[9], un considerevole numero di procedure di questo tipo non è attualmente disciplinato dal regolamento[10]. Questa situazione è dovuta in parte al fatto che le procedure non corrispondono alla definizione dell’articolo 1, paragrafo 1, sono state introdotte solo recentemente o il relativo Stato membro ritiene non rientrino nel campo d’applicazione del regolamento[11]. Quest’ultima situazione è in contrasto con i risultati della consultazione pubblica, poiché la maggior parte degli intervistati (59%) ha concordato sulla necessità di applicare il regolamento ai privati e ai lavoratori autonomi.

La diversità delle regolamentazioni nazionali non fa che complicare la situazione. Alcuni Stati membri, ad esempio, non hanno alcun regime d’insolvenza delle persone fisiche; altri hanno regimi d’insolvenza delle persone fisiche che si applicano sia ai lavoratori autonomi o agli imprenditori individuali che ai consumatori; un terzo gruppo ha specifici regimi solo per i consumatori e fa rientrare i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali nelle procedure d’insolvenza delle società, mentre un quarto gruppo ha regimi distinti per i consumatori, i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali.

La Commissione ritiene che lo status quo sia problematico: può difatti portare a una situazione in cui un debitore debba continuare a rispondere nei confronti di creditori stranieri. In particolare, a un imprenditore onesto, che si è liberato del debito in uno Stato membro, può essere impedito di avviare una nuova attività commerciale in un altro Stato membro. Il problema può anche scoraggiare i debitori che hanno beneficiato di una remissione del debito nel loro paese dall’andare a vivere o dal cercare lavoro in un altro Stato membro.

2.2.        Procedure escluse dal campo d’applicazione del regolamento – Articolo 1, paragrafo 2

Il regolamento non si applica alle imprese assicuratrici o agli enti creditizi, alle imprese d’investimento che forniscono servizi che implicano la detenzione di fondi o di valori mobiliari di terzi, agli organismi d’investimento collettivo. Questi debitori sono esclusi dal campo d’applicazione del regolamento poiché ad essi si applica un regime particolare e le autorità nazionali hanno, in alcuni casi, poteri di intervento estremamente ampi[12]. Le procedure d’insolvenza transfrontaliere che riguardano le imprese assicuratrici e gli enti creditizi sono disciplinate da altri strumenti del diritto dell’Unione[13]. Come il regolamento, questi strumenti prevedono norme sulla competenza internazionale in materia di adozione di provvedimenti di riorganizzazione o di avvio di procedure di liquidazione, sulla legge applicabile e il riconoscimento delle procedure.

La dottrina ha osservato che la mancanza di strumenti dell’Unione che disciplinino i casi d’insolvenza transfrontalieri per gli organismi di investimento collettivo e le imprese d’investimento costituisce una lacuna inopportuna nel diritto dell’Unione. Tuttavia, per quanto riguarda la maggior parte delle imprese di investimento, è probabile che detta lacuna venga colmata entro breve, una volta adottate le modifiche della direttiva 2001/24/CE previste dalla recente proposta di direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie[14]. Quanto agli organismi di investimento collettivo, i partecipanti alla consultazione hanno dichiarato che l’attuale situazione non ha creato problemi nella pratica, poiché i casi d’insolvenza di questo tipo di organismi sono piuttosto rari.

2.3.        Riconoscimento delle procedure d’insolvenza aperte al di fuori dell’UE o coordinamento fra procedure all’interno e al di fuori dell’UE

Il regolamento si applica alle procedure d’insolvenza di debitori il cui centro degli interessi principali è situato in uno Stato membro. Le procedure d’insolvenza in cui il centro degli interessi principali si trova al di fuori dell’UE sono escluse dal campo d’applicazione del regolamento. Anche quando il centro degli interessi principali è nell’Unione europea, esistono limitazioni del campo d’applicazione per quanto riguarda i beni, i creditori o le dipendenze situati all’estero. In tali situazioni, il regolamento si applica solo in parte, ai soggetti coinvolti e ai beni situati in uno Stato membro. Le questioni escluse dal campo d’applicazione del regolamento sono disciplinate dal diritto nazionale.

Lo studio di valutazione d’impatto rileva che, da quando il regolamento è stato approvato, diversi Stati membri hanno adottato leggi su aspetti d’insolvenza transfrontalieri implicanti paesi terzi. Romania, Polonia, Regno Unito, Slovenia e Grecia hanno adottato testi basati sulla legge modello UNCITRAL del 1997. Belgio, Germania e Spagna hanno introdotto leggi sull’insolvenza internazionale che non seguono l’impostazione UNCITRAL ma che in generale contemplano aspetti simili. Francia e Italia non hanno specifiche normative in materia, ma i loro giudici applicano i principi generali del diritto internazionale privato.

Gli effetti della dimensione internazionale dell’insolvenza variano quindi a seconda degli Stati membri interessati, ma, alla luce dello studio di valutazione, la Commissione conclude che l’assenza di disposizioni armonizzate sul riconoscimento delle procedure d’insolvenza al di fuori dell’Unione o sul coordinamento fra le procedure all’interno e al di fuori dell’UE non ha causato nella pratica alcun problema di rilievo. Sul fatto se abbia causato problemi l’assenza di disposizioni sul riconoscimento delle procedure d’insolvenza extra-UE o sul loro coordinamento con quelle all’interno dell’Unione, le opinioni degli intervistati sono discordanti: il 44% è d’accordo mentre il 37% non lo è. Sono stati menzionati alcuni problemi relativi al riconoscimento delle decisioni emananti dall’Unione o alle competenze del curatore di uno Stato membro dell’Unione in alcuni paesi terzi come la Svizzera. Tali problemi, tuttavia, non possono essere risolti da uno strumento dell’Unione ma solo da un trattato internazionale. A tale riguardo, va osservato che la Svizzera ha informalmente espresso interesse per l’elaborazione di un accordo bilaterale con l’Unione europea in materia d’insolvenza.

3.           Competenza per l’apertura delle procedure d’insolvenza

3.1.        Definizione e determinazione del centro degli interessi principali

Il concetto di “centro degli interessi principali” è di fondamentale importanza per l’applicazione del regolamento. La Commissione osserva che vi è un generale consenso sull’interpretazione data a tale concetto dalla Corte di giustizia, come dimostrano i risultati della consultazione pubblica che vede una stragrande maggioranza dei partecipanti (77%) approvare il ricorso a tale concetto per situare la procedura principale. Il 51%, tuttavia, ritiene che l’interpretazione del concetto di “centro degli interessi principali” abbia causato problemi pratici. Alcuni pensano comunque che i chiarimenti apportati dalla Corte di giustizia siano stati molto utili per arrivare a un’interpretazione più uniforme di questa espressione.

La giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito il concetto di “centro degli interessi principali” nelle sentenze Eurofood[15] e Interedil[16]. La determinazione del centro degli interessi principali richiede una valutazione globale delle circostanze di ogni singolo caso. Stando all’approccio oggettivo della Corte di giustizia, il centro degli interessi principali deve essere determinato in riferimento a criteri riconoscibili da terzi. In generale, tali criteri sono rispettati nel luogo in cui il debitore svolge le sue attività imprenditoriali o in cui è situata la sua principale amministrazione.

Per le società e le altre persone giuridiche, l’articolo 3, paragrafo 1 prevede una presunzione confutabile a favore del luogo in cui si trova la sede statutaria. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito le circostanze in cui tale presunzione può essere confutata in un modo complessivamente considerato appropriato. Tuttavia, è stato riferito che in molti Stati membri (AT, BE, CZ, FR, DE, GR, IT, LU, NL, PL, RO, ES, SE, UK) tale presunzione è stata a volte confutata senza svolgere l’analisi globale richiesta dalla Corte. Non è chiaro se ciò sia dovuto a una scarsa conoscenza della giurisprudenza della Corte di giustizia da parte dei giudici, o alle difficoltà che pone un tale approccio fattuale.

Benché il regolamento riguardi l’insolvenza delle persone fisiche, che si tratti di commercianti o consumatori, l’attuale formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1 non tratta espressamente del centro degli interessi principali dei singoli individui. A tale riguardo, lo studio di valutazione ha indicato disomogeneità nelle prassi degli Stati membri. Alcuni giudici hanno applicato una presunzione a favore del domicilio del debitore, mentre altri hanno semplicemente applicato, al centro degli interessi principali, concetti nazionali.

La determinazione del centro degli interessi principali si rivela particolarmente difficile nei casi in cui il debitore abbia spostato il suo domicilio prima della domanda di apertura della procedura d’insolvenza. Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia[17], il momento decisivo per stabilire il centro degli interessi principali è la presentazione della domanda di apertura della procedura principale. Se il debitore sposta successivamente il suo centro degli interessi principali in un altro Stato membro, resta competente il giudice adito. Questa giurisprudenza è ampiamente rispettata dalle autorità giudiziarie. Possono sorgere problemi se il debitore trasferisce il centro degli interessi principali in un altro Stato membro prima della presentazione della domanda. Lo studio di valutazione ha segnalato casi di spostamento (temporaneo) chiaramente pretestuoso da parte di singoli individui al solo scopo di ottenere una remissione dei debiti rimanenti. Questo problema, denominato talvolta “turismo del fallimento”, è limitato ad alcune zone dell’Unione europea (est della Francia, Regno Unito e Lettonia) che attirano debitori dagli altri paesi. Debitori tedeschi e irlandesi, soprattutto, hanno cercato di sfruttare le opportunità di remissione del debito offerte dalle leggi del Regno Unito, che prevedono la cancellazione del debito nel solo giro di un anno.

Vi sono anche stati casi di imprese che hanno lasciato lo Stato membro della loro sede statutaria per beneficiare dei meccanismi di ristrutturazione più sofisticati di un altro Stato membro. Questi spostamenti, tuttavia, non possono essere considerati, di per sé, pretestuosi o illegittimi. In primo luogo, la Corte di giustizia ha ammesso trasferimenti del centro degli interessi principali di imprese come legittimo esercizio della libertà di stabilimento. Nella sentenza Centros, la Corte ha così deciso che svolgere attività commerciali in uno Stato membro attraverso una società costituita in un altro Stato membro rientra nella libertà di stabilimento anche se la sede statutaria dell’impresa è stata scelta per evitare l’obbligo relativo al capitale minimo imposto dallo Stato membro in cui l’impresa ha la sede effettiva. Inoltre, lo spostamento del centro degli interessi principali spesso avvantaggia i creditori e non va a loro scapito. Spesso, questi trasferimenti sono addirittura indotti dai creditori (privilegiati) nel tentativo di salvare o di ristrutturare l’impresa. Vi sono diversi casi in cui lo spostamento del centro degli interessi principali nel Regno Unito ha permesso la riuscita della ristrutturazione di un’impresa, grazie alla flessibilità che il diritto fallimentare inglese accorda alle società a tale riguardo.

3.2.        Quadro procedurale per l’esame della competenza

Lo studio di valutazione segnala vari problemi significativi riguardo al quadro procedurale per l’esame della giurisdizione competente ad aprire la procedura di insolvenza. Il regolamento vigente non tratta espressamente tale questione, disciplinata dal diritto processuale degli Stati membri e dai principi generali di efficienza e non discriminazione. Tuttavia, le impostazioni seguite a livello nazionale per determinare la competenza ai sensi dell’articolo 3 variano molto nell’intera Unione. Sembra che non tutti i giudici sappiano di essere tenuti a esaminare d’ufficio la questione della propria competenza e a menzionare espressamente, nella decisione di apertura della procedura, la base su cui si fonda detta competenza. Questa situazione è problematica, poiché il principio della fiducia reciproca fra gli Stati membri, che il fondamento del regolamento, impone che i giudici degli Stati membri definiscano accuratamente il centro degli interessi principali del debitore, poiché le decisioni di apertura di una procedura d’insolvenza sono riconosciute negli altri Stati membri senza possibilità di contestare la decisione presa dal giudice.

Sempre riguardo al quadro procedurale, è stata anche mossa la critica che i creditori stranieri non sempre hanno diritto di impugnare la decisione di apertura della procedura d’insolvenza e che, anche se formalmente possono farlo, non sono informati della decisione entro un termine sufficiente per poter effettivamente esercitare tale diritto.

3.3.        Azioni connesse alla situazione d’insolvenza

La linea di demarcazione fra il regolamento “Bruxelles I”[18] e il regolamento relativo alle procedure d’insolvenza è una delle questioni più controverse legate alle insolvenze transfrontaliere. La controversia riguarda la competenza internazionale (articolo 3) e il riconoscimento delle decisioni straniere (articolo 25).

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, le sentenze in materia civile devono essere qualificate come specifiche all’insolvenza quando derivano direttamente da procedure d’insolvenza e sono ad essa strettamente connesse (vis attractiva concursus). Tuttavia, questo principio è codificato solo per quanto riguarda il riconoscimento (articolo 25 del regolamento). La Corte di giustizia ha stabilito la linea di demarcazione nel 1979[19] in relazione alla Convenzione di Bruxelles[20] e l’ha ribadita nella causa DekoMarty[21] per quanto riguarda la competenza ai sensi del regolamento. La Corte ha sostenuto che il giudice che apre la procedura d’insolvenza è competente per le azioni revocatorie esercitate dal curatore nei confronti di un terzo, come un’azione diretta ad annullare una cessione di quote sociali effettuata nel contesto di una procedura d’insolvenza[22], e che tali azioni sono escluse dal campo d’applicazione del regolamento “Bruxelles I”[23]. La Corte ha sostenuto invece che un’azione intentata da un venditore in base a una clausola di riserva di proprietà nei confronti di un acquirente in situazione di fallimento[24], e l’azione pauliana basata su diritti nei confronti di terzi ceduti dal curatore all’unico creditore[25], non possono essere qualificate come strettamente connesse alla procedura d’insolvenza.

Il 44% dei partecipanti alla consultazione pubblica non ha segnalato alcun problema riguardante l’interazione fra il regolamento relativo alle procedure d’insolvenza e il regolamento “Bruxelles I” che non sia stato risolto in modo soddisfacente dalla giurisprudenza. La Commissione conclude tuttavia che la mancanza di una norma esplicita sulla competenza per le azioni connesse alla situazione d’insolvenza dà luogo a incertezza per i giuristi che non hanno familiarità con la giurisprudenza della CGUE. È stato inoltre criticato il fatto che un curatore non possa far riunire un’azione connessa a una situazione d’insolvenza con un’azione disciplinata dal regolamento “Bruxelles I”.

4.           Legge applicabile

4.1.        Ambito d’applicazione della norma generale (lex fori concursus)

La maggioranza dei partecipanti alla consultazione pubblica (55%) ritiene soddisfacenti le disposizioni del regolamento sulla legge applicabile, mentre il 32% è di parere contrario.

Secondo lo studio di valutazione, la scelta generale della legge applicabile (lex fori concursus) di cui all’articolo 4, paragrafo 1 del regolamento è coerente con i principi generali e ampiamente riconosciuti del diritto internazionale privato, in virtù dei quali le procedure d’insolvenza sono disciplinate dalla legge dello Stato di apertura. La Commissione conclude che non è necessario cambiare o modificare questa disposizione.

Lo studio di valutazione segnala una serie di questioni relative alla qualificazione o alla caratterizzazione, ma ritiene che la risposta a tali questioni spetti ai sistemi giudiziari nazionali o, se necessario, alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

4.2.        Deroghe al principio della lex fori

La maggior parte dei partecipanti alla consultazione pubblica (56%) conviene sul fatto che le deroghe alla regola generale sulla legge applicabile siano giustificate dalla tutela delle legittime aspettative e della certezza del diritto.

L’articolo 5 prevede che il diritto reale del terzo non venga “pregiudicato” dall’apertura della procedura d’insolvenza. Quasi la metà dei partecipanti alla consultazione (49%) ha dichiarato che la disposizione sul diritto reale funziona in modo soddisfacente nella pratica, mentre il 26% ritiene che non sia così. Lo studio di valutazione indica che l’applicazione degli articoli 5 e 7 ha dato luogo a poca giurisprudenza, ma individua i problemi di seguito esposti.

· Il problema principale, in questo contesto, è la comprensione del significato stesso dell’articolo 5. Nella stragrande maggioranza degli Stati membri queste disposizioni sono interpretate come “norme sostanziali restrittive”, il che significa che i diritti reali interessati o la riserva di proprietà non possono venire pregiudicati dalle disposizioni in materia d’insolvenza né dello Stato di apertura della procedura né dello Stato in cui sono situati i beni, a meno che in quest’ultimo Stato non si avvii una procedura secondaria. Questo problema esiste anche riguardo all’articolo 7 (riserva di proprietà). Per quanto attiene all’articolo 5, sono sorti problemi pratici quando crediti garantiti da diritti reali sono stati ristrutturati in procedure di riorganizzazione. Ci si può chiedere se una tale ristrutturazione dei crediti garantiti “pregiudichi” la garanzia accessoria e sia quindi vietata nell’ambito dell’articolo 5 del regolamento.

· La localizzazione di beni immateriali come i diritti di proprietà intellettuale e i conti bancari ha sollevato difficoltà pratiche. Specialmente nel caso dei conti bancari detenuti in una filiale locale di una banca straniera, ci si può chiedere se essi siano situati nello Stato membro della filiale della banca o nello Stato membro in cui la banca ha la sua sede centrale e il centro degli interessi principali (articolo 2, lettera g)).

· I campi d’applicazione rispettivi dell’articolo 5 e dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera i) non sono chiari per quanto riguarda la ripartizione del ricavato nei casi in cui siano alienati beni oggetto di diritti reali o nei casi in cui il curatore, per negligenza, abbia violato i diritti di un creditore garantito. In questo contesto, non è chiara neanche la legge applicabile a un’eventuale pretesa risarcitoria nei confronti del curatore.

Per quanto riguarda l’articolo 6 (compensazione), non è facile stabilire se questa disposizione si applichi anche se la “legge applicabile al credito del debitore insolvente” è la legge di un paese terzo. Nella maggior parte delle relazioni nazionali cui si richiama lo studio di valutazione viene confermata l’applicabilità dell’articolo 6 a tali casi, ma la questione non è chiara in un elevato numero di Stati membri. È stata inoltre mossa la critica che l’applicazione dell’articolo 6 agli accordi di compensazione non sia chiara e che la tutela degli accordi di compensazione ai sensi del diritto dell’Unione attualmente vari a seconda che l’insolvenza del debitore sia disciplinata dal regolamento o dalle direttive sul risanamento e la liquidazione degli istituti di credito e assicurativi.

Lo studio di valutazione non indica nessun problema specifico in relazione all’articolo 9 (sistemi di pagamento e mercati finanziari).

Quanto all’articolo 10 (contratti di lavoro), vi sono state alcune denuncie riguardo all’interazione fra diritto del lavoro e diritto fallimentare, in particolare relativamente ai requisiti d’approvazione per la risoluzione o la modifica dei contratti di lavoro. Inoltre, lo studio di valutazione indica che le differenze fra le norme del diritto del lavoro possono impedire a un curatore di adottare le stesse azioni nei confronti di dipendenti situati in diversi Stati membri, e che questa situazione può complicare la ristrutturazione di un’impresa. Questa situazione, tuttavia, è inerente alla scelta politica sottesa all’articolo 10, e che lo studio di valutazione non chiama in causa. Un’armonizzazione di certi aspetti del diritto del lavoro potrebbe attenuare questo problema, ma sarebbe difficile da realizzare, poiché il diritto del lavoro è profondamente radicato nelle tradizioni nazionali ed esula, in ogni caso, dalla portata della revisione del regolamento. Lo studio affronta poi la questione dell’interazione fra il diritto fallimentare e gli organismi di garanzia ai sensi della direttiva 2008/94/CE[26], e conclude che la soluzione migliore sarebbe trattare i problemi che sorgono in tale contesto apportando modifiche alle legislazioni nazionali che disciplinano questi organismi o al diritto fallimentare nazionale.

Dallo studio di valutazione non emerge alcuna urgente necessità di modificare l’articolo 12 (brevetti e marchi comunitari), che sembra avere un interesse pratico limitato, o funzionare in modo soddisfacente.

Per quanto riguarda l’articolo 13 (atti pregiudizievoli), alcuni curatori si sono lamentati della difficoltà di dover tenere conto di più sistemi giuridici per stabilire se un credito può essere escluso. Tuttavia, stando allo studio di valutazione, tale complessità è necessaria per conseguire risultati adeguati relativamente alle aspettative legittime delle parti. Le soluzioni alternative proposte dalla dottrina, come la semplice protezione contro un cambiamento del centro degli interessi principali, non affronterebbero la questione in modo soddisfacente, Le opinioni riguardanti la disposizione sugli atti pregiudizievoli sono piuttosto divise: un terzo degli intervistati ha dichiarato che funziona in modo soddisfacente, mentre il 37% di loro ha indicato il contrario.

L’articolo 15 (effetti della procedura di insolvenza sui procedimenti pendenti) non pone particolari problemi. Sembra che la maggior parte, se non la totalità, delle legislazioni degli Stati membri prevedano o tendano a dare la priorità alla procedura d’insolvenza rispetto a una controversia o a una procedura individuale. Vi è tuttavia incertezza quanto all’applicabilità dell’articolo 15 ai procedimenti arbitrali.

Pur prendendo atto dei risultati dello studio di valutazione riguardanti le deroghe al principio della lex fori, la Commissione ritiene che le principali disposizioni del regolamento relative alla legge applicabile funzionino in modo soddisfacente e allo stadio attuale non richiedano modifiche.

5.           Riconoscimento delle decisioni di apertura delle procedure d’insolvenza

Secondo lo studio di valutazione, nella maggior parte dei casi i giudici degli Stati membri hanno rispettato l’anteriore apertura della procedura principale in un altro Stato membro. Vi sono, tuttavia, alcuni casi in cui i giudici non hanno rispettato quest’obbligo. Non sempre è chiaro quando l’apertura della procedura “produca effetti”; ciò vale in particolare per la nomina del “vorläufiger Insolvenzverwalter” tedesco, che la maggior parte dei giudici – ma non tutti – degli Stati membri hanno accettato come “apertura” della procedura di insolvenza ai sensi del regolamento.

L’applicazione della riserva di ordine pubblico di cui all’articolo 26 del regolamento non ha causato particolari problemi. Vi sono comunque alcuni casi in cui i giudici degli Stati membri hanno invocato l’ordine pubblico rifiutandosi di riconoscere una procedura principale straniera.

La metà degli intervistati (51%) conviene sulla necessità di modificare la definizione della decisione “di apertura della procedura d’insolvenza” per tenere conto dei sistemi giuridici nazionali in cui non vi è realmente un organo giurisdizionale che apre la procedura.

6.           Coordinamento della procedura principale e delle procedure secondarie

Secondo lo studio di valutazione, le procedure secondarie non si sono rivelate, per il curatore principale, come lo strumento descritto al considerando 19 del regolamento – da utilizzare cioè nei casi in cui “il patrimonio del debitore sia troppo complesso da amministrare unitariamente o […] le divergenze tra gli ordinamenti giuridici interessati siano così rilevanti che possono sorgere difficoltà per l’estendersi degli effetti derivanti dal diritto dello Stato di apertura della procedura”. Risulta esservi solo un numero relativamente esiguo di casi in cui sia stato il curatore principale a chiedere effettivamente l’apertura della procedura secondaria. Le procedure secondarie sono state invece usate (anche abusivamente) per ragioni diverse, in particolare come mezzo di tutela degli interessi locali e come strumento nei conflitti giurisdizionali in cui l’apertura di una procedura secondaria è stata considerata come una soluzione alternativa all’apertura di una procedura principale in uno specifico Stato membro. Lo studio di valutazione stima che gli inconvenienti delle procedure secondarie siano maggiori dei vantaggi. Ciò è vero, già, quando il curatore secondario lavora in modo cooperativo, ma è ancora più evidente quando ciò non avviene. Le opinioni dei partecipanti alla consultazione pubblica sui vantaggi delle procedure secondarie sono divergenti: il 36% ritiene che la divisione fra procedura principale e procedure secondarie sia utile, mentre il 37% pensa il contrario.

Lo studio di valutazione ha segnalato i problemi qui di seguito descritti.

Il fatto che le procedure secondarie debbano essere procedure di liquidazione è un ostacolo a misure di ristrutturazione flessibili ed efficaci.

La mancanza di norme specifiche sull’apertura delle procedure secondarie è problematico. Non vi sono disposizioni che autorizzino il giudice competente a rifiutare l’apertura di una procedura secondaria nel caso in cui ciò non sia nell’interesse dei creditori locali. Non vi è inoltre alcuna disposizione esplicita che richieda che il curatore principale sia sentito prima dell’apertura della procedura.

Non è chiaro, inoltre, se i curatori di tutti gli Stati membri possono impegnarsi a garantire, ai creditori che potrebbero chiedere una procedura secondaria, che rispetteranno tutti i diritti di prelazione di cui essi godono nel quadro di una procedura secondaria per evitare che effettivamente la chiedano (o per evitare che la apra il giudice). I giudici e i curatori inglesi hanno sviluppato questo approccio, ma non è chiaro se i diritti fallimentari di tutti gli altri Stati membri autorizzino i curatori a fare offerte di questo tipo.

Gli obblighi di collaborazione e di informazione di cui all’articolo 31 del regolamento sono piuttosto vaghi. Il regolamento non prevede doveri di collaborazione fra i giudici o fra i curatori e i giudici. Vi sono esempi di casi in cui i giudici o i curatori non hanno collaborato in modo sufficiente. Queste constatazioni sono confermate dai risultati della consultazione pubblica: il 48% dei partecipanti non sono soddisfatti del coordinamento fra le procedure principali e le procedure secondarie.

L’articolo 33, paragrafo 1, che consente al curatore principale di chiedere una sospensione della liquidazione nelle procedure secondarie, non è sufficientemente chiaro e ampio per quanto riguarda la gamma di misure che la domanda del curatore principale può coprire. La disposizione dell’articolo 33, paragrafo 2, riguardante la fine della sospensione, non è coerente con la disposizione dell’articolo 33, paragrafo 1.

7.           Gruppi di società

Benché un gran numero di casi d’insolvenza transfrontalieri interessino gruppi societari, il regolamento non contiene disposizioni specifiche che trattino l’insolvenza di un gruppo multinazionale di società. Il presupposto su cui si fonda il regolamento attuale è che le procedure d’insolvenza riguardano una singola entità giuridica, e che in linea di principio devono aprirsi procedure distinte per ogni società che faccia parte del gruppo. Non è previsto alcun obbligo di coordinare le procedure d’insolvenza indipendenti aperte per una società madre e le sue controllate per facilitarne la riorganizzazione o – quando ciò non è possibile – per coordinarne la liquidazione. Né i curatori né i giudici che intervengono nelle varie procedure relative a società di uno stesso gruppo hanno il dovere di cooperare e comunicare fra di loro. Se i curatori possono collaborare su base volontaria, in molti Stati membri, invece, i giudici non possono cooperare fra di loro se non vi è una base giuridica che li autorizzi espressamente a farlo.

La giurisprudenza ha esaminato varie vie per rimediare nella pratica alla mancanza di disposizioni specifiche sull’insolvenza dei gruppi societari.

Nei primi anni dopo l’entrata in vigore del regolamento alcuni giudici nazionali hanno dato un’ampia interpretazione delle sue norme sulla competenza, per portare le procedure d’insolvenza riguardanti tutte le società del gruppo, comprese quelle situate in un altro Stato membro, davanti alla giurisdizione della sede statutaria della società madre. In generale, i giudici interessati hanno giustificato un tale consolidamento delle procedure d’insolvenza col fatto che le decisioni commerciali delle controllate dipendevano dalla società madre[27].

La sentenza Eurofood della Corte di giustizia del 2006 ha considerevolmente ridotto il campo d’applicazione di questa possibilità di consolidamento procedurale, e ha rafforzato la regola secondo la quale ogni entità giuridica deve essere trattata separatamente[28]. Secondo la Corte, il controllo della direzione commerciale non basta, da solo, a situare il centro degli interessi economici di una controllata presso la società madre piuttosto che presso la propria sede statutaria. Dopo la sentenza Eurofood – e la pronuncia successiva nella causa Interedil, che rispecchia un approccio più flessibile -, è sempre possibile sottoporre a procedura d’insolvenza una controllata nello Stato membro in cui la società madre ha la sede statutaria, ma solo se gli elementi che mostrano che il centro degli interessi principali della controllata è situato presso la sede della società madre sono obiettivi e riconoscibili da terzi. Ciò significa in pratica che i giudici devono esaminare un insieme complesso di fattori, fra l’altro, se il finanziamento di una controllata è garantito dalla società madre, se la società madre controlla le attività operative (ad es. approvando gli acquisti al di sopra di una certa soglia) e l’impiego di personale, se certe funzioni (come la gestione delle attrezzature informatiche o l’identità visuale/commerciale) sono centralizzate[29]. Fondamentalmente, queste condizioni saranno soddisfatte solo nel caso di imprese estremamente integrate.

Un altro approccio seguito nella pratica è la designazione dello stesso curatore nelle procedure riguardanti tutti i membri del gruppo interessato, o di curatori che già in precedenza hanno lavorato insieme con successo in casi d’insolvenza di gruppi[30]. Tuttavia, questa possibilità dipende attualmente dalla volontà di cooperazione dei curatori e dei giudici.

Complessivamente, la Commissione condivide i risultati dello studio di valutazione, secondo cui la mancanza di uno specifico quadro per l’insolvenza dei gruppi costituisce, in certi casi, un ostacolo all’efficiente amministrazione dell’insolvenza delle società facenti parte di un gruppo societario[31]. Questa valutazione è confermata dai risultati della consultazione pubblica: quasi la metà dei partecipanti (fra cui più di due terzi di giudici e di accademici) ritiene che il regolamento non funzioni in modo efficace per i casi di insolvenza di gruppi multinazionali.

8.           Pubblicazione delle procedure d’insolvenza e relativa informazione

Il regolamento contiene disposizioni che contribuiscono a garantire la pubblicità e la conoscenza delle procedure d’insolvenza. Ai sensi degli articoli 21 e 22 del regolamento, il curatore può chiedere che la decisione di apertura della procedura d’insolvenza e la decisione che lo nomina siano rese pubbliche in un altro Stato membro e annotate in registri pubblici di tale Stato. Gli Stati membri possono rendere obbligatorie tale pubblicità e tale annotazione, ma si tratta di misure che restano essenzialmente discrezionali.

Vi è un largo consenso a favore della conclusione che la mancata pubblicazione dell’apertura della procedura in un pubblico registro riduca considerevolmente la capacità dei creditori di venire informati sulle procedure d’insolvenza aperte in un altro Stato membro. La mancanza di informazioni sulle procedure pendenti ha anche portato all’avvio, in diversi Stati membri, di procedure concorrenti e superflue. Tre quarti dei partecipanti alla consultazione pubblica (75%) ritengono problematico il carattere facoltativo della pubblicità e dell’annotazione della decisione di apertura della procedura d’insolvenza.

Lo studio di valutazione d’impatto rileva che persiste tutta una serie di problemi anche se la pubblicità e l’annotazione sono state rese obbligatorie. Mentre le procedure d’insolvenza delle persone giuridiche sono registrate in ogni Stato membro, i casi d’insolvenza delle persone fisiche sono registrati sono in alcuni Stati. Solo 14 Stati membri pubblicano le decisioni in un registro fallimentare accessibile on-line al pubblico[32]. In nove altri Stati membri alcune informazioni sull’insolvenza sono disponibili in una banca dati elettronica, ad es. il registro delle società o una versione elettronica della Gazzetta ufficiale. Quattro Stati membri non forniscono in forma elettronica alcuna informazione sulle procedure d’insolvenza, cosa che rende particolarmente difficile l’accesso a tali dati dall’estero. Anche quando esistono registri elettronici nei singoli Stati membri, i creditori e i giudici stranieri non riescono a controllarli tutti regolarmente. Fra le misure di attuazione del piano d’azione E-Justice del 2009, la Commissione ha varato un progetto pilota per l’interconnessione dei registri fallimentari elettronici. Il progetto pilota, tuttavia, contempla a tutt’oggi solo sette Stati membri. La maggioranza dei partecipanti alla consultazione pubblica ritiene che gli Stati membri dovrebbero essere tenuti ad annotare le decisioni di apertura in un registro fallimentare, e che i registri fallimentari nazionali dovrebbero essere interconnessi.

9.           Insinuazione dei crediti

Lo studio di valutazione segnala problemi pratici legati a determinati aspetti dell’insinuazione al passivo dei crediti in situazioni transfrontaliere, in particolare le barriere linguistiche, i costi, i termini e la mancanza di informazioni sulla decisione di apertura, sul curatore e sulle formalità della lex fori concursus. Gli articoli da 39 a 42 del regolamento contengono solo norme minime che permettono ai creditori stranieri l’insinuazione dei loro crediti, ma non instaurano un quadro procedurale esaustivo.

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2 del regolamento, al creditore può essere chiesta una traduzione nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato di apertura. Lo studio di valutazione ha rivelato che in alcuni Stati membri la richiesta di una traduzione è diventata la regola piuttosto che l’eccezione, cosa che comporta costi e tempi supplementari.

Questo problema è legato alla questione dei costi procedurali. I relatori nazionali hanno in generale criticato i costi elevati delle traduzioni necessarie per l’insinuazione dei crediti. Inoltre, alcuni Stati membri esigono per l’insinuazione dei crediti il ricorso a un avvocato locale. Il costo medio dell’insinuazione dei crediti per un creditore straniero è stato stimato a circa 2000 euro in una situazione transfrontaliera. Dati questi costi elevati, i creditori possono scegliere di rinunciare, specialmente quando in gioco vi è un importo esiguo. Questo problema interessa principalmente le piccole e medie imprese così come i privati.

Lo studio di valutazione indica altresì le difficoltà derivanti dall’applicazione della legge del luogo d’apertura della procedura, in particolare per quanto riguarda le scadenze, la prova dei crediti e le specifiche procedure d’insinuazione al passivo. Sono stati riferiti casi in cui creditori stranieri non hanno avuto il tempo di far valere un credito perché i termini fissati dalla legislazione locale erano relativamente brevi e il curatore non aveva informato gli interessati prima della scadenza.

Quasi la metà dei partecipanti alla consultazione pubblica (46%) ritiene che vi siano problemi con l’insinuazione dei crediti ai sensi del regolamento. La questione interessa in particolare le PMI.

10.         Conclusioni

Sulla base dei risultati della valutazione di cui sopra la Commissione ritiene che, in generale, il regolamento funzioni in maniera corretta e soddisfacente: ha effettivamente attuato il principio del riconoscimento reciproco delle procedure d’insolvenza transfrontaliere e ne ha migliorato il coordinamento.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti che miglioreranno grazie ad adattamenti del regolamento. Le principali modifiche che proporrà la Commissione riguardano, in primo luogo, il campo d’applicazione. La Commissione suggerisce di ampliare il campo d’applicazione del regolamento rivedendo la definizione di procedura d’insolvenza per includervi le procedure ibride, le procedure di pre-insolvenza e le procedure d’insolvenza delle persone fisiche, che sono attualmente escluse.

Per quanto riguarda la competenza, il regolamento dovrebbe mantenere il concetto di centro degli interessi principali quale interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ma la Commissione propone di rivederne la formulazione per precisarne il senso. La modifica chiarisce anche l’applicazione della regola del centro degli interessi principali per i privati. La modifica proposta inserisce una regola sulla competenza per le azioni connesse, e il quadro procedurale per l’esame della competenza dovrebbe essere migliorato al fine di limitare il rischio del forum shopping.

La Commissione propone di migliorare la pubblicità delle procedure di insolvenza in due modi: rendendone obbligatoria la pubblicazione in un altro Stato membro e prevedendo che le decisioni di apertura e di chiusura delle procedure d’insolvenza e certe altre decisioni siano pubblicate in un registro elettronico, pubblicamente accessibile su Internet. I registri fallimentari elettronici dovrebbero rispondere alle esigenze legate alle procedure d’insolvenza transfrontaliere, ma saranno ovviamente utili anche agli utenti nazionali.

La proposta di introdurre nuovi moduli standard per la notifica delle procedure e l’insinuazione al passivo permetterà ai creditori stranieri di far valere i loro crediti più facilmente. Inoltre, i termini fissati per l’insinuazione al passivo devono essere abbastanza estesi per permettere di procedere effettivamente a questa operazione.

La Commissione affronta infine la questione dell’insolvenza dei gruppi societari: propone di includere nel regolamento norme specifiche per rendere più efficace il trattamento dell’insolvenza delle società facenti parte di un gruppo multinazionale. Una migliore cooperazione fra i curatori di diversi Stati membri dovrebbe contribuire al salvataggio delle imprese e a massimizzare il valore del loro attivo.

Sono state esaminate anche altre questioni in merito alle quali sono stati individuati problemi in sede di valutazione, ad esempio l’ampliamento del campo d’applicazione del regolamento al di fuori dell’UE, e la legge applicabile. La Commissione, tuttavia, non ritiene opportuno introdurre nel regolamento disposizioni specifiche riguardanti il riconoscimento e il coordinamento delle procedure d’insolvenza aperte al di fuori dell’UE. Come sopra indicato, la principale ragione è che tali disposizioni sarebbero vincolanti solo nel territorio degli Stati membri e non nei paesi terzi. Di conseguenza, l’eventuale redazione di un progetto di convenzione internazionale realizzerebbe meglio questi obiettivi, e garantirebbe inoltre gli interessi dell’Unione nei negoziati con i paesi terzi.

La Commissione non propone infine modifiche alle disposizioni del regolamento riguardanti la legge applicabile. Essa ritiene che l’applicazione delle disposizioni esistenti nell’UE sia soddisfacente e che i rispettivi ambiti della lex fori e della lex situ apportino il giusto equilibrio. La Commissione ritiene quindi preferibile mantenere le attuali norme sul conflitto di leggi, finché non saranno ulteriormente esaminati gli effetti delle eventuali modifiche sul diritto fallimentare, societario e sociale degli Stati membri.

[1]               GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1.

[2]               Hess/Oberhammer/Pfeiffer, “Study for an evaluation of Regulation (EC) No 1346/2000 on Insolvency Proceedings”, pubblicato sul sito Europa della DG GIUSTIZIA (http://ec.europa.eu/justice/civil/document/index_en.htm).

[3]               Studio pubblicato sul sito Europa della DG GIUSTIZIA (http://ec.europa.eu/justice/civil/document/index_en.htm).

[4]               Una panoramica statistica delle risposte ricevute attraverso lo strumento IPM è stata pubblicata all’indirizzo http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?userstate=DisplayPublishedResults&form=Insolvency. GHK/Milieu ha preparato un’analisi di tutte le risposte ricevute che fa parte dello studio di valutazione d’impatto sopra menzionato.

[5]               La situazione attuale non è chiara: dato che l’allegato A si riferisce in generale alle procedure previste dalla Legge sull’insolvenza, la procedura dello scudo protettivo sembra inclusa. È tuttavia ancora incerto se questa procedura corrisponda alla definizione dell’articolo 1, paragrafo 1 del regolamento.

[6]               CGE, causa C-461/11, Ulf Kaziemierz Radziejewski.

[7]               CGE, causa C-116/11, Bank Handlowy.

[8]               Considerando 9 del regolamento.

[9]               AT, BE, CZ, CY, DE, LV, ML, NL, PL e, in parte, FR, SI e UK. Nell’est della Francia (Basso Reno, Alto Reno, Mosella), il diritto fallimentare generale si applica anche ai privati sovra-indebitati. Nel Regno Unito, alcune delle procedure relative alle persone fisiche sovra-indebitate sono disciplinate dal regolamento (fallimento, concordato volontario individuale, atto fiduciario, deposito convenzionale – “sequestration”), mentre altre (ordinanze di remissione del debito, piani di gestione del debito) non lo sono.

[10]             EE, EL, FI, FR, LT, LU, SI, SE, UK.

[11]             FR, LU.

[12]             Si veda il considerando 9.

[13]             Direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II), GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1; direttiva 2001/24/CE in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15.

[14]             Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2012, che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, COM (2012) 280 final.

[15]             CGE, causa C-341/04, Eurofood.

[16]             CGE, causa C-396/09, Interedil.

[17]             CGUE, causa C-1/04, Staubitz-Schreiber.

[18]             Regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.

[19]             CGUE, causa 133/78, Gourdain contro Nadler.

[20]             Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (versione consolidata nella GU C 27 del 26.1.1998, pag. 1).

[21]             Causa C-339/07, Seagon contro Deko Marty.

[22]             Causa C-111/08, SCT Industri.

[23]             Causa C-111/08, SCT Industri.

[24]             Causa C-292/08, German Graphics.

[25]             Causa C-213/10, F-Tex.

[26]             Direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, GU 283 del 28.10.2008, pag. 36.

[27]             Questo approccio è apparso in Inghilterra ed è stato adottato dai giudici di Stati membri come Francia, Germania, Ungheria e Italia.

[28]             Causa C-341/04, Eurofood, punto 30.

[29]             Si veda ad es. la decisione della High Court nella causa Daisytek, 16.5.2003.

[30]             Ad es. Nortel.

[31]             Per maggiori dettagli si veda la valutazione d’impatto che accompagna la proposta di regolamento recante modifica del regolamento relativo alle procedure d’insolvenza.

[32]             AT, CZ, FI, DE, HU, LV, NL, PL, PT, RO, SI, SK, SE e, in parte, UK.