52003PC0624

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso alla giustizia in materia ambientale /* COM/2003/0624 def. - COD 2003/0246 */


Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sull'accesso alla giustizia in materia ambientale

(presentata dalla Commissione)

RELAZIONE

1. MOTIVAZIONE DELLA PROPOSTA

1.1. Considerazioni generali

La presente proposta di direttiva sull'accesso alla giustizia in materia ambientale persegue un duplice obiettivo: in primo luogo intende contribuire all'attuazione della convenzione della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (di seguito denominata "convenzione di Århus"), e in secondo luogo è destinata a rimediare ad alcune carenze nel controllo dell'applicazione del diritto ambientale.

La convenzione di Århus, firmata dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri nel giugno 1998, si compone di tre pilastri: il primo pilastro attribuisce al pubblico il diritto di accesso alle informazioni ambientali, il secondo garantisce il diritto di partecipare ai processi decisionali e il terzo l'accesso alla giustizia, ossia il diritto di ricorrere in via amministrativa o giurisdizionale contro gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale. Per contribuire all'attuazione della convenzione sono state adottate due direttive: la direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio [1] e la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia [2].

[1] GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.

[2] GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17.

Come si è detto, il secondo obiettivo della proposta di direttiva è quello di rimediare ad alcune carenze riscontrate ormai da vari anni nel controllo dell'effettiva applicazione del diritto ambientale [3]. A livello comunitario, l'importanza della partecipazione del pubblico a tale controllo è stata sottolineata in varie occasioni [4]. Le carenze sono tra l'altro dovute all'assenza di un interesse finanziario privato a far rispettare il diritto ambientale, contrariamente ad altri settori del diritto comunitario, come il mercato interno e la concorrenza, nei quali gli operatori economici esigono la corretta applicazione delle norme vigenti. Inoltre l'incapacità di assicurare il pieno rispetto delle norme ambientali può falsare le condizioni di concorrenza tra gli operatori economici e distorcere quindi il funzionamento del mercato interno. Così, a seconda dello Stato membro interessato, gli operatori economici che non adempiono ai loro obblighi ambientali possono trovarsi avvantaggiati dal punto di vista economico nei confronti di coloro che invece rispettano la normativa in vigore.

[3] Cfr. in proposito i seguenti documenti: comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su "L'attuazione della normativa comunitaria in materia di ambiente", COM(1996) 500 def.; primo studio annuale sull'attuazione e sul controllo dell'applicazione del diritto ambientale comunitario, SEC(1999) 592 del 27.4.1999; secondo studio annuale sull'attuazione e sul controllo dell'applicazione del diritto ambientale comunitario, SEC(2000) 1219 del 13.7.2000; terzo studio annuale sull'attuazione e sul controllo dell'applicazione del diritto ambientale comunitario, SEC(2002) 1041 dell'1.10.2002.

[4] Cfr. la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.

Di conseguenza, il compito di far rispettare il diritto ambientale spetta principalmente alle autorità pubbliche e dipende da numerosi fattori, quali le risorse a disposizione o l'importanza politica attribuita alla tutela dell'ambiente. Queste differenze creano notevoli disparità tra i vari sistemi nazionali e si traducono in livelli differenti di tutela ambientale, ma soprattutto sono spesso all'origine di controversie tra gli Stati membri, con particolare riferimento alla protezione dei corsi d'acqua internazionali, alla qualità dell'aria o alle emissioni transfrontaliere di sostanze inquinanti.

Inoltre il mancato rispetto del diritto ambientale è troppo spesso dovuto al fatto che la legittimazione ad agire in giudizio è limitata a coloro che subiscono direttamente gli effetti della violazione. Uno dei modi per migliorare l'effettivo rispetto del diritto ambientale consiste quindi nel garantire alle associazioni rappresentative operanti nel campo della tutela dell'ambiente la possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale in materia ambientale. L'esperienza dimostra che il riconoscimento della legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste consente di migliorare l'attuazione del diritto ambientale.

1.2. Gli obiettivi ambientali da conseguire

Secondo l'articolo 2 del trattato CE, la Comunità ha il compito di promuovere un elevato livello di protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente; pertanto, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1 del trattato, la Comunità deve attuare una politica in materia ambientale che contribuisca a perseguire i seguenti obiettivi, enunciati nell'articolo 174 del trattato:

salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;

protezione della salute umana;

utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;

promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale.

Scopo della presente proposta è rafforzare l'applicazione del diritto ambientale e di conseguenza la tutela dell'ambiente. Affinché il diritto ambientale non rimanga soltanto sulla carta ma produca effetti concreti è essenziale assicurarne l'effettivo rispetto. Inoltre il diritto ambientale potrà produrre gli effetti desiderati solo a condizione di garantirne il rispetto in tutta l'Unione europea. Perciò, conformando il diritto comunitario alle disposizioni della convenzione di Århus, la proposta facilita la ratifica della convenzione da parte della Comunità.

2. SCELTA E GIUSTIFICAZIONE DELLA BASE GIURIDICA

Come sottolineato in precedenza, la proposta facilita il conseguimento degli obiettivi della politica ambientale comunitaria definiti all'articolo 174 del trattato CE e pertanto la sua base giuridica è costituita dall'articolo 175, paragrafo 1 del trattato.

3. SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ

3.1. Obiettivi dell'azione prevista rispetto agli obblighi della Comunità

Con la firma della convenzione di Århus la Comunità ha dimostrato l'impegno a migliorare l'efficacia della propria politica ambientale, soprattutto attraverso una maggiore sensibilizzazione e partecipazione del pubblico ai processi decisionali. A seguito della firma e ai fini della ratifica, la Comunità è tenuta ad adeguare la propria normativa alle disposizioni della convenzione. Sotto questo profilo, la ratifica della convenzione di Århus rappresenta per la Commissione una priorità politica.

Gli obblighi imposti alla Comunità europea dalla firma della convenzione di Århus giustificano di per sé l'adozione di uno strumento giuridicamente vincolante riguardante specificamente l'accesso alla giustizia in materia ambientale. La Comunità potrà adempiere a tali obblighi soltanto se sarà in grado di garantire ai cittadini e alle organizzazioni non governative il necessario accesso alla giustizia in relazione alla normativa comunitaria. Per poter garantire questi diritti in modo uniforme in tutta l'Unione europea, la Comunità deve stabilire un insieme minimo di regole comuni applicabili a tutti gli Stati membri.

Inoltre, in virtù dell'articolo 2 del trattato CE, uno dei compiti della Comunità consiste nel promuovere un elevato livello di protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente. A norma dell'articolo 175, paragrafo 1 del trattato, la Comunità europea è competente ad adottare le misure necessarie per assicurare il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 174 del trattato CE; di conseguenza la Comunità ha sviluppato un consistente acquis in campo ambientale. Spetta inoltre alla Comunità il compito di creare le condizioni necessarie ad assicurare l'effettiva applicazione dell'acquis e di emanare a tal fine le necessarie norme procedurali.

La presente proposta di direttiva intende migliorare il rispetto del diritto ambientale e rimediare così alle carenze esistenti. Agevolando l'accesso alla giustizia delle associazioni rappresentative operanti nel campo della tutela dell'ambiente si otterranno numerosi effetti positivi, il più importante dei quali è il miglioramento generale della concreta applicazione del diritto ambientale. In pratica, l'accesso alla giustizia dovrebbe essere utilizzato soltanto come ultima risorsa, contribuendo in tal modo all'effettivo rispetto del diritto ambientale. Il diritto ambientale potrà produrre gli effetti desiderati solo a condizione di assicurarne il rispetto in tutta l'Unione europea: è quindi fondamentale che l'osservanza delle norme ambientali possa essere oggetto di controllo giurisdizionale.

Con l'allargamento dell'Unione europea questi aspetti assumeranno ancora maggiore importanza. Senza alcun dubbio gli strumenti destinati a garantire l'effettivo rispetto del diritto ambientale contribuiranno anche ad una migliore attuazione dell'acquis comunitario nei paesi in via di adesione.

3.2. La dimensione comunitaria del problema

La proposta si inquadra nel processo di ripensamento dell'approccio delle pubbliche autorità in favore di una maggiore apertura e trasparenza, avviato con la direttiva 90/313/CE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà d'accesso all'informazione in materia di ambiente [5] e ulteriormente sviluppato da altri strumenti. Lo sviluppo più recente è rappresentato dalla proposta di direttiva 2003/35/CE che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di determinati piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio.

[5] GU L 158 del 23.6.1990, pag. 56.

Questo processo deriva essenzialmente dall'obbligo di conformare il diritto ambientale comunitario alle disposizioni della convenzione di Århus. Il miglioramento delle condizioni di accesso alla giustizia in materia ambientale soddisfa i requisiti previsti dal terzo pilastro della convenzione, facilitando la ratifica di quest'ultima da parte della Comunità europea.

La proposta di direttiva intende inoltre rimediare alle attuali carenze nell'applicazione del diritto ambientale. L'intervento legislativo della Comunità si è concentrato principalmente sulla modifica delle norme di diritto sostanziale, mentre le norme procedurali e i meccanismi destinati ad assicurare l'effettiva applicazione del diritto ambientale variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. Questa circostanza, insieme ad altri fattori, ha determinato notevoli disparità nella concreta applicazione del diritto ambientale.

3.3. La soluzione più efficace confrontando i mezzi a disposizione della Comunità europea con quelli degli Stati membri

Di seguito sono indicati i motivi per i quali è necessario adottare uno strumento giuridico comunitario che definisca un quadro comune di norme procedurali da applicare in modo uniforme a tutti gli Stati membri.

La firma della convenzione di Århus impone alla Comunità europea di garantire l'accesso alla giustizia in materia ambientale. Considerando il diverso grado di osservanza e la diversa capacità di assicurare l'effettivo rispetto del diritto ambientale nei vari Stati membri, è evidente la necessità di un intervento comunitario per garantire il conseguimento degli obiettivi della convenzione di Århus.

L'intervento comunitario è necessario anche a causa della dimensione transfrontaliera dei problemi ambientali. Solo un'azione a livello comunitario può garantire l'applicazione uniforme del diritto ambientale. Questi aspetti acquisteranno ancora maggiore importanza con l'ampliamento dell'Unione europea.

La direttiva stabilisce la disciplina generale dell'accesso alla giustizia in materia ambientale e, al fine di rispettare il principio di sussidiarietà, impone agli Stati membri di definire le norme di dettaglio. La proposta si concentra in particolare sull'accesso alla giustizia in relazione agli atti o alle omissioni delle pubbliche autorità, in quanto si tratta del settore in cui l'adozione di un approccio armonizzato a livello comunitario presenta il maggior valore aggiunto. Per quanto riguarda le eventuali azioni nei confronti dei privati, previste dall'articolo 9, paragrafo 3 della convenzione di Århus, la proposta si limita a fissare l'obiettivo, lasciando agli Stati membri il compito di definire gli opportuni criteri di accesso alla giustizia nell'ambito dei rispettivi ordinamenti nazionali.

3.4. Il costo di un'eventuale inerzia della Comunità

La mancata attuazione del pilastro relativo all'accesso alla giustizia impedirebbe alla Comunità di adempiere ai propri obblighi internazionali e di ratificare la convenzione di Århus, con conseguente perdita di credibilità a livello internazionale. In questo modo sarebbe messa in discussione anche la sua credibilità sul piano del buon governo.

La proposta intende stabilire un quadro normativo comune per consentire agli Stati membri di garantire il rispetto del diritto ambientale; l'inerzia della Comunità comporterebbe quindi differenti livelli di tutela ambientale ed un diverso grado di rispetto del diritto ambientale nei vari Stati membri.

3.5. Gli strumenti a disposizione della Comunità per raggiungere gli obiettivi

Il Sesto programma di azione comunitario in materia di ambiente definisce alcuni obiettivi da conseguire ed impone a tal fine di elaborare nuove norme comunitarie e di promuovere un'attuazione più efficace delle disposizioni vigenti. Il programma riconosce quindi la necessità di rafforzare le misure destinate a migliorare il rispetto delle norme comunitarie in materia di tutela dell'ambiente e di contrastare le violazioni del diritto ambientale.

Per conseguire questi obiettivi i servizi della Commissione hanno discusso e valutato attentamente varie alternative:

- nessun intervento da parte della Comunità: non è stato trovato alcun argomento logico a favore di questa linea di condotta, in quanto l'assenza di uno strumento comune in materia ha portato alle attuali carenze nel controllo dell'applicazione del diritto ambientale. Viceversa sussistono argomenti piuttosto evidenti contro l'inerzia della Comunità. In primo luogo, qualora non intervenisse, la Comunità non potrebbe ratificare la convenzione di Århus e di conseguenza l'impatto complessivo della convenzione sarebbe indebolito. In secondo luogo, l'assenza di un quadro normativo comune ha finora comportato differenti livelli di tutela ambientale e un diverso grado di rispetto del diritto ambientale nei vari Stati membri, disparità che falsa le condizioni di concorrenza, distorcendo il funzionamento del mercato interno. Infine, l'applicazione non uniforme del diritto ambientale può anche essere all'origine di controversie tra gli Stati membri, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei corsi d'acqua internazionali, la qualità dell'aria o le emissioni transfrontaliere di sostanze inquinanti.

- adozione di una raccomandazione sui ricorsi in materia ambientale: l'adozione di uno strumento non vincolante avrebbe le stesse conseguenze del mancato intervento della Comunità, in quanto non consentirebbe di garantire la corretta osservanza del diritto ambientale in tutto il territorio comunitario;

- direttiva sui ricorsi in materia ambientale: soltanto uno strumento giuridicamente vincolante può consentire alla Comunità di ratificare a tutti gli effetti la convenzione di Århus e garantire nel contempo la corretta applicazione del diritto ambientale. A norma dell'articolo 249 del trattato CE, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Da questo punto di vista una direttiva è in grado di promuovere un elevato livello di tutela dell'ambiente e di assicurare un maggiore rispetto e una migliore applicazione concreta del diritto ambientale comunitario nell'Unione europea e nei paesi in via di adesione.

3.6. Proporzionalità

La presente proposta stabilisce le condizioni minime per poter promuovere procedimenti amministrativi o giurisdizionali in materia ambientale e definisce espressamente i criteri in grado di assicurare una più efficace attuazione del diritto ambientale con il minore impatto possibile.

Il quadro comune proposto si basa sulla necessità di dare attuazione alle disposizioni della convenzione di Århus sull'accesso alla giustizia rispettando nel contempo l'apparato amministrativo e giudiziario degli Stati membri. A tal fine la proposta definisce i seguenti aspetti:

* con riferimento all'accesso alla giustizia nei confronti degli atti e delle omissioni dei privati che violano il diritto ambientale, la proposta invita gli Stati membri a definire appositi criteri per adempiere agli obblighi di cui all'articolo 9, paragrafo 3 della convenzione;

* con riferimento agli atti e alle omissioni delle pubbliche autorità, in conformità della convenzione di Århus la proposta mira ad assicurare il rispetto del diritto ambientale comunitario prevedendo la possibilità di proporre appositi ricorsi. Tali ricorsi devono soddisfare i seguenti requisiti:

* gli atti e le omissioni delle pubbliche autorità sono impugnabili sia nel merito sia sotto il profilo procedurale. Sono oggetto di ricorso gli atti aventi effetti esterni e giuridicamente vincolanti, esclusi gli atti adottati sotto forma di strumenti legislativi;

* il ricorso contro gli atti e le omissioni si basa su una procedura articolata in due fasi: prima di poter promuovere un ricorso in materia ambientale, le associazioni e i membri del pubblico legittimati ad agire devono informare la pubblica autorità designata in base al diritto nazionale per consentirle di riconsiderare l'atto o l'omissione in questione;

* i membri del pubblico e i soggetti abilitati possono ricorrere in via amministrativa o giurisdizionale contro gli atti e le omissioni che violano le norme di diritto ambientale. La proposta di direttiva stabilisce un insieme di requisiti minimi in materia di legittimazione ad agire, consentendo il mantenimento dei sistemi nazionali che prevedono una legittimazione più estesa.

4. I COSTI DI ATTUAZIONE DELLA PROPOSTA PER GLI STATI MEMBRI

Occorre in primo luogo ricordare che la proposta è intesa ad adeguare il diritto comunitario alla convenzione di Århus. Alcuni Stati membri hanno già ratificato la convenzione o hanno annunciato l'intenzione di procedere quanto prima alla sua ratifica. In virtù delle disposizioni della convenzione, tutti gli Stati membri si sono impegnati a prendere le misure necessarie per garantire l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

Tutti i sistemi costituzionali degli Stati membri prevedono apposite strutture giudiziarie e amministrative per assicurare il corretto funzionamento dei rispettivi ordinamenti giuridici; di conseguenza in tutti gli Stati membri già esistono strutture di questo genere. In minor misura gli Stati membri potrebbero trovarsi a dover sostenere costi supplementari in relazione agli adempimenti amministrativi necessari per il riconoscimento delle associazioni ambientaliste previsto dalla presente proposta. Anche il sistema giudiziario potrebbe trovarsi a dover sostenere modesti costi aggiuntivi, dovuti al potenziale aumento dei procedimenti giudiziari in materia ambientale. Tuttavia, l'esperienza passata lascia prevedere solo un leggero incremento del numero di ricorsi in materia ambientale rispetto al numero totale dei procedimenti giudiziari, cosicché le strutture giudiziarie esistenti potranno far fronte all'eventuale carico processuale supplementare.

Un altro motivo per il quale il sistema giudiziario non dovrà sopportare un maggiore carico di lavoro è dato dal fatto che la proposta prevede un riesame preliminare da parte delle pubbliche autorità competenti. A questo proposito, se da un lato non si può escludere che l'organismo pubblico debba sostenere spese aggiuntive, dall'altro sarà possibile far fronte a tali spese nell'ambito delle strutture amministrative esistenti.

Per altro verso, il nuovo strumento apporterà notevoli benefici al pubblico. È da ritenere che le maggiori possibilità di denuncia spingeranno gli operatori e le pubbliche autorità a rispettare le norme ambientali per evitare i costi supplementari dovuti a ordinanze e ingiunzioni. Questo effetto preventivo dovrebbe ridurre notevolmente le spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche nel campo della tutela dell'ambiente. La prevenzione delle attività nocive per l'ambiente ha ripercussioni positive dal punto di vista finanziario, associate alla ripartizione dell'onere economico della riparazione e del risarcimento del danno ambientale tra i contribuenti di ciascuno Stato membro.

Infine, l'effettivo rispetto delle norme di diritto ambientale avrà come conseguenza anche una riduzione dei costi sociali, grazie al minor numero di danni ambientali da riparare o risarcire a posteriori. Ciò avrà un riflesso positivo sulle spese del bilancio dello Stato, in quanto spesso finora i costi della riparazione e del risarcimento del danno ambientale sono stati sostenuti da tutta la popolazione.

5. RISULTATI DELLE CONSULTAZIONI CON LE PARTI INTERESSATE

L'11 aprile e il 22 luglio 2002 la Direzione generale Ambiente ha pubblicato due documenti di lavoro che illustravano i principi fondamentali della proposta ed esponevano gli obiettivi e il contenuto della futura direttiva. Per rendere più efficace il processo di consultazione i documenti sono stati trasmessi agli Stati membri, alle organizzazioni non governative, alle associazioni imprenditoriali, agli enti locali e regionali e ai paesi candidati all'adesione. Durante la primavera e l'autunno del 2002 sono state organizzate alcune riunioni con le parti interessate per mettere a punto una bozza di proposta di direttiva sull'accesso alla giustizia in materia ambientale.

5.1. Stati membri

Nei mesi di maggio e settembre 2002 sono state organizzate due riunioni con gli esperti degli Stati membri. Sia in occasione delle riunioni sia successivamente per iscritto gli Stati membri hanno formulato numerosi commenti e osservazioni riguardanti la proporzionalità della misura proposta in base al principio di sussidiarietà. Le opinioni degli Stati membri variano dall'opposizione al sostegno alla proposta.

Le principali preoccupazioni espresse dagli Stati membri si riferiscono, sia pure in misura differente, al principio di sussidiarietà. Alcuni Stati, rilevando la diretta incidenza di vari aspetti della proposta sulle loro competenze, hanno sostenuto la necessità di riservarne la disciplina alla legislazione nazionale. In particolare si segnalano i seguenti aspetti:

- legittimazione ad agire: i gruppi privi di personalità giuridica non hanno una struttura giuridica, né obiettivi stabiliti in un documento pubblico e trasparente, né dispongono dei mezzi finanziari per rispondere delle proprie azioni. Basandosi su queste argomentazioni, gli esperti hanno sostenuto che tali gruppi non dovrebbero essere legittimati ad agire dinanzi agli organi di ricorso giurisdizionali o amministrativi;

- soggetti abilitati: i documenti di lavoro prevedevano la possibilità per alcuni gruppi, preventivamente riconosciuti mediante un'apposita procedura, di agire in giudizio senza dover dimostrare la violazione di un diritto o l'esistenza di un interesse sufficiente. Per alcuni esperti queste disposizioni vanno oltre il disposto dell'articolo 9 della convenzione di Århus;

- misure provvisorie di salvaguardia: alcuni esperti hanno osservato che la convenzione di Århus non contiene alcuna disposizione al riguardo. Pertanto la possibilità di stabilire questo tipo di misure dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità del legislatore nazionale;

- disposizioni supplementari: il secondo documento di lavoro prevedeva l'obbligo per gli Stati membri di trasmettere ai servizi della Commissione rapporti periodici sui procedimenti promossi dinanzi agli organi amministrativi e giurisdizionali. Gli esperti hanno sottolineato che il rispetto di questo obbligo rischia di comportare un aggravio di lavoro per le amministrazioni nazionali.

Il testo della proposta tiene conto di questi commenti e osservazioni; la maggior parte degli aspetti controversi è stata quindi eliminata o adattata. La risposta alle osservazioni degli Stati membri può essere così sintetizzata:

* non sono state accolte le osservazioni generali in materia di sussidiarietà. La firma della convenzione di Århus impone alla Comunità di adeguare la propria normativa come condizione per potervi aderire. La Comunità potrà adempiere a tali obblighi soltanto se sarà in grado di assicurare il necessario accesso alla giustizia in modo armonizzato in tutto il territorio dell'Unione europea;

* con riferimento alle disposizioni che prevedono per alcuni soggetti un accesso privilegiato alla giustizia, è stata soppressa la maggior parte dei punti controversi. Sono state eliminate dal testo della proposta le norme che prevedevano un regime privilegiato per i gruppi privi di personalità giuridica e per gli enti locali e regionali;

* alcuni Stati membri hanno contestato la disposizione che riconosce alle organizzazioni non governative un accesso privilegiato alla giustizia, ossia la possibilità di promuovere un ricorso senza la necessità di dimostrare la violazione di un diritto o l'esistenza di un interesse sufficiente. La Commissione ritiene che questa norma, che recepisce una disposizione della convenzione di Århus, costituisca un elemento essenziale della proposta;

* la proposta attenua notevolmente gli obblighi in materia di presentazione dei rapporti nazionali, prevedendo unicamente un obbligo generale di informazione. Questa modifica agevolerà il recepimento della direttiva negli ordinamenti degli Stati membri.

5.2. Organizzazioni non governative

Nei mesi di maggio e settembre 2002 si sono svolte due riunioni con le organizzazioni non governative, nel corso delle quali è stato possibile esaminare le proposte contenute nei documenti di lavoro ed è stato rivolto un invito a formulare ulteriori osservazioni scritte.

Durante la procedura di consultazione le organizzazioni non governative hanno mantenuto una posizione diametralmente opposta a quella degli Stati membri e hanno sollecitato l'adozione di una proposta più incisiva, ritenendo che il testo contenuto nei documenti di lavoro restringesse il campo di applicazione della convenzione di Århus, soprattutto in materia di legittimazione ad agire. Attendendosi una disposizione di portata più ampia, le organizzazioni non governative hanno chiesto il riconoscimento di una legittimazione ad agire generalizzata e senza restrizioni, anche nota come actio popularis. La Commissione non condivide questo punto di vista, in quanto l'actio popularis non è esplicitamente prevista dalla convenzione di Århus e deve quindi essere lasciata alla discrezionalità dei singoli Stati membri.

Le organizzazioni non governative hanno inoltre criticato il secondo documento di lavoro, che fa riferimento unicamente agli atti e alle omissioni delle pubbliche autorità e a non quelli dei privati, e hanno espresso il loro rammarico per il fatto che gli atti e le omissioni impugnabili non comprendono le materie penali.

Altre osservazioni riguardano la questione dei "soggetti abilitati". Secondo la maggior parte delle organizzazioni non governative, nell'ambito della futura proposta le associazioni di protezione ambientale dovranno soddisfare condizioni molto rigorose per poter essere riconosciute quali soggetti abilitati.

5.3. Industria

Le osservazioni degli operatori industriali sono state raccolte nel corso di due riunioni, organizzate nei mesi di maggio e settembre 2002. In tali occasioni gli operatori stati inoltre invitati a formulare osservazioni scritte sulle proposte contenute nei documenti di lavoro.

Le principali preoccupazioni da essi espresse sembrano essersi risolte con l'eliminazione, nel secondo documento di lavoro, della possibilità di ricorrere contro gli atti e le omissioni dei privati. Altre osservazioni riguardano la legittimazione ad agire dei gruppi privi di personalità giuridica. Secondo gli operatori economici, il ricorso agli organi giurisdizionali o amministrativi deve essere limitato alle associazioni dotate di personalità giuridica, le uniche ad avere obiettivi stabiliti in un atto giuridico e un patrimonio con il quale rispondere delle proprie azioni.

5.4. Enti locali e regionali

Nei mesi di maggio e settembre 2002 sono state organizzate due riunioni con i rappresentanti degli enti locali e regionali, che sono stati anch'essi invitati a formulare osservazioni scritte. La maggior parte dei rappresentanti presenti alle riunioni ha formulato osservazioni analoghe a quelle espresse in sede di consultazione degli Stati membri

Le principali preoccupazioni riguardano il principio di sussidiarietà. Gli enti locali e regionali hanno in particolare sottolineato l'incidenza sulle loro competenze di molte norme previste nei documenti di lavoro, sostenendo pertanto che soltanto gli Stati membri dovrebbero essere abilitati ad introdurre questo tipo di norme.

Ricorrendo agli stessi argomenti utilizzati dagli esperti degli Stati membri, i rappresentanti degli enti locali e regionali hanno criticato i documenti di lavoro con riferimento alle disposizioni riguardanti la legittimazione ad agire, i soggetti abilitati, le misure provvisorie di salvaguardia e la comunicazione delle informazioni.

5.5. Paesi in via di adesione

Infine, sempre nei mesi di maggio e settembre 2002, si sono svolte due riunioni con i rappresentanti dei paesi in via di adesione, i quali hanno espresso alcune perplessità sulla portata e sul contenuto dei documenti di lavoro.

Le osservazioni riguardano in primo luogo l'impostazione della futura proposta rispetto alla convenzione di Århus. In particolare è stato sottolineato il fatto che la maggior parte dei paesi candidati all'adesione ha già ratificato la convenzione, a differenza della Comunità e della maggioranza dei suoi Stati membri, ed è stato quindi posto il problema dell'eventuale modifica delle disposizioni già adottate per recepire la convenzione di Århus nei vari ordinamenti nazionali a seguito dell'adozione della proposta di direttiva.

Per altro verso i rappresentanti dei paesi in via di adesione hanno osservato che alcune disposizioni previste nei documenti di lavoro, soprattutto in materia di legittimazione ad agire, vanno oltre il disposto della convenzione di Århus.

6. DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLA PROPOSTA

Oggetto e ambito di applicazione (articolo 1)

La proposta mira a definire un insieme di requisiti minimi per l'accesso a procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale in materia ambientale, al fine di migliorare il recepimento e l'applicazione del diritto ambientale nell'Unione europea e dare attuazione al terzo pilastro della convenzione di Århus.

La direttiva riconosce ad alcuni membri del pubblico la legittimazione ad agire, ossia a promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale contro gli atti e le omissioni delle pubbliche autorità che violano il diritto ambientale. Questo approccio consente contemporaneamente di dare attuazione alla convenzione di Århus e di basarsi sui procedimenti amministrativi e giudiziari già esistenti negli Stati membri.

La direttiva lascia impregiudicate altre disposizioni comunitarie in materia di accesso alla giustizia, attualmente previste dalla direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e dalla direttiva 2003/35/CE sulla partecipazione del pubblico.

Definizioni (articolo 2)

L'articolo 2 contiene alcune definizioni essenziali per l'interpretazione della direttiva, e in particolare la definizione di "ricorsi in materia ambientale" e di "diritto ambientale". Tutte le altre definizioni si riferiscono all'accesso alle procedure di ricorso o ne determinano l'oggetto.

Ricorsi in materia ambientale

Per "ricorsi in materia ambientale" si intendono i procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale, diversi dai procedimenti penali, che si svolgono dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge per impugnare gli atti o contestare le omissioni delle pubbliche autorità.

La direttiva non distingue tra ricorso agli organi giurisdizionali e ricorso ad altri organi indipendenti ed imparziali, in quanto l'elemento discriminante è il carattere giuridicamente vincolante delle decisioni emanate da tali organi. Pertanto spetta agli Stati membri decidere l'organo dinanzi al quale è possibile proporre ricorso.

Atti e omissioni di natura amministrativa

Gli atti e le omissioni di natura amministrativa sono impugnabili qualora siano in contrasto con il diritto ambientale. Per "atto amministrativo" si intende qualsiasi provvedimento avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti adottato da una pubblica autorità in forza del diritto ambientale. Per "omissione amministrativa" si intende l'inerzia della pubblica autorità a fronte di un obbligo di agire previsto dal diritto ambientale.

Membro del pubblico

Con l'espressione "membro del pubblico" si intendono una o più persone fisiche o giuridiche nonché le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone.

Soggetto abilitato

Per "soggetto abilitato" si intende qualsiasi associazione, organizzazione o gruppo che abbia come obiettivo la tutela dell'ambiente e che sia stato riconosciuto secondo la procedura di cui all'articolo 9. Per essere riconosciuti, i soggetti abilitati devono soddisfare alcune condizioni stabilite nell'articolo 8.

Diritto ambientale

Il "diritto ambientale" è definito in termini generali, in modo da comprendere tutta la normativa in materia ambientale. Trattandosi di una materia in costante evoluzione, la redazione di un elenco esaustivo sarebbe problematica in quanto comporterebbe la necessità di prevedere una procedura di aggiornamento periodico. Pertanto, la proposta tiene conto dei seguenti aspetti:

- la normativa deve tendere al conseguimento di uno degli obiettivi di cui all'articolo 174 del trattato CE;

- la definizione deve essere coerente con la convenzione di Århus e comprendere i principali aspetti dell'ambiente. Non sembra opportuno stabilire un elenco esaustivo di ciò che deve intendersi per "diritto ambientale", in quanto si tratta di un concetto non definito nella convenzione di Århus. La continua evoluzione del diritto ambientale impone invece di ricorrere a un elenco indicativo.

Atti e omissioni dei privati (articolo 3)

L'articolo 9, paragrafo 3 della convenzione di Århus prevede la possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità che violano il diritto ambientale. In ossequio al principio di sussidiarietà, la presente proposta si limita a definire più dettagliatamente soltanto le regole relative ai procedimenti di natura amministrativa e giurisdizionale nei confronti degli atti e delle omissioni delle pubbliche autorità. L'introduzione di disposizioni relative agli atti e alle omissioni dei privati inciderebbe sul nucleo stesso degli ordinamenti giuridici nazionali in quanto implicherebbe l'applicabilità delle norme di diritto comunitario ad una materia di stretta competenza degli Stati membri quale la possibilità per i privati di agire in giudizio contro gli atti di altri privati. Pertanto, la proposta recepisce l'obbligo previsto dalla convenzione di Århus, riservando però agli Stati membri l'adozione delle norme di dettaglio.

Legittimazione ad agire dei membri del pubblico (articolo 4)

L'articolo 4 stabilisce i criteri per individuare i membri del pubblico legittimati ad agire in via amministrativa o giurisdizionale e a chiedere l'adozione di misure provvisorie di salvaguardia nei confronti degli atti e delle omissioni delle pubbliche autorità soggette alla direttiva. I membri del pubblico devono vantare un interesse sufficiente nei confronti dell'atto o dell'omissione in questione o far valere la violazione di un diritto nei casi in cui il diritto processuale amministrativo dello Stato membro interessato esiga tale presupposto come condizione per poter promuovere un ricorso. Nello stabilire questi criteri, la Commissione ha deciso di non estendere la legittimazione ad agire a tutte le persone fisiche, in quanto l'actio popularis è incompatibile con il principio di sussidiarietà: la convenzione di Århus lascia infatti la possibilità di definire tali criteri nel quadro della legislazione nazionale.

Secondo la proposta, i membri del pubblico che soddisfano i criteri sopra indicati hanno il diritto di proporre ricorso per contestare la legittimità procedurale e sostanziale degli atti o delle omissioni di natura amministrativa che violano il diritto ambientale.

Legittimazione ad agire dei soggetti abilitati (articolo 5)

Attribuendo la legittimazione ad agire ai "soggetti abilitati" la proposta di direttiva va oltre il disposto dell'articolo 4. Pur non applicando il concetto di actio popularis, la proposta riconosce per definizione la legittimazione ad agire ad alcuni gruppi, che non sono tenuti a vantare un interesse sufficiente o a far valere la violazione di un diritto. La convenzione di Århus non interviene su questo punto, ma consente a ciascuna Parte contraente di determinare l'ambito della legittimazione ad agire nel quadro del proprio ordinamento nazionale.

Il conferimento ai soggetti abilitati di una posizione privilegiata in relazione all'accesso alla giustizia impone di definire chiaramente le caratteristiche qualificanti. La proposta prevede una procedura di valutazione delle attività svolte da questi soggetti. La legittimazione ad agire in giudizio è subordinata alla condizione che l'oggetto del ricorso rientri nelle attività statutarie e nell'ambito geografico di azione del soggetto interessato. La proposta prevede inoltre la legittimazione ad agire nelle cause transfrontaliere; in questo modo, un soggetto riconosciuto in uno Stato membro può promuovere un ricorso in materia ambientale in un altro Stato membro a condizione che la violazione del diritto ambientale oggetto del ricorso rientri nelle attività statutarie e nell'ambito geografico di azione del soggetto interessato.

Richiesta di riesame interno (articolo 6)

La richiesta di riesame interno è una procedura preliminare che consente di rivolgersi alla pubblica autorità designata in base al diritto nazionale per chiederle di riesaminare il suo operato e di risolvere il problema. Tale richiesta deve essere presentata prima di poter promuovere un ricorso in materia ambientale. La proposta non stabilisce preventivamente quale sia la pubblica autorità competente a ricevere una richiesta di riesame interno per non interferire con l'organizzazione amministrativa degli Stati membri.

Questa procedura è stata espressamente formulata in modo da non interferire con l'esercizio del diritto di accesso alla giustizia. L'autorità competente è tenuta a prendere in considerazione qualsiasi richiesta pervenuta a meno che non sia chiaramente infondata; entro dodici settimane dal ricevimento della richiesta, l'autorità deve emanare una decisione o respingere la richiesta stessa. La decisione è rivolta al membro del pubblico che ha presentato la richiesta e deve essere motivata.

La proposta tiene conto della possibilità che, nonostante gli sforzi, la pubblica autorità non sia in grado di prendere una decisione entro i termini sopra indicati. In questo caso l'autorità ha l'obbligo di comunicare quanto prima al richiedente i motivi del ritardo nell'adozione della decisione e di informare l'interessato della data in cui prevede di adottare la decisione definitiva. L'autorità competente è tenuta a decidere entro un termine ragionevole, in considerazione della natura, delle dimensioni e della gravità della violazione del diritto ambientale.

Ricorsi in materia ambientale (articolo 7)

Il soggetto che ha presentato una richiesta di riesame interno può "a posteriori" promuovere un ricorso in materia ambientale qualora l'autorità pubblica non abbia preso una decisione su tale richiesta entro il termine previsto dall'articolo 6 o qualora, a suo giudizio, la decisione adottata da tale autorità non sia idonea ad assicurare il rispetto del diritto ambientale.

Criteri per il riconoscimento dei soggetti abilitati (articolo 8)

Questo articolo definisce i criteri che tali soggetti devono soddisfare per poter agire in giudizio senza dover vantare un interesse sufficiente o far valere la violazione di un diritto. Il riconoscimento di un accesso privilegiato alla giustizia è giustificato dal ruolo sempre più importante da essi svolto ai fini della tutela dell'ambiente a livello nazionale e internazionale. Di conseguenza il principale fine statutario di queste organizzazioni deve essere la tutela dell'ambiente. A tale scopo esse devono soddisfare altri criteri, e in particolare:

- devono operare senza fini di lucro e nell'interesse generale dell'ambiente, ossia non devono svolgere attività economiche se non quelle collegate al loro obiettivo principale;

- devono essere dotate della personalità giuridica e disporre di una struttura organizzativa idonea a garantire il perseguimento del fine statutario della tutela dell'ambiente;

- devono aver operato attivamente ai fini della tutela dell'ambiente, secondo quanto previsto dal rispettivo statuto, per un periodo minimo stabilito dagli Stati membri ma in ogni caso non superiore a tre anni.

Procedura per il riconoscimento dei soggetti abilitati (articolo 9)

Per quanto riguarda il riconoscimento dei soggetti abilitati, la proposta prevede la possibilità sia di una procedura preliminare sia di un riconoscimento caso per caso ("riconoscimento ad hoc"). Questa combinazione presenta il vantaggio di coniugare insieme efficacia e flessibilità. Alcune organizzazioni ambientali potrebbero scegliere un riconoscimento preventivo, mentre altre potrebbero optare per un riconoscimento ad hoc. Gli Stati membri possono liberamente scegliere di prevedere una procedura di riconoscimento preventivo o una procedura di riconoscimento ad hoc. Gli Stati membri che optino per il riconoscimento preventivo devono assicurare l'accesso anche ad una procedura rapida di riconoscimento ad hoc.

Disposizioni relative ai ricorsi in materia ambientale (articolo 10)

Per superare gli ostacoli che impediscono l'accesso alla giustizia, questo articolo prevede l'istituzione di procedure di ricorso che oltre ad essere adeguate ed efficaci, devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose, coerentemente con l'articolo 9, paragrafo 4 della convenzione di Århus. Gli ostacoli possono consistere in restrizioni di carattere finanziario, difficoltà di ottenere assistenza legale, scarse conoscenze in materia ambientale da parte degli organi amministrativi o giudiziari, carenze nell'applicazione delle decisioni amministrative o giudiziarie, scarsa informazione del pubblico sui ricorsi in materia ambientale. Per garantire la necessaria trasparenza e certezza del diritto, le decisioni adottate in virtù della presente proposta devono essere emanate per iscritto e, ove possibile, devono essere accessibili al pubblico.

Rapporti sull'applicazione della direttiva (articolo 11)

Questo articolo prevede che gli Stati membri riferiscano periodicamente alla Commissione sull'applicazione della direttiva. La Commissione è tenuta a pubblicare rapporti sullo stato di attuazione della direttiva.

Altre disposizioni (articoli da 12 a 14)

La proposta impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della direttiva. La disposizione finale fissa la data di entrata in vigore della direttiva al 1º gennaio 2005.

2003/0246 (COD)

Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sull'accesso alla giustizia in materia ambientale

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione [6],

[6] GU C , , pag. .

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [7],

[7] GU C , , pag. .

visto il parere del Comitato delle regioni [8],

[8] GU C , , pag. .

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [9],

[9] GU C , , pag. .

considerando quanto segue:

(1) Un più ampio accesso del pubblico alla giustizia in materia ambientale consente di rimediare alle attuali carenze nell'applicazione del diritto ambientale, contribuendo al conseguimento degli obiettivi della politica ambientale comunitaria e in ultima analisi al miglioramento dell'ambiente.

(2) Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha firmato la convenzione UNECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (di seguito "convenzione di Århus"). Occorre adeguare la norme di diritto comunitario alle disposizioni della convenzione per consentire la conclusione di quest'ultima da parte della Comunità.

(3) La convenzione di Århus si compone di tre pilastri: accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale. Per dare attuazione al primo e al secondo pilastro della convenzione sono già state adottate due direttive: la direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio [10] e la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia [11]. È ora necessario dare attuazione al terzo pilastro della convenzione.

[10] GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.

[11] GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17.

(4) L'articolo 9, paragrafo 3 della convenzione di Århus prevede l'accesso a procedure di ricorso di natura giurisdizionale o non giurisdizionale nei confronti degli atti o delle omissioni dei privati o delle pubbliche autorità che violano il diritto ambientale. Secondo il principio di sussidiarietà, l'impugnazione degli atti e delle omissioni dei privati deve avvenire nel rispetto dei criteri previsti dalla legislazione dei singoli Stati membri.

(5) Per dare piena attuazione al disposto dell'articolo 9, paragrafo 3 della convenzione di Århus e rafforzare la tutela dell'ambiente, occorre prevedere la possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale nei confronti degli atti e delle omissioni delle pubbliche autorità che violano il diritto ambientale. Tali procedimenti devono essere equi e non eccessivamente lunghi o onerosi. Occorre inoltre prevedere misure provvisorie di salvaguardia per assicurare l'intervento degli organi giurisdizionali e degli altri organi di ricorso.

(6) Occorre altresì adottare apposite disposizioni riguardanti gli atti e le omissioni impugnabili dinanzi agli organi di ricorso. Devono essere soggetti a ricorso gli atti amministrativi aventi effetti esterni e giuridicamente vincolanti, nella misura in cui non siano adottati da organi o istituzioni che agiscono nell'esercizio del potere legislativo o giudiziario. Allo stesso modo, devono essere soggette a ricorso le omissioni, nei casi in cui il diritto ambientale preveda un obbligo di agire.

(7) Trattandosi di una disciplina in costante evoluzione, è opportuno che la definizione di diritto ambientale si riferisca agli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale, e in particolare alla protezione o al miglioramento dell'ambiente, compresa la salute umana e la protezione delle risorse naturali. Gli Stati membri devono avere la possibilità di estendere tale definizione al diritto ambientale di esclusiva origine nazionale.

(8) I membri del pubblico che vantino un interesse sufficiente o facciano valere la violazione di un diritto devono avere la possibilità di promuovere ricorsi in materia ambientale dinanzi ad organi giurisdizionali o non giurisdizionali per contestare la legittimità procedurale e sostanziale di atti e omissioni di natura amministrativa che violano il diritto ambientale.

(9) I soggetti attivi nel campo della tutela dell'ambiente che soddisfino determinati requisiti devono avere la possibilità di promuovere ricorsi in materia ambientale per contestare la legittimità procedurale e sostanziale di atti e omissioni di natura amministrativa che violano il diritto ambientale. L'oggetto del ricorso deve rientrare nell'ambito delle loro attività statutarie.

(10) È opportuno adottare apposite disposizioni per permettere all'autorità pubblica designata in base al diritto nazionale di riconsiderare l'atto amministrativo o - nel caso di un comportamento omissivo - di provvedere affinché sia adottato il provvedimento richiesto.

(11) Nel caso in cui una richiesta di riesame interno non sia stata accolta, il richiedente deve avere la possibilità di ricorrere in via amministrativa o giurisdizionale contro gli atti o le omissioni della pubblica autorità.

(12) La presente direttiva deve essere periodicamente riesaminata alla luce dell'esperienza acquisita e sulla base dei rapporti trasmessi dagli Stati membri. A seguito di tale riesame occorre procedere alla sua revisione. La Commissione deve presentare un rapporto di valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio.

(13) Le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicato il diritto di ciascuno Stato membro di mantenere in vigore o di introdurre misure che prevedano un più ampio accesso alla giustizia.

(14) Poiché gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere adeguatamente realizzati dagli Stati membri, in quanto il diritto di accesso alla giustizia deve essere garantito in modo da assicurare l'applicazione uniforme del diritto ambientale comunitario, e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui al medesimo articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.

(15) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e applica i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La presente direttiva mira in particolare a garantire l'effettiva tutela dell'ambiente e a promuovere l'applicazione dell'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione

La presente direttiva stabilisce disposizioni volte a garantire l'accesso alla giustizia in materia ambientale ai membri del pubblico e ai soggetti abilitati.

La direttiva si applica fatte salve le altre disposizioni comunitarie riguardanti l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

Articolo 2 Definizioni

1. Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a) "autorità pubblica", la pubblica amministrazione degli Stati membri, compresa l'amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, ad esclusione dei pubblici ministeri e degli organi, delle amministrazioni o delle istituzioni che agiscono nell'esercizio del potere giudiziario o legislativo;

b) "membro del pubblico", una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone;

c) "soggetto abilitato", qualsiasi associazione, organizzazione o gruppo che abbia come obiettivo la tutela dell'ambiente e che sia stato riconosciuto secondo la procedura di cui all'articolo 9;

d) "atto amministrativo", qualsiasi provvedimento amministrativo avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti adottato da una pubblica autorità in forza del diritto ambientale;

e) "omissione amministrativa" l'inerzia amministrativa di una pubblica autorità a fronte di un obbligo giuridico di agire previsto dal diritto ambientale;

f) "ricorsi in materia ambientale", le procedure di ricorso di natura amministrativa o giurisdizionale in materia ambientale, diverse dai procedimenti penali, che si svolgono dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente istituito dalla legge e si concludono con una decisione vincolante;

g) "diritto ambientale", la normativa comunitaria e la legislazione adottata per recepire la normativa comunitaria che abbiano come obiettivo la tutela o il miglioramento dell'ambiente, compresa la salute umana e la tutela o l'uso razionale delle risorse naturale, ad esempio nei seguenti settori:

i) protezione delle risorse idriche;

ii) protezione dal rumore;

iii) protezione del suolo;

iv) inquinamento atmosferico;

v) pianificazione e gestione del territorio;

vi) conservazione della natura e biodiversità;

vii) gestione dei rifiuti;

viii) sostanze chimiche, compresi biocidi e pesticidi;

ix) biotecnologie;

x) altre emissioni, scarichi e rilasci nell'ambiente;

xi) valutazione di impatto ambientale;

xii) accesso alle informazioni ambientali e partecipazione del pubblico ai processi decisionali.

2. Gli Stati membri possono includere nella definizione di cui al paragrafo 1, lettera g) il diritto ambientale di esclusiva origine nazionale.

Articolo 3 Atti e omissioni dei privati

Gli Stati membri provvedono affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente stabiliti dal diritto nazionale possano promuovere ricorsi in materia ambientale contro gli atti e le omissioni dei privati che violano il diritto ambientale.

Articolo 4 Legittimazione ad agire dei membri del pubblico

1. Gli Stati membri provvedono affinché i membri del pubblico abbiano accesso a ricorsi in materia ambientale, e in particolare a misure provvisorie di salvaguardia, per contestare la legittimità sostanziale e procedurale di atti e omissioni amministrativi che violano il diritto ambientale:

a) qualora vantino un interesse sufficiente, o in alternativa

b) qualora facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo esiga tale presupposto.

Le richieste riguardanti le misure provvisorie di salvaguardia non sono soggette al rispetto della procedura di cui all'articolo 6.

2. Gli Stati membri determinano le nozioni di "interesse sufficiente" e di "violazione di un diritto" ai fini del paragrafo 1 in base alle disposizioni di diritto nazionale, coerentemente con l'obiettivo di assicurare un ampio accesso alla giustizia.

Articolo 5 Legittimazione ad agire dei soggetti abilitati

1. Gli Stati membri provvedono affinché i soggetti abilitati riconosciuti ai sensi dell'articolo 9 abbiano accesso a ricorsi in materia ambientale, e in particolare a misure provvisorie di salvaguardia, senza dover dimostrare un interesse sufficiente o far valere la violazione di un diritto, a condizione che l'oggetto del ricorso rientri specificamente nelle loro attività statutarie e che il ricorso riguardi il loro ambito geografico specifico di azione.

2. I soggetti abilitati riconosciuti ai sensi dell'articolo 9 in uno Stato membro possono presentare una richiesta di riesame interno in un altro Stato membro alle condizioni di cui al paragrafo 1.

3. Le richieste riguardanti le misure provvisorie di salvaguardia non sono soggette al rispetto della procedura di cui all'articolo 6.

Articolo 6 Richiesta di riesame interno

1. Gli Stati membri provvedono affinché i membri del pubblico e i soggetti abilitati legittimati ad agire ai sensi degli articoli 4 e 5, possano, qualora ritengano che un atto o un'omissione di natura amministrativa abbia violato il diritto ambientale, presentare una richiesta di riesame interno all'autorità pubblica designata in base al diritto nazionale.

Gli Stati membri stabiliscono i termini e le modalità di presentazione della richiesta. I termini non devono essere inferiori a quattro settimane dalla data di adozione dell'atto amministrativo o, in caso di presunta omissione, dalla data in cui l'atto avrebbe dovuto essere adottato secondo la legge.

2. L'autorità pubblica di cui al paragrafo 1 prende in considerazione la richiesta a meno che essa non sia chiaramente infondata. Non appena possibile, e in ogni caso entro dodici settimane dal ricevimento della richiesta, l'autorità emana una decisione scritta con la quale stabilisce le misure da adottare per assicurare il rispetto del diritto ambientale o respinge la richiesta. La decisione è rivolta al membro del pubblico o al soggetto abilitato che ha presentato la richiesta e deve essere motivata.

3. Qualora nonostante la dovuta diligenza non sia in grado di prendere una decisione su una richiesta di riesame interno entro i termini di cui al paragrafo 2, non appena possibile, e in ogni caso entro i termini di cui al suddetto paragrafo, l'autorità informa il richiedente dei motivi di impedimento, indicando la data in cui prevede di adottare una decisione sulla richiesta.

4. L'autorità pubblica adotta una decisione sulla richiesta di riesame interno entro un termine ragionevole, tenendo conto della natura, delle dimensioni e della gravità della violazione del diritto ambientale, e in ogni caso entro diciotto settimane dal ricevimento della richiesta. L'autorità pubblica informa immediatamente il richiedente della decisione adottata.

Articolo 7 Ricorsi in materia ambientale

Il richiedente può promuovere un ricorso in materia ambientale qualora l'autorità pubblica non abbia adottato una decisione su una richiesta di riesame interno entro i termini di cui all'articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 o qualora a suo giudizio la decisione adottata da tale autorità sia inadeguata ad assicurare il rispetto del diritto ambientale.

Articolo 8 Criteri per il riconoscimento dei soggetti abilitati

Per essere riconosciuti quali soggetti abilitati, le organizzazioni, le associazioni e i gruppi internazionali, nazionali, regionali o locali devono soddisfare i seguenti criteri:

a) devono essere persone giuridiche indipendenti e senza fini di lucro, aventi come obiettivo la tutela dell'ambiente;

b) devono disporre di una struttura organizzativa idonea a garantire il perseguimento dei fini statutari;

c) devono essere legalmente costituiti e aver operato attivamente ai fini della tutela dell'ambiente, secondo quanto previsto dal proprio statuto, per un periodo di tempo stabilito dallo Stato membro in cui sono costituiti, ma in ogni caso non superiore a tre anni;

d) devono aver fatto certificare il proprio bilancio di esercizio da un revisore ufficiale per un determinato periodo di tempo stabilito da ciascuno Stato membro secondo quanto disposto dalla lettera c) del paragrafo 1.

Articolo 9 Procedura per il riconoscimento dei soggetti abilitati

1. Gli Stati membri istituiscono una procedura per garantire il rapido riconoscimento dei soggetti abilitati che soddisfino i criteri di cui all'articolo 8; tale procedura può consistere in un riconoscimento caso per caso ("riconoscimento ad hoc"), o in un riconoscimento preventivo.

Gli Stati membri che scelgono una procedura di riconoscimento preventivo devono prevedere anche la possibilità di un riconoscimento rapido ad hoc.

2. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti responsabili del riconoscimento.

3. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni di rigetto delle richieste di riconoscimento possano essere impugnate dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge.

4. Gli Stati membri definiscono le modalità della procedura di riconoscimento.

Articolo 10 Disposizioni relative ai ricorsi in materia ambientale

Gli Stati membri istituiscono procedure di ricorso adeguate ed efficaci, che siano obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose.

Le decisioni adottate in virtù della presente direttiva sono emanate o registrate per iscritto e, ove possibile, sono accessibili al pubblico.

Articolo 11 Rapporti sull'applicazione della direttiva

Entro il [...] ciascuno Stato membro predispone un rapporto sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva. Gli Stati membri trasmettono i loro rapporti alla Commissione entro il [...].

Sulla base dei rapporti nazionali la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio un rapporto comunitario sull'applicazione della presente direttiva e può proporre le modifiche eventualmente necessarie.

Articolo 12 Recepimento

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il [...]. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 13 Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il 1º gennaio 2005.

Articolo 14 Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il Presidente Il Presidente