52007DC0273

Quarta relazione sulla coesione economica e sociale {SEC(2007) 694} /* COM/2007/0273 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 30.5.2007

COM(2007) 273 definitivo

QUARTA RELAZIONE

sulla coesione economica e sociale

(presentata dalla Commissione) {SEC(2007) 694}

QUARTA RELAZIONE

sulla coesione economica e sociale

In applicazione dell'articolo 159 del trattato, la Commissione deve presentare ogni tre anni una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica e sociale, nonché sulla parte di tali progressi che può essere attribuita ai vari strumenti previsti da tale articolo (politiche degli Stati membri e della Comunità).

La presente quarta relazione inizia facendo il punto sulla situazione e le prospettive per quanto riguarda la coesione economica, sociale e territoriale e continua analizzando l'incidenza della politica ai livelli nazionale e comunitario sulla coesione nell'Unione. Insiste in particolare: 1) sulla valutazione preliminare dell'influenza della coesione europea nel corso del periodo di programmazione 2000-2006, e 2) su una prima stima del programma elaborato per il nuovo periodo 2007-2013 sulla base delle strategie nazionali e dei progetti di programmi operativi presentati alla Commissione dagli Stati membri sino alla fine dell'aprile 2007 [vedasi SEC(2007) 694][1].

1. IL VALORE AGGIUNTO DELLA POLITICA DI COESIONE

L'efficacia e l'impatto della politica di coesione europea subiscono l'influsso di vari fattori. Un contesto economico caratterizzato dalla stabilità dei prezzi godrà di tassi d'interesse più bassi. Ciò stimolerà a sua volta gli investimenti e l'accumulazione di capitale, aumentando sia la produttività che l'occupazione. Un tale contesto permette inoltre di aumentare il tasso e la diffusione dell'innovazione e di ridurre i costi del capitale.

Un altro fattore critico è l'efficienza e l'efficacia delle amministrazioni pubbliche ai livelli nazionale, regionale e locale. Inoltre i fattori esterni, e in particolare la globalizzazione, sono spesso determinanti nelle trasformazioni strutturali a tutti i livelli e possono avere un forte impatto sullo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro.

Tuttavia, grazie ad un approccio rigoroso, la politica di coesione è riuscita a influenzare i livelli di vita e di opportunità in tutta l'Unione.

- Convergenza ai livelli nazionale e regionale

Nel corso del periodo 2000-2006, nel loro insieme i principali beneficiari dei programmi a favore della politica di coesione europea. A livello regionale, il fatto che regioni a basso PIL pro capite abbiano ottenuto negli ultimi dieci anni risultati estremamente incoraggianti significa che, ovunque nell'Unione, le regioni sono state impegnate in un processo di convergenza misurata in termini di PIL per abitante.

- Secondo le stime, queste tendenze proseguiranno

Gli studi mostrano che gli investimenti effettuati nell'ambito dei programmi contribuiranno ad aumentare dal 5 al 15% i livelli assoluti di PIL nella maggior parte dei nuovi Stati membri nel corso del periodo 2007-2013, rispetto a uno scenario senza politica di coesione. Inoltre, entro il 2015, quasi 2 milioni di posti di lavoro supplementari dovrebbero essere stati creati sotto l'effetto di questi investimenti.

- La politica di coesione sostiene la crescita e la creazione di posti di lavoro al difuori delle regioni di convergenza

In un'economia di mercato, la crescita e lo sviluppo vanno inevitabilmente in parallelo con le ristrutturazioni, seguite spesso da perdite di posti di lavoro e creazione di nuovi ripartite in modo ineguale, e ciò può suscitare una concentrazione territoriale di problemi sociali ed economici. Uno dei compiti della politica comunitaria di coesione, anche negli Stati membri più ricchi dell'Unione, consiste nel rafforzare la capacità dell'Unione di adattarsi alle trasformazioni e a creare nuovi posti di lavoro durevoli. Nel periodo 2000-2005, le stime suggeriscono che saranno creati più di 450.000 posti di lavoro lordi in sei paesi, e ciò rappresenta circa i due terzi dell'aiuto concesso dall'Europa all'obiettivo 2.

- La politica di coesione a sostegno della capacità d'innovazione degli Stati membri e delle regioni

Tra il 2000 e il 2006, la politica di coesione ha fornito un importante aiuto agli sforzi di ricerca e sviluppo ed ha rafforzato la capacità d'innovazione, in particolare nelle regioni dell'obiettivo 1. Tenuto conto dei programmi esistenti al momento dell'adozione della presente relazione, il volume delle risorse della politica di coesione da investire nell'innovazione e nella ricerca e sviluppo nel corso del periodo 2007-2013 sarà più che raddoppiato.

- L'investimento in capitale umano a titolo della politica di coesione è estremamente redditizio

La valorizzazione del capitale umano spiega più della metà degli incrementi di produttività constatati nel corso degli ultimi dieci anni. I programmi europei di coesione cofinanziano ogni anno la formazione di circa 9 milioni di persone, più della metà delle quali donne. Una quota elevata di beneficiari sia accedono (o ritornano) al lavoro al termine di una formazione, sia dichiarano di godere di migliori condizioni di lavoro e di un reddito più elevato.

- L'effetto leva della politica di coesione sul capitale pubblico e privato a sostegno dell'investimento produttivo

Tra il 2000 e il 2006, ogni euro investito dalla politica di coesione ha portato, nelle regioni dell'Obiettivo 1, a una spesa aggiuntiva media di 0,9 euro. Nelle regioni dell'Obiettivo 2, la spesa può rappresentare sino a tre volte l'importo investito. Tutto ciò viene ottenuto applicando regole come il cofinanziamento e la partnership, e inoltre attraverso una maggiore partecipazione del capitale privato, compresa una varietà di accordi di partnership pubblico-privato.

Più di recente la Commissione, in collaborazione con istituzioni finanziarie internazionali, ha sviluppato strumenti finanziari innovativi da utilizzare in collegamento e quali complementi dell'aiuto europeo: JEREMIE per la promozione delle PMI e del microcredito, e JESSICA per lo sviluppo urbano. Ciò trasformerà le sovvenzioni in finanziamenti riciclabili, rendendole più sostenibili nel lungo termine. L'utilizzazione di tali aiuti per attrarre il capitale privato ed operare in combinazione con esso aumenterà l'effetto leva e incentiverà ad ottenere migliori risultati.

- La politica di coesione ha incoraggiato l'emergere di approcci integrati

La politica di coesione contribuisce allo sviluppo e si occupa in modo integrato dell'impatto di problemi complessi come le sfide della mondializzazione, il cambio climatico, le evoluzioni demografiche, e ciò rende coerenti le varie politiche settoriali. Questo approccio integrato ha consentito di accentuare l'impatto globale di interventi settoriali sfruttando le sinergie esistenti tra settori politici e controllando i loro effetti collaterali, favorendo il dialogo tra le amministrazioni e adattando ulteriormente gli interventi alle specificità socio-economiche delle regioni e delle località.

- La politica di coesione contribuisce a migliorare la qualità degli investimenti pubblici

La programmazione della politica, secondo un approccio settennale fondato su una sicurezza di bilancio lungo tutto il periodo, ha profondamente migliorato la programmazione di bilancio a lungo termine in numerosi Stati membri e regioni. La politica di coesione facilita inoltre l'identificazione di priorità di investimenti pubblici, favorendo in tal modo, in particolare nei paesi beneficiari della politica di coesione, un'utilizzazione più efficace e più redditizia degli investimenti pubblici in generale, e non solo là ove questi investimenti erano cofinanziati dalla Comunità. In questo modo, la politica di coesione influenza il modello di investimento indirizzandolo verso una maggiore produttività e sostenibilità.

- La politica di coesione ha sviluppato la partnership quale elemento essenziale di una buona governance

Il principio di partnership è un principio fondamentale che sottende tutti gli aspetti della politica di coesione – la programmazione, l'attuazione, il controllo e la valutazione – e che è oggi largamente riconosciuto come un elemento essenziale di una buona governance. Il sistema di governance a più livelli - fondato su un approccio strategico e che coinvolge le autorità comunitarie, nazionali, regionali e locali e le parti interessate - garantisce l'adeguamento delle azioni alle condizioni sul terreno e una reale volontà di riuscire.

2. SITUAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE DISPARITÀ ECONOMICHE, SOCIALI E TERRITORIALI

2.1. Coesione economica

- La convergenza esiste sia a livello nazionale…

L'insieme dei principali beneficiari della politica di coesione nel corso del periodo 1994-2006 – vale a dire la Grecia, la Spagna, l'Irlanda e il Portogallo – hanno registrato un tasso di crescita impressionante. Tra il 1995 e il 2005, la Grecia ha ridotto il suo ritardo con il resto dell'Europa 27 portando la sua crescita dal 74% all'88% della media dell'UE nel 2005. Nello stesso periodo, la crescita della Spagna e dell'Irlanda è passata rispettivamente dal 91% e dal 102% al 102% e 145% della media dell'Unione. Al tempo stesso in Portogallo la crescita è stata inferiore alla media europea dal 1999. Nel 2005 il PIL per abitante era il 74% della media dell'UE.

Sono i nuovi Stati membri, in particolare quelli a basso PIL per abitante, ad aver mostrato la crescita più evidente e ad aver colmato più rapidamente il loro ritardo. Il PIL dei tre Stati baltici è praticamente raddoppiato tra il 1995 e il 2005. I tassi di crescita della Polonia, dell'Ungheria e della Slovacchia sono più che raddoppiati rispetto alla media dell'UE.

Sulla base dei tassi di crescita attuali, sembra tuttavia che la Polonia e, più in particolare, la Bulgaria e la Romania, essendo partite da livelli di PIL per abitante molto bassi, impiegheranno più di 15 anni prima di raggiungere un PIL pro capite pari al 75% della media dell'UE 27.

- …sia a livello regionale

La crescita relativamente forte osservata nel corso degli ultimi dieci anni nelle regioni a basso PIL significa che tutte le regioni dell'UE convergono. Tra il 1995 e il 2004, il numero di regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media dell'UE è passato da 78 a 70 e quello delle regioni con PIL inferiore al 50% della media dell'UE da 39 a 32.

Le regioni in ritardo di sviluppo nell'UE 15, principali beneficiarie dell'aiuto concesso a titolo della politica di coesione nel corso del periodo 2000-2006, hanno mostrato un aumento significativo del PIL pro capite rispetto al resto dell'UE tra il 1995 e il 2004. Nel 1995, 50 regioni che rappresentavano una popolazione totale di 71 milioni di abitanti hanno registrato un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell'UE 15. Nel 2004, in quasi una regione su quattro con più di 10 milioni di abitanti, il PIL pro capite ha superato il livello del 75%.

- …ma le differenze rimangono importanti

Malgrado questi progressi, le differenze in termini assoluti rimangono importanti. Ciò è dovuto in parte al recente allargamento e in parte al fatto che la crescita - nelle prime fasi dello sviluppo - tende a concentrarsi nelle zone più dinamiche dei paesi.

Alcune delle regioni più sviluppate (quelle con un PIL per abitante superiore al 75% della media dell'UE27) cominciano anche a sperimentare tassi di crescita molto bassi o negativi. Tra il 2000 e il 2004, il PIL reale pro capite è diminuito in 27 regioni e in altre 24 è aumentato di meno dello 0,5% all'anno. In cinque di queste regioni, il PIL pro capite è passato al disotto del tasso del 75% della media dell'UE.

- Gli aumenti dell'occupazione e della produttività stimolano la crescita nelle regioni

Le regioni in ritardo di sviluppo riducono rapidamente il loro ritardo in termini di produttività. Ciò è particolarmente evidente nei nuovi Stati membri: nei tre Stati baltici e parzialmente in Polonia, la produttività è aumentata quattro volte più rapidamente della media dell'UE tra il 1995 e il 2004. Ma alcune di queste regioni partono da livelli molto bassi. Dal momento che l'occupazione in queste regioni si sposta verso settori a più alto valore aggiunto, la produttività regionale dovrebbe aumentare, anche se la produttività settoriale rimane stabile.

Nel 2004, le regioni del Portogallo, della Grecia, dell'Irlanda e della Spagna mostravano livelli di produttività ancora notevolmente superiori a quelli dei nuovi Stati membri. L'Irlanda combinava la crescita dell'occupazione più elevata dell'Unione europea e notevoli aumenti della produttività. D'altro canto, la crescita economica regionale in Spagna si basava quasi esclusivamente sulla crescita dell'occupazione e ciò lasciava pensare che avrebbe potuto essere difficile mantenere questa crescita economica nel lungo termine. In Portogallo, dopo un sostanziale aumento sino al 2001, l'occupazione è rimasta stagnante, mentre in Grecia la crescita dell'occupazione è stata limitata sino al 2001 ma è poi aumentata considerevolmente.

Nove regioni sulle dieci più sviluppate hanno visto aumentare il loro tasso di occupazione e praticamente altrettante hanno visto aumentare la loro produttività. Tuttavia, tra il 1995 e il 2004, la produttività è diminuita in 29 regioni dell'Italia, della Francia, della Spagna e della Germania, mentre l'occupazione è diminuita in 16 regioni, essenzialmente nella parte orientale della Germania e nel Nord dell'Inghilterra.

2.2. Coesione sociale

- I tassi d'occupazione sono risultati convergenti a livello comunitario e nazionale …

Tra il 2000 e il 2005, i tassi d'occupazione regionali sono risultati convergenti all'interno dell'UE. Nel 2005, i tassi d'occupazione nelle regioni in ritardo erano ancora di circa 11 punti percentuali al disotto di quelli del resto dell'Unione.

Nel corso di questo periodo, alcuni paesi hanno sperimentato un aumento notevole dell'occupazione, mentre altri, come la Romania e la Polonia, hanno registrato un declino nella maggior parte delle regioni, in alcuni casi superiore a 2 punti percentuali.

Nella prospettiva degli obiettivi fissati a Lisbona per quanto riguarda il tasso di occupazione, l'UE deve creare circa 23,5 milioni di posti di lavoro supplementari, 7 milioni dei quali dovrebbero essere destinati alle donne e 7 milioni alle persone in età tra i 55 e i 64 anni. Per realizzare una creazione di posti di lavoro su questa scala, occorrerà investire in nuove attività adeguate all'occupazione di manodopera qualificata.

- … e gli scarti dei tassi di disoccupazione si sono ridotti

Tra il 2000 e il 2005, la disoccupazione è diminuita dal 13,4% al 12,4% nelle regioni in ritardo di sviluppo, anche se in 17 di queste regioni la disoccupazione è aumentata di più di 2 punti percentuali.

Nelle regioni più sviluppate, la disoccupazione è rimasta stabile tra il 2000 e il 2005, con un tasso di poco inferiore all'8%, anche se le regioni in Spagna, in Italia, in Francia e nel Regno Unito hanno registrato una riduzione generale del tasso di disoccupazione e quelle in Germania, in Austria, nei Paesi Bassi e in Belgio un leggero aumento.

Nel 2005, il tasso di disoccupazione delle donne nell'UE era superiore a quello degli uomini, ma la differenza si è ridotta di un terzo tra il 2000 e il 2005. Lo scarto era maggiore in Grecia, in Spagna e in Italia.

- La povertà rimane una sfida…

La quota di popolazione minacciata dalla povertà rimane relativamente elevata in alcuni Stati membri. Questa categoria di popolazione, che vi rientra in quanto dispone di un reddito inferiore del 60% al reddito medio nazionale, rappresentava nel 2004 circa il 20% dell'insieme della popolazione in Lituania, in Polonia, in Irlanda, in Grecia, in Spagna e in Portogallo, ma solo il 10% nei Paesi Bassi, nella Repubblica ceca e in Svezia. In media, nel 2004, circa 75 milioni di persone erano minacciate di povertà, vale a dire il 16% della popolazione dell'UE. Il rischio è maggiore per le donne, i giovani, gli anziani e i disoccupati.

- I livelli di istruzione aumentano ma rimangono bassi nelle regioni in ritardo di sviluppo

Una manodopera educata e qualificata è un fattore importante di un'economia della conoscenza competitiva. Sono percettibili miglioramenti nel tempo: il numero di giovani dai 25 ai 34 anni titolari di un diploma universitario o simile è in aumento e rappresenta oggi quasi il doppio di quello della generazione precedente tra i 55 e i 64 anni. Tuttavia, in alcuni Stati membri, in particolare in Romania, nella Repubblica ceca, in Italia e in Slovacchia, il livello d'istruzione dei giovani accusa ritardi.

Nel 2005, circa il 23% delle persone tra i 25 e i 64 anni nell'UE avevano seguito un insegnamento universitario con percentuali che andavano dal 35% in Finlandia sino al 10% circa in Romania. Su questo piano, le regioni non sono convergenti e le differenze tra di esse sono più accentuate. In media, le regioni in ritardo di sviluppo hanno una minore percentuale di persone tra i 25 e i 64 anni che hanno seguito un insegnamento universitario.

2.3. Coesione territoriale

- Minore concentrazione territoriale del PIL dell'UE-27 nel nucleo centrale tradizionale d'Europa…

Le cifre provano che la prosperità economica nell'Unione europea tende ad essere meno concentrata geograficamente: il "nocciolo" economico tradizionale dell'Europa (lo spazio delimitato da Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo) ha contribuito nel 2004 ad una quota del PIL dell'Europa a 27 notevolmente inferiore rispetto al 1995, mentre la proporzione della sua popolazione è rimasta stabile. Questa tendenza è dovuta all'emergere di nuovi centri di crescita come Dublino, Madrid, Helsinki e Stoccolma, ma anche come Varsavia, Praga, Bratislava e Budapest.

- ... Ma più concentrazione a livello nazionale…

Tuttavia, all'interno degli Stati membri in tutto il territorio comunitario, l'attività economica si è concentrata ulteriormente nei centri urbani, ad eccezione di Berlino e di Dublino. Tra il 1995 e il 2004, in media, la quota di PIL prodotta dai centri urbani a livello nazionale è aumentata del 9%, mentre la loro popolazione è aumentata del 2%. Questa evoluzione è stata particolarmente sensibile tra il 1995 e il 2000, soprattutto a Varsavia e a Bucarest.

La maggiore concentrazione della popolazione e dell'attività economica nei centri urbani potrebbe nel lungo periodo frenare la crescita economica globale poiché le esternalità negative, come l'aumento dei costi degli alloggi, la riduzione degli spazi di attività commerciale, la congestione e l'inquinamento, influiscono negativamente sulla loro immagine e competitività. I poli di crescita secondari potrebbero contribuire a ridurre la pressione sui centri urbani e promuovere un più alto potenziale di crescita generale.

- … Con una tendenza alla suburbanizzazione, …

La tendenza dominante nelle città europee va verso la suburbanizzazione. Tra il 1996 e il 2001, nel 90% degli agglomerati urbani la popolazione delle periferie è aumentata a tassi maggiori che non nei centri delle città. Nel corso di questo periodo, un terzo degli agglomerati urbani ha perduto abitanti e la maggior parte di queste città hanno visto un forte aumento demografico nelle periferie, mentre i centri si spopolavano. La suburbanizzazione della popolazione sottopone inevitabilmente il sistema dei trasporti urbani ad una maggiore domanda, mentre la suburbanizzazione dell'attività economica può comportare il declino economico dei centri urbani tradizionali.

La concentrazione della povertà nei quartieri urbani rimane un problema specifico di numerose città europee. Malgrado la concentrazione dell'occupazione nelle città, i loro abitanti, soprattutto i meno qualificati, incontrano difficoltà a trovare un posto di lavoro, mentre un terzo dei posti di lavoro è occupato dagli abitanti delle periferie.

A ciò si aggiunge la concentrazione della disoccupazione in alcuni distretti urbani. Questi distretti a forte tasso di disoccupazione sono caratterizzati da altri aspetti tipici della povertà, come la cattiva qualità degli alloggi e l'inadeguatezza dei servizi di trasporto o di altri servizi come l'educazione, oltre al basso livello di reddito e a un elevato tasso di criminalità.

- … Mentre alcune zone rurali continuano a spopolarsi

La tendenza predominante in numerose regioni dell'Unione europea, in particolare nel Sud dell'Italia, nel Nord della Finlandia, della Svezia e della Scozia, nella parte orientale della Germania e della Polonia, continua ad essere un'importante migrazione dalle zone rurali. La mancanza di prospettive di lavoro al di fuori dell'agricoltura e la precarietà delle condizioni di vita incitano le persone, in particolare i giovani e le persone più qualificate, a cercare altrove le loro opportunità. Tale tendenza ha un effetto cumulativo sulle aree interessate, che si ritrovano con una popolazione prevalentemente anziana e con servizi di base sempre più limitati[2].

- … e le possibilità di scambi transfrontalieri si ampliano

I numerosi anni in cui sono stati attuati i programmi transfrontalieri hanno migliorato la cooperazione tra le regioni frontaliere all'interno dell'UE 15, in particolare nei paesi del Benelux, in Germania e in Francia. Ma le nuove frontiere interne non sono ancora permeabili e i flussi transfrontalieri sono nettamente inferiori.

Rafforzare la permeabilità sia fisica che amministrativa di queste frontiere faciliterà il flusso di persone e di beni tra queste regioni e avvicinerà il livello degli scambi economici attualizzando il potenziale economico di tali regioni. Questo tipo di attività di cooperazione è anche più importante per le regioni frontaliere limitrofe alle frontiere esterne.

3. LA RIFORMA DELLA POLITICA DI COESIONE – 2007-2013

Il Consiglio europeo di primavera del 2005 indicava che:

"È indispensabile rilanciare senza indugi la strategia di Lisbona e procedere a un riorientamento delle priorità verso la crescita e l'occupazione. L'Europa deve infatti rinnovare le basi della sua competitività, aumentare il suo potenziale di crescita e la sua produttività e rafforzare la coesione sociale, puntando principalmente sulla conoscenza, l'innovazione e la valorizzazione del capitale umano.

Per raggiungere tali obiettivi, l'Unione deve mobilitare maggiormente tutti i mezzi nazionali e comunitari appropriati - compresa la politica di coesione – nelle tre dimensioni economica, sociale e ambientale della strategia per utilizzarne meglio le sinergie in un contesto generale di sviluppo sostenibile."

L'essenziale degli sforzi destinati a ridurre le disparità territoriali nell'Unione europea passa per la politica di coesione. Questi sforzi sono caratterizzati da un finanziamento condizionale, che assume la forma di condizioni collegate ai trasferimenti a livello degli obiettivi e del meccanismo di attuazione. Gli Stati membri, in particolare, sono tenuti ad elaborare una strategia a medio termine per quanto riguarda l'utilizzazione delle risorse al fine di cofinanziare l'aiuto europeo mediante fondi nazionali, intervenendo in partnership a livello nazionale, regionale e locale e rispettando il diritto e le politiche comunitari. Queste regole hanno portato alla creazione di un sistema di gestione comune utilizzato ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale: in breve, un sistema di governance a più livelli.

A partire dalla riforma della politica di coesione del 2006 per il periodo 2007-2013, il principale obiettivo della politica di coesione rimane quello di ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni concentrando le risorse nelle zone meno sviluppate. Per il periodo 2007-2013, la maggior parte delle risorse sarà concentrata sui paesi e sulle regioni più povere: se nel 1989 il 56% delle risorse disponibili è stato investito nelle regioni a reddito più basso, alla fine del nuovo periodo di programmazione tale quota sarà dell'85%. I nuovi Stati membri, che rappresentano circa il 21% della popolazione dell'UE-27, devono ricevere un po' più del 52% del totale per tutto il periodo in questione. Tuttavia, conformemente alla nuova agenda per la crescita e la creazione di posti di lavoro, e nel contesto della globalizzazione, la politica di coesione pone ulteriormente l'accento sul miglioramento della posizione competitiva delle regioni nell'economia mondiale. In altre parole, le risorse sono concentrate su tutte le regioni in fase di adeguamento strutturale e sugli investimenti, e più in particolare sull'insieme delle attività che si articolano intorno alla ricerca, all'innovazione, alla società dell'informazione e allo sviluppo delle imprese.

Questi obiettivi hanno come effetto che la politica di coesione, nel corso del periodo 2007-2013, proseguirà ovunque lo stesso programma di crescita e di creazione di posti di lavoro, ma con il risoluto appoggio dell'Unione in funzione dei bisogni degli Stati membri e delle regioni. I negoziati sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, il cui risultato è stato l'attribuzione di ulteriori mezzi alla politica di coesione (35% del bilancio totale dell'UE), suggeriscono che siamo in presenza di un elevato grado di consenso politico sulla capacità del sistema di rispondere alle priorità comunitarie.

3.1. Offrire all'Europa una nuova strategia di crescita e di occupazione

Generare crescita e creare posti di lavoro sono due compiti storicamente al centro dei programmi comunitari di coesione e la riforma della politica per il 2007-2013 ha cercato di rafforzare questa dimensione.

- Un nuovo approccio strategico

Un approccio più strategico basato su priorità europee strutturerà il processo di attuazione a livello dell'UE della politica di coesione, a livello nazionale e, in seguito, ai livelli regionale e locale. Questo approccio può contribuire ad aumentare l'efficacia economica, a migliorare la trasparenza e a facilitare la presa di responsabilità politica. Questo approccio è quello che preconizzano gli orientamenti strategici comunitari che riflettono le priorità individuate dalla strategia di Lisbona rinnovata per la Crescita e l'Occupazione e creano a loro volta il contesto propizio all'elaborazione delle strategie nazionali a titolo della politica e dei programmi di coesione.

- Allocazione delle risorse

Gli Stati membri hanno deciso nel dicembre 2005 che le autorità responsabili della nuova generazione di programmi a favore della coesione dovevano "allocare" una certa parte delle risorse agli strumenti fondamentali collegati alla strategia di Lisbona (ricerca e sviluppo e innovazione, infrastrutture di dimensione europea, competitività industriale, energie rinnovabili, efficacia energetica, innovazioni ecologiche, risorse umane), e in particolare il 60% alle regioni meno sviluppate e il 75% ad altre regioni.

Secondo i documenti di programmazione utilizzati per elaborare la presente relazione, ciò è stato in larga misura realizzato. Nell'UE-27 questo approccio è stato ulteriormente migliorato: in media il 61,2% delle risorse dell'obiettivo Convergenza e il 76,7% dell'obiettivo Competitività regionale e occupazione sono destinati a tali investimenti. Globalmente, circa 200 miliardi di euro saranno utilizzati per questo tipo di investimenti. Rispetto al periodo precedente, ciò rappresenta un aumento di più di 50 miliardi di euro.

3.2. Una migliore regolamentazione: semplificazione e proporzionalità

L'utilizzazione delle risorse della politica di coesione deve soddisfare i criteri di controllo e di corretta gestione finanziaria; d'altro canto, importanti misure sono state adottate per razionalizzare la registrazione e semplificare le regole di gestione della politica di coesione. In particolare:

- Una serie di regole di gestione

Esiste oggi una Commissione unica incaricata di applicare il regolamento per il periodo di programmazione 2007-2013 che sostituisce dieci regolamenti per il periodo di programmazione 2000-2006. I regolamenti relativi alla gestione di programmi finanziati dal Fondo di coesione sono stati allineati su quelli dei Fondi strutturali. La gestione dei fondi ne risulterà facilitata e meno onerosa.

- Una serie di regole sull'ammissibilità delle spese

Gli Stati membri saranno in grado di applicare le regole nazionali sull'ammissibilità delle spese collegate a progetti cofinanziati invece di due serie di regole come in passato (una per i progetti cofinanziati dalla Comunità e una per i progetti finanziati a livello nazionale), e ciò semplificherà notevolmente la gestione dei progetti.

- Semplificazione della gestione finanziaria

L'elaborazione dei piani finanziari, la fissazione del tasso d'intervento e la realizzazione dei rimborsi comunitari si effettueranno ora a un livello superiore (in funzione del programma o delle priorità e non più in funzione delle misure, come precedentemente). Ciò semplificherà la gestione dei programmi e limiterà i casi nei quali i piani finanziari devono essere modificati, vale a dire attribuendo un'autonomia più ampia alle autorità nazionali incaricate della gestione dei programmi operativi.

- Maggiore proporzionalità e semplificazione dei sistemi di controllo

Per i programmi di dimensioni più modeste, una parte dei controlli obbligatori potrà essere delegata ad organismi nazionali creati conformemente alla legislazione nazionale; ciò ridurrà la necessità di soddisfare taluni criteri di audit comunitari.

- Accesso agevolato all'informazione e alla comunicazione

I cittadini e i beneficiari potenziali dei Fondi in tutti gli Stati membri avranno lo stesso accesso all'informazione sulle possibilità di finanziamento e sulle sovvenzioni a titolo della politica di coesione; ciò ridurrà il tempo e gli sforzi da dedicare alla ricerca di tale informazione.

- La governance elettronica nella pratica

Per la prima volta, lo scambio di documenti tra gli Stati membri e la Commissione si effettuerà unicamente per via elettronica. È questo l'inizio di una nuova era in termini di scambio elettronico di dati e di e-governance. Ciò consentirà di risparmiare molto tempo sul piano dell'utilizzazione dei programmi e ridurrà il rischio di disaccordo tra la Commissione e gli Stati membri quanto al volume e al tipo di informazioni da fornire.

3.3. Politica di coesione e diffusione dei valori e delle politiche comunitari

I paesi esterni all'Unione hanno manifestato un crescente interesse per la politica di coesione europea in quanto strumento volto a garantire uno sviluppo regionale più equilibrato ed hanno espresso l'intenzione di approfondire questo aspetto. Più in particolare:

- Il 15 maggio 2006 è stato firmato un protocollo d'accordo sulla cooperazione politica regionale tra la Commissione e la Cina. Le autorità cinesi hanno fatto dello sviluppo regionale equilibrato una delle grandi priorità del loro piano di sviluppo quinquennale e sono sempre più preoccupate dall'approfondirsi delle differenze di reddito tra le regioni. Dal 2005, la Cina e l'India hanno inoltre elaborato piani d'azione comuni e firmato protocolli d'accordo con la Commissione europea nel settore dell'occupazione e della politica sociale.

- Il 23 maggio 2007 è stato firmato un protocollo d'accordo sulla cooperazione politica regionale con il governo della Federazione russa per lo scambio di informazioni e di migliori prassi sulle esperienze in materia di elaborazione e di attuazione della politica di coesione.

Protocolli analoghi sono discussi con paesi come l'Africa del Sud e il Brasile e con mercati economici integrati come il Mercosur. Allo stesso tempo, la politica di coesione europea suscita l'interesse delle Nazioni Unite, dell'OCSE e dei comitati della Banca mondiale. In questo contesto, un elemento essenziale del valore aggiunto della politica di coesione europea è la promozione di fattori quali l'economia di mercato, l'uguaglianza delle opportunità e l'uguaglianza tra uomini e donne, lo sviluppo sostenibile e un sistema fondato sulla democrazia partecipativa.

4. LE NUOVE SFIDE

La dichiarazione di Berlino in occasione del cinquantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma:

"Molti obiettivi non possono essere conseguiti con un'azione individuale: la loro realizzazione ci impone un'azione collettiva. L'Unione europea, gli Stati membri e le loro regioni e comuni si dividono i compiti."

La crescita e l'occupazione in Europa richiedono politiche che siano in grado di anticipare e di gestire le nuove sfide. Alcune di queste sfide sono particolarmente importanti per la politica di coesione poiché producono un impatto ineguale sul territorio dell'Europa e possono contribuire ad amplificare le disparità sociali ed economiche.

- Rafforzare la pressione globale per ristrutturare e modernizzare

Praticamente tutte le regioni devono affrontare la necessità di ristrutturarsi, di modernizzarsi e di facilitare l'innovazione continua basata sulla conoscenza in termini di prodotti, di gestione e di processi, oltre che di capitale umano, per affrontare la sfida della globalizzazione. Anche su uno sfondo di tassi di crescita impressionanti, le regioni dei nuovi Stati membri hanno una struttura economica largamente concentrata su settori nei quali la concorrenza con le economie asiatiche emergenti è forte.

Analogamente, numerose regioni negli Stati membri più ricchi concentrano un'elevata proporzione di posti di lavoro in settori tradizionali nei quali la competitività dipende in larga misura dai bassi costi e dai metodi di produzione a costi salariali ridotti.

La concorrenza basata unicamente sui vantaggi in termini di costi non è più un'opzione sostenibile e le regioni hanno bisogno di modernizzare e diversificare la loro struttura economica in settori ad alto valore aggiunto, creando le condizioni che consentono alle imprese, in particolare alle PMI, di adottare e adeguare prodotti e processi innovativi, creare reti di cooperazione con altre imprese e istituti di ricerca, accedere al capitale di rischio e internazionalizzare le loro attività.

Le attività economiche di primo piano e i talenti tendono nettamente a concentrarsi geograficamente in alcuni centri urbani di portata mondiale. Ciò è fonte di opportunità, ma le ricerche dimostrano che al di là di una certa dimensione le esternalità negative collegate alla concentrazione di popolazione, come l'inquinamento, l'espansione urbana e la congestione, cominciano ad evidenziarsi.

L'Unione è composta da numerose regioni che risultano essere tra le più competitive e innovative del mondo e in grado di trarre vantaggio dalla globalizzazione. Per raggiungere questo obiettivo, tali regioni hanno investito in nuove qualifiche, hanno costruito o attratto nuovi serbatoi di talenti ed hanno favorito la formazione di reti e di zone di sviluppo industriale. Basandosi su questi successi e sullo sviluppo di queste strategie, l'Unione può mobilitare tutto il suo potenziale e avviare la sua economia verso una forte crescita sostenibile.

- Il cambio climatico

Saranno numerose le regioni di Europa che dovranno affrontare gli effetti asimmetrici delle trasformazioni climatiche. Ciò porrà serie sfide all'agricoltura, alla pesca e all'industria del turismo in alcune zone, rendendo necessari importanti investimenti per fronteggiare la siccità, gli incendi, l'erosione delle coste e le inondazioni. Questi cambiamenti potrebbero avere un impatto sproporzionato sui gruppi in difficoltà o a basso reddito, che potrebbero non disporre degli strumenti necessari per adeguarsi. Saranno inoltre necessari ingenti investimenti per garantire la conformità con l'acquis comunitario e gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dal Consiglio di Primavera del marzo 2007. Del resto, tutte le relazioni di argomento economico disponibili indicano che il costo dell'inazione nel settore delle catastrofi naturali è molto maggiore del costo generato dalla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra a un livello compatibile con l'obiettivo dell'Unione di limitare il cambiamento climatico a 2 gradi Celsius.

La lotta contro il cambiamento climatico offre alle economie regionali nuove opportunità nel settore dello sviluppo delle eco-innovazioni, della crescita delle industrie ecologiche e dell'occupazione in questi settori.

- Aumento dei prezzi dell'energia

L'aumento dei prezzi dell'energia colpirà in modo diverso le regioni dell'UE in funzione del loro mix energetico, della loro struttura economica e dell'efficacia energetica delle loro imprese. I maggiori costi di trasporto tendono a colpire le regioni geograficamente periferiche, come le parti settentrionali della Finlandia e della Svezia o le parti più meridionali del Portogallo, della Spagna e dell'Italia, o ancora le isole, comprese Malta e Cipro. Settori fondamentali per molte di queste regioni come il turismo potrebbero essere vulnerabili agli aumenti di costi, anche se ciò potrebbe essere bilanciato nel breve termine dai guadagni di efficienza generati dalle compagnie aeree a basso costo. Gli aumenti dei costi dell'energia hanno un effetto sproporzionato sui gruppi a basso reddito e aumentano la povertà energetica dei gruppi sfavoriti.

Sviluppare o ampliare le energie rinnovabili e investire per migliorare l'efficienza energetica possono generare grandi opportunità per la maggior parte delle regioni, con un elevato potenziale di sviluppo dell'occupazione a livello locale. Ad esempio, viene stimato che i redditi annui dell'industria globale delle attrezzature solari aumenteranno di quattro volte nei tre anni che ci separano dal 2010. Inoltre, gli aumenti dei prezzi dell'energia potrebbero stimolare, in particolare nelle regioni in ritardo di sviluppo, strategie di crescita basate su metodi di produzione ad intensità energetica ridotta.

- Nuovi squilibri demografici e aumento della tensione sociale

Tra il 2000 e il 2003, una regione su tre dell'Unione ha sperimentato una diminuzione della sua popolazione. Nella maggior parte dei casi, ciò era dovuto ad un'evoluzione naturale e a una forte emigrazione. Le proiezioni mostrano che la crescita demografica naturale continuerà a declinare, anche in molte delle regioni in ritardo di sviluppo. Queste ultime dovranno pertanto affrontare una doppia sfida: migliorare la crescita e l'occupazione limitando al tempo stesso gli impatti negativi dell'invecchiamento e del declino demografico.

La contrazione demografica attualmente in corso minaccia le possibilità di crescita dell'occupazione. Sino al 2011, una crescita significativa dell'occupazione e dalla congiuntura economica rimane sempre possibile. Tra il 2012 e il 2017 circa, i tassi di creazione di posti di lavoro dovrebbero poter compensare la diminuzione del volume di popolazione in età di lavoro. A partire dal 2017, tuttavia, la riduzione della popolazione in età lavorativa potrebbe portare ad una stagnazione e, conseguentemente, ad una riduzione del livello assoluto dell'occupazione.

Parallelamente, alcune regioni dovranno affrontare un certo numero di sfide sociali derivanti dall'inadeguatezza delle qualifiche (segmentazione del mercato del lavoro tra alte qualifiche/alti salari e basse qualifiche/bassi salari, incremento dell'immigrazione) dal momento che la catena del valore dell'economia si sposta verso attività basate sulla conoscenza, in un ambiente in cui le istituzioni tradizionali di sicurezza si indeboliscono.

- Le politiche nazionali incontrano difficoltà a reagire al ritmo rapido delle trasformazioni imposte da tale evoluzione.

Mentre gli investimenti pubblici sono sempre più gestiti a livello subnazionale, negli ultimi anni vi è stata una tendenza alla diminuzione di tali investimenti dal momento che i bilanci nazionali e subnazionali subiscono le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione (riforma del sistema pensionistico; sistemi sanitari, educativi e sociali più onerosi) e della riforma economica basata in parte su una fiscalità ridotta.

Inoltre, le risorse disponibili per accompagnare la modernizzazione dell'economia sono essenzialmente destinate ai poli di crescita. Ciò può creare importanti diseconomie di agglomerazione (congestione, inquinamento, segregazione sociale, espansione urbana), da un lato, e, dall'altro, un aumento delle disparità regionali.

5. LE PROSSIME FASI

Nel 2007 e nel 2008 la Commissione svilupperà il suo approccio per la revisione del bilancio dell'Unione 2008/2009, compresa la definizione di criteri per l'analisi delle politiche, l'esame delle politiche future e la valutazione delle varie opinioni. In questo contesto, e senza pregiudicare i risultati di tale revisione, la presente relazione identifica una serie di sfide che la politica di coesione dovrà affrontare nei prossimi anni. Il Forum sulla Coesione, che si svolgerà il 27 e il 28 settembre 2007, sarà una prima occasione per discutere in merito a tali sfide con i principali partner. In particolare, il Forum potrebbe organizzarsi intorno alle seguenti domande.

1. Quali lezioni è possibile trarre dall'esperienza della preparazione dei programmi 2007-2013? In questo contesto e alla luce dell'analisi della presente relazione, in quale misura la politica di coesione si adegua alle nuove sfide che devono affrontare le regioni europee? Ad esempio:

1.1. Come potrebbero le regioni reagire alle pressioni esercitate da concorrenti dinamici in settori debolmente o mediamente tecnici?

1.2. Considerando le notevoli differenze nei tassi di natalità e di mortalità e nei flussi migratori a livello regionale, quale sarebbe il ruolo della politica di coesione per trovare una risposta ai cambiamenti demografici?

1.3. I cambiamenti climatici costituiscono una sfida per la politica di coesione?

2. In questo nuovo contesto, come può la politica di coesione sviluppare ulteriormente un approccio integrato e più flessibile dello sviluppo/della crescita e della creazione di posti di lavoro?

2.1. Come potrebbe la politica di coesione promuovere ulteriormente uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile tenendo conto della diversità dei territori all'interno dell'UE, come le regioni, le isole e le zone rurali e costiere, ma anche le città più sfavorite, le regioni industriali in declino, altre regioni con particolari specificità geografiche?

2.2. Quale impatto hanno le sfide individuate dalla presente relazione sugli elementi chiave della coesione sociale quali 'inclusione, l'integrazione, le opportunità per tutti? Sono necessari nuovi sforzi per anticipare e minimizzare tali effetti?

2.3. Quali sono le future qualifiche fondamentali essenziali che i nostri cittadini devono possedere per far fronte alle nuove sfide?

2.4. Quali sono le competenze indispensabili da sviluppare a livello regionale per rendere le regioni globalmente competitive?

3. Sulla base delle risposte alle domande precedenti, come si può valutare il sistema di gestione della politica per il periodo 2007-2013?

3.1. Considerando la necessità di una gestione efficace dei programmi della politica di coesione, quale sarebbe la ripartizione ottimale delle responsabilità tra i livelli comunitario, nazionale e regionale in un sistema di governance a più livelli?

3.2. Come può la politica di coesione sostenere in modo più efficace le politiche pubbliche negli Stati membri e nelle regioni? Mediante quali meccanismi di attuazione la politica potrebbe guadagnare in termini di ricerca di efficacia e di semplicità?

3.3. Come possiamo rafforzare ulteriormente il rapporto tra la politica di coesione ed altre politiche nazionali e comunitarie per ottenere migliori sinergie e complementarità?

3.4. Quali sono le nuove possibilità di cooperazione tra le regioni, sia all'interno che all'esterno dell'UE?

[1] Nel periodo 200-2006, cinque fondi hanno contribuito alla politica di coesione: il FESR, il FSE, il Fondo di Coesione, il FEAOG Orientamento e lo SFOP. Nel periodo attuale 2007-2013, tre fondi contribuiscono a questa politica: il FESR, il FSE e il Fondo di Coesione. La presente relazione mette l'accento sul contributo del FESR, del FSE e del Fondo di Coesione alla politica di coesione. Attualmente, il vecchio FEAOG Orientamento è stato assorbito dal Fondo di Sviluppo Rurale, che contribuisce anch'esso alla coesione economica e sociale.

[2] Il Fondo di Sviluppo Rurale ha un importante ruolo da svolgere nel raccogliere tali sfide: Si veda la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull'occupazione nelle zone rurali: Colmare il divario occupazionale – COM(2006) 857 del 21.12.2006.