RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO sul recepimento della direttiva 2009/81/CE sugli appalti nei settori della difesa e della sicurezza /* COM/2012/0565 final */
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO sul recepimento della direttiva 2009/81/CE
sugli appalti nei settori della difesa e della sicurezza I. Sintesi La
direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009,
relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni
appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della
sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti
aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE[1] (di seguito “la direttiva”) è
un elemento importante della politica della Commissione intesa a istituire un
vero mercato europeo dei materiali per la difesa e a creare condizioni di
parità a livello europeo negli appalti per la difesa. Per la prima volta
assoggetta gli appalti nei settori della difesa e in settori sensibili alle
regole specifiche del mercato interno, promuovendo in tal modo la trasparenza e
la concorrenza e assicurando la soddisfazione delle esigenze in materia di
appalti in un contesto caratterizzato da un costante inasprimento delle
condizioni finanziarie. La
maggior parte dei ventitré Stati membri che hanno recepito la direttiva al
luglio 2012 sembrano averlo fatto correttamente. La stragrande maggioranza
degli Stati membri ha anche recepito le disposizioni non obbligatorie in
materia di subappalto, che mirano in particolare ad accrescere la concorrenza
nelle catene di fornitura degli aggiudicatari. La Commissione continuerà a
monitorare l’iter del recepimento e il contenuto delle misure nazionali di
attuazione, al fine di garantire la piena conformità alla normativa europea. In
particolare prenderà misure per completare la graduale eliminazione delle
compensazioni che si discostano dai principi fondamentali del trattato. Dopo
il recepimento della direttiva la Commissione si concentrerà sulla sua corretta
applicazione negli Stati membri. Le situazioni saranno diverse da uno Stato
membro all’altro, in particolare in funzione della capacità industriale del
settore della difesa nazionale. Tuttavia, presupposto indispensabile per creare
condizioni di parità per le imprese europee e realizzare un efficiente mercato
europeo della difesa è garantire una concorrenza libera e leale in tutta l’Unione.
Allo
stesso tempo la Commissione, assieme agli Stati membri e all’Agenzia europea
per la difesa, continua ad analizzare le modalità per rafforzare il mercato
interno in questo settore di importanza strategica per l’Unione. II. Introduzione Insieme
alla direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009,
che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle
Comunità di prodotti per la difesa, la quale disciplina i trasferimenti
intra-UE di prodotti della difesa[2],
la direttiva costituisce un contributo importante alla creazione di un vero
mercato europeo dei materiali per la difesa e al rafforzamento della base
industriale e tecnologica della difesa europea. I
mercati della difesa e, in misura minore, della sicurezza sono mercati che
presentano un’alta specificità. Il cliente è principalmente (nel settore della
difesa, esclusivamente) pubblico e sia la difesa e che la sicurezza
costituiscono prerogative nazionali. Inoltre, la spesa per la difesa e le
relative capacità industriali sono fortemente concentrate in un numero
ristretto di Stati membri. Data la natura dei prodotti, i mercati sono
altamente regolamentati, alcune società sono di importanza strategica e le
decisioni sugli appalti sono spesso determinate anche da considerazioni di
carattere politico e strategico. La
direttiva prevede norme in materia di appalti pensate appositamente per tener
conto di ciò che contribuisce all’unicità del materiale per la difesa e per la
sicurezza, ossia la loro sensibilità e complessità. Comprende disposizioni
specifiche sulla sicurezza delle forniture e sulla sicurezza delle
informazioni, e consente di utilizzare senza restrizioni la procedura di
aggiudicazione più flessibile. Gli Stati membri hanno a loro disposizione norme
europee che possono applicare a operazioni complesse e sensibili senza
compromettere i loro interessi legittimi di sicurezza. Pertanto, gli appalti
per la difesa non devono più essere di norma aggiudicati al di fuori delle
regole del mercato interno, invocando la clausola di eccezione di cui all’articolo
346 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Ciò consentirà
una maggiore trasparenza e accrescerà la concorrenza, che a loro volta
dovrebbero promuovere la competitività e la capacità di innovazione delle
imprese europee e consentire agli Stati membri di soddisfare le loro esigenze
in materia di appalti, nonostante il continuo ridursi dei fondi disponibili. La
direttiva avrebbe dovuto essere recepita dagli Stati membri entro il 21 agosto 2011.
La presente relazione attua l’articolo 73 della direttiva, che impone alla
Commissione di presentare una relazione “sulle disposizioni emanate dagli
Stati membri al fine del recepimento della presente direttiva, in particolare
dell’articolo 21 e degli articoli da 50 a 54”. La
relazione valuta la situazione generale del recepimento della direttiva da
parte degli Stati membri e analizza quindi le disposizioni fondamentali per la
creazione di un mercato europeo dei materiali per la difesa: l’ambito di applicazione
(articolo 2), le esclusioni dall’ambito di applicazione della direttiva
(articoli 12 e 13), le disposizioni in materia di subappalto (articolo 21
e articoli da 50 a 54) e le procedure di ricorso (articoli da 55 a 64). La
relazione fa anche il punto della situazione per quanto riguarda le
compensazioni, il cui mantenimento rappresenta una seria minaccia per la
corretta applicazione della direttiva. III. Stato di avanzamento del recepimento della
direttiva 2009/81/CE Al
21 agosto 2011 solo tre Stati membri avevano comunicato alla Commissione il
recepimento completo della direttiva e un quarto Stato membro ha comunicato il
recepimento completo nel settembre 2011. La Commissione ha pertanto avviato la
procedura di infrazione contro 23 Stati membri (articolo 258 del TFUE),
inviando lettere di costituzione in mora. In seguito a ciò, al marzo 2012 altri
quindici Stati membri hanno comunicato il recepimento completo. Per i restanti
otto Stati membri la Commissione ha proseguito la procedura di infrazione formulando
il parere motivato. Entro giugno 2012, due di questi Stati membri hanno
proceduto al recepimento completo mentre altri due Stati membri hanno recepito
la direttiva solo parzialmente. Al
luglio 2012 quattro Stati membri non avevano ancora comunicato alcun
provvedimento di recepimento alla Commissione. A tempo debito la Commissione
intende rinviare i casi di mancato o parziale recepimento alla Corte di
giustizia europea. Poiché
la maggior parte degli Stati membri ha recepito la direttiva con un considerevole
ritardo, la Commissione sta ancora verificando se le disposizioni nazionali di
esecuzione rispettino la direttiva. IV. Disposizioni nazionali di attuazione di elementi fondamentali della
direttiva A. Ambito di applicazione della direttiva (articolo 2) È
fondamentale per l’efficace attuazione della direttiva che le disposizioni
nazionali di attuazione adottate dagli Stati membri si applichino a tutti gli
appalti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva. Il corretto
recepimento dell’articolo 2 è pertanto un elemento essenziale. A
norma dell’articolo 2, la direttiva si applica agli appalti aggiudicati “nei
settori della difesa e della sicurezza che hanno come oggetto: a) la
fornitura di materiale militare e loro parti, componenti e/o sottoassiemi; b) la
fornitura di materiale sensibile e loro parti, componenti e/o sottoassiemi; c) lavori,
forniture e servizi direttamente legati al materiale di cui alle lettere a) e
b) per ognuno e tutti gli elementi del suo ciclo di vita; d) lavori e servizi
per fini specificatamente militari, o lavori e servizi sensibili.”
Pertanto, è l’oggetto dell’appalto che determina l’applicazione della
direttiva. Nel
settore della difesa l’ambito di applicazione della direttiva è determinato
dall’articolo 346 del TFUE e copre, in linea di principio, tutti gli appalti
per l’acquisto di materiale, di lavori e di servizi militari. Inoltre, la
direttiva si applica anche a tutti gli acquisti sensibili che hanno un
obiettivo di sicurezza e comportano informazioni classificate. Tutti gli altri
appalti nel settore della difesa e della sicurezza continuano a rientrare nell’ambito
di applicazione della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti
erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto
e servizi postali[3],
e della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31
marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi[4], che disciplinano gli appalti
pubblici nel settore civile. Sedici
Stati membri hanno recepito l’articolo 2 prevedendo in sostanza una
formulazione analoga a quella della direttiva. Tuttavia, sei Stati membri hanno
utilizzato una diversa formulazione. Di queste, solo alcune potrebbero cambiare
in modo sostanziale l’ambito di applicazione della direttiva. Uno
Stato membro, ad esempio, ha limitato l’applicazione delle misure di attuazione
nazionali a specifiche amministrazioni aggiudicatrici. Gli appalti aggiudicati
da altre amministrazioni aggiudicatrici che rientrano nell’ambito di
applicazione sostanziale della direttiva non saranno perciò coperti. Una tale
impostazione basata sulla differenziazione costituisce una minaccia per la
parità di condizioni in Europa per quanto riguarda l’aggiudicazione di appalti
disciplinati dalla direttiva ed è incompatibile con la direttiva. Alcuni
Stati membri utilizzano specifici elenchi nazionali per definire l’ambito di
applicazione della direttiva nel settore della difesa. In linea di principio,
tali elenchi costituiscono riferimenti legittimi per l’interpretazione dell’articolo
2, purché si rifacciano all’elenco del 1958[5].
Verrà effettuata un’ulteriore valutazione dettagliata per verificare il
rispetto di questa condizione. Uno
Stato membro subordina i cosiddetti “prodotti a duplice uso” all’applicazione
della direttiva. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia
europea (sentenza del 7 giugno 2012 nella causa C-615/10), tali prodotti
sono soggetti alle disposizioni più rigorose delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
e non a quelle della direttiva. Nel
complesso la Commissione è tuttavia convinta che la maggior parte degli Stati
membri ha recepito correttamente l’articolo 2. Dovrà esaminare attentamente le
misure che saranno necessarie per assicurare la piena applicazione di questa
particolare disposizione in ciascuno degli Stati membri. B. Esclusioni dall’ambito di applicazione della direttiva (articoli 12
e 13) Agli
articoli 12 e 13, la direttiva prevede una serie di esclusioni specifiche dal
suo ambito di applicazione. Conformemente all’articolo 11 e alla giurisprudenza
della Corte di giustizia europea, queste esclusioni dall’applicazione della
normativa europea devono essere interpretate in senso restrittivo. È pertanto
di fondamentale importanza per l’efficacia della direttiva che gli Stati membri
recepiscano correttamente tali disposizioni. A
norma dell’articolo 12, taluni appalti aggiudicati in base a norme
internazionali sono esclusi dalla direttiva. Tali esclusioni, basate sulle
analoghe esclusioni delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, sono state
adattate alla situazione specifica nel settore della difesa. L’articolo 12,
lettera c), specifica in particolare che gli appalti disciplinati da norme
procedurali specifiche di un’organizzazione internazionale sono esclusi dall’ambito
di applicazione della direttiva se l’organizzazione effettua l’appalto per le
proprie finalità o se uno Stato membro ha l’obbligo di aggiudicare gli appalti
in conformità a dette norme. Le
misure nazionali di attuazione di dieci Stati membri utilizzano la stessa
formulazione dell’articolo 12 della direttiva. Tredici Stati membri, invece,
hanno adottato una formulazione diversa, che non sembra modificare l’ambito
sostanziale delle esclusioni. Almeno uno Stato membro, tuttavia, ha esteso l’ambito
di applicazione dell’esclusione di cui all’articolo 12, lettera c). Le misure
nazionali di attuazione di detto Stato membro non limitano l’esclusione agli
acquisti per finalità proprie all’organizzazione internazionale. L’articolo
13 contiene tutte le altre esclusioni specifiche, alcune delle quali sono
identiche alle esclusioni previste dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Le
esclusioni specifiche nel settore della difesa riguardano principalmente gli
appalti che comportano la divulgazione di informazioni (articolo 13, lettera
a)), gli appalti per attività di intelligence (articolo 13, lettera b)),
gli appalti nel quadro di programmi di cooperazione (articolo 13 (c)) e gli
appalti aggiudicati in paesi terzi (articolo 13, lettera d)). Un’ultima
esclusione riguarda gli appalti aggiudicati da un governo ad un altro governo
(articolo 13, lettera f)). Le
misure nazionali di attuazione di nove Stati membri utilizzano la stessa
formulazione dell’articolo 13 della direttiva. Quattordici Stati membri hanno
adottato una diversa formulazione. Come per l’articolo 12, la maggior parte di
queste differenze non sembrano modificare l’ambito di applicazione sostanziale
dell’articolo. Le
poche modifiche sostanziali riguardano principalmente l’esclusione in caso di
divulgazione di informazioni (articolo 13, lettera a)), nonché l’esclusione nel
quadro di programmi di cooperazione (articolo 13, lettera c)). A
norma dell’articolo 13, lettera a), la direttiva non si applica “agli
appalti per i quali l’applicazione delle disposizioni della presente direttiva
obbligherebbe uno Stato membro a fornire informazioni la cui divulgazione è
considerata contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza.” Tale
esclusione si basa sull’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), del TFUE, in
virtù del quale “nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui
divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali
della propria sicurezza”. La direttiva chiarisce che se uno Stato membro
non ha l’obbligo di fornire informazioni ai sensi dell’articolo 346, paragrafo 1,
lettera a), del TFUE, non è obbligato ad applicare la direttiva. Tutti
gli Stati membri, tranne due, hanno recepito questa esclusione correttamente.
Uno Stato membro non l’ha recepita. Gli altri Stati membri escludono tutti gli
appalti nei casi in cui la pubblicazione comporti la divulgazione di
informazioni classificate, il che va oltre la formulazione dell’articolo 13,
lettera a). Gli appalti che comportano informazioni classificate ricadono nell’ambito
di applicazione della direttiva e possono essere soggetti a disposizioni
specifiche che garantiscono la sicurezza delle informazioni. Altre
modifiche sostanziali all’ambito di applicazione di un’esclusione specifica
concernono l’articolo 13, lettera c). Esso esclude dall’ambito di applicazione
della direttiva alcuni contratti nel quadro di programmi di cooperazione. L’esclusione
come tale sembra essere stata correttamente recepita da tutti gli Stati membri.
Non è questo il caso, tuttavia, per quanto riguarda l’obbligo di informare la
Commissione dopo la conclusione del rispettivo accordo di cui all’articolo 13,
lettera c). Uno Stato membro non ha previsto alcun obbligo di informare la
Commissione, e un altro ha disposto che la Commissione venga informata solo al
termine del programma di cooperazione. Tutte le altre esclusioni di cui all’articolo
13 sono state recepite correttamente. Poiché
le esclusioni devono essere interpretate in senso restrittivo, la Commissione
sorveglierà attentamente l’utilizzo delle esclusioni da parte degli Stati
membri e verificherà che nessuna di esse, in particolare le esclusioni ai sensi
dell’articolo 12 e l’esclusione degli appalti aggiudicati da un governo ad un
altro governo di cui all’articolo 13, lettera f), sia utilizzata per aggirare
le norme della direttiva. C. Disposizioni in materia di subappalto (articolo 21 e articoli da 50
a 54 – titolo III). La
direttiva stabilisce numerose norme in materia di subappalto. Il loro scopo è
quello di rafforzare la concorrenza all’interno della catena di fornitura degli
aggiudicatari. Quanto più sistematicamente sono usati dalle amministrazioni
aggiudicatrici tanto più consentiranno di migliorare l’accesso al mercato, in
particolare per le PMI e per gli operatori economici stabiliti in paesi più
piccoli, contribuendo in tal modo alla realizzazione di un vero mercato europeo
dei materiali per la difesa. Le norme in materia di subappalto sono pertanto un
elemento fondamentale della politica della Commissione. L’articolo
73 impone alla Commissione di riferire specificamente in merito al loro
recepimento. Tali norme sono una novità nella normativa europea sugli appalti
pubblici. Le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE dispongono unicamente che: “l’amministrazione
aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a
chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le parti dell’appalto che
intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”. A
norma delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE le amministrazioni aggiudicatrici
non possono intervenire oltre nella scelta dei subappaltatori da parte dell’aggiudicatario.
Pur
ribadendo il principio di base all’articolo 21, paragrafo 2, le norme della
direttiva prevedono ulteriori importanti strumenti per gli Stati membri e le
rispettive amministrazioni aggiudicatrici. In
primo luogo, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, le amministrazioni
aggiudicatrici possono obbligare l’aggiudicatario ad aggiudicare tutti o alcuni
dei subappalti previsti mediante la procedura competitiva di cui al titolo III
della direttiva. Al momento del recepimento di questa disposizione gli Stati
membri potevano decidere se lasciare alle amministrazioni aggiudicatrici la
libertà di imporre l’aggiudicazione dei subappalti tramite procedura
competitiva o se prevedere un loro obbligo in tal senso. Ventidue
Stati membri hanno accordato alle rispettive amministrazioni contraenti la
possibilità di obbligare l’aggiudicatario ad aggiudicare i contratti di
subappalto mediante procedura competitiva. Nessuno Stato membro ha previsto un
obbligo in tal senso a carico delle amministrazioni aggiudicatrici. Uno Stato
membro sembra aver omesso di recepire l’articolo 21, paragrafo 3. In
secondo luogo, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4, gli Stati membri possono
prevedere l’obbligo di subappalto da parte dell’aggiudicatario. Tuttavia, il
recepimento di questa disposizione è lasciato alla discrezionalità degli Stati
membri. Gli Stati membri che intendono introdurre l’obbligo di subappalto hanno
due opzioni: possono concedere alle amministrazioni aggiudicatrici la
possibilità di imporre all’aggiudicatario di subappaltare o possono obbligarle
a farlo. Entrambe le opzioni, se esercitate, creano ulteriori opportunità
commerciali per i potenziali subappaltatori. Va
notato che l’aggiudicatario può essere obbligato a subappaltare solo fino al 30%
dell’appalto principale e che i contratti di subappalto devono essere
aggiudicati secondo la procedura competitiva di cui al titolo III. Solo
due Stati membri hanno scelto di non prevedere l’obbligo di subappalto. Tutti
gli altri Stati membri hanno concesso alle amministrazioni aggiudicatrici la possibilità
di imporre il subappalto senza obbligarle in tal senso. Una
valutazione preliminare indica che il recepimento da parte degli Stati membri
delle disposizioni in materia di subappalto sono in generale compatibili con la
direttiva. La Commissione ritiene che la maggior parte degli Stati membri
abbiano colto l’opportunità di accrescere la concorrenza nella catena di
fornitura e confida nel fatto che ciò avrà un impatto positivo sul mercato
interno. Poiché le disposizioni in materia di subappalto costituiscono uno
strumento importante per la creazione di parità di condizioni a livello europeo
nel mercato della difesa, la Commissione sorveglierà attentamente il loro
utilizzo da parte degli Stati membri. D. Meccanismo di ricorso, articoli da 55 a 64 La
direttiva comprende una serie di disposizioni miranti a rendere effettivi i
mezzi di ricorso disponibili agli offerenti che si ritengano danneggiati.
Queste disposizioni si basano sulle disposizioni di coordinamento dei sistemi
nazionali di ricorso per gli appalti nel settore civile, ossia le disposizioni
fissate dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11
dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio
per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso
in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici[6]. Circa
la metà degli Stati membri hanno recepito le disposizioni in materia di ricorso
nei provvedimenti nazionali di recepimento della direttiva, l’altra metà ha
scelto di recepire queste disposizioni nel quadro delle norme nazionali
generali in materia di misure correttive. La
direttiva prevede alcuni adeguamenti al sistema generale di ricorso per tenere
conto delle caratteristiche speciali del settore della difesa. La presente
relazione illustra le due più importanti. In
primo luogo, l’articolo 56, paragrafo 10, prevede che “gli Stati membri
possono decidere che un organo specifico abbia giurisdizione unica sui ricorsi
in materia di appalti nei settori della difesa e della sicurezza”, al fine
di garantire un livello adeguato di riservatezza delle informazioni
classificate. La disposizione contiene anche norme specifiche sulle modalità
per “conciliare la riservatezza delle informazioni classificate con il
rispetto del diritto alla difesa”. Sembra
che nessuno Stato membro si sia avvalso della facoltà di conferire ad un organo
specifico competenza giurisdizionale in materia. Solo pochi Stati membri hanno
incluso disposizioni specifiche in materia di nulla osta di sicurezza per i
membri dell’organo di ricorso. Tali norme disciplinano la capacità di un membro
dell’organo di ricorso di essere chiamato a giudicare un caso, ma non
contengono disposizioni specifiche in materia di domanda e di concessione del
nulla osta di sicurezza. Sembrerebbe, pertanto, che gli Stati membri non
condividevano alcune delle preoccupazioni espresse nel corso dell’iter
legislativo, che hanno dato origine alle norme della direttiva in materia. In
secondo luogo, l’articolo 60, paragrafo 3, prevede che l’organo di ricorso
abbia la facoltà di non considerare un contratto privo di effetti, sebbene lo
stesso sia stato aggiudicato illegittimamente, “se l’organo di ricorso […]
rileva che il rispetto di esigenze imperative legate ad un interesse generale
connesso in primo luogo agli interessi di difesa e/o di sicurezza, imponga che
gli effetti del contratto siano mantenuti. […] Un contratto, comunque,
non può essere considerato privo di effetti qualora le conseguenze di detta
privazione mettano seriamente a repentaglio l’esistenza stessa di un programma
di difesa o sicurezza più ampio indispensabile per garantire gli interessi di
sicurezza di uno Stato membro.” Tutti
gli Stati membri tranne due hanno inserito questa specifica possibilità di
astenersi dal dichiarare un contratto privo di effetti. La
valutazione preliminare indica che il recepimento da parte degli Stati membri
delle disposizioni in materia di ricorso in generale sono compatibili con la
direttiva. La Commissione prevede pertanto che gli appalti nel settore della
difesa e della sicurezza saranno soggetti a efficaci procedure nazionali di
ricorso. V. Impatto della direttiva sulle disposizioni degli Stati membri in
materia di compensazione In
passato diciotto Stati membri hanno mantenuto le politiche in materia di
compensazioni che impongono la compensazione da parte dei fornitori esteri
quando acquistano materiale per la difesa all’estero. Di norma le
amministrazioni aggiudicatrici di questi Stati membri avevano l’obbligo di
imporre la compensazione degli acquisti superiori ad un certo valore. Tali
obblighi in materia di compensazioni configurano misure restrittive che vanno
contro i principi fondamentali del trattato. Esse attuano una discriminazione
contro gli operatori economici, i beni e i servizi provenienti da altri Stati
membri, ostacolando la libera circolazione dei beni e dei servizi. Pertanto
le compensazioni compromettono la corretta applicazione della direttiva e
ostacolano la creazione di condizioni di parità a livello europeo negli appalti
nel settore della difesa. La normativa dell’Unione può tollerare le
compensazioni solo sulla base di una deroga prevista dal trattato, in
particolare articolo 346, paragrafo 1, lettera b), del TFUE, vale a dire nel
caso in cui siano necessarie per la tutela degli interessi essenziali di
sicurezza di uno Stato membro. Il ricorso alla deroga, tuttavia, deve essere
giustificato dallo Stato membro in questione sulla base di una valutazione caso
per caso. La
Commissione ha pertanto operato in stretto contatto con i 18 Stati membri
interessati, aiutandoli ad abolire o a rivedere le norme in materia di
compensazioni. In tal modo la maggior parte degli Stati membri ha abolito la
normativa nazionale in materia o l’ha sottoposta a revisione. In quest’ultimo
caso, le compensazioni non sono più richieste sistematicamente, ma unicamente
in casi eccezionali in cui sono soddisfatte le condizioni previste dall’articolo
346 del TFUE. Pertanto, sono state introdotte importanti modifiche legislative.
Inoltre, l’Agenzia europea per la difesa e gli Stati membri che vi partecipano
hanno precisato che il codice di condotta dell’Agenzia in materia di
compensazioni può essere applicato unicamente alle compensazioni giustificate
sulla base dell’articolo 346 del TFUE. Ora
la Commissione sorveglierà se le modifiche delle norme determineranno un
cambiamento nella prassi. La Commissione è convinta che una rapida eliminazione
della pratica discriminatoria delle compensazioni sia necessaria per creare un
vero mercato europeo dei materiali per la difesa. Pertanto, la Commissione
intende prendere le misure del caso se ciò non avverrà. Essa farà altrettanto
se gli Stati membri continueranno ad avere norme in materia di compensazioni
chiaramente incompatibili con il diritto dell’UE. VI. Conclusioni L’obiettivo
della direttiva è creare condizioni di parità a livello europeo per gli Stati
membri grandi e piccoli e per le imprese. Gli appalti nel settore della difesa
sono ora disciplinati dalle norme del mercato interno e solo eccezionalmente
esentati da queste ultime. Di conseguenza, gli Stati membri sono ora tenuti a
dare pubblicità alle opportunità commerciali, ad applicare procedure
armonizzate e a eliminare progressivamente le compensazioni. Il
tempestivo recepimento si è rivelato problematico per la stragrande maggioranza
degli Stati membri. Nondimeno, la maggior parte dei ventitré Stati membri che
avevano recepito la direttiva al luglio 2012 sembrano averlo fatto
correttamente. In particolare, la Commissione ritiene che sia un segno
incoraggiante che molti Stati membri abbiano recepito le disposizioni non
obbligatorie sul subappalto, sfruttando in tal modo ulteriori possibilità di
promuovere la concorrenza. Un’applicazione
corretta e uniforme della direttiva è necessaria per rafforzare la base industriale
e tecnologica della difesa europea. Pertanto, la Commissione intende seguire da
vicino, in particolare, il ricorso alle esclusioni e alle deroghe nonché la
graduale eliminazione delle compensazioni. In generale, la presente relazione
non osta al potere della Commissione di avviare procedure di infrazione nei
confronti di singoli Stati membri le cui misure nazionali di attuazione non
siano conformi alle disposizioni della direttiva. Inoltre,
la Commissione esaminerà con particolare attenzione l’impatto della direttiva
sull’apertura del mercato della difesa e la solidità della base industriale
della difesa europea. Entro il 21 agosto 2016 la Commissione presenterà una
relazione in materia al Parlamento europeo e al Consiglio come previsto dall’articolo
73, paragrafo 2. Ulteriori
iniziative potrebbero essere necessarie per promuovere il mercato interno in
questo settore, con l’impegno di tutti i soggetti interessati, in particolare
gli Stati membri e gli operatori del settore. La Commissione, da parte sua, ha
istituito una task force incaricata di esaminare le modalità per
sviluppare ulteriormente le politiche europee nel settore della difesa, in associazione
con l’Agenzia europea per la difesa e in stretta cooperazione con tutti gli
altri portatori di interesse per garantire la coerenza complessiva dell’impegno
europeo in un settore di importanza strategica per l’Unione nel suo insieme. [1] GU L 216 del 20.8.2009, pag. 76. [2] GU L 146 del 10.6.2009, pag. 1. [3] GU L 134 del 30.4.2044, pag. 1. [4] GU L 134 del 21.4.2009, pag. 114. [5] Decisione che fissa l’elenco di prodotti (armi,
munizioni e materiale bellico) a cui si applicano le disposizioni dell’articolo
223, paragrafo 1, lettera b), (divenuto articolo 346, paragrafo 1, lettera b),
del TFUE) del trattato (documento n. 255/58). Verbale del 15 aprile 1958: doc. 368/58. [6] GU L 335 del 20.12.2007, pag. 31.