16.5.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 120/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migrazione e sviluppo: opportunità e sfide

(2008/C 120/18)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere sulla:

Migrazione e sviluppo: opportunità e sfide

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore Sukhdev SHARMA.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 12 dicembre 2007, nel corso della 440a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 125 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Sintesi

1.1.

Il presente parere d'iniziativa contiene una serie di suggerimenti strategici su alcuni aspetti delle tematiche, tra loro strettamente interrelate, della migrazione e dello sviluppo.

1.2.

Se ci si sofferma su esempi concreti, su proposte e su accordi di cooperazione che dovrebbero arrecare vantaggio ad entrambe le parti, la migrazione può essere considerata uno «strumento di sviluppo». Proponendo misure specifiche, il CESE intende portare la discussione dal livello politico a quello programmatico.

1.3.

Per fare sì che le politiche in materia di migrazione e di sviluppo ottengano i migliori risultati, occorre agevolare l'invio delle rimesse (cfr. punti 3.4-3.8) in modo da migliorare il livello di reddito dei beneficiari, come pure regolamentare i flussi migratori a vantaggio dei paesi più arretrati o di talune fasce della popolazione a basso reddito nei paesi in via di sviluppo (4.2). Grazie ai diversi progetti di co-sviluppo le rimesse private possono anche essere convogliate verso progetti infrastrutturali a vantaggio del grande pubblico (5.1-5.2). Altre forme di co-sviluppo sono intese a creare contatti con le organizzazioni della diaspora allo scopo di mobilizzare risorse umane e/o finanziarie per effettuare investimenti esteri diretti, trasferimenti di conoscenze e tecnologie nonché rimesse socioculturali (5.3-5.8). Determinate politiche di migrazione e sviluppo possono alleviare gli effetti negativi della fuga di cervelli (brain drain) creando, al contrario, una concentrazione di cervelli (brain trust) e promuovendo lo sviluppo di modelli di migrazione circolari e virtuali (6.2-6.4). Il CESE, infine, ritiene che le politiche della migrazione e dello sviluppo possano aver successo solo se vengono inserite in altre politiche pertinenti nel rispetto della coerenza (7.1-7.3).

1.4.

Il presente documento va ad integrare il parere d'iniziativa del CESE sul tema Politica comunitaria di immigrazione e di cooperazione con i paesi d'origine per promuovere lo sviluppo (relatore: PARIZA CASTAÑOS) (1). Con esso, inoltre, il CESE esprime il proprio appoggio alla comunicazione della Commissione Migrazione circolare e partenariati per la mobilità tra l'Unione europea e i paesi terzi  (2).

2.   Migrazione e globalizzazione

2.1.

Il processo di globalizzazione ha condotto alla liberalizzazione dei movimenti di capitali, beni e servizi. La circolazione delle persone resta al contrario il settore in cui la globalizzazione è più limitata: è invece proprio su di esso che bisognerebbe concentrarsi per consentire alle economie meno sviluppate di fruire in più ampia misura della crescita economica prodotta dalla globalizzazione. Il presente parere segue la corrente di pensiero secondo cui la migrazione costituisce per i paesi in via di sviluppo un'occasione di partecipare — a condizioni più eque — all'economia globalizzata di oggi. La migrazione ha le potenzialità per ridurre le disparità, ma non può essere vista come un sostituto dei tradizionali aiuti allo sviluppo.

2.2.

Due considerazioni sono alla base di una concezione della migrazione come anello di congiunzione tra globalizzazione e sviluppo. In primo luogo, le tendenze demografiche indicano che le carenze di manodopera già riscontrabili nei paesi dell'Unione europea dovrebbero aumentare nel prossimo futuro, soprattutto nei comparti di servizi ad alta intensità di manodopera. In secondo luogo, la Banca mondiale prevede che una migrazione ben gestita potrebbe, sempre nel prossimo futuro, fornire un sostegno monetario significativo sotto forma di rimesse dei lavoratori migranti provenienti da paesi poveri (3). I flussi di rimesse all'interno dei paesi OCSE, ma anche provenienti dagli OCSE e diretti verso i paesi in via di sviluppo, o tra paesi in via di sviluppo sono in costante aumento (4). La migrazione internazionale può quindi essere un importante fattore per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Le rimesse, al pari dei concetti di co-sviluppo e di migrazione circolare presentano un notevole potenziale di sviluppo, che — va sottolineato — è alimentato dalle esigenze del mercato del lavoro dell'Europa occidentale.

2.3.

Il presente parere sottolinea la necessità di definire per le politiche della migrazione e dello sviluppo una strategia ben sviluppata, ampia ed integrata, che abbia le potenzialità per creare una situazione vantaggiosa per tutti e sotto ogni profilo (win win).

2.4.

Una tale strategia deve riconoscere lo squilibrio tra effetti positivi e negativi della migrazione sui paesi in via di sviluppo e affrontare di conseguenza il rapporto costi-benefici. Mentre in alcuni paesi la migrazione allenta la pressione prodotta dalla sovrappopolazione e dalla disoccupazione e l'esportazione volontaria di manodopera qualificata crea fonti di rimesse future, di investimenti diretti e di trasferimenti di conoscenze dall'estero, in altri la continua emorragia di capitale umano costituisce un grave ostacolo allo sviluppo. Una buona gestione della migrazione è quella che ne rafforza gli effetti positivi, mitigandone al tempo stesso quelli negativi.

2.5.

Il CESE appoggia le valutazioni condotte dalle maggiori organizzazioni internazionali per lo sviluppo, come la Banca mondiale, il ministero britannico dello Sviluppo internazionale, OXFAM, ecc., che evidenziano tutte il potenziale rappresentato dalla migrazione internazionale ai fini della lotta contro la povertà e del sostegno dello sviluppo economico nei paesi d'origine. I trasferimenti di rimesse aumentano in misura considerevole il reddito dei nuclei familiari beneficiari, sono un potente strumento di alleviamento a breve termine delle condizioni di povertà e, se gestiti accortamente, possono perfino condurre a uno sviluppo sostenibile a lungo termine. Quest'ultimo trova sostegno nelle diverse forme di co-sviluppo, come le azioni filantropiche prodotte dalla diaspora, le rimesse sociali, i trasferimenti di conoscenze e le reti transnazionali di imprese.

2.6.

Il punto di forza di una buona gestione delle politiche di migrazione e di sviluppo dovrebbe essere la loro capacità di proteggere i paesi vulnerabili, che sono di fatto quasi tutti appartenenti all'Africa subsahariana, dagli ostacoli allo sviluppo creati dalla migrazione stessa. Sono spesso i paesi in via di sviluppo che beneficiano in misura minore delle rimesse e delle azioni filantropiche a sopportare in misura maggiore i costi della migrazione sotto forma di una perdita di manodopera altamente qualificata e di talento. Dei modelli di migrazione circolare e virtuale possono sopperire in una certa misura alle carenze dell'emigrazione incontrollata. Politiche adeguate di migrazione e sviluppo possono venire incontro alle esigenze e alle peculiarità di settori particolarmente vulnerabili alla migrazione, come l'istruzione e l'assistenza sanitaria. Altre iniziative di sviluppo saranno sostenibili solo in presenza di regimi di migrazione severi che impediscano la perdita di personale sanitario qualificato in zone particolarmente colpite dal virus dell'HIV/AIDS. Dei partenariati bilaterali e regionali tra paesi di destinazione e paesi d'origine possono svolgere un ruolo importante proteggendo i settori di questi ultimi fondamentali per lo sviluppo.

2.7.

Il CESE ha preso atto delle tante e profonde ripercussioni del fenomeno migratorio sui paesi d'origine e su quelli di destinazione, che sono in alcuni casi riconoscibili solo dopo diversi anni dall'inizio del flusso. Un aspetto che suscita crescente preoccupazione è costituito dai figli di lavoratori migranti che restano nei paesi d'origine e dalle loro prospettive in termini sanitari e scolastici una volta che si ritrovano in una famiglia divenuta monoparentale. A livello di società, le zone colpite dalla migrazione mostrano segni di distorsione della proporzione tra i due sessi che lasceranno certamente un'impronta sulle condizioni socioeconomiche globali per uno sviluppo a lungo termine. Di queste considerazioni va tenuto conto al momento di pianificare e attuare una politica della migrazione internazionale.

2.8.

Il CESE desidera sottolineare l'interdipendenza socioeconomica che esiste tra il paese d'accoglienza e quello d'origine. I lavoratori migranti che hanno ottenuto una buona riuscita economica nel paese d'accoglienza tendono ad inviare in patria rimesse più sostanziose. Analogamente, quelli ben integrati nella società del paese d'accoglienza hanno maggiori possibilità di contribuire al co-sviluppo del paese d'origine grazie ad azioni filantropiche, rimesse sociali e forme di migrazione circolare o virtuale, rispetto a quelli meno bene integrati. Di conseguenza, i paesi d'accoglienza devono studiare le soluzioni più atte ad evitare uno spreco di cervelli (brain waste): esse vanno da una migliore integrazione sociale in generale alla perequazione delle retribuzioni, fino al miglioramento delle condizioni di lavoro — compreso l'accesso ai sindacati — o alla definizione della posizione giuridica spesso problematica dei migranti. Un approccio di questo tipo è utile da un lato alla società d'accoglienza, che trae così il massimo beneficio dai lavoratori migranti, e dall'altro anche a questi ultimi in quanto ne aumenta il potenziale di sviluppo.

2.9.

Interconnessioni analoghe si riscontrano nelle iniziative destinate a frenare la migrazione clandestina. La migrazione clandestina danneggia in primo luogo i paesi di destinazione perché è collegata con il lavoro illegale. Essa costituisce poi una minaccia per gli stessi migranti (clandestini), che spesso si trovano in una posizione di debolezza, prigionieri di un pericoloso rapporto di sfruttamento che impone loro dure condizioni di lavoro, con scarse garanzie in materia di salute e sicurezza. La migrazione clandestina, inoltre, può produrre conseguenze negative in termini di sviluppo: nei paesi d'accoglienza le occasioni di integrazione sono limitate e gli elevati costi del passaggio riducono le prospettive di rimessa da parte dei migranti clandestini verso i paesi d'origine. Resta tuttavia il fatto che la regolarizzazione degli immigrati che, privi di documenti, si sono integrati nel paese d'accoglienza costituisce un imperativo umanitario e al tempo stesso una necessità economica e sociale. Offrendo maggiori opportunità di migrazione legale si aumenta anche il potenziale in termini di sviluppo della migrazione stessa e, al contempo, si riduce la necessità per gli aspiranti migranti di ricorrere ad organizzazioni criminali attive nel contrabbando e nel traffico di esseri umani. La migrazione legale riduce pertanto al minimo lo sfruttamento.

2.10.

Il CESE riconosce che la migrazione Sud-Sud è la forma più comune di migrazione internazionale e che i paesi vicini o la regione circostante sono le destinazioni preferite dai migranti internazionali (5). Se si considera, poi, che la migrazione comporta dei rischi e necessita di risorse finanziarie, di capacità personali e di reti, risulta evidente che — soprattutto tra la popolazione più povera — i movimenti all'interno dei confini nazionali sono di gran lunga la forma più diffusa di migrazione (6). Pertanto, un approccio globale nei confronti delle politiche di migrazione e di sviluppo deve anche tener conto dell'impatto potenziale della migrazione regionale e interna sulla riduzione della povertà e sullo sviluppo economico.

2.11.

Il CESE sollecita in particolare gli Stati membri ad applicare gli standard codificati dalla Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990).

3.   Migrazione e riduzione della povertà: come agevolare le rimesse

3.1.

Il CESE riconosce il potenziale di sviluppo insito nelle rimesse che il lavoratore migrante invia alla propria famiglia rimasta nel paese d'origine. Gli studi effettuati indicano che le rimesse aumentano in via diretta il livello di reddito di chi le riceve, alleviandone di conseguenza le condizioni di povertà.

3.2.

Una quota imprecisata ma comunque significativa di rimesse — tra uno e due terzi — passa però attraverso canali informali, con conseguenze negative per il lavoratore migrante e per il beneficiario, per il paese d'accoglienza e per quello d'origine. Data la mancanza di concorrenza tra fornitori di servizi finanziari nel settore informale, il lavoratore migrante e il beneficiario non hanno scelta: devono accettare gli elevati costi di transazione che a loro volta erodono il reddito del migrante. Per i paesi in via di sviluppo finanziariamente deboli le rimesse inviate dai migranti costituiscono una fonte primaria di valuta estera e quindi, se trasferite attraverso istituti di credito ufficiali, possono contribuire allo sviluppo finanziario aumentando i livelli globali dei depositi e dei crediti affidati all'intermediazione del settore bancario locale (7). Le rimesse creano pertanto uno sviluppo macroeconomico positivo. Dal canto loro, i paesi d'accoglienza associano in genere il settore bancario informale a problemi di sicurezza: attività come il riciclaggio di denaro sporco o il finanziamento di organizzazioni terroristiche si realizzano infatti — il più delle volte — mediante transazioni finanziarie informali.

3.3.

Varie sono le ragioni per cui i migranti preferiscono affidare le loro rimesse a canali irregolari piuttosto che ai servizi bancari ufficiali. Molti di essi scelgono canali di trasferimento irregolari perché gli erogatori di servizi ufficiali sono troppo costosi, lenti e complessi da un punto di vista burocratico, o semplicemente non sono loro accessibili. Essi nutrono altresì una profonda sfiducia negli istituti di credito del proprio paese d'origine o temono possibili fluttuazioni dei tassi di cambio. Quanto ai beneficiari che vivono in condizioni di povertà, soprattutto quelli stabiliti in remote zone rurali, essi non hanno materialmente accesso ai servizi bancari. Ancora più numerosi, poi, sono quelli che non possono permettersi le spese connesse al fatto di essere titolari di un conto. Le spese di invio delle rimesse hanno un impatto sproporzionato sulle famiglie a basso reddito che spediscono regolarmente piccole somme di denaro. I migranti irregolari non possono accedere ai servizi bancari proprio perché mancano dei documenti essenziali per aprire un conto.

3.4.

Il CESE incoraggia gli Stati membri, la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a considerare le iniziative descritte in appresso come uno strumento per promuovere lo sviluppo.

3.4.1.

Gli istituti di credito dei paesi d'origine dovrebbero mettere a disposizione dei migranti che vivono e lavorano all'estero dei libretti di risparmio in valuta straniera.

3.4.2.

Alle famiglie a basso reddito dovrebbero essere offerti servizi bancari a tassi accessibili anche nelle zone attualmente sprovviste di una rete bancaria. Tali servizi potrebbero essere forniti da aziende presenti sul territorio, come le reti di uffici postali o di negozi al dettaglio oppure le cooperative di credito esistenti. Il calo delle commissioni sulle rimesse non dovrebbe però essere controbilanciato da tassi di cambio poco favorevoli, applicati a vantaggio degli istituti di credito.

3.4.3.

Occorre rafforzare la concorrenza tra fornitori di servizi di rimessa per ridurre i costi di trasferimento. Le ONG e gli enti pubblici dei paesi d'accoglienza possono stimolare la concorrenza diffondendo informazioni sui prezzi comparati dei fornitori di servizi. Un'iniziativa esemplare in tal senso è la pagina web www.sendmoneyhome.org. Un'attività di primaria importanza in questo ambito è anche l'alfabetizzazione finanziaria dei migranti, che dovrebbe essere promossa dalla società civile in collaborazione con gli istituti di credito.

3.4.4.

Perfezionando le tecnologie bancarie nei paesi d'origine si potrebbero ridurre in modo significativo i costi di transazione, velocizzare le operazioni e renderle più sicure. L'efficienza di questi servizi potrebbe essere aumentata anche introducendo, nelle zone più remote, una tecnologia satellitare dell'informazione in appoggio a una gestione avanzata e ad un sistema di trasferimento elettronico. L'introduzione delle carte di debito o dei servizi aggiuntivi offerti dalla telefonia mobile costituisce una soluzione innovativa in grado di estendere il raggio di azione di tali servizi. Tutte queste misure di rafforzamento delle capacità richiedono investimenti che potrebbero essere promossi dagli organi ufficiali di assistenza allo sviluppo e da partenariati pubblico-privati.

3.4.5.

I severi requisiti previsti in materia di identificazione costituiscono un deterrente per i migranti privi di documenti che intendano aprire un conto corrente bancario. Gli istituti di credito dovrebbero pensare a come migliorare l'accesso ai loro servizi da parte dei migranti privi dei necessari documenti. Per consentire l'avvio di tale processo gli Stati membri dovrebbero esaminare l'opportunità di modificare in modo accettabile il quadro normativo del settore bancario.

3.5.

La riduzione dei costi costituisce un primo passo necessario per migliorare l'impatto delle rimesse sullo sviluppo. Un secondo passo è costituito dall'agevolazione del flusso: i paesi di destinazione dovrebbero pertanto creare dei partenariati con i paesi d'origine che ricevono considerevoli quantità di rimesse. Tali partenariati potrebbero favorire in modo opportuno le misure atte a migliorare l'accesso agli istituti di credito da parte della popolazione a basso reddito, rafforzare la capacità dei fornitori di servizi finanziari di agevolare i flussi di rimesse e creare incentivi a utilizzare i canali di trasferimento formali.

3.6.

Il CESE sollecita gli istituti di credito che operano nell'UE a sviluppare una politica dei servizi bancari all'insegna della responsabilità sociale dell'azienda, che riconosca il ruolo centrale di tali istituti nel venire incontro alle esigenze dei migranti e delle loro famiglie.

3.7.

Il CESE incoraggia con convinzione la creazione di partenariati che promuovano iniziative volte a favorire l'uso delle rimesse come fonte di sviluppo tramite il contenimento dei costi e l'incremento dell'accesso, e fornisce di seguito due esempi di iniziative già realizzate.

3.7.1.

La GSM Association — l'organismo mondiale della telefonia mobile che raccoglie numerosi operatori — e MasterCard — l'azienda erogatrice di prodotti di pagamento — hanno messo a punto un sistema che consentirà ai migranti di versare denaro sul loro cellulare per poi dare ordine di trasferirlo su un cellulare all'estero, il cui titolare riceverà un messaggio di testo con la comunicazione dell'avvenuto arrivo del denaro.

3.7.2.

La banca Lloyds TSB, con sede nel Regno Unito, in collaborazione con l'indiana ICICI, consente agli indiani non residenti di effettuare gratuitamente rimesse verso l'India purché mantengano una somma minima sul loro conto ICICI.

3.8.

Soprattutto in periodi di conflitti armati o di crisi, oppure dopo una catastrofe naturale, le rimesse si sono dimostrate uno strumento efficace e veloce per far fronte alle esigenze dei rifugiati e delle vittime nei loro paesi d'origine. Le organizzazioni di aiuti umanitari e i primi soccorritori dovrebbero considerare l'opportunità di garantire l'accesso alle rimesse quale parte integrante dei loro pacchetti di aiuti all'indomani di un conflitto o di una catastrofe naturale.

4.   Migrazione e riduzione delle disuguaglianze: regolamentazione dei flussi migratori regolari a vantaggio delle regioni più arretrate

4.1.

Benché possano in teoria alleviare in tempo reale le condizioni di povertà dei destinatari, le rimesse, in quanto transazioni private, presentano un impatto limitato in termini di sviluppo, dal momento che a beneficiarne non è di solito la popolazione più povera poiché le persone in grado di sostenere i costi iniziali della migrazione provengono piuttosto da famiglie a reddito medio-basso. Per giunta, il flusso di rimesse è diretto principalmente verso i paesi a forte emigrazione che attuano politiche volontarie di esportazione del capitale umano e solo meno di un terzo delle rimesse è destinato ai paesi più arretrati. Il continuo afflusso di rimesse dipende direttamente dal continuo esodo di migranti ed è pertanto sensibile al mutare delle politiche della migrazione o alla crescita economica dei paesi d'accoglienza.

4.2.

Per potenziare l'impatto delle rimesse sulla povertà e al tempo stesso colmare le disuguaglianze, i paesi di destinazione devono non soltanto gestirne meglio e favorirne i flussi, come indicato in precedenza, ma anche meglio organizzare le ondate migratorie che li precedono. Delle eventuali restrizioni al numero di migranti regolari accolti nei paesi di destinazione avranno come conseguenza un impatto negativo sul flusso delle rimesse destinate ai paesi d'origine. I paesi di destinazione possono riuscire ulteriormente a orientare la direzione dei flussi di rimesse attribuendo uno «status di immigrazione preferenziale» a gruppi specifici provenienti da paesi o regioni d'origine determinati. Questo impedisce infatti che la presenza in un paese di reti già costituite di migranti porti a privilegiare una regione d'origine in particolare, acuendo così ulteriormente le situazioni di disparità nei luoghi d'origine. Il paese d'accoglienza fornisce così assistenza proattiva alle regioni meno sviluppate nei paesi d'origine e contribuisce a ridurre le disuguaglianze esistenti. Un altro modo ancora di assicurare che le rimesse raggiungano le zone più arretrate è quello di puntare sui migranti che provengono da famiglie a basso reddito agevolandone la migrazione.

5.   Migrazione e (co-)sviluppo

5.1.

Per co-sviluppo si intendono le attività, condotte dai migranti, che completano lo sviluppo, pur senza sostituirlo. Tali attività sono caratterizzate da una programmazione decisa in base alle esigenze specifiche, dalla sostenibilità e dalla capacità di collegare gruppi della diaspora a comunità rimaste nei paesi d'origine. Una forma di co-sviluppo che raggiunge tutte le fasce di reddito della comunità beneficiaria è costituita dagli investimenti basati sulle rimesse e destinati alle infrastrutture per l'istruzione e i servizi sanitari di base. Il CESE sostiene pertanto la proposta di integrare le rimesse nel co-sviluppo.

5.1.1.

Un'iniziativa particolarmente degna di nota è costituita dal programma di cofinanziamento. Ad ogni rimessa che i migranti destinano allo sviluppo della loro comunità nel paese d'origine si associa, come contropartita, una dotazione di uguale importo da parte di ciascuno dei partner istituzionali al programma (8). Idealmente tali partner dovrebbero essere organizzazioni di aiuti allo sviluppo, le quali contribuiscono al programma con la loro esperienza di gestione e con il loro personale qualificato in collaborazione con il governo locale per garantire la sostenibilità dell'iniziativa. Questi programmi dovrebbero essere ampiamente pubblicizzati e risultare facilmente accessibili grazie a piattaforme di informazione che, tra l'altro, promuovano il ricorso, per il trasferimento delle rimesse, ai canali bancari ufficiali. Una volta individuati alcuni esempi riusciti di programmi di cofinanziamento, bisognerebbe sollecitare la partecipazione di altri finanziatori del settore privato. Soprattutto le aziende che impiegano un'elevata percentuale di migranti, nonché i fornitori di servizi finanziari che facilitano i trasferimenti di rimesse andrebbero invitati a partecipare e ad esercitare la loro parte di responsabilità sociale. Questi partenariati pubblico-privati vanno a beneficio di tutti gli interessati: l'impatto sullo sviluppo aumenta grazie alle rimesse collettive più sostanziose, mentre le aziende e le banche instaurano un rapporto di fiducia con i loro clienti. Il CESE però si rende conto che una cooperazione tra paese d'origine e paese d'accoglienza dovrebbe tener conto di tutti i livelli: non solo quindi dei governi e istituzioni, ma anche delle parti sociali e organizzazioni della società civile. In questo modo, grazie ad attività e a dichiarazioni d'impegno anticorruzione, si impedirebbe il diffondersi di pratiche predatrici a danno dei fondi trasferiti.

5.2.

In altre forme di co-sviluppo, le rimesse vengono indirizzate verso attività imprenditoriali o di investimento.

5.2.1.

Gli incentivi che i paesi d'origine possono offrire per potenziare il volume complessivo delle rimesse destinate al co-sviluppo vanno dalle esenzioni dall'imposta sul reddito per i migranti che investono nelle imprese locali all'esenzione dai dazi all'importazione per gli investimenti delle imprese.

5.2.2.

Il CESE incoraggia gli istituti di credito e le agenzie di sviluppo a sperimentare programmi pilota che creino un collegamento tra le rimesse e gli istituti di microfinanza nei paesi in via di sviluppo.

5.2.3.

Gli istituti di credito nei paesi d'origine e d'accoglienza andrebbero incoraggiati a creare partenariati in questo campo per agevolare la vendita incrociata di servizi finanziari complementari, come ad esempio l'offerta di finanziamenti per le piccole imprese o di mutui edilizi insieme ai servizi legati alle rimesse.

5.2.4.

Per sostenere e incrementare queste attività, le agenzie di sviluppo e le organizzazioni della società civile dovrebbero informare le comunità di migranti nei paesi d'accoglienza in merito alle possibilità di investimento esistenti, fornire una formazione d'impresa e promuovere le reti che mettono in contatto i migranti con imprenditori in cerca di capitale nei paesi d'origine. Gli imprenditori migranti nei paesi d'accoglienza e gli imprenditori nei paesi d'origine dovrebbero essere in contatto tra loro nell'ambito di reti strategiche commerciali e di sviluppo.

5.3.

Alcuni degli interventi appena illustrati richiedono la collaborazione delle organizzazioni della diaspora costituitesi nei paesi d'accoglienza. Le reti di collegamento tra tali organizzazioni e i paesi d'origine sono frutto, fondamentalmente, di iniziative individuali o di gruppo. Tali reti sono una fonte primaria di investimenti esteri diretti, di trasferimenti di conoscenze e di tecnologie, di azioni filantropiche come pure di rimesse sociali e culturali. Esse possono perfino contribuire ai processi di pace e di ricostruzione. Purtroppo però i paesi più arretrati non hanno la capacità di rintracciare i propri migranti all'estero e di dare vita a reti della diaspora per attingere a queste risorse di sviluppo (rimesse, investimenti, competenze, conoscenze).

5.4.

La sfida è pertanto quella di rafforzare il potenziale delle organizzazioni della diaspora provenienti dai paesi più arretrati e di puntare allo sviluppo delle fasce a più basso reddito.

5.5.

In questo processo occorre però tenere conto del fatto che le comunità della diaspora sono per lo più organizzate in modo informale e poco strutturato: la loro struttura e funzionamento dipendono dal paese in cui sono insediate e da dinamiche di interazione con il paese d'origine di tipo molto caratterizzato.

5.6.

L'individuazione nella diaspora di gruppi adatti e il rafforzamento della loro capacità di contribuire allo sviluppo dei paesi d'origine può dare origine ad una «concentrazione di cervelli». Questa si ottiene grazie a progetti che coinvolgono capitale umano e che mobilitano i migranti (o i loro discendenti) inserendoli in programmi di sviluppo pubblici o privati. Tali programmi attingono alle capacità linguistiche e alle competenze culturali dei migranti e mettono a disposizione dei paesi in via di sviluppo le competenze professionali di questi ultimi, la loro esperienza e i contatti di recente acquisizione.

5.6.1.

Prima di poter avviare un'iniziativa di rafforzamento delle capacità destinata alle organizzazioni della diaspora e ai paesi d'origine più arretrati, occorre però necessariamente individuare e inventariare le organizzazioni e le reti. Il CESE raccomanda pertanto di creare, su base volontaria, dei registri di migranti qualificati provenienti da paesi colpiti dal fenomeno della fuga di cervelli, e residenti nei paesi d'accoglienza, nonché di imprenditori migranti provenienti da paesi in via di sviluppo piccoli e medi, attualmente attivi nei paesi d'accoglienza.

5.6.2.

Una volta identificate le organizzazioni della diaspora, bisogna consentire loro di mettersi in contatto con i paesi d'origine per contribuire al loro sviluppo. Per agevolare questo processo, i paesi di destinazione e le organizzazioni internazionali di cooperazione allo sviluppo dovrebbero creare piattaforme e forum, organizzare incontri tra imprese nonché erogare indennità di viaggio e borse.

5.7.

L'esistenza di comunità della diaspora non garantisce automaticamente un loro impatto positivo sullo sviluppo dei paesi d'origine: le condizioni politiche e socioeconomiche di questi ultimi e le loro strategie svolgono un ruolo ugualmente importante, se non addirittura decisivo. In generale, tuttavia, le associazioni di migranti dovrebbero prestare maggiore attenzione agli aspetti legati allo sviluppo. Alle organizzazioni che si occupano di questo tema viene pertanto chiesto di contattare le associazioni di migranti per discutere con loro su come attuare una cooperazione realmente efficace.

5.8.

Il CESE sostiene l'istituzione di un fondo specifico per la migrazione e lo sviluppo che consenta di realizzare le attività illustrate fin qui.

6.   Migrazione e contenimento degli effetti della fuga di cervelli: creare concentrazioni di cervelli e agevolare la migrazione circolare e virtuale

6.1.

L'emigrazione volontaria di capitale umano spesso genera conseguenze economicamente vantaggiose per i paesi d'origine. Per molti di questi, la migrazione internazionale costituisce un modo per allentare la pressione prodotta dalla sovrappopolazione e dalla disoccupazione. Alcuni paesi esportano con successo manodopera proprio con l'intenzione di creare all'estero gruppi di riferimento per l'invio delle rimesse, per gli investimenti esteri diretti e per i trasferimenti di conoscenze. Tuttavia, la continua emorragia di risorse umane, soprattutto se altamente qualificate e di talento, ostacola lo sviluppo dei paesi più arretrati, che non posseggono le capacità economiche o istituzionali per garantire le necessarie sostituzioni.

6.2.

Il CESE sollecita pertanto tutti gli attori, in primo luogo, a compiere tutti i passi necessari per mitigare gli effetti della fuga di cervelli e, secondariamente, a mettere a punto dei piani per impedire l'ulteriore impoverimento in capitale umano delle economie e settori vulnerabili. La Commissione ha già sottolineato in una sua recente comunicazione che, per mitigare gli effetti della fuga di cervelli, vanno introdotti i concetti di migrazione circolare e virtuale  (9). Codici di condotta più etici, redditi più elevati e fondi di compensazione servono ad impedire a professionisti qualificati di lasciare il loro paese. Inoltre, un'esternalizzazione misurata di talune attività dai paesi OCSE verso quelli in via di sviluppo può alleviare la pressione migratoria che pesa su questi ultimi. Tuttavia, considerazioni analoghe a quelle formulate per impedire lo spreco di cervelli nei paesi avanzati di destinazione andrebbero applicate ai lavoratori impiegati nelle industrie che praticano l'esternalizzazione nei paesi in via di sviluppo.

6.3.

Per agevolare la migrazione circolare e virtuale occorre avvalersi delle capacità dei gruppi della diaspora menzionate in precedenza e della loro abilità a creare contatti con il paese d'origine — costituendo una concentrazione di cervelli. Migranti qualificati che abbiano acquisito un diploma di studi superiori o una formazione professionale nei paesi di destinazione possono costituire una ricchezza per i paesi d'origine se viene consentito loro di trasferire verso di essi le loro qualifiche e servizi.

6.4.

I due concetti di «concentrazione di cervelli» e di «fuga di cervelli» sono complementari in quanto la perdita per i paesi d'origine viene idealmente compensata dalla concentrazione che si opera, grazie al fenomeno migratorio, nel paese di destinazione. Quel che più conta è che una «concentrazione di cervelli» può mitigare alcuni effetti deleteri della «fuga di cervelli» per i paesi d'origine. I singoli migranti possono offrire le loro qualifiche o capacità organizzative al paese d'origine per un tempo limitato — sotto forma di un ritorno temporaneo — o su base virtuale tramite piattaforme on-line e applicazioni Internet.

6.4.1.

I regimi di visto andrebbero adattati di conseguenza, per consentire ai professionisti di fare più agevolmente la spola tra il paese d'accoglienza e quello d'origine. Le organizzazioni internazionali per lo sviluppo dovrebbero esaminare eventuali programmi di sviluppo che trasferiscano in modo virtuale i servizi e le competenze di migranti altamente qualificati. Ad esempio, i cardiologi attivi nel paese di destinazione potrebbero analizzare via Internet cartelle cliniche provenienti dal paese d'origine; i geologi, invece, potrebbero dare accesso ai laboratori più avanzati del paese d'accoglienza; gli analisti finanziari, infine, potrebbero valutare i piani d'impresa nel quadro di programmi di microfinanza. Il rilascio di visti per più ingressi è un meccanismo che agevola la migrazione circolare.

6.4.2.

Un altro potente incentivo a favore del rientro nel proprio paese e/o della migrazione circolare è costituito dalla trasferibilità dei diritti a pensione e delle prestazioni sociali dal paese d'accoglienza al paese d'origine.

6.4.3.

I paesi in via di sviluppo devono essere informati delle possibilità di co-sviluppo esistenti ed essere inoltre incoraggiati e messi nelle condizioni di prendere contatto in rete con le loro comunità della diaspora all'estero.

6.4.4.

Per realizzare tali progetti è ovviamente necessario che i migranti siano bene integrati nella società d'accoglienza. I paesi di destinazione devono ridurre l'attuale «spreco di cervelli» (per cui i migranti risultano impiegati in occupazioni al di sotto del livello di istruzione e formazione già in loro possesso), valutando più accuratamente le competenze di tali lavoratori e riconoscendone i diplomi e i certificati conseguiti nei paesi d'origine. In questo modo si può rafforzare sia il loro contributo a favore della società d'accoglienza che il loro impatto sullo sviluppo del paese d'origine.

6.5.

Una regolamentazione dell'emigrazione dev'essere una priorità per quanto riguarda determinati settori come l'istruzione e la sanità. Per proteggere tali settori particolarmente vulnerabili dalla fuga di cervelli, occorrono misure in grado di tener conto dei fattori dissuasivi e incentivanti della migrazione.

6.5.1.

Il CESE sollecita i paesi avanzati a non reclutare capitale umano dai paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili. Il governo britannico ha adottato un codice di condotta esemplare in materia di reclutamento etico che vincola gli organismi sanitari pubblici e privati a non assumere personale che provenga da paesi in via di sviluppo con carenza di risorse umane nel settore sanitario.

6.5.2.

Analogamente, le politiche dell'immigrazione dei paesi di destinazione possono essere regolate in modo da mantenere al minimo il flusso di persone altamente qualificate provenienti da paesi in via di sviluppo a rischio.

6.6.

Per controbilanciare l'impatto della fuga di cervelli per tali paesi particolarmente vulnerabili, esistono diverse opzioni, in funzione delle risorse disponibili in ciascuno di essi.

6.6.1.

Un'opzione è quella di creare un'eccedenza di capitale umano che consenta di perseguire una strategia di sviluppo (umano) orientata all'esportazione. Queste attività di formazione potrebbero essere finanziate da una tassazione in uscita applicabile ai professionisti altamente qualificati che hanno scelto di emigrare. L'imposta potrebbe essere a carico dell'emigrante o del paese di destinazione.

6.6.2.

Un accordo di restituzione (fondi di compensazione) tra migrante e paese d'origine, da stipulare prima della partenza, può scoraggiare la migrazione permanente, e il paese d'origine viene rimborsato per i costi di istruzione e formazione sostenuti inizialmente (10).

6.6.3.

Un'altra opzione sarebbe quella di creare concentrazioni di cervelli nei paesi d'origine particolarmente colpiti dall'esodo di personale qualificato.

6.6.4.

Per i professionisti altamente qualificati che si recano in un paese non in via di sviluppo per acquisire una formazione ulteriore o per seguire una specializzazione, il paese d'accoglienza potrebbe rilasciare un permesso di reingresso o prevedere dei visti di breve durata facilmente ottenibili. Questi meccanismi di migrazione circolare possono incoraggiare il migrante a rientrare nel proprio paese d'origine.

7.   Come integrare le politiche della migrazione e dello sviluppo e garantire coerenza tra le diverse politiche

7.1.

Il CESE riconosce che, come già accennato in precedenza, la migrazione Sud-Sud e quella regionale presentano dimensioni più ampie della migrazione internazionale tra paesi in via di sviluppo e quelli avanzati. Maggiore attenzione andrebbe pertanto riservata alle strategie regionali in materia di migrazione e sviluppo, sull'esempio dell'Unione africana.

7.2.

Il CESE tiene a sottolineare l'esigenza di integrare le «politiche della migrazione e dello sviluppo» nelle politiche in materia di migrazione e integrazione della manodopera dei paesi d'accoglienza e nelle strategie di sviluppo nazionali dei paesi d'origine, nonché in quelle di alleviamento della povertà portate avanti dalle organizzazioni internazionali per lo sviluppo.

7.3.

Il CESE rileva che la coerenza tra le diverse strategie va a tutto beneficio dei risultati attesi dalle politiche della migrazione e dello sviluppo. Gli sforzi a favore dello sviluppo compiuti tramite queste due politiche non dovrebbero essere vanificati dalle politiche per il commercio e la sicurezza. Come ultima raccomandazione, ma altrettanto importante, il CESE sollecita gli Stati membri a puntare alla coerenza tra le strategie astenendosi dal pretendere l'adozione di politiche diverse a livello nazionale e comunitario.

Bruxelles, 12 dicembre 2007.

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere CESE 1461/2007 (SOC/268), 2007.

(2)  COM(2007) 248 def., 16 maggio 2007.

(3)  Banca mondiale, Global Economic Prospect, 2006.

(4)  Secondo la Banca mondiale, dal 2001 al 2005 le rimesse sono raddoppiate raggiungendo la cifra record di 249 miliardi di USD: su tale cifra i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto 180 miliardi, vale a dire un importo pari da quattro a cinque volte gli aiuti ufficiali allo sviluppo (World Bank, International Migration Agenda and the World BankManaging Risks and Enhancing Benefits, 2006). Secondo le stime fornite da OXFAM, l'afflusso annuo di rimesse verso i paesi in via di sviluppo ammonta a 80 miliardi di USD (International Development Committee Inquiry on Migration and Development, Oxfam, 2003). Secondo le stime fornite dalla Commissione globale per la migrazione internazionale (Global Commission on International Migration) le rimesse totali dirette ai paesi in via di sviluppo ammontano ogni anno a 93 miliardi di USD (Migration and Development, Policy Analysis and Research Programme, 2003). Riassumendo, le rimesse costituiscono il 2,2 % del prodotto interno lordo di tutti i paesi in via di sviluppo (Fondo monetario internazionale, 2005).

(5)  Soprattutto il Sud Africa sopporta il fardello aggiuntivo di essere spesso la destinazione prediletta dei migranti di tutta la regione.

(6)  Cfr. la relazione del Department of International Development (DFID — UK): Moving out of povertymaking migration work better for poor people

(http://www.dfid.gov.uk/pubs/files/migration-policy-paper-draft.pdf).

(7)  Le banche, di conseguenza, sono in grado di ottenere finanziamenti a condizioni più vantaggiose e a più lungo termine dai mercati di capitali internazionali tramite la cartolarizzazione dei futuri flussi di rimesse.

(8)  Un esempio è costituito dalla comunità di messicani emigrati negli Stati Uniti dallo Stato di Zacatecas. In base al programma Three for One (Tre per uno) a ciascun dollaro inviato dalle associazioni di migranti corrisponde un dollaro del governo federale messicano e un dollaro dello Stato di Zacatecas. In ogni caso, perché questo tipo di iniziative riesca, gli immigrati devono essere bene integrati nelle comunità di accoglienza in modo da avere la possibilità di organizzarsi.

(9)  Comunicazione della Commissione — Migrazione circolare e partenariati per la mobilità tra l'Unione europea e i paesi terzi, cfr. nota 2.

(10)  Per ulteriori informazioni riguardo alla possibilità di istituire fondi di compensazione tra migrante e paese d'origine si rimanda al parere esplorativo del CESE sul tema La salute nel contesto del fenomeno migratorio (relatore: SHARMA, correlatore: CSER), GU C 256 del 27.10.2007.