52004DC0334

Libro verde sul ravvicinamento, il reciproco riconoscimento e l'esecuzione delle sanzioni penali nell'Unione europea /* COM/2004/0334 def. */


LIBRO VERDE sul ravvicinamento, il reciproco riconoscimento e l'esecuzione delle sanzioni penali nell'Unione europea

(presentata dalla Commissione)

Obiettivi del Libro verde

L'Unione europea si è prefissa l'obiettivo di offrire ai cittadini un livello elevato di protezione all'interno di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (articolo 29 del trattato sull'Unione europea). In tale prospettiva, la Commissione ritiene utile analizzare se le differenze nazionali in materia di sanzioni penali costituiscano un ostacolo alla realizzazione di questo obiettivo. Bisognerebbe inoltre verificare se tali differenze pongano dei problemi alla cooperazione giudiziaria tra Stati membri, il che implica, in primo luogo, l'individuazione degli ostacoli all'attuazione del principio del reciproco riconoscimento, che, secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, deve diventare «la chiave di volta» del funzionamento dell'Unione in materia di giustizia e deve consentire, in via generale, di eseguire più facilmente in uno Stato membro le sanzioni emesse in un altro.

Il presente documento costituisce uno sforzo di riflessione preliminare che dovrebbe permettere, in un secondo tempo, di pronunciarsi in modo più consapevole, vale a dire alla luce delle reazioni e dei commenti a questo Libro Verde, sull'utilità e la fattibilità di una proposta legislativa che sfocerà eventualmente e in una certa misura, da un lato, in un ravvicinamento delle norme applicabili alle sanzioni penali in generale, e, dall'altro, nel reciproco riconoscimento delle sanzioni privative della libertà e delle pene alternative nell'Unione europea.

Consultazione di tutte le parti interessate

Viene posta una serie di domande sui problemi che la Commissione ritiene più importanti nell'ambito della realizzazione di un effettivo spazio di giustizia.

La Commissione desidererebbe ricevere risposte argomentate a tali domande da tutte le parti interessate. Queste ultime possono, se lo desiderano, formulare commenti su altri aspetti utili, riportati o meno nel documento. Le risposte alle domande e gli altri commenti devono essere indirizzati entro il 31 luglio 2004 alla

Commissione europea

Direzione generale Giustizia e affari interni, Unità D.3

B-1049 Bruxelles

Fax: +32 2 296.76.34

Posta elettronica: JAI-justicepenale@cec.eu.int

Al fine di facilitare la gestione del dossier, le parti interessate che comunicano risposte e commenti attraverso mezzi diversi (per posta elettronica e per iscritto, ad esempio) sono pregati di indicare, se del caso, che lo stesso documento è stato già inviato precedentemente alla Commissione. Le parti interessate che desiderano commentare il presente Libro Verde devono fornire informazioni sugli interessi che rappresentano e sul grado di tale rappresentatività.

La presente consultazione, nonché le risposte e i commenti ricevuti, saranno pubblicati sul sito Internet della Commissione: http://europa.eu.int/comm/justice_home/ news_consulting_public_en.htm, salvo in caso di parere contrario dell'autore.

INDICE

Obiettivi del Libro verde

Consultazione di tutte le parti interessate

1. Introduzione

1.1. Obiettivi del ravvicinamento

1.2. Obiettivi del reciproco riconoscimento

1.3. Metodo e struttura del libro verde

2. Misure adottate a livello dell'Unione europea: ricognizione

2.1. Ravvicinamento delle sanzioni

2.1.1. Il trattato sull'Unione europea

2.1.2. Il Piano d'azione di Vienna

2.1.3. Conclusioni del Consiglio europeo di Tampere

2.1.4. Strumenti adottati o in corso di negoziazione

2.1.5. Sanzioni privative della libertà

2.1.6. Sanzioni pecuniarie

2.1.7. Interdizioni e decadenze

2.1.8. Confische

2.1.9. Sanzioni nei confronti delle persone giuridiche

2.1.10. Sanzioni alternative

2.1.11. Esecuzione delle sanzioni penali

2.2. Riconoscimento reciproco ed esecuzione delle sanzioni penali in un altro

Stato membro

2.2.1. Mandato d'arresto europeo

2.2.2. Riconoscimento delle sanzioni pecuniarie

2.2.3. Riconoscimento delle decisioni di confisca

2.2.4. Riconoscimento delle decisioni implicanti decadenza da diritti

2.2.5. Accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità europea nell'ambito

della Cooperazione politica europea (CPE)

2.2.6. Conclusioni

3. Situazione attuale: Normative nazionali e Accordi internazionali

3.1. Una grande diversità tra gli Stati membri

3.1.1. Norme di diritto penale generale

3.1.1.1. I principi in materia di esercizio dell'azione penale: obbligatorietà o opportunità

3.1.1.2. La discrezionalità del giudice penale

3.1.1.3. Grado di partecipazione. Concorso di persone nel reato

3.1.1.4. Grado di consumazione del reato. Tentativo

3.1.1.5. Circostanze aggravanti e attenuanti

3.1.1.6. Un caso particolare : la recidiva

3.1.1.7. Concorso di reati

3.1.2. Sanzioni detentive

3.1.3. Sanzioni pecuniarie

3.1.4. Interdizioni e decadenze

3.1.5. Confische

3.1.6. Sanzioni nei confronti delle persone giuridiche

3.1.7. Sanzioni alternative

3.1.8. Esecuzione delle sanzioni penali

3.2. Un arsenale incompleto di strumenti di reciproco riconoscimento

3.2.1. Reciproco riconoscimento delle sanzioni detentive

3.2.1.1. Convenzione europea del Consiglio d'Europa sull'efficacia internazionale

delle sentenze penali del 28 maggio 1970

3.2.1.2. Convenzione del 13 novembre 1991 tra gli Stati membri delle Comunità europee sull'esecuzione delle condanne penali straniere

3.2.1.3. Il trattato del 26 settembre 1968 tra il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo sull'esecuzione delle decisioni giudiziarie rese in materia penale

3.2.1.4. Il modello di cooperazione tra gli Stati nordici

3.2.1.5. Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate

del 21 marzo 1983

3.2.1.6. Protocollo aggiuntivo del Consiglio d'Europa, del 18 dicembre 1997, alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate

3.2.1.7. Accordo relativo all'applicazione, tra gli Stati membri delle Comunità europee

della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 25 maggio 1987

3.2.2. Riconoscimento delle decisioni che concedono la sospensione condizionale

della pena o una liberazione condizionale o infliggono sanzioni alternative

3.2.2.1. Descrizione e individuazione del problema

3.2.2.2. Strumenti esistenti

3.2.3. Riconoscimento delle decisioni implicanti decadenza da diritti

3.2.4. Conclusioni

4. Problemi persistenti e necessità d'azione a livello dell'Unione europea

4.1. Ravvicinamento delle sanzioni privative della libertà e delle pene alternative

4.1.1. Norme di diritto penale generale

4.1.1.1. Obbligatorietà/Opportunità

4.1.1.2. Il margine di discrezionalità del giudice penale

4.1.1.3. Grado di partecipazione. Concorso di persone nel reato

4.1.1.4. Circostanze aggravanti e attenuanti

4.1.1.5. La recidiva

4.1.1.6. Concorso di reati

4.1.2. Sanzioni privative della libertà

4.1.3. Sanzioni pecuniarie

4.1.4. Interdizioni e decadenze

4.1.5. Confische

4.1.6. Persone giuridiche

4.1.7. Sanzioni alternative

4.1.8. Esecuzione delle sanzioni

4.2. Riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni privative della libertà e delle

sanzioni alternative in un altro Stato membro

4.2.1. Ambito di applicazione di una possibile regolamentazione a livello

dell'Unione europea

4.2.1.1. Ambito di applicazione soggettivo

4.2.1.2. Ambito di applicazione oggettivo.

4.2.2. Condizioni per il riconoscimento

4.2.2.1. Diritto d'iniziativa per intraprendere la procedura di riconoscimento

4.2.2.2. Motivi di rifiuto

4.2.2.3. Il potere dello Stato di esecuzione di adattare la sanzione (privativa della

libertà o alternativa) emessa dallo Stato di condanna

4.2.2.4. Partecipazione del condannato

4.2.2.5. Partecipazione della vittima.

4.2.3. Questioni procedurali e modalità pratiche per l'attuazione del riconoscimento

delle sentenze penali e del trasferimento dei detenuti

4.2.3.1. Termini

4.2.3.2. Rimborso delle spese sostenute dallo Stato di esecuzione

4.2.4. Ripartizione delle competenze tra lo Stato che ha pronunciato la condanna

e lo Stato di esecuzione

ALLEGATO I Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri

sulle modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà inflitte

nell'ambito della decisione giudiziaria

1. La sospensione condizionale della pena

2. La sospensione/rinvio della pronuncia della pena

3. La semi-libertà

4. Il frazionamento dell'esecuzione della pena ("arresto di fine settimana")

5. La sorveglianza elettronica

6. La detenzione domiciliare

ALLEGATO II Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri

sulle sanzioni alternative

1. Il lavoro nell'interesse della collettività

2. La mediazione penale

3. La transazione penale

ALLEGATO III Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri sull'esecuzione delle sanzioni penali

1. Il rinvio dell'esecuzione della pena

2. La semi-libertà

3. La liberazione anticipata

4. La remissione della pena

5. L'amnistia e la grazia

ALLEGATO IV Schema riassuntivo delle domande

1. Introduzione

Il trattato sull'Unione europea (TUE) prevede, all'articolo 31 lett. e), "la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni" in determinati settori. Tale approccio è confermato nel Piano d'azione del Consiglio e della Commissione concernente le modalità ottimali di realizzazione delle disposizioni del trattato di Amsterdam relative all'instaurazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia [1] (Piano d'azione di Vienna) e nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere [2] (paragrafo 48).

[1] GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. Si veda altresì il paragrafo 2.1.2.

[2] Disponibile su: http://ue.eu.int/it/Info/eurocouncil/ index_it.htm

Il ravvicinamento delle sanzioni penali contribuisce altresì, da un lato, a garantire la compatibilità delle norme applicabili negli Stati membri, così come previsto all'articolo 31, paragrafo 1, lett. c), nella misura necessaria a migliorare la cooperazione giudiziaria penale e, dall'altro, ad agevolare e accelerare la cooperazione tra i ministeri e le autorità giudiziarie o equivalenti competenti degli Stati membri per ciò che riguarda l'esecuzione delle decisioni, come riportato all'articolo 31, paragrafo 1, lett. a).

Allo scopo di attuare tale mandato, il Consiglio ha già adottato un certo numero di strumenti legislativi (decisioni quadro) per quanto riguarda la frode nei mezzi di pagamento diversi dai contanti, la contraffazione dell'euro, il riciclaggio, il terrorismo, la criminalità ambientale, la tratta di esseri umani, la corruzione nel settore privato e l'aiuto all'entrata e al soggiorno irregolare. Altri strumenti sono in fase di discussione al Consiglio e al Parlamento europeo, quali le proposte di decisioni-quadro del Consiglio relative all'inquinamento provocato dalle navi o al razzismo e alla xenofobia [3]. Le decisioni quadro sono volte al ravvicinamento delle disposizioni normative e regolamentari degli Stati membri. Le decisioni quadro sono vincolanti quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi [4].

[3] Si veda il paragrafo 2.1.5.

[4] Articolo 34, paragrafo 2, lett. b) del trattato sull'Unione europea.

Per quanto concerne le sanzioni, sono state determinate le pene applicabili. La formula utilizzata per l'armonizzazione ha stabilito che le pene dovessero essere effettive, proporzionate e dissuasive e ha inoltre fissato il minimo consentito per il massimo della pena. [5] Tale approccio, limitato alle pene detentive, conduce, dal punto di vista della Commissione, ad un ravvicinamento minimale, che può rivelarsi insufficiente per la realizzazione degli obiettivi citati. La Commissione ha risposto alla necessità di individuare i settori nei quali un'azione a livello dell'Unione fosse giustificata.

[5] Tuttavia l'azione comune adottata dal Consiglio il 21 dicembre 1998, relativa all'incriminazione per partecipazione ad un organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, non prevede la durata minima della pena.

Inoltre, occorre ricordare che le azioni intraprese dalla Comunità sulla base del trattato sull'Unione europea fanno comunque salve le competenze che essa possiede per la realizzazione degli obiettivi enunciati all'articolo 2 del TCE, al fine di imporre agli Stati membri la predisposizione a livello nazionale di sanzioni, se del caso, penali, allorquando ciò si dimostri necessario per il raggiungimento di un obiettivo comunitario. Tra questi settori, può citarsi ad esempio la protezione dell'ambiente, ivi compreso il divieto di scarichi illeciti in mare o la politica comune della pesca.

Al di là della pena detentiva, esiste una vasta gamma di sanzioni previste nei sistemi penali degli Stati membri. D'altra parte, pur stabilendo la medesima pena applicabile ad un reato, vi sono notevoli divergenze nelle regole generali di diritto penale degli Stati membri, il che conduce ad una differenza tra la pena erogata e quella effettivamente eseguita.

Questo Libro Verde contiene un'analisi comparativa della legislazione degli Stati membri. La situazione dei paesi aderenti non ha potuto essere presa in considerazione a questo stadio, dato che gli studi utilizzati non si estendevano alla legislazione di questi ultimi. Nell'ambito della consultazione lanciata dal Libro Verde, i paesi aderenti avranno, beninteso, tutto lo spazio per poter esprimere il loro punto di vista. Inoltre, la Commissione li inviterà a trasmettere dei contributi al fine di completare i dati relativi alla loro legislazione nelle materie affrontate dal Libro Verde.

In tale contesto, possiamo chiederci, in termini di efficacia, se la sanzione sia effettivamente applicata e se la sua applicazione abbia un effetto dissuasivo, al fine di riprendere i concetti ben noti che si sono imposti fin dalla causa del «granoturco greco-jugoslavo» [6] e che sono alla base del sistema di ravvicinamento delle sanzioni realizzato nei testi adottati nel terzo pilastro. In conclusione, la sanzione subita è il risultato finale di una complessa equazione, che presenta un numero estremamente elevato di variabili: bisognerebbe teoricamente intervenire su tutti i fattori per garantire la medesima sanzione in diversi ordinamenti giuridici.

[6] CGCE, Sentenza del 21 settembre 1989, Commissione contro Repubblica ellenica, causa 68/88, Racc. 1989, pag. 2965.

Tuttavia, bisogna convenire che non è possibile armonizzare in modo simultaneo e a breve termine tutti i fattori pertinenti in materia e la Commissione non ha evidentemente intenzione di proporre l'uniformazione di tutte le sanzioni penali all'interno dell'Unione europea. Ciò non sarebbe né desiderabile né giuridicamente fattibile.

Le differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia di sanzioni sono piuttosto considerevoli. Ciò si spiega con ragioni storiche, culturali e giuridiche fortemente radicate nei loro sistemi giuridici, evolutisi nel tempo, e che rappresentano il modo in cui gli Stati si sono confrontati e hanno risposto a questioni fondamentali nel settore del diritto penale. Tali sistemi presentano una coerenza interna e modificare una parte della normativa senza tener conto dell'insieme rischia di provocare distorsioni.

Bisogna, invece, conformemente al principio di sussidiarietà, concentrarsi sui settori ove si è individuata una necessità, in funzione degli obiettivi che ci si è prefissi e delle basi giuridiche disponibili. Si tratta piuttosto di individuare le differenze pregiudizievoli in materia di sanzioni e gli eventuali limiti che bisognerebbe imporre per assicurare la realizzazione di uno spazio europeo di giustizia.

Per quanto riguarda il progetto di Costituzione [7], l'articolo I-41, che concerne l'attuazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, prevede, al primo paragrafo, che l'Unione realizzi tale spazio:

[7] Disponibile su: http://european-convention.eu.int/ .

- attraverso l'adozione di leggi europee e leggi quadro europee intese, se necessario, a ravvicinare le legislazioni nazionali nei settori elencati nella Parte III della Costituzione;

- favorendo la fiducia reciproca tra le autorità competenti degli Stati membri, in particolare sulla base del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e extragiudiziali;

- attraverso una cooperazione operativa delle autorità competenti degli Stati membri.

Peraltro, la Parte III del progetto di Costituzione, nella sezione relativa alla cooperazione giudiziaria in materia penale (articolo III-171), specifica che questa è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in un certo numero di settori. A tale proposito, l'articolo III-172 prevede che la legge quadro europea "può stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni".

Ai sensi dell'articolo III-171 paragrafo primo, comma 2, lettera d) del progetto di Costituzione, una legge o una legge quadro stabilisce le misure intese a «facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o omologhe degli Stati membri in relazione all'azione penale o all'esecuzione delle decisioni». Inoltre, il Consiglio può, deliberando all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo, adottare una decisione europea che individui altre sfere di criminalità (articolo III-172 paragrafo primo, comma 3).

Allorché il ravvicinamento delle norme di diritto penale si rivela indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, la legge quadro europea può stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione (cfr. articolo III-172, paragrafo 2).

Ai sensi dell'articolo III-173 del progetto di Costituzione, la legge o la legge quadro europea può stabilire misure per incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri nel campo della prevenzione della criminalità, la quale svolge un ruolo importante nell'ambito delle modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà e delle sanzioni alternative (si vedano gli allegati I e II). Tuttavia, tale base giuridica non consente di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

1.1. Obiettivi del ravvicinamento

Il ravvicinamento, nel settore delle sanzioni penali, potrebbe raggiungere diversi obiettivi, che si combinano tra loro:

- Innanzitutto, stabilendo incriminazioni e sanzioni comuni riguardo a determinate forme di criminalità, l'Unione lancerebbe un messaggio simbolico. Il ravvicinamento delle sanzioni contribuirebbe a dare ai cittadini un sentimento comune di giustizia, una delle condizioni dell'attuazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. [8] Inoltre, significherebbe chiaramente che determinati comportamenti sono inaccettabili e puniti in modo equivalente. Si può pensare, ad esempio, alla repressione dello sfruttamento sessuale dei minori. Il ravvicinamento riguardante l'incriminazione di una condotta, nonché il grado di sanzione che è ad essa collegato, conduce ad una protezione effettiva ed equivalente dei cittadini in tutto il territorio dell'Unione contro un fenomeno che va contro i principi e i valori comuni agli Stati membri.

[8] Si veda il punto 15 del Piano d'azione di Vienna.

- Peraltro, il corollario di uno spazio europeo di giustizia sarebbe che le medesime condotte criminose comporterebbero il rischio, per l'autore, di sanzioni simili, quale che sia il luogo della commissione del reato nell'Unione. Il ravvicinamento delle legislazioni costituisce dunque un obiettivo autonomo, nei settori giudicati prioritari e individuati come tali. Un certo grado di ravvicinamento delle disposizioni di diritto penale sostanziale è necessario, tenuto conto in particolare del fatto che alcune forme di criminalità rivestono una dimensione transnazionale e che gli Stati membri non possono contrastarle efficacemente da soli.

- Norme minime nell'Unione contribuiscono anche ad impedire che gli autori dei reati (o almeno alcune categorie di essi, come ad esempio quelli appartenenti alla criminalità organizzata) non si avvantaggino della diversità delle pene a seconda degli Stati e non si spostino dall'uno all'altro per eludere l'azione penale o l'esecuzione delle pene. Le conclusioni di Tampere (punto n. 5) sottolineano che i criminali non devono poter sfruttare le differenze esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri. Ciò è particolarmente vero nel contesto della criminalità finanziaria.

- Le discussioni in seno al Consiglio sul progetto di decisione quadro relativa al principio del «ne bis in idem» hanno altresì dimostrato che l'applicazione del principio contenuto nell'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione sarà accettato più facilmente se le pene previste sono comparabili ed effettivamente applicate.

- Se la durata delle pene previste condizionava l'attuazione di alcuni meccanismi di cooperazione giudiziaria in materia penale, oggi non è più così in seguito all'adozione di strumenti basati sul principio del reciproco riconoscimento.

- Esiste anche un collegamento, come indicato dall'articolo III-172, paragrafo 2 del progetto di Costituzione, tra il ravvicinamento del diritto penale e l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione. Si potrebbe citare ad esempio la protezione dell'ambiente, la sicurezza sul lavoro o ancora le transazioni economiche e finanziarie, come materie ove il diritto penale potrebbe contribuire a garantire il rispetto di una politica dell'Unione.

- Infine, il ravvicinamento delle norme di diritto penale concernenti le sanzioni e la loro esecuzione contribuisce a facilitare l'accettazione del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, poiché rafforza la fiducia reciproca. Il ravvicinamento non è tuttavia una conditio sine qua non del reciproco riconoscimento; si tratta piuttosto di due meccanismi complementari che permettono di giungere alla realizzazione dello spazio giudiziario europeo. La compatibilità delle normative applicabili negli Stati membri ne sarebbe quindi facilitata, conformemente all'articolo 31, paragrafo 1, lettera c) TUE e, d'altra parte, ciò gioverebbe anche alla cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri per quanto riguarda l'esecuzione delle decisioni - articolo 31, paragrafo 1, lettera a) TUE-. Condizioni di esecuzione della pena compatibili tra gli Stati membri agevolerebbero il reinserimento delle persone, permettendo loro di scontare la pena in uno Stato membro diverso da quello della condanna.

Ovviamente, ogni azione che si prefigga l'obiettivo di operare un ravvicinamento delle sanzioni penali deve evidentemente rispettare i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Il Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al trattato CE dal trattato di Amsterdam contiene le linee guida per l'applicazione di questi principi. Si giustifica un'azione della Comunità allorquando si tratti di materie che presentano aspetti transnazionali, quando le azioni dei soli Stati membri o la mancanza di azione comunitaria sarebbero in conflitto con le prescrizioni del trattato o, ancora, quando l'azione a livello comunitario produrrebbe evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti.

Ai sensi dell'articolo 2 TUE, queste linee guida sono applicabili nel contesto delle competenze dell'Unione. Al fine di realizzare l'obiettivo, stabilito dal trattato, dell'instaurazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea, gli sforzi volti al ravvicinamento nel settore dell'applicazione e dell'esecuzione delle pene si giustifica nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere realizzati in modo sufficiente dagli Stati membri e non possono quindi, in ragione delle dimensioni o degli effetti, essere realizzate meglio a livello dell'Unione. Per raggiungere questi obiettivi, le misure di ravvicinamento previste potrebbero riferirsi ai diversi aspetti che concernono le sanzioni che corrispondono, grosso modo, a quattro temi:

(1) quali sanzioni permette di imporre il diritto penale?

(2) come sono perseguiti i reati?

(3) come sono pronunciate le sanzioni?

(4) come sono eseguite le sanzioni erogate?

La Commissione ritiene che bisognerebbe prendere in considerazione la problematica nella sua interezza e non soltanto il ravvicinamento delle pene applicabili. In effetti, non sembra sufficiente, ad esempio, che vengano stabilite dagli Stati membri pene simili, nella durata, se, una volta pronunciate, le sanzioni sono applicate in modo più lieve o più severo a seconda dei paesi. La scelta della sanzione applicabile comporta necessariamente una scelta rispetto alle modalità di esecuzione della sanzione stessa.

Una politica coerente riguardo alle sanzioni penali nell'Unione, deve quindi, almeno [9] interrogarsi sui quattro elementi seguenti, fatte salve, a questo stadio, l'opportunità o la fattibilità di un'azione dell'Unione su ciascuno di questi punti:

[9] Per memento, in sostanza, è l'insieme dei seguenti fattori ad influire sulle sanzioni penali:

(1) la durata delle pene e l'insieme della sanzioni disponibili (ad esempio, pene privative della libertà, pene alternative alla detenzione, sanzioni pecuniarie, ecc.);

(2) le norme in vigore in materia di esercizio dell'azione penale (ad esempio, il principio dell'obbligatorietà/opportunità dell'azione penale, le priorità in materia di politica criminale...);

(3) le norme di diritto penale generale (ad esempio, la partecipazione, il tentativo, la complicità, l'istigazione, le circostanze aggravanti e attenuanti, la recidiva, ecc.);

(4) le norme e le pratiche in materia di esecuzione delle pene (ad esempio, le diverse forme di liberazione condizionale, gli sconti e le riduzioni di pena, l'amnistia, la grazia, la riabilitazione, l'intervento delle autorità, giudiziarie o di altro tipo, nell'esecuzione della pena, le misure di personalizzazione della pena in vista del reinserimento, ecc.).

Al fine di portare a termine le sue riflessioni sull'argomento, la Commissione terrà altresì conto dei risultati di uno studio, recentemente pubblicato, su «L'armonizzazione delle sanzioni penali in Europa» [10], condotto dall'Unità mista di ricerca sul diritto comparato di Parigi. Lo studio, che ha beneficiato di un finanziamento nell'ambito del programma Grotius, si concentra, da un lato, sulla fattibilità di un ravvicinamento delle norme generali di diritto penale relative all'applicazione delle sanzioni, e, dall'altro, sulle norme riguardanti l'esecuzione delle pene. I risultati di questo studio potrebbero servire a precisare, inoltre, in una fase successiva, le questioni su cui si potrebbe prevedere un'azione dell'Unione.

[10] «L'harmonisation des sanctions pénales en Europe». Dir: M. Delmas-Marty, G. Giudicelli-Delage, E. Lambert-Abdelgawad. Société de législation comparée. Collana dell'UMR di diritto comparato di Parigi (Paris I- CNRS, vol. V), Parigi, 2003.

1.2. Obiettivi del reciproco riconoscimento

Ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 1, punto a), del trattato sull'Unione europea, l'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende, fra l'altro, "la facilitazione e l'accelerazione della cooperazione tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri [...] in relazione ai procedimenti e all'esecuzione delle decisioni". Tale disposizione, inserita dal trattato di Amsterdam, [11] non menziona il principio di reciproco riconoscimento secondo il quale le sentenze o le altre decisioni delle autorità giudiziarie di uno Stato membro (Stato membro di condanna) sono riconosciute e - se necessario -eseguite in un altro Stato membro (Stato di esecuzione).

[11] Firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999.

È in occasione del Consiglio europeo di Cardiff, il 15 e 16 giugno 1998, che è stato menzionato per la prima volta questo concetto, derivato dal mercato unico, ed è stato chiesto al Consiglio di determinare in quale misura sarebbe il caso di estenderlo alle decisioni dei tribunali degli Stati membri [12].

[12] Conclusione n. 39 della Presidenza.

Evocata al punto 45 f) del piano d'azione del Consiglio e della Commissione, adottato il 3 dicembre 1998, sul modo migliore per attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l'idea del reciproco riconoscimento è stata ripresa dal Consiglio europeo di Tampere d'ottobre 1999, che ha ritenuto essa dovesse diventare «il fondamento della cooperazione giudiziaria nell'Unione tanto in materia civile quanto in materia penale» (punti da 33 a 37). Secondo la dichiarazione del Consiglio europeo di Tampere, «il rafforzamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e il necessario ravvicinamento delle legislazioni faciliterebbero la cooperazione tra le autorità, come pure la tutela giudiziaria dei diritti dei singoli». Il reciproco riconoscimento dovrebbe dunque garantire non solo che le decisioni giudiziarie siano applicate, ma anche che esse lo siano in modo da proteggere i diritti della persona. A titolo di esempio, il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione in un altro Stato membro devono essere perseguite allorché esse permettano un miglior reinserimento sociale del reo.

Il Consiglio europeo di Tampere ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di adottare un programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento. [13].

[13] Conclusione n. 37 della Presidenza.

Nella sua comunicazione del 26 luglio 2000 al Consiglio e al Parlamento europeo sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale [14], la Commissione ha proposto criteri orientativi in materia.

[14] COM(2000) 495 definitivo.

Questi ultimi sono stati poi precisati nel «Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali» [15]. Il programma sottolinea che il reciproco riconoscimento delle decisioni è un fattore di certezza del diritto in seno all'Unione europea, laddove garantisce che una sentenza pronunciata in uno Stato membro non verrà rimessa in discussione in un altro Stato membro. Si rileva inoltre che l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali presuppone una fiducia reciproca degli Stati membri nei rispettivi sistemi penali. Tale fiducia si fonda in particolare sulla base comune costituita dal loro attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché dello stato di diritto. Inoltre, la fiducia reciproca è facilitata dal ravvicinamento delle legislazioni nazionali, come dimostra l'esperienza della cooperazione tra i paesi nordici (si veda il punto 3.2.1.4.).

[15] GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.

Il progetto di Costituzione conferma tale metodo e tale approccio. L'articolo III-171 prevede così che la cooperazione in materia penale nell'Unione «è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri [...].»

1.3. Metodo e struttura del libro verde

Partendo da una ricognizione delle misure adottate a livello dell'Unione europea nel settore del ravvicinamento, del reciproco riconoscimento e dell'esecuzione delle sanzioni penali in un altro Stato membro (capitolo II), il Libro verde stila in seguito un bilancio della situazione delle legislazioni degli Stati membri sui principi generali del diritto penale, le sanzioni e la loro esecuzione, nonché gli accordi internazionali conclusi dagli Stati membri in materia (capitolo III, completato dagli allegati I, II e III).

Nell'ultima parte (capitolo IV), vengono individuati i problemi che sussistono nonostante l'adozione di un certo numero di misure a livello dell'Unione europea in materia di armonizzazione e di reciproco riconoscimento e la conclusione di accordi internazionali da parte degli Stati membri. Questa parte mostrerà, attraverso esempi, gli ostacoli reali o potenziali a livello giuridico e pratico per la realizzazione dello spazio di giustizia. Basandosi su questa analisi, il capitolo affronterà in seguito le necessità di azione dell'Unione europea che la Commissione percepisce a questo stadio, riguardo le possibilità giuridiche per realizzare gli obiettivi. Il capitolo si limita a trattare il riconoscimento reciproco delle sanzioni privative della libertà (ivi comprese le loro modalità di esecuzione) e delle pene alternative. In effetti, al Consiglio sono attualmente in discussione iniziative per quanto concerne il riconoscimento delle sanzioni pecuniarie e delle decisioni di confisca. Per ciò che concerne le decisioni relative a interdizioni e decadenze, la Commissione tornerà in argomento in una comunicazione separata. Le reazioni al Libro Verde, e in particolare le risposte ai quesiti posti in questo capitolo (si veda l'allegato IV che riassume tutti i quesiti), permetteranno di aggiungere, eliminare o modificare le necessità rilevate.

2. Misure adottate a livello dell'Unione europea: ricognizione

2.1. Ravvicinamento delle sanzioni

2.1.1. Il trattato sull'Unione europea

Il trattato sull'Unione europea (TUE), da ultimo modificato dal trattato di Nizza, entrato in vigore nel febbraio 2003, assegna all'Unione la realizzazione dell'obiettivo di offrire ai cittadini un livello elevato di protezione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (articolo 29). Secondo il trattato, tale obiettivo è raggiunto, fra l'altro, grazie al ravvicinamento, nella misura necessaria, delle norme di diritto penale degli Stati membri. In particolare, l'articolo 31, paragrafo 1, lettera e) prevede l'adozione progressiva «di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili per quanto riguarda la criminalità organizzata,il terrorismo e il traffico di droga»

Vigente il trattato di Maastricht, ci si era già impegnati per il ravvicinamento. Azioni comuni hanno definito incriminazioni comuni in materie come il razzismo e la xenofobia [16] o la partecipazione ad un'organizzazione criminale [17], ma senza alcuna precisazione, in detti strumenti, quanto alla durata delle sanzioni.

[16] GU L 185, del 24.7.1996, pag. 5.

[17] GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1.

2.1.2. Il Piano d'azione di Vienna

Il Piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia [18] si riferisce, al punto 46, al ravvicinamento delle norme di diritto penale degli Stati membri, entro due e cinque anni dall'entrata in vigore del trattato, riguardo un certo numero di reati.

[18] GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.

Sono menzionati in particolare i comportamenti nel settore della criminalità organizzata, del terrorismo e del traffico di stupefacenti, per i quali è urgente e necessario adottare norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili e, se necessario, decidere altre misure. Potrebbero essere esaminati prioritariamente, secondo il Piano d'azione e nella misura in cui riguardano la criminalità organizzata, il terrorismo e il traffico di stupefacenti, reati quali la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei minori, quelli previsti dalla normativa contro il traffico di stupefacenti, la corruzione, la frode informatica, i reati commessi da terroristi, i reati ai danni dell'ambiente, i reati commessi attraverso Internet e il riciclaggio di denaro connesso alle suddette forme di criminalità.

2.1.3. Conclusioni del Consiglio europeo di Tampere

Il Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999, al paragrafo 48 delle conclusioni, ha ritenuto che "per quanto riguarda le legislazioni penali nazionali, gli sforzi intesi a concordare definizioni, incriminazioni e sanzioni comuni dovrebbero incentrarsi in primo luogo su un numero limitato di settori di particolare importanza, come la criminalità finanziaria (riciclaggio di denaro, corruzione, falsificazione dell'euro), il traffico di droga, la tratta di esseri umani e in particolare lo sfruttamento delle donne, lo sfruttamento sessuale dei minori, la criminalità ad alta tecnologia e la criminalità ambientale".

Vi è dunque l'obbligo di procedere ad un ravvicinamento delle sanzioni, derivante dal trattato stesso e dal Piano d'azione di Vienna, nonché dalla volontà politica dei capi di Stato e di governo espressa nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere.

2.1.4. Strumenti adottati o in corso di negoziazione

Tutti i settori citati dal trattato sull'Unione europea, dal Piano d'azione di Vienna e dalle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere sono già stati oggetto di iniziative degli Stati membri o di proposte della Commissione adottate o in corso di negoziazione. Le si riporta qui di seguito in funzione del tipo di pene previste.

2.1.5. Sanzioni privative della libertà

La formula utilizzata per l'armonizzazione delle sanzioni applicabili è stata quella di istituire pene effettive, proporzionate e dissuasive e, inoltre, di stabilire il minimo del massimo edittale della pena. Gli strumenti adottati sono:

- La decisione quadro del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro [19]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che includono pene detentive suscettibili di dar luogo all'estradizione. Per un certo numero di comportamenti considerati dallo strumento sono previste pene detentive il cui massimo edittale non può essere inferiore a otto anni.

[19] GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1

- La decisione quadro del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti [20] : essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comportano, almeno nei casi gravi, pene detentive che possono giustificare l'estradizione.

[20] GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1.

- La decisione quadro del consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [21]: essa prevede che il reato di riciclaggio sarà passibile di pene detentive non inferiori nel massimo a quattro anni.

[21] GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1.

- La decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo [22]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che includono pene detentive suscettibili di dar luogo all'estradizione. Tali reati, allorquando sia riscontrabile il fine di terrorismo, devono essere passibili di pene detentive più severe di quelle previste dal diritto nazionale per reati simili, in assenza di detta finalità. Per quanto concerne i reati relativi ad un'organizzazione terroristica, essi devono comportare sanzioni detentive il cui massimo edittale non deve essere inferiore a otto anni per la partecipazione alle attività di queste organizzazioni e a quindici anni per la direzione di un'organizzazione terroristica.

[22] GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3.

- La decisione quadro del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani [23]: essa prevede che gli Stati membri debbano fare in modo che i reati previsti siano passibili di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, suscettibili di dar luogo all'estradizione.

[23] GU L 203 del 1.8.2002, pag. 1.

- La direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, e la decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali [24]: essa prevede che gli Stati membri debbano fare in modo che i reati previsti siano passibili di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, suscettibili di dar luogo all'estradizione.

[24] GU L 328 del 5.12.2002, pagg. 1 e 17.

- La decisione quadro 2003/80/GAI del Consiglio, del 27 gennaio 2003, relativa alla protezione dell'ambiente attraverso il diritto penale [25]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comportano, almeno nei casi gravi, pene detentive che possono giustificare l'estradizione. Per le persone fisiche, è altresì prevista l'interdizione all'esercizio di un'attività che necessiti di un'autorizzazione ufficiale.

[25] GU L 29 del 5.2.2003, pag. 55. La Commissione ha depositato un ricorso contro il Consiglio avanti alla Corte di giustizia. Tali ricorso per illegittimità è volto a far riconoscere che la decisione quadro usurpa la competenza comunitaria imponendo agli Stati membri di adottare sanzioni, se del caso penali, allorché ciò si riveli necessario al raggiungimento di un obiettivo comunitario.

- La decisione quadro del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato [26]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Per alcune fattispecie sono previste sanzioni penali privative della libertà di durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni.

[26] GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54.

- La decisione quadro del Consiglio del 22 dicembre 2003 relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile [27]: essa prevede sanzioni penali privative della libertà di durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni.

[27] GU L 13 del 20.1.2004, pag. 44.

Al contrario, l'azione comune adottata dal Consiglio il 21 dicembre 1998 [28], relativa all'incriminazione della partecipazione ad un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, non prevede un livello minimo di pena.

[28] GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1.

Altri strumenti sono attualmente in corso di discussione:

- Proposta di decisione quadro del Consiglio riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti [29]. In occasione del Consiglio GAI del 27 e 28 novembre 2003 si è raggiunto un accordo politico.

[29] Proposta di decisione quadro del Consiglio riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti presentata dalla Commissione il 23 maggio 2001, COM(2001) 259, GU C 270 E

del 25.9.2001, pag. 144.

- Proposta di decisione quadro del Consiglio sul razzismo e la xenofobia [30]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Per alcune fattispecie, sono previste sanzioni penali privative della libertà di durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni.

[30] Proposta di decisione-quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia presentata dalla Commissione il 29 novembre 2001; COM(2001) 664, GU C 75 E, del 26.3.2002, pag. 269.

- Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione [31]: essa prevede sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Per alcune fattispecie, sono previste sanzioni penali privative della libertà di durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni. In occasione del Consiglio GAI del 27 e 28 febbraio 2003 si è registrato un accordo politico.

[31] Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione presentata dalla Commissione il 19 aprile 2002; GU C 203 E del 27.8.2002, pag. 109.

- Progetto di decisione quadro del Consiglio relativo alla prevenzione e alla repressione del traffico di organi e tessuti umani e alla lotta contro tale fenomeno [32].

[32] Iniziativa della Repubblica ellenica in vista dell'adozione di una decisione quadro del Consiglio relativa alla prevenzione e alla repressione del traffico di organi e tessuti umani e alla lotta contro tale fenomeno; GU C 100, del 26.4.2003, pag. 27.

- Proposta di decisione quadro del Consiglio intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell'inquinamento provocato dalle navi: [33] essa prevede pene detentive da cinque a dieci anni nei casi più gravi, nonché sanzioni pecuniarie di tipo penale o meno. Le negoziazioni relative a questa proposta sono cominciate in seno al Consiglio.

[33] COM(2003) 227 del 2.5.2003.

La dichiarazione del Consiglio allegata alla decisione quadro relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri [34], adottata il 13 giugno 2002, invita a proseguire tale armonizzazione nei confronti dei reati citati all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro [35], che non sono stati oggetto di ravvicinamento a livello dell'Unione. Tale dichiarazione non esime tuttavia dal verificarne caso per caso la necessità avuto riguardo ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Per quanto concerne il livello delle pene, in seguito alle riflessioni svolte durante le Presidenze belga e spagnola, il Consiglio GAI del 25 e 26 aprile 2002 ha adottato delle conclusioni che stabiliscono l'approccio da seguire in materia di armonizzazione delle pene, in particolare con la predisposizione di "forchette" che hanno lo scopo di fissare il minimo del massimo edittale della pena, e cioè:

[34] GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.

[35] L'articolo 2, paragrafo 2 della decisione si riferisce ad un elenco di 32 reati.

- livello 1: pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni;

- livello 2: pene detentive della durata massima compresa tra almeno 2 e 5 anni;

- livello 3: pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni;

- livello 4: pene detentive della durata massima di almeno 10 anni.

Il testo delle conclusioni prevede espressamente la possibilità di andare oltre il livello 4 in circostanze particolari. Ad esempio, la decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo [36] prevede che le pene detentive non possano essere inferiori, nel massimo, a 15 anni per la direzione di un'organizzazione terroristica.

[36] GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3.

Occorre notare che le "forchette" sono puramente descrittive: in realtà, esclusivamente il grado più basso di ciascun livello è pertinente, trattandosi di un massimo applicabile che deve essere almeno pari a 1, 2, 5 e 10 anni rispettivamente.

Nessun strumento dell'Unione consente, al contrario, di stabilire il minimo della pena. Occorre ricordare che la dichiarazione n. 8 allegata al trattato di Amsterdam sancisce che uno Stato membro che non preveda pene minime non può essere obbligato ad adottarle.

Per quanto concerne le modalità di esecuzione delle sanzioni detentive (quali, ad esempio, la liberazione condizionale, la sospensione e il rinvio della pronuncia della pena, la semilibertà, il frazionamento dell'esecuzione della pena, la sorveglianza elettronica e gli arresti domiciliari), si noti che l'Unione europea non ha adottato normative a riguardo.

2.1.6. Sanzioni pecuniarie

Come constatato precedentemente, finora, i passi relativi al ravvicinamento delle sanzioni a livello dell'Unione si sono limitati alla pena detentiva.

Tuttavia, la Commissione, nella proposta di decisione quadro del Consiglio intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell'inquinamento provocato dalle navi [37], ha proposto una scala che fissa il livello minimo delle ammende suscettibili di essere inflitte, in applicazione della proposta di direttiva che essa completa [38], alle persone fisiche o morali responsabili della commissione di reati compresi nella medesima direttiva. La Commissione ha ritenuto che, per questo tipo di reati, la pena pecuniaria sia più adeguata delle pene detentive.

[37] Si veda supra, punto 2.1.5.

[38] Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni, comprese sanzioni penali, per i reati di inquinamento

(COM(2003) 92 definitivo del 5.3.2003).

Sono previsti due livelli di sanzioni. Il primo, dall'1% al 10% del fatturato, riguarda le ipotesi nelle quali non si giunge necessariamente alla condanna a pene detentive a norma della direttiva. Il secondo livello, dal 10% al 20% del fatturato, riguarda per contro i casi più gravi, che possono dare luogo alla condanna a pene detentive, ai sensi della direttiva.

Altri criteri di armonizzazione sono tuttavia concepibili, e sono attualmente discussi in seno al Consiglio. Ad esempio, quello relativo all'ampiezza del danno causato (dell'inquinamento provocato, in questo caso), che non pare suscettibile di essere scelto, tenuto conto del fatto che potrebbe essere letto come una forma di incoraggiamento a danni minori, o ancora quello della fissazione di un importo minimo dell'ammenda, insieme alla possibilità di elevare questo importo all'equivalente dei due terzi del valore del carico trasportato o del nolo della nave all'origine del reato. Le discussioni su questo strumento proseguono al Consiglio.

2.1.7. Interdizioni e decadenze

Ai fini del presente Libro Verde, si intende come interdizione o decadenza una pena privativa o restrittiva di diritti, oppure anche una misura di prevenzione, in base alla quale una persona fisica o giuridica, per un periodo determinato o indeterminato, è interdetta dall'esercizio di determinati diritti, dallo svolgimento di una certa funzione, dall'esercizio di un'attività, dal recarsi in determinati luoghi o dal compiere certi atti.

A livello dell'Unione, talune decisioni quadro già adottate o prossime all'adozione prevedono la possibilità di imporre interdizioni all'esercizio di determinate attività professionali. Così, la decisione quadro del Consiglio relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno irregolari [39] prevede la possibilità d'imporre l'interdizione all'esercizio diretto o per interposta persona dell'attività professionale nell'esercizio della quale l'infrazione è stata commessa.

[39] Articolo primo, paragrafo 2, GU L 328 del 5.12.2002, pag. 1.

La decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile prevede che gli Stati membri debbano adottare misure che consentano di interdire, temporaneamente o definitivamente, ad una persona condannata per uno dei reati di cui allo strumento, l'esercizio di attività professionali connesse alla sorveglianza dei minori. La decisione quadro relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato contiene una disposizione che obbliga gli Stati membri ad adottare misure atte a consentire che una persona condannata per corruzione attiva o passiva nel settore privato, possa essere temporaneamente interdetta dall'esercizio di un'attività equivalente in presenza di determinate condizioni.

2.1.8. Confische

La misura della confisca è stata oggetto di un certo ravvicinamento a livello dell'Unione europea. La decisione quadro del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato, [40] prevede che, se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno, gli Stati membri non possono formulare o mantenere riserve sull'articolo 2 della Convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 relativa al riciclaggio, al rintracciamento, al sequestro o alla confisca dei proventi di reato [41]. Quest'ultima disposizione prevede che ogni Parte contraente debba adottare le misure legislative o di altro tipo necessarie per permettergli di confiscare strumenti e proventi o beni il cui valore corrisponde a questi prodotti. Gli Stati membri dovevano adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione quadro entro il 31 dicembre 2002. La Commissione sottoporrà presto una relazione sull'attuazione da parte degli Stati membri della decisione quadro.

[40] GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1. Articoli 1 e 3.

[41] Trattati del Consiglio d'Europa, n. 141. Aperto alla firma l'8 novembre 1990, entrata in vigore il 1° settembre 1993, disponibile su http:// conventions.coe.int

Questa decisione quadro si applica dunque in modo trasversale, nella misura in cui il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore a un anno. Tuttavia, anche altri strumenti settoriali prevedono disposizioni specifiche sulla confisca, e cioè: la decisione quadro del Consiglio relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali [42] e la proposta di decisione quadro del Consiglio riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti [43].

[42] Articolo primo, paragrafo 2, GU L 328 del 5.12.2002, pag. 17.

[43] Articolo 4, GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 172.

Nell'agosto 2002, la Danimarca ha presentato un'iniziativa in vista dell'adozione della decisione quadro del Consiglio relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [44], ritenendo che gli strumenti esistenti nel settore non avessero contribuito sufficientemente a garantire una cooperazione transfrontaliera efficace in materia di confisca, in quanto alcuni Stati non erano ancora in grado di confiscare i proventi di tutti i reati passibili di pene detentive di durata superiore ad un anno.

[44] Iniziativa del Regno di Danimarca in vista dell'adozione della decisione quadro del Consiglio relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, GU C 184, del 2.8.2002, pag. 3.

In occasione del Consiglio GAI del dicembre 2002, è stato raggiunto un accordo politico su questo strumento destinato a ravvicinare le normative riguardanti la pena o la misura della confisca. Tale strumento è volto a permettere la confisca degli strumenti e dei prodotti derivanti da reati passibili di pena detentiva di durata superiore ad un anno o di beni il cui valore corrisponde a questi prodotti. Detto strumento rappresenta un passo avanti rispetto alla decisione quadro del 2001, poiché contiene anche l'ampliamento del potere di confisca riguardo un certo numero di reati.

2.1.9. Sanzioni nei confronti delle persone giuridiche

Dall'adozione nel 1997 del secondo protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee [45], che prevedeva che ciascun Stato membro dovesse adottare le misure necessarie per far sì che le persone giuridiche potessero essere ritenute responsabili per frode, corruzione attiva e riciclaggio di denaro, numerosi strumenti legislativi fondati sul titolo VI del TUE, adottati o in corso di adozione, contengono questo tipo di disposizioni, che obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per far sì che le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili per i reati previsti nello strumento e a prevedere delle sanzioni.

[45] GU C 221 del 19.7.1997, pag. 11.

Questi strumenti non obbligano gli Stati membri ad istituire una responsabilità penale per le persone giuridiche - essa può anche essere amministrativa - tenuto conto del fatto che la responsabilità penale delle persone giuridiche non esiste in tutti gli Stati membri. La responsabilità a carico delle persone giuridiche non è generale ma limitata ai reati concreti e le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive, ivi comprese sanzioni pecuniarie penali e non. Possono essere imposte anche altre sanzioni, in particolare misure che escludono dal beneficio di vantaggi o aiuti concessi dalle pubbliche autorità, misure d'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività commerciale, la sorveglianza giudiziaria e una misura giudiziaria di scioglimento [46].

[46] Si veda la decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (articoli 7 e 8); decisione quadro del Consiglio, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (articoli 8 e 9); decisione quadro del Consiglio relativa al traffico di esseri umani (articoli 4 e 5); decisione quadro del Consiglio relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali (articoli 2 e 3); decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro il terrorismo (articoli 7 e 8); decisione quadro relativa allo sfruttamento sessuale dei bambini ed alla pedopornografia (articoli 6 e 7); proposta di decisione quadro relativa al traffico di droga (articoli 7 e 8); proposta di decisione quadro relativa alla lotta contro il razzismo e la xenofobia (articoli 9 e 10); proposta di decisione quadro relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato (articoli 6 e 7) e proposta di decisione quadro del Consiglio relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione (articoli 9 e 10).

Le decisioni quadro del Consiglio relative al traffico di esseri umani e allo sfruttamento sessuale dei bambini e alla pedopornografia, nonché la proposta di decisione relativa al traffico di droga prevedono anche la chiusura temporanea o definitiva degli stabilimenti che sono serviti a commettere il reato.

Si può constatare che, ogni volta che, a livello dell'Unione, si è realizzato un ravvicinamento degli elementi costitutivi dei reati in un settore particolare, questo è stato accompagnato da un ravvicinamento delle sanzioni previste per le persone fisiche e giuridiche.

D'altronde, gli strumenti trasversali sulla confisca e sul riconoscimento delle sanzioni pecuniarie si applicano anche alle persone giuridiche, anche per reati non armonizzati.

2.1.10. Sanzioni alternative

Considerate le notevoli differenze esistenti tra il diritto penale degli Stati membri, in particolare per ciò che concerne la classificazione delle pene in pene principali [47], complementari [48] e accessorie [49], non è sorprendente constatare che l'espressione «sanzione o pena alternativa» non sia interpretata nello stesso modo negli Stati membri. In Francia, per esempio, la pena alternativa o la pena sostitutiva è quella che la legge nazionale consente al giudice di pronunciare in sostituzione di una o più pene principali. Le pene alternative consistono nelle pene privative o restrittive di diritti elencati dall'articolo 131-6 del codice penale francese [50], nel lavoro nell'interesse della collettività o nella pena del "giorno-ammenda". Per contro, in Germania, il "giorno-ammenda" è una pena principale perché è l'unico modo per calcolare le sanzioni pecuniarie [51], e in Belgio il lavoro nell'interesse della collettività è stato recentemente introdotto come pena principale (si veda più avanti).

[47] Nella maggior parte degli Stati membri esistono due pene principali, la privazione della libertà e la multa/ammenda che i legislatori degli Stati membri prevedono alternativamente o cumulativamente.

[48] In diritto francese, la pena complementare è quella che il giudice può aggiungere alla pena principale, qualora la norma che reprime il reato la preveda espressamente.

[49] Si tratta di pene che derivano direttamente dalla condanna e che si applicano, di conseguenza, unitamente alla pena principale, in alcuni Stati membri (ad esempio in Francia) senza che il giudice debba pronunciarle.

[50] 1) La sospensione della patente di guida; 2) il divieto di guidare determinati veicoli; 3) la revoca della patente di guida, 4) la confisca di uno o più veicoli appartenenti al condannato; 5) il fermo di uno o più veicoli appartenenti al condannato; 6) il divieto di detenere o portare, per un periodo di cinque anni o più, una o più armi sottoposte ad autorizzazione; 7) la confisca di una o più armi di cui il condannato è proprietario o di cui ha la libera disponibilità; 8) il ritiro della licenza di caccia; 9) il divieto di emettere assegni; 10) la confisca della cosa che è servita o che era destinata alla commissione del reato o della cosa che ne è il prodotto; 11) l'interdizione all'esercizio di un'attività professionale o sociale allorché le facilitazioni che tale attività procura sono state scientemente utilizzare per preparare o commettere il reato.

[51] «Tagessatzsystem» di cui all'art. 40 del codice penale tedesco (StGB).

Per evitare di perdersi in un'analisi comparativa delle classificazioni secondo i sistemi penali degli Stati membri, si suggerisce la seguente definizione: ai fini del presente Libro verde, si intende per «sanzioni alternative» le sanzioni imposte a persone fisiche o da esse accettate nell'ambito delle procedure di mediazione penale o delle procedure transattive, e che non sono né sanzioni detentive (o modalità di esecuzione di tali sanzioni), né sanzioni pecuniarie, né confische o interdizioni e decadenze. [52]

[52] Anche se vi sono alcuni Stati membri che annoverano le decadenze da diritti fra le sanzioni alternative.

Tale definizione equivale piuttosto all'espressione inglese: "community sanctions" (sanzioni e misure applicate all'interno della comunità) per la quale la raccomandazione n. R (92) 16 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa relativa alle norme europee sulle sanzioni e le misure applicate nella comunità - che sancisce un insieme di misure alternative alla detenzione - dà, in allegato, la seguente definizione: "La nozione di "sanzioni e misure applicate nella comunità" si riferisce a sanzioni e misure che mantengono il condannato nella comunità ed implicano una certa restrizione della sua libertà attraverso l'imposizione di condizioni e/o obblighi e che sono eseguite dagli organi previsti dalle norme in vigore. Tale nozione designa le sanzioni decise da un tribunale o da un giudice e le misure adottate prima della decisione che impone la sanzione o al posto di tale decisione, nonché quelle consistenti in una modalità di esecuzione di una pena detentiva al di fuori di uno stabilimento penitenziario." [53]

[53] Cfr. anche l'elenco delle sanzioni e misure alternative di cui al punto 1 della raccomandazione

n. R (2000) 22 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa concernente il miglioramento dell'attuazione delle norme europee sulle sanzioni e misure applicate nella comunità, adottata il 29 novembre 2000, nonché la risoluzione n. (76) 10 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa su alcune misure sostitutive alle pene privative della libertà, adottata il 9 marzo 1976.

Per quanto riguarda l'Unione europea, si deve tuttavia constatare che non vi sono ancora normative concernenti le sanzioni alternative.

2.1.11. Esecuzione delle sanzioni penali

Secondo l'articolo 31, primo paragrafo, lettera c) TUE, l'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende, tra l'altro, «la garanzia della compatibilità delle normative applicabili negli Stati membri, nella misura necessaria per migliorare tale cooperazione», il che riguarda anche le norme sull'esecuzione delle sanzioni penali.

Sebbene l'Unione europea disponga quindi di una competenza nel settore dell'esecuzione delle sanzioni penali, le sue azioni in questo settore non sono state ancora ben sviluppate. Sono state tuttavia condotte un certo numero di ricerche e riflessioni, supportate da iniziative dell'Unione o finanziate da questa [54].

[54] Esempi di progetti e misure: 1. Il progetto «European citizens in prison abroad» (finanziato nell'ambito del programma GROTIUS - II (Penale). 2001/GRP/020) è volto, tra l'altro, ad istituire e sostenere una rete formata da organizzazioni non governative che rappresentano i bisogni dei cittadini europei detenuti.

2.1.12. Conclusioni

Deve constatarsi che il ravvicinamento del diritto penale sostanziale condotto a livello dell'Unione resta molto limitato. Non sono infatti presi in considerazione tutti i settori della criminalità e qualche volta le incriminazioni sono esplicitamente minime o contengono deroghe [55]. Peraltro, alcune condotte criminose non sono definite negli strumenti e sono percepite in modo diverso negli Stati membri (ad esempio: tentativo, partecipazione, istigazione).

[55] Ad esempio, la decisione quadro del 28 maggio 2001 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti non copre tutti i mezzi di pagamento; la proposta di decisione quadro relativa agli attacchi ai sistemi informatici, che è stata oggetto di un accordo politico in occasione del Consiglio JAI del febbraio 2003, che permette di escludere l'incriminabilità degli attacchi illeciti quando non vi è stata violazione di una misura di sicurezza.

Bisogna anche ricordare che, per quanto concerne il ravvicinamento delle sanzioni, l'attività dell'Unione si è limitata a stabilire, per le sanzioni applicabili, o pene effettive, proporzionate e dissuasive, o a fissare il minimo della pena massima. In realtà, al di là della pena detentiva, esiste una notevole gamma di sanzioni previste nei sistemi penali degli Stati membri.

Inoltre, anche stabilendo la medesima pena applicabile ad un reato, vi sono notevoli divergenze nelle norme della parte generale del diritto penale degli Stati membri, che comportano una differenza tra la pena pronunciata e quella eseguita (ad esempio per quanto concerne le indagini e le notizie di reato, l'applicazione del principio dell'obbligatorietà o dell'opportunità dell'azione penale, il livello di pena pronunciata e quella effettivamente eseguita).

2.2. Riconoscimento reciproco ed esecuzione delle sanzioni penali in un altro Stato membro

Nel settore del riconoscimento reciproco e dell'esecuzione delle sanzioni penali in un altro Stato membro, sono state adottate dal Consiglio, o sono sul punto di esserlo, o sono in corso di preparazione alla Commissione:

2.2.1. Mandato d'arresto europeo

Il 13 giugno 2002, il Consiglio ha adottato una decisione quadro «relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri» [56], entrata in vigore il 7 agosto 2002. Essa avrebbe dovuto essere recepita dagli Stati membri prima del 31 dicembre 2003. Il mandato d'arresto europeo rappresenta la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie. Suo scopo è la consegna della persona in questione allo Stato che ha pronunciato la condanna (art. 1 paragrafo 1). Esso permette tuttavia all'autorità giudiziaria di rifiutare l'esecuzione del mandato d'arresto europeo quando la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegna a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno- art. 4, punto 6) della decisione quadro.

[56] GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.

2.2.2. Riconoscimento delle sanzioni pecuniarie

In questo settore, su un'iniziativa del Regno Unito, della Repubblica francese e del Regno di Svezia in vista dell'adozione da parte del Consiglio di una decisione quadro riguardante l'applicazione del principio di mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie [57], si è trovato un accordo politico al Consiglio l'8 maggio 2003. Tale iniziativa corrisponde alla conclusione n. 37 del Consiglio di Tampere e alla misura n. 18 del programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento che si riferisce a «l'elaborazione di uno strumento che consenta di garantire la riscossione, da parte dello Stato di residenza, delle sanzioni pecuniarie inflitte a titolo definitivo ad una persona fisica o giuridica da un altro Stato membro». La decisione quadro sarà applicabile ad ogni decisione definitiva che infligge una sanzione pecuniaria ad una persona fisica o giuridica. La decisione che pronuncia la sanzione pecuniaria potrà essere adottata da un'autorità giudiziaria o da un'autorità amministrativa, quando la decisione può dar luogo a ricorso davanti a una giurisdizione competente, in particolare, in materia penale.

[57] GU C 278 del 2.10.2001, pag. 4.

La summenzionata misura n. 18 prevede che lo strumento da adottare dovrebbe comprendere, per quanto possibile, disposizioni sulla procedura da seguire in caso di mancato pagamento. L'attuale progetto non prevede tuttavia nulla al riguardo. Si pone dunque la questione di sapere se il suddetto progetto debba essere integrato da un altro strumento.

2.2.3. Riconoscimento delle decisioni di confisca

Il governo danese ha presentato nel 2001 un'iniziativa in vista dell'adozione di una decisione quadro del Consiglio relativa all'esecuzione nell'Unione europea degli ordini di confisca [58]. Tale iniziativa prevede il reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca tra gli Stati membri e completa il progetto di decisione quadro relativa all'esecuzione nell'Unione europea delle decisioni di blocco dei beni o di sequestro probatorio [59], non ancora adottata dal Consiglio. Essa attua la misura 19, primo trattino, del programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali («esaminare: ...se le cause di rifiuto di esecuzione di un provvedimento di confisca di cui all'articolo 18 della convenzione del 1990 siano tutte compatibili con il principio del reciproco riconoscimento») [60], senza tuttavia comprendere l'obiettivo previsto al secondo trattino della misura n. 19 («esaminare ...come migliorare il riconoscimento e l'esecuzione immediati in uno Stato membro di una decisione resa da un altro Stato membro in vista di proteggere gli interessi di una vittima, qualora siffatta decisione sia inclusa in una decisione di condanna penale»), che resta da realizzare.

[58] GU C 184 del 2.8.2002, pag. 8.

[59] La Francia, la Svezia e il Belgio hanno presentato nel 2001 un'iniziativa intesa a far adottare dal Consiglio una decisione quadro relativa all'esecuzione nell'Unione europea delle decisioni di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU C 75 del 7.3.2001, pag. 3), volta a rendere immediatamente esecutiva in uno Stato membro una decisione di blocco adottata in un altro Stato membro, senza che lo Stato di esecuzione debba prendere una nuova decisione.

[60] «Obiettivo: migliorare l'esecuzione in uno Stato membro di una decisione di confisca, in particolare ai fini della restituzione alla vittima di un reato, presa in un altro Stato membro tenuto conto dell'esistenza della convenzione europea dell'8 novembre 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato».

2.2.4. Riconoscimento delle decisioni implicanti decadenza da diritti

Per quanto concerne il riconoscimento delle decisioni implicanti decadenza da diritti, il programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento prevede d'«estendere gradualmente l'efficacia delle sanzioni di decadenza da diritti a tutto il territorio dell'Unione europea: per essere efficaci nel contesto dello spazio europeo, talune sanzioni dovrebbero essere infatti riconosciute ed eseguite in tutta l'Unione europea». Per la realizzazione di questo obiettivo, il programma prevede le seguenti misure:

Misura n. 20: «redigere un inventario delle decadenze, delle interdizioni e delle incapacità comuni a tutti gli Stati membri, pronunciati nei confronti di una persona fisica o giuridica in occasione o a seguito di una condanna».

Misura n. 21: «realizzare uno studio di fattibilità che consenta di determinare il modo migliore per pervenire, tenendo pienamente conto delle esigenze in materia di libertà individuali e di protezione dei dati, all'informazione delle autorità competenti dell'Unione europea in merito ai provvedimenti di decadenza, interdizione e incapacità pronunciati negli Stati membri. Tale studio dovrà individuare il migliore tra i seguenti metodi: a) agevolazione degli scambi bilaterali d'informazioni; b) collegamento in rete degli archivi nazionali; c) costituzione di un vero e proprio archivio centrale europeo».

Misura n. 22: «elaborare uno o più strumenti che consentano di rendere effettive nello Stato di residenza del condannato le decadenze così inventariate e di estendere alcune di esse a tutto il territorio dell'Unione, almeno per quanto concerne determinate categorie di reati e di decadenze. In tale contesto andrebbe affrontata anche la questione dell'estensione a tutta l'Unione della sanzione di interdizione dal territorio pronunciata in uno degli Stati membri».

La Danimarca ha presentato nel 2002 un'iniziativa «in vista dell'adozione di una decisione del Consiglio sul rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione europea in materia di decadenza da diritti». [61] Tale iniziativa, attualmente all'esame del Consiglio, si applica «alla decadenza da diritti che, pronunciata nei confronti di una persona fisica nell'ambito di una sentenza o come pena accessoria di una condanna penale, limita l'accesso del condannato all'esercizio di un'attività lavorativa, ad eccezione delle decisioni di ritiro della patente di guida». Il progetto di decisione prevede soltanto lo scambio di informazioni tra Stati membri in materia di decadenza da diritti. Esso non comporta tuttavia alcun reciproco riconoscimento delle decisioni di decadenza da diritti; dovrebbe comunque facilitare i futuri progressi in materia, conformemente alla misura n. 22 del programma di misure.

[61] GU C 223 del 19.9.2002 pag. 17.

La decadenza dal diritto di guidare veicoli è trattata in una convenzione dell'Unione europea relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida del 17 giugno 1998

(si veda il punto 3.2.3.).

2.2.5. Accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità europea nell'ambito della Cooperazione politica europea (CPE)

Trattando del riconoscimento delle decisioni definitive in materia penale, è il caso di tener presente i diversi accordi elaborati dagli Stati membri della Comunità europea nell'ambito della Cooperazione politica europea (CPE), che applicano e completano le convenzioni del Consiglio d'Europa. Lo sforzo fatto attraverso questi accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità europea non è tuttavia stato fruttuoso poiché essi non sono stati ratificati da tutti gli Stati membri e sono state introdotte numerose riserve. Per ragioni sistematiche e per facilitare la loro comprensione, tali accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità europea saranno presentati e analizzati nel contesto delle convenzioni del Consiglio d'Europa cui si riferiscono (si veda il capitolo 3.2., in particolare 3.2.1.2. e 3.2.1.7.)

2.2.6. Conclusioni

Malgrado l'adozione della decisione quadro «relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri», che rappresenta un notevole progresso nel settore del reciproco riconoscimento, ed anche se si può sperare che i progetti in discussione o in preparazione sul riconoscimento delle sanzioni pecuniarie, delle decisioni di confisca e delle decisioni di decadenza da diritti saranno adottate in un prossimo futuro, non si può evitare di constatare che la gamma di strumenti di reciproco riconoscimento a livello dell'Unione europea resta alquanto incompleta. In particolare, non esiste in pratica alcuna regolamentazione a questo livello sul reciproco riconoscimento delle sanzioni privative della libertà e della loro esecuzione in un altro Stato membro.

3. Situazione attuale: Normative nazionali e Accordi internazionali

3.1. Una grande diversità tra gli Stati membri

Le differenze legislative tra gli Stati membri in materia di sanzioni sono dunque piuttosto consistenti. La Commissione non ha l'intenzione, in questo Libro verde, di procedere ad un esame esaustivo, ma ritiene utile fornire un panorama generale di tali differenze.

3.1.1. Norme di diritto penale generale [62]

[62] Per la stesura di questo capitolo, sono state utilizzate le informazioni contenute nel documento 12432/01 DROIPEN 83 e nello studio su «L'harmonisation des sanctions pénales en Europe"

(si veda nota a pié della pagina n. 10).

3.1.1.1. I principi in materia di esercizio dell'azione penale: obbligatorietà o opportunità

I sistemi penali degli Stati membri regolano diversamente la materia dell'esercizio dell'azione penale, in base al principio dell'obbligatorietà oppure in base a quello dell'opportunità. Il principio di opportunità è applicato in Belgio, Francia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Lussemburgo e Paesi Bassi. In Germania, Austria, Spagna, Finlandia, Svezia, Grecia, Italia e Portogallo vige invece il principio di obbligatorietà dell'azione penale.

Conformemente al principio di obbligatorietà, le autorità competenti per l'esercizio dell'azione penale devono intervenire d'ufficio - e quindi anche in assenza di specifica denuncia - quando ritengono sia stato commesso un reato. Per contro, secondo il principio di opportunità, la decisione di adottare misure contro il reato è devoluta alla valutazione della Procura.

Tuttavia, nella pratica, tutti i sistemi giuridici comportano elementi derivanti da entrambi i principi. Alcune questioni sono invece comuni ai due sistemi, ad esempio la questione della prova necessaria per intraprendere l'azione penale. Coloro che aderiscono al principio di obbligatorietà dell'azione penale applicano in certi casi criteri di opportunità, ad esempio con la possibilità di esercizio condizionato dell'azione, e coloro che si basano su criteri di opportunità, ammettono, invece, le istruzioni dei capi delle Procure o gli orientamenti di politica criminale del Ministro della giustizia e sono soggetti in particolare alla necessità di motivare le decisioni di archiviazione e/o all'attuazione di effettivi mezzi di ricorso.

Nel Regno Unito, ad esempio, l'opportunità è basata su due regole: la ragionevole prospettiva di ottenere una condanna - sempre più utilizzata nei paesi ove si applica il principio di obbligatorietà dell'azione penale - e il pubblico interesse. Parallelamente, nei sistemi ove vige il principio di obbligatorietà, vi sono criteri per conferire priorità a determinate questioni e non perseguire casi minori.

3.1.1.2. La discrezionalità del giudice penale

Anche se l'ambizione è quella di realizzare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia in cui il medesimo reato dovrebbe essere punito ovunque in modo equivalente, è certo che ci si può muovere, a tal fine, unicamente sul piano legislativo, ma il risultato concreto sarà sempre espressione di un'incognita: la decisione del giudice che dispone ovunque di un potere discrezionale nell'applicazione della pena.

Tuttavia, il primo limite alla libertà del giudice nell'applicazione della pena deriva dal principio fondamentale di legalità delle pene, che gli impone, qualora ritenga che sia stato commesso un reato, di comminare la pena prevista dalla legge per tale reato. Ciò è una conseguenza del principio di certezza del diritto, il quale esige che una pena correlata ad un reato sia specificata dalla legge.

La presenza di circostanze aggravanti e attenuanti, argomento che sarà affrontato più avanti, può anche, in qualche misura, limitare la libertà del giudice, così come la possibilità, ad esempio, di diminuzioni o esenzioni legali della pena.

3.1.1.3. Grado di partecipazione. Concorso di persone nel reato

Il concorso è la forma più frequente di partecipazione al reato. Il concorrente (o complice) è colui che ha partecipato, a certe condizioni, alla commissione del reato. In generale, affinché vi sia concorso, occorre la presenza di due elementi: occorre un reato principale, che sia punibile, e un atto di complicità che presenti un elemento materiale (ad esempio, un aiuto o un'assistenza) e un elemento psichico (intenzione del complice di partecipare al reato).

In generale, si possono distinguere due modelli per ciò che concerne le pene in funzione della partecipazione alla commissione del reato. In alcuni Stati membri, (ad esempio, Francia, Italia, Portogallo, Austria, Danimarca e Irlanda), a tutti coloro che partecipano alla commissione di un reato viene comminata una pena identica a quella prevista per l'autore, senza tener conto del grado di implicazione della persona. Tuttavia, il giudice può tener conto del grado di partecipazione al momento della pronuncia della pena. Per contro, in altri Stati membri (ad esempio, in Germania, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Finlandia e Grecia), si opera una diversificazione, a livello normativo, tra la pena applicabile all'autore e ai complici. I coautori e gli istigatori, sono puniti, generalmente, con la stessa pena prevista per l'autore.

3.1.1.4. Grado di consumazione del reato. Tentativo

Può accadere che il risultato di un reato non si raggiunga (mancata verificazione dell'evento), mentre gli atti tendenti ad ottenerlo sono stati invece compiuti. Tale assenza di risultato può essere provocata da due cause: l'azione criminosa non è stata condotta a termine e/o l'evento necessario per l'esistenza del reato non si è verificato.

Per il tentativo, in generale, o perché il giudice ha un margine di discrezionalità (in Austria, Germania, Danimarca, Francia e Irlanda) o perché ciò è espressamente previsto dalla legge (in Belgio, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito), esiste la possibilità di prevedere pene inferiori a quelle del reato consumato.

In tali casi, la riduzione della pena è spesso calcolata in relazione alle pene previste per il reato consumato, dunque se queste ultime differiscono in modo notevole, la pena per il tentativo divergerà nella medesima proporzione.

3.1.1.5. Circostanze aggravanti e attenuanti

Le circostanze aggravanti la responsabilità penale possono essere comuni -applicabili a tutti i reati - o speciali - applicabili soltanto con riferimento ad alcuni reati. Per quanto concerne la misura della pena, alcuni Stati membri prevedono la possibilità per il giudice di pronunciare una pena superiore al massimo previsto dalla legge a causa della presenza di circostanze aggravanti, [63] mentre altri Stati non consentono di superare le pene massime previste dalla legge. [64]

[63] Per esempio, in Grecia, Italia e Portogallo.

[64] Per esempio, in Spagna, Irlanda e Svezia.

Per quanto concerne le circostanze attenuanti, tutti i sistemi penali degli Stati membri prevedono la possibilità per il giudice di diminuire la pena prevista dalla legge per il reato specifico in ragione di circostanze attenuanti o di cause di giustificazione previste dalla legge. Tuttavia, nei sistemi penali che non prevedono una soglia minima di pena, come ad esempio la Francia, il meccanismo delle circostanze attenuanti è diventato inutile. Come per le circostanze aggravanti, i sistemi penali di alcuni Stati membri prevedono un elenco specifico di circostanze attenuanti - ad esempio la Spagna- mentre altri non prevedono alcun elenco e il giudice valuta gli elementi che possono essere ritenuti come circostanze attenuanti - ad esempio il Belgio.

3.1.1.6. Un caso particolare : la recidiva

Per ciò che riguarda la condotta passata del reo, si può tener conto della recidiva o relativamente alla pena prevista dalla legge (per esempio in Italia, Belgio e Austria), o in quanto circostanza aggravante (per esempio in Finlandia, Danimarca o Spagna). Circa la misura della pena, come per le circostanze aggravanti, alcuni Stati membri prevedono una pena superiore al massimo edittale - per esempio, Austria, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Svezia o Portogallo, - mentre altri non consentono di superare le pene massime previste dalla legge, che possono già tener conto di tale circostanza - per esempio, la Finlandia, l'Irlanda e la Spagna.

A tale proposito, si noti che la decisione quadro del Consiglio, del 6 dicembre 2001, che modifica la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro [65], prevede che ciascuno Stato membro ammetta il principio della recidiva alle condizioni esistenti nella sua legislazione nazionale e riconosca quali generatrici di siffatta recidiva le sentenze di condanna definitive pronunciate in un altro Stato membro per uno dei reati previsti nella decisione quadro.

[65] GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3.

3.1.1.7. Concorso di reati

Il concorso di reati può essere definito come il fatto di commettere più reati simultaneamente o successivamente prima di essere stati condannati con sentenza definitiva per uno di essi. La mancanza di precedente condanna lo distingue dalla recidiva. Numerosi sistemi - ad esempio in Belgio - distinguono tra concorso materiale (lo stesso soggetto si rende colpevole di più azioni o omissioni distinte punite dalla legge penale) e concorso formale (quando un soggetto con una sola azione o omissione infrange diverse disposizioni di legge).

Quando un soggetto è perseguito per reati connessi o meno in più Stati membri, si potrebbe ipotizzare un trasferimento dei procedimenti penali verso uno Stato membro al fine di facilitare l'esercizio dell'azione. A tale proposito, la Convenzione europea sul trasferimento delle procedure penali del 1972 [66] prevede all'articolo 8, lett. d) la possibilità per uno Stato membro di richiedere ad un altro Stato contraente di esercitare l'azione penale, ad esempio, qualora l'indagato sia perseguito, in detto Stato, per lo stesso reato o per altri. L'articolo 32 della suddetta Convenzione prevede che gli Stati interessati esaminino l'opportunità di un'unica azione penale da parte di uno di essi

[66] Trattati del Consiglio d'Europa, n. 73. Aperto alla firma il 15 maggio 1972, entrato in vigore il 30 marzo 1978.

La Convenzione del 1972 prevede che lo Stato contraente che, prima o nel corso di un procedimento penale, venga a conoscenza dell'esistenza, in un altro Stato contraente, di un procedimento penale contro la stessa persona, per gli stessi fatti, esamini la possibilità, o di rinunciare all'esercizio dell'azione penale, o di sospenderla, o di trasmetterla all'altro Stato. Se ritiene opportuno di non rinunciare alla sua azione o di non sospenderla, avverte l'altro Stato in tempo utile e in ogni caso prima della sentenza di merito. In tali casi, gli Stati interessati si sforzano di determinare quale di essi dovrà proseguire nell'esercizio di un'azione penale unica. Tuttavia, soltanto cinque Stati membri [67] hanno ratificato la Convenzione del 1972 e altri cinque non l'hanno nemmeno sottoscritta.

[67] L'Austria, la Danimarca, i Paesi Bassi, la Spagna e la Svezia.

Si noterà che la situazione in cui un soggetto con una sola azione o omissione abbia infranto più disposizioni di legge, è collegata alla questione del ne bis in idem, principio fondamentale del diritto penale secondo cui una persona non può essere condannata due volte per gli stessi fatti [68], e alla litispendenza, vale a dire la sospensione dei procedimenti penali relativi ad un reato quando sia già pendente un procedimento antecedente.

[68] Cioè per fatti identici a quelli previsti nella prima decisione, di cui in particolare la data, il luogo e gli effetti specifici della condotta in causa.

3.1.2. Sanzioni detentive

Se la fissazione del minimo della pena massima a livello dell'Unione è divenuta classica negli strumenti di ravvicinamento del diritto penale sostanziale, non vi è, per contro, un massimo comune di pena e in questo settore le differenze sono notevoli. I sistemi penali di alcuni Stati membri come il Belgio, la Grecia, il Regno Unito, la Francia o l'Italia prevedono la pena dell'ergastolo. Altri, come la Spagna e il Portogallo, non la prevedono.

In generale, negli Stati membri che prevedono l'ergastolo, vi è la possibilità di una liberazione anticipata dopo aver scontato un certo periodo, molto diverso a seconda degli Stati (per esempio, 10 anni minimo in Belgio, 15 anni in Germania o 20 anni in Irlanda). In Francia, è possibile imporre un periodo di sicurezza che può arrivare a 30 anni.

La pena dell'ergastolo è riservata ai reati più gravi, ma anche il massimo della pena al di sotto dell'ergastolo è diverso tra gli Stati membri. Questo può andare dai 15 anni della Germania, ai 20 anni dell'Austria o ai 30 del Belgio. Allo stesso modo, la liberazione anticipata può essere concessa dopo aver scontato un terzo (in Belgio), due terzi (in Danimarca e in Germania) o tre quarti (in Spagna) della pena. Per i recidivi, tali periodi sono di solito aumentati.

Quanto alle modalità di esecuzione delle sanzioni detentive, e prima di affrontare la questione dell'opportunità di un intervento a livello dell'Unione europea in questo settore, è parso utile presentare un modo più dettagliato questo argomento nell'allegato I cui si fa riferimento. L'allegato tratta della sospensione condizionale della pena, della sospensione/rinvio della pronuncia della pena, della semi-libertà, del frazionamento dell'esecuzione della pena, della sorveglianza elettronica e della detenzione domiciliare.

Sulla base di questo inventario e dell'analisi comparata della legislazione degli Stati membri sulle modalità di esecuzione delle sanzioni detentive, si può constatare che la maggior parte degli Stati membri hanno introdotto un numero relativamente ampio di modalità di esecuzione delle sanzioni detentive permettendo un passaggio progressivo dal carcere alla remissione in libertà. Essenzialmente, il loro approccio è motivato dal desiderio di disporre di pene detentive più appropriate rispetto al carcere per ottenere una migliore reintegrazione nella società, nonché per i problemi connessi alla sovrappopolazione delle carceri [69]. Lo strumento più utilizzato a tale riguardo è la sospensione condizionale della pena, conosciuto da tutti gli Stati membri. La sorveglianza elettronica è applicata in sei Stati membri e si trova in fase di sperimentazione o di presa in considerazione in cinque altri. Tutti gli altri strumenti (sospensione/rinvio della pronuncia della pena, semilibertà, frazionamento dell'esecuzione della pena e detenzione domiciliare) sono conosciuti e applicati solo da una minoranza degli Stati membri.

[69] In diversi Stati membri, il problema della sovrappopolazione carceraria è attualmente oggetto di un accesso dibattito pubblico, come ad es. in Belgio (si veda articolo di stampa di Le Vif/L'Express del 9.5.2003, pag. 26), in Francia (si vedano articoli di stampa di Le Monde del 12.4. e del 30.4.2003) e in Portogallo (si veda articolo di stampa di Grande Reportagem di aprile 2003, pag. 78).

3.1.3. Sanzioni pecuniarie

Alcuni Stati membri applicano il regime di sanzioni pecuniarie cosiddetto del «giorno-ammenda» (ad esempio, Danimarca, Spagna, Portogallo o Germania), altri Stati membri (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito o Italia) seguono invece il sistema classico dell'importo fisso. In alcuni Stati membri i due sistemi coesistono (ad esempio in Francia, Grecia , Svezia e Finlandia).

Nel regime del «giorno-ammenda», le sanzioni pecuniarie sono generalmente inflitte dai giudici nazionali secondo la seguente procedura: il giudice stabilisce il periodo di detenzione che riterrebbe di dover comminare se volesse infliggere una pena detentiva e, dopo, stabilisce l'importo da pagare per ciascun giorno del periodo. Il periodo considerato nella legislazione degli Stati membri parte in genere da 5 giorni o anche meno (Francia, Finlandia, Grecia, Spagna e Germania) con eccezione della Svezia, ove si comincia con 30 giorni. Il numero massimo di giorni che i giudici possono imporre, varia fra 150 (in Svezia) e 730 giorni (in Spagna). Gli importi minimi che il giudice determina per ciascun giorno variano in generale tra 1 Euro e 10 Euro, mentre si può constatare une grande varietà rispetto agli importi massimi giornalieri, ad esempio 60 Euro per la Grecia, 300 Euro per la Spagna e 360 Euro per la Francia, fino all'importo di 5 000 Euro per la Germania.

Per quanto riguardo il regime classico dell'importo fisso, la legge prevede normalmente minimi e massimi, a seconda delle diverse categorie di reato. Tra i due estremi, il giudice ha spesso un considerevole margine di manovra per la determinazione della sanzione.

Negli ordinamenti giuridici ove il regime classico dell'importo fisso coesiste con il regime del «giorno-ammenda», il sistema di applicazione delle sanzioni pecuniarie è più complicato e varia a seconda dei paesi. In Finlandia, per esempio, si applica il sistema del «giorno-ammenda», ma, per alcuni specifici reati, si utilizza anche il sistema dell'importo fisso, mentre in Francia, il sistema applicabile differisce secondo la natura della pena (criminale, correzionale o contravvenzionale).

Quale che sia la modalità di calcolo della sanzione pecuniaria, la legislazione o la giurisprudenza degli Stati membri prevedono che il giudice, nella fissazione dell'importo, debba tener conto delle circostanze del reato e/o della situazione finanziaria del reo.

Indipendentemente dalla modalità di calcolo, le legislazioni nazionali prevedono generalmente in modo esplicito che il giudice che commina una sanzione pecuniaria imponga anche una pena detentiva alternativa, avente carattere sussidiario, applicabile in mancanza del pagamento della sanzione pecuniaria (per esempio, in Germania, in Belgio, in Francia, nei Pesi Bassi, in Lussemburgo e in Portogallo).

3.1.4. Interdizioni e decadenze

Esiste una serie di pene o di misure di sicurezza nei sistemi giuridici degli Stati membri che comportano decadenza da diritti, che vanno dal divieto di guidare determinati veicoli per un certo periodo di tempo, all'espulsione dal territorio nazionale, all'interdizione dall'esercizio di una certa attività professionale.

La sospensione della patente di guida esiste in tutti gli Stati membri. Per contro, alcune interdizioni relative all'esercizio di professioni specifiche (ad esempio, essere gestore di un'impresa, servire nell'esercito), o di recarsi in determinati luoghi (ad esempio, stadi di calcio, spacci di bevande alcoliche), non sono conosciuti in tutti gli Stati membri.

Esistono anche decadenze relative alla sospensione dei diritti civili e politici che possono avere carattere «accessorio», il che significa che derivano automaticamente dalla condanna - di solito una pena detentiva di una certa durata -. Si tratta, ad esempio, di misure riguardanti il diritto di voto, l'eleggibilità, l'interdizione o l'incapacità all'esercizio di un pubblico ufficio.

3.1.5. Confische

La confisca ha normalmente carattere specifico (ad esempio in Germania, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Italia o Regno Unito), applicandosi agli oggetti che sono serviti a commettere il reato e ai vantaggi patrimoniali derivanti direttamente dal reato o ai beni e valori che li hanno sostituiti ed anche ai proventi degli investimenti derivanti da essi. Se tali oggetti non sono più rinvenibili nel patrimonio del condannato, il giudice procederà alla loro valutazione in termini di equivalenza monetaria e la confisca sarà effettuata su una somma in denaro equivalente (per esempio in Belgio, Danimarca, Lussemburgo e Francia).

Tutti gli Stati membri hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato dell'8 novembre 1990. [70]Tuttavia, alcuni Stati hanno fatto, riguardo l'articolo 2 [71] sulla confisca, dichiarazioni secondo le quali essi sono obbligati a confiscare solo i proventi e gli strumenti derivanti da un certo numero di reati specificamente elencati. Da informazioni raccolte dalla Commissione nell'ambito dell'elaborazione della relazione sull'attuazione della decisione quadro del consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [72], in via di adozione, risulta che la maggior parte degli Stati membri si conforma all'articolo 1 lett. a) della decisione quadro, che proibisce le riserve concernenti l'articolo 2 della convenzione di cui sopra. Tuttavia, alcuni Stati dovrebbero rivedere le loro riserve rispetto all'articolo 2 al fine di conformarsi alla decisione quadro.

[70] Disponibile su: http:// conventions.coe.int

[71] Articolo 2 -"Confisca. (1) Ciascuna parte prende le misure legislative o di altra natura eventualmente necessarie per consentirle di procedere alla confisca di strumenti o di proventi, o di valori patrimoniali il cui valore corrisponde a tali proventi.(2) Ciascuna parte, al momento della firma o all'atto del deposito dello strumento di ratifica, d'accettazione, d'approvazione o di adesione, può, con dichiarazione diretta al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, dichiarare che il paragrafo 1 del presente articolo si applica soltanto ai reati o alle categorie di tali reati specificati nella predetta dichiarazione".

[72] GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1.

Ciò dimostra che vi sono ancora divergenze per quanto concerne le possibilità di confisca negli Stati membri e che un certo numero di Stati non sono ancora in grado di confiscare i proventi dei reati passibili di pene detentive di durata superiore ad un anno.

3.1.6. Sanzioni nei confronti delle persone giuridiche

Riguardo le sanzioni nei confronti delle persone giuridiche, esistono considerevoli differenze tra gli Stati membri. Un certo numero prevede la responsabilità - e talvolta in maniera specifica la responsabilità penale - delle persone giuridiche: per esempio la Francia, l'Irlanda, il Regno Unito, il Belgio e i Paesi-Bassi. Ciò non avviene invece in Grecia, in Germania, in Lussemburgo o in Italia. La responsabilità delle persone giuridiche è oggetto di numerosi dibattiti. Gli avversari di tale teoria sostengono che, non possedendo la società una volontà propria, essa non può essere ritenuta imputabile (societas delinquere non potest). I sostenitori della responsabilità penale delle persone giuridiche adottano una prospettiva opposta. Secondo essi, le persone giuridiche non sono mere finzioni giuridiche. Queste istituzioni esistono, occupano una posizione predominante nell'organizzazione della nostra società e devono essere responsabili dei reati commessi.

Nel Regno Unito, ad esempio, la giurisprudenza fonda la responsabilità delle persone giuridiche sulla teoria detta dell'identificazione. In virtù di tale teoria, vi è identità tra la persona giuridica e le persone che ne sono a capo, vale a dire le persone, quadri o dirigenti, le cui funzioni all'interno dell'impresa sono tali per cui essi non ricevono, nell'esecuzione delle loro funzioni, ordini o direttive da un superiore gerarchico. La commissione di un reato da parte di una persona o di un gruppo di persone che si identificano con l'organizzazione costituisce così un reato della persona giuridica. Tuttavia, a dispetto delle differenze con i sistemi di common law, altri Stati membri quali la Francia, prevedono la responsabilità penale delle persone giuridiche.

3.1.7. Sanzioni alternative

Le sanzioni e misure non detentive permettono di trattare in modo più creativo ed allo stesso tempo più umano il problema della delinquenza e delle sanzioni. Servono a limitare soprattutto il ricorso alle pene detentive brevi che la maggioranza degli specialisti concorda nel ritenere nocive. L'implicazione della comunità (locale) è un elemento necessario ed originale dell'attuazione delle pene alternative.

Le pene alternative svolgono pertanto un ruolo importante nell'ambito della prevenzione della criminalità poiché sono, molto più delle pene privative di libertà, atte a contribuire ad un migliore reinserimento dei delinquenti nella società. Ai sensi dell'articolo 29 TUE, comma 2, l'obiettivo dell'Unione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, è perseguito, tra l'altro, tramite la prevenzione della criminalità. Il reinserimento contribuisce in modo diretto alla prevenzione delle recidive.

Sulla base dell'inventario e dell'analisi comparata della legislazione degli Stati membri sulle pene alternative (si veda l'allegato II), si può constatare come la maggior parte degli Stati membri abbia introdotto, negli ultimi anni, sanzioni alternative o sia in procinto di farlo. Essenzialmente, il loro approccio è motivato dal desiderio di disporre di pene più appropriate rispetto alle pene detentive per ottenere un miglior reinserimento del condannato nella società, nonché dai problemi di sovrappopolazione nelle prigioni. Si può osservare che l'accettazione delle pene alternative incontra in diversi Stati alcune difficoltà all'interno degli organi giudiziari. Inoltre, si rileva la tendenza dei legislatori nazionali a concentrarsi su determinate pene alternative, cioè il lavoro di interesse generale e la mediazione penale.

3.1.8. Esecuzione delle sanzioni penali

Al fine di conoscere la situazione negli Stati membri, è necessario prima effettuare un inventario e un'analisi comparata della legislazione degli Stati membri nel settore dell'esecuzione delle sanzioni penali. A tal fine, si faccia riferimento all'allegato III che, senza voler essere esaustivo, presenta la legislazione degli Stati membri concernente il rinvio dell'esecuzione della pena, la semilibertà, la liberazione anticipata, la remissione di pena, l'amnistia e la grazia.

L'allegato III mostra che, nel settore dell'esecuzione delle sanzioni penali, le differenze tra le legislazioni degli Stati membri sono piuttosto considerevoli.

Il rinvio dell'esecuzione della pena è conosciuto solo da una minoranza di Stati membri, come ad esempio la Francia e l'Italia. Solo un numero limitato di Stati membri conosce lo strumento della semilibertà (ad es. Germania, Belgio, Spagna, Francia, Italia, Portogallo) nella fase di esecuzione della pena. Le condizioni di accesso, le modalità di applicazione nonché le conseguenze per i beneficiari in caso di violazione delle condizioni imposte variano considerevolmente. Lo strumento della liberazione anticipata esiste in tutti gli Stati membri, ma le condizioni di ammissibilità e di attuazione di tale misura differiscono considerevolmente da uno Stato membro all'altro. La possibilità di una remissione di pena più o meno automatica è conosciuta solo da un piccolo numero di Stati membri (ad es. Francia e Grecia). Le legislazioni degli Stati membri sull'amnistia e la grazia differiscono notevolmente e il loro ottenimento dipende in genere da un esteso potere discrezionale delle autorità competenti.

Tali divergenze sono peraltro illustrate in modo evidente dal numero o dalla percentuale di detenuti (per mille abitanti) negli Stati membri, sebbene le differenze di percentuale non riflettano soltanto le diversità che esistono tra gli Stati membri nel settore dell'esecuzione delle sanzioni, ma anche nel settore dell'insieme dei fattori di diritto penale che influiscono su una sanzione. La Commissione aveva inviato il 1° agosto 2003 un questionario sulla popolazione carceraria agli Stati membri (attuali e futuri). Anche se non si dispone ancora di tutti i dati, si può già constatare la seguente situazione geografica: tradizionalmente, vi è un approccio moderato negli Stati membri scandinavi (tra 50 e 70 detenuti per mille abitanti), un gruppo di Stati membri con un tasso medio al di sotto dei 100 detenuti (Germania, Austria, Belgio, Francia, Italia, Grecia, Lussemburgo e Paesi Bassi) e un gruppo di Stati membri con una percentuale tra 100 e 150 detenuti per mille abitanti (Spagna, Gran Bretagna, Portogallo e qualche nuovo Stato membro). Considerato che alcuni nuovi Stati membri presentano percentuali di oltre 350 detenuti per mille abitanti, si può ritenere che la percentuale di detenuti per mille abitanti in alcuni Stati membri sia sei volte più elevata di quella degli Stati membri scandinavi.

3.2. Un arsenale incompleto di strumenti di reciproco riconoscimento

3.2.1. Reciproco riconoscimento delle sanzioni detentive

Une serie di convenzioni adottate nell'ambito del Consiglio d'Europa e completata dagli strumenti approvati nell'ambito della Cooperazione politica europea (CPE) presenta una certa pertinenza in questo contesto. Le convenzioni CPE hanno lo scopo principale di facilitare l'applicazione delle convenzioni del Consiglio d'Europa e di rafforzare la cooperazione giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri. Occorre altresì tener conto degli accordi a livello regionale, quali quelli in vigore tra i paesi nordici.

3.2.1.1. Convenzione europea del Consiglio d'Europa sull'efficacia internazionale delle sentenze penali del 28 maggio 1970

La Convenzione europea del Consiglio d'Europa sull'efficacia internazionale delle sentenze penali [73] conclusa il 28 maggio 1970, è stata ratificata da 15 dei 45 Stati del Consiglio d'Europa. Essa è entrata in vigore il 26 luglio 1974. Undici Stati membri hanno sottoscritto [74] la Convenzione, cinque l'hanno ratificata. [75] Numerose riserve sono state formulate dalla maggior parte delle parti contraenti quanto all'attuazione della Convenzione. La Convenzione si applica alle sanzioni detentive.

[73] Disponibile su http://conventions.coe.int/

[74] Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Spagna, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia.

[75] Austria, Danimarca, Spagna, Paesi Bassi, Svezia.

Secondo questa Convenzione, lo Stato che ha pronunciato la condanna può domandare l'esecuzione di una sanzione ad un altro Stato solo se una o più delle condizioni elencate all'articolo 5 siano soddisfatte: a) se il condannato ha la sua residenza abituale nell'altro Stato, b) se l'esecuzione della sanzione nell'altro Stato è suscettibile di migliorare le possibilità di riqualificazione sociale del condannato, c) se si tratta di una sanzione privativa della libertà che potrebbe essere eseguita nell'altro Stato successivamente ad un'altra sanzione privativa della libertà che il condannato subisce o deve subire in tale Stato, d) se l'altro Stato è lo Stato d'origine del condannato e si è già dichiarato disponibile ad incaricarsi dell'esecuzione di tale sanzione, o e) se ritiene di non essere in grado di eseguire lui stesso la sanzione, pur avendo ricorso all'estradizione, mentre l'altro Stato lo è. Inoltre, la decisione pronunciata nello Stato richiedente deve essere definitiva ed esecutiva e il reato per cui la sanzione è stata pronunciata deve essere considerato tale anche in base alla legislazione dello Stato richiesto (esigenza di «doppia incriminabilità» [76]).

[76] L'esigenza di «doppia incriminabilità» non è stata invece mantenuta nelle seguenti convenzioni: l'accordo di cooperazione del 23 marzo 1962 tra Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia (detto accordo «di Helsinki»), la Convenzione di cooperazione giudiziaria conclusa nel 1983 a Riyadh tra alcuni Stati arabi e lo Schema relativo al trasferimento delle persone condannate all'interno del Commonwealth del 1986.

L'esecuzione richiesta può essere rifiutata , in tutto o in parte, solo nei casi elencati all'art. 6 [77].

[77] Motivi di rifiuto: a) se l'esecuzione è contraria ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato richiesto; b) se lo Stato richiesto considera il reato per il quale è stata pronunciata la condanna come avente natura politica o puramente militare; c) se lo Stato richiesto ritiene che vi siano fondati motivi per credere che la condanna sia stata provocata o aggravata da considerazioni di razza, di religione, di nazionalità o di opinioni politiche; d) se l'esecuzione è contraria agli impegni internazionali dello Stato richiesto; e) se il fatto è già oggetto di procedimento nello Stato richiesto o se lo Stato richiesto decide di intraprendere un procedimento; f) se le autorità competenti dello Stato richiesto hanno deciso di non avviare un procedimento penale per lo stesso fatto, o di archiviarlo se già in corso; g) se il fatto è stato commesso al di fuori del territorio dello Stato richiedente; h) se lo Stato richiesto non è in grado di eseguire la condanna; i) se la richiesta si basa sull'articolo 5 e) («se ritiene di non essere in grado di eseguire lui stesso la sanzione, pur avendo ricorso all'estradizione, mentre l'altro Stato lo è»), e nessun altra delle condizioni previste dall'articolo è soddisfatta; j) se lo Stato richiesto ritiene che lo Stato richiedente sia in grado di eseguire esso stesso la condanna; k) se, a causa della sua età al momento della commissione del fatto, il condannato non poteva essere perseguito nello Stato richiesto; l) se la sanzione è già prescritta secondo la legge dello Stato richiesto; m) nella misura in cui la condanna pronunci una decadenza da diritti.

L'esecuzione di una sanzione pronunciata nello Stato richiedente può aver luogo nello Stato richiesto solo a seguito di una decisione di un giudice di tale Stato (art. 37). Prima di assumere una decisione sulla richiesta di esecuzione, il giudice dà al condannato la possibilità di far valere il suo punto di vista (art. 39). Deve essere altresì previsto un mezzo di ricorso contro le decisioni giudiziarie adottate nello Stato richiesto in vista dell'esecuzione domandata (art. 41). Lo Stato richiesto è vincolato all'accertamento dei fatti nella misura in cui gli stessi sono esposti nella decisione o nella misura in cui questa si fonda implicitamente su essi (art. 42).

Una volta accolta la richiesta di esecuzione, il giudice sostituisce alla sanzione privativa della libertà pronunciata nello Stato richiedente una sanzione prevista dalla sua legislazione per lo stesso fatto (art. 44). Tale sanzione può, nei limiti sotto indicati, essere di natura o durata diversa da quella pronunciata nello Stato richiedente. Se tale sanzione è inferiore al minimo che la legge dello Stato richiesto consente di pronunciare, il giudice non è vincolato a questo minimo ed applica una sanzione corrispondente alla sanzione pronunciata nello Stato richiedente. Stabilita la sanzione, il giudice non può aggravare la situazione penale del condannato derivante dalla decisione resa nello Stato richiedente.

Secondo la Convenzione, l'esecuzione è retta dalla legge dello Stato richiesto e solo tale Stato è competente ad adottare le decisioni appropriate, in particolare per quanto concerne la liberazione condizionale. Solo lo Stato richiedente ha, per contro, il diritto di statuire su ogni tipo di istanza di revisione presentata contro la condanna. Entrambi gli Stati possono esercitare il diritto di amnistia o di grazia.

3.2.1.2. Convenzione del 13 novembre 1991 tra gli Stati membri delle Comunità europee sull'esecuzione delle condanne penali straniere

Otto Stati membri [78] delle Comunità europee hanno firmato, il 13 novembre 1991, una convenzione sull'esecuzione delle condanne penali straniere [79]. Mai ratificata da alcun Stato membro, essa non è quindi entrata in vigore. Nei rapporti tra gli Stati membri che sono parti della Convenzione europea sull'efficacia internazionale delle sentenze penali del 28 maggio 1970, la Convenzione del 1991 avrebbe dovuto applicarsi nella misura in cui completa o facilita l'applicazione dei principi in essa contenuti (art. 20).

[78] Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Italia e Lussemburgo.

[79] Disponibile su http://ue.eu.int/ ejn

Secondo l'articolo 2 di tale Convenzione, gli Stati membri delle Comunità europee si impegnano a prestarsi la più ampia collaborazione reciproca in materia di trasmissione dell'esecuzione delle condanne (pene privative della libertà o pene pecuniarie). La trasmissione dell'esecuzione può essere richiesta sia dallo Stato di condanna, sia dallo Stato di esecuzione. Ogni Stato membro può precisare in una dichiarazione i reati che esso intende escludere dal campo di applicazione della Convenzione. Gli altri Stati membri possono applicare il principio di reciprocità (art. 1).

La trasmissione dell'esecuzione di una condanna a una pena privativa della libertà può essere chiesta qualora: a) la persona condannata si trovi sul territorio dello Stato di esecuzione e sia cittadino del medesimo Stato o risieda abitualmente nel suo territorio, o b) la persona condannata si trovi sul territorio dello Stato di esecuzione e la sua estradizione sia stata rifiutata, o sarebbe rifiutata in caso di richiesta, o non sia possibile; oppure c) la persona condannata si trova sul territorio dello Stato di esecuzione dove sconta o deve scontare una pena privativa della libertà (art. 3).

La trasmissione dell'esecuzione di una condanna è subordinata all'accordo dello Stato di condanna e dello Stato di esecuzione e può essere richiesta solo alle condizioni cumulative enumerate all'art. 5 della Convenzione: a) la sentenza è definitiva e esecutiva; b) gli atti o le omissioni che hanno dato luogo alla condanna costituiscono una delle infrazioni menzionate all'articolo 1, paragrafo 1 punto a), rispetto alla legislazione dello Stato di esecuzione o costituirebbero una di tali infrazioni se avessero luogo nel territorio di detto Stato; c) la sanzione non è caduta in prescrizione né ai sensi della legge dello Stato di condanna, né ai sensi di quella dello Stato di esecuzione; d) nello Stato di esecuzione non esiste, nei confronti della persona condannata, una sentenza definitiva per gli stessi fatti; e) allorché esiste una sentenza definitiva per gli stessi fatti nei confronti della persona condannata in uno Stato terzo, la trasmissione dell'esecuzione non è contraria al principio del "ne bis in idem".

Si noti che, contrariamente all'articolo 39 della Convenzione del Consiglio d'Europa del 1970, quella del 1991 tra gli Stati membri delle Comunità europee non prevede che la persona sia sentita in merito al luogo ove scontare la pena.

Allorché la trasmissione dell'esecuzione di una condanna a una pena privativa della libertà è stata accettata, le autorità competenti dello Stato di esecuzione devono o eseguire la pena inflitta nello Stato di condanna - immediatamente o sulla base di una decisione giudiziaria o amministrativa -, oppure convertire la condanna, mediante un procedimento giudiziario o amministrativo, in una decisione di questo Stato, sostituendo così alla pena inflitta nello Stato di condanna una pena prevista dalla legislazione dello Stato di esecuzione per la stessa infrazione (art. 8).

Lo Stato di esecuzione deve, qualora gliene venga fatta richiesta, indicare allo Stato di condanna quale procedura intenda seguire. Ogni Stato membro può indicare, mediante una dichiarazione, che intende escludere l'applicazione di una delle due procedure.

Se lo Stato di esecuzione adotta la prima procedura (esecuzione della pena inflitta nello Stato di condanna), è vincolato dalla natura giuridica e dalla durata della pena pronunciata dallo Stato di condanna. Tuttavia, se il carattere o la durata di tale pena sono incompatibili con la legislazione dello Stato di esecuzione, o se la legislazione di tale Stato lo esige, lo Stato di esecuzione può, con una decisione giudiziaria o amministrativa, adattare tale pena alla pena prevista dalla sua legge per infrazioni della stessa natura. Tale pena corrisponde, per quanto possibile, a quella inflitta dalla condanna da eseguire. Essa non può aggravare, per la sua natura o la sua durata, la pena inflitta dallo Stato di condanna, né eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso fatto (art. 8, paragrafo 4).

Qualora lo Stato di esecuzione adotti la procedura di conversione della condanna, tale Stato: a) è vincolato dalla constatazione dei fatti nella misura in cui essi figurano esplicitamente o implicitamente nella sentenza pronunciata dallo Stato di condanna, b) può, fatta salva dichiarazione contraria, convertire una pena privativa della libertà in una pena pecuniaria allorché la pena privativa della libertà è di durata inferiore o pari a sei mesi; e c) non aggraverà la situazione penale del condannato e non sarà vincolato dalla pena minima eventualmente prevista dalla propria legislazione per l'infrazione o le infrazioni commesse (art. 8, paragrafo 5).

Lo Stato di condanna non può più eseguire la condanna dal momento in cui è concordata, con lo Stato di esecuzione, la trasmissione dell'esecuzione. Tuttavia, in caso di evasione del condannato, lo Stato di condanna riacquista il diritto all'esecuzione, salvo diverso accordo tra questo Stato e lo Stato di esecuzione (art. 17).

3.2.1.3. Il trattato del 26 settembre 1968 tra il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo sull'esecuzione delle decisioni giudiziarie rese in materia penale

Questo trattato [80]si riferisce all'esecuzione delle decisioni in materia penale tra gli Stati membri del Benelux. È applicabile alle condanne ad una pena privativa della libertà o ad una misura privativa della libertà, alle condanne ad una pena pecuniaria o ad una confisca, alle condanne comportanti interdizioni e decadenze e alle decisioni giudiziarie che statuiscono esclusivamente sulla colpevolezza. [81]

[80] Il trattato Benelux del 1968 non è mai entrato in vigore: si veda C. Van den Wyngaert, Strafrecht en strafprocesrecht in hoofdlijnen, Maklu, Antwerpen, 1998, alla pag. 1010.

[81] Art. 2.

Il trattato prevede che una condanna pronunciata in uno Stato contraente possa essere eseguita in un altro Stato contraente solo se il fatto che essa reprime costituisca reato in tale Stato o sia menzionato in un elenco predisposto conformemente al trattato. [82]

[82] Art. 3 e art. 57.

Tuttavia, il trattato consente di rifiutare l'esecuzione richiesta nel caso in cui il fatto abbia carattere politico o militare o sia oggetto di azione penale nello stesso richiesto o se quest'ultimo ha deciso di intraprendere l'azione penale. Lo Stato richiesto può anche rifiutare l'esecuzione se questa è contraria ai suoi impegni internazionali o ai principi fondamentali del suo ordinamento giuridico, se il fatto è stato commesso fuori del territorio dello Stato richiedente o se si tratta dell'esecuzione di una condanna a interdizioni o decadenze. [83] L'autorità competente dello Stato richiedente deve certificare il carattere esecutivo dalla decisione. [84] L'esecuzione delle condanne rese in contumacia è, in linea di principio, sottoposta alle medesime regole di quella delle condanne rese in contraddittorio. [85]

[83] Art. 5.

[84] dem.

[85] Art. 17.

Si prevede anche che, se esiste un mandato d'arresto o un altro titolo che autorizza la detenzione nello Stato richiedente e questo domanda l'esecuzione della condanna, lo Stato richiesto può procedere all'arresto immediato del condannato. In caso di urgenza, si prevede che lo Stato richiesto possa procedere all'arresto prima che i documenti che normalmente accompagnano la domanda di esecuzione siano ad esso trasmessi. [86]

[86] Art. 30.

È prevista la possibilità di un transito temporaneo del detenuto [87], nonché il sequestro di alcuni oggetti in vista della loro successiva confisca, se, in applicazione del trattato, può essere eseguita una confisca nello Stato richiesto. [88] Nell'ambito del trattato, si prevede anche quando e a quali condizioni il condannato ha la facoltà di scontare la pena nello Stato richiedente.

[87] Art. 32 e art. 33

[88] Art. 33.

Riguardo l'esecuzione della condanne che comportano pene pecuniarie e confisca, lo Stato richiesto non può procedere all'esecuzione di tali misure che a seguito di una decisione del Pubblico Ministero dello Stato richiesto, il quale verificherà l'autenticità della richiesta e il suo carattere esecutivo. [89] Egli controlla anche se le condizioni del trattato sono state rispettate ed è responsabile delle modalità tecniche dell'esecuzione. Contro la decisione del Pubblico Ministero è possibile ricorrere al giudice competente dello Stato richiesto.

[89] Art. 42.

Per l'esecuzione delle condanne comportanti interdizioni e decadenze, si prevede che uno Stato contraente possa procedere all'esecuzione di tali misure pronunciate in un altro Stato contraente, solo a seguito di una decisione del primo Stato contraente. Si prevede esplicitamente che i provvedimenti di decadenza da diritti possano produrre effetti in uno Stato diverso da quello ove è stata pronunciata la condanna solo se la legislazione di tale Stato prevede la decadenza per tale infrazione o per un fatto corrispondente secondo l'elenco contenuto nel trattato. [90]

[90] Art. 50 e art. 57

3.2.1.4. Il modello di cooperazione tra gli Stati nordici

Gli Stati nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) hanno una lunga tradizione di cooperazione in materia penale. Essa è fondata sulla vicinanza geografica, sui legami storici, culturali, linguistici [91] e i loro comuni interessi di ordine politico ed economico. I diversi strumenti di tale cooperazione sono stati preceduti da intese discussioni pubbliche finalizzate ad elaborare soluzioni comuni ed armonizzare le legislazioni nazionali di tali paesi.

[91] Eccetto che per il finlandese.

Il primo strumento è la Convenzione dell'8 marzo 1948 concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia penale, concluso tra la Norvegia, la Danimarca e la Svezia. Tale Convenzione prevede che le sentenze definitive rese in uno Stato diventino esecutive in un altro Stato firmatario. Il campo di applicazione di tale convenzione è tuttavia limitato a sanzioni pecuniarie, confische e spese di giustizia. Essa è stata seguita il 23 marzo 1962 da un accordo di cooperazione tra Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, denominato «Accordo di Helsinki». Secondo tale Accordo, Gli Stati firmatari devono adottare - ed hanno in effetti adottato - normative identiche o quanto meno simili che permettano alle autorità di uno Stato firmatario di riconoscere e di eseguire le decisioni giudiziarie delle autorità di un altro Stato e di trasferire i detenuti a tal fine. È sulla base di queste normative identiche o simili che riposa la reciproca fiducia che caratterizza la cooperazione penale tra Stati nordici.

Il trasferimento di detenuti tra gli Stati nordici è basato su considerazioni umanitarie e di politica penale. Lo scopo di tale cooperazione è, tra l'altro, di promuovere la riabilitazione e il reinserimento del condannato. Si argomenta - giustamente - che è più facile preparare il detenuto alla sua futura vita in libertà se l'esecuzione ha luogo nello Stato ove il detenuto ha intenzione di vivere. Tale approccio faciliterebbe anche i contatti con possibili datori di lavoro, il che c contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Per quanto concerne l'esecuzione delle sanzioni privative della libertà, lo Stato d'esecuzione è vincolato al numero di giorni di carcere stabilito nella decisione dello Stato che ha pronunciato il giudizio. Dopo intensi dibattiti, si è ritenuta inadeguata la possibilità di una riduzione o di un adattamento della pena al livello delle pene dello Stato di esecuzione. Il principio della «doppia incriminabilità» non è stato adottato. Il trasferimento del detenuto non dipende dal suo consenso. Egli deve tuttavia essere sentito prima dell'adozione di una decisione e il suo parere verrà, di solito, rispettato. Inoltre, egli è protetto dal principio di specialità, secondo il quale lo Stato di esecuzione può eseguire soltanto la pena per cui il trasferimento è stato effettuato. Al fine di facilitare lo svolgimento pratico del procedimento, le decisioni di trasferimento dei detenuti da uno Stato nordico all'altro sono adottate a livello delle amministrazioni penitenziarie centrali dello Stato di esecuzione. In Svezia, ad esempio, l'amministrazione penitenziaria centrale dispone del potere di sottoporre le domande di trasferimento di detenuti ad un altro Stato e di decidere le domande provenienti da altri Stati. Malgrado l'esecuzione sia retta dal diritto dello Stato di esecuzione, gli Stati nordici si sono accordati affinché lo Stato di esecuzione non possa accordare la grazia senza aver preliminarmente sentito le autorità dello Stato che ha pronunciato il giudizio.

3.2.1.5. Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983

La Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate è stata conclusa il 21 marzo 1983 [92] e ratificata da 52 Stati [93]. È entrata in vigore il 1° luglio 1985. Tutti gli Stati membri dell'Unione europea l'hanno sottoscritta e ratificata. Sono state formulate, dalla maggior parte degli Stati membri, riserve circa l'applicazione di alcune parti della Convenzione.

[92] Disponibile su http:// conventions.coe.int

[93] Di cui una parte non è membro del Consiglio d'Europa.

La Convenzione ha come oggetto principale quello di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate a pene o misure privative della libertà, permettendo ad uno straniero privato della libertà a seguito di un reato, di scontare la sua pena nell'ambiente sociale d'origine. Essa è motivata da considerazioni umanitarie, poiché parte dalla considerazione che le difficoltà di comunicazione dovute ad ostacoli linguistici, sociali e culturali e l'assenza di contatti con la famiglia, possono avere effetti nefasti sul comportamento dei detenuti stranieri ed impedire, se non rendere impossibile, il reinserimento sociale delle persone condannate.

Secondo la procedura prevista all'articolo 2, paragrafo 3) della Convenzione, il trasferimento può essere chiesto sia dallo Stato che ha pronunciato la condanna (Stato di condanna), sia dallo Stato di origine del condannato (Stato di esecuzione). La Convenzione non comporta né l'obbligo per gli Stati membri di trasferire i condannati né il diritto di essi di essere trasferiti. Gli Stati dispongono di un potere discrezionale piuttosto importante.

Il trasferimento può aver luogo secondo la Convenzione alle seguenti condizioni (art. 3): a) il condannato deve essere cittadino dello Stato d'esecuzione; b) la sentenza deve essere definitiva; c) la durata di condanna che il condannato deve ancora subire deve essere di almeno sei mesi alla data di ricezione della domanda di trasferimento, o indeterminata; d) il condannato o, qualora uno dei due Stati lo ritenesse necessario a causa della sua età o del suo stato fisico o mentale, il suo rappresentante deve consentire al trasferimento; e) gli atti o le omissioni che hanno provocato la condanna devono costituire un reato per il diritto dello Stato d'esecuzione, o dovrebbero costituirne uno qualora avvenissero sul suo territorio; e f) lo Stato di condanna o lo Stato di esecuzione devono essersi accordati su tale trasferimento.

Come nella Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee sull'esecuzione delle condanne penali straniere del 13 novembre 1991, lo Stato di esecuzione dispone di due opzioni alla modalità di esecuzione: le autorità competenti dello Stato di esecuzione devono o proseguire l'esecuzione della condanna immediatamente o convertire la condanna, mediante un procedimento giudiziario o amministrativo, in una decisione di questo Stato, sostituendo così alla sanzione inflitta nello Stato di condanna una sanzione prevista dalla legislazione dello Stato di esecuzione per lo stesso reato (art. 9). L'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato d'esecuzione e quest'ultimo è il solo competente per prendere tutte le decisioni appropriate.

Le modalità di procedura in caso di proseguimento dell'esecuzione - regolate dall'art. 10 della Convenzione del 1983 - sono identiche a quelle della convenzione del 1991 (si veda supra). Se la natura o la durata di tale sanzione è incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, questo può quindi adattare questa sanzione alla pena o alla misura previste dalla propria legge per reati della stessa natura.

In caso di conversione della condanna (art. 11), si applica la procedura prevista dalla legislazione dello Stato d'esecuzione. Per la conversione, l'autorità competente: a) è vincolata dall'accertamento dei fatti per quanto questi figurino esplicitamente o implicitamente nella sentenza pronunziata nello Stato di condanna; b) non può convertire una sanzione privativa della libertà in una sanzione pecuniaria; c) deduce integralmente il periodo di privazione della libertà subìto dal condannato; e d) non aggrava la situazione penale del condannato, e non è vincolata dalla sanzione minima eventualmente prevista dalla legislazione dello Stato d'esecuzione per il reato o i reati commessi. Le condizioni b) e c) differiscono da quelle stabilite all'articolo 8, paragrafo 5) della convenzione del 1991: la convenzione del 1991 permette la conversione di una pena detentiva in una pena pecuniaria, salvo dichiarazione contraria; la condizione c) non ha equivalenti nella convenzione del 1991.

La presa in consegna del condannato da parte delle autorità dello Stato di esecuzione sospende l'esecuzione della condanna nello Stato di condanna. Lo Stato di condanna non può più eseguire la condanna quando lo Stato d'esecuzione ne considera terminata l'esecuzione (art. 8).

L'applicazione della convenzione è stata resa difficile a causa di divergenze d'interpretazione del criterio della nazionalità, della situazione dei detenuti affetti da problemi mentali e del trattamento delle sanzioni pecuniarie impagate, del mancato rispetto dei termini di trattamento delle domande di trasferimento e dalle differenze tra i sistemi penali degli Stati interessati.

a. Il criterio della nazionalità: la Convenzione prevede che il condannato debba essere cittadino dello Stato d'esecuzione (art. 3). Tale disposizione deve essere tuttavia letta congiuntamente con l'articolo 3, paragrafo 4), che prevede che ogni Stato possa, in qualsiasi momento, con una dichiarazione, definire, per quanto lo riguarda, il termine «cittadino» ai fini della Convenzione. Essa può dunque estendere l'applicazione della Convenzione a persone diverse dai «cittadini», ad esempio anche a persone di altra nazionalità che siano residenti stabilmente nel paese. Sfortunatamente, gli Stati contraenti non danno un'interpretazione uniforme di tale norma. Il Consiglio d'Europa, nella sua raccomandazione (88) 13, ha conseguentemente suggerito agli Stati membri di definire il termine «cittadino» in senso ampio. Per esso, la residenza abituale dovrebbe essere il criterio principale.

b. La situazione dei detenuti affetti da infermità mentale: tali persone non sono necessariamente condannate - nel senso abituale del termine - ad una pena in seguito ad un accertamento della loro colpevolezza. Secondo le legislazioni degli Stati membri, questi soggetti sono, a causa della loro imputabilità attenuata o della loro totale mancanza di imputabilità, o condannate ad un periodo indeterminato di internamento all'interno di una istituzione specializzata, o esentate dal comparire avanti ad un tribunale, ma sottoposte ad un internamento in istituzioni specializzate a causa della loro pericolosità sociale. Orbene, alcuni Stati contraenti ritengono che la Convenzione non si applichi a quest'ultima categoria di detenuti. Per rimediare a tale difficoltà di interpretazione, il Consiglio d'Europa prevede di emanare una nuova raccomandazione secondo cui che la convenzione dovrebbe applicarsi ai detenuti affetti da infermità mentale.

c. In alcuni Stati membri (ad es. Regno Unito e Francia), possono essere inflitte allo stesso tempo sanzioni pecuniarie e pene detentive. In tali casi, non è raro che lo Stato di condanna blocchi la domanda di trasferimento del condannato fino a che questi non abbia pagato l'ammenda. Il Consiglio d'Europa ha cercato di contrastare questa pratica: con la raccomandazione n. R (92) 18, punto 1. f., ha consigliato agli Stati membri di «adottare misure che permettano di non dovere rifiutare un trasferimento per il solo motivo che le pene pecuniarie inflitte alla persona condannata in forza della sentenza restano impagate». Poiché tale raccomandazione non ha eliminato detta pratica, il Consiglio d'Europa prevede ora di studiare il problema più a fondo e di suggerire una soluzione sotto forma di un nuovo protocollo annesso alla Convenzione.

d. Si è rilevata, da parte di alcuni Stati di condanna, una tendenza a rifiutare il trasferimento quando questo dà al condannato la possibilità di scontare, nel proprio paese d'origine, una pena meno severa di quella inflitta nello Stato di condanna. Tale situazione può verificarsi non soltanto se lo Stato di esecuzione sceglie la soluzione della conversione (art. 11), ma anche se esso decide di proseguire l'esecuzione della pena (art. 10). Nel caso della conversione, tale rischio è evidente, poiché la legislazione dello Stato di esecuzione (che può sempre prevedere una pena più lieve) è chiamata a sostituirsi interamente allo Stato di condanna (art. 9, paragrafo 1, lett. b) che rinvia all'articolo 11). In caso di prosecuzione dell'esecuzione della pena, lo Stato di esecuzione può vedersi obbligato ad adattare la pena pronunciata (dallo Stato di condanna), ad esempio se la pena pronunciata eccede la durata massima autorizzata dalla legislazione dello Stato di esecuzione. Infine, nella pratica, una pena meno severa o addirittura una liberazione immediata potrebbero risultare dalle differenze considerevoli che esistono tra gli Stati membri rispetto all'esecuzione della pena [94], in particolare riguardo alla liberazione anticipata (si veda supra). Per risolvere il problema di una possibile liberazione immediata, il Consiglio d'Europa ha adottato il 27 giugno 2001 una raccomandazione [95] che suggerisce un minimo di esecuzione della pena (ad esempio il 50 % della durata complessiva della pena pronunciata) al di là del quale si raccomanda agli Stati di facilitare il trasferimento. [96]

[94] L'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato d'esecuzione e quest'ultimo è il solo competente a prendere tutte le decisioni appropriate (art. 9, paragrafo 3) della Convenzione.

[95] Raccomandazione 1527 (2001) relativa al funzionamento della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate.

[96] Il Comitato di esperti sul funzionamento delle convenzioni europee nel settore penale ha tuttavia obiettato, nel suo parere del 22 gennaio 2003, che la fissazione di una percentuale minima nuocerebbe alla flessibilità, che è un valore riconosciuto della convenzione. Inoltre, una percentuale fissa impedirebbe le soluzioni caso per caso. Il Comitato è quindi favorevole ad un'iniziativa che si basi sull'idea di un «periodo di una certa durata compatibile con i fini della giustizia».

3.2.1.6. Protocollo aggiuntivo del Consiglio d'Europa, del 18 dicembre 1997, alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate

Un Protocollo aggiuntivo del Consiglio d'Europa alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate [97] è stato concluso il 18 dicembre 1997 ed è entrato in vigore il 1° giugno 2000. È stato ratificato da 16 Stati membri del Consiglio d'Europa. Tra gli Stati membri della Comunità europea, 11 l'hanno firmato e 5 l'hanno ratificato.

[97] Disponibile su http:// conventions.coe.int

Il Protocollo completa la Convenzione del 1983 sul trasferimento delle persone condannate e definisce le norme applicabili al trasferimento dell'esecuzione delle pene, sia per le persone condannate evase dallo Stato di condanna per raggiungere lo Stato di cui sono cittadini, sia per le persone condannate oggetto di un provvedimento di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera a causa della loro condanna.

3.2.1.7. Accordo relativo all'applicazione, tra gli Stati membri delle Comunità europee della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 25 maggio 1987 [98]

[98] Disponibile su http://ue.eu.int/ ejn

Questo accordo completa, nei rapporti tra gli Stati membri che hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 1983 (di seguito "Convenzione sul trasferimento"), le disposizioni della suddetta Convenzione del Consiglio d'Europa (art. 1). L'accordo è stato firmato da 11 Stati membri e ratificato da 4.

Ai fini dell'applicazione della Convenzione sul trasferimento, ogni Stato membro assimila ai propri cittadini i cittadini di qualsiasi altro Stato membro il trasferimento dei quali appaia opportuno e nell'interesse della persona considerata, tenuto conto della sua residenza abituale e regolare sul territorio di detto Stato (art. 2). Le dichiarazioni formulate in applicazione della Convenzione sul trasferimento non hanno effetto nei confronti degli Stati membri parti del presente accordo. Ciascuno Stato membro può, nelle relazioni con gli Stati membri parti del presente accordo, formulare, rinnovare o modificare qualsiasi dichiarazione prevista dalla convenzione sul trasferimento (art. 3).

3.2.2. Riconoscimento delle decisioni che concedono la sospensione condizionale della pena o una liberazione condizionale o infliggono sanzioni alternative

3.2.2.1. Descrizione e individuazione del problema

Per quanto concerne le misure di sorveglianza e di assistenza basate, in particolare, su una sospensione condizionale della pena o su una liberazione condizionale, il Programma di misure per l'attuazione del reciproco riconoscimento delle decisioni penali, ricordato più sopra, stabilisce, al capitolo 4, «decisioni prese nell'ambito del controllo post-penale» l'obiettivo e la misura seguenti:

"Obiettivo: garantire la cooperazione nel caso in cui una persona sia sottoposta ad obblighi o a misure di sorveglianza e di assistenza a titolo, in particolare, di una sospensione condizionale della pena o di una liberazione condizionale.

Misura n. 23: cercare di perfezionare l'applicazione della convenzione europea per la sorveglianza delle persone condannare o liberate con la condizionale del 30 novembre 1964. Occorrerebbe in particolare stabilire in quale misura si possano rendere inopponibili tra Stati membri dell'Unione europea talune riserve e motivi di rifiuto, se del caso mediante uno strumento specifico."

Gli obblighi o le misure di sorveglianza e di assistenza summenzionati, collegati a pene detentive sospese o a decisioni di liberazione condizionale, pongono i medesimi problemi del riconoscimento delle pene alternative.

Il reciproco riconoscimento delle sanzioni alternative pone difficoltà per i seguenti motivi. In primo luogo, vi sono, come dimostrato nella parte sul ravvicinamento delle pene alternative, considerevoli differenze per quanto concerne la loro funzione e il loro carattere giuridico: in alcuni Stati membri, determinate pene alternative costituiscono pene principali o pene sostitutive, mentre, in altri, le stesse pene rappresentano misure collegate a pene detentive sospese. Peraltro, si può constatare una notevole varietà quanto al contenuto delle sanzioni alternative. Inoltre, alcune pene alternative - ivi compresi il "controllo sociale" e le misure di sorveglianza tipicamente connesse a questo genere di pena - non esistono in tutti gli Stati membri. Infine, una parte delle sanzioni alternative, e cioè quelle che possono rientrare nel campo della mediazione penale, sono oggetto, in alcuni Stati membri, di un procedimento semplificato che si volge in parte al di fuori della procedura penale classica e che comporta normalmente l'archiviazione della pratica se il procedimento semplificato si conclude con successo.

Anche se la legislazione degli Stati membri cerca di evitare palesi discriminazioni, si può constatare che i tribunali nazionali, nella pratica, non pronunciano pene sospese combinate con misure di rieducazione nei confronti di persone aventi la loro residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello che ha pronunciato la condanna. Poiché quest'ultimo non può adottare misure di sorveglianza nello Stato sul territorio del quale il reo stabilisce la propria residenza abituale, [99] l'autore rischia la pronuncia di una pena detentiva, anche se si tratta soltanto di reati minori, il che ha come conseguenza che il reo viene punito più severamente che se avesse commesso il medesimo reato nello Stato membro di sua residenza. La nazionalità straniera non è la prima causa di difficoltà in questo contesto, ma, piuttosto, il fatto che il condannato abbia la sua residenza abituale in un altro Stato membro.

[99] Senza un accordo internazionale o una normativa dell'Unione europea, lo Stato che ha pronunciato il giudizio commetterebbe un attentato alla sovranità dello Stato di residenza abituale dell'autore del reato se adottasse misure di sorveglianza sul territorio di quest'ultimo.

Allo stato attuale, a livello dell'Unione europea, alcuna legislazione tratta dell'esecuzione delle sanzioni alternative al di fuori delle frontiere nazionali. È vero che il governo belga ha presentato nel 2002 un'iniziativa relativa alla creazione di una rete europea di punti di contatto nazionali per la giustizia "riparatoria". [100]Tale iniziativa è volta a sviluppare e a promuovere i diversi aspetti della giustizia "riparatoria" a livello dell'Unione, attraverso la creazione di una rete europea di punti di contatto nazionali. Essa non riguarda, tuttavia, il reciproco riconoscimento delle sanzioni alternative.

[100] GU C 242 dell' 8.10.2002, pag. 20.

3.2.2.2. Strumenti esistenti

La Convenzione europea sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione [101], elaborata sotto l'egida del Consiglio d'Europa, cerca di trovare una soluzione ai problemi suesposti. Essa è stata sottoscritta il 30 novembre 1964 ed è entrata in vigore il 22 agosto 1975. È stata ratificata da 16 Stati. Attualmente, è stata sottoscritta da 11 Stati membri [102] ed 8 l'hanno ratificata. [103]

[101] Disponibile su http:// conventions.coe.int

[102] Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia.

[103] Austria, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia.

La Convenzione è volta a permettere alle persone condannate di lasciare il territorio di una parte contraente (Stato richiedente) ove esse sono state giudicate o liberate con la condizionale e di sottoporle all'appropriata sorveglianza delle autorità di un'altra parte contraente (Stato richiesto). Essa riguarda le persone oggetto di una condanna giudiziaria accompagnata da un rinvio condizionale dell'esecuzione della pena o di una condanna comportante privazione della libertà, emanata, in tutto o in parte, con la condizionale, o al momento della condanna ("sospensione della pena"), o successivamente ("liberazione anticipata") [104].

[104] Nella maggior parte degli Stati la liberazione anticipata è una liberazione condizionale, si veda più avanti

Secondo tale Convenzione, le Parti contraenti si impegnano a prestarsi reciprocamente l'assistenza necessaria alla riabilitazione sociale delle persone condannate all'estero. La Convenzione riguarda tre tipi di assistenza:

(1) La prima forma di assistenza è la sorveglianza (titolo II della Convenzione). Lo Stato richiedente (che ha pronunciato la condanna) può domandare allo Stato sul territorio del quale il reo stabilisce la sua residenza abituale di assicurarne semplicemente la sorveglianza. La sorveglianza da parte dello Stato richiesto può richiedere o meno un adeguamento delle misure di sorveglianza nello Stato richiesto.

Nell'ultimo caso, la sorveglianza può essere accettata senza alcuna formalità, ad esempio quando esiste anche nello Stato richiesto e non vi è motivo di procedere ad un adeguamento. Se la sorveglianza del rispetto delle condizioni di una sospensione condizionale della pena è attuata dallo Stato di esecuzione, si pone la questione di sapere se lo Stato che ha pronunciato la condanna debba avere la possibilità di verificare se il condannato rispetta le condizioni cui è sottoposto. Che tipo di meccanismo si dovrebbe prevedere a riguardo?

Nel caso in cui la legislazione dello Stato richiesto non conosca le misure di sorveglianza prescritte, questo le adatta alla propria legislazione (art. 11, paragrafo 1 della Convenzione). Ciò comporta la trasformazione di una parte della condanna o della decisione dell'autorità che ha ordinato la liberazione condizionale del reo. In nessun caso le misure di sorveglianza applicate dallo Stato richiesto possono essere più severe, per natura o durata, di quelle prescritte dallo Stato richiedente (art. 11, paragrafo 2) della Convenzione).

Secondo la Convenzione, nel caso in cui il condannato divenga oggetto di una revoca della condizionale, o perché sottoposto a procedimento penale o a condanna per un nuovo reato, ovvero perché inadempiente agli obblighi impostigli, lo Stato richiedente è il solo competente a giudicare, tenuto conto delle informazioni e dei pareri forniti dallo Stato richiesto, se il reo ha adempiuto o meno gli obblighi che gli erano stati imposti e, sulla base di tale valutazione, ad adottare ulteriori misure previste dalla propria legislazione (artt. 13 e 15 della convenzione). Esso informa lo Stato richiesto della propria decisione.

(2) La seconda forma di assistenza possibile consiste nell'esecuzione delle condanne (titolo III della convenzione), se lo Stato richiedente la domanda e se ha revocato la decisione di sospensione condizionale. L'esecuzione avviene in conformità della legge dello Stato richiesto (art. 17). Lo Stato richiesto sostituisce, ove occorra, alla sanzione inflitta nello Stato richiedente, la pena o la misura prevista dalla propria legge per un reato analogo. Tale pena o misura corrisponde, per sua natura, per quanto possibile, a quella inflitta dalla condanna da eseguire. Essa non può eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato richiesto, né essere più severa, per natura o durata, della sanzione pronunciata nello Stato richiedente (art. 19). Lo Stato richiedente non può più adottare alcuna delle misure di esecuzione richieste, a meno che un rifiuto o una impossibilità di esecuzione gli siano stati notificati dallo Stato richiesto (art. 20).

(3) La terza forma di assistenza possibile è la cessione di poteri in favore dello Stato richiesto (titolo IV della Convenzione). In tal caso, lo Stato richiesto adegua la pena o la misura inflitta alla propria legislazione penale come se la condanna fosse stata pronunciata per lo stesso reato commesso sul proprio territorio. La pena inflitta nello Stato richiesto non può essere più severa di quella inflitta nello Stato richiedente (art. 23). Lo Stato richiesto garantisce la completa applicazione della sentenza in tal modo adeguata come se si trattasse di una sentenza pronunciata dai propri organi giudiziari (art. 24). L'accettazione da parte dello Stato richiesto di una domanda formulata in conformità del presente titolo estingue il diritto di eseguire la condanna nello Stato richiedente (art. 25).

Nella maggior parte dei casi, la revocazione della sospensione condizionale ha per conseguenza che il condannato deve scontare una pena detentiva nello Stato di esecuzione. Si pongono, di conseguenza, le medesime questioni sollevate al punto 3.2.1.

La Convenzione del 1964 presenta due grossi inconvenienti: il numero elevato di riserve [105] formulate dalla maggior parte degli Stati e motivi di rifiuto [106] che ne rendono inefficace l'applicazione.

[105] Tali riserve escludono in particolare l'applicazione dei titoli III e IV.

[106] Secondo l' articolo 7, la sorveglianza, l'esecuzione o la completa applicazione verranno negate: a) se esse sono considerate dallo Stato richiesto come di natura tale da lederne la sovranità, la sicurezza, i principi fondamentali del suo ordinamento giuridico o suoi altri interessi essenziali; b) allorché la condanna motivante la richiesta di cui all'art. 5 è basata su fatti che sono stati giudicati in ultima istanza dallo Stato richiesto; c) allorché io Stato richiesto considera i fatti che hanno motivato la condanna sia come un reato politico sia come un reato connesso ad un reato politico sia infine come un reato esclusivamente militare; d) allorché la sanzione sia caduta in prescrizione in base alla legge dello Stato richiedente o a quella dello Stato richiesto; e) allorché l'autore del reato beneficia di un'amnistia o di un provvedimento di grazia nello Stato richiedente o nello Stato richiesto. Inoltre, la sorveglianza, l'esecuzione o la completa applicazione possono essere negate: a) allorché le Autorità competenti dello stato richiesto hanno deciso di non intentare procedimenti o di metter fine ai procedimenti già iniziati per gli stessi fatti; b) allorché i fatti motivanti la condanna sono già oggetto di procedimenti nello Stato richiesto; c) allorché la richiesta concerne una condanna pronunciata in contumacia; d) allorché lo Stato richiesto ritiene che la condanna sia incompatibile con i principi che regolano l'applicazione del proprio diritto penale, ed in particolare se, a motivo dell'età, l'autore del reato non avrebbe potuto essere condannato.

3.2.3. Riconoscimento delle decisioni implicanti decadenza da diritti

La decadenza dal diritto di guidare veicoli è trattata in una convenzione dell'Unione europea relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida del 17 giugno 1998. [107] Tale convenzione, attualmente ratificata solo dalla Spagna, prevede tuttavia solo un meccanismo di riconoscimento relativamente debole. Non prevede la possibilità che l'interdizione alla guida sia riconosciuta direttamente in tutti gli Stati membri dell'Unione, ma presuppone l'intervento dello Stato membro di residenza. Quest'ultimo ha tre possibilità di scelta per eseguire la decisione di ritiro della patente di guida: può eseguire direttamente la decisione di decadenza, può eseguirla indirettamente a mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, oppure può convertirla in una decisione giudiziaria o amministrativa, in effetti sostituendo in tal modo la decisione dello Stato dell'infrazione con una nuova decisione dello Stato di residenza. (si veda l'articolo 4, paragrafo 1 della convenzione). In questi due ultimi casi, lo Stato membro di residenza può ridurre la durata della decadenza. Tale possibilità non pare essere coerente con il principio del reciproco riconoscimento. La convenzione prevede peraltro motivi di rifiuto dell'esecuzione della decisione obbligatori e facoltativi. Di nuovo, alcuni di questi motivi non sembrano essere conformi al principio del reciproco riconoscimento.

[107] Relazione esplicativa sulla convenzione relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida GU C 211 del 23.7.1999, pag. 1.

3.2.4. Conclusioni

Ad eccezione della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, sottoscritta e ratificata da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, nessun'altra delle convenzioni sopra riportate è stata sottoscritta o ratificata da tutti gli Stati membri dell'Unione europea. I pochi Stati membri (dell'Unione europea) che hanno ratificato queste convenzioni hanno espresso molte dichiarazioni e riserve, riducendo vieppiù la loro efficacia. Senza voler qui riprodurre e ripetere nel dettaglio le diverse critiche rispetto alla sostanza delle normative considerate, individuate ai punti 3.2.1. e 3.2.2., e che saranno trattate più a fondo al punto 4.2., non si può fare a meno di constatare che l'arsenale di strumenti applicabili tra gli Stati membri dell'Unione europea, che permette di rispondere all'esigenza di riconoscere e di eseguire la pena in un altro Stato membro, sia piuttosto incompleto e, laddove esista, (cioè, in particolare, la Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983) suscettibile di essere migliorato.

4. Problemi persistenti e necessità d'azione a livello dell'Unione europea

4.1. Ravvicinamento delle sanzioni privative della libertà e delle pene alternative

Nel settore di cui ci occupiamo, come in altri, l'azione dell'Unione europea è guidata dai principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Il Protocollo sull'applicazione del principio di sussidiarietà giustifica l'azione della Comunità quando si tratti di materie transnazionali, quando un'azione al solo livello nazionale o la mancanza di un'azione comunitaria sarebbero in conflitto con le prescrizioni del trattato, o ancora, quando un'azione a livello comunitario produrrebbe evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti.

Tale approccio è stato messo in evidenza nelle conclusioni del Consiglio GAI del 25 e 26 aprile 2002 [108] che hanno insistito sulla coerenza interna dei sistemi penali degli Stati membri e sull'accettazione delle differenze in materia di sanzioni. Si è già constatato che ciò si spiega con ragioni storiche, culturali e giuridiche fortemente radicate negli ordinamenti giuridici, che si sono evoluti nel tempo e che sono l'espressione della maniera con cui gli Stati si sono confrontati ed hanno risposto a questioni fondamentali nel settore del diritto penale. Si tratta, in definitiva, di un settore che tocca nel profondo la sovranità degli Stati.

[108] Si veda supra al punto 2.1.5.

Il principio su cui si basa l'azione dell'Unione nel settore della cooperazione giudiziaria penale è quello del reciproco riconoscimento, come ricordato nelle conclusioni di Tampere. Ci si può tuttavia interrogare sulle conseguenze della diversità in materia di sanzioni penali. In particolare, bisognerebbe esaminare in quale misura alcune di esse creino ostacoli alla realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che l'Unione si è prefissa come obiettivo.

La Commissione ritiene che si potrebbe prospettare un'azione dell'Unione allorché essa è necessaria al fine di assicurare l'efficacia di una politica nei settori armonizzati. Ci si può porre la questione, ad esempio, di sapere se la risposta «armonizzata» nei limiti sopra descritti ad un fenomeno criminale, sviluppata livello a dell'Unione, sia realmente efficace. In altri termini, l'effetto ricercato di raggiungere un livello elevato di sicurezza può essere ottenuto se certi comportamenti non possono essere oggetto di incriminazione o non vengono, di fatto, repressi?

Allo stesso modo, si pone la questione di sapere se vi sia il rischio che certi criminali «dislochino» la loro attività illecita in un altro Stato membro ove essa non costituisce reato o è punita in modo meno severo. Sarebbe interessante condurre una riflessione sul fatto di sapere se si tratti di una ipotesi accademica o di una realtà, nel caso, ad esempio, della criminalità finanziaria, della criminalità nel mondo degli affari o della criminalità che utilizza le nuove tecnologie.

Un'altra questione su cui si potrebbe riflettere sarebbe quella di verificare se e in quale misura la mancanza di armonizzazione ostacoli la libera circolazione, o se i cittadini debbano, al contrario, attendersi che un comportamento, lecito nel loro Stato di residenza, non sia autorizzato in un altro (ad esempio, in materia di razzismo, di pedofilia, di consumo di droghe).

Domanda 1: In quale misura le differenze tra i sistemi sanzionatori penali pongono ostacoli alla realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, quali

(1) la spostamento dei criminali a causa delle disparità delle incriminazioni e delle sanzioni oppure

(2) gli ostacoli alla libera circolazione delle persone?

Per quanto concerne le possibilità d'azione dal punto di vista della Commissione per i differenti tipi di sanzioni, seguendo la suddivisione già utilizzata, si può distinguere:

4.1.1. Norme di diritto penale generale

4.1.1.1. Obbligatorietà/Opportunità

La scelta tra un sistema o l'altro conduce alla questione dell'opportunità o meno di sviluppare una politica criminale europea di priorità del perseguimento di determinati tipi di reati.

Incidentalmente, la Commissione, nel Libro verde sulla creazione di una Procura europea [109], per quanto concerne la frode al bilancio comunitario, sottolinea la sua preferenza per un sistema di obbligatorietà dell'azione penale, con eccezioni destinate a temperarlo. Ciò implica, in via di principio, una uniformità delle azioni penali esercitate all'interno dello spazio giudiziario europeo, dunque senza alcun margine di discrezionalità per la Procura europea. In occasione di una audizione pubblica nel mese di settembre 2002 sul Libro verde, la maggioranza degli intervenuti ha ritenuto che sarebbe preferibile, in questa materia, scegliere il principio di obbligatorietà dell'azione penale, temperato da specifiche eccezioni.

[109] COM(2001) 715 definitivo dell'11.12.2001, punto 6.2.2.1.

L'obiettivo principale è trovare un equilibrio e assicurare l'efficacia della giustizia. Di norma, la ricerca di tale equilibrio rientra nelle competenze del singolo Stato membro, ma si potrebbe prevedere che, almeno per i reati armonizzati a livello dell'Unione, non vi debbano essere sensibili divergenze tra gli Stati membri per quanto concerne l'esercizio dell'azione penale.

4.1.1.2. Il margine di discrezionalità del giudice penale

L'indipendenza è una delle prerogative del giudice, derivando dal principio della separazione dei poteri riconosciuto in tutti gli Stati membri. In generale, il giudice penale ha un ampio margine di discrezionalità riguardo la pronuncia della pena. Non sarebbe quindi appropriato stabilire norme rigide a tale riguardo. Inoltre, allo stato attuale dei trattati, secondo la dichiarazione n. 8 allegata al trattato di Amsterdam, uno Stato membro che non prevede pene minime non può essere obbligato ad adottarle.

Nell'ambito dello studio su «L'armonizzazione delle sanzioni penali in Europa», si ipotizza, per contro, che strumenti di soft law raccomandino l'adozione di pene comprese tra un minimo e un massimo (linee guida per il dispositivo) o di zone per l'applicazione corrente nei casi normali. Un'altra opzione sarebbe quella di effettuare regolarmente valutazioni comparative, sotto forma di incontri o di studi di casi, ad esempio, per conoscere le pratiche degli organi giudiziari degli Stati membri per quanto riguarda la pronuncia della pena. Inoltre, si potrebbe altresì prevedere la possibilità di prendere come modello a livello europeo sistemi quali il "Sistema informativo sulle sentenze delle High Courts" («High Court Sentencing Information System») sviluppato in Scozia, cui hanno accesso tutti i giudici scozzesi e che contiene tutte le decisioni delle «High Courts», il quale rappresenta, nella pratica, un orientamento per i giudici.

4.1.1.3. Grado di partecipazione. Concorso di persone nel reato

Le decisioni quadro adottate, così come quelle in corso di adozione [110], prevedono generalmente disposizioni volte a incriminare e a imporre sanzioni penali- che devono essere almeno effettive, proporzionate e dissuasive [111]- per l'istigazione e la partecipazione in qualità di complice nella commissione dei reati previsti dai rispettivi strumenti.

[110] Si veda supra, punto 2.1.5.

[111] Ad esempio, gli articoli 2 e 3 della decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani (GU L 203 del 1.8.2002, pag. 1); gli articoli 5 e 6 della decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1).

Non sembra possibile impegnarsi nel ravvicinamento delle pene applicabili in funzione del grado di partecipazione senza aver operato il ravvicinamento della definizione stessa dei diversi gradi di partecipazione, né la pena per l'autore del reato, tenuto conto del fatto che, molto spesso, la pena per il complice, negli Stati membri che prevedono una pena differenziata per questa tipologia di reo, è stabilita in funzione della pena prevista per l'autore.

4.1.1.4. Circostanze aggravanti e attenuanti

Tenendo conto del fatto che l'aggravamento della pena in determinate circostanze previste dalla legge è stabilito normalmente in relazione alla pena inflitta per il reato base, che non è armonizzato in modo generale, è parimenti difficile ipotizzare un ravvicinamento in questo settore.

Per quanto concerne le circostanze attenuanti, si dovrebbe comunque vigilare affinché un sistema di riduzione proporzionale non contrasti con la dichiarazione n. 8 allegata al trattato di Amsterdam, che non consente di obbligare gli Stati membri che non le conoscono a prevedere pene minime.

Verosimilmente, quindi, un'azione a livello dell'Unione potrebbe avere solo una portata molto limitata e , del resto, la sua giustificabilità è piuttosto dubbia.

4.1.1.5. La recidiva

Il «Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali» [112] contiene un certo numero di misure che hanno l'obiettivo di far sì che un giudice di uno Stato membro possa tener conto di una condanna pronunciata in un altro Stato membro al fine di valutare il passato criminoso del reo e trarne le conseguenze riguardo alla condanna dell'interessato.

[112] GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.

La misura n. 2, in particolare, prevede l'adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e per determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili.

Per quanto concerne la considerazione delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri come previsto dalla misura n. 2, la posizione degli Stati membri si differenzia. L'articolo 56 della Convenzione europea del Consiglio d'Europa sull'efficacia internazionale delle sentenze penali [113] del 1970 prevede che «Ciascuno Stato contraente adotterà le misure che riterrà appropriate per permettere ai suoi tribunali, al momento di emanare una sentenza, di prendere in considerazione qualsiasi sentenza penale europea resa in contraddittorio emanata per un altro reato, al fine di aggiungere a tale sentenza tutti o alcuni degli effetti che le proprie leggi prevedono per le sentenze emanate nel proprio territorio. Esso determinerà le condizioni in cui tale sentenza viene presa in considerazione». Tuttavia, soltanto quattro Stati membri hanno ratificato la Convenzione del 1970 senza esprimere riserve sull'articolo 56 [114].

[113] Trattati del Consiglio d'Europa, n. 70. Aperta alla firma il 28 maggio 1970, entrata in vigore il 26 luglio 1974, disponibile su http:// conventions.coe.int

[114] Austria, Danimarca, Spagna, Svezia.

È evidente che, affinché una decisione straniera sia tenuta in considerazione, è indispensabile la conoscenza di tale decisone da parte dell'autorità giudiziaria che deve pronunciare la pena. Al fine di facilitare la reciproca informazione, conviene, secondo la misura n. 3 del programma di reciproco riconoscimento, introdurre un modello uniforme di richiesta di precedenti giudiziari tradotto nelle diverse lingue dell'Unione europea, basandosi sul modello elaborato in ambito Schengen. La Commissione, nella sua proposta di decisione quadro del Consiglio relativa al mandato europeo di ricerca delle prove [115], ha introdotto un formulario standard di richiesta di estratto del casellario giudiziario, che dovrebbe servire a concretizzare la misura n. 3 del programma di misure per l'attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni penali.

[115] COM(2003) 688 definitivo del 14.11.2003.

Infine, la misura n. 4 del programma di reciproco riconoscimento prevede di realizzare uno studio di fattibilità che consenta di determinare il modo migliore per pervenire, tenendo pienamente conto delle esigenze in materia di libertà individuali e di protezione dei dati, all'informazione delle autorità competenti nell'Unione europea in merito alle condanne penali pronunciate nei confronti di una persona. La Commissione ha finanziato due studi in questo settore che contribuiscono allo studio di fattibilità richiesto dal programma di reciproco riconoscimento.

Il problema dell'informazione relativa alle pene pronunciate negli altri Stati membri e la considerazione di queste informazioni in occasione di nuovi procedimenti penali o di nuove condanne sarà oggetto di uno studio della Commissione e di sue proposte distinte dal presente libro verde.

Tuttavia, la questione della recidiva penale può dare luogo a discussioni che meritano di essere qui accennate.

L'applicazione del principio di reciproco riconoscimento deve condurre a ritenere la decisione assunta da un organo giudiziario di un altro Stato membro del medesimo valore di una decisione nazionale pronunciata per un reato equivalente. Se una decisione nazionale equivalente costituisce il primo elemento della recidiva penale, la decisione dell'altro Stato membro deve anche essere considerata tale.

L'applicazione di questo semplice principio può tuttavia causare, nella pratica, alcune difficoltà. La prima difficoltà è legata alla qualificazione del reato operata dal giudice che ha pronunciato la prima decisione. Si tratta qui di una questione classica di doppia incriminabilità che è già stata oggetto di numerosi lavori nell'Unione. Essa riveste però un aspetto particolare in materia di recidiva poiché alcuni Stati membri applicano, per determinati reati, il principio della recidiva speciale: la recidiva sussiste allora soltanto se il secondo reato ha la stessa qualifica del reato che ha dato luogo alla prima condanna (esempio: due reati successivi in materia di traffico di stupefacenti). Si potrebbe quindi prevedere, almeno, un meccanismo di recidiva speciale a livello dell'Unione che porti a tener conto, in tutti gli Stati membri, delle condanne penali pronunciate negli altri Stati membri a titolo di recidiva se esse concernono determinati reati.

La seconda difficoltà concerne la natura della decisione, il tipo di autorità che l'ha pronunciata (giudice, ma anche, in certi casi, il procuratore la cui decisione può mettere fine all'azione penale, autorità amministrative), la natura della pena o della decisione pronunciata (pena detentiva con o senza sospensione condizionale, pena alternativa, dispensa dalla pena, ma anche transazione penale, mediazione...), il quantum della pena pronunciata. Tali diversi parametri potranno, a seconda delle legislazioni nazionali, essere presi in considerazione, al fine di determinare se la prima decisione costituisca o meno il primo elemento di cui tener conto per il calcolo della recidiva. Potrebbe essere necessario disporre su tali punti di un approccio comune nelle varie legislazioni nazionali.

Infine, le legislazioni nazionali divergono quanto ai termini entro i quali le decisioni penali sono prese in considerazione per costituire il primo elemento di calcolo della recidiva penale e quanto alle circostanze che possono annullare gli effetti di una prima decisione concernente la recidiva. Anche qui, potrebbe essere necessaria un'opera di ravvicinamento.

4.1.1.6. Concorso di reati

La Presidenza greca ha presentato un'iniziativa [116] al fine dell'adozione di una decisione quadro del Consiglio, che ha per obiettivo l'armonizzazione delle diverse disposizioni relative al principio del "ne bis in idem",ivi compresa la litispendenza. Le discussioni su tale iniziativa proseguono in seno al Consiglio.

[116] GU C 100 del 26.4.2003, pag. 24.

Non pare opportuno, per ora, proporre misure generali di ravvicinamento in questo settore prima di conoscere i risultati delle trattative su questo strumento.

4.1.2. Sanzioni privative della libertà

In particolare, sarebbe opportuno prevedere sanzioni comuni per l'incriminazione della partecipazione ad un'organizzazione criminale, dato che l'azione comune adottata dal Consiglio il 21 dicembre 1998, relativa all'incriminazione della partecipazione ad una organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, non prevede un livello minimo di pena.

D'altronde, se la fissazione del minimo della pena massima a livello dell'Unione è diventata classica negli strumenti settoriali di ravvicinamento del diritto penale sostanziale, per contro, non vi è un massimo comune di pena e in questo settore vi sono differenze notevoli, come già constatato. Alcuni Stati membri prevedono una pena detentiva perpetua ed altri no. Ci si potrebbe chiedere se tale pena non debba essere soppressa o disciplinata a livello dell'Unione.

La soppressione della pena detentiva perpetua sarebbe giustificata dal punto di vista dell'obiettivo della rieducazione e del reinserimento del condannato che subisce la pena. È noto che una persona può modificare il suo comportamento nel corso del tempo trascorso in carcere e la mancanza di speranza di poter un giorno uscirne non stimola gli sforzi volti al reinserimento. Tuttavia, bisogna notare che, attraverso il gioco di varie circostanze previste dalla legge, (buona condotta, studi, formazione professionale durante la detenzione, ad esempio), la pena detentiva perpetua può essere sostanzialmente ridotta in uno Stato che la prevede, mentre, in un altro Stato che non la prevede, una pena a lungo termine può, in pratica, rappresentare il carcere a vita.

La detenzione a vita potrebbe essere sostituita da una pena detentiva a tempo determinato. Per i reati più gravi, associati a determinate caratteristiche personali, che rappresentano manifestamente una minaccia, si potrebbe prevedere la possibilità di ridurre la pena ad un periodo determinato, da situarsi tra i 20 e i 30 anni, con un riesame regolare della situazione del condannato; oppure far sì che il caso dei condannati oggetto di una tale sanzione di durata indeterminata siano oggetto di un riesame regolare. Si potrebbe altresì ipotizzare una combinazione delle due opzioni. Inoltre, un certo ravvicinamento eviterebbe le difficoltà legate all'esecuzione di pene privative della libertà inflitte nello Stato di emissione in uno Stato che non le conosce.

Nessuno strumento dell'Unione permette, per contro, di fissare il minimo della pena. Bisogna ricordare che la dichiarazione n. 8 al trattato di Amsterdam sancisce che uno Stato membro che non prevede pene minime non può essere obbligato ad adottarle.

Per quanto concerne le modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà, si pone la questione di sapere se vi è necessità di armonizzare, a tale riguardo, la legislazione degli Stati membri a livello dell'Unione europea (ripresa nell'allegato I). A prima vista, si potrebbe ritenere che le modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà non sollevano problemi particolari che vadano al di là dei problemi tipici connessi al riconoscimento di sanzioni che non esistono in tutti gli Stati membri o di cui le condizioni di applicazione e di realizzazione variano da uno Stato membro all'altro (si veda il capitolo 4.2.). Tuttavia, notevoli differenziazioni potrebbero comportare l'effetto che solo i residenti beneficerebbero di modalità di esecuzione più lievi.

4.1.3. Sanzioni pecuniarie

Quando il ravvicinamento di norme di diritto penale si rivela indispensabile per assicurare l'attuazione efficace della politica dell'Unione in un settore oggetto di misure di armonizzazione, si possono stabilire regole minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore interessato. Potrebbe essere opportuno procedere in tal modo riguardo alle sanzioni pecuniarie in caso di mancato rispetto delle sanzioni comunitarie nell'ambito di una politica dell'Unione. Questa operazione potrebbe non limitarsi soltanto al principio, ma prendere in considerazione anche le modalità di calcolo delle pene, che variano da uno Stato membro all'altro.

Tale intervento potrebbe rivelarsi necessario per garantire che le sanzioni pecuniarie o di altro tipo, inflitte dagli Stati membri in caso di violazione di una politica dell'Unione, siano veramente proporzionate, effettive e dissuasive.

4.1.4. Interdizioni e decadenze

Per quanto concerne le decadenze da diritti, l'approccio preferito dall'Unione nel programma di reciproco riconoscimento [117] è quello del riconoscimento e dell'esecuzione delle decadenze in tutta l'Unione. Non pare appropriato per ora proporre misure di ravvicinamento generali nel settore. Ciò non impedisce, se del caso, di prevedere misure comportanti decadenze specifiche, connesse a determinati reati, come è già stato fatto per lo sfruttamento sessuale dei bambini o la corruzione nel settore privato [118].

[117] Si veda il punto 2.2.4

[118] Si veda il punto 2.1.7.

4.1.5. Confische

Come già detto, la misura della confisca è stata oggetto di un certo ravvicinamento a livello dell'Unione con l'adozione di decisioni quadro nel settore. Appare quindi opportuno attendere l'attuazione degli strumenti adottati prima di prevedere nuove misure per quanto concerne la confisca dei proventi del reato. La Commissione sta elaborando una relazione sull'applicazione da parte degli Stati membri della decisione quadro del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [119].

[119] Si veda il punto 2.1.8.

4.1.6. Persone giuridiche

Non esiste uno strumento generale che preveda sanzioni applicabili in generale alle persone giuridiche. Bisogna tener conto del fatto che la maggior parte delle persone giuridiche esercita attività e possiede beni in più Stati membri. Se tali misure non fossero disponibili in tutti gli Stati membri, vi sarebbe il rischio che alcune persone giuridiche localizzino le loro attività e/o i loro beni nello Stato membro ove il rischio di sanzioni è minore, se non inesistente.

Come per le sanzioni pecuniarie, si potrà riflettere sul ravvicinamento delle sanzioni nei confronti delle persone giuridiche quando ciò si rivelerà indispensabile per assicurare l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore oggetto di misure di armonizzazione.

Domanda 2: Come si potrebbero evitare, almeno per i reati armonizzati a livello dell'Unione, sensibili differenze tra gli Stati membri riguardo l'esercizio dell'azione penale?

Domanda 3: In quale misura potrebbero essere sviluppate «linee guida per la pronuncia della pena» a livello europeo, vale a dire principi di base per la pronuncia delle pena, pur nel rispetto del margine di discrezionalità del giudice?

Domanda 4: Sarebbe opportuno effettuare preliminarmente studi su casi concreti relativamente alla pratica degli organi giudiziari degli Stati membri per quanto concerne la pronuncia della pena?

Domanda 5: Sarebbe utile prevedere la realizzazione di un sistema informativo sulla pronuncia della pena che potrebbe servire da orientamento ai giudici?

Domanda 6: È sufficiente riconoscere (e/o assimilare ad una decisione nazionale) la decisione penale definitiva resa in un altro Stato membro,affinché il giudice nazionale possa prenderla in considerazione per la recidiva?

Domanda 7: Converrebbe procedere, preliminarmente, ad alcuni ravvicinamenti degli ordinamenti giuridici quali:

- la determinazione di reati di cui si dovrebbe tener conto in modo sistematico e che costituirebbero il primo elemento utile al calcolo della recidiva (istituzione di una recidiva speciale europea);

- la determinazione del tipo di decisioni penali definitive di cui si potrebbe tener conto ai fini della recidiva (natura della decisione, tipo di autorità che l'ha pronunciata, natura e quantum della pena pronunciata);

-il lasso di tempo durante il quale le decisioni penali definitive dovrebbero essere prese in considerazione per poter costituire il primo elemento utile al calcolo della recidiva in un altro Stato membro e le circostanze che possono neutralizzare l'effetto di una condanna ai fini della recidiva?

Domanda 8: In quale misura converrebbe ridurre le divergenze tra i regimi nazionali delle modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà, particolarmente al fine di evitare i rischi di discriminazione nei confronti dei rei non residenti nell'applicazione di tali sanzioni?

Domanda 9: Vi sono categorie di reati, menzionate nella lista di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo e/o della proposta di decisione quadro concernente l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, per le quali è opportuno armonizzare prioritariamente il livello delle sanzioni (e la definizione dei reati stessi)?

Domanda 10: In quale misura si dovrebbe operare il ravvicinamento dei sistemi delle sanzioni pecuniarie penali (ad esempio, nel settore della criminalità economica ivi compresi i reati commessi dalle persone giuridiche)?

Domanda 11: In quale misura sarebbe opportuno ridurre le differenze tra i regimi nazionali di responsabilità penale o amministrativa delle persone giuridiche, in particolare per evitare i rischi di delocalizzazione nel settore della criminalità economica e finanziaria?

Domanda 12: Sarebbe preferibile organizzare sistematicamente la quantità di sanzioni previste nei confronti delle persone giuridiche nelle varie decisioni quadro in vigore ?

4.1.7. Sanzioni alternative

Considerati i vantaggi che le pene alternative presentano in confronto alle pene privative della libertà, si pone la questione di sapere se è opportuno prevedere, a livello dell'Unione europea, misure volte a promuovere - o a introdurre obbligatoriamente - alcune pene alternative e per quali reati. Ad esempio, si può citare l'articolo 6 paragrafo 4 della proposta della Commissione per una decisione quadro del Consiglio concernente la lotta al razzismo e alla xenofobia. [120]

[120] GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 269.

Quali pene alternative meriterebbero di essere scelte? Quali misure di promozione dovrebbero essere previste? L'accettazione delle pene alternative da parte del giudice potrebbe essere migliorata, ad es. prevedendo, a livello dell'Unione europea, meccanismi d'informazione e di scambio di esperienze, nonché l'istituzione di buone pratiche al riguardo.

Per quanto concerne il lavoro nell'interesse della collettività, si pone la questione di sapere se conviene prevedere, a livello dell'Unione europea, un ravvicinamento di alcune condizioni per l'ottenimento e di modalità d'applicazione di tale pena alternativa, al fine di facilitare il suo riconoscimento ed esecuzione in un altro Stato membro. Come accennato nell'introduzione, esiste un forte legame di complementarietà tra ravvicinamento e reciproco riconoscimento. In tal senso, la presentazione deve essere studiata tenendo in mente lo spirito della sezione 4.2.

Una tale minima sistemazione della materia potrebbe regolare gli aspetti seguenti: le condizioni di ammissibilità di questa pena; la durata, eventualmente fissando un minimo e/o un massimo; le condizioni da imporre per la sua attuazione; la natura del lavoro da eseguire che, come le modalità di esecuzione del lavoro nell'interesse della collettività, dovrebbero eventualmente variare in funzione del reato commesso (ad es. un lavoro presso un ospedale per un reo che ha causato lesioni corporali gravi o un lavoro in una casa di riposo per un giovane delinquente che ha aggredito persone anziane); le condizioni di controllo di tali pene così come le sanzioni in caso di mancato rispetto delle condizioni imposte. Quanto alla mediazione penale, occorre verificare se conviene prevedere, a livello dell'Unione europea e al di là delle prescrizioni dell'articolo 10 della decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale [121], un ravvicinamento di alcune condizioni e modalità d'applicazione della mediazione penale, al fine di facilitare il riconoscimento delle misure e degli accordi derivanti dai procedimenti di mediazione penale e la loro esecuzione in un altro Stato membro. Si potrebbe stabilire, ad esempio, le categorie di reato interessate, la procedura da applicare alla mediazione penale, lo status dei mediatori, ivi compreso il loro grado di indipendenza rispetto agli organi giudiziari. Infine, bisognerebbe affrontare la questione di sapere se è opportuno prevedere, a livello dell'Unione europea, misure - per quanto riguarda la mediazione penale, in aggiunta alle disposizioni previste dalla decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale - per tener conto, in occasione dell'imposizione di sanzioni alternative, degli interessi delle vittime, ivi comprese quelle che non risiedono nello Stato membro in cui il reato è stato commesso?

[121] GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1.

Domanda 13: In quale misura converrebbe ridurre le differenze tra i regimi nazionali riguardanti le sanzioni alternative, in particolare al fine di evitare che esse si applichino ai soli residenti?

Domanda 14: Quali meccanismi si potrebbero prevedere al fine di diminuire le difficoltà giuridiche e pratiche che potrebbero ostacolare il reciproco riconoscimento e l'esecuzione di sanzioni alternative in un altro Stato membro?

Domanda 15: In quale misura occorrerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea e al di là delle prescrizioni dell'articolo 10 della decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, un ravvicinamento di alcune condizioni e modalità d'applicazione della mediazione penale, al fine di facilitare il riconoscimento delle misure e degli accordi derivanti dai procedimenti di mediazione penale e la loro esecuzione in un altro Stato membro? Tale previsione minima dovrebbe disciplinare:

- le categorie di reato interessate?

- la procedura da applicare alla mediazione penale?

- lo status dei mediatori, ivi compreso il loro grado di indipendenza rispetto agli organi giudiziari?

Domanda 16: In quale misura converrebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, misure per tener conto, nell'ambito delle procedure e delle sanzioni alternative, degli interessi delle vittime, ivi comprese quelle che non risiedono nello Stato membro in cui il reato è stato commesso? In caso affermativo, quali?

4.1.8. Esecuzione delle sanzioni

Come risulta dall'allegato III, solo un piccolo numero di Stati membri conosce gli istituti della sospensione della pena, della semi-libertà e della rimessione della pena. Poiché tali strumenti non sollevano problemi particolari che vanno al di là di quelli connessi al riconoscimento delle sanzioni che non esistono in tutti gli Stati membri o le cui condizioni di ammissibilità e di attuazione variano da uno Stato membro all'altro (si veda il capitolo 4.2.), la Commissione ritiene che non sia opportuno, allo stato attuale, aprire un dibattito su una eventuale armonizzazione di tali strumenti. La stessa conclusione vale per gli strumenti dell'amnistia e della grazia poiché il loro ottenimento è generalmente oggetto di un potere discrezionale molto ampio delle autorità competenti. Il solo strumento per il quale un tale dibattito non pare escluso a priori è quello della liberazione anticipata che esiste in tutti gli Stati membri. Come si è visto, le condizioni di ammissibilità e di attuazione di tale misura differiscono considerevolmente tra loro. Nell'applicazione pratica della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983 [122], le differenze tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri per quanto concerne il termine minimo di detenzione (si ricorda, ad esempio, che il Belgio, consente la liberazione anticipata dopo aver scontato un terzo della pena, mentre, in Spagna, questo termine è di tre quarti [123]) hanno determinato difficoltà applicative ed anche rifiuto di trasferimenti poiché esse possono comportare una pena meno severa od anche una liberazione immediata. Un ravvicinamento della legislazione degli Stati membri su questo termine minimo sarebbe quindi utile per facilitare il trasferimento dei detenuti [124].

[122] Disponibile su http://conventions.coe.int/

[123] Art. 90 Codice penale.

[124] Si veda anche 3.2.1.3. e 4.2.2.2.

La questione fondamentale che si pone dunque in questo contesto è di sapere se è opportuno prevedere, a livello dell'Unione europea, uno schema di condizioni minime comuni, che copra in particolare i seguenti aspetti: a) il termine minimo di detenzione che dovrebbe essere osservato per ottenere la liberazione anticipata, b) i criteri per concedere o rifiutare la liberazione anticipata c) la procedura per la remissione in libertà, d) le condizioni di controllo e la durata del termine di prova, e) le sanzioni in caso di mancato rispetto delle condizioni imposte in occasione della liberazione anticipata, f) le garanzie procedurali dei condannati e g) gli interessi delle vittime.

Per quanto concerne gli interessi delle vittime, si pone la questione di sapere come si potrebbe tenerne conto nella fase dell'esecuzione delle pene e se occorre, ad esempio, prevedere a livello dell'Unione europea che la liberazione anticipata può essere accordata soltanto se le vittime sono state risarcite o se il condannato si è sforzato seriamente di farlo o può essere revocata in mancanza del soddisfacimento di questa condizione.

Domanda 17: In quale misura converrebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un ravvicinamento di determinate condizioni di ammissibilità e modalità di applicazione della liberazione anticipata, al fine di facilitare il riconoscimento delle pene detentive e della loro esecuzione in un altro Stato membro ? Una tale regolamentazione minima dovrebbe riguardare:

- per ciò che concerne le pene detentive perpetue, la possibilità che esse siano oggetto di un riesame periodico in vista di una liberazione anticipata?

- per ciò che concerne le pene detentive temporanee, il termine minimo di detenzione, il periodo minimo di detenzione che dovrebbe essere osservato per ottenere la liberazione anticipata? In caso affermativo, che durata dovrebbe avere questo periodo? Vi sono prospettive di ravvicinamento, nel senso che, per le pene detentive temporanee e al di fuori del caso di recidiva, la liberazione anticipata dovrebbe essere possibile dopo aver scontato la metà della pena e, in caso di recidiva, dopo i due terzi della pena?

-i criteri per ottenere o rifiutare la liberazione anticipata?

- il procedimento di remissione in libertà? Bisognerebbe prevedere procedure standard?

- le condizioni di controllo per la durata del periodo di prova?

- le sanzioni in caso di mancato rispetto delle condizioni imposte in occasione della liberazione anticipata?

- le garanzie procedurali dei condannati?

- gli interessi delle vittime? Conviene ad esempio prevedere, a livello dell'Unione europea, che la liberazione anticipata può essere accordata soltanto se le vittime sono state risarcite o se il condannato si è sforzato seriamente di farlo o può essere revocata in mancanza del soddisfacimento di questa condizione?

4.2. Riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni privative della libertà e delle sanzioni alternative in un altro Stato membro

Il presente capitolo si limita a trattare del reciproco riconoscimento delle sanzioni privative della libertà (ivi comprese le loro modalità di esecuzione) e delle pene alternative. Sono infatti in corso al Consiglio discussioni per quanto concerne il riconoscimento delle sanzioni pecuniarie e delle decisioni di confisca. Per quanto riguarda le decisioni di decadenza da diritti, la Commissione tornerà in argomento con una comunicazione separata. Rispetto alle sanzioni privative della libertà, il Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali, sopra ricordata, stabilisce al punto 3.1.1. l'obiettivo e la misura seguenti:

«Obiettivo: occorre esaminare gli strumenti internazionali riguardanti decisioni definitive di condanna con pene detentive e valutare se detti strumenti permettono di assicurare un regime integrale di riconoscimento reciproco.

Misura n. 14: valutare in quale misura meccanismi più moderni potrebbero far prospettare un regime integrale di riconoscimento reciproco delle decisioni definitive di condanna con pene detentive».

La misura n. 13 [125] del summenzionato Programma di misure è stata attuata parzialmente dalla decisione quadro «relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri». Ma essa prevedeva egualmente l'adozione di uno strumento che istituiva il nuovo principio «estradare o eseguire la condanna». Tale principio è stato attuato dall'articolo 4 punto 6 e dall'articolo 5 punto 3 della decisione quadro relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

[125] «Obiettivo: ove risulti che per uno Stato membro è impossibile rinunciare al principio di non estradizione dei propri cittadini, garantire l'esecuzione nel suo territorio della condanna a titolo della quale viene chiesta l'estradizione. Misura n. 13: adozione di uno strumento aggiuntivo alla convenzione dell'Unione europea, del 27 settembre 1996, relativa all'estradizione, e alla convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957. L'articolo 3, lettera b), della convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee sull'esecuzione delle condanne penali straniere, firmata a Bruxelles il 13 novembre 1991, prevede soltanto la trasmissione "facoltativa" dell'esecuzione. Lo strumento da elaborare potrebbe sancire un nuovo principio nell'ipotesi considerata, ossia "estradare o eseguire la condanna". Tale strumento dovrà prevedere le modalità concrete di esecuzione della condanna, quali la prosecuzione dell'esecuzione o la conversione della condanna».

La misura 13 precisa inoltre che devono essere previste «modalità concrete di esecuzione della condanna, quali la prosecuzione dell'esecuzione o la conversione della condanna» in questo nuovo strumento. Per quanto concerne il trasferimento delle persone condannate, che rappresenta una forma speciale di riconoscimento delle sanzioni privative della libertà, poiché l'esecuzione della sentenza (pronunciata nello Stato di condanna) implica il suo riconoscimento, il summenzionato Programma di misure stabilisce, al capitolo "3.1.3. Trasferimento delle persone condannate allo scopo di favorire il reinserimento sociale", l'obiettivo e la misura seguenti:

«Obiettivo: consentire ai cittadini di uno Stato membro di scontare la pena nello Stato di residenza. Al riguardo occorre tener conto dell'articolo 2 [126] dell'accordo di applicazione tra gli Stati membri delle Comunità europee della convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate, del 25 maggio 1987. [127]

[126] «Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a) della convenzione sul trasferimento, ogni Stato membro assimilerà ai propri cittadini i cittadini di qualsiasi altro Stato membro il cui trasferimento appaia opportuno e nell'interesse della persona considerata, tenuto conto della sua residenza abituale e regolare sul territorio di detto Stato».

[127] L'accordo è stato firmato da 11 Stati membri e ratificato soltanto da 4 Stati membri.

Misura n. 16: adozione di uno strumento aggiuntivo alla convenzione europea del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate, applicabile ai cittadini degli Stati interessati, per estenderla ai residenti».

Tenuto conto della crescente mobilità dei cittadini dell'Unione, accade sempre più frequentemente che l'autore di un reato sia condannato in uno Stato membro diverso da quello della sua residenza abituale. Come già sottolineato al punto 9.1. della Comunicazione del 26 luglio 2000, si devono conciliare due tipi di interessi nel settore del reciproco riconoscimento delle pene detentive: l'interesse dello Stato membro, in cui la condanna è stata pronunciata, alla sua esecuzione e l'interesse del condannato ad una reale possibilità di reinserimento sociale. La Comunicazione ne deduce «che le pene detentive dovrebbero, in generale, essere eseguite nel luogo più vicino all'ambiente sociale in cui il condannato dovrà essere reinserito» e che, «nella maggior parte dei casi, si tratterà dello Stato membro in cui il condannato risiede».

Per il condannato, il peso di una condanna sarà tanto maggiore quanto più essa dovrà essere scontata in uno Stato diverso da quello della sua nazionalità o residenza abituale. A causa delle differenze culturali, linguistiche, di usanze, di religioni e di condizioni sociali, la situazione dei detenuti stranieri è molto più difficile di quella dei condannati nazionali. Le difficoltà linguistiche possono esse sole limitare considerevolmente l'esercizio o anche la conoscenza dei loro diritti, complicare notevolmente la vita quotidiana dei detenuti (ad esempio per quanto concerne i trattamenti medici), e portare così, a causa della lontananza dalla famiglia o dagli amici, ad un maggiore isolamento sociale del detenuto straniero e spesso anche alla sua esclusione dai programmi di riabilitazione e di risocializzazione all'interno e all'esterno del carcere.

In generale, il riconoscimento di una pena e la sua esecuzione nello Stato di residenza abituale non è soltanto nell'interesse del condannato, ma anche di quello dello Stato che ha pronunciato la sentenza e in quello dello Stato di esecuzione. Per lo Stato che ha pronunciato la sentenza l'esecuzione di pene inflitte a stranieri comporta costi supplementari considerevoli (per superare i problemi sopra ricordati) che esso può evitare attraverso il trasferimento dell'esecuzione. Infine, la reintegrazione del condannato nella società dello Stato di esecuzione - che è lo Stato membro di residenza abituale del condannato - è anche nell'interesse di quest'ultimo Stato.

Una regolamentazione eventuale a livello dell'Unione europea, che avrebbe per obiettivo il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, delle sanzioni privative della libertà, ivi comprese quelle che stabiliscono una sospensione condizionale della pena o una liberazione condizionale o pene alternative, dovrebbe affrontare i seguenti aspetti.

4.2.1. Ambito di applicazione di una possibile regolamentazione a livello dell'Unione europea

4.2.1.1. Ambito di applicazione soggettivo

In primo luogo, sarebbe necessario definire il campo d'applicazione di una possibile regolamentazione, in particolare per quanto concerne il riconoscimento di una sentenza penale la cui esecuzione è già cominciata (trasferimento d'esecuzione): a quali persone condannate dovrebbe applicarsi la regolamentazione? L'esperienza basata sulla Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983 dimostra che la limitazione della possibilità di un trasferimento ai soli cittadini dello Stato di esecuzione comporterebbe una discriminazione nei confronti delle persone che risiedono abitualmente sul territorio dello Stato di esecuzione. Per questo motivo, bisognerebbe confermare la soluzione trovata nell'accordo relativo all'applicazione, tra gli Stati membri delle Comunità europee, della convenzione del consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 25 maggio 1987, per cui ciascun Stato membro assimila ai propri cittadini i cittadini di qualsiasi altro Stato membro, tenuto conto della loro residenza abituale e regolare sul territorio di detto Stato.

Come precisato nella comunicazione del 26 luglio 2000 al Consiglio e al Parlamento sul reciproco riconoscimento delle decisioni definitive in materia penale [128], le norme di diritto penale relative al trattamento dei minori e delle persone affette da problemi mentali variano considerevolmente da uno Stato membro all'altro. Tenuto conto di tale situazione, ed in assenza di un'analisi approfondita della situazione di diritto dell'insieme degli Stati membri, può essere preferibile, almeno per il momento, escludere le decisioni concernenti tali persone dal campo di applicazione di una eventuale normativa sul reciproco riconoscimento.

[128] COM(2000) 495 definitivo.

Domanda 18: Quali dovrebbero essere le persone condannate ammissibili al beneficio di una possibilità di esecuzione in un altro Stato membro: i cittadini dello Stato di esecuzione, le persone che vi risiedono abitualmente, le persone condannate che si trovano sul territorio dello Stato di esecuzione ove esse scontano o devono scontare una pena privativa della libertà? Vi sono condizioni specifiche di cui tener conto affinché i minori e le persone affette da problemi mentali possano beneficiarne?

4.2.1.2. Ambito di applicazione oggettivo.

Si pone inoltre la questione di sapere quali decisioni dovrebbero essere oggetto di un mutuo riconoscimento tra gli Stati membri. La Commissione ritiene che l'istituzione di un effettivo spazio di libertà, sicurezza e giustizia richieda il riconoscimento di tutte le sanzioni penali, ivi comprese le pene alternative e le misure e gli accordi derivanti dalle procedure di mediazione penale e da quelle transattive. Per quanto concerne le pene alternative, sembra inaccettabile che i soli residenti nello Stato possano in pratica beneficiarne, ma non le persone residenti in un altro Stato membro.

Per quanto riguarda le pene detentive sospese (combinate con misure di sorveglianza e di rieducazione), vi è chiaramente - si vedano supra i punti 3.2.2.1 e 3.2.2.2 - la necessità di operare un riconoscimento anche per esse, al fine di evitare che le persone che commettono reati in uno Stato membro diverso da quello della loro residenza abituale siano discriminate perché punite più severamente che se li avessero commessi nello Stato membro di loro abituale residenza, poiché la sospensione delle pene detentive non verrà loro accordata.

Nella misura in cui provvedimenti e accordi derivanti da procedure di mediazione penale e da procedure transattive obbligano l'autore del reato alla riparazione in forma specifica del danno o a versare alla vittima un risarcimento in denaro, essi sono fonte di obbligazioni civili, con la conseguenza che, per quanto concerne il loro riconoscimento in altri Stati membri, saranno applicabili le riflessioni svolte nel Libro verde del 19 aprile 2002 relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale [129]. La questione principale che si pone in questo contesto è quella di sapere se gli accordi frutto di procedure di mediazione penale e di procedure transattive abbiano carattere esecutivo e se è il caso di prevedere una normativa europea al riguardo.

[129] COM(2002) 196 definitivo, punto 3.2.2.3.

Per quanto concerne il riconoscimento reciproco delle decisioni di decadenza da diritti e per preparare l'attuazione delle misure n. 20 e 22 del programma di misure per l'attuazione del reciproco riconoscimento (si veda punto 2.2.4.), la Commissione presenterà, nel secondo trimestre 2004, una comunicazione non legislativa prevista nel Programma legislativo e di lavoro della Commissione, [130] che individuerà le necessità di azione in questa materia e suggerirà, se del caso, soluzioni a livello dell'Unione europea. Tale riflessione dovrà tener conto di ciò che la Commissione ha già constatato nella sua comunicazione del 26 luglio 2000 sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale [131], vale a dire che l'effetto di una decisione di decadenza da diritti sarebbe in gran parte neutralizzato se la persona che ne è oggetto - e che non può quindi più esercitare una determinata funzione o professione nello Stato che ha reso la sentenza -, può sottrarsi a tali sanzioni semplicemente attraversando la frontiera per esercitare la funzione o la professione interdetta nei vicini Stati membri. Per quanto concerne il riconoscimento di sanzioni pecuniarie e di decisioni di confisca, progetti di decisioni quadro sono attualmente discussi avanti al Consiglio (si vedano i punti 2.2.2. e 2.2.3.).

[130] COM(2003) 645 definitivo, riferimento 2003/JAI/142.

[131] COM(2000) 495 definitivo.

Domanda 19: Vi è necessità di rafforzare l'efficacia degli accordi frutto di procedimenti di mediazione penale e di procedimenti transattivi negli Stati membri ? Qual è la migliore soluzione al problema del riconoscimento e dell'esecuzione di tali accordi in un altro Stato membro dell'Unione europea? Si dovrebbero, in particolare, adottare norme specifiche al fine di conferire un carattere esecutivo a tali accordi? In caso affermativo, fatte salve quali garanzie?

4.2.2. Condizioni per il riconoscimento

4.2.2.1. Diritto d'iniziativa per intraprendere la procedura di riconoscimento

Diversamente da quanto previsto nelle convenzioni del Consiglio di Europa del 30 novembre 1964 [132], del 28 maggio 1970 [133] e del 21 marzo 1983 [134], la Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee del 13 novembre 1991 [135] sancisce che i due Stati membri interessati, vale a dire lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione, possono richiedere l'esecuzione della sentenza nell'altro Stato membro. Tale ultima soluzione sembra essere preferibile non solo per motivi di flessibilità pratica, ma anche perché lo Stato di esecuzione dovrebbe avere un certo interesse a che l'esecuzione della condanna che riguarda un suo cittadino o una persona che risiede abitualmente sul suo territorio abbia luogo presso di lui.

[132] Convenzione del Consiglio d'Europa per la sorveglianza delle persone condannare o liberate con la condizionale del 30 novembre 1964.

[133] Convenzione del Consiglio d'Europa sull'efficacia internazionale delle sentenze penali

del 28 maggio 1970.

[134] Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983.

[135] Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee sull'esecuzione delle condanne penali straniere del 13 novembre 1991.

Domanda 20: La trasmissione dell'esecuzione dovrebbe essere richiesta solo dallo Stato di condanna o anche da quello di esecuzione?

4.2.2.2. Motivi di rifiuto

Per quanto concerne un eventuale rifiuto di riconoscimento di una decisione che stabilisce una sanzione penale da parte dello Stato di esecuzione, si pone la questione di sapere quali motivi potrebbero legittimamente essere addotti. Ad ogni modo, tenuto conto dell'obiettivo della libera circolazione delle decisioni in materia penale, i motivi di rifiuto dovrebbero essere limitati. A titolo d'esempio, la decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri [136] elenca dei motivi detti «di non esecuzione», obbligatori e facoltativi. È il caso di domandarsi se tutti questi motivi possano essere applicati mutatis mutandis nel contesto del riconoscimento delle sanzioni penali e in particolare delle sanzioni alternative avuto riguardo al fatto che il riconoscimento e l'esecuzione operano in primo luogo a vantaggio della persona interessata, o se il contenuto di alcuni di essi non debba essere adattato o ancora se occorra aggiungerne altri e, in caso affermativo, quali e per quali ragioni.

[136] GU L 190 del 18.7.03, pag. 1.

Il primo motivo di non esecuzione obbligatoria concerne il caso in cui il reato alla base del mandato d'arresto è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione, se quest'ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale (art. 3 punto 1) della decisione quadro del 13 giugno 2002).

Il secondo motivo di non esecuzione obbligatoria riguarda la situazione in cui lo Stato membro d'esecuzione rileva che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un altro Stato membro, a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna (art. 3 punto 2) della decisione quadro, principio del «ne bis in idem»).

Nella sua sentenza dell'11 febbraio 2003 [137] (cause riunite «Gözütok» e «Brügge»), la Corte di giustizia ha confermato che il principio «ne bis in idem», consacrato dall'articolo 54 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, firmato il 19 giugno 1990, si applica anche nell'ambito di procedure di estinzione dell'azione penale, come quelle di cui è causa, mediante le quali il Pubblico ministero di uno Stato membro chiude, senza l'intervento di un giudice, un procedimento penale promosso in questo Stato dopo che l'imputato ha soddisfatto certi obblighi e, in particolare, ha versato una determinata somma di denaro stabilita dal Pubblico ministero («procedure transattive»).

[137] CGCE, Sentenza dell'11 febbraio 2003, Gözütok et Brûgge, cause riunite 187/01 e 385/01, Racc. 2003, p. I-1345.

Tale ipotesi viene trattata anche dall'articolo 4, punto 3) della menzionata decisione quadro: l'autorità giudiziaria dell'esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d'arresto europeo se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell'esecuzione hanno deciso di non esercitare l'azione penale per il reato oggetto del mandato d'arresto europeo, oppure di porvi fine. Detta ipotesi rappresenta un motivo di non esecuzione facoltativo, che dovrebbe, tuttavia, diventare obbligatorio a seguito della sentenza sopra ricordata.

Se la Corte ha adesso chiarito che il principio «ne bis in idem» vale anche per le procedure transattive, resta da vedere se le procedure di mediazione penale, che si distinguono dalle prime per il fatto di permettere una partecipazione attiva della vittima ad una soluzione negoziata, non dovrebbero ugualmente beneficiare dell'effetto «ne bis in idem», e se è il caso di prevedere una normativa a livello europeo riguardo tale questione.

Si ricorda che il principio «ne bis in idem» è stato oggetto di un'iniziativa della Repubblica ellenica in vista dell'adozione della decisione quadro del Consiglio sull'applicazione del principio "ne bis in idem"» [138], attualmente dibattuta al Consiglio. Tale iniziativa prevede inoltre disposizioni concernenti la litispendenza dei procedimenti penali (art. 1 lett. d) e art. 3) e i criteri di selezione dello Stato membro competente.Secondo il terzo motivo obbligatorio di non esecuzione previsto dalla decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 (art. 3, punto 3), l'autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione la rifiuta se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell'età, penalmente responsabile dei fatti all'origine del mandato in base al diritto dello Stato membro di esecuzione.

[138] GU C 100 del 26/04/2003, pag. 24.

Tali motivi obbligatori di non esecuzione dovrebbero applicarsi, nel contesto del riconoscimento delle sanzioni penali, indipendentemente dal fatto di sapere se il reato ricade o meno nel campo di applicazione del mandato d'arresto europeo.

Tutti gli altri motivi di non esecuzione elencati all'articolo 4 della decisione quadro del 13 giugno 2002 sono facoltativi, e cioè:

- mancanza di doppia incriminabilità in casi diversi da quelli di cui all'articolo 2;

- quando l'indagato è perseguito nello Stato di esecuzione per il medesimo fatto;

- quando l'azione penale o la pena è caduta in prescrizione, secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione;

- quando la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo;

- se il mandato d'arresto europeo è stato emesso ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente la suo diritto interno;

- se lo Stato membro che ha emesso la condanna ha fatto uso della sua competenza extraterritoriale (a determinate condizioni).

Il motivo menzionato al secondo trattino dell'elenco summenzionato ("perseguimento dell'indagato nello Stato membro di esecuzione per il medesimo fatto") sarà oggetto di un futuro strumento sulla litispendenza. Il motivo di cui al quinto trattino non è evidentemente pertinente nel presente contesto. Visto l'obiettivo principale che è quello di facilitare il reinserimento e dunque il suo corollario che è di serbare unicamente i motivi che contribuiscono a tale obiettivo, pare che soltanto i motivi di cui al terzo e quarto trattino (prescrizione, ne bis in idem) dovrebbero essere mantenuti.

Tra altri eventuali motivi, si può pensare alle seguenti circostanze:

Come menzionato al punto 3.2.1.3.c, alcuni Stati membri (ad esempio Regno Unito e Francia) consentono di infliggere, allo stesso tempo, sanzioni pecuniarie e pene detentive. In tali casi, non è raro che lo Stato di condanna blocchi ogni domanda di trasferimento da parte del condannato fino a che questi non abbia pagato la multa/ammenda. Considerata la prospettiva dell'adozione della decisione quadro concernente l'applicazione del principio di reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie [139], si pone la questione di sapere se lo Stato di condanna debba avere il diritto di rifiutare il trasferimento dell'esecuzione fino a che il condannato abbia pagato la sanzione pecuniaria.

[139] GU C 278 del 2.10.2001, pag. 1.

A causa delle differenze esistenti tra gli Stati membri per quanto riguarda la normativa in tema di liberazione anticipata (si veda allegato III, punto 3), può succedere che un condannato debba essere immediatamente liberato a seguito del suo trasferimento nello Stato richiesto: se una persona condannata nello Stato membro A a nove anni di detenzione, dopo averne scontati quattro, domanda il trasferimento dell'esecuzione nello Stato membro B, potrà essere liberata immediatamente, poiché, secondo il diritto dello Stato membro B, la liberazione anticipata potrà essere accordata dopo aver scontato, ad es. un terzo (3 anni nel caso di specie) della pena. La questione che si pone, in questo contesto, è se il rischio di una liberazione anticipata potrebbe rappresentare per lo Stato A che pronunciato la condanna un motivo legittimo di rifiuto del trasferimento.

Per risolvere tale problema, si potrebbe ipotizzare l'introduzione, a livello dell'Unione europea, di un termine minimo nel corso del quale il condannato continuerebbe a scontare la sua pena nello Stato di condanna al fine di evitare la sua liberazione immediata in seguito al trasferimento nello Stato di esecuzione o che egli sconti una pena molto meno severa di quella inflitta dallo Stato di condanna. Quale dovrebbe essere la durata di questo termine?

Domanda 21: Quali sono i motivi che lo Stato di esecuzione potrebbe legittimamente far valere per rifiutare il riconoscimento e l'esecuzione sul suo territorio di una sanzione penale pronunciata in un altro Stato membro?

Domanda 22: Nel caso in cui la legislazione nazionale permetta d'infliggere contemporaneamente sanzioni pecuniarie e pene detentive e tenuto conto dell'applicazione del principio di reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie [140], è tuttora accettabile che lo Stato di condanna possa rifiutare il trasferimento dell'esecuzione fino a che il condannato abbia pagato la multa/ammenda?

[140] GU C 278 del 2.10.2001, pag. 1.

Domanda 23: A causa delle differenze esistenti tra gli Stati membri per quanto concerne la legislazione in materia di liberazione anticipata, potrebbe accadere che un condannato debba essere immediatamente liberato a seguito del trasferimento nello Stato richiesto. Questa conseguenza potrebbe rappresentare, per gli Stati interessati, un legittimo motivo di rifiuto del trasferimento?

Domanda 24: Bisognerebbe introdurre un termine minimo da scontare nello Stato di condanna al fine di evitare una liberazione immediata dopo il trasferimento nello Stato di esecuzione o una significativa riduzione da parte dello Stato di esecuzione della pena eseguita? Quale dovrebbe esserne la durata? Oppure, l'introduzione di un termine minimo nuocerebbe alla flessibilità e impedirebbe ogni soluzione caso per caso? Sarebbe preferibile la fissazione di un «periodo di una certa durata compatibile con i fini della giustizia», quale proposto dal Comitato di esperti del Consiglio d'Europa sul funzionamento delle convenzioni europee nel settore penale (si veda il punto 3.2.1.5.d.)?

4.2.2.3. Il potere dello Stato di esecuzione di adattare la sanzione (privativa della libertà o alternativa) emessa dallo Stato di condanna

Il riconoscimento e l'esecuzione di una pena pronunciata in un altro Stato membro può porre dei problemi se la natura o la durata di tale sanzione sia incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione. Il problema dell'incompatibilità della natura della pena con la legislazione dello Stato di esecuzione si pone in particolare nel contesto delle pene alternative. In tale situazione, le Convenzioni del Consiglio d'Europa del 30 novembre 1964 e del 21 marzo 1983, nonché la Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee del 13 novembre 1991 offrono allo Stato di esecuzione la scelta [141] tra adattare la pena da riconoscere alla pena prevista dalla propria legislazione per reati della stessa natura (Convenzioni del 1964, 1983 e 1991) e la possibilità di sostituire alla sanzione pronunciata nello Stato di condanna una sanzione prevista dalla propria legislazione per lo stesso fatto (Convenzioni del 1964 e del 1970) o di convertire la sanzione pronunciata nello Stato di condanna in una sanzione prevista dalla propria legislazione per lo stesso fatto (Convenzioni del 1983 e del 1991). In pratica, queste tre possibilità pervengono al medesimo risultato, e cioè che lo Stato di esecuzione può modificare la pena da riconoscere adattandola ad una pena prevista dalla sua legge per i reati della stessa natura. Tuttavia, tale possibilità non pare essere conforme al principio del reciproco riconoscimento. Tutte le convenzioni prevedono che la sanzione imposta nello Stato di esecuzione non possa aggravare la sanzione pronunciata nello Stato di condanna; che la sanzione imposta nello Stato di esecuzione debba corrispondere, per quanto possibile, per natura e durata, alla sanzione pronunciata nello Stato di condanna e che lo Stato d'esecuzione non è vincolato alla pena minima eventualmente prevista dalla sua legislazione per i reati commessi. In tale contesto, si pone la questione di sapere se bisogna adottare norme a riguardo a livello dell'Unione europea - e, in caso affermativo, quali - per indirizzare gli Stati membri (Stato d'esecuzione) nella ricerca di una sanzione equivalente.

[141] La Convenzione del 28 maggio 1970 offre unicamente la possibilità di sostituzione.

Trattandosi di pene alternative o di modalità di controllo connesse ad una sospensione, e qualora lo Stato di esecuzione ignori totalmente le misure di sorveglianza prescritte dallo Stato di condanna, si pone la questione di sapere come lo Stato di esecuzione possa trovare una misura adeguata che corrisponda al meglio, tenendo conto delle sue funzioni e obiettivi, a quella prescritta dallo Stato di condanna. Per evitare che il condannato subisca uno svantaggio in conseguenza di tale trasformazione, l'Istituto Max Planck di diritto penale straniero e internazionale di Friburgo suggerisce, nel suo studio sul «Riconoscimento delle sanzioni alternative nell'Unione europea» del dicembre 2001 - studio richiesto dalla Commissione-, che il giudice dello Stato di esecuzione faccia una «comparazione funzionale» tra le pene o misure (alternative) dello Stato di condanna e dello Stato di esecuzione.

Tale comparazione funzionale dovrà farsi utilizzando uno schema di «categorie funzionali» e un certo metodo di analisi e di valutazione che progredisce successivamente in base ai tre livelli seguenti:

Al primo livello («livello procedurale»), il più alto, occorre distinguere tra le sanzioni alternative adottate «all'interno del processo penale» e quelle adottate «al di fuori del processo penale», considerate come non punitive e volte ad evitare ogni tipo di procedimento penale. Nell'ultima categoria rientrano le sanzioni alternative descritte al punto «mediazione penale». Al secondo livello della comparazione funzionale («livello funzionale»), l'Istituto Max Planck suggerisce di distinguere, tra le sanzioni alternative adottate «all'interno del processo penale», tra le categorie «pene formali» e « pene sostitutive». Al terzo livello «livello sostanziale»), la comparazione mette l'accento sul contenuto della pena alternativa: tra le «pene sostitutive», bisogna distinguere tra le pene alternative adottate prima, durante o dopo la pronuncia della condanna. La categoria delle «pene formali» deve essere suddivisa in due sottocategorie: le pene che comportano una restrizione alla libertà di movimento (ad esempio la detenzione domiciliare, con o senza sorveglianza elettronica) e le pene alternative che, senza determinare una restrizione alla libertà di movimento, limitano lo stile di vita del condannato. Tale ultima categoria comprende tutte le forme di condanna sospesa collegata a misure di sorveglianza (ivi compreso, ad esempio, il lavoro nell'interesse della comunità), le formazioni, i trattamenti, nonché tutte le pene accessorie (quali l'interdizione all'esercizio di determinate attività professionali o alla guida di un veicolo).

Partendo dallo schema di classificazione funzionale sopra descritto e dal metodo proposto basato su una «comparazione funzionale», il compito delle autorità dello Stato di esecuzione consisterebbe nel «trasporre» la sanzione alternativa pronunciata dalle autorità dello Stato di condanna in una sanzione alternativa la più equivalente possibile senza mutarne la funzione, il senso o il fine. In altri termini, le autorità dello Stato di esecuzione possono, in occasione della trasposizione delle sanzioni alternative dello Stato di condanna, ricorrere unicamente alle sanzioni alternative della loro legislazione che appartengono alla medesima «categoria funzionale». Soltanto nel caso in cui lo Stato di esecuzione non disponga di alcuna sanzione alternativa della stessa «categoria funzionale», deve essere possibile per esso ricorrere ad un'altra «categoria funzionale» appartenente allo stesso livello. Qualora non sia disponibile alcuna sanzione alternativa di tale livello, si potrebbe utilizzare una sanzione alternativa di livello superiore. In occasione della scelta della sanzione corrispondente, bisognerebbe, per quanto possibile, tener conto dell'obiettivo della risocializzazione del condannato e scegliere la pena più adatta a tal fine.

L'approccio qui suggerito lascia tuttavia da parte qualunque criterio quantitativo che consenta la classificazione delle pene alternative secondo il loro rigore o severità. La formulazione di una tale classificazione quantitativa - similmente alle «Sentencing Guidelines» degli Stati Uniti - presuppone, come sottolineato dall'Istituto Max Planck, una certa omogeneità delle sanzioni alternative a livello europeo, che attualmente non esiste. In sua assenza, converrebbe lasciare ogni comparazione quantitativa al potere discrezionale dei magistrati dello Stato di esecuzione.

Domanda 25: Qualora la natura o la durata della pena pronunciata dallo Stato di condanna sia incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, quest'ultimo dovrebbe disporre della possibilità di adattare la pena pronunciata dallo Stato di condanna ad una pena prevista dalla legge dello Stato di esecuzione per reati della stessa natura?

Domanda 26: Bisognerebbe prevedere regole di adattamento (o di conversione o di sostituzione) a livello dell'Unione europea, o si può lasciare spazio all'autorità competente dello Stato membro di esecuzione?

Domanda 27: L'approccio proposto dall'Istituto Max Planck di diritto penale straniero e internazionale di Friburgo, che consiste nell'operare, secondo un determinato metodo di analisi e di valutazione, una «comparazione funzionale» tra le pene o misure (alternative) dello Stato di condanna e dello Stato di esecuzione, potrebbe rappresentare una soluzione? Quali sono i difetti di tale approccio? Come rimediarvi?

4.2.2.4. Partecipazione del condannato

L'articolo 39 della Convenzione del Consiglio d'Europa del 1970 prevede che il giudice dia al condannato la possibilità di far valere il suo punto di vista circa la richiesta di esecuzione. In tale ambito, si pone la questione di sapere se non si debba condizionare il trasferimento dell'esecuzione alla richiesta o al consenso del condannato.

Domanda 28: Il trasferimento dell'esecuzione di una condanna penale dovrebbe essere subordinato alla richiesta, al consenso o solo alla consultazione del condannato? La risposta a tale domanda è diversa qualora il condannato abbia già iniziato a scontare la pena in un istituto penitenziario dello Stato di condanna?

4.2.2.5. Partecipazione della vittima.

Per quanto concerne la partecipazione della vittima nell'ambito di una procedura di riconoscimento delle sanzioni penali, ivi compreso il trasferimento dei detenuti, si pone la questione di sapere se sarebbe appropriato prevedere, a livello dell'Unione europea, l'informazione della vittima (sull'esistenza di una richiesta di riconoscimento e di trasferimento, nonché sul risultato della procedura), la sua consultazione od anche il suo consenso, eventualmente quale condizione del riconoscimento e del trasferimento dell'esecuzione (si veda l'articolo 13, paragrafo 2, lettera d) della decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale [142]).

[142] GU L 82 del 22 marzo 2001, pag. 1.

Domanda 29: Come si può tener conto degli interessi delle vittime nell'ambito del trasferimento dell'esecuzione della pena? Si dovrebbe prevedere l'informazione della vittima (sull'esistenza di una domanda di riconoscimento e di trasferimento, nonché sul risultato della procedura), la sua consultazione od anche il suo consenso, eventualmente quale condizione del trasferimento dell'esecuzione?

4.2.3. Questioni procedurali e modalità pratiche per l'attuazione del riconoscimento delle sentenze penali e del trasferimento dei detenuti

4.2.3.1. Termini

L'applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa del 21 marzo 1983 si dimostra relativamente burocratica, lenta e rigida. [143] Nella maggior parte dei casi, la durata del trattamento delle domanda di trasferimento (che si pone in media tra un anno e un anno e mezzo) è sensibilmente più lunga del termine implicito di sei mesi previsto all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) di tale Convenzione. Ciò è dovuto a diversi motivi: al numero elevato di documenti amministrativi che i due Stati interessati devono scambiarsi; al fatto che determinati Stati vanno al di là delle prescrizioni della Convenzione e richiedono ancora più documenti; nonché al fatto che le domande di trasferimento, soprattutto quando provengono direttamente dal detenuto, non sono trattate con la diligenza che sarebbe necessaria.

[143] J. C. Froment, «Les avatars de la Convention sur le transfèrement des détenus en Europe», in: Panorama européen de la prison, Parigi, 2002, pag. 133.

La prima questione che si pone in tale contesto è dunque quella di sapere se occorra prevedere, a livello dell'Unione europea, un termine per il trattamento delle domande di riconoscimento delle sanzioni penali, e in particolare per il trattamento delle domande di trasferimento dei detenuti. Per quanto concerne il trasferimento dei detenuti, tale questione è strettamente collegata a quella di sapere se sarebbe appropriato esigere, a livello dell'Unione europea, una durata minima di x mesi per il residuo della pena, al di sotto della quale un condannato non potrebbe domandare il trasferimento (soprattutto a motivo della durata del trattamento del suo dossier). Inoltre, i servizi competenti a trattare le domande di trasferimento confliggono con strutture e procedure interne che differiscono da uno Stato all'altro. Per tali ragioni, l'Assemblea Parlamentare del Consiglio di Europa ha raccomandato al Comitato dei Ministri di stabilire un termine per rispondere alle domande d'informazione. Si noti altresì che l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa raccomanda di razionalizzare e di armonizzare le informazioni richieste dagli Stati e di organizzare seminari di formazione (sulle rispettive procedure di trasferimento) per scambiare informazioni e studiare le possibilità di migliorare le loro pratiche e di renderle più trasparenti.

4.2.3.2. Rimborso delle spese sostenute dallo Stato di esecuzione

Un'altra questione che non è affrontata nelle convenzioni esistenti, ma che è suscettibile di porsi in occasione del trasferimento dell'esecuzione, è quella del rimborso delle spese legate alla detenzione. Nella sua comunicazione del 26 luglio 2000, punto 9.1., la Commissione partiva dal principio «secondo cui l'onere finanziario ricade su chiunque abbia un interesse all'adozione di un determinato provvedimento. Quando uno Stato membro adotta una decisione di condanna dell'imputato ad una pena detentiva, esso agisce in conformità al suo ordinamento penale. Di conseguenza, è lecito presumere che tale provvedimento è adottato nell'interesse di tale Stato membro. Ovviamente, può sussistere anche un interesse di un altro Stato membro o piuttosto, della società nel suo insieme, ad una condanna di taluni criminali ad una pena detentiva di una certa durata, in particolare con riferimento alla prevenzione, ma non sembra opportuno addossare i costi della detenzione all'insieme della società. Di conseguenza, la regola di base potrebbe consistere nello stabilire che i costi della detenzione sono a carico dello Stato membro che adotta la decisione». D'altronde, la reintegrazione del condannato nella società dello Stato di esecuzione - che è lo Stato membro della residenza abituale del condannato - è nell'interesse anche di quest'ultimo. Vi si aggiunga che, alla lunga, ogni Stato di esecuzione diventa Stato di condanna e viceversa. Per tali motivi ed anche per ragioni di semplificazione amministrativa, non dovrebbe essere previsto alcun rimborso delle spese sostenute. Tale è anche la soluzione adottata all'articolo 17 dell'iniziativa del Regno di Danimarca in vista dell'adozione di una decisione quadro del Consiglio relativa all'esecuzione nell'Unione europea degli ordini di confisca [144].

[144] GU C 184 del 2.08.2002, pag. 8; art. 17: «Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 14 in materia di ripartizione dei beni confiscati, gli Stati membri rinunciano reciprocamente al rimborso delle spese derivanti dall'applicazione della presente decisione quadro».

Domanda 30: Bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un termine per la decisione sul riconoscimento delle sanzioni penali e, in particolare, per il trattamento delle domande di trasferimento dei detenuti, e, in caso affermativo, quale?

Domanda 31: Considerato il carico amministrativo che il trattamento di una richiesta di trasferimento di detenuto comporta, bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, che solo i detenuti condannati a pene detentive di una certa durata minima o che devono ancora scontare una pena di una certa durata minima siano ammissibili al trasferimento?In caso affermativo, quale sarebbe la durata adeguata?

Domanda 32: Bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un termine per la risposta alle richieste della necessaria informazione nell'ambito del riconoscimento delle sanzioni penali, e, in particolare del trasferimento di detenuti?

Domanda 33: Considerata la complessità delle strutture giudiziarie e amministrative degli Stati membri e le differenze esistenti tra esse, quali strutture semplici ed efficaci bisognerebbe prevedere per l'attuazione del reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

Domanda 34: Bisognerebbe prevedere un formulario uniforme a livello dell'Unione europea per facilitare l'attuazione del reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

Domanda 35: Lo Stato di esecuzione dovrebbe poter richiedere il rimborso delle spese sostenute nel corso dell'esecuzione delle pene che ha riconosciuto?

Domanda 36: Bisognerebbe creare una rete di punti di contatto al fine di facilitare - o anche di contribuire alla sua valutazione - l'applicazione pratica di un eventuale strumento legislativo dell'Unione europea sul reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

4.2.4. Ripartizione delle competenze tra lo Stato che ha pronunciato la condanna e lo Stato di esecuzione

Le convenzioni soprariportate del Consiglio d'Europa, nonché numerosi atti dell'Unione europea in materia di riconoscimento [145], prevedono come regola generale che l'esecuzione è regolata dalla legge dello Stato richiesto (Stato di esecuzione). In tale contesto, è stato rilevato al punto 9.1. della già ricordata Comunicazione della Commissione sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale del 26 luglio 2000, che «la fiducia reciproca dovrebbe valere nei due sensi: se lo Stato membro che esegue la pena riconosce la validità della decisione pronunciata dall'altro Stato membro, quest'ultimo deve avere fiducia nei provvedimenti adottati dall'altro Stato membro per dare esecuzione alla pena. Di conseguenza, è opportuno che le decisioni connesse all'esecuzione, che si basano sul comportamento del detenuto, siano di competenza dello Stato membro che esegue la pena. Esistono, inoltre, motivi di natura pratica a favore di tale soluzione: in effetti, le autorità dello Stato membro che dà esecuzione alla decisione sono in contatto diretto con il detenuto e pertanto in grado di giudicare nel modo migliore la sua condotta». Ciò sarà tanto più giustificato dal momento che sono previsti meccanismi per permettere alla persona condannata di scontare la sua pena nello Stato di residenza.

[145] Ad esempio l'art. 6, paragrafo 2, della decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 (mandato d'arresto europeo).

Tenuto conto del fatto che è probabile che il condannato voglia vivere, dopo la sua liberazione, nello Stato di residenza abituale, che è lo Stato di esecuzione, il condannato deve essere preparato ad essere integrato nella società di tale Stato. Questa è una ragione di più per lasciare tale aspetto alla competenza dello Stato di esecuzione. Non si dovrebbe tuttavia escludere la possibilità che le autorità dello Stato membro di condanna siano consultate o almeno informate prima dell'adozione di una misura importante, quale la liberazione anticipata. Un'altra possibilità potrebbe essere che lo Stato membro che ha reso la decisione imponga dei limiti o delle condizioni al momento del trasferimento (ad esempio per proteggere o informare la vittima).

Infine, per quanto concerne le sanzioni privative della libertà, pronunciate con la condizionale o la cui esecuzione è stata rinviata sotto condizione, nonché le sanzioni alternative, ci si chiede quale Stato (lo Stato che ha pronunciato la condanna o lo Stato di esecuzione) debba essere competente a revocarle se il condannato non ha adempiuto alle condizioni impostegli.

Secondo la Convenzione del 1970, soltanto lo Stato richiedente ha il diritto di decidere in merito a qualsiasi domanda di revisione della condanna, ma entrambi gli Stati possono esercitare il diritto di amnistia e di grazia.

Domanda 37: In caso di riconoscimento di una sanzione privativa della libertà o di una sanzione alternativa, vi è una ragione per allontanarsi dalla regola secondo cui l'esecuzione dovrebbe essere interamente sottoposta alla legge dello Stato di esecuzione?

Domanda 38: Se la sorveglianza delle condizioni di una sospensione condizionale della pena è svolta dallo Stato di esecuzione, bisognerebbe prevedere, per lo Stato che ha pronunciato il giudizio, la possibilità di assicurarsi che il condannato rispetti le condizioni della sospensione condizionale della pena? Quale meccanismo si dovrebbe prevedere al riguardo?

Domanda 39: Quale dei due Stati (Stato che ha pronunciato il giudizio o Stato di esecuzione) deve poter esercitare il diritto di amnistia o di grazia?

ALLEGATO I

Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri sulle modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà inflitte nell'ambito della decisione giudiziaria

1. La sospensione condizionale della pena

Tradizionalmente, la sospensione condizionale della pena è considerata uno strumento preventivo nei confronti della recidiva. L'esperienza dimostra, soprattutto per quanto riguarda le pene detentive brevi, che la detenzione può avere un effetto più nocivo che benefico. Con la sospensione condizionale della pena, il condannato è incoraggiato a non commettere altri reati pena la revoca della condizionale, che comporterebbe l'esecuzione della pena.

Nella consapevolezza delle importanti differenze tra i sistemi penali degli Stati membri rispetto alle norme e alle condizioni della sospensione condizionale della pena, si propone di definire tale istituto come una provvisoria esenzione dall'esecuzione della pena. Grazie alla sospensione condizionale della pena, gli effetti della pena possono infatti essere sospesi.

Per quanto riguarda le condizioni d'applicazione, in generale, gli autori dei reati gravi non possono beneficiare di questa misura. Tuttavia, le condanne al di sotto delle quali può essere concessa una sospensione condizionale della pena differiscono da un sistema all'altro, e possono andare da una pena detentiva inferiore o uguale ad 1 anno in Germania [146] o nei Paesi Bassi, due anni in Grecia, in Regno Unito o in Spagna e 5 anni in Belgio o in Francia. Al giudice è generalmente lasciato un margine di discrezionalità per decidere l'opportunità della misura. In alcuni Stati membri (l'Italia ed il Belgio, ad esempio) l'amministrazione si incarica del controllo della misura.

[146] In casi eccezionali, anche una pena detentiva fino a due anni può essere sospesa, articolo 56 paragrafo 2 del codice penale tedesco.

Inoltre può essere stabilito un periodo di prova durante il quale la sanzione è sospesa. Durante questo periodo, il condannato deve in generale sottoporsi alle diverse misure di sorveglianza e/o di assistenza. Tali obblighi possono essere molto diversi: risarcire il danno della vittima, non frequentare talune persone o luoghi, sottoporsi a misure di controllo, di trattamento o di cura, seguire una formazione o svolgere lavori d'interesse generale.

Il periodo di prova può andare, in generale, da 1 a 5 anni per i reati più gravi, e da 6 mesi a 3 anni per i reati meno gravi. Una sospensione condizionale della pena può essere pronunciata anche per una multa/ammenda, per la sanzione del giorno-ammenda o per una pena alternativa, ad esempio in Francia o nei Paesi Bassi.

Per quanto riguarda gli effetti durante il termine di prova, se il condannato dà prova di buona condotta, alla scadenza del periodo di prova, la condanna è considerata come non avvenuta. Invece, se il condannato non rispetta le condizioni imposte o se commette nuovamente un reato, il periodo di prova è generalmente revocato. [147]

[147] Secondo il diritto del Regno Unito (art. 119(1) del Powers of Criminal Courts (Sentencing) Act), solo le condanne a pene detentive, intervenute durante il periodo di affidamento in prova, possono condurre ad una revocazione.

Le differenze tra le legislazioni degli Stati membri hanno per conseguenza, nella pratica, che alcuni giudici sono poco inclini a pronunciare una sospensione condizionale della pena per persone che risiedono abitualmente in un altro Stato membro, diverso da quello in cui è pronunciata la sentenza di condanna. Un certo grado di ravvicinamento nelle condizioni di concessione e nelle norme di controllo della sospensione condizionale della pena porterebbe certamente a facilitare le condizioni di riconoscimento e d'esecuzione di tali provvedimenti tra gli Stati membri [148].

[148] Si veda il punto 3.2.2.

2. La sospensione/rinvio della pronuncia della pena

In una minoranza di Stati membri, ad esempio Belgio e Francia, esiste la possibilità di rinviare la pronunzia della pena ad una successiva udienza e di assoggettare l'imputato, fino a tale sentenza, all'istituto della messa in prova

In Belgio, la legge del 29 giugno 1964 sul rinvio dell'esecuzione della pena, la sospensione condizionale della pena e la messa in prova consente di sospendere, con l'accordo dell'interessato, la pronunzia della pena a favore dell'imputato che non è già stato condannato anteriormente a sanzioni penali o ad una detenzione correttiva principale superiore a sei mesi, quando il fatto non sembra tale da comportare come pena principale una pena detentiva a scopo correttivo superiore a cinque anni o una pena più severa e quando è stata dichiarata la prevenzione (art. 3 della citata legge). La sospensione può sempre essere pronunciata d'ufficio, essere richiesta dal pubblico ministero o essere chiesta dall'imputato. I provvedimenti di sospensione stabiliscono la durata, che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque anni a decorrere dalla data della decisione, nonché, all'occorrenza, le condizioni di messa in prova imposte [149]. Ove non revocate, tali decisioni mettono fine all'azione penale. La sospensione può essere revocata quando sia commesso un nuovo reato durante il termine di prova che comporta una condanna a sanzione penale o reclusione principale almeno di un mese (art. 13 della citata legge).

[149] In tal caso, si parla di «sospensione probatoria».

In Francia, ai sensi dell'articolo 132-60 del codice penale, il giudice può rinviare la pronunzia della pena quando appare che la riqualificazione del colpevole è in via di acquisizione, che il danno causato sta per essere risarcito e che la perturbazione causata dal reato sta per cessare. In questo caso, il giudice stabilisce nella sua decisione la data nella quale si statuirà sulla pena. Tale rinvio può essere deciso soltanto se la persona fisica o il rappresentante della persona giuridica accusata del reato è presente all'udienza.

Il tribunale può stabilire che l'imputato sia sottoposto al regime della prova ("rinvio con affidamento in prova", art. 132-63 del codice penale). Il regime di affidamento in prova è uguale a quello previsto per la sospensione condizionale della pena con affidamento in prova. La legge francese offre anche la possibilità di ingiungere alla persona dichiarata colpevole di conformarsi ad una o più delle prescrizioni previste dalle leggi o regolamenti (art. 132-66 del codice penale).

La decisione sulla pena è pronunciata al più tardi un anno dopo la prima decisione di rinvio (art. 132-62 del codice penale). All'udienza di rinvio, la giurisdizione può esonerare l'imputato da qualsiasi pena (pur riconoscendone la colpevolezza) [150], ovvero pronunciare la pena prevista dalla legge, o ancora rinviare nuovamente la pronunzia della pena (art. 132-61 del codice penale).

[150] Artt. 132-58 e 132-59 del codice penale. La decisione figurerà, salvo dispensa, nel casellario giudiziario.

3. La semi-libertà

La semilibertà permette al condannato di uscire dall'istituto penitenziario nel quale sconta la pena, per esercitare un'attività professionale, seguire un corso di studi o una formazione professionale, un tirocinio, o occupare un posto di lavoro temporaneo in vista del suo inserimento sociale o anche garantire una partecipazione essenziale alla vita della sua famiglia, o sottoporsi a cura medica, senza essere sottoposto alla sorveglianza costante dell'amministrazione penitenziaria.

Il regime della semilibertà è inteso ad attenuare uno dei principali svantaggi riconosciuti della detenzione, e cioè la desocializzazione del condannato. Rispetto alla sospensione condizionale con messa in prova, la semilibertà sembra conciliare meglio l'esigenza del reinserimento nella società con quella della protezione della collettività.

Tra i pochi Stati membri che ammettono questo istituto, la semilibertà è utilizzata più che altro nella fase di esecuzione della pena [151], quale tappa intermedia tra la vita in carcere e il ritorno alla libertà [152]. Solo in un piccolo numero di Stati membri [153], essa può essere decisa ab initio dal giudice che ha pronunciato la condanna.

[151] È il caso, ad es., della Germania ( 11 StVollzG), del Belgio (ove è denominata «semidetenzione»), della Spagna, della Finlandia (Legge sull'esecuzione delle sanzioni penali del 19.12.1889/39°, capitolo 3, art. 8 e capitolo 4, artt. 4 e 5), della Francia (art. 132-25 CP) e dell'Italia (art. 50 della legge n. 354 del 26/7/1975).

[152] In Francia, essa è anche una condizione preliminare alla condizionale, art. 723-1 CPP.

[153] È il caso della Francia (art. 132-25 CPP), dell'Italia (art. 50 della legge n. 354 del 26/7/1975) e del Portogallo (art. 46 CP).

Possono beneficiare della misura in oggetto ab initio le persone condannate a pene detentive brevi (3 mesi in Portogallo [154] e 1 anno in Francia). In Portogallo, può essere ottenuta soltanto se la pena detentiva alla quale si riferisce non può essere sostituita da un'ammenda, da un'altra pena non privativa della libertà o dalla pena dell'arresto di fine settimana. Il regime di semilibertà richiede a volte l'accordo del condannato (in Germania, in Portogallo). Come modalità d'esecuzione delle pene, l'Italia concede tale misura se il detenuto è stato condannato ad una pena non superiore a 6 mesi o, nel caso di pene detentive più gravi, se il condannato ha scontato metà della pena; in Francia, può essere ottenuta a fine pena se il tempo di detenzione che rimane da scontare è inferiore o uguale ad un anno.

[154] Art. 46 Codice penale portoghese.

Il beneficio della semilibertà può essere accompagnato da un certo numero di obblighi da rispettare. Il condannato è obbligato a rientrare nell'istituto penitenziario secondo le modalità determinate dall'autorità competente in funzione del tempo necessario all'attività, al corso di studi, alla formazione professionale, al tirocinio, alla partecipazione alla vita di famiglia o al trattamento al cui scopo è stato ammesso al regime della semilibertà. È solitamente costretto a rimanere nell'istituto nei giorni in cui, per qualunque motivo, non ci sono obblighi esterni.

I condannati al regime di semi-libertà rimangono sottoposti all'insieme delle norme disciplinari. Una semilibertà può essere revocata se il condannato non adempie agli obblighi impostigli, se dà prova di cattiva condotta o quando le condizioni che ne hanno motivato la concessione non sussistono più. In questo caso, il condannato deve scontare il residuo di pena in carcere. In alcuni Stati membri, il fatto di sottrarsi al controllo previsto nell'ambito di questa misura o rientrare troppo tardi nel penitenziario, fa incorrere al suo autore in una condanna per evasione (Francia).

4. Il frazionamento dell'esecuzione della pena ("arresto di fine settimana")

Il frazionamento dell'esecuzione della pena può essere definito come la possibilità di ordinare una o più interruzioni dell'esecuzione della pena. Così, la durata della pena resta invariata, ma è subita in modo variabile. Si tratta di una modalità d'esecuzione soprattutto per le brevi pene privative di libertà che esiste soltanto in una minoranza Stati membri, cioè il Belgio [155], la Spagna [156], la Francia [157], la Grecia [158] e il Portogallo [159]. Si distingue dalla facoltà dell'amministrazione penitenziaria di accordare un'interruzione dell'esecuzione della pena a causa di malattia grave. [160]

[155] In Belgio, tale misura - chiamata «arresto di fine settimana» ha un ruolo molto marginale.

[156] Arresto de fin de semana, articolo 37 CP.

[157] Articolo 132-27 CP.

[158] Art. 63 del Codice dell'esecuzione delle pene.

[159] Prisão por dias livres, art. 45 CP.

[160] Cfr. ad es il paragrafo 46 del regolamento tedesco sull'esecuzione delle pene (StVollstrO).

In Francia, la misura di frazionamento può essere pronunciata in occasione del giudizio o durante la fase d'esecuzione della pena. È caratterizzata da un prolungamento del termine d'esecuzione della pena (di 3 anni al massimo). Il frazionamento può essere deciso per ragioni gravi d'ordine medico, familiare, professionale o sociale in caso di detenzione pronunciata per una durata di un anno nel massimo. Le frazioni non possono essere inferiori a due giorni.

Il condannato è liberato alla data prevista senza misura d'accompagnamento o di sorveglianza, come se fosse in fine di pena. Durante il frazionamento, le persone condannate sottoposte ad un controllo socio-giudiziario continuano a rispettare gli obblighi [161] il cui adempimento è verificato in primo luogo dall'amministrazione penitenziaria.

[161] Articolo 763-7 CPP.

Il rientro in carcere avviene nello stesso istituto da cui si è avuto il permesso di uscire, ai giorni ed ore convenuti. L'inosservanza dell'obbligo di rientrare nel penitenziario è punita come un'evasione [162] dall'autorità giudiziaria ma anche dall'amministrazione penitenziaria.

[162] Articolo 434-29, 3°comma CP.

Il giudice dell'applicazione della pena è competente per accordare, rinviare, rifiutare, ritirare o revocare la sospensione o il frazionamento della pena detentiva. È investito d'ufficio, su domanda del condannato o su richiesta del Procuratore della Repubblica. La sua decisione (suscettibile di ricorso in appello) è resa previo parere del rappresentante dell'amministrazione penitenziaria, dopo un dibattito in contraddittorio in camera di consiglio durante il quale vengono ascoltate le richieste del Procuratore e le osservazioni del condannato o del suo avvocato.

In Spagna, l'arresto di fine settimana, pronunciato in occasione della sentenza, ha una durata di 36 ore ed equivale a 2 giorni di privazione della libertà. In linea di massima, possono essere pronunciate fino a 24 sentenze di fine settimana al massimo, eccetto che nei casi in cui questa misura è una misura sostitutiva di un'altra pena privativa di libertà. L'esecuzione della sentenza di fine settimana ha luogo, generalmente il venerdì, sabato e domenica nell'istituto penitenziario più vicino al domicilio del condannato.

Tuttavia, il giudice o il tribunale che ha pronunciato la sentenza possono ordinare che l'esecuzione sia scontata durante altri giorni della settimana o in altri luoghi. Se il condannato commette due assenze ingiustificate, il giudice di sorveglianza può ordinare che la sentenza sia scontata in modo ininterrotto.

La Spagna sta tuttavia discutendo un progetto di legge volto a sopprimere l'istituto dell'arresto di fine settimana perché inefficace, come dimostrato da un'esperienza (negativa) settennale di applicazione di tale pena. Secondo tale progetto di legge, le sentenze di fine settimana saranno sostituite, secondo la natura e la gravità del reato, da una pena detentiva, da un'ammenda, dal lavoro nell'interesse della comunità o dall'assoggettamento a sorveglianza elettronica.

In Portogallo, le pene detentive fino a 3 mesi che non devono essere sostituite da un'ammenda o da un'altra pena non privativa di libertà, sono scontate sotto forma di arresti di fine settimana se questo sembra adeguato e sufficiente alle finalità della punizione. Ogni sospensione di fine settimana ha una durata di 36 ore almeno e di 48 ore al massimo, il che equivale a 5 giorni di privazione della libertà continua. Possono essere inflitte, al massimo, 18 sentenze di fine settimana. Se giorni festivi precedono o seguono immediatamente il fine settimana, questi giorni possono anche essere utilizzati per l'esecuzione della pena.

5. La sorveglianza elettronica

La sorveglianza elettronica consiste nel sottoporre un condannato o un detenuto all'uso di un emettitore (generalmente un "braccialetto elettronico") che permette di individuare a distanza la sua presenza o la sua assenza in un luogo (spesso il domicilio) designato dall'autorità competente per un periodo determinato. Comporta per condannato il divieto di assentarsi del luogo designato dall'autorità competente al di là dei periodi stabiliti da questa.

La sorveglianza elettronica è una misura relativamente recente praticata da sei Stati membri (Belgio, Spagna, Francia, Italia, Svezia e Regno Unito). Nel Land dell'Assia in Germania, nei Paesi Bassi, in Finlandia ed in Portogallo, è applicata a titolo sperimentale; la sua introduzione a livello nazionale è attualmente discussa in Germania ed in Danimarca.

Per il legislatore, la ragione principale di introdurre questa misura è di differenziare i modi d'esecuzione delle pene per ridurre la popolazione carceraria, in modo da diminuire i danni legati all'esecuzione di una pena detentiva (stigmatizzazione sociale, perdita di un'occupazione e difficoltà finanziarie correlate per la famiglia, deficit di presenza e d'autorità parentali, ecc.), favorire il reinserimento dei detenuti in un contesto rigoroso e ridurre così il rischio di recidiva, diminuire le tensioni generate dalla sovrappopolazione carceraria e realizzare economie sui costi del carcere [163].

[163] In Francia, ad es., un giorno di carcere costerebbe circa 60 euro al giorno, contro i 20 - 30 euro della semi-libertà o i 22 euro della sottoposizione a sorveglianza elettronica (Le Monde del 29.4.2003).

Tale misura può svolgere molte funzioni secondo la fase procedurale in cui interviene: può essere pronunciata come pena principale (Italia, Svezia [164]). La sorveglianza elettronica può anche sostituire l'arresto provvisorio per le persone sottoposte ad indagini (Francia, Italia, Portogallo) [165]. Essa è altresì prevista a titolo probatorio per la liberazione condizionale (Belgio, Francia [166], Paesi Bassi, Svezia), durante il regime aperto (Spagna) o per gli arresti di fine settimana (Spagna). In Svezia è in corso, dal primo ottobre 2001, un progetto pilota di tre anni che prevede questa misura nella fase finale (ultimi 3 mesi) dell'esecuzione di pene detentive di almeno di 2 anni.

[164] Per sostituire pene detentive brevi fino a tre mesi.

[165] Il che è espressamente escluso dalla legislazione svedese.

[166] In Francia, per una durata non superiore ad un anno.

Possono beneficiare di tale misura i condannati ad una pena inferiore o uguale ad una certa soglia (Francia: 1 anno o più per condannati per i quali rimane da scontare soltanto meno di un anno; Italia: 4 anni; Svezia: 3 mesi). In Belgio, i beneficiari di queste misure sono sia i condannati a pene non eccedenti i tre anni, e ciò fin dall'inizio della loro detenzione, sia i condannati a pene più severe, a partire dal momento in cui potrebbero richiedere la liberazione condizionale o sono proposti per essa.

Alcune categorie di condannati sono escluse dalla misura in oggetto: ad es. in Belgio, i condannati per reati a carattere sessuale, tratta degli esseri umani o traffico di stupefacenti.

La misura presuppone in tutti gli Stati membri il consenso espresso del condannato, a volte anche in presenza dell'avvocato (Francia); in alcuni Stati membri, anche le persone che vivono col condannato devono acconsentirvi (Belgio).

In diversi Stati membri, termini minimi (Belgio: 1 mese) e massimi sono previsti per l'applicazione della misura in oggetto (Belgio: 3 mesi; Regno Unito: 6 mesi [167]; Scozia: 12 mesi [168]).

[167] «Curfew order» la cui esecuzione è parzialmente affidata a società private.

[168] «Restriction of liberty orders».

La consultazione di un medico - su domanda del condannato - è prevista in diversi Stati membri (Francia) per verificare se il metodo non sia nocivo per la salute del condannato.

A seconda dei casi, il condannato non può assentarsi dal luogo prestabilito al di là dei periodi stabiliti, ad es. per esercitare una professione, seguire una formazione, un trattamento o partecipare alla vita familiare.

L'autorità competente può allo stesso tempo sottoporre il condannato ad una o più misure di sospensione condizionale della pena con messa alla prova (Belgio, Francia). Può modificare le condizioni della sorveglianza elettronica sia automaticamente sia su richiesta del condannato

Su richiesta del condannato o in caso di rifiuto di una modifica, o di nuova condanna (in caso di sospensione condizionale della pena), o d'inosservanza degli obblighi imposti o di sottrazione volontaria alla sorveglianza elettronica (che configura un reato di evasione secondo alcune legislazioni, ad es. in Francia), la misura può essere revocata secondo la procedura in vigore. In questo caso, il condannato sconterà il residuo della pena che avrebbe dovuto ancora scontare al momento dell'inizio del provvedimento alternativo; il tempo trascorso sotto sorveglianza elettronica è comunque calcolato ai fini dell'esecuzione della pena (Francia).

L'inosservanza delle condizioni, ed in particolare degli orari, è sanzionata da un avvertimento o da un inasprimento delle condizioni. In caso di un'infrazione grave (assenze ripetute, distruzione volontaria del braccialetto o degli strumenti di controllo, nuovi fatti punibili...), la misura può essere revocata e il condannato prosegue la sua detenzione in prigione.

6. La detenzione domiciliare

La detenzione domiciliare costituisce uno strumento creato allo scopo di riservare un trattamento privilegiato ad alcune categorie di persone in considerazione del loro status particolare, affinché possano scontare la pena nel loro domicilio o in un altro luogo di cura o d'assistenza. Tranne che nel Regno Unito ed in Italia, la detenzione domiciliare esiste soltanto in connessione ad una misura di sorveglianza elettronica (cfr. supra). In Spagna, la detenzione domiciliare è stata abolita dall'entrata in vigore del nuovo codice penale del 1995. [169]

[169] Artt. 27 e 30 del codice penale del 1973.

Nel Regno Unito, l'articolo 37 del Powers of Criminal Courts (Sentencing) Act 2000 permette di imporre una forma di detenzione domiciliare (o in un altro luogo) per un tempo determinato. Può essere utilizzata per tutti i reati eccetto che per l'omicidio ed altri delitti enumerati agli articoli da 109 a 111 della citata legge.

Il provvedimento che dispone la detenzione domiciliare ("curfew order"), precisa in quali luoghi essa possa svolgersi e i periodi durante i quali il condannato non può allontanarsi da detti luoghi. La durata massima è di 6 mesi per le persone aventi 16 anni e più e di 3 mesi per i condannati aventi meno di 16 anni. La durata quotidiana non può superare 12 ore e non può essere inferiore alle 2. La detenzione domiciliare (o in un altro luogo) può essere controllata con sorveglianza elettronica. Il provvedimento giudiziario che impone gli arresti domiciliari deve precisare il nome della persona responsabile della sorveglianza del condannato per il periodo di detenzione domiciliare. L'imposizione di questa sanzione non richiede l'accordo del reo.

Il condannato che non osserva le condizioni del "curfew order" rischia una multa di 1000 sterline. In alternativa, il "curfew order" può essere revocato ed il reo rischia di essere condannato ad una pena più severa. Le medesime conseguenze (revoca e nuova condanna) sono riservate al condannato che commette un nuovo reato durante il "curfew order".

In base al diritto italiano, la detenzione domiciliare serve a conciliare, da un lato, le opposte esigenze di esecuzione della pena e di sicurezza sociale e, dell'altro, quella della tutela di alcuni diritti fondamentali dell'individuo (quali il diritto alla salute, il diritto-dovere al mantenimento ed all'istruzione dei figli minori ed il diritto alla protezione della maternità) [170]. Nel diritto italiano, la detenzione domiciliare è prevista sia come modalità d'esecuzione di una custodia cautelare durante la fase istruttoria (denominata in tal caso «arresti domiciliari») [171], sia come modalità d'esecuzione di una pena non superiore a 4 anni di reclusione o di una pena detentiva maggiore di cui rimangono da scontare soltanto 4 anni. In quest'ultimo caso, non è pronunciata contestualmente alla sentenza di condanna ma durante la fase dell'esecuzione della pena. Possono beneficiare del provvedimento in oggetto le persone seguenti: a) la donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci, con lui convivente, quando la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; d) persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente; e) persona minore di anni 21 per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia [172]. Disposizioni speciali esistono inoltre a favore delle persone detenute affette da AIDS. Recentemente, è stata introdotta per qualsiasi condannato - e non soltanto per quelli citati alle lettere da a) a e) - la possibilità della detenzione domiciliare per l'espiazione della pena detentiva, anche residua, non superiore a 2 anni, quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e se si può escludere il pericolo che il condannato commetta altri reati. [173]

[170] Art. 47ter della legge n. 354/1975.

[171] Art. 284 CPP.

[172] Articolo 47ter della legge n. 354/1975.

[173] Art. 47ter (1bis) della legge n. 354/1975.

Spetta al Tribunale di sorveglianza italiano definire le modalità d'esecuzione della detenzione domiciliare, ed impartire le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Il magistrato di sorveglianza prescrive al condannato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. Se necessario, il giudice può imporre limiti o divieti alla facoltà del condannato di comunicare con persone diverse da quelle che coabitano con lui o che lo assistono. Se il condannato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze vitali ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare un'attività lavorativa. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte al condannato [174].

[174] Art. 284 CPP.

La revoca della misura interviene quando il soggetto si allontana dal luogo prescritto per l'espiazione della pena (il che configura il reato di evasione, art. 385 del codice penale) o quando il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione della misura. La revoca interviene inoltre quando vengono a cessare le condizioni previste per la sua concessione o quando la pena è estinta.

ALLEGATO II

Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri sulle sanzioni alternative

1. Il lavoro nell'interesse della collettività

Questa pena consiste in una prestazione di servizi non remunerata realizzata a profitto di una collettività pubblica, di un istituzione pubblica o di un'associazione senza scopo di lucro.

A motivo della necessità di ridurre la sovrappopolazione carceraria e trovare alternative alla detenzione, il Consiglio d'Europa, nella sua risoluzione (76) 10 su alcune misure penali sostitutive delle pene privative della libertà, ha raccomandato il lavoro nell'interesse della collettività "per contribuire attivamente alla riabilitazione del reo attraverso l'accettazione della sua cooperazione in un lavoro volontario".

Da allora, la pena del lavoro nell'interesse della collettività è stata introdotta da tutti gli Stati membri ed è praticata con un certo successo nella maggior parte di essi. [175]

[175] Alcuni Stati membri (come es. la Francia) incontrano tuttavia difficoltà nella sua esecuzione (ritardi nell'esecuzione, mancanza di posti di lavoro disponibili, ecc.).

La pena consistente nel lavoro può svolgere molte funzioni secondo la fase procedurale in cui interviene: può situarsi a livello dell'esercizio o meno dell'azione penale, spesso nell'ambito di una mediazione, composizione o transazione penale (si veda infra), per evitare una condanna (Belgio [176], Germania [177], Francia [178]), e può essere pronunciata a titolo di pena principale (Belgio [179], Francia, Italia [180], Paesi Bassi) o complementare (Francia) o riguardo determinate contravvenzioni gravi (Belgio, Francia [181]). Può anche fungere da pena sostitutiva della detenzione del debitore moroso nei confronti dello Stato [182] per il recupero delle multe/ammende (Germania [183], Italia), di una sanzione pecuniaria (Spagna, Italia, Portogallo) o dell'"arresto di fine settimana" (Spagna). La pena del lavoro di pubblica utilità può anche essere accompagnata da una detenzione con sospensione condizionale della pena (Belgio, Germania, Danimarca, Francia, Svezia). In Grecia, una pena detentiva o una multa/ammenda possono essere convertite parzialmente, su domanda del condannato, nella pena del lavoro di pubblica utilità.

[176] Art. 216ter Codice di procedura penale.

[177] 153, 153a StPO.

[178] Nell'ambito di una composizione penale.

[179] Introdotta dalla legge 17 aprile 2002 a titolo di pena principale.

[180] Per i delitti minori che ricadono nella competenza del giudice di pace.

[181] Infrazioni al codice della strada.

[182] La "detenzione del debitore moroso" consiste nella reclusione di una persona al fine di costringerla a pagare una somma che deve al Tesoro pubblico in esecuzione di una condanna penale.

[183] L'estensione del campo d'applicazione della pena del lavoro di pubblica utilità è attualmente in discussione in Germania nell'ambito di una riforma del sistema delle sanzioni: d'ora in poi, la pena di lavoro diventerà la principale pena sostitutiva di un'ammenda (al posto della reclusione del debitore moroso per il recupero delle ammende).

In alcuni Stati membri, la pena di lavoro di pubblica utilità può essere imposta soltanto per alcuni reati determinati dalla loro natura (Danimarca, Italia) o dalla gravità della pena che essa sostituisce (es. una pena di polizia o una pena correttiva (Belgio), una pena detentiva di un massimo di 6 mesi (Paesi Bassi) o di un anno (Portogallo).

Le legislazioni di tutti gli Stati membri esigono il consenso della persona interessata, sotto qualunque forma. Infatti, diversi testi internazionali dispongono che sia ottenuta l'approvazione della persona interessata, in particolare l'articolo 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che recita: "nessuno può essere costretto ad un lavoro forzato o obbligatorio". D'altra parte, ai sensi dell'articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio».

Il numero di ore da effettuare ai sensi di una condanna ad una pena di lavoro di pubblica utilità varia tra 20 e 300 (Belgio [184]), tra 20 e 200 (Finlandia), tra 30 e 240 (Danimarca), tra 40 e 240 (Francia, Svezia, Regno Unito [185]) e da 36 a 380 (Portogallo). Nel caso di una composizione penale (che mira ad evitare una condanna), i massimi sono più bassi (60 ore in Francia).

[184] La linea di demarcazione tra la pena di polizia e la pena correzionale è stabilita in 45 ore.

[185] La pena massima è di 240 ore in caso di un «community punishment order». In caso di un «community punishment and rehabilitation order», la pena massima è di 100 ore.

Il lavoro deve essere generalmente svolto entro un certo termine (es. 12 mesi nel Regno Unito, 18 mesi in Francia, eccetto in caso di composizione penale: 6 mesi).

Tradizionalmente, i lavori da effettuare riguardano soprattutto lavori di manutenzione, di pulizia, di ripristino, proposti da enti territoriali o amministrazioni.

Trattandosi di un lavoro di pubblica utilità pronunciato a titolo di pena principale, se il condannato vi si sottrae volontariamente, può essere perseguito per mancata esecuzione del lavoro, reato specificamente previsto, ad es., in Francia. [186] In caso di sospensione condizionale della pena con messa alla prova, il condannato incorre nella revoca della sospensione. Se, in tale ultimo caso, il condannato ha già effettuato una parte del lavoro, può beneficiare, secondo la legislazione di alcuni Stati membri (es. Portogallo), di una riduzione corrispondente della pena detentiva.

[186] In Francia, può essere condannato ad una pena detentiva o ad una sanzione pecuniaria o ad una nuova pena consistente nel lavoro nell'interesse della collettività.

2. La mediazione penale

La mediazione penale consiste in una procedura strutturata alla quale partecipano la vittima ed il reo, volta a ricercare, con l'aiuto di un mediatore qualificato, una soluzione negoziata al conflitto causato da un reato [187]. Ha lo scopo di garantire il risarcimento del danno causato, porre fine al disordine risultante dal reato e contribuire alla riqualificazione dell'autore del reato. Inoltre, essa prevede una modifica duratura del comportamento delle parti per prevenire la reiterazione dei fatti per i medesimi motivi.

[187] L'articolo 1, lettera e) della decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale definisce la mediazione penale come: «la ricerca, prima o durante il procedimento penale, di una soluzione negoziata tra la vittima e l'autore del reato, con la mediazione di una persona competente». Il Consiglio d'Europa, nella sua raccomandazione n. R (99) 19 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 15 settembre 1999 sulla mediazione in materia penale, dà la definizione seguente del termine "mediazione penale": «ogni processo che permette alla vittima ed al delinquente di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla soluzione delle difficoltà che derivano dall'offesa, con l'aiuto di un terzo indipendente (mediatore)."

Essa permette alla vittima di incontrare volontariamente l'autore del reato, di incoraggiare l'autore del reato a comprendere le conseguenze dei suoi atti ed assumersi la responsabilità del torto causato, e dà alla vittima e al reo l'occasione di sviluppare un progetto di riparazione dell'offesa.

La mediazione penale in senso stretto differisce da altre forme di contratti o accordi ("procedure transattive") tra il procuratore e l'autore dell'reato suscettibili di estinguere l'azione pubblica, come ad es. in diritto francese la composizione penale e la transazione penale, poiché queste ultime non prevedono la possibilità di una partecipazione attiva della vittima ad una soluzione negoziata.

La mediazione penale si inscrive nel concetto più ampio della «giustizia riparatoria», il cui principio guida è rappresentato dalla riparazione, materiale e non, del rapporto alterato tra vittima, collettività e reo. Tale concetto è supportato nell'Unione europea da una serie di organizzazioni non governative di cui alcune hanno ricevuto sovvenzioni nell'ambito dei programmi GROTIUS o AGIS.

Il Belgio ha presentato nel giugno 2002 un'iniziativa formale "in vista dell'adozione di una decisione del Consiglio che istituisce una rete europea di punti di contatto nazionali per la giustizia riparatoria." [188] La rete europea dovrebbe contribuire a sviluppare, sostenere e promuovere i diversi aspetti della giustizia riparatoria negli Stati membri e a livello dell'Unione. L'iniziativa non è stata discussa in sede di Consiglio.

[188] GU C 242 dell'8.10. 2002, pag. 20.

Per quanto riguarda la legislazione in vigore a livello dell'Unione europea, l'articolo 10 della decisione-quadro del Consiglio del 15 marzo 2001 relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale [189] stabilisce che ciascuno Stato membro provvede a promuovere la mediazione nell'ambito dei procedimenti penali per i reati che esso ritiene idonei per questo tipo di misura. Inoltre provvede a garantire che eventuali accordi raggiunti tra la vittima e l'autore del reato nel corso della mediazione nell'ambito dei procedimenti penali vengano presi in considerazione. La data di entrata in vigore di questa disposizione è tuttavia fissata soltanto al 22 marzo 2006 (cfr. articolo 17 della citata decisione quadro).

[189] GU L 82 del 22.3. 2001, pag. 1.

La Germania, l'Austria, il Belgio, la Finlandia, la Francia, il Lussemburgo, la Svezia ed il Regno Unito hanno adottato una legislazione relativamente dettagliata in materia di mediazione penale. In Danimarca, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi e Portogallo, l'argomento forma oggetto di progetti pilota.

Disposizioni speciali esistono in diversi Stati membri sulla mediazione penale in materia di delinquenza minorile. Spesso tali disposizioni sono state adottate prima di quelle sulla mediazione per gli adulti.

La mediazione penale può intervenire in molte fasi del procedimento: può situarsi a livello dell'avvio o meno dell'azione penale al fine di evitare una condanna (Austria [190], Belgio [191], Germania [192], Francia [193]), può costituire un elemento della sentenza (ad esempio in Germania [194] e nel Regno Unito [195]) o intervenire soltanto nella fase dell'esecuzione della pena (come ad es. in Belgio [196]).

[190] Art. 90a Codice procedura penale («Diversion»).

[191] Art. 216ter Codice procedura penale e regio decreto del 24 ottobre 1994.

[192] Paragrafi 153, 153a Codice procedura penale (StPO).

[193] Nell'ambito di una composizione penale, art. 41-2 CPP.

[194] Articolo 46a del Codice penale, articolo 155a Codice di procedura penale.

[195] «Compensation order» secondo gli articoli da 130 a 134 del Powers of Criminal Courts (Sentencing) Act.

[196] Con l'aiuto di un «consulente in giustizia riparatoria» in ciascun carcere.

In Germania, la mediazione penale è stata introdotta nel 1994 dall'articolo 46a del codice penale tedesco come "terza via" di reazione del diritto penale, accanto alle pene principali (pena privativa di libertà e multa/ammenda) ed alle misure educative e di sicurezza. La disposizione prevede che il tribunale possa attenuare una pena - in applicazione delle disposizioni stabilite all'articolo 49 del codice penale - o anche rinunciarvi totalmente, purché la pena inflitta non superi un anno o una pena di giorni-ammenda di 360 giorni, qualora l'autore del reato a) si sia sottoposto ad una procedura di mediazione ("Täter-Opfer-Ausgleich") ed abbia risarcito - completamente o per la maggior parte - il danno causato o abbia seriamente tentato di farlo, o b) abbia riparato - completamente o per la maggior parte - il danno causato a condizione che detta riparazione comporti un impegno considerevole da parte dell'autore del reato. In entrambi i casi, la riparazione va oltre il semplice risarcimento del danno subito e richiede una partecipazione attiva dell'autore del reato.

In Austria, la legislazione sulla mediazione penale prevede, a seconda della gravità dei reati interessati, due regimi:

a. Per i reati normalmente passibili di sanzione pecuniaria o di pena detentiva fino ad un massimo di tre anni, il legislatore esclude la punibilità del reato [197] se a) l'offesa di cui si è reso responsabile l'autore è molto lieve, b) l'atto non ha avuto effetti negativi o essi sono soltanto trascurabili, o se l'autore ha riparato o risarcito gli effetti del suo atto o ha seriamente tentato di farlo, e c) non è inflitta alcuna pena soltanto allo scopo di prevenire che l'autore commetta altri reati. [198]

[197] «...so ist die Tat nicht strafbar, wenn ...» (Il fatto non è punibile se...).

[198] Art. 42 del Codice penale austriaco.

b. Per i reati passibili di pena privativa di libertà fino ad un massimo di cinque anni ed a condizione che l'offesa commessa dall'autore non sia grave e che il reato non abbia causato la morte di una persona, il procuratore deve rinunciare all'azione penale se, in vista di una mediazione penale ("aussergerichtlicher Tatausgleich"), del pagamento di una sanzione pecuniaria, della prestazione di un lavoro di pubblica utilità o dell'imposizione di un periodo di affidamento in prova connesso ad obblighi, non è inflitta alcuna pena allo scopo di prevenire che l'autore commetta altri reati. [199] Ai sensi dell'articolo 90g del codice di procedura penale austriaco, la mediazione penale implica che l'autore riconosca di avere commesso il reato, accetti di ricercare le cause della sua azione illecita, ripari o risarcisca altrimenti gli effetti negativi del suo reato ed assuma, se necessario, impegni atti a dimostrare la sua volontà di abbandonare i comportamenti che sono stati all'origine del reato. La mediazione penale presuppone il consenso della vittima, a meno che le sue ragioni di rifiuto siano insufficienti. L'elemento essenziale della procedura è costituito da un colloquio di mediazione tra la vittima e l'autore del reato. Tale incontro è organizzato da un mediatore indipendente. I risultati dell'incontro sono stabiliti in un accordo scritto che il mediatore comunica al procuratore e di cui controlla l'esecuzione. Se l'autore soddisfa le condizioni dell'accordo, il procedimento penale è archiviato; nel caso contrario, segue il suo corso normale fino alla condanna.

[199] Art. 90a del Codice di procedura penale austriaco («Diversion»).

In Belgio, ai sensi dell'articolo 216ter del codice penale, il procuratore del re può convocare l'autore di un reato e, sempre che il fatto non sembri essere tale da dover essere punito con una pena detentiva principale superiore a due anni o con una pena maggiore, invitarlo a risarcire o a riparare il danno causato dal reato e a fornirgliene la prova. L'autore del reato e la vittima possono essere assistiti da un avvocato. Il procuratore del re è assistito nelle varie fasi della mediazione penale, ed in particolare nella sua esecuzione concreta, dal Servizio delle "case di giustizia" del Ministero della giustizia. Gli agenti di questo servizio ("consulenti ed assistenti in mediazione") svolgono la loro missione in stretta collaborazione con il procuratore del re, che ha il controllo delle loro attività. I particolari della procedura di mediazione penale sono disciplinati da un regio decreto [200]. Le modalità dell'esecuzione della mediazione penale sono riportate in un verbale. Quando l'autore del reato ha soddisfatto tutte le condizioni da lui accettate, l'azione penale si estingue.

[200] Regio decreto del 24 ottobre 1994 «recante misure di esecuzione concernenti la procedura di mediazione penale».

In Francia, l'articolo 41-1 punto 5 del codice di procedura penale permette al procuratore della Repubblica di ricorrere, per la "microcriminalità" (reati minori o contravvenzioni), ad una mediazione penale con il consenso della vittima e dell'autore del reato, prima di deliberare in merito all'azione giudiziaria, se ritiene che tale misura sia atta a garantire la riparazione del danno causato alla vittima, di porre fine al turbamento derivante dal reato o contribuire alla riqualificazione dell'autore dei fatti.

La mediazione penale può essere intrapresa soltanto su mandato del procuratore della Repubblica. Le parti in conflitto non possono rivolgersi direttamente al mediatore. La mediazione penale sospende i termini di prescrizione. Il procuratore incarica un servizio di mediazione o un mediatore indipendente di organizzare lo svolgimento della mediazione. [201] La procedura di designazione e di abilitazione dei mediatori è regolata dall'articolo R. 15-33-30 del codice di procedura penale. La mediazione è facoltativa per le parti in causa. Rispetta i diritti dei querelanti e dei presunti autori che possono chiedere a proprie spese la consulenza o l'assistenza di un avvocato di loro scelta. Il tipo di reati interessati è deciso esclusivamente dal pubblico ministero. Può trattarsi di atti non gravi di violenza, di furti, di frodi minori, di mancato pagamento di alimenti, di mancata rappresentanza legale di minori, di danneggiamenti volontari, di minacce, di ingiurie, di reati omissivi, di uso semplice di stupefacenti ecc.. La mediazione penale è gratuita per le parti. Esistono varie modalità di riparazione del pregiudizio arrecato: finanziaria, materiale o simbolica.

[201] Dall'istituzione, nel 1990, delle «Maisons de Justice et du Droit», le procedure di mediazione si svolgono sempre di più in tali luoghi. Tali case sono poste sotto l'autorità del presidente della Corte d'Appello e del procuratore della Repubblica.

La mediazione penale si svolge in generale nel seguente modo: ricevuto l'incarico dal procuratore, il servizio mediazione di un'associazione o il mediatore:

* convoca per iscritto le parti in causa;

* riceve le parti in causa separatamente o insieme, spiega loro gli obiettivi della mediazione, si assicura, qualora non sia già stato fatto dal pubblico ministero, che siano d'accordo sul principio di partecipazione alla mediazione;

* organizza la riunione di mediazione che consiste nel mettere le parti l'una di fronte all'altra per stabilire o ristabilire un legame, un dialogo e trovare soluzioni alla controversia;

* formalizza per iscritto i termini di un eventuale accordo;

* informa per iscritto il procuratore dei risultati della mediazione, dopo avere seguito, secondo necessità, l'evoluzione della causa durante i termini fissati dal procuratore.

Il pubblico ministero verifica l'esecuzione delle condizioni (riparazione, indennizzo) che permettono l'archiviazione del caso. Emette la decisione giudiziaria di archiviare il caso o di proseguire l'azione penale dinanzi al tribunale competente. Se, a seguito della mediazione, il procuratore archivia la causa, il querelante ne sarà informato.

3. La transazione penale [202]

[202] Ad eccezione delle informazioni concernenti il Belgio e la Francia, il testo del presente capitolo sulle procedure transattive è ripreso, nelle sue linee essenziali, dai "considerando" n. 61 e seguenti delle conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer presentate il 19 settembre 2002 nelle cause riunite C-187/01 e C-385/01.

La transazione è una procedura con la quale le controversie in materia penale possono essere risolte di comune accordo dal titolare dell'azione penale e dalla persona perseguita, senza la necessità di avviare un procedimento giudiziario vero e proprio. In questo tipo di composizione, non vi è tuttavia alcun negoziato tra il presunto colpevole ed il procuratore per stabilire la pena. Il potere pubblico dello Stato fa, tramite il titolare dell'azione pubblica incaricato di attuare la sanzione, un'offerta che l'autore del fatto può soltanto prendere o lasciare. Non si tratta di un accordo negoziato tra imputato e pubblico ministero. Sarebbe un errore definire la transazione penale come una composizione contrattuale, poiché essa impone una condanna, lieve ed accettata, che rimane una sanzione e svolge le funzioni tipiche della pena.

Come si può osservare, con la denominazione di transazione o denominazioni simili, numerosi Stati membri conoscono procedure nelle quali il pubblico ministero rinuncia, per facoltà conferitagli per legge, e, in alcuni sistemi, senza che intervenga alcuna decisione giudiziaria, all'esercizio dell'azione penale nei confronti di un individuo, dopo che quest'ultimo ha versato allo Stato una somma di denaro o ha soddisfatto altre condizioni.

Questo tipo d'amministrazione della giustizia penale non si applica tuttavia a tutti i reati. Tale procedura è l'espressione di una giustizia intesa a sanzionare una categoria particolare di comportamenti, che destano una scarsa riprovazione sociale e la cui repressione non richiede di mettere in moto l'apparato repressivo dello Stato in tutta la sua intensità né, pertanto, la piena attuazione delle garanzie della procedura penale con l'intervento di un giudice.

La transazione permette in tal modo all'imputato, senza essere sottoposto a procedimento penale, di riconoscere espressamente o implicitamente la sua responsabilità e di espiare adempiendo agli obblighi che egli stesso avrà concordato con il procuratore, nei limiti stabiliti dal legislatore, e che saranno in ogni caso meno costrittivi del procedimento penale ordinario al quale sarebbe sottoposto in mancanza d'accordo. In cambio, il potere pubblico abbandona l'azione penale, che si estingue.

In diritto tedesco [203], il pubblico ministero può decidere di abbandonare l'azione penale, a condizione che l'autore del reato accetti gli obblighi che gli sono imposti e vi adempia. Benché, di norma, l'approvazione del giudice competente sia necessaria, non è obbligatoria se si tratta di reati passibili di pena non superiore alla pena minima prevista dal codice penale e se il danno causato è di lieve entità. In caso di accordo, il procuratore stabilisce un termine per l'esecuzione degli obblighi convenuti e, una volta questi siano stati adempiuti, la responsabilità dell'autore del reato è definitivamente eliminata e «il reato non può essere perseguito penalmente». [204]

[203] Art. 153a Codice procedura penale. Si veda altresì la sentenza «Brügge» dell'11 febbraio 2003 nella causa C-385/01.

[204] Articolo 153a, già citato, paragrafo 1. Il codice penale tedesco distingue tra il delitto («Vergehen») e il crimine («Verbrechen»). Ogni reato suscettibile di essere represso con una pena privativa della libertà uguale o superiore ad un anno è un «crimine». Gli altri reati, puniti meno severamente, sono «delitti».

L'Austria [205] dispone di una procedura chiamata "Diversion" (letteralmente: diversione), che permette al pubblico ministero (o al giudice istruttore) di rinunciare all'esercizio dell'azione penale in cambio del pagamento di una somma di denaro, dello svolgimento di un lavoro di pubblica utilità, della fissazione di un periodo di affidamento in prova o della sottoposizione ad una mediazione penale ("aussergerichlicher Tatausgleich"). Una volta che l'imputato abbia soddisfatto gli obblighi imposti, l'azione pubblica è definitivamente estinta. [206]

[205] Articoli da 90a a 90m Codice procedura penale.

[206] Articoli 90c, paragrafo 5; 90d, paragrafo 5; 90f, paragrafo 4 e 90g, paragrafo 1, Codice procedura penale.

Esistono in Belgio due tipi di procedura di competenza del pubblico ministero: la transazione e la mediazione penale (cfr. capitolo precedente), previsti agli articoli 216bis e 216ter del codice di procedura penale, che permettono al procuratore di abbandonare definitivamente l'azione penale se l'imputato soddisfa alcune condizioni. Ai sensi dell'articolo 216bis, il procuratore del Re può, per un reato punibile con multa/ammenda o con una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, chiedere che sia inflitta soltanto una sanzione pecuniaria oppure una sanzione pecuniaria e la confisca. Il danno eventualmente causato a terzi deve essere interamente riparato prima che la transazione possa essere proposta. Tuttavia, potrà anche essere proposta se l'autore ha riconosciuto per iscritto, la sua responsabilità civile per il fatto generatore del danno, e produce la prova dell'avvenuto indennizzo della parte non contestata del danno e delle modalità di regolamento dello stesso. In ogni caso, la vittima potrà fare valere i suoi diritti dinanzi al tribunale competente. In tale ipotesi, l'accettazione della transazione da parte dell'autore costituisce presunzione incontestabile della sua colpa (articolo 216bis paragrafo 4).

In diritto francese, ai sensi dell'articolo 41-2 del codice di procedura penale, il Procuratore della Repubblica può proporre, fino a che non sia stata promossa l'azione penale, ad una persona maggiorenne che riconosca di avere commesso uno o più reati passibili, nel massimo, di una pena detentiva di tre anni, una c.d. "composizione penale", la quale consiste in una o più delle misure seguenti: 1) versare un' "ammenda di composizione" al Tesoro pubblico che non può eccedere né 3.750 euro né la metà del massimo dell'ammenda inflitta; 2) privarsi a favore dello Stato della cosa che ha servito o era destinata a commettere il reato o che ne è il prodotto; 3) consegnare alla cancelleria della Corte di appello la patente di guida, per un periodo massimo di sei mesi, o la patente di caccia, per un periodo massimo di quattro mesi; 4) effettuare un lavoro non remunerato a favore della collettività per una durata massima di sessanta ore, entro un termine che non può essere superiore a sei mesi; 5) seguire un tirocinio o una formazione in un servizio o organismo sanitario, sociale o professionale per una durata che non può eccedere tre mesi entro un termine che non può essere superiore a diciotto mesi.

Quando la vittima è identificata, e fatto salvo il caso in cui l'autore dei fatti dimostri di aver riparato il danno causato, il procuratore della Repubblica deve anche proporre a quest'ultimo di risarcire i danni causati dal reato entro un termine non superiore a sei mesi ed informare la vittima della proposta formulata. La composizione penale può essere proposta in una "Maison de Justice ou du Droit". La persona alla quale è proposta una composizione penale è informata del suo diritto di farsi assistere da un avvocato prima di esprimere il suo accordo alla proposta del procuratore della Repubblica. Il suddetto accordo è registrato a verbale, di cui l'autore del reato riceve una copia.

Quando l'autore dei fatti si dichiara d'accordo con le misure proposte, il procuratore della Repubblica rivolge un'istanza al presidente del tribunale ai fini della convalida della composizione. Il procuratore della Repubblica ne informa l'autore dei fatti e, all'occorrenza, la vittima. Il presidente del tribunale può procedere all'audizione delle parti che possono essere assistite, se del caso, dal proprio avvocato. Se il magistrato emette un'ordinanza di convalida della composizione, le misure decise diventano esecutive. Se la persona non accetta la composizione o se, dopo avere convenuto le misure non le esegue integralmente, il procedimento penale prosegue fino all'eventuale condanna. La prescrizione dell'azione penale è sospesa tra la data in cui viene proposta la composizione penale dal procuratore della Repubblica e la data di scadenza dei termini imposti per l'adempimento degli obblighi imposti in detta composizione. L'esecuzione della composizione penale estingue l'azione penale.

La Danimarca [207] prevede che, nel caso di un reato passibile di sanzione pecuniaria, il pubblico ministero possa proporre alla persona perseguita l'abbandono dell'azione penale se questa riconosce la sua responsabilità e si impegna a versare un'ammenda entro un termine determinato. Alla scadenza del termine di due mesi previsto per l'annullamento di questa proposta per via gerarchica, la decisione d'abbandono dell'azione penale diventa definitiva.

[207] Art. 924 Codice procedura penale.

L'ordinamento giuridico spagnolo [208] consente all'imputato di accettare la pena richiesta dal procuratore, nel qual caso il giudice rende una decisione fondata sulla qualificazione del reato consensualmente stabilita.

[208] Articoli. 655; 791, paragrafo 3 e 793, paragrafo 3, della Ley de Enjuiciamiento Criminal.

Il diritto finlandese [209] non conosce la transazione propriamente detta, ma prevede misure di natura transattiva suscettibili di condurre all'estinzione dell'azione penale. Si tratta della procedura semplificata per le contravvenzioni, ai sensi della quale il procuratore può imporre un'ammenda senza che sia necessario l'intervento del giudice. La sua decisione è definitiva e possiede autorità di cosa giudicata.

[209] Laki rangaistusmääräysmenettelystä lagen om strafforderförfarande 26.7.1993/692.

L'Irlanda [210] dispone di mezzi che permettono che un reato non sia perseguito penalmente, per vari motivi. Si può citare, ad esempio, il pagamento di un'ammenda che pone fine alla procedura.

[210] Road Traffic Acts, 1961-1995, Litter Pollution Act, 1997, p. 28.

Sebbene il diritto italiano non conosca, in generale, né la transazione né la mediazione penale (eccetto che per i reati commessi da minori), esiste un rito speciale denominato «patteggiamento». [211] Si tratta di un procedimento speciale che implica l'esistenza di un accordo transattivo sia sulla qualificazione giuridica del reato, sia sulla pena, la cui durata non può superare i due anni. Il pubblico ministero e l'imputato sono i titolari dell'azione di «patteggiamento». Ad ogni modo, l'accordo deve essere approvato dal giudice.

[211] Articoli da 444 a 448 del codice di procedura penale.

In Lussemburgo, la legge 6 maggio 1999 ha aggiunto il paragrafo 5 all'articolo 24 del codice di procedura penale, secondo il quale il pubblico ministero può, prima di intraprendere l'azione penale, procedere ad una mediazione, che può sfociare nella decisione di proseguire l'azione penale o lasciare che la stessa si prescriva.

Anche il Regno dei Paesi Bassi conosce la transazione («transactie») [212], regolata dagli articoli 74 e seguenti del codice penale olandese. L'azione penale si estingue quando l'imputato soddisfa le condizioni imposte dal pubblico ministero. L'effetto estintivo è espressamente previsto dall'articolo 74, paragrafo 1.

[212] Si veda altresì la sentenza «Brügge» dell'11 febbraio 2003 nella causa C-385/01.

In Portogallo [213] il procedimento penale può essere sospeso a titolo provvisorio. Tale meccanismo permette al pubblico ministero di paralizzare l'esercizio dell'azione penale imponendo alcune obbligazioni per un periodo determinato. La sua decisione è subordinata all'accettazione dell'imputato e, se del caso, della parte civile, nonché all'approvazione del giudice istruttore. Una volta che l'imputato abbia adempiuto alle obbligazioni convenute, il procedimento penale si chiude e non può più essere riaperto.

[213] Articoli 281 e 282 codice di procedura penale e il caso particolare della procedura semplificata («processo sumaríssimo»), previsto dagli articoli da 392 a 398 di tale codice. Articolo 282, paragrafo 3, del Código de Processo Penal.

Nel Regno Unito, il diritto inglese conosce una procedura di natura transattiva in materia di circolazione stradale. Una «fixed penalty notice» (lett.: "notifica di penalità fissa") permette di sfuggire al procedimento penale in cambio del pagamento di un'ammenda o dell'applicazione di «punti di penalità» sulla patente di guida. Quando queste condizioni sono soddisfatte, l'azione penale si estingue. [214] Occorre temer conto del fatto che il Lord Justice Auld ha raccomandato [215] l'estensione del campo di applicazione delle procedure transattive e che la sua proposta è stata oggetto di un libro bianco del governo verso la metà del mese di luglio 2002. In diritto scozzese [216], il pubblico ministero può fare un'«offerta condizionale» («conditional offer») all'imputato, consentendogli di non essere penalmente perseguito per i reati di competenza delle District Courts. Se egli accetta la proposta, deve pagare un'ammenda e, una volta che questa sia stata versata, l'azione penale si estingue. [217]

[214] Art. 52 (1) del Road Traffic Offenders Act del 1988.

[215] «A Review of the Criminal Courts of England and Wales».

[216] Art. 302 della legge sulla procedura penale (Criminal Procedure (Scotland) Act) del 1995.

[217] Articolo 302, paragrafo 6, citato.

Infine, esiste in Svezia [218] un procedimento penale senza intervento del giudice («strafföreläggande»), utilizzato per reati meno gravi quali la guida in stato di ebbrezza e i furti di lieve entità. Se la sanzione proposta dal pubblico ministero è accettata dall'imputato (previo accordo con le eventuali vittime), essa acquista autorità di cosa giudicata.

[218] Capitolo 48, articolo 4, del Rättegangsbalk (codice penale) del 1942.

ALLEGATO III

Inventario e analisi comparata della legislazione degli Stati membri sull'esecuzione delle sanzioni penali

Per quanto concerne le pene detentive, i meccanismi di applicazione ed esecuzione della pena devono essere ispirati alla costante preoccupazione di realizzare un equilibrio tra la domanda delle autorità incaricate della repressione dei reati che le pene siano effettivamente eseguite e l'interesse del condannato, ma anche della società, a che esse lo siano nelle condizioni che garantiscano al meglio il reinserimento sociale.

Riguardo la semilibertà, la sorveglianza elettronica e il frazionamento dell'esecuzione della pena («arresto di fine settimana»), si noti che tali misure possono essere decise (ordinate?) in alcuni Stati membri non solo ab initio dal giudice che ha pronunciato la condanna, ma anche successivamente dall'autorità competente per l'esecuzione della pena. Per tali misure, si faccia riferimento all'allegato I.

1. Il rinvio dell'esecuzione della pena

Il rinvio dell'esecuzione della pena- che non va confuso con la sospensione condizionale della pena, pronunciata in occasione della sentenza - può intervenire soltanto dopo l'inizio dell'esecuzione. Tale istituto è previsto soltanto dal diritto di una minoranza di Stati membri, quali ad esempio Francia e Italia.

Ai sensi dell'articolo 720-1 del codice di procedura penale francese, quando al condannato rimane da scontare una pena detentiva inferiore o uguale ad un anno, tale pena può, per ragioni gravi di salute, familiari, professionali o sociale e per un periodo non superiore ai tre anni, essere sospesa dal giudice dell'applicazione delle pene o dal tribunale correzionale o a seconda che la sospensione superi o meno i tre mesi.

Nel diritto italiano, il rinvio dell'esecuzione della pena è previsto dal codice penale in due ipotesi diverse, una obbligatoria (cfr. articolo 146 del codice penale), l'altra facoltativa (Cfr. articolo 147 del codice penale). La competenza della decisione è riservata al tribunale di sorveglianza. Le due ipotesi di rinvio dell'esecuzione della pena, indicate dalla legge, si giustificano con l'esigenza di protezione della maternità, della salute e della dignità del malato affetto da AIDS e di tutela della salute della popolazione carceraria. A motivo dell'estrema somiglianza tra le condizioni per l'ammissione alla detenzione domiciliare e quelle per la concessione del rinvio dell'esecuzione della pena, il campo d'applicazione di questi due provvedimenti tende a coincidere.

2. La semi-libertà

Questa misura, già stata descritta in dettaglio, può essere decisa non soltanto ab initio dal giudice che ha pronunciato la condanna ma a volte anche in fase successiva [219] dall'autorità competente per l'esecuzione della pena.

[219] È il caso della Francia.

3. La liberazione anticipata

La liberazione anticipata consiste nel rilascio di un condannato prima della scadenza della sua pena detentiva. Può intervenire soltanto nella fase dell'esecuzione della pena. [220] Le legislazioni di tutti gli Stati membri prevedono questo strumento ma le sue caratteristiche ed anche le sue denominazioni [221] divergono da uno Stato membro all'altro. In molti Stati membri, è chiamata «liberazione condizionale» sottolineando in tal modo la sua principale caratteristica (cioè che la liberazione anticipata esiste soltanto in caso di buona condotta del liberato durante il termine di prova) ma esiste anche in forma non condizionale (Paesi Bassi, Regno Unito).

[220] Per questo motivo, si distingue dal rinvio dell'esecuzione della pena che può essere pronunciato soltanto all'atto della sentenza.

[221] Nel diritto tedesco, si chiama "Aussetzung des Strafrestes" (sospensione dell'esecuzione della pena rimanente), 57 StGB. Nel diritto belga, si distingue tra "liberazione condizionale" e "liberazione provvisoria". Quest'ultima non è prevista da alcun testo di legge ma è stata introdotta con circolari ministeriali. Rispetto alla "liberazione condizionale", le condizioni relative alla "liberazione provvisoria" sono meno severe poiché, ad esempio, tutti i condannati a pene non eccedenti, nel complesso, tre anni di detenzione possono essere liberati dopo aver scontato un terzo della loro pena, anche se sono recidivi.

Tutti i sistemi penali degli Stati membri esigono, prima di accordare la liberazione anticipata, che almeno una parte "minima" della pena sia stata scontata. Tale "parte minima" è espressa in alcuni Stati membri in percentuale rispetto alla condanna pronunciata e/o in termini assoluti, vale a dire in mesi o anni. Norme specifiche si applicano alle condanne alla pena dell'ergastolo.

Per le pene temporanee, il periodo minimo che il condannato deve scontare prima di poter beneficiare di una liberazione anticipata varia tra un terzo (Belgio) e tre quarti (Spagna) della pena irrogata con la sentenza, mentre il periodo massimo (in particolare nei casi di recidiva) tra due terzi e cinque sesti (Portogallo) [222]. Si può tuttavia constatare che la maggioranza degli Stati membri prevede, come condizione minima, che sia stata scontata la metà della pena e, come massimo - soprattutto in caso di recidiva - che i due terzi siano stati scontati.

[222] Si tratta di un caso speciale che non presuppone nessun'altra condizione che il trascorrere del tempo, art. 61 paragrafo 5 del Codice penale portoghese.

In termini assoluti, il minimo varia tra 1 mese (Svezia), 2 mesi (Germania), 3 mesi (Belgio) e 6 mesi (Belgio, Germania, Paesi Bassi, Portogallo).

Per le condanne all'ergastolo, la pena minima che il condannato deve scontare in carcere prima di poter beneficiare di una liberazione anticipata varia tra 10 anni (Belgio) e 26 anni (Italia). La maggioranza degli Stati membri prevede tuttavia come minimo una pena di 15 anni.

Per alcuni Stati membri, la liberazione anticipata non può essere accordata se la pena da scontare presenta alcune caratteristiche temporali - inferiore o uguale a 2 anni (Germania [223]), 4 anni (Francia). Per altri paesi (es. Portogallo), il termine minimo citato sopra varia in funzione della pena applicata. È della metà se la pena applicata è inferiore a 5 anni e di due terzi se la pena applicata è superiore a 5 anni.

[223] Vale soltanto se il condannato vuole avvalersi di una liberazione anticipata dopo avere scontato la metà della pena.

Le legislazioni degli Stati membri presentano una vasta gamma di condizioni che devono essere soddisfatte perché un condannato possa ottenere la liberazione anticipata. Ecco alcuni esempi:

- il condannato deve dare il suo consenso (Belgio, Germania, Francia, Grecia, Lussemburgo, Portogallo);

- il condannato deve aver dato prova di "seri sforzi di reinserimento sociale" (Francia);

- il condannato deve trovarsi, prima di essere liberato, in una "fase meno rigorosa dell'esecuzione" (Spagna, Francia), ed avere superato, ad esempio, un periodo di prova di semilibertà, di libertà controllata ecc.;

- il condannato deve versare parte o tutto del suo conto personale al servizio penitenziario (Francia),

- il condannato deve arruolarsi nell'esercito o in una formazione delle forze armate (Francia);

- se si tratta di uno straniero, deve essere espulso del territorio nazionale (Francia);

- la liberazione condizionale è esclusa per il periodo di sicurezza;

- le vittime devono essere state risarcite; [224]

[224] Secondo la legislazione belga, la vittima può essere ascoltata, su sua richiesta, in relazione alle condizioni che potrebbero essere imposte al condannato.

- esistono disposizioni più favorevoli per i condannati di 70 anni e più o che versano in grave stato di salute (Spagna, Grecia) o che esercitano la potestà su un minore di meno di 10 anni che risiede abitualmente con detto genitore (Francia);

- il condannato non deve rappresentare un pericolo pubblico (Germania) o deve essere accertata l'"assenza di controindicazioni che implicano un grave rischio per la società" (Belgio); questa condizione è valutata considerando i criteri seguenti: possibilità di riqualificazione del condannato (Belgio), la personalità del condannato (Belgio, Germania), il comportamento del condannato durante la detenzione (Belgio, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia), il rischio che l'interessato commetta altri reati (Belgio, Germania), l'atteggiamento del condannato nei confronti delle vittime (Belgio), la gravità del reato (Germania).

Nella maggior parte degli Stati membri, la liberazione anticipata è condizionale, cioè accompagnata da un periodo di prova durante il quale condannato deve astenersi da qualsiasi reato se non vuole correre il rischio che la decisione di concessione della liberazione anticipata sia revocata. Due Stati membri (Paesi Bassi e Regno Unito) prevedono tuttavia la liberazione anticipata senza alcun periodo di prova.

Per la maggior parte degli Stati membri, il termine di prova al quale è sottoposto il condannato è fissato in funzione della durata della pena rimanente da scontare al momento della liberazione (es. Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Grecia [225], Svezia), che non può essere inferiore ad 1 anno (Svezia) o, in Belgio, 2 anni o a 5 anni per le pene più severe (oltre 5 anni di reclusione correzionale), con un massimo di 3 anni (Finlandia) o 10 anni (Belgio). Per l'ergastolo, il periodo di prova è di 5 anni in Germania, in Italia ed in Portogallo.

[225] Vale soltanto se il residuo della pena da scontare è inferiore a tre anni. Negli altri casi, il termine di prova è di 3 anni.

La liberazione anticipata è normalmente accompagnata da diversi divieti od obblighi, come il divieto di esercitare alcune professioni (Francia, Portogallo), di frequentare alcuni luoghi (Germania, Francia, Grecia, Portogallo, Svezia), di risiedere in alcuni luoghi (Francia, Grecia, Portogallo), di frequentare alcune persone (Germania, Francia, Grecia, Portogallo), di partecipare ad associazioni e riunioni (Portogallo), possedere alcuni oggetti (Germania, Portogallo), condurre alcuni veicoli (Francia), possedere o detenere un'arma (Francia), ovvero l'obbligo di risiedere in alcuni luoghi (Francia, Grecia, Svezia), di presentarsi periodicamente dinanzi alle autorità (Germania, Portogallo), di seguire una formazione (Francia, Svezia), un trattamento medico (Grecia, Svezia), con il consenso del condannato (Portogallo), di svolgere un lavoro socialmente utile (Grecia), di pagare delle spese (Francia, Portogallo) o danni (Francia, Portogallo, Svezia), di risarcire il danno (Germania), dare soddisfazione morale alla vittima (Portogallo), di pagare un importo di denaro a favore di un'istituzione senza scopo di lucro (Germania, Portogallo) o a favore dell'erario (Germania), presentare un programma di riqualificazione (Belgio) o di reinserimento sociale (Portogallo), pagare gli alimenti (Germania, Francia, Grecia) o essere affidato ad un servizio sociale (Belgio).

Ove non siano rispettate le condizioni della liberazione anticipata, questa può essere sospesa (Belgio), revocata (Belgio, Germania, Francia) o le sue modalità possono essere modificate (Belgio, Germania). La legislazione di diversi Stati membri prevede che la reazione sia progressiva, e vada da un avvertimento (Svezia) fino ad una pena detentiva di 15 giorni per ciascuna violazione (Svezia).

Si riscontrano notevoli differenze tra le legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda gli aspetti seguenti: le competenze dei soggetti implicati (i tribunali, il Ministero della giustizia o l'amministrazione penitenziaria regionale o locale), il margine di discrezionalità delle autorità competenti (in particolare la questione relativa alla facoltatività o obbligatorietà della liberazione), il procedimento di liberazione anticipata, le possibilità di ricorso contro la decisione di rigetto di liberazione anticipata, il regime di controllo, ecc..

4. La remissione della pena

In alcuni Stati membri (es. Francia, Grecia) una remissione o riduzione di pena è possibile nella fase dell'esecuzione della pena.

In Francia, questa possibilità esiste sotto varie forme: una riduzione di pena ordinaria (accordata in modo quasi automatico per buona condotta: 7 giorni al mese o 3 mesi all'anno) ed una riduzione di pena supplementare (4 giorni al mese o 2 mesi all'anno di detenzione se il condannato manifesta "seri sforzi di riadattamento sociale, in particolare superando con successo un esame scolastico, universitario o professionale"). La riduzione di pena supplementare è accordata anche in caso di recidiva (2 giorni al mese o 1 mese all'anno). In Grecia, il legislatore ha introdotto un sistema secondo il quale ogni giorno di lavoro equivale, secondo una tabella di corrispondenza redatta in funzione della natura del lavoro, a 2 ½, 2, 1 ¾ o 1 ½ giorni di carcere.

Nei due Stati membri (Francia, Grecia), la riduzione di pena può essere cumulata con la liberazione anticipata condizionale e ridurre così il termine dal quale il condannato può richiederla.

5. L'amnistia e la grazia

L'amnistia è un provvedimento che ha per effetto di eliminare retroattivamente la natura di reato di alcuni fatti. Rende pertanto l'esecuzione della pena giuridicamente impossibile, o ne causa la cessazione immediata, se l'esecuzione è in corso. La grazia è un beneficio ai sensi del quale un individuo riconosciuto colpevole e definitivamente condannato viene sottratto, completamente o parzialmente, all'applicazione della sanzione. Le legislazioni degli Stati membri sull'amnistia e la grazia differiscono considerevolmente e la loro concessione è generalmente oggetto di un potere di valutazione molto ampio delle autorità competenti.

ALLEGATO IV

Schema riassuntivo delle domande

Domanda 1 (si veda punto 4.1.): In quale misura le differenze tra i sistemi sanzionatori penali pongono ostacoli alla realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, quali

(1) lo spostamento dei criminali a causa delle disparità delle incriminazioni e delle sanzioni oppure

(2) ostacoli alla libera circolazione delle persone?

Domanda 2 (si veda punto 4.1.1.1.): Come si potrebbero evitare, almeno per i reati armonizzati a livello dell'Unione, sensibili differenze tra gli Stati membri riguardo l'esercizio dell'azione penale?

Domanda 3 (si veda punto 4.1.1.2.): In quale misura potrebbero essere sviluppate «linee guida per la pronuncia della pena» a livello europeo, vale a dire, principi di base per la pronuncia della pena, pur nel rispetto del margine di discrezionalità del giudice?

Domanda 4 (si veda punto 4.1.1.2.): Sarebbe opportuno effettuare preliminarmente studi su casi concreti relativamente alla pratica degli organi giudiziari degli Stati membri per quanto concerne la pronuncia della pena?

Domanda 5 (si veda punto 4.1.1.2.): Sarebbe utile prevedere la realizzazione di un sistema informativo sulla pronuncia della pena che potrebbe servire da orientamento ai giudici?

Domanda 6 (si veda punto 4.1.1.5): È sufficiente riconoscere (e/o assimilare ad una decisione nazionale) la decisione penale definitiva resa in un altro Stato membro,affinché il giudice nazionale possa prenderla in considerazione per la recidiva?

Domanda 7 (si veda punto 4.1.1.5): Converrebbe procedere, preliminarmente, ad alcuni ravvicinamenti degli ordinamenti giuridici quali:

- la determinazione di reati di cui si dovrebbe tener conto in modo sistematico e che costituirebbero il primo elemento utile al calcolo della recidiva (istituzione di una recidiva speciale europea);

- la determinazione del tipo di decisioni penali definitive di cui si potrebbe tener conto ai fini della recidiva (natura della decisione, tipo di autorità che l'ha pronunciata, natura e quantum della pena pronunciata);

-il lasso di tempo durante il quale le decisioni penali definitive dovrebbero essere prese in considerazione per poter costituire il primo elemento utile al calcolo della recidiva in un altro Stato membro e le circostanze che possono neutralizzare l'effetto di una condanna ai fini della recidiva?

Domanda 8 (si veda il punto 4.1.2): In quale misura converrebbe ridurre le divergenze tra i regimi nazionali delle modalità di esecuzione delle sanzioni privative della libertà, particolarmente al fine di evitare i rischi di discriminazione nei confronti dei rei non residenti nell'applicazione di tali sanzioni?

Domanda 9 (si veda punto 4.1.2.): Vi sono categorie di reati, menzionate nella lista di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo e/o della proposta di decisione quadro concernente l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, per le quali è opportuno armonizzare prioritariamente il livello delle sanzioni (e la definizione dei reati stessi)?

Domanda 10 (si veda punto 4.1.3): In quale misura si dovrebbe operare il ravvicinamento dei sistemi delle sanzioni pecuniarie penali (ad esempio, nel settore della criminalità economica ivi compresi i reati commessi dalle persone giuridiche)?

Domanda 11 (si veda punto 4.1.6.): In quale misura sarebbe opportuno ridurre le differenze tra i regimi nazionali di responsabilità penale o amministrativa delle persone giuridiche, in particolare per evitare i rischi di delocalizzazione nel settore della criminalità economica e finanziaria?

Domanda 12 (si veda punto 2.1.9 e 4.1.6.): Sarebbe preferibile organizzare sistematicamente la quantità di sanzioni previste nei confronti delle persone giuridiche nelle varie decisioni quadro in vigore ?

Domanda 13 (si veda punto 4.1.7.): In quale misura converrebbe ridurre le differenze tra i regimi nazionali riguardanti le sanzioni alternative, in particolare al fine di evitare che esse si applichino ai soli residenti?

Domanda 14 (si veda punto 4.1.7.): Quali meccanismi si potrebbero prevedere al fine di diminuire le difficoltà giuridiche e pratiche che potrebbero ostacolare il reciproco riconoscimento e l'esecuzione di sanzioni alternative in un altro Stato membro?

Domanda 15 (si veda punto 4.1.7.): In quale misura occorrerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea e al di là delle prescrizioni dell'articolo 10 della decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, un ravvicinamento di alcune condizioni e modalità d'applicazione della mediazione penale, al fine di facilitare il riconoscimento delle misure e degli accordi derivanti dai procedimenti di mediazione penale e la loro esecuzione in un altro Stato membro? Tale previsione minima dovrebbe disciplinare:

- le categorie di reato interessate?

- la procedura da applicare alla mediazione penale?

- lo status dei mediatori, ivi compreso il loro grado di indipendenza rispetto agli organi giudiziari?

Domanda 16 (si veda punto 4.1.7.): In quale misura converrebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, misure per tener conto, nell'ambito delle procedure e delle sanzioni alternative, degli interessi delle vittime, ivi comprese quelle che non risiedono nello Stato membro in cui il reato è stato commesso? In caso affermativo, quali?

Domanda 17 (si veda punto 4.1.8.): In quale misura converrebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un ravvicinamento di determinate condizioni di ammissibilità e modalità di applicazione della liberazione anticipata, al fine di facilitare il riconoscimento delle pene detentive e della loro esecuzione in un altro Stato membro ? Una tale regolamentazione minima dovrebbe riguardare:

- per ciò che concerne le pene detentive perpetue, la possibilità che esse siano oggetto di un riesame periodico in vista di una liberazione anticipata?

- - per ciò che concerne le pene detentive temporanee, il termine minimo di detenzione, il periodo minimo di detenzione che dovrebbe essere osservato per ottenere la liberazione anticipata? In caso affermativo, che durata dovrebbe avere questo periodo? Vi sono prospettive di ravvicinamento, nel senso che, per le pene detentive temporanee e al di fuori del caso di recidiva, la liberazione anticipata dovrebbe essere possibile dopo aver scontato la metà della pena e, in caso di recidiva, dopo i due terzi della pena?

- i criteri per ottenere o rifiutare la liberazione anticipata?

- il procedimento di remissione in libertà? Bisognerebbe prevedere procedure standard?

- le condizioni di controllo per la durata del periodo di prova?

- le sanzioni in caso di mancato rispetto delle condizioni imposte in occasione della liberazione anticipata?

- le garanzie procedurali dei condannati?

- gli interessi delle vittime? Conviene ad esempio prevedere, a livello dell'Unione europea, che la liberazione anticipata può essere accordata soltanto se le vittime siano state risarcite o se il condannato si è sforzato seriamente di farlo o può essere revocata in mancanza del soddisfacimento di questa condizione?

Domanda 18 (si veda punto 4.2.1.1.): Quali dovrebbero essere le persone condannate ammissibili al beneficio di una possibilità di esecuzione in un altro Stato membro: i cittadini dello Stato di esecuzione, le persone che vi risiedono abitualmente, le persone condannate che si trovano sul territorio dello Stato di esecuzione ove esse scontano o devono scontare una pena privativa della libertà? Vi sono condizioni specifiche di cui tener conto affinché i minori e le persone affette da problemi mentali possano beneficiarne?

Domanda 19 (si veda punto 4.2.1.2.): Vi è necessità di rafforzare l'efficacia degli accordi frutto di procedimenti di mediazione penale e di procedimenti transattivi negli Stati membri? Qual è la migliore soluzione al problema del riconoscimento e dell'esecuzione di tali accordi in un altro Stato membro dell'Unione europea? Si dovrebbero, in particolare, adottare norme specifiche al fine di conferire un carattere esecutivo a tali accordi? In caso affermativo, fatte salve quali garanzie?

Domanda 20 (si veda punto 4.2.2.1.): La trasmissione dell'esecuzione dovrebbe essere richiesta solo dallo Stato di condanna o anche da quello di esecuzione?

Domanda 21 (si veda punto 4.2.2.2.): Quali sono i motivi che lo Stato di esecuzione potrebbe legittimamente far valere per rifiutare il riconoscimento e l'esecuzione sul suo territorio di una sanzione penale pronunciata in un altro Stato membro?

Domanda 22 (si veda punto 4.2.2.2.): Nel caso in cui la legislazione nazionale permetta d'infliggere contemporaneamente sanzioni pecuniarie e pene detentive e tenuto conto dell'applicazione del principio di reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, è tuttora accettabile che lo Stato di condanna possa rifiutare il trasferimento dell'esecuzione fino a che il condannato abbia pagato la multa/ammenda?

Domanda 23 (si veda punto 4.2.2.2.): A causa delle differenze esistenti tra gli Stati membri per quanto concerne la legislazione in materia di liberazione anticipata, potrebbe accadere che un condannato debba essere immediatamente liberato a seguito del trasferimento nello Stato richiesto. Questa conseguenza potrebbe rappresentare, per gli Stati interessati, un legittimo motivo di rifiuto del trasferimento?

Domanda 24 (si veda punto 4.2.2.2.): Bisognerebbe introdurre un termine minimo da scontare nello Stato di condanna al fine di evitare una liberazione immediata dopo il trasferimento nello Stato di esecuzione o una significativa riduzione da parte dello Stato di esecuzione della pena eseguita? Quale dovrebbe esserne la durata? Oppure, l'introduzione di un termine minimo nuocerebbe alla flessibilità e impedirebbe ogni soluzione caso per caso? Sarebbe preferibile la fissazione di un «periodo di una certa durata compatibile con i fini della giustizia», quale proposto dal Comitato di esperti del Consiglio d'Europa sul funzionamento delle convenzioni europee nel settore penale (si veda il punto 3.2.1.5.d.)?

Domanda 25 (si veda punto 4.2.2.3.): Qualora la natura o la durata della pena pronunciata dallo Stato di condanna sia incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, quest'ultimo dovrebbe disporre della possibilità di adattare la pena pronunciata dallo Stato di condanna ad una pena prevista dalla legge dello Stato di esecuzione per reati della stessa natura?

Domanda 26: (si veda punto 4.2.2.3): Bisognerebbe prevedere regole di adattamento (o di conversione o di sostituzione) a livello dell'Unione europea, o si può lasciare spazio all'autorità competente dello Stato membro di esecuzione?

Domanda 27 (si veda punto 4.2.2.3.): L'approccio proposto dall'Istituto Max Planck di diritto penale straniero e internazionale di Friburgo, che consiste nell'operare, secondo un determinato metodo di analisi e di valutazione, una «comparazione funzionale» tra le pene o misure (alternative) dello Stato di condanna e dello Stato di esecuzione, potrebbe rappresentare una soluzione? Quali sono i difetti di tale approccio?

Domanda 28 (si veda punto 4.2.2.4.): : Il trasferimento dell'esecuzione di una condanna penale dovrebbe essere subordinato alla richiesta, al consenso o solo alla consultazione del condannato? La risposta a tale domanda è diversa qualora il condannato abbia già iniziato a scontare la pena in un istituto penitenziario dello Stato di condanna?

Domanda 29 (si veda punto 4.2.2.5.): Come si può tener conto degli interessi delle vittime nell'ambito del trasferimento dell'esecuzione della pena? Si dovrebbe prevedere l'informazione della vittima (sull'esistenza di una domanda di riconoscimento e di trasferimento, nonché sul risultato della procedura), la sua consultazione od anche il suo consenso, eventualmente quale condizione del trasferimento dell'esecuzione?

Domanda 30 (si veda punto 4.2.3.): Bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un termine per la decisione sul riconoscimento delle sanzioni penali e, in particolare, per il trattamento delle domande di trasferimento dei detenuti, e, in caso affermativo, quale?

Domanda 31(si veda punto 4.2.3.): Considerato il carico amministrativo che il trattamento di una richiesta di trasferimento di detenuto comporta, bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, che solo i detenuti condannati a pene detentive di una certa durata minima o che devono ancora scontare una pena di una certa durata minima siano ammissibili al trasferimento?In caso affermativo, quale sarebbe la durata adeguata?

Domanda 32 (si veda punto 4.2.3.): Bisognerebbe prevedere, a livello dell'Unione europea, un termine per la risposta alle richieste della necessaria informazione nell'ambito del riconoscimento delle sanzioni penali, e, in particolare del trasferimento di detenuti?

Domanda 33 (si veda punto 4.2.3.): Considerata la complessità delle strutture giudiziarie e amministrative degli Stati membri e le differenze esistenti tra esse, quali strutture semplici ed efficaci bisognerebbe prevedere per l'attuazione del reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

Domanda 34 (si veda punto 4.2.3.): Bisognerebbe prevedere un formulario uniforme a livello dell'Unione europea per facilitare l'attuazione del reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

Domanda 35 (si veda punto 4.2.3.): : Lo Stato di esecuzione dovrebbe poter richiedere il rimborso delle spese sostenute nel corso dell'esecuzione delle pene che ha riconosciuto?

Domanda 36 (si veda punto 4.2.3.): Bisognerebbe creare una rete di punti di contatto al fine di facilitare - o anche di contribuire alla sua valutazione - l'applicazione pratica di un eventuale strumento legislativo dell'Unione europea sul reciproco riconoscimento delle sanzioni penali e del trasferimento dei detenuti?

Domanda 37 (si veda punto 4.2.4.): In caso di riconoscimento di una sanzione privativa della libertà o di una sanzione alternativa, vi è una ragione per allontanarsi dalla regola secondo cui l'esecuzione dovrebbe essere interamente sottoposta alla legge dello Stato di esecuzione?

Domanda 38 (si veda punto 4.2.4.): Se la sorveglianza delle condizioni di una sospensione condizionale della pena è svolta dallo Stato di esecuzione, bisognerebbe prevedere, per lo Stato che ha pronunciato il giudizio, la possibilità di assicurarsi che il condannato rispetti le condizioni della sospensione condizionale della pena? Quale meccanismo si dovrebbe prevedere al riguardo?

Domanda 39 (si veda punto 4.2.4.): Quale dei due Stati (Stato che ha pronunciato il giudizio o Stato di esecuzione) deve poter esercitare il diritto di amnistia o di grazia?