15.2.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 48/6


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo dell'immigrazione legale in un contesto di sfida demografica» (parere esplorativo)

2011/C 48/03

Relatore: PARIZA CASTAÑOS

Con lettera datata 16 febbraio 2010, Joëlle MILQUET, vice primo ministro e ministro dell'Occupazione e delle pari opportunità, responsabile della politica di immigrazione e asilo, a nome della futura presidenza belga e conformemente al disposto dell'articolo 304 del TFUE, ha invitato il Comitato economico e sociale europeo a elaborare un parere esplorativo sul tema:

Il ruolo dell'immigrazione legale in un contesto di sfida demografica.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 settembre 2010.

Alla sua 465a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 settembre 2010 (seduta del 15 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene necessario affrontare le sfide demografiche con un approccio olistico, intervenendo in numerosi ambiti economici, sociali e politici. L'immigrazione legale fa parte della risposta dell'UE a questa situazione demografica.

1.2

La mobilità interna dei cittadini europei è ridotta, minore dell'immigrazione di cittadini di paesi terzi. Il CESE ritiene che si debbano eliminare gli ostacoli e facilitare la mobilità interna dei lavoratori europei.

1.3

Il CESE accoglie con favore l'obiettivo della strategia Europa 2020, di innalzare al 75 % il livello di occupazione della fascia di età compresa tra 20 e 64 anni grazie a una maggiore partecipazione delle donne e dei lavoratori anziani e a una migliore integrazione degli immigranti nel mercato del lavoro.

1.4

La politica comune di immigrazione deve fondarsi su un approccio strategico, con una visione di medio e di lungo periodo, che tenga conto di aspetti quali: il contesto demografico, l'evoluzione dei mercati del lavoro, l'integrazione, la diversità culturale, i diritti fondamentali, la parità di trattamento, la non discriminazione e la cooperazione con i paesi d'origine.

1.5

Spetta a ciascuno Stato membro decidere in merito all'ammissione di nuovi immigrati sul suo territorio. L'UE può apportare un significativo valore aggiunto attraverso una politica comune e una legislazione improntata a un elevato livello di armonizzazione.

1.6

Nonostante alcune differenze nazionali, l'UE e gli Stati membri devono poter disporre di una legislazione aperta, che permetta un'immigrazione per motivi di lavoro mediante canali legali e trasparenti, sia per i lavoratori altamente qualificati che per quelli che svolgono lavori meno qualificati.

1.7

Il CESE ritiene che, alla luce delle sfide demografiche, occorra modificare le direttive in vigore ed elaborare nuovi strumenti legislativi.

1.8

Con la ratifica del Trattato di Lisbona è entrata in vigore la Carta dei diritti fondamentali, che renderà più equilibrato l'approccio dell'UE in materia di legislazione sull'immigrazione e promuoverà un maggiore rispetto dei diritti umani.

1.9

In Europa, ciononostante, stanno crescendo l'intolleranza, il razzismo e la xenofobia nei confronti degli immigrati e delle minoranze. È necessario che i responsabili politici, i leader sociali e i mezzi di comunicazione agiscano con un alto senso di responsabilità e di pedagogia politica e sociale per prevenire questi comportamenti. Le istituzioni dell'UE, dal canto loro, devono agire con decisione, e le organizzazioni della società civile devono essere molto attive nella lotta contro queste ideologie e questi comportamenti.

1.10

La legislazione europea in materia di immigrazione deve garantire la parità di trattamento, sulla base del principio di non discriminazione.

1.11

La cooperazione con i paesi di origine non dovrebbe riguardare esclusivamente la lotta all'immigrazione irregolare, il rimpatrio e il controllo delle frontiere. I relativi accordi devono tenere conto anche dell'interesse di tutte le parti: gli immigrati, che devono veder rispettati i loro diritti fondamentali; i paesi d'origine, perché l'immigrazione possa avere effetti positivi sul loro sviluppo economico e sociale; e le società europee di accoglienza.

1.12

La politica comune di immigrazione deve tenere conto dell'integrazione, un processo sociale bidirezionale di reciproco adattamento tra emigranti e società di accoglienza, che dev'essere favorito nell'Unione europea attraverso una buona gestione a livello nazionale, regionale e locale. Un approccio comune europeo presenta un grande valore aggiunto in quanto vincola l'integrazione ai valori e ai principi del Trattato, alla parità di trattamento e alla non discriminazione, alla Carta dei diritti fondamentali, alla Convenzione europea dei diritti umani e alla strategia Europa 2020.

1.13

Il CESE invita la Commissione europea a chiedere l'elaborazione di un parere esplorativo in merito all'utilità di costituire una piattaforma europea di dialogo per la gestione dell'immigrazione per ragioni di lavoro.

2.   La popolazione dell'Unione europea

2.1

L'Unione europea conta attualmente poco meno di 500 milioni di abitanti  (1). Negli ultimi dieci anni si è registrata una variazione positiva, e la popolazione è aumentata di oltre 18 milioni di unità (2).

2.2

Si osservano tuttavia grandi differenze nazionali. La popolazione è diminuita in vari Stati membri, e in particolare in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania, mentre è rimasta stabile o è cresciuta negli altri, in particolare in Spagna, Francia, Italia e Regno Unito. In alcuni Stati membri si osservano inoltre notevoli differenze tra le varie regioni.

2.3

La crescita naturale ha aggiunto oltre 3 milioni di abitanti alla popolazione complessiva dell'UE (3). I paesi nei quali la crescita naturale è stata più forte in termini assoluti sono stati Francia, Regno Unito, Spagna e Paesi Bassi, ma anche altri paesi hanno fatto registrare valori positivi. I paesi con il saldo naturale negativo più significativo sono stati Germania, Bulgaria, Romania e Ungheria.

2.4

La popolazione dell'UE sta invecchiando. La percentuale di abitanti di età inferiore ai 15 anni è scesa dal 17,7 % del 1998 al 15,7 % del 2008.

2.5

La percentuale di abitanti di età pari o superiore a 65 anni è invece cresciuta dal 15,3 % del 1998 al 17 % del 2008. Questa percentuale è leggermente diminuita in Irlanda e Lussemburgo, mentre si avvicina al 20 % in Germania e Italia e supera il 18,5 % in Grecia.

2.6

Il tasso di dipendenza demografica  (4) dell'UE si è mantenuto praticamente stabile negli ultimi dieci anni, passando dal 49,2 % del 1998 al 48,6 % del 2008. In questi anni detto tasso è aumentato in Danimarca, Germania, Grecia, Italia e Paesi Bassi, è rimasto stabile in Francia e Finlandia ed è calato negli altri Stati membri, in particolare in quelli dove è diminuita maggiormente la percentuale di bambini e ragazzi.

2.7

Nel 2006 l'indice sintetico di fecondità  (5) era di 1,53 figli per donna, e tra il 1999 e il 2008 è aumentato in tutti gli Stati membri. Rimane tuttavia sotto il valore 1,5 in molti Stati membri. Soltanto in Francia si raggiungono i 2 figli per donna.

2.8

Aumenta la speranza di vita alla nascita della popolazione europea, che si situa su un valore medio di oltre 82 anni per le donne e di 76 anni per gli uomini.

2.9

La mortalità infantile  (6) è in calo nella maggior parte degli Stati membri, e nel 2006, nell'insieme dell'UE, era al di sotto dei 5 decessi per ogni 1 000 nati vivi.

3.   Le migrazioni nell'Unione europea

3.1

L'Europa è il luogo di destinazione di una piccola parte delle migrazioni internazionali, da anni la sua popolazione comprende numerosi immigrati.

3.2

Nel Trattato, e pertanto nei pareri del CESE, il termine immigrazione si riferisce ai cittadini di Stati terzi.

3.3

L'immigrazione ha costituito nel periodo 1999-2008 il fattore principale dell'aumento della popolazione dell'UE. La migrazione netta ha aggiunto infatti quasi 15 milioni di persone alla popolazione dell'UE (7). Il saldo migratorio è negativo soltanto in Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, ed è leggermente positivo in vari Stati membri, mentre il saldo migratorio più alto si riscontra in Germania, Spagna, Francia, Italia e Regno Unito. Tra il 1999 e il 2008 la maggior parte degli Stati membri ha avuto un saldo migratorio positivo, ad eccezione della Bulgaria (- 215 600), della Lettonia (- 24 700), della Lituania (- 88 100), della Polonia (- 566 100) e della Romania (- 594 700).

3.4

I flussi migratori contribuiscono all'aumento della popolazione dell'UE. L'immigrazione è all'origine di più dell'80 % dell'aumento della popolazione registrato negli ultimi 10 anni.

3.5

In alcuni paesi (Italia, Malta, Austria e Portogallo) il saldo migratorio è stato superiore al 4 % della popolazione media del periodo; in altri ha superato il 10 %: Cipro (11,64 %), Spagna (12,62 %), Irlanda (10,66 %) e Lussemburgo (11,08 %). All'altro estremo, le perdite di popolazione dovute al saldo migratorio oscillano tra lo 0,75 % della Lettonia e il 2,62 % della Romania.

3.6

Nel 2008, il numero di residenti stranieri (compresi sia i cittadini europei che quelli di paesi terzi) era di quasi 31 milioni. Il paese con la più grande popolazione straniera è la Germania, con oltre 7 milioni, seguita da Spagna (5,3 milioni), Regno Unito (4 milioni), Francia (3,7 milioni) e Italia (3,4 milioni), con un aumento generalizzato, nel 2009, in tutti questi paesi a eccezione della Germania. La Grecia e il Belgio si avvicinano al milione di stranieri, mentre Irlanda, Paesi Bassi, Austria e Svezia superano il mezzo milione.

3.7

Nel quarto trimestre del 2009 (8) quasi 11 milioni di cittadini europei risiedevano in un altro Stato membro. Di questi, 2,5 milioni vivevano in Germania, 1,8 milioni nel Regno Unito, 1,6 milioni in Spagna, 1,2 milioni in Francia e 1,1 milioni in Italia. In quantità minori se ne trovano anche in Belgio (642 900), Irlanda (350 500), Lussemburgo (191 000), Austria (322 200), Paesi Bassi (272 100), Grecia (142 500) e Svezia (185 700).

3.8

Dal quarto trimestre del 2005 il numero dei cittadini di uno Stato membro che risiedono in un altro è aumentato di oltre 2,7 milioni; le principali destinazioni di questi spostamenti interni all'UE sono stati Italia, Regno Unito e Spagna, con oltre 1,7 milioni di nuovi residenti.

3.9

Nel 2009 l'aumento del numero complessivo di stranieri è sceso sotto il milione, un valore simile a quello del 2006.

4.   Il futuro della popolazione dell'Unione europea

4.1

Secondo le proiezioni demografiche di Eurostat, nel 2018 la popolazione dell'UE oscillerà tra i 495 e i 511 milioni, laddove la differenza tra le due cifre è legata alla consistenza del fenomeno migratorio nei prossimi anni.

4.2

Tenendo conto dell'immigrazione di cittadini di paesi terzi, la proiezione per il 2020 sale a 514 milioni, e per il 2030 raggiunge i 520 milioni. La proiezione si basa sull'ipotesi per cui ogni anno vi sarà una migrazione netta di poco meno di 1,5 milioni di persone.

4.3

Pertanto la previsione di crescita della popolazione di qui al 2020, tenuto conto dell'immigrazione, si aggira sui 14 milioni di persone. Di queste, 5,3 milioni si troveranno in Spagna, 4 nel Regno Unito, 1,4 in Italia, 1,3 in Francia, quasi 1 milione in Irlanda, circa 500 000 in Svezia e Belgio e quasi 500 000 in Portogallo. All'estremo opposto, si verificheranno cali demografici di oltre 660 000 persone in Romania, 530 000 in Germania, 419 000 in Bulgaria e oltre 100 000 in Polonia, Ungheria, Lituania e Lettonia.

4.4

Nel 2020 la popolazione dell'UE farà registrare, rispetto ai valori del 2008, un aumento di quasi 845 000 persone di età inferiore a 15 anni, un calo di 2,8 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni e un aumento di 18,1 milioni di persone di 65 anni o più. Inoltre la popolazione tra i 20 e i 59 anni si ridurrà di 4,7 milioni. La crescita prevista della popolazione dell'UE si concentrerà pertanto nella fascia di età di 65 anni o più, con un maggiore invecchiamento demografico: le persone di età superiore a 65 anni raggiungeranno il 20 %.

5.   Il mercato del lavoro nell'Unione europea

5.1

Nel contesto del mercato del lavoro, la variabile demografica va considerata assieme ad altre variabili di natura economica, sociale o politica, che esulano dal tema del presente parere.

5.2

Nel periodo 1998-2008 la popolazione potenzialmente attiva per motivi di età è cresciuta di 12,1 milioni di unità, di cui poco meno di 12 milioni tra i 20 e i 59 anni di età.

5.3

Nel 2009 l'UE aveva circa 218 milioni di occupati, con un calo di 3,8 milioni rispetto all'anno precedente. Oltre 24 milioni (l'11 %) avevano un lavoro temporaneo. L'età media della fine dell'attività lavorativa era di 61,4 anni.

5.4

Nel quarto trimestre del 2009, 5,8 milioni di cittadini dell'UE lavoravano in un altro Stato membro. Di questi, 1,4 milioni lavoravano in Germania, 1,1 milioni nel Regno Unito, 820 000 in Spagna, 650 000 in Italia, 540 000 in Francia, 280 000 in Belgio, 190 000 in Irlanda, 180 000 in Austria, 150 000 nei Paesi Bassi e 125 000 in Svezia.

5.5

Tra il 1998 e il 2008, nell'UE-15, il tasso di attività è aumentato per tutte le fasce d'età, ma con differenze che vanno dall'1 % della fascia 15-19 anni al 10 % della fascia 60-64. Il tasso di occupazione maschile è rimasto pressoché invariato, aumentando però per la fascia di età compresa tra i 50 e i 70 anni, con un massimo di 10 punti per la fascia 60-65. Il tasso di occupazione femminile è cresciuto per tutte le fasce di età e, in particolare, per le donne tra i 30 e i 65 anni, con valori massimi di oltre 10 punti percentuali tra i 50 e i 65 anni.

5.6

Negli ultimi anni è aumentata in modo notevole la presenza delle donne nel mercato del lavoro, nondimeno il tasso di occupazione femminile è ancora inferiore a quello maschile.

5.7

Nel 2020 la popolazione potenzialmente attiva sarà di 361 milioni di persone, delle quali circa 238 milioni saranno realmente attive (9), mentre un margine di 123 milioni di persone non avrà un'attività lavorativa. Ciò significa un tasso di occupazione del 74,2 % per la fascia 20-64 anni, in leggero calo rispetto al valore del 2008, a causa delle mutazioni nella struttura demografica.

5.8

Tenuto conto dei tassi di disoccupazione (10), nel 2020 gli occupati potrebbero essere 221,5 milioni, il che significherebbe un tasso di occupazione del 69,3 % per la fascia 20-64 anni.

5.9

Tuttavia la strategia Europa 2020 (11) punta a portare al 75 % il tasso di attività della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni, mediante una maggiore partecipazione delle donne e dei lavoratori anziani e una migliore integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro.

5.10

Pervenire a un tasso di occupazione del 75 % nel 2020 per la fascia di età da 20 a 64 anni significherebbe avere 17,5 milioni di occupati in più. Anche così, tuttavia, rimarrebbero oltre 76 milioni di persone non occupate appartenenti a questa fascia d'età, benché la cifra comprenda anche ammalati e disabili non in grado di lavorare.

5.11

Vi sono differenze significative tra i tassi di occupazione dei diversi paesi dell'UE, che nel 2009 andavano dal minimo di Malta (meno del 60 %) al massimo dei Paesi Bassi (quasi l'80 %), con paesi che superano già l'obiettivo del 75 %. Per questo motivo l'aumento del tasso di occupazione nei paesi dove esso è basso e si colloca al di sotto della media UE, ossia nella maggioranza degli Stati membri, o in quelli dove supera la media dell'UE senza tuttavia raggiungere il 75 %, potrebbe comportare spostamenti di popolazione interni all'UE.

5.12

Uno dei fattori di incremento del tasso di occupazione è l'aumento del livello di istruzione della popolazione. Nel 2008, nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni, il tasso di occupazione dei laureati era dell'84 %, contro il 71 % dei diplomati e del 48 % di chi aveva un titolo di studio inferiore. Il tasso di occupazione di laureati e diplomati, inoltre, si colloca al di sopra del livello medio, che è del 66 %. Il miglioramento del livello di istruzione può inoltre essere un fattore di incremento della produttività e contribuire a equilibrare una domanda crescente di lavoratori con un livello di istruzione elevato.

5.13

Nell'attuale situazione di crisi economica, i mercati del lavoro non sono in grado di assorbire tutta la popolazione in età lavorativa (autoctoni e immigrati), e il tasso di disoccupazione si aggira sul 10 %. Nel febbraio 2010 nell'UE c'erano 23,01 milioni di disoccupati (uomini e donne) in età lavorativa, 3,1 milioni in più rispetto allo stesso mese del 2009.

5.14

L'invecchiamento della popolazione sta accelerando. Con il pensionamento della generazione del boom demografico degli anni '60, la popolazione attiva dell'UE diminuirà; il numero di persone che hanno più di 60 anni aumenterà a un ritmo doppio rispetto a quello del 2007, ossia di 2 milioni l'anno invece di 1.

5.15

Secondo la Commissione europea (12) a partire dal 2020 la scarsità di forza lavoro sarà più acuta, ragion per cui l'Europa avrà difficoltà a mantenere il suo livello di attività economica e di occupazione. Tale situazione potrebbe protrarsi per vari decenni.

5.16

In alcuni Stati membri le persone anziane sono incoraggiate a rimanere attive nel mercato del lavoro, avvicinando così l'età di pensionamento reale a quella legale. Vengono anche promosse riforme legislative intese a portare l'età della pensione oltre i 65 anni, come raccomanda il Libro verde della Commissione (13).

6.   Il ruolo dell'immigrazione in questo contesto demografico

6.1

Il CESE ritiene necessario affrontare le sfide demografiche con un approccio olistico, intervenendo in numerosi ambiti economici, sociali e politici. L'azione dell'UE deve riguardare tra l'altro le politiche di occupazione e di formazione, il miglioramento dei mercati del lavoro, i sistemi pensionistici, la conciliazione di attività professionale e vita familiare, le politiche attive per la famiglia ecc.

6.2

La politica di immigrazione rientra tra le decisioni politiche che l'UE deve adottare in questo contesto.

6.3

Il CESE ricorda le conclusioni del gruppo di saggi presieduto da Felipe González, riprese nel documento Europa 2030  (14), secondo le quali «la sfida demografica che si profila per l'Unione europea potrà essere vinta solo con due filoni d'azione complementari: innalzare i tassi di partecipazione al mercato del lavoro e attuare una politica dell'immigrazione equilibrata, equa e proattiva». «i lavoratori migranti contribuiranno a risolvere il problema della futura penuria di forza lavoro e di competenze in Europa e l'UE dovrà definire una linea proattiva in tema d'immigrazione».

6.4

Il CESE ha adottato numerosi pareri per promuovere una politica comune dell'immigrazione, affinché nuove persone possano sviluppare il loro progetto migratorio in Europa attraverso procedure legali e trasparenti.

6.5

L'Europa è la destinazione di una parte delle migrazioni internazionali, perché la relativa prosperità economica e la stabilità politica ne fanno, agli occhi di alcuni migranti, un luogo attraente e ricco di opportunità.

6.6

L'UE deve tenere conto del fatto che molti immigranti hanno un forte spirito imprenditoriale, e che essi avviano imprese in Europa e contribuiscono alla creazione di nuovi posti di lavoro.

6.7

La mobilità interna all'UE per motivi di lavoro è meno consistente dell'immigrazione. Negli ultimi anni i cittadini polacchi e romeni sono quelli che hanno esercitato in misura maggiore il diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE. Il CESE ritiene che l'UE debba promuovere e agevolare la mobilità lavorativa dei cittadini europei e a tal fine rafforzare la rete EURES e promuovere il riconoscimento dei titoli accademici e professionali.

7.   La politica comune di immigrazione

7.1

La politica comune di immigrazione si sta sviluppando con molte difficoltà. È migliorata la collaborazione nella lotta all'immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani, sono stati conclusi alcuni accordi con paesi terzi e si è delineato un approccio europeo all'integrazione, ma si sono fatti scarsi progressi in materia di legislazione sull'ammissione di nuovi immigrati per motivi economici, di condizioni di ingresso e di soggiorno e di diritti degli immigrati.

7.2

Nell'elaborare la politica comune di immigrazione si deve considerare che ciascuno Stato membro presenta caratteristiche specifiche per quanto riguarda il mercato del lavoro, il sistema giuridico, i vincoli storici con paesi terzi ecc.

7.3

La legislazione comune in materia di ammissione si sviluppa attraverso direttive diverse a seconda delle categorie professionali di lavoratori immigrati.

7.4

Le imprese europee vogliono procedure migliori per l'assunzione di lavoratori immigrati altamente qualificati. A questo fine l'UE ha adottato la direttiva (15) sulla Carta blu, che il CESE ha appoggiato pur presentando alcune proposte di modifica.

7.5

Per quanto riguarda altre attività lavorative, tuttavia, non si dispone ancora di una legislazione comune, anche se in avvenire l'UE accoglierà un gran numero di lavoratori immigrati per svolgere attività con qualifiche medie o basse.

7.6

Nel suo contributo al programma di Stoccolma, la Commissione ha proposto di creare una piattaforma europea per la migrazione dei lavoratori alla quale partecipino le parti sociali, ma il Consiglio ha respinto la proposta. Il CESE auspica che la Commissione lo consulti sull'utilità di creare la suddetta piattaforma.

8.   Legislazione

8.1

L'UE sta discutendo da due anni la proposta della Commissione per una direttiva quadro  (16) sui diritti degli immigrati, che prevede tra l'altro una procedura unica. Il CESE ritiene fondamentale che si approvi tale direttiva durante la presidenza belga.

8.2

Il 13 luglio 2010 la Commissione ha adottato due nuove proposte legislative: una riguardante i lavoratori immigrati stagionali (17) e una sui lavoratori immigrati distaccati temporaneamente in un altro Stato membro (18). Il CESE esaminerà l'impostazione di queste due proposte ed elaborerà i corrispondenti pareri.

8.3

Per il suo carattere de minimis, la direttiva 2003/86/CE sul diritto al ricongiungimento familiare consente che alcune legislazioni nazionali non garantiscano pienamente l'esercizio del suddetto diritto. Tale direttiva va modificata affinché, dopo un anno di residenza, gli immigrati possano richiedere alle autorità il ricongiungimento, esercitando il fondamentale diritto alla vita familiare. Il CESE ritiene anche che i coniugi o conviventi ricongiunti e i figli in età lavorativa debbano poter ottenere il permesso di lavoro. La Commissione presenterà in ottobre un Libro verde in materia.

8.4

Da alcuni anni è in vigore la direttiva  (19)«studenti». Il CESE ritiene che le persone che ai sensi di tale direttiva hanno un permesso di soggiorno, una volta che esso sia scaduto debbano poter beneficiare di una procedura accelerata per richiedere un permesso di lavoro e una proroga del precedente permesso di soggiorno. La Commissione elaborerà nel 2011 una relazione sull'applicazione della direttiva.

8.5

È in vigore anche la direttiva  (20)«ricercatori». A giudizio del CESE, va introdotta una procedura accelerata per consentire a queste persone, una volta concluso il loro progetto di ricerca, di accedere alla Carta blu per svolgere un'attività lavorativa. La Commissione elaborerà nel 2012 una relazione sull'applicazione di tale direttiva.

8.6

È necessario risolvere uno dei problemi più importanti di cui risentono molti immigrati e molte imprese europee: quello del riconoscimento dei titoli accademici e professionali.

8.7

Il CESE ritiene che, perché la maggior parte dell'immigrazione possa avvenire in modo legale e trasparente, la legislazione in materia di ammissioni deve tenere conto anche delle attività lavorative svolte nelle microimprese e nelle famiglie. Per questo motivo il CESE, in un altro parere (21), ha proposto l'introduzione di un permesso di ingresso e di soggiorno temporaneo per la ricerca di un lavoro, della durata di sei mesi.

8.8

Tenendo conto della Carta dei diritti fondamentali, l'UE deve assicurare a ciascun individuo la protezione dei diritti umani nel quadro degli ordinamenti giuridici europei e nazionali.

8.9

I diritti umani sono universali e irrevocabili, e valgono per tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione o dal loro status giuridico. Per questo motivo il CESE ha elaborato un parere d'iniziativa (22) nel quale propone che le politiche e la legislazione dell'UE in materia di immigrazione e frontiere rispettino adeguatamente i diritti umani.

8.10

La legislazione europea in materia di immigrazione deve garantire la parità di trattamento, sulla base del principio di non discriminazione (articolo 21 della Carta) e assicurare il rispetto dell'articolo 15, paragrafo 3, della Carta stessa, che recita: «i cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione».

8.11

La parità di trattamento nel lavoro riguarda le condizioni di lavoro, il salario, il licenziamento, la salute e sicurezza sul posto di lavoro e i diritti di associazione e di sciopero, nonché la parità di trattamento nel quadro di altri diritti sociali fondamentali come: l'assistenza sanitaria, i diritti pensionistici, la protezione in caso di disoccupazione e la formazione.

8.12

Il CESE osserva con preoccupazione che in Europa crescono il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza. Esso valuta favorevolmente le attività dell'Unione dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali.

8.13

Il CESE ritiene che una parte dei progetti migratori avrà carattere temporaneo, e in alcuni casi circolare, ma l'esperienza dimostra che i progetti migratori sono in gran parte definitivi o di lungo periodo. È quindi necessario che le politiche e la legislazione europea promuovano sempre il rispetto dei diritti umani, la sicurezza dello status giuridico degli immigrati, l'integrazione e il ricongiungimento familiare.

8.14

L'UE e gli Stati membri possono concordare con i paesi d'origine sistemi di immigrazione circolare che agevolino l'immigrazione attraverso procedure trasparenti. Il CESE appoggia i partenariati per la mobilità, che sono stati concordati con alcuni paesi d'origine, ma ritiene che detti accordi debbano essere equilibrati affinché tutte le parti (immigrati, paesi d'origine e paesi dell'UE) possano trarne beneficio.

8.15

Perché possa funzionare un sistema di immigrazione circolare è necessario che la legislazione europea preveda permessi di breve durata, molto flessibili, combinati con procedure di rimpatrio e garanzie di nuove assunzioni negli anni successivi. In questo modo molti immigrati utilizzeranno i canali legali e non permarranno in Europa in modo irregolare alla fine del loro periodo di soggiorno.

8.16

Il CESE propone di rilasciare permessi temporanei frequenti validi da 3 a 9 mesi e rinnovabili per 3, 4 o 5 anni. Queste procedure richiedono risorse finanziarie e logistiche e la collaborazione tra i datori di lavoro e le autorità degli Stati di origine e di accoglienza, nonché quella dei sindacati.

8.17

Il CESE desidera far osservare che l'immigrazione circolare rende più difficile il radicamento sociale e l'integrazione e non favorisce la creazione di legami tra i lavoratori e le imprese, né la partecipazione alle organizzazioni sindacali o alle attività di formazione.

8.18

Le procedure per l'ammissione temporanea possono includere convenzioni in materia di formazione e di riconoscimento delle qualifiche professionali, che consentono agli immigrati temporanei che lavorano in Europa di migliorare la propria qualificazione e, una volta rimpatriati, di ampliare le proprie opportunità di lavoro.

8.19

Gli immigrati che godono dello status di residenti permanenti ai sensi della direttiva soggiornanti di lungo periodo  (23) perdono il loro status se si assentano per un periodo di dodici mesi.

8.20

Per agevolare la circolazione degli immigrati e le iniziative imprenditoriali e lavorative nei paesi d'origine, la legislazione europea in materia di immigrazione deve consentire il mantenimento a lungo termine (per almeno tre anni) del diritto alla residenza permanente, e il ritorno nel paese d'origine non deve comportare automaticamente la perdita del permesso di lavoro e di soggiorno in Europa.

8.21

Occorre garantire i diritti pensionistici acquisiti nell'UE. A tal fine si dovranno negoziare convenzioni di reciprocità con i paesi d'origine e dovrà essere ratificata la convenzione n. 157 dell'OIL.

8.22

Il CESE propone che gli Stati membri dell'UE ratifichino le convenzioni n. 97 e n. 143 dell'OIL, riguardanti i lavoratori immigrati. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sottoscrivere la convenzione internazionale (24) sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie, come già proposto dal CESE in un parere d'iniziativa (25).

9.   La collaborazione con i paesi d'origine

9.1

Il CESE ha proposto (26) che l'UE, nell'ambito della sua politica estera, promuova un quadro normativo internazionale per le migrazioni.

9.2

Attualmente l'UE ha sottoscritto diversi strumenti di vicinato e di associazione. Il CESE ritiene che nei suddetti accordi vadano rafforzati i capitoli riguardanti le migrazioni e la mobilità. È prioritario concludere accordi per la mobilità tra l'UE e i paesi vicini, con i quali già esistono legami di collaborazione economica e politica.

9.3

Il CESE ha adottato due pareri (27) in cui propone di intervenire affinché l'immigrazione in Europa favorisca lo sviluppo economico e sociale nei paesi d'origine.

9.4

La formazione nei paesi d'origine può agevolare la politica di immigrazione e contribuire alla gestione dell'immigrazione, tenendo conto delle esigenze professionali delle imprese europee.

9.5

Il CESE propone che siano firmate delle convenzioni tra l'UE e i paesi d'origine per agevolare il riconoscimento dei titoli professionali e la formazione nei paesi d'origine.

9.6

Va considerata la possibilità che l'UE e gli Stati membri finanzino i programmi di formazione nei paesi d'origine e in questo modo contribuiscano anche allo sviluppo di strutture formative di qualità. I titoli acquisiti attraverso questi programmi dovrebbero essere riconosciuti come titoli europei. Questi programmi di formazione devono essere accompagnati da una procedura accelerata per l'ottenimento del permesso di lavoro e di soggiorno.

10.   Le politiche di integrazione

10.1

L'agenda Europa 2020 include tra i suoi obiettivi quello dell'integrazione. L'integrazione è un processo sociale bidirezionale di reciproco adattamento che si sviluppa nelle complesse relazioni tra le persone e tra i gruppi. I processi di integrazione si realizzano lentamente nelle strutture della società (famiglia, scuola e università, quartieri e paesi, luoghi di lavoro, sindacati, organizzazioni imprenditoriali, istituzioni religiose, culturali e sportive, ecc.).

10.2

Grazie alla collaborazione tra la Commissione europea e il CESE, è stato istituito il Forum europeo dell'integrazione, che ha l'obiettivo di rendere possibile la partecipazione della società civile e delle organizzazioni degli immigrati alle politiche di integrazione dell'UE.

10.3

Il CESE ha elaborato diversi pareri per accelerare le politiche di integrazione, e ha creato un Gruppo permanente per promuovere l'integrazione e rafforzare i rapporti con le organizzazioni della società civile e con il Forum.

10.4

Il CESE ha adottato un nuovo parere d'iniziativa (28) dal titolo L'integrazione e l'agenda sociale in cui propone di rafforzare l'obiettivo dell'integrazione nel quadro della strategia Europa 2020, nella nuova agenda europea di politica sociale, tenendo conto in misura maggiore degli effetti sociali dell'immigrazione, della situazione occupazionale degli immigranti, dell'inclusione sociale, della parità di genere, della povertà, dell'istruzione e della formazione, della salute, della protezione sociale e della lotta alla discriminazione.

10.5

La presidenza spagnola ha inoltre chiesto al CESE di elaborare un parere esplorativo (29) sul tema Integrazione dei lavoratori immigrati, che esamina l'importanza dell'occupazione, della parità di condizioni di lavoro, di opportunità e di trattamento ai fini dell'integrazione. Il parere formula anche alcune raccomandazioni rivolte alle autorità europee e nazionali e alle parti sociali.

10.6

La conferenza ministeriale svoltasi a Saragozza il 15 e 16 aprile 2010 ha chiesto alla Commissione di elaborare una nuova agenda per l'integrazione. Il CESE contribuisce ai lavori attraverso una relazione informativa dal titolo Le nuove sfide dell'integrazione , nella quale propone che nella nuova agenda si rafforzi la partecipazione civica degli immigrati e il loro coinvolgimento nel processo democratico.

10.7

L'approccio bidirezionale impone ai governi di assumersi nuovi impegni affinché le leggi nazionali facilitino la concessione della cittadinanza agli immigrati che lo richiedano e le relative procedure siano trasparenti.

10.8

Il CESE ha elaborato un parere d'iniziativa (30) indirizzato alla Convenzione che ha elaborato il Trattato costituzionale, nel quale raccomanda di concedere la cittadinanza europea ai cittadini di paesi terzi che abbiano lo status di residenti di lungo periodo.

10.9

Oltre alla sfida demografica, l'UE e gli Stati membri devono affrontare la grande sfida politica e sociale relativa all'integrazione di nuovi cittadini con diritti e doveri uguali. Pertanto i diritti di cittadinanza nazionale ed europea devono includere gli immigranti, che apportano all'Europa una grande diversità etnica, religiosa e culturale.

11.   Gli immigrati in situazione irregolare

11.1

Il CESE desidera ricordare che nell'UE vivono diverse centinaia di migliaia di persone che si trovano in una situazione amministrativa irregolare. Esse svolgono la loro attività lavorativa nell'economia informale e nell'occupazione irregolare, sono «invisibili» nella società ufficiale e non possono godere dei diritti fondamentali.

11.2

Nel documento del gruppo dei saggi Europa 2030 si afferma che è necessario armonizzare «in tutta l'UE i diritti degli immigrati irregolari». Il CESE appoggia questa proposta.

11.3

Come il CESE ha già asserito in altri pareri (31), bisogna facilitare la regolarizzazione personale degli immigranti irregolari, tenendo conto del radicamento lavorativo e sociale, sulla base dell'impegno assunto dal Consiglio dell'UE nel quadro del Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo (32).

Bruxelles, 15 settembre 2010

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Dati provvisori dell'Eurostat riferiti al 1o gennaio 2009.

(2)  Cifra calcolata sulla base dei dati Eurostat riferiti al periodo 1999-2009, al 1o gennaio di ogni anno.

(3)  Cifra calcolata sulla base dei dati Eurostat riferiti al periodo 1999-2008 (nascite meno decessi).

(4)  Definito come il rapporto tra la somma della popolazione di età inferiore a 15 o superiore a 65 anni e la popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni.

(5)  Numero medio di figli per donna nell'anno, ottenuto sommando i tassi di fecondità per età.

(6)  La mortalità infantile è riferita ai decessi di bambini nati vivi, che intervengono nel primo anno di vita.

(7)  Valore calcolato mediante l'equazione compensativa (saldo migratorio = popolazione 2009 - popolazione 1999 - crescita naturale 1999-2008).

(8)  Secondo le cifre dell'Inchiesta sulla forza lavoro.

(9)  Stima basata sui tassi di occupazione media del quarto trimestre 2007 e del primo trimestre 2008.

(10)  Cfr. nota 9.

(11)  COM(2010) 2020 definitivo.

(12)  COM(2009) 674 definitivo.

(13)  COM(2010) 365 definitivo.

(14)  Cfr. http://www.reflectiongroup.eu/wp-content/uploads/2010/06/project-europe-2030-it.pdf.

(15)  Direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati.

(16)  COM(2007) 638 definitivo.

(17)  COM(2010) 379 definitivo.

(18)  COM(2010) 378 definitivo.

(19)  Direttiva 2004/114/CE del Consiglio.

(20)  Direttiva 2005/71/CE del Consiglio.

(21)  GU C 80 del 3.4.2002, pag. 37.

(22)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29.

(23)  Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

(24)  Approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990.

(25)  GU C 302 del 7.12.2004, pag. 49.

(26)  GU C 44 del 16.2.2008, pag. 91.

(27)  GU C 120 del 16.5.2008, pag. 82 e GU C 44 del 16.2.2008, pag. 91.

(28)  GU C 347 del 18.12.2010, pag. 9.

(29)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(30)  Parere d'iniziativa, GU C 208 del 3.9.2003, pag. 76.

(31)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(32)  Consiglio dell'UE 13440/08, 24 settembre 2008.