5.9.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 301/69


RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO

del 9 luglio 2019

sul programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2019 dell’Italia

(2019/C 301/12)

THE COUNCIL Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 121, paragrafo 2, e l’articolo 148, paragrafo 4,

visto il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 2,

visto il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (2), in particolare l’articolo 6, paragrafo 1,

vista la raccomandazione della Commissione europea,

viste le risoluzioni del Parlamento europeo,

viste le conclusioni del Consiglio europeo,

visto il parere del comitato per l’occupazione,

visto il parere del comitato economico e finanziario,

visto il parere del comitato per la protezione sociale,

visto il parere del comitato di politica economica,

considerando quanto segue:

(1)

Il 21 novembre 2018 la Commissione ha adottato l’analisi annuale della crescita, segnando l’inizio del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche 2019. Essa ha tenuto debitamente conto del pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017. Il Consiglio europeo del 21 marzo 2019 ha approvato le priorità indicate nell’analisi annuale della crescita. Il 21 novembre 2018 la Commissione ha anche adottato, sulla base del regolamento (UE) n. 1176/2011, la relazione sul meccanismo di allerta, in cui l’Italia è stata annoverata tra gli Stati membri da sottoporre a esame approfondito. Lo stesso giorno la Commissione ha altresì adottato una raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro, che è stata approvata dal Consiglio europeo del 21 marzo 2019. Il 9 aprile 2019 il Consiglio ha adottato la raccomandazione sulla politica economica della zona euro (3) («raccomandazione del 2019 per la zona euro»), che formula cinque raccomandazioni per la zona euro («raccomandazioni per la zona euro»).

(2)

In quanto Stato membro la cui moneta è l’euro e considerate le strette correlazioni fra le economie nell’Unione economica e monetaria, l’Italia dovrebbe assicurare l’attuazione piena e tempestiva della raccomandazione del 2019 per la zona euro, come riflessa nelle raccomandazioni di cui ai punti da 1 a 5. In particolare, le misure nel settore della pubblica amministrazione, della giustizia e della concorrenza contribuiranno all’attuazione della prima raccomandazione per la zona euro per quanto riguarda i mercati dei prodotti resilienti e la qualità delle istituzioni; una politica economica più mirata per quanto riguarda gli investimenti nei settori specificati e l’impiego delle entrate straordinarie per la riduzione del debito pubblico contribuiranno ad attuare la seconda raccomandazione per la zona euro per quanto riguarda il sostegno agli investimenti e la ricostituzione delle riserve; le misure volte a migliorare l’occupabilità e ad alleggerire l’onere fiscale sui fattori produttivi contribuiranno all’attuazione della terza raccomandazione per la zona euro per quanto riguarda il funzionamento del mercato del lavoro e le misure volte a migliorare i bilanci delle banche andranno nel senso della quarta raccomandazione per la zona euro per quanto riguarda la riduzione dei crediti deteriorati.

(3)

Il 27 febbraio 2019 è stata pubblicata la relazione per paese relativa all’Italia 2019, nella quale sono valutati i progressi compiuti dal paese nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese adottate dal Consiglio il 13 luglio 2018 (4), il seguito dato alle raccomandazioni specifiche per paese adottate negli anni precedenti e i progressi verso il conseguimento degli obiettivi nazionali di Europa 2020. La relazione per paese comprende altresì l’esame approfondito a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 1176/2011, i cui risultati sono stati pubblicati il 27 febbraio 2019. L’analisi ha portato la Commissione a concludere che l’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi. In particolare, l’elevato debito pubblico e la prolungata debolezza della dinamica della produttività comportano rischi di rilevanza transfrontaliera. Risulta particolarmente significativa la necessità di agire per ridurre il rischio di ripercussioni negative sull’economia italiana e, date le sue dimensioni e la sua rilevanza transfrontaliera, sull’Unione economica e monetaria.

(4)

L’Italia ha presentato il programma nazionale di riforma 2019 e il programma di stabilità 2019 il 19 aprile 2019. I due programmi sono stati valutati contemporaneamente onde tener conto delle loro correlazioni. Il programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia affronta solo in parte le questioni strutturali sollevate dalle raccomandazioni specifiche per paese del 2018, e mancano spesso informazioni dettagliate sui pochi nuovi impegni che contiene, nonché sul calendario per la loro attuazione. Tuttavia, la sua strategia di riforma si basa su importanti riforme già in cantiere in diversi settori, in ampia continuità rispetto ai precedenti programmi nazionali di riforma.

(5)

La programmazione dei fondi strutturali e d’investimento europei («fondi SIE») per il periodo 2014-2020 ha tenuto conto delle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese. Come previsto dall’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), ove necessario per sostenere l’attuazione delle raccomandazioni pertinenti del Consiglio la Commissione può chiedere allo Stato membro di rivedere e proporre di modificare il suo accordo di partenariato e i programmi rilevanti. La Commissione ha precisato i modi in cui conta di valersi di tale possibilità negli orientamenti sull’applicazione delle misure per collegare l’efficacia dei fondi SIE a una sana governance economica.

(6)

L’Italia è attualmente nel braccio preventivo del patto di stabilità e crescita ed è soggetta alla regola del debito. Nel programma di stabilità 2019 il governo prevede un aumento del disavanzo nominale dal 2,1 % del prodotto interno lordo (PIL) nel 2018 al 2,4 % nel 2019, seguito da un calo graduale al 2,1 % nel 2020 e all’1,5 % entro il 2022. Queste proiezioni presuppongono un aumento dell’IVA (1,3 % del PIL nel 2020 e 1,5 % del PIL a partire dal 2021), previsto per legge come «clausola di salvaguardia» per conseguire gli obiettivi di bilancio a partire dal 2020. In base al saldo strutturale ricalcolato (6), si prevede che l’obiettivo di bilancio a medio termine, che è stato modificato da una posizione di bilancio in pareggio in termini strutturali nel 2019 a un avanzo dello 0,5 % del PIL in termini strutturali a partire dal 2020, non sarà raggiunto entro il periodo di riferimento del programma. Secondo il programma di stabilità 2019, dopo l’aumento registrato nel 2018 (dal 131,4 % del PIL nel 2017 al 132,2 %) il rapporto debito pubblico/PIL è dato in aumento di 0,4 punti percentuali di PIL per attestarsi al 132,6 % nel 2019 e poi in discesa al 128,9 % entro il 2022. Queste proiezioni presuppongono proventi da privatizzazioni pari all’1 % del PIL nel 2019 e allo 0,3 % nel 2020. Lo scenario macroeconomico su cui si fondano tali proiezioni di bilancio è plausibile. Negli ultimi anni, tuttavia, gli aumenti dell’IVA previsti per legge come «clausole di salvaguardia» sono stati sistematicamente abrogati senza adeguate misure di finanziamento alternative e gli obiettivi in materia di privatizzazioni non sono stati raggiunti. Nell’ipotesi di politiche invariate, le previsioni di primavera 2019 della Commissione prospettano una crescita del PIL nominale più bassa e un disavanzo pubblico più elevato per il 2020 rispetto a quanto previsto nel programma di stabilità 2019. Le previsioni della Commissione non tengono conto dell’aumento dell’IVA previsto per legge come «clausola di salvaguardia» nel 2020.

(7)

A causa della non conformità dell’Italia alla regola del debito nel 2018, il 5 giugno 2019 la Commissione ha pubblicato una relazione preparata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato. Sulla base dell’esame di tutti i fattori significativi, la relazione conclude che il criterio del debito definito nel trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997 debba considerarsi come non rispettato e che, pertanto, una procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito sia giustificata.

(8)

A seguito della richiesta avanzata nel documento programmatico di bilancio 2019 riveduto, il programma di stabilità 2019 conferma che l’incidenza sul bilancio del crollo del ponte Morandi di Genova e delle condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse verificatesi nel 2018 è stata significativa e fornisce elementi di prova sufficienti della portata e della natura di tali costi di bilancio supplementari. In particolare, il programma di stabilità 2019 indica che il bilancio 2019 comprende spese eccezionali pari a circa lo 0,2 % del PIL in relazione a un programma di manutenzione straordinaria per la rete viaria e a un piano di prevenzione volto a limitare i rischi idrogeologici. In virtù del collegamento diretto con il crollo del ponte Morandi di Genova e le condizioni meteorologiche avverse del 2018, la spesa per la manutenzione stradale straordinaria e la prevenzione del rischio idrogeologico potrebbe essere trattata in applicazione della «clausola sugli eventi inconsueti». Secondo la Commissione, per queste misure la spesa aggiuntiva ammissibile nel 2019 ammonta allo 0,18 % del PIL. Tale spesa aggiuntiva rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1466/97, dato che il crollo del ponte Morandi di Genova e le condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse sono considerati eventi inconsueti che hanno rilevanti ripercussioni sulle finanze pubbliche dell’Italia e visto che la sostenibilità non sarebbe compromessa se si consentisse una deviazione temporanea dal percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine. La valutazione finale, anche per quanto riguarda gli importi ammissibili, sarà effettuata nella primavera del 2020 sulla base dei dati osservati per il 2019 forniti dalle autorità italiane.

(9)

Il 13 luglio 2018 il Consiglio ha raccomandato all’Italia di assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta (7) non superasse lo 0,1 % nel 2019, il che corrisponde a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Sulla base delle previsioni di primavera 2019 della Commissione, nel 2019 vi è il rischio di una deviazione significativa dal percorso raccomandato di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine. Tale conclusione rimarrebbe invariata anche se, nel 2019, dal requisito del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita si sottraesse l’incidenza sul bilancio del programma straordinario di manutenzione della rete viaria successivo al crollo del ponte Morandi di Genova e del piano di prevenzione volto a limitare i rischi idrogeologici dovuti a condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse.

(10)

Per il 2020, in considerazione del rapporto debito pubblico/PIL del paese al di sopra del 60 % del PIL e del previsto divario tra prodotto effettivo e prodotto potenziale pari a –0,1 %, in linea con l’aggiustamento strutturale dello 0,6 % del PIL imposto dalla matrice di aggiustamento concordata nell’ambito del patto di stabilità e crescita, la spesa pubblica primaria netta dovrebbe diminuire dello 0,1 % in termini nominali. Sulla base delle previsioni di primavera 2019 della Commissione a politiche invariate, nel 2020 vi è il rischio di una deviazione significativa dal requisito. Ad una prima analisi si prevede che l’Italia non soddisferà la regola del debito nel 2019 e nel 2020. Inoltre, l’elevato rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia attorno al 132 % del PIL implica che ingenti risorse devono essere destinate a coprire il servizio del debito, a scapito di voci aventi un maggiore effetto di stimolo della crescita, tra cui l’istruzione, l’innovazione e le infrastrutture. Nel complesso, il Consiglio è del parere che a partire dal 2019 l’Italia debba adottare i necessari provvedimenti per conformarsi alle disposizioni del patto di stabilità e crescita. Sarebbe importante impiegare eventuali entrate straordinarie per ridurre ulteriormente il rapporto debito pubblico/PIL.

(11)

Il sistema tributario italiano continua a gravare pesantemente sui fattori di produzione, a scapito della crescita economica. L’elevato carico fiscale sul lavoro e sul capitale scoraggia l’occupazione e gli investimenti. Il bilancio 2019 ha ridotto la pressione fiscale sui lavoratori autonomi e sulle piccole imprese, ma l’ha temporaneamente aumentata sulle imprese a livello aggregato, in particolare sugli istituti finanziari. Dato che le basi imponibili meno penalizzanti per la crescita, come il patrimonio e i consumi, sono sottoutilizzate, vi sono margini per alleggerire il carico fiscale sul lavoro e sul capitale senza gravare sul bilancio dello Stato. L’imposta patrimoniale ricorrente sulla prima casa è stata abrogata nel 2015, anche per i nuclei familiari più abbienti. Inoltre i valori catastali dei terreni e dei beni, che costituiscono la base per il calcolo dell’imposta sui beni immobili, sono in gran parte non aggiornati ed è ancora in itinere la riforma tesa ad allinearli ai valori di mercato correnti. Il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali, in particolare per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto, sono elevati e la loro razionalizzazione è stata sistematicamente rinviata negli ultimi anni. Vi è inoltre margine per alleggerire l’onere sulle imprese e le famiglie in regola con il pagamento delle imposte, riducendo la complessità del regime tributario e aumentando il livello complessivo di adempimento degli obblighi fiscali. In particolare, il divario dell’IVA (ossia la differenza tra il gettito dell’IVA teorico e quello effettivamente incassato) è tra i più elevati dell’Unione ed è determinato, tra gli altri fattori, dall’elevato livello di evasione fiscale, connesso in particolar modo all’omessa fatturazione. La trasmissione elettronica obbligatoria delle ricevute per tutte le operazioni commerciali con i consumatori finali rappresenta un passo in avanti per colmare il divario. Negli ultimi anni, tuttavia, sono stati innalzati i limiti legali per i pagamenti in contanti, misura che potrebbe scoraggiare l’uso dei pagamenti elettronici, la cui promozione, invece, potrebbe incentivare l’emissione di fatture e scontrini fiscali, migliorando in tal modo l’adempimento degli obblighi tributari.

(12)

La spesa dell’Italia per le pensioni, pari a circa il 15 % del PIL nel 2017, è tra le più elevate dell’Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell’indice di dipendenza degli anziani. Il bilancio 2019 e il decreto legge di attuazione del nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 tornano indietro su elementi delle precedenti riforme delle pensioni, aggravando la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche. Queste nuove norme aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica a medio periodo. Tra il 2019 e il 2021 il nuovo regime di pensionamento anticipato («quota 100») consentirà alle persone che hanno versato 38 anni di contributi di andare in pensione a 62 anni. È stato inoltre esteso l’ambito di applicazione delle disposizioni vigenti in materia di pensionamento anticipato, in particolare sospendendo fino al 2026 l’indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo, introdotta dalle precedenti riforme pensionistiche. Per queste misure il bilancio 2019 ha stanziato lo 0,2 % del PIL nel 2019 e lo 0,5 % del PIL nel 2020 e nel 2021, ma si prevedono costi aggiuntivi anche per gli anni successivi. L’elevata spesa pubblica per le pensioni comprime altri elementi della spesa sociale e di spesa pubblica a favore della crescita, come l’istruzione e gli investimenti, e riduce i margini per diminuire la pressione fiscale complessivamente elevata e il consistente debito pubblico. Inoltre, l’ampliamento della possibilità di pensionamento anticipato potrebbe ripercuotersi negativamente sull’offerta di lavoro, in un contesto in cui l’Italia è già al di sotto della media dell’Unione per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori anziani (55-64 anni) all’occupazione, il che ostacolerebbe la crescita potenziale e aggraverebbe la sostenibilità del debito pubblico. Al fine di limitare l’aumento della spesa per le pensioni, dovrebbero essere pienamente attuate le già adottate riforme pensionistiche volte a ridurre le passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione. Si potrebbero inoltre conseguire risparmi intervenendo su pensioni di importo elevato che non corrispondono ai contributi versati, nel rispetto dei principi di equità e di proporzionalità.

(13)

Nonostante il rallentamento dell’economia, l’occupazione ha continuato ad aumentare nel 2018, anche se a un ritmo leggermente più lento rispetto all’anno precedente. Il numero di occupati ha raggiunto i 23,2 milioni alla fine dell’anno, superando i livelli pre-crisi. Lo scorso anno il tasso di occupazione (20-64 anni) è salito al 63 %, ma è ancora molto al di sotto della media dell’Unione (73,2 %). Inoltre, i divari tra le regioni sono considerevoli e il mercato del lavoro rimane segmentato, con un ulteriore aumento della quota di contratti a tempo determinato nel 2018. Il tasso di disoccupazione è sceso al 10,6 %. La disoccupazione di lunga durata e quella giovanile restano elevate e gravano sulla crescita potenziale e sulla coesione sociale. L’inattività è più diffusa tra le donne, le persone scarsamente qualificate e i giovani. Inoltre, la percentuale di giovani (15-24 anni) non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione, pari al 19,2 % nel 2018, è la più alta dell’Unione. È molto diffuso anche il tempo parziale involontario, il che indica un persistente ristagno del mercato del lavoro.

(14)

Le disparità di reddito e il rischio di povertà sono elevati, con ampie differenze regionali e territoriali. Nel 2017 il 28,9 % della popolazione era a rischio di povertà o di esclusione sociale, una percentuale superiore ai livelli pre-crisi e ben al di sopra della media dell’Unione del 2017 (22,4 %). Sono particolarmente esposti i minori, soprattutto quelli provenienti da un contesto migratorio. La povertà lavorativa, in particolare tra i lavoratori temporanei e le persone provenienti da un contesto migratorio, è elevata e in aumento. I lavoratori autonomi, che rappresentano il 20,8 % della forza lavoro (contro una media dell’Unione del 13,7 %), sono generalmente meno tutelati contro i rischi sociali rispetto ai lavoratori dipendenti. È problematico anche l’accesso a un alloggio adeguato e a prezzi accessibili e l’erogazione di servizi sociali resta insufficiente e frammentata. Gli effetti dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà e delle disuguaglianze sono tra i più ridotti dell’Unione. Il piano di lotta alla povertà introdotto nel 2018 è stato sostituito da un nuovo importante regime, il reddito di cittadinanza, che mantiene un approccio di inclusione attiva, soggetta a determinate condizioni. Il considerevole onere amministrativo gravante sui servizi per l’impiego e i servizi sociali costituisce una sfida per l’attuazione della riforma. La sua incidenza effettiva dipenderà dall’efficacia delle politiche volte a integrare le persone nel mercato del lavoro o nei percorsi di formazione, dalla disponibilità di servizi sociali personalizzati e dai controlli. In particolare, l’effettiva capacità di coinvolgere le persone più bisognose influirà sull’impatto del nuovo regime sulla riduzione della povertà e dell’esclusione sociale. La situazione del sistema sanitario è complessivamente buona, nonostante una spesa al di sotto della media dell’Unione. Tuttavia, la prestazione di servizi di assistenza sanitaria varia notevolmente da una regione all’altra, con ripercussioni sull’accesso, l’equità e l’efficienza, e potrebbe essere migliorata grazie a una gestione amministrativa più efficiente e al monitoraggio dell’erogazione di livelli standard di servizio. Maggiori servizi di assistenza a domicilio e sul territorio e servizi di assistenza a lungo termine sono fondamentali per fornire sostegno alle persone con disabilità e ad altri gruppi svantaggiati.

(15)

Il lavoro sommerso è diffuso in Italia, in particolare nelle regioni meridionali. Secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica, l’economia non osservata rappresentava circa 210 miliardi di EUR (12,4 % del PIL) nel 2016. Di questi, circa il 37,2 % è imputabile al lavoro sommerso. Il fenomeno riguarda in particolare i gruppi più vulnerabili come i migranti, le donne e i minori. Il nuovo Ispettorato nazionale del lavoro, operativo dal 2017, si è concentrato in particolare sul fenomeno del caporalato nel settore dell’agricoltura, caratterizzato da un elevato tasso di irregolarità e dal rischio di sfruttamento lavorativo, in particolare dei migranti irregolari. Oltre a un attento monitoraggio delle misure adottate di recente, sono necessari ulteriori provvedimenti intesi ad affrontare e prevenire il lavoro sommerso e lo sfruttamento e a garantire l’equità e la sicurezza delle condizioni di lavoro. Infine, è importante garantire che le modalità di applicazione del reddito di cittadinanza massimizzino gli incentivi al lavoro regolare e la trasformazione del lavoro sommerso in occupazione regolare, sia attraverso un attento monitoraggio sia attraverso incentivi positivi.

(16)

Migliorare i servizi pubblici per l’impiego, fornendo maggiori risorse e servizi di migliore qualità, è fondamentale per attuare la riforma del nuovo reddito di cittadinanza. Nel contesto di questo nuovo sistema di erogazione di un reddito di cittadinanza per i lavoratori a basso reddito e i disoccupati, efficaci politiche attive del mercato del lavoro sono uno strumento importante per ridurre gli attriti del mercato del lavoro e incentivare le persone a cercare un impiego. A tale riguardo è fondamentale che i servizi per l’impiego siano dotati di personale qualificato e in numero sufficiente. Servizi efficaci di assistenza nella ricerca di un posto di lavoro volti a migliorare la formazione e il miglioramento delle competenze sono fondamentali al fine di migliorare la mobilità dei lavoratori e fornire loro le giuste competenze per raccogliere le future sfide del mercato del lavoro e affrontare un contesto lavorativo sempre più impegnativo e competitivo. Di recente sono state adottate alcune misure per rendere più efficaci le politiche attive del mercato del lavoro, come la definizione di indicatori di monitoraggio e standard minimi, l’adozione di una strategia per i disoccupati di lunga durata e lo sviluppo di uno strumento per la profilazione qualitativa. Tuttavia, l’efficienza complessiva dei servizi pubblici per l’impiego e la loro capacità di trovare posti di lavoro per i disoccupati restano modeste, le prestazioni variano notevolmente tra le regioni e l’integrazione con le politiche sociali ed educative è limitata. Anche la cooperazione con i datori di lavoro è di modesta entità.

(17)

Il divario di genere nei livelli di occupazione in Italia rimane uno dei più elevati dell’Unione e il tasso di occupazione delle donne, sebbene in lieve aumento, è di gran lunga inferiore alla media dell’Unione (53,1 % contro il 67,4 % nel 2018). Gli investimenti nei servizi di assistenza e nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro rimangono insufficienti, così come le misure volte a promuovere le pari opportunità e adeguate politiche in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata. Ciononostante, manca ancora una strategia organica per promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Sebbene il congedo di paternità obbligatorio sia stato marginalmente allungato, passando da quattro a cinque giorni, il sistema dei congedi parentali rimane inadeguato e, unitamente a servizi di assistenza per l’infanzia e a lungo termine poco sviluppati, tende a ostacolare l’occupazione delle donne con figli o con familiari che necessitano di assistenza. Nel 2017 solo il 28,6 % dei bambini di età inferiore ai tre anni era inserito in strutture formali di educazione della prima infanzia, un dato ben al di sotto della media dell’Unione. Gli investimenti nell’assistenza all’infanzia, nell’assistenza sanitaria e nell’assistenza a lungo termine dovrebbero tenere conto delle ampie disparità geografiche nella disponibilità dei servizi. Inoltre il cuneo fiscale elevato per il secondo percettore di reddito riduce l’incentivo finanziario per le donne a lavorare. Una maggiore partecipazione delle donne alla forza lavoro, corrispondente a maggiori tassi di partecipazione in generale, potrebbe favorire la crescita economica aumentando l’offerta di manodopera, alleviare la povertà e attenuare i rischi sociali e finanziari derivanti dall’invecchiamento della popolazione.

(18)

La riforma inizialmente prevista del quadro di contrattazione collettiva mirava ad allineare maggiormente le retribuzioni alle condizioni economiche a livello regionale e aziendale. Nel marzo 2018 Confindustria ha firmato un accordo quadro con i tre principali sindacati italiani (Cgil, Cisl e Uil) per ampliare la contrattazione di secondo livello. Inoltre, l’accordo aumenta la certezza del diritto stabilendo regole più chiare per la rappresentanza delle parti sociali nei negoziati e introduce un algoritmo migliorato per la fissazione dei minimi salariali. Il primo accordo di attuazione in materia di rappresentanza, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è stato firmato a fine 2018 dall’associazione dei datori di lavoro e dai tre principali sindacati.

(19)

Gli investimenti nell’istruzione e nelle competenze sono fondamentali per promuovere una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante. Il tasso di abbandono scolastico (abbandono scolastico precoce) rimane ben al di sopra della media dell’Unione (14,5 % contro 10,6 % nel 2018) e vi sono ampie differenze regionali e territoriali in termini di risultati scolastici. Mentre la quota dei finanziamenti destinati all’istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con la media dell’Unione, ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti potrebbero contribuire a migliorare i risultati dell’apprendimento. Il sistema di reclutamento è eccessivamente incentrato sulle conoscenze anziché sulle competenze, e la componente relativa alla formazione è limitata. Inoltre, gli stipendi degli insegnanti italiani rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito. Ciò si traduce in una scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti. Il sistema di apprendistato stava acquistando slancio negli ultimi anni, ma le misure adottate lo hanno ridimensionato. Gli studenti e gli adulti italiani ottengono risultati tra i peggiori dell’Unione per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base. La partecipazione degli adulti all’apprendimento è molto limitata ed è in calo, in un contesto in cui il divario occupazionale tra lavoratori altamente qualificati e lavoratori scarsamente qualificati è tra i più elevati dell’Unione. Le competenze digitali sono quelle che più richiedono di essere migliorate. Finora si sono registrati progressi limitati nello sviluppo delle competenze e delle infrastrutture digitali; investire nel capitale umano è un prerequisito per stimolare gli investimenti pubblici e privati e le attuali misure volte a promuovere le competenze digitali e l’apprendimento degli adulti non si inquadrano in un approccio organico; i livelli delle competenze digitali di base e avanzate sono inferiori alla media dell’Unione: solo il 44 % delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57 % nell’Unione).

(20)

Gli scarsi investimenti nelle competenze stanno rallentando la transizione dell’Italia verso un’economia basata sulla conoscenza, frenando la crescita della produttività e limitando il potenziale per migliorare la competitività non di prezzo e la crescita del PIL. Le lacune in materia di istruzione contribuiscono anche a spiegare la minore produttività delle microimprese e delle piccole imprese italiane rispetto a quelle di paesi comparabili. L’istruzione terziaria risente della mancanza di finanziamenti e delle carenze di organico e l’istruzione terziaria professionalizzante è limitata nonostante gli elevati tassi di occupabilità. La percentuale di laureati rimane modesta (27,9 % della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni nel 2018) e si associa a una disponibilità relativamente bassa di diplomati in possesso di un titolo di studio post-secondario, in particolare nei settori scientifici e tecnici; investimenti mirati nelle competenze sono indispensabili per stimolare gli investimenti sia pubblici che privati, in particolare in attività immateriali. È necessario stimolare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza e rafforzare le competenze specifiche, come quelle digitali e finanziarie.

(21)

Resta limitata, in particolare nell’Italia meridionale, l’adozione da parte delle imprese più piccole di strategie volte ad aumentare la produttività, quali l’innovazione dei prodotti, dei processi e dell’organizzazione. Dai primi anni 2000 gli investimenti in attività immateriali sono notevolmente inferiori alla media dell’Unione. La spesa delle imprese per la ricerca e lo sviluppo è pari a quasi la metà del livello medio di spesa della zona euro. Il sostegno pubblico alla spesa delle imprese destinata alla ricerca e allo sviluppo rimane modesto, sebbene stia migliorando grazie all’accresciuto ruolo degli incentivi fiscali. Anche la spesa pubblica destinata alla ricerca e allo sviluppo è inferiore alla media della zona euro. Bassi livelli di innovazione potrebbero anche rallentare la transizione verso un’economia verde. Per migliorare i risultati dell’Italia in materia di innovazione sono necessari ulteriori investimenti in attività immateriali, così come una maggiore attenzione al trasferimento di tecnologie, tenendo conto delle debolezze a livello regionale e delle dimensioni delle imprese. Nel bilancio sono state recentemente annunciate alcune misure volte a promuovere le tecnologie innovative. Il sostegno pubblico alla spesa delle imprese per la ricerca e lo sviluppo può essere migliorato mediante una combinazione equilibrata di misure dirette e indirette e una valutazione approfondita degli incentivi fiscali a carattere temporaneo esistenti, al fine di rendere permanenti quelli che si sono dimostrati più efficienti. Le misure a sostegno della conoscenza (come i cluster tecnologici) e della cooperazione tra imprese aiutano soprattutto le imprese più piccole ad affrontare queste difficoltà e ad aumentare la loro bassa produttività.

(22)

Sono necessari investimenti per migliorare la qualità e la sostenibilità delle infrastrutture del paese. Nel settore dei trasporti l’Italia non ha conseguito gli obiettivi della sua strategia di investimento nelle infrastrutture («Connettere l’Italia»). I progressi nella realizzazione degli investimenti previsti nel trasporto ferroviario e stradale e nella mobilità urbana sostenibile sono stati molto limitati. Le cause vanno ravvisate nei ritardi amministrativi, nelle inefficienze a livello di spesa e nell’attuazione incompleta del codice sugli appalti e le concessioni e sul contenzioso. Il quadro di valutazione dei trasporti dell’Unione indica un livello di qualità delle infrastrutture italiane inferiore alla media dell’Unione. Lo stato di manutenzione è una chiara fonte di preoccupazione, come dimostrato dal crollo del ponte Morandi a Genova. Il governo ha dato priorità alle attività di manutenzione e messa in sicurezza con un piano di monitoraggio dello stato di manutenzione di tutte le infrastrutture e la creazione di una nuova agenzia incaricata della sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e stradali. A tale riguardo, per il 2019 è stato concesso all’Italia un ammontare di flessibilità di 1 miliardo di EUR rispetto alle norme fiscali dell’Unione in relazione a un piano di investimenti per la sicurezza delle infrastrutture stradali simili al ponte Morandi. Investire nel trasporto e nelle infrastrutture sostenibili è anche un modo per affrontare le sfide ambientali. Occorrono investimenti verdi consistenti per conseguire gli ambiziosi obiettivi dell’Unione in materia di energia e clima per il 2030. Il piano nazionale integrato per l’energia e il clima è un documento di orientamento fondamentale per stabilire le esigenze di investimento nel campo della decarbonizzazione e dell’energia. Sono necessari investimenti per migliorare le infrastrutture energetiche, che contribuirebbero a rendere il sistema energetico più resiliente, pulito, sicuro e flessibile, rafforzando nel contempo l’integrazione del mercato e riducendo i divari di prezzo. La rete elettrica italiana non è ancora sufficientemente attrezzata per far fronte all’aumento degli scambi transfrontalieri e alla diffusione delle energie rinnovabili variabili previsti per il 2030. Sono necessari investimenti nella prevenzione del rischio sismico e idrogeologico onde ridurre la spesa per l’emergenza, anche quella destinata alle infrastrutture. Per il 2019 all’Italia è stato concesso un margine di flessibilità di 2,1 miliardi di EUR rispetto alle norme fiscali dell’Unione per garantire la prevenzione dei principali rischi idrogeologici. Infine, al Sud vengono fatti pochi investimenti efficaci nelle infrastrutture per la gestione dei rifiuti e nelle infrastrutture idriche, a fronte di persistenti rischi di scarsità di acqua e di siccità. La frammentazione del settore, unita al profilo di credito debole degli operatori più piccoli, rimane un ostacolo agli investimenti. Inoltre gli investimenti, inclusi quelli in risposta ai cambiamenti climatici, a favore della sostenibilità ambientale, della prevenzione dei rischi e della connettività rurale, contribuirebbero anche ad appianare le disparità regionali. Nelle zone rurali, inoltre, la rete a banda larga è meno avanzata: per quanto riguarda la copertura della banda larga ultraveloce (almeno 100 Mbit/s) l’Italia è ancora in ritardo rispetto alla media dell’Unione (solo il 24 % rispetto alla media dell’Unione del 60 %) e figura in fondo alla lista dei paesi (al ventisettesimo posto), con un tasso di crescita ancora molto moderato. Sia la copertura che la diffusione della banda larga ultraveloce mostrano risultati molto al di sotto della media dell’Unione.

(23)

La scarsa capacità del settore pubblico, soprattutto a livello locale, di amministrare i finanziamenti rappresenta una barriera agli investimenti in tutti i settori, a causa della complessità delle procedure, della sovrapposizione delle responsabilità e della gestione carente del pubblico impiego. L’inadeguatezza delle competenze nel settore pubblico limita la capacità di valutare, selezionare e gestire i progetti di investimento. Ciò incide negativamente anche sull’utilizzo dei fondi dell’Unione, ambito in cui l’Italia è indietro rispetto alla media dell’Unione. La qualità inferiore della governance nell’Italia meridionale limita seriamente la capacità di spesa e di definizione delle politiche in queste regioni. Il miglioramento della capacità amministrativa è un presupposto indispensabile per garantire l’efficacia nell’erogazione degli investimenti pubblici e l’utilizzo dei fondi dell’Unione, con effetti di ricaduta positivi sugli investimenti privati e la crescita del PIL. Tali miglioramenti potrebbero accrescere l’impatto degli investimenti nella banda larga, nei trasporti, nella gestione delle risorse idriche e nell’economia circolare, in particolare nelle regioni dell’Italia meridionale, le quali sono in ritardo soprattutto in termini di investimenti immateriali. Il miglioramento della capacità amministrativa delle amministrazioni centrali e locali avrebbe un impatto positivo sulla pianificazione, la valutazione e il monitoraggio dei progetti di investimento, contribuendo anche all’individuazione e alla rimozione di eventuali ostacoli.

(24)

Accrescere l’efficienza della pubblica amministrazione italiana e la sua capacità di rispondere alle esigenze delle imprese avrebbe un impatto positivo sul contesto imprenditoriale e sugli investimenti, così come sulla capacità delle imprese di sfruttare le opportunità di innovazione. Nel 2015 è stata adottata un’ampia legge delega di riforma della pubblica amministrazione che ha affrontato gran parte delle fonti di inefficienza, quali la lunghezza e la complessità delle procedure, la mancanza di trasparenza, la gestione inefficace del pubblico impiego, la gestione inefficiente delle imprese di proprietà pubblica e la scarsa digitalizzazione. Alla fine del 2017 la riforma era stata attuata per la maggior parte e l’applicazione è in corso, con il sostegno della nuova legge «Concretezza». Tuttavia, la pianificazione incoerente, le scarse risorse finanziarie e l’insufficiente coordinamento stanno ritardando l’attuazione dei servizi pubblici digitali in settori fondamentali che contribuirebbero a ridurre la complessità e ad aumentare la trasparenza, come quello dei sistemi di pagamento online. L’elevata età media dei dipendenti pubblici e il basso livello medio delle loro competenze digitali rallentano ulteriormente il processo. Eppure, quando obiettivi chiari si combinano a un’applicazione efficace, i risultati sono evidenti, come nel caso del rapido sviluppo del mercato elettronico della pubblica amministrazione e della fatturazione elettronica. La riforma della pubblica amministrazione del 2015 prevedeva anche un nuovo quadro di riforma della gestione dei servizi pubblici locali. A novembre 2016 la Corte Costituzionale italiana ha tuttavia dichiarato l’incostituzionalità della procedura seguita per l’adozione di diversi decreti legislativi, compreso quello in materia di servizi pubblici locali. Occorre pertanto una nuova iniziativa legislativa per promuovere l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali, che includa l’attribuzione di priorità alle procedure di gara concorrenziali rispetto alle attribuzioni interne o alle sovvenzioni dirette.

(25)

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 (NADEF 2018) ha individuato nella preparazione dei progetti e nel miglioramento della qualità del ciclo di vita dei progetti fattori critici per il rilancio di investimenti efficaci in Italia. Nello stesso documento è stata indicata la costituzione di un fondo specifico di sovvenzioni per la preparazione e la revisione dei principali progetti infrastrutturali. È stato inoltre previsto un altro fondo di sovvenzioni per la preparazione di progetti minori attuati dagli enti locali. Tuttavia, i decreti attuativi relativi a entrambi i fondi non sono ancora stati emessi e la dotazione ad essi assegnata potrebbe essere inferiore a quella inizialmente presentata nel DEF 2018. Nella legge di bilancio per il 2019 si fa riferimento alla creazione di una «Centrale per la progettazione», ma essa non è ancora operativa e la sua creazione sembra imporre uno sforzo a più lungo termine. Per quanto riguarda il funzionamento, non è chiaro in che modo la Centrale per la progettazione interagirà con i comuni e gli altri enti locali.

(26)

Il miglioramento del contesto in cui operano le imprese agevolerebbe l’imprenditorialità e migliori condizioni concorrenziali favorirebbero anch’esse un’allocazione più efficiente delle risorse e aumenti di produttività. La legge annuale sulla concorrenza del 2015, adottata ad agosto 2017, deve essere attuata adeguatamente. Permangono inoltre ostacoli rilevanti alla concorrenza in alcuni settori, tra cui i servizi alle imprese e il commercio al dettaglio. Migliorare la qualità del quadro normativo garantirebbe condizioni di parità sia per le piattaforme innovative che per gli operatori tradizionali, liberando tutto il potenziale dell’economia collaborativa e una concorrenza più equa in tutti i settori. Un aumento delle procedure competitive per l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico e delle concessioni per l’accesso ai beni pubblici avrebbe un impatto positivo sulla qualità dei servizi. La mancanza di una regolamentazione stabile nel sistema degli appalti pubblici potrebbe compromettere alcuni benefici fondamentali delle riforme precedenti e contribuire a rinviare gli investimenti. La vigilanza del mercato dei prodotti è ripartita tra varie organizzazioni, presenta numerose sovrapposizioni e manca di sistemi per un coordinamento efficiente, il che riduce l’efficacia dei controlli intesi a impedire la concorrenza sleale da parte delle imprese inadempienti.

(27)

La scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano continua a destare preoccupazione. Nel 2017 il tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali in Italia era ancora il più lungo dell’Unione in tutti i gradi di giudizio. Sebbene la durata dei procedimenti sia aumentata nel primo grado di giudizio rispetto al 2016, le riforme passate cominciano a incidere positivamente sulla durata dei processi nei gradi di giudizio superiori, ma rimane ancora margine per limitare gli abusi del processo e garantire un funzionamento più efficiente dei tribunali. Presso la Corte suprema di Cassazione l’elevato numero di cause in entrata, combinato ai tassi di smaltimento inferiori della sua sezione tributaria, incide negativamente sull’efficienza generale della Corte e solleva preoccupazioni per la qualità del sistema della giustizia tributaria nel primo e secondo grado di giudizio. Nel complesso, norme procedurali più semplici fatte rispettare adeguatamente potrebbero contribuire ad accelerare in modo decisivo i processi civili. A tale riguardo è stata annunciata una riforma per semplificare la procedura civile, che però non è ancora stata presentata al Parlamento. Altre difficoltà sono connesse all’utilizzo tuttora limitato e incoerente del filtro di inammissibilità per gli appelli al giudice di secondo grado, ai numerosi posti vacanti per il personale amministrativo e alle differenze che persistono tra i tribunali per quanto riguarda l’efficacia della gestione dei casi.

(28)

Di recente l’Italia ha compiuto alcuni progressi per migliorare il quadro anticorruzione, anche mediante una migliore protezione dei dipendenti che segnalano illeciti (i whistleblower), il rafforzamento del ruolo dell’autorità nazionale anticorruzione nella sua attuazione e una nuova legge anticorruzione del gennaio 2019. Quest’ultima mira a favorire l’individuazione e la repressione della corruzione mediante sanzioni più severe, migliori tecniche investigative e un regime di clemenza per coloro che denunciano la corruzione. La legge, inoltre, interrompe i termini di prescrizione dopo una condanna in primo grado, ma solo a partire dal 2020: ciò costituisce un passo positivo, atteso da tempo, in linea con gli standard internazionali. La repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi. Inoltre, permangono lacune nel perseguimento di reati specifici, quali l’appropriazione indebita di denaro pubblico.

(29)

Le banche italiane hanno continuato a registrare buoni progressi nel risanamento dei bilanci, nonostante le rinnovate pressioni registrate sul mercato. Tuttavia, a causa della loro elevata esposizione alle obbligazioni sovrane, la volatilità del mercato ha inciso negativamente sulle loro posizioni patrimoniali, esercitando pressioni sui costi di provvista e rendendo più difficile l’accesso alla provvista all’ingrosso non garantita. Per salvaguardare ulteriormente la stabilità finanziaria e rafforzare l’erogazione di credito all’economia, continua a essere giustificata la costante riduzione degli stock di crediti deteriorati e incagli ereditati dal passato, in particolare quelli delle banche piccole e di secondo livello. Inoltre, per rafforzare la resilienza del sistema agli shock esterni, è opportuno che le banche, soprattutto quelle più piccole, progrediscano verso il rispetto dei requisiti regolamentari in materia di provvista. È importante affrontare anche il nodo della redditività delle banche, strutturalmente bassa, aumentando l’efficienza e ottimizzando i modelli aziendali. L’attuazione tempestiva dei decreti di riforma in materia di insolvenza aiuterebbe a superare la persistente lentezza nei procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie e a rafforzare ulteriormente la resilienza del settore bancario. Qualsiasi compensazione concessa dallo Stato ad azionisti e detentori al dettaglio di debito subordinato di banche soggette a procedure di liquidazione amministrativa passate dovrebbe essere rigorosamente mirata a far fronte alle conseguenze sociali delle vendite fraudolente avvenute in passato. La governance del sistema bancario dovrebbe essere ulteriormente migliorata, con il tempestivo completamento della riforma del 2015 delle grandi banche popolari dopo aver fatto chiarezza giuridica in materia.

(30)

Il credito bancario continua a essere la principale fonte di finanziamento delle imprese. Tuttavia, le imprese più piccole e innovative faticano ancora ad accedere al credito, soprattutto nel Mezzogiorno. Il mercato dei capitali è poco sviluppato rispetto ad altri Stati membri, anche a causa di fattori che limitano la domanda, come il basso livello di educazione finanziaria, il timore di perdere il controllo sull’attività aziendale e gli onerosi adempimenti amministrativi. Negli ultimi anni sono state introdotte varie misure per migliorare l’accesso ai finanziamenti, per larga parte concentrate sul canale del credito bancario, sebbene anche misure basate sul mercato come i mini-bond, il mercato degli investimenti alternativi, il venture capital e il sostegno pubblico diretto abbiano aiutato le imprese più piccole e innovative ad accedere ai finanziamenti. L’abolizione dell’incentivo al ricorso al capitale proprio (ACE) nel bilancio 2019 potrebbe ridurre gli incentivi per le imprese a ricorrere al finanziamento mediante capitale di rischio. Per promuovere efficacemente l’accesso ai finanziamenti non bancari occorre tener conto delle esigenze delle imprese più piccole e innovative, così come della capacità degli investitori di valutare i progetti di investimento. Diversificare le fonti di finanziamento proteggerebbe meglio gli investimenti delle imprese dagli shock del settore bancario, sostenendo nel contempo l’innovazione e la crescita.

(31)

La programmazione dei fondi dell’Unione per il periodo 2021-2027 potrebbe contribuire a colmare alcune delle lacune individuate nelle raccomandazioni, in particolare nei settori di cui all’allegato D della relazione per paese del 2019, consentendo all’Italia di impiegare al meglio tali fondi per i settori individuati, tenendo conto delle disparità regionali. Rafforzare la capacità amministrativa del paese per la gestione di questi fondi è un fattore importante per il successo dell’investimento.

(32)

Nell’ambito del semestre europeo 2019 la Commissione ha effettuato un’analisi completa della politica economica dell’Italia, che ha pubblicato nella relazione per paese 2019. Ha altresì valutato il programma di stabilità 2019, il programma nazionale di riforma 2019 e il seguito dato alle raccomandazioni rivolte all’Italia negli anni precedenti. La Commissione ha tenuto conto non soltanto della loro pertinenza ai fini della sostenibilità della politica fiscale e della politica socioeconomica dell’Italia, ma anche della loro conformità alle norme e agli orientamenti dell’Unione, data la necessità di rafforzare la governance economica dell’Unione nel suo insieme offrendo un contributo a livello dell’Unione per le future decisioni nazionali.

(33)

Alla luce di tale valutazione, il Consiglio ha esaminato il programma di stabilità 2019 e il suo parere (8) trova riscontro, in particolare, nella raccomandazione di cui al punto 1.

(34)

Alla luce dell’esame approfondito della Commissione e della citata valutazione, il Consiglio ha esaminato il programma nazionale di riforma 2019 e il programma di stabilità 2019. Le sue raccomandazioni a norma dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 1176/2011 trovano riscontro nelle raccomandazioni di cui ai punti da 1 a 5. Tali raccomandazioni contribuiscono anche all’attuazione delle prime quattro raccomandazioni per la zona euro. Le politiche fiscali cui si fa riferimento nella raccomandazione 1 contribuiscono tra l’altro a correggere gli squilibri legati all’elevato debito pubblico,

RACCOMANDA che l’Italia adotti provvedimenti nel 2019 e nel 2020 al fine di:

1.   

assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL; utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l’evasione fiscale, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione, tra l’altro potenziando i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita;

2.   

intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano in particolare i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali;

3.   

incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l’innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali; migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza;

4.   

ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già all’esame del legislatore, ponendo in particolare l’accento sui regimi di insolvenza; migliorare l’efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali;

5.   

favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l’efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista; migliorare il finanziamento non bancario per le imprese più piccole e innovative.

Fatto a Bruxelles, il 9 luglio 2019

Per il Consiglio

Il presidente

M. LINTILÄ


(1)  GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1.

(2)  GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25.

(3)  GU C 136 del 12.4.2019, pag. 1.

(4)  GU C 136 del 12.4.2019, pag. 48.

(5)  Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).

(6)  Saldo corretto per il ciclo al netto delle misure una tantum e temporanee, ricalcolato dalla Commissione utilizzando la metodologia concordata.

(7)  La spesa pubblica primaria netta si compone della spesa pubblica totale al netto della spesa per interessi, della spesa relativa a programmi dell’Unione interamente coperta da entrate provenienti da fondi dell’Unione e delle modifiche non discrezionali nella spesa per le indennità di disoccupazione. La formazione lorda di capitale fisso finanziata a livello nazionale è spalmata su un periodo di quattro anni. Rientrano nel calcolo le misure discrezionali in materia di entrate o gli aumenti delle entrate obbligatori per legge, mentre sono escluse le misure una tantum sia per quanto riguarda le entrate che per quanto riguarda la spesa.

(8)  A norma dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1466/97.