51997AC0767

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione: L'analisi comparativa della competitività - uno strumento destinato agli operatori economici ed alle autorità»

Gazzetta ufficiale n. C 296 del 29/09/1997 pag. 0008


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione: L'analisi comparativa della competitività - uno strumento destinato agli operatori economici ed alle autorità»

(97/C 296/03)

La Commissione, in data 21 aprile 1997, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla comunicazione di cui sopra.

La Sezione «Industria, commercio, artigianato e servizi», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Malosse, in data 4 giugno 1997.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 9 luglio 1997, nel corso della 347a sessione plenaria, con 99 voti favorevoli, 3 contrari e 1 astensione, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. La comunicazione in oggetto e quella sull'analisi comparativa della competitività dell'industria europea (doc. COM(96) 463 def.) traggono origine da diverse proposte e comunicazioni recenti sul tema della competitività, in particolare la Comunicazione «Una politica di competitività industriale per l'Unione europea» (doc. COM(94) 319 def.) nonché il programma d'azione ed il calendario presentato come suo complemento (COM(95) 87 def.), a cui il Comitato aveva già espresso un sostegno di principio, pur auspicando che la Commissione desse un carattere più concreto alle proprie iniziative. Nel parere emesso il 22 novembre 1995 () si legge «Il Comitato si rammarica del fatto che manca una linea chiara circa le iniziative da intraprendere e le relative scadenze». Da allora, sono state pubblicate due comunicazioni riguardanti la competitività dell'industria chimica e la competitività della subfornitura nell'industria tessile e dell'abbigliamento. Il Comitato pronunciandosi su tali due comunicazioni, aveva in particolare rilevato con rammarico il loro basso profilo.

1.2. La necessità di migliorare la competitività economica, e in particolar modo quella industriale, nell'Unione europea occupa una posizione rilevante in due documenti di natura più politica, ossia il Libro bianco su «Crescita, competitività e occupazione» della Commissione Delors (1993) e il «Patto di fiducia per l'occupazione», presentato nel 1996 dalla Commissione Santer. Su richiesta del Presidente Santer, il gruppo consultivo in materia di competitività, presieduto da Carlo Azeglio Ciampi, ha presentato le prime conclusioni. Nel primo rapporto si effettua, segnatamente, un'analisi generale della competitività, sottolineando che quest'ultima non è fine a se stessa, ma è uno strumento per migliorare la situazione occupazionale e per conseguire un tenore di vita più elevato e un benessere crescente, grazie al miglioramento dei fattori di produttività, di efficienza e di redditività.

1.3. La comunicazione in oggetto si prefigge di sottoporre agli Stati membri una proposta concreta d'azione. Va segnalato che la Commissione ha presentato nel contempo altri due documenti di lavoro sull'argomento. Il primo riguarda «Una politica europea di promozione della qualità destinata a migliorare la competitività europea» (doc. SEC(96) 2000), che viene prospettato come un approccio complementare a quello dell'analisi comparativa («benchmarking»). Il secondo è la relazione sulla competitività dell'industria europea pubblicata nel 1996. Infine, nel presentare il 20 novembre 1996 un piano d'azione per promuovere l'innovazione, il Commissario Edith Cresson ha menzionato l'analisi comparativa su scala europea, in particolare nell'ambito della qualità, come mezzo per dare impulso all'innovazione.

1.4. Il Comitato sottolinea, ancora una volta, la mancanza di coordinamento e l'incapacità di imporsi all'attenzione delle iniziative della Commissione europea, che, sul tema, si moltiplicano e si sovrappongono palesemente. Sarebbe stato preferibile poter disporre di un piano d'azione completo per migliorare la competitività dotato di un calendario preciso che comprendesse un programma a favore della qualità.

1.5. Presentando, il 16 aprile 1997 (), una comunicazione complementare, la Commissione è venuta incontro alle aspettative del Consiglio e del Comitato. Infatti, la comunicazione offre un quadro complessivo della situazione nella Comunità e proposte concrete d'azione relative all'attuazione di un meccanismo di analisi comparativa dei risultati, «benchmarking», che si può tradurre letteralmente con «basi di riferimento» o analisi comparativa dei risultati.

2. L'analisi della competitività europea da parte della Commissione

2.1. Le principali ragioni citate nel documento per motivare il ritardo dell'economia degli Stati dell'Unione europea sono la debolezza degli investimenti immateriali (in particolare, formazione e ricerca), dell'innovazione e degli investimenti fissi in beni strumentali. Sarebbe soprattutto l'interazione tra tali elementi diversi a rivelarsi determinante per la competitività. La comunicazione menziona inoltre difficoltà di ordine strutturale quali la mancanza di mobilità del lavoro, gli alti costi di esercizio delle infrastrutture di trasporto, gli elevati disavanzi pubblici come anche l'ingente aliquota dei prelievi obbligatori sul PIL che, tra il 1970 e il 1995, è cresciuta dal 34 al 43 % nell'Unione europea.

2.2. Nell'analizzare la crescita del settore industriale, la Commissione nota che la quota dell'Unione europea sui mercati di esportazione OCSE è in calo. Tale quota si sarebbe ridotta sui mercati, ad elevata crescita, dell'Estremo Oriente e dell'America Latina. Negli ultimi dieci anni, il valore aggiunto del settore industriale ha registrato nell'Unione europea un aumento (2,4 %) inferiore a quello degli Stati Uniti (3 %) o del Giappone (3,8 %). Nell'industria manifatturiera, solo i settori alimentare, delle bevande, del tabacco, del legno e dei mobili hanno realizzato incrementi di produttività equivalenti o superiori nell'Unione europea. Questi comparti sono stati sostenuti da tassi di investimento superiori a quelli dei loro concorrenti.

2.3. Quanto alla struttura dei costi, l'analisi mostra che in generale essi sono più elevati nell'Unione europea: prezzi più alti nei settori delle telecomunicazioni e dell'energia, tassi d'interesse superiori negli ultimi anni rispetto a quelli degli Stati Uniti e del Giappone. Al contrario, per quanto riguarda i costi salariali, l'analisi non fornisce risposte univoche, poiché si ammette che è difficile istituire confronti validi, data la complessità della struttura di tali costi. Nondimeno, la Commissione constata che dal 1992 i costi salariali unitari (evoluzione della massa salariale rispetto alla produzione) sono in leggera diminuzione. Sono cifre che richiederebbero una spiegazione e un commento da parte della Commissione.

2.4. In materia di investimenti materiali e immateriali, il ritardo dell'Unione europea è assai preoccupante. La comunicazione dà particolare rilievo alle cifre relative a ricerca e sviluppo. Il Comitato ritiene, anche in questo caso, che le cifre richiederebbero maggiori commenti, segnatamente in materia d'investimenti nella ricerca e nello sviluppo.

2.5. Nel capitolo dedicato ai «determinanti dell'andamento della competitività», la Commissione ravvisa nel cattivo funzionamento dei mercati e nella scarsa capacità di innovazione le principali cause dei modesti risultati conseguiti dall'industria europea. In relazione alla fluidità dei mercati, la comunicazione cita in maniera disorganica la mancanza di liberalizzazione in taluni settori chiave nel campo delle infrastrutture (telecomunicazioni, trasporti), le carenze nel funzionamento dei mercati di capitali (in particolare, gli ostacoli alle attività dei fondi pensione), la mancanza di flessibilità del mercato del lavoro e gli ostacoli alla mobilità professionale, come anche le normative che disciplinano il mercato del lavoro.

2.6. Nello stesso capitolo, la Commissione esamina gli ostacoli all'innovazione: insufficienza degli investimenti immateriali, carenze dei sistemi di formazione e di istruzione, e in special modo la loro inadeguatezza rispetto ai bisogni degli attori economici; assenza di mobilità della manodopera, debolezza di una ricerca europea che per di più è insufficientemente orientata verso il mercato, difficoltà nel valorizzare e nel diffondere i risultati della ricerca, ritardo nell'applicazione dei sistemi di controllo della qualità; debolezza dei meccanismi di finanziamento dell'innovazione (capitale di rischio, capitale d'avviamento) e delle piccole e medie imprese. Al riguardo sarebbe stato utile, se, nell'analisi della competitività, la Commissione europea avesse tenuto conto di un approccio territoriale basato sulle regioni.

3. Le proposte del Comitato sulla misura del livello della competitività

3.1. La Commissione europea menziona due fattori essenziali per misurare il livello della competitività: la produttività e il tasso di occupazione. Tuttavia, la Commissione riconosce nella comunicazione che questi due elementi da soli non bastano a riassumere il fenomeno. Se si afferma che la competitività è un mezzo per migliorare il tenore di vita e accrescere il benessere della popolazione, anche il grado di protezione ambientale, l'efficienza energetica o il tasso di criminalità possono essere considerati criteri da tenere in considerazione, come pure il livello di protezione sociale.

3.2. Può destare sorpresa l'assenza, nella comunicazione, di riferimenti ai tassi di cambio e alle fluttuazioni monetarie all'interno ed all'esterno dell'UE che in numerosi settori industriali possono rivelarsi determinanti per i margini delle imprese e le loro quote di mercato. Tuttavia, si tratta di un fattore circostanziale su cui un'impresa, un settore industriale o un'area geografica non esercitano un controllo reale.

3.3. Di conseguenza il Comitato richiama l'attenzione della Commissione europea sul pericolo di un'analisi troppo globale che includerebbe in un gran calderone un numero eccessivo di fattori difficilmente raffrontabili. Infatti, la competitività è sempre relativa e nei risultati delle analisi possono emergere differenze fondamentali a seconda che il raffronto sia fatto con gli Stati Uniti, con il Giappone o con i paesi asiatici emergenti. La competitività di un'impresa si misura rispetto ai concorrenti, mentre un territorio può essere analizzato in funzione della sua capacità di attirare gli investitori o di creare valore aggiunto e posti di lavoro.

3.4. Le analisi della Commissione privilegiano il concetto di competitività globale dell'Unione europea rispetto ai concorrenti. Secondo il Comitato, tuttavia, un approccio troppo globale e generalizzato non è utile ad azioni concrete di benchmarking. Per quanto riguarda le condizioni generali di competitività, ciò che conta è la selezione di settori ben definiti che possono essere sottoposti ad un'analisi obiettiva ed operativa. Di conseguenza, il Comitato intende dare la preferenza ad un approccio per settore che consentirebbe di differenziare in modo adeguato l'importanza relativa di diversi fattori, per esempio, la ricerca e lo sviluppo nel settore delle biotecnologie o il costo della manodopera e il marketing per il settore tessile e dell'abbigliamento. D'altro canto, il Comitato sottolinea l'interesse che, ai fini di un approccio che consideri la dimensione territoriale dei fattori della competitività, riveste l'inclusione della dimensione regionale o di bacini d'occupazione che permette un'analisi più precisa delle condizioni generali: imposizione fiscale locale, infrastrutture, investimenti nella ricerca, diffusione a partire da un polo universitario, creazione di posti di lavoro e imprese, investimenti esterni. Un benchmarking troppo globale si avvicinerebbe infatti alle analisi esistenti e avrebbe minori effetti operativi. In materia di insediamenti di imprese estere, per esempio, la nozione di territorio è spesso più significativa in termini di regione che di Stato. Occorre, dunque, riavvicinare il livello di analisi al livello adeguato di decisione che può essere diverso a seconda dei soggetti e dei paesi (ad esempio in Germania l'istruzione è di competenza dei Länder).

3.5. In realtà, molti degli elementi citati nell'analisi della Commissione sono piuttosto fattori di crescita o di benessere ma non necessariamente di competitività. Per esempio, l'efficienza di un sistema scolastico va misurata in funzione delle esigenze e delle aspirazioni della popolazione che possono variare notevolmente da un paese all'altro rendendo difficile stabilire nel settore una «scala» di risultati. Il benessere delle popolazioni è anch'esso, in sé, un fattore di competitività.

3.6. Il Comitato auspica che, nell'esercizio di una misurazione quale il Benchmarking, la Commissione si attenga ad una definizione più rigorosa e più sistematica della competitività che sia incentrata sui principi chiave qui di seguito presentati.

3.6.1. Una netta differenziazione tra azioni di benchmarking a livello dell'impresa e quelle riguardanti le condizioni generali;

3.6.2. La gerarchizzazione e la differenziazione dei fattori di competitività: le condizioni generali di competitività (infrastrutture, formazione, ...), la competitività dei prodotti (prezzo, e fattori «extra prezzo» come la qualità, i servizi di assistenza alla clientela, ecc.), i risultati della competitività (quote di mercato per le imprese, creazione di posti di lavoro nelle aree interessate);

3.6.3. L'analisi comparativa differenziata secondo le imprese, settori o territori con i quali si intende istituire il raffronto: per esempio, per certi settori industriali, l'analisi comparativa sarà orientata al raffronto con i principali concorrenti mondiali; per i territori essa permetterà di comparare situazioni diverse all'interno ed all'esterno dell'UE.

3.7. Il Comitato, a partire da tale definizione più rigorosa, individua le seguenti due aree d'analisi:

3.7.1. Per l'aspetto territoriale, il Comitato preferirebbe che venisse privilegiata la misura della competitività delle regioni o dei bacini d'occupazione (eventualmente frontalieri) all'interno dell'Unione europea. Determinare le cause del successo dell'una o dell'altra regione dell'Unione europea e applicarne i metodi a regioni meno favorite sarà istruttivo, anche se occorre contemplare anche l'inclusione nello studio delle regioni o dei territori che possono registrare condizioni socioeconomiche comparabili a quelle dell'UE (in Giappone, in Nord America, in Australia, in Nuova Zelanda).

3.7.2. L'analisi comparativa dei risultati (benchmarking) è già un metodo molto usato dalle grandi imprese, soprattutto dalle multinazionali. Si tratta, dunque, di un'attività che rientra nelle loro competenze e non vi è motivo che rientri in quanto tale, nella sfera d'azione pubblica. Di conseguenza, l'apporto comunitario dovrebbe situarsi al livello dello scambio di informazioni e di un approccio selettivo per ciascun settore di attività, completato da analisi specifiche relative alle PMI e alla costituzione di nuove imprese. In tale contesto, sarebbe da privilegiare l'approccio che consente di fare astrazione da ogni limite territoriale e d'inglobare le imprese europee con i loro insediamenti in paesi terzi, nonché le imprese di paesi terzi che abbiano insediamenti sul territorio dell'Unione europea. Allo scopo risulteranno molto istruttive per determinare gli indicatori giusti le analisi interne alle imprese, in particolare quelle delle multinazionali.

3.8. Combinando l'approccio territoriale con quello settoriale (comprese le PMI e la costituzione di nuove imprese), si potrebbero ottenere risultati che forniscano chiare indicazioni sulle pratiche e sui metodi migliori da raccomandare per accrescere la competitività europea. In tale contesto, e allo scopo di evitare analisi globali senza possibilità di diretta applicazione, il Comitato raccomanda all'UE, soprattutto al Consiglio ed alla Commissione, di analizzare i campi in cui pensa di avviare delle iniziative. Nel settore dell'imposizione fiscale o del funzionamento del mercato interno, iniziative comunitarie in materia di ricerca e sviluppo, un'analisi comparativa dei risultati dell'Unione europea e degli Stati membri, rispetto ad altre parti del mondo, rappresenterebbero un aiuto eccellente nel processo decisionale.

4. L'analisi comparativa o «benchmarking»

4.1. Il metodo dell'analisi comparativa, o benchmarking, consiste, dopo un'analisi volta ad individuare le differenze di risultati e le loro cause, nell'evidenziare e diffondere i processi che determinano i risultati migliori. Esso è infatti affine ad un meccanismo permanente di trasferimento di know-how e di scambio delle migliori pratiche, e scaturisce da un'analisi economica delle condizioni e dei criteri di competitività.

4.2. Il Comitato sottolinea l'interesse che riveste tale metodo come aiuto oggettivo nel processo di adozione delle decisioni. Infatti, il benchmarking consente di stabilire fatti oggettivi, e trarne le conseguenze spetta alle parti interessate. Il metodo deve comunque poter portare a decisioni operative.

4.3. Il Comitato sostiene quindi l'iniziativa della Commissione europea di definire un programma europeo di analisi comparativa dei risultati in cooperazione con l'industria e gli Stati membri. Il programma dovrebbe iniziare con progetti pilota, che serviranno da test per verificare la validità del metodo.

4.4. Il benchmarking deve essere un processo continuo ed evolutivo, perché le nozioni relative di eccellenza e di risultato sono in costante evoluzione e, quindi, l'analisi suddetta ha un significato solo se effettuata nel tempo all'interno di progetti pilota pluriennali.

4.5. L'interesse della formula del benchmarking consiste nel conseguire una certa obiettività. A tale fine è indispensabile considerare esclusivamente fatti e realtà (dati oggettivi) e cercare il consenso delle parti interessate e, se del caso, dell'opinione pubblica. A livello d'impresa vi si devono associare strettamente i dipendenti, a livello di regione, tutte le forze socioeconomiche. Il benchmarking può produrre degli effetti solo sulla base di dati oggettivi e del consenso sul metodo. Infatti non è possibile trasporre le buone pratiche senza l'assenso di coloro che sono chiamati a porle in atto. Se i progetti pilota comunitari si concentrano sulla ricerca dell'oggettività e del consenso, saranno effettivamente utili ad una presa di coscienza generale dei fattori e degli strumenti della competitività.

4.6. Se il metodo del benchmarking si applica a livello delle imprese, resta di loro esclusiva competenza. Nondimeno, un certo numero di programmi, pubblici e privati cerca di promuovere l'analisi comparativa al livello delle piccole e medie imprese (in particolare, quello istituito dal ministero del Commercio e dell'Industria britannico). In tal caso, l'azione comunitaria dovrebbe imperniarsi sull'organizzazione di scambi di esperienze tra Stati membri e sulla realizzazione di una «rete di informazione europea». Il Comitato suggerisce di avviare un progetto pilota nel settore dell'assistenza e del sostegno alla creazione di imprese, basandosi sull'analisi dei lavori già effettuata dalla DG XXIII nell'ambito delle azioni concertate di scambi di buone pratiche. Oltre alle regioni comunitarie già studiate sarebbe selezionato un certo numero di paesi o aree geografiche all'interno e all'esterno dell'Unione europea e si avvierebbero operazioni pilota di trasferimento delle migliori pratiche.

4.7. La Commissione suggerisce di avvalersi di questo metodo anche per analizzare e sviluppare i fattori di competitività in determinati settori su scala comunitaria. L'industria chimica, la biotecnologia, il tessile e l'abbigliamento, già oggetto di analisi a livello comunitario, potrebbero essere i primi settori interessati. È necessario scegliere con attenzione i settori e i parametri di confronto, perché il benchmarking, in quanto aiuto oggettivo alla decisione, non può fare astrazione dalle realtà socioeconomiche e culturali che possono spiegare o giustificare differenze nelle condizioni generali di competitività, soprattutto sul piano sociale. D'altronde, il benchmarking deve essere volto all'analisi dei risultati di quelle imprese la cui strategia può essere multinazionale, rendendo così possibile anche lo studio delle rispettive strategie di internazionalizzazione e i loro risultati nonché l'attrazione esercitata da alcuni paesi o regioni.

4.8. Per quanto riguarda i territori, il Comitato suggerisce in primo luogo di svolgere uno studio sugli indicatori più importanti per definire la «performance» di un territorio (anche con l'ausilio dei risultati delle analisi delle grandi imprese). La seconda fase consisterebbe nella scelta di regioni o interregioni transfrontaliere in cui esista un consenso politico, economico e sociale sulla suddetta esperienza e alle regioni dell'Unione europea si potrebbero aggiungere territori di paesi terzi suscettibili di confronto. La misura dei fattori di produttività di tali territori, a partire dagli indicatori emersi dallo studio, sarebbe effettuata in stretta cooperazione con le parti socioeconomiche interessate e, sulla base dei risultati ottenuti, sarebbero avviati progetti-prova di trasferimento di know how con l'assistenza dei fondi strutturali europei (articolo 10 del FESR).

4.9. Nell'ambito dell'analisi comparativa delle condizioni economiche quadro che predominano all'interno dell'Unione europea (i costi e la qualità dei servizi essenziali - trasporti, energia, telecomunicazioni, l'informazione e l'amministrazione, i fattori generali di produttività - costo del lavoro, costo del capitale, regime fiscale - il livello delle competenze e delle qualifiche, lo sviluppo dell'innovazione e l'efficienza a livello ambientale) il Comitato, per i motivi summenzionati, ritiene che si debba dare precedenza a studi pilota in settori ben individuati per i quali gli studi permetterebbero di contribuire al processo decisionale a livello comunitario, come per esempio studi sull'efficacia dei programmi di ricerca e sviluppo e delle azioni di sviluppo regionale, sui regimi fiscali applicati alle imprese, sull'efficienza del mercato interno europeo, sulla mobilità del lavoro. Per un'analisi globale, sarebbe più proficuo fare riferimento ad indagini quali il «World Competitiveness Report».

4.10. Nelle conclusioni della comunicazione si fa inoltre riferimento ad una politica europea di promozione della qualità, che è oggetto di un documento di lavoro a sé stante. Nell'ambito di tale politica si propongono cinque azioni specifiche a livello europeo: un premio europeo della qualità, l'analisi comparativa della qualità, una settimana europea della qualità, un osservatorio europeo della qualità, un sistema europeo per la formazione di quanti operano nel campo della qualità. Il Comitato desidera ottenere informazioni più dettagliate sul programma (bilancio, programma, coerenza con l'analisi comparativa dei risultati).

5. Conclusioni

5.1. Le due comunicazioni presentate al Comitato costituiscono un'adeguata base di lavoro per applicare uno strumento di analisi comparativa della competitività (benchmarking). Il Comitato sottolinea la necessità di una salda coerenza tra l'iniziativa suddetta e l'attuazione di altre politiche comunitarie, in particolare quella nel settore della ricerca e sviluppo, dell'innovazione, la politica di coesione economica e sociale, e la politica per le imprese.

5.2. Il Comitato approva l'idea del benchmarking, purché consenta realmente di avviare un processo continuativo basato su dati oggettivi e incentrato su campi ben circoscritti in modo da aiutare effettivamente la decisione in settori concreti con prospettive operative, consentendo la diffusione delle migliori pratiche:

5.2.1. aiuto alla decisione relativa alle condizioni generali, in settori prioritari rientranti nella sfera di competenze e attività dell'Unione europea (imposizione fiscale sulle imprese, ricerca e sviluppo, funzionamento del mercato interno, politica regionale, politiche a favore dell'occupazione e della creazione d'imprese, mobilità del lavoro all'interno dell'Unione europea);

5.2.2. aiuto alla decisione per le imprese a livello settoriale, in merito alle strategie industriali e quelle commerciali ed alla scelta dell'area geografica in cui investire;

5.2.3. progetti pilota di trasferimento delle migliori pratiche, soprattutto a livello territoriale, in materia d'aiuto alla creazione d'attività, di incentivazione dello sviluppo locale, di sviluppo delle attività di formazione e ricerca propizia allo sviluppo economico, e all'innovazione.

5.3. Il Comitato insiste perché le suddette proposte abbiano un rapido seguito. In particolare, propone dei progetti pilota test i cui obiettivi e modalità saranno concertati con le parti interessate, compresi gli attori economici e sociali. Il Comitato si compiace per il fatto che la Commissione presenti una comunicazione complementare, che tiene conto degli auspici del Comitato stesso e del Consiglio e con un calendario di attuazione ben definito.

5.4. Il Comitato chiede, in tale contesto, di essere associato attivamente alla definizione di temi scelti con la sperimentazione, allo studio dei criteri di riferimento, all'avvio e al seguito dei progetti pilota del programma in parola. Su questa base, il Comitato potrebbe copilotare talune operazioni test di benchmarking. In proposito, sottolinea che assume un'importanza fondamentale l'associazione effettiva delle parti economiche e sociali interessate, dallo stadio iniziale del benchmarking fino alla scelta dei temi e al processo di realizzazione, per assicurarne le condizioni di riuscita.

5.5. Il Comitato raccomanda all'Unione europea di verificare, mediante il benchmarking, le politiche da essa adottate, allo scopo di misurarne l'efficacia (mercato interno, politica regionale, ricerca e sviluppo).

5.6. Il Comitato suggerisce alla Commissione europea di tener conto nel misurare la competitività del quadro di riferimento generale, della dimensione regionale, che consente di individuare meglio i fattori di competitività in numerosi campi: sostegno dell'innovazione, sviluppo delle risorse umane, diffusione ed utilizzazione delle tecnologie dell'informazione...

Bruxelles, 9 luglio 1997.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Tom JENKINS

() GU C 39 del 12. 2. 1996.

() Doc. COM(97) 153 def.