28.1.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 24/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società

COM(2011) 121 definitivo — 2011/0058 (CNS)

2012/C 24/12

Relatore: WUERMELING

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 6 aprile 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 115 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società

COM(2011) 121 definitivo — 2011/0058 (CNS).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2011.

Alla sua 475a sessione plenaria, dei giorni 26 e 27 ottobre 2011 (seduta del 26 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 22 voti contrari e 15 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia la proposta di introdurre una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (common consolidated corporate tax base - CCCTB). Una CCCTB costituirebbe infatti un grande e importante passo avanti per il mercato interno europeo, il cui completamento esige una più ampia armonizzazione delle basi della tassazione sulle società.

1.1.1   La proposta di direttiva in esame ha senz'altro centrato l'obiettivo poiché, introducendo una CCCTB, si creerebbero condizioni migliori per le imprese che svolgono attività transfrontaliere. Nel loro insieme, le norme proposte consentirebbero di graduare l'imposta sulle società in funzione della performance economica di queste, nonché di evitare distorsioni e di prevenire elusioni. Bisognerà tuttavia precisare ulteriormente i dettagli della proposta ed apportarvi inoltre alcune modifiche.

1.1.2   Una base imponibile comune e consolidata per l'imposta sulle società consentirebbe di ridurre, o addirittura rimuovere, la maggior parte delle barriere fiscali all'attività transfrontaliera nell'UE, come le limitazioni alla possibilità di compensazione transfrontaliera delle perdite, la complessità del calcolo dei prezzi di trasferimento all'interno di una stessa impresa (transfer pricing), nonché la doppia imposizione e la disparità di trattamento fiscale tra le stabili organizzazioni e le società figlie all'interno dell'UE come pure in funzione della loro ubicazione all'interno o all'esterno dei confini nazionali.

1.1.3   Il CESE si aspetta che, già a medio termine, la direttiva proposta comporti una notevole riduzione dei costi di conformità alla normativa fiscale per le imprese e un abbattimento dei costi amministrativi per gli Stati membri.

1.1.4   Con l'introduzione di una CCCTB verrebbero eliminate le distorsioni della concorrenza nell'UE dovute alle diverse normative fiscali, e le scelte delle imprese che operano nel mercato interno non dipenderebbero più da considerazioni di convenienza fiscale. La CCCTB favorirebbe quindi una concorrenza equa e sostenibile, oltre a incidere positivamente sulla crescita e sull'occupazione.

1.2   Il CESE constata che vi sono timori che il sistema proposto possa comportare una limitazione della sovranità degli Stati membri, una restrizione dei margini di manovra fiscale, una diminuzione del gettito d'imposta o altre conseguenze non preventivate. Sussiste in particolare il rischio che, in un'economia globale in rapido mutamento e caratterizzata da un'aspra concorrenza, l'UE, dovendo gestire un sistema CCCTB per 27 Stati membri, non disponga delle strutture necessarie per rispondere in tempi rapidi ai cambiamenti di politica fiscale o agli incentivi fiscali dei paesi terzi (ad esempio per le attività di ricerca e sviluppo), con la perdita di investimenti esteri diretti che potrebbe derivarne.

1.2.1   Le preoccupazioni espresse riguardo a una perdita di sovranità e di gettito fiscali devono trovare adeguata considerazione anche nel quadro della CCCTB. In un momento in cui le finanze pubbliche subiscono una considerevole pressione in tutta l'UE, è fondamentale che gli Stati membri non soffrano effetti negativi indebiti sul loro gettito e siano in grado di prevedere l'impatto sui loro conti nazionali. Gli Stati membri resterebbero liberi di fissare il livello dell'aliquota d'imposta sulla parte di base imponibile di loro competenza. Tuttavia, nel campo del diritto tributario, misure di politica economica che incidessero sulla CCCTB potrebbero ormai essere adottate soltanto a livello europeo. Vi sono serie preoccupazioni che ciò possa rendere l'Europa meno flessibile e capace di competere per gli investimenti esteri diretti, con una conseguente perdita di investimenti a beneficio di paesi terzi come la Svizzera o Singapore.

1.2.2   È difficile valutare se e in che misura la CCCTB avrebbe ripercussioni negative a livello sociale e di società a causa delle decisioni di localizzazione indotte nelle imprese, tanto più che l'imposizione fiscale su queste ultime è solo uno dei molteplici fattori rilevanti ai fini di tali decisioni. Al riguardo il CESE raccomanda di eseguire una valutazione dell'impatto socioeconomico.

1.2.3   La base imponibile proposta è più ampia di quella media oggi in vigore negli Stati membri. La sua introduzione comporterebbe dunque in un primo tempo un aumento del gettito, mentre la compensazione transfrontaliera delle perdite potrebbe risolversi in una riduzione del carico fiscale. Ad avviso del CESE, con il tempo queste differenze dovrebbero finire mediamente per compensarsi, fugando così il timore di perdite durature di introiti fiscali in singoli Stati membri.

1.2.4   Secondo il CESE, la CCCTB dovrebbe essere configurata in modo tale da garantirne la neutralità sul piano delle entrate fiscali. È quindi favorevole ad attribuire agli Stati membri, come previsto dalla proposta in esame, la facoltà di adeguare le aliquote d'imposta in modo tale da non accrescere né ridurre la pressione tributaria.

1.2.5   Nei dibattiti attualmente in corso, le questioni di politica e sistematica fiscali figurano naturalmente in primo piano. Il CESE raccomanda però al Parlamento europeo e agli Stati membri di fondare il loro giudizio complessivo in merito al progetto anche sulla considerazione dei vantaggi economici offerti da una CCCTB che crei le condizioni per una concorrenza fiscale a un tempo libera ed equa per tutti gli Stati membri.

1.2.6   Con la CCCTB, le differenze tra le aliquote fiscali effettive apparirebbero in maniera più trasparente. Il CESE è dell'avviso che la CCCTB non ridurrebbe l'importanza che le aliquote fiscali nazionali rivestono nelle decisioni di localizzazione delle imprese: infatti, anche dopo l'introduzione della CCCTB, tali aliquote continuerebbero ad essere diverse. Nell'attuale contesto di concorrenza fiscale, per le imprese si tratta essenzialmente di trasferire profitti e perdite negli Stati membri in cui esse sono, rispettivamente, meno e più tassate. Con la CCTTB, tale concorrenza si concentrerebbe invece sui fattori presi in considerazione nella formula per la ripartizione della base imponibile.

1.3   Il CESE accoglie con favore l'introduzione della possibilità di compensare i profitti e le perdite realizzati in Stati membri diversi - il cosiddetto «consolidato (o consolidamento) fiscale» -, che rappresenta il nucleo fondamentale delle disposizioni sulla CCCTB. È solo grazie a questo consolidamento che si possono eliminare i problemi attualmente legati al transfer pricing, effettuare in tutta UE riorganizzazioni neutrali dal punto di vista del risultato fiscale ed eliminare le doppie imposizioni. Poiché, sul piano economico, il consolidamento rappresenta il vantaggio essenziale della CCCTB, è opportuno che esso venga integrato fin dall'inizio nella base imponibile comune.

1.4   Per quanto concerne l'applicazione della CCCTB, il Comitato non insiste più sulla sua obbligatorietà immediata, ma anzi si dichiara d'accordo su una sua applicazione facoltativa nella fase iniziale. Nel lungo periodo, tuttavia, la CCCTB dovrebbe diventare obbligatoria, inizialmente a partire da una certa soglia. A lungo termine, infatti, un'applicazione facoltativa della CCCTB comporterebbe costanti e notevoli spese amministrative per gli Stati membri, dato che, accanto al nuovo regime, bisognerebbe continuare ad applicare anche il sistema fiscale nazionale oggi vigente in materia di imposta sulle società.

1.5   Il CESE si compiace che la direttiva proposta consenta alle imprese di qualsiasi dimensione di optare per la CCCTB, indipendentemente dal fatto che si tratti di imprese operanti a livello transfrontaliero oppure soltanto nazionale. È infatti proprio alle piccole e medie imprese (PMI) che l'opzione della CCCTB offrirebbe vantaggi tangibili, dato che ridurrebbe nettamente l'aumento dei costi di conformità che consegue alle attività transfrontaliere. Ciò, tuttavia, non varrebbe per le molte PMI che, essendo società di persone o imprese individuali, non sono soggette all'imposta sulle società (di capitali).

1.6   L'applicazione generalizzata del metodo dell'esenzione per evitare la doppia imposizione di redditi esterni all'UE è una soluzione senz'altro condivisibile, che merita di essere sviluppata ulteriormente. Ad avviso del CESE, infatti, tassare tali redditi quando le aliquote fiscali estere sono più basse sarebbe inopportuno.

1.7   Per quanto concerne le singole norme della direttiva, in certi casi vi è assoluto bisogno di precisazioni, necessarie per evitare che si verifichino forti disparità nel loro recepimento e quindi nella loro applicazione a livello dei singoli Stati membri. In particolare, mancano alcune definizioni e vengono impiegati concetti giuridici non sufficientemente precisi. Tutto ciò rischia di compromettere l'uniformità dell'applicazione.

1.8   L'introduzione di uno «sportello unico» per la determinazione della base imponibile è ritenuta utile dal CESE, soprattutto per semplificare le procedure fiscali per le PMI e garantire un'applicazione uniforme delle norme nei confronti dei contribuenti. Questa iniziativa presuppone però un rafforzamento della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri, che al momento attuale non esiste, in particolare riguardo alla comunicazione automatica di informazioni relative all'area di consolidamento. Il CESE, peraltro, fa presente che esiste la non trascurabile possibilità che le autorità nazionali competenti degli Stati membri entrino in dispute con l'autorità fiscale principale a proposito delle richieste di pareri presentate all'autorità competente, degli audit sulle entrate e delle questioni riguardanti la formula di ripartizione.

1.9   Secondo il CESE è opportuno che la Commissione europea rifletta ancora sul sistema di ripartizione proposto. È probabile che la proposta attuale, attribuendo lo stesso peso al fattore «fatturato» (con attribuzione delle vendite in funzione della destinazione) che ai fattori «attività» e «lavoro», favorisca gli Stati membri che sono più grandi consumatori, semplicemente in ragione delle loro dimensioni. Inoltre, la pressoché completa esclusione di considerazioni relative alla proprietà intellettuale nella formula ne farebbe un sistema basato su una visione sorpassata dell'economia europea moderna, inadatto a incentivare e sostenere lo sviluppo dell'«economia intelligente» (smart economy).

1.10   Il CESE ritiene che i progetti di due o più Stati membri per allineare la base imponibile per l'imposta sulle società nel quadro di una cooperazione intergovernativa promuovano la convergenza in materia di diritto tributario. Siffatte iniziative devono però essere concepite in modo da non innalzare nuovi ostacoli all'armonizzazione a livello europeo e da non creare condizioni che possano influenzare la definizione del progetto riguardante l'intera UE.

2.   Contenuto della proposta e contesto

2.1   Il 16 marzo 2011 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (COM(2011) 121/4; IP/11/319). Il nucleo fondamentale della proposta consiste nella possibilità, per le imprese attive a livello transfrontaliero all'interno dell'Unione europea, di calcolare la base imponibile dell'imposta sulle società secondo un regime unico per tutta l'UE. Attualmente, infatti, le imprese devono calcolare tale base imponibile in base alle norme di fino a 27 regimi nazionali diversi, il che comporta notevoli oneri amministrativi, soprattutto per le PMI, e provoca distorsioni della concorrenza nel mercato interno.

2.2   L'introduzione della CCCTB comporterebbe l'eliminazione, o quantomeno la riduzione, degli ostacoli che si frappongono all'attività transfrontaliera all'interno dell'UE, e quindi al completamento del mercato interno:

i costi amministrativi per la determinazione dell'imposta («costi di conformità fiscale») ne risulterebbero considerevolmente ridotti,

la complessa questione della configurazione (ai fini fiscali) dei prezzi di trasferimento all'interno di una stessa impresa diverrebbe obsoleta, poiché il trattamento fiscale sarebbe ovunque lo stesso,

sarebbe possibile la compensazione transfrontaliera delle perdite, e

il problema della doppia imposizione verrebbe risolto in maniera uniforme a livello di UE.

2.3   Secondo le stime della Commissione, la CCCTB consentirà alle imprese stabilite nell'UE di risparmiare costi di conformità fiscale dell'ordine di 700 milioni di euro all'anno, nonché 1,3 miliardi di euro grazie al consolidamento fiscale e fino a 1 miliardo di euro per l'attività transfrontaliera. Inoltre, la CCCTB dovrebbe rendere l'UE più attrattiva per gli investitori stranieri.

2.4   Considerata la struttura della direttiva, l'eventuale impatto negativo dell'introduzione di una CCCTB sull'entità del gettito fiscale dei singoli Stati membri dipenderà, in ultima analisi, dal livello delle aliquote che essi decideranno di applicare. Secondo le modellizzazioni della Commissione, nel corso degli anni non sono da attendersi effetti negativi sul gettito, soprattutto perché la CCCTB è, in media, più ampia delle basi imponibili previste dalle disposizioni degli Stati membri.

2.5   In caso di compensazione transfrontaliera delle perdite, tuttavia, la base imponibile tenderebbe a restringersi. Un effetto, questo, che dovrebbe essere compensato almeno in parte dalla riduzione dei costi di conformità alla normativa fiscale e dall'aumento dell'attrattività per gli investitori dei paesi terzi.

2.6   Il nucleo fondamentale della proposta è costituito dalle norme sull'ambito di applicazione della CCCTB, sulla determinazione della base imponibile, sulla compensazione transfrontaliera degli utili («consolidamento - o consolidato - fiscale»), sulla ripartizione della base imponibile tra gli Stati membri e su un interlocutore (punto di contatto o «sportello») unico per le imprese.

2.7   L'ambito di applicazione della CCCTB è limitato alle persone giuridiche soggette all'imposta sul reddito delle società nell'UE. La CCCTB non può quindi applicarsi alle società di persone, alle persone fisiche e ai fondi di investimento.

2.8   Le società rientranti in questo ambito di applicazione hanno il diritto di optare per il regime fiscale della CCCTB (art. 6 della direttiva proposta), che in tal caso applicheranno inizialmente per cinque esercizi fiscali e, dopo la scadenza di tale periodo iniziale, continueranno ad applicare per periodi successivi di tre anni (art. 105 della direttiva proposta).

2.9   La proposta contiene tutte le disposizioni necessarie per il calcolo uniforme della base imponibile ai fini dell'imposta sulle società. Benché essa non contenga alcun riferimento a un determinato quadro normativo in materia di contabilità, alcune delle sue norme rispecchiano i principi contabili IRFS. La determinazione del reddito imponibile avviene in base a un conto profitti e perdite ed è conforme alla pratica tributaria internazionale corrente.

2.10   Le imprese che opteranno per la CCCTB potranno compensare («consolidare») la totalità dei profitti e delle perdite da esse realizzati in Stati membri diversi. Attualmente un'operazione di questo tipo è soggetta a limitazioni, quando non addirittura vietata, il che comporta un notevole svantaggio fiscale per le parti dell'impresa situate fuori dal paese di origine.

2.11   L'ambito personale di applicazione comprende, in linea di principio, tutte le società appartenenti a un gruppo stabilite nell'UE nonché tutte le stabili organizzazioni situate nell'Unione. Le società figlie vi rientrano quando la società madre è titolare di oltre il 50 % dei loro diritti di voto e di oltre il 75 % del loro capitale. L'ambito materiale di applicazione comprende tutti i redditi percepiti dai membri del gruppo, e l'ambito territoriale di applicazione è limitato all'Unione europea.

2.12   I profitti, determinati in base a norme uniformi, verrebbero ripartiti in funzione dell'attività (economica, misurata in base ai fattori «lavoro», «attività» e «fatturato») tra i singoli Stati membri in cui questa viene svolta. Tale ripartizione sarebbe effettuata secondo una formula basata sui suddetti tre fattori di valore aggiunto. Inoltre, si terrebbe conto di eventuali caratteristiche peculiari (ad esempio degli enti finanziari e delle imprese di assicurazione, per quanto attiene al settore finanziario), adeguando di conseguenza i fattori stessi. In concreto, in ciascuno Stato membro l'entità dell'imposta verrebbe determinata dall'applicazione dell'aliquota nazionale alla quota di profitti (ossia di base imponibile) assegnata allo Stato in questione.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE appoggia con decisione la proposta di introdurre una CCCTB, che costituirebbe una misura importante per rimuovere le barriere fiscali nel mercato interno: essa, infatti, eliminerebbe la doppia imposizione, porrebbe fine alla disparità di trattamento delle stabili organizzazioni nel mercato stesso, consentirebbe la compensazione delle perdite transfrontaliere ed eliminerebbe il problema del transfer pricing.

3.2   Già in passato il CESE ha esortato a creare condizioni favorevoli a una libera concorrenza e all'attività commerciale transfrontaliera anche nell'ambito delle norme fiscali (1). Più di recente, il 14 febbraio 2006, esso ha adottato un esauriente parere sul tema Creazione di una base imponibile comune e consolidata per le società nell'UE  (2). La proposta di direttiva in esame tiene conto di molte delle osservazioni formulate dal CESE.

3.3   Tuttavia, le prove fornite dalla Commissione sono contraddittorie. Mentre la valutazione di impatto cita uno studio della Deloitte da cui risulta che i costi di conformità, nel caso specifico di una multinazionale che apre una sussidiaria in un altro Stato membro, potrebbero ridursi di oltre il 60 %, uno studio eseguito dalla PWC su un campione di gruppi multinazionali in attività valuta invece che i costi di conformità si ridurrebbero solo dell'1 %. Un altro studio, della Ernst & Young, ha stimato che i costi di conformità crescerebbero del 13 % a causa dei costi aggiuntivi dovuti alla preparazione e alla presentazione della dichiarazione dei redditi, e i costi amministrativi legati agli obblighi fiscali supererebbero i risparmi previsti a causa della minore esigenza di ricorrere al transfer pricing. I costi amministrativi a carico delle autorità fiscali aumenterebbero a causa della necessità di gestire un sistema nazionale parallelo al sistema della base imponibile consolidata comune.

3.4   La direttiva proposta determinerebbe per le imprese una notevole riduzione dei costi di conformità alla normativa fiscale e per gli Stati membri un abbattimento dei costi amministrativi, anche se nei primi tempi comporterebbe dei costi di adeguamento.

3.5   A giudizio del CESE, l'eliminazione delle distorsioni della concorrenza nell'UE dovute alle diverse normative fiscali riveste un'importanza decisiva. Attualmente, infatti, nell'UE le scelte delle imprese non sono dettate soltanto da criteri di competitività; spesso, infatti, a orientarle in larga misura sono piuttosto finalità di «ottimizzazione fiscale»: ad esempio, si investe nella ricerca o si esercitano le attività particolarmente rischiose là dove le relative spese o perdite possono essere sottratte («dedotte») dalla base imponibile. Sennonché, il fatto che le scelte imprenditoriali vengano falsate da considerazioni di convenienza fiscale è contrario al principio fondamentale del mercato interno e incide negativamente sulla crescita e sulla creazione di posti di lavoro.

3.6   In proposito il CESE non trascura di considerare le preoccupazioni espresse da più parti, e in particolare dai parlamenti nazionali di nove Stati membri (3), secondo cui la proposta non rispetterebbe il principio di sussidiarietà e il sistema proposto potrebbe comportare una limitazione della sovranità nazionale, una restrizione dei margini di manovra fiscale, una diminuzione del gettito d'imposta o altre conseguenze non preventivate.

3.6.1   È vero che, con il regime proposto, gli Stati membri non potranno più adottare alcuna misura fiscale nazionale, dettata da obiettivi di politica economica, nei confronti delle imprese che optano per la CCCTB, dato che la base imponibile verrebbe ad essere stabilita a livello europeo. D'altra parte, però, tali misure potrebbero essere adottate a livello europeo per accrescere la competitività e creare posti di lavoro con effetti positivi sull'intero mercato interno, senza che le singole imprese si trovino più a operare in condizioni generali diverse.

3.6.2   Nel medio e lungo periodo la CCCTB potrebbe indurre a delocalizzare attività economiche e posti di lavoro che sono stati trasferiti in determinati luoghi in funzione degli incentivi fiscali concessi dallo Stato membro ospitante. Di fatto, la CCCTB dovrebbe evitare proprio queste distorsioni della concorrenza dovute ai vantaggi offerti da agevolazioni fiscali locali. Ad avviso del CESE, comunque, la Commissione dovrebbe esaminare questi aspetti in modo più approfondito, nel quadro di un'analisi socioeconomica, affinché le istituzioni dell'UE e le altre parti interessate possano valutare meglio tali conseguenze.

3.7   La sovranità fiscale degli Stati membri verrebbe in linea di principio preservata, dato che essi resterebbero liberi di fissare il livello dell'imposta sulla quota di base imponibile di loro competenza. Con la CCCTB, infatti, la base imponibile diverrebbe comune, ma le aliquote d'imposta non verrebbero armonizzate: ciascuno Stato membro rimarrebbe libero di fissarle a livello interno secondo le proprie preferenze in materia di politica di bilancio. Nei primi tempi ciò potrebbe condurre a una diminuzione del gettito fiscale, cui si potrebbe ovviare solo in seguito con un innalzamento dell'aliquota d'imposta.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Con la proposta in esame la Commissione ha senz'altro messo a segno un «bel colpo»; tuttavia, dovrà precisarne ulteriormente i dettagli ed apportarvi alcune modifiche. Nel loro insieme, le norme proposte consentirebbero di graduare l'imposta sulle società in funzione della performance economica di queste, nonché di evitare distorsioni e di prevenire elusioni.

4.2   Il CESE si compiace che la direttiva proposta - pur essendo rivolta soprattutto a imprese e gruppi attivi a livello transfrontaliero - consenta di optare per la CCCTB a imprese di qualsiasi dimensione, indipendentemente dal fatto che esse operino a livello transfrontaliero o soltanto nazionale. Ciò detto, tuttavia, essa renderebbe più semplice anche per le PMI la scelta di estendere le loro attività a livello transfrontaliero, poiché la CCCTB comporterebbe un notevole risparmio di costi rispetto a una tassazione in base a più regimi nazionali. Per le PMI costituite sotto forma di società di capitali, optare per la CCCTB offrirebbe dunque dei vantaggi. Ciò non varrebbe però per le numerose PMI che, essendo società di persone o imprese individuali, non sono soggette all'imposta sulle società (di capitali).

4.3   In quest'ottica, il Comitato non insiste più sull'applicazione obbligatoria immediata della CCCTB, ma si dichiara favorevole a una sua applicazione facoltativa nella fase iniziale, mentre, nel lungo periodo, la CCCTB dovrebbe comunque diventare obbligatoria per le imprese che svolgono attività transfrontaliera, inizialmente a partire da una certa soglia. A lungo termine, infatti, un'applicazione facoltativa della CCCTB comporterebbe costanti e notevoli spese amministrative per gli Stati membri, dato che, oltre a operare con il nuovo regime, essi dovrebbero continuare a gestire anche il sistema fiscale oggi vigente in materia di imposta sulle società.

4.4   La compensazione di profitti e perdite dei singoli membri di un gruppo («consolidamento») rappresenta il nucleo fondamentale delle disposizioni volte a rimuovere le barriere fiscali nel mercato interno e costituisce il vantaggio principale della CCCTB. È solo grazie a questo consolidamento fiscale che si possono assicurare i seguenti vantaggi: la compensazione transfrontaliera delle perdite, la fine dei problemi legati al transfer pricing, la possibilità di effettuare in tutta l'UE riorganizzazioni neutrali dal punto di vista del risultato fiscale, l'assenza di doppia imposizione e l'equiparazione fiscale delle società figlie residenti nell'UE e delle stabili organizzazioni ivi ubicate. Il consolidamento merita dunque un appoggio incondizionato. Esso costituisce inoltre una soluzione «ampia», dunque preferibile a quella «minima» di una base imponibile comune, ma non consolidata, dell'imposta sulle società.

4.5   La definizione degli ambiti di applicazione personale, materiale e territoriale fa sì che il raggio d'azione della CCCTB sia determinato in maniera sufficientemente precisa. Delimitare il campo di applicazione personale in base a criteri formali rappresenta un chiaro vantaggio, date la facilità d'uso, la verificabilità e la solidità di questi criteri. Dal punto di vista delle imprese, poi, tali criteri sono pratici e giuridicamente certi. Per quanto riguarda l'ingresso e l'uscita dal gruppo, però, tutto ciò vale solo fino a un certo punto. Quanto all'ambito di applicazione materiale, onde evitare le difficoltà legate alla sua delimitazione appare opportuna la definizione ampia che ne viene data, che include tutti i redditi percepiti. E anche l'ambito territoriale entro cui tali redditi devono essere percepiti, che coincide con l'Unione europea, appare adeguato: una definizione più ampia, che lo estendesse al resto del mondo, renderebbe necessarie «riconciliazioni» molto complesse, stante l'assenza di norme in materia di calcolo dei profitti valide a livello globale.

4.6   La ripartizione della base imponibile tra gli Stati membri in base ai fattori di valore aggiunto «lavoro», «attività» e «fatturato» è, ad avviso del CESE, più ragionevole, per il suo riferimento economico concreto, di un calcolo basato su indicatori macroeconomici.

4.6.1   L'uso di una formula di riparto uniforme serve a evitare distorsioni e doppie imposizioni. La possibilità per i contribuenti di ridurre il più possibile l'imposta dovuta allocando fattori allo Stato membro con l'aliquota fiscale più bassa viene considerevolmente arginata dal fatto di dover tener conto di una pluralità di fattori. L'applicazione di metodi di riparto alternativi richiede regole definitorie chiare nonché una motivazione specifica: tali metodi si rendono necessari, ad esempio, per il settore finanziario, in ragione della peculiarità dei relativi modelli d'impresa (banche e imprese di assicurazione).

4.6.2   Tuttavia, esiste il pericolo che singoli Stati membri applichino la formula in modo non uniforme e che la somma di tutte le quote risulti quindi maggiore o minore del reddito totale effettivo da ripartire, il che condurrebbe a un'imposizione multipla o una sottoimposizione di tale reddito. Un pericolo che la Commissione deve sventare adottando atti di esecuzione in tempi rapidi.

4.6.3   Per quanto concerne il fattore «attività», e in special modo la localizzazione delle attività immobilizzate che vi rientrano, è necessaria una delimitazione più precisa in funzione della proprietà economica e dell'uso effettivo, e si dovrebbe studiare come includere la proprietà intellettuale. Per quanto concerne il fattore «lavoro», suddiviso in due metà, un'allocazione in base al numero dei dipendenti, di per sé semplice e di facile attuazione, può in certi casi rivelarsi problematica, specie quando un'attività lavorativa viene svolta «sotto il controllo e la responsabilità» di un membro del gruppo diverso da quello da cui si viene retribuiti. Anzi, secondo alcuni studi, una ripartizione dei profitti sulla base del fattore lavoro può avere effetti economici negativi sul mercato del lavoro. Inoltre, l'inclusione delle prestazioni sociali e previdenziali porta con sé, stante la diversità dei sistemi di sicurezza sociale all'interno dell'UE, un ulteriore potenziale di controversie tra Stati membri. Il fattore «fatturato», infine, è chiaramente orientato al mercato e potrebbe favorire indebitamente gli Stati membri più grandi semplicemente in ragione delle loro dimensioni. Si dovrebbe studiare l'eliminazione o una diversa ponderazione di tale fattore all'interno della formula di riparto.

4.7   La base imponibile proposta è più ampia di quella media attualmente impiegata negli Stati membri, il che dovrebbe condurre in un primo tempo ad un aumento del gettito, mentre la compensazione transfrontaliera delle perdite dovrebbe invece portare a una riduzione della pressione fiscale. Il CESE reputa che la CCCTB debba essere configurata in modo tale da risultare neutrale ai fini del gettito: pertanto, è favorevole a dare agli Stati membri, come previsto dalla direttiva proposta, la possibilità di adeguare le rispettive aliquote d'imposta in modo tale da evitare che l'applicazione del nuovo regime si risolva in un aumento o in una riduzione del carico fiscale.

4.8   Il sistema complessivo scelto per le norme sulla base imponibile è in linea con gli standard internazionali, e segnatamente con quelli adottati in 25 dei 27 Stati membri. Il CESE ritiene appropriata questa scelta. La direttiva proposta non contiene alcun riferimento ai principi contabili dell'IRFS, poiché instaura un quadro normativo «autosufficiente» per il calcolo dei profitti ai fini fiscali; tuttavia, alcune sue disposizioni rispecchiano detti principi, i quali peraltro, nei diversi anni ormai trascorsi dall'avvio del progetto di CCCTB, hanno già conosciuto una certa evoluzione.

4.9   Per quanto concerne le singole norme, in certi casi vi è assoluto bisogno di chiarimenti, necessari per evitare la frammentazione che deriverebbe da una loro diversa applicazione a livello dei singoli Stati membri. In particolare, mancano alcune definizioni e vengono impiegati concetti giuridici non sufficientemente perspicui (ad esempio, risultano indeterminati i concetti di «attività», di «costi di acquisto» e di «costi di costruzione»). La mancanza di norme dettagliate per singoli settori, come ad esempio il trattamento fiscale delle attività finanziarie, oppure la mancanza di norme sufficientemente dettagliate, ad esempio per la definizione di «proprietario economico», rischiano di compromettere l'uniformità dell'applicazione del nuovo sistema.

4.10   L'introduzione di una «norma generale anti-abusi», quantomeno nella sua forma attuale, appare discutibile. Secondo la direttiva proposta (articolo 80), le operazioni artificiali svolte con l'esclusiva finalità di eludere l'imposizione sono ignorate ai fini del calcolo della base imponibile. L'interpretazione e l'applicazione di tale norma generale comporteranno notevoli difficoltà, poiché, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, l'«abuso» deve essere provato in ogni singolo caso.

4.11   Il CESE accoglie con favore la scelta di evitare la doppia imposizione dei redditi percepiti fuori dall'UE mediante un'esenzione fiscale generalizzata di tali redditi. Le imprese dell'UE sarebbero dunque soggette alle disposizioni tributarie vigenti nel paese terzo e soltanto ad esse. Il CESE, però, non vede perché la proposta della Commissione debba discostarsi da questo principio quando tale paese presenta un livello di imposizione fiscale ridotto. A suo avviso, infatti, il passaggio dal metodo dell'esenzione a quello dell'imputazione alla base imponibile, in presenza di livelli di imposizione fiscale troppo bassi in paesi terzi, è alquanto discutibile, in quanto non si limita a scongiurare gli abusi, ma incide altresì sulle normali attività d'impresa.

4.12   Ad avviso del CESE, la proposta in esame restringe eccessivamente la possibilità di costituire riserve.

4.12.1   Le riserve vengono dedotte soltanto se accantonate per far fronte ad attuali o probabili future obbligazioni giuridiche, il che esclude la possibilità di tener conto di riserve accantonate in vista di oneri di natura meramente economica. Esclusione, questa, che al CESE appare ingiustificata da un punto di vista economico: la performance economica, e quindi l'entità dei profitti da tassare, è infatti limitata anche dagli oneri meramente economici che gravano sulle attività.

4.12.2   Quanto alle riserve accantonate in vista di obbligazioni giuridiche, occorre precisare meglio i requisiti relativi alla minima probabilità che si debba far ricorso a tali accantonamenti. Inoltre, la direttiva proposta non fornisce una definizione sufficiente dei criteri da impiegare per stimarne l'importo in maniera affidabile. Data l'assenza di disposizioni specifiche in merito, i dettagli del trattamento fiscale delle riserve accantonate in previsione di perdite future rimangono incerti. Neanche gli accantonamenti per prestazioni pensionistiche sono menzionati nella norma dedicata agli accantonamenti in genere; anch'essi, tuttavia, devono essere presi in considerazione, altrimenti la disposizione distinta dedicata alla valutazione di tali accantonamenti specifici risulterebbe priva di senso.

4.12.3   Per quanto concerne i rischi specifici per determinati settori di attività riconosciuti dal diritto dell'UE, la direttiva proposta non contiene alcuna indicazione precisa né conferisce all'uopo alla Commissione alcuna delega di competenze di esecuzione. Essa contiene soltanto una disposizione speciale sulla deducibilità delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione, mentre, riguardo alle riserve di perequazione, gli Stati membri sono liberi di prevederne o meno la deducibilità.

4.12.4   Di ulteriori norme specifiche vi è poi bisogno per il settore dei servizi finanziari, onde tenere adeguato conto (alla luce della crisi finanziaria) delle particolarità legate ai rischi specifici di tale attività. Mancano infatti norme di dettaglio, in particolare riguardo al trattamento fiscale dei derivati e del leasing. Inoltre, appare necessario adottare disposizioni che consentano la deduzione delle riserve tecniche delle banche (per i rischi bancari generali) oppure tengano conto delle minusvalenze delle attività finanziarie. La direttiva proposta dovrebbe quindi includere, sulla falsariga della disposizione speciale dedicata alle imprese di assicurazione, le norme specifiche per il settore dei servizi finanziari.

4.13   La scelta di non consentire la deduzione della stessa imposta sul reddito delle società o di imposte analoghe appare senz'altro opportuna. Occorre tuttavia riesaminare criticamente l'elenco, contenuto nell'Allegato III della direttiva proposta, dei tributi nazionali non deducibili a norma dell'articolo 14 della direttiva stessa: non si può infatti porre sullo stesso piano l'imposta sulle società e quella sulle assicurazioni, che invece dovrebbe essere indeducibile solo dalla base imponibile allocata al medesimo Stato impositore. Nella misura in cui quest'ultima imposta viene incorporata nel premio assicurativo e dunque registrata tra le entrate dalle imprese di assicurazione, essa dovrebbe essere deducibile in quanto spesa di esercizio.

4.14   La determinazione del tasso di sconto ci sembra appropriata dal punto di vista dell'equità impositiva, considerato che lasciare libertà di scelta in questo campo equivarrebbe ad aprire un margine discrezionale eccessivo. In tal senso, il fatto di consentire, sia pure in via eccezionale, il ricorso a tassi di sconto convenzionali non può essere esente da problemi.

4.15   La proposta prevede la possibilità di un ammortamento in paniere anziché per singoli cespiti. È una scelta che ci sembra appropriata. La tecnica dell'ammortamento in paniere offre opportunità di autofinanziamento alle imprese. Tuttavia, con un tasso annuo di ammortamento del mero 25 %, gran parte della quota di ammortamento verrebbe ad essere compensata soltanto al momento di effettuare l'investimento di sostituzione. Il tasso di ammortamento in paniere dovrebbe pertanto essere innalzato in misura adeguata.

4.16   Restringere la possibilità di un ammortamento eccezionale alle attività di regola non ammortizzabili significherebbe limitare eccessivamente le perdite di cui poter tener conto ai fini del calcolo dei redditi d'impresa. Inoltre, non è chiaro che cosa significhi in concreto che «il valore (dell'attività) si è ridotto in modo permanente». Da questo tipo di ammortamento risulterebbero in particolare escluse le attività i cui proventi di cessione siano esenti da imposte, come ad esempio le quote di società di capitali, il che potrebbe avere ripercussioni negative sulle holding e sulle società di capitale di rischio.

4.17   L'introduzione di uno «sportello unico» per la determinazione della base imponibile è ritenuta utile dal CESE, soprattutto per semplificare le procedure fiscali per le PMI e garantire un'applicazione uniforme delle norme nei confronti dei contribuenti. Tuttavia, questa iniziativa presuppone un rafforzamento della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri, che al momento attuale non esiste, in particolare ai fini di un monitoraggio efficace dell'area di consolidamento (società, società figlie, stabili organizzazioni), la quale cambierà tutti gli anni. La comunicazione automatica di informazioni dovrebbe diventare la norma, come già avviene in materia di IVA fra uno Stato e l'altro dell'UE.

4.18   Merita infine di essere ricordata qui la disposizione secondo cui, una volta scelto il regime della CCCTB, ogni comunicazione con l'amministrazione fiscale avrebbe luogo soltanto tra il cosiddetto contribuente principale del gruppo di imprese e l'autorità tributaria principale, per cui verrebbe meno la necessità di un coordinamento tra le varie autorità tributarie nazionali. La riduzione degli oneri amministrativi che ciò comporterebbe per i contribuenti e per le amministrazioni fiscali è accolta con favore dal CESE.

Bruxelles, 26 ottobre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE sul tema La politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire (GU C 48 del 21.2.2002, pag. 73).

(2)  Parere esplorativo su richiesta della Commissione (GU C 88 del 14.4.2006, pag. 48).

(3)  In base all'articolo 6 del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, i parlamenti nazionali di Bulgaria, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Svezia e Regno Unito hanno trasmesso pareri motivati ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

Nel corso della discussione del parere, i seguenti emendamenti sono stati respinti ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi:

Punto 1.4

Modificare come segue:

Per quanto concerne il campo d'applicazione della CCCTB, il Comitato non insiste più sulla sua applicazione obbligatoria immediata, ma anzi si dichiara d'accordo su una sua applicazione facoltativa nella fase iniziale. Nel lungo periodo, tuttavia, la CCCTB dovrebbe diventare obbligatoria, inizialmente a partire da una certa soglia. A lungo termine, infatti, un'applicazione facoltativa della CCCTB comporterebbe costanti e notevoli spese amministrative per gli Stati membri, dato che, accanto al nuovo regime, bisognerebbe continuare ad applicare anche il sistema fiscale nazionale oggi vigente in materia di imposta sulle società.

Esito della votazione:

Voti contrari

:

70

Voti favorevoli

:

90

Astensioni

:

15