RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione sulla responsabilità e sul risarcimento dei danni finanziari subiti dai luoghi di rifugio che accolgono navi che necessitano di assistenza /* COM/2012/0715 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione sulla responsabilità e sul
risarcimento dei danni finanziari subiti dai luoghi di rifugio che accolgono
navi che necessitano di assistenza (Testo rilevante ai fini del SEE) 1. INTRODUZIONE Nel 2005 la Commissione ha stabilito di presentare
una modifica al quadro giuridico in materia di accoglienza di navi che
necessitano di assistenza in luoghi di rifugio, inizialmente previsto dalla
direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa
all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e
d'informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE. La Commissione ha
proposto l'introduzione dell'obbligo di accogliere le navi che necessitano di
assistenza se, successivamente a una valutazione, tale soluzione risulta essere
la migliore nell'ottica di tutelare la sicurezza umana e l'ambiente. In considerazione delle specifiche preoccupazioni
relative ai costi che i porti sarebbero chiamati a sostenere nell'accogliere le
navi che necessitano di assistenza, l'articolo 20 quinquies del testo
modificato della direttiva 2002/59/CE prevede che la Commissione esamini i
meccanismi di risarcimento esistenti negli Stati membri per le perdite
economiche potenziali subite dai luoghi di rifugio che danno accoglienza a una
nave e il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai risultati di tale
esercizio[1]. Prima di tale modifica nel 2009, la direttiva 2002/59/CE,
nello specifico all'articolo 26, paragrafo 2, stabiliva l'obbligo per la
Commissione di riferire in merito all'attuazione di adeguati piani di rifugio
da parte degli Stati membri (SM). La Commissione ha richiesto all'Agenzia
europea per la sicurezza marittima (EMSA) di fornire altresì informazioni pertinenti
sui meccanismi di responsabilità e risarcimento applicabili ai casi di
accoglienza di una nave in un luogo di rifugio. I dati raccolti dall'EMSA
hanno costituito la base della relazione della Commissione e fornito spunti
ulteriori in occasione del dibattito interistituzionale per il
terzo pacchetto legislativo sulla sicurezza marittima, in particolare per
la direttiva 2009/17/CE. In seguito all'adozione del pacchetto, la
Commissione ha ricevuto ulteriori informazioni aggiornate dall'EMSA,
essenzialmente incentrate sugli strumenti internazionali applicabili e sul
contesto giuridico dell'UE relativo alla responsabilità e al risarcimento in
caso di danni ai luoghi di rifugio. Più precisamente, la Commissione ha
incaricato un consulente esterno della conduzione di uno studio sui meccanismi
di responsabilità e risarcimento messi a disposizione dalle normative nazionali
degli Stati membri dell'UE. La presente relazione valuta la necessità di un
meccanismo aggiuntivo di responsabilità e risarcimento dei danni subiti da un
luogo di rifugio nell'accoglienza a navi che necessitano di assistenza proprio
sulla base di tali informazioni ricevute dalla Commissione. In tale contesto si
tiene conto anche della questione dell'assicurazione delle navi, in vista della
recente entrata in vigore della direttiva 2009/20/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio sull'assicurazione degli armatori per i crediti
marittimi, nonché delle ultime modifiche ai limiti di responsabilità introdotti
dalla Convenzione internazionale sulla limitazione della responsabilità per
crediti marittimi (convenzione LLMC del 1976), modificata dal protocollo del 1996
a livello internazionale[2]. 2. CONTESTO INTERNAZIONALE Il diritto pubblico internazionale non prevede
l'obbligo di accoglienza in un luogo di rifugio a navi che necessitano di
assistenza. Esistono, tuttavia, alcune disposizioni di legge che disciplinano i
trasporti marittimi e la responsabilità derivante dagli incidenti marittimi,
compreso l'inquinamento prodotto dalle navi e, più specificatamente, il
pagamento di importi a titolo di risarcimento delle parti interessate. Tali
responsabilità comprendono, espressamente per taluni strumenti, i luoghi di
rifugio e i danni causati dalle navi in pericolo accolte in tali luoghi, come
dimostra l'analisi seguente. 2.1. UNCLOS La Convenzione delle Nazioni Unite sul
diritto del mare (UNCLOS) ha scarsa pertinenza in questo caso, tuttavia
contiene alcune disposizioni generali sull'attribuzione della responsabilità
per atti illeciti compiuti in risposta agli incidenti marittimi con conseguente
inquinamento e ai casi di risarcimento in casi di inquinamento marino, che si
applicano altresì ai luoghi di rifugio[3]. 2.2. Convenzioni internazionali
speciali Le convenzioni speciali prevedono severi regimi di
responsabilità ai sensi del diritto internazionale, che prevedono limitazioni
specifiche e si applicano a diverse tipologie di inquinamento in mare. 2.2.1. Il sistema CLC – IOPC Il regime di responsabilità più sviluppato è stato
introdotto dalla convenzione internazionale sulla responsabilità civile per i
danni provocati dall'inquinamento da idrocarburi del 1992 (Civil Liability
Convention, convenzione CLC del 1992), integrata dalla convenzione che
istituisce un fondo internazionale per il risarcimento dei danni causati dall'inquinamento
da idrocarburi del 1992 (International Oil Pollution Compensation Fund,
convenzione IOPC) e dal protocollo del 2003 che istituisce un fondo
supplementare con lo stesso obiettivo. 27 Stati sono parti di tali strumenti,
compresi 19 Stati membri dell'UE. Ambito di applicazione Il sistema CLC-IOPC copre i danni causati
dall'inquinamento risultante dalla perdita o dallo sversamento in mare degli
idrocarburi trasportati da una nave. Tali danni possono derivare altresì da
misure precauzionali intraprese per evitare forme di inquinamento. Nonostante
la mancanza di esempi di questo tipo di danni, l'accoglienza di una nave in un
luogo di rifugio può essere ritenuta una misura precauzionale qualora sia
basata su una decisione ragionevole tesa a far fronte a un rischio di
inquinamento grave e imminente. In tal caso, non occorrerebbero meccanismi di
risarcimento aggiuntivi, a meno che la decisione di accogliere la nave non sia
stata presa con l'intento di salvare la nave stessa o il suo carico, laddove in
ogni caso risulterebbe difficile distinguere una tale circostanza da un
effettivo rischio di inquinamento. Il sistema offre un'interpretazione molto
ampia di danni indennizzabili, fra i quali rientrano danni a cose, perdita di
entrate subita a causa dell'inquinamento, danni ambientali e meri danni
economici (risultanti dall'impossibilità per i proprietari di beni non
inquinati di ricavare i proventi che solitamente traggono dalla propria merce).
L'unico limite applicabile a quest'ultimo tipo di danni si riferisce alla
mancanza di un nesso causale diretto tra la perdita economica subita e
l'inquinamento. Responsabilità dell'armatore La convenzione CLC del 1992 prevede la
responsabilità oggettiva dell'armatore, che è coperto da un'assicurazione
obbligatoria ai sensi della convenzione LLMC. L'armatore non può venire
esonerato dalla propria responsabilità, tranne in caso di danni che risultano
da un atto di guerra, da una calamità naturale che può essere considerato come causa
di forza maggiore, di un atto compiuto da terzi con l'intento di causare
danni specifici, o in caso di danni provocati esclusivamente dalla negligenza
delle autorità competenti incaricate di fornire assistenza alla nave in
navigazione nell'esercizio di tale funzione. Nell'ambito dell'accoglienza a una
nave in un luogo di rifugio, la decisione di accogliere la nave potrebbe
risultare in una responsabilità per colpa (ad esempio, in caso di decisione
infondata o basata su una valutazione erronea dei fatti) dell'autorità
competente che ha assunto la decisione, ovvero nella negligenza della vittima
(ovvero, il luogo di rifugio), e condurre pertanto a un esonero parziale o
totale della responsabilità dell'armatore al pagamento dei danni. Responsabilità aggiuntiva In caso di danni superiori ai limiti posti dalla
convenzione CLC, ovvero di mancata responsabilità o colpa dell'armatore, il
risarcimento alle vittime avviene tramite il fondo IOPC e il fondo
supplementare. Tali regimi prevedono esenzioni da responsabilità più ristrette
e che si applicano solo a casi di inquinamento provocati da un atto di guerra,
una nave da guerra, una nave armata da uno Stato per scopi non commerciali,
ovvero in caso di mancanza di un nesso causale tra la nave e i danni causati, o
tra i danni e l'atto intenzionale o la negligenza della vittima. I danni
indennizzabili a titolo di risarcimento da questi fondi possono raggiungere il
massimale cumulativo di 1,1 miliardi di euro circa[4] per i danni nella loro
totalità. Tranne nel caso dell'incidente della nave Prestige, all'epoca del
quale il secondo fondo non era ancora stato istituito, non si registrano esempi
in cui il risarcimento indennizzabile tramite il meccanismo CLC-IOPC sia stata
insufficiente per la copertura dei danni. A maggior ragione, se si considera
che i danni subiti dai luoghi di rifugio sono relativamente modesti rispetto
all'inquinamento complessivo causato da idrocarburi, il risarcimento offerto
dai fondi in tali casi appare essere sufficiente. 2.2.2. Convenzione HNS La convenzione internazionale sulla responsabilità
e sul risarcimento dei danni prodotti dal trasporto via mare di sostanze
pericolose e nocive del 1996 (di seguito convenzione «HNS») garantisce il
risarcimento dei danni causati dal versamento di sostanze pericolose e nocive
trasportate via mare, diverse dagli idrocarburi. La convenzione è stata
modificata da un protocollo nel 2010, che si ritiene abbia eliminato gli
ostacoli alla ratifica della convenzione e creato in tal modo le condizioni per
la sua entrata in vigore. In base al sistema CLC-IOPC, la convenzione HNS
stabilisce altresì due livelli di risarcimento a favore delle vittime: a) al primo livello, il risarcimento si basa sulla
responsabilità dell'armatore, che è automatica e presenta una soglia del valore
approssimativo di 137 milioni di euro[5]
coperto da un'assicurazione obbligatoria sottoscritta dall'armatore registrato
della nave; b) in caso di mancata responsabilità (cfr.
articolo 7, paragrafo 2) o colpa dell'armatore, ovvero di superamento del
limite di responsabilità per l'armatore, il risarcimento è garantito da un
fondo speciale fino al valore approssimativo di 300 milioni di euro[6]. In base alle informazioni fornite alla Commissione
dal Gruppo internazionale dei club di protezione e indennizzo (International
Group of Protection and Indemnity Clubs, Club P&I) non sono stati
registrati casi di inquinamento causato da sostanze pericolose e nocive
nell'ambito dei quali il valore dei danni abbia superato i limiti definiti
dalla convenzione. 2.2.3. Convenzione Bunker Oil La convenzione internazionale sulla responsabilità
civile per i danni derivanti dall'inquinamento determinato dal carburante delle
navi (convenzione «Bunker Oil») è entrata in vigore nel 2008 ed è stata
ratificata da 22 Stati membri dell'UE. Istituisce un regime di responsabilità
per i danni causati dal carburante delle navi, che comprendono sia i danni
derivanti dall'inquinamento e dal degrado dell'ambiente, sia il costo delle
misure preventive e le perdite o i danni ulteriori causati da tali misure. La responsabilità del risarcimento spetta
esclusivamente all'armatore della nave (definito lato sensu dalla
convenzione), è automatica — con le stesse eccezioni applicabili al sistema
CLC-IOPC, ed è garantita da una copertura assicurativa obbligatoria per le navi
di stazza lorda superiore a 1 000 tonnellate. La responsabilità è tuttavia
soggetta altresì ai limiti previsti dalla convenzione LLMC. In linea di
principio, la copertura offerta da tali limiti dovrebbe essere estesa a ogni
richiesta di risarcimento per danni causati dalle attività delle navi, anche in
considerazione dei dati statistici attuali sugli incidenti, che evidenziano
danni da inquinamento relativamente rari nei casi in cui i limiti posti dalla
convenzione LLMC si sono dimostrati insufficienti. 2.2.4. Convenzione sulla rimozione
dei relitti La convenzione internazionale di Nairobi sulla
rimozione dei relitti (cosiddetta convenzione sulla rimozione dei relitti) è
stata adottata nel 2007 e non è ancora entrata in vigore. È stata ratificata
finora da un solo Stato membro dell'UE. Prevede specificatamente la possibilità
per gli Stati costieri di procedere alla rimozione di un relitto, situato in un
luogo di rifugio, a spese dell'armatore della nave che dovrebbe disporre della
copertura assicurativa relativa ai danni relativi, entro i limiti stabiliti
dalla convenzione LLMC. È importante rilevare che gli Stati firmatari
della convenzione sulla rimozione dei relitti hanno la facoltà, in base a una
speciale notifica del segretario generale dell'IMO rilasciata ai sensi dell'articolo
3.2 della convenzione, di escludere l'applicazione dei limiti di responsabilità
dell'armatore della nave previsti dalla convenzione LLMC ai costi connessi alla
rimozione di un relitto dal proprio territorio. Numerosi Stati hanno applicato
tale disposizione per inviare notifiche, eliminando in tal modo le limitazioni
alla responsabilità connessa ai costi di rimozione di relitti dalle proprie
acque territoriali, compresi i danni subiti dai luoghi di rifugio. 2.3. Altre procedure
internazionali Nel 2003 l'IMO ha adottato orientamenti sui luoghi
di rifugio per le navi che necessitano di assistenza[7], che prevedano che le autorità
costiere chiamate a decidere in merito all'accoglienza di una nave in un luogo
di rifugio valutino fattori, quali il fatto che la nave abbia sottoscritto una
polizza assicurativa e disponga della garanzia finanziaria richiesta. In
seguito all'adozione degli orientamenti, in una serie di occasioni il comitato
giuridico dell'IMO ha discusso la questione della responsabilità e del risarcimento
per i danni subiti, non affrontata dagli orientamenti. Nel 2009, un progetto di strumento sui «Luoghi di
rifugio»[8],
sponsorizzato dal Comitato marittimo internazionale (CMI), è stato sottoposto
al comitato giuridico dell'IMO. La proposta ha riguardato una disposizione
specifica relativa a una garanzia bancaria o ad altre garanzie finanziarie che
l'armatore della nave è tenuto a fornire qualora un luogo di rifugio che abbia
acconsentito ad accogliere la nave ne faccia richiesta. Il comitato non ha
rilevato la necessità di uno strumento aggiuntivo per far fronte alla questione
del risarcimento dei danni subiti dai luoghi di rifugio in seguito
all'accoglienza della nave e ha concluso: «il regime internazionale che
comprende le convenzioni esistenti in materia di responsabilità e risarcimento
per i danni da inquinamento in mare costituisce un quadro giuridico completo,
in particolare se integrato dagli orientamenti sui luoghi di rifugio adottati
in conformità alla risoluzione A.949(23) e dagli altri accordi regionali»[9]. Vi sono alcuni esempi di strumenti regionali,
sottoscritti sia dall'UE, sia da taluni Stati membri dell'UE, che si occupano
della questione dell'accoglienza delle navi in luoghi di rifugio[10]. Si concentrano su una
cooperazione rafforzata tra gli Stati costieri nella regione interessata e
prevedono uno scambio di informazioni e la condivisione di risorse per fornire
una risposta immediata in situazioni di pericolo, con l'obiettivo di eliminare
o ridurre l'inquinamento. Tuttavia, non contemplano disposizioni in materia di
responsabilità e risarcimento per i danni subiti dai luoghi di rifugio.
Fanno tutti riferimento a strumenti internazionali, agli orientamenti IMO
del 2003 e alla legislazione dell'UE in materia. Questi esempi confermano pertanto
l'importanza di un'imminente entrata in vigore di tutti gli strumenti
pertinenti e l'interesse dei singoli Stati membri dell'UE a garantire una
migliore attuazione del quadro esistente nella propria regione. 3. CONTESTO DELL'UNIONE EUROPEA Oltre alla direttiva 2002/59/CE, il diritto
dell'Unione europea disciplina indirettamente la questione della
responsabilità e dei danni per le perdite subite dai luoghi di rifugio in caso
di accoglienza di una nave in pericolo attraverso i due strumenti giuridici delineati
qui di seguito. Tali strumenti si applicano fatte
salve le convenzioni internazionali che già vigono nell'Unione
europea (convenzioni CLC-IOPC, Bunker Oil LLMC — in attesa della ratifica e
dell'entrata in vigore della convenzione HNS e della convenzione sulla
rimozione dei relitti). Inoltre, in merito al problema trattato, la Corte di
giustizia dell'Unione europea ha stabilito[11]
che altre normative dell'UE possono costituire la base giuridica dei
risarcimenti per le misure di prevenzione e riparazione previsti dalle
amministrazioni degli Stati membri, al di fuori dell'ambito di applicazione
delle convenzioni internazionali, quali la direttiva 75/442/CEE del
Consiglio relativa ai rifiuti[12]. 3.1. Direttiva 2004/35/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in
materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale La direttiva si applica ai danni ambientali
causati dal trasporto marittimo di merci pericolose e inquinanti o a qualsiasi
minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente, a eccezione dei
danni che rientrano nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni
internazionali elencate nell'allegato IV della presente direttiva
(ad esempio, convenzione CLC-IOPC, convenzione HNS, convenzione Bunker Oil).
Stabilisce la responsabilità del soggetto trasportatore di tali merci entro i
limiti della versione aggiornata della convenzione LLMC, allo scopo di
finanziare misure di prevenzione o riparazione e risarcimento. Questo strumento prevede obblighi rilevanti per
l'armatore della nave al fine di prevenire i danni e provvedere al
disinquinamento. D'altro canto, consente ai porti di fungere solamente come
luoghi di rifugio nell'intento di accrescere la responsabilità degli armatori
di navi rispetto alla riparazione dei danni ambientali. Il recepimento di tale direttiva da parte degli
Stati membri è stato ultimato e il controllo della relativa attuazione da parte
della Commissione ha prodotto risultati soddisfacenti. 3.2. Direttiva 2009/20/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio sull'assicurazione degli armatori per i
crediti marittimi La direttiva prescrive che tutte le navi battenti
bandiera di uno Stato membro o che entrano nel porto di uno Stato membro
abbiano una copertura assicurativa sufficiente a coprire tutti i crediti
marittimi entro i limiti previsti dalla convenzione LLMC, modificata dal
protocollo del 1996. Ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della
convenzione LLMC, l'elenco dei crediti soggetti a limitazione di responsabilità
comprende danni alle proprietà (compresi gli impianti portuali) direttamente
connesse ad attività navali o a operazioni di salvataggio, nonché le perdite
risultanti da tali operazioni. L'elenco menziona altresì espressamente i danni
relativi alla rimozione dei relitti. Pertanto, i danni principali che possono
essere sostenuti dai luoghi di rifugio rientrano nell'ambito di applicazione
della direttiva 2009/20/CE e hanno una copertura assicurativa obbligatoria nel
territorio dell'UE. Solo nei casi in cui tutti i danni risultanti da operazioni
della nave in oggetto superino il limite previsto dalla convenzione, il luogo
di rifugio potrebbe non essere risarcito di parte dei danni subiti. Se si tiene
conto dell'importo rilevante di tale limite, la probabilità di casi simili
dovrebbe tuttavia essere limitata, se non del tutto inesistente. Alla luce delle disposizioni della direttiva, è
fortemente improbabile che una nave priva di sufficiente copertura assicurativa
si trovi nella posizione di dover richiedere accoglienza in un luogo di rifugio,
in quanto non le è in alcun caso consentito di accedere alle acque dell'UE. Ciò
garantisce ai luoghi di rifugio un livello ulteriore di copertura assicurativa
— rationae loci — rispetto agli armatori in caso di danni. Sebbene
improbabile, non è possibile escludere lo scenario in cui una nave battente
bandiera di un paese terzo non soggetto all'obbligo stringente di avere una
copertura assicurativa applicabile a tutte le bandiere degli Stati membri
dell'UE ai sensi di questa direttiva, necessiti di accoglienza in un luogo di
rifugio senza disporre di una sufficiente copertura assicurativa (articolo 20 quater,
paragrafo 1, della direttiva 2002/59/CE). Il meccanismo assicurativo si applica solamente
quando viene invocata la responsabilità dell'armatore. In generale, a meno che
non vi siano norme specifiche (ad esempio, i termini specifici di una polizza
assicurativa) che prevedono il diritto di avanzare un'azione legale diretta nei
confronti dell'assicuratore, il principio prevalente stabilisce che gli armatori
di navi debbano risarcire le vittime prima di potersi rivolgere al proprio
assicuratore per la copertura dei costi relativi. In base alla prassi seguita
dai club P&I, consistente nel fornire copertura assicurativa a oltre il 90%
del naviglio mondiale, la compagnia assicurativa offre copertura solamente a
fronte della responsabilità dell'armatore, qualora tale responsabilità sia
stata stabilita in seguito alla sentenza definitiva di un giudice o a un lodo
arbitrale approvato dalla compagnia stessa. Il recepimento della direttiva 2009/20/CE da parte
degli Stati membri sarebbe dovuto avvenire entro il termine del 1° gennaio 2012.
Gran parte degli Stati membri hanno già comunicato alla Commissione le misure
da essi adottate. La Commissione ha previsto un esame dettagliato delle misure
di recepimento comunicate, che dovranno essere svolte nel secondo semestre
dell'anno in corso. 4. CONTESTO NAZIONALE Nei casi non contemplati dagli specifici
meccanismi previsti dalle convenzioni internazionali o dalla direttiva 2004/35/CE,
i danni subiti da un luogo di rifugio sono disciplinati dalle disposizioni
nazionali in materia di responsabilità di uno dei 22 Stati costieri dell'UE.
Più specificatamente, le situazioni in cui si applicano le normative nazionali
anziché le norme di diritto internazionale o dell'UE sopra descritto si
limitano ai seguenti casi: a) mancata ratifica da parte dello Stato
interessato dello strumento internazionale pertinente; b) mancata entrata
in vigore della convenzione internazionale pertinente; c) esenzioni e
limitazione della responsabilità stabilite al di sopra delle norme di diritto
internazionale e dell'UE; e d) tipologia di danni ai luoghi di
rifugio non contemplata dalle norme di diritto internazionale e dell'UE. In
merito all'ultimo caso, è opportuno notare che la probabilità che si verifichi
una tale circostanza è molto bassa in quanto le tipologie di danni più
rilevanti (ad esempio, danni prodotti da versamenti di idrocarburi, HNS,
rimozione di relitti o qualsiasi altro danno ambientale) sono ora contemplate
da strumenti internazionali specifici e dalla direttiva 2004/35/CE. 4.1. Responsabilità degli armatori
di navi La «colpa» rappresenta la base della
responsabilità degli operatori privati, ovvero degli armatori di navi, e
costituisce un elemento comune tra i 22 Stati costieri dell'UE. In 10 di questi
Stati, l'armatore può essere ritenuto responsabile anche in assenza di colpa,
in veste di armatore che svolge attività intrinsecamente rischiose, o di
soggetto che ha in custodia un bene potenzialmente pericoloso, ovvero è
responsabile - in linea di principio - dei danni causati dai suoi sottoposti.
In altri 2 Stati l'armatore è, in gran parte dei casi, automaticamente
responsabile dei danni causati dall'accoglienza di una nave in un luogo di
rifugio. In generale, le riparazioni dovute ai luoghi di
rifugio coprono la totalità di tali danni indipendentemente dall'esistenza di
un nesso causale diretto o indiretto. Si applicano le disposizioni in materia di
limitazione della responsabilità degli armatori previste dalla convenzione
LLMC, nella versione del 1976 (IE) o nella versione del 1996 modificata (in
seguito alla ratifica del protocollo del 1996 da parte di 18 Stati membri
costieri). Nei 3 Stati costieri restanti, la responsabilità è soggetta a
limitazioni specifiche (IT), ovvero è, in linea di principio, illimitata, fatte
salve le convenzioni internazionali pertinenti (PT, SI. 4.2. Responsabilità dello Stato
costiero Nei casi in cui in cui non si può invocare la
responsabilità dell'armatore, è possibile richiamare la responsabilità dello
Stato costiero la cui autorità competente ha preso la decisione di accogliere
una nave in un luogo di rifugio, che è poi risultata nei danni successivamente
subiti. In questi casi, tutti gli Stati costieri dell'UE
possono essere ritenuti responsabili per colpa. Tuttavia, in 11 di loro la
responsabilità dello Stato può essere altresì ravvisata anche in assenza di
colpa. Ciò avviene nell'ambito di un regime generale di «responsabilità
oggettiva» dello Stato (sulla base del rischio o della violazione del principio
di uguaglianza a fronte di oneri pubblici), ovvero in base a disposizioni
speciali che prevedono la riparazione dei danni specificatamente causati ai
luoghi di rifugio. In questi casi, la riparazione può limitarsi ai danni
irregolari che superino il limite di danni previsto che un luogo di rifugio è
ragionevolmente in grado di sostenere. In generale, nei casi restanti in cui il diritto
di un luogo di rifugio alla riparazione dei danni si basa esclusivamente sulle
norme di diritto nazionale, nonostante la mancanza di armonizzazione a livello
dell'UE vi è un ambito di responsabilità universalmente accettato tra gli Stati
membri, basato sul principio della colpa. In numerosi altri casi si
applicano, tuttavia, altre forme di responsabilità sia nei confronti degli
operatori privati, sia dello Stato (ad esempio, responsabilità oggettiva o
responsabilità assoluta). Tenuto conto delle normative nazionali applicabili
in questo ambito, è possibile trarre le seguenti conclusioni. In 6
Stati membri (DK, EE, FR, DE, PT, SI) un'autorità nazionale incaricata del
controllo di un luogo di rifugio può, in linea di principio, ottenere sempre il
risarcimento dei danni subiti, laddove tale risarcimento può provenire
dall'armatore o dallo Stato. Solo in casi specifici, determinate tipologie di
danni irregolari o che comportano mere perdite economiche possono restare a
carico dell'autorità competente che ha assunto la decisione di accogliere una
nave in un luogo di rifugio. In gran parte degli altri Stati membri (BG,
EL, IT, LV, LT, MT, NL, PL, RO, ES, SE, UK), tale questione particolare è
coperta da un regime di responsabilità nell'ambito del quale le cause di
un'esenzione di responsabilità sono molto limitate: forza maggiore, mancanza di
colpa imputabile all'autorità pubblica o, in taluni casi, danni che comportano
mere perdite economiche. 5. CONCLUSIONI Alla luce dell'analisi condotta esistono tre
livelli di normative applicabili all'ambito della responsabilità e del
risarcimento dei danni subiti dai luoghi di rifugio, complementari l'uno
rispetto all'altro. Vengono di seguito riportate le conclusioni della
Commissione e alcune raccomandazioni per una migliore attuazione della
normativa. 5.1. A livello internazionale Le convenzioni internazionali adottate finora in
materia di responsabilità nel settore dei trasporti marittimi offre un sistema
di regole che garantiscono l'applicabilità di meccanismi di responsabilità
soddisfacenti negli ambiti di applicazione di tali convenzioni e che sono
dunque pertinenti all'accoglienza di una nave in un luogo di rifugio. È importante sottolineare che gli Stati membri, in
seno al Consiglio nel 2008, si sono assunti un impegno restrittivo di
ratificare tutti gli strumenti internazionali pertinenti affinché il sistema
internazionale completo di regole in materia di sicurezza marittima, ivi
comprese le regole in materia di danni ai luoghi di rifugio possa entrare in
vigore[13].
La Commissione ha ricordato tale impegno agli Stati membri in numerose occasioni
successive. A tal fine, l’IMO pubblica una tabella aggiornata sullo stato
dell'attività di ratifica delle convenzioni internazionali pertinenti, inclusi
gli Stati membri [14]. Raccomandazioni per una
migliore attuazione: 1.
In merito alla limitazione di responsabilità per i
crediti marittimi, è opportuno che gli Stati membri ratifichino il protocollo
del 1996 della convenzione LLMC. Per limitare il rischio di riduzione
dell'importo indennizzabile a titolo di risarcimento in seguito
all'applicazione di tali limiti, è opportuno che questi vengano aggiornati con
regolarità, come è avvenuto recentemente in seno all'IMO (LEG 99, cfr. sezione
precedente). 2.
Sarebbe altresì consigliabile che le parti
contraenti o potenzialmente contraenti di tutti gli Stati membri della
convenzione LLMC escludano dall'ambito di applicazione della convenzione i
costi relativi alla rimozione dei relitti dalle proprie acque territoriali,
compresi i danni causati ai luoghi di rifugio, come previsto altresì
dall'articolo 3.2 della convenzione di Nairobi sulla rimozione dei relitti. Ciò
implica l'impossibilità che esista una limitazione di responsabilità per tali
danni. 3.
Ottenere tutti i chiarimenti pertinenti a livello
dell'IMO potrebbe essere utile per confermare che l'accoglienza di una nave in
un luogo di rifugio può essere considerata, in linea di principio, una misura
di prevenzione, in quanto garantirebbe l'applicabilità di alcune convenzioni
internazionali (ad esempio, convenzioni CLC-IOPC, Bunker Oil) sulla materia. 4.
Un altro possibile miglioramento del sistema
attuale consisterebbe nel chiarimento, a livello IMO, della nozione di «mere
perdite economiche» per le quali il risarcimento può essere escluso, per
sviluppare un approccio coerente alla materia, tenendo conto del fatto che tali
perdite potrebbero non avere un nesso causale diretto con l'azione che ha
provocato il danno. 5.
Occorre stabilire a livello internazionale il
requisito generale di un'assicurazione di responsabilità obbligatoria, compresa
la responsabilità civile, in linea con la prassi attuale dei club P&I, come
emerso dalle consultazioni in seno all'IMO sulla materia[15]. 5.2. Livello UE La legislazione dell'UE attualmente in vigore
sulla materia integra le convenzioni internazionali con un approccio
particolarmente restrittivo alla responsabilità per i danni ambientali e con
l'obbligo ad avere una copertura assicurativa sufficiente o altre garanzie
finanziarie per ogni nave che entri nelle acque dell'UE, senza eccezioni di
sorta. Questo regime protegge altresì i luoghi di rifugio, in quanto tiene
conto degli aspetti più sensibili della loro attività. Il rafforzamento dell'attività di cooperazione e
comunicazione tra gli Stati membri volto a facilitare il processo
decisionale in caso di navi che necessitano di assistenza può costituire,
sebbene non pertinente agli scopi della presente relazione, un miglioramento
potenziale al quadro normativo generale sui luoghi di rifugio. 5.3. Livello nazionale Per tutti i casi restanti basati esclusivamente
sulle normative nazionali, lo studio condotto per conto della Commissione
evidenzia che in gran parte degli Stati membri i danni ai luoghi di rifugio
sono sufficientemente coperti da norme che prevedono misure di riparazione, le
quali in alcuni casi si spingono anche a garantire un risarcimento sistematico
di qualsiasi danno potenziale. Le poche differenze esistenti tra i regimi di
risarcimento degli Stati membri non costituiscono una minaccia all'applicazione
uniforme della direttiva relativamente all'accoglienza delle navi nei luoghi di
rifugio e non sono pertanto sufficienti a giustificare la creazione di un nuovo
regime specifico di una singola categoria di operatori. Raccomandazione per una
migliore attuazione: È opportuno che nelle rispettive normative
nazionali gli Stati membri continuino a considerare e definire attentamente i
rischi che i luoghi di rifugio devono assumersi nell'ambito della loro normale
attività, come avviene nel caso degli altri operatori economici. [1] Direttiva 2009/17/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, che modifica la direttiva 2002/59/CE, GU L 131 del 28.5.2009, pag. 101. [2] Risoluzione IMO LEG.5 (99), adottata il 19.4.2012 (non
ancora in vigore) che propone l'innalzamento degli importi relativi alle
limitazioni di responsabilità per riflettere i cambiamenti occorsi in termini
di valori monetari, inflazione e tassi di infortunio. [3] Cfr. articoli 232 e 235(2) UNCLOS:
http://www.un.org/Depts/los/convention_agreements/texts/unclos/unclos_e.pdf. [4] Tali importi sono calcolati in base ai tassi di
conversione dei diritti speciali di prelievo [DSP] al 26 settembre 2012:
http://www.imf.org/external/np/fin/data/rms_five.aspx. [5] Ibid. [6] Ibid. [7] Risoluzione IMO 949(23), adottata il 5.12.2003. [8] Documento LEG95/9 del 23.1.2009, presentato dal CMI in
«Varie ed eventuali», allegato I al «Progetto di strumento sui luoghi di
rifugio». [9] Documento LEG95/10 del 22.4.2009, «Relazione del
Comitato giuridico sui lavori della sua novantacinquesima sessione», pagg. 24-25. [10] Protocollo relativo alla cooperazione in materia di
prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione
critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, adottato il
25.1.2002, entrato in vigore il 17.3.2004. (fonte: www.unepmap.org ). Inoltre, Accordo
concernente la cooperazione in materia di lotta contro l ' inquinamento del
Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo
di Bonn), siglato nel 1983 e modificato dalla decisione 21.9.2002, capitolo 27
«Luoghi di rifugio». (fonte: www.bonnagreement.org).
Commissione per la protezione dell'ambiente marino del Baltico (HELCOM),
raccomandazioni relative a un piano comune per i luoghi di rifugio nell'area
del Baltico (Mutual Plan for Places of Refuge in the Baltic Sea Area),
documento HELCOM «Raccomandazione 31E/5» adottato il 20.5.2010, consultabile
alla pagina: http://www.helcom.fi/Recommendations/en_GB/rec31E_5/. [11] Causa C-188/07, Commune de Mesquer contro Total France SA,
ECR 2008, pag. I-4 501. [12] GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39, abrogata dalla direttiva 2006/12/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti,
GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9. [13] Documento del Consiglio n. 15859/08 ADD 1, del 19.11.2008,
«Dichiarazione degli Stati membri in materia di sicurezza marittima». [14] Cfr. sito internet IMO alla pagina:
http://www.imo.org/About/Conventions/StatusOfConventions/Pages/Default.aspx. [15] Risoluzione IMO A.898(21), Orientamenti in materia di
responsabilità degli armatori relativamente ai crediti marittimi, adottata il 25.11.1999.