1.4.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 87/60


Mercoledì 11 marzo 2009
Situazione sociale dei rom e miglior accesso al mercato del lavoro nell’Unione europea

P6_TA(2009)0117

Risoluzione del Parlamento europeo dell'11 marzo 2009 sulla situazione sociale dei rom e su un loro miglior accesso al mercato del lavoro nell’Unione europea (2008/2137(INI))

2010/C 87 E/12

Il Parlamento Europeo,

visti gli articoli 3, 6, 7, 29 e 149 del trattato CE, in particolare l'obbligo che impegna gli Stati membri di garantire uguali opportunità a tutti i cittadini dell'Unione europea,

visto l'articolo 13 del trattato CE, in base al quale la Comunità europea può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate, inter alia, sulla razza o l'origine etnica,

viste le sue risoluzioni del 28 aprile 2005 sulla situazione dei rom nell'Unione europea (1), del 1o giugno 2006 sulla situazione delle donne rom nell'Unione europea (2), del 31 gennaio 2008 su una strategia europea per i rom (3) e del 10 luglio 2008 sul censimento dei rom su base etnica in Italia (4),

vista la sua risoluzione del 9 ottobre 2008 sulla promozione dell'inclusione sociale e la lotta contro la povertà, compresa la povertà infantile, nell'Unione europea (5),

viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (6) e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (7),

vista la comunicazione della Commissione del 2 luglio 2008, dal titolo «Agenda sociale rinnovata: Opportunità, accesso e solidarietà nell'Europa del XXI secolo» (COM(2008)0412) (Comunicazione della Commissione su un'agenda sociale rinnovata),

vista la proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale, presentata dalla Commissione il 2 luglio 2008 (COM(2008)0426),

vista la sua posizione del 17 giugno 2008 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010) (8),

vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti (9),

vista la Convenzione-quadro del Consiglio d'Europa per la tutela delle minoranze nazionali del 1o febbraio 1995 e la Convenzione del Consiglio d'Europa del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,

vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1984 contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,

visto il piano d'azione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE) sul miglioramento della situazione dei rom e dei sinti nello spazio OSCE del 27 novembre 2003,

vista la relazione annuale 2007 dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali su «Razzismo e xenofobia negli Stati membri»,

visti la dichiarazione del «Decennio di integrazione dei rom» del 2 febbraio 2005 e la costituzione del Fondo per l'istruzione dei rom del 12 maggio 2005,

vista la relazione della Commissione dal titolo «La situazione dei rom in un’Unione europea allargata» del 2005,

vista la relazione del gruppo consultivo di esperti di alto livello sull'integrazione sociale delle minoranze etniche e la loro piena partecipazione al mercato del lavoro dal titolo «Minoranze etniche sul mercato del lavoro - Un urgente appello per una migliore inclusione sociale» dell'aprile 2007,

vista la relazione finale del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa sulla situazione in materia di diritti umani di rom, sinti e nomadi in Europa del 2006,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo dal titolo «Integrazione delle minoranze - Rom» (parere CESE) (10),

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e il parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0038/2009),

A.

considerando che in seguito ai recenti allargamenti dell'Unione europea, la necessità di un'integrazione sociale ha creato nuove sfide che devono essere affrontate nel contesto delle nuove circostanze demografiche ed economiche; che sebbene queste sfide debbano essere affrontate in tutti gli Stati membri, quelli dell'Europa centrale ed orientale sono maggiormente colpiti a causa della loro trasformazione strutturale, economica e sociale nell'arco degli ultimi 20 anni; rileva pertanto che gruppi sociali vulnerabili, come i rom, si trovano nella situazione più critica,

B.

considerando che negli Stati membri in cui si è verificato un tracollo dei settori industriali varie regioni hanno assistito al declino delle loro prospettive di sviluppo e, di conseguenza, molti rom in particolare si sono visti relegati ai margini della società in seguito alla rapida escalation della povertà; considerando di dover far presente e ribadire che, nel corso di tale processo, il diritto dei rom alla cittadinanza nazionale e della cittadinanza dell'Unione europea è passata in seconda linea e che i benefici derivanti dall'allargamento non li hanno adeguatamente raggiunti, aggravando in vari modi la loro marginalizzazione e aumentando il rischio di discriminazione multipla nei loro confronti,

C.

considerando che l’offensiva politica strategica per promuovere pari opportunità nei confronti dei rom deve affrontare una situazione sociale estremamente complessa, poiché i rom, ovvero la più numerosa minoranza etnica in Europa, soffre di svantaggi comuni anche ad altri gruppi; considerando che tale lotta potrebbe essere corroborata nella maniera più efficace da una strategia organica per i rom e da una serie coordinata di strumenti estesi a tutta una serie di politiche strutturali e con l'aiuto dei finanziamenti necessari,

D.

considerando che le popolazioni nomadi costituiscono un fenomeno etnico distinto, che potrebbe ben essere discusso come problematica a sé stante sia sotto il profilo dei diritti umani che sotto il profilo sociale e del mercato del lavoro,

E.

considerando che il processo di integrazione della popolazione rom nella società non è unilaterale bensì multilaterale, donde la necessità di coinvolgere attivamente i rom nel processo decisionale in sede di elaborazione di politiche di inclusione sociale,

F.

considerando che le condizioni di vita dei rom, le loro condizioni sanitarie e il loro grado di scolarizzazione ne determinano la situazione nella società e sul mercato del lavoro e servono spesso da pretesto per la loro esclusione dalle società maggioritarie e per il razzismo e ostacolano il miglioramento della qualità della loro vita, impedendo così l'esercizio dei più fondamentali diritti umani e civili,

G.

considerando che le infrastrutture di trasporto pubblico carenti, la penuria di organi e servizi amministrativi pubblici, in particolare di istituti scolastici e di sistemi sanitari di qualità, e la delocalizzazione delle imprese costringono i giovani all'esodo per motivi economici, aggravando le disparità regionali e la ghettizzazione,

H.

considerando che è di fondamentale importanza valutare - immediatamente prima della chiusura della seconda fase del processo di Lisbona - la situazione sociale e le possibilità occupazionali dei rom e decidere le azioni da intraprendere,

I.

riconoscendo l'importanza dei Fondi strutturali e di coesione per promuovere l'integrazione e rilevando che, a causa della complessità dei problemi sociali concernenti i rom, è inconcepibile che essi possano essere risolti solo mediante l'approccio per progetto che caratterizza i Fondi strutturali e di coesione,

J.

considerando che è indubbiamente importante riconoscere le buone pratiche precedenti, ma che la loro validità è limitata nello spazio e nel tempo,

K.

considerando che molte comunità rom tendono attualmente a restare nello stesso posto, anziché trasferirsi in zone che offrono maggiori opportunità di lavoro,

Rom sul mercato del lavoro: accesso o esclusione?

1.

ritiene che vi sia la necessità di un approccio coordinato per migliorare le condizioni di vita e di lavoro della comunità rom, che persegua i seguenti tre obiettivi:

accrescere le opportunità economiche per i rom;

costruire un capitale umano;

rafforzare il capitale sociale e lo sviluppo della comunità;

2.

sottolinea il fatto che le politiche rivolte ai rom in un certo numero di casi non hanno migliorato la loro situazione; chiede formalmente che tutte le iniziative dell'Unione europea e degli Stati membri, che hanno particolari ripercussioni sui rom, prevedano la partecipazione alle decisioni dei rappresentanti della comunità rom, in modo da rispettare la loro capacità e responsabilità ad organizzarsi;

3.

nota che l'ineguale accesso ai servizi e gli svantaggi socio-economici patiti dai bambini rom finiscono di fatto per negare loro l'accesso allo sviluppo infantile e a un'istruzione di qualità; rileva che tali svantaggi influenzano negativamente il loro sviluppo psicologico, sociale, fisico e cognitivo nonché le loro possibilità future sul mercato del lavoro e conseguentemente la loro integrazione nella società maggioritaria;

4.

constata che i sistemi d'istruzione sono selettivi e che, nonostante gli sforzi degli Stati membri per superare la segregazione, i numerosi e svariati sistemi apparentemente concepiti per ovviare alla segregazione di fatto servono spesso ad accentuare le disparità tra gruppi sociali e svantaggiano profondamente i poveri, rom in particolare, che vengono a trovarsi in una spirale discendente; sottolinea pertanto la necessità di politiche educative mirate rivolte alle famiglie rom, che ne incoraggino la partecipazione attiva;

5.

sottolinea che, nonostante la proporzione di giovani rom sia aumentata anche nell'istruzione secondaria e superiore, in alcuni Stati membri il loro livello di qualifiche continua a rimanere molto al di sotto della media europea; rileva la contraddizione fra, da un lato, la carenza di manodopera e, dall'altro, l'alto tasso di disoccupazione legato al basso livello di competenze professionali dei rom; chiede pertanto un serio impegno da parte degli Stati membri e dell'Unione europea ad aiutare i rom a migliorare le loro qualifiche in via prioritaria; richiama l'attenzione sul fatto che, in assenza di qualifiche formali, la situazione dei rom sul mercato del lavoro può essere migliorata anche elaborando un sistema di riconoscimento delle loro competenze pratiche;

6.

esorta gli Stati membri ad assicurare che le donne e le bambine rom abbiano pari accesso a un’istruzione di alta qualità, e a introdurre incentivi (per esempio opportunità di sviluppo professionale) per attrarre insegnanti altamente qualificati nelle scuole delle aree maggiormente degradate a livello socio-economico, in particolare nelle comunità rurali con un'alta percentuale di abitanti rom;

7.

invita gli Stati membri a migliorare l'accesso delle donne rom alla formazione professionale e ad adeguare l'offerta formativa alle esigenze dei mercati del lavoro locali, affinché le interessate possano acquisire competenze utili sotto il profilo occupazionale;

8.

nota che la grande maggioranza dei laureati rom non fa ritorno alla propria comunità dopo il completamento degli studi universitari e che alcuni di essi negano le proprie origini o non sono più accolti nella loro comunità quando cercano di farvi ritorno;

9.

raccomanda la definizione di un pacchetto organico che promuova e motivi il ritorno dei laureati rom alle rispettive comunità e l'occupazione dei rom all'interno e nell'interesse delle comunità stesse;

10.

considera che i cittadini rom influenzano in maniera specifica la piramide demografica in alcuni Stati membri; osserva che vi è un'elevata proporzione di bambini rom nella popolazione, ma che la loro speranza di vita alla nascita è di 10 anni inferiore rispetto alla popolazione maggioritaria;

11.

constata che, sebbene gli Stati membri abbiano stanziato ingenti fondi dell'Unione europea e degli Stati membri stessi per favorire l'impiego dei disoccupati di lunga durata, non è stata ancora trovata alcuna soluzione organica a livello dell'Unione europea, visto che gli Stati membri affrontano la situazione con un impegno e con modalità quanto mai diverse, senza dare l'opportunità di ritornare stabilmente sul mercato del lavoro, e che le loro misure, come i programmi di pubblico impiego, hanno ulteriormente aggravato la stigmatizzazione dei rom; chiede pertanto che l'Unione europea e gli Stati membri modifichino le proprie politiche per adottare un approccio integrato che affronti tutti gli aspetti della loro emarginazione;

12.

invita gli Stati membri ad adattare i programmi di formazione professionale alle esigenze dei mercati del lavoro locali e a fornire incentivi agli imprenditori che danno lavoro a chi non possiede qualifiche (compresi i rom) e offrono formazione ed opportunità di acquisire esperienza pratica direttamente sul posto di lavoro;

13.

invita le autorità degli Stati membri e le autorità locali a fornire analisi disaggregate per genere dei tassi di rioccupazione fra i disoccupati di lungo periodo (compresi i rom) che hanno completato una formazione finalizzata all'occupazione e, sulla base delle risultanze acquisite, ad elaborare nuove metodologie e a lanciare programmi di formazione adattati alle competenze ed esigenze economiche locali;

14.

invita gli Stati membri ad utilizzare i fondi dell'Unione europea per preservare e proteggere le attività tradizionali dei rom;

15.

condivide la posizione della Commissione, secondo cui gli adulti rom, a causa dei loro molteplici svantaggi, sono sottorappresentati nella popolazione attiva e nell'apprendimento permanente, spesso non hanno accesso alle TCI e sono sovrarappresentati tra i disoccupati di lunga durata e nei lavori di scarso prestigio, il che crea i maggiori ostacoli alla loro reintegrazione sul mercato del lavoro; chiede pertanto un'efficace attuazione della direttiva 2000/78/CE, che vieta le discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro;

16.

ritiene importante un'azione specifica comunitaria per favorire l'accesso dei rom ai programmi di formazione professionale;

17.

richiama l’attenzione degli Stati membri sul fatto che tale dicotomia sociale potrebbe costringere molti disoccupati rom a passare dall’economia legale all'economia sommersa e che occorre uno sforzo di coordinamento a livello dell'Unione europea e degli Stati membri per riportare tali persone all'occupazione legale e farle beneficiare delle disposizioni del diritto del lavoro e della previdenza sociale;

18.

ritiene necessario favorire una politica sociale ed economica inclusiva, anche attraverso misure ad hoc per alloggi dignitosi;

19.

fa notare in particolare che, promuovendo la mobilità di una manodopera non qualificata e priva di competenze, si rischia di aggravare la discriminazione nei confronti delle donne rom, che sono già particolarmente soggette alla discriminazione multipla, e di impedire l'ulteriore avanzamento sul mercato del lavoro;

20.

chiede ai governi degli Stati membri di migliorare l’indipendenza economica delle donne rom, facilitando l'avvio di PMI e il lavoro autonomo e favorendo l’accesso al microcredito, nonché di stimolare un’economia dei servizi all’interno dei loro stessi insediamenti al fine di ampliare il bagaglio di conoscenze ed esperienze delle donne rom;

21.

chiede ai governi degli Stati membri, inter alia, di creare un sistema di incentivi (ad esempio vantaggi fiscali) per le aziende che assumono donne rom;

22.

ritiene che si debba tener conto del fatto che, in pratica, la chiusura dei campi rom è difficile da realizzare utilizzando le risorse dell'Unione europea in base alle norme che attualmente applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, in quanto, nel caso degli Stati membri che hanno aderito dopo il 2004, la popolazione minima necessaria, affinché gli insediamenti siano idonei al finanziamento proveniente dal budget per le abitazioni, è tale che sono proprio quelli che vivono nelle condizioni peggiori, negli insediamenti più piccoli, a non poter essere raggiunti;

23.

sottolinea il fatto che per risolvere i problemi sociali ed economici dei rom occorrono un approccio organico e una soluzione coordinata e a lungo termine in materia di alloggi, istruzione, assistenza sanitaria e di politiche del mercato del lavoro; propone pertanto alla Commissione e agli Stati membri che tutte le misure destinate a migliorare la situazione dei rom siano considerate parte integrante degli interventi di sostegno allo sviluppo regionale e all'inclusione sociale;

24.

ritiene che gli Stati membri debbano avvalersi della revisione delle norme che disciplinano i Fondi Strutturali e di coesione, che offre un maggior margine di manovra per i programmi complessi, grazie alla possibilità di trasferire oltre il 10 % tra vari fondi;

25.

accoglie con favore la proposta di una nuova direttiva organica per combattere le discriminazioni fuori dall'ambito lavorativo fondate sull'età, gli handicap, l'orientamento sessuale, la religione o le convinzioni personali ed invita a dare effettiva attuazione alla direttiva 2000/43/CE; considera inoltre che nello spirito dell’agenda sociale, la Commissione debba individuare obiettivi specifici ed elaborare programmi equilibrati al fine di eliminare la discriminazione e la tendenza stigmatizzante nei confronti dei rom nonché la criminalizzazione delle comunità rom;

26.

sottolinea che il requisito basilare per promuovere l'inclusione sociale e l'accesso al mercato del lavoro per i rom sia quello di riconoscere loro pari diritti sociali e politici; invita in tal senso gli Stati membri e i Paesi candidati a definire una strategia per migliorare la partecipazione dei rom alle elezioni, sia come votanti che come candidati, a tutti i livelli;

27.

conferma l’importanza dei microcrediti che sono raccomandati sotto vari aspetti nella comunicazione della Commissione su un'agenda sociale rinnovata e nel parere del CESE, e che, fornendo una risorsa minima, possono consentire ai più poveri di raggiungere il proprio senso di responsabilità personale, una propria capacità commerciale nonché sviluppare energia creativa, anche fornendo crediti per coprire i costi del lavoro autonomo;

28.

sostiene la proposta delle istituzioni dell'Unione europea di aumentare il numero di lavoratori rom nelle pubbliche amministrazioni, in nome del principio della parità di trattamento; sottolinea tuttavia che, a tal fine, è necessario che i governi portino avanti politiche del personale e di formazione della manodopera che promuovano questo obiettivo e che compiano particolari sforzi e forniscano un sostegno attivo per facilitare l'accettazione di questo principio da parte dell'opinione pubblica;

29.

sottolinea che, tre l'altro, il mercato sociale, la sanità, l'assistenza domiciliare, la ristorazione pubblica e l'erogazione di servizi di custodia dei bambini potrebbero creare nuovi posti di lavoro per i disoccupati rom (soprattutto le donne); riafferma tuttavia che il mercato sociale richiede un legame permanente fra il fornitore e il fruitore del servizio e che pertanto un aumento dell'occupazione dei rom in tale settore è auspicabile soltanto in un contesto di accettazione sociale, ma che l'occupazione favorisce a sua volta l'accettazione sociale;

30.

invita gli Stati membri a prendere opportuni provvedimenti per eliminare l'odio razziale e l'istigazione alla discriminazione e alla violenza contro i rom nei mezzi di informazione e in ogni forma di tecnologia della comunicazione, ed esorta i grandi media ad instaurare buone prassi in materia di assunzione del personale in modo da riflettere la composizione della popolazione;

31.

osserva che le donne rom sono spesso attive nell'economia informale e denotano un bassissimo tasso di occupazione; ritiene pertanto che per superare la discriminazione multipla, l'elevata disoccupazione e la povertà, occorre che politiche specifiche siano finalizzate alla creazione di un accesso reale al mercato del lavoro per le donne rom, il che rappresenta una precondizione per migliorare il loro status famigliare e sociale;

32.

ritiene che l'occupazione delle donne rom debba essere incoraggiata anche tramite sistemi di sostegno sociale che tengano conto delle esigenze occupazionali e tramite adeguati percorsi formativi e professionalizzanti, che consentano di conciliare la vita familiare e quella lavorativa; invita gli Stati membri ad adottare misure che contribuiscano ad aumentare le possibilità di custodia dei bambini rom anche nel caso in cui la madre rimanga a casa ad accudire gli altri figli;

33.

rileva che una situazione abitativa e servizi sanitari migliori potrebbero incentivare l'accesso delle donne rom al mercato del lavoro e aumentare le loro possibilità di conservare il lavoro più a lungo;

34.

sottolinea che le politiche sociali e occupazionali dovrebbero contribuire a sviluppare il potenziale individuale e a rispondere ai bisogni dei cittadini nonché creare maggiori opportunità per l'enorme serbatoio di manodopera costituito da anziani, disabili e poveri con scarsa scolarizzazione, tra cui i rom;

35.

rileva che la discriminazione multipla cui sono esposte le donne rom deve a sua volta essere riconosciuta e combattuta con politiche mirate rivolte alle donne rom; ritiene che tali politiche possano avere un impatto positivo duraturo, sia sulle donne che su gli altri membri della famiglia, in particolare i bambini;

36.

si oppone all'idea che i sussidi volti ad aiutare i disoccupati di lunga durata (tra cui molti rom) ad inserirsi nel mondo del lavoro, sia che vengano versati ai datori di lavoro che ai lavoratori, violino il principio della neutralità concorrenziale, poiché la reintegrazione dei rom è un obiettivo di politica sociale per il raggiungimento del quale è necessario creare anche posizioni di mercato sovvenzionate; è dell'avviso che sovvenzionare la creazione di posti sul mercato del lavoro per reintegrare i rom sia preferibile all'erogazione di sussidi ai disoccupati strutturali;

37.

riconosce che alcune arti e mestieri tradizionali dei rom possono contribuire a preservare le specificità di questa comunità e migliorarne le condizioni materiali e il livello di integrazione sociale, e ritiene auspicabile dare sostegno a determinate attività professionali;

Lotta per la sopravvivenza ai margini della società

38.

constata che fra le culture europee quella dei rom è caratterizzata da una forte tradizione famigliare; osserva che l’immagine che l’opinione pubblica ha delle famiglie rom è quella della forte persistenza della suddivisione tradizionale dei ruoli, la prole numerosa, la convivenza di più generazioni, la tendenza a vivere molto vicino ai parenti e il mantenimento dei rapporti con la famiglia estesa; ritiene per questo motivo che i programmi a favore delle famiglie rom a livello degli Stati membri e dell’Unione europea devono fondarsi sui punti di forza di questa rete di sostegno naturale;

39.

sottolinea l'importanza di preservare ed affermare i tratti culturali specifici dei rom per proteggerne l'identità e combattere i pregiudizi contro gli stessi; ritiene pertanto necessario che gli Stati membri e la Commissione abbiano una parte più attiva nel sostegno della vita spirituale della minoranza rom;

40.

avalla l'opinione contenuta nel parere del CESE secondo cui le donne rom hanno uno status inferiore nella gerarchia familiare, si sposano in giovane età, patiscono sovente violenze domestiche e sono spesso vittime della prostituzione e del traffico di esseri umani;

41.

ritiene pertanto che i programmi dell'Unione europea e dei suoi Stati membri per i rom debbano puntare all'emancipazione individuale dalle gerarchie tradizionali e all'indipendenza socio-economica dei membri delle comunità rom, in particolare le donne;

42.

sottolinea che la tendenza dei bambini rom ad abbandonare precocemente la scuola ne compromette l'educazione personale, la loro capacità d'integrazione sociale e le loro opportunità sul mercato del lavoro, mentre nel caso delle donne rom il loro stato di salute fisica e psichica nonché l'abbandono scolastico precoce finisce per influenzare anche la salute e la scolarizzazione dei loro figli facilitandone l'esclusione sociale; sottolinea pertanto l'importanza di servizi che informino e sensibilizzino le donne rom;

43.

esorta agli Stati membri ad assicurare che i quadri giuridici attuali e futuri includano disposizioni volte a prevenire e affrontare le molteplici forme di discriminazione di cui sono vittime le donne rom, al fine di migliorare la loro condizione socio-economica e garantire loro l’accesso a cure sanitarie di qualità, all’assistenza all’infanzia e all’istruzione come precondizioni per l’occupazione;

44.

ritiene che il processo d'integrazione debba iniziare in età precoce al fine di fornire in maniera efficace alternative alla povertà e all'esclusione sociale; ritiene pertanto che sia necessario garantire un quadro istituzionale per i servizi educativi e sociali di prossimità per i bambini e le loro famiglie, che risponda alle esigenze locali e personali e che garantisca pari accesso a servizi di qualità; chiede pertanto alla Commissione di sostenere in maniera prioritaria i programmi per l’integrazione precoce dei bambini rom in tutti i paesi in cui siano accessibili risorse dell’Unione Europa come lo Strumento di assistenza preadesione o i Fondi strutturali e di coesione;

45.

osserva che i bambini rom sono sovrarappresentati nelle scuole speciali e in vasta proporzione vi vengono inseriti senza motivo, il più delle volte per discriminazione; sottolinea che costringere i bambini che sono stati illegalmente classificati come disabili mentali a frequentare scuole speciali, è discriminatorio e costituisce una grave violazione del loro diritto fondamentale a un'istruzione di alta qualità e genera difficoltà per il proseguimento degli studi e per trovare lavoro, nonché una maggiore probabilità di inattività sul mercato del lavoro, costituendo così un onere per il bilancio;

46.

conferma il suggerimento contenuto nel parere del CESE relativo alla necessità, per garantire lo sviluppo dei bambini, di sostenere forme di aiuto complesse che abbiano come obiettivo tutta la famiglia e che offrano un aiuto pratico su misura tenendo conto delle esigenze della famiglia, come il programma «sure start»;

47.

condivide l'opinione espressa nel parere del CESE secondo cui - in considerazione delle sue caratteristiche demografiche - la comunità rom ha un accesso asimmetrico alle indennità sociali; sottolinea che le indennità sociali sono mirate a controbilanciare gli oneri o le carenze derivanti dalle condizioni di vita individuali, dall'impegno della cura dei figli e da altri impegni socialmente utili;

48.

condivide le raccomandazioni contenute nel parere del CESE, secondo le quali, al fine di incentivare la partecipazione al mercato del lavoro ufficiale, è necessario fornire un sostegno aggiuntivo a questi lavori che cambiano; sottolinea che è necessario fare in modo che sia il lavoratore che il datore di lavoro abbiano interesse al lavoro in regola;

49.

sottolinea che la fase di vita attiva vissuta dai rom nell’emarginazione ne ostacola l'accesso ai servizi sanitari ed è responsabile delle condizioni in cui si trovano in tarda età; sottolinea anche che il fatto di iniziare a lavorare in tenera età, la frequente disoccupazione, la mancanza di tutela del lavoro, il lavoro invisibile svolto nell’economia sommersa - che è spesso fisicamente logorante, ma che non assicura anni di anzianità contributiva - impediscono ai rom di percepire una pensione accettabile e di vivere una vecchiaia dignitosa;

50.

raccomanda che la Commissione prenda l'iniziativa di identificare le forme più efficaci di supporto all'integrazione sociale, economica e culturale della più grande minoranza dell'Unione europea, e sottolinea la necessità di una cooperazione fra la Commissione e i governi degli Stati membri al fine di intervenire in modo mirato per risolvere i complessi problemi transnazionali dei rom;

Conclusioni

51.

ritiene che la conservazione della lingua e della cultura rom sia un valore comunitario ma al contempo non condivide il concetto secondo il quale i rom dovrebbero essere membri di una «nazione europea» senza Stato, poiché questo esimerebbe gli Stati membri dalla loro responsabilità e metterebbe in discussione la possibilità di integrazione;

52.

richiama l'attenzione degli Stati membri sul rischio che l'adozione di eccessive misure nei confronti delle comunità rom finisca per peggiorare la già drammatica situazione di questa minoranza e per comprometterne le opportunità di integrazione;

53.

invita la Commissione e gli Stati membri ad operare insieme alle ONG, alle comunità e ai leader rom per elaborare un piano per l'inclusione sociale dei rom accettabile per tutti, da attuare in stretta cooperazione;

54.

invita gli Stati membri ad ideare ed attuare progetti volti a combattere gli stereotipi negativi contro i rom a tutti i livelli, che possano essere sostenuti dai Fondi strutturali e di coesione e anche da programmi specifici come Progress nonché da iniziative come l'Anno europeo del dialogo interculturale 2008 e l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, proclamato per il 2010;

55.

osserva che, se il miglioramento della situazione sociale ed economica dei rom è stato oggetto di attenta considerazione nel processo di allargamento, i progressi registrati sono in generale limitati; invita gli Stati membri e la Commissione ad esaminare i precedenti e gli attuali programmi ed iniziative e a valutarne i risultati; considera che il compito dell’Unione sia un migliore e più stretto coordinamento degli strumenti di integrazione sociale e che tale coordinamento dovrebbe incentivare la lotta alla povertà e l’accesso da parte dei rom a lavori migliori, più duraturi e più stabili, indicare una direzione per rendere più efficaci i sistemi di inserimento sociale e di tutela, essere un mezzo di analisi delle esperienze politiche e di apprendimento reciproco e creare un sistema di analisi coerente delle migliori prassi;

56.

invita la Commissione a valutare specificamente gli effetti degli obiettivi e degli strumenti di tutte le sue politiche settoriali sulla popolazione rom e a sviluppare una strategia politica coerente e un alto livello di coordinamento; chiede alla Commissione e agli Stati membri, nell'ambito di relazioni sugli indicatori integrati e sul metodo aperto di coordinamento per l'inclusione sociale, di prestare attenzione al cambiamento della situazione dei rom; invita la Commissione a monitorare gli effetti della discriminazione, a verificare periodicamente la situazione dei rom in relazione ai cambiamenti intervenuti a livello di istruzione, occupazione, condizioni sociali, sanitarie e abitative negli Stati membri e nei paesi candidati;

57.

invita la Commissione a chiedere al più presto possibile agli Stati membri di adottare chiare politiche dell'occupazione per le categorie svantaggiate, fra cui la popolazione rom attiva, che prevedano misure di sostegno volte a favorire la loro progressiva integrazione nel mercato del lavoro, nonché misure per combattere gli effetti della dipendenza creata dal sistema di sicurezza sociale;

58.

invita la Commissione a collaborare con le varie organizzazioni internazionali e a sostenere lo sviluppo di una rete accademica di esperti rom che forniscano dati scientifici e supporto mediante ricerche, analisi, raccolta di documentazione e stesura di raccomandazioni per analizzare le questioni legate all'integrazione dei rom, determinare le attività da intraprendere, descrivere, sulla base delle relazioni di sintesi di tali organizzazioni, la tematica rom con la dovuta serietà e preparare, almeno ogni due anni, una valutazione complessiva a livello dell'Unione europea;

59.

critica i quattro Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sulla protezione delle minoranze nazionali; invita gli Stati membri in questione a ratificare senza indugio la Convenzione; invita gli Stati membri che hanno fatto dichiarazioni restrittive nell'ambito della Convenzione quadro in relazione al riconoscimento dei rom come minoranza nazionale, a ritirare tali dichiarazioni;

60.

raccomanda agli Stati membri:

a)

di istituire a livello di Unione europea un gruppo di esperti comprendente rappresentanti dei rom, che coordini la strategia degli Stati membri per i rom e l'utilizzo dei Fondi dell'Unione europea destinati alla sua promozione;

b)

di istituire partnership fra le varie organizzazioni che rappresentano gli interessi dei rom e le pertinenti istituzioni degli Stati membri; e

c)

di elaborare strumenti quali la concessione di crediti agevolati o sovvenzioni di interessi e, nella pianificazione delle sovvenzioni agricole, di considerare un obiettivo importante il raggiungimento da parte dei cittadini rom di condizioni che permettano loro di vivere di agricoltura, in modo che, oltre al lavoro salariato in agricoltura o al posto di questo, si aprano maggiormente all'idea di puntare a forme innovative di lavoro agricolo, incluse le cooperative sociali, giustificando così lo stanziamento dei fondi necessari;

61.

ritiene che i gruppi target (in insediamenti o parti di insediamenti rom) in alcuni Stati membri siano facilmente raggiungibili sulla base della definizione di «svantaggi multipli», ma che sia arduo raggiungere con tali gruppi target nuclei più piccoli come la famiglia e l'individuo;

62.

ritiene tuttavia che sia necessario creare le condizioni giuridiche necessarie ad una raccolta di dati volontaria e anonima e all’istituzione di una banca dati comparativa, nel rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali e dei diritti umani ed escludendo sistemi offensivi per la dignità umana; ritiene che la Commissione dovrebbe proporre le necessarie modifiche legislative;

63.

invita al Commissione a facilitare la definizione, la verifica e la conferma di una serie di migliori prassi nei programmi per i rom (alloggio, istruzione, occupazione ecc.) a seguito di un'analisi condotta da un organo indipendente;

64.

ritiene che la creazione di una banca dati non costituisca un’alternativa, ma la condizione per un sistema di misurazione e valutazione che sia in grado di bilanciare l’effetto dello scambio delle migliori esperienze e dell’utilizzo delle risorse; per questo è necessario un sistema di indicatori che si estenda a tutti i campi della vita e che possa essere utilizzato da chiunque e che, accanto agli indicatori in entrata e in uscita relativi ai programmi, contempli l’utilizzo degli indicatori sociali di risultato e di impatto, anche come condizione per il finanziamento; raccomanda pertanto che la Commissione inserisca tale sistema di indicatori nel regolamento quadro dei Fondi Strutturali e nei regolamenti aventi per oggetto altri tipi di aiuti pubblici;

65.

propone alla Commissione di imporre requisiti più coerenti e uniformi a tutti quei programmi di sviluppo finanziati con fondi europei per i quali si possa verificare se hanno contribuito ad impedire o a invertire l’emarginazione sociale dei rom; ritiene che gli organi degli Stati membri e dell’Unione Europea debbano esaminare tutte le azioni di sviluppo finanziate con i Fondi strutturali e di coesione per valutare quale sia l’effetto del programma sull’integrazione sociale dei rom; raccomanda inoltre che nella fase di selezione sia data la priorità ai programmi di sviluppo che mirano anche a migliorare la situazione dei rom che vivono in insediamenti particolarmente svantaggiati e che sono colpiti da povertà e disoccupazione;

66.

invita la Commissione, in cooperazione con i vari Stati membri, a sviluppare e implementare una vasta e continua campagna d'informazione rivolta al grande pubblico e al popolo rom, sui programmi degli Stati membri finalizzati a migliorare le condizioni di vita dei rom e sulle relative forme di attuazione;

67.

invita la Commissione a monitorare regolarmente le azioni e gli interventi compiuti e i loro effetti sul miglioramento della situazione dei rom nel mercato del lavoro;

68.

auspica che le risorse oggetto di decisioni a livello di Unione europea siano utilizzate anche per programmi «mirati», che prevedano anche la partecipazione di esperti di organizzazioni specializzate in questo settore per supporto e consulenza, atti a controbilanciare gli svantaggi dei rom dal punto di vista della formazione e dell’istruzione; ritiene che gli Stati membri, nell'assegnare fondi dell’Unione Europea e fondi propri - anche al momento di decidere del finanziamento di settori diversi dallo sviluppo in età infantile e dalla pubblica istruzione - dovrebbero esaminare se l'ente locale, l’organizzazione, ecc. che ha chiesto gli aiuti, ha rispettato i propri obblighi di eliminazione della segregazione;

69.

invita la Commissione a incoraggiare le autorità nazionali a porre fine alla pratica discriminatoria di far sgombrare gli occupanti dei campi rom e a sviluppare invece progetti concreti di edilizia sociale con il supporto tecnico e i meccanismi di monitoraggio fra l'altro della Commissione, della Banca mondiale e delle ONG che si dedicano ai rom; è persuaso che la risoluzione del problema abitativo dei rom che vivono in zone rurali debba costituire una priorità e divenire motivo di speciale preoccupazione nonché un'area di intervento;

70.

invita la Commissione a prestare particolare attenzione non solo alle organizzazioni della società civile, ma anche alla capacità dei rom di organizzarsi e di fornire sostegno alla politica di integrazione, nonché a sostenere lo sviluppo delle comunità soprattutto con progetti che rafforzano la partecipazione dei rom al processo decisionale e la loro responsabilità per le decisioni prese insieme a loro;

71.

invita la Commissione e gli Stati membri, in cooperazione con le ONG che si dedicano ai rom, a esaminare le politiche e i programmi esistenti, per trarre insegnamento dai progetti falliti in passato;

72.

invita la Commissione a sostenere le ONG che si dedicano ai rom, a livello dell'Unione europea, a livello nazionale o locale, al fine di monitorare l'attuazione delle politiche e dei programmi destinati ai rom, nonché l'educazione alla democrazia e ai diritti dell'uomo;

73.

propone alla Commissione e agli Stati membri la creazione di un Forum a livello di Unione europea in cui movimenti sociali, sindacati, associazioni non governative che rappresentano i rom e i loro interessi possano consultarsi regolarmente per l'elaborazione degli orientamenti e lo scambio delle migliori prassi, al fine di favorire un approccio coordinato a livello di Unione europea;

74.

invita gli Stati membri a essere più proattivi nell'incentivare il trasferimento di posti di lavoro in aree in cui sono insediate comunità rom e nell'incoraggiare i rom a trasferirsi dove ci sono posti di lavoro;

75.

rammenta agli Stati membri e alla Commissione che, se gli aiuti sociali hanno un ruolo chiave da svolgere nel supportare e rafforzare le comunità svantaggiate, come i rom, la promozione dell'autoaiuto è a sua volta importante; ritiene che una cultura dell'indipendenza, piuttosto che della dipendenza, debba costituire l'obiettivo a lungo termine;

76.

ritiene che occorra assegnare una priorità molto maggiore alla disponibilità di posti di lavoro locali e all'incentivazione dell'imprenditorialità e dell'artigianato locale, come pure allo sviluppo delle competenze di base all'uopo necessarie, il che contribuirà a sviluppare ricchezza e maggiore autostima;

*

* *

77.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati.


(1)  GU C 45 E del 23.2.2006, pag. 129.

(2)  GU C 298 E del 8.12.2006, pag. 283.

(3)  Testi approvati, P6_TA(2008)0035.

(4)  Testi approvati, P6_TA(2008)0361.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0467.

(6)  GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

(7)  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(8)  Testi approvati, P6_TA(2008)0286.

(9)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321.

(10)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 88.