10.9.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 320/48


RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO

del 13 luglio 2018

sul programma nazionale di riforma 2018 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2018 dell'Italia

(2018/C 320/11)

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 121, paragrafo 2, e l'articolo 148, paragrafo 4,

visto il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (1), in particolare l'articolo 5, paragrafo 2,

visto il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (2), in particolare l'articolo 6, paragrafo 1,

vista la raccomandazione della Commissione europea,

viste le risoluzioni del Parlamento europeo,

viste le conclusioni del Consiglio europeo,

visto il parere del comitato per l'occupazione,

visto il parere del comitato economico e finanziario,

visto il parere del comitato per la protezione sociale,

visto il parere del comitato di politica economica,

considerando quanto segue:

(1)

Il 22 novembre 2017 la Commissione ha adottato l'analisi annuale della crescita, segnando l'inizio del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche 2018. Essa ha tenuto debitamente conto del pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017. Il Consiglio europeo del 22 marzo 2018 ha approvato le priorità indicate nell'analisi annuale della crescita. Il 22 novembre 2017 la Commissione ha anche adottato, sulla base del regolamento (UE) n. 1176/2011, la relazione sul meccanismo di allerta, in cui l'Italia è stata annoverata tra gli Stati membri da sottoporre a esame approfondito. Lo stesso giorno la Commissione ha altresì adottato una raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro, che è stata approvata dal Consiglio europeo del 22 marzo 2018. Il 14 maggio 2018 il Consiglio ha adottato la raccomandazione sulla politica economica della zona euro (3) («raccomandazione per la zona euro»).

(2)

In quanto Stato membro la cui moneta è l'euro e considerate le strette correlazioni fra le economie nell'Unione economica e monetaria, l'Italia dovrebbe assicurare l'attuazione piena e tempestiva della raccomandazione per la zona euro, come riflessa nelle raccomandazioni di cui ai punti da 1 a 4.

(3)

Il 7 marzo 2018 è stata pubblicata la relazione per paese relativa all'Italia 2018, nella quale sono valutati i progressi compiuti dall'Italia nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese adottate dal Consiglio l'11 luglio 2017 (4), il seguito dato alle raccomandazioni specifiche per paese adottate negli anni precedenti e i progressi verso il conseguimento degli obiettivi nazionali di Europa 2020. La relazione per paese comprende altresì l'esame approfondito a norma dell'articolo 5 del regolamento (UE) n. 1176/2011, i cui risultati sono stati pubblicati lo stesso 7 marzo 2018. L'analisi ha portato la Commissione a concludere che l'Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi. In particolare, l'elevato debito pubblico e la dinamica ancora debole della produttività comportano rischi di rilevanza transfrontaliera, in un quadro caratterizzato da un volume di crediti deteriorati elevato, ma in calo, e da un tasso di disoccupazione alto, seppure in via di diminuzione. Risulta particolarmente importante la necessità di agire per ridurre il rischio di ripercussioni negative sull'economia italiana e, date le sue dimensioni e la sua rilevanza transfrontaliera, sull'Unione economica e monetaria.

(4)

Il 16 maggio 2018 l'Italia ha presentato il programma nazionale di riforma 2018 e il programma di stabilità 2018. I due programmi sono stati valutati contemporaneamente, onde tener conto delle loro correlazioni.

(5)

La programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei («fondi SIE») per il periodo 2014-2020 ha tenuto conto delle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese. In applicazione dell'articolo 23 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), ove necessario per sostenere l'attuazione delle raccomandazioni pertinenti del Consiglio la Commissione può chiedere a uno Stato membro di rivedere e proporre di modificare il suo contratto di partenariato e i programmi rilevanti. La Commissione ha precisato i modi in cui conta di valersi di tale possibilità negli orientamenti sull'applicazione delle misure per collegare l'efficacia dei fondi SIE a una sana gestione economica.

(6)

L'Italia è attualmente nel braccio preventivo del patto di stabilità e crescita ed è soggetta alla regola del debito. Il programma di stabilità 2018 presentato dal governo uscente è basato su un quadro tendenziale, nell'ipotesi di politiche invariate. Secondo le autorità italiane il disavanzo nominale dovrebbe migliorare, passando dal 2,3 % del PIL nel 2017 all'1,6 % nel 2018 e allo 0,8 % nel 2019, raggiungendo una posizione di sostanziale equilibrio entro il 2020. Secondo il programma l'obiettivo di bilancio a medio termine, ossia il pareggio di bilancio in termini strutturali, dovrebbe essere raggiunto entro il 2020 e mantenuto nel 2021, mentre il saldo strutturale ricalcolato (6) indica un leggero disavanzo strutturale (0,2 % del PIL) in entrambi gli anni. Secondo il programma di stabilità 2018, dopo il lieve calo registrato nel 2017 (dal 132,0 % del PIL nel 2016 al 131,8 %) il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe continuare a scendere di un punto percentuale del PIL dal 130,8 nel 2018 per attestarsi al 122,0 % nel 2021, anche grazie a proventi delle privatizzazioni pari allo 0,3 % all'anno per il periodo 2018-2020. Tuttavia, gli obiettivi in materia di privatizzazioni non sono stati raggiunti negli ultimi anni. Nell'ipotesi di politiche invariate, le previsioni di primavera 2018 della Commissione prospettano una crescita del PIL reale più bassa e un disavanzo più elevato per il 2019 rispetto a quanto previsto nel programma di stabilità 2018. Infatti, le previsioni della Commissione non comprendono l'aumento dell'IVA (0,7 % del PIL) previsto per legge come «clausola di salvaguardia» per conseguire gli obiettivi di bilancio nel 2019.

(7)

A causa della non conformità dell'Italia alla regola del debito nel 2016 e nel 2017, come evidenziata da una prima analisi, il 23 maggio 2018 la Commissione ha pubblicato una relazione preparata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, TFUE. Sulla base dell'esame di tutti i fattori pertinenti, la relazione conclude che il criterio del debito stabilito dal trattato e dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio (7) al momento debba essere ritenuto soddisfatto e che l'avvio di una procedura per i disavanzi eccessivi non è pertanto giustificato, soprattutto in considerazione della conformità ex post dell'Italia con il braccio preventivo nel 2017. La Commissione valuterà nuovamente la conformità sulla base dei dati ex post per il 2018 che saranno comunicati nella primavera del 2019.

(8)

Il programma di stabilità 2018 indica che l'afflusso eccezionale di rifugiati e la tutela del territorio dai rischi sismici hanno un impatto significativo sul bilancio e fornisce elementi di prova sufficienti della portata e della natura di tali costi di bilancio supplementari. Secondo la Commissione, le spese aggiuntive ammissibili ammontano nel 2017 allo 0,16 % del PIL per l'afflusso eccezionale di rifugiati e allo 0,19 % del PIL per la tutela del territorio dai rischi sismici. Questa spesa aggiuntiva rientra nell'ambito di applicazione delle disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 1, e dell'articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1466/97, dato che l'afflusso di rifugiati e i rischi sismici sono eventi inconsueti che hanno rilevanti ripercussioni sulle finanze pubbliche dell'Italia e visto che la sostenibilità non sarebbe compromessa se si consentisse una deviazione temporanea dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine. Pertanto, al fine di tenere conto di questi costi supplementari, l'aggiustamento richiesto verso l'obiettivo di bilancio a medio termine per il 2017 è stato ridotto.

(9)

L'11 luglio 2017 il Consiglio ha raccomandato all'Italia di assicurare un tasso nominale di riduzione della spesa pubblica primaria netta (8) pari ad almeno lo 0,2 % nel 2018, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Nel contempo, si affermava che la valutazione del documento programmatico di bilancio per il 2018 e la successiva valutazione dei risultati di bilancio nel 2018 avrebbero dovuto tenere debitamente conto dell'obiettivo di realizzare una politica di bilancio il cui orientamento contribuisse sia a rafforzare la ripresa in corso, sia ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche. Sulla scorta della sua valutazione circa la solidità della ripresa in Italia, effettuata nell'ambito del parere sul documento programmatico di bilancio dell'Italia per il 2018, tenendo debitamente conto delle sfide in materia di sostenibilità cui il paese è confrontato, per il 2018 la Commissione ritiene necessario uno sforzo strutturale di bilancio pari almeno allo 0,3 % del PIL, senza margini aggiuntivi di deviazione su un anno. Questo valore corrisponde a un tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superiore allo 0,5 %. Se si tiene conto di questo elemento nella valutazione complessiva, stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, nel 2018 vi è il rischio di una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento raccomandato verso l'obiettivo di bilancio a medio termine.

(10)

Per il 2019, in considerazione del rapporto debito pubblico/PIL del paese al di sopra del 60 % del PIL e del previsto divario tra prodotto effettivo e prodotto potenziale dello 0,5 %, in linea con l'aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL imposto dalla matrice di aggiustamento concordata nell'ambito del patto di stabilità e crescita, il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non dovrebbe essere superiore allo 0,1 % del PIL. A politiche invariate, vi è un rischio di deviazione significativa dal suddetto requisito nel 2019 e nel biennio 2018-2019. Ad una prima analisi si prevede che l'Italia non soddisferà la regola del debito nel 2018 e nel 2019. Inoltre, un elevato rapporto debito pubblico/PIL attorno al 130 % del PIL implica che ingenti risorse devono essere destinate a coprire il servizio del debito, a scapito di voci aventi un maggiore effetto di stimolo della crescita, tra cui l'istruzione, l'innovazione e le infrastrutture. Nel complesso, il Consiglio è del parere che a partire dal 2018 l'Italia debba adottare i necessari provvedimenti per conformarsi alle disposizioni del patto di stabilità e crescita. L'impiego di eventuali entrate straordinarie per ridurre ulteriormente il rapporto debito pubblico/PIL rappresenterebbe una risposta prudente.

(11)

La spesa pubblica dell'Italia per le pensioni di vecchiaia, attestandosi attorno al 15 % del PIL, è attualmente tra le più elevate dell'Unione. Le passività implicite derivanti dall'invecchiamento demografico sono state limitate dalle passate riforme del sistema pensionistico, migliorando la sostenibilità a lungo termine dell'Italia anche mediante il progressivo adeguamento dell'età pensionabile alle aspettative di vita. Tuttavia, i bilanci 2017 e 2018 contengono disposizioni che segnano una parziale inversione di rotta rispetto a tali riforme. Gli ultrasessantacinquenni in Italia rappresentano una quota di popolazione superiore alla media dell'Unione e destinata a crescere ulteriormente nel tempo, con un conseguente peggioramento dell'indice di dipendenza degli anziani. Di conseguenza, la spesa pensionistica è destinata ad aumentare a medio termine. L'elevato peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica impone anche un contenimento delle altre spese sociali, incluse quelle finalizzate alla lotta contro la povertà, e di elementi di spesa a favore della crescita, come l'istruzione, il cui peso in percentuale della spesa pubblica è andato riducendosi sin dai primi anni 2000. Nel rispetto dei principi di equità e proporzionalità, si potrebbero conseguire risparmi consistenti intervenendo su pensioni di importo elevato che non corrispondono ai contributi versati.

(12)

Il sistema fiscale italiano grava molto su capitale e lavoro, con effetti negativi sulla crescita economica. Nonostante la recente estensione di incentivi fiscali mirati, la pressione fiscale sui fattori di produzione è ancora tra le più alte dell'Unione, con effetti negativi su investimenti e occupazione. Vi sono margini per ridurre tale pressione senza gravare sul bilancio dello Stato, trasferendo il carico fiscale verso imposte meno penalizzanti per la crescita, come quelle sul patrimonio e sui consumi. L'imposta patrimoniale ricorrente sulla prima casa è stata abrogata nel 2015, anche per i nuclei familiari più abbienti. Inoltre, i valori catastali sono in gran parte non aggiornati ed è ancora in itinere la riforma tesa ad allinearli ai valori di mercato correnti. Il numero e l'entità delle agevolazioni fiscali, in particolare per le aliquote ridotte dell'imposta sul valore aggiunto, sono particolarmente elevati e la loro razionalizzazione è stata rinviata, sebbene fosse prevista dalla normativa nazionale. Vi è inoltre margine per ridurre l'onere sulle imprese e le famiglie in regola, riducendo la complessità del regime tributario e aumentando il livello complessivo di adempimento degli obblighi fiscali. L'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica per tutte le operazioni del settore privato a partire dal 2019 costituisce un passo in avanti in questa direzione. Tuttavia, sono stati innalzati i limiti legali per i pagamenti in contanti, misura che potrebbe scoraggiare l'uso dei pagamenti elettronici la cui obbligatorietà può migliorare l'adempimento degli obblighi fiscali. L'Istituto nazionale di statistica italiano stima che l'economia sommersa ammonti circa al 12,6 % del PIL nel 2015, ma non sono previste azioni strategiche per affrontare questo problema. Il 15,9 % circa dell'occupazione totale è parzialmente o completamente non dichiarato, con picchi prossimi al 50 % in alcuni settori.

(13)

Durante la crisi gli investimenti hanno subito un forte calo e non sono ancora tornati ai volumi del 2007. Nonostante l'aumento registrato nel 2017, il livello degli investimenti è ancora basso rispetto a quello di altri paesi dell'Unione. Gli investimenti privati sono particolarmente bassi, a causa di fattori strutturali. Tra questi figurano un contesto imprenditoriale meno favorevole, i vincoli di carattere finanziario connessi a un mercato dei capitali non adeguatamente sviluppato, le condizioni restrittive per i crediti bancari e la penuria di lavoratori altamente qualificati dovuta, tra gli altri motivi, alla fuga dei cervelli e alle scarse possibilità di formazione continua. Attività immateriali, come ricerca e sviluppo, innovazione e formazione dei lavoratori, sono fondamentali per la produttività e la crescita economica e possono contribuire a spiegare le differenze di produttività tra paesi. Tuttavia, gli investimenti in questo tipo di attività rimangono al di sotto della media dell'Unione a causa del gran numero di microimprese, della mancanza di specializzazione in settori ad alta intensità di conoscenza, del basso tasso di digitalizzazione e di competenze digitali limitate. Al tempo stesso, la spesa pubblica complessiva in ricerca e sviluppo è stata ridotta. Il finanziamento delle piccole e medie imprese continua a essere fortemente dipendente dal settore bancario e l'erogazione di crediti rimane modesta, nonostante costi di finanziamento a livelli storicamente bassi. Vi sono inoltre importanti differenze regionali in termini di investimenti in ricerca e sviluppo, di capacità di avvalersi della recente politica di incentivazione per le imprese innovative e di qualità dell'istruzione. Sulla base dell'attuale valutazione dei risultati delle diverse misure settoriali stabilite nell'ambito delle iniziative «Finanza per la crescita» e «Industria/Impresa 4.0», sembrerebbe opportuno creare una strategia di lungo periodo a sostegno degli investimenti, che sia in grado di rafforzare i diversi fattori che sostengono l'innovazione, tra cui la disponibilità di credito, una solida base per la ricerca, l'istruzione superiore e competenze adeguate. Parrebbe analogamente opportuno prendere in considerazione le differenze esistenti, a livello regionale, nel sistema industriale e nel sistema dell'istruzione.

(14)

L'efficienza del sistema giudiziario italiano ha registrato solo un lieve miglioramento negli ultimi anni e la durata dei procedimenti, specialmente nei gradi di giudizio più elevati, continua a destare preoccupazione. Per esempio, nel 2016 il tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali era ancora uno dei più lunghi dell'Unione in tutti i gradi di giudizio. L'arretrato presso la Corte Suprema di Cassazione ha continuato ad aumentare ed è ancora uno dei più elevati pro capite nell'Unione. Un'importante legge delega intesa a snellire i procedimenti civili e ad assicurare una più efficace deterrenza rispetto a processi vessatori è ferma in Parlamento da due anni. Inoltre, tra le misure introdotte per ridurre il contenzioso e rafforzare la disciplina procedurale, il rito sommario non è divenuto il procedimento automatico nelle corti d'appello e il ricorso al filtro di inammissibilità per gli appelli rimane incoerente e limitato in secondo grado, senza riuscire così a produrre l'attesa riduzione delle cause in entrata. Anzi, nel 2016 il numero totale di cause civili in entrata è aumentato sia in primo che in secondo grado, anche a causa del costante aumento dei tassi di appello. Una quota crescente dei ricorsi per Cassazione è stata dichiarata inammissibile nel 2016, confermando la recente tendenza al rialzo. Sulla capacità della Corte di Cassazione di trattare le cause in entrata ha inciso negativamente un aumento considerevole delle cause non penali in entrata, in particolare tributarie, fenomeno che potrebbe compromettere il ruolo della Corte. Fare rispettare adeguatamente le norme di disciplina procedurale, incluse quelle contro l'uso improprio dei ricorsi, potrebbe anche contribuire a rendere più corretto ed efficiente il funzionamento del sistema giudiziario.

(15)

La corruzione resta una sfida importante per il contesto imprenditoriale e il settore degli appalti pubblici in Italia. Il paese ha migliorato il proprio quadro anticorruzione rivedendo l'istituto della prescrizione, estendendo la protezione dei whistleblower (informatori) ai lavoratori del settore privato e allineando ulteriormente il reato di corruzione tra privati alle norme internazionali. Sebbene non interrompa i termini di prescrizione dopo la condanna in primo grado, come raccomandato dal gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa, la riforma dell'istituto della prescrizione adottata potrebbe ridurre il ricorso ad abusi del contenzioso in ambito penale come tattica attuata dagli avvocati per ritardare i gradi di giudizio. In tal modo potrebbe attenuare un timore di lunga data che le cause di corruzione cadano in prescrizione dopo la condanna in primo grado. Una giustizia penale più efficiente potrebbe migliorare la repressione della corruzione. Nel 2014 l'Italia aveva nell'Unione il numero più elevato di cause penali in entrata e pendenti in secondo e terzo grado, anche a causa di uno dei più alti tassi di ricorso per Cassazione, con il risultato di una durata dei procedimenti penali tra le più lunghe. Incentivare il ricorso a procedimenti abbreviati e scoraggiare gli abusi del processo potrebbe pertanto contribuire a rendere più efficaci la giustizia penale e la lotta contro la corruzione. Inoltre, l'autorità nazionale anticorruzione svolge un ruolo fondamentale nell'attuazione del nuovo quadro anticorruzione.

(16)

Accrescere la qualità dell'amministrazione pubblica italiana avrebbe un impatto positivo sul contesto imprenditoriale e sugli investimenti, così come sulla capacità delle imprese di sfruttare le opportunità di innovazione. La notevole disparità regionale nella reattività delle amministrazioni alle esigenze delle imprese indica che in specifici settori gli imprenditori fronteggiano maggiori difficoltà nello svolgere la loro attività. Nel 2015 è stata adottata un'ampia legge delega di riforma della pubblica amministrazione che potrebbe contribuire a migliorarne l'efficienza a vantaggio dell'economia. Alla fine del 2017 l'attuazione della riforma è stata completata e deve ora essere applicata, in particolare nelle regioni che presentano maggiori carenze. Per quanto riguarda la normativa sulle imprese partecipate da pubbliche amministrazioni, la riforma mira ad assicurare un migliore allineamento con le norme che disciplinano le imprese private. Gli obiettivi dichiarati sono: razionalizzare le imprese di proprietà pubblica mediante fusione, aggregazione di quelle in perdita e privatizzazione; accrescere l'efficienza delle imprese rimanenti; evitare in futuro la proliferazione di imprese di proprietà di enti centrali o locali non essenziali. L'applicazione del nuovo quadro è fondamentale per il conseguimento di tali obiettivi. Inoltre, i servizi pubblici locali sono al riparo dalla concorrenza (nel mercato e per il mercato), il che determina inefficienze e ridotta qualità dei servizi, limitando la soddisfazione dei consumatori. La riforma della pubblica amministrazione del 2015 prevedeva anche un nuovo quadro di riforma della gestione dei servizi pubblici locali. A novembre 2016 la Corte Costituzionale ha tuttavia dichiarato l'incostituzionalità della procedura seguita per l'adozione di alcuni decreti legislativi, compreso quello in materia di servizi pubblici locali. Poiché il termine del decreto è scaduto nel novembre 2016, occorre una nuova iniziativa legislativa.

(17)

Il miglioramento del contesto in cui operano le imprese agevolerebbe l'imprenditorialità e migliori condizioni concorrenziali favorirebbero anch'esse un'allocazione più efficiente delle risorse e aumenti di produttività. La legge annuale sulla concorrenza del 2015 è stata adottata ad agosto 2017 e deve essere attuata correttamente. Tuttavia, permangono ostacoli rilevanti alla concorrenza in alcuni settori, tra cui i servizi professionali, i trasporti pubblici locali, le ferrovie e il settore della distribuzione. Un aumento delle procedure competitive per l'aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico e delle concessioni per l'accesso ai beni pubblici avrebbe un impatto positivo sulla qualità dei servizi. Nel settore degli appalti pubblici la recente riforma porterà benefici solo se sarà ultimata in tempi rapidi, se i piani per le procedure di appalto elettroniche e di aggregazione degli appalti saranno applicati in modo coerente e se sarà effettivamente attivato l'organo centrale di aggregazione per il coordinamento della politica sugli appalti, la cosiddetta cabina di regia per gli appalti pubblici.

(18)

La fiducia del mercato nei confronti delle banche italiane è aumentata a seguito delle misure adottate nel 2017 nei confronti di molte delle banche più fragili. Per effetto del miglioramento delle condizioni economiche e della spinta esercitata dalla vigilanza sono stati registrati progressi nella riduzione dei crediti deteriorati, ma lo stock accumulato in passato rimane elevato e continua a gravare sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di generare capitale al loro interno. Il ritmo con cui vengono eliminati i crediti deteriorati, anche mediante l'approfondimento del mercato secondario dei crediti deteriorati, deve essere mantenuto al fine di rafforzare ulteriormente la stabilità finanziaria e l'erogazione di credito all'economia reale. Andrebbero altresì sostenute ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci, in particolare quelli delle banche piccole e di secondo livello. Ciò significa affrontare anche il nodo della loro redditività, strutturalmente bassa, mediante una generale riduzione dei costi e l'ottimizzazione dei modelli aziendali.

(19)

Considerando che sono in corso diverse riforme relative al governo societario, la piena attuazione delle riforme delle grandi banche popolari e delle piccole banche cooperative rafforzerebbe lo stato di salute generale del settore bancario. I quadri in materia di insolvenza ed escussione delle garanzie continuano a non essere sufficientemente favorevoli alla rinegoziazione e alla ristrutturazione rapide dei crediti deteriorati. Adottare e attuare tempestivamente le necessarie misure legislative per la riforma in materia di insolvenza contribuirebbe ad affrontare le carenze strutturali. Ancora non ci si avvale delle misure adottate nel 2016 per accelerare l'escussione delle garanzie da parte delle banche. Il quadro per l'escussione extragiudiziale delle garanzie non è ancora pienamente applicabile alle famiglie e lo è solo di recente per quanto riguarda le imprese.

(20)

Nonostante i progressi compiuti grazie a diverse misure adottate nel corso degli ultimi anni, l'accesso al credito continua a frenare gli investimenti e il finanziamento della crescita, in particolare per le piccole e medie imprese. Il finanziamento delle imprese continua a dipendere in prevalenza dal settore bancario, mentre il mercato dei capitali è poco sviluppato rispetto ad altri paesi dell'Unione. La percentuale di finanziamento con capitale di rischio tra le piccole e medie imprese è particolarmente bassa rispetto alla media dell'Unione. L'introduzione dell'incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio, il cosiddetto «aiuto alla crescita economica», ha costituito una riforma importante, ma il tasso di riferimento è stato successivamente ridotto, il che ha attenuato il suo impatto positivo. Promuovere l'accesso delle imprese ai mercati finanziari sarebbe essenziale per diversificarne le fonti di finanziamento e promuovere gli investimenti e la crescita.

(21)

Negli ultimi anni le istituzioni del mercato del lavoro hanno subito una sostanziale riforma. Le condizioni del mercato del lavoro sono in costante miglioramento, il numero degli occupati è infatti aumentato dell'1,2 % nel 2017 arrivando a oltre 23 milioni di persone, ossia ai livelli pre-crisi. Lo scorso anno il tasso di occupazione (20-64 anni) è cresciuto fino a superare il 62 %, anche se spinto prevalentemente dall'occupazione a tempo determinato. Tuttavia, il dato si attesta ancora nettamente al di sotto della media dell'Unione. Il tasso di disoccupazione è sceso all'11,2 % nel 2017, ma il totale delle ore lavorate è ancora notevolmente inferiore ai livelli precedenti la recessione. Nonostante i miglioramenti, la disoccupazione di lunga durata e quella giovanile restano elevate, comportando rischi per la coesione sociale e la crescita. Attestandosi al 20,1 % nel 2017, la percentuale di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione è ancora tra le più alte dell'Unione e soggetta al persistere di importanti differenze regionali.

(22)

La contrattazione a livello aziendale o territoriale rimane limitata, anche a causa della prevalenza sul territorio nazionale di piccole imprese. Ciò può frenare il rapido adeguamento delle retribuzioni alle condizioni economiche locali. Alla fine di febbraio 2018, Confindustria e le tre principali organizzazioni sindacali italiane (CGIL, CISL e UIL) hanno firmato un accordo quadro che sottolinea il ruolo della contrattazione di secondo livello, aumentando la certezza del diritto mediante la definizione di norme più chiare per la rappresentanza delle parti sociali nelle trattative. Le agevolazioni fiscali sugli aumenti salariali legati alla produttività stabiliti da accordi di secondo livello sono state rafforzate nel 2017, ma la loro efficacia è di difficile valutazione. Mentre il numero totale di contratti collettivi è in aumento, solo una piccola parte di essi viene firmata dalle principali sigle sindacali e dalle organizzazioni dei datori di lavoro.

(23)

La riforma delle politiche attive del mercato del lavoro delineata dal Jobs Act ha compiuto progressi modesti nel 2017. La formazione e la riqualificazione rivestono particolare importanza alla luce della maggiore flessibilità nel mercato del lavoro italiano e della quota crescente di contratti a tempo determinato. Non sono ancora stati attuati standard di servizio generalmente vincolanti e i servizi per l'impiego risentono della carenza di personale e di un monitoraggio inadeguato, benché la nuova legge di bilancio per il 2018 abbia assegnato alle regioni risorse finanziarie e umane supplementari per i servizi pubblici per l'impiego. Aumentare il numero degli effettivi, garantendo che siano sufficientemente qualificati per i servizi per l'impiego e i servizi sociali, è cruciale anche per la corretta attuazione del piano di lotta alla povertà introdotto nel 2018 e per «Garanzia per i giovani» che mira a offrire rapidamente ai giovani in difficoltà offerte di lavoro o formazione adeguate.

(24)

Il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, benché in crescita, resta uno dei più bassi dell'Unione. L'impatto delle misure di recente adozione, incentrate su una prestazione in denaro per ogni nuovo nato indipendente dal reddito, non è oggetto di valutazione delle autorità italiane. I dati lasciano presumere che queste misure potrebbero non essere efficaci per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Inoltre, è poco probabile che questi trasferimenti determinino un aumento del tasso di natalità, che è a livelli molto bassi da vent'anni. Manca una strategia globale per conciliare vita familiare e vita professionale. Tali aspetti trovano riscontro nella mancanza di parità di genere nell'impostazione del congedo parentale, nella penuria di modalità di lavoro flessibili e nell'insufficienza di adeguati servizi di assistenza all'infanzia e di altra assistenza alle famiglie che siano economicamente accessibili e di qualità.

(25)

L'introduzione di misure per valorizzare il capitale umano e le competenze migliorerebbe l'occupabilità e risponderebbe alle future esigenze del mercato del lavoro. La qualità generale dell'istruzione scolastica in Italia sta migliorando, sebbene persistano ampie disparità regionali. La percentuale di studenti che abbandonano la scuola senza conseguire un titolo di studio rimane al di sopra della media dell'Unione, in particolare fra gli studenti nati all'estero (30,1 % contro la media dell'Unione del 19,4 %). L'attuazione della riforma della scuola procede secondo le previsioni mentre l'istruzione e la formazione professionali registrano miglioramenti. L'istruzione terziaria, fortemente sottofinanziata, con una spesa pubblica che rappresenta meno dello 0,4 % del PIL, è caratterizzata da tassi di abbandono elevati e da una durata degli studi prolungata. Di conseguenza, la diffusione di questo livello d'istruzione è tra le più basse dell'Unione (26,9 % della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni). Il tasso di partecipazione ai programmi di formazione per adulti è in aumento ma rimane tra i più bassi dell'Unione, specialmente tra gli adulti meno qualificati. Il miglioramento delle competenze e la riqualificazione dovrebbero essere incentivate, mentre i datori di lavoro dovrebbero essere incoraggiati a offrire al personale maggiori opportunità di apprendimento. Sarà di fondamentale importanza l'attuazione della strategia nazionale generale per le competenze, avviata nell'ottobre 2017.

(26)

A differenza di quanto accade nel resto dell'Unione, il tasso di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, in particolare bambini, lavoratori a tempo determinato e migranti, ha continuato ad aumentare e nel 2016 è stato pari al 30 %, ben al di sopra della media dell'Unione. Le disparità di reddito sono elevate e in crescita. Nel 2016 il reddito del 20 % delle famiglie più ricche è stato 6,3 volte maggiore di quello del 20 % delle famiglie più povere. Questo rapporto è addirittura superiore per le persone in età lavorativa, poiché viene escluso l'impatto ridistributivo delle pensioni. L'introduzione di una nuova misura permanente per la lotta alla povertà (il reddito di inclusione) rappresenta un importante passo avanti nelle politiche sociali. Concepito come un trasferimento universale per coloro che soddisfano determinate condizioni, il reddito di inclusione dovrebbe aumentare l'effetto, attualmente modesto, delle prestazioni sociali sulla riduzione della povertà. La misura è basata su meccanismi di governance solidi e sarà oggetto di valutazione sistematica. Soprattutto, essa prevede anche un notevole rafforzamento dei servizi sociali del paese, che presentano carenze di organico. Una più stretta cooperazione tra i servizi sociali e i servizi pubblici per l'impiego, così come lo stanziamento di risorse sufficienti, saranno fondamentali per la corretta attuazione della riforma. Il reddito di inclusione sostituisce il precedente assegno sociale di disoccupazione (ASDI), un primo passo verso la razionalizzazione della spesa sociale. Il sistema italiano di assistenza sanitaria prevede una copertura universale e la salute della popolazione è complessivamente buona, anche se una percentuale elevata di persone riferisce di non poter accedere alle cure mediche necessarie e persistono differenze regionali nella qualità e nell'organizzazione dell'assistenza. L'Italia ha compiuto alcuni sforzi per garantire un accesso adeguato all'assistenza sanitaria, in particolare rivedendo e ampliando il pacchetto di prestazioni minime garantite.

(27)

Nell'ambito del semestre europeo 2018, la Commissione ha effettuato un'analisi completa della politica economica dell'Italia, che ha pubblicato nella relazione per paese 2018. Ha altresì valutato il programma di stabilità 2018, il programma nazionale di riforma 2018 e il seguito dato alle raccomandazioni rivolte all'Italia negli anni precedenti. La Commissione ha tenuto conto non soltanto della loro pertinenza ai fini della sostenibilità della politica di bilancio e della politica socioeconomica dell'Italia, ma anche della loro conformità alle norme e agli orientamenti dell'Unione, alla luce della necessità di rafforzare la governance economica dell'Unione nel suo insieme offrendo un contributo a livello dell'Unione alle future decisioni nazionali.

(28)

Alla luce della valutazione di cui sopra, il Consiglio ha esaminato il programma di stabilità 2018 e il suo parere (9) trova riscontro, in particolare, nella raccomandazione di cui al punto 1.

(29)

Alla luce dell'esame approfondito della Commissione e della citata valutazione, il Consiglio ha esaminato il programma nazionale di riforma 2018 e il programma di stabilità 2018. Le sue raccomandazioni a norma dell'articolo 6 del regolamento (UE) n. 1176/2011 trovano riscontro nelle raccomandazioni di cui ai punti da 1 a 4,

RACCOMANDA che l'Italia adotti provvedimenti nel 2018 e nel 2019 al fine di:

1.

Assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superi lo 0,1 % nel 2019, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Intensificare gli sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. Ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica al fine di creare margini per l'altra spesa sociale.

2.

Ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore. Aumentare l'efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione. Assicurare il rispetto del nuovo quadro normativo per le imprese di proprietà pubblica e accrescere l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. Affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore dei servizi, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

3.

Mantenere il ritmo della riduzione dell'elevato stock di crediti deteriorati e sostenere ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci delle banche, anche per gli istituti di piccole e medie dimensioni, e attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza. Migliorare l'accesso delle imprese ai mercati finanziari.

4.

Accelerare l'attuazione della riforma delle politiche attive del lavoro per garantire parità di accesso a servizi di assistenza nella ricerca di lavoro e alla formazione. Incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la copertura delle strutture di assistenza all'infanzia. Promuovere la ricerca, l'innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture mediante investimenti meglio mirati e accrescere la partecipazione all'istruzione terziaria professionalizzante.

Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2018

Per il Consiglio

Il presidente

H. LÖGER


(1)  GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1.

(2)  GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25.

(3)  GU C 179 del 25.5.2018, pag. 1.

(4)  GU C 261 del 9.8.2017, pag. 1.

(5)  Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).

(6)  Saldo corretto per il ciclo al netto delle misure una tantum e temporanee, ricalcolato dalla Commissione utilizzando la metodologia concordata.

(7)  Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6).

(8)  La spesa pubblica primaria netta si compone della spesa pubblica totale al netto della spesa per interessi, della spesa relativa a programmi dell'Unione interamente coperta da entrate provenienti da fondi dell'Unione e delle modifiche non discrezionali nella spesa per le indennità di disoccupazione. La formazione lorda di capitale fisso finanziata a livello nazionale è spalmata su un periodo di quattro anni. Rientrano nel calcolo le misure discrezionali in materia di entrate o gli aumenti delle entrate obbligatori per legge, mentre sono escluse le misure una tantum sia per quanto riguarda le entrate che per quanto riguarda la spesa.

(9)  A norma dell'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1466/97.