52006DC0770

Relazione della Commissione a norma dell’articolo 9 della decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali {SEC(2006) 1591} /* COM/2006/0770 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 6.12.2006

COM(2006) 770 definitivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

a norma dell’articolo 9 della decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali {SEC(2006) 1591}

INDICE

1. Introduzione 3

1.1. Contesto 3

2. Metodo e criteri di valutazione della conformità della legislazione degli Stati membri con la decisione quadro 4

2.1. Criteri di valutazione 4

2.2. Contesto della valutazione 5

2.3. Finalità generale della relazione 6

3. VALUTAZIONE 6

4. CONCLUSIONI 8

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

a norma dell’articolo 9 della decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali

1. INTRODUZIONE

1.1. Contesto

A norma dell’articolo 9, paragrafo 2, della decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali (di seguito “la decisione quadro”) la Commissione è tenuta a presentare una relazione scritta sulle misure prese dagli Stati membri per conformarsi alla decisione quadro[1].

Il paragrafo 1 del citato articolo fa obbligo agli Stati membri di adottare le misure necessarie per conformarsi alla decisione quadro entro il 5 dicembre 2004. A norma del paragrafo 2, entro gli stessi termini, gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni di recepimento nell’ordinamento nazionale degli obblighi che incombono loro in virtù della decisione quadro. Sulla base di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina entro il 5 giugno 2005 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla decisione quadro. Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, nonché il Regno Unito e l’Irlanda, occorre tener conto del fatto che la decisione quadro costituisce uno sviluppo dell’acquis di Schengen. Pertanto, il rispetto della decisione quadro da parte dell'Islanda e della Norvegia è valutato secondo una specifica procedura concordata con tali Stati. La Norvegia ha comunicato che sono stati adempiuti gli obblighi costituzionali a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), dell’accordo e della summenzionata direttiva del Consiglio e pertanto la decisione quadro del Consiglio può diventare vincolante per la Norvegia. La Norvegia, tuttavia, non ha ancora trasmesso alla Commissione il testo delle pertinenti disposizioni nazionali.

La validità della presente relazione dipende pertanto in larga misura dalla qualità e dalla puntualità delle informazioni nazionali che sono pervenute alla Commissione. La Commissione ha ricordato agli Stati membri i loro obblighi con una lettera inviata il 7 dicembre 2004.

Entro la fine di marzo 2006, tuttavia, la Commissione non aveva ancora ricevuto informazioni sull’attuazione della decisione quadro da parte di cinque Stati membri, cioè Austria, Cipro, Grecia, Lussemburgo e Portogallo. Le informazioni trasmesse da quattro Stati membri - Estonia, Malta, Spagna e Svezia – erano puramente introduttive o non sufficientemente specifiche, e non costituiscono quindi una base adeguata per una valutazione approfondita.

Malgrado il termine per trasmettere il testo delle disposizioni attuative fosse il 5 dicembre 2004, nella relazione si è tenuto conto il più possibile delle informazioni fornite fino al marzo 2006.

Un documento di lavoro della Commissione, allegato alla presente relazione, contiene un’analisi dettagliata delle misure adottate dagli Stati membri per conformarsi alla decisione quadro.

L’Irlanda ha comunicato che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, della decisione 2002/192/CE, avrebbe proceduto all’attuazione delle misure basate sull’acquis di Schengen quando l’acquis fosse stato attuato in virtù di una decisione a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale decisione. Su tale base, la decisione quadro del novembre 2002 (2002/946/GAI) non deve ancora essere attuata dall’Irlanda. Il Regno Unito, invece, ha trasmesso le informazioni relative all’attuazione della decisione quadro.

2. METODO E CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ DELLA LEGISLAZIONE DEGLI STATI MEMBRI CON LA DECISIONE QUADRO

La decisione quadro si basa sul trattato dell'Unione europea (TUE) ed in particolare sull'articolo 29, sull’articolo 31, lettera e), e sull'articolo 34, paragrafo 2, lettera b) dello stesso.

La direttiva è lo strumento normativo che si può meglio paragonare alla decisione quadro[2]. Entrambi gli strumenti normativi sono vincolanti per gli Stati membri sotto il profilo dei risultati da ottenere ma lasciano alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi. Le decisioni quadro non comportano tuttavia effetti diretti. La Commissione non può adire la Corte di Giustizia – per lo meno allo stato attuale dello sviluppo del diritto europeo – per imporre il recepimento di una decisione quadro. L'esercizio di tale diritto richiede solide basi concrete che la presente relazione della Commissione può contribuire a stabilire.

2.1. Criteri di valutazione

Per valutare sulla base di criteri oggettivi se una decisione quadro è stata pienamente attuata da uno Stato membro, si devono applicare, con i dovuti adattamenti, alle decisioni quadro alcuni criteri generali inizialmente elaborati per le direttive. Tali criteri sono, ad esempio:

1. la forma ed i mezzi di attuazione dei risultati da conseguire devono essere scelti in modo da garantire l'efficace funzionamento della direttiva rispetto alle finalità che l'hanno ispirata[3];

2. ciascuno Stato membro è tenuto a adottare modalità di attuazione pienamente rispondenti alle esigenze di chiarezza e certezza del diritto e che assicurino di conseguenza che la direttiva sia recepita in norme interne di natura cogente[4] ,

3. il recepimento nell'ordinamento nazionale non richiede necessariamente che l'atto da applicare sia formulato in modo identico a quello della direttiva. Pertanto, ad esempio, idonee misure preesistenti possono essere sufficienti, sempre che la piena applicazione della direttiva sia garantita in maniera sufficientemente chiara e precisa[5];

4. se è previsto un limite temporale, il recepimento va completato entro il termine prescritto.[6]

Entrambi gli strumenti sono vincolanti sotto il profilo dei risultati da raggiungere. Ciò potrebbe essere definito come una situazione di fatto o di diritto che garantisce il rispetto dell’interesse che lo strumento deve tutelare in conformità al trattato[7] .

La valutazione generale della misura in cui gli Stati membri si sono conformati alla decisione quadro è, per quanto possibile, basata sui criteri sopra illustrati.

2.2. Contesto della valutazione

Una considerazione preliminare riguarda il contesto giuridico ed il seguito da dare alla relazione di valutazione. Come già indicato, a norma del trattato UE la Commissione non ha facoltà di avviare una procedura per inadempimento contro gli Stati membri. Malgrado ciò la valutazione giuridica svolta dalla Commissione in merito alle decisioni quadro e alle direttive che impongono agli Stati membri obiettivi della stessa natura sono basate sullo stesso principio e sugli stessi metodi.

Una seconda osservazione preliminare riguarda la natura specifica del settore disciplinato. La decisione quadro, che fa parte degli strumenti adottati per combattere l'immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, mira a rafforzare il quadro penale per reprimere il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali. Essa integra la direttiva 2002/90/CE[8] (di seguito “la direttiva”), che non è oggetto della presente relazione ma verrà sottoposta a una valutazione separata.

Per quanto riguarda le sanzioni, la decisione quadro impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché gli illeciti definiti nella direttiva siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, che possono comportare l'estradizione[9]. Tali sanzioni possono essere accompagnate dalla confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, o dal divieto di esercitare direttamente o per interposta persona l'attività professionale esercitata in occasione della commissione del reato, o dall’espulsione. Inoltre, le sanzioni prevedono pene privative della libertà, il cui massimo non può essere inferiore a 8 anni, se gli illeciti sono perpetrati a scopo di lucro e sono commessi da un'organizzazione criminale o la commissione del reato mette in pericolo la vita delle persone che ne sono vittime.

Il 13 settembre 2005 la Corte di giustizia europea ha annullato la decisione quadro del Consiglio relativa alla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale perché tale strumento è stato adottato al di fuori della cornice normativa della Comunità europea (causa C-176/03), cioè violando le competenze comunitarie. La sentenza chiarisce la ripartizione dei poteri tra la Comunità e l’Unione relativamente alle disposizioni di carattere penale. Sarà effettuata una valutazione dell’impatto e delle possibili carenze del cosiddetto “pacchetto dei facilitatori”, comprendente la direttiva 2002/90/CE e la decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, che, oltre ad accertare se sia necessario migliorare il contenuto di tale normativa, terrà conto dell’impatto della sentenza, nella prospettiva di sostituire detti strumenti con un’unica direttiva.

2.3. Finalità generale della relazione

La presente relazione valuta la misura in cui gli Stati membri rispettano la decisione quadro.

3. VALUTAZIONE

Obiettivo della decisione quadro è il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore della lotta all’immigrazione clandestina per prevenire e punire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

Inoltre, ha introdotto misure volte a combattere l'attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, tanto correlata all'attraversamento illegale della frontiera in senso stretto, quanto perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani. In questo contesto, si è considerato essenziale procedere al ravvicinamento delle disposizioni giuridiche vigenti, per quanto riguarda in particolare, da un lato, la definizione precisa dell'illecito e delle relative circostanze esimenti oggetto della direttiva del Consiglio e, dall'altro, le regole minime per le sanzioni previste, la responsabilità delle persone giuridiche e la competenza giurisdizionale, oggetto della decisione quadro.

Tuttavia, le informazioni ricevute dalla Commissione variano in misura considerevole, in particolare in termini di completezza. Tale aspetto risulta evidente nell’allegato alla presente relazione, che contiene le informazioni fornite dagli Stati membri. Infatti, non tutti gli Stati membri hanno tempestivamente trasmesso alla Commissione tutti i testi delle disposizioni di recepimento pertinenti. La valutazione fattuale e le conclusioni che ne conseguono si basano quindi, talvolta, su informazioni incomplete.

Articolo 1: Sanzioni

Gli Stati membri sono tenuti a prendere le misure necessarie affinché gli illeciti definiti dalla direttiva in materia di favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive (in particolare pene privative della libertà), che possono comportare l'estradizione e, ove opportuno, altre sanzioni. Ciò significa in particolare che gli Stati membri sono tenuti a rispettare le definizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) (assistenza intenzionale ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro) e all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b) (assistenza intenzionale, a scopo di lucro, a soggiornare illegalmente nel territorio di uno Stato membro). Occorre tuttavia tener conto dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva, che consente agli Stati membri di decidere di non adottare sanzioni riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), nei casi in cui essi abbiano lo scopo di prestare assistenza umanitaria alla persona interessata.

Nella maggior parte delle disposizioni notificate il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali, cioè l’assistenza intenzionale ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro o, a scopo di lucro, a soggiornare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato, è punibile dalla legge penale. Lo stesso vale per quanto riguarda istigazione, concorso e tentativo. È prevista una notevole varietà di sanzioni, che vanno da sanzioni minime alla detenzione fino a un massimo di 15 anni come pena massima in presenza di circostanze aggravanti. Questo, tuttavia, non è contrario alla decisione quadro, che prevede solamente un’approssimazione minima.

Inoltre, malgrado non si tratti di un obbligo della decisione quadro, ma solo di un’opzione, la maggior parte degli Stati membri può optare disposizioni che prevedono la confisca del mezzo di trasporto e il divieto di esercitare determinate professioni o attività, nonché l’espulsione.

La maggior parte delle disposizioni notificate stabilisce che, in conformità con l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro, gli illeciti commessi a scopo di lucro o nel quadro di attività di un’organizzazione criminale o mettendo in pericolo la vita delle persone oggetto del traffico sono considerati aggravati, con la previsione di sanzioni severe. Si tratta in questo caso di un obbligo previsto dalla decisione quadro.

Articoli 2 e 3: Responsabilità e sanzioni per le persone giuridiche

La decisione quadro introduce, in parallelo a quella delle persone fisiche, la nozione di responsabilità delle persone giuridiche, imponendo agli Stati membri di garantire che le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui agli articoli 1 e 2 perpetrati per loro conto da qualsiasi persona che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica in cui detenga una posizione dominante. Non occorre che detta responsabilità sia esclusivamente di natura penale. Le sanzioni applicabili alle persone giuridiche devono essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”.

Esaminando le informazioni sugli ordinamenti nazionali trasmesse alla Commissione, risulta che le disposizioni della maggior parte degli Stati membri prevedono la possibilità di imporre sanzioni contro le persone giuridiche almeno con misure di natura amministrativa.

Le legislazioni della Repubblica ceca, della Lettonia e della Repubblica slovacca non prevedono che le persone giuridiche possano essere considerate responsabili per reati penali.

Articolo 4: Giurisdizione

L’articolo 4 della decisione quadro precisa i casi in cui gli Stati membri sono tenuti a definire la propria competenza giurisdizionale in merito agli illeciti di cui all'articolo 1. La regola principale è il principio della territorialità, secondo il quale ciascuno Stato membro è tenuto a dichiarare competente la propria giurisdizione per gli illeciti commessi totalmente o parzialmente nel suo territorio. Tutti gli Stati membri che hanno trasmesso le informazioni rispettano tale principio.

Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a dichiarare la propria giurisdizione per illeciti commessi da un loro cittadino o per conto di una persona giuridica stabilita nel loro territorio, a meno che non decidano di avvalersi delle clausole di non applicabilità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, conformemente con i requisiti procedurali di cui all’articolo 4, paragrafo 3. Finora alla Commissione non risulta che gli Stati membri abbiano inviato al Segretario generale del Consiglio informazioni a norma dell’articolo 4, paragrafo 3.

Articolo 5: Estradizione e azione penale

Tale articolo è stato ampiamente superato dalla decisione quadro relativa al mandato di arresto europeo[10]. Per l’ulteriore applicabilità dell’articolo 5 è necessaria un’analisi approfondita del mandato d’arresto europeo, ad esempio dell’articolo 33, e dei conseguenti problemi attuativi (ad esempio per l’annullamento delle norme di recepimento in uno degli Stati membri) e tale problema sarà quindi trattato nel contesto degli ulteriori sviluppi in merito al mandato d'arresto europeo.

Articolo 6: Diritto internazionale dei rifugiati

La carenza di informazioni fornite dagli Stati membri non consente alla Commissione di pronunciarsi sull'attuazione di dette disposizioni. Alla Commissione, tuttavia, non risultano violazioni del diritto internazionale dei rifugiati attribuibili all'attuazione della decisione quadro.

Articolo 7: Comunicazione di informazioni tra gli Stati membri

In generale, gli Stati membri non hanno fornito informazioni sull’attuazione dell’articolo 7, ad eccezione del Regno Unito, del Belgio, della Lettonia e della Danimarca.

Articolo 8: Applicazione territoriale

Tale articolo prevede che la decisione quadro sia applicabile a Gibilterra. Il Regno Unito ha trasmesso pertanto informazioni specifiche sul recepimento a Gibilterra.

4. CONCLUSIONI

Non tutti gli Stati membri hanno trasmesso alla Commissione entro i termini tutti i testi delle disposizioni di recepimento pertinenti. Alla fine di marzo 2006 la Commissione non aveva ricevuto informazioni da cinque Stati membri in merito all’attuazione della decisione quadro. Si tratta di Austria, Cipro, Grecia, Lussemburgo e Portogallo. Estonia, Malta, Spagna e Svezia hanno trasmesso solo informazioni introduttive o non specifiche, che non hanno fornito una base adeguata per una valutazione approfondita.

La valutazione fattuale e le conclusioni che ne conseguono si basano quindi, talvolta, su informazioni incomplete.

Da un lato, una delle conseguenze della decisione quadro è che nella maggioranza degli Stati membri esistono norme penali che prevedono sanzioni per il favoreggiamento del transito e del soggiorno illegali. Tuttavia, il ventaglio di queste sanzioni appare ancora troppo vasto; pertanto, sarebbe forse opportuno riflettere sull’opportunità di elaborare uno strumento comunitario con un livello più elevato di armonizzazione. Sembra inoltre che le norme penali di alcuni Stati membri (ad esempio la Spagna e i Paesi Bassi) non differenzino in modo chiaro fra tratta di esseri umani e traffico di migranti. Le due decisioni quadro destinate a lottare contro queste forme di criminalità si basano su definizioni diverse che sembrano escludere che le stesse norme penali possano riferirsi a entrambe le fattispecie di reato. Sorgono pertanto dubbi sulla corretta attuazione e applicazione della pertinente decisione quadro se non si differenzia fra tratta di esseri umani e traffico di migranti.

Inoltre, la Commissione non è stata in grado di ottenere dati statistici sull’incidenza pratica della decisione quadro nei confronti dell’immigrazione clandestina. In tale contesto, nel 2006/2007 la Commissione procederà a una valutazione maggiormente basata sulla pratica del cosiddetto “pacchetto dei facilitatori”, comprendente la decisione quadro e la direttiva 2002/90/CE, nella previsione tra l’altro di trasformare detti atti in un’unica direttiva, dopo la sentenza della Corte di giustizia europea nella causa C-176/03.

Questi primi strumenti a livello UE sul favoreggiamento illecito dell'ingresso e soggiorno illegali dovrebbero essere affiancati da misure che affrontano in maniera specifica l'occupazione dei cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, dal momento che la possibilità di trovare un'occupazione irregolare è un importante fattore di attrazione per l'immigrazione illegale nell'Unione europea. La Commissione proporrà quindi, nella prima metà del 2007, norme cogenti sulle sanzioni per i datori di lavoro che offrono lavoro ai cittadini di paesi terzi in posizione irregolare.

La Commissione sottolinea l’importanza di una relazione armoniosa tra le disposizioni penali applicabili e la protezione dei profughi e dei richiedenti asilo. La Commissione sottolinea inoltre l’utilità di una cooperazione continua, che preveda in particolare la comunicazione delle informazioni pertinenti tra gli Stati membri. A tal fine potrebbero tuttavia rendersi necessarie ulteriori valutazioni basate su informazioni più affidabili.

[1] GU L 328 del 5 dicembre 2002, pag. 1.

[2] Articolo 249 del trattato CE.

[3] Cfr. la giurisprudenza in materia di attuazione delle direttive: causa 48/75 Royer, Raccolta 1976, pag. 497.

[4] Cfr. la giurisprudenza in materia di attuazione delle direttive: Causa 239/85 Commissione v. Belgio Racc. [1986] da pag. 3645 a pag. 3659. Cfr. anche Causa 300/81 Commissione v. Italia Racc. [1983], da pag. 449 a pag. 456.

[5] Cfr. la giurisprudenza in materia di attuazione delle direttive: Causa 29/84 Commissione v. Germania Racc. [1985] da pag. 1661 a pag. 1673.

[6] Cfr. l’abbondante giurisprudenza sull’attuazione delle direttive, ad esempio: causa 52/75 Commissione/Italia, Racc. [1976] da pag. 277 a pag. 284. Cfr., in generale, le relazioni annuali della Commissione sul monitoraggio dell’applicazione del diritto comunitario, ad esempio COM (2001) 309 def.

[7] Cfr. PJG Kapteyn e P. Verloren van Themaat “Introduction to the Law of the European Communities”, terza edizione, 1998, pag. 328.

[8] GU L 328/1 del 5.12.2002, pag. 17.

[9] In sostanza, ciò significa che gli Stati membri dovrebbero prevedere una pena privativa della libertà per un massimo di almeno un anno.

[10] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.