52004DC0379

Libro verde - Uguaglianza e non discriminazione nell'Unione europea allargata /* COM/2004/0379 def. */


LIBRO VERDE - Uguaglianza e non discriminazione nell'Unione europea allargata

(presentato dalla Commissione)

Prefazione

I principi della parità di trattamento e della non discriminazione sono al centro del modello sociale europeo e rappresentano uno dei capisaldi dei diritti e dei valori fondamentali dell'individuo che sono alla base dell'odierna Unione europea.

Possiamo essere fieri dei risultati ottenuti di recente in fatto di parità di trattamento e non discriminazione. E' stato fatto molto nel breve periodo apertosi quando gli Stati membri hanno convenuto sulla necessità d'intervenire collettivamente a livello europeo per affrontare la discriminazione fondata sulla razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, l'età, gli handicap o le tendenze sessuali. Gli interventi in questo settore si sono basati sulla notevole esperienza dell'UE nell'affrontare la discriminazione sessuale.

La legislazione europea ha incrementato in maniera significativa il livello di protezione dalla discriminazione in tutta l'UE, fungendo da catalizzatore nell'elaborazione di un approccio all'uguaglianza e alla non discriminazione più coerente e basato sui diritti.

Occorre tuttavia continuare a lavorare con impegno per garantire che il principio di non discriminazione venga efficacemente applicato nell'Unione europea. La discriminazione permane una realtà quotidiana per milioni di persone che vivono e lavorano nell'UE, senza contare che, dopo l'adozione degli attuali strumenti per combattere la discriminazione a livello europeo, sono sorte nuove problematiche.

Tra queste rientrano l'allargamento dell'UE, in particolare la necessità di intensificare gli sforzi per affrontare la situazione dei rom e di altre minoranze etniche. Il nostro obiettivo dovrebbe essere di garantire che la normativa dell'UE per combattere la discriminazione in tutti i settori pertinenti sia applicata e fatta valere in modo efficace in tutta l'Unione allargata.

La politica contro la discriminazione rappresenta un aspetto importante dell'impostazione adottata dall'UE in tema d'immigrazione, inclusione, integrazione ed occupazione. Chiarendo i diritti e i doveri ed evidenziando i vantaggi che apporta la diversità in una società multiculturale, tale politica può aiutare ad indirizzare un processo di cambiamento basato sul rispetto reciproco tra minoranze etniche, migranti e società ospitanti.

La politica contro la discriminazione deve continuare a formare parte integrante della risposta data dall'UE a diverse questioni di interesse pubblico. Essa deve sostenere l'impegno a combattere ogni forma di razzismo e di xenofobia, incluse le recenti manifestazioni di antisemitismo e di islamofobia.

La grande maggioranza degli europei continua ad opporsi ad ogni forma di discriminazione, come ha confermato il recente sondaggio d'opinione dell'Eurobarometro sulla Discriminazione in Europa. Ciò conferisce all'UE un chiaro mandato a continuare nel suo impegno a favore della non discriminazione e della parità di trattamento.

Gli sviluppi della politica condotta dall'UE in questo settore sono stati resi possibili dal sostegno e dall'attività comune di un'ampia gamma di parti interessate. Mi auguro che ognuna di esse partecipi attivamente all'esercizio di consultazione basato sul presente Libro verde.

Odile Quintin, direttore generale, Occupazione e affari sociali, Commissione europea

1. INTRODUZIONE

Cinque anni fa è stato dato un grande impulso alla lotta contro la discriminazione nell'Unione europea, mediante il conferimento di nuovi poteri per affrontare la discriminazione fondata sul sesso, sulla razza o sull'origine etnica, sulla religione o sulle convinzioni personali, sull'età, sugli handicap o sulle tendenze sessuali.

Il Libro verde illustra l'analisi condotta dalla Commissione europea sui progressi compiuti finora, ricercando pareri su come l'UE possa proseguire nel suo impegno a combattere la discriminazione e a promuovere la parità di trattamento. Così facendo, ha accolto le richieste del Parlamento europeo e di altre istanze, che sollecitavano una consultazione pubblica in merito all'evoluzione futura della politica in questo settore.

Il Parlamento europeo e le organizzazioni della società civile hanno ricoperto un ruolo fondamentale nel portare avanti il programma dell'UE contro la discriminazione fino ad oggi, così come le autorità nazionali, che hanno definito e messo in atto tale programma politico. Tra le parti interessate rientrano organismi specializzati responsabili della promozione dell'uguaglianza negli Stati membri, enti regionali e locali, datori di lavoro, sindacati, esperti e docenti universitari.

La Commissione si augura che tutte le parti interessate partecipino attivamente all'esercizio di consultazione lanciato dal presente Libro verde. Data l'importanza che le politiche contro la discriminazione rivestono per quanti vivono nell'Unione europea, la Commissione invita i singoli cittadini ad esprimere le proprie opinioni in merito.

La seconda parte del Libro verde fa il punto sull'operato dell'UE nella lotta alla discriminazione e nella promozione della parità di trattamento nel corso degli ultimi cinque anni, analizzando in che modo tali iniziative si collegano ad altri sviluppi politici a livello europeo ed internazionale.

La terza parte esamina le nuove problematiche emerse negli ultimi anni, tra cui quelle derivanti dall'allargamento dell'UE. Valuta le implicazioni di questo contesto in mutamento per lo sviluppo delle politiche nel settore della non discriminazione e della parità di trattamento.

Le risposte al presente Libro verde saranno raccolte principalmente mediante un questionario online [1]. Il periodo di consultazione pubblica avrà inizio il 1° giugno 2004 e terminerà il 31 agosto 2004. Ulteriori istruzioni sulle modalità di partecipazione al processo di consultazione sono fornite nella quinta parte del Libro verde.

[1] http://europa.eu.int/yourvoice/forms/ dispatch.jsp?form=310&lang=IT

I risultati dell'esercizio di consultazione serviranno ad elaborare la prossima strategia politica della Commissione europea in materia di non discriminazione e di parità di trattamento. Oltre a fornire materia di riflessione per la nuova Commissione, che entrerà in carica nel novembre del 2004, verranno presi in considerazione nella stesura della nuova agenda per la politica sociale dell'UE, che dovrebbe essere approvata nel corso del 2005. La Commissione terrà inoltre conto dell'esito di questa consultazione pubblica nelle relazioni che dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, nel corso del 2005 e del 2006, sull'attuazione delle direttive e del programma sulla lotta alla discriminazione.

2. PROGRESSI COMPIUTI

2.1. L'emergere della lotta alla discriminazione quale competenza comunitaria

Negli ultimi trent'anni è stato introdotto un notevole corpus normativo europeo inteso a combattere la discriminazione sessuale legata alla retribuzione, alle condizioni di lavoro e alla sicurezza sociale. Nel corso degli anni, la giurisprudenza della Corte di giustizia europea ha contribuito a chiarire e a rafforzare tale quadro giuridico. Oggi la parità tra uomini e donne è riconosciuta quale uno degli obiettivi fondamentali dell'UE e ci si sforza d'integrare la specificità di genere in tutte le attività dell'Unione.

A partire dall'esperienza acquisita dall'UE nella lotta alla discriminazione sessuale, è divenuta, a metà degli anni '90, opinione diffusa che la Comunità europea dovesse combattere altre forme di discriminazione. Le organizzazioni della società civile e il Parlamento europeo hanno contribuito in maniera decisiva a portare avanti questo dibattito.

Tale processo è culminato con l'inclusione di un nuovo articolo (numero 13) nel trattato CE, in seguito all'entrata in vigore, nel 1997, del trattato di Amsterdam. L'articolo 13 ha rappresentato un significativo passo in avanti nella lotta contro la discriminazione a livello dell'UE, dotando la Comunità della facoltà d'intervenire per combattere la discriminazione fondata su nuovi motivi, tra cui la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, l'età, gli handicap o le tendenze sessuali.

Il suddetto articolo è stato successivamente modificato dal trattato di Nizza, per consentire l'adozione di misure d'incentivazione mediante regole di voto a maggioranza qualificata nel Consiglio. L'azione legislativa continua ad esigere l'approvazione unanime da parte del Consiglio, nonostante le proposte avanzate dalla Commissione di passare al voto a maggioranza qualificata nel contesto della Convenzione europea.

Articolo 13

Trattato che istituisce la Comunità europea (modificato dai trattati di Amsterdam e di Nizza)

1. Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

2. In deroga al paragrafo 1, il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all'articolo 251 quando adotta misure di incentivazione comunitarie, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1.

L'adozione dell'articolo 13 ha rispecchiato la crescente consapevolezza della necessità di mettere a punto un approccio coerente e integrato nei confronti della lotta alla discriminazione. Tale approccio si propone di sfruttare al meglio l'impegno comune per combattere la discriminazione e per beneficiare dello scambio di esperienze e di buone prassi tra i diversi ambiti. Oltre a fornire una base più efficace per affrontare situazioni di discriminazione multipla, consente di adottare impostazioni giuridiche e politiche comuni in relazione ai diversi aspetti, comprese definizioni comuni del concetto di discriminazione.

Pur riconoscendo le sfide specifiche che si pongono ai vari gruppi, questo approccio integrato si fonda sulla premessa che la parità di trattamento e il rispetto della diversità interessano la società tutta.

Le misure contro la discriminazione rientrano inoltre tra gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea sanciti dall'articolo 3 del progetto di Costituzione, presentato dalla Convenzione europea al Consiglio europeo nel luglio 2003.

2.2. Istituzione di un quadro giuridico

La Commissione europea si è mossa con rapidità per rendere effettivo quanto disposto dall'articolo 13 ed ha presentato, alla fine del 1999, un pacchetto di proposte. Ciò ha condotto, nel 2000, all'adozione unanime da parte del Consiglio di due direttive innovatrici [2], intese a garantire che quanti vivono nell'UE possano beneficiare di un'efficace tutela giuridica contro la discriminazione.

[2] Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (pubblicata nella GU L 180 del 19 luglio 2000), e la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (pubblicata nella GU L 303 del 2 dicembre 2000).

La prima direttiva (la direttiva sull'uguaglianza razziale) vieta la discriminazione diretta e indiretta, così come le molestie e gli ordini volti a discriminare le persone a causa della razza o dell'origine etnica. Copre i settori dell'occupazione, della formazione, dell'istruzione, della sicurezza sociale, dell'assistenza sanitaria, dell'alloggio e l'accesso a beni e servizi.

La seconda direttiva (la direttiva sulla parità in ambito lavorativo) è incentrata sulla discriminazione in materia di occupazione, condizioni di lavoro e formazione professionale. Affronta la discriminazione diretta e indiretta, così come le molestie e gli ordini volti a discriminare le persone a causa della religione o delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età e delle tendenze sessuali. Contiene disposizioni importanti circa le soluzioni appropriate da prevedere per i disabili, in modo da promuoverne l'accesso all'occupazione e alla formazione.

Le direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo traggono spunto dalla precedente normativa CEE in materia di parità fra uomini e donne. Molte delle definizioni e dei concetti giuridici utilizzati nelle due direttive sono stati ispirati dalla legislazione sull'uguaglianza dei sessi e/o dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea nello stesso ambito. La legislazione successiva in materia di uguaglianza dei sessi nell'UE si è a sua volta avvalsa delle innovazioni introdotte dalle due suddette direttive.

E' importante sottolineare come queste direttive abbiano innalzato significativamente il livello di tutela contro la discriminazione nell'UE, la quale, in questo settore, possiede attualmente uno dei quadri giuridici tra i più progrediti al mondo. Le direttive hanno richiesto notevoli modifiche al diritto nazionale di tutti gli Stati membri, anche di quelli che già possedevano una legislazione completa contro la discriminazione.

In alcuni paesi ciò ha comportato l'introduzione di un approccio verso la legislazione e la politica contro la discriminazione interamente nuovo e basato sui diritti. È altresì importante osservare che gli Stati membri stanno aggiornando la propria legislazione in materia di discriminazione sessuale alla luce della direttiva 2002/73/CE, che modifica la direttiva sulla parità di trattamento, e stanno recependo le direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo. In molti casi, ciò ha condotto all'adozione di una legislazione nazionale che copre la discriminazione sessuale insieme ad altre cause di discriminazione.

In molti Stati membri in cui le due direttive hanno introdotto per la prima volta la tutela contro la discriminazione a causa di determinati motivi prima non contemplati, oltre a formulare nuove definizioni e concetti giuridici, è stato necessario istituire nuovi organi specializzati in materia di parità e rafforzare i poteri di altri già esistenti.

I termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo sono ormai scaduti [3]. In molti Stati membri si sono verificati ritardi nel recepimento di queste direttive, sebbene negli ultimi mesi vi siano stati alcuni segnali positivi di avanzamento. La Commissione sta ricorrendo alle debite vie legali per garantire che le direttive siano correttamente recepite in tutti gli Stati membri.

[3] Il termine per il recepimento della direttiva 2000/43/CE era il 19 luglio 2003. Il termine per il recepimento della direttiva 2000/78/CE era il 2 dicembre 2003, sebbene alcuni Stati membri si siano avvalsi della possibilità di richiedere una proroga fino a tre anni per attuare le disposizioni riguardanti la discriminazione fondata sull'età e sugli handicap.

Vi è tuttavia un aspetto positivo da sottolineare, ovvero il fatto che nel processo di recepimento delle direttive alcuni Stati membri siano andati oltre le norme minime stabilite dalla legislazione comunitaria: hanno, ad esempio, vietato la discriminazione al di fuori della sfera lavorativa per motivi legati alla religione o alle convinzioni personali, agli handicap, all'età o alle tendenze sessuali. Vari Stati membri hanno istituito un unico quadro giuridico che, oltre alle cause contemplate dalle due direttive, investe anche la discriminazione sessuale.

È altresì positivo rilevare la tendenza alla creazione di singoli organismi di parità che si occupano di tutte le cause di discriminazione contemplate dalle direttive. In molti casi, tali organi nazionali affrontano la discriminazione sessuale insieme ad altri motivi di discriminazione di cui all'articolo 13 del trattato CE. La Commissione fa sì che gli organismi di parità abbiano l'indipendenza, le risorse e le capacità necessarie per un buon funzionamento.

È importante sottolineare che l'attuazione efficace della legislazione sulla non discriminazione dipende dall'impegno delle autorità nazionali, dal sostegno e dal coinvolgimento attivo della società civile e dal sostegno complementare di misure non legislative volte a combattere la discriminazione.

2.3. Il sostegno dell'UE alle misure contro la discriminazione

Le direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo sono integrate da un programma di intervento comunitario per la lotta alla discriminazione [4]. Tale programma comprende tutte le cause di discriminazione di cui all'articolo 13, ad eccezione del sesso, che è affrontato separatamente dal programma della Comunità europea sull'uguaglianza dei sessi [5].

[4] Decisione 2000/750/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che istituisce un programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni (2001-2006) (pubblicato nella GU L 303 del 2 dicembre 2000).

[5] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/equ_opp/fund_it.html

L'esistenza di un programma di intervento comunitario traduce la consapevolezza che la legislazione è solo uno degli elementi dell'azione contro la discriminazione. Per far fronte ai comportamenti discriminatori e per promuovere un graduale cambiamento di atteggiamento è anche necessario sostenere una serie di misure positive. Nello specifico, il programma si prefigge di:

* migliorare la comprensione delle problematiche relative alla discriminazione, mediante una migliore conoscenza di questo fenomeno e tramite una valutazione dell'efficacia delle politiche e delle prassi;

* sviluppare la capacità di prevenire e affrontare la discriminazione efficacemente, in particolare rafforzando gli strumenti di intervento delle organizzazioni e sostenendo lo scambio di informazioni e di buone prassi, nonché la creazione di reti a livello europeo, tenendo conto delle caratteristiche specifiche che assumono le diverse forme di discriminazione;

* promuovere e diffondere i valori e le prassi su cui si fonda la lotta contro la discriminazione, anche ricorrendo a campagne di sensibilizzazione.

Il bilancio totale destinato al programma è di 98,4 milioni di euro per il periodo 2001-2006.

A tre anni dal suo lancio, avvenuto nel 2001, il programma ha già dato un prezioso contributo all'impegno dell'UE e degli Stati membri nella lotta alla discriminazione. Il programma ha finanziato complessivamente circa 100 progetti e attività all'anno. Tali attività hanno visto la partecipazione di svariate parti interessate: dalle autorità nazionali alle organizzazioni che rappresentano persone potenzialmente esposte alla discriminazione, dalle parti sociali agli organismi di parità, dai responsabili di decisioni e politiche agli operatori della giustizia.

L'interesse del pubblico per le attività dell'UE nel campo della lotta alla discriminazione è cresciuto in misura considerevole dal lancio del programma. Un indice del livello di tale interesse è dato dall'alto numero di visite alle pagine web della Commissione europea dedicate a tale tema, che ne fa uno dei siti più visitati del portale Europa. Alcune indagini recenti indicano che, in un arco di tempo relativamente breve, la lotta alla discriminazione è divenuto uno dei settori più noti della politica sociale e a favore dell'occupazione dell'UE.

Il riquadro sottostante illustra alcuni esempi di progetti finanziati fino ad oggi dal programma. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della Commissione [6].

[6] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/fundamental_rights/prog/index_en.htm.

Esempi di attività finanziate mediante il programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni:

Parte 1 (Analisi e valutazione)

La Commissione europea ha pubblicato i risultati di un sondaggio d'opinione condotto dell'Eurobarometro [7] nel maggio 2003, in cui emerge che la maggior parte degli europei ritiene che l'origine etnica di un individuo, la religione, gli handicap o l'età possano costituire un ostacolo nella ricerca di un lavoro, anche a parità di qualifiche. La maggioranza si oppone a qualsiasi forma di discriminazione, sebbene dubiti che gli altri abbiano un atteggiamento analogo.

[7] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/fundamental_rights/prog/studies_en.htm

Parte 2 (Rafforzamento delle capacità)

La direttiva sull'uguaglianza razziale esige che gli Stati membri nominino un organismo specializzato in materia d'uguaglianza, che presti assistenza alle vittime e che pubblichi relazioni e raccomandazioni. A titolo della seconda parte del programma,è stato concesso un finanziamento per la creazione di una rete di organismi di parità, nuovi e già esistenti, e per promuovere scambi di esperienze e di buone prassi tra di essi.

Parte3 (Sensibilizzazione)

Nel giugno 2003, la Commissione europea ha lanciato una campagna quinquennale di sensibilizzazione in tutto il territorio dell'UE "Sì alle diversità - No alle discriminazioni" [8]. Con tale campagna, oltre ad informare le persone dei loro diritti e doveri rispetto al diritto europeo e nazionale in materia di discriminazione, s'intende promuovere i vantaggi derivanti dalla diversità per le imprese e per l'intera società.

[8] http:// www.stop-discrimination.info

I progetti incentrati sulla lotta contro la discriminazione in ambito lavorativo hanno altresì beneficiato dei finanziamenti dell'UE attraverso l'iniziativa comunitaria EQUAL e alle misure generali del Fondo sociale europeo. Alcuni progetti finanziati a titolo del programma comunitario per l'uguaglianza dei sessi hanno anche trattato la discriminazione fondata su altri motivi contemplati dall'articolo 13 (ad esempio, le donne appartenenti a minoranze etniche). Il programma d'azione comunitario per la lotta all'emarginazione sociale ha esaminato le relative problematiche dal punto di vista dell'inclusione sociale.

I programmi UE nel settore dell'istruzione, della formazione e della gioventù hanno finanziato attività a favore delle minoranze etniche, dei disabili e di altre categorie svantaggiate. I progetti di ricerca sulle questioni relative alla discriminazione sono stati sovvenzionati dal quinto e dal sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. Nella nuova versione del sito dell'UE "Dialogo con i cittadini" saranno disponibili informazioni sui diritti alla tutela contro la discriminazione e su altre questioni [9].

[9] http://europa.eu.int/ citizensrights

Esempio di progetto di cooperazione transnazionale EQUAL

"La diversità vince": questa campagna, che riunisce partner della Grecia, della Spagna, della Germania e dei Paesi Bassi, si propone di migliorare l'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro e di dimostrare ai datori di lavoro che la gestione della diversità va a vantaggio delle loro imprese e di tutta la società.

Per ulteriori informazioni, si veda la banca dati EQUAL (http://europa.eu.int/comm/ equal)

2.4. Il principio di non discriminazione e i diritti fondamentali

L'impegno dell'Unione europea verso il principio di non discriminazione è stato ribadito dalla proclamazione, nel dicembre 2000, della Carta dei diritti fondamentali [10]. L'articolo 20 sancisce il principio generale di uguaglianza davanti alla legge e l'articolo 21 verte sul principio di non discriminazione.

[10] http://europa.eu.int/comm/justice_home/ unit/charte/index_en.html

Carta dei diritti fondamentali dell'UE, articolo 21:

1. E' vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

2. Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.

L'articolo 21 della Carta riprende le sei cause contemplate dall'articolo 13 del trattato CE, oltre ad altre sette (origine sociale, caratteristiche genetiche, lingua, opinione politica o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio e nascita).

La Convenzione europea ha proposto d'integrare la Carta in un nuovo trattato costituzionale per l'Unione europea e che il nuovo trattato contenga, tra gli obiettivi fondamentali dell'UE, la non discriminazione. Tali proposte non sono ancora state approvate dagli Stati membri, in attesa dell'esito della Conferenza intergovernativa e dell'adozione del nuovo trattato.

L'inclusione della Carta dei diritti fondamentali nel trattato non fornirebbe una nuova base giuridica per un'ulteriore legislazione comunitaria in materia di non discriminazione, malgrado ciò molte delle cause supplementari che appaiono nella Carta sollevano importanti e delicate questioni (ad esempio, la discriminazione fondata sulle caratteristiche genetiche). Occorrerà riflettere su come portare avanti il dibattito su tali questioni a livello comunitario.

In conformità all'articolo 51 della Carta, i principi da essa stabiliti dovrebbero orientare lo sviluppo delle politiche comunitarie e la loro attuazione da parte delle autorità nazionali. La Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) ha sempre sostenuto che i diritti fondamentali dell'uomo, derivati dai documenti internazionali di cui tutti gli Stati membri sono firmatari, fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, della cui osservanza essa è garante [11]. La Carta è già diventata un importante riferimento per la CGCE nell'interpretazione del diritto comunitario. [12]

[11] Es., causa 29/69, Stauder v Città di Ulm, causa 4/73 ECR [1969] 00419, Nold v Commissione, causa C-60/00 ECR [1974] 00491, causa C-60/2000, Mary Carpenter v Secretary of State for the Home Department ECR [2002] I-006279

[12] Es. causa C-245/01 - RTL Television GmbH v Niedersächsische Landesmedienanstalt für privaten Rundfunk ECR [2003] 0000, cause T-116/01 & T-118/01 - P & O European Ferries (Vizcaya) & SA v and Diputación Foral de Vizcaya v Commissione delle Comunità europee ECR [2003] 0000..

In numerose occasioni la CGCE ha considerato il principio di non discriminazione fondata sul sesso o sulla nazionalità un diritto fondamentale del diritto comunitario e ogni deroga a tale principio deve essere strettamente interpretata [13]. Tale giurisprudenza influenzerà senza dubbio la CGCE quando esaminerà per la prima volta le direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo.

[13] Es. causa C-13/94, P v S and Cornwall County Council ECR [1996] I-02143, causa C-55/00, Gottardo ECR [2002] I-00413

2.5. La non discriminazione e l'agenda UE per la crescita, l'occupazione e la coesione sociale

Al Consiglio europeo di Lisbona, del marzo 2000, l'UE ha delineato una strategia globale decennale, volta a conseguire una crescita economica a lungo termine, la piena occupazione, la coesione sociale e uno sviluppo sostenibile. Tale strategia si fonda, in particolare, sulla strategia europea per l'occupazione e sul processo di inclusione sociale dell'UE.

Uno dei propositi della cosiddetta "agenda di Lisbona" è d'innalzare i livelli di occupazione delle categorie attualmente sottorappresentate nel mercato del lavoro. Gli obiettivi comprendono l'incremento del tasso di occupazione dei lavoratori anziani e delle donne, così come una riduzione significativa del divario di disoccupazione delle categorie svantaggiate, come i disabili, le minoranze etniche e i migranti, entro il 2010.

È importante rilevare come i bassi tassi di partecipazione e di occupazione di talune categorie siano dovuti a più fattori sociali ed economici. La partecipazione sociale e le misure nell'ambito del mercato del lavoro sono senz'altro indispensabili per migliorare la situazione delle categorie svantaggiate. La legislazione e le politiche in materia di non discriminazione possono chiaramente ricoprire un ruolo chiave nel sostenere l'agenda di Lisbona, poiché sono state concepite per rimuovere le barriere che impediscono ai membri di talune categorie di accedere al lavoro e alla formazione e sono altresì in grado di sfidare gli stereotipi ed i pregiudizi relativi alle capacità dei lavoratori anziani, dei disabili, delle minoranze etniche e religiose e dei migranti.

L'importanza di promuovere l'integrazione delle categorie svantaggiate e il rapporto con la non discriminazione è stata recentemente ribadita nell'ambito della strategia per l'occupazione dell'UE, che include un orientamento che mette in luce la necessità d'integrare le categorie svantaggiate nel mercato del lavoro [14]. La task force per l'occupazione, presieduta da Wim Kok, ha recentemente esortato gli Stati membri (e le parti sociali) ad impegnarsi più a fondo per promuovere l'integrazione dei migranti e dei cittadini extracomunitari nel mercato del lavoro, con misure volte a combattere la discriminazione sul luogo di lavoro [15].

[14] Decisione del Consiglio 2003/578/CE, del 22 luglio 2003, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.

[15] Relazione della task force per l'occupazione, novembre 2003

Orientamenti europei per l'occupazione (approvati dal Consiglio il 22 luglio 2003)

Orientamento 7

Gli Stati membri promuoveranno l'integrazione di quanti incontrano particolari difficoltà sul mercato del lavoro, come i giovani che hanno lasciato la scuola precocemente, i lavoratori poco qualificati, le persone con disabilità, gli immigrati e le minoranze etniche, sviluppandone l'occupabilità, aumentandone le opportunità di lavoro e impedendo ogni forma di discriminazione nei loro confronti.

Gli obiettivi comuni riveduti per il processo d'inclusione sociale dell'UE sono stati approvati dal Consiglio europeo di Copenaghen nel dicembre 2002 [16]. Questi ultimi sottolineavano l'elevato rischio di povertà e di esclusione sociale a cui sono soggetti alcuni uomini e donne come risultato dell'immigrazione e sollecitavano gli Stati membri ad affrontare la situazione delle minoranze etniche e dei migranti nei rispettivi piani d'azione nazionali per l'inclusione sociale. Il processo d'inclusione sociale prende altresì in considerazione strategie volte a promuovere l'accesso da parte dei disabili all'occupazione, alla formazione, all'istruzione, alla società dell'informazione, all'assistenza sanitaria, all'alloggio, al trasporto e ad altri servizi.

[16] Riferimento

La strategia europea per l'occupazione e il processo d'inclusione sociale sono finanziati dal Fondo sociale europeo (FSE), che consente la realizzazione delle misure volte a promuovere l'integrazione delle categorie svantaggiate, tra le quali l'iniziativa comunitaria EQUAL, che mira, in particolare, a combattere tutte le forme di discriminazione e di disuguaglianza in relazione al mercato del lavoro. Il sostegno alle categorie svantaggiate, incluse le minoranze etniche e i disabili, è stato ribadito quale priorità per i prossimi finanziamenti dei fondi strutturali dell'UE nella terza relazione della Commissione europea sulla coesione sociale, approvata il 18 febbraio [17].

[17] http://europa.eu.int/comm/regional_policy/ index_en.htm

2.6. La lotta alla discriminazione nel contesto internazionale

Il diritto alla non discriminazione è riconosciuto, inter alia, dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dal patto delle Nazioni unite sui diritti civili e politici, dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, dalla convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione razziale e dalla convenzione dell'OIL n. 111. La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e il patto delle Nazioni unite sui diritti civili e politici fissano inoltre un principio generale di uguaglianza. Le disposizioni sulla non discriminazione previste dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sono state recentemente potenziate dall'adozione di un protocollo 12 a suddetta convenzione, che sancirà il diritto a sé stante alla parità di trattamento.

L'Unione europea ha sostenuto attivamente i recenti sforzi compiuti dalla comunità internazionale per rafforzare il rispetto del principio di non discriminazione.

L'UE ha preso parte attiva alla conferenza mondiale contro il razzismo e la xenofobia (WCAR) tenutasi nel 2001 a Durban, in Sud Africa. Ha continuato inoltre a seguire i lavori della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa (ECRI) ed ha partecipato ad una serie di eventi organizzati dall'OSCE, sulla tolleranza e sulla non discriminazione, nel quadro delle sue attività sulla "dimensione umana".

Nell'ambito delle Nazioni Unite è stato lanciato un dibattito su una nuova convenzione che promuova e tutela i diritti umani dei disabili. La Commissione europea si è espressa a favore di tale strumento in una comunicazione approvata nel gennaio 2003 [18]. Consapevole del fatto che tale convenzione sui diritti dei disabili potrebbe rientrare tra le competenze comunitarie, molto probabilmente per quanto riguarda il settore della non discriminazione, il 31 gennaio 2003 la Commissione ha presentato una raccomandazione per ottenere dal Consiglio un mandato di negoziazione (SEC(2003)116), ancora in attesa di approvazione da parte di quest'ultimo.

[18] Verso uno strumento delle Nazioni Unite giuridicamente vincolante per la promozione e la tutela dei diritti e della dignità delle persone con disabilità, COM(2003)16 def., del 24 gennaio 2003.

A livello internazionale si è osservato, inoltre, un notevole interesse per i recenti sviluppi dell'UE, la cui legislazione in materia di lotta alla discriminazione è tra le più progredite del mondo ed è generalmente considerata un modello efficace. Oltre che con i paesi aderenti e quelli candidati (si veda la sezione 3.1 sull'allargamento dell'UE), la Commissione europea ha ricevuto richieste per avviare un dialogo contro la discriminazione con i paesi balcanici occidentali e con quelli implicati nella nuova politica di vicinato della Commissione [19]. Il principio della non discriminazione viene ribadito nell'accordo di Cotonou [20] concluso fra la UE e 78 paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico ed è uno dei temi oggetto del dialogo politico che sostiene la cooperazione con questi paesi.

[19] Europa Allargata - Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali COM(2003) 104 def., 11 marzo 2003.

[20] Articolo 13 dell'accordo di partenariato ACP UE firmato a Cotonou il 23 giugno 2000.

3. SFIDE PER IL FUTURO

3.1. Valutazione delle questioni connesse all'allargamento dell'UE

La pubblicazione del presente Libro verde avviene poco dopo l'allargamento dell'Unione europea, che conterà dieci nuovi Stati membri. Come per i vecchi Stati membri, la non discriminazione è importante per questi dieci nuovi paesi e per gli altri che hanno richiesto d'aderire all'UE, per tre ragioni principali:

* il principio di non discriminazione fa parte della base di diritti fondamentali sui quali si fonda l'UE. In quanto tale, è un elemento dei cosiddetti "criteri politici" per l'adesione, convenuti dagli Stati membri al Consiglio europeo di Copenaghen del 1993. I nuovi Stati membri hanno compiuti notevoli sforzi per rispettare tali criteri, requisito previo per l'apertura dei negoziati d'adesione;

* ai nuovi Stati membri si richiede il recepimento delle due direttive contro la discriminazione prima della loro adesione all'UE, come parte dell'acquis comunitario [21]. I nuovi Stati membri che non rispettano questo termine saranno trattati alla stregua degli altri Stati membri che presentano ritardi nel recepimento degli atti legislativi e saranno pertanto oggetto di procedure d'infrazione per violazione della legislazione comunitaria;

[21] Si veda la relazione su Eguaglianza, diversità e allargamento (disponibile in inglese, francese e tedesco in: http://europa.eu.int/comm/ employment_social/fundamental_rights/prog/studies_en.htm)

* la legislazione e le politiche sulla non discriminazione possono essere di sostegno agli sforzi intrapresi da questi paesi per promuovere l'inclusione e la partecipazione delle minoranze e delle categorie svantaggiate. I nuovi Stati membri beneficeranno inoltre di finanziamenti comunitari per mettere a punto strategie proprie nei settori dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

L'allargamento dovrebbe fungere da incentivo affinché tutti gli Stati membri intensifichino i propri sforzi per risolvere le difficoltà in cui incorrono le minoranze. Ciò concerne particolarmente i rom, che costituiranno la minoranza etnica numericamente più importante dell'UE allargata e che continueranno ad essere esposti a situazioni di esclusione e di discriminazione in vari Stati membri, vecchi e nuovi. Si tratta di un problema pluridimensionale, che richiede un approccio politico coerente. La legislazione e le politiche contro la discriminazione possono costituire un elemento di tale approccio, mentre le altre politiche e i vari strumenti di finanziamento dell'UE possono sostenere l'impegno delle autorità nazionali e delle organizzazioni della società civile nel far fronte a queste problematiche.

I nuovi paesi hanno incontrato in genere gli stessi problemi dei vecchi Stati membri nel recepire la legislazione comunitaria in materia di lotta alla discriminazione. L'introduzione per la prima volta di una tutela giuridica contro la discriminazione per determinate cause (handicap, tendenze sessuali e età) ha posto serie difficoltà ad alcuni nuovi Stati membri. La Commissione ha sottolineato l'importanza di adottare misure per far fronte alla discriminazione fondata su tutti i motivi contemplati dalla legislazione comunitaria contro la discriminazione, ponendo l'accento sul fatto che la legislazione nazionale d'attuazione debba menzionare esplicitamente tutti i motivi.

L'approccio agli handicap fondato sui diritti, che informa la politica comunitaria in materia di lotta alla discriminazione, è ancora un concetto relativamente nuovo per le autorità pubbliche e le organizzazioni non governative di molti dei nuovi Stati membri. Il recepimento delle disposizioni antidiscriminatorie in fatto di tendenze sessuali si è rivelato controverso in vari nuovi Stati membri.

Nei nuovi Stati membri i tassi di occupazione dei lavoratori anziani sono generalmente molto bassi (la media dei dieci nuovi Stati membri è solo del 30,5%) e i lavoratori anziani che hanno subito le conseguenze della ristrutturazione economica incontrano spesso difficoltà ad accedere alla formazione e a nuove opportunità di lavoro. La discriminazione per ragioni d'età è un fenomeno attualmente poco riscontrato in molti dei paesi in questione, ma apparentemente le misure per far fronte alla discriminazione nell'accesso all'occupazione e alla formazione richieste dalla legislazione comunitaria potrebbero rientrare in un più ampio approccio politico volto ad innalzare i tassi di partecipazione al lavoro dei lavoratori anziani.

Occorre altresì tenere conto di come l'allargamento cambierà il contesto politico e istituzionale in cui saranno elaborate le politiche sulla non discriminazione e sulla parità di trattamento. In assenza di un emendamento all'articolo 13 del Trattato CE, l'adozione di una legislazione comunitaria in questo settore continua a richiedere l'accordo unanime degli Stati membri in seno al Consiglio. Ciò sarà chiaramente più difficile da ottenere in un'Unione con 25 o più Stati membri. Un ulteriore intervento legislativo in questo settore richiederà una volontà politica forte e condivisa da tutti gli Stati membri, senza che ciò precluda l'intervento a livello nazionale, per garantire che l'attuale quadro giuridico sia pienamente attuato e applicato nell'UE allargata.

L'allargamento, infine, obbligherà l'Unione europea a stabilire priorità nello stanziamento delle risorse finanziarie. Le proposte della Commissione per le prospettive finanziarie della UE dopo il 2007 figurano in una comunicazione adottata il 10 febbraio 2004 [22].

[22] Costruire il nostro avvenire comune - Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 - COM(2004) 101 def.

3.2. Attuazione del quadro giuridico

L'UE ha messo in atto un solido quadro giuridico per la lotta alla discriminazione. La sfida immediata sarà ora di garantire la piena ed effettiva attuazione di suddetto quadro. Occorrerà senz'altro colmare il divario tra le disposizioni giuridiche approvate dall'UE nel 2000, verificare lo stato d'attuazione in alcuni Stati membri e far fronte al persistere di pratiche discriminatorie. Vi sono, infatti, prove che la discriminazione razziale in particolare sia aumentata negli ultimi anni [23].

[23] Si vedano, ad esempio, le relazioni presentate dall'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia concernenti l'islamofobia e l'antisemitismo e l'indagine di Eurobarometro su Discriminazione in Europa,

La Commissione europea dovrà rendere conto al Consiglio e al Parlamento, nel 2005 e 2006, sullo stato d'attuazione delle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo. La relazione che presenterà dovrà comprendere, se necessario, proposte di revisione e d'aggiornamento delle direttive. Sebbene sia ancora troppo presto per giudicare se il nuovo quadro giuridico funziona a dovere in tutti gli Stati membri, è già possibile individuare alcuni punti deboli.

La Commissione è preoccupata nell'osservare che molti Stati membri non paiono avere approfittato dei tre anni intercorsi dall'adozione delle direttive per introdurre le dovute disposizioni. È altresì consapevole delle critiche espresse dai rappresentanti della società civile in merito all'assenza di consultazione in alcuni Stati membri durante il processo di attuazione.

La Commissione constata con grande inquietudine i ritardi nel recepimento delle direttive in numerosi Stati membri. In alcuni paesi, si sta ancora dibattendo il progetto di legislazione o addirittura non è stato ancora presentato ufficialmente. In altri casi, la legislazione non copre ancora l'intero territorio dello Stato membro o tutti i livelli di potere pertinenti.

Laddove la legislazione è stata adottata, spesso essa non recepisce completamente tutte le disposizioni particolareggiate delle direttive. I vecchi e i nuovi Stati membri, così come quelli candidati, hanno dovuto affrontare le stesse difficoltà a tale riguardo: è stato necessario introdurre nuove definizioni di discriminazione diretta e indiretta e di molestia; hanno dovuto considerare nuovi concetti giuridici, quali la condivisione dell'onere di prova nei casi di discriminazione; sono dovuti intervenire per proibire la discriminazione in settori diversi dall'occupazione, quali l'istruzione, la sicurezza sociale, l'assistenza sanitaria, l'alloggio e l'accesso a beni e servizi. Non è affatto chiaro se tutti questi requisiti sono stati assimilati nella legislazione nazionale di tutti gli Stati membri.

È evidente che resta ancora molto da compiere per garantire la piena ed effettiva attuazione delle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo. Ciò richiederà ulteriori interventi da parte delle autorità pubbliche per completare il processo di recepimento nel diritto nazionale, oltre a rinnovati sforzi per quanto riguarda l'opera di sensibilizzazione, la formazione e la cooperazione con la società civile.

Nonostante queste sfide impegnative che si pongono a livello dell'attuale quadro giuridico, a partire dal 2000 è emersa da più parti l'esigenza di estendere e potenziare ulteriormente l'ambito di tutela offerto dal diritto comunitario, per quanto concerne alcuni dei motivi di discriminazione di cui all'articolo 13.

La Commissione europea ha già avanzato una proposta, a titolo dell'articolo 13, di una nuova direttiva sulla parità di trattamento tra donne e uomini nell'accesso a beni e servizi e nella fornitura di beni e servizi [24], attualmente in fase di discussione in Consiglio.

[24] COM(2003) 657 def. [traduzione italiana non disponibile].

Nel corso dell'Anno europeo delle persone con disabilità 2003, le organizzazioni rappresentanti dei disabili hanno invocato nuovi interventi contro la discriminazione fondata sugli handicap in settori diversi dall'occupazione. La Commissione europea ha delineato, in un piano d'intervento europeo adottato nell'ottobre 2003 [25], la strategia generale che intende perseguire per continuare a sostenere i disabili. Tale piano d'azione contempla una serie di iniziative finalizzate a promuovere l'accesso delle persone disabili all'occupazione e all'apprendimento permanente, nonché a sviluppare nuove tecnologie e a consentire l'accessibilità all'ambiente edificato.

[25] Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d'azione europeo, COM(2003) 650 def., 30.10.2003.

I gruppi d'interesse e gli esperti stanno esercitando forti pressioni a favore di ulteriori iniziative, tra le quali interventi per combattere la discriminazione per motivi d'età nella fornitura di beni e servizi, per aumentare il livello di tutela contro la discriminazione fondata sulle tendenze sessuali o per rispondere alle necessità specifiche di alcune minoranze, come i rom.

Sebbene prenda atto delle suddette richieste d'intervento, la Commissione è consapevole della necessità di garantire l'effettiva attuazione del quadro giuridico vigente. È altresì importante tener presente che la legislazione non rappresenta l'unico strumento disponibile a livello europeo, nazionale o regionale per combattere la discriminazione. Nella pratica, la lotta alla discriminazione richiede il pieno utilizzo di un'ampia gamma di strumenti politici e finanziari, senza contare l'apporto essenziale per il coronamento di questi sforzi costituito dall'intervento collettivo delle varie parti interessate.

3.3. Miglioramento della raccolta dei dati, del monitoraggio e dell'analisi

A causa dell'assenza di meccanismi per raccogliere i dati e seguire le tendenze e i progressi negli Stati membri, attualmente risulta difficile valutare la portata reale delle sfide esistenti e misurare l'efficacia della legislazione e delle politiche volte a combattere la discriminazione.

Questa situazione riflette, in parte, una preoccupazione comprensibile per il rispetto della vita privata e delle norme sulla raccolta dei dati. Pur tuttavia, una maggiore disponibilità di dati quantitativi e qualitativi potrebbe favorire lo sviluppo delle politiche antidiscriminatorie, fissando posizioni di partenza, individuando le conseguenze delle ineguaglianze e analizzandone la portata. Sarebbe inoltre utile disporre di dati per seguire l'impatto della politica e dei finanziamenti.

Tali dati non dovrebbero essere aggregati in base al sesso, dato che le ineguaglianze possono avere ripercussioni diverse sulle donne e sugli uomini. La raccolta di dati raffrontabili per un periodo di tempo determinato contribuirebbe peraltro a stabilire le tendenze e a verificare i cambiamenti in corso sul luogo di lavoro e in altre sfere.

La Commissione europea è pienamente consapevole della sensibilità della questione. Nel contempo, essa ritiene che un dialogo con le autorità nazionali ed altre parti interessate circa le possibilità di migliorare la raccolta di dati in questo settore potrebbe rivelarsi utile per il futuro sviluppo della politica contro la discriminazione.

3.4. Il sostegno dell'UE alle misure pratiche contro la discriminazione

Il programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni ha già contribuito ad accrescere la sensibilizzazione e a sostenere la formazione ed altre misure pratiche volte a promuovere la parità di trattamento. La sfida consisterà adesso nello stabilire le priorità strategiche su cui fondare il futuro finanziamento UE per promuovere la non discriminazione, soprattutto in seguito all'allargamento. La Commissione è tenuta a presentare al Consiglio e al Parlamento alla fine del 2005 una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione del programma. In tale relazione si terrà conto di una valutazione indipendente del programma, che è in corso.

Senza pregiudicare i risultati della valutazione o i contenuti della relazione della Commissione, è già possibile mettere in luce alcuni risultati preliminari ed un numero di questioni, in base all'esperienza acquisita con l'attuazione del programma nel corso degli ultimi tre anni.

L'approccio integrato alle cinque cause di discriminazione contenute nel programma si è rivelato un'utile base per gli scambi di esperienze e di buone pratiche (si veda la sezione 2.1). E' tuttavia evidente che alcune organizzazioni abituate a lavorare con particolari gruppi destinatari hanno giudicato difficile il passaggio a questo tipo di approccio.

Si è registrata una forte domanda dei prodotti del programma in quella che è un'area politica relativamente nuova a livello UE ed in molti Stati membri. Ciò si è verificato in modo particolare per i vari studi, relazioni, seminari e conferenze sostenuti mediante il programma. La Commissione accoglierà positivamente i contributi sulle priorità tematiche delle attività future che rientrano nella parte di analisi e valutazione del programma, conformemente alla più ampia agenda dell'UE in tema di uguaglianza e non discriminazione.

Una percentuale notevole delle risorse umane e finanziarie disponibili grazie al programma d'azione è stata destinata a progetti transnazionali, che riuniscono una serie di gruppi e di organizzazioni. Sebbene vi sia stata una forte richiesta di finanziamenti nel quadro di questa parte del programma, il più vasto impatto di tali progetti e la loro rilevanza per il futuro sviluppo delle politiche contro la discriminazione a livello UE e nazionale continuano, in taluni casi, ad essere incerti.

Un numero significativo di finanziamenti di base è stato inoltre fornito, grazie al programma, al Forum europeo della disabilità (EDF), alla Rete europea contro il razzismo (ENAR), alla Piattaforma europea per le persone anziane (AGE) e a ILGA-Europe (Associazione gay e lesbica internazionale) nonché ad una serie di reti minori che operano nel campo della disabilità. Questi finanziamenti mirano a consentire a queste organizzazioni di lottare contro la discriminazione, di promuovere l'uguaglianza e di coinvolgere i rispettivi membri in una serie di attività. Il valore aggiunto del finanziamento UE a queste reti sarà giudicato nel quadro della valutazione esterna del programma.

Il programma ha infine sostenuto attività di sensibilizzazione condotte a livello UE e nazionale. Sebbene questi sforzi abbiano iniziato a produrre risultati, la necessità di promuovere cambiamenti nei comportamenti e nelle opinioni è chiaramente un processo a lungo termine. Le prossime attività di sensibilizzazione potrebbero concentrarsi in maniera più specifica su particolari gruppi destinatari e messaggi chiave. Esse dovranno inoltre prendere in considerazione l'enorme varietà dei contesti nazionali dell'UE allargata.

Per concludere, occorre chiaramente che l'Unione europea continui a concedere finanziamenti per sostenere misure positive in questo settore politico relativamente nuovo. Al fine di trarre il massimo beneficio dai limitati finanziamenti disponibili, la Commissione accoglierà favorevolmente le opinioni relative alle priorità e agli obiettivi delle attività future.

3.5. Rafforzamento della cooperazione con le parti interessate

Numerose parti interessate hanno svolto un ruolo attivo nello sviluppo dell'agenda dell'UE contro la discriminazione. La sfida per il futuro consisterà nel rafforzare il loro coinvolgimento nell'attuazione di questa agenda e nel promuovere la creazione di reti e gli scambi di esperienze fra le principali parti interessate.

Le autorità nazionali sono collaboratori fondamentali nello sviluppo della legislazione e della politica contro la discriminazione. La Commissione ha stabilito una stretta associazione con i ministeri e le agenzie governative pertinenti durante il processo di recepimento delle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo nonché per quanto riguarda l'attuazione del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni.

Il Parlamento europeo ha ricoperto un ruolo importante nello sviluppo della politica UE contro la discriminazione e la Commissione si augura di continuare a collaborare con il Parlamento in questo campo dopo le elezioni del giugno 2004.

L'importante ruolo delle parti sociali e delle organizzazioni non governative (ONG) nell'attuazione e nell'applicazione della legislazione in tema di lotta alla discriminazione è specificatamente menzionato nelle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo.

A livello europeo le parti sociali hanno approvato una dichiarazione durante l'Anno europeo delle persone con disabilità (2003). Per il 2004 prevedono di aggiornare la loro Dichiarazione sul razzismo del 1995. La CES ha sviluppato un progetto sulla non discriminazione con i suoi membri, con il sostegno del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni.

Intervento sindacale contro la discriminazione fondata sulla razza e la religione

Nell'ambito del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni la Confederazione europea dei sindacati ha ricevuto un finanziamento a favore di un progetto con i sindacati associati concernente la discriminazione fondata sulla razza e la religione sul luogo di lavoro. Il progetto si propone di esaminare la misura in cui tale questione è trattata dagli accordi collettivi nonché di fornire una panoramica del numero di persone appartenenti a minoranze religiose o razziali che partecipano al processo decisionale dei sindacati.

La legislazione europea contro la discriminazione coinvolge i datori di lavoro del settore pubblico e privato. Essa riguarda imprese sia di piccole che di grandi dimensioni, così come i lavoratori autonomi. Oltre al rispetto dei requisiti di legge, i datori di lavoro europei favorevoli al progresso stanno iniziando a riconoscere i vantaggi della diversità. Questo va di pari passo con la più ampia agenda UE per la promozione della responsabilità sociale delle imprese. Sono state effettuate delle ricerche per conto della Commissione sui costi e sui benefici della diversità per i datori di lavoro e la Commissione ha anche cercato di riconoscere gli sforzi compiuti da alcuni datori di lavoro in questo campo nel quadro di un sistema di incentivi per le imprese.

I costi e i benefici della diversità per i datori di lavoro

Nel novembre 2003 la Commissione europea ha pubblicato uno studio indipendente riguardante i "costi e i benefici delle politiche della diversità nelle imprese" [26]. Lo studio basato su un'indagine condotta con la partecipazione di oltre 200 piccole e grandi imprese ha individuato una serie di vantaggi importanti connessi alla diversità nella forza lavoro, che comprendono la reputazione dell'azienda, il capitale umano e l'eliminazione dei costi relativi alla discriminazione e alle molestie sul luogo di lavoro. Le sfide emerse nella relazione comprendono la mancanza di consapevolezza, la resistenza ai cambiamenti organizzativi e le difficoltà connesse alla raccolta dei dati.

[26] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/fundamental_rights/prog/studies_en.htm

Le ONG continuano ad essere i principali sostenitori dello sviluppo di politiche di non discriminazione nell'UE. Molte hanno beneficiato di un finanziamento nell'ambito del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni, che ha consentito una cooperazione a livello europeo. A livello nazionale le ONG rivestono un ruolo importante nel sostegno del recepimento della legislazione CE contro la discriminazione, nella promozione della consapevolezza dei nuovi diritti e doveri e nell'assistenza alle vittime.

L'approccio integrato contro la discriminazione a norma dell'articolo 13 del trattato ha incoraggiato la cooperazione tra le ONG con una tradizione di lavoro con gruppi specifici. Per alcune organizzazioni si è trattato di una sfida importante. I finanziamenti concessi alle ONG nell'ambito del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni hanno contribuito inoltre a portare l'attenzione sul nuovo quadro politico dell'UE contro la discriminazione e sulla necessità di ottenere risultati conformi a questa nuova politica.

La direttiva sull'uguaglianza razziale impone agli Stati membri di istituire organismi specializzati al fine di promuovere la parità di trattamento, in particolare fornendo assistenza alle vittime di discriminazione e presentando relazioni e raccomandazioni indipendenti. Una prescrizione simile di istituire un organismo che si occupi della parità di trattamento tra donne e uomini è contenuta nella direttiva modificata sulla parità di trattamento del 2002 [27] e nella proposta di direttiva sulla parità di trattamento fra uomini e donne nell'accesso a beni e servizi, presentata dalla Commissione nel novembre 2003. [28]

[27] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/equ_opp/rights_en.html

[28] COM(2003) 657 def. del 5 novembre 2003

In effetti diversi Stati membri hanno colto questa opportunità per istituire organismi sulla parità di trattamento, congiunti o separati, che si occupano di tutti i casi di discriminazione di cui all'articolo 13. Questo è uno sviluppo positivo, in quanto dimostra che alcuni Stati membri sono disposti ad andare oltre le norme minime stabilite dal diritto comunitario. Gli organismi sulla parità di trattamento contribuiranno sicuramente in modo significativo al futuro sviluppo della politica UE contro la discriminazione.

Anche le autorità regionali e locali sono partner fondamentali della politica UE contro la discriminazione e a favore della parità di trattamento. Esse possono contribuire dando un esempio positivo come datori di lavoro e fornitori di servizi. Si trovano inoltre in una posizione favorevole per sensibilizzare le comunità locali e promuovere il dialogo. Il Comitato delle regioni ha sostenuto attivamente la politica comunitaria contro la discriminazione.

Anche il mondo accademico ha contribuito al dibattito sulla politica UE contro la discriminazione. In seguito all'adozione delle direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo è stata elaborata una serie di documenti importanti.

L'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia di Vienna continua a sostenere lo sviluppo della politica UE in quest'area. A seguito delle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2003 sono ora in corso discussioni concernenti l'ampliamento del mandato dell'osservatorio di Vienna a tutte le questioni in materia di diritti umani. Sarà necessario esaminare come la nuova agenzia per i diritti umani potrà continuare il proprio lavoro sulla discriminazione razziale e coprire anche altre forme di discriminazione.

3.6. Integrazione del principio di non discriminazione in altre aree politiche

Le direttive sull'uguaglianza razziale e sulla parità in ambito lavorativo insieme al programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni fanno parte della più ampia strategia dell'UE per promuovere l'inclusione sociale e la partecipazione dei gruppi svantaggiati. Una delle sfide chiave del futuro sarà quella di rafforzare il contributo degli altri strumenti politici e finanziari dell'UE alla lotta contro la discriminazione.

Nel contesto della strategia europea per l'occupazione alcuni Stati membri hanno iniziato ad avvalersi dei programmi d'azione nazionali a favore dell'occupazione al fine di sviluppare una strategia globale che unisca misure per promuovere l'integrazione delle categorie svantaggiate e misure di lotta a atteggiamenti, comportamenti e prassi discriminatori. Tuttavia si inizia solo adesso a riconoscere i meriti di questo duplice approccio e potrebbe essere utile rafforzarne l'applicazione.

L'analisi dei programmi d'azione nazionali a favore dell'inclusione sociale del 2003 ha dimostrato che solo una minoranza di Stati membri crea un nesso esplicito fra misure contro l'esclusione sociale e misure contro la discriminazione, inclusa la legislazione contro la discriminazione. Questo nesso potrebbe essere rafforzato dagli Stati membri e dai gruppi attivi nella lotta contro l'esclusione sociale.

Per quanto riguarda i migranti e le minoranze etniche, le misure nazionali nel campo dell'occupazione e dell'inclusione sociale continuano a porre l'accento sulla necessità dei migranti e delle minoranze etniche di adattarsi, soprattutto attraverso misure di integrazione come i corsi di lingua. Sebbene tali iniziative siano importanti, dovrebbero essere accompagnate da misure che affrontano i comportamenti, gli atteggiamenti e le prassi potenzialmente discriminatori della maggioranza della popolazione, che impediscono agli individui di accedere ad un lavoro, un servizio o un corso di formazione indipendentemente dalle qualifiche, dall'esperienza o dalla conoscenza linguistica. Si potrebbe incoraggiare gli Stati membri a fare un maggior uso del Fondo sociale europeo per combattere la discriminazione e attuare misure di integrazione più tradizionali come l'offerta di formazione.

Al posto di prendere provvedimenti specifici molti Stati membri cercano di rivolgersi ai gruppi più vulnerabili mediante iniziative generali, ponendo l'accento sul miglioramento delle qualifiche lavorative, sull'accesso agli alloggi e sull'istruzione. Solo pochi paesi definiscono obiettivi chiari e specifici per i gruppi svantaggiati. La mancanza di dati affidabili e comparabili rappresenta un chiaro ostacolo allo sviluppo e al monitoraggio di politiche nazionali ed europee efficaci in questo campo.

La Commissione osserva la crescente tendenza a livello nazionale in alcuni Stati membri ad occuparsi della parità di trattamento fra donne e uomini insieme ad altre misure volte a combattere la discriminazione di altro tipo di cui all'articolo 13 del trattato CE. Ciò vale in particolare per quanto riguarda le misure giuridiche e l'istituzione di organismi singoli che si occupano di diversi tipi di discriminazione a livello nazionale. Lo sviluppo di un'impostazione integrata è volto, in particolare, a far fronte alle situazioni di discriminazione multipla e al desiderio di sviluppare metodi efficaci di promozione della parità di trattamento. La Commissione è consapevole che molti datori di lavoro tendono ad affrontare queste diverse questioni in un'unica politica di promozione della diversità e di lotta alla discriminazione.

La Commissione sarebbe pertanto interessata a conoscere i pareri in merito alle possibilità di rafforzare l'approccio integrato contro la discriminazione di qualsiasi tipo di cui all'articolo 13 del trattato CE. Questo non dovrà sostituire l'interesse particolare per gli accordi istituzionali specifici e le iniziative dirette contro ogni forma di discriminazione sessuale, poiché fanno parte dell'impostazione generale esistente.

4. CONCLUSIONI

Il presente Libro verde viene presentato allo scopo di sollevare una serie di questioni connesse al futuro della politica sulla parità di trattamento e sulla non discriminazione in un'Unione europea allargata.

Nel corso degli ultimi cinque anni sono stati compiuti enormi progressi a livello dell'UE per sviluppare un quadro politico e giuridico contro la discriminazione e promuovere la parità di trattamento. È tuttavia importante riconoscere che ancora molto rimane da fare per garantire un'attuazione completa ed efficace nell'UE allargata. Inoltre, è importante ricordare che la legislazione rappresenta solo uno strumento nella lotta contro la discriminazione. Per cambiare gli atteggiamenti ed i comportamenti è necessario uno sforzo continuo che sostenga la legislazione con misure concrete.

Il presente Libro verde evidenzia diversi settori in cui sono necessari ulteriori sforzi. Molti richiedono interventi a livello nazionale e regionale, nonché la partecipazione attiva dei cittadini e degli interessati. L'UE continuerà a sostenere e a monitorare questo processo.

Il presente Libro verde propone diverse azioni che potrebbero essere esaminate a livello europeo. Tali proposte hanno lo scopo di stimolare la discussione e non sono esaustive. Ciò vale anche per il questionario on-line allegato al presente documento, che è studiato per facilitare la partecipazione di una parte più ampia del pubblico rispetto a quella che generalmente ha la possibilità di contribuire alla politica UE. Tutti gli interessati sono invitati a contribuire a questo dibattito e ad avanzare le loro proposte per il futuro. La Commissione si augura di ricevere le vostre opinioni al fine di contribuire allo sviluppo della futura politica dell'UE sulla non discriminazione e sulla parità di trattamento.

5. COME PARTECIPARE ALLA PRESENTE CONSULTAZIONE

Il periodo di consultazione pubblica ha inizio l'1 maggio e termina il 31 luglio 2004.

V'invitiamo ad inviare le vostre risposte utilizzando il formulario in linea, reperibile sul sito Web della Commissione europea:

Ogni dato relativo a persone fisiche rimarrà anonimo. Le organizzazioni sono invitate ad indicare la propria identità.

Vi suggeriamo vivamente d'impiegare il formulario in linea, che renderà più facile tener conto delle vostre opinioni nel processo di consultazione. Si può tuttavia anche inviare un breve contributo scritto al seguente indirizzo:

Libro verde

DG EMPL/D/3

J37 2/23

Commissione europea

B-1049 Bruxelles

ALLEGATO

Libro Verde sull'uguaglianza e sulla non discriminazione nell'UE allargata

Questionario

1. Far fronte alla sfida dell'allargamento

Che importanza attribuite al fatto che dopo l'allargamento l'UE intensifichi i propri sforzi volti a combattere la discriminazione fondata sulla razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età e le tendenze sessuali?

Molto importante - importante - non importante - non so

2. Applicazione del principio di non discriminazione nel diritto e nella pratica

Che effetto ritenete la legislazione europea abbia avuto nell'UE sui livelli di tutela contro la discriminazione fondata sulla razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età e le tendenze sessuali?

Un effetto molto sensibile - un effetto sensibile -un effetto limitato - nessun effetto - non so

Quali ostacoli pensate si oppongano ancora ad un'efficace applicazione della legislazione europea contro la discriminazione? (Non più di 3 risposte)

* Incompletezza della legislazione nazionale di recepimento

* Mancanza d'informazioni/di consapevolezza dei diritti e dei doveri stabiliti dalla legislazione contro la discriminazione.

* Persistere di atteggiamenti e comportamenti discriminatori

* Difficoltà incontrate dalle vittime della discriminazione nell'accedere ai tribunali

* Insufficiente efficacia di sanzioni e rimedi giurisdizionali

* Differenti livelli di tutela per diversi motivi di discriminazione

* Sovrapposizione/conflitti tra le disposizioni sui differenti motivi di discriminazione

* Scarsa capacità delle organizzazioni non governative e dei sindacati di difendere le vittime

* Efficacia degli organismi specializzati in tema di parità dei diritti

* Altro (testo libero - numero massimo di parole)

Ritenete che vi siano gravi problemi i quali attualmente esulano dal campo d'applicazione della legislazione europea contro la discriminazione? (Si/No)

* In caso affermativo, indicare quali. (testo libero - numero massimo di parole)

* A vostro parere quale efficacia avrebbero i seguenti strumenti per affrontare tale problema? (Non più di 3 risposte)

- Sensibilizzazione

- Formazione

- Codici deontologici volontari

- Accordi tra parti sociali

- Ulteriore legislazione

- Rispetto della normativa in tema di appalti/contratti pubblici

- Interventi di discriminazione positiva

* Valutate l'importanza d' intervenire ai livelli seguenti:

- Locale

- Regionale

- Nazionale

- Europeo

Sarebbe opportuno che l'UE incoraggiasse il dibattito su motivi supplementari di discriminazione contemplati dalla Carta dei diritti fondamentali [29]? (Non più di 3 risposte)

[29] Si veda l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

* Origine sociale

* Caratteristiche genetiche

* Lingua

* Opinioni politiche o d'altro tipo

* Appartenenza ad una minoranza nazionale

* Situazione patrimoniale

* Nascita

3. Miglioramenti nella raccolta dei dati, nel monitoraggio e nell'analisi

Quale importanza attribuite alla raccolta dei dati in vista della definizione di politiche efficaci di promozione dell'uguaglianza e lotta alla discriminazione?

Molto importante - Importante - Priva d'importanza - Non so

Convenite sul fatto che l'UE dovrebbe la cooperare con le autorità nazionali e le altre parti interessate per esaminare le possibilità di raccogliere dati relativi alla discriminazione ed all'integrazione dei gruppi sociali svantaggiati?

Pienamente d'accordo - d'accordo - non d'accordo - in forte disaccordo - non so

4. Pieno impiego dei fondi UE

Quali dei seguenti settori andrebbero considerai prioritari ai fini dell'allocazione dei fondi UE? (Non più di 3 risposte)

* Studi su scala UE che raffrontino la casistica della discriminazione ai provvedimenti presi per combatterla

* Analisi e monitoraggio degli effetti della legislazione contro la discriminazione

* Attività d'informazione e sensibilizzazione

* Formazione in tema di diversità e discriminazione

* Costituzione di reti tra gruppi coinvolti nella lotta alla discriminazione

* Formazione professionale ed esperienza lavorativa per gli appartenenti a gruppi sociali svantaggiati

* Altro (testo libero)

Su quali tematiche dovrebbero concentrarsi le attività future? (Non più di 3 risposte)

* Occupazione e luogo di lavoro

* Argomenti di natura economica a favore della diversità

* Appalti pubblici

* Discriminazione al di fuori della sfera occupazionale (istruzione, sicurezza sociale, assistenza sanitaria, accesso a beni e servizi, alloggio)

* Confronti internazionali nel campo della lotta alla discriminazione

* Ripercussioni economiche della legislazione contro la discriminazione

* Altro (testo libero)

5. Rafforzamento della cooperazione con le parti interessate

Quale delle seguenti parti interessate riterreste opportuno coinvolgere maggiormente nelle attività dell'UE contro la discriminazione? (Non più di 3 risposte)

* Autorità nazionali

* Autorità regionali e locali

* Organizzazioni che si occupano di vittime potenziali della discriminazione

* Reti di ONG a livello europeo

* Organizzazioni sindacali

* Organizzazioni di datori di lavoro

* Grandi imprese

* Piccole e medie imprese

* Fornitori di servizi

* Organismi specializzati in tema di parità dei diritti

* Giudici e operatori di giustizia

* Altro (testo libero)

6. Garanzia di complementarietà con altri settori della politica UE

Quali dei seguenti strumenti ritenete possa venir utilizzato in modo più efficace per sostenere l'attività dell'UE nella lotta alla discriminazione? (Non più di 3 risposte)

* Strategia europea per l'occupazione

* Strategia e programma europeo per l'inclusione sociale

* Fondo sociale europeo

* Iniziativa comunitaria EQUAL

* Dialogo sociale

* Responsabilità sociale delle aziende

* Istruzione, formazione e gioventù

* Altro (testo libero)

Convenite sulla necessità collegare più strettamente a livello di UE l'impegno contro la discriminazione sessuale a quello per la lotta alla discriminazione fondata sulla razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, l'età, gli handicap e le tendenze sessuali?

Pienamente d'accordo - d'accordo - non d'accordo - in forte disaccordo - non so

Siete d'accordo che continui ad essere necessario affrontare in modo specifico la discriminazione sessuale e l'inserimento delle questioni di genere nella dialettica della società civile?

Pienamente d'accordo - d'accordo - non d'accordo - in forte disaccordo - non so