14.10.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 255/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I distretti industriali europei verso le nuove reti del sapere

(2005/C 255/01)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 1o luglio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema I distretti industriali europei verso le nuove reti del sapere.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 marzo 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEZZINI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 6 aprile 2005, nel corso della 416a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

La tematica dei distretti è stata oggetto, soprattutto negli ultimi quindici anni, di un'ampia riflessione, a tutti i livelli e in tutti i paesi industrializzati. Anche i paesi in via di sviluppo e i paesi partner mediterranei hanno cercato di imitare l'organizzazione distrettuale che si era consolidata in molti paesi europei per dare maggiore sviluppo alla loro organizzazione imprenditoriale.

1.2

Inoltre, gli studi effettuati sui distretti hanno messo in evidenza il loro apporto positivo alla politica dell'occupazione e hanno permesso di individuare molte buone pratiche (1), in tema di «Responsabilità sociale delle imprese», messe in opera anche molti anni prima della pubblicazione da parte della Commissione del suo Libro verde (2).

1.3

Nel frattempo, i nuovi fenomeni economici e sociali e le nuove reti del sapere hanno modificato i tradizionali legami dei distretti, orientando i sistemi produttivi verso i metadistretti (3) e verso la necessità del collegamento in rete delle realtà economiche.

1.4

Nella necessità di arrivare ad una sintesi, data la vastità dell'argomento, il parere di iniziativa si sofferma sui seguenti temi:

par. 2. Definizioni e problematiche aperte

par. 3. Dai distretti ai metadistretti europei del sapere

par. 4. La situazione dei distretti in America e a livello internazionale

par. 5. La situazione attuale e gli strumenti esistenti nell'Unione europea

par. 6. Verso un nuovo approccio strategico delle politiche UE per i distretti del sapere

par. 7. Raccomandazioni conclusive.

1.5

L'obiettivo della presente proposta di parere di iniziativa sulle nuove reti europee di distretti intelligenti (4) è quello di:

effettuare un'analisi delle realtà dei distretti industriali, dei distretti tecnologici e dei metadistretti esistenti,

verificare le condizioni di successo per lo sviluppo di nuove realtà distrettuali e analizzare le loro potenzialità in relazione alla strategia di Lisbona, nell'attuale UE a 25 e nella futura UE a 28,

porre le basi per una politica integrata europea a favore di nuove reti europee di distretti della conoscenza (knowledge-based) e di metadistretti,

evidenziare gli strumenti necessari per realizzare tale politica, valutare i distretti esistenti e suggerire le eventuali modifiche e innovazioni,

individuare le condizioni di base per la nascita di una vera e propria piattaforma (5) europea di riferimento per le nuove reti europee di distretti della conoscenza nell'UE a 25,

contribuire alla creazione di nuovi e migliori posti di lavoro.

1.6

Il Comitato economico e sociale europeo ha avuto modo, a più riprese, di sottolineare l'impegno assunto dal Consiglio europeo quando ha definito come obiettivo centrale della strategia di Lisbona quello di diventare«l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo» in grado di realizzare una crescita economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

1.6.1

Si conviene ormai che le strategie di crescita devono essere sempre più fondate sulla capacità di:

integrare al meglio le diverse politiche di sviluppo,

intensificare il partenariato sociale, per garantire una migliore evoluzione del lavoro e quindi migliorare le dinamiche del distretto,

rafforzare l'interscambio tra la ricerca ad alto contenuto tecnologico e lo sviluppo industriale territoriale,

raggiungere un'elevata massa critica tra l'industria, le istituzioni di alta formazione e ricerca, le PMI avanzate, le risorse professionali qualificate, le attività finanziarie e di servizi, il venture capital e i decisori pubblici e privati,

accelerare lo sviluppo di sistemi produttivi e distributivi in reti europee permanenti basate sulla conoscenza, sulle capacità di interscambio di informazioni e know-how e su adeguate capacità di assorbimento, arricchimento e ritrasmissione delle stesse.

1.7

Ad oltre quattro anni dal lancio della strategia di Lisbona, non vi è chi non veda che i passi avanti realizzati per dare concretezza ai suoi obiettivi e rispondere compiutamente al processo da essa auspicato sono piuttosto deludenti. Lo stesso rapporto del gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona, presieduto da Wim KOK, conclude che «the disappointing delivery of the strategy has been due primarily to a lack of determined political action » aggiungendo altresì che «the agenda has been overloaded, coordination has been poor and there have been conflicting priorities»  (6).

1.8

Al Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004, lo stesso Presidente della Commissione europea ha avuto modo di sottolineare che il rapporto KOK «fornisce una valutazione realistica, ma allarmante, dei progressi registrati e mostra che noi dobbiamo agire ora per recuperare il tempo perduto»  (7). In particolare, sottolinea la necessità di «focalizzare maggiormente le priorità, monitorare i progressi e assumerci più grandi responsabilità per il seguito da dare ad essi»  (8). Sullo stesso tema si è pronunciato anche il Comitato nel suo parere adottato di recente (9).

1.9

Il riposizionamento delle priorità nell'ambito della strategia di Lisbona dovrebbe, a parere del Comitato, vedere nei distretti industriali e nel loro sviluppo uno degli elementi chiave per la creazione di nuova conoscenza, nonché e soprattutto di una nuova e migliore occupazione da conseguire sfruttando le notevoli opportunità offerte dalle reti, che sono in grado di sviluppare molteplici interazioni tra il sapere codificato della ricerca e il «sapere tacito» (10), che pervade e si incarna nei sistemi produttivi e distributivi.

1.10

La promozione delle azioni a livello locale e la capacità di metterle in rete per realizzare la strategia di Lisbona risultano essenziali per incoraggiare, da una parte, la creazione e lo sviluppo di imprese innovative in tutto il territorio dell'Unione, e soprattutto negli Stati membri di nuova adesione, dall'altra, per rafforzarne le possibilità di incontro e di collaborazione, in uno spirito di più forte coesione economica e sociale.

1.11

Il nuovo «distretto tecnologico aperto» consente l'integrazione e messa in rete di tutti i soggetti che operano in una determinata area con quelli di altre aree.

1.12

A livello concreto, le reti europee di distretti tecnologici aperti si rivelano essenziali per il conseguimento degli obiettivi seguenti:

una migliore qualità del lavoro e, quindi, la crescita dell'uomo nel lavoro, grazie ad una sua maggiore responsabilità, a un più forte coinvolgimento e a una nuova maturità culturale,

la diffusione di tecnologie e di saperi e l'accelerazione delle loro applicazioni innovative in termini di successo di mercato,

una migliore e più qualificata occupazione e lo stimolo a generare nuovi e diversificati profili professionali,

una più elevata sensibilità verso la preservazione e la tutela dell'ambiente e del territorio in cui i distretti operano, oltre che la definizione dei mezzi più adeguati per realizzare la sostenibilità nei suoi tre aspetti: sociale, economico e ambientale,

una accresciuta coesione economica e sociale ed una migliore governance del territorio: lo scopo è quello di codificare regole e linguaggi comuni e di giungere ad un tipo di comunità che evolve in un ciclo permanente di mutuo apprendimento,

il consolidamento e lo sviluppo di reti permanenti di comunicazione e di collaborazione funzionale che colleghino tra di loro le imprese, i lavoratori, gli inventori, le comunità, le istituzioni pubbliche e private, il mondo finanziario, il mondo universitario ed educativo, i sistemi commerciali e di marketing e molti altri attori dello sviluppo regionale,

il rafforzamento della propensione dei giovani verso la libera iniziativa e lo spirito imprenditoriale,

lo sviluppo armonioso e competitivo del tessuto industriale e distributivo della nuova Europa allargata e l'accelerazione della sua piena integrazione in un nuovo grande mercato unico.

1.13

In un contesto come quello attuale di crescente globalizzazione dell'economia mondiale, lo sviluppo dell'Europa della conoscenza ha consistenti ripercussioni sugli assetti nazionali, regionali e locali, come anche sugli equilibri internazionali. Tali ripercussioni si intendono in termini di acquisizione e di applicazione in tempi rapidi, delle nuove tecnologie, di reperimento a livello internazionale di risorse umane qualificate e infine di possibilità di organizzare in modo decentrato il processo produttivo e distributivo, pur mantenendolo compatto e flessibile e con elevati standard di qualità.

1.14

Nel contesto economico produttivo e, in particolare, nella realtà economica distrettuale, i fenomeni di globalizzazione e la quasi contemporanea comparsa e sviluppo delle tecnologie di rete hanno portato mutamenti di breve, medio e lungo periodo.

1.15

Le realtà distrettuali attuali hanno già accentuato le dinamiche di apertura verso nuovi mercati e assecondato i più recenti mutamenti politici, che si sono tra l'altro tradotti in sempre più frequenti azioni di delocalizzazione delle attività manifatturiere, favorite dalle particolari condizioni ambientali di alcuni paesi e supportate dal crescente livello di informatizzazione.

1.16

In media, il 50 % della produzione dei distretti nell'UE a 25 è destinata all'estero. La struttura industriale del distretto è dunque già internazionalizzata e il suo orizzonte di riferimento per la vendita è in sempre più larga misura il mercato internazionale.

1.17

Occorre passare dalla fase di internazionalizzazione alla fase di globalizzazione:

il processo di globalizzazione, al di là dei riferimenti di sbocco della produzione sui mercati esteri, deve coinvolgere le diverse fasi del processo produttivo,

è necessario potenziare, per supportare le politiche di penetrazione e di eventuale partnership, il sistema di reperimento di informazioni, sui mercati tradizionali e su quelli nuovi, in merito ai possibili partner esteri e alle potenzialità dei territori al di là delle attuali frontiere,

occorre diversificare l'«estero», sia sul piano dei luoghi di produzione che su quello dei luoghi di vendita, istituendo anche strategie di networking e co-business per coinvolgere gli altri ambiti operativi e le loro peculiarità. Questo va fatto non solo dal punto di vista degli affari ma anche e soprattutto da quello delle fonti di innovazione, di ricerca e delle nuove progettazioni e concezioni, e sempre tenendo conto degli aspetti industriali, finanziari, organizzativi e formativi,

è essenziale valorizzare al massimo le identità culturali delle singole realtà, così da trarre il massimo profitto dalla loro integrazione e messa in rete a livello europeo,

diventa imperativo, per affrontare le nuove sfide della competitività, sviluppare la formazione permanente e i nuovi skill professionali (11).

1.18

L'allargamento dei confini geografici, spinto dai vantaggi economici e reso possibile dal supporto tecnologico, ha allentato i legami di contiguità territoriale che caratterizzavano in origine il distretto industriale e su cui questo basava la sua forza. Questo ha portato all'emergere di aziende leader i cui riferimenti, in termini di mercati sia di sbocco che di fornitura, sono passati da una logica territoriale a una virtuale, basata essenzialmente su strategie di convenienza economica.

1.19

Attualmente, i distretti industriali europei si trovano al centro di un'attenzione particolare perché attraversano una fase molto delicata. Essi devono infatti far fronte a due ordini di problemi:

l'apertura e la concorrenza dei nuovi mercati (di questi, i paesi asiatici sono i più insidiosi),

la necessità di riorganizzare e rinnovare, anche con l'apporto delle nuove tecnologie e delle nuove conoscenze tacite o codificate, le relazioni tra le imprese.

1.20

La nuova configurazione dei modelli competitivi sul mercato globale impone forti cambiamenti. Le nuove piattaforme integrate e i contesti reticolari devono affrontare i temi relativi a ricerca e innovazione, progettazione dei nuovi prodotti e dei processi produttivi, gestione delle nuove risorse umane più qualificate e dei nuovi materiali, promozione e marketing, finanza e credito, logistica e cura del mercato e dei servizi dedicati al cliente.

1.21

A livello internazionale, il paese più fortemente marcato dalle esperienze di distretti e clusters industriali è il continente nordamericano, dove queste sono andate moltiplicandosi dalla costa del Pacifico alla costa orientale, passando per la Silicon Valley, i San Diego Industrial Clusters e la Route 128. Anche se diversificati, in relazione ai diversi stadi di sviluppo industriale, nell'America Latina troviamo dei distretti in Messico (Guadalajara Cluster), in Brasile (Sinos Valley) e in Uruguay (Meat Cluster) — mentre per quanto riguarda l'Asia sono state compiute significative esperienze in India (Agra Cluster, Tiruppur Cluster, Ludhiana Cluster), in Pakistan (Sialkot Cluster), nella Corea del Sud (Consumer Microelectronics Assembly Cluster) e in Indonesia (Central Java Cluster). Il fenomeno dei distretti ha raggiunto persino l'Africa: se ne trovano infatti un certo numero anche in alcuni paesi dell'Africa subsahariana.

1.22

In Europa, oltre alle esperienze italiane che si contano ormai a decine, le più significative sono quelle francesi, che hanno portato alla fondazione nel 1998 del Club dei Districts Industriels Français, e quelle tedesche, concretizzatesi nelle oltre 50 Raumordnungsregionen e nell'iniziativa particolarmente significativa del Baden-Württemberg. Di notevole importanza sono anche le esperienze britanniche (si veda in particolare il Cambridge High-Tech Cluster, il Motor Sport Cluster di Birmingham o quelli della Scozia e di altre regioni). In Scandinavia, la scuola nordica ha maturato numerose esperienze positive, caratterizzate dall'importanza attribuita all'apprendimento come elemento fondamentale per lo sviluppo, facilitato dalla prossimità. Nei nuovi Stati membri vi sono esperienze significative nelle realtà regionali di vari paesi come ad esempio la Repubblica ceca, l'Ungheria, la Polonia, la Slovenia, Malta e i Paesi baltici.

2.   Definizioni e problematiche aperte

2.1

Dare una definizione univoca di una realtà distrettuale così variegata, dinamica e diversificata a livello mondiale non è una questione semplice.

2.2

In effetti i distretti industriali si possono definire, in termini generali, come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da una forte concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione, e da un'elevata specializzazione produttiva.

2.3

Il rapporto finale del gruppo di esperti della Commissione europea — Direzione generale Imprese, su Entreprise Clusters and Networks  (12), definisce i distretti come:

«groups of independent companies and associated institutions that are:

collaborating and competing,

geographically concentrated in one or several regions, even though the cluster may have global extensions,

specialized in a particular field, linked by common technologies and skills,

either science-based or traditional,

clusters can be either institutionalized (they have a proper cluster manager) or non-institutionalized,

the cluster has a positive influence on: innovation and competitiveness; skill formation and information; growth and long-term business dynamics.»

2.3.1

Nel corso degli ultimi decenni i distretti nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, si sono sviluppati in maniera largamente autonoma, concentrando le loro attività su settori specifici, nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti. La necessità di soddisfare standard sempre più rigorosi in termini di qualità e di sicurezza ha poi condotto le aziende dei distretti a concentrare la loro attenzione su nicchie di mercato sempre più definite, come è testimoniato dall'alto grado di qualità dei loro prodotti.

2.4

I distretti non sono semplicemente dei complessi di imprese, magari specializzate e localizzate in un territorio, ma sono insiemi di imprese che operano attraverso giochi di squadra: all'interno di tali insiemi si coopera sui progetti e si compete sugli stessi, mentre il territorio, lungi dal costituire un semplice sfondo all'interno del quale le imprese operano e producono, rappresenta una reale infrastruttura di integrazione sociale, economica, e dei cicli produttivi. In sostanza, il luogo nel quale si sono depositate le tradizioni produttive e le conoscenze pratiche.

2.5

La velocizzazione della trasmissione delle informazioni e la possibilità di esplorare in tempi ridotti l'intero panorama dell'offerta hanno da un lato aiutato e dall'altro costretto l'impresa ad adeguarsi. Gli equilibri distrettuali sono mutati. L'emergere e l'affermarsi dei nuovi paradigmi tecnologici hanno coinvolto l'intera organizzazione produttiva con riflessi sulle figure professionali, sull'organizzazione del lavoro, sulla valorizzazione dei lavoratori e sulle aree di espansione.

2.6

Sempre più spesso i distretti sono collegati e integrati con centri di servizi specializzati, scuole di formazione professionale, università, parchi tecnologici e centri di ricerca, presenti sul territorio. La qualità del prodotto fornito, fattore vitale per la sopravvivenza delle imprese del distretto, è infatti basata principalmente sulla capacità di queste ultime di coniugare al meglio le tradizioni produttive già consolidate e le esigenze di innovazione e specializzazione espresse o percepite dal mercato.

2.7

L'internazionalizzazione produttiva richiede sempre più spesso alle imprese sforzi di investimento, che vanno assumendo i contorni di una rete transnazionale. Anche le PMI, come le grandi multinazionali, devono poter contare, nel caso in cui la rete sulla quale intendono costruire il proprio vantaggio competitivo superi l'ambito locale, su infrastrutture tecnologiche adeguate in grado di far loro condividere ed elaborare le conoscenze, e su una mano d'opera responsabile e motivata.

2.8

La crescente integrazione dei mercati, se da un lato tende a penalizzare le imprese, abituate ad operare in mercati ristretti, offre per altri aspetti grandi opportunità di nuovi sbocchi di mercato, soprattutto per le PMI più dinamiche. Non necessariamente, infatti, i grandi cambiamenti tecnologici rappresentano un fattore di selezione a vantaggio delle grandi imprese. Spesso la net economy consente di neutralizzare fattori come la dislocazione geografica o la disponibilità di una autonoma rete di distribuzione, annullando in tal modo alcuni degli elementi storici di debolezza delle PMI. Occorre però che queste ultime siano poste nella condizione di sfruttare pienamente le opportunità che lo sviluppo tecnologico può offrire, grazie anche all'aiuto di Centri di assistenza e di servizi.

2.9

Grazie alla rete le diverse motivazioni che stavano alla base dei vincoli di ordine geografico sono state parzialmente superate. Caratteristiche un tempo essenziali, come quelle dello scambio veloce di informazioni o della possibilità di controllo, che prima erano subordinate ad una riduzione dei tempi di percorrenza, sono ormai garantite dalle connessioni informatiche.

2.10

Benché si siano allargate, e di molto, le opportunità e le attività possibili, la sfida che la rete non riesce ancora a vincere è quella del rapporto interpersonale. Il «face to face», fatto di conoscenza ed esperienza, rimane per il momento insostituibile. Il rapporto fiduciario, che si instaura tra i soggetti, resta ancora indispensabile, anche se la rete ha parzialmente annullato le distanze geografiche, destrutturando il distretto, le cui aziende operano sempre più con soggetti extradistrettuali, spesso in nazioni diverse.

3.   Dai distretti ai metadistretti europei del sapere

3.1

I distretti industriali tradizionali sono stati sempre più spesso affiancati, e talvolta sostituiti, dai metadistretti: questi ultimi si possono definire, rispetto ai distretti classici, come piattaforme industriali integrate, nelle quali i soggetti di filiera tecnologica si espandono per assorbire nuovi luoghi di elaborazione cognitiva e di ricerca applicata e, superando il concetto di appartenenza territoriale, elaborano sistemi produttivi e distributivi che fanno capo a valori e strategie comuni.

3.2

Il metadistretto permette di svolgere le diverse fasi in luoghi geograficamente lontani, scelti sulla base dell'economicità e delle opportunità locali: per questo, pur mantenendo inalterati i livelli di produttività e, specie per quelle di manufacturing, le garanzie di idoneità, attraverso un processo di learning-by-interaction , permette il passaggio da un approccio basato sull'adeguamento ad uno di tipo proattivo.

3.3

Con l'evolversi verso i metadistretti, il distretto dovrà sempre più essere un laboratorio di conoscenze. Le politiche necessarie per sostenere il riposizionamemto del distretto, all'interno delle logiche globali, devono essere condotte sia dalle istituzioni pubbliche, e in particolare dagli enti locali e territoriali, sia e principalmente dalle aziende e devono riguardare le risorse umane e il grado di innovazione in un processo che assicuri il pieno coinvolgimento dei quadri pubblici e privati.

3.4

I metadistretti mettono maggiormente in rete le imprese piccole, medie e grandi, che interagiscono fra loro e stringono rapporti di collaborazione e di lavoro con i più avanzati centri di ricerca scientifica e tecnologica. Gli elementi trainanti al riguardo sono:

i soggetti leader, vale a dire quelli in grado di guidare lo sviluppo della filiera stessa,

gli investimenti posti in essere per ottenere alti livelli tecnologici,

la cooperazione tra le imprese e tra esse e il sistema della ricerca,

la motivazione e la preparazione della mano d'opera, a tutti i livelli.

3.5

In genere sono quattro gli elementi utili per individuare un metadistretto:

la multisettorialità: vi è un approccio di tipo filiera, che evidenzia un'intera attività di servizio, di ricerca e di sviluppo,

la territorialità: si supera il concetto di contiguità territoriale, sostituendolo con un concetto di relazione di rete e di valorizzazione delle diverse identità culturali dei partner,

la significatività: i settori rappresentati nei metadistretti sono rilevanti per l'economia e sono caratterizzati da una significativa presenza di centri per la produzione di conoscenze,

la leadership: esistono delle imprese leader, in grado di trainare il metadistretto, il tutto in un ambiente fortemente caratterizzato dalla diffusa presenza di PMI.

3.6

Il processo di conoscenza di questo fenomeno, finalizzato alla programmazione degli interventi per i metadistretti, è indubbiamente ancora più complesso e più articolato, anche perché, come già indicato in relazione all'individuazione dei metadistretti, si vogliono selezionare in via sperimentale aree produttive di eccellenza, con forti legami esistenti o potenziali con il mondo della ricerca, della produzione e dell'innovazione. La lettura dei fenomeni è tuttavia complessa, ancora scarsamente affrontata su base empirica e poco documentata su base statistica.

3.7

Il piano di programmazione deve comprendere tutti gli elementi necessari per analizzare sempre meglio le caratteristiche dei metadistretti:

identificazione e quantificazione degli attori tradizionali: aziende operanti nei settori produttivi di specializzazione, produzione di materie prime e di semilavorati, macchinari, servizi alla produzione; componenti delle filiere; individuazione delle specializzazioni trainanti per ogni filiera; modelli di trasferimento tecnologico fra le imprese,

identificazione e quantificazione dei nuovi attori di sistema: università; centri di ricerca scientifica; servizi tecnologici alle imprese; comunicazione e commercializzazione; identificazione dei soggetti leader; relazioni ed interazioni con la filiera produttiva; modelli di trasferimento e cooperazione tecnologica,

analisi di benchmarking a livello nazionale ed internazionale, al fine di: individuare realtà produttive simili, valutarne le macrodinamiche nei relativi contesti, valutare le strategie di sviluppo attuate dalle amministrazioni pubbliche negli specifici contesti, nonché il sistema di relazioni pubblico-privato e università-ricerca-imprese,

valutazione della competitività delle filiere dei metadistretti e delle potenzialità del sistema; analisi SWOT dei metadistretti con particolare attenzione alle debolezze e ai rischi,

identificazione delle linee guida di intervento: politiche e interventi per la ricerca, per gli investimenti, per l'internazionalizzazione e per la competitività sui mercati esteri,

grado di preparazione e coinvolgimento dei lavoratori, ai vari livelli, inseriti nei distretti.

3.8

In effetti, lo spostamento verso un sistema dominato dalla conoscenza comporta anche rilevanti problemi di governance :

l'evoluzione del distretto verso una configurazione di rete aperta, ossia di rete locale integrata in network globali di produzione, circolazione e utilizzazione delle conoscenze, comporta il passaggio delle imprese distrettuali dal vecchio sistema di divisione produttiva del lavoro, nel quale esse hanno finora saputo collocarsi con successo, ad un nuovo sistema incentrato sulla conoscenza, estesa a tutti gli operatori, ai quadri pubblici e privati, e a tutti i livelli. Mentre il primo ha al suo centro la capacità di gestire le operazioni materiali di fabbricazione, la risorsa critica del secondo è la capacità di gestire flussi informativi globali, di comunicare mediante linguaggi scientifico-tecnologici e di governare moduli organizzativi complessi, il tutto sullo sfondo della necessità endogena del distretto di reinvestire nella dimensione della formazione professionale e della conoscenza strutturata,

i processi interattivi centrali sono l'articolazione delle relazioni cooperative e fiduciarie tra imprenditori del distretto e tra imprenditori e dipendenti, nonché dell'organizzazione pluralistica del processo produttivo e del rapporto cooperativo tra le imprese e di queste con gli enti locali e territoriali. L'elemento-chiave è rappresentato dalla valenza del concetto di capitale sociale all'interno del sistema di aggregazione distrettuale  (13), nonché dal modo in cui le politiche rispondono alla progressiva dissipazione di tale capitale sociale ed alla degenerazione del vivace e dinamico sistema di interazione locale,

il distretto è un contenitore del caleidoscopio di ambizioni e di frustrazioni, di forme competitive, emulative e collaborative, che contrassegna l'intera comunità. Esso è congegnato in modo da penalizzare i comportamenti sfavorevoli e da premiare quelli favorevoli allo sviluppo distrettuale, conferendo patenti di affidabilità.

3.9

Appaiono acquistare rilevanza, infine, le nuove strutture di servizi che svolgono la funzione di interfaccia cognitiva tra il contesto locale e le reti del globale. Si tratta della nascita di nuove agenzie calibrate sulle esigenze delle imprese locali e sui meccanismi originali di competizione e cooperazione, chiamate ad accompagnare l'evoluzione del contesto produttivo.

4.   La situazione dei distretti in America e a livello internazionale

4.1

Per quanto riguarda l'esperienza nordamericana, secondo alcune stime già dalla metà degli anni '90 si contavano negli Stati Uniti circa 380 distretti/clusters, operanti su un largo ventaglio di settori manifatturieri e di servizi e rappresentanti il 67 % della popolazione attiva ed il 61 % della produzione statunitense (14). Spesso nati da crisi delle produzioni regionali, come nel caso dei San Diego Clusters californiani nati dalla riconversione del settore della difesa, tali distretti hanno beneficiato del ruolo prominente svolto dai governi statali e locali, i quali hanno avviato un processo che poi è stato ripreso dal settore privato. Così in Arizona una commissione governativa ha lanciato nelle università locali un'azione di individuazione dei distretti sul territorio, raggruppando i principali attori del settore privato e promovendo così la creazione di organizzazioni distrettuali per valutare ed affrontare i vincoli e le opportunità per i singoli distretti. Iniziative similari sono state avviate in altri Stati americani, come nello Stato di New York, nel Minnesota, in Oklahoma e nell'Oregon.

4.2

In Canada, il governo federale ha posto al centro della sua strategia per l'innovazione la creazione e lo sviluppo di distretti industriali basati sulla conoscenza, riconosciuti a livello internazionale, grazie all'individuazione da parte delle principali agenzie federali (Granting Agencies) degli investimenti nella ricerca effettuati in 27 regioni/città del paese. La strategia per l'innovazione canadese ha inserito tra gli obiettivi prioritari della politica federale dell'innovazione quello di sviluppare entro il 2010 almeno 10 «technology clusters» internazionalmente riconosciuti. La presenza al centro dei distretti industriali di grossi istituti di ricerca, spesso universitari, è una caratteristica assai frequente dell'esperienza canadese (15).

4.3

Nei contesti asiatici e latinoamericani, le esperienze si sono rivelate estremamente eterogenee. Realtà distrettuali esistono in India e anche in Cina. In Pakistan la pressione delle nuove spinte competitive provenienti dalla liberalizzazione del commercio e dalla globalizzazione ha accentuato la tendenza a cooperare con le associazioni industriali e con i servizi forniti da queste ultime per far fronte alle sollecitazioni di livelli internazionalmente riconosciuti di assicurazione-qualità. In Brasile e in Messico i distretti hanno dovuto far fronte ad una competizione internazionale sui prezzi come conseguenza di una forte penetrazione cinese sul mercato nordamericano, competizione che ha spinto da un lato ad un upgrading dell'integrazione verticale e, dall'altro, a una differenziazione dei distretti stessi.

4.4

In Nuova Zelanda sono state prese, da parte dei governi locali, varie iniziative per la promozione di distretti industriali, mentre in Australia si sono sviluppate, in particolare su iniziativa delle autorità locali di Adelaide, Cairns e Hunter Valley, delle azioni «bottom-up» che hanno identificato dei gruppi di imprese, sviluppato tra di essi una dinamica in relazione ai rispettivi bisogni e ottenuto in taluni casi finanziamenti governativi per studi, consulenze e servizi di segretariato.

5.   La situazione attuale e gli strumenti esistenti nell'Unione europea

5.1

In molte regioni d'Europa la politica industriale, sino ad oggi generalmente orientata verso politiche e interventi di settore, ha ormai incominciato a guardare anche al territorio, per sostenere quelle realtà che avevano contribuito al successo del «Made in …» nel mondo. Molte volte però i sistemi produttivi locali hanno incontrato delle difficoltà per predisporre risposte adeguate dal punto di vista organizzativo-manageriale. Ciò ha aperto la strada a nuovi tipi di sostegno, non più orientati verso la singola impresa, ma verso il sistema territoriale nel suo insieme.

5.2

Le autorità di governo locale, insieme a università, istituti di ricerca, associazioni imprenditoriali e istituti di credito, si sono impegnate per sostenere gli interventi volti alla diffusione dell'innovazione, alla promozione della qualità, all'incremento della commercializzazione dei prodotti locali e, infine, alla nascita di progetti di sistema, attraverso l'intervento sulle relazioni d'impresa.

5.3

I distretti industriali, ormai riconosciuti giuridicamente in diversi paesi europei (in Italia, ad esempio, con la Legge 317/1991), sono unanimemente considerati come un reale successo per diverse economie, e in particolare per quella italiana. Ciò nonostante non è facile individuarli in modo preciso e infatti la loro identificazione da parte degli organi istituzionali non coincide né sul piano del numero, né su quello dei settori di specializzazione.

5.4

La promozione dei distretti è stata oggetto di iniziative a livello regionale in Italia (specie in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana), in Spagna (in particolare in Catalogna e a Valenza), in Germania (cfr. le iniziative BioRegio, Exist e InnoRegio). In Francia la DATAR (16) ha sviluppato, come servizio interdipartimentale del primo ministro, politiche specifiche di sostegno allo sviluppo dei Sistemi produttivi locali — SPL, che si sono federati nel Club dei distretti industriali francesi. In Scozia, nel Galles e nell'Irlanda del Nord, sono presenti numerose esperienze distrettuali.

5.5

Anche i paesi nordici hanno sviluppato dei loro approcci in tema di politica distrettuale: questo è il caso della Danimarca, dove la metodologia dei distretti ha avuto un grosso impatto sulla politica economica del paese, o della Finlandia, dove la promozione dei distretti ha influenzato non solo la politica economica ma anche quella della ricerca scientifica, della tecnologia e dell'istruzione.

5.6

Nei nuovi Stati membri sono stati varati, sin dal 2000-2001, vari programmi di sviluppo dei distretti. Nella Repubblica ceca è nato il programma Cooperazione. L'Ungheria ha lanciato il programma NFT-GVOP, che prevede lo sviluppo di Parchi industriali (17) nati da una ONG (18) e cioè l'Associazione dei parchi industriali. Ad oggi, l'Ungheria può contare su 165 parchi industriali, nei quali si concentra il 18 % degli occupati nell'industria e il 28 % dell'esportazione industriale. Nel periodo tra il 1997 e il 2003 nei parchi ungheresi sono stati investiti 46 182 000 euro (19). Il programma PGK (20) è nato nella regione transdanubiana occidentale e il programma SME Clustering/Networking in Polonia. In Slovenia è stato varato nel 2000 un programma triennale per lo sviluppo dei distretti che ha coinvolto più di 500 imprese e 50 istituzioni. Oltre 130 progetti pilota ed esperienze sono in corso nei Paesi Baltici. A Malta è stata messa in opera, dalle autorità locali, una strategia a sostegno di distretti-chiave, in settori come la sanità, l'oceanografia, le tecnologie dell'informazione, l'aviazione ed i servizi. Anche nei paesi candidati all'adesione si sono sviluppate esperienze significative, come nel caso del distretto di Timisoara in Romania. In Bulgaria, nel 2001, nell'ambito della sezione del Programma Phare «Capacity building for accelerated growth of the SME sector in Bulgaria» sono stati identificati cinque potenziali distretti. Per il loro ulteriore sviluppo, il ministero degli Affari economici ha ritenuto opportuno creare un'agenzia nazionale specificatamente incaricata di curarne lo sviluppo.

5.7

Nei Paesi Bassi la logica distrettuale è stata inserita direttamente nella politica e nei programmi governativi, mentre in Austria sono state varate politiche specifiche per rafforzare i legami tra istituti di ricerca e settore privato, ridurre gli ostacoli regolamentari e amministrativi all'innovazione, promuovere distretti specifici e creare centri di competenza.

5.8

Una politica a favore dei distretti implica, comunque, un approccio sistemico integrato che tenga conto dei legami tra le imprese, di quelli tra i settori industriali e infine di quelli tra le imprese, le istituzioni e le autorità locali: secondo tale approccio il settore privato dovrebbe essere il motore delle iniziative mentre il settore pubblico dovrebbe svolgere un ruolo facilitatore e catalizzatore.

5.9

Il «sistema distretto» dà origine a diversi fenomeni di integrazione orizzontale tra le imprese, che vanno dai rapporti tra primario e indotto, a quelli di filiera, fino ai fenomeni di outsourcing. Questa integrazione consente di mantenere un alto grado di flessibilità, ma anche di realizzare, attraverso l'integrazione produttiva, le economie di scala tipiche della grande impresa. La capacità del distretto di provvedere autonomamente, nel settore in cui opera, a tutte le fasi della catena produttiva seguendo la frammentazione delle fasi di lavorazione della filiera, consente una gestione flessibile dei costi di produzione e un più facile adeguamento alle richieste del mercato.

5.10

Il successo che i prodotti del distretto riscuotono sui mercati internazionali è anche frutto di una grande capacità di innovazione e di una costante ricerca di miglioramento del prodotto, favorite dalla concorrenza tra le stesse aziende del distretto e dall'interazione con le università e/o le Accademie presenti nel territorio. Queste sinergie hanno reso competitivi, a livello internazionale, anche settori comunemente considerati poco sviluppati, da un punto di vista tecnologico, come ad esempio quello del tessile e dell'abbigliamento.

5.11

Fino ad oggi gli elementi che si sono presi in considerazione per determinare gli indicatori della presenza eventuale di un distretto sono stati fattori come la densità imprenditoriale, il livello di specializzazione dei settori e la percentuale di addetti del settore manifatturiero. Si è dunque sempre trattato di valori quantitativi, coerenti con l'obiettivo di poter decidere in modo «oggettivo». Occorre invece analizzare fattori come profilo economico, innovazione di prodotto o strategia d'insieme delle imprese, nonché — e soprattutto — l'elemento «rete». Quest'ultimo infatti è fondamentale sia per determinare l'origine della struttura del distretto, sia per individuare i futuri punti di forza del metadistretto, nell'ottica di uno stretto rapporto tra imprese e ricerca.

5.12

A livello di Unione europea, varie iniziative possono concorrere allo sviluppo dei distretti tecnologici europei, anche se finora non è ancora maturata una politica integrata vera e propria a favore dello sviluppo di reti distrettuali innovative, coerente con il rilancio della strategia di Lisbona ribadito dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004 e con l'impegno di integrare il più rapidamente possibile, nel mercato unico allargato, il tessuto economico e sociale delle piccole e medie imprese dei vecchi e nuovi Stati membri.

5.13

L'Europa a 15 ha sviluppato una serie di strumenti comunitari suscettibili di essere attivati per promuovere lo sviluppo e la creazione di reti distrettuali del sapere. Tali strumenti si ritrovano, in particolare, nell'ambito della politica regionale, della politica di ricerca e sviluppo, della politica dell'impresa e innovazione, della politica della società dell'informazione, e infine in quella della formazione.

5.13.1

Politica regionale. Grazie alla sua dotazione finanziaria particolarmente consistente, la politica ricerca-innovazione dei fondi strutturali promuove, mediante le azioni innovative ex articolo 10 del FESR, il programma RIS (Strategie di innovazione regionale) e le iniziative comunitarie come ad esempio Interreg III — Sezione C, in modo particolare lo sviluppo regionale. Dal canto loro il Fondo europeo per gli investimenti e la Banca europea degli investimenti, con l'«Iniziativa per la crescita» costituiscono strumenti attivabili per sviluppi innovativi «a rete» delle PMI.

5.13.2

Politica europea di RST. Il Sesto programma quadro di ricerca e sviluppo 2002-2006 costituisce una fonte importante di possibile sostegno allo sviluppo di realtà distrettuali del sapere, nell'ambito in particolare:

dei nuovi strumenti dei progetti integrati e delle reti di eccellenza realizzabili per gli obiettivi indicati nella priorità tematica orizzontale, dedicata alle PMI,

della linea di intervento «Ricerca e innovazione»,

delle borse Marie Curie per le imprese previste dal Secondo programma specifico,

dello schema di coordinamento ERA-NET,

dell'azione Scienza e governance per il foresight tecnologico.

5.13.3

Inoltre il piano d'azione «Più ricerca per l'Europa: verso il 3 % del PIL» prevede una serie di nuove azioni a livello nazionale/europeo. Anche nell'ambito dei servizi applicativi del programma Galileo di radionavigazione e posizionamento satellitare sarà possibile sviluppare iniziative di sostegno alle reti distrettuali europee del sapere.

Ma, come è stato rilevato in recenti rapporti, tra i quali in particolare quello che si riferisce alla partecipazione delle piccole imprese al Programma, l'accesso di queste ultime ha trovato forti difficoltà, specie nei nuovi Stati membri (21).

5.13.4

Politica dell'impresa. Nell'ambito della politica dell'impresa e dell'innovazione sono da segnalare in particolare:

il programma Innovazione e PMI,

il programma RITTS (Strategie per l'innovazione regionale ed il trasferimento tecnologico),

i progetti TRIP (Progetti di innovazione trans-regionale),

l'azione pilota PAXIS, per la creazione e lo sviluppo di reti di imprese innovative, nonché le altre azioni pilota in corso, a sostegno dello sviluppo di reti settoriali di distretti industriali,

la rete degli Euro info centre (EIC).

5.13.5

Sono molto interessanti, tra le iniziative gestite dalla DG Impresa, quelle per lo sviluppo delle reti distrettuali e l'azione svolta a favore delle imprese e delle reti di imprese dal programma IDAbc. Nel quadro delle azioni congiunte per lo sviluppo sostenibile gestite dalla DG Ambiente sono invece da ricordare in particolare le iniziative di cooperazione fra distretti industriali in tema di certificazioni EMS-EMAS (sistema di ecogestione e audit) finanziate a livello regionale.

5.13.6

Politica della società dell'informazione. Molti progetti possono essere attivati a sostegno delle reti distrettuali nell'ambito del programma e-Europe 2005 e, in particolare, all'interno delle iniziative: e-Government, e-Business, e-Commerce, e-Procurement, Reti a banda larga, e-Inclusion, Go digital.

5.13.7

Politica dell'istruzione e della formazione. Varie misure previste dai programmi Socrate e Leonardo possono essere attivate a favore delle azioni di formazione, per le reti distrettuali del sapere, così come possono essere progettate iniziative nell'ambito del programma e-Learning e del programma e-Europe 2005.

6.   Verso un nuovo approccio strategico delle politiche UE per i distretti del sapere

6.1

Durante il Consiglio europeo di primavera del 2004 è stato sottolineato che: «le misure adottate dagli Stati membri a livello europeo sono solo una parte degli interventi necessari per avviare la strategia di Lisbona nella direzione giusta; un significativo numero di riforme e investimenti di competenza degli Stati membri non sono ancora stati effettuati.» (22) Tale orientamento è stato ribadito dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004, durante il quale è stata presentata la relazione di Wim KOK (23).

6.2

Le sfide più significative sono state individuate in tre ambiti strategici fondamentali per la crescita:

6.2.1

lo sviluppo di reti intelligenti transnazionali: da conseguire utilizzando, tra l'altro, l'iniziativa comunitaria per la crescita e dando priorità agli investimenti nel settore della ricerca, dell'innovazione e della formazione durante tutto l'arco della vita. Altro elemento importante sono l'individuazione e la formazione di nuovi profili professionali, con un ricorso più accentuato agli strumenti di cooperazione a rete previsti dal Sesto programma quadro;

6.2.2

il rafforzamento della competitività delle imprese nel mercato globale e della sostenibilità ambientale: da attuare, tra l'altro, attraverso lo sviluppo delle comunicazioni a banda larga e delle reti ad alta velocità, necessarie per la ricerca e per l'innovazione (GEANT), l'utilizzo delle applicazioni pilota del programma Galileo, nonché lo sviluppo di iniziative nel quadro del programma e-Europe 2005;

6.2.3

il potenziamento della cosiddetta «politica di prossimità» (24) dell'Europa allargata: questa deve mirare ad avviare sinergie più organiche e consistenti con i vicini della nuova Europa nella prospettiva di creare una zona di prosperità e di sicurezza mettendo in opera meccanismi di cooperazione su temi sensibili come la gestione delle frontiere comuni, il controllo dei flussi migratori e la lotta contro il crimine organizzato.

6.3

In tutti i paesi dell'Unione, e in particolare nei nuovi Stati membri, vi è una crescente consapevolezza dell'importanza delle reti distrettuali e dei clusters industriali come elemento per rafforzare la competitività e la produttività, migliorare la politica per l'occupazione, elevare la qualità del lavoro e favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

6.4

Secondo il Comitato, è necessario che anche a livello dell'Unione si sviluppi una politica integrata a favore di una piattaforma europea per il sostegno alla creazione di nuove reti europee di metadistretti del sapere.

6.5

Il CESE è convinto del fatto che in una prospettiva di mercato globale i nuovi metadistretti del sapere siano un vero e proprio strumento di successo in grado, da un lato di assicurare alle PMI un miglior accesso a competenze di qualità, a servizi comuni moderni, nonché nuove infrastrutture della conoscenza e, dall'altro di migliorare la gestione delle imprese e rendere più consapevole e matura la forza lavoro.

6.6

Secondo il Comitato, la creazione di una piattaforma distrettuale europea potrebbe assicurare il quadro di coerenza, trasparenza e facilità di accesso, così necessario sia al mondo delle piccole e medie imprese sia agli Stati membri vecchi e nuovi, come anche ai paesi candidati e alle aree di prossimità europea.

6.7

Tale piattaforma distrettuale europea dovrebbe poter coordinare le numerose politiche gestite dalle diverse direzioni generali, gli strumenti oggi disponibili e le azioni comunitarie.

6.8

Secondo il Comitato, a tale piattaforma europea dovrebbe essere assegnata una dotazione finanziaria di livello tale da costituire la massa critica necessaria per sostenere l'intervento dell'Unione. Le azioni coordinate all'interno della piattaforma e condotte nell'ambito della strategia di Lisbona potrebbero indubbiamente contribuire allo sviluppo delle PMI che risultino particolarmente ricche di un sapere tacito stratificato: di questo sapere l'azione comunitaria dovrebbe permettere la codificazione e la trasformazione in patrimonio comune, oltre che il trasferimento in reti europee.

6.9

La piattaforma distrettuale europea dovrebbe assicurare un quadro programmatico per:

nuove iniziative di reti europee di metadistretti per i settori industriali specifici dove tale azione è necessaria anche in relazione alla creazione di piattaforme tecnologiche, come nel caso della biochimica, del settore aerospaziale, del tessile, o delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione,

nuove iniziative volte a sviluppare una visione strategica partecipata e condivisa, per esplorare le future opzioni europee in campi in cui si sperimentano innovazioni di prodotto e di processo, anticipandone i potenziali sviluppi,

azioni di strategic capacity building di reti distrettuali nei vecchi e nuovi Stati membri, nei paesi candidati e nei paesi limitrofi,

verifiche del rapporto tra la dimensione del metadistretto e la politica per l'occupazione,

azioni per rafforzare la crescita culturale dei lavoratori nell'organizzazione distrettuale,

scambio di migliori pratiche di rete, sulla base di criteri armonizzati di valutazione e di percorso: l'obiettivo è quello di creare un solido background per l'area di ricerca e innovazione europea nell'Unione allargata, con misurazioni di impatto e feedback chiari e comparabili, al fine di poter accumulare un congruo numero di conoscenze codificate e trasferibili,

azioni di formazione congiunta per i manager di distretto, i responsabili d'impresa, i responsabili dei sistemi finanziari e creditizi, da attuare con i decisori politici e con i responsabili del settore pubblico, nonché con i quadri degli enti locali e territoriali, cointeressati nel processo formativo,

creazione di cattedre Jean Monnet (25) sulle nuove reti distrettuali del sapere, nonché di premi europei per le dinamiche distrettuali europee di maggior successo e trasferibilità,

creazione di un sistema di borse di studio per agenti tecnologici di distretto, volte a finanziare la presenza, nelle reti, di ricercatori ed esperti in materia di audit e marketing tecnologico,

sviluppo di una forte funzione di comunicazione e informazione sulla base di un portale interattivo sui distretti del sapere,

facilitazioni di accesso ad expertise e progetti, con l'assistenza degli istituti del Centro comune di ricerca, ed in particolare dell'Istituto per le prospettive tecnologiche di Siviglia,

inserimento di una linea specifica di bilancio per lo sviluppo delle reti distrettuali del sapere nel Settimo programma quadro di RST e dimostrazione,

inserimento di un programma di attività di sostegno allo sviluppo distrettuale nel quadro della politica di coesione per il 2007-2013.

7.   Raccomandazioni conclusive

7.1

In tutti i paesi progrediti è in atto un processo di deindustrializzazione e nell'UE il valore aggiunto del terziario ha già raggiunto il 70 % del totale del PIL (22 % all'industria, 5 % all'edilizia; 3 % all'agricoltura) (26). Ma questo fenomeno non va agevolato, perché molta parte del valore aggiunto dei servizi è rivolto alle imprese o nasce dalle imprese (27): commercio e trasporti (21,6 %); servizi finanziari e servizi alle imprese (27,2 %); pubblica amministrazione (21,6 %) (28).

7.1.1

Una politica che sia in grado di sostenere e di diffondere la cultura che anima le esperienze distrettuali può indubbiamente contribuire a rendere i distretti di tutta l'Europa allargata competitivi con nazioni ove il costo del lavoro oggi è più basso, ma dove non vi è dialogo tra le parti sociali e dove le norme di igiene e di sicurezza nei luoghi di lavoro sono disattese.

7.1.2

Si tratta in sostanza, secondo il CESE, di valorizzare maggiormente il margine concorrenziale, che discende da una corretta e vissuta pratica di responsabilità sociale, all'interno delle imprese (29), che porta il mondo del lavoro nel suo insieme a produrre con consapevolezza e serietà, a rispettare i tempi di consegna, a determinare il «giusto prezzo» (30) e a dare garanzie di competenza, di puntualità e di serietà nei servizi post vendita.

7.2

Il CESE auspica che si trovino i mezzi per intensificare i collegamenti a rete dei nuovi distretti, soprattutto nei nuovi Stati membri, con lo scopo di stimolare una domanda informata, che sia trainata dal mercato.

7.3

Dovrebbero essere stanziati fondi decrescenti (per un periodo di 3 o 4 anni), destinati a coprire studi di fattibilità, start-up, costi di brokeraggio di rete, sostenibilità ambientale, laboratori di test per certificazione.

7.4

Il quadro tecnologico e le relazioni sociali mutano molto rapidamente e impongono la creazione in tempi brevi di nuove figure professionali, con conseguenti esigenze di strumenti di formazione permanente (31), per:

brokers di rete,

esperti di marketing tecnologico,

animatori di innovazione e di trasferimento tecnologico,

manager di metadistretto.

7.5

Grazie alla propria esperienza, il CESE auspica l'organizzazione nell'ambito dei metadistretti di corsi basati sull'innovazione tecnologica, ai quali partecipino congiuntamente attori pubblici e privati, industria, mondo del lavoro, università e banche. A questi si potrebbero affiancare borse per stage incrociati tra personale del settore pubblico e privato, tra industria e Accademia.

7.6

La DG Innovazione, alla quale va il merito di sostenere le esperienze europee in un contesto mondiale, dovrebbe aumentare il suo sostegno ai meccanismi di lancio, di monitoraggio e di valutazione di esercizi di foresight tecnologico, e di benchmarking interdistrettuale e transnazionale, con il fine di aumentare costantemente la base culturale e informativa sui mutamenti in atto e sugli strumenti per dominarli.

7.7

A sostegno del credito, che rappresenta sempre un elemento critico in tutti gli Stati membri, ma in particolare in quelli di nuova adesione, potrebbe essere organizzato uno Sportello presso il FEI (32), con il compito di sostenere, con gli strumenti fideiussori di cui dispone, le garanzie sui fidi erogati dalle banche, dagli istituti finanziari, dai consorzi e dalle cooperative, che operano con le imprese dei metadistretti.

7.8

Il nuovo distretto della conoscenza è anche, a giudizio del CESE, il luogo ideale ove sperimentare le forme più evolute di responsabilità sociale delle imprese: e questo attraverso le forme di e-Governement e di e-business nonché le nuove relazioni di e-business2business, che sono fondamentali per lo sviluppo transnazionale delle reti distrettuali, con il supporto delle reti interoperative comuni IDA-BC (33), in stretta relazione con il Programma e-Europe 2005 (34).

7.9

Il CESE ritiene altresì importante che la Commissione proceda alla creazione di un «Thesaurus» di nomenclatura comune, che venga utilizzato da tutti i distretti, che partecipano ai programmi comunitari, oltre che di una banca dati interattiva europea, che comprenda tutti i distretti, divisi per settore e per attività.

7.10

Sarebbe altresì importante che, all'interno della DG Impresa, si procedesse alla creazione di un nucleo comunitario di coordinamento e di cooperazione tra le realtà distrettuali e le varie istituzioni coinvolte. Tale nucleo potrebbe, fra l'altro, predisporre e tenere aggiornate guide di buone pratiche da diffondere a livello regionale.

7.11

La cultura che è alla base della responsabilità sociale delle imprese e che individua nell'impresa una risorsa per la collettività si oppone alla invadenza della burocrazia, che appesantisce i costi e toglie interesse al «fare». Per questo essa individua nel lancio di una iniziativa «Slid», un valido strumento per estendere ai distretti le esperienze maturate con il programma Slim (35).

7.12

Sarebbe altresì opportuno, a giudizio del CESE, che si creasse un Help-desk, in grado di fornire consigli e assistenza in tema di proprietà intellettuale oltre ad una serie di servizi, rivolti alle realtà distrettuali, che entrano, sempre più, nelle reti europee e nel mercato globale.

7.13

È necessario facilitare la partecipazione dei soggetti distrettuali ai progetti prenormativi e connormativi, rivolti allo sviluppo tecnologico, che si attuano nell'ambito di CEN, Cenelec, ETSI e Normapme (36).

7.14

Il CESE ritiene importante richiamare l'attenzione, nel contesto del prossimo 5o Programma pluriennale per l'imprenditorialità e la competitività delle imprese (per il periodo 2007/2013 (37)), sulla realtà e le esigenze dei distretti industriali.

7.15

A parere del CESE, che si fonda tra l'altro sulle esperienze accumulate negli ultimi anni e soprattutto dopo i Consigli europei di Lisbona di Barcellona e di Siviglia, sarebbe molto opportuna la creazione di una piattaforma europea di dialogo costante, suddivisa per settore e per attività, composta dai responsabili dei distretti, dalle autorità pubbliche, dalle parti sociali dai rappresentanti finanziari, dai centri di ricerca e dalle ONG.

7.15.1

Il CESE ritiene necessaria una riflessione circa il riconoscimento comunitario delle reti europee dei metadistretti del sapere, con lo scopo di:

facilitare gli scambi all'interno e all'esterno del Mercato unico;

permettere a imprese di diversi paesi di mettere in comune le loro risorse;

dare al progetto distrettuale piena valenza europea, con accesso diretto ai programmi e alle iniziative europee;

sottoporre a valutazione, monitoraggio e benchmarking le reti distrettuali europee.

7.15.2

In quest'ottica il CESE ritiene opportuno che venga organizzata, sulla base del presente parere, un'audizione pubblica, alla quale partecipino le entità distrettuali e le organizzazioni interessate, ai vari livelli territoriali. L'obiettivo dell'audizione sarà quello di incoraggiare la cooperazione transfrontaliera e di evidenziare:

i vantaggi politici: lo sviluppo della cooperazione economica transnazionale favorisce l'integrazione europea e la performance sui mercati globali,

i vantaggi in tema di semplificazione: possono infatti essere individuati nuovi tipi di formalità di accesso alle risorse cognitive, finanziarie e produttive,

i vantaggi economici, sotto il profilo della competitività: i distretti europei del sapere (DES) potrebbero optare per un consorzio europeo di rete, che potrebbe fregiarsi di un marchio europeo,

i vantaggi nel vasto e interessante campo del partenariato pubblico/privato: le nuove realtà distrettuali dovrebbero associare sistemi di imprese private con enti e autorità locali, dato che queste ultime possono svolgere un ruolo notevole, come catalizzatori attivi e propositivi,

i vantaggi nell'integrazione impresa/università/ricerca, per poter attingere, in modo sistematico,alle nuove realtà tecnologiche e innovative.

7.15.3

Il Consorzio europeo DES dovrebbe favorire lo spirito imprenditoriale, la responsabilità sociale, la creazione di nuove attività, lo sviluppo della formazione permanente e incitare al partenariato transfrontaliero. Il Consorzio dovrebbe avere i requisiti seguenti:

essere accessibile liberamente e facilmente sia alla persone fisiche sia a quelle giuridiche (pubbliche/private),

essere semplice, flessibile e adattabile, in funzione delle esigenze diverse dei partner,

essere evolutivo ed elastico, per potersi adattare all'evoluzione dei mercati,

essere una struttura di livello europeo, con la partecipazione di molti Stati membri o associati (38).

7.15.4

Natura — il DES dovrebbe avere una natura privatistica e quindi non dovrebbe fare pubblicamente appello ai risparmiatori.

7.15.5

Concezione — il DES dovrebbe far riferimento ai criteri che regolano la costituzione dei consorzi che possono partecipare al VI Programma quadro di RST, dovrebbe avere una durata di 5 anni rinnovabili (39) e essere inserito in un apposito registro all'interno di una Piattaforma DES, istituita presso la Commissione.

7.15.6

Stato giuridico — Il coordinatore del DES dovrebbe essere l'unico interlocutore riconosciuto, nei rapporti con le istituzioni comunitarie, analogamente a quanto avviene per i progetti integrati e le reti di eccellenza in seno al Programma quadro di RST comunitario.

7.16

Per concludere, il CESE considera che l'esperienza maturata con i distretti e ora rivolta verso i metadistretti della conoscenza, rappresenta una valida opportunità per:

aumentare l'occupazione,

migliorare i rapporti sociali all'interno del mercato del lavoro,

incrementare le competenze professionali dei lavoratori, a tutti i livelli,

rendere sicuri e igienici i luoghi di lavoro,

sviluppare ed estendere la certificazione etica e ambientale ( ISO 14.000 e EMAS),

affrontare meglio i problemi del credito e l'impatto di Basilea II,

migliorare la qualità e la competitività dei prodotti fabbricati in Europa,

sostenere e ampliare le possibilità di esportazione,

rafforzare il potere del lavoro, del lavoratore e dell'impresa, sulla burocrazia.

7.17

Per questi motivi, ai vari livelli locale nazionale ed europeo, lo sviluppo del metadistretto va sostenuto e incoraggiato.

Bruxelles, 6 aprile 2005.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Cfr. Becchettini, i distretti industriali e le dinamiche sociali 1995.

(2)  COM(2001) 366 def. del 18.7.2001.

(3)  Meta, dal greco metà, significa: dopo, che sta al di là, che supera. Il metadistretto supera l'ambito tradizionale del distretto e viene dopo il distretto tradizionale.

(4)  Per distretti intelligenti del sapere, della conoscenza e tecnologici, intendiamo i nuovi distretti che, diversamente dai distretti industriali, utilizzano ampiamente le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

(5)  «Il COM(2002) 714 def. dell'11.12.2002 definisce le Piattaforme mezzi per preparare i mercati alla cooperazione e per elaborare piani strategici a lungo termine di R&S per tecnologie specifiche. Le Piattaforme dovrebbero garantire le sinergie tra autorità pubbliche, utenti, legislatori, industria, consumatori e poli di eccellenza. Vi è un'esigenza di coerenza tra la ricerca, che può creare nuove opportunità, e il quadro giuridico a valle, entro il quale tali tecnologie vengono sviluppate e commercializzate».

(6)  Facing the challenge [Far fronte alle sfide], rapporto di Wim KOK sulla strategia di Lisbona, presentato alla Commissione il 3 novembre 2004 ed al Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 (non disponibile in italiano): «il fatto che i risultati della strategia siano deludenti è dovuto in primo luogo alla mancanza di un'azione politica determinata . (…) L'agenda era troppo vasta, il coordinamento è stato scarso e c'erano delle priorità in conflitto tra loro».

(7)  It provides a realistic, but worrying, assessment of progress. It shows that we must act now to make up for lost time. Discorso del Presidente designato della Commissione al Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004.

(8)  «We will need to refocus priorities , measure progress and assume greater responsibility for following them through», ibidem, cfr. nota precedente.

(9)  (GU C 120 del 20.5.2005) relatori VEVER, EHNMARK e SIMPSON.

(10)  R. Nelson e S. G. Winter (1982), «An evolutionary theory of economic change». Il sapere tacito, che si contrappone all'informazione o «sapere codificato», non è formalizzato e può essere trasmesso solo attraverso l'interazione sociale.

(11)  Cfr. in proposito COM(2004) 474 def del 14.7.2004 e Parere CESE 139/2005 del 10.2.2005, relatore KORYFIDIS.

(12)  Cfr. Commissione europea, DG Imprese, progetto MAP 2002, Final report of the expert group on enterprise clusters and networks (Relazione finale del gruppo di esperti sui distretti industriali e le reti di imprese), pag. 9:

«gruppi di imprese indipendenti e di istituzioni associate che: collaborano e sono in concorrenza fra loro, geograficamente sono concentrate in una o più regioni, anche se possono estendersi a livello globale, sono specializzate in un settore particolare e sono collegate fra loro da tecnologie e competenze comuni, hanno una base scientifica, oppure tradizionale, i distretti industriali possono essere istituzionalizzati (e avere quindi un vero e proprio manager di distretto) o non istituzionalizzati, i distretti industriali hanno un impatto positivo sull'innovazione e la competitività, l'acquisizione delle competenze e l'informazione, la crescita e il dinamismo imprenditoriale a lungo termine.»

(13)  Le inchieste condotte tra i lavoratori dei distretti mostrano un forte senso di partecipazione e di motivazione dei lavoratori, anche nei livelli più bassi (Regione Lombardia, premessa alla Legge sui metadistretti, 2004).

(14)  Cfr. OCSE «Incoraggiare l'imprenditorialità come motore della crescita in una economia globalizzata» 2004 - 2a conferenza dell'OCSE dei ministri per le piccole e medie imprese, Istanbul 3-5 giugno 2004.

(15)  Cfr. Canada Foundation for innovation - J. Adam. «Research funding: key to clusters», 2003.

(16)  DATAR: Délégation à l'aménagement du territoire et à l'action régionale.

(17)  Con una superficie minima di 25 000 mq e con una società di gestione che si occupa delle infrastrutture e delle imprese. Il settore pubblico e quello privato concorrono a sostenere l'azione del Parco. Mancano, purtroppo le banche e le istituzioni finanziarie.

(18)  ONG: Organizzazione non governativa

(19)  Fonte, Janos TOTH, membro CESE.

(20)  PGK: Pannon Gazdasagi Kezdemenyezes.

(21)  Cfr Cordis, comunicato stampa, «L'UE vuole aumentare la partecipazione delle PMI nel 6oQ» (14.1.2005); cfr anche «European Commission, Five year assessment of IST Research and Development» (17.1.2005).

(22)  Relazione della Commissione europea al Consiglio europeo di primavera Promuovere le riforme di Lisbona nell'Unione allargata - COM(2004) 29 def., del 20.2.2004.

(23)  Cfr. nota 2.

(24)  Il processo di Barcellona per il bacino mediterraneo (dal 1995); il processo di associazione e stabilizzazione per i Balcani occidentali; gli accordi di cooperazione e di partenariato con i paesi della Comunità degli Stati indipendenti (ex URSS).

(25)  Tra l'inizio 1990 e l'ottobre 2003, la DG Istruzione e cultura ha approvato circa 2 500 progetti di insegnamento su temi europei: tra questi figurano 82 Poli europei, 601 Cattedre e 1 560 Corsi permanenti e Moduli. I bandi per ottenere il finanziamento escono annualmente sul sito: http://europa.eu.int/comm/education/programmes/ajm/index_fr.html

(26)  Fonte Eurostat - Struttura del valore aggiunti lordo, 2002.

(27)  According to the Bureau of Economic Analysis, every $1 of final demand spent for a manufactured good generates $0.55 of GDP in the manufacturing sector and $0.45 of GDP in non-manufacturing sectors. Manufacturing in America: A Comprehensive Strategy to Address the Challenges to U.S. Manufacturers; Department of Commerce, January 2004 http://www.commerce.gov/DOC_MFG_Report_Complete.pdf) November 2004 - MANUFUTURE. EUROPEAN COMMISSION.

(28)  Fonte Eurostat, ibidem.

(29)  Cfr. Libro verde sulla responsabilità sociale delle imprese - COM(2001) 366 def. del 18.7.2001

(30)  Il concetto del «giusto prezzo» è stato autorevolmente affermato dai Capi di Stato e di Governo durante il Consiglio europeo di Cardiff, 1998. «Il costo ambientale va inserito nel prezzo del prodotto e non può essere addebitato alle generazioni future!». Uno dei modi più rapidi per integrare le considerazioni ambientali consiste nel fissare prezzi che riflettano i costi ambientali dei prodotti e dei servizi e a utilizzare strumenti di mercato per perseguire gli obiettivi ambientali in modo positivo.

(31)  Cfr. nota 11.

(32)  FEI, Fondo Europeo degli Investimenti, nato nel 1994, con due obiettivi: sostenere le Reti e agevolare l'accesso al credito delle PMI. Gli azionisti del FEI sono la BEI, la Commissione europea e numerose banche europee. Soprattutto negli ultimi anni l'azione del FEI si sta caratterizzando per il sostegno al credito delle micro e delle piccole imprese.

(33)  Parere CESE 1610/2003 del 10.12.2003, relatore PEZZINI (GU C 80 del 30.3.2004.). La creazione di reti transfrontaliere facenti ricorso alle tecnologie dell'informazione (TI) è diventata lo strumento essenziale di una cooperazione tra le amministrazioni pubbliche volta a dar vita ad un'Europa moderna, allargata e sicura. D'altra parte gli studi effettuati dalla Commissione convergono nell'affermare che gli investimenti in questo campo generano nuove dinamiche economiche del tutto positive (con elevati tassi di ritorno). Un'iniziativa comunitaria in materia è rappresentata dal programma Interchange of Data between Administrations (IDA), che - lanciato dalla Commissione nel 1993-1995 con IDA I (1995-1999) - è stato seguito per il periodo 1999-2004 da IDA II, con una dotazione di 127 milioni di euro. Di questi, circa il 60 % è stato utilizzato per i progetti settoriali di interesse comune (PCIs) ed il resto per le misure orizzontali, destinate ad assicurare l'interoperatività e la piena accessibilità alle reti transeuropee.

(34)  eEurope 2005: una società dell'informazione per tutti.Piano d'azione - Consiglio europeo di Siviglia, 21 e 22 giugno 2002. Sintesi: il piano d'azione mira a creare un contesto favorevole agli investimenti privati e alla creazione di nuovi posti di lavoro, accrescere la produttività, modernizzare i servizi pubblici e garantire a tutti i cittadini la possibilità di partecipare alla società dell'informazione globale. eEurope 2005 intende pertanto promuovere servizi, applicazioni e contenuti sicuri basati su un'infrastruttura a banda larga ampiamente accessibile.

(35)  Il Programma SLIM nacque agli inizi degli anni 90, su iniziativa della DG XXIII, con lo scopo di semplificare gli adempimenti burocratici che condizionavano, allora più che oggi, la vita delle micro e piccole imprese. Dall'esperienza di SLIM nacque e si affermò il programma BEST.

(36)  Comitato europeo di normalizzazione (CEN); Comitato europeo di normalizzazione elettronica (Cenelec); Istituto europeo delle norme di telecomunicazioni (ETSI).Normalizzazione per le piccole e medie imprese (Normapme). Comitato europeo di normalizzazione (CEN); Comitato europeo di normalizzazione elettronica (Cenelec); Istituto europeo delle norme di telecomunicazioni (ETSI).

(37)  Cfr. COM (2004) 781 def. del 7.12.2004 e CESE 245/2005.

(38)  Cfr. il Programma quadro di RST.

(39)  La durata limitata dell'accreditamento è necessaria per evitare ogni rischio di «pietrificazione» delle realtà distrettuali che non si rinnovano.