52009DC0039

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenaghen {SEC(2009) 101} {SEC(2009) 102} /* COM/2009/0039 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 28.1.2009

COM(2009) 39 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenaghen

{SEC(2009) 101} {SEC(2009) 102}

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenaghen

1. Sintesi

Concludere con esito positivo i negoziati internazionali sui cambiamenti climatici previsti a Copenaghen per la fine del 2009 è uno degli obiettivi prioritari dell’UE. Dopo l'adozione del pacchetto "Clima ed energia" l’UE dovrà accelerare i contatti con i paesi terzi sia in ambito ONU che in altre sedi.

La presente comunicazione definisce proposte concrete a tal fine e affronta tre punti cruciali: obiettivi e azioni; finanziamento; creazione di un mercato globale ed efficace del carbonio. Il documento risponde inoltre all’invito del Consiglio europeo del giugno 2008 che sollecitava la Commissione a presentare una strategia complessiva per aumentare la scala dei finanziamenti e dei flussi di investimenti ai fini della riduzione delle emissioni e degli interventi di adattamento.

Per contenere l'incremento della temperatura media mondiale entro 2(C al di sopra dei livelli pre-industriali, i paesi industrializzati, considerati nel loro insieme, dovrebbero ridurre, entro il 2020, le emissioni del 30% rispetto ai valori del 1990. L'UE ha dato l'esempio e si è impegnata ad abbattere le proprie emissioni del 20% rispetto ai valori del 1990 entro il 2020, a prescindere dall'adozione di un accordo internazionale. Questo obiettivo è di gran lunga l'impegno più ambizioso assunto da un paese o da un gruppo di paesi a livello mondiale per il periodo successivo al 2012.

L'UE è disposta ad andare anche oltre e a ridurre le proprie emissioni del 30% nell'ambito di un accordo internazionale sufficientemente ambizioso e organico che preveda riduzioni comparabili da parte di altri paesi industrializzati e interventi adeguati da parte dei paesi in via di sviluppo. Questi ultimi, come gruppo, dovrebbero contenere l'incremento delle proprie emissioni (-15/30% rispetto allo status quo). Per poter procedere agli interventi necessari nei paesi in via di sviluppo occorrerà aumentare sensibilmente le risorse finanziarie a tal fine, risorse che dovrebbero essere stanziate a livello nazionale o derivare dal mercato globale del carbonio e anche dai contributi dei paesi industrializzati. Gran parte di questi investimenti avrà benefici rapidi e di lungo termine a livello di cambiamenti climatici e di ripresa economica e comunque non inferiori ai costi del mancato intervento.

Un mercato globale del carbonio può e dovrebbe nascere collegando i vari sistemi nazionali di scambio dei diritti di emissione comparabili tra loro per promuovere la riduzione delle emissioni all'insegna dell'efficacia economica. L'UE dovrebbe coinvolgere altri paesi per garantire la costituzione di un mercato a livello dell'OCSE entro il 2015 e ancora più ampio entro il 2020.

2. INTRODUZIONE

L'UE ha concordato l'obiettivo di contenere l'incremento della temperatura media mondiale entro 2(C al di sopra dei livelli pre-industriali. Il superamento di questa soglia comporterà una sempre maggiore carenza di acqua e di cibo e un aumento di fenomeni atmosferici estremi; inoltre, ecosistemi unici saranno sempre più minacciati. Se l'andamento attuale rimane invariato, la soglia dei 2° C potrebbe già essere superata nel 2050. Del resto, anche il contenimento dell'aumento di temperatura al di sotto dei 2° C potrebbe richiedere un notevole impegno di adattamento. Alla luce di alcuni nuovi risultati scientifici, un numero sempre maggiore di scienziati invita a stabilizzare la concentrazione di gas serra in atmosfera ad un livello notevolmente inferiore rispetto a quello raccomandato in precedenza, cioè di scendere fino a 350 ppmv di CO2 equivalente. Per questo a Copenaghen sarà assolutamente necessario ottenere un risultato ambizioso, che lasci aperta la possibilità di fissare un livello di stabilizzazione inferiore.

L'inerzia fisica di base che caratterizza il sistema climatico mondiale fa sì che, se non si terrà conto degli ammonimenti del mondo scientifico, ci saranno conseguenze mai viste prima d'ora, costose e potenzialmente ingestibili. Nel contempo, però, c'è la possibilità di affrontare contemporaneamente i problemi dei cambiamenti climatici, della sicurezza dell'energia e dell'attuale recessione economica. Per far fronte ai cambiamenti climatici saranno necessari ingenti investimenti pubblici e privati, ma in tal modo verrà favorita una transizione sicura verso un'economia a basse emissioni di carbonio, che offrirà nuove opportunità di crescita e occupazione e incentiverà lo sviluppo sostenibile. I governi di tutto il mondo stanno annunciando importanti programmi di investimento volti ad incentivare investimenti nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio, a promuovere l'innovazione e la crescita e a rafforzare la sicurezza energetica, come il Piano europeo di ripresa economica adottato di recente dall'UE. Gli interventi finalizzati ad affrontare la crisi finanziaria possono servire a ridurre la stretta finestra di opportunità ancora disponibile per rimanere al di sotto della soglia dei 2° C.

In ambito internazionale , il Piano d'azione di Bali del 2007 ha avviato un processo che dovrebbe portare, nel corso della conferenza ONU che si terrà a Copenaghen nel dicembre 2009, alla conclusione di un accordo internazionale sul clima per il periodo post-2012. L'accordo dovrà definire nuovi obiettivi e azioni concreti finalizzati a ridurre le emissioni di gas serra e fornire le basi per uno sviluppo sostenibile rafforzando le capacità di adattamento ai cambiamenti climatici (ormai inevitabili) dei vari paesi; l'accordo dovrebbe inoltre dare impulso all'innovazione e alla crescita economica, riducendo la povertà e garantendo l'accesso a servizi energetici sostenibili (la cosiddetta "visione condivisa"). Dopo la conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Poznan nel dicembre del 2008 dai dibattiti si è passati ai negoziati veri e propri.

A livello nazionale, i paesi industrializzati e non stanno accelerando gli interventi: sono stati così fissati gli obiettivi e si cominciano a creare dei mercati del carbonio. A dicembre del 2008 l'UE ha adottato l'ambizioso pacchetto sul clima e l'energia, che mette in atto l'obiettivo che l'UE ha assunto autonomamente di ridurre le emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 ed estende e migliora il sistema UE di scambio delle emissioni (sistema ETS comunitario). La nuova amministrazione USA ha dato la massima priorità ai cambiamenti climatici, mentre l'Australia ha, da parte sua, annunciato impegni di medio termine a favore del clima, con particolare riferimento allo scambio dei diritti di emissione. Tutti questi sistemi di scambio potrebbero costituire, in futuro, il nucleo di un vero mercato globale del carbonio.

3. OBIETTIVI E AZIONI

Per poter rimanere, con ragionevole probabilità, al di sotto della soglia dei 2° C entro il 2050 sarà necessario più che dimezzare le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990; oltre a ciò, entro il 2020 le emissioni globali di gas serra, escluse quelle derivanti dall'utilizzo del suolo, dal cambiamento di destinazione del suolo e dalla silvicoltura, dovranno stabilizzarsi. I paesi industrializzati dovranno essere i primi a realizzare questo obiettivo di scala planetaria, dimostrando che è possibile realizzare un'economia a basse emissioni di carbonio a costi accettabili. Anche i paesi in via di sviluppo, ed in particolare quelli economicamente più avanzati, saranno chiamati a dare un contributo importante, visto che molti di essi stanno rapidamente diventando grandi produttori di emissioni. A tal fine occorrerà dare notevole impulso alla cooperazione, al fine di garantire le necessarie capacità, tecnologie e finanziamenti.

3.1. Nuovi obiettivi di riduzione dei gas serra per i paesi industrializzati

L'accordo che sarà raggiunto a Copenaghen dovrebbe fissare altri impegni assoluti di riduzione delle emissioni per i paesi industrializzati, che coinvolgano tutti i comparti economici. L'UE ha dato l'esempio e ha deciso autonomamente di abbattere del 20% le proprie emissioni entro il 2020 rispetto ai valori del 1990: si tratta, in assoluto, dell'impegno più ambizioso mai assunto da un paese o da un gruppo di paesi per il periodo post-2012. L'UE è disposta ad andare anche oltre e a ridurre le proprie emissioni del 30% nell'ambito di un accordo internazionale ambizioso e organico che preveda riduzioni comparabili da parte di altri paesi industrializzati e contributi adeguati da parte dei paesi in via di sviluppo più avanzati sotto il profilo economico, in funzione delle rispettive responsabilità e capacità.

L'UE ha proposto che i paesi industrializzati, considerati come gruppo, abbattano le proprie emissioni di una percentuale coerente con il secondo obiettivo. Il quarto rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) indica che questi paesi dovrebbero conseguire riduzioni dell'ordine del 25-40% entro il 2020 e dell'80-95% entro il 2050. I paesi industrializzati dovrebbero riuscire a conseguire i rispettivi obiettivi di riduzione in parte con interventi al loro interno e in parte utilizzando i crediti derivanti dalle riduzioni ottenute nei paesi in via di sviluppo (cfr. Figura 1).

Figura 1: Emissioni dei paesi industrializzati

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L'obiettivo complessivo fissato per i paesi industrializzati deve essere ripartito in modo equo e tale da garantire la comparabilità degli sforzi. A tal fine, vengono considerati i seguenti parametri principali:

- PIL pro capite: questo valore rispecchia la capacità di sostenere i costi delle riduzioni delle emissioni a livello nazionale e di acquistare crediti di emissione dai paesi in via di sviluppo;

- emissioni di gas serra per unità di PIL: questo parametro indica il potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale;

- andamento delle emissioni di gas serra tra il 1990 e il 2005: questo parametro riconosce gli interventi nazionali tempestivi volti a ridurre le emissioni;

- andamento demografico nel periodo 1990-2005: questo parametro tiene conto del rapporto tra dimensione della popolazione ed emissioni totali di gas serra.

L'anno di riferimento fissato ai fini del protocollo di Kyoto (il 1990) dovrebbe essere preso come punto di riferimento storico al fine di determinare gli ulteriori contributi all'impegno di riduzione delle emissioni globali dopo il 2012. L'impegno totale di riduzione per il gruppo dei paesi industrializzati dovrebbe corrispondere a -30% rispetto ai valori del 1990, da raggiungere nel 2020. Per determinare invece i futuri obiettivi di riduzione delle emissioni dei singoli paesi, potrebbe essere utile utilizzare come riferimento anni più recenti, per sfruttare i dati statistici più accurati disponibili; l'UE ha già provveduto in tal senso nel pacchetto "Clima ed energia", ai fini del quale ha utilizzato come riferimento il 2005. Questa possibilità non deve tuttavia servire ad attenuare l'impegno di riduzione.

Il vincolo a ridurre le emissioni non dovrebbe incombere solo ai paesi per i quali è stato fissato un obiettivo nel protocollo di Kyoto. A tal fine, l'accordo di Copenaghen dovrebbe stabilire impegni di riduzione delle emissioni almeno per tutti i paesi che figurano nell'allegato I della convenzione UNFCCC, per tutti i paesi dell'OCSE e per tutti gli Stati membri che attualmente aderiscono all'UE, i paesi candidati e i potenziali candidati.

Nel definire gli obiettivi per il periodo post-2012 occorre essere consapevoli che ci potrebbe essere un'eccedenza di diritti di emissione riportati dal periodo precedente al 2012 di cui è necessario tener conto al fine di garantire che, dopo tale anno, l'obiettivo di abbattimento del 30% sia realizzato con delle riduzioni effettive delle emissioni. Analogamente, le norme applicabili all'uso del terreno, al cambiamento dell'uso e alla silvicoltura non dovrebbero pregiudicare l'integrità dell'obiettivo del 30%. In tal senso sarà necessario migliorare le attività di monitoraggio, comunicazione dei dati e verifica delle riduzioni ottenute, nonché procedere a regolari verifiche inter pares delle politiche climatiche.

3.2. Interventi per limitare l'aumento delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo

È ormai sempre più evidente che le ripercussioni dei cambiamenti climatici si faranno sentire soprattutto nei paesi in via di sviluppo, che dovranno affrontare problemi come le inondazioni, la siccità e la deforestazione. Per questo motivo, anche se i paesi industrializzati dovrebbero continuare a dare l'esempio e ridurre le proprie emissioni, in particolare nel futuro immediato, il fatto di contribuire a realizzare l'obiettivo dei 2° C è anche interesse dei paesi in via di sviluppo.

Le emissioni di gas serra di questi paesi sono però in rapido aumento e, senza interventi, supereranno le riduzioni delle emissioni che i paesi industrializzati riusciranno a realizzare. Per contenere l'incremento della temperatura entro i 2° C, un recente rapporto scientifico indica che i paesi in via di sviluppo, considerati come gruppo, dovranno limitare l'incremento delle loro emissioni di gas serra (-15/30% rispetto al valore di riferimento) entro il 2020 adottando adeguate azioni a livello nazionale. Queste stime non tengono conto dell'impatto delle riduzioni che comportano il trasferimento di crediti di carbonio ai paesi industrializzati (cfr. Figura 2). Tra le azioni più opportune da mettere in atto dovrebbe figurare la rapida diminuzione delle emissioni dovute alla deforestazione tropicale: nel 2020 la deforestazione tropicale lorda dovrebbe almeno dimezzarsi rispetto ai livelli odierni ed entro il 2030 sarebbe necessario arrestare la perdita della copertura forestale planetaria.

Considerate le diverse situazioni nazionali e le diverse fasi di sviluppo dei paesi in via di sviluppo servono interventi differenziati e obiettivi diversi. A tal fine occorre preparare strategie nazionali per la lotta ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni alcuni paesi in via di sviluppo hanno elaborato strategie nazionali di mitigazione degli effetti nel contesto dello sviluppo: si pensi alla Cina, all'India, al Sud Africa e al Brasile. Nel corso di quest'anno questi paesi e altri paesi ad economia più avanzata dovrebbero aggiornare le proprie strategie e indicare il livello generale di ambizione da qui al 2020.

Nell'ambito dell'accordo di Copenaghen tutti i paesi in via di sviluppo, ad eccezione di quelli meno sviluppati, dovrebbero impegnarsi ad adottare strategie per uno sviluppo a basse emissioni di carbonio entro la fine del 2011. Tali strategie dovrebbero fissare un percorso credibile finalizzato a limitare le emissioni del paese attraverso opportuni interventi nazionali di mitigazione che riguardino tutti i principali settori responsabili delle emissioni, ed in particolare il settore della produzione di elettricità, i trasporti, le più importanti industrie ad alta intensità energetica ed eventualmente la silvicoltura e l'agricoltura. Nell'ambito delle suddette strategie sarebbe opportuno individuare il sostegno finanziario necessario per mettere in atto gli interventi proposti, che comportano costi incrementali che il paese non è in grado di sostenere da solo. Il sostegno internazionale alle attività di mitigazione dovrebbe essere subordinato alla definizione di strategie finalizzate ad uno sviluppo a basse emissioni di carbonio che siano valide e verificabili. Oltre a garantire i finanziamenti, in molti paesi in via di sviluppo sarà necessario incentivare anche la creazione di capacità affinché questi si preparino e possano mettere in atto le strategie definite.

Figura 2: Emissioni dei paesi in via di sviluppo

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Per garantire che gli interventi siano sufficientemente ambiziosi, il dibattito sulle strategie concrete, le proposte di azione e il sostegno dovrebbero andare di pari passo ed essere agevolati da un'analisi tecnica indipendente; l'analisi e lo sviluppo delle varie opzioni di mitigazione potrebbero essere affrontate con approcci settoriali che tengano conto delle informazioni tecniche trasmesse dal settore privato. Un nuovo meccanismo di sostegno alla mitigazione dovrebbe rappresentare la piattaforma ideale per abbinare all'azione proposta opportuni meccanismi di sostegno bilaterali e multilaterali fondati su una valutazione tecnica. Sarà inoltre opportuno valutare se il livello di ambizione generale del piano corrisponde alla capacità del paese di intervenire e se è adeguato ad ottenere le riduzioni complessive delle emissioni rispetto al valore di riferimento dell'intero gruppo dei paesi in via di sviluppo. Se necessario, nell'ambito del meccanismo si potrebbe anche valutare la possibilità di aumentare il livello di ambizione originario.

Le azioni intraprese dai paesi in via di sviluppo dovrebbero essere repertoriate in un registro internazionale contenente un elenco degli interventi adottati e indicante i benefici ottenuti in termini di mitigazione; a tal fine dovranno essere applicati metodi trasparenti e affidabili di misura, rendicontazione e verifica. La Conferenza ONU sui cambiamenti climatici passerà in rassegna le attività di mitigazione dei paesi in via di sviluppo nel loro complesso e potrà decidere di invitarli a rafforzare il proprio impegno di mitigazione, chiedendo eventualmente ai paesi industrializzati di aumentare il sostegno.

3.3. Le emissioni dei trasporti aerei e marittimi internazionali e i gas fluorurati

Trasporti aerei e marittimi internazionali

Il settore dei trasporti aerei e marittimi internazionali rappresenta una fonte importante di emissioni di gas serra, che non accennano a diminuire; finora, tuttavia, non rientrano nel quadro internazionale sui cambiamenti climatici e la Commissione ritiene invece che le emissioni di questi settori dovrebbero figurarvi.

Nell'ambito dell'accordo di Copenaghen l'UNFCCC dovrebbe fissare degli obiettivi per ridurre l'impatto di questi settori sul clima: una riduzione al di sotto dei valori del 2005 entro il 2020 e molto al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2050. Vista la scala dei trasporti aerei e marittimi internazionali servono misure di portata planetaria per ridurne l'impatto. L'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) e l'Organizzazione marittima internazionale (IMO) sono le istituzioni deputate a favorire lo sviluppo e l'adozione di misure di questa portata entro la fine del 2010. Misure di mercato come lo scambio dei diritti di emissione possono garantire che le emissioni siano ridotte in maniera economicamente efficace. Gli interventi finalizzati ad abbattere le emissioni dovrebbero anche tener conto dei possibili effetti negativi netti su regioni isolate, isole remote e sui paesi meno sviluppati. Se entro la fine del 2010 l'ICCAO e l’IMO non saranno pervenute ad un accordo, le emissioni dovute al trasporto aereo e marittimo internazionale saranno imputate alle emissioni totali nazionali nell'ambito dell'accordo di Copenaghen, che garantirà in tal modo che tutti i paesi industrializzati adottino interventi comparabili.

L'UE ha già inserito le emissioni di CO2 del settore aereo nel suo sistema di scambio delle quote di emissione. Per il settore marittimo sono ora al vaglio varie misure di mercato. In assenza di un accordo su norme efficaci a livello mondiale finalizzate a ridurre le emissioni di gas serra di questo settore, l’UE dovrebbe adottare autonomamente misure in tal senso.

Gas fluorurati

L'eliminazione accelerata degli HCFC prevista per i prossimi dieci anni nell'ambito del protocollo di Montreal potrebbe determinare un rapido aumento delle emissioni di HFC, molti dei quali sono potenti gas serra. Una parte dell'accordo di Copenaghen dovrebbe prevedere una disposizione internazionale finalizzata a ridurre le emissioni di HFC. In tal modo l'industria sarà incentivata ad accelerare e intensificare le attività di ricerca e sviluppo per trovare HFC con un potenziale di surriscaldamento ridotto e soluzioni alternative agli HFC.

4. FINANZIARE LO SVILUPPO A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO E L'ADATTAMENTO

La possibilità di adottare un accordo organico a Copenaghen e di metterlo in atto si basa sulla necessità di disporre di risorse finanziarie sufficienti; alla luce dell'attuale situazione economica, l'accordo dovrà in particolare garantire che gli obiettivi ai fini dei cambiamenti climatici siano realizzati all'insegna dell'efficienza economica. Dall'analisi svolta dalla Commissione emerge che un mercato globale del carbonio che funzioni in maniera efficiente può ridurre notevolmente i costi sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, ma occorre aumentare notevolmente la scala, ridistribuire e ottimizzare i finanziamenti e gli investimenti. Il sostegno finanziario internazionale alle attività volte a combattere i cambiamenti climatici dovrà ispirarsi ai principi della sana governance , garantendo la massima efficacia, idoneità, efficienza, equità, responsabilità, coerenza e prevedibilità. Le priorità di spesa da considerare nell'ambito dell'accordo di Copenaghen dovrebbero incentrarsi su un'efficace azione di mitigazione attraverso incentivi legati alle prestazioni e sull'adattamento nei paesi in via di sviluppo. Tra le possibili fonti di finanziamento potrebbero figurare il settore pubblico e quello privato e il ricorso a prestiti e sovvenzioni nell'ambito di accordi internazionali, bilaterali e multilaterali. Il contributo dell'UE avverrà sia a livello comunitario che dei singoli Stati membri. Gli strumenti finanziari e le istituzioni deputati alla lotta ai cambiamenti climatici dovrebbero essere coerenti e complementari rispetto agli organismi internazionali e agli istituti finanziari già esistenti e tener conto del dibattito in corso sui ruoli e sulle funzioni di ognuno di essi.

4.1. Finanziamenti per l'abbattimento delle emissioni

A livello mondiale

Gli investimenti finalizzati all'abbattimento delle emissioni su scala mondiale dovranno aumentare anno dopo anno: secondo recenti ricerche del CCR e di altri istituti indipendenti, nel 2020 gli investimenti incrementali netti a livello globale saranno dell'ordine di 175 miliardi di euro e più della metà sarà investita nei paesi in via di sviluppo, ad esempio nel settore della silvicoltura. Gli investimenti in settori come l'efficienza energetica e le tecnologie a basse emissioni di carbonio incentiveranno l'innovazione e la crescita, favorendo il risparmio energetico e la sicurezza energetica. Gli investimenti volti a contenere la deforestazione serviranno a salvaguardare la biodiversità su scala planetaria e a livello locale garantiranno uno sviluppo sostenibile a lungo termine. Questi cifre devono inoltre essere interpretate rispetto ai costi di un mancato intervento che, secondo il rapporto Stern, variano dal 5 al 20% del PIL mondiale.

Paesi in via di sviluppo

Le strategie nazionali per uno sviluppo a basse emissioni di carbonio dovranno anche presentare una stima dei costi d'investimento supplementari netti per le attività di mitigazione nonché le varie politiche di finanziamento e mitigazione praticabili per incentivare tali investimenti.

Per i paesi in via di sviluppo si possono enumerare le seguenti fonti di finanziamento:

- nazionali: fino al 2020 gran parte delle azioni individuate nelle strategie nazionali presenta costi incrementali ridotti o può persino comportare un beneficio netto nel medio periodo, ma è necessario un investimento iniziale. A titolo di esempio, nel settore energetico si ritiene possibile ridurre di oltre la metà le emissioni semplicemente adottando misure di efficienza energetica, che dovranno essere finanziate principalmente dal settore privato e residenziale, grazie anche a politiche governative che diano un impulso a tali finanziamenti. Tutto ciò, a sua volta, favorirà consistenti investimenti a livello nazionale, dando impulso ad una crescita economica fondata sulla sicurezza energetica. I programmi di prestito internazionali potrebbero anche favorire l'accesso a capitali privati internazionali.

- Esterne: le strategie finalizzate a uno sviluppo a basse emissioni di carbonio dovranno individuare azioni di mitigazione che vadano al di là delle soluzioni che garantiscono un beneficio netto a basso costo o a breve termine e che necessitino di finanziamenti superiori alle capacità interne di ciascun paese in via di sviluppo. I costi incrementali di tali investimenti devono essere finanziati da tutte le fonti possibili e da meccanismi innovativi, compresi i fondi pubblici e i meccanismi internazionali di assegnazione dei crediti di carbonio. Secondo le stime, tali meccanismi possono assicurare almeno un terzo degli investimenti supplementari necessari ai paesi in via di sviluppo.

4.2. Adattamento agli inevitabili cambiamenti climatici e mezzi di finanziamento

L'accordo di Copenaghen dovrebbe istituire un quadro di azione per quanto riguarda l'adattamento, fondato sui seguenti principi:

– necessità che tutti si adattino : in quest'ottica sarebbe opportuno sostenere i più vulnerabili e i più poveri. Solo prevedendo tempestivamente i potenziali effetti negativi e adattandosi opportunamente ad essi sarà possibile evitare danni molto costosi;

– impegno ad integrare sistematicamente il concetto di adattamento nelle strategie nazionali : in questo senso, sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo sono chiamati ad intervenire;

– perfezionamento degli strumenti atti a definire e mettere in atto le strategie per l'adattamento , compresi metodi e tecnologie di adattamento, creazione di capacità e rafforzamento del ruolo dell'UNFCCC e del processo ivi istituito con la mobilitazione di tutte le parti interessate, comprese le organizzazioni internazionali, con la garanzia di un maggiore coordinamento alla gestione dei rischi/riduzione del rischio di catastrofi.

Per riunire tutta l'esperienza disponibile, l'UE dovrebbe proporre l'istituzione, in ambito UNFCCC, di un gruppo tecnico sull'adattamento. Tutti i paesi dovrebbero elaborare strategie nazionali esaurienti in materia di adattamento. Per essere efficienti, le politiche di adattamento dovranno andare oltre le esigenze più immediate e urgenti di adattamento: occorre prevedere una transizione da approcci basati su progetti all'integrazione strategica e a lungo termine delle politiche specifiche nella più vasta strategia di pianificazione e sviluppo di ciascun paese. A tale proposito sarà particolarmente utile l'esperienza acquisita dall'Alleanza mondiale contro i cambiamenti climatici ( Global Climate Change Alliance – GCCA). I paesi più vulnerabili, e soprattutto quelli meno sviluppati e i piccoli stati insulari in via di sviluppo, dovrebbero beneficiare di un sostegno tecnologico e finanziario.

I costi previsti per la creazione di capacità e per gli interventi prioritari nei paesi più vulnerabili potrebbero essere in massima parte coperti dal Fondo per l'adattamento già istituito. Tuttavia, benché le stime sui costi aggiuntivi di adattamento siano estremamente variabili, è evidente che il Fondo per l'adattamento non sarà sufficiente per tutti i paesi in via di sviluppo e sarà pertanto necessario ricorrere a fonti di finanziamento innovative in grado di soddisfare le esigenze in questo campo. Come nel caso delle attività di mitigazione, le varie possibilità di finanziamento devono corrispondere agli investimenti effettivi. Secondo le stime del Segretariato UNFCCC, nel 2030 i costi di adattamento in tutti i paesi in via di sviluppo potrebbero ammontare a 23-54 miliardi di euro. Molte delle misure tempestive riusciranno anche a generare benefici netti per l'economia: si pensi, ad esempio, alle misure finalizzate a garantire un uso più efficiente dell'acqua nelle zone colpite da carenze idriche. Va valutata anche la possibilità di creare un pool assicurativo multilaterale destinato a coprire le perdite in caso di calamità e ad integrare i meccanismi di finanziamento esistenti in caso di calamità naturali connesse al clima. La Commissione europea è già impegnata in alcuni progetti pilota in tal senso.

4.3. Finanziare le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione su scala mondiale

Le attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio e di adattamento in tutti i comparti e le attività economici devono ricevere maggiore impulso, partendo dalle esigenze messe in luce nelle strategie nazionali finalizzate ad uno sviluppo a basse emissioni di carbonio. Il meccanismo di sostegno alla mitigazione potrebbe procedere alle valutazioni, che a loro volta potrebbero incentrarsi su aspetti quali la creazione di capacità, la cooperazione a fini scientifici e tecnologici, la riduzione degli ostacoli all'accesso al mercato di beni e servizi ambientali e il miglioramento del coordinamento delle attività di ricerca in ambito mondiale.

Tutte queste attività richiederanno altri finanziamenti pubblici: a livello mondiale sarebbe auspicabile almeno raddoppiare le attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione nel campo dell'energia da qui al 2012 e quadruplicarle nel 2020 rispetto ai livelli odierni, spostando decisamente l'attenzione sulle tecnologie a basse emissioni di carbonio ed in particolare sulle fonti di energia rinnovabili. Occorre anche rafforzare la ricerca a livello internazionale in materia di impatti, adattamento e altre soluzioni di mitigazione con riferimento ai cambiamenti climatici. L'impegno in questo senso dovrebbe essere un elemento dell'accordo di Copenaghen. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero promuovere congiuntamente e in maniera coerente la cooperazione internazionale in ambito scientifico e tecnologico per tutte le attività di ricerca in materia di clima, comprese le tecnologie a basse emissioni di carbonio, e in tutti i settori.

Per accelerare lo sviluppo e avviare la diffusione di tecnologie a basse emissioni di carbonio di importanza strategica l'UE sta attuando il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (il cosiddetto piano SET). Prevede inoltre di creare, nell'ambito dell'Istituto europeo dell'innovazione e della tecnologia (EIT), una delle prime comunità della conoscenza e dell'innovazione sulla mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, nel rispetto degli obiettivi più vasti di ricerca, sviluppo e dimostrazione dell'UE. Nel contesto del sistema UE di scambio delle quote di emissione, ora modificato, sono accantonati 300 milioni di quote per la costruzione di impianti dimostrativi di cattura e stoccaggio geologico dell'anidride carbonica e per tecnologie innovative nel campo delle energie rinnovabili. La Commissione sta inoltre lavorando a una comunicazione sul finanziamento delle tecnologie a basse emissioni di carbonio.

È inoltre necessario un maggiore impegno, anche a livello di istruzione, per approfondire le conoscenze sull'evoluzione del clima e sui relativi impatti sulla società, sull'economia e sugli ecosistemi.

4.4. Fonti di finanziamento innovative a livello internazionale

I paesi industrializzati daranno il proprio contributo attraverso finanziamenti pubblici e ricorrendo ai crediti di carbonio. I contributi finanziari pubblici dovrebbero essere comparabili e basarsi sul principio "chi inquina paga" e sulle capacità economiche di ciascun paese. L'entità dei contributi deve essere negoziata e deve essere parte integrante dell'accordo di Copenaghen.

Sono state individuate due opzioni principali per creare finanziamenti innovativi. La prima determina l'impegno finanziario annuo dei paesi industrializzati in base ad una formula concordata che potrebbe fondarsi in parte sul principio "chi inquina paga" (cioè il quantitativo totale di emissioni consentite) e in parte sulla capacità di pagamento di ciascun paese (cioè PIL pro capite). La seconda ipotesi prevede invece l'accantonamento, da parte di ciascun paese industrializzato, di una determinata percentuale delle emissioni assegnate. Queste emissioni sono successivamente messe all'asta a livello internazionale e destinate ai governi. Tale percentuale potrebbe aumentare progressivamente in base al reddito pro capite.

La prima opzione garantisce certezza sull'importo totale dei finanziamenti impegnati. I paesi potrebbero raccogliere i contributi finanziari individualmente e spenderli in maniera decentrata utilizzando tutti i canali bilaterali e multilaterali esistenti. Una tale ipotesi richiederebbe, tuttavia, un sistema affidabile e trasparente di monitoraggio, rendicontazione e verifica dei finanziamenti pubblici supplementari destinati agli interventi in materia di clima. Per garantire che gli impegni di finanziamento siano rispettati, ai paesi che non forniscono l'importo concordato potrebbe essere trattenuto un numero corrispondente di diritti di emissione. La seconda opzione non garantisce necessariamente un livello di finanziamento prevedibile, visto che i governi potrebbero anche usare i crediti derivanti dai progetti del meccanismo di sviluppo pulito di Kyoto. Con questa opzione sarebbe inoltre necessaria una struttura centralizzata a livello ONU incaricata di organizzare la messa all'asta, di definire le priorità di spesa e di destinare i fondi per le attività di mitigazione e adattamento.

Nel caso dell'UE la vendita all'asta delle quote nell'ambito del sistema ETS comunitario genererà ulteriori entrate pubbliche e gli Stati membri potrebbero utilizzarne una parte per ottemperare all'obbligo finanziario assunto a livello internazionale nell'ambito del futuro accordo sui cambiamenti climatici, come previsto dalle due opzioni esaminate.

Entrambi gli strumenti possono essere abbinati a finanziamenti derivanti da uno strumento mondiale destinato ai trasporti aerei e marittimi internazionali (ad esempio il ricavato della messa all'asta di quote nell'ambito di un sistema cap and trade applicato a questi settori, che fissi un tetto alle emissioni e preveda lo scambio dei diritti di emissione).

Occorre infine esaminare in che modo anche i paesi in via di sviluppo, ad eccezione di quelli meno sviluppati e dei piccoli stati insulari in via di sviluppo, possano con il tempo dare un contributo maggiore in funzione delle rispettive capacità finanziarie.

4.5. Finanziare gli interventi tempestivi

Negli anni immediatamente successivi all'adozione del nuovo accordo la creazione di capacità sarà un aspetto fondamentale, perché sarà necessario garantire lo sviluppo di una capacità istituzionale ai fini di una riduzione e un adattamento efficaci.

La tempestività degli interventi rende più agevole l'adattamento e la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. L'UE dovrebbe valutare la possibilità di sviluppare un meccanismo di finanziamento straordinario ( frontloading ) in grado di mettere rapidamente a disposizione finanziamenti consistenti a favore dei paesi in via di sviluppo più poveri e vulnerabili. Si tratterebbe di un'iniziativa-ponte nel periodo di transizione compreso tra il 2010 e il momento della piena attuazione della nuova architettura finanziaria che dovrebbe essere approvata a Copenaghen. Fondato sull'emissione di obbligazioni, il meccanismo globale di finanziamento del clima (GCFM) dovrebbe consentire di destinare rapidamente fondi per azioni prioritarie in campo climatico. Tali fondi dovrebbero, in particolare, permettere di reagire immediatamente alle esigenze di adattamento più urgenti che presentano un ritorno elevato, ad esempio la riduzione del rischio di catastrofi. Una parte dei fondi raccolti potrebbe anche andare a favore di attività di mitigazione e soprattutto a quelle che creano sinergie tra le attività di mitigazione e adattamento (ad esempio, l'abbattimento delle emissioni conseguenti alla deforestazione). Il GCFM punta a raccogliere circa 1 miliardo di euro l'anno nel periodo 2010-2014, a condizione che gli Stati membri assumano impegni adeguati.

4.6. Governance dei flussi finanziari internazionali per i cambiamenti climatici

Di fronte alla molteplicità di fonti di finanziamento a favore delle attività di mitigazione e adattamento sarà necessario migliorare il coordinamento e la cooperazione. Nell'ambito di un forum ad alto livello sul finanziamento internazionale a favore del clima sarebbe opportuno riunire i principali responsabili delle decisioni del settore pubblico, del settore privato e degli istituti finanziari internazionali. Il forum dovrebbe procedere ad un riesame periodico della disponibilità di fondi e delle spese, eventualmente proponendo i miglioramenti necessari. Il forum dovrebbe inoltre operare in stretta collaborazione con il meccanismo di sostegno alla mitigazione.

5. CONTENERE LE EMISSIONI DI GAS SERRA E AUMENTARE LE ENTRATE NEL MERCATO GLOBALE DEL CARBONIO

5.1. Sistemi nazionali cap and trade

I sistemi nazionali cap and trade (cioè quelli che fissano un tetto massimo alle emissioni e prevedono lo scambio dei diritti di emissione) sono uno degli strumenti più promettenti per ridurre le emissioni di gas serra, in particolare nei settori maggiormente responsabili delle emissioni. Grazie al tetto massimo fissato per le emissioni questi sistemi sono efficaci sotto il profilo ambientale, mentre la flessibilità offerta dallo scambio dei diritti di emissione li rende economicamente interessanti. I mercati del carbonio nazionali possono e, anzi, dovrebbero essere collegati per creare un mercato globale efficace, che permetta di ridurre i costi di mitigazione. L'accordo di Copenaghen può sostenere l'emergente mercato globale del carbonio fissando obiettivi su scala globale e nazionale.

L'UE è all'avanguardia in questo settore, grazie all'esperienza acquisita con l'istituzione del sistema UE di scambio delle quote di emissione, che è il sistema cap and trade più vasto al mondo, ora considerato con crescente interesse da altri paesi industrializzati. Parallelamente ai negoziati in sede ONU, l'UE dovrebbe promuovere l'istituzione, entro il 2015, di un mercato del carbonio forte, tra i paesi OCSE, che per il 2020 dovrebbe essere ulteriormente esteso ai paesi in via di sviluppo più avanzati economicamente.

Per conseguire questo obiettivo l'UE dovrebbe, in primo luogo, impegnarsi attivamente con la nuova amministrazione e i legislatori USA. Il presidente Obama ha già espresso l'intenzione di istituire un forte sistema cap and trade negli Stati Uniti. La Commissione ha l'intenzione di istituire un gruppo di lavoro UE-USA per definire la struttura dei mercati del carbonio. Sarebbe opportuno avviare analoghi processi bilaterali con altri paesi industrializzati e con i paesi in via di sviluppo più avanzati economicamente.

I paesi in via di sviluppo dovranno dare contributi sempre più consistenti all'impegno di mitigazione espresso a livello mondiale e nel tempo dovrebbero pertanto adottare e mettere in atto sistemi nazionali cap and trade che incentivino interventi autonomi efficaci. L'UE dovrebbe assistere i paesi in via di sviluppo interessati a fare esperienza con i sistemi di scambio dei diritti di emissione, ed in particolare a istituire strutture affidabili di governance e istituzioni nazionali forti e a rafforzare la loro capacità di monitorare e comunicare le emissioni. In questo contesto occorre consultare anche il settore privato e altri interessati.

5.2. Migliorare i meccanismi di compensazione previsti dagli strumenti ONU

Il meccanismo di sviluppo pulito (CDM) previsto dal protocollo di Kyoto ha permesso ai paesi in via di sviluppo di partecipare al mercato del carbonio. Per ora è concepito come un meccanismo di compensazione basato su progetti in base al quale i paesi in via di sviluppo possono vendere i crediti corrispondenti alle riduzioni delle emissioni conseguite da un progetto specifico. Tali crediti possono essere acquistati da un paese industrializzato per rispettare il proprio obiettivo nazionale di riduzione. I progetti CDM finanziano tecnologie pulite e servono a creare capacità per le politiche climatiche nei paesi in via di sviluppo.

Per garantire che gran parte delle riduzioni delle emissioni dell'UE sia realizzata all'interno dell'UE stessa e per rafforzare l'integrità ambientale, il sistema ETS comunitario limita il ricorso ai crediti CDM in base a criteri quantitativi e qualitativi. Nell'ambito dell'UNFCCC occorre riformare il CDM, prevedendo crediti solo per i progetti che garantiscono un effettivo abbattimento supplementare delle emissioni e che vanno al di là di soluzioni a basso costo. Inoltre, per i paesi in via di sviluppo avanzati e per i settori economici ad alta concorrenza sarebbe opportuno eliminare gradualmente il meccanismo CDM basato su progetti e passare ad un meccanismo settoriale di assegnazione dei crediti sul mercato del carbonio. Questi meccanismi possono essere uno strumento efficace per garantire lo sviluppo e la diffusione di tecnologie a basse emissioni di carbonio nei paesi in via di sviluppo e possono aprire la strada a sistemi cap and trade . Ai fini di una transizione coerente, l'UE deve trovare un terreno comune con gli Stati Uniti e con altri paesi che applicano sistemi di questo tipo per coordinare la domanda di crediti.

6. L'ACCORDO DI COPENAGHEN: UNA BASE PER DELLE POLITICHE DI LUNGO TERMINE

L'UE dovrebbe puntare a far sì che l'accordo di Copenaghen sia il primo passo verso un quadro internazionale di lungo termine più ambizioso per tutti e che preveda un maggiore contributo da parte dei paesi industrializzati e di quelli in via di sviluppo, ispirandosi ai dati scientifici disponibili. A tal fine l'accordo dovrebbe prevedere il riesame periodico dei progressi realizzati a livello generale e dell'idoneità degli impegni assunti e delle azioni realizzate e un riesame complessivo nel 2016. Partendo da questo presupposto, sarebbe opportuno riesaminare l'obiettivo globale dell'accordo e gli ulteriori impegni a medio termine, le azioni e i finanziamenti fissati sulla base dei dati scientifici più aggiornati. Se dal riesame complessivo dell'accordo previsto per il 2016 emerge che l'insieme degli impegni di mitigazione dei paesi industrializzati e dei paesi in via di sviluppo è insufficiente, sarà opportuno che la conferenza ONU sui cambiamenti climatici definisca nuovi livelli nazionali elevati per il periodo d'impegno successivo.

7. PROSSIMI PASSI E CONCLUSIONI

Nei prossimi mesi l'UE dovrà mobilitare tutte le risorse disponibili per avviare un dialogo e una cooperazione intensi con i paesi terzi. Nel corso dei negoziati del 2009 sarà determinante garantire che i paesi industrializzati dimostrino un impegno adeguato e comparabile e che d'altro canto i paesi in via di sviluppo diano un contributo significativo, con l'aiuto del mondo industrializzato. Questi elementi sono essenziali per ottenere l'efficacia ambientale complessiva e per affrontare il problema della competitività. Nell'ambito dei contatti bilaterali in seno all'UNFCCC, dei prossimi incontri del G8, delle iniziative successive agli incontri delle principali economie e dei dibattiti bilaterali tra l'UE e i principali paesi terzi sarà opportuno esaminare in che modo i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo potranno dare un contributo concreto all'accordo di Copenaghen. Questi dibattiti dovrebbero permettere ai paesi industrializzati di impegnarsi in quella sede a conseguire obiettivi di riduzione sufficientemente ambiziosi e ai paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati di proporre strategie ambiziose per uno sviluppo a basse emissioni di carbonio o un'azione significativa che rientri in tali strategie. La configurazione del contributo dell'UE a tutti questi processi sarà tra i punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo del marzo 2009.

In conclusione, si propone che l'UE:

1. ribadisca la sua determinazione a raggiungere un accordo internazionale organico e ambizioso a Copenaghen, il prossimo dicembre 2009;

2. s'impegni, con altri paesi industrializzati, a concordare una serie di obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra che garantisca un impegno comparabile, sulla base dei criteri definiti nella presente comunicazione, al fine di realizzare collettivamente nel 2020 una riduzione del 30% delle emissioni rispetto ai valori del 1990;

3. impegnarsi con i paesi in via di sviluppo, e soprattutto con quelli più avanzati economicamente, affinché questi intervengano adeguatamente in modo da ottenere collettivamente, nel 2020, una riduzione del 15-30% delle emissioni rispetto allo status quo;

4. riconoscere che, per contenere l'incremento della temperatura a 2° C, saranno necessarie ingenti risorse finanziarie da destinare all'abbattimento delle emissioni e all'adattamento ai cambiamenti climatici ma che questi investimenti stimoleranno l'innovazione, la crescita economica e porteranno, nel lungo periodo, ad uno sviluppo sostenibile; manifestare l'immediata disponibilità a fornire un ingente contributo finanziario a favore di interventi da parte dei paesi in via di sviluppo, in particolare di quelli più poveri e vulnerabili, ad esempio attraverso il meccanismo globale di finanziamento del clima;

5. proporre di avviare partnership bilaterali con gli USA e con altri paesi industrializzati per condividere le esperienze acquisite nella definizione dei sistemi nazionali di scambio dei diritti di emissione e per favorire la creazione, entro il 2015, di un mercato del carbonio affidabile aperto ai paesi dell'OCSE, che dovrebbe essere successivamente esteso ai paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati nel 2020.

La Commissione invita il Consiglio ad approvare le conclusioni sopra esposte e a prendere atto degli orientamenti definiti nella presente comunicazione. La Commissione è disponibile a proseguire il dibattito in sede di Consiglio e a presentare tutte le proposte ritenute opportune.