6.4.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 107/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e alla Banca centrale europea — Fondi di risoluzione per il settore bancario»

COM(2010) 254 definitivo

2011/C 107/03

Relatrice: ROUSSENOVA

La Commissione europea, in data 26 maggio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e alla Banca centrale europea — Fondi di risoluzione per il settore bancario

COM(2010) 254 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o febbraio 2011.

Alla sua 469a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 febbraio 2011 (seduta del 16 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 193 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide la principale preoccupazione della Commissione che è quella di impedire che il denaro dei contribuenti venga di nuovo utilizzato per ripianare le perdite delle banche ed è, in linea di principio, favorevole alla creazione di una rete armonizzata di fondi nazionali di risoluzione ex ante per il settore bancario legati ad un insieme coordinato di dispositivi nazionali di gestione delle crisi. Tuttavia, il Comitato ritiene che, per istituire un sistema realistico di fondi di risoluzione, gli Stati membri dovrebbero prima raggiungere un accordo sull'adozione di metodologie comuni e di regole uniformi, onde evitare distorsioni della concorrenza. Gli attuali segnali sembrano invece indicare la direzione contraria. Un numero nutrito di Stati membri ha già adottato (o prevede di adottare) misure fiscali per risanare i propri magri bilanci o potenziare i propri mercati: si è già configurato un contesto in cui non vi è parità di condizioni. Guardando realisticamente alla situazione attuale, e date le esperienze passate, risulta difficile essere ottimisti circa la possibilità di pervenire rapidamente a una soluzione. Probabilmente, un approccio più graduale consentirebbe di ridurre alcune di queste differenze nel corso del tempo.

1.2   In riferimento alla concorrenza, l'obiettivo primario dovrebbe essere sempre quello di garantire un contesto di parità di condizioni a livello nazionale, europeo e mondiale. A oggi il sistema di fondi di risoluzione per il settore bancario, così com'è strutturato, rischia di avere effetti deleteri a livello nazionale (in quanto incide solo su una parte del settore finanziario), a livello dell'UE (poiché impone nuovi oneri a taluni settori nazionali già deboli) e infine a livello globale (dal momento che il raggiungimento di un consenso nel quadro del G20 risulta improbabile).

1.3   Lo scenario macroeconomico è motivo di grande preoccupazione. Tutte le autorità nazionali e internazionali stanno esercitando pressioni sul settore bancario affinché alleggerisca la situazione concedendo più credito all'economia reale. Le nuove norme prudenziali, i nuovi requisiti patrimoniali e le nuove tasse sono ritenute misure necessarie e le autorità dovrebbero cercare un compromesso ragionevole tra le necessità confliggenti di risorse finanziarie per sostenere i bilanci nazionali e le necessità dell'economia reale. Attualmente, il sistema di fondi di risoluzione per il settore bancario appare troppo vago per consentire calcoli precisi al fine di garantire i necessari investimenti nella produzione, nella crescita e nell'occupazione. Risulta difficile ottenere benefici su entrambi i fronti senza assegnare le priorità e gli orizzonti temporali adeguati per l'attuazione di ciascuna fase del sistema dei fondi di risoluzione proposto.

1.4   Il Comitato ritiene che, prima di intraprendere qualunque misura atta a introdurre prelievi a carico delle banche, la Commissione dovrebbe procedere a una valutazione rigorosa degli effetti cumulativi di tali prelievi e dei fondi di risoluzione, tenendo al contempo conto delle preoccupazioni manifestate dal Comitato, soprattutto quelle illustrate nel punto 1.3. Per prendere una decisione sull'introduzione di fondi di risoluzione per il settore bancario, è necessario calcolare il costo complessivo dell'intero sistema, l'ampiezza delle sue ripercussioni sul potenziale di prestito del settore bancario nonché il tempo occorrente prima che il sistema diventi abbastanza forte o raggiunga le dimensioni previste. Il Comitato raccomanda di calibrare tali stime in riferimento allo scenario più sfavorevole, onde assicurarsi che il sistema sia realistico e realizzabile in un periodo di crisi in cui, da un lato, le banche si troveranno ad affrontare difficoltà per contribuire ai fondi di risoluzione e, dall'altro, vi saranno momenti in cui le risorse dei fondi si renderanno effettivamente necessarie.

2.   Introduzione

2.1   La Commissione europea ha accolto con favore il messaggio emerso dalla riunione del G20 di Pittsburgh, tenutasi nel settembre 2009, secondo cui il denaro dei contribuenti non dovrà più essere utilizzato per ripianare le perdite delle banche e sta lavorando alla realizzazione di questo obiettivo seguendo almeno due orientamenti complementari:

a)

riducendo la probabilità di fallimenti bancari mediante una vigilanza macro e microeconomica più forte, una migliore governance societaria e norme più severe; e

b)

qualora, nonostante le predette misure, si verifichi un fallimento, assicurando la disponibilità di strumenti idonei, ivi comprese risorse adeguate, per una risoluzione ordinata e tempestiva.

2.2   La comunicazione COM(2010) 254 definitivo espone le riflessioni della Commissione sul modo in cui il settore finanziario potrebbe contribuire ai costi di finanziamento delle misure di risoluzione delle banche in sofferenza nel quadro di tutti gli strumenti per la prevenzione e la gestione delle crisi bancarie. La Commissione ritiene che i fondi di risoluzione ex ante, finanziati attraverso una serie di prelievi a carico delle banche, dovrebbero rientrare in quadro di stabilità finanziaria e nelle più ampie riforme del sistema finanziario incentrate sulla prevenzione. Tali fondi di risoluzione sono ritenuti lo strumento adeguato per intervenire sulle banche in sofferenza e procedere alla loro risoluzione minimizzando i costi dei fallimenti bancari per i cittadini. La comunicazione illustra la finalità, le potenziali dimensioni e le condizioni alla base dell'eventuale creazione dei fondi di risoluzione.

2.3   L'obiettivo della Commissione è introdurre un approccio UE in materia di fondi di risoluzione per il settore bancario per poi pervenire, quale soluzione altamente auspicabile, a un unico fondo di risoluzione paneuropeo. Tuttavia, la Commissione riconosce che sarebbe molto difficile iniziare con la creazione di un fondo di risoluzione UE in assenza di un quadro integrato UE di vigilanza e di gestione delle crisi. Per questa ragione, si ritiene che un primo passo opportuno possa essere un sistema basato su una rete armonizzata di fondi nazionali ex ante legati ad un insieme coordinato di dispositivi nazionali di gestione delle crisi.

2.4   Il Comitato accoglie con favore qualunque proposta volta a potenziare il settore finanziario e a prevenire future crisi e, in tal senso, approva in linea di principio le iniziative e le raccomandazioni della Commissione finalizzate a un approccio UE in materia di fondi di risoluzione, come illustrato nella comunicazione COM(2010) 254 definitivo, pur nutrendo alcune preoccupazioni. Il Comitato ritiene che, in questa fase, alcune iniziative potrebbero non risultare applicabili e accettabili per alcuni Stati membri, mentre altre richiederebbero ulteriori valutazioni, analisi e chiarimenti.

2.5   La finalità del nuovo quadro di gestione e prevenzione delle crisi sarà quella di garantire che, in caso di gravi fallimenti bancari, gli Stati membri dispongano di strumenti comuni da applicare in maniera coordinata per proteggere l'intero sistema finanziario, evitare costi per i contribuenti e garantire un contesto in cui vi sia parità di condizioni. Tali strumenti di risoluzione comuni dovrebbero far sì che la gestione ordinata dei fallimenti diventi una opzione credibile per tutte le banche, indipendentemente dalle loro dimensioni o complessità . Il concetto di dimensione è importante. Se, in linea di principio, è necessario garantire «tutte» le gestioni ordinate dei fallimenti, ciò che è importante è definire il concetto di fallimento «grave» o «su larga scala». Gli istituti finanziari molto grandi e complessi (ossia i gruppi internazionali, non necessariamente tutti europei o con base nell'Unione europea) possono rappresentare un problema. I fallimenti su larga scala potrebbero richiedere un trattamento diverso, eventualmente un trattamento che comporti il mantenimento dell'attività del soggetto giuridico durante il processo di ristrutturazione, la riduzione del debito e la diluizione/estromissione degli azionisti. Nell'ambito del pacchetto di misure potrebbero altresì essere necessari ulteriori finanziamenti da un fondo.

2.6   Il 20 ottobre 2010 la Commissione ha adottato una tabella di marcia che fisserà il calendario, le misure concrete, gli strumenti e i piani per un quadro UE completo di gestione delle crisi. Nella primavera del 2011 saranno inoltre presentate le pertinenti proposte legislative relative sia alla gestione delle crisi sia ai fondi di risoluzione. In questa fase è possibile avere soltanto alcune aspettative e formulare osservazioni preliminari. Sarà la direttiva, se approvata, a stabilire la data d'inizio. Tenendo conto delle circostanze e della promessa della Commissione di approvare le pertinenti proposte legislative entro la primavera del 2011, si potrebbe pensare, nella migliore delle ipotesi, al 2013-2014. Ci vorrà del tempo prima che qualunque fondo raggiunga le dimensioni stabilite; tuttavia, poiché includerà finanziamenti sia ex ante che ex post, tale fondo sarebbe teoricamente operativo non appena la normativa entrasse in vigore in uno Stato membro. Va però considerato che alcuni Stati membri hanno annunciato la loro intenzione di non introdurre prelievi a carico delle banche nel breve termine, visto che i loro settori bancari non sono stati gravemente colpiti dalla crisi e che rimangono ancora stabili. I fondi di risoluzione per il settore bancario devono pertanto essere considerati come uno strumento per far fronte alle crisi finanziarie nel medio- lungo termine.

3.   Osservazioni specifiche

3.1   L'approccio ai fondi di risoluzione per il settore bancario

3.1.1   Il Comitato condivide l'approccio della Commissione che punta, quale primo passo, alla creazione di una rete armonizzata di fondi nazionali di risoluzione per il settore bancario legati ad un insieme coordinato di dispositivi nazionali di gestione delle crisi. Tuttavia, al contempo, il Comitato raccomanda che la creazione della rete di fondi avvenga in modo graduale e considerando attentamente le caratteristiche specifiche di ogni Stato membro. La Germania e la Svezia hanno iniziato a lavorare su loro fondi, nei quali confluirebbe il gettito di prelievi/contributi. Ogni Stato ha il proprio metodo e le proprie norme per la creazione del fondo e, in questa fase, il CESE non è in grado di suggerire quali norme siano da preferire.

3.1.2   Considerando che alcuni paesi hanno già introdotto prelievi a carico delle banche, tasse e sistemi a livello nazionale, il CESE ritiene necessario discutere e concordare, quale primo passo effettivo, una serie di principi e parametri per i prelievi, così da evitare distorsioni della concorrenza nell'ambito del settore finanziario dell'Unione europea. Il Comitato è a favore di un approccio graduale che operi una distinzione tra gli obiettivi a breve termine e quelli a medio termine (1). Nel breve termine, gli Stati membri dovrebbero raggiungere una sorta di accordo sulla base del prelievo, sulla sua aliquota e sulla sua estensione, prevedendo anche un certo grado di flessibilità per tenere conto dei cambiamenti in corso nel quadro normativo e dell'evoluzione verso un maggior grado di armonizzazione. In un secondo momento, si potrebbe valutare un approccio graduale per introdurre un prelievo semplice e appropriato, seguito dall'introduzione di un sistema più armonizzato di prelievi a carico delle banche e di un sistema di fondi di risoluzione.

3.1.3   Il Comitato considera l'approccio graduale il più adeguato e realistico, in quanto esso potrebbe riflettere sia le diverse modalità con cui la crisi finanziaria ha colpito i vari Stati membri sia le loro specifiche risposte alla crisi:

i vari Stati membri sono stati colpiti dalla crisi in momenti diversi, in modi diversi e in misura diversa. Stanno uscendo o usciranno dalla crisi in momenti diversi, ed è in momenti diversi che gli Stati saranno in grado di istituire i loro fondi di risoluzione per il settore bancario.

I settori finanziari di alcuni Stati membri non sono stati gravemente colpiti dalla crisi finanziaria e non hanno chiesto aiuto. Sono state piuttosto le loro economie reali ad essere state colpite dalla crisi economica e finanziaria globale, con qualche effetto differito. I loro settori bancari, benché sani, stanno ancora lottando per evitare eventuali ripercussioni della crisi, mentre sono chiamati allo stesso tempo a sostenere la ripresa. Questi paesi potrebbero essere riluttanti a introdurre un sistema di fondi di risoluzione nazionali in una fase in cui la maggior parte degli Stati membri sarebbe pronta a farlo, anche perché alcuni di essi hanno fondi di garanzia dei depositi che vanno oltre i regimi di garanzia dei depositi e includono alcune funzioni inerenti alle risoluzioni bancarie.

3.1.4   Il Comitato plaude all'intenzione della Commissione, espressa nella comunicazione COM(2010) 579 definitivo, di approfondire «le potenziali sinergie tra i regimi di garanzia dei depositi e i fondi di risoluzione». Il Comitato ritiene che, se fosse allargata l'attuale base di finanziamento dei fondi di garanzia dei depositi, le funzioni di garanzia dei depositi e di risoluzione bancaria potrebbero essere svolte da un unico fondo, senza compromettere la capacità dei regimi di garanzia dei depositi e dei relativi fondi di soddisfare il loro obiettivo di protezione dei depositanti. Questo studio risulta estremamente indicato per quegli Stati membri in cui i regimi di garanzia dei depositi hanno anche alcune funzioni preventive e di risoluzione, combinando in un unico fondo allargato i due campi d'applicazione.

3.1.5   Il Comitato comprende le argomentazioni della Commissione a favore della creazione di un fondo di risoluzione paneuropeo, come pure le sue preoccupazioni per le difficoltà che la sua attuazione comporta; ritiene quindi prematura la sua istituzione e non realizzabile in questa fase. Tenendo presente le esperienze passate e recenti, il Comitato nutre dei dubbi circa l'efficienza di un unico fondo di risoluzione UE.

3.2   Finanziare i fondi di risoluzione per il settore bancario: il prelievo

3.2.1   La Commissione è del parere che i fondi di risoluzione per il settore bancario dovrebbero essere finanziati con contributi o prelievi a carico delle banche. Il 17 giugno 2010 il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo in base al quale i prelievi a carico delle banche dovrebbero rientrare in un quadro di risoluzione credibile  (2) ; quest'ultimo dovrebbe quindi essere uno dei principi fondanti della loro introduzione.

3.2.1.1   Se, da un lato, nella comunicazione la Commissione spiega che l'obiettivo primario del prelievo dovrebbe essere quello di far sì che le banche contribuiscano ai costi della crisi, di attenuare il rischio sistemico, di limitare le distorsioni della concorrenza e raccogliere fondi per un quadro di risoluzione credibile, dall'altro non fornisce una definizione chiara di prelievo. Un documento (3) del Comitato economico e finanziario definisce il termine «prelievo» come un tributo (un canone o una tassa) a carico degli istituti finanziari affinché contribuiscano ai costi della crisi finanziaria: un prelievo è considerato un canone quando è destinato a un fondo fuori bilancio e una tassa quando invece rientra nel bilancio pubblico. Il Comitato si attende quindi che la Commissione fornisca una definizione chiara del termine «prelievo».

3.2.2   Il Comitato ritiene che i criteri inerenti alla base del prelievo, nonché all'aliquota del prelievo, siano i principali ostacoli che si frappongono al raggiungimento di un accordo generale; è altresì convinto che il primo passo dovrebbe essere l'accordo su alcuni principi di base. Il Comitato condivide il punto di vista della Commissione secondo cui la base del prelievo dovrebbe essere conforme ai principi enunciati della comunicazione (pag. 8). Va altresì riconosciuto che i settori finanziari nazionali differiscono gli uni dagli altri quanto alle dimensioni, ai sistemi di governance, all'efficienza dell'attività di vigilanza e al livello di rischio. Sulla base di tali differenze, agli Stati membri potrebbe inizialmente essere concesso un grado di flessibilità nel valutare diverse basi imponibili per il prelievo; tuttavia, in un secondo momento, la base del prelievo dovrebbe essere armonizzata.

3.2.3   Secondo la comunicazione, il calcolo dei contributi/prelievi potrebbe essere basato su tre parametri: le attività della banca, le sue passività o i suoi profitti e premi. Dal momento che le attività e le passività di bilancio esemplificano il livello di rischio meglio di altri indicatori, il Comitato ritiene che i profitti e i premi dell'istituto costituiscano una base meno appropriata per i contributi a carico delle banche. Ognuna delle prime due basi per il prelievo ha i suoi pro e i suoi contro e, forse, una loro combinazione avrebbe qualche pregio.

3.2.3.1   Le attività delle banche costituiscono buoni indicatori dei loro rischi. Essi riflettono sia l'eventuale probabilità di un fallimento sia l'importo che si potrebbe dover spendere per gestire la risoluzione della banca. Anche gli attivi ponderati in base al rischio, come suggerisce l'FMI (4), potrebbero essere considerati una base adeguata per il prelievo, avendo il merito della comparabilità internazionale vista l'ampia accettazione dei requisiti patrimoniali di Basilea. Dall'altro lato, visto che le attività delle banche sono soggette ai requisiti patrimoniali ponderati in base al rischio, un prelievo basato sulle stesse duplicherebbe gli effetti dei requisiti patrimoniali del comitato di Basilea.

3.2.3.2   Il Comitato ritiene che le passività delle banche, escludendo i depositi e il capitale bancario garantiti (ossia classe 1 per le banche) e includendo alcune voci fuori bilancio, siano probabilmente la base più idonea per calcolare i contributi/prelievi a carico delle banche (5). Sono infatti un buon indicatore dei costi da sostenere in caso sia necessario procedere alla risoluzione di una banca; sono inoltre semplici e, benché non si possano escludere sovrapposizioni, queste non sarebbero comunque tanto significative quanto quelle generate dall'approccio basato sulle attività (6). Si potrebbero escludere anche altre passività: il debito subordinato, il debito garantito dallo Stato e le operazioni di debito infragruppo. Tuttavia, tenuto conto che alcuni Stati membri hanno già introdotto specifici sistemi nazionali di prelievo con basi di prelievo considerevolmente diverse, un approccio iniziale armonizzato, basato su tutte le passività e sulla loro precedente valutazione qualitativa, potrebbe essere più accettabile.

3.2.4   Il Comitato concorda con la Commissione quando, nella comunicazione (2010) 579, sostiene che ciascun fondo di risoluzione dovrebbe ricevere contributi dagli istituti autorizzati nello stesso Stato membro, a copertura anche delle succursali di tali istituti operanti negli altri Stati membri. Pertanto, le imprese figlie sarebbero soggette a prelievi dello Stato ospitante e le succursali a quelli dello Stato d'origine. Se tutti gli Stati membri effettuassero i prelievi sugli istituti finanziari sulla base di tali principi, sarebbe possibile evitare i rischi di doppio prelievo e di distorsioni della concorrenza.

3.2.5   Il Comitato ribadisce la necessità di valutare attentamente i tempi dell'introduzione del prelievo, alla luce delle sfide che sia le banche che l'economia si trovano ad affrontare. Dopo un periodo di grave crisi finanziaria, le banche sono di solito avverse al rischio e rimangono restie a concedere prestiti per un paio d'anni, nonostante gli sforzi di tutte le autorità nazionali e internazionali che cercano di incoraggiarle a contribuire alla ripresa economica. Allo stesso tempo, le banche devono sopportare i costi derivanti dai nuovi requisiti patrimoniali e di liquidità. Si potrebbe concedere un adeguato periodo di transizione agli istituti finanziari, coerente con la valutazione raccomandata dal CESE nel punto 1.4, per rafforzare la loro base patrimoniale, allinearsi al nuovo regime normativo e finanziare l'economia reale. Nel medio termine, potrebbero rendersi necessari alcuni aggiustamenti dell'aliquota, così da tener conto di eventuali sviluppi normativi nonché dello sviluppo di un quadro di risoluzione a livello dell'Unione europea.

3.3   Campo di applicazione e dimensioni dei fondi di risoluzione per il settore bancario

3.3.1   Il campo di applicazione e le dimensioni dei fondi di risoluzione per il settore bancario dipenderanno dalle decisioni della Commissione su come i fondi dovranno finanziare la risoluzione ordinata degli istituti finanziari in sofferenza, incluse le banche. Il CESE concorda con la Commissione sull'auspicabilità che i fondi di risoluzione siano resi disponibili per la risoluzione delle banche; tuttavia, andrebbe chiaramente escluso un loro utilizzo per salvare gli istituti. Il Comitato ritiene però inaccettabile che il quadro di risoluzione delle crisi messo a punto dalla Commissione sia incentrato prevalentemente sul settore bancario, dal momento che tutti gli istituti finanziari potrebbero rivelarsi pericolosi per gli investitori quando assumono rischi elevati. Il Comitato, pertanto, raccomanda che tutte le banche e tutti gli istituti finanziari soggetti a vigilanza (ad eccezione delle imprese di assicurazione, per le quali si sta attualmente preparando un sistema specifico) rientrino nel quadro di risoluzione (7). L'obiettivo è quello di assicurare un contesto in cui vi sia parità di condizioni e di evitare di inviare un messaggio fuorviante all'opinione pubblica, e cioè che la colpa della crisi vada addossata a un unico segmento della comunità finanziaria.

3.3.2   La comunicazione non ha ancora indicato quali dovrebbero essere le dimensioni dei fondi, indicando però che il settore finanziario dovrebbe farsi carico di tutti i costi della risoluzione (se necessario attraverso accordi di finanziamento ex post). Il problema sarà come calcolare le dimensioni appropriate di tali fondi, paese per paese. Qui sorgono due problemi: il primo è che i sistemi più deboli esigeranno proporzionalmente i contributi maggiori, il che suscita preoccupazioni quanto all'esistenza effettiva di un contesto di pari condizioni. Il secondo riguarda invece il quadro temporale utilizzato per effettuare i calcoli: il limite massimo si calcola sulla base delle situazioni attuali e previste. Prima di raggiungere il limite massimo stabilito, però, la situazione potrebbe aver subito modifiche sostanziali, rendendo necessario un adeguamento sia dell'obiettivo che dei contributi. Le norme, pertanto, dovrebbero tenere conto dei possibili cambiamenti delle condizioni e dei calcoli iniziali. Inoltre, dal momento che i rischi variano nel corso del ciclo, l'aliquota del prelievo dovrebbe essere rettificata in modo da poter contribuire a rendere il sistema finanziario meno prociclico.

3.4   Indipendenza e governance dei fondi di risoluzione per il settore bancario

3.4.1   Il Comitato condivide il punto di vista della Commissione secondo cui i fondi di risoluzione dovrebbero rimanere separati dal bilancio nazionale. Il Comitato concorda sul fatto che l'indipendenza funzionale dal governo assicurerebbe che i fondi siano unicamente riservati alle misure di risoluzione e a null'altro. Tuttavia, gli Stati membri seguono al momento due diversi approcci per l'allocazione dei fondi raccolti dal settore finanziario. Paesi come la Germania, il Belgio e la Svezia si basano sul principio secondo cui è necessario stabilire un collegamento chiaro tra i fondi riscossi e quelli esborsati nel quadro del meccanismo di risoluzione. Altri paesi permettono che i fondi riscossi con il prelievo vengano assorbiti dal bilancio generale, dal momento che non è previsto alcun collegamento esplicito al quadro di risoluzione per il settore finanziario. Disposizioni, che generano l'aspettativa che gli istituti finanziari potrebbero beneficiare di un sostegno pubblico, potrebbero compromettere l'obiettivo del quadro proposto, che è quello di introdurre una risoluzione ordinata degli istituti finanziari in difficoltà, escludendo salvataggi con la partecipazione dei contribuenti. Il Comitato condivide l'opinione della Commissione quando essa afferma che la creazione di fondi di risoluzione «dedicati» potrebbe diminuire la dipendenza del settore finanziario dai fondi pubblici e ridurre l'azzardo morale connesso agli istituti «troppo grandi per fallire». Il Comitato ritiene che, come per i fondi di garanzia dei depositi, il gettito del prelievo dovrebbe essere sottoposto al controllo e alla governance di autorità diverse da quelle responsabili degli affari fiscali, ossia quelle incaricate della governance del quadro per la stabilità finanziaria.

3.4.2   Prima di prendere una decisione definitiva circa la governance dei fondi di risoluzione per il settore bancario, è necessario trovare risposte chiare alle seguenti domande:

il fondo rientra nella normativa prudenziale? Oppure

è concepito come una misura fiscale con la quale si chiede al settore finanziario di contribuire al recupero del denaro pubblico speso? O, ancora,

si tratta di una mera iniziativa fiscale che mira a una maggiore trasparenza del mercato attraverso la lotta alle speculazioni finanziarie?

Se la Commissione considera i fondi risoluzione una misura para-fiscale e una componente del quadro per la stabilità finanziaria, dovrebbe allora assicurarsi che ciò sia ben compreso, dal momento che non è possibile dare vita a una governance corretta dei fondi di risoluzione per il settore bancario senza un'idea chiara sulla natura degli stessi.

Bruxelles, 16 febbraio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr il gruppo di lavoro ad hoc del Comitato economico e finanziario sulla gestione delle crisi, 17 settembre 2010.

(2)  Commissione europea, DG Mercato interno e servizi, documento di lavoro dei servizi della Commissione sui prelievi a carico delle banche (Non-Paper on Bank Levies), elaborato per la discussione nella riunione del Comitato economico e finanziario del 31 agosto 2010, p. 4.

(3)  Gruppo di lavoro ad hoc del Comitato economico e finanziario sulla gestione delle crisi.

(4)  FMI, Un contributo sostanziale ed equo da parte del settore finanziario (A Fair and Substantial Contribution by the Financial Sector), relazione finale per il G20, giugno 2010, pag. 17.

(5)  L'FMI ha manifestato la sua preferenza per un'ampia gamma di passività, includendo alcune voci fuori bilancio e escludendo il capitale e le passività garantite. Anche la Commissione, nel suo documento di lavoro del 20 agosto, si è detta favorevole all'approccio basato sulle passività di mercato. Quattro Stati membri hanno già adottato un approccio basato su passività differenziate.

(6)  Le proposte del comitato di Basilea prevedono il controllo dei rischi di liquidità e di trasformazione assunti dalle banche.

(7)  Nel documento COM(2010) 579 definitivo la Commissione promette di applicare il quadro dell'UE per la gestione delle crisi nel settore finanziario a tutti gli istituti di credito e a certe imprese di investimento senza dare una chiara definizione delle imprese di investimento. Il CESE ritiene che il quadro di risoluzione debba essere applicato a tutti gli istituti finanziari soggetti a vigilanza.