29.11.2008   

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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 320/1


REGOLAMENTO (CE) N. 1126/2008 DELLA COMMISSIONE

del 3 novembre 2008

che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di principi contabili internazionali (1), in particolare l'articolo 3, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 1606/2002 stabilisce che per ogni esercizio finanziario avente inizio il 1o gennaio 2005, o in data successiva, le società i cui valori mobiliari sono negoziati in mercati regolamentati soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali come definiti all'articolo 2 del predetto regolamento.

(2)

Con il regolamento (CE) n. 1725/2003 della Commissione, del 29 settembre 2003, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) sono stati adottati taluni principi e interpretazioni internazionali esistenti al 14 settembre 2002. La Commissione, considerata la consulenza fornita dal Gruppo degli esperti tecnici (TEG) dello European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), ha modificato tale regolamento per includervi tutti i principi e le interpretazioni emanati rispettivamente dallo International Accounting Standards Board (IASB) e dallo International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) adottati all'interno della Comunità entro il 31 dicembre 2007 integralmente, a eccezione dello IAS 39 (relativo alla rilevazione e alla valutazione degli strumenti finanziari) del quale sono state omesse parti limitate.

(3)

I diversi principi internazionali sono stati adottati con una serie di regolamenti di modifica, il che causa incertezza giuridica e ostacola la corretta applicazione dei principi contabili internazionali nella Comunità. Per semplificare la legislazione comunitaria in materia di principi contabili e migliorarne la chiarezza e la trasparenza, è opportuno riunire in un unico testo i principi contenuti attualmente nel regolamento (CE) n. 1725/2003 e nei successivi atti di modifica.

(4)

Il regolamento (CE) n. 1725/2003 deve pertanto essere sostituito dal presente regolamento.

(5)

Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato di regolamentazione contabile,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Sono adottati i principi contabili internazionali ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1606/2002 figuranti in allegato al presente regolamento.

Articolo 2

Il regolamento (CE) n. 1725/2003 è abrogato.

I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento.

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 3 novembre 2008.

Per la Commissione

Charlie McCREEVY

Membro della Commissione


(1)  GU L 243, dell'11.9.2002, pag. 1.

(2)  GU L 261, del 13.10.2003, pag. 1.


ALLEGATO

PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI (IAS)

IAS 1

Presentazione del bilancio

IAS 2

Rimanenze

IAS 7

Rendiconto finanziario

IAS 8

Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 10

Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio

IAS 11

Lavori su ordinazione

IAS 12

Imposte sul reddito

IAS 16

Immobili, impianti e macchinari

IAS 17

Leasing

IAS 18

Ricavi

IAS 19

Benefici per i dipendenti

IAS 20

Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull'assistenza pubblica

IAS 21

Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere

IAS 23

Oneri finanziari

IAS 24

Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate

IAS 26

Rilevazione e rappresentazione in bilancio dei fondi pensione

IAS 27

Bilancio consolidato e separato

IAS 28

Partecipazioni in società collegate

IAS 29

Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate

IAS 31

Partecipazioni in joint venture

IAS 32

Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio

IAS 33

Utile per azione

IAS 34

Bilanci intermedi

IAS 36

Riduzione di valore delle attività

IAS 37

Accantonamenti, passività e attività potenziali

IAS 38

Attività immateriali

IAS 39

Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione (a eccezione di talune disposizioni relative alla contabilizzazione delle operazioni di copertura)

IAS 40

Investimenti immobiliari

IAS 41

Agricoltura

IFRS 1

Prima adozione degli International Financial Reporting Standards

IFRS 2

Pagamenti basati su azioni

IFRS 3

Aggregazioni aziendali

IFRS 4

Contratti assicurativi

IFRS 5

Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate

IFRS 6

Esplorazione e valutazione delle risorse minerarie

IFRS 7

Strumenti finanziari: informazioni integrative

IFRS 8

Settori operativi

IFRIC 1

Cambiamenti nelle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari

IFRIC 2

Azioni dei soci in entità cooperative e strumenti simili

IFRIC 4

Determinare se un accordo contiene un leasing

IFRIC 5

Diritti derivanti da interessenze in fondi per smantellamenti, ripristini e bonifiche ambientali

IFRIC 6

Passività derivanti dalla partecipazione a un mercato specifico — Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

IFRIC 7

Applicazione del metodo della rideterminazione del valore secondo lo IAS 29, Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate

IFRIC 8

Ambito di applicazione dell'IFRS 2

IFRIC 9

Rideterminazione del valore dei derivati incorporati

IFRIC 10

Bilanci intermedi e riduzione di valore

IFRIC 11

IFRS 2 — Operazioni con azioni proprie e del gruppo

SIC-7

Introduzione dell'euro

SIC-10

Assistenza pubblica — Nessuna specifica relazione con le attività operative

SIC-12

Consolidamento — Società a destinazione specifica (società veicolo)

SIC-13

Entità a controllo congiunto — Conferimenti in natura da parte dei partecipanti al controllo

SIC-15

Leasing operativo — Incentivi

SIC-21

Imposte sul reddito — Recupero delle attività rivalutate non ammortizzabili

SIC-25

Imposte sul reddito — Cambiamenti nella condizione fiscale di un'entità o dei suoi azionisti

SIC-27

La valutazione della sostanza delle operazioni nella forma legale del leasing

SIC-29

Accordi per servizi in concessione: informazioni integrative

SIC-31

Ricavi — Operazioni di baratto comprendenti attività pubblicitaria

SIC-32

Attività immateriali — Costi connessi a siti web

Riproduzione consentita nell'ambito dello Spazio economico europeo (SEE) Tutti i diritti riservati al di fuori del SEE, a eccezione del diritto di riproduzione a fini di utilizzazione personale o altri usi legittimi. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito dello IASB: www.iasb.org.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 1

Presentazione del bilancio

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è definire i criteri per la presentazione del bilancio redatto con scopi di carattere generale, al fine di assicurarne la comparabilità sia con riferimento ai bilanci dell’entità di esercizi precedenti, sia con i bilanci di altre entità. A tale scopo, il presente Principio espone la disciplina di carattere generale per la presentazione dei bilanci, le linee guida per la loro struttura e le disposizioni minime sul loro contenuto. La rilevazione, la valutazione e l’informativa su specifiche operazioni e altri fatti sono trattate in altri Principi e Interpretazioni.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato a tutti i bilanci redatti per scopi di carattere generale preparati e presentati secondo quanto previsto dagli International Financial Reporting Standards (IFRS).

3.

I bilanci redatti per scopi di carattere generale sono quelli che si prefiggono di soddisfare le esigenze degli utilizzatori che non sono nella condizione di richiedere informazioni adattate alle loro particolari necessità informative. I bilanci redatti per scopi di carattere generale includono quelli che sono presentati separatamente o all’interno di altri documenti pubblici, quali relazioni annuali o prospetti informativi. Il presente Principio non si applica alla struttura e al contenuto del bilancio intermedio sintetico preparato secondo quanto previsto dallo IAS 34 Bilanci intermedi. Tuttavia, i paragrafi 13-41 si applicano a tale bilancio. Il presente Principio si applica parimenti a tutte le entità indipendentemente dal fatto che queste debbano redigere un bilancio consolidato o un bilancio separato, come definito nello IAS 27 Bilancio consolidato e separato.

4.

[Eliminato]

5.

Il presente Principio utilizza una terminologia che è adatta a entità con fini di lucro incluse entità operanti nel settore pubblico. Le entità che svolgono attività senza fini di lucro nel settore privato, pubblico o governativo, che intendano applicare il presente Principio, possono trovarsi nella condizione di dover modificare le descrizioni usate per particolari voci del bilancio e il bilancio nel suo complesso.

6.

Similarmente, le entità che non dispongono di patrimonio netto come definito nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio (per esempio alcuni fondi comuni di investimento) e le entità il cui capitale non è patrimonio netto (per esempio alcune entità cooperative) possono avere bisogno di adattare la presentazione nel bilancio della quota d’interessenza dei membri o dei possessori di quote.

SCOPO DEL BILANCIO

7.

Il bilancio è una rappresentazione strutturata della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico di un’entità. La finalità del bilancio redatto per scopi di carattere generale è fornire informazioni sulla situazione patrimoniale-finanziaria, sul risultato economico e sui flussi finanziari di un’entità che siano di utilità per una vasta gamma di utilizzatori nell’assumere decisioni di carattere economico. Il bilancio, inoltre, espone i risultati della gestione della direzione aziendale delle risorse a essa affidate. Per raggiungere tale finalità, il bilancio fornisce le informazioni sui seguenti elementi dell’entità:

a)

attività;

b)

passività;

c)

patrimonio netto;

d)

ricavi e costi, inclusi utili e perdite;

e)

altre variazioni nel patrimonio netto; e

f)

flussi finanziari.

Tali informazioni, insieme ad altre contenute nelle note, aiutano gli utilizzatori del bilancio a prevedere i flussi finanziari futuri dell’entità e, in particolare, la loro tempistica e certezza.

PARTI DEL BILANCIO

8.

Un’informativa di bilancio completa include:

a)

uno stato patrimoniale;

b)

un conto economico;

c)

un prospetto delle variazioni di patrimonio netto che mostri alternativamente:

i)

tutte le variazioni delle poste di patrimonio netto, o

ii)

le variazioni di patrimonio netto diverse da quelle derivanti da operazioni con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale loro qualità;

d)

un rendiconto finanziario; e

e)

le note, contenenti un elenco dei principi contabili rilevanti e altre note esplicative.

9.

Molte entità presentano, oltre al bilancio, una relazione della direzione aziendale che illustra e spiega gli aspetti principali del risultato economico e della situazione patrimoniale-finanziaria dell’entità e le principali incertezze che essa affronta. Tale relazione può includere un’analisi in merito a:

a)

i principali fattori e le influenze che incidono sul risultato economico, inclusi i cambiamenti nel contesto ambientale nel quale l’entità opera, la risposta dell’entità a questi cambiamenti e il loro effetto, e la politica d’investimento dell’entità per mantenere e migliorare il risultato economico, inclusa la sua politica di distribuzione dei dividendi;

b)

le fonti di finanziamento dell’entità e il rapporto atteso tra passività e patrimonio netto; e

c)

le risorse dell’entità non rilevate nel bilancio secondo quanto previsto dagli IFRS.

10.

Molte entità presentano inoltre, al di fuori del bilancio, rendiconti e documenti quali bilanci ambientali e sociali, specialmente in settori ove i fattori ambientali sono significativi e quando i dipendenti sono considerati un importante gruppo di utilizzatori. I rendiconti e i documenti presentati al di fuori del bilancio d’esercizio non rientrano nell’ambito di applicazione degli IFRS.

DEFINIZIONI

11.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Non fattibile: applicare una disposizione non è fattibile quando l’entità, dopo aver fatto ogni ragionevole sforzo, non può applicarla.

Gli International Financial Reporting Standards (IFRS) sono i Principi e le Interpretazioni adottati dall’International Accounting Standards Board (IASB). Essi comprendono:

a)

gli International Financial Reporting Standards;

b)

gli International Accounting Standard; e

c)

le Interpretazioni emanate dall’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) o dal precedente Standing Interpretations Committee (SIC).

Rilevante: omissioni o errate misurazioni di voci sono rilevanti se potrebbero, individualmente o nel complesso, influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori prese sulla base del bilancio. La rilevanza dipende dalla dimensione e dalla natura dell’omissione o errata misurazione valutata a seconda delle circostanze. La dimensione o natura della voce, o una combinazione di entrambe, potrebbe costituire il fattore determinante.

Le note contengono informazioni aggiuntive rispetto a quelle presentate nello stato patrimoniale, nel conto economico, nel prospetto delle variazioni delle poste di patrimonio netto e nel rendiconto finanziario. Le note forniscono informazioni descrittive o disaggregazioni di voci esposte in tali prospetti e informazioni sulle voci che non soddisfano le condizioni per la rilevazione in tali prospetti.

12.

Determinare se un’omissione o una errata misurazione potrebbe influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori, e quindi essere rilevante, richiede di tenere in considerazione le caratteristiche di tali utilizzatori. Il Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio statuisce nel paragrafo 25 che «si presume che gli utilizzatori abbiano una ragionevole conoscenza dell’attività commerciale, economica e contabile e una volontà a studiare l’informativa con ragionevole diligenza». Quindi, la valutazione necessita di prendere in considerazione come presumibilmente questi utilizzatori possano essere ragionevolmente influenzati nel prendere le proprie decisioni economiche.

CONSIDERAZIONI GENERALI

Attendibilità della presentazione e conformità agli IFRS

13.

I bilanci devono presentare attendibilmente la situazione patrimoniale-finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari di un’entità. Una presentazione attendibile richiede la rappresentazione fedele degli effetti di operazioni, altri fatti e condizioni in conformità alle definizioni e ai criteri di rilevazione di attività, passività, proventi e costi esposti nel Quadro sistematico. Si presume che l’applicazione degli IFRS, quando necessario integrati con le informazioni aggiuntive, abbia come risultato un bilancio che fornisce una presentazione attendibile.

14.

Un’entità il cui bilancio è conforme agli IFRS deve rendere un’attestazione esplicita e senza riserve di tale conformità nelle note. Il bilancio non deve essere descritto come conforme agli IFRS a meno che non sia conforme a tutte le disposizioni degli IFRS.

15.

Praticamente in tutte le circostanze, con la conformità a tutti gli IFRS applicabili si ottiene una presentazione attendibile. Una presentazione attendibile inoltre richiede che un’entità:

a)

selezioni e applichi i principi contabili secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori. Lo IAS 8 definisce una gerarchia di fonti autorevoli alle quali la direzione aziendale fa riferimento nei casi in cui non vi sia un Principio o una Interpretazione specificamente applicabile a una voce;

b)

presenti le informazioni, inclusi i principi contabili, in modo che sia fornita una informativa rilevante, attendibile, comparabile e comprensibile;

c)

fornisca informazioni integrative aggiuntive quando la conformità con le specifiche disposizioni degli IFRS è insufficiente per permettere agli utilizzatori di comprendere l’impatto di particolari operazioni, altri fatti e condizioni sulla situazione patrimoniale-finanziaria e sul risultato economico dell’entità.

16.

Principi contabili non corretti non possono essere sanati né dalla illustrazione dei principi contabili adottati, né da note o documentazione esplicativa.

17.

In circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione contenuta in un Principio o in un’Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, l’entità deve disattendere tale disposizione secondo quanto esposto nel paragrafo 18 se il quadro sistematico di regolamentazione applicabile lo richiede o comunque non vieta tale deroga.

18.

Quando un’entità disattende una disposizione di un Principio o un’Interpretazione secondo quanto previsto dal paragrafo 17, questa deve indicare:

a)

che la direzione aziendale ha ritenuto che il bilancio rappresenta attendibilmente la situazione patrimoniale-finanziaria. il risultato economico e i flussi finanziari dell’entità;

b)

di aver rispettato i Principi e le Interpretazioni applicabili, salvo aver disatteso una particolare disposizione al fine di ottenere una presentazione attendibile;

c)

il titolo del Principio o Interpretazione che l’entità ha disatteso, la natura della deroga, incluso il trattamento che il Principio o l’Interpretazione richiederebbe, la ragione per cui tale trattamento sarebbe nelle circostanze così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, e il trattamento adottato; e

d)

per ogni esercizio presentato gli effetti economici-patrimoniali della deroga su ogni voce del bilancio qualora fosse stato redatto conformemente alle disposizioni.

19.

Quando un’entità ha derogato da una disposizione di un Principio o di una Interpretazione in un esercizio precedente, e tale deroga ha un effetto sui valori rilevati nel bilancio per l’esercizio corrente, questa deve fornire le informazioni integrative esposte nei paragrafi 18, lettere c) e d).

20.

Il paragrafo 19 si applica, per esempio, quando un’entità ha disatteso in un esercizio precedente una disposizione di un Principio o di una Interpretazione relativa alla valutazione di attività o passività e quella deviazione ha un effetto sulla valutazione delle variazioni nelle attività e passività rilevate nel bilancio dell’esercizio corrente.

21.

Nelle circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione di un Principio o di una Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, e tuttavia il quadro sistematico di regolamentazione applicabile nella fattispecie non consente la deroga dalla disposizione, l’entità deve, nella massima misura possibile, ridurre i relativi aspetti fuorvianti fornendo informazioni su:

a)

il titolo del Principio o Interpretazione in questione, la natura della disposizione, e la ragione per cui la direzione aziendale ha concluso che la conformità con tale disposizione è nelle circostanze così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico; e

b)

per ogni esercizio presentato, le rettifiche a ogni voce del bilancio che la direzione aziendale ha concluso sarebbero necessarie per ottenere una presentazione attendibile.

22.

Per le finalità di cui ai paragrafi da 17 a 21, un elemento di informazione sarebbe in conflitto con le finalità del bilancio quando esso non rappresenta fedelmente le operazioni, altri fatti e condizioni che intende rappresentare, o si potrebbe ragionevolmente aspettare che rappresenti, e, di conseguenza, è probabile che avrebbe un effetto sulle decisioni economiche prese dagli utilizzatori del bilancio. Quando si valuta se la conformità a una disposizione specifica di un Principio o di una Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, la direzione aziendale considera:

a)

perché le finalità del bilancio non sono state conseguite nelle particolari circostanze; e

b)

come le circostanze dell’entità differiscono da quelle di altre entità che invece ottemperano alla disposizione. Se altre entità in circostanze simili ottemperano alla disposizione, vi è una presunzione relativa che la conformità dell’entità alla disposizione non sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico.

Continuità aziendale

23.

Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento. Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze relative a eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, tali incertezze devono essere evidenziate. Qualora il bilancio non sia redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività, tale fatto deve essere indicato, unitamente ai criteri in base ai quali esso è stato redatto e alla ragione per cui l’entità non è considerata in funzionamento.

24.

Nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo almeno, ma non limitato, a dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio. Il grado dell’analisi dipende dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Se l’entità ha un pregresso di attività redditizia e dispone di facile accesso alle risorse finanziarie, si può raggiungere la conclusione che il presupposto della continuità aziendale sia appropriato senza effettuare analisi dettagliate. In altri casi, la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta gamma di fattori relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità aziendale.

Contabilizzazione per competenza

25.

Un’entità deve preparare il proprio bilancio, a eccezione dell’informativa sui flussi finanziari, secondo il principio della contabilizzazione per competenza.

26.

Quando viene utilizzata la contabilizzazione per competenza, le voci sono rilevate come attività, passività, patrimonio netto, ricavi e costi (gli elementi del bilancio) quando soddisfano le definizioni e i criteri di rilevazione previsti per tali elementi nel Quadro sistematico.

Uniformità di presentazione del bilancio

27.

La presentazione e la classificazione delle voci nel bilancio devono essere mantenute da un esercizio all’altro a meno che:

a)

non sia evidente, a seguito di un cambiamento rilevante nella natura delle operazioni dell’entità o di un riesame del bilancio, che sarebbe più appropriata un’altra presentazione o classificazione, tenuto conto dei criteri per la selezione e applicazione dei principi contabili definiti nello IAS 8; o

b)

un Principio o una Interpretazione richiede un cambiamento nella presentazione.

28.

Un acquisto o una dismissione significativo, o un riesame delle modalità di presentazione del bilancio, potrebbero suggerire che sia necessario presentare il bilancio in modo diverso. Un’entità cambia la presentazione del proprio bilancio soltanto se la nuova presentazione fornisce informazioni che siano attendibili e più rilevanti per gli utilizzatori del bilancio e la struttura rivista abbia probabilità di continuare a essere adottata, così che la comparabilità non sia compromessa. Quando si apportano modifiche nella presentazione un’entità riclassifica le proprie informazioni comparative secondo quanto previsto dai paragrafi 38 e 39.

Rilevanza e aggregazione

29.

Ogni classe rilevante di voci simili deve essere esposta distintamente nel bilancio. Le voci di natura o destinazione dissimile devono essere presentate distintamente a meno che queste siano irrilevanti.

30.

Il bilancio è il risultato di un vasto numero di operazioni o altri fatti che sono raggruppati in classi, conformemente alla loro natura o destinazione. La fase finale del processo di aggregazione e classificazione consiste nell’esposizione di dati sintetici e classificati che costituiscono le voci del prospetto di stato patrimoniale, del prospetto di conto economico, del prospetto delle variazioni di patrimonio netto e del rendiconto finanziario o delle note. Se una voce non è singolarmente rilevante, questa è aggregata ad altre voci nei prospetti di quel bilancio o nelle note. Una voce che non sia sufficientemente rilevante da richiedere una distinta esposizione nei prospetti di quel bilancio può tuttavia essere sufficientemente rilevante da essere esposta distintamente nelle note.

31.

L’applicazione del concetto di rilevanza significa che una particolare disposizione sull’informativa da fornire di un Principio o di una Interpretazione non necessita di essere soddisfatta se l’informazione non è rilevante.

Compensazione

32.

Le attività e le passività, i ricavi e i costi non devono essere compensati se non richiesto o consentito da un Principio o da una Interpretazione.

33.

È importante che le attività e le passività, i ricavi e i costi siano esposti distintamente. Le compensazioni nel conto economico o nello stato patrimoniale, salvo che esse riflettano la sostanza dell’operazione o di altro fatto, riducono la capacità degli utilizzatori sia di comprendere le operazioni, altri fatti e condizioni che si sono verificati e di valutare i futuri flussi finanziari dell’entità. Non è considerata una compensazione la valutazione della attività al netto di svalutazioni, quali per esempio, l’accantonamento per obsolescenza magazzino e l’accantonamento per svalutazione crediti di dubbia esigibilità.

34.

Lo IAS 18 Ricavi definisce il termine ricavo e richiede che questo sia determinato al fair value (valore equo) del corrispettivo ricevuto o da ricevere, tenendo conto dell’importo di qualsiasi sconto commerciale e di quantità concesso dall’entità. L’entità effettua, nel corso della sua attività ordinaria, altre operazioni che non generano ricavi ma sono accessorie rispetto alla attività principale generatrice di ricavi. I risultati di tali operazioni sono presentati, quando tale esposizione riflette la sostanza dell’operazione o di altro fatto, compensando eventuali ricavi con il costo relativo derivante dalla stessa operazione. Per esempio:

a)

plusvalenze e minusvalenze patrimoniali derivanti dalla vendita di attività non correnti, inclusi partecipazioni e beni strumentali, sono esposte deducendo dai corrispettivi della cessione il valore contabile del bene e i relativi costi di vendita; e

b)

spese relative a un accantonamento che è rilevato secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali rimborsabili secondo un accordo contrattuale con un terzo (per esempio, un accordo di garanzia di un fornitore) possono essere compensate con il relativo rimborso.

35.

Inoltre, utili e perdite derivanti da un insieme di operazioni simili, quali utili e perdite su operazioni in valuta o derivanti da strumenti finanziari posseduti per negoziazione, sono esposti al netto. Tali utili e perdite sono, tuttavia, esposti distintamente se sono rilevanti.

Informazioni comparative

36.

A eccezione di quando un Principio o una Interpretazione consenta o richieda diversamente, le informazioni comparative devono essere fornite per il periodo precedente per tutti gli importi esposti nel bilancio. Informazioni comparative devono essere incluse per le informazioni di commento e descrittive, quando ciò sia rilevante per la comprensione del bilancio dell’esercizio di riferimento.

37.

In alcuni casi l’informazione descrittiva fornita nel bilancio degli esercizi precedenti è significativa anche per l’esercizio in corso. Per esempio, dettagli di una causa legale, i cui esiti erano incerti alla data di chiusura del precedente bilancio e che non è ancora stata definita, sono esposti nel bilancio dell’esercizio di riferimento. Gli utilizzatori traggono vantaggio dall’essere informati sull’esistente incertezza alla data di chiusura del precedente bilancio, nonché dalle azioni intraprese durante l’esercizio per risolverla.

38.

Quando la presentazione o classificazione di voci nel bilancio viene modificata, gli importi comparativi devono essere riclassificati a meno che la riclassificazione non sia fattibile. Quando gli importi comparativi sono riclassificati, un’entità deve indicare:

a)

la natura della riclassificazione;

b)

l’importo di ogni voce o classe di voci che è riclassificata; e

c)

i motivi della riclassificazione.

39.

Quando non è fattibile riclassificare gli importi comparativi, un’entità deve indicare:

a)

la ragione per non riclassificare gli importi; e

b)

la natura delle rettifiche che sarebbero state apportate se gli importi fossero stati riclassificati.

40.

Migliorare la comparabilità delle informazioni tra esercizi aiuta gli utilizzatori a prendere decisioni economiche, permettendo specialmente la valutazione per scopi previsionali degli andamenti nelle informazioni finanziarie. In alcune circostanze, non è fattibile riclassificare le informazioni comparative per un particolare esercizio precedente per ottenere la comparabilità con l’esercizio corrente. Per esempio, i dati possono non essere stati raccolti nel/i periodo/i precedente/i in un modo tale da consentirne la riclassificazione, e può non essere fattibile ricreare l’informativa.

41.

Lo IAS 8 tratta le modifiche delle informazioni comparative richieste quando un’entità modifica un principio contabile o corregge un errore.

STRUTTURA E CONTENUTO

Introduzione

42.

Il presente Principio richiede particolari informazioni nel prospetto di stato patrimoniale, nel prospetto di conto economico e nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto e richiede la presentazione di ulteriori voci in tali prospetti o nelle note. Lo IAS 7 Rendiconto finanziario disciplina la presentazione di un rendiconto finanziario.

43.

Il presente Principio a volte utilizza il termine «informativa» in un senso ampio, comprendendo voci esposte nel prospetto di stato patrimoniale, nel prospetto di conto economico, nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto e nel rendiconto finanziario, così come nelle note. Le informazioni sono inoltre richieste da altri Principi e Interpretazioni. Se non diversamente specificato altrove nel presente Principio, o in un altro Principio o Interpretazione, tali informazioni sono esposte o nel prospetto dello stato patrimoniale, nel prospetto di conto economico, nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto, o nel rendiconto finanziario (ovunque è applicabile), o nelle note.

Identificazione del bilancio

44.

Il bilancio deve essere chiaramente identificato e distinto dalle altre informazioni contenute nello stesso documento pubblicato.

45.

Gli IFRS si applicano solo al bilancio e non alle altre informazioni contenute nelle relazioni annuali o in altri documenti. Di conseguenza, è importante che gli utilizzatori possano distinguere l’informativa che è redatta applicando gli IFRS da quella che può essere utile per loro ma non regolata da tali disposizioni.

46.

Ogni parte del bilancio deve essere chiaramente identificata. Inoltre, le seguenti informazioni devono essere evidenziate e, quando necessario, ripetute per una corretta comprensione dell’informativa presentata:

a)

la denominazione dell’entità che redige il bilancio o altro mezzo di identificazione ed eventuali cambiamenti in tale informativa dalla data di riferimento del bilancio precedente;

b)

se il bilancio si riferisce a una singola entità o a un gruppo di entità;

c)

la data di riferimento del bilancio o il periodo di riferimento del bilancio, a seconda di quale informazione sia pertinente alla parte del bilancio;

d)

la moneta di presentazione, come definita nello IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere; e

e)

il livello di arrotondamento utilizzato nel presentare gli importi nel bilancio.

47.

Le disposizioni contenute nel paragrafo 46 sono normalmente soddisfatte presentando le intestazioni di pagina e le intestazioni di colonna abbreviate su ogni pagina del bilancio. La decisione sul modo migliore di esporre tale informativa è il risultato di una valutazione. Per esempio, quando il bilancio è presentato elettronicamente, non sono sempre usate pagine separate; le indicazioni di cui sopra sono allora richiamate con una frequenza tale da assicurare una corretta comprensione dell’informativa inclusa nel bilancio.

48.

Il bilancio è spesso reso più comprensibile presentando l’informativa in migliaia o milioni di unità nella moneta di presentazione. Ciò è accettabile nella misura in cui il livello di arrotondamento nella esposizione è indicato e non viene omessa l’informativa rilevante.

Periodo di riferimento

49.

Il bilancio deve essere redatto almeno annualmente. Quando la data di riferimento del bilancio di un’entità cambia e il bilancio annuale considera un periodo più lungo o più breve di un anno, un’entità deve indicare, oltre all’esercizio di riferimento coperto dal bilancio:

a)

la ragione per cui si utilizza un esercizio più lungo o più breve; e

b)

il fatto che i dati comparativi per il conto economico, il prospetto delle variazioni di patrimonio netto, il rendiconto finanziario e le note relative non sono del tutto comparabili.

50.

Normalmente, il bilancio è coerentemente redatto con riferimento a un periodo annuale. Tuttavia, alcune entità per ragioni pratiche preferiscono rendicontare, per esempio, un periodo di 52 settimane. Il presente Principio non preclude questa prassi, in quanto non è probabile che i bilanci risultanti siano significativamente diversi da quelli presentati assumendo come riferimento un anno.

Stato Patrimoniale

Distinzione corrente/non corrente

51.

Un’entità deve presentare le attività correnti e non correnti, e le passività correnti e non correnti come classificazioni distinte nel prospetto di stato patrimoniale secondo quanto previsto dai paragrafi da 57 a 67 a eccezione del caso in cui una presentazione basata sulla liquidità fornisce informazioni che sono attendibili e più rilevanti. Quando tale eccezione si applica, tutte le attività e passività devono essere presentate genericamente in base al loro livello di liquidità.

52.

Qualunque sia il metodo di presentazione adottato, per ciascuna voce di attività e passività che include sia gli importi che ci si aspetta di realizzare o regolare a) non oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio e b) oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio, un’entità deve indicare l’importo che si prevede di realizzare o regolare oltre dodici mesi.

53.

Quando l’entità fornisce beni o servizi entro un ciclo operativo chiaramente identificabile, la separata classificazione di attività e passività correnti e non correnti nel prospetto di stato patrimoniale fornisce informazioni utili, in quanto distingue il capitale circolante netto dal capitale usato dall’entità per le operazioni a lungo termine. Essa evidenzia inoltre le attività che si suppone debbano essere realizzate entro il termine del ciclo operativo corrente e le passività da estinguere entro lo stesso periodo.

54.

Per alcune entità, quali istituti finanziari, una presentazione di attività e passività in ordine crescente o decrescente di liquidità fornisce informazioni che sono attendibili e più rilevanti di una presentazione corrente/non corrente perché l’entità non fornisce beni o servizi entro un ciclo operativo chiaramente identificabile.

55.

Nell’applicare il paragrafo 51, un’entità può presentare alcune delle sue attività e passività utilizzando una classificazione corrente/non corrente e altre in ordine di liquidità quando ciò fornisce informazioni che sono attendibili e più rilevanti. La necessità di utilizzare un criterio di presentazione misto potrebbe sorgere quando un’entità ha diverse attività.

56.

L’informativa circa le date di realizzazione previste delle attività e delle passività è utile nel determinare la liquidità e la solvibilità di un’entità. Lo IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative richiede l’indicazione delle date di scadenza delle attività e delle passività finanziarie. Le attività finanziarie comprendono crediti commerciali e altri crediti e le passività finanziarie comprendono debiti commerciali e altri debiti. L’indicazione della data attesa di realizzo o di regolamento di attività e passività non monetarie quali le rimanenze e gli accantonamenti è utile a prescindere se le attività e le passività siano classificate come correnti o non correnti. Per esempio, un’entità evidenzia i valori delle rimanenze che si prevede siano realizzate dopo oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Attività correnti

57.

Un’attività deve essere classificata come corrente quando soddisfa uno dei seguenti criteri:

a)

si suppone sia realizzata, oppure posseduta per la vendita o il consumo, nel normale svolgimento del ciclo operativo dell’entità;

b)

è posseduta principalmente con la finalità di essere negoziata;

c)

si suppone sia realizzata entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio; o

d)

si tratta di disponibilità liquide o mezzi equivalenti (come definiti nello IAS 7) a meno che non sia preclusa dall’essere scambiata o utilizzata per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Tutte le altre attività devono essere classificate come non correnti.

58.

Il presente Principio usa il termine «non corrente» per includere attività materiali, immateriali e finanziarie aventi natura a lungo termine. Esso non impedisce l’uso di descrizioni alternative purché il significato sia chiaro.

59.

Il ciclo operativo di un’entità è il tempo che intercorre tra l’acquisizione di beni per il processo produttivo e la loro realizzazione in disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Quando il normale ciclo operativo di un’entità non è chiaramente identificabile, si suppone che la sua durata sia di dodici mesi. Le attività correnti includono attività (come rimanenze e crediti commerciali) che sono vendute, utilizzate o realizzate come parte del normale ciclo operativo, anche quando non è previsto che esse siano realizzate entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. Le attività correnti inoltre includono attività possedute principalmente per la negoziazione (attività finanziarie che rientrano in questa categoria sono classificate come possedute per la negoziazione secondo quanto previsto dallo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione) e la parte corrente di attività finanziarie non correnti.

Passività correnti

60.

Una passività deve essere classificata come corrente quando soddisfa uno dei seguenti criteri:

a)

è previsto che sia estinta nel normale ciclo operativo di un’entità;

b)

è posseduta principalmente con la finalità di essere negoziata;

c)

deve essere estinta entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio; o

d)

l’entità non ha un diritto incondizionato a differire il regolamento della passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Tutte le altre passività devono essere classificate come non correnti.

61.

Alcune passività correnti, quali debiti commerciali e alcuni accantonamenti relativi al personale e ad altri costi operativi, sono parte del capitale circolante usato nel normale ciclo operativo dell’entità. Tali voci operative sono classificate come passività correnti anche se la loro estinzione avverrà oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. Lo stesso normale ciclo operativo si applica alla classificazione delle attività e passività di un’entità. Quando il normale ciclo operativo di un’entità non è chiaramente identificabile, si suppone che la sua durata sia di dodici mesi.

62.

Altre passività correnti non sono estinte nell’ambito del normale ciclo operativo, ma devono essere estinte entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio o sono assunte principalmente per la negoziazione. Esempi sono le passività finanziarie classificate come possedute per la negoziazione secondo quanto previsto dallo IAS 39, gli scoperti bancari e la parte corrente di passività finanziarie non correnti, i dividendi da pagare, le passività per imposte sul reddito e gli altri debiti non commerciali. Le passività finanziarie che sono relative a finanziamenti a lungo termine (ossia non sono parte del capitale circolante utilizzato nel normale ciclo operativo dell’entità) e non devono essere regolate entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio, sono passività non correnti subordinatamente a quanto previsto dai paragrafi 65 e 66.

63.

Un’entità classifica le sue passività finanziarie come correnti quando devono essere regolate entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio, anche se:

a)

il termine originale era per un periodo superiore a dodici mesi; e

b)

un accordo di rifinanziamento o di rimodulazione dei pagamenti, a lungo termine viene concluso dopo la data di riferimento del bilancio e prima che il bilancio sia autorizzato alla pubblicazione.

64.

Se un’entità prevede, e ha la discrezionalità, di rifinanziare o rinnovare un’obbligazione per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio secondo un accordo di finanziamento esistente, essa classifica l’obbligazione come non corrente, anche se sarebbe scaduta entro un periodo più breve. Tuttavia, quando il rifinanziamento o il rinnovamento dell’obbligazione non è a discrezione dell’entità (per esempio, non c’è un accordo di rifinanziamento), la potenzialità di rifinanziare non è considerata e l’obbligazione è classificata come corrente.

65.

Quando un’entità viola una condizione di un contratto di finanziamento a lungo termine alla data o prima della data di riferimento del bilancio con l’effetto che la passività diventa un debito esigibile a richiesta, la passività è classificata come corrente, anche se il finanziatore ha concordato, dopo la data di riferimento del bilancio e prima dell’autorizzazione alla pubblicazione del bilancio stesso, di non richiedere il pagamento come conseguenza della violazione. La passività è classificata come corrente perché, alla data di riferimento del bilancio, l’entità non gode di un diritto incondizionato a differire il suo regolamento per almeno dodici mesi da quella data.

66.

Tuttavia, la passività è classificata come non corrente se il finanziatore ha concordato, prima della data di riferimento del bilancio, di fornire un periodo di tolleranza che termina almeno dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio, entro il quale l’entità può sanare la violazione e durante il quale il finanziatore non può richiedere un rimborso immediato.

67.

In riferimento ai finanziamenti classificati come passività correnti, se i fatti seguenti si verificano tra la data di chiusura dell’esercizio e la data in cui i bilanci sono autorizzati alla pubblicazione, tali eventi sono illustrati come fatti che non comportano una rettifica secondo quanto previsto dallo IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio:

a)

rifinanziamento a lungo termine;

b)

risoluzione della violazione di un contratto di finanziamento a lungo termine; e

c)

la concessione da parte del finanziatore di un periodo di tolleranza per sanare la violazione di un contratto di finanziamento a lungo termine che scade almeno dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio.

Informazioni da esporre nel prospetto di stato patrimoniale

68.

Come minimo, il prospetto di stato patrimoniale deve includere voci che presentino i seguenti valori, nella misura in cui non sono stati già presentati in base alle disposizioni di cui al paragrafo 68A:

a)

immobili, impianti e macchinari;

b)

investimenti immobiliari;

c)

attività immateriali;

d)

attività finanziarie [esclusi i valori esposti in e), h) e i)];

e)

partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto;

f)

attività biologiche;

g)

rimanenze;

h)

crediti commerciali e altri crediti;

i)

disponibilità liquide e mezzi equivalenti;

j)

debiti commerciali e altri debiti;

k)

accantonamenti;

l)

passività finanziarie [esclusi i valori esposti in j) e k)];

m)

passività e attività per imposte correnti, come definite nello IAS 12 Imposte sul reddito;

n)

passività e attività fiscali differite, come definite nello IAS 12;

o)

interessenze di pertinenza di terzi, presentate nel patrimonio netto; e

p)

capitale emesso e riserve attribuibili ai possessori di capitale proprio della controllante.

68A.

Il prospetto di stato patrimoniale deve includere anche delle voci rappresentative dei seguenti valori:

a)

il totale delle attività classificate come possedute per la vendita e le attività incluse nei gruppi in dismissione classificati come posseduti per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate; e

b)

le passività incluse nei gruppi in dismissione classificati come posseduti per la vendita, in conformità all’IFRS 5.

69.

Voci addizionali, intestazioni e risultati parziali devono essere presentati nel prospetto di stato patrimoniale quando tale presentazione è rilevante per la comprensione della situazione patrimoniale-finanziaria di un’entità.

70.

Quando un’entità presenta attività correnti e non correnti, e passività correnti e non correnti, come classificazioni distinte nel prospetto di stato patrimoniale, non deve classificare attività (passività) fiscali differite del bilancio, come attività (passività) correnti.

71.

Il presente Principio non prescrive l’ordine o lo schema con il quale le voci devono essere esposte. Il paragrafo 68 fornisce semplicemente una lista di voci che sono sufficientemente diverse per natura o destinazione da richiedere una separata esposizione nel prospetto di stato patrimoniale. Inoltre:

a)

le voci sono separatamente esposte quando la dimensione, la natura o la destinazione di una voce o aggregazione di voci simili è tale che una presentazione distinta è rilevante per la comprensione della posizione patrimoniale-finanziaria di un’entità; e

b)

le descrizioni usate e l’ordine delle voci o dell’aggregazione di voci simili possono essere modificati in relazione alla natura dell’entità e delle sue operazioni, per fornire l’informativa necessaria per la comprensione della situazione patrimoniale-finanziaria dell’entità. Per esempio, un istituto finanziario può modificare le descrizioni sopra elencate per fornire informazioni più rilevanti in merito alle operazioni dell’istituto stesso.

72.

La decisione circa la presentazione distinta di ulteriori voci si basa sulla valutazione:

a)

della natura e del grado di liquidità delle attività;

b)

della destinazione delle attività all’interno dell’entità; e

c)

degli importi, della natura e delle scadenze delle passività.

73.

L’utilizzo di basi di valutazione diverse per le diverse classi di attività suggerisce che la loro natura o destinazione differisce e, quindi, che queste dovrebbero essere presentate come voci distinte. Per esempio, diverse classi di immobili, impianti e macchinari possono essere iscritte al costo o a valori rideterminati secondo quanto previsto dallo IAS 16 Immobili, Impianti e macchinari.

Informazioni da esporre nel prospetto di stato patrimoniale o nelle note

74.

Un’entità deve evidenziare, nel prospetto di stato patrimoniale o nelle note, ulteriori sotto-classificazioni delle voci esposte, classificate con modalità adeguate alle operazioni dell’entità.

75.

Il dettaglio fornito nelle sotto-classificazioni dipende dalle disposizioni degli IFRS e dalla dimensione, natura e destinazione dei relativi importi. I fattori definiti nel paragrafo 72 sono anche usati per decidere il criterio della sotto-classificazione. L’informativa varia per ciascuna voce, per esempio:

a)

le voci di immobili, impianti e macchinari sono disaggregati in classi secondo quanto previsto dallo IAS 16;

b)

i crediti sono disaggregati tra crediti commerciali, crediti da parti correlate, anticipi e altri crediti;

c)

le rimanenze sono sotto-classificate, in conformità allo IAS 2 Rimanenze in categorie quali merci, materiali di consumo, materie prime, prodotti in corso di lavorazione e prodotti finiti;

d)

gli accantonamenti sono disaggregati in accantonamenti per i benefici per i dipendenti e altre voci; e

e)

il capitale conferito e le riserve di patrimonio netto sono disaggregati in classi quali capitale sottoscritto, riserva sovrapprezzo azioni e riserve.

76.

Un’entità deve evidenziare quanto segue nel prospetto di stato patrimoniale o nelle note:

a)

per ciascuna categoria di azioni costituenti il capitale sociale:

i)

il numero delle azioni autorizzate;

ii)

il numero delle azioni emesse e interamente versate, ed emesse e non interamente versate;

iii)

il valore nominale per azione, o il fatto che le azioni non hanno valore nominale;

iv)

una riconciliazione tra il numero delle azioni in circolazione all’inizio e alla fine dell’esercizio;

v)

i diritti, privilegi e vincoli di ciascuna categoria di azioni, inclusi i vincoli nella distribuzione dei dividendi e nel rimborso del capitale;

vi)

le azioni proprie possedute dall’entità o indirettamente tramite le sue controllate o collegate; e

vii)

le azioni riservate per emissione sotto opzione e contratti di vendita, inclusi le condizioni e gli importi; e

b)

una descrizione della natura e scopo di ciascuna riserva inclusa nel patrimonio netto.

77.

Un’entità senza capitale sociale, come una società di persone o un trust, deve presentare un’informativa equivalente a quella richiesta dal paragrafo 76, lettera a), esponendo i cambiamenti del periodo in ciascuna categoria di interessenza di patrimonio netto e i diritti, privilegi e vincoli relativi a ciascuna categoria di interessenza.

Conto economico

Utile o perdita d’esercizio

78.

Tutte le voci di ricavo e di costo rilevate in un esercizio devono essere incluse nel conto economico a meno che un Principio o una Interpretazione dispongano diversamente.

79.

Normalmente, tutte le voci di ricavo e di costo rilevate in un esercizio sono incluse nel conto economico. Questo comprende gli effetti delle modifiche nelle stime contabili. Tuttavia, possono esistere dei casi in cui particolari componenti possono essere esclusi dalla determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio corrente. Lo IAS 8 tratta due di questi casi: la correzione di errori e l’effetto dei cambiamenti di principi contabili.

80.

Altri Principi trattano voci che possono soddisfare la definizione del Quadro sistematico di ricavi o costi ma sono solitamente escluse dal conto economico. Esempi includono le riserve di rivalutazione (cfr. IAS 16), utili e perdite particolari derivanti dalla traduzione dei bilanci di una gestione estera (cfr. IAS 21) e utili e perdite sulla rivalutazione delle attività finanziarie disponibili per la vendita (cfr. IAS 39).

Informazioni da esporre nel prospetto di conto economico

81.

Come minimo, il prospetto di conto economico deve includere le voci rappresentative dei seguenti valori relativi all’esercizio:

a)

ricavi;

b)

oneri finanziari;

c)

quota dell’utile o perdita di collegate e joint venture contabilizzata con il metodo del patrimonio netto;

d)

oneri tributari

e)

un singolo importo comprendente il totale i) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali, delle attività operative cessate e ii) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali, rilevata a seguito della valutazione al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita o della dismissione delle attività o del(i) gruppo(i) in dismissione che costituiscono l’attività operativa cessata; e

f)

l’utile o la perdita.

82.

Le seguenti voci devono essere indicate nel prospetto di conto economico come ripartizioni dell’utile o della perdita d’esercizio:

a)

utile o perdita attribuibile alle minoranze; e

b)

utile o perdita attribuibile ai soci della controllante.

83.

Voci addizionali, intestazioni e risultati parziali devono essere presentati nel prospetto di conto economico quando tale presentazione è significativa ai fini della comprensione del risultato economico-finanziario di un’entità.

84.

Poiché gli effetti delle varie attività di un’entità, operazioni e altri eventi differiscono in frequenza, potenzialità per utile o perdita e prevedibilità, l’evidenziazione delle componenti del risultato economico-finanziario aiuta a comprendere il risultato realizzato e a prevedere quello futuro. Voci addizionali sono incluse nel prospetto di conto economico e le descrizioni usate e l’ordine delle voci sono modificati quando ciò è necessario per spiegare i fattori che hanno determinato il risultato economico-finanziario. I fattori da considerare includono la significatività, la natura e la destinazione dei componenti di ricavi e di costi. Per esempio, un istituto finanziario può modificare le descrizioni per fornire informazioni più rilevanti in merito alle sue operazioni. Le voci di ricavi e costi non sono compensate a meno che siano rispettati i criteri indicati nel paragrafo 32.

85.

Un’entità non deve presentare ricavi e costi come componenti straordinari nel prospetto di conto economico o nelle note.

Informazioni da esporre nel prospetto di conto economico o nelle note

86.

Quando le componenti di ricavo e di costo sono significative, la loro natura e l’importo devono essere indicati distintamente.

87.

Le circostanze che potrebbero dare origine all’indicazione distinta delle componenti di ricavo e di costo includono:

a)

la svalutazione di rimanenze al valore netto realizzabile o di immobili, impianti e macchinari al valore recuperabile, come pure lo storno di tali svalutazioni e il conseguente ripristino di valore;

b)

ristrutturazioni delle attività di un’entità e gli storni di eventuali accantonamenti per i costi di ristrutturazione;

c)

dismissioni di elementi di immobili, impianti e macchinari;

d)

cessioni di investimenti partecipativi;

e)

attività operative cessate;

f)

definizione di contenziosi; e

g)

altri storni di accantonamenti.

88.

Un’entità deve presentare un’analisi dei costi utilizzando una classificazione basata sulla natura degli stessi o sulla loro destinazione all’interno dell’entità scegliendo quella fra le due che fornisce indicazioni che sono attendibili e più rilevanti.

89.

Le entità sono incoraggiate a esporre l’analisi di cui al paragrafo 88 nel prospetto di conto economico.

90.

Le voci di costo sono sottoclassificate per evidenziare i componenti del risultato economico-finanziario che possono differire in termini di frequenza, potenzialità di utile o perdita e prevedibilità. Questa analisi è fornita in uno dei due modi descritti nel seguito.

91.

La prima forma di analisi è il metodo dei costi per natura. I costi sono aggregati nel conto economico secondo la loro natura (per esempio ammortamenti, acquisti di materiali, costi di trasporto, benefici per i dipendenti e costi di pubblicità) e non sono ripartiti in base alla loro destinazione all’interno dell’entità. Questo metodo può essere semplice da applicare perché non è necessaria alcuna ripartizione dei costi ai fini della classificazione per destinazione. Un esempio di una classificazione adottando il metodo dei costi per natura è il seguente:

Ricavi

 

X

Altri proventi

 

X

Variazioni nelle rimanenze di prodotti finiti e prodotti in corso di lavorazione

X

 

Materie prime e materiali di consumo utilizzati

X

 

Costi per benefici ai dipendenti

X

 

Ammortamenti

X

 

Altri costi

X

 

Costi totali

 

(X)

Utile

 

X

92.

La seconda forma di analisi è denominata metodo dei «costi per destinazione» o del «costo del venduto» e classifica i costi secondo la loro destinazione come parte del costo del venduto o, per esempio, i costi di distribuzione o amministrativi. Come minimo, un’entità indica il proprio costo del venduto secondo questo metodo, separatamente dagli altri costi. Questo metodo può fornire agli utilizzatori informazioni più significative rispetto alla classificazione dei costi per natura, ma ripartire i costi per destinazione può richiedere allocazioni arbitrarie e comportare un considerevole grado di discrezionalità. Un esempio di classificazione con il metodo dei costi per destinazione è il seguente:

Ricavi

X

Costo del venduto

(X)

Utile lordo

X

Altri proventi

X

Costi di distribuzione

(X)

Spese di amministrazione

(X)

Altri costi

(X)

Utile

X

93.

Le entità che classificano i costi per destinazione devono riportare ulteriori informazioni sulla natura dei costi, inclusi gli ammortamenti e i costi dei benefici per i dipendenti.

94.

La scelta tra il metodo dei costi per destinazione e per natura dipende da fattori storici e industriali e dalla natura dell’entità. Entrambi i metodi forniscono una indicazione di quei costi che potrebbero variare, direttamente o indirettamente, in relazione al livello delle vendite o della produzione dell’entità. Poiché ogni metodo di presentazione ha un valore a seconda dei diversi tipi di entità, il presente Principio richiede che la direzione aziendale selezioni la presentazione più rilevante e attendibile. Comunque, dato che l’informativa sulla natura dei costi è utile nel prevedere i futuri flussi finanziari, è richiesta un’ulteriore informativa nel caso in cui venga adottata la classificazione con il metodo dei costi per destinazione. Nel paragrafo 93 il termine, «benefici per i dipendenti» ha lo stesso significato che ha nello IAS 19 Benefici per i dipendenti.

95.

Un’entità deve indicare, nel prospetto di conto economico o nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto, o nelle note, l’importo dei dividendi rilevati come distribuzione ai possessori di capitale proprio durante l’esercizio, e il relativo importo per azione.

Prospetto delle variazioni di patrimonio netto

96.

Un’entità deve presentare un prospetto delle variazioni di patrimonio netto, che evidenzi:

a)

utile o perdita d’esercizio;

b)

ciascuna voce di proventi e oneri per l’esercizio che, come richiesto da altri Principi o da altre Interpretazioni, è imputata direttamente a patrimonio netto, e il totale di queste voci;

c)

ricavi e costi totali del periodo [calcolati come la somma di a) e b)], che mostrano separatamente gli importi totali attribuibili ai possessori di capitale proprio della controllante e alla quota di pertinenza di terzi; e

d)

per ciascuna voce del patrimonio netto, gli effetti dei cambiamenti di principi contabili e correzioni degli errori rilevati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

Un prospetto delle variazioni di patrimonio netto che include soltanto queste voci deve essere intitolato prospetto dei proventi e oneri rilevati.

97.

Un’entità deve inoltre presentare nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto o nelle note:

a)

gli importi delle operazioni con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale loro qualità, esponendo separatamente le distribuzioni effettuate agli stessi;

b)

il saldo degli utili portati a nuovo (ossia l’utile o la perdita accumulato) all’inizio dell’esercizio e alla data di riferimento del bilancio, e i movimenti durante l’esercizio; e

c)

una riconciliazione tra il valore contabile di ciascuna classe di capitale proprio versato, e di ciascuna riserva all’inizio e al termine dell’esercizio, evidenziando distintamente ogni variazione.

98.

Variazioni nel patrimonio netto dell’entità tra due date di riferimento del bilancio riflettono l’aumento o la diminuzione del suo attivo netto durante l’esercizio. A eccezione delle variazioni derivanti dalle operazioni con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale qualità (come conferimenti di capitale proprio, riacquisti di strumenti rappresentativi di capitale proprio dell’entità e dividendi) e i costi delle operazioni direttamente collegati a tali operazioni, la variazione totale di patrimonio netto durante un esercizio rappresenta l’importo totale dei proventi e degli oneri, inclusivi degli utili e delle perdite, generati dall’attività dell’entità durante quel periodo (indipendentemente dal fatto che tali voci di proventi e costi siano rilevate nel conto economico o direttamente come variazioni nel patrimonio netto).

99.

Il presente Principio richiede che tutte le voci di ricavo e di costo rilevate in un esercizio debbano essere incluse nel conto economico a meno che un altro Principio o una Interpretazione dispongano diversamente. Altri Principi richiedono che alcuni utili e perdite (quali aumenti e diminuzioni dovuti a nuove valutazioni, differenze di cambi particolari, utili o perdite sulla rivalutazione di attività finanziarie disponibili per la vendita e relativi importi di imposte correnti e differite) siano rilevati direttamente come variazioni di patrimonio netto. Poiché è importante considerare tutte le voci dei ricavi e dei costi nella valutazione delle variazioni della posizione finanziaria di un’entità tra due date di riferimento del bilancio, il presente Principio richiede la presentazione di un prospetto delle variazioni di patrimonio netto che evidenzi i ricavi e le spese totali di un’entità, incluse quelle che sono rilevate direttamente nel patrimonio netto.

100.

Lo IAS 8 richiede rettifiche retroattive a seguito di cambiamenti nei principi contabili, nei limiti del possibile, a eccezione di quando le disposizioni transitorie di un altro Principio o Interpretazione richiedono diversamente. Lo IAS 8 inoltre richiede che le rideterminazioni di valore per correggere gli errori siano fatte nel limite del possibile, retroattivamente. Le rettifiche e le rideterminazioni di valore retroattive sono rilevate nel saldo degli utili portati a nuovo, a eccezione di quando un Principio o una Interpretazione richiede rettifiche retroattive di un’altra voce del patrimonio netto. Il paragrafo 96, lettera d), richiede nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto un’informativa in merito alla rettifica complessiva per ogni voce del patrimonio netto dovuta a cambiamenti di principi contabili e, separatamente, a correzioni di errori. Queste rettifiche sono indicate per ogni esercizio precedente e all’inizio dell’esercizio.

101.

Le disposizioni dei paragrafi 96 e 97 possono essere soddisfatte in diversi modi. Un esempio è un prospetto a colonne che riconcilia i saldi di apertura e di chiusura di ciascuna voce di patrimonio netto. Un’alternativa è quella di presentare soltanto le voci esposte nel paragrafo 96 nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto. Secondo questo approccio, le voci descritte nel paragrafo 97 sono illustrate nelle note.

Rendiconto finanziario

102.

Le informazioni sui flussi finanziari forniscono agli utilizzatori del bilancio una base di riferimento per valutare le capacità dell’entità di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e i fabbisogni dell’entità di impiego di tali flussi finanziari. Lo IAS 7 stabilisce le disposizioni per la presentazione del rendiconto finanziario e della relativa informativa.

Note

Struttura

103.

Le note devono:

a)

presentare le informazioni sui criteri di formazione del bilancio e i principi contabili specifici utilizzati secondo quanto previsto dai paragrafi da 108 a 115;

b)

indicare le informazioni richieste dagli IFRS che non sono presentate nel prospetto dello stato patrimoniale, del conto economico, delle variazioni di patrimonio netto o del rendiconto finanziario; e

c)

fornire informazioni aggiuntive che non sono presentate nel prospetto di stato patrimoniale, di conto economico, delle variazioni di patrimonio netto o del rendiconto finanziario, ma sono rilevanti per la comprensione di ciascuno di questi.

104.

Le note devono, nel limite del possibile, essere presentate in modo sistematico. Per ciascuna voce del prospetto di stato patrimoniale, conto economico, prospetto delle variazioni di patrimonio netto e rendiconto finanziario deve esservi il rinvio alla relativa informativa nelle note.

105.

Le note sono normalmente presentate nel seguente ordine che facilita gli utilizzatori nel comprendere il bilancio e confrontarlo con quelli di altre entità:

a)

una dichiarazione di conformità agli IFRS (cfr. paragrafo 14);

b)

una sintesi dei principi contabili rilevanti applicati (cfr. paragrafo 108);

c)

informazioni di supporto per le voci esposte nel prospetto di stato patrimoniale, di conto economico, delle variazioni di patrimonio netto e nel rendiconto finanziario, nell’ordine in cui ogni prospetto e ogni voce sono presentati; e

d)

altre informazioni, quali:

i)

passività potenziali (cfr. IAS 37) e impegni contrattuali non rilevati; e

ii)

informativa non finanziaria, per esempio le finalità e le strategie della gestione del rischio finanziario dell’entità (cfr. IFRS 7).

106.

In alcuni casi, potrebbe essere necessario o opportuno modificare l’ordine delle specifiche voci all’interno delle note. Per esempio, l’informativa sulle variazioni del fair value (valore equo) rilevate a conto economico può essere presentata congiuntamente con le informazioni sulle scadenze degli strumenti finanziari, anche se la prima si riferisce al conto economico e la seconda allo stato patrimoniale. Ciò nonostante, una struttura sistematica delle note, ove possibile, va mantenuta.

107.

Le note che forniscono informazioni sui criteri generali di preparazione del bilancio e sugli specifici principi contabili possono essere presentate in una sezione distinta del bilancio.

Informativa sui principi contabili

108.

Nella sintesi dei principi contabili rilevanti, un’entità deve indicare:

a)

il criterio (criteri) base di valutazione adottato(i) nella preparazione del bilancio; e

b)

gli altri principi contabili utilizzati che sono rilevanti per la comprensione del bilancio.

109.

Per gli utilizzatori è importante essere informati del criterio o criteri di valutazione utilizzati nel bilancio [per esempio, costo storico, costo corrente, valore netto di realizzo, fair value (valore equo) o valore recuperabile] perché il criterio su cui il bilancio è preparato ha un effetto significativo sulla sua analisi. Quando si applicano diversi criteri di valutazione nel bilancio, per esempio nel caso in cui particolari classi di attività sono rideterminate, è sufficiente fornire una indicazione delle categorie di attività e passività alle quali ciascun criterio è applicato.

110.

Nel decidere se uno specifico principio contabile debba essere illustrato, la direzione aziendale considera se tale informativa aiuterebbe gli utilizzatori nel comprendere come le operazioni, altri fatti e condizioni sono riflessi nella rappresentazione del risultato economico e della situazione patrimoniale-finanziaria. L’indicazione degli specifici principi contabili è particolarmente utile agli utilizzatori quando tali principi sono selezionati da alternative consentite nei Principi e nelle Interpretazioni. Un esempio è l’informativa relativa alla possibilità che un partecipante a una joint venture rilevi la propria partecipazione in un’entità a controllo congiunto utilizzando il consolidamento proporzionale o il metodo del patrimonio netto (cfr. lo IAS 31 Partecipazioni in joint venture). Alcuni Principi richiedono specificatamente le informazioni integrative di particolari principi contabili, incluse le scelte effettuate dalla direzione aziendale tra diverse alternative consentite. Per esempio, lo IAS 16 richiede l’informativa sui criteri di valutazione utilizzati per classi di immobili, impianti e macchinari. Lo IAS 23 Oneri finanziari richiede di indicare se gli oneri finanziari sono rilevati immediatamente come una spesa o capitalizzati come parte del costo della pertinente attività.

111.

Ciascuna entità considera la natura dell’attività e i principi che l’utilizzatore del bilancio si aspetterebbe siano illustrati per quel tipo di entità. Per esempio, da un’entità soggetta alle imposte sul reddito ci si aspetterebbe un’informativa in merito ai suoi principi contabili per le imposte sul reddito, inclusi quelli applicabili alle attività e passività fiscali differite. Qualora un’entità avesse importanti gestioni estere o operazioni in valute estere, ci si aspetterebbe un’informativa sui principi contabili per la rilevazione degli utili e delle perdite derivanti dalla conversione delle poste in valuta. Nel caso di effettuazione di aggregazioni aziendali, sono indicati i principi utilizzati per la determinazione dell’avviamento e della quota di pertinenza delle minoranze.

112.

Un principio contabile può essere significativo per la natura delle operazioni dell’entità anche se gli importi per l’esercizio corrente e gli esercizi precedenti non sono rilevanti. È inoltre appropriato indicare ogni principio contabile rilevante che non è specificamente richiesto dagli IFRS, ma è individuato e applicato secondo quanto previsto dallo IAS 8.

113.

Nella sintesi dei principi contabili rilevanti o in altre note, un’entità deve indicare le decisioni, a eccezione di quelle che riguardano le stime (cfr. paragrafo 116), che la direzione aziendale ha preso durante il processo di applicazione dei principi contabili dell’entità che hanno i più significativi effetti sugli importi rilevati in bilancio.

114.

Nel processo di applicazione dei principi contabili dell’entità, la direzione aziendale prende varie decisioni, oltre quelle che riguardano le stime, che possono avere un effetto significativo sugli importi rilevati in bilancio. Per esempio, la direzione aziendale prende decisioni determinando:

a)

se le attività finanziarie sono investimenti posseduti fino a scadenza;

b)

quando sostanzialmente tutti i rischi e i benefici significativi di attività finanziarie di proprietà e di attività ottenute in locazione sono trasferiti ad altre entità;

c)

se, in sostanza, determinate vendite di beni sono accordi finanziari e quindi non generano ricavi; e

d)

se la sostanza del rapporto tra l’entità e un’entità a destinazione specifica indica che l’entità a destinazione specifica è controllata dall’entità.

115.

Alcune delle informazioni fornite in base al paragrafo 113 sono richieste da altri Principi. Per esempio, lo IAS 27 richiede che un’entità indichi le ragioni per cui la partecipazione posseduta in un’entità non comporta il controllo, relativamente a una sua partecipata che non è una controllata anche se più della metà dei suoi diritti di voto o dei suoi diritti di voto potenziali sono posseduti direttamente o indirettamente attraverso controllate. Quando la classificazione di un investimento immobiliare risulta difficoltosa, lo IAS 40 richiede l’indicazione dei criteri definiti dall’entità per distinguere un investimento immobiliare da un immobile a uso proprio e da un immobile posseduto per la vendita nel normale svolgimento dell’attività operativa.

Principali cause di incertezza nelle stime

116.

Nelle note un’entità deve indicare l’informativa sulle ipotesi fondamentali riguardanti il futuro, e altre cause di incertezza nella stima alla data di riferimento del bilancio che presentano un rischio rilevante di dar luogo a rettifiche significative dei valori contabili delle attività e passività entro l’esercizio successivo. In riferimento a tali attività e passività, le note devono includere i dettagli:

a)

della loro natura; e

b)

del loro valore contabile alla data di riferimento del bilancio.

117.

La determinazione dei valori contabili di alcune attività e passività richiede la stima degli effetti di eventi futuri incerti relativi a tali attività e passività alla data di riferimento del bilancio. Per esempio, in assenza di prezzi di mercato, recentemente osservati, utilizzati per valutare le seguenti attività e passività, sono necessarie stime sul futuro per valutare il valore recuperabile di classi di immobili, impianti e macchinari, l’effetto della obsolescenza tecnologica sul magazzino, accantonamenti soggetti al futuro esito di controversie in corso, e passività per benefici a lungo termine ai dipendenti quali gli accantonamenti per piani pensionistici. Queste stime comportano ipotesi su elementi quali il rischio di rettificare i flussi finanziari o i tassi di sconto utilizzati, future variazioni dei costi del personale e dei prezzi che influiscono su altri costi.

118.

Le ipotesi fondamentali e le altre cause principali di incertezza nelle stime illustrate secondo quanto previsto dal paragrafo 116 fanno riferimento alle stime che richiedono le valutazioni più difficili, soggettive o complesse della direzione aziendale. Con l’aumento del numero delle variabili e delle ipotesi che influiscono sulle possibili future definizioni delle incertezze, tali valutazioni diventano più soggettive e complesse, e conseguentemente aumenta, di norma, il rischio di una rettifica significativa del valore contabile delle attività e delle passività.

119.

L’informativa del paragrafo 116 non è necessaria per le attività e passività che presentano un rischio rilevante che i loro valori contabili possano cambiare significativamente entro l’esercizio successivo, se, alla data di riferimento del bilancio, sono valutate al fair value (valore equo) sulla base dei prezzi di mercato recentemente osservati [i loro fair value (valore equo) potrebbero significativamente cambiare entro l’esercizio successivo, ma queste variazioni non risulterebbero da ipotesi o da altre cause di incertezza nelle stime sussistenti alla data di riferimento del bilancio].

120.

L’informativa del paragrafo 116 è esposta in modo da aiutare gli utilizzatori del bilancio a capire le decisioni della direzione aziendale sul futuro e su altre cause fondamentali di incertezza nella stima. La natura e la misura delle informazioni fornite varia a seconda della natura delle ipotesi e di altre circostanze. Esempi di indicazioni fornite sono:

a)

la natura delle ipotesi o delle altre cause di incertezza;

b)

la sensitività dei valori contabili ai metodi, ipotesi e stime fondamentali adottati per il loro calcolo, incluse le ragioni della sensitività;

c)

la definizione prevista di un’incertezza e la gamma di risultati ragionevolmente possibili entro l’esercizio successivo rispetto ai valori contabili delle attività e passività interessate; e

d)

una spiegazione delle modifiche apportate alle pregresse ipotesi riguardanti tali attività e passività, qualora l’incertezza resti irrisolta.

121.

Non è necessario indicare le informazioni relative al budget o a previsioni quando si forniscono le informazioni integrative del paragrafo 116.

122.

Quando non è fattibile indicare la misura dei possibili effetti di un’ipotesi o di un’altra causa fondamentale di incertezza nelle stime alla data di riferimento del bilancio, l’entità indica che è ragionevolmente possibile, sulla base delle conoscenze disponibili, che il concretizzarsi, entro l’esercizio successivo, di risultati diversi dalle ipotesi assunte potrebbe richiedere una rettifica significativa al valore contabile delle attività o passività interessate. In ogni caso, l’entità indica la natura e il valore contabile della specifica attività o passività (o classe di attività o passività) interessata dall’ipotesi.

123.

L’informativa del paragrafo 113 relativa alle specifiche decisioni prese dalla direzione aziendale nel processo di applicazione dei principi contabili dell’entità non si riferisce all’informativa in merito alle cause fondamentali di incertezza nelle stime di cui al paragrafo 116.

124.

L’informativa su alcune delle ipotesi fondamentali che altrimenti sarebbe comunque richiesta secondo quanto previsto dal paragrafo 116 è di contro richiesta da altri Principi. Per esempio, lo IAS 37 richiede l’informativa, in circostanze specifiche, delle principali ipotesi riguardanti eventi futuri interessanti classi di accantonamenti. L’IFRS 7 richiede l’informativa sulle ipotesi significative applicate nella stima del fair value (valore equo) di attività e passività finanziarie che sono iscritte al fair value (valore equo). Lo IAS 16 richiede l’indicazione delle ipotesi significative applicate nella stima del fair value (valore equo) delle voci rideterminate di immobili, impianti, macchinari.

Capitale

124A.

Un’entità deve presentare un’informativa che consenta agli utilizzatori del suo bilancio di valutare gli obiettivi, le politiche e i processi di gestione del capitale dell’entità.

124B.

Per uniformarsi alle disposizioni di cui al paragrafo 124A, l’entità fornisce indicazioni su quanto segue:

a)

informazioni qualitative sugli obiettivi, politiche e processi di gestione del capitale, compresi (ma senza limitarsi ad essi):

i)

una descrizione degli elementi gestiti come capitale;

ii)

quando un’entità è soggetta a parametri patrimoniali imposti da terzi, la natura di tali parametri e il modo in cui questi parametri sono insiti nella gestione del capitale; e

iii)

il modo in cui si stanno soddisfacendo gli obiettivi di gestione del capitale;

b)

dati quantitativi sintetici relativi agli elementi gestiti come capitale. Alcune entità considerano alcune passività finanziarie facenti parte del capitale (per esempio alcune forme di debito subordinato). Altre entità escludono dal capitale talune componenti del patrimonio netto (per esempio le componenti che derivano dalla copertura di un flusso finanziario);

c)

qualsiasi modifica nei punti a) e b) rispetto all’esercizio precedente;

d)

se durante l’esercizio abbia rispettato tutti i parametri patrimoniali imposti da terzi a cui è soggetta;

e)

quando non ha rispettato tali parametri patrimoniali imposti da terzi, le conseguenze di tale mancata conformità.

Tale informativa dovrà basarsi sulle informazioni comunicate internamente ai dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità.

124C.

Un’entità può gestire il capitale secondo modalità diverse ed essere soggetta ad una serie di parametri patrimoniali diversi. Per esempio, un conglomerato può comprendere delle entità che svolgono attività assicurative e bancarie, e che possono inoltre operare in diversi paesi. Quando un’informativa aggregata dei parametri patrimoniali e le modalità di gestione del capitale non fornirebbero informazioni utili o di darebbero agli utilizzatori del bilancio dell’entità un’immagine falsata delle sue risorse patrimoniali l’entità deve presentare informazioni distinte per ciascun parametro patrimoniale al quale è soggetta.

Altre informazioni integrative

125.

Nelle note, un’entità deve indicare:

a)

l’importo di dividendi proposti o dichiarati prima che il bilancio sia stato autorizzato alla pubblicazione, ma non rilevato nell’esercizio come distribuzione ai possessori di capitale proprio e il relativo importo per azione; e

b)

l’importo complessivo non contabilizzato di eventuali dividendi spettanti alle azioni privilegiate.

126.

Un’entità deve indicare quanto segue se non già illustrato in altre parti dell’informativa pubblicata con il bilancio:

a)

la sede e la forma giuridica dell’entità, il paese di registrazione e l’indirizzo della propria sede legale (o del principale luogo di attività, se diverso dalla sede legale);

b)

una descrizione della natura dell’attività dell’entità e delle sue principali operazioni; e

c)

la ragione sociale dell’entità controllante e della capogruppo.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

127.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

127A.

Un’entità deve applicare la modifica del paragrafo 96 a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Se un’entità applica le modifiche dello IAS 19 Benefici per i dipendentiUtili e perdite attuariali, piani per i dipendenti e informazioni integrative per un esercizio precedente, tale modifica deve essere applicata per quell’esercizio precedente.

127B.

L’entità deve applicare le disposizioni previste nei paragrafi da 124A a 124C a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2007 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata.

RITIRO DELLO IAS 1 (RIVISTO NELLA SOSTANZA NEL 1997)

128.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 1 Presentazione del bilancio rivisto nella sostanza nel 1997.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 2

Rimanenze

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di definire il trattamento contabile delle rimanenze. Una problematica fondamentale nella contabilizzazione delle rimanenze concerne l’ammontare del costo da rilevare come attività e portare a nuovo fino a quando i ricavi relativi non siano rilevati. Il presente Principio fornisce le linee guida per la determinazione del costo e per la successiva contabilizzazione come costo, incluse eventuali svalutazioni al valore netto di realizzo. Fornisce anche linee guida sulle metodologie di determinazione del costo delle rimanenze.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio si applica a tutte le rimanenze, eccetto:

a)

lavori in corso derivanti da lavori su ordinazione, inclusi i contratti di servizio direttamente connessi (cfr. IAS 11 Lavori su ordinazione);

b)

strumenti finanziari (cfr. IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione); e

c)

attività biologiche connesse ad attività agricole e prodotti agricoli al momento del raccolto (cfr. IAS 41 Agricoltura).

3.

Il presente Principio non si applica alla valutazione delle rimanenze possedute da:

a)

produttori di prodotti agricoli e forestali, di prodotti agricoli dopo il raccolto, di minerali e prodotti minerari, nella misura in cui il valore di tali rimanenze è determinato al valore netto di realizzo secondo quanto previsto da consolidate prassi in quei settori. Quando tali rimanenze sono valutate al valore netto di realizzo, i cambiamenti di quel valore sono rilevati a conto economico nell’esercizio del cambiamento;

b)

commercianti-intermediari in merci che valutano le loro rimanenze al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita. Quando tali rimanenze sono così valutate, le variazioni del fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita sono rilevate a conto economico nell’esercizio di tale variazione.

4.

Le rimanenze di cui al paragrafo 3, lettera a) sono valutate al valore netto di realizzo a determinati stadi della produzione. Ciò si verifica, per esempio, quando i raccolti agricoli sono stati mietuti o quando i minerali sono stati estratti e la vendita è assicurata da un contratto a termine o da un impegno di un ente governativo, o quando esiste un mercato attivo e il rischio di non riuscire a vendere il prodotto è trascurabile. Tali rimanenze sono escluse dalle sole disposizioni in materia di valutazione del presente Principio.

5.

I commercianti-intermediari in merci sono coloro che acquistano o vendono merci per conto terzi o per proprio conto. Le rimanenze di cui al paragrafo 3, lettera b) sono principalmente acquistate per una vendita nel prossimo futuro e per generare un utile dalle fluttuazioni di prezzo o dal margine dei commercianti-intermediari. Quando tali rimanenze sono valutate al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, queste sono escluse dall’applicazione delle sole disposizioni in materia di valutazione del presente Principio.

DEFINIZIONI

6.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Le rimanenze sono beni:

a)

posseduti per la vendita nel normale svolgimento dell’attività;

b)

impiegati nei processi produttivi per la vendita; o

c)

sotto forma di materiali o forniture di beni da impiegarsi nel processo di produzione o nella prestazione di servizi.

Il valore netto di realizzo è il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività al netto dei costi stimati di completamento nonché di quelli stimati necessari per realizzare la vendita.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

7.

Il valore netto di realizzo fa riferimento all’importo netto che l’entità si aspetta di realizzare dalla vendita delle rimanenze nel normale svolgimento dell’attività. Il fair value (valore equo) riflette l’importo per il quale la stessa rimanenza potrebbe essere scambiata sul mercato tra compratori e venditori consapevoli e disponibili. Il primo è un valore specifico dell’entità; il secondo non lo è. Il valore netto di realizzo per le rimanenze può non essere uguale al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita.

8.

Le rimanenze comprendono merci acquistate e possedute per la rivendita e includono, per esempio, merci acquistate da un dettagliante e possedute per la rivendita, o terreni e altri beni immobili posseduti per la rivendita. Le rimanenze comprendono, inoltre, prodotti finiti o semilavorati realizzati dall’entità e includono materiali e forniture di beni destinati a essere impiegati nel processo produttivo. Nel caso di un fornitore di servizi, le rimanenze includono i costi del servizio, come descritto nel paragrafo 19, per il quale l’entità non ha ancora rilevato il relativo ricavo (cfr. IAS 18 Ricavi).

VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE

9.

Le rimanenze devono essere valutate al minore tra il costo e il valore netto di realizzo.

Costo delle rimanenze

10.

Il costo delle rimanenze deve comprendere tutti i costi di acquisto, i costi di trasformazione e gli altri costi sostenuti per portare le rimanenze nel luogo e nelle condizioni attuali.

Costi di acquisto

11.

I costi di acquisto delle rimanenze comprendono il prezzo di acquisto, i dazi d’importazione e altre tasse (escluse quelle che l’entità può successivamente recuperare dalle autorità fiscali), i costi di trasporto, movimentazione e gli altri costi direttamente attribuibili all’acquisto di prodotti finiti, materiali e servizi. Sconti commerciali, resi e altre voci simili sono dedotti nella determinazione dei costi d’acquisto.

Costi di trasformazione

12.

I costi di trasformazione delle rimanenze includono i costi direttamente correlati alle unità prodotte, come il lavoro diretto. Essi comprendono anche una ripartizione sistematica dei costi generali di produzione fissi e variabili che sono sostenuti per trasformare le materie in prodotti finiti. I costi generali fissi di produzione sono quei costi indiretti di produzione che rimangono relativamente costanti al variare del volume della produzione, quali l’ammortamento e la manutenzione di stabilimenti e macchinari e il costo della direzione tecnica e dell’amministrazione dello stabilimento. I costi generali variabili di produzione sono quei costi indiretti di produzione che variano, direttamente o quasi, con il volume della produzione, come materiali e manodopera indiretti.

13.

L’attribuzione dei costi generali fissi di produzione ai costi di trasformazione si basa sulla normale capacità produttiva. Questa rappresenta la produzione che si prevede di realizzare in media durante un numero di esercizi o periodi stagionali in circostanze normali, tenendo conto della perdita di capacità derivante dalla manutenzione pianificata. Può essere utilizzato il livello effettivo di produzione qualora questo approssimi la normale capacità produttiva. L’ammontare di costi generali fissi attribuito a ciascuna unità prodotta non aumenta in conseguenza di una bassa produzione o inattività degli impianti. Le spese generali non attribuite sono rilevate come costo nell’esercizio nel quale esse sono sostenute. Negli esercizi nei quali il livello di produzione è insolitamente alto, l’ammontare dei costi generali fissi attribuiti a ciascuna unità prodotta è diminuito in modo che il valore delle rimanenze non sia determinato in misura superiore al costo. I costi generali variabili di produzione sono attribuiti a ciascuna unità prodotta sulla base dell’utilizzo effettivo degli impianti di produzione.

14.

Da un processo di produzione è possibile ottenere contemporaneamente più di un prodotto. È il caso, per esempio, che si verifica quando vengono realizzati prodotti congiunti o quando si ha un prodotto principale e un sottoprodotto. Quando i costi di trasformazione di ogni prodotto non sono identificabili separatamente, essi sono ripartiti tra i prodotti seguendo un criterio razionale e uniforme. La ripartizione può essere basata, per esempio, sui relativi valori di vendita di ogni prodotto, con riferimento allo stadio del processo di produzione al quale i prodotti sono identificabili separatamente, o al termine della produzione. La maggior parte dei sottoprodotti, per loro natura, non sono rilevanti. In questo caso, essi sono spesso valutati al valore netto di realizzo e questo valore viene detratto dal costo del prodotto principale. Come risultato, il valore contabile del prodotto principale iscritto non differisce sostanzialmente dal suo costo.

Altri costi

15.

Gli altri costi sono inclusi nel costo delle rimanenze solo nella misura in cui essi sono sostenuti per portare le rimanenze nel luogo e nelle condizioni attuali. Per esempio, può essere appropriato includere, nel costo delle rimanenze, spese generali non di produzione o i costi di progettazione di prodotti per specifici clienti.

16.

Esempi di costi esclusi dal costo delle rimanenze e rilevati come costi nell’esercizio nel quale sono sostenuti sono:

a)

anomali ammontari di materiali di scarto, lavoro o altri costi di produzione;

b)

costi di magazzinaggio, a meno che tali costi siano necessari nel processo di produzione prima di un ulteriore stadio di produzione;

c)

spese generali amministrative che non contribuiscono a portare le rimanenze nel luogo e nelle condizioni attuali; e

d)

spese di vendita.

17.

Lo IAS 23 Oneri finanziari identifica limitate circostanze in cui gli oneri finanziari sono inclusi nel costo delle rimanenze.

18.

Un’entità può acquistare le rimanenze a condizioni di pagamento differito. Quando un accordo contiene effettivamente un elemento di finanziamento, tale elemento, per esempio una differenza tra il prezzo di acquisto per condizioni di credito normali e l’importo pagato, è rilevato come interesse passivo durante il periodo del finanziamento.

Costo delle rimanenze di un fornitore di servizi

19.

Nella misura in cui tali fornitori di servizi hanno rimanenze, essi le valutano ai costi della loro produzione. Questi costi sono composti primariamente dal costo del lavoro e da altri costi del personale direttamente impiegato nella prestazione del servizio, compreso il personale addetto alla supervisione, e le spese generali attribuibili. Il lavoro e gli altri costi relativi al personale commerciale e amministrativo non concorrono a determinare il costo ma sono rilevati come costi nell’esercizio nel quale essi sono sostenuti. Il costo delle rimanenze di un fornitore di servizi non comprende i margini di utile o le spese generali non attribuibili che sono spesso incorporati nei prezzi applicati dai fornitori di servizi.

Costo dei prodotti agricoli ottenuti da attività biologiche

20.

Secondo quanto previsto dallo IAS 41 Agricoltura, le rimanenze che costituiscono prodotti agricoli che l’entità ha raccolto dalle sue attività biologiche sono valutate, in sede di rilevazione iniziale, al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati fino al punto di vendita al momento del raccolto. Per l’applicazione del presente Principio, questo è rappresentato dal costo delle rimanenze a tale data.

Tecniche di determinazione del costo

21.

Le tecniche di determinazione del costo delle rimanenze, quali il metodo dei costi standard o del prezzo al dettaglio, possono essere impiegate per praticità se i risultati approssimano il costo. I costi standard considerano i livelli normali di materiali e di forniture di beni, di lavoro, di efficienza e di capacità utilizzata. Essi sono regolarmente sottoposti a revisione e, se necessario, riveduti alla luce delle condizioni del momento.

22.

Il metodo del prezzo al dettaglio viene spesso usato nel settore delle vendite al dettaglio per valutare le rimanenze di grandi quantità di beni soggetti a rapido rigiro con margini simili e per le quali non è fattibile l’adozione di altri metodi di calcolo del costo. Il costo delle rimanenze viene determinato detraendo dal valore di vendita delle rimanenze una adeguata percentuale di margine lordo. La percentuale impiegata prende in considerazione anche le rimanenze che sono state commercializzate al di sotto del loro prezzo di vendita originario. Spesso, per ogni reparto di vendita al minuto, viene usata una percentuale media.

Metodi di determinazione del costo

23.

Il costo delle rimanenze di beni che non sono normalmente fungibili e delle merci prodotte o dei servizi erogati e mantenuti distinti per specifici progetti deve essere attribuito impiegando distinte individuazioni dei loro costi specifici.

24.

Per individuazione distinta del costo s’intende che i costi specifici sono attribuiti agli elementi identificati delle rimanenze. Questo è un trattamento contabile appropriato per i beni che vengono mantenuti distinti per un progetto specifico, indipendentemente dal fatto che essi siano stati acquistati o prodotti. Comunque, l’individuazione distinta dei costi non è appropriata quando un gran numero dei beni del magazzino è normalmente fungibile. In tali circostanze, il metodo di selezione dei beni che rimangono tra le rimanenze potrebbe essere usato per ottenere effetti predeterminati sul risultato economico.

25.

Il costo delle rimanenze, escluse quelle trattate nel paragrafo 23, deve essere attribuito adottando il metodo FIFO (first in, first out) o il metodo del costo medio ponderato. L’entità deve utilizzare il medesimo metodo di determinazione del costo per tutte le rimanenze aventi natura e utilizzo simili. Per le rimanenze con una natura o uso diverso, diversi metodi di determinazione del costo possono essere giustificati.

26.

Per esempio, le rimanenze utilizzate in un settore operativo possono avere un utilizzo diverso per l’entità rispetto allo stesso tipo di rimanenze utilizzate in un altro settore operativo. Tuttavia, una diversa localizzazione geografica delle rimanenze (o delle normative fiscali applicabili) non è sufficiente a giustificare l’adozione di metodi di valutazione differenti.

27.

Il metodo FIFO si basa sull’ipotesi che i beni di magazzino che sono stati acquistati o prodotti per primi siano venduti per primi e, di conseguenza, che i beni presenti in magazzino alla fine dell’esercizio siano quelli acquistati o prodotti per ultimi. Secondo il metodo del costo medio ponderato, il costo di ciascun bene è pari alla media ponderata del costo di beni simili all’inizio dell’esercizio e del costo di beni simili acquistati o prodotti durante l’esercizio. La media può essere calcolata su base periodica, o quando si riceve ogni ulteriore spedizione, a seconda della situazione dell’entità.

Valore netto di realizzo

28.

Il costo delle rimanenze può non essere recuperabile se esse sono danneggiate, se sono diventate in tutto o in parte obsolete, o se i loro prezzi di vendita sono diminuiti. Il costo delle rimanenze può non essere recuperabile anche nel caso in cui i costi stimati di completamento o i costi stimati da sostenere per realizzare la vendita sono aumentati. La prassi di svalutare le rimanenze al di sotto del costo fino al valore netto di realizzo è coerente con la considerazione che i beni non possono essere iscritti a un valore eccedente l’ammontare che si prevede di realizzare dalla loro vendita o dal loro uso.

29.

Le rimanenze sono solitamente svalutate fino al valore netto di realizzo sulla base di una valutazione eseguita voce per voce. In alcuni casi, comunque, può essere appropriato raggruppare voci simili o correlate. Questo può essere il caso di voci di magazzino relative alla stessa linea di prodotto che hanno funzioni o destinazione finale simili, che vengono prodotte e commercializzate nella stessa area geografica, e per le quali non è fattibile effettuare una valutazione distinta dalle altre voci di quella linea di prodotto. Non è appropriato svalutare le rimanenze sulla base di una classificazione del magazzino, per esempio, prodotti finiti, o tutte le rimanenze di un particolare settore operativo. I prestatori di servizi generalmente accumulano i costi con riferimento a ciascun servizio per il quale è richiesto un distinto corrispettivo. Perciò, ciascuno di tali servizi è trattato come un elemento separato.

30.

Le stime del valore netto di realizzo si basano sulla conoscenza più attendibile di cui si dispone al momento in cui vengono effettuate le stime dell’ammontare che si prevede di realizzare dalle rimanenze. Tali stime prendono in considerazione le oscillazioni dei prezzi o dei costi direttamente connessi a fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio nella misura in cui tali fatti confermano le condizioni esistenti al termine dell’esercizio.

31.

Le stime del valore netto di realizzo prendono in considerazione anche lo scopo per il quale il magazzino viene tenuto. Per esempio, il valore netto di realizzo della parte di magazzino tenuto per far fronte a vendite concluse o a contratti per la fornitura di servizi si basa sul prezzo di contratto. Se i contratti di vendita riguardano quantità inferiori a quelle tenute in magazzino, il valore netto di realizzo della parte eccedente si basa sui prezzi correnti di vendita. Accantonamenti possono originare da vendite concluse per quantità di rimanenze superiori a quelle in magazzino o da contratti d’acquisto. Tali accantonamenti sono trattati dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali.

32.

Materiali e altri beni di consumo posseduti per essere utilizzati nella produzione di rimanenze non sono svalutati al di sotto del costo se ci si attende che i prodotti finiti nei quali verranno incorporati siano venduti ad un importo pari o superiore al costo. Tuttavia, quando una diminuzione nel prezzo dei materiali indica che il costo dei prodotti finiti eccede il valore netto di realizzo, i materiali sono svalutati fino al valore netto di realizzo. In tali circostanze, il costo di sostituzione dei materiali può essere la migliore misura disponibile del loro valore netto di realizzo.

33.

Una nuova valutazione del valore netto di realizzo è effettuata in ciascun esercizio successivo. Quando le circostanze che precedentemente avevano causato la svalutazione delle rimanenze al di sotto del costo non esistono più oppure quando vi sono chiare indicazioni di un aumento nel valore di realizzo netto in seguito al cambiamento delle circostanze economiche, l’importo delle svalutazioni è eliminato contabilmente (ossia lo storno è limitato all’importo della svalutazione originale) in modo che il nuovo valore contabile sia il minore tra costo e valore netto di realizzo rivisto. Ciò si verifica, per esempio, nel caso in cui un bene del magazzino che è iscritto al valore netto di realizzo perché il suo prezzo di vendita era diminuito, è ancora posseduto in un esercizio successivo e il suo prezzo di vendita è aumentato.

RILEVAZIONE DEL COSTO AL CONTO ECONOMICO

34.

Quando le rimanenze sono vendute, il loro valore contabile deve essere rilevato come costo nell’esercizio nel quale il relativo ricavo è rilevato. L’ammontare di ogni svalutazione delle rimanenze al valore netto di realizzo e tutte le perdite di magazzino devono essere rilevate come un costo nell’esercizio nel quale la svalutazione o la perdita si sono verificate. L’ammontare di qualsiasi storno di svalutazioni di rimanenze, derivante da un aumento del valore netto di realizzo, deve essere rilevato come riduzione del costo delle rimanenze rilevato a conto economico nell’esercizio in cui tale ripristino di valore ha luogo.

35.

Alcune rimanenze possono essere iscritte in altri conti dell’attivo, per esempio, beni in magazzino utilizzati quali parti di immobili, impianti o macchinari costruiti internamente. Le rimanenze iscritte in questo modo sono rilevate come costo durante la vita utile di quella immobilizzazione.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

36.

Il bilancio deve indicare:

a)

i principi contabili adottati nella valutazione delle rimanenze, incluso il metodo utilizzato di determinazione del costo;

b)

il valore contabile complessivo delle rimanenze e il valore contabile distinto per classi che risultano appropriate per l’entità;

c)

il valore contabile delle rimanenze iscritte al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita;

d)

il valore delle rimanenze rilevato come costo nell’esercizio;

e)

il valore di eventuali svalutazioni di rimanenze rilevato come costo nell’esercizio secondo quanto previsto dal paragrafo 34;

f)

il valore di eventuali storni di ciascuna svalutazione rilevati come riduzione del costo delle rimanenze rilevato a conto economico nell’esercizio secondo quanto previsto dal paragrafo 34;

g)

le circostanze o i fatti che hanno portato allo storno di una svalutazione di rimanenze secondo quanto previsto nel paragrafo 34; e

h)

il valore contabile delle rimanenze impegnate a garanzia di passività.

37.

L’informativa concernente i valori contabili rilevati in differenti classificazioni di rimanenze e l’ammontare delle variazioni in queste voci di attività risulta utile per gli utilizzatori del bilancio. Classificazioni abituali di rimanenze sono merci, beni per la produzione, materie prime, semilavorati e lavori in corso e prodotti finiti. Le rimanenze di un fornitore di servizi possono essere descritte come prestazioni in corso.

38.

Il valore delle rimanenze rilevato come costo nel corso dell’esercizio, a cui si fa spesso riferimento come a un costo del venduto, è rappresentato dai costi precedentemente inclusi nella valutazione delle rimanenze di magazzino che ora sono state vendute e da spese generali di produzione non ripartite e da anormali ammontari di costi di produzione di rimanenze. Le condizioni di gestione possono giustificare anche l’inclusione di altri valori, quali i costi di distribuzione.

39.

Alcune entità adottano schemi di conto economico che comportano l’esposizione di valori esclusi i costi di rimanenze rilevati come spese durante l’esercizio. In base a questo formato, l’entità presenta un’analisi dei costi utilizzando una classificazione basata sulla natura degli stessi. In questo caso, l’entità indica i costi rilevati come spese per materie prime e beni di consumo, costi del lavoro e altri costi di gestione insieme con l’ammontare della variazione netta delle rimanenze nell’esercizio.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

40.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

41.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 2 Rimanenze (rivisto nella sostanza nel 1993).

42.

Il presente Principio sostituisce la SIC 1 Coerenza nellapplicazione dei Principi contabiliUtilizzo di diversi metodi di valutazione delle rimanenze.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 7

Rendiconto finanziario

FINALITÀ

L’informazione sui flussi finanziari di un’entità è utile per gli utilizzatori del bilancio per valutare la capacità dell’entità a produrre disponibilità liquide e mezzi equivalenti e per determinare la necessità del loro impiego. Le decisioni economiche da parte degli utilizzatori del bilancio richiedono una valutazione della capacità di un’entità a produrre disponibilità liquide e mezzi equivalenti e la tempistica e il grado di certezza della loro generazione.

La finalità del presente Principio è quella di richiedere informazioni sulle variazioni nel tempo delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti di un’entità attraverso la predisposizione di un rendiconto finanziario che classifichi i flussi finanziari derivanti dall’attività operativa, di investimento e di finanziamento durante l’esercizio.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Un’entità deve predisporre il rendiconto finanziario secondo quanto previsto dal presente Principio e deve presentarlo come parte integrante del suo bilancio per ciascun esercizio per il quale il bilancio è presentato.

2.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 7 Prospetto delle variazioni della situazione finanziaria, approvato nel luglio 1977.

3.

Gli utilizzatori dei bilanci di un’entità sono interessati al modo in cui l’entità genera e utilizza le disponibilità liquide e mezzi equivalenti. Questo succede indipendentemente dal tipo di attività dell’entità e dal fatto che le disponibilità liquide possano essere considerate come il prodotto dell’entità, come è nel caso degli istituti finanziari. Per quanto le entità possano differire nella loro gestione ordinaria, esse hanno bisogno di disponibilità liquide, sostanzialmente per gli stessi motivi. Esse hanno bisogno di disponibilità liquide per condurre le loro operazioni, per onorare le loro obbligazioni e per produrre utili per gli investitori. Per questi motivi, il presente Principio richiede che tutte le entità presentino un rendiconto finanziario.

BENEFICI APPORTATI DALLE INFORMAZIONI SUI FLUSSI FINANZIARI

4.

Un rendiconto finanziario, se utilizzato unitamente alle altre parti del bilancio, fornisce informazioni che permettono agli utilizzatori di valutare le variazioni nell’attivo netto dell’entità, la sua struttura finanziaria (compresa la sua liquidità e solvibilità) e la sua capacità di influire sulla dimensione e sulla tempistica dei flussi finanziari allo scopo di adeguarsi alle circostanze e alle opportunità. Le informazioni sui flussi finanziari sono utili per valutare la capacità dell’entità di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e mettono in grado gli utilizzatori di sviluppare sistemi per valutare e confrontare il valore attuale dei futuri flussi finanziari di differenti entità. Tali informazioni, inoltre, migliorano la confrontabilità dei risultati operativi tra entità differenti perché eliminano gli effetti dell’impiego di trattamenti contabili differenti per i medesimi fatti e operazioni.

5.

Informazioni storiche sui flussi finanziari vengono spesso impiegate come un indicatore dell’ammontare, della tempistica e del grado di certezza dei flussi finanziari futuri. Esse sono utili anche per controllare la precisione delle stime passate dei flussi finanziari futuri e per esaminare la relazione tra redditività e flussi finanziari netti e l’effetto di cambiamenti dei prezzi.

DEFINIZIONI

6.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Disponibilità liquide comprendono la cassa e i depositi a vista.

Disponibilità liquide equivalenti rappresentano investimenti finanziari a breve termine e ad alta liquidità che sono prontamente convertibili in valori di cassa noti e che sono soggetti a un irrilevante rischio di variazione del loro valore.

Flussi finanziari sono le entrate e le uscite di disponibilità liquide e mezzi equivalenti.

Attività operativa rappresenta le principali attività generatrici di ricavi dell’entità e le altre attività di gestione che non sono di investimento o di finanziamento.

Attività di investimento comprende l’acquisto e la cessione di attività immobilizzate e gli altri investimenti finanziari non rientranti nelle disponibilità liquide equivalenti.

Attività di finanziamento rappresenta l’attività che comporta la modifica della dimensione e della composizione del capitale proprio versato e dei finanziamenti ottenuti dall’entità.

Disponibilità liquide e mezzi equivalenti

7.

Le disponibilità liquide equivalenti sono quelle possedute per soddisfare gli impegni di cassa a breve termine, invece che per investimento o per altri scopi. Perché un investimento possa essere considerato come disponibilità liquida equivalente esso deve essere prontamente convertibile in un ammontare noto di denaro e deve essere soggetto a un irrilevante rischio di variazione del valore. Perciò, un investimento è classificato, solitamente, come disponibilità liquida equivalente solo quando esso è a breve scadenza, cioè, per esempio, a tre mesi o meno dalla data d’acquisto. Gli investimenti finanziari azionari sono esclusi dalla classificazione come disponibilità liquide equivalenti a meno che essi siano, di fatto, equivalenti alle disponibilità liquide, quali, per esempio, le azioni privilegiate acquistate in un momento vicino alla loro scadenza e con una data di rimborso determinata.

8.

I prestiti bancari rientrano, solitamente, nell’attività di finanziamento. In alcuni Paesi, tuttavia, gli scoperti bancari che sono rimborsabili a vista formano parte integrante della gestione delle disponibilità liquide di un’entità. In questi casi, gli scoperti bancari sono inclusi come componenti di disponibilità liquide e mezzi equivalenti. Una caratteristica di tali accordi bancari è che il saldo del conto spesso oscilla tra l’essere positivo o negativo.

9.

Dai flussi finanziari sono esclusi i movimenti tra elementi che costituiscono disponibilità liquide o mezzi equivalenti perché essi fanno parte della gestione della liquidità di un’entità piuttosto che della sua attività operativa, di investimento e di finanziamento. La gestione della liquidità ricomprende l’investimento delle eccedenze di disponibilità liquide in mezzi equivalenti.

PRESENTAZIONE DEL RENDICONTO FINANZIARIO

10.

Il rendiconto finanziario deve presentare i flussi finanziari dell’esercizio classificandoli tra attività operativa, di investimento e di finanziamento.

11.

L’entità deve presentare i flussi finanziari della sua attività operativa, di investimento e di finanziamento nel modo che risulta più appropriato per la propria attività. La classificazione per attività fornisce informazioni che permettono di valutare l’effetto di tali attività sulla situazione patrimoniale-finanziaria dell’entità e l’ammontare delle sue disponibilità liquide e mezzi equivalenti. Queste informazioni possono essere utilizzate anche per valutare le relazioni tra tali attività.

12.

Una singola operazione può comprendere flussi finanziari diversamente classificati. Per esempio, quando il rimborso in contanti di un prestito comprende sia l’interesse sia il capitale, la parte di interesse può essere fatta rientrare nell’attività operativa e la parte di capitale nell’attività di finanziamento.

Attività operativa

13.

L’ammontare dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa è un indicatore chiave della misura in cui l’attività dell’entità ha generato flussi finanziari sufficienti a rimborsare prestiti, a mantenere la capacità operativa dell’entità, a pagare i dividendi e a effettuare nuovi investimenti senza ricorrere a fonti di finanziamento esterne all’entità. Le informazioni riguardo i singoli componenti dei valori storici dei flussi finanziari operativi sono utili, unite ad altre informazioni, nella previsione dei futuri flussi finanziari operativi.

14.

I flussi finanziari generati dall’attività operativa derivano principalmente dalle principali attività generatrici di ricavi dell’entità. Perciò essi derivano, solitamente, dalle operazioni di gestione e dagli altri fatti e operazioni che partecipano alla determinazione dell’utile o della perdita d’esercizio. Esempi di flussi finanziari generati dall’attività operativa sono:

a)

incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi;

b)

incassi da royalties, compensi, commissioni e altri ricavi;

c)

pagamenti a fornitori di merci e servizi;

d)

pagamenti a, e per conto di, lavoratori dipendenti;

e)

incassi e pagamenti di un’entità assicuratrice per premi e risarcimenti, annualità e altre indennità previste dalla polizza;

f)

pagamenti o rimborsi di imposte sul reddito a meno che essi non possano essere specificatamente fatti rientrare nell’attività di finanziamento e di investimento; e

g)

incassi e pagamenti derivanti da contratti stipulati a scopo commerciale o di negoziazione.

Alcune operazioni, quali la vendita di un elemento degli impianti, possono dare origine a utili o perdite che partecipano alla determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio. Tuttavia, i flussi finanziari relativi a tali operazioni sono flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento.

15.

L’entità può possedere titoli mobiliari e prestiti a scopo commerciale o di negoziazione; in questo caso essi sono trattati come rimanenze acquistate specificatamente per la rivendita. Perciò, i flussi finanziari derivanti dall’acquisto e dalla vendita di titoli mobiliari posseduti a scopo commerciale o di negoziazione rientrano nell’attività operativa. Analogamente, anticipazioni di cassa e prestiti concessi da istituti finanziari sono solitamente classificati come attività operative dato che essi sono relativi alla principale attività generatrice di ricavi dell’entità.

Attività di investimento

16.

L’informazione distinta relativa ai flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento è importante perché tali flussi finanziari rappresentano la misura in cui i costi sono stati sostenuti per acquisire risorse destinate a produrre futuri proventi e flussi finanziari. Esempi di flussi finanziari derivanti da attività di investimento sono:

a)

pagamenti per acquistare immobili, impianti e macchinari, beni immateriali e altre attività a lungo termine. Questi pagamenti comprendono quelli relativi ai costi di sviluppo capitalizzati e a immobili, impianti e macchinari costruiti internamente;

b)

entrate dalla vendita di immobili, impianti e macchinari, attività immateriali e altre attività a lungo termine;

c)

pagamenti per l’acquisizione di strumenti rappresentativi di capitale o di debito di altre entità e partecipazioni in joint venture (diversi dai pagamenti per i titoli assimilati alle disponibilità liquide equivalenti o posseduti a scopo commerciale o di negoziazione);

d)

incassi dalla vendita di strumenti rappresentativi di capitale o di debito di altre entità e partecipazioni in joint venture (diverse dalle entrate per i titoli assimilati alle disponibilità liquide equivalenti o posseduti a scopo di negoziazione commerciale);

e)

anticipazioni e prestiti concessi a terzi (diversi da anticipazioni e prestiti concessi da un istituto finanziario);

f)

incassi derivanti dal rimborso di anticipazioni e prestiti concessi a terzi (diversi da anticipazioni e prestiti concessi da un istituto finanziario);

g)

pagamenti per contratti future, contratti forward, contratti di opzione e contratti swap eccetto quando i contratti sono posseduti a scopo commerciale o di negoziazione, o i pagamenti rientrano nell’attività di finanziamento; e

h)

incassi derivanti da contratti future, contratti forward, contratti di opzione e contratti swap eccetto quando i contratti sono posseduti a scopo commerciale o di negoziazione, o gli incassi rientrano nell’attività di finanziamento.

Quando un contratto è rilevato come copertura di una posizione identificabile, i flussi finanziari connessi con il contratto sono classificati allo stesso modo dei flussi finanziari connessi con la posizione che è stata coperta.

Attività di finanziamento

17.

L’indicazione distinta dei flussi finanziari derivanti dalle attività di finanziamento è importante perché essa è utile nella previsione di richieste sui futuri flussi finanziari da parte di chi fornisce i capitali all’entità. Esempi di flussi finanziari derivanti da attività di finanziamento sono:

a)

incassi derivanti dall’emissione di azioni o altri strumenti rappresentativi di capitale;

b)

pagamenti ai soci per acquistare o liberare le azioni dell’entità;

c)

incassi derivanti dall’emissione di obbligazioni, prestiti, cambiali, titoli a reddito fisso, mutui e altri finanziamenti a breve o a lungo termine;

d)

rimborsi di prestiti; e

e)

pagamenti da parte del locatario per la riduzione della passività esistente relativa a un leasing finanziario.

PRESENTAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI DELL’ATTIVITÀ OPERATIVA

18.

Un’entità deve presentare i flussi finanziari derivanti dall’attività operativa utilizzando, alternativamente:

a)

il metodo diretto, per mezzo del quale sono indicate le principali categorie di incassi e di pagamenti lordi; o

b)

il metodo indiretto, per mezzo del quale l’utile o la perdita d’esercizio è rettificato dagli effetti delle operazioni di natura non monetaria, da qualsiasi differimento o accantonamento di precedenti o futuri incassi o pagamenti operativi, e da elementi di ricavi o costi connessi con i flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento o di finanziamento.

19.

Le entità sono incoraggiate a presentare i flussi finanziari derivanti dall’attività operativa utilizzando il metodo diretto. Il metodo diretto fornisce informazioni che possono essere utili nella stima dei futuri flussi finanziari che non sono disponibili con il metodo indiretto. Con il metodo diretto possono essere ottenute le informazioni sulle principali categorie di incassi e pagamenti lordi alternativamente:

a)

dalle registrazioni contabili dell’entità; o

b)

rettificando le vendite, il costo del venduto (interessi attivi e proventi finanziari simili e interessi passivi e oneri finanziari simili per un istituto finanziario) e altre voci nel conto economico per:

i)

variazioni delle rimanenze e dei crediti e debiti generati dall’attività operativa avvenute nel corso dell’esercizio;

ii)

altri elementi non monetari; e

iii)

altri elementi per i quali gli effetti monetari sono flussi finanziari da attività di investimento o di finanziamento.

20.

Con il metodo indiretto, il flusso finanziario netto derivante dall’attività operativa è determinato rettificando l’utile o la perdita per gli effetti di:

a)

variazioni delle rimanenze e dei crediti e debiti generati dall’attività operativa avvenute nel corso dell’esercizio;

b)

elementi non monetari quali l’ammortamento, gli accantonamenti, le imposte differite, gli utili e le perdite su cambi non realizzati, gli utili di collegate non distribuiti, e le quote di pertinenza di terzi; e

c)

tutti gli altri elementi i cui effetti monetari sono flussi finanziari dall’attività di investimento o di finanziamento.

In alternativa, il flusso finanziario netto derivante dall’attività operativa può essere presentato con il metodo indiretto esponendo i ricavi e i costi indicati nel conto economico e le variazioni delle rimanenze e dei crediti e dei debiti generati dall’attività operativa avvenute nel corso dell’esercizio.

PRESENTAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI DELL’ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO E DI FINANZIAMENTO

21.

L’entità deve presentare distintamente le principali categorie di incassi e pagamenti lordi derivanti dall’attività di investimento e di finanziamento, a eccezione dei casi in cui i flussi finanziari descritti nei paragrafi 22 e 24 siano presentati al netto.

PRESENTAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI AL NETTO

22.

Possono essere presentati al netto i flussi finanziari derivanti dalle seguenti attività operativa, di investimento o di finanziamento:

a)

incassi e pagamenti per conto di clienti quando i flussi finanziari riflettono attività del cliente piuttosto che dell’entità; e

b)

incassi e pagamenti relativi a elementi la cui rotazione è rapida, gli ammontari sono elevati e la scadenza è a breve.

23.

Esempi di incassi e pagamenti ai quali si riferisce il paragrafo 22, lettera a) sono:

a)

l’accettazione e il rimborso di depositi bancari a vista;

b)

fondi posseduti per conto di clienti da parte di una società di investimento; e

c)

affitti incassati per conto di, e pagati ai, proprietari di immobili.

Esempi di incassi e pagamenti ai quali si riferisce il paragrafo 22, lettera b) sono le anticipazioni fatte per, e i rimborsi di:

a)

importi relativi alle operazioni effettuate da clienti con carte di credito;

b)

l’acquisto e la vendita di investimenti finanziari; e

c)

altri finanziamenti a breve termine quali quelli che hanno una durata di tre mesi o inferiore.

24.

I flussi finanziari derivanti da ciascuna delle seguenti attività degli istituti finanziari possono essere presentati al netto:

a)

incassi e pagamenti per l’accettazione e il rimborso di depositi con una data di scadenza determinata;

b)

il collocamento e il ritiro di depositi presso altri enti finanziari; e

c)

anticipi e prestiti a clienti e il rispettivo rimborso.

FLUSSI FINANZIARI IN VALUTA ESTERA

25.

I flussi finanziari derivanti da operazioni in valuta estera devono essere iscritti nella valuta funzionale dell’entità, applicando all’ammontare in valuta estera il tasso di cambio tra la valuta funzionale e la valuta estera del giorno in cui avviene il flusso finanziario.

26.

I flussi finanziari di una controllata estera devono essere convertiti al tasso di cambio tra la valuta funzionale e la valuta estera dei giorni in cui avvengono i flussi finanziari.

27.

I flussi finanziari espressi in valuta estera sono presentati in modo coerente con lo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere. Questo permette l’utilizzo di un cambio che approssimi quello effettivo. Per esempio, per rilevare operazioni in valuta estera o convertire i flussi finanziari di una controllata estera può essere utilizzata una media ponderata dei tassi di cambio dell’esercizio. Lo IAS 21, tuttavia, non consente l’utilizzo del cambio alla data di riferimento del bilancio quando si procede alla conversione dei flussi finanziari di una controllata estera.

28.

Utili e perdite derivanti da variazioni nei cambi in valuta estera non realizzati non rappresentano flussi finanziari. Tuttavia, l’effetto delle variazioni nei cambi sulle disponibilità liquide e mezzi equivalenti posseduti, o dovuti, in valuta estera è presentato nel rendiconto finanziario allo scopo di riconciliare il valore delle disponibilità liquide e mezzi equivalenti all’inizio e alla fine dell’esercizio. Questo importo è esposto separatamente dai flussi finanziari dell’attività operativa, di investimento e di finanziamento e comprende le eventuali differenze qualora tali flussi finanziari fossero stati esposti utilizzando i cambi alla data di chiusura dell’esercizio.

29.

[Eliminato]

30.

[Eliminato]

INTERESSI E DIVIDENDI

31.

I flussi finanziari derivanti dall’incasso e dal pagamento di interessi e dividendi devono essere indicati distintamente. Ciascuno deve essere classificato in modo coerente da esercizio a esercizio facendolo rientrare, a seconda del caso, nell’attività operativa, di investimento o di finanziamento.

32.

Il valore totale degli interessi pagati durante un esercizio è indicato nel rendiconto finanziario sia che essi siano stati imputati come costi nel conto economico, sia che essi siano stati capitalizzati secondo quanto previsto dallo IAS 23 Oneri finanziari.

33.

Per un istituto finanziario, gli interessi pagati e gli interessi e i dividendi ricevuti sono solitamente classificati come flussi finanziari operativi. Non c’è, comunque, accordo sulla classificazione di questi flussi finanziari per le altre entità. Gli interessi pagati e gli interessi e i dividendi ricevuti possono essere classificati come flussi finanziari operativi perché essi rientrano nella determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio. In alternativa, gli interessi corrisposti e gli interessi e dividendi ricevuti possono essere classificati rispettivamente come flussi finanziari dall’attività di finanziamento e di investimento, perché essi sono costi sostenuti per ottenere risorse finanziarie ovvero proventi da investimenti finanziari.

34.

I dividendi corrisposti possono essere classificati come flussi finanziari dell’attività di finanziamento perché essi rappresentano un costo sostenuto per l’ottenimento di risorse finanziarie. In alternativa, i dividendi corrisposti possono essere classificati come un componente dei flussi finanziari dell’attività operativa allo scopo di aiutare gli utilizzatori del bilancio a determinare la capacità di un’entità a corrispondere dividendi dai flussi finanziari operativi.

IMPOSTE SUL REDDITO

35.

I flussi finanziari correlati alle imposte sul reddito devono essere indicati distintamente e devono essere classificati come flussi finanziari dell’attività operativa a meno che essi possano essere specificatamente identificati con l’attività di finanziamento e di investimento.

36.

Le imposte sul reddito derivano da operazioni che danno origine a flussi finanziari classificati nell’attività operativa, di investimento o di finanziamento nel rendiconto finanziario. Mentre gli oneri fiscali possono essere facilmente identificabili con l’attività di investimento o di finanziamento, i relativi flussi finanziari sono spesso difficilmente identificabili e possono manifestarsi in un esercizio differente dai flussi finanziari dell’operazione sottostante. Per questo motivo, le imposte corrisposte sono solitamente classificate come flussi finanziari dell’attività operativa. Tuttavia, quando è fattibile identificare i flussi finanziari delle imposte con una singola operazione che dà origine ai flussi finanziari che sono fatti rientrare nell’attività di investimento o di finanziamento, i flussi finanziari delle imposte rientrano, a seconda del caso, nell’attività di investimento o di finanziamento. Quando i flussi finanziari delle imposte sono attribuiti a più di una classe di attività, è indicato l’importo complessivo delle imposte pagate.

PARTECIPAZIONI IN SOCIETÀ CONTROLLATE, COLLEGATE E JOINT VENTURE

37.

Quando la contabilizzazione di una partecipazione in una collegata o in una controllata è eseguita con il metodo del patrimonio netto o con quello del costo, l’investitore indica nel rendiconto finanziario i soli flussi finanziari tra se stesso e la partecipata, quali dividendi e anticipazioni.

38.

Un’entità che presenti la sua partecipazione in un’entità a controllo congiunto (cfr. IAS 31 Partecipazioni in joint venture) utilizzando il consolidamento proporzionale, include nel rendiconto finanziario consolidato la quota proporzionale dei flussi finanziari dell’entità a controllo congiunto. Un’entità che presenti una tale partecipazione utilizzando il metodo del patrimonio netto include nel suo rendiconto finanziario i flussi finanziari che si riferiscono alla sua partecipazione nell’entità a controllo congiunto, e le distribuzioni e gli altri pagamenti o incassi tra se stessa e l’entità a controllo congiunto.

ACQUISIZIONI E DISMISSIONI DI CONTROLLATE E DI ALTRE DIVISIONI AZIENDALI

39.

I flussi finanziari complessivi derivanti dall’acquisizione e dalla dismissione di controllate o di altre divisioni aziendali devono essere presentati distintamente e classificati come attività di investimento.

40.

Un’entità deve indicare complessivamente, con riferimento alle acquisizioni e alle dismissioni di controllate o di altre divisioni aziendali avvenute nel corso dell’esercizio, ciascuna delle seguenti informazioni:

a)

il corrispettivo totale di acquisti o di dismissioni;

b)

la parte dei corrispettivi di acquisto o di dismissione saldata con disponibilità liquide e mezzi equivalenti;

c)

il valore delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti della controllata o della divisione aziendale acquistata o dismessa; e

d)

l’ammontare delle attività e delle passività diverse dalle disponibilità liquide o mezzi equivalenti della controllata o della divisione aziendale acquistata o dismessa, riferito a ciascuna categoria principale.

41.

La presentazione distinta degli effetti dei flussi finanziari derivanti da acquisizioni e dismissioni di controllate e di altre divisioni aziendali in una unica voce, insieme all’informazione distinta dell’ammontare delle attività e delle passività acquistate o dismesse, aiuta a distinguere tali flussi finanziari dai flussi finanziari derivanti dalle altre attività operative, di investimento e di finanziamento. Gli effetti dei flussi finanziari derivanti dalle dismissioni non possono essere dedotti da quelli derivanti dalle acquisizioni.

42.

Il valore complessivo degli incassi o dei pagamenti effettuati quali corrispettivi di acquisti o di vendite è presentato nel rendiconto finanziario al netto delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti acquisiti o dismessi.

OPERAZIONI NON MONETARIE

43.

Le operazioni di investimento e di finanziamento che non richiedono l’impiego di disponibilità liquide o mezzi equivalenti devono essere escluse dal rendiconto finanziario. Tali operazioni devono essere indicate altrove nel bilancio in modo da poter fornire tutte le informazioni significative su queste attività di investimento e di finanziamento.

44.

Molte attività di investimento e di finanziamento non hanno un impatto diretto sui flussi finanziari correnti anche se esse influiscono sul capitale e sulla struttura dell’attivo di un’entità. L’esclusione delle operazioni non monetarie dal rendiconto finanziario è coerente con l’obiettivo del rendiconto finanziario poiché queste operazioni non comportano flussi finanziari nell’esercizio corrente. Esempi di operazioni non monetarie sono:

a)

l’acquisizione di attività contraendo debiti o per mezzo di operazioni di leasing finanziario;

b)

l’acquisizione di un’entità per mezzo di un’emissione di capitale; e

c)

la conversione di debiti in capitale.

COMPONENTI DELLE DISPONIBILITÀ LIQUIDE E MEZZI EQUIVALENTI

45.

L’entità deve indicare i componenti delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti e deve presentare una riconciliazione dei valori del suo rendiconto finanziario con le voci equivalenti esposte nello stato patrimoniale.

46.

Considerata l’elevata quantità delle procedure di gestione della liquidità e degli accordi bancari utilizzati nel mondo e allo scopo di uniformarsi allo IAS 1 Presentazione del bilancio, l’entità indica il principio adottato per determinare la composizione delle disponibilità liquide e mezzi equivalenti.

47.

L’effetto di qualsiasi cambiamento del principio adottato per determinare la composizione delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti, quale una variazione nella classificazione degli strumenti finanziari in precedenza considerati parte del portafoglio investimenti finanziari di un’entità, è esposto secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

ALTRE INFORMAZIONI INTEGRATIVE

48.

L’entità deve indicare, con una relazione della direzione aziendale, l’ammontare dei saldi significativi di disponibilità liquide e mezzi equivalenti posseduti dall’entità ma non utilizzabili liberamente dal gruppo.

49.

Esistono circostanze nelle quali saldi di disponibilità liquide e mezzi equivalenti posseduti da un’entità non sono utilizzabili liberamente dal gruppo. Gli esempi includono i saldi di disponibilità liquide e mezzi equivalenti posseduti da una controllata che opera in un Paese dove controlli valutari o altre restrizioni legali rendono i saldi non utilizzabili liberamente da parte della controllante o di altre controllate.

50.

Informazioni aggiuntive possono essere significative per gli utilizzatori ai fini della comprensione della situazione patrimoniale-finanziaria e del grado di liquidità di un’entità. L’indicazione di tali informazioni, insieme con una relazione della direzione aziendale, è incoraggiata e può includere:

a)

l’importo delle aperture di credito che possono essere disponibili per future attività operative e per estinguere impegni di capitale, indicando qualsiasi restrizione all’utilizzo di queste aperture di credito;

b)

gli importi complessivi dei flussi finanziari di ciascuna attività operativa, di investimento e di finanziamento relativi a partecipazioni in joint venture presentati usando il consolidamento proporzionale;

c)

l’importo complessivo dei flussi finanziari che rappresentano incrementi della capacità operativa separatamente da quello dei flussi finanziari richiesti per mantenere la capacità operativa stessa; e

d)

l’importo dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa, di investimento e di finanziamento per ciascun settore oggetto di informativa (cfr. IFRS 8 Settori operativi).

51.

L’indicazione distinta dei flussi finanziari che rappresentano incrementi della capacità operativa e i flussi finanziari richiesti per mantenere la capacità operativa stessa è utile per consentire agli utilizzatori di giudicare se l’entità sta investendo adeguatamente al fine di conservare la sua capacità operativa. Un’entità che non investa adeguatamente nel mantenimento della sua capacità operativa può pregiudicare la redditività futura per privilegiare la liquidità corrente e le distribuzioni ai soci.

52.

L’indicazione dei flussi finanziari per settori permette agli utilizzatori di ottenere una migliore conoscenza delle relazioni tra i flussi finanziari della gestione nel suo complesso e quelli dei suoi settori e della disponibilità e variabilità dei flussi finanziari dei singoli settori.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

53.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1994 o da data successiva.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 8

Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di disciplinare i criteri per la selezione e il cambiamento di principi contabili, unitamente al relativo trattamento contabile e all’informativa sui cambiamenti di principi contabili, sui cambiamenti nelle stime contabili e sulle correzioni di errori. Il Principio si propone di migliorare la significatività e l’attendibilità del bilancio delle entità, e la comparabilità di tali bilanci nel tempo e con i bilanci di altre entità.

2.

Le disposizioni sull’informativa concernente i principi contabili, fatta eccezione per i cambiamenti di principi contabili, sono contenute nello IAS 1 Presentazione del bilancio.

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

Il presente Principio deve essere applicato nella selezione e nell’applicazione dei principi contabili, nella contabilizzazione dei cambiamenti di principi contabili, dei cambiamenti nelle stime contabili e delle correzioni di errori di esercizi precedenti.

4.

Gli effetti fiscali connessi a correzioni di errori di periodi precedenti e rettifiche retroattive effettuate per applicare i cambiamenti di principi contabili sono contabilizzati e illustrati in base a quanto previsto dallo IAS 12 Imposte sul reddito.

DEFINIZIONI

5.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

I principi contabili sono gli specifici principi, concetti di base, convenzioni, regole e prassi applicati da un’entità nella preparazione e nella presentazione del bilancio.

Un cambiamento nelle stime contabili è una rettifica del valore contabile di un’attività o passività o della valutazione del sistematico deprezzamento di un’attività, che risulta dalla valutazione dell’attuale condizione di, e dei futuri benefici attesi e obbligazioni associate con, attività e passività. I cambiamenti nelle stime contabili si originano da nuove informazioni acquisite o da nuovi sviluppi e, conseguentemente, non sono correzioni di errori.

Gli International Financial Reporting Standards (IFRS) sono i Principi e le Interpretazioni adottati dall’International Accounting Standards Board (IASB). Essi comprendono:

a)

gli International Financial Reporting Standards;

b)

gli International Accounting Standard; e

c)

le Interpretazioni emanate dall’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) o dal precedente Standing Interpretations Committee (SIC).

Rilevante: omissioni o errate misurazioni di voci sono rilevanti se potrebbero, individualmente o nel complesso, influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori prese sulla base del bilancio. La rilevanza dipende dalla dimensione e dalla natura dell’omissione o errata misurazione valutata a seconda delle circostanze. La dimensione o natura della voce, o una combinazione di entrambe, potrebbe costituire il fattore determinante.

Gli errori di esercizi precedenti sono omissioni e errate misurazioni di voci nel bilancio dell’entità per uno o più esercizi precedenti derivanti dal non utilizzo o dall’utilizzo erroneo di informazioni attendibili che:

a)

erano disponibili quando i bilanci di quegli esercizi furono autorizzati all’emissione; e

b)

si poteva ragionevolmente supporre che fossero state ottenute e utilizzate nella redazione e presentazione di quei bilanci.

Tali errori includono gli effetti di errori aritmetici, errori nell’applicazione di principi contabili, sviste o interpretazioni distorte di fatti, e frodi.

Lapplicazione retroattiva è l’applicazione di un nuovo principio contabile alle operazioni, altri eventi e condizioni come se quel principio fosse sempre stato applicato.

La determinazione retroattiva dei valori consiste nel correggere la rilevazione, la valutazione e l’informativa concernente gli importi di elementi del bilancio come se l’errore di un esercizio precedente non fosse mai avvenuto.

Non fattibile: applicare una disposizione non è fattibile quando l’entità, dopo aver fatto ogni ragionevole sforzo, non può applicarla. Per un particolare esercizio precedente, non è fattibile applicare un cambiamento di un principio contabile retroattivamente o determinare retroattivamente un valore per correggere un errore se:

a)

gli effetti dell’applicazione retroattiva o della determinazione retroattiva dei valori non sono determinabili;

b)

l’applicazione retroattiva o la determinazione retroattiva dei valori richiede supposizioni circa quale sarebbe stato l’intento della direzione aziendale in quell’esercizio; o

c)

l’applicazione retroattiva o la determinazione retroattiva dei valori richiede stime significative di importi ed è impossibile distinguere obiettivamente le informazioni su quelle stime che:

i)

forniscono prove di circostanze che esistevano allae) datae) in cui tali importi dovevano essere rilevati, valutati o indicati; e

ii)

sarebbero state disponibili quando i bilanci per tale esercizio precedente furono autorizzati alla pubblicazione

da altre informazioni.

Per applicazione prospettica di un cambiamento di un principio contabile e della rilevazione dell’effetto di un cambiamento nella stima contabile si intende rispettivamente:

a)

l’applicazione di un nuovo principio contabile a operazioni, altri eventi e circostanze che si verificano dopo la data alla quale il principio viene cambiato; e

b)

la rilevazione dell’effetto del cambiamento nella stima contabile nel corrente e nei futuri esercizi interessati dal cambiamento.

6.

Determinare se un’omissione o una errata misurazione potrebbe influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori, e quindi essere rilevante, richiede di tenere in considerazione le caratteristiche di tali utilizzatori. Il Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio statuisce nel paragrafo 25 che «si presume che gli utilizzatori abbiano una ragionevole conoscenza dell’attività commerciale, economica e degli aspetti contabili e la volontà a esaminare l’informazione con normale diligenza». Quindi, la valutazione necessita di prendere in considerazione come presumibilmente questi utilizzatori possano essere ragionevolmente influenzati nel prendere le proprie decisioni economiche.

PRINCIPI CONTABILI

Selezione e applicazione dei principi contabili

7.

Quando un Principio o un’Interpretazione si applica specificatamente a una operazione, altro evento o circostanza, la scelta del principio o dei principi applicati per la contabilizzazione di tale voce deve essere determinata dall’applicazione del Principio o Interpretazione e tenendo presente eventuali Guide applicative emesse dallo IASB con riferimento a tale Principio o Interpretazione.

8.

Gli IFRS contengono i principi contabili che lo IASB ritiene possano determinare bilanci in grado di riportare informazioni rilevanti e attendibili sulle operazioni, altri eventi e circostanze a cui essi si applicano. Tali principi non necessitano di essere applicati quando l’effetto della loro applicazione è irrilevante. Tuttavia è inappropriato effettuare, o lasciare non corrette, deviazioni irrilevanti dagli IFRS al fine di ottenere una particolare presentazione della situazione patrimoniale — finanziaria, del risultato economico o dei flussi finanziari dell’entità.

9.

Le Guide applicative per i Principi emessi dallo IASB non costituiscono parte integrante dei Principi, e quindi non contengono disposizioni obbligatorie per la redazione del bilancio.

10.

In assenza di un Principio o di una Interpretazione che si applichi specificatamente a una operazione, altro evento o circostanza, la direzione aziendale deve fare uso del proprio giudizio nello sviluppare e applicare un principio contabile al fine di fornire una informativa che sia:

a)

rilevante ai fini delle decisioni economiche da parte degli utilizzatori; e

b)

attendibile, in modo che il bilancio:

i)

rappresenti fedelmente la situazione patrimoniale-finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari dell’entità;

ii)

rifletta la sostanza economica delle operazioni, altri eventi e circostanze, e non meramente la forma legale;

iii)

sia neutrale, cioè scevro da pregiudizi;

iv)

sia prudente; e

v)

sia completo con riferimento a tutti gli aspetti rilevanti.

11.

Nell’esercitare il giudizio descritto nel paragrafo 10, la direzione aziendale deve fare riferimento e considerare l’applicabilità delle seguenti fonti in ordine gerarchicamente decrescente:

a)

le disposizioni e le guide applicative contenute nei Principi e nelle Interpretazioni che trattano casi simili e correlati; e

b)

le definizioni, i criteri di rilevazione e i concetti di misurazione per la contabilizzazione di attività, passività, ricavi e costi contenuti nel Quadro sistematico.

12.

Nell’esprimere un giudizio descritto nel paragrafo 10, la direzione aziendale può inoltre considerare le disposizioni più recenti emanate da altri organismi di formazione contabile che utilizzano un quadro sistematico concettualmente simile per sviluppare i principi contabili, altra letteratura contabile e prassi consolidate nel settore, nella misura in cui queste non siano in conflitto con le fonti del paragrafo 11.

Uniformità di principi contabili

13.

L’entità deve selezionare e applicare i principi contabili in modo uniforme a operazioni simili, altri eventi e circostanze, a meno che un Principio o una Interpretazione richieda specificatamente o permetta una classificazione delle voci tale per cui principi differenti possono essere appropriati. Se un Principio o un’Interpretazione richiede o permette una tale classificazione, si deve selezionare e applicare uniformemente un appropriato principio contabile a ciascuna classe.

Cambiamenti di principi contabili

14.

L’entità deve cambiare un principio contabile soltanto se il cambiamento:

a)

è richiesto da un Principio o da una Interpretazione; o

b)

produce un bilancio in grado di fornire informazioni attendibili e più rilevanti in merito agli effetti delle operazioni, altri fatti o circostanze sulla situazione patrimoniale-finanziaria, sul risultato economico o sui flussi finanziari dell’entità.

15.

Gli utilizzatori del bilancio necessitano di essere in grado di comparare il bilancio dell’entità nel tempo per identificare l’andamento della situazione patrimoniale-finanziaria, del risultato economico e dei flussi finanziari. Quindi, gli stessi principi contabili sono applicati nel corso di ciascun esercizio e da un esercizio al successivo a meno che un cambiamento di principi contabili soddisfi uno dei criteri del paragrafo 14.

16.

Le seguenti situazioni non rappresentano cambiamenti di principi contabili:

a)

l’applicazione di un principio contabile per operazioni, altri fatti o circostanze che differiscono nella sostanza da quelli verificatisi precedentemente; e

b)

l’applicazione di un nuovo principio contabile per operazioni, altri fatti o circostanze che non si sono mai verificati precedentemente o che erano irrilevanti.

17.

L’applicazione iniziale di un principio per rideterminare il valore delle attività secondo quanto previsto dallo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari o dallo IAS 38 Attività immateriali è un cambiamento di principio contabile da trattarsi come una rideterminazione del valore secondo quanto previsto dallo IAS 16 o dallo IAS 38, piuttosto che secondo quanto previsto dal presente Principio.

18.

I paragrafi da 19 a 31 non si applicano ai cambiamenti di principi contabili di cui al paragrafo 17.

Applicazione dei cambiamenti nei principi contabili

19.

Subordinatamente al paragrafo 23:

a)

l’entità deve contabilizzare un cambiamento di principio contabile originato dall’applicazione iniziale di un Principio o una Interpretazione in base a quanto previsto dalle specifiche disposizioni transitorie, qualora esistano, di quel Principio o Interpretazione; e

b)

quando l’entità cambia un principio contabile in sede di prima applicazione di un Principio o di una Interpretazione che non contiene disposizioni transitorie specifiche applicabili a tale cambiamento, o cambia un principio contabile volontariamente, deve applicare il cambiamento retroattivamente.

20.

Ai fini del presente Principio, un’applicazione anticipata di un Principio o di una Interpretazione non è un cambiamento volontario di principio contabile.

21.

In assenza di un Principio o di una Interpretazione che si applichi specificatamente a una operazione, altro evento o circostanza, la direzione aziendale può, secondo quanto previsto dal paragrafo 12, applicare un principio contabile secondo le più recenti disposizioni di un altro organismo di normazione contabile che utilizza un quadro sistematico concettualmente simile per sviluppare i principi contabili. Se in seguito a una modifica di tale disposizione, l’entità sceglie di cambiare un principio contabile, tale cambiamento è contabilizzato e presentato come un cambiamento volontario di principio contabile.

Applicazione retroattiva

22.

In relazione al paragrafo 23, quando un cambiamento di principio contabile è applicato retroattivamente in conformità a quanto previsto dal paragrafo 19, lettera a) o b), l’entità deve rettificare il saldo d’apertura di ciascuna componente del patrimonio netto interessata per il più remoto esercizio presentato e gli altri importi comparativi indicati per ciascun esercizio precedente presentato come se il nuovo principio contabile fosse sempre stato applicato.

Limitazioni dell’applicazione retroattiva

23.

Quando il paragrafo 19, lettera a) o b) richiede l’applicazione retroattiva, si deve applicare un cambiamento di principio contabile retroattivamente fatta eccezione per il caso in cui non risulta fattibile determinare gli effetti specifici sul periodo o l’effetto cumulativo del cambiamento.

24.

Quando non è fattibile determinare gli effetti specifici dell’esercizio interessato derivanti dal cambiamento di un principio contabile sulla informativa comparativa per uno o più esercizi precedenti presentati, l’entità deve applicare il nuovo principio contabile al valore contabile delle attività e passività all’inizio del più remoto esercizio per il quale l’applicazione retroattiva risulta fattibile, che può anche essere l’esercizio in corso, e deve effettuare una rettifica corrispondente al saldo d’apertura di ciascuna componente del patrimonio netto interessata per questo esercizio.

25.

Quando non è fattibile determinare l’effetto cumulativo dell’applicazione di un nuovo principio contabile all’inizio dell’esercizio corrente per tutti gli esercizi precedenti, l’entità deve rettificare l’informativa comparativa per applicare il nuovo principio contabile prospetticamente, a partire dalla prima data in cui ciò risulta fattibile.

26.

Quando l’entità applica un nuovo principio contabile retroattivamente, essa riporta gli effetti derivanti da tale applicazione ai dati comparativi degli esercizi precedenti fino a quando ciò risulta fattibile. L’applicazione retroattiva a un esercizio precedente non è fattibile a meno che sia possibile determinare l’effetto cumulativo sugli importi di entrambi gli stati patrimoniali di apertura e di chiusura di quell’esercizio. L’importo della rettifica risultante connessa a esercizi antecedenti quelli presentati nel bilancio è rilevato nel saldo di apertura di ciascuna componente del patrimonio netto del più remoto esercizio presentato. Solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo. Tuttavia, la rettifica può essere apportata a un’altra componente del patrimonio netto (per esempio, al fine di essere conformi a un Principio o a un’Interpretazione). Eventuali altre informazioni relative a esercizi precedenti, quali prospetti storici dei dati finanziario-economici di bilancio, sono a loro volta rettificate fino a quando ciò risulta fattibile.

27.

Quando per l’entità non è fattibile applicare un nuovo principio contabile retroattivamente, perché non è in grado di determinare l’effetto cumulativo derivante dall’applicazione del principio a tutti gli esercizi precedenti, questa, secondo quanto previsto dal paragrafo 25, applica il nuovo principio prospetticamente dall’inizio del primo esercizio in cui ciò risulta fattibile. L’entità, quindi, tralascia quella parte della rettifica cumulativa alle voci dell’attivo, passivo e patrimonio netto originatasi prima di tale data. È consentito cambiare un principio contabile anche se non è fattibile applicare il principio prospetticamente per qualsiasi esercizio precedente. I paragrafi da 50 a 53 forniscono una linea guida sui casi in cui non è fattibile applicare un nuovo principio contabile a uno o più esercizi precedenti.

Informazioni integrative

28.

Quando l’applicazione iniziale di un Principio o di una Interpretazione ha un effetto sull’esercizio corrente o su qualsiasi esercizio precedente, avrebbe un tale effetto, eccetto quando non è fattibile determinare l’importo della rettifica, ovvero potrebbe avere un effetto su esercizi futuri, un’entità deve indicare:

a)

il titolo del Principio o Interpretazione;

b)

quando applicabile, che il cambiamento di principio contabile è effettuato secondo quanto previsto dalle disposizioni transitorie;

c)

la natura del cambiamento del principio contabile;

d)

quando applicabile, una descrizione delle disposizioni transitorie;

e)

quando applicabile, le disposizioni transitorie che possono avere un effetto su esercizi futuri;

f)

per l’esercizio corrente e per ciascun esercizio precedente presentato, nei limiti in cui ciò è fattibile, l’importo della rettifica:

i)

per ciascuna voce di bilancio interessata; e

ii)

se lo IAS 33 Utile per azione si applica all’entità, relativamente all’utile per azione di base e diluito;

g)

l’importo della rettifica relativa a esercizi antecedenti a quelli presentati, nei limiti in cui ciò è fattibile; e

h)

se l’applicazione retroattiva richiesta dal paragrafo 19, lettera a) o b) non è fattibile per un particolare esercizio precedente o per esercizi antecedenti a quelli presentati, le circostanze che hanno portato all’esistenza di tale condizione e la descrizione di come e da quando il cambiamento di principio contabile è stato applicato.

I bilanci di esercizi successivi non necessitano di ripetere tale informativa.

29.

Quando un cambiamento volontario di principio contabile ha un effetto sull’esercizio corrente o su qualsiasi esercizio precedente, avrebbe un tale effetto, eccetto quando non è fattibile determinare l’importo della rettifica, ovvero potrebbe avere un effetto su esercizi futuri, un’entità deve indicare:

a)

la natura del cambiamento del principio contabile;

b)

le ragioni per cui l’applicazione del nuovo principio contabile fornisce informazioni attendibili e più rilevanti;

c)

per l’esercizio corrente e per ciascun esercizio precedente presentato, nei limiti in cui ciò è fattibile, l’importo della rettifica:

i)

per ciascuna voce di bilancio interessata; e

ii)

se lo IAS 33 si applica all’entità, relativamente all’utile per azione di base e diluito;

d)

l’importo della rettifica relativa a esercizi antecedenti a quelli presentati, nei limiti in cui ciò è fattibile; e

e)

se l’applicazione retroattiva non è fattibile per uno specifico esercizio precedente o per esercizi antecedenti a quelli presentati, le circostanze che hanno portato all’esistenza di tale condizione e la descrizione di come e da quando il cambiamento di principio contabile è stato applicato.

I bilanci di esercizi successivi non necessitano di ripetere tale informativa.

30.

Quando l’entità non ha applicato un nuovo Principio o una nuova Interpretazione, emesso ma non ancora in vigore, l’entità deve indicare:

a)

tale fatto; e

b)

informazioni conosciute o ragionevolmente stimabili, rilevanti per valutare il possibile impatto che l’applicazione del nuovo Principio o della nuova Interpretazione avrà sul bilancio dell’entità nell’esercizio di applicazione iniziale.

31.

Nel conformarsi con il paragrafo 30, l’entità considera di indicare:

a)

il titolo di un nuovo Principio o di una nuova Interpretazione;

b)

la natura del cambiamento o di cambiamenti imminenti nel principio contabile;

c)

la data a partire dalla quale l’applicazione del Principio o dell’Interpretazione è richiesta;

d)

la data in cui ha programmato di applicare il Principio o l’Interpretazione per la prima volta, e

e)

alternativamente:

i)

una illustrazione dell’impatto che si prevede l’applicazione iniziale del Principio o dell’Interpretazione abbia sul bilancio dell’entità; o

ii)

se l’impatto non è conosciuto o ragionevolmente stimabile, una dichiarazione a tale riguardo.

CAMBIAMENTI DI STIME CONTABILI

32.

A causa delle incertezze connesse alla gestione aziendale, molti elementi di bilancio non possono essere misurati con precisione, ma possono solo essere stimati. La stima comporta valutazioni basate sulle più recenti informazioni attendibili disponibili. Per esempio, possono essere richieste stime di:

a)

esigibilità dei crediti;

b)

obsolescenza del magazzino;

c)

fair value (valore equo) delle attività o passività finanziarie;

d)

vite utili di, o il tasso di utilizzazione previsto dei benefici economici futuri inclusi in, beni ammortizzabili; e

e)

obbligazioni di garanzia.

33.

L’impiego di stime ragionevoli è parte essenziale della preparazione del bilancio e non ne intacca l’attendibilità.

34.

Una stima può avere bisogno di essere rettificata se avvengono mutamenti nelle circostanze sulle quali la stima si era basata o in seguito a nuove informazioni o maggiore esperienza. Per sua natura, la revisione di una stima non è correlata a esercizi precedenti e non è la correzione di un errore.

35.

Un cambiamento nella base di misurazione applicata è un cambiamento di principio contabile, e non è un cambiamento nella stima contabile. Quando è difficile distinguere un cambiamento di principio contabile da un cambiamento nella stima contabile, il cambiamento è trattato come un cambiamento nella stima contabile.

36.

L’effetto di un cambiamento nella stima contabile, diverso da un cambiamento a cui si applica il paragrafo 37, deve essere rilevato prospetticamente includendolo nel risultato economico:

a)

nell’esercizio in cui è avvenuto il cambiamento, se il cambiamento influisce solo su quell’esercizio; o

b)

nell’esercizio in cui è avvenuto il cambiamento e negli esercizi futuri, se il cambiamento influisce su entrambi.

37.

Un cambiamento nella stima contabile deve essere rilevato rettificando il valore contabile di attività, passività, posta di patrimonio netto nell’esercizio in cui si è verificato il cambiamento nella misura in cui un cambiamento dà origine a cambiamenti di valore delle attività e passività interessate, o si riferisce a una posta di patrimonio netto.

38.

La rilevazione prospettica dell’effetto di un cambiamento nella stima contabile significa che il cambiamento è applicato alle operazioni, altri eventi e circostanze che si sono verificati a partire dalla data del cambiamento di stima. Un cambiamento nella stima contabile può influire solo sul risultato economico dell’esercizio corrente, o sul risultato economico sia dell’esercizio corrente, sia degli esercizi futuri. Per esempio, una modifica nella stima dell’importo delle perdite su crediti influisce solo sul risultato economico dell’esercizio corrente e perciò è rilevato nell’esercizio corrente. Tuttavia, un cambiamento nella vita utile stimata di, o nelle modalità previste di utilizzo dei benefici economici inclusi in, un’attività ammortizzabile influisce sulla quota di ammortamento dell’esercizio corrente e di ciascun esercizio futuro della vita utile residua dell’attività medesima. In entrambi i casi, l’effetto del cambiamento relativo all’esercizio corrente è rilevato come provento o onere nell’esercizio stesso. L’impatto, laddove esista, sugli esercizi futuri è rilevato come provento o onere negli esercizi futuri.

Informazioni integrative

39.

L’entità deve indicare la natura e l’importo di un cambiamento nella stima contabile che ha un effetto sull’esercizio corrente o si prevede abbia un effetto su esercizi futuri, fatta eccezione per l’indicazione dell’effetto prodotto su esercizi futuri quando non è fattibile effettuare una tale stima.

40.

Se l’importo dell’effetto sugli esercizi futuri non è presentato perché non è fattibile effettuare la stima, l’entità deve indicare tale fatto.

ERRORI

41.

Errori possono essere commessi nella rilevazione, valutazione, presentazione o informativa di elementi del bilancio. Il bilancio non è conforme agli IFRS se questo contiene errori rilevanti ovvero irrilevanti se commessi intenzionalmente per ottenere una particolare presentazione della situazione patrimoniale-finanziaria, del risultato economico o dei flussi finanziari dell’entità. Errori potenziali dell’esercizio corrente scoperti nel medesimo esercizio sono corretti prima che il bilancio sia autorizzato alla pubblicazione. Tuttavia, errori rilevanti a volte non sono scoperti sino a un esercizio successivo, e tali errori di esercizi precedenti sono corretti nell’informativa comparativa presentata nel bilancio per tale esercizio successivo (cfr. paragrafi 42-47).

42.

Subordinatamente a quanto disposto dal paragrafo 43, l’entità deve correggere gli errori rilevanti di esercizi precedenti retroattivamente nel primo bilancio autorizzato alla pubblicazione dopo la loro scoperta come segue:

a)

determinando nuovamente gli importi comparativi per l’esercizio/gli esercizi precedente/i in cui è stato commesso l’errore; o

b)

se l’errore è stato commesso precedentemente al primo esercizio precedente presentato, determinando nuovamente i saldi di apertura di attività, passività e patrimonio netto per il primo esercizio precedente presentato.

Limitazioni alla determinazione retroattiva dei valori

43.

Un errore di un esercizio precedente deve essere corretto con una determinazione retroattiva dei valori, fatta eccezione per il caso in cui non sia fattibile determinare gli effetti specifici dell’esercizio interessato ovvero l’effetto cumulativo dell’errore.

44.

Quando non è fattibile determinare gli effetti di un errore riferibili d uno specifico esercizio su un’informativa comparativa per uno o più esercizi precedenti presentati, l’entità deve rideterminare il saldo di apertura di attività, passività e patrimonio netto per il primo esercizio per il quale la determinazione retroattiva del valore è fattibile (che può essere l’esercizio corrente).

45.

Quando non è fattibile determinare l’effetto cumulativo di un errore, all’inizio dell’esercizio corrente, per tutti gli esercizi precedenti, l’entità deve rideterminare i valori interessati nell’informativa comparativa per correggere l’errore prospetticamente a partire dalla prima data in cui ciò risulta fattibile.

46.

La correzione di un errore di un esercizio precedente non incide sul risultato economico dell’esercizio in cui l’errore viene scoperto. Qualsiasi informazione su esercizi precedenti, inclusi eventuali prospetti storici dei dati finanziario-economici di bilancio, è rettificata fino a quando ciò risulta fattibile.

47.

Quando non è fattibile determinare l’importo di un errore (per esempio un errore commesso nell’applicazione di un principio contabile) per tutti gli esercizi precedenti, l’entità, secondo quanto previsto dal paragrafo 45, determina i valori interessati nell’informativa comparativa prospetticamente a partire dalla prima data in cui ciò risulta fattibile. L’entità, quindi, tralascia quella parte della rettifica cumulativa alle voci dell’attivo, passivo e patrimonio netto originatasi prima di tale data. I paragrafi da 50 a 53 forniscono una linea guida sui casi in cui non è fattibile correggere un errore per uno o più esercizi precedenti.

48.

Le correzioni degli errori si distinguono dai cambiamenti nelle stime contabili. Le stime contabili, per loro natura, sono approssimazioni che necessitano di una modifica se si viene a conoscenza di informazioni aggiuntive. Per esempio, l’utile o la perdita rilevato a seguito di una risoluzione di un evento incerto non rappresenta una correzione di un errore.

Informativa su errori di esercizi precedenti

49.

Nell’applicazione del paragrafo 42, l’entità deve indicare quanto segue:

a)

la natura dell’errore di un esercizio precedente;

b)

per ogni esercizio precedente presentato, nei limiti in cui ciò è fattibile, l’importo della rettifica:

i)

per ciascuna voce di bilancio interessata; e

ii)

se lo IAS 33 si applica all’entità, relativamente all’utile per azione di base e diluito;

c)

l’importo della correzione all’inizio del primo esercizio precedente presentato; e

d)

se la determinazione retroattiva del valore non è fattibile per un particolare esercizio precedente, le circostanze che hanno portato all’esistenza di tale condizione e una descrizione di come e da quando l’errore è stato corretto.

I bilanci di esercizi successivi non necessitano di ripetere tale informativa.

NON FATTIBILITÀ DELL’APPLICAZIONE RETROATTIVA E DELLA DETERMINAZIONE RETROATTIVA DEI VALORI

50.

In alcune circostanze, non è fattibile rettificare l’informativa comparativa per uno o più esercizi precedenti per ottenere la comparabilità con l’esercizio corrente. Per esempio, nell’esercizio/negli esercizi precedente/i i dati possono non essere stati raccolti in maniera tale da permettere l’applicazione retroattiva di un nuovo principio contabile (inclusa, ai fini dei paragrafi da 51 a 53, la sua applicazione prospettica a esercizi precedenti) o da consentire la determinazione retroattiva dei valori per correggere un errore di un esercizio precedente, e non può essere fattibile risalire all’informazione.

51.

È spesso necessario effettuare stime per poter applicare un principio contabile a elementi di bilancio rilevati o esposti con riferimento a operazioni, altri eventi o circostanze. La stima è per sua natura soggettiva, e le stime possono essere formulate dopo la data di riferimento del bilancio. La formulazione di stime è potenzialmente più difficile quando si applica retroattivamente un principio contabile o si determinano retroattivamente i valori per correggere un errore di un esercizio precedente, a causa del periodo di tempo più lungo che potrebbe essere trascorso dal verificarsi dell’operazione, altro evento o circostanza interessato. Tuttavia, la finalità delle stime relative a esercizi precedenti rimane la stessa come per le stime effettuate nell’esercizio corrente, ossia, che la stima rifletta la situazione esistente al momento in cui l’operazione, altro evento o circostanza si è verificato.

52.

Quindi, l’applicazione retroattiva di un nuovo principio contabile o la correzione di un errore di un esercizio precedente richiede informazioni distinte che:

a)

forniscano prove di circostanze che esistevano alla/e data/e alla/e quale/i l’operazione, altro fatto o condizione si è verificato; e

b)

sarebbero state disponibili quando i bilanci per tale esercizio precedente erano autorizzati alla pubblicazione

da altre informazioni. Per alcune tipologie di stime [per esempio una stima di fair value (valore equo) non basata su un prezzo o dati osservabili], non è fattibile distinguere tali tipologie di informativa. Quando l’applicazione o la determinazione retroattiva dei valori richiederebbe di effettuare una stima significativa per la quale è impossibile distinguere queste due tipologie di informazioni, non è fattibile applicare il nuovo principio contabile o correggere l’errore dell’esercizio precedente retroattivamente.

53.

Informazioni conosciute a posteriori non dovrebbero essere utilizzate quando si applica un nuovo principio contabile a, o quando si correggono importi di, un esercizio precedente, sia facendo supposizioni su quali sarebbero state le intenzioni della direzione aziendale in un esercizio precedente ovvero stimando gli importi rilevati, valutati o esposti in un esercizio precedente. Per esempio, quando l’entità corregge un errore di un esercizio precedente nel valutare le attività finanziarie precedentemente classificate come investimenti posseduti sino alla scadenza, secondo quanto previsto dallo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, non cambia il loro criterio di valutazione per quell’esercizio se la direzione aziendale ha deciso in seguito di non possederle fino a scadenza. Inoltre, quando l’entità corregge un errore di un esercizio precedente nel calcolare la sua passività per le assenze per malattia accumulate dai dipendenti, secondo quanto previsto dallo IAS 19 Benefici per i dipendenti, non prende in considerazione i dati relativi a una stagione di influenza particolarmente acuta durante l’esercizio successivo, resi disponibili dopo che il bilancio per l’esercizio precedente è stato autorizzato alla pubblicazione. Il fatto che le stime significative siano richieste di frequente quando si rettifica l’informativa comparativa presentata per esercizi precedenti non impedisce una attendibile rettifica o correzione dell’informativa comparativa.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

54.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

55.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 8 Utile (perdita) desercizio, errori determinanti e cambiamenti di principi contabili, rivisto nella sostanza nel 1993.

56.

Il presente Principio sostituisce anche le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC 2 Coerenza nellapplicazione dei principi contabiliCapitalizzazione di oneri finanziari; e

b)

SIC 18 Coerenza nellapplicazione dei principi contabiliMetodi alternativi

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 10

Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di prescrivere:

a)

quando l’entità dovrebbe rettificare il proprio bilancio a seguito di fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio; e

b)

l’informativa che un’entità dovrebbe fornire circa la data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione e in relazione ai fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio.

Il Principio richiede, inoltre, che un’entità non dovrebbe redigere il proprio bilancio basandosi sul presupposto della continuità aziendale se i fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio indicano che tale presupposto non è più appropriato.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato nella contabilizzazione di, e per l’informativa su, fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio.

DEFINIZIONI

3.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

I fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio sono quei fatti, favorevoli e sfavorevoli, che si verificano tra la data di riferimento del bilancio e la data in cui viene autorizzata la pubblicazione del bilancio. Possono essere identificate due tipologie di fatti:

a)

quelli che forniscono evidenze circa le situazioni esistenti alla data di riferimento del bilancio (fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che comportano una rettifica); e

b)

quelli che sono indicativi di situazioni sorte dopo la data di riferimento del bilancio (fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano una rettifica).

4.

Il processo previsto per l’autorizzazione alla pubblicazione del bilancio può variare a seconda della struttura della direzione aziendale, delle disposizioni statutarie e delle procedure seguite nel preparare e nel redigere il bilancio.

5.

In alcuni casi, l’entità è tenuta a presentare il bilancio agli azionisti per l’approvazione dopo che lo stesso è stato pubblicato. In tali casi, il bilancio si intende autorizzato a essere pubblicato alla data di pubblicazione, non a quella in cui gli azionisti approvano il bilancio.

EsempioLa direzione aziendale di un’entità completa la bozza del bilancio per l’esercizio chiuso il 31 dicembre 20X1 in data 28 febbraio 20X2. Il 18 marzo 20X2, il Consiglio di amministrazione prende in esame il bilancio e ne autorizza la pubblicazione. L’entità rende noti l’utile e altri dati economico-finanziari di bilancio in data 19 marzo 20X2. Il bilancio è reso disponibile agli azionisti e al pubblico il 1o aprile 20X2. Gli azionisti approvano il bilancio durante l’assemblea annuale il 15 maggio 20X2 e il bilancio così approvato è, quindi, depositato presso l’autorità di regolamentazione il 17 maggio 20X2.Il bilancio è autorizzato alla pubblicazione il 18 marzo 20X2 (data di autorizzazione alla pubblicazione da parte del Consiglio di amministrazione).

6.

In alcuni casi, la direzione aziendale di un’entità è tenuta a presentare per approvazione il proprio bilancio a un organo di sorveglianza (composto solamente da amministratori non esecutivi). In tali casi, il bilancio è autorizzato alla pubblicazione quando la direzione aziendale ne autorizza la presentazione all’organo di sorveglianza.

EsempioIn data 18 marzo 20X2, la direzione aziendale di un’entità autorizza la presentazione del bilancio al suo organo di sorveglianza. L’organo di sorveglianza è composto solo da amministratori non esecutivi e può comprendere rappresentative sindacali e altri soggetti esterni. L’organo di sorveglianza approva il bilancio in data 26 marzo 20X2. Il bilancio è reso disponibile agli azionisti e al pubblico il 1o aprile 20X2. Gli azionisti approvano il bilancio durante l’assemblea annuale il 15 maggio 20X2 e il bilancio è quindi depositato presso l’autorità di regolamentazione il 17 maggio 20X2.Il bilancio è autorizzato alla pubblicazione in data 18 marzo 20X2 (data dell’autorizzazione da parte della direzione aziendale della presentazione all’organo di sorveglianza).

7.

I fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio includono tutti i fatti fino alla data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione, anche se tali fatti si verificano dopo la comunicazione al pubblico dell’utile o di altre selezionate informazioni economico-finanziarie.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che comportano una rettifica

8.

L’entità è tenuta a rettificare gli importi rilevati nel bilancio per riflettere i fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che comportano una rettifica.

9.

Di seguito sono riportati esempi di fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che comportano una rettifica imponendo all’entità di rettificare gli importi rilevati nel bilancio, o di rilevare elementi non rilevati in precedenza:

a)

la conclusione dopo la data di riferimento del bilancio di una causa legale che conferma che l’entità aveva un’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio. L’entità rettifica qualsiasi accantonamento relativo a tale causa precedentemente rilevato secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali o rileva un nuovo accantonamento. L’entità non si limita a fornire solo l’informativa in merito alla passività potenziale perché la sua conclusione fornisce ulteriori elementi che sarebbero considerati secondo quanto previsto dal paragrafo 16 dello IAS 37;

b)

la conoscenza di informazioni dopo la data di riferimento del bilancio che indicano che un’attività aveva subito una riduzione di valore alla data di riferimento del bilancio medesimo, o che l’importo di una perdita per riduzione di valore di quell’attività precedentemente rilevata deve essere rettificato. Per esempio:

i)

il fallimento di un cliente che si verifica dopo la data di riferimento del bilancio solitamente conferma che una perdita di realizzo di un credito commerciale esisteva già alla data di riferimento del bilancio e che l’entità deve rettificare il valore contabile della voce crediti commerciali; e

ii)

la vendita di rimanenze dopo la data di riferimento del bilancio può fornire evidenza del loro valore netto di realizzo alla data di riferimento del bilancio;

c)

la determinazione dopo la data di riferimento del bilancio del costo di attività acquistate o del corrispettivo di attività vendute, prima della data di riferimento del bilancio;

d)

la determinazione dopo la data di riferimento del bilancio dell’importo di compartecipazione agli utili o di incentivi da erogare, se l’entità alla data di riferimento del bilancio aveva un’obbligazione attuale legale o implicita a effettuare tali pagamenti per effetto di fatti precedenti a tale data (cfr. IAS 19 Benefici per i dipendenti);

e)

la scoperta di frodi o errori che dimostrano che il bilancio non è corretto.

Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano rettifica

10.

L’entità non deve rettificare gli importi rilevati nel proprio bilancio per riflettere fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano rettifica.

11.

Un esempio di un fatto intervenuto dopo la data di riferimento del bilancio che non comporta una rettifica è una flessione del valore di mercato di attività tra la data di riferimento del bilancio e la data in cui il bilancio è autorizzato alla pubblicazione. Flessioni nel valore di mercato solitamente non fanno riferimento alla situazione delle attività alla data di riferimento del bilancio, ma riflettono circostanze che si sono verificate successivamente. Di conseguenza, un’entità non rettifica il valore delle attività iscritte nel proprio bilancio. Analogamente, l’entità non aggiorna l’informativa circa il valore delle attività alla data di riferimento del bilancio, sebbene ciò possa comportare la necessità di fornire informazioni aggiuntive secondo le disposizioni del paragrafo 21.

Dividendi

12.

Se l’entità delibera l’assegnazione di dividendi ai possessori di strumenti rappresentativi di capitale (come definito nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio) dopo la data di riferimento del bilancio, la stessa non deve rilevare tali dividendi come una passività alla data di riferimento del bilancio.

13.

Se i dividendi vengono dichiarati (ossia i dividendi sono formalmente autorizzati e non più a discrezione dell’entità) dopo la data di riferimento del bilancio, ma prima che il bilancio sia autorizzato alla pubblicazione, i dividendi non sono rilevati come una passività alla data di riferimento del bilancio perché non sono soddisfatti i criteri per rilevare un’obbligazione attuale previsti dallo IAS 37. Tali dividendi sono esposti nelle note al bilancio secondo quanto previsto dallo IAS 1 Presentazione del bilancio.

CONTINUITÀ AZIENDALE

14.

L’entità non deve preparare il proprio bilancio seguendo i criteri propri di un’azienda in funzionamento se la direzione aziendale decide dopo la data di riferimento del bilancio di porre l’entità in liquidazione o di cessare l’attività o che non ha altra realistica alternativa che fare ciò.

15.

Il peggioramento dei risultati operativi e della situazione patrimoniale-finanziaria dopo la data di riferimento del bilancio può essere indicativo della necessità di considerare se il presupposto della continuità aziendale risulti ancora appropriato. Se il presupposto della continuità aziendale non è più appropriato, l’effetto è così pervasivo che il presente Principio richiede una modifica fondamentale dei principi contabili di riferimento piuttosto che una rettifica degli importi rilevati in conformità agli originari principi contabili.

16.

Lo IAS 1 specifica che è richiesta informativa se:

a)

il bilancio non è redatto secondo il presupposto della continuità aziendale; o

b)

la direzione aziendale è a conoscenza di rilevanti incertezze connesse a fatti o a situazioni che possono mettere in serio dubbio la capacità dell’entità di operare nella prospettiva della continuazione dell’attività. Gli eventi o situazioni che richiedono tale informativa possono sorgere dopo la data di riferimento del bilancio.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

Data di autorizzazione alla pubblicazione

17.

L’entità deve indicare la data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione e chi ne ha dato l’autorizzazione. Se i proprietari dell’entità o altri hanno il potere di rettificare il bilancio dopo la pubblicazione, l’entità deve indicare tale fatto.

18.

È importante per gli utilizzatori conoscere quando il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione, perché il bilancio non riflette i fatti intervenuti dopo quella data.

Aggiornamento dell’informativa concernente le situazioni alla data di riferimento del bilancio

19.

Se l’entità riceve dopo la data di riferimento del bilancio informazioni riguardanti situazioni esistenti alla data di riferimento del bilancio, essa deve aggiornare l’informativa relativa a tali situazioni, alla luce delle nuove conoscenze.

20.

In alcune circostanze, l’entità necessita di aggiornare l’informativa contenuta nel proprio bilancio al fine di riflettere le informazioni ricevute dopo la data di riferimento del bilancio, persino quando le informazioni non incidono sui valori che l’entità rileva nel proprio bilancio. Un esempio della necessità di aggiornare l’informativa si ha quando si viene a conoscenza, dopo la data di riferimento del bilancio, di fatti concernenti una passività potenziale già esistente alla data di riferimento del bilancio. L’entità, oltre a considerare se debba rilevare o modificare un accantonamento, secondo le disposizioni dello IAS 37, aggiorna la propria informativa riguardo la passività potenziale alla luce di tale conoscenza.

Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano rettifica

21.

Qualora fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano rettifica siano rilevanti, la mancata informativa potrebbe influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori prese sulla base del bilancio. Di conseguenza, per ogni significativa categoria di fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano una rettifica, l’entità deve indicare quanto segue:

a)

la natura del fatto; e

b)

una stima dei connessi effetti sul bilancio, o la dichiarazione che tale stima non può essere effettuata.

22.

Quelli che seguono sono esempi di fatti successivi alla data di riferimento del bilancio e che generalmente richiederebbero un’informativa:

a)

un’importante aggregazione aziendale dopo la data di riferimento del bilancio (l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali richiede in tali casi specifica informativa) o il trasferimento di un’importante controllata;

b)

comunicazione di un programma che prevede la cessazione di un componente;

c)

importanti acquisti di attività, classificazione di attività possedute per la vendita in conformità all’IFRS 5, Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate, altre dismissioni di attività, o espropri di importanti attività da parte delle autorità pubbliche;

d)

la distruzione dovuta a un incendio di un importante impianto produttivo dopo la data di riferimento del bilancio;

e)

la comunicazione o l’inizio dell’attuazione di un’importante ristrutturazione (si veda lo IAS 37);

f)

importanti operazioni su azioni ordinarie e possibili operazioni su azioni ordinarie successive alla data di riferimento del bilancio (lo IAS 33 Utile per azione richiede che un’entità inserisca in bilancio una descrizione di tali operazioni ad eccezione di quando le operazioni in oggetto riguardano la capitalizzazione di riserve o emissioni gratuite, frazionamenti azionari o raggruppamenti di azioni, tutte quante comportanti una rettifica secondo le disposizioni dello IAS 33);

g)

abnormi variazioni dei prezzi delle attività o dei tassi di cambio in valuta estera avvenute dopo la data di riferimento del bilancio;

h)

variazioni delle aliquote fiscali o delle norme tributarie emanate o comunicate dopo la data di riferimento del bilancio che hanno un effetto significativo sulle attività e passività fiscali correnti e differite (si veda lo IAS 12 Imposte sul reddito);

i)

assunzione di significativi impegni o passività potenziali, per esempio tramite assunzione di significativi impegni per garanzie; e

j)

l’inizio di rilevanti contenziosi derivanti esclusivamente da fatti che si sono verificati dopo la data di riferimento del bilancio.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

23.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 10 (RIVISTO NELLA SOSTANZA NEL 1999)

24.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio (rivisto nella sostanza nel 1999).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 11

Lavori su ordinazione

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è quella di definire il trattamento contabile dei ricavi e dei costi relativi ai lavori su ordinazione. A causa della natura dell’attività sottostante i lavori su ordinazione, la data in cui inizia l’attività prevista dal contratto e la data di completamento della commessa sono solitamente in esercizi differenti. Il problema principale nella contabilizzazione di lavori su ordinazione è, perciò, l’attribuzione dei ricavi e dei costi agli esercizi contabili nei quali il lavoro della commessa è svolto. Il presente Principio utilizza i criteri di rilevazione stabiliti nel Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio per determinare quando i ricavi e i costi di commessa debbano essere imputati come ricavi e costi nel conto economico. Fornisce anche un’indicazione pratica per l’applicazione di questi criteri.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione dei lavori su ordinazione nei bilanci degli appaltatori.

2.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 11 La contabilizzazione delle commesse a lungo termine, approvato nel 1978.

DEFINIZIONI

3.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il lavoro su ordinazione è un contratto stipulato specificamente per la costruzione di un bene o di una combinazione di beni strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione o la loro destinazione o utilizzazione finale.

La commessa a prezzo predeterminato è un lavoro su ordinazione nel quale l’appaltatore pattuisce un prezzo predeterminato, o una quota predeterminata per unità di prodotto, soggetto, in alcuni casi, a clausole di revisione dei prezzi.

La commessa a margine garantito è un lavoro su ordinazione nel quale all’appaltatore vengono rimborsati costi concordati o altrimenti definiti, con l’aggiunta di una percentuale su questi costi o di un compenso predeterminato.

4.

Un lavoro su ordinazione può essere stipulato per la costruzione di un singolo bene, quale un ponte, un edificio, una diga, una conduttura, una strada, una nave o una galleria. Un lavoro su ordinazione può anche riguardare la costruzione di un insieme di beni che sono strettamente connessi o interdipendenti in termini di progettazione, tecnologia e funzione o di loro destinazione o utilizzazione finale; esempi di tali commesse comprendono quelle stipulate per la costruzione di raffinerie e altre parti complesse di impianti o macchinari.

5.

Per le finalità del presente Principio, i lavori su ordinazione comprendono:

a)

commesse per la prestazione di servizi che sono direttamente connessi alla costruzione del bene, quali quelle per i servizi di capoprogetto e di architetti; e

b)

commesse per la distruzione o per il ripristino di beni, e la bonifica dell’ambiente conseguente alla demolizione di beni.

6.

I lavori su ordinazione possono essere pattuiti in vari modi che, per le finalità del presente Principio, si classificano come commesse a prezzo predeterminato e commesse a margine garantito. Alcuni lavori su ordinazione possono avere caratteristiche sia della commessa a prezzo fisso che di quello a margine garantito; è il caso, ad esempio, di una commessa a margine garantito con un prezzo massimo concordato. In tali casi, l’appaltatore deve prendere in considerazione tutte le condizioni previste nei paragrafi 23 e 24 per determinare quando rilevare i ricavi e i costi di commessa.

COMBINAZIONI E SUDDIVISIONI DI LAVORI SU ORDINAZIONE

7.

Le disposizioni del presente Principio sono normalmente applicate distintamente per ciascun lavoro su ordinazione. In certi casi, comunque, è necessario applicare il Principio agli elementi identificabili separatamente di una singola commessa, o a un gruppo di commesse, allo scopo di riflettere il contenuto di una commessa o di un gruppo di commesse.

8.

Quando una commessa si riferisce a vari beni, la costruzione di ciascun bene deve essere trattata come un distinto lavoro su ordinazione quando:

a)

sono state presentate offerte distinte per ciascun bene;

b)

ciascun bene è stato oggetto di negoziazione distinta e l’appaltatore e il committente erano in grado di accettare o rifiutare la parte della commessa relativa a ciascun bene; e

c)

si possono identificare i costi e i ricavi di ciascun bene.

9.

Un gruppo di commesse, sia con un singolo sia con più di un committente, deve essere trattato come un singolo lavoro su ordinazione quando:

a)

il gruppo di commesse è negoziato come un unico pacchetto;

b)

le commesse sono così strettamente connesse che fanno parte, di fatto, di un progetto singolo con un margine di profitto globale; e

c)

le commesse sono realizzate simultaneamente o in sequenza continua.

10.

Una commessa può prevedere la costruzione di un bene ulteriore a discrezione del committente o può essere modificata per includere la costruzione di un bene ulteriore. La costruzione del bene ulteriore deve essere trattata come un distinto lavoro su ordinazione quando:

a)

il bene differisce significativamente nella progettazione, nella tecnologia o nella funzione dal bene o dai beni previsti nella commessa originaria; o

b)

il prezzo del bene è stabilito senza considerare il prezzo della commessa originaria.

RICAVI DI COMMESSA

11.

I ricavi di commessa devono comprendere:

a)

il valore iniziale di ricavi concordati nel contratto; e

b)

le varianti nel lavoro di commessa, le revisioni prezzi richieste e i pagamenti di incentivi:

i)

nella misura in cui è probabile che essi rappresentino ricavi veri e propri; e

ii)

se questi possono essere valutati con attendibilità.

12.

I ricavi di commessa sono valutati sulla base del fair value (valore equo) della remunerazione percepita o spettante. La determinazione dei ricavi di commessa è influenzata da varie situazioni di incertezza che dipendono dall’esito di eventi futuri. Le stime, spesso, devono essere riviste nel momento in cui gli eventi si verificano e le incertezze si chiariscono. L’ammontare dei ricavi di commessa, perciò, può aumentare o diminuire da un esercizio al successivo. Per esempio:

a)

un appaltatore e un committente possono concordare variazioni o revisioni prezzi che aumentano o diminuiscono i ricavi di commessa in un esercizio successivo a quello nel quale la commessa venne inizialmente concordata;

b)

l’ammontare dei ricavi stabiliti in una commessa stipulata a prezzo predeterminato può aumentare come risultato di clausole di revisione prezzi;

c)

l’ammontare dei ricavi di commessa può diminuire come risultato delle penalità derivanti da ritardi causati dall’appaltatore nel completamento della commessa; o

d)

quando una commessa a prezzo predeterminato prevede un prezzo predeterminato per unità di prodotto i ricavi di commessa aumentano all’aumentare del numero di unità prodotte.

13.

Una variante è una richiesta del committente che modifica l’oggetto del lavoro che deve essere svolto in base al contratto. Una variazione può portare a un aumento o a una diminuzione nei ricavi di commessa. Esempi di variazioni sono i cambiamenti di specifiche o di progettazione del bene e cambiamenti nella durata della commessa. Una variazione è inclusa nei ricavi di commessa se:

a)

è probabile che il committente approverà la variazione e l’ammontare del ricavo che ne deriva; e

b)

l’ammontare del ricavo può essere determinato con attendibilità.

14.

Con una richiesta di revisione prezzi l’appaltatore cerca di ottenere dal committente, o da terzi, un ammontare a titolo di rimborso per costi non compresi nel prezzo contrattuale. Una richiesta di revisione prezzi può derivare, per esempio, da ritardi causati dal committente, da errori nelle specifiche o nella progettazione e da variazioni contestate nei lavori di commessa. La determinazione dell’ammontare dei ricavi derivanti da richiesta di revisione prezzi è soggetta a un elevato grado di incertezza e spesso dipende dall’esito di negoziazioni. Perciò, le richieste di revisione vengono incluse nei ricavi di commessa solo quando:

a)

le negoziazioni hanno raggiunto una fase avanzata tale che è probabile che il committente accetti le richieste di revisione; e

b)

il probabile ammontare che sarà accettato dal committente può essere determinato con attendibilità.

15.

Gli incentivi sono ammontari addizionali corrisposti all’appaltatore se sono stati raggiunti o superati livelli prefissati di prestazioni. Per esempio, un contratto può prevedere il pagamento di un incentivo all’appaltatore in caso di completamento anticipato della commessa. Gli incentivi vengono inclusi nei ricavi di commessa quando:

a)

la commessa è così avanzata che è probabile che i risultati fissati saranno raggiunti o superati; e

b)

l’ammontare degli incentivi può essere determinato con attendibilità.

COSTI DI COMMESSA

16.

I costi di commessa devono comprendere:

a)

i costi che si riferiscono direttamente alla commessa specifica;

b)

i costi che sono attribuibili all’attività di commessa in generale e che possono essere imputati alla commessa stessa; e

c)

qualunque altro costo che può essere specificatamente addebitato al committente sulla base delle clausole contrattuali.

17.

I costi che si riferiscono direttamente a una particolare commessa comprendono:

a)

i costi di manodopera inerenti al cantiere, inclusa la supervisione del luogo;

b)

i costi dei materiali utilizzati nella costruzione;

c)

l’ammortamento degli impianti e macchinari impiegati nella commessa;

d)

i costi di spostamento degli impianti, macchinari e materiali al e dal luogo d’esecuzione della commessa;

e)

i costi di locazione di impianti e macchinari;

f)

i costi di progettazione e assistenza tecnica che sono direttamente connessi alla commessa;

g)

i costi stimati per lavori di modifica e in garanzia, compresi i costi di garanzia attesi; e

h)

le richieste danni da parte di terzi.

Questi costi possono essere ridotti da eventuali proventi non inclusi nei ricavi di commessa, quali i proventi dalla vendita di eccedenze di materiali e la dismissione di impianti e macchinari al termine della commessa.

18.

I costi che possono essere attribuiti all’attività di commessa in generale e che possono essere imputati a particolari commesse comprendono:

a)

l’assicurazione;

b)

i costi di progettazione e assistenza tecnica che non sono direttamente connessi a una specifica commessa; e

c)

le spese generali di commessa.

Tali costi sono imputati impiegando criteri sistematici e razionali e sono applicati coerentemente a tutti i costi che hanno caratteristiche simili. L’imputazione si basa sul livello ordinario dell’attività di costruzione. Le spese generali di commessa comprendono costi quali la preparazione e la gestione delle remunerazioni del personale impiegato per la commessa. I costi che possono essere attribuiti all’attività di commessa in generale e che possono essere imputati a specifiche commesse includono anche gli oneri finanziari quando l’appaltatore adotta il trattamento contabile alternativo consentito di cui allo IAS 23 Oneri finanziari.

19.

I costi che sono specificamente addebitabili al committente come previsto nelle clausole contrattuali possono includere alcuni costi generali di amministrazione e i costi di sviluppo il cui rimborso sia stabilito nelle clausole contrattuali.

20.

I costi che non possono essere attribuiti all’attività di commessa o che non possono essere imputati a una commessa sono esclusi dai costi di un lavoro su ordinazione. Tali costi comprendono:

a)

i costi generali amministrativi il cui rimborso non sia previsto nel contratto;

b)

i costi di vendita;

c)

i costi di ricerca e sviluppo il cui rimborso non sia previsto nel contratto; e

d)

l’ammortamento di impianti e macchinari inattivi non utilizzati in una particolare commessa.

21.

I costi di commessa comprendono i costi attribuibili a una commessa nel periodo compreso tra la data di stipulazione del contratto e quella di completamento della commessa. Tuttavia, anche i costi che sono direttamente connessi a una commessa e che sono sostenuti per assicurarsi la commessa sono inclusi come parte dei costi di commessa se possono essere identificati separatamente e determinati con attendibilità e se è probabile che la commessa sarà ottenuta. Quando i costi sostenuti per ottenere una commessa sono rilevati come costo nell’esercizio nel quale sono sostenuti, essi non sono compresi nei costi di commessa quando la commessa è ottenuta in un esercizio successivo.

RILEVAZIONE DI RICAVI E COSTI DI COMMESSA

22.

Quando il risultato di un lavoro su ordinazione può essere stimato con attendibilità, i ricavi e i costi di commessa riferibili al lavoro su ordinazione devono essere rilevati rispettivamente come ricavo e costo in relazione allo stato di avanzamento dell’attività di commessa alla data di riferimento del bilancio. Una perdita attesa su un lavoro su ordinazione deve essere immediatamente rilevata come costo secondo quanto previsto dal paragrafo 36.

23.

Nel caso di commesse a prezzo predeterminato, il risultato di un lavoro su ordinazione può essere stimato con attendibilità quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)

i ricavi totali della commessa possono essere determinati con attendibilità;

b)

è probabile che i benefici economici derivanti dalla commessa affluiranno all’entità;

c)

sia i costi di commessa necessari per completare la commessa stessa sia lo stato di avanzamento alla data di riferimento del bilancio possono essere misurati con attendibilità; e

d)

i costi di commessa attribuibili alla commessa stessa possono essere chiaramente identificati e determinati con attendibilità, cosicché i costi di commessa effettivi sostenuti possono essere comparati con le stime precedenti.

24.

Nel caso di una commessa a margine garantito, il risultato di un lavoro su ordinazione può essere stimato con attendibilità quando tutte le seguenti condizioni sono soddisfatte:

a)

è probabile che i benefici economici derivanti dalla commessa affluiranno all’entità; e

b)

i costi di commessa attribuibili alla commessa, che siano o no specificamente rimborsabili, possono essere chiaramente identificati e determinati con attendibilità.

25.

La rilevazione dei ricavi e dei costi con riferimento allo stato di avanzamento di una commessa è spesso definito metodo della percentuale di completamento. Secondo questo metodo, i ricavi di commessa sono associati ai costi di commessa sostenuti per giungere allo stato di avanzamento, imputando al conto economico i ricavi, i costi e i margini che possono essere attribuiti alla parte di lavoro completato. Questo metodo fornisce utili informazioni sull’avanzamento dell’attività di commessa e sui risultati ottenuti in un esercizio.

26.

Secondo il metodo della percentuale di completamento, il ricavo di commessa è imputato come ricavo nel conto economico negli esercizi nei quali il lavoro è svolto. I costi di commessa sono solitamente imputati come costo nel conto economico negli esercizi nei quali il lavoro al quale essi si riferiscono è svolto. Tuttavia, qualsiasi eccedenza attesa di costi totali di commessa sui ricavi totali della commessa è imputata immediatamente come costo secondo quanto previsto dal paragrafo 36.

27.

Un appaltatore può avere sostenuto costi di commessa relativi ad attività future della commessa. Tali costi di commessa sono rilevati come attività purché sia probabile che essi saranno recuperati. Tali costi rappresentano un importo dovuto dal committente e spesso sono classificati come lavori in corso di commessa.

28.

Il risultato di un lavoro su ordinazione può essere stimato con attendibilità solo quando è probabile che i benefici economici derivanti dalla commessa affluiranno all’entità. Tuttavia, quando si manifesta un’incertezza sulla esigibilità di un ammontare già incluso nei ricavi di commessa e già imputato nel conto economico, l’ammontare inesigibile o l’ammontare riguardo al quale il recupero non è più probabile è rilevato come costo invece che come rettifica dell’ammontare dei ricavi di commessa.

29.

L’entità è generalmente in grado di effettuare stime attendibili dopo avere stipulato un contratto di commessa se esso stabilisce:

a)

i diritti che ciascuna parte può far valere sul bene che deve essere costruito;

b)

il corrispettivo da corrispondere; e

c)

i modi e i termini dell’adempimento.

Per l’entità è anche, di solito, necessario avere un efficace sistema interno di previsione e rendicontazione economico-finanziaria interna. L’entità esamina e, se necessario, rivede le stime dei ricavi e dei costi di commessa ai diversi stadi di avanzamento della commessa stessa. La necessità di tali revisioni non implica necessariamente che il risultato della commessa non può essere stimato con attendibilità.

30.

Lo stato di avanzamento di una commessa può essere determinato in vari modi. L’entità adotta il metodo che misuri attendibilmente il lavoro svolto. A seconda della natura della commessa, i metodi possono includere:

a)

la proporzione tra i costi di commessa sostenuti per lavori svolti fino alla data di riferimento e i costi totali stimati di commessa;

b)

valutazioni del lavoro svolto; o

c)

il completamento di una quantità fisica del lavoro di commessa.

Gli acconti e gli anticipi ricevuti dai committenti spesso non riflettono il lavoro svolto.

31.

Quando lo stato di avanzamento è determinato con riferimento ai costi di commessa sostenuti a quella data, solo costi di commessa riferibili al lavoro svolto sono inclusi nei costi sostenuti a quella data. Esempi di costi di commessa esclusi sono:

a)

i costi di commessa che riguardano attività future della commessa, quali i costi di materiali consegnati in un luogo di svolgimento della commessa o immagazzinati per essere impiegati in una commessa ma non ancora installati, utilizzati o applicati nelle prestazioni di commessa, a meno che i materiali siano stati preparati specificatamente per la commessa; e

b)

i pagamenti effettuati in anticipo a sub-appaltatori per il lavoro svolto in sub-appalto.

32.

Quando il risultato di un lavoro su ordinazione non può essere stimato con attendibilità:

a)

i ricavi devono essere rilevati solo nei limiti dei costi di commessa sostenuti che è probabile saranno recuperati; e

b)

i costi di commessa devono essere rilevati come costi nell’esercizio nel quale essi sono sostenuti.

Una perdita attesa su un lavoro su ordinazione deve essere immediatamente rilevata come costo secondo quanto previsto dal paragrafo 36.

33.

Durante le prime fasi di una commessa succede spesso che il risultato della stessa non possa essere stimato con attendibilità. Ciononostante, può essere probabile che l’entità recupererà i costi di commessa sostenuti. Il ricavo di commessa, perciò, è rilevato solo nei limiti dei costi sostenuti che ci si attende saranno recuperati. Dato che il risultato della commessa non può essere stimato con attendibilità, nessun margine è rilevato. Anche se il risultato della commessa non può essere stimato con attendibilità, tuttavia, può essere probabile che i costi totali di commessa eccedano i ricavi totali di commessa. In tali casi, ogni eccedenza attesa dei costi totali di commessa sui ricavi totali di commessa è rilevata immediatamente come costo secondo quanto previsto dal paragrafo 36.

34.

I costi di commessa che non è probabile possano essere recuperati sono rilevati immediatamente come costo. Esempi di casi in cui il recupero dei costi di commessa sostenuti può non essere probabile, e in cui i costi di commessa possono dover essere rilevati immediatamente come costo, includono le commesse:

a)

che non sono pienamente esecutive, ossia, la cui validità è fortemente in discussione;

b)

il completamento delle quali è soggetto all’esito di controversie pendenti o a provvedimenti legislativi in corso di approvazione;

c)

relative a immobili che probabilmente saranno requisiti o espropriati;

d)

nelle quali il committente non è in grado di adempiere alle sue obbligazioni; o

e)

nelle quali l’appaltatore non è in grado di completare la commessa o di adempiere alle obbligazioni contrattuali.

35.

Quando le incertezze che impedivano una stima attendibile del risultato della commessa non esistono più, i ricavi e i costi riferibili al lavoro su ordinazione devono essere rilevati secondo quanto previsto dal paragrafo 22 invece che secondo quanto previsto dal paragrafo 32.

RILEVAZIONE DI PERDITE ATTESE

36.

Quando è probabile che i costi totali di commessa eccederanno i ricavi totali di commessa, la perdita attesa deve essere immediatamente rilevata come costo.

37.

L’ammontare di tale perdita è determinato senza tener conto:

a)

se il lavoro della commessa è iniziato;

b)

dello stato di avanzamento dell’attività di commessa; o

c)

dell’ammontare dei margini attesi da altre commesse che non vengono trattati come un singolo lavoro su ordinazione secondo quanto previsto dal paragrafo 9.

CAMBIAMENTI NELLE STIME

38.

Il metodo della percentuale di completamento è applicato su base complessiva in ciascun esercizio contabile alle stime correnti dei ricavi e dei costi di commessa. Perciò, l’effetto di un cambiamento nella stima dei ricavi e dei costi di commessa, o l’effetto di un cambiamento nella stima del risultato di una commessa, è contabilizzato come un cambiamento di stima contabile (cfr. IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori). Le stime modificate sono usate nella determinazione dell’ammontare dei ricavi e dei costi imputati al conto economico dell’esercizio nel quale il cambiamento è avvenuto e negli esercizi successivi.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

39.

Un’entità deve indicare:

a)

l’ammontare dei ricavi di commessa rilevati come ricavo nell’esercizio;

b)

i criteri utilizzati per determinare i ricavi di commessa rilevati nell’esercizio; e

c)

i criteri utilizzati per determinare lo stato di avanzamento delle commesse in corso.

40.

L’entità deve indicare ciascuna delle seguenti informazioni per le commesse in corso alla data di riferimento del bilancio:

a)

l’ammontare complessivo dei costi sostenuti e dei margini rilevati (al netto delle perdite rilevate) a quella data;

b)

l’ammontare degli anticipi ricevuti; e

c)

l’ammontare delle ritenute a garanzia.

41.

Le ritenute a garanzia sono quella parte della fatturazione ad avanzamento lavori che non viene corrisposta fino a che le condizioni specificate nel contratto per il pagamento di tali ammontari non siano rispettate o fino a che i difetti non siano stati corretti. Le fatturazioni ad avanzamento lavori sono ammontari fatturati per lavori svolti su commessa, sia che essi siano stati liquidati o meno dal committente. Gli anticipi sono importi percepiti dall’appaltatore prima dello svolgimento del relativo lavoro.

42.

Un’entità deve presentare:

a)

come valore dell’attivo, l’ammontare lordo dovuto dai committenti per lavori di commessa; e

b)

come valore del passivo, l’ammontare lordo dovuto ai committenti per lavori di commessa.

43.

L’ammontare lordo dovuto dai committenti per lavori su commessa è l’importo netto:

a)

dei costi sostenuti sommati ai margini rilevati; meno

b)

il totale delle perdite rilevate e della fatturazione ad avanzamento dei lavori

per tutte le commesse in corso per le quali i costi sostenuti più i margini rilevati (meno le perdite rilevate) eccedono la fatturazione ad avanzamento dei lavori.

44.

L’ammontare lordo dovuto ai committenti per lavori su commessa è l’importo netto:

a)

dei costi sostenuti sommati ai margini rilevati; meno

b)

il totale delle perdite rilevate e della fatturazione ad avanzamento dei lavori

per tutte le commesse in corso per le quali la fatturazione ad avanzamento dei lavori eccede i costi sostenuti più i margini rilevati (meno le perdite rilevate).

45.

Si indicano le passività e attività potenziali secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali. Passività e attività potenziali possono sorgere da elementi quali oneri per garanzia, richieste di risarcimento, penali o perdite possibili.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

46.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1995 o da data successiva.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 12

Imposte sul reddito

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è quella di definire il trattamento contabile delle imposte sul reddito. L’aspetto principale della contabilizzazione delle imposte sul reddito consiste nel definire come rilevare gli effetti fiscali correnti e futuri relativi:

a)

al futuro recupero (estinzione) del valore contabile delle attività (passività) rilevate nello stato patrimoniale dell’entità; e

b)

alle operazioni e agli altri fatti dell’esercizio corrente rilevati nel bilancio dell’entità.

È connaturato alla rilevazione di un’attività o di una passività il fatto che l’entità che redige il bilancio preveda di recuperare o estinguere il valore contabile di quella attività o passività. Se è probabile che il recupero o l’estinzione di quel valore contabile aumenti (riduca) i futuri pagamenti di imposte rispetto a quelli che si sarebbero verificati se tale recupero o estinzione non avesse avuto effetti fiscali, il presente Principio richiede che l’entità rilevi una passività (attività) fiscale differita, salvo alcuni casi specifici.

Il presente Principio richiede che l’entità rilevi gli effetti fiscali di operazioni e di altri eventi con le medesime modalità con le quali rileva le operazioni e gli altri eventi stessi. Così, qualsiasi effetto fiscale connesso alle operazioni e agli altri eventi rilevati nel conto economico, è anche esso rilevato nel conto economico. Per le operazioni e gli altri eventi rilevati direttamente nel patrimonio netto, qualsiasi effetto fiscale correlato è anche esso rilevato direttamente nel patrimonio netto. Analogamente, la rilevazione delle attività e passività fiscali differite in una aggregazione aziendale influisce sull’importo dell’avviamento derivante da tale aggregazione o sulla eventuale eccedenza della quota d’interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito, rispetto al costo dell’aggregazione.

Il presente Principio tratta anche la rilevazione delle attività fiscali differite derivanti da perdite fiscali o da crediti d’imposta non utilizzati, l’esposizione nel bilancio delle imposte sul reddito e l’illustrazione dell’informativa relativa alle imposte sul reddito.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione delle imposte sul reddito.

2.

Per le finalità del presente Principio, le imposte sul reddito comprendono tutte le imposte nazionali ed estere che si calcolano su redditi imponibili. Le imposte sul reddito comprendono anche imposte, quali le ritenute fiscali, che sono dovute da una società controllata, collegata o joint venture a seguito di distribuzioni all’entità che redige il bilancio.

3.

[Eliminato]

4.

Il presente Principio non tratta i criteri di contabilizzazione dei contributi pubblici (cfr. IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sullassistenza pubblica) e dei crediti d’imposta su partecipazioni. Tuttavia, il presente Principio tratta la contabilizzazione delle differenze temporanee che possono derivare da tali contributi o crediti d’imposta.

DEFINIZIONI

5.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

L’utile contabile è l’utile o la perdita dell’esercizio prima delle imposte sul reddito.

Il reddito imponibile (perdita fiscale) è l’utile (perdita) di un esercizio, determinato secondo quanto previsto dalla disciplina fiscale, su cui sono calcolate le imposte sul reddito dovute (recuperabili).

L’onere (provento) fiscale è l’importo complessivo delle imposte correnti e differite incluso nella determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio.

Le imposte correnti sono l’importo delle imposte sul reddito dovute (recuperabili) riferibili al reddito imponibile (perdita fiscale) di un esercizio.

Le passività fiscali differite sono gli importi delle imposte sul reddito dovute negli esercizi futuri riferibili alle differenze temporanee imponibili.

Le attività fiscali differite sono gli importi delle imposte sul reddito recuperabili negli esercizi futuri riferibili a:

a)

differenze temporanee deducibili;

b)

riporto a nuovo di perdite fiscali non utilizzate; e

c)

riporto a nuovo di crediti d’imposta non utilizzati.

Le differenze temporanee sono le differenze tra il valore contabile di un’attività o di una passività nello stato patrimoniale e il suo valore riconosciuto ai fini fiscali. Le differenze temporanee possono essere:

a)

differenze temporanee imponibili, cioè differenze temporanee che, nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) di esercizi futuri, si tradurranno in importi imponibili quando il valore contabile dell’attività o della passività sarà realizzato o estinto; o

b)

differenze temporanee deducibili, cioè differenze temporanee che, nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) di esercizi futuri, si tradurranno in importi deducibili quando il valore contabile dell’attività o della passività sarà realizzato o estinto.

Il valore fiscale di un’attività o passività è il valore attribuito a quella attività o passività a fini fiscali.

6.

L’onere fiscale (provento fiscale) comprende l’onere fiscale corrente (provento fiscale corrente) e l’onere fiscale differito (provento fiscale differito).

Valore ai fini fiscali

7.

Il valore ai fini fiscali di un’attività è il valore che sarà fiscalmente deducibile a fronte di qualsiasi reddito imponibile che l’entità otterrà quando realizzerà il valore contabile dell’attività. Se tali redditi non saranno imponibili, il valore ai fini fiscali dell’attività è uguale al suo valore contabile.

Esempi

1

Il costo di una macchina è 100. Nell’esercizio corrente e in quelli precedenti, è già stato fiscalmente dedotto un ammortamento di 30 e il costo residuo sarà deducibile negli esercizi futuri, come ammortamento o per deducibilità al momento della dismissione. I ricavi prodotti dall’utilizzo della macchina sono imponibili, eventuali plusvalenze al momento della cessione della macchina saranno tassabili ed eventuali minusvalenze saranno fiscalmente deducibili. Il valore ai fini fiscali della macchina è 70.

2

Un credito per interessi ha un valore contabile di 100. Il relativo provento per interessi sarà tassato al momento dell’incasso. Il valore ai fini fiscali del credito per interessi è zero.

3

I crediti commerciali hanno un valore contabile di 100. I relativi ricavi sono già compresi nel reddito imponibile (perdita fiscale). Il valore ai fini fiscali dei crediti commerciali è 100.

4

I crediti per dividendi da una società controllata hanno un valore contabile di 100. I dividendi non sono imponibili. In sostanza, l’intero valore contabile dell’attività è deducibile a fronte dei redditi. Di conseguenza, il valore ai fini fiscali dei dividendi percepibili è 100. (1)

5

Un credito per finanziamento ha un valore contabile di 100. La restituzione del prestito non avrà effetti fiscali. Il valore ai fini fiscali del prestito è pari a 100.

8.

Il valore ai fini fiscali di una passività è il suo valore contabile, dedotto qualsiasi importo che sarà fiscalmente deducibile negli esercizi futuri con riferimento a quella passività. Nel caso di proventi riscossi anticipatamente, il valore ai fini fiscali della passività conseguente è il suo valore contabile, dedotto qualsiasi reddito che non sarà imponibile nei futuri esercizi.

Esempi

1

Le passività correnti comprendono accantonamenti di costi per un valore contabile di 100. Il relativo costo sarà dedotto a fini fiscali al momento del loro pagamento. Il valore ai fini fiscali degli accantonamenti di costi è pari a zero.

2

Le passività correnti comprendono interessi attivi riscossi anticipatamente per un valore contabile di 100. Gli interessi attivi sono stati tassati al momento del loro incasso. Il valore ai fini fiscali degli interessi riscossi anticipatamente è pari a zero.

3

Le passività correnti comprendono accantonamenti di costi per un valore contabile di 100. Il costo relativo è già stato dedotto a fini fiscali. Il valore ai fini fiscali degli accantonamenti di costi è pari a 100.

4

Le passività correnti comprendono sanzioni e penali accantonate per un valore contabile di 100. Le sanzioni e penali non sono fiscalmente deducibili. Il valore ai fini fiscali delle sanzioni e penali accantonate è pari a 100  (2).

5

Un debito per finanziamento ha un valore contabile di 100. La restituzione del prestito non avrà effetti fiscali. Il valore ai fini fiscali del prestito è pari a 100.

9.

Alcune voci hanno un valore ai fini fiscali ma non sono rilevate nello stato patrimoniale come attività e passività. Per esempio, i costi di ricerca sono rilevati come costo nella determinazione dell’utile contabile nell’esercizio nel quale sono sostenuti ma può non essere consentito dedurli dal reddito imponibile (perdita fiscale) fino a un esercizio successivo. La differenza tra il valore ai fini fiscali dei costi di ricerca, cioè l’ammontare che le autorità fiscali consentiranno di dedurre negli esercizi futuri, e il valore contabile pari a zero, è una differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività fiscale differita.

10.

Quando il valore ai fini fiscali di un’attività o di una passività non è immediatamente evidente, è utile considerare il criterio fondamentale sul quale si basa il presente Principio: l’entità deve, salvo alcune eccezioni specifiche, rilevare una passività (attività) fiscale differita ogni volta che il recupero o l’estinzione del valore contabile di un’attività o di una passività incrementi (riduca) i pagamenti di imposte futuri rispetto a quelli che si sarebbero verificati se tale recupero o estinzione non avesse avuto effetti fiscali. L’esempio C riportato nel paragrafo 52 illustra i casi in cui può essere utile considerare tale criterio; ad esempio, quando il valore ai fini fiscali di un’attività o di una passività dipende dalle modalità di recupero o estinzione previste.

11.

Nei bilanci consolidati, le differenze temporanee sono determinate confrontando i valori contabili delle attività e delle passività del bilancio consolidato con l’appropriato valore ai fini fiscali. Il valore ai fini fiscali è determinato con riferimento alla dichiarazione dei redditi consolidata negli ordinamenti nei quali tale dichiarazione viene presentata. In altri ordinamenti, il valore ai fini fiscali è determinato con riferimento alle dichiarazioni fiscali di ciascuna entità del gruppo.

RILEVAZIONE DELLE PASSIVITÀ E DELLE ATTIVITÀ FISCALI CORRENTI

12.

Le imposte correnti dell’esercizio in corso e di quelli precedenti, nella misura in cui esse non siano state pagate, devono essere rilevate come passività. Se l’importo già pagato per l’esercizio in corso e per quelli precedenti eccede quello dovuto per tali esercizi, l’eccedenza deve essere rilevata come attività.

13.

Il beneficio riferibile a una perdita fiscale che può essere portata in riduzione dell’imposta corrente relativa a un esercizio precedente deve essere rilevato come attività.

14.

Quando si utilizza una perdita fiscale per recuperare l’imposta corrente relativa a un esercizio precedente, l’entità rileva il beneficio come attività nell’esercizio in cui si verifica la perdita fiscale se è probabile che si manifesti il beneficio per l’entità e se esso può essere valutato attendibilmente.

RILEVAZIONE DELLE PASSIVITÀ E DELLE ATTIVITÀ FISCALI DIFFERITE

DIFFERENZE TEMPORANEE IMPONIBILI

15.

Una passività fiscale differita deve essere rilevata per tutte le differenze temporanee imponibili salvo che tale passività derivi da:

a)

la rilevazione iniziale dell’avviamento; o

b)

la rilevazione iniziale di un’attività o di una passività in un’operazione che:

i)

non rappresenta una aggregazione aziendale; e

ii)

al momento dell’operazione non influenza né l’utile contabile né il reddito imponibile (perdita fiscale).

Tuttavia, per le differenze temporanee imponibili derivanti da investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e da partecipazioni in joint venture, deve essere rilevata una passività fiscale differita secondo quanto previsto dal paragrafo 39.

16.

È implicito nella rilevazione di un’attività che il suo valore contabile sarà recuperato sotto forma di benefici economici che l’entità otterrà negli esercizi successivi. Quando il valore contabile dell’attività eccede il relativo valore a fini fiscali, l’importo dei redditi imponibili eccederà l’importo che sarà consentito dedurre fiscalmente. Questa differenza è una differenza temporanea imponibile e l’obbligo di pagare negli esercizi successivi le imposte sul reddito risultanti è una passività fiscale differita. Nel momento in cui l’entità recupera il valore contabile dell’attività, la differenza temporanea imponibile si annulla e l’entità realizza un provento imponibile. Questo rende probabile che i benefici economici defluiscano dall’entità sotto forma di pagamenti fiscali. Perciò, il presente Principio richiede la rilevazione di tutte le passività fiscali differite, a eccezione di alcuni casi descritti nei paragrafi 15 e 39.

EsempioUn cespite che costa 150 ha un valore contabile di 100. L’ammortamento accumulato ai fini fiscali è 90 e l’aliquota fiscale è del 25 %.Il valore ai fini fiscali dell’attività è 60 (costo di 150 meno l’ammortamento accumulato ai fini fiscali di 90). Per recuperare il valore contabile per 100, l’entità deve realizzare ricavi imponibili di 100, ma potrà dedurre solo ammortamenti fiscali per 60. Di conseguenza, l’entità pagherà imposte sul reddito per 10 (25 % di 40) quando recupererà il valore contabile del bene. La differenza tra il valore contabile di 100 e il valore ai fini fiscali di 60 rappresenta una differenza temporanea imponibile di 40. L’entità, quindi, rileva contabilmente una passività fiscale differita di 10 (25 % di 40) che rappresenta le imposte sul reddito che essa pagherà quando recupererà il valore contabile del bene.

17.

Alcune differenze temporanee si manifestano quando proventi od oneri vengono inclusi nell’utile contabile in un esercizio ma determinano il reddito imponibile di un esercizio differente. Queste differenze temporanee sono spesso segnalate come differenze temporali. Quelli che seguono sono esempi di differenze temporanee di questo tipo che sono imponibili e che perciò danno luogo a passività fiscali differite:

a)

i proventi per interessi sono inclusi nell’utile contabile in proporzione al tempo trascorso ma, in alcuni ordinamenti, possono essere imponibili al momento dell’incasso. Il valore ai fini fiscali di qualsiasi credito rilevato nello stato patrimoniale con riferimento a tali proventi è zero perché i ricavi non influiscono sul reddito imponibile fino al momento dell’incasso;

b)

l’ammortamento utilizzato nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) può differire da quello utilizzato per determinare l’utile contabile. La differenza temporanea è rappresentata dalla differenza tra il valore contabile del bene e il suo valore ai fini fiscali che è il costo originario del bene meno tutte le deduzioni relative a quel bene consentite fiscalmente nel determinare il reddito imponibile dell’esercizio in corso e di quelli precedenti. Si genera una differenza temporanea imponibile, che si traduce in una passività fiscale differita, quando l’ammortamento fiscale è accelerato (se, invece, l’ammortamento fiscale è meno rapido dell’ammortamento contabile si crea una differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività fiscale differita); e

c)

i costi di sviluppo possono essere capitalizzati e ammortizzati negli esercizi successivi nel determinare l’utile contabile, ma essere dedotti dal reddito imponibile nell’esercizio in cui sono sostenuti. Tali costi di sviluppo hanno un valore ai fini fiscali pari a zero dato che sono già stati dedotti dal reddito imponibile. La differenza temporanea è la differenza tra il valore contabile dei costi di sviluppo e il loro valore ai fini fiscali pari a zero.

18.

Si manifestano differenze temporanee anche quando:

a)

il costo di una aggregazione aziendale è attribuito alle attività identificabili acquisite e alle passività identificabili assunte ai rispettivi fair value (valori equi), ma senza apportare un’equivalente rettifica per fini fiscali (cfr. paragrafo 19);

b)

le attività sono rivalutate e ai fini fiscali non viene apportata alcuna rettifica equivalente (cfr. paragrafo 20);

c)

l’avviamento deriva da un’aggregazione aziendale (cfr. paragrafo 21);

d)

il valore di un’attività o di una passività rilevato inizialmente ai fini fiscali differisce dal suo valore contabile iniziale, ad esempio quando l’entità beneficia di contributi esenti da imposta relativi a beni (cfr. paragrafi 22 e 33); o

e)

il valore contabile di investimenti in società controllate, filiali e società collegate, o di partecipazioni in joint venture, si differenzia dal valore ai fini fiscali dell’investimento o della partecipazione (cfr. paragrafi da 38 a 45).

Aggregazioni aziendali

19.

Il costo di una aggregazione aziendale è allocato rilevando le attività identificabili acquisite e le passività identificabili assunte ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Si generano differenze temporanee quando il valore riconosciuto fiscalmente alle attività identificabili acquisite e alle passività identificabili assunte non è influenzato dall’aggregazione aziendale o è influenzato in modo diverso. Per esempio, quando il valore contabile di un’attività viene incrementato fino al suo fair value (valore equo), ma il valore riconosciuto fiscalmente dell’attività continua a essere il costo del precedente proprietario, si genera una differenza temporanea imponibile che si traduce in una passività fiscale differita. La passività fiscale differita che ne deriva influisce sull’avviamento (cfr. paragrafo 66).

Attività iscritte al fair value (valore equo)

20.

Gli IFRS consentono o richiedono che certe attività siano iscritte al fair value (valore equo) o che siano rivalutate, (cfr. per esempio, IAS 16 Immobili, impianti e macchinari, IAS 38 Attività immateriali, IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione e IAS 40 Investimenti immobiliari). In alcuni ordinamenti, le rivalutazioni o altre rideterminazioni del valore di un’attività al fair value (valore equo) influiscono sul reddito imponibile (perdita fiscale) dell’esercizio corrente. Di conseguenza, il valore ai fini fiscali dell’attività è rettificato e non sorge alcuna differenza temporanea. In altri ordinamenti, la rivalutazione o la rideterminazione del valore di un’attività non influisce sul reddito imponibile dell’esercizio in cui c’è stata la rivalutazione o la rideterminazione del valore e, di conseguenza, il valore ai fini fiscali dell’attività non è rettificato. Nonostante ciò, il recupero futuro del valore contabile si tradurrà in redditi imponibili per l’entità e l’importo che sarà fiscalmente deducibile differirà dall’importo di tali redditi. La differenza tra il valore contabile di un’attività rivalutata e il suo valore ai fini fiscali è una differenza temporanea e comporta una passività o un’attività fiscale differita. Questo è vero anche nel caso in cui:

a)

l’entità non intende cedere l’attività. In tali casi, il valore contabile rivalutato dell’attività sarà realizzato attraverso l’utilizzo e questo produrrà redditi imponibili che eccedono l’ammortamento fiscalmente consentito negli esercizi successivi; o

b)

le imposte sulle plusvalenze sono sospese se i corrispettivi della cessione dell’attività sono investiti in attività analoghe. In tali casi, le imposte saranno alla fine dovute al momento della vendita o dell’utilizzo di attività analoghe.

Avviamento

21.

L’avviamento derivante da una aggregazione aziendale è misurato come l’eccedenza del costo della aggregazione rispetto alla interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito. Nella determinazione del reddito imponibile, molti ordinamenti non consentono di dedurre dal reddito imponibile le riduzioni del valore contabile dell’avviamento. Inoltre, in tali ordinamenti, il costo dell’avviamento spesso non è deducibile quando una controllata cede la propria attività aziendale. In tali ordinamenti, il valore riconosciuto fiscalmente dell’avviamento è pari a zero. Qualsiasi differenza tra il valore contabile dell’avviamento e il valore riconosciuto fiscalmente pari a zero rappresenta una differenza temporanea imponibile. Tuttavia, il presente Principio non consente la rilevazione della conseguente passività fiscale differita, in quanto l’avviamento è valutato come valore residuo e la rilevazione della passività fiscale differita ne incrementerebbe il valore contabile.

21A

Le successive riduzioni della passività fiscale differita, non rilevata in quanto derivante dalla rilevazione iniziale dell’avviamento, sono anch’esse considerate derivanti dalla rilevazione iniziale dell’avviamento e pertanto non vengono rilevate, in base alle disposizioni del paragrafo 15, lettera a). Per esempio, se l’avviamento acquisito in una aggregazione aziendale ha un costo pari a 100 ma un valore riconosciuto fiscalmente pari a zero, il paragrafo 15, lettera a), dispone che l’entità non può rilevare la conseguente passività fiscale differita. Se l’entità rileva successivamente, per tale avviamento, una perdita per riduzione di valore pari a 20, l’importo della differenza temporanea imponibile relativa all’avviamento si riduce da 100 a 80, con conseguente decremento nel valore della passività fiscale differita non rilevata. Il decremento nel valore della passività fiscale differita non rilevata è anche esso riferito alla rilevazione iniziale dell’avviamento, e pertanto il paragrafo 15, lettera a), ne vieta la rilevazione.

21B

Le passività fiscali differite derivanti da differenze temporanee imponibili connesse all’avviamento sono, tuttavia, rilevate nella misura in cui non derivino dalla rilevazione iniziale dell’avviamento. Ad esempio, se l’avviamento acquisito in una aggregazione aziendale ha un costo pari a 100, deducibile fiscalmente a un tasso annuo del 20 % a partire dall’anno dell’acquisizione, il valore riconosciuto fiscalmente dell’avviamento è pari a 100 all’atto della rilevazione iniziale e a 80 alla fine dell’anno di acquisizione. Se il valore contabile dell’avviamento alla fine dell’anno di acquisizione rimane invariato a 100, ne consegue una differenza temporanea imponibile pari a 20 alla fine dell’anno. Poiché tale differenza temporanea imponibile non è connessa alla rilevazione iniziale dell’avviamento, la conseguente passività fiscale differita è rilevata.

Rilevazione iniziale di attività o passività

22.

Al momento della rilevazione iniziale di un’attività o di una passività può emergere una differenza temporanea, per esempio nel caso in cui parte o tutto il costo di un’attività non sarà fiscalmente deducibile. Il criterio di contabilizzazione di tali differenze temporanee dipende dalla natura dell’operazione che ha comportato la rilevazione iniziale dell’attività o della passività:

a)

in una aggregazione aziendale, un’entità rileva qualunque attività o passività fiscale differita. Ciò influisce sull’importo dell’avviamento o sull’importo di qualunque eccedenza della quota di d’interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito (cfr. paragrafo 19), rispetto al costo dell’aggregazione;

b)

se l’operazione influenza l’utile contabile o il reddito imponibile, l’entità rileva qualsiasi passività o attività fiscale differita e rileva nel conto economico l’onere fiscale o il provento fiscale differito che ne derivano (cfr. paragrafo 59);

c)

se l’operazione non è una aggregazione aziendale, e non influenza né l’utile contabile né il reddito imponibile, l’entità, in assenza delle esenzioni previste dai paragrafi 15 e 24, rileverebbe la passività o l’attività fiscale differita e rettificherebbe del medesimo importo il valore contabile dell’attività o della passività. Tali rettifiche renderebbero meno trasparente il bilancio. Il presente Principio, quindi, non consente all’entità di rilevare la passività o l’attività fiscale differita, né in sede di rilevazione iniziale né successivamente (cfr. il prossimo esempio). Inoltre, l’entità, man mano che il bene è ammortizzato, non contabilizza le successive variazioni di valore della passività o attività fiscale differita non rilevata.

Esempio illustrativo del paragrafo 22, lettera c)L’entità intende utilizzare un bene che costa 1 000 per tutta la sua vita utile, che è di cinque anni, per poi cederlo a un valore residuo di zero. L’aliquota fiscale è del 40 %. L’ammortamento del bene non è fiscalmente deducibile. Alla sua dismissione, l’eventuale plusvalenza non sarà imponibile e qualsiasi minusvalenza non sarà deducibile.Man mano che l’entità recupererà il valore contabile del bene essa realizzerà un reddito imponibile di 1 000 e pagherà imposte per 400. L’entità non rileva la passività fiscale differita risultante di 400 perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene. Nell’anno seguente, il valore contabile dell’attività è 800. Realizzando un reddito imponibile di 800, l’entità pagherà imposte per 320. L’entità non rileva la passività fiscale differita di 320 perché essa deriva dalla rilevazione iniziale del bene.

23.

Secondo quanto previsto dallo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio, l’emittente di uno strumento finanziario composto (per esempio, un titolo a reddito fisso convertibile) classifica la componente passiva dello strumento come passività e la componente patrimoniale come patrimonio netto. In alcuni ordinamenti, al momento della rilevazione iniziale il valore ai fini fiscali della componente passiva è pari al valore contabile iniziale della somma delle componenti passive e di patrimonio netto. La risultante differenza temporanea imponibile emerge dalla distinta rilevazione iniziale della componente passiva e di quella patrimoniale. Perciò, l’eccezione di cui al paragrafo 15, lettera b), non è applicabile. Di conseguenza, l’entità rileva la risultante passività fiscale differita. Secondo quanto previsto dal paragrafo 61, l’imposta differita è addebitata direttamente al valore contabile della componente patrimoniale. Secondo quanto previsto dal paragrafo 58, le successive variazioni della passività fiscale differita sono rilevate nel conto economico come onere (provento) fiscale differito.

Differenze temporanee deducibili

24.

Un’attività fiscale differita deve essere rilevata per tutte le differenze temporanee deducibili se è probabile che sarà realizzato un reddito imponibile a fronte del quale potrà essere utilizzata la differenza temporanea deducibile, salvo che l’attività fiscale differita derivi dalla rilevazione iniziale di un’attività o di una passività in un’operazione che:

a)

non rappresenta una aggregazione aziendale; e

b)

al momento dell’operazione non influenza né l’utile contabile né il reddito imponibile (perdita fiscale).

Tuttavia, per differenze temporanee deducibili relative a investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e a partecipazioni in joint venture, deve essere rilevata un’attività fiscale differita secondo quanto previsto dal paragrafo 44.

25.

È implicito nella rilevazione di una passività che il valore contabile sarà estinto negli esercizi futuri attraverso un deflusso dall’entità di risorse economiche. Quando le risorse escono dall’entità, parte o tutto il loro ammontare può essere deducibile nella determinazione del reddito imponibile di un esercizio successivo a quello nel quale è stata rilevata la passività. In tali casi, esiste una differenza temporanea tra il valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali. Di conseguenza, emerge un’attività fiscale differita pari alle imposte sul reddito che saranno recuperabili negli esercizi successivi quando sarà consentito dedurre dal reddito imponibile quella parte della passività. Analogamente, se il valore contabile di un’attività è inferiore al suo valore ai fini fiscali, la differenza darà luogo a un’attività fiscale differita pari alle imposte sul reddito che saranno recuperabili negli esercizi successivi.

EsempioL’entità accantona una passività di 100 per costi di garanzia. I costi di garanzia del prodotto non saranno fiscalmente deducibili fino a che l’entità non ne sosterrà il costo. L’aliquota fiscale è del 25 %.Il valore ai fini fiscali della passività è pari a zero (il valore contabile di 100, meno l’importo che sarà fiscalmente deducibile riguardo a quella passività negli esercizi successivi). Estinguendo la passività per il suo valore contabile, l’entità ridurrà il suo reddito imponibile futuro di un importo di 100 e, di conseguenza, ridurrà i suoi pagamenti fiscali futuri di 25 (25 % di 100). La differenza tra il valore contabile di 100 e il suo valore ai fini fiscali pari a zero è una differenza temporanea deducibile di 100. Perciò, l’entità rileva un’attività fiscale differita di 25 (25 % di 100), a condizione che sia probabile che essa realizzi negli esercizi futuri un reddito imponibile sufficiente per beneficiare di una riduzione dell’imposta.

26.

Quelli che seguono sono esempi di differenze temporanee deducibili che si traducono in attività fiscali differite:

a)

nella determinazione dell’utile contabile si possono dedurre i costi per benefici pensionistici in concomitanza con i servizi prestati dal dipendente, ma nella determinazione del reddito imponibile essi possono essere dedotti quando le contribuzioni sono pagate dall’entità al fondo o quando i benefici pensionistici sono pagati dall’entità. Tra il valore contabile della passività e il suo valore ai fini fiscali esiste una differenza temporanea; il valore ai fini fiscali della passività solitamente è pari a zero. Questa differenza temporanea deducibile si traduce in un’attività fiscale differita poiché i benefici economici affluiranno all’entità come deduzione dai redditi imponibili quando le contribuzioni o i benefici previdenziali saranno corrisposti;

b)

i costi di ricerca sono rilevati come costo nella determinazione dell’utile contabile nell’esercizio nel quale essi sono sostenuti ma può non esserne consentita la deducibilità dal reddito imponibile (perdita fiscale) fino a un esercizio successivo. La differenza tra il valore ai fini fiscali dei costi di ricerca (l’importo che le autorità fiscali consentiranno come deduzione negli esercizi futuri) e il valore contabile, pari a zero, è una differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività fiscale differita;

c)

il costo di una aggregazione aziendale è allocato rilevando le attività identificabili acquisite e le passività identificabili assunte ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Quando una passività assunta è rilevata alla data di acquisizione ma i costi correlati non possono essere dedotti nella determinazione dei redditi imponibili fino a un esercizio successivo, sorge una differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività fiscale differita. Un’attività fiscale differita sorge anche quando il fair value (valore equo) di un’attività identificabile acquisita è inferiore al relativo valore riconosciuto fiscalmente. In entrambi i casi, la risultante attività fiscale differita influisce sull’avviamento (cfr. paragrafo 66); e

d)

alcune attività possono essere rilevate al loro fair value (valore equo), o essere rivalutate, senza che, a fini fiscali, sia fatta una equivalente rettifica (cfr. paragrafo 20). Si manifesta una differenza temporanea deducibile se il valore ai fini fiscali dell’attività eccede il suo valore contabile.

27.

L’annullamento di differenze temporanee deducibili si traduce in deduzioni dai redditi imponibili degli esercizi successivi. All’entità, tuttavia, affluiranno benefici economici sotto forma di riduzione dei pagamenti di imposte solo se essa realizzerà redditi imponibili sufficienti affinché le deduzioni siano compensate. L’entità, quindi, rileva attività fiscali differite solo quando è probabile che saranno realizzati redditi imponibili a fronte dei quali possano essere utilizzate le differenze temporanee deducibili.

28.

È probabile che sarà disponibile un reddito imponibile a fronte del quale possa essere utilizzata una differenza temporanea deducibile quando ci sono differenze temporanee imponibili sufficienti di cui si prevede l’annullamento con la medesime giurisdizione fiscale e per il medesimo soggetto d’imposta:

a)

nello stesso esercizio in cui si prevede l’annullamento della differenza temporanea deducibile; o

b)

negli esercizi nei quali una perdita fiscale derivante dall’attività fiscale differita può essere compensata contro le imposte di esercizi precedenti (tax loss carry back) o portata a nuovo per essere dedotta negli esercizi successivi (tax loss carry forward).

In tali casi, l’attività fiscale differita è rilevata nell’esercizio nel quale emergono le differenze temporanee deducibili.

29.

Quando ci sono differenze temporanee imponibili insufficienti, in riferimento alle medesime autorità fiscali e al medesimo soggetto di imposta, l’attività fiscale differita è rilevata nella misura in cui:

a)

sia probabile che l’entità abbia redditi imponibili sufficienti, verso la medesima giurisdizione fiscale e per il medesimo soggetto di imposta, nello stesso esercizio in cui si annullerà la differenza temporanea deducibile (o negli esercizi nei quali una perdita fiscale derivante dall’attività fiscale differita può essere riportata a esercizi precedenti o futuri). Nel valutare se essa realizzerà un reddito imponibile sufficiente negli esercizi successivi, l’entità ignora gli importi imponibili derivanti da differenze temporanee deducibili che ci si attende si verificheranno negli esercizi futuri, perché l’attività fiscale differita derivante da queste differenze temporanee deducibili richiederà essa stessa l’esistenza di un reddito imponibile futuro per poter essere utilizzata; o

b)

l’entità disponga di una pianificazione fiscale che consenta di realizzare un reddito imponibile negli esercizi appropriati.

30.

Le opportunità di pianificazione fiscale sono azioni che l’entità può intraprendere allo scopo di creare o incrementare il reddito imponibile in un particolare esercizio prima che venga meno la possibilità di riportare a nuovo una perdita fiscale o un credito d’imposta. In alcuni ordinamenti, per esempio, il reddito imponibile può essere creato o incrementato:

a)

scegliendo di assoggettare a tassazione i proventi per interessi o al momento della maturazione o a quello dell’incasso;

b)

differendo alcune deduzioni dal reddito imponibile;

c)

vendendo, ed eventualmente riacquistando in leasing, beni il cui valore è aumentato, ma per i quali il valore ai fini fiscali non è stato rettificato per tener conto di tale incremento di valore; e

d)

vendendo un bene che produce reddito non imponibile (quale, in alcuni ordinamenti, un titolo di stato) allo scopo di acquistare un altro strumento finanziario che produca reddito imponibile.

Anche quando le opportunità di pianificazione fiscale consentono di riportare reddito imponibile da un periodo successivo a uno precedente, l’utilizzo di una perdita fiscale o di un credito d’imposta portati a nuovo dipende sempre dall’esistenza di un reddito imponibile futuro di origine diversa dalle differenze temporanee che si origineranno in futuro.

31.

Quando l’entità ha una storia recente di perdite, essa deve tener conto delle indicazioni contenute nei paragrafi 35 e 36.

32.

[Eliminato]

Rilevazione iniziale di attività o passività

33.

Un caso in cui un’attività fiscale differita sorge al momento della rilevazione iniziale di un’attività si ha quando un contributo esente da imposta relativo a un bene sia dedotto per determinare il valore contabile del bene ma, a fini fiscali, non ne riduca il valore ammortizzabile (cioè, il suo valore ai fini fiscali); il valore contabile del bene è inferiore al suo valore ai fini fiscali e questo origina una differenza temporanea deducibile. I contributi pubblici possono anche essere esposti come ricavo differito, nel qual caso la differenza tra il ricavo differito e il suo valore ai fini fiscali pari a zero rappresenta una differenza temporanea deducibile. Qualunque sia il metodo di presentazione scelto dall’entità, per i motivi esposti nel paragrafo 22 l’entità non rileva l’attività fiscale differita risultante.

Perdite fiscali e crediti d’imposta non utilizzati

34.

Un’attività fiscale differita per perdite fiscali e crediti d’imposta non utilizzati riportati a nuovo deve essere rilevata nella misura in cui è probabile che sia disponibile un reddito imponibile futuro a fronte del quale possano essere utilizzati le perdite fiscali e i crediti d’imposta non utilizzati.

35.

I requisiti per la rilevazione di attività fiscali differite derivanti dal riporto a nuovo di perdite fiscali e di crediti d’imposta non utilizzati sono i medesimi applicabili alla rilevazione di attività fiscali differite derivanti da differenze temporanee deducibili. L’esistenza di perdite fiscali non utilizzate, tuttavia, è un indicatore significativo del fatto che potrebbe non essere disponibile un reddito imponibile futuro. Pertanto, se l’entità ha una storia di perdite recenti, essa rileva un’attività fiscale differita derivante da perdite fiscali o crediti d’imposta non utilizzati solo nella misura in cui abbia differenze temporanee imponibili sufficienti o esistano evidenze convincenti che sarà disponibile un reddito imponibile sufficiente a fronte del quale potranno essere utilizzati le perdite fiscali o i crediti d’imposta non utilizzati. In tali casi, il paragrafo 82 richiede l’indicazione dell’importo dell’attività fiscale differita e la natura delle ragioni che giustificano la sua rilevazione.

36.

L’entità, nel valutare la probabilità che sarà disponibile un reddito imponibile a fronte del quale le perdite fiscali o i crediti d’imposta non utilizzati possano essere utilizzati, prende in considerazione i seguenti criteri:

a)

se l’entità abbia differenze temporanee imponibili sufficienti, con riferimento alla medesima giurisdizione fiscale e al medesimo soggetto di imposta, che si tradurranno in importi imponibili a fronte dei quali le perdite fiscali o i crediti d’imposta non utilizzati possano essere utilizzati prima della loro scadenza;

b)

se è probabile che l’entità abbia redditi imponibili prima della scadenza delle perdite fiscali o dei crediti d’imposta non utilizzati;

c)

se le perdite fiscali non utilizzate derivino da cause identificabili che è improbabile che si ripetano; e

d)

se l’entità disponga di una pianificazione fiscale (cfr. paragrafo 30) in base alla quale si avrà reddito imponibile nell’esercizio nel quale potranno essere utilizzati le perdite fiscali o i crediti d’imposta non utilizzati.

Se non è probabile che sia disponibile reddito imponibile a fronte del quale potranno essere utilizzati le perdite fiscali o i crediti d’imposta non utilizzati, l’attività fiscale differita non viene rilevata.

Nuova valutazione delle attività fiscali differite non rilevate

37.

Alla data di riferimento di ogni bilancio, l’entità effettua una nuova valutazione delle attività fiscali differite non rilevate in bilancio. L’entità rileva un’attività fiscale differita precedentemente non rilevata se è divenuto probabile che un futuro reddito imponibile consentirà di recuperare l’attività fiscale differita. Ad esempio, un miglioramento delle condizioni commerciali può aumentare la probabilità che l’entità sia in grado di realizzare nel futuro reddito imponibile sufficiente affinché l’attività fiscale differita soddisfi i criteri per la sua rilevazione esposti nel paragrafo 24 o 34. Un altro esempio si ha quando l’entità effettua una nuova valutazione delle attività fiscali al momento dell’aggregazione aziendale o successivamente (cfr. paragrafi 67 e 68).

Investimenti in società controllate, filiali e società collegate e partecipazioni in joint venture

38.

Le differenze temporanee si manifestano quando il valore contabile di investimenti in società controllate, filiali e società collegate, o di partecipazioni in joint venture (vale a dire la quota della controllante o dell’investitore nelle attività nette della controllata, filiale, collegata o partecipata, compreso il valore contabile dell’avviamento) differisce dal valore dell’investimento o della partecipazione ai fini fiscali (spesso coincidente con il costo). Tali differenze possono manifestarsi in casi differenti, quali, per esempio:

a)

l’esistenza di utili non distribuiti di controllate, filiali, collegate e joint venture;

b)

variazioni dei tassi di cambio esteri quando la controllante e la sua controllata hanno sede in paesi differenti; e

c)

riduzioni del valore contabile della partecipazione in una collegata al suo ammontare recuperabile.

Nei bilanci consolidati, la differenza temporanea può essere differente dalla differenza temporanea associata a quell’investimento nel bilancio separato della controllante se in tale bilancio lo espone al costo o a un valore rivalutato.

39.

L’entità deve rilevare una passività fiscale differita per tutte le differenze temporanee imponibili riferibili agli investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e a partecipazioni in joint venture, salvo che siano soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:

a)

la controllante, l’investitore o il partecipante alla joint venture sono in grado di controllare i tempi dell’annullamento delle differenze temporanee; e

b)

è probabile che, nel prevedibile futuro, la differenza temporanea non si annullerà.

40.

Poiché una controllante stabilisce le politiche dei dividendi della sua controllata, essa è in grado di stabilire i tempi dell’annullamento delle differenze temporanee riferibili a quell’investimento (incluse le differenze temporanee che derivano non solo dagli utili non distribuiti ma anche da eventuali differenze cambio). Inoltre, spesso non è fattibile determinare l’ammontare delle imposte sul reddito dovute quando la differenza temporanea si annulla. Perciò, quando la controllante ha stabilito che, nel prevedibile futuro, quegli utili non saranno distribuiti, essa non rileva una passività fiscale differita. Le medesime osservazioni si applicano agli investimenti in filiali.

41.

Le attività e le passività non monetarie di un’entità sono misurate nella valuta funzionale (cfr. IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere). Se il reddito imponibile o la perdita fiscale dell’entità (e, quindi, il valore ai fini fiscali delle attività e passività non monetarie) è determinato in una valuta differente, le variazioni nel tasso di cambio danno origine a temporanee differenze che risultano in una passività fiscale differita rilevata o (subordinatamente al paragrafo 24) in un’attività. L’onere/provento fiscale differito risultante è addebitato o accreditato a conto economico (cfr. paragrafo 58).

42.

Un investitore in una società collegata non controlla quella entità e, di solito, non si trova nella condizione di stabilire la sua politica dei dividendi. Perciò, in assenza di un accordo che richieda che gli utili della collegata non siano distribuiti nel prevedibile futuro, l’investitore rileva una passività fiscale differita derivante dalle differenze temporanee imponibili riferibili alla sua partecipazione nella società collegata. In alcuni casi, l’investitore può non essere in grado di determinare l’importo delle imposte che sarebbero dovute nel caso in cui recuperi il costo del suo investimento nella società collegata, ma può stabilire che sarà maggiore o uguale a un certo importo minimo. In tali casi, la passività fiscale differita è valutata a tale importo.

43.

L’accordo tra le parti di una joint venture di solito regola la ripartizione degli utili e stabilisce se le decisioni riguardanti tali argomenti richiedono il consenso di tutti i partecipanti o di una particolare maggioranza. Quando il partecipante alla joint venture è in grado di controllare la ripartizione degli utili ed è probabile che, nel prevedibile futuro, gli utili non saranno distribuiti, non è rilevata la passività fiscale differita.

44.

L’entità deve rilevare un’attività fiscale differita per tutte le differenze temporanee deducibili derivanti da investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e da partecipazioni in joint venture, nella misura in cui, e solo nella misura in cui, è probabile che:

a)

la differenza temporanea si annullerà nel prevedibile futuro; e

b)

sarà disponibile un reddito imponibile a fronte del quale possa essere utilizzata la differenza temporanea.

45.

L’entità tiene conto delle indicazioni contenute nei paragrafi da 28 a 31 nel decidere se deve essere rilevata un’attività fiscale differita per differenze temporanee deducibili riferibili al suo investimento in società controllate, filiali e società collegate, e alla sua partecipazione in joint venture.

VALUTAZIONE

46.

Le passività (attività) fiscali correnti, dell’esercizio in corso e di quelli precedenti, devono essere valutate al valore che si prevede di pagare alle (recuperare dalle) autorità fiscali, applicando le aliquote fiscali (e la normativa fiscale) vigenti o sostanzialmente in vigore alla data di riferimento del bilancio.

47.

Le attività e le passività fiscali differite devono essere calcolate alle aliquote fiscali che si prevede saranno applicabili nell’esercizio nel quale sarà realizzata l’attività o sarà estinta la passività, sulla base delle aliquote fiscali (e della normativa fiscale) vigenti o sostanzialmente in vigore alla data di riferimento del bilancio.

48.

Le attività e le passività fiscali correnti e differite sono solitamente calcolate utilizzando le aliquote fiscali (e le normative fiscali) che sono state emanate. Tuttavia, in alcuni ordinamenti, l’annuncio di aliquote fiscali (e di normative fiscali) da parte del governo ha l’effetto sostanziale di una vera e propria emanazione, che potrebbe seguire l’annuncio di parecchi mesi. In tali casi, il valore delle attività e delle passività fiscali è calcolato utilizzando l’aliquota fiscale (e le normative fiscali) annunciata.

49.

Quando le aliquote fiscali variano in base al livello del reddito imponibile, il valore delle attività e delle passività fiscali differite si calcola utilizzando le aliquote medie che si prevede saranno applicabili sul reddito imponibile (perdita fiscale) degli esercizi nei quali si prevede che le differenze temporanee si annulleranno.

50.

[Eliminato]

51.

La valutazione delle passività e delle attività fiscali differite deve riflettere gli effetti fiscali che derivano dalle modalità in cui l’entità si attende, alla data di riferimento del bilancio, di recuperare o estinguere il valore contabile delle sue attività o passività.

52.

In alcuni ordinamenti, le modalità con le quali l’entità recupera (estingue) il valore contabile di un’attività (passività) possono influire:

a)

sull’aliquota fiscale applicabile quando l’entità recupera (estingue) il valore contabile dell’attività (passività); e

b)

sul valore ai fini fiscali dell’attività (passività).

In tali casi, l’entità determina il valore delle passività e delle attività fiscali differite utilizzando l’aliquota fiscale e il valore ai fini fiscali coerenti con le previste modalità di recupero o di estinzione.

Esempio AUn’attività ha un valore contabile di 100 e un valore ai fini fiscali di 60. Se l’attività fosse ceduta, si applicherebbe un’aliquota fiscale del 20 %, e un’aliquota fiscale del 30 % sugli altri proventi.L’entità rileva una passività fiscale differita di 8 (20 % di 40) se prevede di vendere il bene senza ulteriore utilizzo o una passività fiscale differita di 12 (30 % di 40) se si aspetta di tenere il bene e di recuperare il suo valore contabile con l’utilizzo.Esempio BUn’attività con un costo di 100 e un valore contabile di 80 è rivalutata a 150. Nessuna rettifica equivalente viene fatta a fini fiscali. L’ammortamento accumulato ai fini fiscali è 30 e l’aliquota fiscale è del 30 %. Se l’attività è venduta a un prezzo superiore al costo, l’ammortamento accumulato ai fini fiscali di 30 sarà incluso nel reddito imponibile, ma il corrispettivo della vendita che eccede il costo non sarà imponibile.Il valore ai fini fiscali dell’attività è 70 e c’è una differenza temporanea imponibile di 80. Se l’entità prevede di recuperare il valore contabile utilizzando il bene, essa deve realizzare un reddito imponibile di 150, ma potrà dedurre solo un ammortamento di 70. Si ha perciò una passività fiscale differita di 24 (30 % di 80). Se l’entità prevede di recuperare il valore contabile vendendo il bene immediatamente per un corrispettivo di 150, la passività fiscale differita è calcolata come segue:

 

Differenza temporanea imponibile

Aliquota fiscale

Passività fiscali differite

Ammortamento accumulato ai fini fiscali

30

30 %

9

Corrispettivo eccedente il costo

50

zero

Totale

80

 

9

(nota: secondo quanto previsto dal paragrafo 61, l’ulteriore imposta differita che deriva dalla rivalutazione è addebitata direttamente al patrimonio netto)Esempio CI fatti corrispondono a quelli dell’esempio B eccetto che, se il bene è venduto a un prezzo maggiore del costo, l’ammortamento accumulato ai fini fiscali è incluso nel reddito imponibile (tassato al 30 %) e il corrispettivo di vendita sarà tassato al 40 %, dopo aver dedotto un costo rettificato per l’inflazione di 110.Se l’entità prevede di recuperare il valore contabile utilizzando il bene, essa deve realizzare un reddito imponibile di 150, ma potrà dedurre solo un ammortamento di 70. Perciò, il valore ai fini fiscali è 70, c’è una differenza temporanea imponibile di 80 e una passività fiscale differita di 24 (30 % di 80), come nell’esempio B. Se l’entità prevede di recuperare il valore contabile vendendo il bene immediatamente per un corrispettivo di 150, essa potrà dedurre il costo indicizzato di 110. Il corrispettivo netto di 40 sarà tassato al 40 %. Inoltre, l’ammortamento accumulato ai fini fiscali di 30 sarà incluso nel reddito imponibile e tassato al 30 %. Perciò, il valore ai fini fiscali è 80 (110 meno 30), c’è una differenza temporanea imponibile di 70 e una passività fiscale differita di 25 (40 % di 40 più 30 % di 30). Se nell’esempio il valore ai fini fiscali non è immediatamente evidente, può essere utile prendere in considerazione il principio fondamentale esposto nel paragrafo 10. (nota: secondo quanto previsto dal paragrafo 61, l’ulteriore imposta differita che deriva dalla rivalutazione è addebitata direttamente al patrimonio netto)

52A

In alcuni ordinamenti, le imposte sul reddito sono dovute in base a una aliquota maggiore o minore se l’utile netto o gli utili portati a nuovo sono, in parte o del tutto, distribuiti come dividendi agli azionisti. In altri ordinamenti, le imposte sul reddito possono essere dovute o chieste a rimborso se l’utile netto o gli utili portati a nuovo sono, in parte o del tutto, distribuiti come dividendi agli azionisti. In tali casi, le attività e passività fiscali correnti e differite sono quantificate in base all’aliquota fiscale applicabile agli utili non distribuiti.

52B

Nei casi descritti nel paragrafo 52A, gli effetti fiscali dei dividendi ai fini delle imposte sul reddito vengono contabilizzati nel momento in cui viene contabilizzata la passività relativa al dividendo dovuto. Gli effetti fiscali dei dividendi, ai fini delle imposte sul reddito, sono più direttamente correlati a transazioni o eventi passati che alla distribuzione ai soci. Pertanto, gli effetti fiscali dei dividendi, ai fini delle imposte sul reddito, vengono contabilizzati in conto economico, come previsto dal paragrafo 58, a meno che derivino dai casi previsti ai paragrafi 58, lettere a) e b).

Esempio illustrativo dei paragrafi 52A e 52BL’esempio seguente ha a oggetto la valutazione delle attività e delle passività fiscali differite di un’entità in un ordinamento giuridico in cui le imposte sul reddito sugli utili non distribuiti sono dovute a un’aliquota più elevata (50 %), con un ammontare rimborsabile al momento della distribuzione dei dividendi. L’aliquota fiscale applicabile sugli utili distribuiti è pari al 35 %. Alla data del bilancio, 31 dicembre 20X1, l’entità non rileva la passività per dividendi la cui distribuzione agli azionisti della società sia stata proposta o dichiarata dopo la data del bilancio. Conseguentemente, per l’esercizio 20X1 nessun dividendo è contabilizzato. L’utile imponibile per l’esercizio 20X1 è pari a 100 000. La differenza temporanea netta tassabile per l’esercizio 20X1 è pari a 40 000.L’entità rileva una passività fiscale corrente e un onere per imposte sul reddito correnti pari a 50 000. Nessuna attività è rilevata per l’ammontare potenzialmente rimborsabile in relazione ai dividendi futuri. L’entità, inoltre, rileva una passività fiscale differita e un onere per imposte differite pari a 20 000 (50 % di 40 000) che rappresenta l’imposta sul reddito che l’entità pagherà quando realizzerà o estinguerà il valore contabile delle sue attività e passività sulla base dell’aliquota d’imposta applicabile agli utili non distribuiti.Successivamente, il 15 marzo 20X2 l’entità rileva come passività dividendi per 10 000 da utili operativi precedenti.Il 15 marzo 20X2, l’entità rileva il recupero di imposte sul reddito per 1 500 (15 % dei dividendi contabilizzati come passività) come una attività fiscale corrente e come una diminuzione dell’onere delle imposte sul reddito correnti per l’esercizio 20X2.

53.

Le attività e le passività fiscali differite non devono essere attualizzate.

54.

La determinazione attendibile del valore attualizzato delle attività e delle passività fiscali differite richiede una dettagliata programmazione dei tempi di utilizzazione di ogni differenza temporanea. Molto spesso tale programmazione non è fattibile o è molto complessa. Di conseguenza, non è appropriato richiedere che le attività e passività fiscali differite siano attualizzate. Consentire, ma non richiedere, l’attualizzazione comporterebbe attività e passività fiscali differite non confrontabili tra entità diverse. Perciò, il presente Principio non richiede né consente l’attualizzazione delle attività e delle passività fiscali differite.

55.

Le differenze temporanee sono determinate con riferimento al valore contabile di un’attività o di una passività. Questo si applica anche quando quel valore contabile fosse esso stesso attualizzato come, per esempio, nel caso di obbligazioni per benefici pensionistici (cfr. IAS 19 Benefici per i dipendenti).

56.

Il valore contabile di un’attività fiscale differita deve essere rivisto a ciascuna data di riferimento di bilancio. L’entità deve ridurre il valore contabile di un’attività fiscale differita se non è più probabile che sia realizzabile un reddito imponibile sufficiente per consentire l’utilizzo del beneficio di parte o di tutta quella attività fiscale differita. Qualsiasi riduzione di questo tipo deve essere stornata nella misura in cui diviene probabile che sia realizzabile reddito imponibile sufficiente.

RILEVAZIONE DELLE IMPOSTE CORRENTI E DIFFERITE

57.

La contabilizzazione degli effetti fiscali correnti e differiti di un’operazione o di altri fatti è coerente con la contabilizzazione dell’operazione o degli altri fatti stessi. I paragrafi da 58 a 68C attuano il presente principio.

Conto economico

58.

L’imposta corrente e differita deve essere rilevata come provento o come onere, e inclusa nel conto economico dell’esercizio, a meno che l’imposta derivi da:

a)

un’operazione o un fatto rilevato, nello stesso esercizio o in un altro, direttamente nel patrimonio netto (cfr. i paragrafi da 61 a 65); o

b)

una aggregazione aziendale (cfr. i paragrafi da 66 a 68).

59.

La maggior parte delle passività e attività fiscali differite emerge quando proventi od oneri sono inclusi nell’utile contabile di un esercizio, ma sono inclusi nel reddito imponibile (perdita fiscale) di un altro esercizio. L’imposta differita risultante è rilevata nel conto economico. Esempi si hanno quando:

a)

ricavi da interessi, royalties o dividendi sono riscossi posticipatamente e sono inclusi nell’utile contabile con un criterio di competenza secondo quanto previsto dallo IAS 18 Ricavi, ma sono inclusi nel reddito imponibile (perdita fiscale) con un criterio di cassa; e

b)

costi delle attività immateriali sono stati capitalizzati secondo quanto previsto dallo IAS 38, e sono in corso di ammortamento nel conto economico, ma sono stati dedotti a fini fiscali quando vengono sostenuti.

60.

Il valore contabile delle attività e passività fiscali differite può variare anche se non c’è una variazione nell’ammontare delle relative differenze temporanee. Questo può derivare, per esempio, da:

a)

una modifica delle aliquote fiscali o delle normative fiscali;

b)

una nuova valutazione della recuperabilità di attività fiscali differite; o

c)

una modifica nelle modalità previste per il recupero di un’attività.

L’imposta differita risultante è rilevata nel conto economico, a meno che riguardi elementi addebitati o accreditati in precedenza al patrimonio netto (cfr. paragrafo 63).

Partite accreditate o addebitate direttamente al patrimonio netto

61.

L’imposta corrente e quella differita deve essere addebitata o accreditata direttamente al patrimonio netto se si riferisce a partite che sono accreditate o addebitate, nell’esercizio stesso o in un altro, direttamente al patrimonio netto.

62.

Gli International Financial Reporting Standards richiedono, o consentono, che certe voci siano rilevate direttamente ad incremento o decremento del patrimonio netto. Esempi di tali elementi sono:

a)

variazioni del valore contabile derivanti dalla rivalutazione di immobili, impianti e macchinari (cfr. IAS 16);

b)

rettifiche al saldo di apertura degli utili portati a nuovo derivanti da un cambiamento di principi contabili applicato retroattivamente o dalla correzione di un errore (cfr. lo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori).

c)

differenze di cambio derivanti dalla conversione dei bilanci di una gestione estera (cfr. IAS 21); e

d)

ammontari che si manifestano al momento della rilevazione iniziale della componente di patrimonio netto di uno strumento finanziario composto (cfr. paragrafo 23).

63.

In casi eccezionali può essere difficile calcolare il valore dell’imposta corrente e differita che si riferisce a elementi accreditati o addebitati al patrimonio netto. Questo può succedere, per esempio, quando:

a)

le aliquote delle imposte sul reddito sono progressive e non è possibile determinare l’aliquota fiscale in base alla quale un particolare componente del reddito imponibile (perdita fiscale) è stato tassato;

b)

una modifica dell’aliquota fiscale o di altre norme fiscali influisce su un’attività o su una passività fiscale differita riferibile (in tutto o in parte) a un elemento che precedentemente era stato addebitato o accreditato al patrimonio netto; o

c)

l’entità stabilisce che un’attività fiscale differita debba essere rilevata, o non debba più esserlo totalmente, e l’attività fiscale differita è riferibile (in tutto o in parte) a un elemento che precedentemente era stato addebitato o accreditato al patrimonio netto.

In tali casi, le imposte correnti e differite riferibili a elementi accreditati o addebitati al patrimonio netto si basano su una ragionevole ripartizione proporzionale delle imposte correnti e differite del soggetto interessato nel contesto normativo che lo riguarda, o su un altro metodo che consente una ripartizione più appropriata alle circostanze.

64.

Lo IAS 16 non specifica se l’entità, in ogni esercizio, debba trasferire da riserva di rivalutazione a utili portati a nuovo la differenza tra l’ammortamento di un bene rivalutato e l’ammortamento sulla base del costo di quel bene. Se l’entità effettua tale trasferimento, l’ammontare trasferito è al netto di qualsiasi imposta differita relativa. Considerazioni analoghe si applicano ai trasferimenti effettuati al momento della cessione di immobili, impianti o macchinari.

65.

Quando un’attività è rivalutata a fini fiscali, e quella rivalutazione è relativa a una rivalutazione contabile di un esercizio precedente, o a una che si prevede di effettuare in un esercizio successivo, gli effetti fiscali sia della rivalutazione dell’attività sia della rettifica del valore ai fini fiscali sono imputati al patrimonio netto negli esercizi nei quali si verificano. Tuttavia, se la rivalutazione a fini fiscali non è relativa a una rivalutazione contabile di un esercizio precedente, o a una che si prevede di effettuare in un esercizio successivo, gli effetti fiscali della rettifica del valore ai fini fiscali sono rilevati nel conto economico.

65A

Quando l’entità distribuisce dividendi ai suoi azionisti, potrebbe doverne versare una quota all’erario per conto degli azionisti. In molti ordinamenti, tale importo è denominato ritenuta a titolo di imposta. Tale ammontare è imputato al patrimonio netto come parte dei dividendi.

Imposte differite derivanti da una aggregazione aziendale

66.

Come illustrato ai paragrafi 19 e 26, lettera c), differenze temporanee possono derivare da una aggregazione aziendale. Secondo quanto previsto dall’IFRS 3 Aggregazioni aziendali, l’entità rileva qualsiasi attività fiscale differita (nella misura in cui siano soddisfatti i criteri di rilevazione di cui al paragrafo 24) o passività fiscale differita risultante, come attività e passività identificabili alla data di acquisizione. Di conseguenza, tali attività e passività fiscali differite influiscono sull’avviamento o sull’importo di qualunque eccedenza della quota d’interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito rispetto al costo dell’aggregazione. Tuttavia, secondo quanto previsto dal paragrafo 15, lettera a), un’entità non rileva le passività fiscali differite derivanti dalla rilevazione iniziale dell’avviamento.

67.

Come conseguenza di una aggregazione aziendale, l’acquirente può ritenere probabile che realizzerà la propria attività fiscale differita che non era stata rilevata prima dell’aggregazione aziendale. Per esempio, l’acquirente può utilizzare il beneficio derivante dalle proprie perdite fiscali non utilizzate a fronte del reddito imponibile futuro dell’acquisito. In tali casi, l’acquirente rileva un’attività fiscale differita, ma non la include come parte della contabilizzazione dell’aggregazione aziendale e pertanto non la prende in considerazione nella determinazione dell’avviamento o dell’importo di qualunque eccedenza della quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito rispetto al costo dell’aggregazione.

68.

Se il beneficio potenziale dell’acquisito derivante dal riporto a nuovo delle perdite fiscali, o di altre attività fiscali differite, non soddisfaceva i criteri di cui all’IFRS 3 per la rilevazione separata quando una aggregazione aziendale è inizialmente contabilizzata, ma è successivamente realizzato, l’acquirente deve rilevare il conseguente provento fiscale differito nel conto economico. Inoltre, l’acquirente deve:

a)

ridurre il valore contabile dell’avviamento all’importo che sarebbe stato rilevato se l’attività fiscale differita fosse stata rilevata come attività identificabile a partire dalla data di acquisizione; e

b)

rilevare la riduzione del valore contabile dell’avviamento come un onere.

Tuttavia, tale procedura non deve produrre un’eccedenza della quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito rispetto al costo dell’aggregazione, né deve determinare degli incrementi dell’importo rilevato precedentemente per ognuna di tali eccedenze.

EsempioL’entità ha acquisito una società controllata che aveva differenze temporanee deducibili pari a 300. L’aliquota fiscale al momento dell’acquisizione era pari al 30 %. L’attività fiscale differita risultante, pari a 90, non fu rilevata come attività identificabile nella determinazione dell’avviamento, pari a 500, risultante dall’aggregazione aziendale. Due anni dopo l’aggregazione, l’entità stimò che i redditi imponibili futuri sarebbero stati sufficienti per recuperare il beneficio di tutte le differenze temporanee deducibili.L’entità rileva un’attività fiscale differita pari a 90 e rileva nel conto economico il provento fiscale differito pari a 90. L’entità riduce anche il valore contabile dell’avviamento per un importo di 90 e rileva nel conto economico un costo di pari importo. Di conseguenza, il costo dell’avviamento si riduce a 410, trattandosi dell’importo che sarebbe stato rilevato se l’attività fiscale differita, pari a 90, fosse stata rilevata come attività identificabile alla data di acquisizione. Se l’aliquota fiscale fosse aumentata fino al 40 %, l’entità avrebbe rilevato un’attività fiscale differita pari a 120 (300 al 40 %) e avrebbe rilevato nel conto economico un provento fiscale differito pari a 120. Se l’aliquota fiscale si fosse ridotta al 20 %, l’entità avrebbe rilevato un’attività fiscale differita pari a 60 (300 al 20 %) e un provento fiscale differito pari a 60. In entrambi i casi, inoltre, l’entità ridurrebbe di 90 il valore contabile dell’avviamento e rileverebbe nel conto economico un costo pari a quell’importo.

Imposte correnti e differite derivanti da operazioni con pagamento basato su azioni

68A

In alcuni ordinamenti fiscali una entità ottiene una deduzione fiscale (ossia un importo deducibile fiscalmente nella determinazione del reddito imponibile) che fa riferimento agli emolumenti corrisposti in titoli azionari, in opzioni su azioni o in altri strumenti rappresentativi di capitale della entità. L’importo di tale deduzione fiscale può differire dal costo complessivo delle retribuzioni a cui si riferisce, e può verificarsi in un esercizio contabile successivo. Per esempio, in alcuni ordinamenti una entità può rilevare un costo per aver ricevuto dei servizi da un dipendente come corrispettivo delle opzioni su azioni assegnate, in conformità alle disposizioni dell’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni, senza ricevere una deduzione fiscale fino a quando le opzioni su azioni non sono esercitate e la misurazione dell’importo da dedurre fiscalmente è basata sul prezzo dell’azione della entità alla data di esercizio.

68B

Analogamente al caso dei costi di ricerca, di cui ai paragrafi 9 e 26, lettera b), del presente Principio, la differenza tra il valore riconosciuto fiscalmente ai servizi ricevuti dai dipendenti (cioè l’ammontare che le norme fiscali consentiranno di dedurre negli esercizi futuri) e il valore contabile pari a zero, è una differenza temporanea deducibile che si traduce in un’attività fiscale differita. Se l’importo che le norme fiscali consentiranno di dedurre negli esercizi futuri non è noto a fine esercizio, esso deve essere stimato in base alle informazioni disponibili alla chiusura dell’esercizio. Per esempio, se l’importo che le norme fiscali consentiranno di dedurre negli esercizi futuri dipende dal prezzo dell’azione della entità a una data futura, la misurazione della differenza temporanea deducibile dovrebbe essere basata sul prezzo dell’azione della entità alla fine dell’esercizio.

68C

Come evidenziato al paragrafo 68A, l’importo della deduzione fiscale (oppure della stimata deduzione fiscale futura, valutata in conformità con le disposizioni di cui al paragrafo 68B) può differire dal costo complessivo del corrispettivo a cui si riferisce. Il paragrafo 58 del presente Principio richiede che le imposte correnti e differite dovrebbero essere rilevate nel conto economico e incluse nell’utile (perdita) d’esercizio, fatta eccezione per il caso in cui l’imposta origina a) da una operazione o da un evento rilevato direttamente nel patrimonio netto, nello stesso o diverso esercizio, oppure b) da una aggregazione aziendale. Se l’importo della deduzione fiscale (oppure della stimata deduzione fiscale futura) è maggiore del costo complessivo del corrispettivo a cui si riferisce, ciò indica che la deduzione fiscale fa riferimento non soltanto al costo del corrispettivo ma anche a una voce di patrimonio netto. In tale situazione, l’eccedenza dell’imposta corrente o differita connessa è rilevata direttamente nel patrimonio netto.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO

Attività e passività fiscali

69.

[Eliminato]

70.

[Eliminato]

Compensazione

71.

L’entità deve compensare le attività e le passività fiscali correnti se, e solo se, essa:

a)

ha un diritto esecutivo a compensare gli ammontari rilevati; e

b)

intende estinguere per il residuo netto, o realizzare l’attività e contemporaneamente estinguere la passività.

72.

Sebbene le attività e le passività fiscali correnti siano rilevate e valutate separatamente, esse sono compensate nello stato patrimoniale in base alle stesse condizioni prescritte per gli strumenti finanziari nello IAS 32. L’entità di solito ha un diritto legalmente esercitabile di compensare un’attività fiscale corrente a fronte di una passività fiscale corrente, quando queste si riferiscono a imposte sul reddito applicate dalla medesima giurisdizione fiscale e la norma fiscale consente all’entità di eseguire o ricevere un unico pagamento netto.

73.

Nel bilancio consolidato, un’attività fiscale corrente di un’entità del gruppo è compensata a fronte di una passività fiscale corrente di un’altra entità del gruppo se, e solo se, le entità in questione hanno un diritto legalmente esercitabile di eseguire o di ricevere un unico pagamento netto e intendono eseguire o ricevere tale pagamento netto o realizzare l’attività ed estinguere la passività contemporaneamente.

74.

L’entità deve compensare le attività e le passività fiscali differite se, e solo se:

a)

l’entità ha un diritto legalmente esercitabile di compensare le attività fiscali correnti con le passività fiscali correnti; e

b)

le attività e le passività fiscali differite sono relative a imposte sul reddito applicate dalla medesima giurisdizione fiscale su:

i)

lo stesso soggetto passivo d’imposta; o

ii)

soggetti passivi d’imposta diversi che intendono regolare le passività e le attività fiscali correnti su base netta, o realizzare le attività e regolare le passività contemporaneamente, in ciascun esercizio successivo nel quale si prevede che siano regolati o recuperati ammontari significativi di passività o di attività fiscali differite.

75.

Per evitare la necessità di disporre di una programmazione dettagliata dei tempi dell’annullamento di ciascuna differenza temporanea, il presente Principio richiede che l’entità compensi un’attività fiscale differita a fronte di una passività fiscale differita dello stesso soggetto passivo d’imposta se, e solo se, esse sono relative a imposte sul reddito applicate dalla medesima giurisdizione fiscale e l’entità ha un diritto legalmente esercitabile di compensare le attività fiscali correnti a fronte delle passività fiscali correnti.

76.

In rari casi, l’entità può avere un diritto legalmente esercitabile alla compensazione, e la volontà di estinguere al netto, in alcuni esercizi ma non in altri. In questi rari casi, può essere necessario disporre di una programmazione dettagliata per stabilire in modo attendibile se la passività fiscale differita di un soggetto passivo di imposta si tradurrà in maggiori pagamenti d’imposta nello stesso esercizio in cui un’attività fiscale differita di un altro soggetto passivo di imposta comporterà minori pagamenti da parte di questo secondo soggetto passivo di imposta.

Oneri fiscali

Oneri (proventi) fiscali relativi a utili o perdite della gestione ordinaria

77.

Gli oneri (proventi) fiscali relativi a utili o perdite della gestione ordinaria devono essere esposti nel prospetto di conto economico.

Differenze cambio su passività o attività fiscali estere differite

78.

Lo IAS 21 richiede che certe differenze di cambio siano rilevate come ricavi o costi ma non specifica dove tali differenze debbano essere esposte nel conto economico. Di conseguenza, quando le differenze cambio su passività o attività fiscali estere differite sono esposte nel conto economico, tali differenze possono essere classificate come oneri (proventi) fiscali differiti se tale esposizione è considerata essere la migliore per gli utilizzatori del bilancio.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

79.

I principali componenti degli oneri (proventi) fiscali devono essere indicati separatamente.

80.

I componenti degli oneri (proventi) fiscali possono comprendere:

a)

oneri (proventi) per imposte correnti;

b)

eventuali rettifiche rilevate nell’esercizio per imposte correnti relative a esercizi precedenti;

c)

l’ammontare degli oneri (proventi) fiscali differiti relativi all’emersione e all’annullamento di differenze temporanee;

d)

l’ammontare degli oneri (proventi) fiscali differiti relativi alle modifiche delle aliquote fiscali o all’introduzione di nuove imposte;

e)

l’ammontare del beneficio derivante da una perdita fiscale, da un credito d’imposta o da una differenza temporanea di un esercizio precedente, non rilevati in precedenza, e utilizzati per ridurre l’onere fiscale corrente;

f)

l’ammontare del beneficio derivante da una perdita fiscale, da un credito d’imposta o da una differenza temporanea di un esercizio precedente, non rilevati in precedenza, e utilizzati per ridurre l’onere fiscale differito;

g)

l’onere fiscale differito derivante dalla svalutazione, o dall’annullamento di una svalutazione precedente, di un’attività fiscale differita secondo quanto previsto dal paragrafo 56; e

h)

l’ammontare di oneri (proventi) fiscali relativi a quei cambiamenti di principi contabili ed errori inclusi nel conto economico secondo quanto previsto dallo IAS 8, nel caso in cui non possono essere contabilizzati retroattivamente.

81.

Deve essere indicato separatamente anche quanto segue:

a)

il valore complessivo delle imposte correnti e differite relative a voci addebitate o accreditate al patrimonio netto;

b)

[Eliminato];

c)

una spiegazione del rapporto tra gli oneri (proventi) fiscali e l’utile contabile in una o entrambe le seguenti forme:

i)

una riconciliazione numerica tra gli oneri (proventi) fiscali e il prodotto dell’utile contabile per l’aliquota fiscale applicabile, indicando anche il criterio con il quale è calcolata l’aliquota fiscale applicabile; o

ii)

una riconciliazione numerica tra l’aliquota fiscale media effettiva e l’aliquota fiscale applicabile, indicando anche il criterio con il quale è determinata l’aliquota fiscale applicabile;

d)

una spiegazione delle modifiche dell’aliquota fiscale applicabile comparata con quella dell’esercizio precedente;

e)

l’ammontare (e la data di scadenza qualora esista) delle differenze temporanee deducibili, delle perdite fiscali non utilizzate e dei crediti di imposta inutilizzati per i quali, nello stato patrimoniale, non è rilevata l’attività fiscale differita;

f)

l’ammontare complessivo delle differenze temporanee riferibili a investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e a partecipazioni in joint venture, per le quali non è stata rilevata una passività fiscale differita (cfr. paragrafo 39);

g)

con riferimento a ciascun tipo di differenza temporanea e a ciascun tipo di perdita fiscale e di credito d’imposta non utilizzati:

i)

l’ammontare delle attività e delle passività fiscali differite rilevate nello stato patrimoniale per ciascun esercizio presentato;

ii)

l’ammontare dei proventi od oneri fiscali differiti rilevati nel conto economico, se questo non risulta evidente dalle variazioni degli importi rilevati nello stato patrimoniale;

h)

con riferimento ad attività operative cessate, l’onere fiscale relativo a:

i)

la plusvalenza o la minusvalenza derivante dalla cessazione; e

ii)

l’utile o la perdita derivante dall’attività ordinaria dell’attività operativa cessata nell’esercizio, insieme agli importi corrispondenti per ciascun esercizio precedente presentato; e

i)

l’ammontare degli effetti fiscali, ai fini dell’imposta sul reddito, dei dividendi la cui distribuzione agli azionisti dell’entità sia stata proposta o dichiarata prima dell’approvazione del bilancio, ma per i quali non sia stata rilevata una passività in bilancio.

82.

L’entità deve indicare l’importo di un’attività fiscale differita e la natura degli elementi che ne giustificano la sua rilevazione quando:

a)

l’utilizzazione dell’attività fiscale differita dipende da redditi imponibili futuri eccedenti i profitti derivanti dall’annullamento delle differenze temporanee imponibili esistenti; e

b)

l’entità ha subito una perdita nell’esercizio corrente o in quello precedente nell’ordinamento fiscale al quale si riferisce l’attività fiscale differita.

82A

Nei casi descritti al paragrafo 52A, l’entità deve indicare la natura dei potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, che potrebbero scaturire dal pagamento dei dividendi agli azionisti. Inoltre, l’entità deve evidenziare gli ammontari dei potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, che siano concretamente determinabili, e dichiarare se vi siano potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, che non siano concretamente determinabili.

83.

[Eliminato]

84.

Le informazioni richieste dal paragrafo 81, lettera c), consentono agli utilizzatori del bilancio di capire se la correlazione tra gli oneri (proventi) fiscali e l’utile contabile è anomala e di comprendere i fattori rilevanti che potrebbero influire su questa correlazione nel futuro. La correlazione fra gli oneri (proventi) fiscali e l’utile contabile può essere influenzata da fattori quali proventi esenti da tassazione, oneri che non sono deducibili nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale), effetti delle perdite fiscali ed effetti di aliquote fiscali estere.

85.

Nello spiegare la correlazione tra gli oneri (proventi) fiscali e l’utile contabile, l’entità utilizza una aliquota fiscale idonea a fornire le informazioni più significative agli utilizzatori del suo bilancio. Spesso, l’aliquota più significativa è l’aliquota fiscale nazionale del Paese in cui l’entità ha sede, consolidando le aliquote fiscali applicate per le imposte nazionali con le aliquote applicate per qualsiasi imposta locale calcolata su un livello sostanzialmente analogo di reddito imponibile (perdita fiscale). Tuttavia, per l’entità che opera in diversi ordinamenti, può essere più significativo aggregare riconciliazioni distinte predisposte utilizzando l’aliquota nazionale in ciascun singolo ordinamento. L’esempio che segue mostra come la scelta dell’aliquota fiscale applicabile influisce sulla presentazione della riconciliazione numerica.

Esempio illustrativo del paragrafo 85Nel 19X2, l’entità ha realizzato, nella propria giurisdizione (paese A), un utile contabile di 1 500 (19X1: 2 000) e nel paese B di 1 500 (19X1: 500). L’aliquota fiscale è pari al 30 % nel paese A e al 20 % nel paese B. Nel paese A, costi per 100 (19X1: 200) non sono fiscalmente deducibili.Quello che segue è un esempio di riconciliazione all’aliquota fiscale nazionale.

 

19X1

 

19X2

Utile contabile

2 500

 

3 000

Imposte all’aliquota nazionale del 30 %

750

 

900

Effetto fiscale di costi non fiscalmente deducibili

60

 

30

Effetto di aliquote fiscali inferiori nel paese B

(50)

 

(150)

Onere fiscale

760

 

780


Quello che segue è un esempio di riconciliazione predisposta aggregando riconciliazioni distinte per ciascuna giurisdizione nazionale. Con questo metodo, l’effetto delle differenze tra l’aliquota fiscale nazionale dell’entità che redige il bilancio e l’aliquota fiscale nazionale negli altri ordinamenti non appare come elemento distinto nella riconciliazione. Allo scopo di spiegare le variazioni delle aliquote fiscali applicabili, come richiesto dal paragrafo 81, lettera d), l’entità può avere necessità di esporre l’effetto delle variazioni significative di ciascuna delle aliquote fiscali o la combinazione degli utili prodotti nei differenti ordinamenti.

Utile contabile

2 500

 

3 000

Imposte calcolate alle aliquote interne applicabili agli utili nel paese interessato

700

 

750

Effetto fiscale di costi non fiscalmente deducibili

60

 

30

Onere fiscale

760

 

780

86.

L’aliquota fiscale media effettiva è l’onere (provento) fiscale diviso per l’utile contabile.

87.

Spesso non potrebbe essere fattibile calcolare l’ammontare delle passività fiscali differite non rilevate derivanti da investimenti in società controllate, filiali e società collegate, e da partecipazioni in joint venture (cfr. paragrafo 39). Il presente Principio richiede, quindi, che l’entità indichi l’ammontare complessivo delle differenze temporanee sottostanti ma non richiede l’indicazione delle passività fiscali differite. Ciò nondimeno, quando è fattibile, si incoraggiano le entità a indicare gli ammontari delle passività fiscali differite non contabilizzate perché gli utilizzatori del bilancio possono trovare utili tali informazioni.

87A

Il paragrafo 82A richiede all’entità di evidenziare la natura dei potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, che potrebbero scaturire dal pagamento dei dividendi agli azionisti. L’entità indica le caratteristiche rilevanti del sistema fiscale per quanto concerne le imposte sul reddito, e i fattori che influiranno sull’ammontare dei potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, dei dividendi.

87B

In alcuni casi, l’ammontare totale dei potenziali effetti fiscali, in termini di imposte sul reddito, derivanti dalla distribuzione dei dividendi agli azionisti, non è concretamente quantificabile. Questo potrebbe essere il caso, per esempio, in cui un’entità abbia un grande numero di società controllate estere. Ciononostante, anche in tali casi, alcune parti dell’ammontare totale possono essere facilmente determinabili. Per esempio, in un gruppo consolidato, una controllante e alcune sue controllate potrebbero aver pagato imposte sul reddito a un’aliquota fiscale più elevata sugli utili non distribuiti ed essere a conoscenza dell’ammontare che verrebbe rimborsato al momento della distribuzione agli azionisti dei dividendi futuri da utili consolidati portati a nuovo. In tal caso, l’ammontare rimborsabile è indicato. Se applicabile, l’entità dà anche informazioni in merito all’esistenza di potenziali effetti fiscali addizionali, in termini di imposte sul reddito, non concretamente determinabili. Nel bilancio separato della controllante, se vi è, l’informazione dei potenziali effetti fiscali dei dividendi, in termini di imposte sul reddito, va riferita agli utili non distribuiti della controllante.

87C

A un’entità cui sia richiesto di fornire le informazioni integrative di cui al paragrafo 82A, potrebbe anche essere richiesto di fornire le informazioni relative alle differenze temporanee associate agli investimenti nelle controllate, filiali e collegate o partecipazioni in joint venture. In tali casi, l’entità tiene conto di ciò nel determinare le informazioni da fornire ai sensi del paragrafo 82A. Per esempio, a un’entità può essere richiesto di indicare gli ammontari aggregati delle differenze temporanee associate a investimenti in società controllate per le quali non sia stata rilevata alcuna passività fiscale differita [cfr. paragrafo 81, lettera f)]. Se non fosse fattibile quantificare gli ammontari delle passività fiscali differite non rilevate (cfr. paragrafo 87) ci potrebbero essere ammontari di potenziali effetti fiscali dei dividendi, in termini di imposte sul reddito, non concretamente determinabili, in relazione alle controllate.

88.

Si indicano le passività e attività potenziali secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali. Passività e attività potenziali possono emergere, per esempio, da un contenzioso non risolto con le autorità fiscali. Analogamente, quando entrano in vigore o sono annunciate modifiche delle aliquote fiscali o della normativa fiscale dopo la data del bilancio, l’entità indica gli effetti significativi di quelle variazioni sulle sue attività e passività fiscali correnti e differite (cfr. IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio).

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

89.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1998 o da data successiva, a eccezione di quanto specificato al paragrafo 91. Se un’entità applica il presente Principio ai bilanci degli esercizi che iniziano prima del 1o gennaio 1998, essa deve indicare che ha applicato il presente Principio al posto dello IAS 12 Contabilizzazione delle imposte sul reddito, approvato nel 1979.

90.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 12 Contabilizzazione delle imposte sul reddito, approvato nel 1979.

91.

I paragrafi 52A, 52B, 65A, 81, lettera i), 82A, 87A, 87B, 87C e la eliminazione dei paragrafi 3 e 50 entrano in vigore in riferimento ai bilanci annuali (3) relativi agli esercizi con inizio dal 1o gennaio 2001 o da data successiva. È incoraggiata un’applicazione anticipata. Se l’applicazione anticipata incide sui risultati di bilancio, l’entità deve evidenziare tale fatto.


(1)  In questo esempio, non vi è alcuna differenza temporanea imponibile. Un caso alternativo considera i crediti per dividendi maturati come aventi un valore fiscale pari a zero, e ipotizza un’aliquota fiscale pari a zero applicata sulla risultante differenza imponibile temporanea pari a 100. In entrambi i casi, non vi è alcuna passività fiscale differita.

(2)  In questo esempio, non vi è alcuna differenza temporanea deducibile. Un caso alternativo considera per le sanzioni e penali accantonate un valore fiscale pari a zero, e ipotizza un’aliquota fiscale pari a zero applicata sulla risultante differenza temporanea deducibile pari a 100. In entrambi i casi, non vi è alcuna attività fiscale differita.

(3)  Il paragrafo 91 fa riferimento ai «bilanci annuali», in linea con la più esplicita terminologia adottata nel 1998. Il paragrafo 89 si riferisce ai «bilanci».

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 16

Immobili, impianti e macchinari

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di definire il trattamento contabile per immobili, impianti e macchinari così che gli utilizzatori del bilancio possano distinguere le informazioni relative agli investimenti in immobili, impianti e macchinari dell’entità e le variazioni in tali investimenti. Le problematiche principali nella contabilizzazione di immobili, impianti e macchinari sono la rilevazione delle attività, la determinazione dei loro valori contabili, delle quote di ammortamento e delle perdite per riduzione di valore che sono rilevate in relazione a essi.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione di immobili, impianti e macchinari eccetto quando un altro Principio richieda o consenta un trattamento contabile differente.

3.

Il presente Principio non si applica a:

a)

immobili, impianti e macchinari classificati come posseduti per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate;

b)

attività biologiche connesse all’attività agricola (cfr. IAS 41 Agricoltura);

c)

la rilevazione e la misurazione delle attività relative all’esplorazione e alla valutazione (cfr. IFRS 6 Esplorazione e valutazione di risorse minerarie); o

d)

diritti e riserve minerari quali petrolio, gas naturale e simili risorse non rinnovabili.

Tuttavia, il presente Principio si applica agli immobili, impianti e macchinari utilizzati per sviluppare o mantenere le attività descritte nei paragrafi da b) a d).

4.

Altri Principi possono richiedere la rilevazione di un elemento di immobili, impianti e macchinari sulla base di un approccio diverso da quello del presente Principio. Per esempio, lo IAS 17 Leasing dispone che l’entità valuti se rilevare un elemento di immobili, impianti e macchinari in locazione finanziaria sulla base del trasferimento dei rischi e benefici. In tali casi, comunque, gli altri aspetti del trattamento contabile di questi beni, incluso l’ammortamento, sono disciplinati dalle disposizioni del presente Principio.

5.

L’entità deve applicare il presente Principio agli immobili che sono in costruzione o sviluppo destinati a essere utilizzati in futuro come investimento immobiliare, ma che non soddisfano ancora la definizione di «investimento immobiliare» di cui allo IAS 40 Investimenti immobiliari. Una volta che la costruzione o lo sviluppo è completato, l’immobile è qualificabile come investimento immobiliare e l’entità è tenuta ad applicare lo IAS 40. Lo IAS 40 viene, inoltre, applicato agli investimenti immobiliari in fase di ristrutturazione che continueranno a essere usati in futuro come investimenti immobiliari. L’entità che utilizza il modello del costo per gli investimenti immobiliari secondo quanto previsto dallo IAS 40 deve utilizzare il modello del costo anche nell’applicazione del presente Principio.

DEFINIZIONI

6.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il valore contabile è l’ammontare al quale un bene è rilevato al netto dell’ammortamento accumulato e delle perdite per riduzione di valore accumulate.

Il costo è ‘l’ammontare di disponibilità liquide o mezzi equivalenti corrisposti o il fair value (valore equo) di altro corrispettivo dato per acquisire un’attività, al momento dell’acquisto o della costruzione o, ove applicabile, l’importo attribuito a tale attività al momento della rilevazione iniziale secondo quanto previsto dalle disposizioni specifiche di altri IFRS, per esempio l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni.

Il valore ammortizzabile è il costo di un bene, o il valore sostitutivo del costo, meno il suo valore residuo.

Lammortamento è la ripartizione sistematica del valore ammortizzabile di un bene lungo il corso della sua vita utile.

Il valore specifico dellentità è il valore attuale dei flussi finanziari che l’entità prevede di derivare dall’uso continuativo di un’attività e dalla sua dismissione alla fine della sua vita utile o che prevede di sostenere quando estingue una passività.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Una perdita per riduzione di valore è l’ammontare per il quale il valore contabile di un’attività eccede il valore recuperabile.

Immobili, impianti e macchinari sono beni tangibili che:

a)

sono posseduti per essere utilizzati nella produzione o nella fornitura di beni o servizi, per affittarli ad altri o per scopi amministrativi; e

b)

ci si attende che siano utilizzati per più di un esercizio.

Il valore recuperabile è il valore più alto tra il prezzo netto di vendita e il valore d’uso di un bene.

Il valore residuo di un bene è il valore stimato che l’entità potrebbe ricevere in quel momento dalla sua dismissione, al netto dei costi stimati di dismissione, se questo fosse già al tempo e nella condizione attesa alla fine della sua vita utile.

La vita utile è:

a)

il periodo di tempo nel quale ci si attende che un’attività sia utilizzabile per un’entità; o

b)

la quantità di prodotti o unità similari che l’entità si aspetta di ottenere dall’utilizzo dell’attività.

RILEVAZIONE

7.

Il costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere rilevato come un’attività se, e soltanto se:

a)

è probabile che i futuri benefici economici associati all’elemento affluiranno all’entità; e

b)

il costo dell’elemento può essere attendibilmente determinato.

8.

I pezzi di ricambio e le attrezzature per la manutenzione sono solitamente iscritti come rimanenze e rilevati a conto economico al momento dell’utilizzo. Tuttavia, i pezzi di ricambio di rilevante valore e l’attrezzatura in dotazione sono trattati come immobili, impianti e macchinari quando l’entità prevede di utilizzarli per più di un esercizio. Analogamente, se i pezzi di ricambio e le attrezzature per la manutenzione possono essere utilizzati soltanto in connessione a un elemento di immobili, impianti e macchinari, sono contabilizzati come immobili, impianti e macchinari.

9.

Il presente Principio non stabilisce l’unità elementare cui riferire la rilevazione, ossia ciò che costituisce un immobile, impianto e macchinario. Quindi è necessaria una valutazione soggettiva nell’applicazione dei criteri di rilevazione che tenga conto delle circostanze specifiche in cui si trova l’entità. Può essere appropriato aggregare elementi individualmente non significativi, quali stampi, attrezzi e matrici, e applicare i criteri al valore complessivo.

10.

L’entità valuta in base a questo principio di rilevazione tutti i suoi costi di immobili, impianti e macchinari nel momento in cui questi sono sostenuti. Tali costi includono i costi sostenuti inizialmente per acquistare o costruire un elemento di immobili, impianti e macchinari e i costi sostenuti successivamente per migliorare, sostituire una parte ovvero effettuare la manutenzione di un elemento.

Costi iniziali

11.

Elementi di immobili, impianti e macchinari possono essere acquistati per ragioni di sicurezza o ambientali. L’acquisto di tali elementi, anche se non incrementa direttamente i benefici economici futuri degli immobili, impianti e macchinari esistenti, può essere necessario per l’entità al fine di realizzare benefici economici futuri da altri suoi beni. Tali elementi di immobili, impianti e macchinari soddisfano i criteri di rilevazione come attività perché permettono all’entità di ottenere benefici economici futuri dai relativi elementi maggiori rispetto a ciò che si sarebbe potuto ottenere qualora gli stessi non fossero stati acquistati. Per esempio, un’industria chimica può introdurre certi nuovi processi chimici di trattamento per uniformarsi alle regolamentazioni per la tutela dell’ambiente in materia di produzione e deposito di prodotti chimici pericolosi; le necessarie modifiche agli impianti sono rilevate come attività, in quanto, senza di esse, l’entità non potrebbe produrre e vendere prodotti chimici. Tuttavia, il valore contabile che risulta da tale attività e da attività connesse è riesaminato per eventuali riduzioni di valore secondo quanto previsto dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

Costi successivi

12.

Secondo quanto previsto dal principio di rilevazione del paragrafo 7, un’entità non rileva nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari i costi della manutenzione ordinaria effettuata sullo stesso. Piuttosto, questi costi sono rilevati in conto economico man mano che si sostengono. I costi di manutenzione ordinaria sono principalmente i costi di manodopera e i materiali di consumo, e possono includere il costo di piccoli pezzi di ricambio. La finalità di queste spese è spesso descritta come «riparazioni e manutenzione» dell’elemento degli immobili, impianti e macchinari.

13.

Parti di alcuni elementi di immobili, impianti e macchinari possono richiedere delle sostituzioni a intervalli regolari. Per esempio, un altoforno può richiedere il rifacimento del rivestimento interno dopo un certo numero di ore di impiego o gli interni degli aerei, come i sedili e le cambuse, possono dover essere sostituiti più volte durante la vita della fusoliera. Elementi di immobili, impianti e macchinari possono inoltre essere acquistati per effettuare sostituzioni periodiche meno frequenti, quali una sostituzione dei muri interni di un edificio, o una sostituzione non periodica. Secondo il principio di rilevazione del paragrafo 7, l’entità rileva nel valore contabile di un elemento di immobile, impianti e macchinari il costo della sostituzione di una parte di un tale elemento quando tale costo è sostenuto a condizione che i criteri di rilevazione siano soddisfatti. Il valore contabile di quelle parti che sono sostituite è eliminato contabilmente secondo quanto previsto dalle disposizioni concernenti l’eliminazione contabile contenute nel presente Principio (cfr. paragrafi da 67 a 72).

14.

Una condizione di funzionamento per un elemento di immobili, impianti e macchinari (per esempio un aeromobile) può richiedere significative verifiche regolari per eventuali guasti, indipendentemente dal fatto che le parti dell’elemento siano sostituite. Quando si effettua ciascuna significativa verifica, il suo costo è rilevato nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari come una sostituzione a condizione che i criteri di rilevazione siano soddisfatti. L’eventuale valore contabile netto del costo della precedente verifica (separato dalle parti fisiche) è eliminato contabilmente. Questo si verifica indipendentemente dal fatto che il costo della verifica precedente fosse esplicitamente menzionato nella transazione in cui l’elemento è stato acquistato o costruito. Se necessario, il costo stimato di una analoga verifica futura può essere utilizzato come indicazione di quale fosse il costo della verifica del componente esistente quando l’elemento fu acquistato o costruito.

VALUTAZIONE AL MOMENTO DELLA RILEVAZIONE

15.

Un elemento di immobili, impianti e macchinari che soddisfa i criteri per essere rilevato come un’attività deve essere valutato al costo.

Componenti di costo

16.

Il costo di elemento di immobili, impianti e macchinari include:

a)

il suo prezzo di acquisto, inclusi dazi all’importazione e tasse di acquisto non recuperabili, dopo avere dedotti sconti commerciali e abbuoni;

b)

qualsiasi costo direttamente attribuibile per portare il bene nel luogo e nelle condizioni necessarie al funzionamento nel modo inteso dalla direzione aziendale;

c)

la stima iniziale dei costi di smantellamento e di rimozione del bene e bonifica del sito su cui insiste, l’obbligazione che si origina per l’entità quando l’elemento viene acquistato o come conseguenza del suo utilizzo durante un particolare periodo per fini diversi dalla produzione delle scorte di magazzino durante quel periodo.

17.

Esempi di costi direttamente imputabili sono:

a)

i costi dei benefici per i dipendenti (come definito nello IAS 19 Benefici per i dipendenti) derivanti direttamente dalla costruzione o acquisizione di un elemento di immobili, impianti e macchinari;

b)

i costi da sostenere per la preparazione del sito;

c)

i costi iniziali di consegna e movimentazione;

d)

i costi di installazione e di assemblaggio;

e)

i costi per verificare il buon funzionamento dell’attività, dopo avere dedotto gli incassi dalla vendita di eventuali elementi prodotti per portare il bene in quel luogo e condizione (ad esempio, campioni prodotti durante il collaudo dei macchinari); e

f)

gli onorari professionali.

18.

L’entità applica lo IAS 2 Rimanenze ai costi previsti per lo smantellamento, la rimozione e bonifica del sito su cui un elemento insiste che si verificano durante un particolare periodo a seguito dell’utilizzo dell’elemento per la produzione delle rimanenze durante quel periodo. Le obbligazioni per costi contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 2 o dallo IAS 16 sono rilevate e misurate secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali.

19.

Esempi di costi che non rientrano nel costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari sono:

a)

i costi di apertura di un nuovo impianto;

b)

i costi per l’introduzione di un nuovo prodotto o servizio (inclusi i costi pubblicitari e attività promozionali);

c)

i costi di gestione di un’attività in una nuova sede o con una nuova classe di clientela (inclusi i costi di addestramento del personale); e

d)

le spese generali e amministrative.

20.

La rilevazione dei costi nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari cessa quando l’elemento è nel luogo e nella condizione necessaria perché esso sia in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale. Quindi, i costi sostenuti nell’utilizzare o reimpiegare un elemento non sono inclusi nel relativo valore contabile. Per esempio, i costi di seguito elencati non sono inclusi nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari:

a)

i costi sostenuti mentre un elemento in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale deve ancora essere utilizzato o non funziona ancora a piena capacità;

b)

le perdite operative iniziali, quali quelle sostenute mentre si consolida la richiesta dei prodotti dell’elemento; e

c)

i costi di ricollocamento o di riorganizzazione di parte o tutta l’attività dell’entità.

21.

Alcune operazioni si svolgono in connessione con la costruzione o lo sviluppo di un elemento di immobili, impianti e macchinari, ma non sono necessarie per portare l’elemento nel luogo e nella condizione necessaria perché sia in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale. Tali operazioni accessorie possono verificarsi prima o durante le attività di sviluppo o di costruzione. Per esempio, un ricavo può essere ottenuto attraverso l’utilizzo di un sito di costruzione come un parcheggio fino a quando inizia la costruzione. Poiché le operazioni accessorie non sono necessarie per portare un elemento nel luogo e nella condizione necessaria perché questo sia in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale, i proventi e i relativi oneri di tali operazioni sono rilevati a conto economico e inclusi nelle loro rispettive classificazioni di proventi ed oneri.

22.

Il costo di una costruzione in economia è determinato impiegando gli stessi principi previsti per un bene acquistato. Se l’entità produce normalmente beni similari per la vendita, il costo del bene è solitamente uguale al costo di produzione di un bene destinato alla vendita (cfr. IAS 2). Per determinare tali costi, perciò, si eliminano eventuali profitti interni. Analogamente, il costo di anormali sprechi di materiale, lavoro o altre risorse, sostenuto nella costruzione in economia di un bene, non è incluso nel costo del bene. Lo IAS 23 Oneri finanziari disciplina i criteri per la rilevazione degli interessi come un componente del valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari costruito in economia.

Misurazione del costo

23.

Il costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari è l’equivalente prezzo per contanti alla data di rilevazione. Se il pagamento è differito oltre le normali condizioni di credito, la differenza tra l’equivalente prezzo per contanti e il pagamento totale è rilevato come interesse sul periodo di finanziamento, a meno che tale interesse sia rilevato nel valore contabile dell’elemento, secondo quanto previsto dal trattamento contabile alternativo consentito nello IAS 23.

24.

Uno o più elementi di immobili, impianti e macchinari possono essere acquistati in cambio di una o più attività non monetarie, o di una combinazione di attività monetarie e non monetarie. La seguente considerazione fa riferimento semplicemente a uno scambio di un’attività non monetaria con un’altra, ma si applica anche a tutti gli scambi descritti nella frase precedente. Il costo di tale elemento di immobili, impianti e macchinari è valutato al fair value (valore equo) a meno che a) la permuta abbia sostanza non commerciale, ovvero b) né il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta, né quello dell’attività scambiata ceduta, possa essere valutato attendibilmente. L’elemento acquistato è valutato in questo modo anche se l’entità non può immediatamente eliminare contabilmente l’attività ceduta. Se l’elemento acquistato non è valutato al fair value (valore equo), il suo costo è misurato al valore contabile dell’attività ceduta.

25.

L’entità determina se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale considerando la misura in cui si suppone che i suoi flussi finanziari futuri cambino a seguito dell’operazione. Un’operazione di permuta ha sostanza commerciale se:

a)

la configurazione (rischio, tempistica e importi) dei flussi finanziari dell’attività ricevuta differisce dalla configurazione dei flussi finanziari dell’attività trasferita; o

b)

il valore specifico dell’entità, relativo alla porzione delle attività dell’entità interessata dall’operazione, si modifica a seguito dello scambio;

c)

la differenza di cui in a) o b) è significativa rispetto al fair value (valore equo) delle attività scambiate.

Al fine di determinare se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale, il valore per l’entità della parte delle sue operazioni interessata dalla transazione deve riflettere i flussi finanziari al netto degli effetti fiscali. Il risultato di queste analisi può essere evidente anche senza che l’entità debba svolgere calcoli dettagliati.

26.

Il fair value (valore equo) di un’attività per la quale non esistano operazioni confrontabili di mercato può essere valutato attendibilmente se a) non è significativa la variabilità nella gamma di stime ragionevoli di fair value (valore equo) per tale attività, o b) le probabilità delle varie stime rientranti nella gamma possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella stima del fair value (valore equo). Se l’entità è in grado di determinare attendibilmente il fair value (valore equo) di un’attività ricevuta o ceduta, allora il fair value (valore equo) dell’attività ceduta è utilizzato per valutare il costo dell’attività ricevuta, a meno che il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta sia più chiaramente evidente.

27.

Il costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari posseduto da un locatario con un leasing finanziario è determinato secondo quanto previsto dallo IAS 17.

28.

Il valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari può essere ridotto dai contributi pubblici secondo quanto previsto dallo IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sullassistenza pubblica.

VALUTAZIONE SUCCESSIVA ALLA RILEVAZIONE

29.

L’entità deve scegliere la contabilizzazione con il modello del costo di cui al paragrafo 30 ovvero con il modello della rideterminazione del valore di cui al paragrafo 31 come suo principio contabile e deve applicare quel principio a una intera classe di immobili, impianti e macchinari.

Modello del costo

30.

Dopo la rilevazione come attività, un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere iscritto al costo al netto degli ammortamenti accumulati e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulata.

Modello della rideterminazione del valore

31.

Dopo la rilevazione come attività, un elemento di immobili, impianti e macchinari il cui fair value (valore equo) può essere attendibilmente determinato deve essere iscritto a un valore rideterminato, pari al suo fair value (valore equo) alla data della rideterminazione di valore al netto di qualsiasi successivo ammortamento accumulato e di qualsiasi successiva perdita per riduzione di valore accumulata. Le rideterminazioni devono essere effettuate con una regolarità tale da assicurare che il valore contabile non differisca in maniera rilevante da quello che sarebbe determinato utilizzando il fair value (valore equo) alla data di riferimento del bilancio.

32.

Il fair value (valore equo) di terreni ed edifici è determinato solitamente da parametri di mercato, mediante una perizia che è normalmente svolta da periti professionalmente qualificati. Il fair value (valore equo) di elementi di impianti e macchinari è rappresentato solitamente dal loro valore di mercato determinato mediante una perizia.

33.

Se non sussistono parametri di mercato per il fair value (valore equo) a causa della natura specifica di un elemento di immobili, impianti e macchinari, e l’elemento è venduto raramente, se non come parte di un’attività in esercizio, l’entità può avere bisogno di stimare il fair value (valore equo) utilizzando un approccio basato sui flussi di reddito o sul costo di sostituzione ammortizzato.

34.

La frequenza delle rideterminazioni del valore dipende dalle oscillazioni di fair value (valore equo) degli elementi di immobili, impianti e macchinari oggetto di rivalutazione. Quando il fair value (valore equo) dell’attività rivalutata differisce in modo rilevante dal suo valore contabile, è richiesta un’ulteriore rideterminazione del valore. Alcuni immobili, impianti e macchinari possono subire significative e frequenti oscillazioni del loro fair value (valore equo) necessitando perciò di una verifica valutativa annuale. Non sono necessarie rideterminazioni di valore frequenti per immobili, impianti e macchinari che abbiano solo oscillazioni irrilevanti del loro fair value (valore equo). Invece, può essere necessario rivalutare l’elemento soltanto ogni tre o cinque anni.

35.

Quando il valore di un elemento di immobili, impianti e macchinari viene rideterminato, gli ammortamenti accumulati alla data della rideterminazione di valore sono trattati in uno dei seguenti modi:

a)

rideterminati in proporzione alla variazione del valore contabile lordo del bene, in modo che il suo valore contabile dopo la rideterminazione equivalga al suo valore rideterminato. Questo metodo è spesso utilizzato quando il valore di un bene viene rideterminato applicando un indice per stabilire il suo costo di sostituzione ammortizzato;

b)

eliminati a fronte del valore contabile lordo dell’attività, e il valore netto dell’attività è nuovamente iscritto in bilancio in base al valore rideterminato dell’attività. Questo metodo viene spesso utilizzato per gli edifici.

L’ammontare della rettifica derivante dal ricalcolo o dall’eliminazione degli ammortamenti accumulati rientra nell’incremento o nel decremento del valore contabile che è contabilizzato secondo quanto previsto dai paragrafi 39 e 40.

36.

Se il valore di un elemento di immobili, impianti e macchinari viene rideterminato, l’intera classe di immobili, impianti e macchinari alla quale quell’elemento appartiene deve essere rideterminata.

37.

Una classe di immobili, impianti e macchinari è un raggruppamento di beni di similare natura e utilizzo nell’attività dell’entità. I seguenti rappresentano esempi di classi distinte:

a)

terreni;

b)

terreni e fabbricati;

c)

macchinari;

d)

navi;

e)

aerei;

f)

autoveicoli;

g)

mobili e attrezzature; e

h)

attrezzature da ufficio.

38.

Gli elementi di una classe di immobili, impianti e macchinari sono rideterminati simultaneamente per evitare selettive rideterminazioni di valore di attività e l’iscrizione nel bilancio di valori che siano una combinazione di costi e valori iscritti a date differenti. I valori di una classe di attività possono, tuttavia, essere rideterminati su base rotativa (rolling) posto che tale rivalutazione sia completata in un breve periodo e sia mantenuta aggiornata.

39.

Se il valore contabile di un bene è aumentato a seguito di una rideterminazione del valore, l’incremento deve essere imputato direttamente a patrimonio netto sotto la voce riserva di rivalutazione. Tuttavia, l’aumento deve essere rilevato nel conto economico nella misura in cui esso ripristina una diminuzione di una rivalutazione della stessa attività rilevata precedentemente nel conto economico.

40.

Se il valore contabile di un’attività è diminuito a seguito di una rideterminazione, la diminuzione deve essere rilevata in conto economico. Tuttavia, la diminuzione deve essere addebitata direttamente al patrimonio netto come eccedenza di rivalutazione nella misura in cui vi siano eventuali saldi a credito nella riserva di rivalutazione in riferimento a tale attività.

41.

La riserva di rivalutazione di un elemento di immobili, impianti e macchinari iscritta a patrimonio può essere trasferita direttamente alla voce utili portati a nuovo quando l’attività è eliminata dal bilancio. Ciò può comportare di stornare l’intera riserva quando l’attività è cessata o dismessa. Tuttavia, parte della riserva può essere trasferita mentre l’attività è utilizzata dall’entità. In tale caso, l’importo della riserva trasferito corrisponderebbe alla differenza tra l’ammortamento basato sul valore contabile rivalutato e l’ammortamento basato sul costo originale dell’attività. I trasferimenti dalla riserva di rivalutazione agli utili a nuovo non sono fatti transitare per conto economico.

42.

Gli eventuali effetti di imposte sul reddito derivanti dalla rivalutazione di immobili, impianti e macchinari sono rilevati e illustrati secondo quanto previsto dallo IAS 12 Imposte sul reddito.

Ammortamento

43.

Ciascuna parte di un elemento di immobili, impianti e macchinari con un costo che è rilevante in rapporto al costo totale dell’elemento deve essere ammortizzata distintamente.

44.

Un’entità ripartisce l’importo rilevato inizialmente con riferimento a un elemento di immobili, impianti e macchinari nelle sue parti significative e ammortizza ciascuna parte distintamente. Per esempio, può essere appropriato ammortizzare distintamente la fusoliera e i motori di un aeromobile, sia se di proprietà sia se utilizzati tramite un’operazione di leasing finanziario.

45.

Una parte significativa di un elemento di immobili, impianti e macchinari può avere una vita utile e un criterio di ammortamento che sono uguali alla vita utile e al criterio di ammortamento di un’altra parte significativa di quello stesso elemento. Tali parti possono essere raggruppate nel determinare la quota di ammortamento.

46.

Nella misura in cui l’entità ammortizza separatamente alcune parti di un elemento di immobili, impianti e macchinari ammortizza anche separatamente la parte restante dell’elemento. La parte restante consiste di parti dell’elemento che individualmente non sono significative. Se l’entità ha aspettative variabili per queste parti, possono essere necessarie tecniche di approssimazione per ammortizzare la parte restante in modo che approssimi attendibilmente la modalità di consumo e/o la vita utile delle proprie parti.

47.

L’entità può scegliere di ammortizzare individualmente parti di un elemento che non hanno un costo così rilevante in rapporto al costo totale dell’elemento.

48.

La quota di ammortamento di ciascun esercizio deve essere rilevata a conto economico a meno che essa sia inclusa nel valore contabile di un altro bene.

49.

La quota di ammortamento di un esercizio è solitamente rilevata in conto economico. Tuttavia, a volte, i benefici economici futuri contenuti in un’attività sono assorbiti nella produzione di altre attività. In questo caso, la quota di ammortamento costituisce parte del costo dell’altro bene ed è inclusa nel suo valore contabile. Per esempio, l’ammortamento di un impianto di produzione e di macchinari è compreso nei costi di trasformazione delle rimanenze (cfr. IAS 2). Analogamente, l’ammortamento di immobili, impianti e macchinari utilizzati per attività di sviluppo può essere incluso nel costo di un’attività immateriale rilevata secondo quanto previsto dallo IAS 38 Attività immateriali.

Valore ammortizzabile e periodo di ammortamento

50.

Il valore ammortizzabile di un’attività deve essere ripartito in base a un criterio sistematico durante la sua vita utile.

51

Il valore residuo e la vita utile di un’attività devono essere rivisti almeno a ogni chiusura di esercizio e, se le aspettative differiscono dalle precedenti stime, il/i cambiamento/i deve/ono essere considerato/i come un cambiamento nella stima contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

52

L’ammortamento è rilevato anche se il fair value (valore equo) dell’attività supera il suo valore contabile, fino a quando il valore residuo dell’attività non supera il suo valore contabile. Le riparazioni e la manutenzione di un’attività non fanno venir meno la necessità di ammortizzarla.

53.

Il valore ammortizzabile di un’attività è determinato detraendo il suo valore residuo. Il valore residuo di un bene è, spesso, non significativo e perciò non è rilevante nel calcolo del valore ammortizzabile.

54.

Il valore residuo di un’attività può aumentare fino a un importo pari a o maggiore al valore contabile dell’attività. Se ciò si verifica, la quota di ammortamento dell’attività è zero a meno che, e fino a che, il suo valore residuo successivamente scenda a un importo inferiore al valore contabile dell’attività.

55.

L’ammortamento di un’attività ha inizio quando questa è disponibile all’uso, ossia quando è nel luogo e nelle condizioni necessarie perché sia in grado di funzionare nella maniera intesa dalla direzione aziendale. L’ammortamento di un bene cessa alla più remota tra la data in cui l’attività è classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità dell’IFRS 5, e la data in cui l’attività viene eliminata contabilmente. Pertanto, l’ammortamento non cessa nel momento in cui l’attività resta inutilizzata oppure è ritirata dall’uso attivo, a meno che essa non sia completamente ammortizzata. Tuttavia, secondo il criterio dell’ammortamento in funzione dell’uso (per unità di prodotto), la quota di ammortamento può essere zero in assenza di produzione.

56.

I benefici economici futuri di un’attività sono fruiti da un’entità principalmente tramite il suo utilizzo. Tuttavia, altri fattori, quali l’obsolescenza tecnica o commerciale e il deterioramento fisico mentre un bene resta inutilizzato, spesso conducono a una diminuzione dei benefici economici attesi. Di conseguenza, nella determinazione della vita utile di un bene sono considerati i seguenti fattori:

a)

l’utilizzo atteso del bene. L’utilizzo è determinato facendo riferimento alla capacità del bene o alla sua produzione fisica attese;

b)

il deterioramento fisico atteso, che dipende da fattori operativi quali il numero di turni nei quali il bene deve essere impiegato e il programma di riparazioni e di manutenzione, e la cura e la manutenzione del bene mentre esso è inattivo;

c)

l’obsolescenza tecnica o commerciale derivante da cambiamenti o da miglioramenti nella produzione, o da un cambiamento nella domanda di mercato per il prodotto o per il servizio forniti dal bene;

d)

le restrizioni legali o vincoli similari nell’utilizzo del bene, quali per esempio la data di scadenza della relativa locazione.

57.

La vita utile di un bene viene definita in termini di utilità attesa dal bene per l’entità. La politica di gestione del bene di un’entità può comportare la dismissione di beni dopo un tempo determinato o dopo l’utilizzo di una specifica parte dei benefici economici futuri derivanti dal bene stesso. La vita utile di un bene, perciò, può essere più breve della sua vita economica. La stima della vita utile dell’attività comporta l’esercizio di una valutazione soggettiva, fondata sull’esperienza dell’entità su attività similari.

58.

I terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati separatamente, anche quando vengono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione, come cave e siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita utile illimitata e quindi non vengono ammortizzati. Gli edifici hanno una vita utile limitata e perciò sono attività ammortizzabili. Un incremento nel valore del terreno sul quale un edificio è costruito non influisce sulla determinazione del valore ammortizzabile del fabbricato.

59.

Se il costo del terreno include i costi di smantellamento, rimozione e ripristino, la parte relativa al ripristino del terreno è ammortizzata durante il periodo in cui si ottengono i benefici derivanti dal’ sostenere tali costi. In alcuni casi, il terreno stesso può avere una vita utile limitata, nel qual caso questo è ammortizzato in modo da riflettere i benefici che ne derivano.

Criterio di ammortamento

60.

Il criterio di ammortamento utilizzato deve riflettere le modalità con le quali si suppone che i benefici economici futuri del bene siano utilizzati dall’entità.

61.

Il criterio di ammortamento applicato a un’attività deve essere rivisto almeno alla chiusura di ogni esercizio e, se ci sono stati cambiamenti significativi nelle modalità attese di consumo dei benefici economici futuri generati da un bene, il criterio deve essere modificato per riflettere il cambiamento della modalità. Tale cambiamento deve essere contabilizzato come un cambiamento nella stima contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8.

62.

Si possono utilizzare vari criteri di ammortamento per ripartire sistematicamente il valore ammortizzabile di un bene durante la sua vita utile. Tali metodi includono il metodo a quote costanti, il metodo scalare decrescente e il metodo per unità di prodotto. Il metodo di ammortamento a quote costanti comporta una quota costante durante la vita utile se il valore residuo del bene non cambia. Il metodo scalare decrescente comporta una quota di ammortamento decrescente durante la vita utile. Il metodo per unità di prodotto risulta in una quota basata sull’utilizzo atteso o sulla produzione attesa dal bene. L’entità seleziona il metodo che riflette più fedelmente la modalità di consumo attesa dei benefici economici futuri generati da un bene. Tale metodo è applicato in modo uniforme da esercizio a esercizio a meno che si verifichi un cambiamento nella modalità di consumo attesa di tali benefici economici futuri.

Riduzione di valore

63.

Per determinare se un elemento di immobili, impianti e macchinari ha subito una riduzione di valore, l’entità applica lo IAS 36 Riduzione di valore delle attività. Tale Principio spiega come l’entità riesamina il valore contabile delle proprie attività, come determina il valore recuperabile di un’attività e quando rileva o elimina contabilmente una perdita per riduzione di valore.

64.

[Eliminato]

Rimborsi per riduzioni di valore

65.

Rimborsi da parte di terzi per elementi di immobili, impianti e macchinari che hanno subito una riduzione di valore, che sono stati persi o dismessi devono essere rilevati nel conto economico quando il rimborso diventa esigibile.

66.

Le riduzioni di valore o la perdita di elementi di immobili, impianti e macchinari, le connesse richieste o pagamenti risarcitori da parte di terzi e ogni successivo acquisto o costruzione di beni sostitutivi sono eventi economici distinti e sono contabilizzati separatamente come segue:

a)

le riduzioni di valore di immobili, impianti e macchinari sono rilevate secondo quanto previsto dallo IAS 36;

b)

l’eliminazione contabile di elementi di immobili, impianti e macchinari cessati o dismessi è determinata secondo quanto previsto dal presente Principio;

c)

i rimborsi da parte di terzi per elementi di immobili, impianti e macchinari che hanno subito una riduzione di valore, che sono stati persi o dismessi sono inclusi nella determinazione del risultato economico quando il rimborso diventa esigibile; e

d)

il costo di elementi di immobili, impianti e macchinari ripristinati, acquistati o costruiti in sostituzione di quelli precedenti è determinato secondo quanto previsto dal presente Principio.

ELIMINAZIONE CONTABILE

67.

Il valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere eliminato:

a)

alla dismissione; o

b)

quando nessun beneficio economico futuro è atteso dal suo utilizzo o dismissione.

68.

L’utile o la perdita derivante dall’eliminazione contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere rilevato in conto economico quando l’elemento è eliminato contabilmente (a meno che lo IAS 17 richieda diversamente al momento della vendita e della retrolocazione). Gli utili non devono essere classificati come ricavi.

69.

La dismissione di un elemento di immobili, impianti e macchinari può verificarsi in una pluralità di modi (per esempio tramite vendita, stipulazione di un contratto di leasing finanziario o donazione). Nel determinare la data della dismissione di un elemento, l’entità applica i criteri contenuti nello IAS 18 Ricavi per la rilevazione dei ricavi dalla vendita dei beni. Lo IAS 17 si applica alla dismissione effettuata con un contratto di vendita e retrolocazione.

70.

Se, secondo il principio di rilevazione del paragrafo 7, l’entità rileva nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari il costo di sostituzione di una parte dell’elemento, allora tale entità elimina contabilmente il valore contabile della parte sostituita, indipendentemente dal fatto che la parte sostituita sia stata ammortizzata separatamente. Se per l’entità non è fattibile determinare il valore contabile della parte sostituita, può utilizzare il costo della sostituzione come indicazione del costo della parte sostituita al momento in cui era stata acquistata o costruita.

71.

L’utile o la perdita derivante dall’eliminazione contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere determinato come la differenza tra il corrispettivo netto dalla dismissione, qualora esista, e il valore contabile dell’elemento.

72.

Il corrispettivo da ricevere dalla dismissione di un elemento di immobili, impianti e macchinari è rilevato inizialmente al suo fair value (valore equo). Se il pagamento per l’elemento è differito, il corrispettivo ricevuto è rilevato inizialmente all’equivalente prezzo per contanti. La differenza tra il valore nominale del corrispettivo e l’equivalente prezzo per contanti è rilevato come interesse attivo secondo quanto previsto dallo IAS 18 che riflette l’effettivo rendimento originato dal credito.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

73.

Il bilancio deve indicare, per ciascuna classe di immobili, impianti e macchinari:

a)

i criteri impiegati nella determinazione del valore contabile lordo;

b)

il criterio di ammortamento utilizzato;

c)

le vite utili o il tasso di ammortamento utilizzato;

d)

il valore contabile lordo e l’ammortamento accumulato (aggregato alle perdite per riduzione di valore accumulate) all’inizio e alla fine dell’esercizio; e

e)

una riconciliazione del valore contabile all’inizio e alla fine dell’esercizio che mostri:

i)

incrementi;

ii)

attività classificate come possedute per la vendita o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, in conformità all’IFRS 5 e altre dismissioni;

iii)

acquisizioni a seguito di aggregazioni aziendali;

iv)

aumenti o diminuzioni derivanti dalle rideterminazioni dei valori effettuate secondo quanto previsto dai paragrafi 31, 39 e 40 e dalle perdite per riduzione di valore rilevate o eliminate contabilmente direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dallo IAS 36;

v)

perdite per riduzione di valore rilevate nel conto economico secondo quanto previsto dallo IAS 36;

vi)

eliminazione di perdite per riduzione di valore rilevata a conto economico secondo quanto previsto dallo IAS 36;

vii)

ammortamenti;

viii)

differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio dalla valuta funzionale in una diversa moneta di presentazione, inclusa la conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio; e

ix)

altri cambiamenti.

74.

Il bilancio deve inoltre indicare:

a)

l’esistenza e l’ammontare di restrizioni sulla titolarità e immobili, impianti e macchinari impegnati a garanzia di passività;

b)

l’importo delle spese rilevate nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari nel corso della sua costruzione;

c)

l’ammontare degli impegni contrattuali in essere per l’acquisto di immobili, impianti e macchinari; e

d)

se non è indicato separatamente nel prospetto del conto economico, l’importo del risarcimento da parte di terzi imputato a conto economico per elementi di immobili, impianti e macchinari che hanno subito una riduzione di valore, sono stati persi o dismessi.

75.

La scelta del criterio di ammortamento e la stima della vita utile delle attività sono frutto di valutazioni soggettive. Perciò, l’illustrazione dei metodi adottati e delle vite utili stimate o dei tassi di ammortamento forniscono agli utilizzatori del bilancio informazioni che permettono loro di esaminare i criteri scelti dalla direzione aziendale e di effettuare comparazioni con altre entità. Per simili ragioni, è necessario indicare:

a)

l’ammortamento, sia rilevato in conto economico, sia parte del costo di altre attività, durante un esercizio; e

b)

l’ammortamento accumulato alla chiusura dell’esercizio.

76.

In conformità a quanto previsto dalla IAS 8 l’entità indica la natura e l’effetto di un cambiamento in una stima contabile che ha un effetto sull’esercizio corrente o ci si attende che lo abbia sugli esercizi successivi. Per immobili, impianti e macchinari, tale indicazione può derivare dai cambiamenti nelle stime con riferimento a:

a)

valori residui;

b)

costi stimati di smantellamento, rimozione o ripristino degli elementi di immobili, impianti e macchinari;

c)

vite utili; e

d)

criteri di ammortamento.

77.

Quando elementi di immobili, impianti e macchinari sono iscritti a valori rideterminati, i seguenti aspetti devono essere indicati:

a)

la data effettiva della rideterminazione del valore;

b)

se ci si è avvalsi di un perito indipendente;

c)

i metodi e le assunzioni significative applicati nella stima dei fair value (valori equi) degli elementi;

d)

la misura in cui i fair value (valori equi) degli elementi sono stati determinati direttamente facendo riferimento a prezzi osservabili in un mercato attivo o a recenti transazioni di mercato effettuate a condizioni normali o sono stati stimati utilizzando altre tecniche di valutazione;

e)

per ciascuna classe di immobili, impianti e macchinari il cui valore è stato rideterminato, il valore contabile che sarebbe stato rilevato se le attività fossero state valutate secondo il modello del costo; e

f)

l’eccedenza di rivalutazione, con le variazioni dell’esercizio ed eventuali limitazioni nella distribuzione del saldo agli azionisti.

78.

Secondo quanto previsto dallo IAS 36, un’entità fornisce l’informativa su immobili, impianti e macchinari che hanno subito una riduzione di valore in aggiunta all’informativa richiesta dai paragrafi 73, lettera e), punti da iv) a vi).

79.

Gli utilizzatori del bilancio inoltre possono trovare rilevanti per le loro necessità le seguenti informazioni:

a)

il valore contabile di immobili, impianti e macchinari temporaneamente inattivi;

b)

il valore contabile lordo di immobili, impianti e macchinari completamente ammortizzati ancora in uso;

c)

il valore contabile di immobili, impianti e macchinari ritirati dall’uso attivo e non classificati come posseduti per la vendita in conformità all’IFRS 5; e

d)

quando viene adottato il modello del costo, il fair value (valore equo) di immobili, impianti e macchinari quando questo è notevolmente differente dal valore contabile.

Per questi motivi si incoraggiano le entità a indicare questi valori.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

80.

Le disposizioni contenute nei paragrafi da 24 a 26 riguardanti la misurazione iniziale di un elemento di immobili, impianti e macchinari acquisito in una permuta di attività devono essere applicate in via prospettica esclusivamente alle operazioni future.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

81.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

81A

L’entità deve applicare le modifiche del paragrafo 3 agli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Qualora un’entità applichi l’IFRS 6 a partire da un esercizio precedente, tali modifiche devono essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

SOSTITUZIONE DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

82.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 1998).

83.

Il presente Principio sostituisce anche le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC 6 Costi per la modifica del software esistente;

b)

SIC 14 Immobili, impianti e macchinariRimborsi per riduzioni durevoli di valore o perdite di beni; e

c)

SIC 23 Immobili, impianti e macchinariCosti dovuti a significative verifiche o revisioni generali.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 17

Leasing

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di definire, per locatari e locatori, il trattamento contabile appropriato e l’informazione integrativa per le operazioni di leasing.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione di tutte le operazioni di leasing differenti da:

a)

leasing per l’esplorazione o per l’estrazione di minerali, petrolio, gas naturali e risorse non rigenerative similari; e

b)

contratti di concessione di licenza per beni quali film, registrazioni video, spettacoli, manoscritti, brevetti e copyright.

Tuttavia, il presente Principio non deve essere applicato come base di valutazione per:

a)

immobili posseduti da locatari che sono contabilizzati come investimenti immobiliari (cfr. IAS 40 Investimenti immobiliari);

b)

investimenti immobiliari concessi dai locatori tramite leasing operativi (cfr. IAS 40);

c)

attività biologiche utilizzate da locatari tramite leasing finanziari (cfr. IAS 41 Agricoltura); o

d)

attività biologiche concesse dai locatori tramite leasing operativi (cfr. IAS 41).

3.

Il presente Principio si applica a contratti che trasferiscono il diritto di utilizzo di beni, anche se al locatore possono essere richiesti rilevanti servizi in relazione all’utilizzo o alla manutenzione di tali beni. Il presente Principio non si applica a contratti per servizi che non trasferiscono il diritto all’utilizzo dei beni da una parte contraente all’altra.

DEFINIZIONI

4.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il leasing è un contratto per mezzo del quale il locatore trasferisce al locatario, in cambio di un pagamento o di una serie di pagamenti, il diritto all’utilizzo di un bene per un periodo di tempo stabilito.

Il leasing finanziario è un leasing che trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà del bene. Il diritto di proprietà può essere trasferito o meno al termine del contratto.

Il leasing operativo è un leasing differente dal leasing finanziario.

Il leasing non annullabile è un leasing che può essere annullato solo:

a)

al verificarsi di alcune remote eventualità;

b)

con l’autorizzazione del locatore;

c)

se il locatario stipula con il medesimo locatore un nuovo leasing per lo stesso bene o per un bene equivalente; o

d)

a seguito del pagamento da parte del locatario di un ulteriore ammontare tale che la continuazione del leasing sia ragionevolmente certa fin dall’inizio.

L’inizio del leasing coincide con la data anteriore tra quella di stipula del contratto di leasing e quella dell’impegno delle parti sulle principali clausole del leasing. A questa data:

a)

un leasing è classificato come un leasing operativo o finanziario; e

b)

nel caso di un leasing finanziario, sono determinati gli importi da rilevare all’inizio della decorrenza del leasing.

L’inizio della decorrenza del leasing è la data dalla quale il locatario è autorizzato all’esercizio del suo diritto all’utilizzo del bene locato. È la data della rilevazione iniziale del leasing (ossia la rilevazione nei modi appropriati delle attività, passività, ricavi o costi risultanti dal leasing).

La durata del leasing è il periodo non annullabile per il quale il locatario ha preso in leasing il bene insieme a eventuali ulteriori periodi per i quali il locatario ha il diritto di opzione per continuare nel leasing del bene, con o senza ulteriori pagamenti, quando sin dall’inizio del contratto è ragionevolmente certo che il locatario eserciterà l’opzione.

I pagamenti minimi dovuti per il leasing sono i pagamenti richiesti o che possono essere richiesti al locatario nel corso della durata del leasing, esclusi i canoni potenziali di locazione, costi per servizi e imposte che devono essere pagati dal locatore ed essere a lui rimborsati, insieme a:

a)

con riferimento al locatario, qualsiasi importo garantito dal locatario o da un terzo a lui collegato; o

b)

con riferimento al locatore, qualsiasi valore residuo garantito al locatore da:

i)

il locatario;

ii)

un terzo collegato al locatario; o

iii)

una terza parte non collegata al locatore avente la capacità finanziaria di soddisfare gli impegni in garanzia.

Tuttavia, se il locatario ha un’opzione di acquisto del bene a un prezzo che si ritiene sarà sufficientemente inferiore al fair value (valore equo) alla data in cui l’opzione sarà esercitabile, cosicché all’inizio del leasing è ragionevolmente certo che essa sarà esercitata, i pagamenti minimi dovuti per il leasing comprendono i canoni minimi da pagare durante la durata del leasing fino alla data prevista di esercizio dell’opzione di acquisto e il pagamento richiesto per esercitarla.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

La vita economica è alternativamente:

a)

il periodo di tempo nel quale ci si attende che un bene sia utilizzabile economicamente da uno o più utilizzatori; o

b)

la quantità di prodotti o unità similari che uno o più utilizzatori si attendono di ottenere dal suo utilizzo.

La vita utile è il periodo restante stimato, dall’inizio della decorrenza del leasing, senza limitazioni nella durata del leasing, nel quale ci si attende che i benefici economici incorporati nel bene siano utilizzati dall’entità.

Il valore residuo garantito è:

a)

con riferimento al locatario, la parte del valore residuo garantita dal locatario o da un terzo collegato al locatario (il valore della garanzia corrisponde all’ammontare massimo che, in qualsiasi situazione, può divenire esigibile); e

b)

con riferimento al locatore, la parte del valore residuo garantita dal locatario o da una terza parte non collegata al locatore avente la capacità finanziaria di soddisfare gli impegni in garanzia.

Il valore residuo non garantito è la parte del valore residuo del bene locato il cui realizzo da parte del locatore non è certo o è garantito unicamente da un terzo collegato con il locatore.

I costi diretti iniziali sono costi addizionali che sono direttamente attribuibili alla negoziazione e al perfezionamento di un’operazione di leasing a eccezione dei costi sostenuti dai locatori che siano produttori o commercianti.

L’investimento lordo nel leasing è la sommatoria di:

a)

i pagamenti minimi dovuti per il leasing esigibili dal locatore nel contesto di un leasing finanziario, e

b)

qualsiasi valore residuo non garantito spettante al locatore.

L’investimento netto nel leasing è l’investimento lordo nel leasing attualizzato al tasso di interesse implicito del leasing.

L’utile finanziario non maturato è la differenza tra:

a)

l’investimento lordo nel leasing, e

b)

l’investimento netto nel leasing.

Il tasso di interesse implicito del leasing è il tasso di attualizzazione che, all’inizio del leasing, fa sì che il valore attuale complessivo a) dei pagamenti minimi dovuti per il leasing e b) del valore residuo non garantito sia uguale alla somma i) del fair value (valore equo) del bene locato e ii) degli eventuali costi diretti iniziali del locatore.

Il tasso di finanziamento marginale del locatario è il tasso di interesse che il locatario dovrebbe pagare per un leasing similare o, se questo non è determinabile, il tasso che, all’inizio del leasing, il locatario dovrebbe pagare per un prestito, con una durata e con garanzie simili, necessario per acquistare il bene.

Il canone potenziale di locazione è la parte dei canoni che non è prefissata nell’ammontare ma che è basata sul valore futuro di un parametro che cambia per motivi diversi dal passare del tempo (quale una percentuale di future vendite, un ammontare d’utilizzo futuro, indici di prezzo futuri, futuri tassi di interesse di mercato).

5.

Un contratto o un impegno di leasing può includere una clausola per rettificare i pagamenti della locazione in seguito a cambiamenti nei costi di costruzione o acquisto dell’immobile locato o a cambiamenti di altri parametri del costo o valore, quali il tasso di inflazione o costi di finanziamento del leasing per il locatore, durante il periodo tra l’inizio del leasing e l’inizio della decorrenza del contratto di leasing. Per le finalità del presente Principio, se ciò si verifica, si deve presumere che l’effetto di tali cambiamenti sia avvenuto all’inizio del leasing.

6.

Nella definizione di leasing sono inclusi i contratti per la locazione di un bene aventi una clausola che attribuisce al conduttore l’opzione per l’acquisto della proprietà del bene all’adempimento delle condizioni stabilite. Questi contratti sono talvolta noti come hire purchase contract«contratti noleggio/acquisto».

CLASSIFICAZIONE DELLE OPERAZIONI DI LEASING

7.

La classificazione delle operazioni di leasing adottata nel presente Principio si basa sulla attribuzione al locatore o al locatario dei rischi e dei benefici derivanti dalla proprietà di un bene locato. I rischi comprendono le possibilità di perdite derivanti da capacità inutilizzata o da obsolescenza tecnologica e di variazioni nel rendimento dovute a cambiamenti nelle condizioni economiche. I benefici possono essere rappresentati da un redditizio utilizzo atteso durante la vita economica del bene e da utili connessi alla rivalutazione o al realizzo del valore residuo.

8.

Un leasing è classificato come finanziario se trasferisce, sostanzialmente, tutti i rischi e i benefici connessi alla proprietà. Un leasing è classificato come operativo se, sostanzialmente, non trasferisce tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà.

9.

Poiché l’operazione tra un locatore e un locatario si basa su un contratto di leasing tra le parti, è opportuno utilizzare definizioni uniformi. L’applicazione di queste definizioni alle differenti situazioni del locatore e locatario possono avere come conseguenza che il medesimo contratto di leasing sia classificato in modo differente dal locatore e dal locatario. Per esempio, questo si potrebbe verificare se il locatore gode di una garanzia sul valore residuo prestata da una parte non collegata al locatario.

10.

La classificazione di un leasing come finanziario od operativo dipende dalla sostanza dell’operazione piuttosto che dalla forma del contratto (1). Esempi di situazioni che individualmente o congiuntamente potrebbero di norma portare a classificare un leasing come finanziario sono:

a)

il leasing trasferisce la proprietà del bene al locatario al termine del contratto di leasing;

b)

il locatario ha l’opzione di acquisto del bene a un prezzo che ci si attende sia sufficientemente inferiore al fair value (valore equo) alla data alla quale si può esercitare l’opzione, cosicché all’inizio del leasing è ragionevolmente certo che essa sarà esercitata;

c)

la durata del leasing copre la maggior parte della vita economica del bene anche se la proprietà non è trasferita;

d)

all’inizio del leasing il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing equivale almeno al fair value (valore equo) del bene locato; e

e)

i beni locati sono di natura così particolare che solo il locatario può utilizzarli senza importanti modifiche.

11.

Indicatori di situazioni che individualmente o congiuntamente potrebbero anche condurre a classificare un leasing come finanziario sono:

a)

ove il locatario può risolvere il leasing, le perdite del locatore relative alla risoluzione sono sostenute dal locatario;

b)

gli utili o perdite derivanti dalle variazioni del fair value (valore equo) del valore residuo ricadono sul locatario (per esempio sotto forma di restituzione di canoni equivalenti alla maggior parte dei ricavi di vendita al termine del leasing); e

c)

il locatario ha la possibilità di continuare il leasing per un ulteriore periodo a un canone sostanzialmente inferiore a quello di mercato.

12.

Gli esempi e gli indicatori dei paragrafi 10 e 11 non sono sempre conclusivi. Se risulta chiaro da altre caratteristiche che il leasing non trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e benefici derivanti dalla proprietà, il leasing è classificato come leasing operativo. Questo potrebbe verificarsi per esempio se la proprietà del bene venisse trasferita alla fine del leasing per un pagamento variabile pari al suo fair value (valore equo) a quel tempo, o se ci fossero canoni potenziali di locazione tali per cui il locatario non ha sostanzialmente tutti i rischi e i benefici.

13.

La classificazione del leasing viene fatta all’inizio del leasing stesso. Se in qualsiasi momento il locatario e il locatore decidono di modificare le clausole del leasing, escludendo il rinnovo del leasing, in modo tale che, se la modifica fosse avvenuta all’inizio del leasing, avrebbe determinato una sua differente classificazione in base ai criteri dei paragrafi da 7 a 12, il contratto modificato è considerato come un nuovo contratto per la sua durata. Tuttavia, modifiche nelle stime (per esempio, modifiche nella stima della vita economica o del valore residuo del bene locato) o modifiche nelle situazioni (per esempio, inadempienza del locatario) non danno origine, ai fini contabili, a una nuova classificazione del leasing.

14.

Le operazioni di leasing di terreni e fabbricati devono essere classificate come operative o finanziarie allo stesso modo delle operazioni di leasing di altri beni. Tuttavia, una caratteristica dei terreni è che essi hanno, di norma, una vita economica indefinita e, se non ci si attende che la proprietà sia trasferita al locatario entro la scadenza del leasing, il locatario di norma non acquisisce, sostanzialmente, tutti i rischi e i benefici inerenti alla proprietà, nel qual caso il leasing di terreni sarà classificato come leasing operativo. Un pagamento effettuato alla stipula o all’acquisto del diritto di uso di un immobile «leasehold» che è contabilizzato come un leasing operativo rappresenta un pagamento di canoni anticipati che è ammortizzato nel corso del leasing in sincronia con i benefici forniti.

15.

Gli elementi di terreni e fabbricati di un contratto di leasing di terreni e fabbricati sono considerati separatamente ai fini della classificazione del leasing. Se ci si attende che la proprietà per entrambi gli elementi passi al locatario entro la fine del leasing, entrambi gli elementi sono classificati come leasing finanziario, indipendentemente dal fatto che questi siano analizzati come un unico leasing ovvero come due leasing, a meno che sia evidente da altre caratteristiche che il leasing sostanzialmente non trasferisca tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà di uno o entrambi gli elementi. Quando il terreno ha una vita economica indefinita, l’elemento terreno è normalmente classificato come leasing operativo, a meno che non sia previsto che la proprietà passi al locatario entro la fine del leasing secondo quanto disposto dal paragrafo 14. L’elemento fabbricato è classificato come un leasing finanziario o operativo ai sensi di quanto previsto dai paragrafi da 7 a 13.

16.

Ogniqualvolta risulti necessario classificare e contabilizzare un leasing di terreni e fabbricati, i pagamenti minimi dovuti per il leasing (incluso qualsiasi pagamento anticipato in un’unica soluzione) sono suddivisi tra gli elementi terreno e fabbricato in proporzione ai relativi fair value (valori equi) dei diritti di locazione degli elementi terreno e fabbricato del leasing all’inizio del leasing. Se non è possibile suddividere attendibilmente i pagamenti dei canoni tra questi due elementi, l’intero leasing è classificato come un leasing finanziario, a meno che non sia evidente che entrambi gli elementi sono leasing operativi, nel quale caso l’intero leasing è classificato come leasing operativo.

17.

Per un leasing di terreni e fabbricati in cui il valore che inizialmente sarebbe rilevato per l’elemento terreno, secondo quanto previsto dal paragrafo 20, è irrilevante, il terreno e il fabbricato possono essere trattati come un’unità singola ai fini della classificazione del leasing ed essere classificati come leasing finanziario od operativo secondo quanto previsto dai paragrafi da 7 a 13. In tale caso, la vita economica del fabbricato è considerata la vita economica dell’intero bene locato.

18.

La valutazione separata degli elementi terreno e fabbricato non è richiesta quando il diritto del locatario sia nei terreni sia nei fabbricati è classificato come investimento immobiliare secondo quanto previsto dallo IAS 40 ed è adottato il modello del fair value (valore equo). I calcoli dettagliati per questa valutazione sono richiesti soltanto se la classificazione di uno o entrambi gli elementi è incerta.

19.

Secondo quanto previsto dallo IAS 40, un locatario può classificare un’interessenza in un immobile posseduto con un leasing operativo come un investimento immobiliare. In tale caso, l’interessenza in un immobile è contabilizzata come se fosse un leasing finanziario e, inoltre, il modello del fair value (valore equo) è utilizzato per l’attività iscritta. Il locatario deve continuare a contabilizzare il leasing come un leasing finanziario, anche se un evento successivo cambia la natura dell’interessenza in un immobile del locatario in modo da non classificarla più come un investimento immobiliare. Questo si verificherà se, per esempio, il locatario:

a)

impiega a fini propri l’immobile, il quale rientra quindi nella categoria degli immobili a uso del proprietario ed è iscritto al sostituto del costo pari al relativo fair value (valore equo) alla data del cambiamento d’uso; o

b)

concede un sub-leasing che trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e benefici derivanti dalla proprietà dell’interessenza a terzi non correlati. Tale sub-leasing è contabilizzato dal locatario come un leasing finanziario a terzi, sebbene possa essere contabilizzato come un leasing operativo dal terzo.

LE OPERAZIONI DI LEASING NEL BILANCIO DEI LOCATARI

Leasing finanziari

Rilevazione iniziale

20.

All’inizio della decorrenza del leasing, i locatari devono rilevare le operazioni di leasing finanziario come attività e passività nei loro stati patrimoniali a valori pari al fair value (valore equo) del bene locato o, se inferiore, al valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing, ciascuno determinato all’inizio del leasing. Nel determinare il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing il tasso di attualizzazione da utilizzare è il tasso di interesse implicito del leasing, se è possibile determinarlo; se non è possibile, deve essere utilizzato il tasso di finanziamento marginale del locatario. Qualsiasi costo diretto iniziale del locatario è aggiunto all’importo rilevato come attività.

21.

Le operazioni e gli altri fatti sono contabilizzati ed esposti tenendo conto della loro natura sostanziale e finanziaria e non semplicemente della loro forma giuridica. Sebbene la forma giuridica di un contratto di leasing stabilisce che il locatario possa non acquisire la proprietà del bene locato, nel caso di leasing finanziario la natura sostanziale e finanziaria è tale che il locatario acquisisce i benefici economici derivanti dall’uso del bene locato per la maggior parte della sua vita economica in cambio dell’impegno a pagare un corrispettivo che all’inizio del leasing approssima il fair value (valore equo) del bene e i relativi costi finanziari.

22.

Se tali operazioni di leasing non vengono riflesse nello stato patrimoniale del locatario, le risorse economiche e il livello degli obblighi di un’entità sono sottostimati, distorcendo così gli indici finanziari. Quindi è corretto che un leasing finanziario sia rilevato nello stato patrimoniale del locatario sia come attività, sia come obbligazione a sostenere futuri pagamenti per il leasing. All’inizio della decorrenza del leasing, l’attività e la passività per i futuri pagamenti per il leasing sono rilevate nello stato patrimoniale con gli stessi importi a eccezione di qualsiasi costo diretto iniziale del locatario che è aggiunto all’importo rilevato come attività.

23.

Non è corretto esporre nel bilancio le passività per i beni presi in locazione come deduzione da tali beni. Se viene fatta una distinzione tra passività correnti e non correnti nell’esposizione nello stato patrimoniale, la stessa distinzione deve essere fatta per le passività delle operazioni di leasing.

24.

In relazione a specifiche operazioni di leasing sono spesso sostenuti costi diretti iniziali, come i costi di negoziazione e di perfezionamento dell’operazione di leasing. I costi identificati come direttamente attribuibili alle attività svolte dal locatario per un leasing finanziario sono aggiunti al valore rilevato come attività.

Valutazioni successive

25.

I pagamenti minimi dovuti per il leasing devono essere suddivisi tra costi finanziari e riduzione del debito residuo. I costi finanziari devono essere ripartiti tra gli esercizi nel corso del leasing in modo da ottenere un tasso d’interesse periodico costante sulla passività residua. I canoni potenziali di locazione devono essere rilevati come costi negli esercizi nei quali sono sostenuti.

26.

Nella pratica, per ripartire il costo finanziario sulla durata del leasing, un locatario può utilizzare alcune forme di approssimazione, per semplificare il calcolo.

27.

Un leasing finanziario comporta la rilevazione di una quota di ammortamento delle attività ammortizzabili e di oneri finanziari per ciascun esercizio. Il criterio di ammortamento usato per i beni ammortizzabili in locazione deve essere coerente con quello adottato per i beni ammortizzabili di proprietà, e l’ammortamento da rilevare deve essere calcolato secondo quanto previsto dallo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari e dallo IAS 38 Attività immateriali. Se non esiste una ragionevole certezza che il locatario acquisirà la proprietà del bene al termine del leasing, il bene deve essere completamente ammortizzato nel tempo più breve fra la durata del leasing e la sua vita utile.

28.

Il valore ammortizzabile di un bene in locazione è imputato a ciascun esercizio del periodo nel quale ci si attende di utilizzarlo, con un criterio sistematico, coerente con il criterio di ammortamento che il locatario impiega per i beni di proprietà. Se esiste una ragionevole certezza che il locatario acquisirà la proprietà al termine del leasing, il periodo atteso di utilizzo coincide con la vita utile del bene; altrimenti il bene è ammortizzato nel tempo più breve fra la durata del leasing e la sua vita utile.

29.

La somma della quota di ammortamento di un bene e del costo finanziario per l’esercizio è raramente equivalente ai canoni di leasing dovuti con riferimento all’esercizio; perciò non è corretta la mera rilevazione al conto economico come costo dei canoni di leasing. È improbabile, quindi, che il bene e la passività relativa abbiano lo stesso valore dopo l’inizio della decorrenza del leasing.

30.

Per determinare se un bene acquisito in leasing ha subito una perdita per riduzione di valore, l’entità applica lo IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

31.

I locatari, oltre a quanto previsto dalle disposizioni dello IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative, devono fornire la seguente informativa per il leasing finanziario:

a)

per ciascuna categoria di beni, il valore contabile netto alla data di riferimento del bilancio.

b)

una riconciliazione tra il totale dei pagamenti minimi futuri dovuti per il leasing alla data di riferimento del bilancio e il loro valore attuale. L’entità deve indicare anche il totale dei pagamenti minimi futuri dovuti per il leasing alla data di riferimento del bilancio, e il loro valore attuale, per ciascuno dei seguenti periodi:

i)

entro un anno;

ii)

tra uno e cinque anni;

iii)

oltre cinque anni;

c)

i canoni potenziali di locazione rilevati come spesa nell’esercizio;

d)

il totale dei futuri pagamenti minimi derivanti da un subleasing che ci si attende di ricevere per subleasing non annullabili alla data di riferimento del bilancio;

e)

una descrizione generale dei contratti significativi di leasing del locatario includendo, ma non solo, quanto segue:

i)

il criterio con il quale sono determinati i canoni potenziali di locazione;

ii)

l’esistenza e i termini dell’opzione di rinnovo o di acquisto e le clausole di indicizzazione; e

iii)

le restrizioni imposte da contratti di leasing, quali quelle riguardanti dividendi, nuovo indebitamento e ulteriori operazioni di leasing.

32.

Inoltre, le disposizioni sulle informazioni integrative previste dagli IAS 16, IAS 36, IAS 38, IAS 40 e IAS 41 si applicano ai locatari per i beni acquisiti tramite leasing finanziari.

Leasing operativi

33.

I pagamenti per un leasing operativo devono essere rilevati come costo a quote costanti lungo la durata del leasing a meno che vi sia un altro criterio sistematico più rappresentativo delle modalità temporali di godimento dei benefici da parte dell’utilizzatore. (2)

34.

Per le operazioni di leasing operativo, i pagamenti per tali operazioni (esclusi i costi per servizi quali l’assicurazione e la manutenzione) sono rilevati come costo con un criterio a quote costanti a meno che vi sia un altro criterio sistematico rappresentativo delle modalità temporali di godimento dei benefici da parte dell’utilizzatore, anche se i pagamenti non sono eseguiti sulla base di quel criterio.

35.

Il locatario, oltre quanto previsto dalle disposizioni dello IFRS 7, deve fornire le seguenti informazioni integrative per le operazioni di leasing operativo:

a)

il totale dei futuri pagamenti minimi dovuti per le operazioni di leasing operativo non annullabili per ciascuno dei seguenti periodi:

i)

entro un anno;

ii)

tra uno e cinque anni;

iii)

oltre cinque anni;

b)

il totale dei futuri pagamenti minimi derivanti da un subleasing che ci si attende di ricevere per subleasing non annullabili alla data di riferimento del bilancio;

c)

i pagamenti per leasing e subleasing rilevati come costo nell’esercizio, con valori distinti per i pagamenti minimi dovuti per il leasing, i canoni potenziali di locazione e i pagamenti da subleasing;

d)

una descrizione generale dei contratti significativi di leasing del locatario includendo, ma non solo, quanto segue:

i)

il criterio con il quale sono determinati i canoni potenziali di locazione;

ii)

l’esistenza e i termini dell’opzione di rinnovo o di acquisto e le clausole di indicizzazione; e

iii)

le restrizioni imposte da contratti di leasing, quali quelle riguardanti dividendi, nuovo indebitamento e ulteriori operazioni di leasing.

LE OPERAZIONI DI LEASING NEL BILANCIO DEI LOCATORI

Leasing finanziari

Rilevazione iniziale

36.

I locatori devono rilevare nel loro stato patrimoniale i beni concessi in leasing finanziario ed esporli come credito a un valore uguale all’investimento netto nel leasing.

37.

In un leasing finanziario tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà vengono, sostanzialmente, trasferiti dal locatore e, di conseguenza, i canoni derivanti dal leasing sono trattati dal locatore come rimborso del capitale e come provento finanziario al fine di rimborsare e remunerare il locatore per il suo investimento e per i servizi prestati.

38.

Costi diretti iniziali sono spesso sostenuti dai locatori e includono somme quali le commissioni, le spese legali e i costi interni che sono ad incremento e direttamente attribuibili alla negoziazione e al perfezionamento di un leasing. Questi escludono le spese generali di gestione quali le spese di vendita e marketing. Per i leasing finanziari diversi da quelli in cui il locatore è produttore o commerciante, i costi diretti iniziali sono inclusi nella valutazione iniziale dei crediti impliciti del leasing finanziario e riducono il valore dei proventi rilevati nel corso del leasing. Il tasso di interesse implicito del leasing è definito in modo tale che i costi diretti iniziali siano inclusi automaticamente nei crediti impliciti del leasing finanziario; non è necessario aggiungerli separatamente. I costi sostenuti dai locatori produttori o commercianti attribuibili alla negoziazione e al perfezionamento di un leasing sono esclusi dalla definizione di costi diretti iniziali. Di conseguenza essi sono esclusi dall’investimento netto nel leasing e sono rilevati come una spesa quando l’utile derivante dalla vendita è rilevato, cosa che per un contratto di leasing finanziario normalmente si verifica all’inizio della decorrenza del leasing.

Valutazioni successive

39.

Con riferimento al leasing finanziario, la rilevazione dei proventi finanziari deve essere basata su modalità che riflettano un tasso di rendimento periodico costante sull’investimento netto del locatore.

40.

Un locatore deve tendere a ripartire i proventi finanziari sulla durata del leasing con un criterio sistematico e razionale. Questa ripartizione dei proventi si basa su modalità che riflettano un rendimento periodico costante sull’investimento netto del locatore. I canoni di leasing relativi al periodo, esclusi i costi per servizi, sono attribuiti all’investimento lordo del leasing per ridurre sia l’importo capitale sia l’utile finanziario non maturato.

41.

Le stime dei valori residui non garantiti utilizzate nel calcolo dell’investimento lordo del locatore in un leasing sono periodicamente riviste. Se c’è stata una riduzione nella stima del valore residuo non garantito, la ripartizione dei proventi nel corso del leasing è rivista e qualsiasi riduzione relativa a importi già imputati è immediatamente rilevata.

41A

Un’attività posseduta tramite leasing finanziario, classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate deve essere contabilizzata in conformità con tale IFRS.

42.

I locatori produttori o commercianti devono rilevare l’utile o la perdita derivante dalla vendita nell’esercizio, secondo quanto previsto dal criterio seguito dall’entità per le normali vendite. Se sono applicati tassi di interesse artificiosamente bassi, l’utile commerciale deve essere limitato a quello che risulterebbe se fosse applicato un tasso di interesse di mercato. I costi sostenuti dai locatori, che siano produttori o commercianti, finalizzati alla negoziazione e al perfezionamento di un leasing devono essere rilevati come un costo quando l’utile derivante dalla vendita è rilevato.

43.

Produttori o commercianti spesso offrono ai clienti la scelta tra l’acquisto e la locazione di un bene. Il leasing finanziario di un bene da parte di un locatore che sia produttore o commerciante genera due tipi di proventi:

a)

l’utile o la perdita equivalente all’utile o alla perdita derivante da una normale vendita del bene a normali prezzi di vendita e tenendo conto di eventuali sconti quantità o commerciali; e

b)

i proventi finanziari sulla durata del leasing.

44.

Il ricavo della vendita rilevato all’inizio della decorrenza di un leasing da un locatore che sia produttore o commerciante è rappresentato dal fair value (valore equo) del bene o, se inferiore, dal valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing che competono al locatore, calcolato a un tasso d’interesse di mercato. Il costo del venduto rilevato all’inizio della decorrenza del leasing è il costo o, se differente, il valore contabile, del bene locato meno il valore attuale del valore residuo non garantito. La differenza tra i ricavi della vendita e il costo del venduto è l’utile della vendita, che è rilevato con il criterio adottato dall’entità per le normali vendite.

45.

I locatori produttori o commercianti applicano, a volte, tassi d’interesse artificiosamente bassi allo scopo di attirare i clienti. Al momento della vendita l’utilizzo di tali tassi può generare la rilevazione di una parte eccessiva rispetto ai proventi totali derivanti dall’operazione. Se sono applicati tassi di interesse artificiosamente bassi, l’utile della vendita è limitato a quello che si sarebbe ottenuto se si fosse applicato un tasso di interesse di mercato.

46.

I costi sostenuti dai locatori che siano produttori o commercianti finalizzati alla negoziazione e al perfezionamento di un contratto di leasing sono rilevati come costo all’inizio della decorrenza del leasing perché sono principalmente correlati alla realizzazione dell’utile della vendita da parte del produttore o del commerciante.

47.

I locatori, oltre a quanto previsto dalle disposizioni dell’IFRS 7, devono fornire le seguenti informazioni per le operazioni di leasing finanziario:

a)

una riconciliazione tra l’investimento lordo nel leasing alla data di riferimento del bilancio e il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing alla data di riferimento del bilancio. Inoltre, l’entità deve indicare l’investimento lordo nel leasing e il valore attuale dei crediti per pagamenti minimi dovuti per il leasing alla data di riferimento del bilancio per ciascuno dei seguenti periodi:

i)

entro un anno;

ii)

tra uno e cinque anni;

iii)

oltre cinque anni;

b)

gli utili finanziari non maturati;

c)

i valori residui non garantiti spettanti al locatore,

d)

la svalutazione accumulata riferita a pagamenti minimi di leasing inesigibili;

e)

i canoni potenziali di locazione rilevati come proventi nell’esercizio;

f)

una descrizione generale dei contratti significativi di leasing del locatore.

48.

Come indicatore di crescita è spesso utile menzionare anche l’investimento lordo meno i ricavi differiti su nuove operazioni iscritte nell’esercizio, al netto dei valori per le operazioni di leasing annullate.

Leasing operativi

49.

I locatori devono esporre i beni oggetto di operazioni di leasing operativo nei loro stati patrimoniali secondo la natura del bene.

50.

I proventi del leasing derivanti da leasing operativi devono essere rilevati a quote costanti per la durata del leasing, a meno che un altro criterio sistematico sia più rappresentativo delle modalità temporali con le quali si riduce il beneficio derivante dall’uso del bene locato. (3)

51.

I costi, compreso l’ammortamento, sostenuti per realizzare i proventi del leasing sono rilevati a conto economico. I proventi del leasing (esclusi i corrispettivi per servizi forniti quali l’assicurazione e la manutenzione) sono rilevati a quote costanti per la durata del leasing anche se i corrispettivi hanno un diverso andamento, a meno che un diverso criterio sistematico sia più rappresentativo delle modalità temporali con le quali si riduce il beneficio derivante dall’uso del bene locato.

52.

I costi diretti iniziali sostenuti dai locatori nella negoziazione e perfezionamento di un leasing operativo devono essere aggiunti al valore contabile del bene locato e rilevati come costo lungo la durata del leasing con lo stesso criterio di rilevazione dei proventi della locazione.

53.

L’ammortamento di beni ammortizzabili locati deve essere effettuato con un criterio coerente con il criterio di ammortamento normalmente utilizzato dal locatore per beni similari, e la quota di ammortamento deve essere determinata con il criterio previsto dallo IAS 16 e dallo IAS 38.

54.

Per determinare se un’attività locata ha subito una perdita per riduzione di valore, l’entità applica lo IAS 36.

55.

Un locatore produttore o commerciante non rileva gli utili della vendita alla stipula di un leasing operativo perché questo non è equivalente a una vendita.

56.

I locatori, oltre a quanto previsto dalle disposizioni dell’IFRS 7, devono fornire le seguenti informazioni per le operazioni di leasing operativo:

a)

i pagamenti minimi derivanti da un leasing operativo non annullabile, complessivamente e per ciascuno dei seguenti periodi:

i)

entro un anno;

ii)

tra uno e cinque anni;

iii)

oltre cinque anni;

b)

i canoni potenziali di locazione totali rilevati come proventi nell’esercizio;

c)

una descrizione generale dei contratti significativi di leasing del locatore.

57.

Inoltre, le disposizioni sulle informazioni integrative previste dagli IAS 16, IAS 36, IAS 38, IAS 40 e IAS 41 si applicano ai locatori per i beni concessi tramite leasing operativo.

OPERAZIONI DI VENDITA E RETROLOCAZIONE

58.

Un’operazione di vendita e retrolocazione comporta la vendita di un bene e la retrolocazione dello stesso bene. I canoni delle operazioni di leasing e il prezzo di vendita sono, di solito, interdipendenti essendo negoziati congiuntamente. Il trattamento contabile di un’operazione di vendita e retrolocazione dipende dalla relativa tipologia di leasing.

59.

Se un’operazione di vendita e retrolocazione corrisponde a un leasing finanziario, qualsiasi eccedenza del corrispettivo di vendita rispetto al valore contabile non deve essere rilevata immediatamente come provento dal venditore-locatario. La sua rilevazione, invece, deve essere differita e imputata lungo la durata del leasing.

60.

Se la retrolocazione corrisponde a un leasing finanziario, l’operazione rappresenta un mezzo con il quale il locatore procura mezzi finanziari al locatario, avendo il bene come garanzia. Per tale motivo non è corretto considerare come provento l’eccedenza del corrispettivo di vendita rispetto al valore contabile. Tale eccedenza è differita e imputata lungo la durata del leasing.

61.

Se un’operazione di vendita e retrolocazione corrisponde a un leasing operativo, ed è evidente che l’operazione è effettuata al fair value (valore equo), ogni utile o perdita deve essere rilevato immediatamente. Se il prezzo di vendita è inferiore al fair value (valore equo), ogni utile o perdita deve essere rilevato immediatamente, eccetto il caso in cui se la perdita è compensata da futuri canoni delle operazioni di leasing inferiori a livelli di mercato, esso deve essere differito e imputato in proporzione ai canoni delle operazioni di leasing durante il periodo atteso di utilizzo del bene. Se il prezzo di vendita è maggiore del fair value (valore equo), l’eccedenza rispetto al fair value (valore equo) deve essere differita e rilevata con riferimento al medesimo periodo.

62.

Se la retrolocazione corrisponde a un leasing operativo, e i canoni delle operazioni di leasing e il prezzo di vendita sono a fair value (valore equo), si è in presenza di una normale operazione di vendita e qualsiasi utile o perdita è rilevato immediatamente.

63.

Per le operazioni di leasing operativo, se il fair value (valore equo) al momento della vendita e retrolocazione è minore del valore contabile del bene, la perdita pari alla differenza tra il valore contabile e il fair value (valore equo) deve essere rilevata immediatamente.

64.

Per le operazioni di leasing finanziario, non sono necessarie rettifiche di questo tipo a meno che ci sia stata una riduzione di valore, nel qual caso il valore contabile è ridotto al valore recuperabile secondo quanto previsto dallo IAS 36.

65.

Le disposizioni sulle informazioni integrative previste per locatari e locatori si applicano allo stesso modo anche alle operazioni di vendita e retrolocazione. La descrizione richiesta dei contratti significativi di leasing comporta l’indicazione delle clausole particolari o inusuali del contratto o delle condizioni delle operazioni di vendita e retrolocazione.

66.

Le operazioni di vendita e di retrolocazione possono comportare il criterio della separata informativa contenuto nello IAS 1 Presentazione del bilancio.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

67.

Subordinatamente al paragrafo 68, l’applicazione retroattiva del presente Principio è incoraggiata ma non richiesta. Se il presente Principio non è applicato retroattivamente, si ritiene che il saldo delle operazioni di leasing finanziario preesistenti sia stato correttamente determinato dal locatore e successivamente esso deve essere contabilizzato in conformità alle disposizioni del presente Principio.

68.

L’entità che abbia precedentemente applicato lo IAS 17 (rivisto nella sostanza nel 1997) deve applicare le modifiche apportate dal presente Principio retroattivamente per tutti i contratti di leasing o, se lo IAS 17 (rivisto nella sostanza nel 1997) non era stato applicato retroattivamente, per tutti i leasing sottoscritti a partire dalla prima applicazione del precedente Principio.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

69.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 17 (RIVISTO NELLA SOSTANZA NEL 1997)

70.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 1997).


(1)  Cfr. inoltre la SIC 27 Valutazione della sostanza delle operazioni nella forma legale del leasing.

(2)  Cfr. anche l’Interpretazione SIC 15 Leasing operativoIncentivi.

(3)  Cfr. anche l’Interpretazione SIC 15 Leasing operativoIncentivi.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 18

Ricavi

FINALITÀ

Nel Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio i proventi sono definiti come incrementi dei benefici economici che si manifestano nell’esercizio sotto forma di flussi finanziari in entrata o accrescimenti di attività o diminuzioni di passività e che determinano incrementi di patrimonio netto, diversi dalle contribuzioni dei partecipanti al patrimonio netto. I proventi comprendono sia ricavi sia altri profitti. I ricavi sono proventi che si manifestano nel corso dell’attività ordinaria dell’entità e ai quali ci si riferisce con dizioni differenti quali vendite, commissioni, interessi, dividendi e royalties. La finalità del presente Principio è quella di definire il trattamento contabile dei ricavi derivanti da determinati tipi di operazioni e di fatti.

Il problema principale nella contabilizzazione dei ricavi è la determinazione del momento della rilevazione. I ricavi sono rilevati quando è probabile che i benefici economici futuri saranno fruiti dall’entità e la loro valutazione è attendibile. Il presente Principio identifica i casi nei quali tali criteri sono soddisfatti e, perciò, i ricavi relativi vengono rilevati. Fornisce anche un’indicazione pratica per l’applicazione di questi criteri.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato nella contabilizzazione dei ricavi che derivano dalle seguenti operazioni e fatti:

a)

la vendita di beni;

b)

la prestazione di servizi; e

c)

l’utilizzo, da parte di terzi, di beni dell’entità che generano interessi, royalties e dividendi.

2.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 18, Rilevazione dei ricavi, approvato nel 1982.

3.

I beni considerati comprendono quelli prodotti dall’entità per essere venduti e quelli acquistati per la rivendita, quali merci acquistate da un dettagliante, così come terreni e altri immobili posseduti per essere rivenduti.

4.

La prestazione di servizi implica, tipicamente, lo svolgimento da parte dell’entità di un incarico contrattualmente concordato in un periodo fissato di tempo. I servizi possono essere erogati in uno o più esercizi. Alcuni contratti per la prestazione di servizi sono direttamente connessi ai lavori su ordinazione, quali quelli per le prestazioni dei responsabili di progetto e degli architetti. I ricavi che derivano da questi contratti non vengono trattati nel presente Principio, ma secondo le disposizioni riguardanti i lavori su ordinazione di cui allo IAS 11 Lavori su ordinazione.

5.

L’uso di beni dell’entità da parte di terzi produce ricavi sotto forma di:

a)

interessi — addebiti a terzi per l’utilizzo di disponibilità liquide o mezzi equivalenti o di ammontari dovuti all’entità;

b)

royalties — addebiti a terzi per l’utilizzo di attività a lungo termine appartenenti all’entità, quali brevetti, marchi di fabbrica, diritti d’autore e software per computer; e

c)

dividendi — distribuzione di utili ai possessori di partecipazioni azionarie in proporzione alla loro quota e al tipo di partecipazioni.

6.

Il presente Principio non tratta i ricavi che derivano da:

a)

contratti di locazione (cfr. IAS 17 Leasing);

b)

dividendi derivanti da partecipazioni che sono contabilizzate con il metodo del patrimonio netto (cfr. IAS 28 Partecipazioni in collegate);

c)

contratti assicurativi che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4, Contratti assicurativi;

d)

cambiamenti del fair value (valore equo) di attività e passività finanziarie o la loro dismissione (cfr. IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione);

e)

modificazioni del valore di altre attività correnti;

f)

rilevazione iniziale e cambiamenti di fair value (valore equo) di attività biologiche connesse all’attività agricola (cfr. IAS 41 Agricoltura);

g)

rilevazione iniziale dei prodotti agricoli (cfr. IAS 41); e

h)

estrazione di minerali.

DEFINIZIONI

7.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

I ricavi sono i flussi lordi di benefici economici dell’esercizio derivanti dallo svolgimento dell’attività ordinaria dell’entità, quando tali flussi determinano incrementi del patrimonio netto diversi dagli incrementi derivanti dagli apporti degli azionisti.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

8.

I ricavi comprendono solo i flussi lordi di benefici economici ricevuti e ricevibili dall’entità, in nome e per conto proprio. Corrispettivi riscossi per conto terzi quali le imposte sulle vendite, le imposte su beni e servizi e l’imposta sul valore aggiunto non sono benefici economici fruiti dall’entità e non determinano un incremento del patrimonio netto. Per questo motivo essi sono esclusi dai ricavi. Analogamente, in un rapporto di agenzia, le entrate lorde di benefici economici comprendono gli importi riscossi per conto del preponente che non determinano un incremento del patrimonio netto dell’entità. I corrispettivi riscossi per conto del preponente sono esclusi dai ricavi. L’ammontare della provvigione, invece, è un ricavo.

DETERMINAZIONE DEI RICAVI

9.

I ricavi devono essere valutati al fair value (valore equo) del corrispettivo ricevuto o spettante. (1)

10.

L’ammontare dei ricavi che deriva da un’operazione è determinato, di solito, da un accordo tra l’entità e l’acquirente o l’utilizzatore del bene. Esso viene determinato in base al fair value (valore equo) del corrispettivo ricevuto o spettante tenendo conto del valore di eventuali sconti commerciali e riduzioni legate alla quantità concessi dall’entità.

11.

Nella maggior parte dei casi, il corrispettivo è costituito da disponibilità liquide o mezzi equivalenti e l’ammontare dei ricavi è l’importo di disponibilità liquide o mezzi equivalenti ricevuto o spettante. Tuttavia, quando la riscossione di disponibilità liquide o equivalenti è differita, il fair value (valore equo) del corrispettivo può essere minore dell’ammontare nominale delle disponibilità liquide, riscosse o spettanti. Per esempio, un’entità può concedere al compratore un credito senza interessi o accettare un titolo di credito con un interesse minore di quello di mercato come corrispettivo della vendita di merci. Quando l’accordo costituisce, di fatto, un’operazione finanziaria, il fair value (valore equo) del corrispettivo è determinato scontando tutte le future entrate utilizzando un tasso di interesse figurativo. Il tasso di interesse figurativo è quello più distintamente identificabile fra:

a)

il tasso prevalente per uno strumento simile di un emittente con una situazione finanziaria simile; o

b)

un tasso di interesse che sconti il valore nominale dello strumento al prezzo di vendita corrente per pagamento in contanti delle merci o dei servizi.

La differenza tra il fair value (valore equo) e il valore nominale del corrispettivo è rilevata come interessi attivi secondo quanto previsto dai paragrafi 29 e 30 in conformità a ciò che è disposto dallo IAS 39.

12.

Quando merci o servizi sono scambiati o barattati con merci o servizi che hanno natura e valore simili, lo scambio non è considerato come un’operazione che produce ricavi. Questo è il caso, spesso, di beni di prima necessità, quali petrolio o latte, quando i fornitori scambiano o barattano rimanenze diversamente localizzate per far fronte tempestivamente alla domanda in un particolare luogo. Quando si vendono merci o si prestano servizi in cambio di merci o servizi di diversa natura, lo scambio è considerato un’operazione che produce ricavi. Il ricavo è determinato dal fair value (valore equo) delle merci o dei servizi ricevuti, rettificato dall’importo di eventuali pagamenti in disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Quando il fair value (valore equo) delle merci o dei servizi ricevuti non può essere determinato attendibilmente, il ricavo è calcolato sulla base del fair value (valore equo) delle merci o dei servizi forniti, rettificato dell’importo di eventuali pagamenti in disponibilità liquide o mezzi equivalenti.

IDENTIFICAZIONE DELL’OPERAZIONE

13.

I criteri di rilevazione previsti dal presente Principio sono, di solito, applicati distintamente a ogni operazione. Tuttavia, in particolari circostanze, è necessario applicare i criteri di rilevazione alle parti identificabili separatamente di una singola operazione allo scopo di riflettere la sostanza economica dell’operazione stessa. Per esempio, quando il prezzo di vendita di un prodotto comprende un valore identificabile per servizi da prestare successivamente, l’ammontare relativo è differito e rilevato come ricavo nell’esercizio nel quale il servizio è prestato. Viceversa, i criteri di rilevazione sono applicati a una o più operazioni nel loro complesso quando esse sono così strettamente legate che il risultato commerciale non può essere valutato senza fare riferimento alle varie operazioni come a un unico insieme. Per esempio, un’entità può vendere merci e, contemporaneamente, concludere un separato accordo per riacquistare le merci in un momento successivo, in tal modo annullando il risultato dell’operazione; in tali casi le operazioni sono trattate congiuntamente.

VENDITA DI MERCI

14.

I ricavi dalla vendita di merci devono essere rilevati quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)

l’entità ha trasferito all’acquirente i rischi significativi e i benefici connessi alla proprietà dei beni;

b)

l’entità smette di esercitare il solito livello continuativo di attività associate con la proprietà nonché l’effettivo controllo sulla merce venduta;

c)

l’ammontare dei ricavi può essere attendibilmente valutato;

d)

è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione affluiranno all’entità; e

e)

i costi sostenuti, o da sostenere, riguardo all’operazione possono essere attendibilmente determinati.

15.

La valutazione del momento in cui l’entità ha trasferito all’acquirente i rischi significativi e i benefici connessi alla proprietà richiede una disamina dei contenuti dell’operazione. Nella maggior parte dei casi, il trasferimento dei rischi e dei benefici connessi con la proprietà coincide con il trasferimento della titolarità, o del possesso, all’acquirente. Questo succede per la maggior parte delle vendite al dettaglio. In altri casi, il trasferimento dei rischi e dei benefici connessi con la proprietà avviene in un momento differente da quello del trasferimento della titolarità o del possesso.

16.

Se l’entità conserva rischi significativi connessi con la proprietà, l’operazione non può essere classificata come vendita e non si possono rilevare ricavi. L’entità può conservare in molti modi un rischio significativo legato alla proprietà. Esempi di situazioni nelle quali l’entità può conservare significativi rischi e benefici connessi con la proprietà si hanno:

a)

quando l’entità mantiene un impegno per risultati insoddisfacenti non coperti dalle normali clausole di garanzia;

b)

quando il conseguimento di ricavi da una vendita dipende dai ricavi realizzati dall’acquirente dalla vendita dei beni stessi;

c)

quando è prevista l’installazione dei beni e l’installazione che l’entità non ha ancora completato è una parte importante del contratto; e

d)

quando l’acquirente ha il diritto di revocare l’acquisto per un motivo specificato nel contratto di vendita e l’entità è incerta sulle probabilità del reso.

17.

Solo se l’entità conserva un rischio connesso alla proprietà insignificante, l’operazione è classificata come vendita e il ricavo è rilevato. Per esempio, un venditore può conservare la titolarità della merce esclusivamente a garanzia della sua riscuotibilità. In tal caso, se l’entità ha trasferito i significativi rischi e i vantaggi della proprietà, l’operazione è classificata come vendita e si rileva il relativo ricavo. Un altro esempio di entità che conserva solo rischi irrilevanti connessi alla proprietà è quello di una vendita al dettaglio nella quale viene offerto un rimborso se il cliente non fosse soddisfatto. In tali casi il ricavo è rilevato al momento della vendita se il venditore può effettuare una stima attendibile dei resi futuri, rilevando una passività per i resi basata sull’esperienza e su altri fattori pertinenti.

18.

I ricavi sono rilevati solo quando è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione saranno fruiti dall’entità. In alcuni casi, ciò può non essere probabile fino al momento della riscossione del corrispettivo o del venir meno dell’incertezza. Per esempio, può esserci incertezza sul fatto che un’autorità governativa straniera permetterà di trasferire il corrispettivo di una vendita effettuata in un Paese estero. Quando l’autorizzazione sarà stata concessa, l’incertezza sarà risolta e i ricavi potranno essere rilevati. Comunque, quando sussiste una incertezza riguardo alla riscuotibilità di crediti derivanti da un ricavo già rilevato, il valore non recuperabile, o il valore il cui recupero non è più probabile, è rilevato come costo invece che come rettifica del ricavo originariamente rilevato.

19.

I ricavi e i costi che sono relativi alla stessa operazione o a un altro fatto sono rilevati simultaneamente; questo processo è comunemente indicato come corrispondenza tra ricavi e costi. I costi, compresi le garanzie e gli altri costi da sostenere dopo la spedizione della merce possono, di solito, essere attendibilmente calcolati quando sono state soddisfatte le altre condizioni per la rilevazione dei ricavi. I ricavi, comunque, non possono essere rilevati quando i costi relativi non possono essere attendibilmente valutati; in tali circostanze un eventuale corrispettivo già ricevuto per la vendita dei beni è rilevato come una passività.

PRESTAZIONE DI SERVIZI

20.

Quando il risultato di un’operazione di prestazione di servizi può essere attendibilmente stimato, i ricavi derivanti dall’operazione devono essere rilevati con riferimento allo stadio di completamento dell’operazione alla data di riferimento del bilancio. Il risultato di un’operazione può essere attendibilmente stimato quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)

l’ammontare dei ricavi può essere attendibilmente valutato;

b)

è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione affluiranno all’entità;

c)

lo stadio di completamento dell’operazione alla data di riferimento del bilancio può essere attendibilmente misurato; e

d)

i costi sostenuti per l’operazione e i costi da sostenere per completarla possono essere attendibilmente calcolati. (2)

21.

La rilevazione dei ricavi con riferimento allo stadio di completamento di un’operazione è spesso indicata come metodo della percentuale di completamento. Applicando questo metodo, i ricavi sono rilevati nel periodo amministrativo nel quale i servizi sono prestati. La rilevazione dei ricavi adottando questo metodo fornisce utili informazioni sull’ammontare dell’attività di prestazione di servizi svolta e sul risultato economico di un esercizio. Anche lo IAS 11 richiede la rilevazione dei ricavi adottando questo metodo. Le disposizioni del presente Principio si applicano, generalmente, alla rilevazione dei ricavi e dei costi associati per un’operazione che comporta la prestazione di servizi.

22.

I ricavi sono rilevati solo quando è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione saranno fruiti dall’entità. Tuttavia, quando c’è incertezza sulla recuperabilità di un valore già compreso nei ricavi, il valore non recuperabile o il valore il cui recupero non è più probabile, è rilevato come costo, invece che come rettifica del ricavo originariamente rilevato.

23.

L’entità è generalmente in grado di effettuare stime attendibili dopo che sono stati concordati con le controparti coinvolte nell’operazione:

a)

i diritti che ciascuna delle parti può far valere relativamente al servizio che deve essere prestato e ricevuto dalle controparti;

b)

il corrispettivo da corrispondere; e

c)

i modi e i termini dell’adempimento.

Per l’entità è anche, di solito, necessario avere un efficace sistema interno di previsione e rendicontazione interna. L’entità rivede e, quando necessario, modifica le stime dei ricavi nel momento in cui il servizio viene prestato. La necessità di tali revisioni non significa necessariamente che il risultato dell’operazione non possa essere attendibilmente stimato.

24.

Lo stadio di completamento di un’operazione può essere determinato con vari metodi. L’entità impiega il metodo che conduce a una determinazione attendibile dei servizi prestati. In relazione al tipo di operazione, i metodi possono essere rappresentati da:

a)

valutazioni del lavoro svolto;

b)

servizi resi come percentuale del totale dei servizi che devono essere resi; o

c)

proporzione tra i costi sostenuti e i costi totali dell’operazione stimati. Soltanto i costi che si riferiscono ai servizi resi a una certa data sono compresi nei costi sostenuti alla stessa data. Soltanto i costi che riflettono servizi prestati o che devono essere prestati sono compresi nei costi totali stimati dell’operazione.

Spesso i pagamenti su stato d’avanzamento dei lavori e gli anticipi ricevuti dai clienti non riflettono i servizi resi.

25.

Per ragioni pratiche, quando i servizi sono resi attraverso un numero indeterminato di azioni in un determinato periodo di tempo, i ricavi sono rilevati a quote costanti nel determinato periodo di tempo a meno che sia evidente che altri metodi rappresentano in modo migliore lo stadio di completamento. Quando una particolare azione è molto più importante delle altre, la rilevazione dei ricavi è posticipata fino al momento del verificarsi dell’azione importante.

26.

Quando il risultato della prestazione di servizi non può essere attendibilmente stimato, i ricavi devono essere rilevati solo nella misura in cui i costi rilevati saranno recuperabili.

27.

Durante le prime fasi dell’operazione, succede spesso che il risultato dell’operazione stessa non possa essere attendibilmente stimato. Ciononostante, può essere probabile che l’entità recupererà i costi dell’operazione sostenuti. Perciò, i ricavi sono rilevati solo fino all’ammontare dei costi sostenuti che si prevede saranno recuperati. Se il risultato dell’operazione non può essere stimato attendibilmente non si possono rilevare utili.

28.

Quando il risultato di un’operazione non può essere stimato attendibilmente e non è probabile che i costi sostenuti saranno recuperati, i ricavi non possono essere rilevati e i costi sostenuti sono rilevati come costo. Quando le incertezze che impedivano la stima attendibile del risultato del contratto vengono meno, i ricavi sono rilevati secondo quanto previsto dal paragrafo 20 invece che secondo quanto previsto dal paragrafo 26.

INTERESSI, ROYALTIES E DIVIDENDI

29.

I ricavi che derivano dall’utilizzo, da parte di terzi, di beni dell’entità che generano interessi, royalties e dividendi devono essere rilevati secondo quanto previsto dal paragrafo 30 quando:

a)

è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione affluiranno all’entità; e

b)

l’ammontare dei ricavi può essere attendibilmente valutato.

30.

I ricavi devono essere rilevati applicando i seguenti criteri:

a)

l’interesse deve essere rilevato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo come illustrato nello IAS 39 paragrafi 9 e AG5-AG8;

b)

le royalties devono essere rilevate con il principio della competenza, secondo la sostanza dell’accordo relativo; e

c)

i dividendi devono essere rilevati quando si stabilisce il diritto degli azionisti a ricevere il pagamento.

31.

[Eliminato]

32.

Quando sono maturati dietimi prima dell’acquisto di un investimento fruttifero, gli introiti successivi di interessi sono ripartiti tra il periodo precedente all’acquisizione e quello seguente; solo la parte successiva all’acquisizione è rilevata come ricavo. Quando dividendi su partecipazioni azionarie sono distribuiti da utili precedenti all’acquisizione, quei dividendi sono dedotti dal costo delle partecipazioni. Se è difficile fare questa ripartizione senza che il criterio adottato sia arbitrario, i dividendi sono rilevati come ricavi a meno che essi rappresentino chiaramente un realizzo di parte del costo delle partecipazioni.

33.

Le royalty maturano secondo quanto previsto dall’accordo relativo e sono, solitamente, rilevate con questo criterio a meno che, considerando il contenuto dell’accordo, sia più appropriato rilevare i ricavi adottando un altro criterio sistematico e razionale.

34.

I ricavi sono rilevati solo quando è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione saranno fruiti dall’entità. Tuttavia, quando c’è incertezza sulla recuperabilità di un valore già compreso nei ricavi, il valore non recuperabile o il valore il cui recupero non è più probabile, è rilevato come costo, invece che come rettifica del ricavo originariamente rilevato.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

35.

Un’entità deve indicare:

a)

i principi contabili adottati per la rilevazione dei ricavi compresi i metodi adottati per determinare lo stadio di completamento delle operazioni che comportano la prestazione di servizi;

b)

il valore di ciascuna categoria significativa di ricavi rilevata nell’esercizio, compresi i ricavi derivanti da:

i)

la vendita di beni;

ii)

la prestazione di servizi;

iii)

gli interessi;

iv)

le royalties;

v)

dividendi; e

c)

l’importo dei ricavi derivanti dallo scambio di beni o servizi compresi in ciascuna significativa categoria di ricavi.

36.

Si indicano le passività e attività potenziali secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali. Le passività e attività potenziali possono derivare da elementi quali costi di garanzia, rivendicazioni, penalità o possibili perdite.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

37.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1995 o da data successiva.


(1)  Cfr. anche l’Interpretazione SIC-31 RicaviOperazioni di baratto comprendenti servizi pubblicitari.

(2)  Cfr. anche le Interpretazioni SIC-27 La valutazione della sostanza delle operazioni nella forma legale del leasing e SIC-31 RicaviOperazioni di baratto comprendenti servizi pubblicitari.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 19

Benefici per i dipendenti

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è quella di definire le modalità di contabilizzazione e le informazioni integrative relative ai benefici per i dipendenti. Il presente Principio prevede che l’entità rilevi:

a)

una passività quando un dipendente ha prestato attività lavorativa in cambio di benefici da erogare in futuro; e

b)

un costo quando l’entità utilizza i benefici economici derivanti dall’attività lavorativa prestata da un dipendente in cambio di benefici.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato dal datore di lavoro per la contabilizzazione dei benefici per i dipendenti, a eccezione di quelli ai quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni.

2.

Il presente Principio non tratta la rendicontazione del piano di benefici per i dipendenti (cfr. IAS 26 Rilevazione e rappresentazione in bilancio dei fondi pensione).

3.

Il presente Principio si applica a tutti i benefici per i dipendenti, inclusi quelli forniti:

a)

nell’ambito di piani o altri accordi formalizzati che intercorrono tra l’entità e singoli dipendenti, gruppi di dipendenti o loro rappresentanti;

b)

ai sensi di norme legislative, o di accordi settoriali, in base a cui le entità devono contribuire a piani nazionali, statali, settoriali o relativi a più datori di lavoro; o

c)

dalle consuetudini non formalizzate che danno origine a un’obbligazione implicita. Le consuetudini non formalizzate danno origine a un’obbligazione implicita quando l’entità non ha alternative realistiche al pagamento di benefici per i dipendenti. Un esempio di obbligazione implicita si ha quando un cambiamento delle consuetudini non formalizzate dell’entità danneggerebbe in modo inaccettabile i suoi rapporti con i dipendenti.

4.

I benefici per i dipendenti comprendono:

a)

benefici a breve termine per i dipendenti, quali salari, stipendi e relativi contributi sociali, pagamento di indennità sostitutive di ferie e di assenze per malattia, compartecipazione agli utili e incentivazioni (se dovuti entro dodici mesi dalla fine dell’esercizio) e benefici non monetari (quali assistenza medica, abitazione, auto aziendale e beni o servizi gratuiti o a costo ridotto) per il personale in servizio;

b)

benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro quali pensioni, altri benefici pensionistici, assicurazioni sulla vita e assistenza sanitaria successive al rapporto di lavoro;

c)

altri benefici a lungo termine per i dipendenti, ivi inclusi permessi o periodi sabbatici legati all’anzianità di servizio, premi in occasione di anniversari o altri benefici legati all’anzianità di servizio, indennità per invalidità permanente e, se dovuti dopo dodici mesi o più dalla chiusura dell’esercizio, compartecipazione agli utili, incentivi e retribuzioni differite; e

d)

benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro.

Poiché ciascuna categoria individuata nei punti da a) a d) di cui sopra possiede caratteristiche diverse, il presente Principio stabilisce disposizioni distinte per ciascuna categoria.

5.

I benefici per i dipendenti comprendono benefici erogati ai dipendenti o alle persone a loro carico e possono essere liquidati per mezzo di pagamenti (o con la fornitura di beni o servizi) effettuati direttamente ai dipendenti, al coniuge, ai figli o ad altre persone a loro carico o a terzi, quali società assicuratrici.

6.

Un dipendente può prestare la propria attività lavorativa a tempo pieno, a tempo parziale, a tempo indeterminato, occasionalmente o a tempo determinato. Per le finalità del presente Principio, tra i dipendenti sono inclusi gli amministratori e il personale direttivo.

DEFINIZIONI

7.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

I benefici per i dipendenti sono tutti i tipi di remunerazione erogata da un’entità in cambio dell’attività lavorativa svolta dai dipendenti.

I benefici a breve termine per i dipendenti sono benefici per i dipendenti (diversi dai benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro) dovuti interamente entro dodici mesi dal termine dell’esercizio nel quale i dipendenti hanno prestato la relativa attività lavorativa.

I benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro sono benefici per i dipendenti (diversi dai benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro) dovuti dopo la conclusione del rapporto di lavoro.

I piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro sono accordi, formalizzati o non formalizzati, in virtù dei quali l’entità fornisce, a uno o più dipendenti, benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro.

I piani a contribuzione definita sono piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro in base a cui l’entità versa dei contributi fissati a una entità distinta (un fondo) e non avrà un’obbligazione legale o implicita a pagare ulteriori contributi se il fondo non disponesse di attività sufficienti a pagare tutti i benefici per i dipendenti relativi all’attività lavorativa svolta nell’esercizio corrente e in quelli precedenti.

I piani a benefici definiti sono piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro diversi dai piani a contribuzione definita.

I piani relativi a più datori di lavoro sono piani a contribuzione definita (diversi dai piani statali) o piani a benefici definiti (diversi dai piani statali) che:

a)

mettono insieme le attività conferite da diverse entità non soggette a controllo comune; e

b)

utilizzano tali attività per erogare benefici ai dipendenti di diverse entità determinando i livelli di contributi e benefici indipendentemente dall’identità dell’entità che impiega i dipendenti interessati.

Gli altri benefici a lungo termine sono benefici per i dipendenti (diversi dai benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro e dai benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro) che non sono dovuti interamente entro i dodici mesi successivi al termine dell’esercizio in cui i dipendenti hanno prestato la relativa attività lavorativa.

I benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro sono rappresentati da benefici per i dipendenti dovuti in seguito:

a)

alla decisione dell’entità di concludere il rapporto di lavoro con un dipendente prima della normale data di pensionamento; o

b)

alla decisione del dipendente di accettare le dimissioni volontarie in cambio di tali indennità.

I benefici maturati dai dipendenti sono benefici che non dipendono dall’attività lavorativa futura.

Il valore attuale di un’obbligazione per benefici definiti è il valore attuale, senza deduzione di alcuna attività a servizio del piano, dei pagamenti futuri previsti come necessari per estinguere l’obbligazione derivante dall’attività lavorativa svolta dal dipendente nell’esercizio corrente e in quelli precedenti.

Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti è l’incremento del valore attuale delle obbligazioni per benefici definiti risultante dall’attività lavorativa svolta dal dipendente nell’esercizio corrente.

Gli interessi passivi sono l’incremento che il valore attuale di un’obbligazione per benefici definiti subisce in un esercizio per il fatto che la data di pagamento del beneficio diventi più vicina di un esercizio.

Le attività a servizio del piano comprendono:

a)

attività detenute da un fondo di benefici a lungo termine per i dipendenti; e

b)

polizze d’assicurazione che soddisfano i requisiti richiesti.

Le attività detenute da un fondo di benefici a lungo termine per i dipendenti sono attività (diverse dagli strumenti finanziari non trasferibili emessi dall’entità che redige il bilancio) che:

a)

sono detenute da un’entità (un fondo) giuridicamente distinta dall’entità che redige il bilancio e che esiste solamente per pagare o accantonare i benefici per i dipendenti; e

b)

possono essere utilizzate, esclusivamente, per pagare o accantonare i benefici per i dipendenti, non sono disponibili per i creditori dell’entità che redige il bilancio (anche nel caso di fallimento) e non possono essere restituite all’entità che redige il bilancio, a meno che:

i)

le restanti attività del fondo siano sufficienti a soddisfare tutte le obbligazioni del piano o dell’entità che redige il bilancio relative ai benefici per i dipendenti; o

ii)

le attività sono restituite all’entità che redige il bilancio al fine di rimborsarle i benefici a favore dei dipendenti già pagati.

La polizza assicurativa che soddisfa i requisiti richiesti è una polizza (1) emessa da una società assicuratrice che non è parte correlata (come definita nello IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate) dell’entità che redige il bilancio, se i corrispettivi della polizza:

a)

possono essere utilizzati solo per pagare o accantonare i benefici per i dipendenti sulla base di un piano a benefici definiti; e

b)

non sono disponibili per i creditori dell’entità che redige il bilancio (anche nel caso di fallimento) e non possono essere pagati all’entità che redige il bilancio, a meno che:

i)

i corrispettivi rappresentino un surplus di attività non necessarie alla società assicuratrice per soddisfare tutte le obbligazioni relative ai benefici per i dipendenti; o

ii)

i corrispettivi sono restituiti all’entità che redige il bilancio al fine di rimborsarle i benefici a favore dei dipendenti già pagati.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Il rendimento delle attività a servizio di un piano è dato dall’interesse, dai dividendi e da altri ricavi derivanti dalle attività a servizio del piano insieme a utili o perdite, realizzati e non realizzati sulle attività a servizio del piano dedotti i costi di amministrazione del piano e qualsiasi imposta dovuta dal piano stesso.

Gli utili e le perdite attuariali comprendono:

a)

le rettifiche basate sull’esperienza passata (gli effetti delle differenze tra le precedenti ipotesi attuariali e quanto si è effettivamente verificato); e

b)

gli effetti di modifiche nelle ipotesi attuariali.

Il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate è l’incremento del valore attuale delle obbligazioni per benefici definiti relative all’attività lavorativa svolta dal dipendente negli esercizi precedenti. L’incremento deriva, nell’esercizio corrente dall’introduzione o dalla modifica di benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro o di altri benefici a lungo termine per i dipendenti. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate può avere segno positivo (laddove si introducano o si migliorino benefici) o negativo (laddove i benefici in essere siano ridotti).

BENEFICI A BREVE TERMINE PER I DIPENDENTI

8.

I benefici a breve termine per i dipendenti comprendono elementi quali:

a)

salari, stipendi e contributi per oneri sociali;

b)

assenze a breve termine retribuite (quali le ferie annuali e le assenze per malattia pagate) quando si prevede che le assenze avvengano entro dodici mesi dal termine dell’esercizio nel quale i dipendenti prestano l’attività lavorativa relativa;

c)

compartecipazione agli utili e incentivi dovuti entro dodici mesi dalla conclusione dell’esercizio nel quale i dipendenti prestano l’attività lavorativa relativa; e

d)

benefici non monetari (quali assistenza medica, abitazione, auto aziendale e beni o servizi gratuiti o a prezzi ridotti) per i dipendenti in servizio.

9.

La contabilizzazione dei benefici a breve termine per i dipendenti è, di solito, semplice poiché per determinare il valore dell’obbligazione o il costo non sono necessarie ipotesi attuariali e non c’è nessuna possibilità di utile o perdita attuariale. Inoltre, le obbligazioni per benefici a breve termine per i dipendenti non vengono attualizzate.

Rilevazione e valutazione

Benefici a breve termine per i dipendenti

10.

L’entità deve rilevare nel seguente modo l’ammontare non attualizzato dei benefici a breve termine che si prevede dovranno essere pagati al dipendente in cambio dell’attività lavorativa prestata dal dipendente durante un periodo amministrativo:

a)

come passività (accantonamento di costi) dopo aver dedotto qualsiasi importo già corrisposto. Se l’importo già corrisposto è maggiore dell’ammontare non attualizzato dei benefici, l’entità deve rilevare la differenza come una attività (risconto attivo) nella misura in cui il pagamento anticipato determinerà, per esempio, una riduzione dei pagamenti futuri o un rimborso; e

b)

come costo, a meno che un altro Principio richieda o consenta l’inclusione dei benefici nel costo di un’attività (cfr., per esempio, IAS 2 Rimanenze e IAS 16 Immobili, impianti e macchinari).

I paragrafi 11, 14 e 17 spiegano come l’entità deve applicare tale disposizione nel caso di benefici a breve termine per i dipendenti sotto forma di assenze retribuite, compartecipazione agli utili e piani di incentivazione.

Brevi assenze retribuite

11.

L’entità deve rilevare il costo previsto dei benefici a breve termine per i dipendenti sotto forma di assenze retribuite, come definite nel paragrafo 10, nel seguente modo:

a)

nel caso di assenze retribuite accumulabili, nel momento in cui è resa dal dipendente l’attività lavorativa che fa maturare il diritto a godere, in futuro, assenze retribuite; e

b)

nel caso di assenze retribuite non accumulabili, quando le assenze si verificano.

12.

L’entità può retribuire le assenze dei dipendenti per diversi motivi tra i quali ferie, malattia e invalidità temporanea, maternità o paternità, servizi nelle corti di giustizia e servizio militare. Il diritto alle assenze retribuite rientra in due categorie differenti:

a)

accumulabili; e

b)

non accumulabili.

13.

Le assenze retribuite accumulabili sono quelle portate a nuovo e possono essere utilizzate negli esercizi successivi se, nell’esercizio di maturazione, il diritto non è stato esercitato completamente. Le assenze retribuite accumulabili possono essere acquisite (in altre parole, i dipendenti, al momento di lasciare l’entità, hanno diritto a un pagamento in contanti per il diritto non esercitato) o non acquisite (quando i dipendenti, al momento di lasciare l’entità, non hanno diritto a pagamenti in contanti per il diritto non esercitato). L’obbligazione sorge nel momento in cui è resa dal dipendente l’attività lavorativa che fa maturare il diritto a future assenze retribuite. L’obbligazione esiste, ed è rilevata, anche se le assenze retribuite sono non acquisite, sebbene la possibilità che i dipendenti possano lasciare il lavoro prima di aver esercitato il diritto maturato non acquisito influenzi la valutazione dell’obbligazione.

14.

L’entità deve valutare il costo previsto delle assenze retribuite accumulabili come importo aggiuntivo che prevede di dover pagare per le assenze maturate ma non godute alla data di riferimento del bilancio.

15.

Il metodo specificato nel paragrafo precedente valuta l’obbligazione in base all’ammontare dei pagamenti addizionali previsti per il solo fatto che il beneficio è accumulabile. In molti casi, per l’entità può non essere necessario fare calcoli dettagliati per valutare che non ci sarà un’obbligazione rilevante per le assenze retribuite non godute. Per esempio, è probabile che l’obbligazione relativa alle assenze per malattia sia rilevante solo in presenza di un accordo, formalizzato o non formalizzato, in base al quale l’assenza per malattia non utilizzata può essere goduta come ferie retribuite.

Esempio illustrativo dei paragrafi 14 e 15Un’entità ha 100 dipendenti, ciascuno dei quali ha diritto, ogni anno, a cinque giorni lavorativi retribuiti di assenza per malattia. Le assenze per malattia non utilizzate possono essere riutilizzate per un anno. Le assenze per malattia vengono prima sottratte da quelle maturate nell’anno in corso e poi da un eventuale saldo portato a nuovo dall’anno precedente (criterio LIFO). Il 30 dicembre dell’anno 20X1, ogni dipendente ha mediamente due giorni di diritto non utilizzato. L’entità si attende che nel 20X2, sulla base dell’esperienza passata che si ritiene ancora valida, 92 dipendenti si assenteranno dal lavoro per malattia per non più di cinque giorni retribuiti e che i restanti 8 dipendenti faranno un periodo medio di assenza di sei giorni e mezzo ciascuno.L’entità prevede di pagare 12 giorni addizionali di assenza retribuita per malattia in seguito al diritto non utilizzato che è maturato al 31 dicembre 20X1 (un giorno e mezzo per ciascuno degli 8 dipendenti). Perciò, l’entità rileva una passività corrispondente a 12 giorni di assenza retribuita per malattia.

16.

Le assenze retribuite non accumulabili non si portano a nuovo negli esercizi successivi: esse si estinguono se il diritto relativo all’esercizio corrente non è utilizzato completamente e, al momento di lasciare l’entità, non danno diritto a ricevere un pagamento monetario in cambio del diritto non utilizzato. È quanto di solito accade nel caso di assenze per malattia (nella misura in cui il diritto relativo agli esercizi passati che non è stato utilizzato non incrementa il diritto relativo agli esercizi futuri), assenze per maternità o paternità e assenze retribuite per servizio nelle corti di giustizia o per servizio militare. L’entità non rileva alcuna passività o costo fino al momento dell’assenza per il fatto che l’attività lavorativa prestata dal dipendente non determina un beneficio maggiore.

Compartecipazione agli utili e piani di incentivazione

17.

L’entità deve rilevare il costo previsto relativo alla compartecipazione agli utili e ai pagamenti per incentivi come definiti dal paragrafo 10 quando, e solo quando:

a)

essa ha un’obbligazione attuale, legale o implicita, a eseguire tali pagamenti come conseguenza di eventi passati; e

b)

può essere effettuata una stima attendibile dell’obbligazione.

Esiste un’obbligazione attuale quando, e solo quando, l’entità non ha alternative realistiche all’effettuazione dei pagamenti.

18.

Nell’ambito di alcuni piani di compartecipazione agli utili i dipendenti ricevono una quota degli utili solo se rimangono in servizio per un periodo stabilito. Tali piani fanno sorgere un’obbligazione implicita man mano che i dipendenti prestano il loro lavoro che aumenta l’ammontare che deve essere pagato se rimangono in servizio fino al termine del periodo stabilito. La valutazione di tali obbligazioni implicite riflette la possibilità che alcuni dipendenti possano lasciare l’entità senza ricevere i pagamenti derivanti dalla compartecipazione agli utili.

Esempio illustrativo del paragrafo 18Un piano di compartecipazione agli utili prevede che l’entità versi una parte stabilita dell’utile dell’esercizio ai dipendenti che hanno lavorato per tutto l’anno. Se nessun dipendente lascia l’azienda durante l’anno, il totale dei pagamenti relativi alla compartecipazione agli utili sarà il 3 % dell’utile. L’entità stima che la rotazione del personale ridurrà i pagamenti al 2,5 % dell’utile.L’entità rileva una passività e un costo pari al 2,5 % dell’utile.

19.

L’entità può non avere nessuna obbligazione legale a pagare un incentivo. Tuttavia, a volte, può avere la consuetudine di pagare incentivi. In tali casi, essa ha un’obbligazione implicita, poiché non ha alternative realistiche al pagamento dell’incentivo. La valutazione dell’obbligazione implicita riflette la possibilità che alcuni dipendenti possano lasciare l’entità senza ricevere un incentivo.

20.

L’entità può compiere una stima attendibile della sua obbligazione legale o implicita nell’ambito di un piano di compartecipazione agli utili o di incentivazione quando, e solo quando:

a)

le condizioni formali del piano contengono una formula per determinare l’ammontare del beneficio;

b)

l’entità determina gli ammontari da pagare prima che il bilancio sia autorizzato alla pubblicazione; o

c)

l’esperienza passata fornisce una chiara evidenza dell’ammontare dell’obbligazione implicita dell’entità.

21.

Nell’ambito di piani di compartecipazione agli utili e di incentivazione l’obbligazione deriva dall’attività lavorativa prestata dal dipendente e non da un’operazione con i soci. L’entità, quindi, rileva il costo dei piani di compartecipazione agli utili e di incentivazione come costo e non come distribuzione di utili.

22.

Se i pagamenti per compartecipazione agli utili e per incentivi non sono dovuti integralmente entro i dodici mesi successivi al termine dell’esercizio nel quale i dipendenti hanno svolto la relativa attività lavorativa, essi rappresentano altri benefici a lungo termine per i dipendenti (cfr. paragrafi da 126 a 131).

Informazioni integrative

23.

Sebbene il presente Principio non richieda specifiche informazioni integrative sui benefici a breve termine per i dipendenti, esse possono essere richieste da altri Principi. Per esempio, lo IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate, richiede indicazioni sui benefici per i dipendenti a favore di dirigenti con responsabilità strategiche. Lo IAS 1 Presentazione del bilancio richiede l’indicazione dei costi dei benefici per i dipendenti.

BENEFICI SUCCESSIVI ALLA FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO: DISTINZIONE TRA PIANI A CONTRIBUZIONE DEFINITA E PIANI A BENEFICI DEFINITI

24.

I benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro comprendono, per esempio:

a)

benefici pensionistici, quali le pensioni; e

b)

altri benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, quali assicurazioni sulla vita e assistenza medica.

Gli accordi in base ai quali l’entità eroga benefici successivi al rapporto di lavoro sono piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. L’entità applica il presente Principio a tutti questi accordi indipendentemente dal fatto che essi implichino la costituzione di un’entità distinta che riceva i contributi ed eroghi i benefici.

25.

I piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro sono classificati come piani a contribuzione definita o come piani a benefici definiti, a seconda della sostanza economica del piano, la quale dipende dai principali termini e condizioni del piano stesso. Nei piani a contribuzione definita:

a)

l’obbligazione legale o implicita dell’entità è limitata all’ammontare dei contributi da versare al fondo sulla base dell’accordo. L’ammontare dei benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro ricevuti dal dipendente è determinato, quindi, dall’ammontare di contributi pagati dall’entità (e a volte anche dal dipendente) a un piano per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro o a una società assicuratrice, insieme ai rendimenti derivanti dall’investimento dei contributi; e

b)

di conseguenza, il rischio attuariale (che i benefici siano inferiori a quelli attesi) e il rischio di investimento (che le attività investite siano insufficienti a soddisfare i benefici attesi) ricadono sul dipendente.

26.

Esempi di situazioni in cui l’obbligazione dell’entità non si limita all’ammontare di contributi da versare, in base all’accordo, al fondo si hanno quando l’entità ha un’obbligazione legale o implicita derivante da:

a)

una formula per la determinazione dei benefici del piano che non è legata unicamente all’ammontare dei contributi;

b)

una garanzia, diretta o indiretta attraverso un piano, di un determinato rendimento sui contributi; o

c)

quelle prassi informali che danno origine a un’obbligazione implicita. Per esempio, se un’entità ha garantito nel passato benefici crescenti agli ex dipendenti per compensare l’inflazione, può sorgere un’obbligazione implicita, anche se non esiste un’obbligazione legale.

27.

Nell’ambito di piani a benefici definiti:

a)

l’obbligazione dell’entità consiste nel concedere i benefici concordati per i dipendenti in servizio e per gli ex dipendenti; e

b)

il rischio attuariale (che i benefici siano più costosi del previsto) e il rischio dell’investimento ricadono, in sostanza, sull’entità. Se i valori attuariali o quelli relativi agli investimenti sono inferiori alle attese, il valore dell’obbligazione dell’entità può essere aumentato.

28.

I paragrafi da 29 a 42 spiegano la distinzione fra piani a contribuzione definita e piani a benefici definiti nel contesto di piani relativi a più datori di lavoro, piani statali e benefici assicurati.

Piani relativi a più datori di lavoro

29.

L’entità deve classificare un piano relativo a più datori di lavoro come un piano a contribuzione definita o come un piano a benefici definiti in base alle condizioni del piano (includendo eventuali obbligazioni implicite che vadano al di là delle condizioni formali). Quando un piano relativo a più datori di lavoro è un piano a benefici definiti, l’entità deve:

a)

contabilizzare, con criterio proporzionale, l’obbligazione per benefici definiti, le attività a servizio del piano e il costo associato al piano con le stesse modalità dei piani a benefici definiti; e

b)

presentare le informazioni integrative richieste dal paragrafo 120A.

30.

Quando, con riguardo a un piano relativo a più datori di lavoro classificato come piano a benefici definiti, non sono disponibili informazioni sufficienti per adottare le modalità di contabilizzazione dei piani a benefici definiti, l’entità deve:

a)

contabilizzare il piano secondo quanto previsto dai paragrafi da 44 a 46 come se fosse un piano a contribuzione definita;

b)

indicare:

i)

che il piano è un piano a benefici definiti; e

ii)

i motivi per cui non sono disponibili informazioni sufficienti per consentire all’entità di contabilizzarlo come un piano a benefici definiti; e

c)

nella misura in cui un avanzo o un disavanzo nel piano può influire sull’ammontare dei contributi futuri, indicare anche:

i)

ogni informazione disponibile in merito all’avanzo o al disavanzo;

ii)

il criterio utilizzato per determinare tale avanzo o disavanzo; e

iii)

le eventuali implicazioni per l’entità.

31.

Un esempio di piano a benefici definiti relativo a più datori di lavoro si ha quando:

a)

il piano è finanziato con un criterio a ripartizione (pay-as-you-go): i contributi sono fissati a un livello che si prevede sufficiente a pagare i benefici dovuti nello stesso esercizio; e i benefici futuri maturati nell’esercizio corrente saranno pagati dai contributi futuri; e

b)

i benefici per i dipendenti dipendono dalla durata della loro anzianità di servizio e le entità che partecipano al piano non hanno reali possibilità di recedere dal piano senza pagare un contributo per i benefici acquisiti dai dipendenti fino alla data del recesso. Un piano di questo tipo genera un rischio attuariale per l’entità: se il costo finale dei benefici già maturati alla data di riferimento del bilancio è superiore alle previsioni, l’entità dovrà aumentare i suoi contributi o convincere i dipendenti ad accettare una riduzione dei benefici. Tale piano è, quindi, un piano a benefici definiti.

32.

Quando, con riguardo a un piano a benefici definiti relativo a più datori di lavoro, sono disponibili sufficienti informazioni, l’entità contabilizza, con criterio proporzionale, la sua obbligazione per benefici definiti, le attività a servizio del piano e il costo del beneficio successivo alla fine del rapporto di lavoro associato al piano con le stesse modalità dei piani a benefici definiti. Tuttavia, in alcuni casi, l’entità può non essere in grado di identificare con sufficiente attendibilità, ai fini di una corretta contabilizzazione, la situazione patrimoniale-finanziaria sottostante e il risultato economico del piano che, proporzionalmente, le spettano. Questo può verificarsi se:

a)

l’entità non ha accesso alle informazioni sul piano che soddisfano le disposizioni del presente Principio; o

b)

il piano espone le entità che vi aderiscono a rischi attuariali relativi ai dipendenti in servizio e agli ex dipendenti di altre entità, con la conseguenza che non esiste un criterio coerente e attendibile per allocare l’obbligazione, le attività a servizio del piano e il costo alle singole entità che partecipano al piano.

In questi casi, l’entità contabilizza il piano come se fosse un piano a contribuzione definita e fornisce le informazioni aggiuntive richieste dal paragrafo 30.

32A

Può sussistere un accordo contrattuale tra il piano relativo a più datori di lavoro e i suoi partecipanti che determina come l’eccedenza nel piano sarà ridistribuita ai partecipanti (o il deficit consolidato). Un partecipante in un piano relativo a più datori di lavoro con tale accordo che contabilizza il piano come un piano a contribuzione definita secondo il paragrafo 30 deve rilevare l’attività o la passività che deriva dall’accordo contrattuale e i proventi od oneri che ne risultano nel conto economico.

Esempio illustrativo del paragrafo 32AUn’entità partecipa a un piano a benefici definiti relativo a più datori di lavoro che non prepara valutazioni del piano in base allo IAS 19. Esso quindi contabilizza il piano come se fosse un piano a contribuzione definita. Una valutazione di contribuzione al fondo, non fatta secondo lo IAS 19, mostra un deficit di 100 milioni nel piano. Il piano ha accettato secondo il contratto un piano di contribuzioni con i datori di lavoro partecipanti al piano che elimineranno il deficit nei prossimi cinque anni. I contributi totali dell’entità secondo il contratto sono pari a 8 milioni.L’entità rileva una passività per i contributi rettificati per il valore temporale del denaro e una stessa spesa nel conto economico.

32B

Lo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali, richiede che l’entità rilevi le passività potenziali o fornisca informazioni integrative in merito. Nel contesto di un piano relativo a più datori di lavoro, può sorgere una passività potenziale, per esempio, per:

a)

perdite attuariali relative ad altre entità partecipanti al piano per il fatto che ogni entità che partecipa a un piano relativo a più datori di lavoro condivide i rischi attuariali delle altre entità partecipanti; o

b)

eventuali responsabilità, derivanti dalle condizioni del piano, a finanziare qualsiasi deficit del piano qualora altre entità si ritirino dal piano.

33.

I piani relativi a più datori di lavoro sono distinti dai piani associativi. Un piano associativo è una semplice aggregazione dei piani dei datori di lavoro fatta per consentire loro di mettere in comune le loro attività a fini di investimento e di ridurre i costi di gestione e amministrazione dell’investimento, mantenendo distinti i propri diritti a esclusivo beneficio dei propri dipendenti. I piani associativi non pongono particolari problemi contabili poiché le informazioni per la contabilizzazione sono facilmente disponibili così come per ogni altro piano e perché tali piani non espongono le entità partecipanti ai rischi attuariali relativi ai dipendenti in servizio e a quelli in pensione appartenenti ad altre entità. Le definizioni del presente Principio richiedono che l’entità classifichi un piano associativo come un piano a contribuzione definita o a benefici definiti in accordo con le condizioni del piano (inclusa ogni obbligazione implicita che va al di là delle condizioni formali).

Piani a benefici definiti che condividono i rischi tra le varie entità sotto controllo comune

34.

I piani a benefici definiti che condividono i rischi tra le varie entità sotto controllo comune, per esempio una controllante e le sue controllate, non sono piani relativi a più datori di lavoro.

34A

Un’entità che partecipa a tale piano deve ottenere informazioni in merito al piano nel suo complesso valutato secondo lo IAS 19 sulla base di ipotesi che si applicano al piano nel suo complesso. Se esiste un accordo contrattuale o una prassi consolidata per addebitare il costo netto del piano a benefici definiti nel suo complesso, secondo quanto previsto dallo IAS 19 a singole entità del gruppo, l’entità deve rilevare nel bilancio individuale o separato il costo netto del piano a benefici definiti così addebitato. Se non esiste tale accordo o prassi, il costo netto del piano a benefici definiti deve essere rilevato nel bilancio individuale o separato dell’entità del gruppo che è legalmente il datore di lavoro che sponsorizza il piano. Le altre entità del gruppo devono, nei loro bilanci separati o individuali, rilevare un costo pari al loro contributo dovuto per l’esercizio.

34B

Una partecipazione in tale piano è un’operazione con parti correlate per ogni entità del gruppo. Un’entità quindi, deve riportare le seguenti informazioni nel suo bilancio separato o individuale:

a)

l’accordo contrattuale o le definite procedure per cui si addebita il costo netto del piano a benefici definiti o il fatto che non vi siano tali procedure;

b)

la procedura per determinare il contributo che l’entità deve corrispondere;

c)

tutte le informazioni relative al piano nel suo insieme secondo quanto previsto dai paragrafi 120 e 121, se l’entità contabilizza una ripartizione del costo netto del piano a benefici definiti secondo quanto previsto dal paragrafo 34A;

d)

le informazioni relative al piano nel suo insieme secondo quanto previsto dal paragrafo 120A, lettere da b) ad e), j), n), o), q) e dal paragrafo 121, se l’entità contabilizza il contributo dovuto per l’esercizio secondo quanto previsto dal paragrafo 34A. Le altre informazioni richieste dal paragrafo 120A non si forniscono.

35.

[Eliminato]

Piani statali

36.

L’entità deve contabilizzare un piano statale con le stesse modalità dei piani relativi a più datori di lavoro (cfr. paragrafi 29 e 30).

37.

I piani statali sono previsti dalla legislazione per tutte le entità (o tutte le entità di una particolare categoria, per esempio un settore specifico) e sono gestiti da enti pubblici nazionali o locali o da un altro organismo (per esempio un’agenzia autonoma creata appositamente) non sottoposti al controllo o all’influenza dell’entità che redige il bilancio. Alcuni piani predisposti dall’entità erogano sia benefici obbligatori che, altrimenti, sarebbero forniti da un piano statale, sia ulteriori benefici volontari. Tali piani non sono piani statali.

38.

I piani statali sono classificati, per natura, come piani a benefici definiti o piani a contribuzione definita in base alla obbligazione assunta dall’entità nel piano. Molti piani statali sono finanziati con un criterio a ripartizione (pay-as-you-go): i contributi sono fissati a un livello che si prevede sufficiente a pagare i benefici richiesti dovuti nello stesso esercizio; i benefici futuri maturati nell’esercizio corrente saranno pagati dai contributi futuri. Nella maggior parte dei piani statali, tuttavia, l’entità non ha un’obbligazione legale o implicita a pagare quei benefici futuri: la sua sola obbligazione consiste nel pagamento dei contributi a man a mano che diventano dovuti e se l’entità smette di impiegare partecipanti al piano statale non ha nessuna obbligazione a pagare i benefici acquisiti dai propri dipendenti negli anni precedenti. Per questo motivo, i piani statali sono, di solito, piani a contribuzione definita. Tuttavia, nei rari casi in cui un piano statale è un piano a benefici definiti, l’entità applica il trattamento contabile indicato nei paragrafi 29 e 30.

Benefici assicurati

39.

L’entità può pagare premi assicurativi per finanziare un piano per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. L’entità deve considerare tale piano come un piano a contribuzione definita salvo che essa abbia (direttamente o, indirettamente, attraverso il piano) un’obbligazione legale o implicita a:

a)

pagare direttamente i benefici a favore dei dipendenti quando sono dovuti; o

b)

pagare ulteriori importi se l’assicuratore non paga tutti i futuri benefici per i dipendenti relativi all’attività lavorativa prestata dai dipendenti nell’esercizio corrente e in quelli precedenti.

Se l’entità continua ad avere tale obbligazione legale o implicita, deve considerare il piano come un piano a benefici definiti.

40.

I benefici assicurati da un contratto assicurativo non devono necessariamente avere una relazione diretta o immediata con l’obbligazione dell’entità per benefici per i dipendenti. I piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro che comprendono contratti assicurativi sono soggetti alle stesse distinzioni tra contabilizzazione e finanziamento degli altri piani finanziati.

41.

Quando l’entità finanzia un’obbligazione per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro versando i contributi a una polizza assicurativa che genera per l’entità (direttamente o indirettamente con il piano, attraverso il meccanismo di fissazione dei premi futuri o attraverso il rapporto di una parte correlata con l’assicuratore) un’obbligazione legale o implicita, il pagamento dei premi non equivale a un accordo a contribuzione definita. Ne consegue che l’entità:

a)

contabilizza la polizza assicurativa che soddisfa i requisiti richiesti come attività a servizio del piano (cfr. paragrafo 7); e

b)

rileva le altre polizze assicurative come diritti di rimborso (se soddisfano i criteri indicati nel paragrafo 104A).

42.

Quando una polizza assicurativa è intestata a un singolo partecipante al piano o a un gruppo di partecipanti al piano e l’entità non ha nessuna obbligazione legale o implicita a garantire un’eventuale perdita sulla polizza, non esiste per l’entità un’obbligazione a pagare benefici per i dipendenti e solo l’assicuratore ha questa responsabilità. Il pagamento di premi fissi relativo a tali contratti rappresenta, sostanzialmente, l’estinzione dell’obbligazione per i benefici per i dipendenti, piuttosto che un investimento per far fronte a tale obbligazione. Di conseguenza, l’entità non ha più un’attività o una passività. Quindi, un’entità considera tali pagamenti come contributi a un piano a contributi definiti.

BENEFICI SUCCESSIVI ALLA FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO: PIANI A CONTRIBUZIONE DEFINITA

43.

La contabilizzazione di piani a contribuzione definita è semplice perché, per ogni esercizio, l’obbligazione dell’entità che redige il bilancio è determinata sulla base dei contributi dovuti per quell’esercizio. Di conseguenza, per valutare l’obbligazione o il costo non sono necessarie ipotesi attuariali e non vi è possibilità di utili o perdite attuariali. Inoltre, le obbligazioni sono assoggettate ad attualizzazione, solo nel caso in cui non si estinguono interamente entro dodici mesi dal termine dell’esercizio in cui i dipendenti hanno prestato l’attività lavorativa relativa.

Rilevazione e valutazione

44.

Quando un dipendente ha prestato servizio a un’entità in un esercizio, l’entità deve rilevare i contributi da versare a un piano a contribuzione definita in cambio di quella prestazione lavorativa:

a)

come passività (debito), dopo aver dedotto eventuali contributi già versati. Se i contributi già versati eccedono quelli dovuti per l’attività lavorativa prestata prima della data di riferimento del bilancio, l’entità deve rilevare quell’eccedenza come un’attività (pagamento anticipato) nella misura in cui il pagamento determinerà, per esempio, una riduzione dei pagamenti futuri o un rimborso; e

b)

come costo, a meno che un altro Principio richieda o consenta l’inclusione del contributo nel costo di un’attività (cfr., per esempio, IAS 2 Rimanenze e IAS 16 Immobili, impianti e macchinari).

45.

Quando i contributi a un piano a contribuzione definita non sono dovuti interamente entro dodici mesi dal termine dell’esercizio in cui i dipendenti hanno prestato l’attività lavorativa relativa, essi devono essere attualizzati utilizzando il tasso di sconto indicato nel paragrafo 78.

Informazioni integrative

46.

L’entità deve dare informativa in bilancio dell’ammontare rilevato come costo per piani a contribuzione definita.

47.

Quando richiesto dallo IAS 24, l’entità fornisce informativa in merito ai contributi versati a piani a contribuzione definita a favore dei dirigenti con responsabilità strategiche.

BENEFICI SUCCESSIVI ALLA FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO: PIANI A BENEFICI DEFINITI

48.

La contabilizzazione dei piani a benefici definiti è complessa poiché, per determinare il valore dell’obbligazione e il costo, sono necessarie ipotesi attuariali ed esiste la possibilità che si verifichino utili e perdite attuariali. Inoltre, le obbligazioni sono assoggettate ad attualizzazione in quanto possono essere estinte molti anni dopo che i dipendenti hanno prestato l’attività lavorativa relativa.

Rilevazione e valutazione

49.

I piani a benefici definiti possono essere non finanziati o possono essere interamente o parzialmente finanziati dai contributi versati dall’entità, e talvolta dai suoi dipendenti, a un’entità, o fondo, giuridicamente distinto dall’entità che redige il bilancio e che eroga i benefici ai dipendenti. Nel momento in cui diventano esigibili, il pagamento dei benefici finanziati dipende non solo dalla situazione patrimoniale-finanziaria e dal risultato economico del fondo ma anche dalla capacità dell’entità (e dalla sua volontà) di assorbire le eventuali perdite delle attività del fondo. Quindi l’entità, sostanzialmente, si fa carico dei rischi attuariali e di investimento relativi al piano. Di conseguenza, il costo rilevato per un piano a benefici definiti non è necessariamente l’ammontare dei contributi dovuti per l’esercizio.

50.

La contabilizzazione di piani a benefici definiti da parte dell’entità comporta le seguenti fasi:

a)

stimare in modo affidabile, con l’utilizzo di tecniche attuariali, l’ammontare dei benefici maturati dai dipendenti in cambio dell’attività lavorativa prestata nell’esercizio corrente e in quelli precedenti. L’entità, quindi, deve determinare quale parte del beneficio è di competenza dell’esercizio corrente e dei precedenti (cfr. paragrafi da 67 a 71) e stimare (ipotesi attuariali) le variabili demografiche (quali la rotazione e la mortalità dei dipendenti) e quelle finanziarie (quali i futuri incrementi retributivi e i costi per l’assistenza medica) che influenzeranno il costo dei benefici (cfr. paragrafi da 72 a 91);

b)

attualizzare tali benefici utilizzando il metodo della proiezione unitaria del credito al fine di determinare il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti e il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti (cfr. paragrafi da 64 a 66);

c)

determinare il fair value (valore equo) di qualsiasi attività a servizio del piano (cfr. paragrafi da 102 a 104);

d)

determinare l’ammontare totale degli utili e delle perdite attuariali e l’ammontare di quelli da rilevare (cfr. paragrafi da 92 a 95);

e)

nel caso di introduzione di un nuovo piano o di modifica di uno esistente, determinare il costo delle prestazioni di lavoro passate (cfr. paragrafi da 96 a 101); e

f)

nel caso di riduzione o di estinzione di un piano, determinare l’utile o la perdita risultante (cfr. paragrafi da 109 a 115).

Le procedure sopra descritte sono applicate distintamente a ogni piano rilevante dell’entità.

51.

In alcuni casi stime, medie e semplificazioni di calcolo possono fornire un’attendibile approssimazione dei calcoli dettagliati illustrati nel presente Principio.

Contabilizzazione dell’obbligazione implicita

52.

Un’entità deve contabilizzare non solo la sua obbligazione legale derivante dalle condizioni formali di un piano a benefici definiti, ma deve anche contabilizzare qualsiasi obbligazione implicita derivante dalle consuetudini non formalizzate dell’entità. Le consuetudini non formalizzate danno origine a un’obbligazione implicita quando l’entità non ha alternative realistiche al pagamento di benefici per i dipendenti. Un esempio di obbligazione implicita si ha quando un cambiamento delle consuetudini non formalizzate dell’entità danneggerebbe in modo inaccettabile i suoi rapporti con i dipendenti.

53.

Le condizioni formali di un piano a benefici definiti possono consentire all’entità di porre termine alle obbligazioni derivanti dal piano. Tuttavia, di solito è difficile interrompere un piano se i dipendenti devono rimanere in servizio. Perciò, in mancanza di prova contraria, la contabilizzazione dei benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro presuppone che l’entità che attualmente garantisce tali benefici continuerà a garantirli per tutta la rimanente vita lavorativa dei dipendenti.

Stato patrimoniale

54.

L’importo rilevato come passività per piani a benefici definiti deve essere pari a:

a)

il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti alla data di riferimento del bilancio (cfr. paragrafo 64);

b)

più eventuali utili attuariali (meno eventuali perdite attuariali) non rilevati in base al trattamento contabile indicato nei paragrafi 92 e 93;

c)

meno gli eventuali costi relativi alle prestazioni di lavoro passate non ancora rilevati (cfr. paragrafo 96);

d)

dedotto il fair value (valore equo) alla data di riferimento del bilancio delle attività a servizio del piano (se esistono) al di fuori delle quali le obbligazioni devono essere estinte direttamente (cfr. paragrafi da 102 a 104).

55.

Il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti è l’obbligazione lorda, prima di aver dedotto il fair value (valore equo) di qualsiasi attività a servizio del piano.

56.

L’entità deve determinare il valore attuale delle obbligazioni per benefici definiti e il fair value (valore equo) di qualsiasi attività a servizio del piano con scadenze regolari in modo che gli importi rilevati nel bilancio non differiscano significativamente dagli importi che sarebbero determinati alla data di riferimento del bilancio.

57.

Il presente Principio incoraggia, ma non richiede, che l’entità si rivolga a un attuario abilitato per valutare tutte le obbligazioni significative per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. Per semplicità, l’entità può richiedere la consulenza di un attuario per valutare, in modo dettagliato, l’obbligazione prima della data di riferimento del bilancio. Tuttavia, i risultati di tale valutazione sono aggiornati per tener conto di eventuali operazioni e altri cambiamenti significativi (inclusi cambiamenti dei prezzi di mercato e dei tassi di interesse) intervenuti fino alla data di riferimento del bilancio.

58.

L’ammontare determinato secondo quanto previsto dal paragrafo 54 può presentare segno negativo (un’attività). L’entità deve valutare tale attività al minore tra:

a)

l’ammontare determinato secondo il paragrafo 54; e

b)

il totale di:

i)

ogni perdita totale netta attuariale e costo relativo alle prestazioni di lavoro passate non rilevati (cfr. paragrafi 92, 93 e 96); e

ii)

il valore attuale di ogni beneficio economico disponibile sotto forma di rimborsi dal piano o di riduzioni dei contributi futuri al piano. Il valore attuale di questi benefici economici deve essere determinato utilizzando il tasso di sconto indicato nel paragrafo 78.

58A

L’applicazione del paragrafo 58 non deve dare origine a un utile rilevato esclusivamente a seguito del verificarsi di una perdita attuariale o di un costo relativo a prestazioni di lavoro passate nell’esercizio in corso. L’entità deve, perciò, rilevare immediatamente in base a quanto disposto dal paragrafo 54 quanto segue, nella misura in cui tali circostanze hanno luogo, mentre le attività per benefici definiti sono determinate secondo quanto contenuto nel paragrafo 58, lettera b):

a)

le perdite nette attuariali dell’esercizio in corso e il costo relativo a prestazioni di lavoro passate relativo all’esercizio in corso nella misura in cui il valore di questi superi la riduzione complessiva del valore attuale dei benefici economici specificati nel paragrafo 58, lettera b), punto ii). Se non vi è alcun cambiamento o incremento nel valore attuale dei benefici economici, il valore complessivo delle perdite nette attuariali relative all’esercizio in corso e il costo relativo a prestazioni di lavoro passate dell’esercizio in corso devono essere immediatamente rilevati in base a quanto disposto dal paragrafo 54.

b)

gli utili netti attuariali relativi all’esercizio in corso dopo aver dedotto il costo relativo a prestazioni di lavoro passate dell’esercizio in corso nella misura in cui il valore di questi superi l’incremento complessivo del valore attuale dei benefici economici specificati nel paragrafo 58, lettera b), punto ii). Se non vi è alcun cambiamento o decremento nel valore attuale dei benefici economici, il valore complessivo degli utili netti attuariali relativi all’esercizio in corso dopo aver dedotto il costo relativo a prestazioni di lavoro passate dell’esercizio in corso devono essere immediatamente rilevati in base a quanto disposto dal paragrafo 54.

58B

Il paragrafo 58A si applica all’entità (2) solo se questa presenta, all’inizio o al termine di un esercizio, un’eccedenza in un piano a benefici definiti e non può, basandosi sugli accordi previsti dal piano, recuperare completamente tale eccedenza tramite rimborsi o riduzioni di contribuzioni future. In tali circostanze, il costo relativo a prestazioni di lavoro passate e le perdite attuariali che originano nel corso dell’esercizio, la cui rilevazione, in base al paragrafo 54, viene differita, incrementeranno l’importo specificato nel paragrafo 58, lettera b), punto i). Se tale incremento non è compensato da un uguale decremento del valore attuale dei benefici economici che devono essere rilevati in base a quanto disposto dal paragrafo 58, lettera b), punto ii), vi sarà un incremento nel totale netto di cui al paragrafo 58(b) e, conseguentemente, dovrà essere rilevato un utile. Il paragrafo 58A non consente, in tali circostanze, di rilevare un utile. Si ha l’effetto opposto con gli utili attuariali che originano nel corso dell’esercizio, la cui rilevazione, in base al paragrafo 54, viene differita, nella misura in cui gli utili attuariali riducono il valore totale delle perdite attuariali non rilevate. Il paragrafo 58A vieta la rilevazione di una perdita in tali circostanze. Si veda l’Appendice C per alcuni esempi relativi all’applicazione del presente paragrafo.

59.

Un’attività può sorgere nel caso in cui un piano a benefici definiti sia stato sovrafinanziato o nei casi in cui si sono rilevati utili attuariali. In tali casi l’entità rileva un’attività per il fatto che:

a)

l’entità controlla una risorsa, ossia la capacità di utilizzare l’avanzo per generare benefici futuri;

b)

tale controllo è il risultato di eventi passati (contributi pagati dall’entità e lavoro svolto dal dipendente); e

c)

sono disponibili per l’entità benefici economici futuri sotto forma di riduzione dei contributi futuri o di rimborsi monetari, direttamente all’entità o indirettamente a un altro piano in disavanzo.

60.

Il limite contenuto nel paragrafo 58, lettera b), non prevale sulla rilevazione contabile ritardata di certe perdite attuariali (cfr. paragrafi 92 e 93) e di certi costi relativi alle prestazioni di lavoro passate (cfr. paragrafo 96) fatta eccezione per quanto previsto dal paragrafo 58A. Tuttavia, tale limite prevale sull’opzione transitoria contenuta nel paragrafo 155, lettera b). Il paragrafo 120A, lettera f), punto iii) richiede che l’entità indichi ogni importo non rilevato come attività sulla base del limite indicato nel paragrafo 58, lettera b).

Esempio illustrativo del paragrafo 60Un piano a benefici definiti ha le seguenti caratteristiche:

Valore attuale dell’obbligazione

1 100

Fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano

(1 190)

 

(90)

Perdite attuariali non rilevate

(110)

Costo relativo alle prestazioni di lavoro passate non rilevato

(70)

Incremento delle passività non rilevato al momento della adozione del presente Principio secondo il paragrafo 155, lettera b)

(50)

Ammontare negativo determinato secondo il paragrafo 54

(320)

Valore attuale di rimborsi futuri disponibili e riduzioni dei contributi futuri

90

Il limite del paragrafo 58, lettera b) è calcolato come segue:

 

Perdite attuariali non rilevate

110

Costo relativo alle prestazioni di lavoro passate non rilevato

70

Valore attuale di rimborsi futuri disponibili e riduzioni dei contributi futuri

90

Limite

270

270 è inferiore a 320. Perciò, l’entità rileva un’attività per 270 e dà informativa in bilancio che il limite ha ridotto il valore contabile dell’attività per 50 [cfr. paragrafo 120A, lettera f), punto iii)].

Conto economico

61.

Un’entità deve rilevare il totale netto dei seguenti importi a conto economico tranne nel caso e nella misura in cui un altro Principio richieda o consenta la loro inclusione nel costo di un’attività:

a)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti (cfr. paragrafi da 63 a 91);

b)

gli interessi passivi (cfr. paragrafo 82);

c)

il rendimento atteso da qualsiasi attività a servizio del piano (cfr. paragrafi da 105 a 107) e da qualsiasi diritto di rimborso (cfr. paragrafo 104A);

d)

gli utili e le perdite attuariali, come disposto secondo il criterio contabile dell’entità (cfr. paragrafi da 92 a 93D);

e)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate (cfr. paragrafo 96);

f)

l’effetto di eventuali riduzioni o estinzioni (cfr. paragrafi 109 e 110); e

g)

l’effetto del limite indicato nel paragrafo 58, lettera b), a meno che non sia rilevato al di fuori del conto economico secondo quanto previsto dal paragrafo 93C.

62.

Altri Principi richiedono l’inclusione di certi costi connessi ai benefici per i dipendenti nel costo di attività quali rimanenze o immobili, impianti e macchinari (cfr. IAS 2 e IAS 16). Qualsiasi costo per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro incluso nel costo di tali attività comprende, con criteri proporzionali, i componenti indicati nel paragrafo 61.

Rilevazione e valutazione: valore attuale delle obbligazioni per benefici definiti e costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti

63.

Il costo complessivo di un piano a benefici definiti può essere influenzato da molte variabili quali le retribuzioni finali, la rotazione e la mortalità dei dipendenti, l’andamento dei costi per assistenza medica e, per un piano coperto da un fondo, il rendimento dell’investimento delle attività a servizio del piano. Il costo complessivo del piano non è certo ed è probabile che questa incertezza permanga per un lungo periodo di tempo. Per determinare il valore attuale delle obbligazioni per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro e il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti è necessario:

a)

applicare un metodo di valutazione attuariale (cfr. paragrafi da 64 a 66);

b)

attribuire i benefici ai periodi di lavoro (cfr. paragrafi da 67 a 71); e

c)

formulare ipotesi attuariali (cfr. paragrafi da 72 a 91).

Metodo di valutazione attuariale

64.

L’entità deve utilizzare il metodo della proiezione unitaria del credito per determinare il valore attuale delle sue obbligazioni per benefici definiti e il relativo costo delle prestazioni di lavoro correnti e, se ricorrono le condizioni, il costo delle prestazioni di lavoro passate.

65.

Il metodo della proiezione unitaria del credito (anche conosciuto come metodo dei benefici maturati in proporzione all’attività lavorativa prestata o come metodo dei benefici/anni di lavoro) considera ogni periodo di lavoro fonte di un’unità aggiuntiva di diritto ai benefici (cfr. paragrafi da 67 a 71) e misura distintamente ogni unità ai fini del calcolo dell’obbligazione finale (cfr. paragrafi da 72 a 91).

Esempio illustrativo del paragrafo 65Alla conclusione del rapporto di lavoro è dovuto il pagamento di una indennità, da effettuarsi in un’unica soluzione, pari all’1 % dell’ultima retribuzione per ciascun anno di lavoro. La retribuzione dell’anno 1 è 10 000 e si ipotizza che aumenti del 7 % (composto) ogni anno. Il tasso di sconto utilizzato è il 10 % annuo. La tabella che segue mostra come calcolare l’obbligazione per un dipendente che si prevede lasci il lavoro al termine del quinto anno, supponendo che non intervengano variazioni delle ipotesi attuariali. Per semplicità, questo esempio trascura le ulteriori rettifiche necessarie per tener conto della probabilità che il dipendente possa lasciare l’entità in una data differente.

Anno

1

 

2

 

3

 

4

 

5

Compenso riferibile a:

anni precedenti

0

 

131

 

262

 

393

 

524

anno corrente (1 % dell’ultima retribuzione)

131

 

131

 

131

 

131

 

131

anno corrente e anni precedenti

131

 

262

 

393

 

524

 

655

Obbligazione iniziale

 

89

 

196

 

324

 

476

Interesse al 10 %

 

9

 

20

 

33

 

48

Costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti

89

 

98

 

108

 

119

 

131

Obbligazione finale

89

 

196

 

324

 

476

 

655

Nota:

1.

L’obbligazione iniziale è rappresentata dal valore attuale dei compensi attribuiti agli anni precedenti.

2.

Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti è rappresentato dal valore attuale dei compensi riferibili all’anno corrente.

3.

L’obbligazione finale è rappresentata dal valore attuale dei compensi attribuiti all’anno corrente e a quelli precedenti.

66.

L’entità attualizza il valore totale dell’obbligazione per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro anche se parte dell’obbligazione è dovuta entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio

Attribuzione del beneficio ai periodi di lavoro

67.

Per determinare il valore attuale delle proprie obbligazioni per benefici definiti e il relativo costo delle prestazioni di lavoro correnti e, se ricorrono le condizioni, il costo delle prestazioni di lavoro passate, l’entità deve attribuire il beneficio ai periodi di lavoro secondo la formula dei benefici del piano. Tuttavia, se l’attività lavorativa prestata da un dipendente negli ultimi anni porterà a un beneficio sostanzialmente più elevato di quello dei periodi precedenti, l’entità deve attribuire i benefici con un criterio a quote costanti nell’intervallo compreso tra:

a)

il momento in cui l’attività lavorativa prestata dal dipendente ha, per la prima volta, fatto maturare il diritto al beneficio secondo le condizioni del piano (indipendentemente dal fatto che i benefici dipendano dall’attività lavorativa prestata in futuro); fino

b)

alla data in cui l’attività lavorativa prestata successivamente dal dipendente farà maturare un ammontare non significativo di altri benefici secondo le condizioni del piano, diversi da nuovi incrementi retributivi.

68.

Il metodo della proiezione unitaria del credito prevede che l’entità attribuisca il beneficio all’esercizio corrente (per determinare il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti) e all’esercizio corrente e a quelli precedenti (per determinare il valore attuale di obbligazioni per benefici definiti). L’entità attribuisce il beneficio agli esercizi in cui sorge l’obbligazione a erogare benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. Tale obbligazione sorge nel momento in cui i dipendenti prestano la propria attività lavorativa in cambio di benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro che l’entità prevede di pagare negli esercizi futuri. Le tecniche attuariali consentono di valutare tale obbligazione in modo sufficientemente attendibile da giustificare la rilevazione di una passività.

Esempi illustrativi del paragrafo 68

1.

Un piano a benefici definiti eroga un beneficio sotto forma di pagamento da effettuarsi in un’unica soluzione pari a 100 per ciascun anno di anzianità, pagabile al momento del pensionamento.

A ciascun anno è attribuito un beneficio pari a 100. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti è pari al valore attuale di 100. Il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti è rappresentato dal valore attuale di 100 moltiplicato per il numero di anni di lavoro fino alla data di riferimento del bilancio.

Se il beneficio è dovuto nel momento in cui il dipendente lascia l’entità, il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti e il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti riflettono la data in cui si prevede che il dipendente lasci l’entità. Inoltre, a causa dell’effetto dell’attualizzazione, essi sono minori degli ammontari che sarebbero determinati se il dipendente lasciasse alla data di riferimento del bilancio.

2.

Un piano eroga una pensione mensile pari allo 0,2 % dell’ultima retribuzione per ciascun anno di anzianità di servizio. La pensione è dovuta a partire dai 65 anni di età.

A ciascun anno di anzianità di servizio è attribuito un beneficio pari al valore attuale, alla data prevista di pensionamento, di una pensione mensile uguale allo 0,2 % dell’ultima retribuzione stimata dovuta a partire dalla data di pensionamento prevista fino alla data di morte prevista. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti è rappresentato dal valore attuale di quel beneficio. Il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti è il valore attuale dei pagamenti mensili per la pensione pari allo 0,2 % dell’ultima retribuzione, moltiplicato per il numero di anni di anzianità di servizio fino alla data di riferimento del bilancio. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti e il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti vengono attualizzati poiché i pagamenti pensionistici iniziano a 65 anni.

69.

In un piano a benefici definiti l’attività lavorativa prestata da un dipendente fa sorgere un’obbligazione anche se i benefici dipendono dall’attività lavorativa prestata nei periodi successivi (in altre parole, i benefici non sono acquisiti). L’attività lavorativa prestata dal dipendente prima della data di acquisizione dà origine a un’obbligazione implicita per il fatto che, alla data di riferimento del bilancio di ogni esercizio successivo, la quantità di attività lavorativa che il dipendente dovrà prestare in futuro diminuisce. Per valutare la propria obbligazione per benefici definiti, l’entità considera la probabilità che alcuni dipendenti possano non avere i requisiti per l’acquisizione. Analogamente, sebbene certi benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, come per esempio i benefici per l’assistenza sanitaria, diventano esigibili solo se si verifica un determinato evento quando il dipendente non è più in servizio, l’obbligazione sorge durante la prestazione dell’attività lavorativa che farà maturare il diritto al beneficio al verificarsi dell’evento indicato. La probabilità che l’evento indicato accada influenza la valutazione dell’obbligazione, ma non ne determina l’esistenza.

Esempi illustrativi del paragrafo 69

1.

Un piano eroga un beneficio pari a 100 per ciascun anno di anzianità di servizio. I benefici sono acquisiti dopo dieci anni di anzianità di servizio.

A ciascun anno è attribuito un beneficio pari a 100. In ciascuno dei primi dieci anni, il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti e il valore attuale dell’obbligazione riflettono la probabilità che il dipendente possa non concludere i dieci anni di anzianità di servizio.

2.

Un piano eroga un beneficio pari a 100 per ciascun anno di anzianità, escludendo l’attività lavorativa prestata prima dei 25 anni. I benefici sono acquisiti immediatamente.

Non è attribuito alcun beneficio al lavoro svolto prima dei 25 anni perché esso non genera benefici (condizionati o non condizionati). A ciascun anno successivo è attribuito un beneficio pari a 100.

70.

Il valore dell’obbligazione aumenta fino alla data in cui l’anzianità aggiuntiva del dipendente non produrrà ulteriori benefici di ammontare rilevante. Quindi, tutto il beneficio è attribuito agli esercizi chiusi a quella data o precedentemente. Il beneficio è attribuito ai singoli esercizi contabili con la formula dei benefici del piano. Tuttavia, se l’anzianità di servizio di un dipendente negli ultimi anni condurrà a un livello di benefici sostanzialmente più elevato di quello degli anni precedenti, l’entità attribuisce i benefici con un criterio a quote costanti fino alla data in cui l’anzianità di servizio aggiuntiva non produrrà ulteriori benefici di ammontare rilevante. Questo dipende dal fatto che tutta l’anzianità di servizio condurrà, in definitiva, a benefici maggiori.

Esempi illustrativi del paragrafo 70

1.

Un piano eroga un beneficio pari a 1 000 in un’unica soluzione, il cui diritto si acquisisce dopo dieci anni di anzianità di servizio. Il piano non eroga ulteriori benefici per l’anzianità di servizio successiva.

A ciascuno dei primi dieci anni è attribuito un beneficio pari a 100 (1 000 diviso 10). Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti in ciascuno dei primi dieci anni riflette la probabilità che il dipendente possa non ultimare dieci anni di anzianità di servizio. Agli anni successivi non è attribuito alcun beneficio.

2.

Un piano eroga un beneficio pensionistico pari a 2 000 in un’unica soluzione a tutti i dipendenti, con venti anni di anzianità, che sono ancora in servizio all’età di 55 anni o che sono ancora in servizio a 65 anni, indipendentemente dall’anzianità di servizio.

Per i dipendenti che iniziano il lavoro prima dei 35 anni, l’anzianità di servizio comincia a generare i benefici previsti dal piano all’età di 35 anni (un dipendente potrebbe lasciare a 30 anni e ritornare a 33, senza effetti sull’ammontare o sui tempi dei benefici). Quei benefici dipendono dall’anzianità di servizio aggiuntiva. Inoltre, l’anzianità di servizio oltre i 55 anni produrrà ulteriori benefici di ammontare non rilevante. Per questi dipendenti, l’entità attribuisce un beneficio pari a 100 (2 000 diviso 20) a ciascun anno a partire dai 35 anni di età fino ai 55.

Per i dipendenti che iniziano a lavorare tra 35 e 45 anni di età, l’anzianità di servizio superiore a venti anni produrrà ulteriori benefici di ammontare non rilevante. Per questi dipendenti, l’entità attribuisce un beneficio pari a 100 (2 000 diviso 20) per ciascuno dei primi venti anni.

Per un dipendente che inizia a lavorare a 55 anni, l’anzianità di servizio superiore a dieci anni produrrà ulteriori benefici di ammontare non rilevante. Per questo dipendente, l’entità attribuisce un beneficio pari a 200 (2 000 diviso 10) per ciascuno dei primi dieci anni.

Per tutti i dipendenti, il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti e il valore attuale dell’obbligazione riflettono la probabilità che il dipendente possa non portare a termine il necessario periodo di servizio.

3.

Un piano sanitario successivo al rapporto di lavoro rimborsa il 40 % delle spese mediche del dipendente sostenute successivamente alla fine del rapporto di lavoro se il dipendente lascia il lavoro con più di dieci e meno di venti anni di anzianità e il 50 % di quei costi se il dipendente lascia il lavoro dopo venti o più anni.

Secondo la formula dei benefici del piano, l’entità attribuisce il 4 % del valore attuale delle spese mediche previste (40 % diviso dieci) a ciascuno dei primi dieci anni e l’1 % (10 % diviso dieci) a ciascuno dei dieci anni successivi. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti in ciascun anno riflette la probabilità che il dipendente possa non completare il periodo di lavoro necessario per maturare il diritto a parte o tutti i benefici. Ai dipendenti che si prevede lascino entro dieci anni non è attribuito alcun beneficio.

4.

Un piano sanitario successivo al rapporto di lavoro rimborsa il 10 % delle spese mediche del dipendente sostenute successivamente alla fine del rapporto di lavoro se il dipendente lascia il lavoro con più di dieci e meno di venti anni di anzianità e il 50 % di quei costi se il dipendente lascia il lavoro dopo venti o più anni.

L’anzianità di servizio successiva non porterà a un livello di benefici sostanzialmente superiore a quello degli anni precedenti. Perciò, per i dipendenti che si prevede lascino il lavoro dopo venti o più anni, l’entità attribuisce il beneficio con un criterio a quote costanti secondo quanto previsto dal paragrafo 68. Continuare a lavorare dopo aver raggiunto venti anni di anzianità produrrà ulteriori benefici di ammontare non rilevante. Perciò, il beneficio attribuito a ciascuno dei primi venti anni è il 2,5 % del valore attuale dei costi di assistenza medica previsti (50 % diviso venti).

Per i dipendenti che si prevede lascino il lavoro con un’anzianità compresa tra dieci e venti anni, il beneficio assegnato a ciascuno dei primi dieci anni è l’1 % del valore attuale dei costi per assistenza medica previsti. Per questi dipendenti, non è attribuito alcun beneficio all’anzianità di servizio compresa tra la fine del decimo anno e la data di abbandono prevista.

Ai dipendenti che si prevede lascino entro dieci anni non è attribuito alcun beneficio.

71.

Quando l’ammontare di un beneficio è una percentuale costante dell’ultima retribuzione per ogni anno di anzianità di servizio, gli incrementi retributivi futuri influenzeranno l’ammontare richiesto per estinguere l’obbligazione esistente per l’anzianità di servizio prima della data di riferimento del bilancio, ma non danno luogo a un’altra obbligazione. Pertanto:

a)

ai fini del paragrafo 67, lettera b), gli incrementi retributivi non comportano altri benefici, anche se l’ammontare dei benefici dipende dall’ultima retribuzione; e

b)

l’ammontare del beneficio attribuito a ciascun esercizio è una percentuale costante della retribuzione cui il beneficio è correlato.

Esempio illustrativo del paragrafo 71I dipendenti hanno diritto a un beneficio pari al 3 % dell’ultima retribuzione per ciascun anno di lavoro svolto prima dei 55 anni.Il beneficio pari al 3 % dell’ultima retribuzione prevista è attribuito a ciascun anno fino all’età di 55 anni. Questa è la data in cui ulteriore lavoro svolto dal dipendente produrrà ulteriori benefici previsti dal piano di ammontare non rilevante. Al lavoro svolto dopo quell’età non è attribuito alcun beneficio.

Ipotesi attuariali

72.

Le ipotesi attuariali devono essere obiettive e tra loro compatibili.

73.

Le ipotesi attuariali sono utilizzate dall’entità per stimare, nel miglior modo possibile, le variabili che determineranno il costo complessivo da sostenere per l’erogazione di benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. Le ipotesi attuariali comprendono:

a)

ipotesi demografiche sulle caratteristiche future dei dipendenti in servizio e di quelli precedenti (e delle persone a loro carico) che hanno diritto ai benefici. Le ipotesi demografiche comprendono aspetti quali:

i)

tasso di mortalità, sia durante sia dopo la cessazione del rapporto di lavoro;

ii)

tassi di rotazione del personale, invalidità e pensionamento anticipato;

iii)

percentuale di partecipanti al piano con persone a carico che avranno diritto ai benefici; e

iv)

tassi di incidenza delle richieste di rimborso nell’ambito di piani sanitari; e

b)

ipotesi finanziarie, che riguardano elementi quali:

i)

tasso di sconto (cfr. paragrafi da 78 a 82);

ii)

livelli delle retribuzioni future e dei benefici (cfr. paragrafi da 83 a 87);

iii)

nel caso di benefici per assistenza medica, costi futuri per assistenza medica comprensivi dei costi, se significativi, di amministrazione delle richieste di rimborso e di pagamento dei benefici (cfr. paragrafi da 88 a 91); e

iv)

tasso di rendimento atteso delle attività a servizio del piano (cfr. paragrafi da 105 a 107).

74.

Le ipotesi attuariali sono obiettive se non sono né imprudenti né eccessivamente prudenziali.

75.

Le ipotesi attuariali sono tra loro compatibili se riflettono la relazione economica tra fattori quali l’inflazione, il tasso di incremento delle retribuzioni, il rendimento delle attività a servizio del piano e i tassi di sconto. Per esempio, tutte le ipotesi che dipendono da un particolare livello di inflazione (quali ipotesi su tassi di interesse, su aumenti retributivi e su incrementi dei benefici) assumono che nei periodi futuri si avrà lo stesso livello di inflazione dell’esercizio.

76.

L’entità determina il tasso di sconto e altre ipotesi finanziarie in termini nominali (definiti), a meno che siano più attendibili stime in termini reali (rettificate per tener conto dell’inflazione), come per esempio in un’economia iperinflazionata (cfr. IAS 29 Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate) o quando il beneficio è indicizzato ed esiste un mercato spesso dei titoli a reddito fisso indicizzati della stessa valuta e alle stesse condizioni.

77.

Le ipotesi finanziarie devono basarsi sulle attese di mercato, alla data di riferimento del bilancio, relative all’esercizio nel quale le obbligazioni devono essere estinte.

Ipotesi attuariali: tasso di sconto

78.

Il tasso impiegato per attualizzare le obbligazioni per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro (finanziate e non finanziate) deve essere determinato con riferimento ai rendimenti di mercato, alla data di riferimento del bilancio, di titoli obbligazionari di aziende primarie. Nei paesi dove non esiste un mercato spesso di tali titoli, devono essere utilizzati i rendimenti di mercato (alla data del bilancio) dei titoli di enti pubblici. La valuta e le condizioni dei titoli obbligazionari o dei titoli di enti pubblici devono essere coerenti con la valuta e le condizioni previste delle obbligazioni a benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro.

79.

Un’ipotesi attuariale che ha un effetto significativo è il tasso di sconto. Il tasso di sconto riflette il valore temporale del denaro, ma non il rischio attuariale o di investimento. Inoltre, il tasso di sconto non riflette il rischio di credito specifico dell’entità che grava sui creditori dell’entità, né il rischio che, in futuro, i dati reali differiscano dalle ipotesi attuariali.

80.

Il tasso di sconto riflette la stima dei tempi di pagamento dei benefici. In pratica, l’entità spesso applica un unico tasso di sconto medio ponderato che riflette le stime relative ai tempi e all’ammontare dei pagamenti dei benefici e la valuta nella quale i benefici sono erogati.

81.

In alcuni casi, può non esistere un mercato spesso di titoli a reddito fisso con una scadenza sufficientemente lunga da essere correlata con quella prevista di pagamento dei benefici. In tali casi, l’entità utilizza i tassi correnti di mercato con scadenza appropriata per attualizzare i pagamenti a breve scadenza e, per scadenze più lunghe, stima il tasso di sconto estrapolando i tassi di mercato correnti lungo la curva del rendimento. È improbabile che il valore attuale totale di un’obbligazione per benefici definiti sia particolarmente sensibile al tasso di sconto applicato alla parte di benefici dovuta oltre la scadenza finale dei titoli obbligazionari o di enti pubblici disponibili.

82.

Gli interessi passivi sono calcolati moltiplicando il tasso di sconto determinato all’inizio dell’esercizio per il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti durante quell’esercizio, tenendo conto delle eventuali modifiche significative dell’obbligazione. Il valore attuale dell’obbligazione differirà dalla passività rilevata nello stato patrimoniale per il fatto che la passività viene rilevata dopo aver dedotto il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano e per il fatto che alcuni utili e perdite attuariali, e alcuni costi relativi a prestazioni di lavoro passate, non sono rilevati immediatamente. [L’appendice A illustra anche il calcolo degli interessi passivi].

Ipotesi attuariali: retribuzioni, benefici e costi per assistenza medica

83.

Le obbligazioni per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro devono essere misurate con un criterio che rifletta:

a)

gli incrementi retributivi futuri stimati;

b)

i benefici previsti nelle condizioni del piano (o risultanti dalle eventuali obbligazioni implicite che vanno oltre quelle condizioni) alla data di riferimento del bilancio; e

c)

le variazioni future previste nel livello degli eventuali benefici statali che influiscono sui benefici da erogare in un piano a benefici definiti se, e solo se:

i)

quelle variazioni hanno avuto luogo prima della data di riferimento del bilancio; o

ii)

l’esperienza passata, o un’altra prova attendibile, indica che quei benefici statali si modificheranno in modo prevedibile, in linea, per esempio, con i cambiamenti futuri del livello generale dei prezzi o delle retribuzioni.

84.

Le stime degli incrementi retributivi futuri tengono conto dell’inflazione, dell’anzianità, delle promozioni e di altri fattori rilevanti, come l’offerta e la domanda sul mercato del lavoro.

85.

Se le condizioni formali di un piano (o un’obbligazione implicita che va oltre tali condizioni) richiedono che, negli esercizi futuri, l’entità modifichi il contenuto dei benefici, la valutazione dell’obbligazione riflette tali modifiche. Questo avviene quando, per esempio:

a)

l’entità ha un’esperienza passata di benefici crescenti, per esempio per contenere gli effetti dell’inflazione, e non ci sono indicazioni che questo comportamento si modificherà nel futuro; o

b)

nel bilancio sono già stati rilevati utili attuariali e l’entità è obbligata, dalle condizioni formali del piano (o da un’obbligazione implicita che va oltre tali condizioni) o dalla legislazione, a utilizzare qualsiasi eccedenza del piano a vantaggio di coloro che partecipano al piano [cfr. paragrafo 98, lettera c)].

86.

Le ipotesi attuariali non riflettono le modifiche dei benefici futuri non definite dalle condizioni formali del piano (o da un’obbligazione implicita) alla data di riferimento del bilancio. Tali modifiche determineranno:

a)

un costo relativo alle prestazioni di lavoro passate nella misura in cui modificano i benefici per anzianità di servizio prima della modifica; e

b)

un costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti per esercizi successivi al cambiamento, nella misura in cui modifichino i benefici per anzianità di servizio dopo la modifica.

87.

Alcuni benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro sono legati a variabili come, per esempio, il livello dei benefici pensionistici statali o l’assistenza medica statale. La valutazione di tali benefici riflette i cambiamenti previsti per tali variabili sulla base dei dati storici e di altre prove attendibili.

88.

Le ipotesi sui costi per assistenza medica devono tener conto dei cambiamenti futuri stimati nel costo dei servizi medici, dovuti sia all’inflazione sia a variazioni specifiche di tali costi.

89.

La valutazione dei benefici per assistenza medica successivi alla fine del rapporto di lavoro richiede la formulazione di ipotesi sul livello e sulla frequenza di richieste di rimborso future e sul costo per soddisfarle. L’entità stima i costi futuri per assistenza medica sulla base dei suoi dati storici, integrati, se necessario, dai dati storici di altre entità, società assicuratrici, fornitori di prestazioni sanitarie o altre fonti. Le stime dei costi futuri per assistenza medica tengono conto dell’effetto del progresso tecnologico, dei cambiamenti delle modalità di utilizzo o di prestazione dei servizi sanitari e dei cambiamenti delle condizioni di salute dei partecipanti al piano.

90.

Il livello e la frequenza delle richieste di rimborso è particolarmente sensibile all’età, alle condizioni di salute e al sesso dei dipendenti (e delle persone a loro carico) e può essere sensibile ad altri fattori come, per esempio, la localizzazione geografica. Per questo motivo, i dati storici sono rettificati nella misura in cui la composizione demografica della popolazione differisce da quella della popolazione utilizzata come base per i dati storici. Sono rettificati anche nel caso esista una prova attendibile che i trend storici non si ripeteranno.

91.

Alcuni piani di assistenza medica successivi alla fine del rapporto di lavoro richiedono che i dipendenti contribuiscano ai costi medici previsti dal piano. Le stime dei costi futuri per assistenza medica tengono conto di questi eventuali contributi sulla base delle condizioni del piano alla data di riferimento del bilancio (o sulla base delle eventuali obbligazioni implicite che vanno oltre tali condizioni). Le modifiche di tali contributi dei dipendenti comportano un costo relativo alle prestazioni di lavoro passate o, se ricorrono le condizioni, una sua riduzione. Il costo per soddisfare le richieste di rimborso può essere ridotto da benefici statali o di altri fornitori di prestazioni sanitarie [cfr. paragrafi 83, lettera c), e 87].

Utili e perdite attuariali

92.

Per la valutazione della passività per piani a benefici definiti secondo quanto previsto dal paragrafo 54, l’entità deve, in base a quanto disposto dal paragrafo 58A, rilevare una parte (come specificato nel paragrafo 93) dei suoi utili e perdite attuariali come provento o costo se il valore totale netto degli utili e delle perdite attuariali non rilevato al termine del precedente esercizio eccedeva il maggiore tra:

a)

il 10 % del valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti a quella data (prima della deduzione delle attività a servizio del piano); e

b)

il 10 % del fair value (valore equo) di qualsiasi attività a servizio del piano a quella data.

Questi limiti devono essere calcolati e applicati distintamente per ciascun piano a benefici definiti.

93.

La parte degli utili e delle perdite attuariali che deve essere rilevata per ogni piano a benefici definiti è l’eccedenza determinata secondo quanto previsto dal paragrafo 92, divisa per la rimanente vita lavorativa media prevista dei dipendenti che partecipano a quel piano. Tuttavia, l’entità può adottare qualsiasi metodo sistematico che comporti una più rapida determinazione degli utili e delle perdite attuariali da rilevare, a condizione che lo stesso criterio sia applicato sia agli utili sia alle perdite e coerentemente tra i diversi esercizi. L’entità può applicare tali metodi sistematici agli utili e alle perdite attuariali anche se essi rientrano nei limiti indicati nel paragrafo 92.

93A

Se, come concesso dal paragrafo 93, un’entità adotta il criterio di rilevare gli utili e le perdite attuariali nell’esercizio in cui si verificano, essa può rilevarli al di fuori del conto economico, secondo quanto previsto dai paragrafi 93B e 93D, a condizione che li rilevi per:

a)

tutti i piani a benefici definiti; e

b)

tutti gli utili e le perdite attuariali.

93B

Gli utili e le perdite attuariali rilevati al di fuori del conto economico come consentito dal paragrafo 93A devono essere presentati in un prospetto delle variazioni del patrimonio netto intitolato «Prospetto dei proventi e oneri rilevati» che comprende soltanto gli elementi specificati nel paragrafo 96 dello IAS 1 (rivisto nella sostanza nel 2003). L’entità non deve presentare gli utili e le perdite attuariali in un prospetto delle variazioni del patrimonio netto nel formato a colonne a cui si fa riferimento nel paragrafo 101 dello IAS 1 o in eventuali altri formati che includono gli elementi specificati nel paragrafo 97 dello IAS 1.

93C

Un’entità che rileva gli utili e le perdite attuariali secondo quanto previsto dal paragrafo 93A deve inoltre rilevare qualsiasi rettifica derivante dal limite indicato nel paragrafo 58, lettera b), al di fuori del conto economico nel prospetto del proventi ed oneri rilevati.

93D

Gli utili e le perdite attuariali e le rettifiche derivanti dal limite indicato nel paragrafo 58, lettera b), che sono stati rilevati direttamente nel prospetto dei proventi e oneri rilevati devono essere rilevati immediatamente negli utili portati a nuovo. Questi non devono essere rilevati nel conto economico di un esercizio successivo.

94.

Gli utili e le perdite attuariali possono derivare da aumenti o diminuzioni sia del valore attuale di un’obbligazione per benefici definiti sia del fair value (valore equo) di qualsiasi attività a servizio del piano correlata. Tra le cause di utili e perdite attuariali vi sono, per esempio:

a)

tassi di rotazione dei dipendenti, di pensionamenti anticipati o mortalità o di incrementi retributivi, di benefici (se le condizioni formali o implicite di un piano stabiliscono, a fronte di fenomeni inflattivi, incrementi dei benefici) o di costi per assistenza medica inaspettatamente alti o bassi;

b)

l’effetto di cambiamenti delle stime della rotazione futura dei dipendenti, dei pensionamenti anticipati, della mortalità o di incrementi retributivi, dei benefici (se le condizioni formali o implicite di un piano stabiliscono, a fronte di fenomeni inflattivi, incrementi dei benefici) o dei costi per assistenza medica;

c)

l’effetto di variazioni del tasso di sconto; e

d)

gli scostamenti tra il rendimento effettivo e quello previsto delle attività a servizio del piano (cfr. paragrafi da 105 a 107).

95.

Nel lungo termine, gli utili e le perdite attuariali possono compensarsi tra loro. È quindi possibile considerare le stime relative alle obbligazioni per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro come un intervallo (o «corridoio») intorno alla stima più corretta. All’entità è consentito, ma non richiesto, di rilevare gli utili e le perdite attuariali che ricadono in tale intervallo. Il presente Principio richiede che l’entità rilevi, almeno, una certa parte degli utili e delle perdite attuariali che ricadono al di fuori di un «corridoio» del 10 % in più o in meno. [L’appendice A illustra anche il trattamento contabile degli utili e delle perdite attuariali]. Il presente Principio consente anche l’utilizzo di metodi sistematici di più semplice contabilizzazione, a patto che soddisfino le condizioni riportate nel paragrafo 93. Tali metodi includono, ad esempio, la rilevazione immediata di tutti gli utili e le perdite attuariali, sia all’interno che al di fuori del «corridoio». Il paragrafo 155, lettera b), punto iii) spiega la necessità di considerare ogni parte non rilevata della passività provvisoria nel contabilizzare utili attuariali successivi.

Costo relativo alle prestazioni di lavoro passate

96.

Nel valutare la passività per piani a benefici definiti secondo quanto previsto dal paragrafo 54, l’entità deve rilevare, in base a quanto disposto dal paragrafo 58A, l’onere relativo alle prestazioni di lavoro passate come costo con un criterio a quote costanti per un periodo medio fino al momento in cui i benefici sono acquisiti. Nella misura in cui i benefici sono acquisiti immediatamente in seguito all’introduzione di un piano a benefici definiti o alla sua modifica, l’entità deve rilevare immediatamente il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate.

97.

Il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate sorge quando l’entità avvia un piano a benefici definiti o modifica i benefici dovuti nell’ambito di un piano a benefici definiti esistente. Tali cambiamenti rappresentano il corrispettivo dell’attività lavorativa prestata dal dipendente durante il periodo fino al momento in cui i benefici relativi sono acquisiti. Perciò, il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate è rilevato in quel periodo, indipendentemente dal fatto che il costo si riferisca al lavoro svolto dal dipendente nei periodi precedenti. Il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate è misurato come variazione della passività conseguente alla modifica (cfr. paragrafo 64).

Esempio illustrativo del paragrafo 97L’entità amministra un piano pensionistico che assegna una pensione pari al 2 % dell’ultima retribuzione per ciascun anno di lavoro. I benefici sono acquisiti dopo cinque anni di lavoro. Il 1o gennaio 20X5 l’entità migliora il trattamento pensionistico portandolo al 2,5 % dell’ultima retribuzione per ciascun anno di lavoro a partire dal 1o gennaio 20X1. Alla data del miglioramento, il valore attuale dei benefici aggiuntivi per il lavoro svolto dal 1o gennaio 20X1 al 1o gennaio 20X5 è il seguente:

Dipendenti con anzianità di servizio superiore a cinque anni all’1/1/X5

150

Dipendenti con anzianità inferiore a cinque anni di servizio all’1/1/X5 (periodo medio fino all’acquisizione: tre anni)

120

 

270

L’entità rileva 150 immediatamente perché quei benefici sono già acquisiti. L’entità rileva 120 con un criterio a quote costanti in tre anni a partire dal 1o gennaio 20X5.

98.

Il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate non comprende:

a)

l’effetto di scostamenti tra gli incrementi retributivi effettivi e quelli previsti sull’obbligazione a pagare benefici per l’attività lavorativa prestata negli anni precedenti (non esiste costo relativo alle prestazioni di lavoro passate per il fatto che le ipotesi attuariali tengono conto delle retribuzioni previste);

b)

le sottostime e sovrastime degli aumenti discrezionali relativi ai trattamenti pensionistici quando l’entità ha un’obbligazione implicita ad accordare tali aumenti (non esiste costo relativo alle prestazioni di lavoro passate per il fatto che le ipotesi attuariali tengono conto di tali aumenti);

c)

le stime relative agli incrementi dei benefici che derivano da utili attuariali già rilevati nel bilancio se l’entità deve, sulla base delle condizioni formali di un piano (o di un’obbligazione implicita che va oltre tali condizioni) o sulla base della legislazione, utilizzare qualsiasi eccedenza del piano a beneficio dei partecipanti al piano, anche se l’incremento del beneficio non è stato ancora formalmente concesso [l’aumento risultante dell’obbligazione è una perdita attuariale e non un costo relativo alle prestazioni di lavoro passate, cfr. paragrafo 85, lettera b)];

d)

l’incremento dei benefici acquisiti quando, in assenza di nuovi o migliori benefici, i dipendenti soddisfano i requisiti per l’acquisizione (non esiste costo relativo alle prestazioni di lavoro passate per il fatto che il costo stimato dei benefici era contabilizzato come onere relativo alle prestazioni di lavoro correnti nel momento della prestazione lavorativa); e

e)

l’effetto delle modifiche al piano che riducono i benefici per il lavoro futuro (una riduzione).

99.

Al momento dell’introduzione o della modifica dei benefici l’entità predispone un piano di ammortamento per il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate. Sarebbe impossibile conservare il dettaglio delle registrazioni necessario per identificare e migliorare i cambiamenti successivi in quel piano di ammortamento. Inoltre, è probabile che l’effetto sia rilevante solo in presenza di una riduzione o di un’estinzione. Perciò, l’entità modifica il piano di ammortamento per il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate solo in presenza di una riduzione o di un’estinzione.

100.

Quando l’entità riduce certi benefici dovuti nell’ambito di un piano a benefici definiti esistente, la conseguente riduzione della passività per piani a benefici definiti è rilevata come costo (negativo) relativo alle prestazioni di lavoro passate nel periodo medio fino al momento di acquisizione della parte ridotta dei benefici.

101.

Quando l’entità riduce certi benefici previsti da un piano esistente a benefici definiti e, nello stesso tempo, aumenta altri benefici previsti dal piano a favore degli stessi dipendenti, essa tratta il cambiamento come un’unica variazione netta.

Rilevazione e valutazione: attività a servizio del piano

Fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano

102.

Nel determinare l’ammontare rilevato nello stato patrimoniale secondo quanto previsto dal paragrafo 54 viene dedotto il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano. Se il prezzo di mercato non è disponibile, si stima il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano; per esempio, attualizzando i flussi finanziari futuri attesi con un tasso di sconto che rifletta sia il rischio associato alle attività a servizio del piano sia la scadenza o la data prevista di cessione di quelle attività (o, se non hanno scadenza, il periodo previsto fino all’adempimento dell’obbligazione relativa).

103.

Le attività a servizio del piano escludono i contributi non pagati dovuti al fondo dall’entità che redige il bilancio, così come gli eventuali strumenti finanziari non trasferibili emessi dall’entità e posseduti dal fondo. Le attività a servizio del piano sono ridotte dalle passività del fondo non correlate a benefici per i dipendenti, per esempio debiti commerciali e di altra natura e passività relative a strumenti finanziari derivati.

104.

Quando le attività a servizio del piano comprendono polizze assicurative che soddisfano i requisiti richiesti e che corrispondono esattamente per ammontare e tempi ad alcuni o a tutti i benefici previsti dal piano, si ritiene che il fair value (valore equo) di tali polizze assicurative sia il valore attuale delle obbligazioni relative, come definito nel paragrafo 54 (suscettibile delle eventuali riduzioni da compiere nel caso gli ammontari esigibili in base alle polizze assicurative non siano completamente recuperabili).

Indennizzi

104A

Quando, e solo quando, è praticamente certo che un altro soggetto rimborserà alcuni o tutti i costi necessari per estinguere un’obbligazione per benefici definiti, l’entità deve contabilizzare come attività distinta il suo diritto a ricevere l’indennizzo. L’entità deve valutare tale attività al fair value (valore equo). Con riguardo a tutti gli altri aspetti, l’entità deve trattare tale attività con le stesse modalità delle attività a servizio del piano. Nel conto economico, il costo relativo a un piano a benefici definiti può essere presentato al netto dell’ammontare da rimborsare.

104B

Talvolta, un’entità può fare affidamento su un altro soggetto, come ad esempio un assicuratore, per far fronte ad alcuni o tutti i costi necessari per estinguere una determinata obbligazione per benefici definiti. Le polizze assicurative che soddisfano i requisiti richiesti, come definite nel paragrafo 7, sono considerate attività a servizio del piano. L’entità contabilizza tali polizze assicurative con le stesse modalità previste per le altre attività a servizio del piano. Il paragrafo 104A non si applica (cfr. i paragrafi 39-42 e 104):

104C

Una polizza assicurativa che non soddisfa i requisiti richiesti non è un’attività a servizio del piano. Il paragrafo 104A prende in considerazione tale situazione: l’entità rileva il suo diritto a ricevere l’indennizzo relativo alla polizza assicurativa come attività distinta e non a deduzione del valore della passività per piani a benefici definiti rilevata secondo il paragrafo 54; con riguardo a tutti gli altri aspetti l’entità tratta tale attività come attività a servizio del piano. In particolare, la passività per piani a benefici definiti rilevata secondo il paragrafo 54 è aumentata (ridotta) nella misura in cui gli utili (perdite) netti attuariali complessivi (perdite) sulle obbligazioni per benefici definiti e sul relativo diritto di indennizzo rimangono non rilevati ai sensi dei paragrafi 92 e 93. Il paragrafo 120A, lettera f), punto iv) richiede che l’entità dia una breve descrizione della relazione tra il diritto a ricevere l’indennizzo e la relativa obbligazione.

Esempio illustrativo dei paragrafi 104A-104C

Valore attuale dell’obbligazione

1 241

Utili attuariali non rilevati

17

Passività rilevata in stato patrimoniale

1 258

I diritti previsti nelle polizze assicurative che sono esattamente correlati con l’importo e la tempistica di alcuni dei benefici pagabili tramite il piano. Tali benefici hanno un valore attuale di 1 092.

1 092

Gli utili attuariali non rilevati pari a 17 rappresentano gli utili complessivi attuariali netti sull’obbligazione e sui diritti di indennizzo.

104D

Se il diritto a ricevere l’indennizzo deriva da una polizza assicurativa che corrisponde esattamente, per tempi e ammontare, ad alcuni o tutti i benefici da pagare secondo un piano a benefici definiti, si ritiene che il fair value (valore equo) del diritto a ricevere l’indennizzo sia il valore attuale dell’obbligazione relativa, come definito nel paragrafo 54 (suscettibile delle eventuali riduzioni nel caso l’indennizzo non sia pienamente recuperabile).

Rendimento delle attività a servizio del piano

105.

Il rendimento previsto delle attività a servizio del piano è un elemento del costo da rilevare nel conto economico. Lo scostamento tra il rendimento previsto e quello effettivo delle attività a servizio del piano è un utile o una perdita attuariale; esso è compreso negli utili e nelle perdite attuariali dell’obbligazione per benefici definiti in sede di determinazione dell’ammontare netto da confrontare con i limiti del 10 % del «corridoio» indicati nel paragrafo 92.

106.

Il rendimento previsto delle attività a servizio del piano è basato sulle previsioni di mercato, all’inizio dell’esercizio, in merito ai rendimenti per tutta la durata dell’obbligazione relativa. Il rendimento previsto delle attività a servizio del piano riflette le variazioni del fair value (valore equo) di tali attività detenute nell’esercizio come conseguenza dei contributi effettivi versati al fondo e dei benefici effettivi corrisposti dal fondo.

Esempio illustrativo del paragrafo 106Al 1o gennaio 20X1, il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano era 10 000 e gli utili attuariali netti complessivi non rilevati erano 760. Il 30 giugno 20X1, il piano ha erogato compensi pari a 1 900 e percepito contributi pari a 4 900. Al 31 dicembre 20X1, il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano era 15 000 e il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti era 14 792. Nel 20X1, le perdite attuariali dell’obbligazione erano pari a 60.Al 1o gennaio 20X1, l’entità che redige il bilancio ha effettuato le seguenti stime, basate sui prezzi di mercato a quella data:

 

%

Interessi attivi e dividendi, dopo le imposte dovute dal fondo

9,25

Utili realizzati e non realizzati sulle attività a servizio del piano (dopo le imposte)

2,00

Costi amministrativi

(1,00)

Tasso di rendimento atteso

10,25

Nel 20X1, il rendimento atteso e quello effettivo delle attività a servizio del piano sono i seguenti:

 

Rendimento di 10 000 possedute per 12 mesi al 10,25 %

1 025

Rendimento di 3 000 possedute per sei mesi al 5 % (pari al 10,25 % annuo, composto ogni sei mesi)

150

Rendimento atteso delle attività a servizio del piano nel 20X1

1 175

Fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano al 31 dicembre 20X1

15 000

Dedotto il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano al 1o gennaio 20X1

(10 000)

Dedotti i contributi percepiti

(4 900)

Sommati i compensi corrisposti

1 900

Rendimento effettivo delle attività a servizio del piano

2 000

Lo scostamento tra il rendimento atteso (1 175) e quello effettivo (2 000) delle attività a servizio del piano rappresenta un utile attuariale di 825. Perciò, gli utili attuariali complessivi non rilevati sono 1 525 (760 più 825 meno 60). Secondo il paragrafo 92, i limiti del corridoio sono fissati a 1 500 (il maggiore tra: i) 10 % di 15 000 e ii) 10 % di 14 792). Nell’anno seguente (20X2) l’entità rileva nel conto economico un utile attuariale di 25 (1 525 meno 1 500) diviso per la vita lavorativa attesa media rimanente dei dipendenti interessati. Il rendimento atteso delle attività a servizio del piano nel 20X2 si baserà sulle attese di mercato all’1/1/X2 per rendimenti sull’intera vita dell’obbligazione.

107.

Nel determinare il rendimento previsto e quello effettivo delle attività a servizio del piano, l’entità deduce i costi amministrativi previsti, diversi da quelli considerati nelle ipotesi attuariali formulate per valutare l’obbligazione.

Aggregazioni aziendali

108.

In una aggregazione aziendale, l’entità rileva le attività e passività derivanti da benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro al valore attuale dell’obbligazione al netto del fair value (valore equo) di qualunque attività a servizio del piano (cfr. IFRS 3 Aggregazioni aziendali). Il valore attuale dell’obbligazione comprende tutti i seguenti elementi, anche se, alla data dell’acquisizione, non erano ancora stati rilevati dall’acquisito:

a)

gli utili e le perdite attuariali sorti prima della data di acquisizione (che ricadevano o meno entro il «corridoio» del 10 %);

b)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate derivante da variazioni dei benefici o dall’avvio di un nuovo piano, prima della data di acquisizione; e

c)

gli importi che, secondo le disposizioni transitorie del paragrafo 155, lettera b), il soggetto acquisito non aveva rilevato.

Riduzioni ed estinzioni

109.

L’entità deve rilevare gli utili o le perdite sulla riduzione o l’estinzione di un piano a benefici definiti nel momento in cui la riduzione o l’estinzione si verificano. L’utile o la perdita su una riduzione o un’estinzione deve comprendere:

a)

le eventuali variazioni del valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti;

b)

le eventuali variazioni del fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano;

c)

gli eventuali utili e perdite attuariali relativi e l’eventuale costo delle prestazioni di lavoro passate che, secondo i paragrafi 92 e 96, non sono stati precedentemente rilevati.

110.

Prima di determinare l’effetto di una riduzione o di un’estinzione, l’entità deve effettuare una nuova valutazione dell’obbligazione (e delle relative attività a servizio del piano, se esistono) utilizzando ipotesi attuariali attuali (inclusi tassi di interesse di mercato correnti e altri prezzi di mercato correnti).

111.

Si ha una riduzione quando l’entità:

a)

è impegnata, in modo comprovabile, a operare una riduzione significativa del numero di dipendenti compresi nel piano; o

b)

modifica le condizioni di un piano a benefici definiti cosicché un elemento significativo dell’anzianità successiva dei dipendenti in servizio non darà più diritto a benefici o darà diritto, soltanto, a benefici ridotti.

Una riduzione può derivare da un fatto isolato, quale la chiusura di un impianto, la cessione di un’attività o la conclusione o la sospensione di un piano. Un evento è sufficientemente significativo da poter essere definito una riduzione se la rilevazione contabile di un utile o perdita relativo alla riduzione ha determinato un effetto significativo sul bilancio. Le riduzioni sono spesso legate a una ristrutturazione aziendale. Per tale ragione, l’entità contabilizza una riduzione nello stesso momento in cui contabilizza la relativa ristrutturazione aziendale.

112.

Si ha un’estinzione quando l’entità agisce in modo da eliminare ogni ulteriore obbligazione legale o implicita relativa a parte o tutti i benefici previsti da un piano a benefici definiti, per esempio quando si effettua un pagamento in un’unica soluzione a favore, o nell’interesse, dei partecipanti al piano, in cambio del loro diritto a ricevere determinati benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro.

113.

In alcuni casi, l’entità acquisisce una polizza assicurativa per finanziare alcuni o tutti i benefici relativi all’anzianità di servizio dei dipendenti nell’esercizio corrente e nei periodi precedenti. L’acquisizione di tale polizza non rappresenta un’estinzione se l’entità mantiene un’obbligazione legale o implicita (cfr. paragrafo 39) a pagare ulteriori importi nel caso l’assicuratore non corrisponda tutti i benefici per i dipendenti previsti dalle polizze assicurative. I paragrafi da 104A a 104D trattano la rilevazione e valutazione dei diritti di ricevere un indennizzo secondo quanto previsto da polizze assicurative che non rappresentano attività a servizio del piano.

114.

Si ha un’estinzione contemporaneamente a una riduzione se un piano è concluso cosicché l’obbligazione sia estinta e il piano cessi di esistere. La conclusione di un piano, tuttavia, non costituisce riduzione o estinzione se esso viene sostituito da un nuovo piano che garantisce benefici sostanzialmente identici.

115.

Quando una riduzione riguarda solo alcuni dei dipendenti che partecipano a un piano, o quando l’obbligazione è estinta solo parzialmente l’utile o la perdita includono una quota proporzionale del costo relativo alle prestazioni di lavoro passate e degli utili e delle perdite attuariali precedentemente non rilevati [e una quota degli ammontari transitori che risultano non rilevati secondo quanto previsto dal paragrafo 155, lettera (b)]. La quota proporzionale è determinata sulla base del valore attuale delle obbligazioni prima e dopo la riduzione o l’estinzione, a meno che, in determinate circostanze, un criterio diverso sia ritenuto più razionale. Per esempio, può essere corretto allocare ogni utile derivante dalla riduzione o dall’estinzione dello stesso piano per eliminare, per prima cosa, ogni costo relativo alle prestazioni di lavoro passate relativo allo stesso piano.

Esempio illustrativo del paragrafo 115L’entità interrompe un settore operativo e i dipendenti di questo settore non otterranno ulteriori benefici. Questa situazione rappresenta una riduzione senza estinzione. Utilizzando ipotesi attuariali attuali (inclusi tassi di interesse di mercato attuali e altri prezzi attuali di mercato) immediatamente prima della riduzione, l’entità ha un’obbligazione per benefici definiti con un valore attuale netto di 1 000, attività a servizio del piano con un fair value (valore equo) di 820 e perdite attuariali nette cumulative non rilevate pari a 50. L’entità ha iniziato ad applicare il Principio un anno prima. Questo ha comportato un aumento della passività netta di 100, che l’entità ha scelto di rilevare in cinque anni [cfr. paragrafo 155, lettera (b)]. La riduzione riduce il valore attuale netto dell’obbligazione di 100, portandolo a 900.Degli utili attuariali e degli ammontari provvisori precedentemente non rilevati, il 10 % (100/1 000) riguarda la parte dell’obbligazione eliminata attraverso la riduzione. Perciò, l’effetto della riduzione è il seguente:

 

Prima della riduzione

 

Utile dalla riduzione

 

Dopo la riduzione

Valore attuale netto dell’obbligazione

1 000

 

(100)

 

900

Fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano

(820)

 

 

(820)

 

180

 

(100)

 

80

Utili attuariali non rilevati

50

 

(5)

 

45

Ammontari provvisori non rilevati (100 × 4/5)

(80)

 

8

 

(72)

Passività netta rilevata nello stato patrimoniale

150

 

(97)

 

53

Esposizione nel bilancio

Compensazione

116.

L’entità deve compensare un’attività relativa a un piano a fronte di una passività relativa a un altro piano se, e soltanto se, l’entità:

a)

ha un diritto giuridicamente tutelato a utilizzare un avanzo di un piano per estinguere le obbligazioni dell’altro piano; e

b)

intende estinguere le obbligazioni su base netta, o realizzare l’avanzo di un piano ed estinguere simultaneamente la propria obbligazione relativa all’altro piano.

117.

I criteri di compensazione sono analoghi a quelli stabiliti per gli strumenti finanziari nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio.

Distinzione corrente/non corrente

118.

Alcune entità distinguono le attività e passività correnti da quelle non correnti. Il presente Principio non specifica se l’entità debba distinguere le parti correnti e non correnti di attività e passività derivanti da benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro.

Componenti finanziarie di costi per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro

119.

Il presente Principio non specifica se l’entità debba presentare nel conto economico il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti, gli interessi passivi e il rendimento atteso delle attività a servizio del piano come componenti di un singolo elemento di provento o costo.

Informazioni integrative

120.

Un’entità deve indicare le informazioni che permettono agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura dei suoi piani a benefici definiti e gli effetti sul bilancio dei cambiamenti in tali piani durante l’esercizio.

120A

L’entità deve presentare le seguenti informazioni relative ai piani a benefici definiti:

a)

i principi contabili utilizzati dall’entità per la rilevazione contabile di utili e perdite attuariali;

b)

una descrizione generale del tipo di piano.

c)

una riconciliazione dei saldi di apertura e di chiusura del valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti indicando separatamente, se applicabile, gli effetti durante l’esercizio attribuibili ad ognuna delle seguenti voci:

i)

costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti;

ii)

interessi passivi;

iii)

contributi da parte dei partecipanti al piano;

iv)

utili e perdite attuariali;

v)

variazioni del tasso di cambio relative ai piani valutati in una valuta diversa dalla moneta di presentazione dell’entità;

vi)

benefici pagati;

vii)

costo relativo alle prestazioni di lavoro passate;

viii)

aggregazioni aziendali;

ix)

riduzioni; ed

x)

estinzioni.

d)

un’analisi dell’obbligazione per benefici definiti, distinguendo tra importi derivanti da piani che sono interamente non finanziati e importi derivanti da piani che sono interamente o parzialmente finanziati.

e)

una riconciliazione dei saldi di apertura e di chiusura del fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano e dei saldi di apertura e di chiusura di qualsiasi diritto di rimborso rilevato come un’attività secondo quanto previsto dal paragrafo 104A, indicando separatamente, se applicabile, gli effetti durante l’esercizio attribuibili a ognuna delle seguenti voci:

i)

rendimento atteso delle attività a servizio del piano;

ii)

utili e perdite attuariali;

iii)

variazioni del tasso di cambio relative ai piani valutati in una valuta diversa dalla moneta di presentazione dell’entità;

iv)

contributi da parte del datore di lavoro;

v)

contributi da parte dei partecipanti al piano;

vi)

benefici pagati;

vii)

aggregazioni aziendali; e

viii)

estinzioni.

f)

una riconciliazione del valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti in c) e il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano in e) rispetto alle attività e passività rilevate nello stato patrimoniale indicando almeno:

i)

gli utili o le perdite attuariali netti non rilevati nello stato patrimoniale (cfr. paragrafo 92);

ii)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate non rilevato nello stato patrimoniale (cfr. paragrafo 96);

iii)

qualsiasi ammontare non rilevato come attività, a causa del limite di cui al paragrafo 58, lettera b);

iv)

il fair value (valore equo) alla data di riferimento del bilancio di qualsiasi diritto al rimborso rilevato come attività secondo quanto previsto dal paragrafo 104A (con una sintetica descrizione della relazione tra il diritto al rimborso e la relativa obbligazione); e

v)

gli altri importi rilevati nello stato patrimoniale.

g)

il costo totale rilevato a conto economico per ciascuno dei seguenti elementi e le relative voci in cui sono inclusi:

i)

costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti;

ii)

interessi passivi;

iii)

rendimento atteso delle attività a servizio del piano;

iv)

rendimento atteso degli eventuali diritti di rimborso rilevati come attività secondo quanto previsto dal paragrafo 104A;

v)

utili e perdite attuariali;

vi)

costo relativo alle prestazioni di lavoro passate;

vii)

l’effetto di qualsiasi riduzione o estinzione; e

viii)

l’effetto del limite indicato nel paragrafo 58, lettera b).

h)

l’importo totale rilevato nel prospetto dei proventi ed oneri rilevati per ognuna delle seguenti voci:

i)

utili e perdite attuariali; e

ii)

l’effetto del limite indicato nel paragrafo 58, lettera b).

i)

per le entità che rilevano gli utili e le perdite attuariali nel prospetto dei proventi e oneri rilevati secondo quanto previsto dal paragrafo 93A, l’importo cumulativo degli utili e delle perdite attuariali rilevati nel prospetto dei proventi e oneri rilevati.

j)

per ogni categoria principale di attività a servizio del piano, che devono includere, ma non si limitano a, strumenti rappresentativi di capitale, strumenti di debito, immobili, e tutte le altre attività, la percentuale o importo che ogni categoria principale rappresenta del fair value (valore equo) delle attività totali a servizio del piano.

k)

gli ammontari inclusi nel fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano per:

i)

ogni categoria di strumenti finanziari propri dell’entità; e

ii)

qualsiasi immobile occupato da, o altre attività utilizzate da, l’entità.

l)

una descrizione della base utilizzata per determinare il tasso complessivo atteso di rendimento delle attività, incluso l’effetto delle principali categorie di attività a servizio del piano.

m)

il rendimento effettivo delle attività a servizio del piano, così come il rendimento effettivo di qualsiasi diritto di rimborso rilevato come attività secondo quanto previsto dal paragrafo 104A.

n)

le principali ipotesi attuariali utilizzate alla data di riferimento del bilancio, includendo, se ricorrono le condizioni:

i)

i tassi di sconto;

ii)

i tassi di rendimento attesi delle attività a servizio del piano per gli esercizi presentati in bilancio;

iii)

i tassi di rendimento attesi, con riferimento agli esercizi presentati in bilancio, degli eventuali diritti di rimborso rilevati come attività secondo quanto previsto dal paragrafo 104A;

iv)

i tassi attesi di incrementi retributivi (e di variazione di un indice o di altre variabili specificate nelle condizioni formali o implicite di un piano come base per i futuri incrementi di benefici);

v)

i tassi tendenziali dei costi per assistenza medica; e

vi)

qualsiasi altra ipotesi attuariale significativa utilizzata.

L’entità deve indicare ciascuna ipotesi attuariale in termini assoluti (per esempio, come percentuale assoluta) e non come una differenza tra percentuali diverse o altre variabili.

o)

l’effetto di un incremento di un punto percentuale e l’effetto di una diminuzione di un punto percentuale nei tassi tendenziali presunti dei costi per assistenza medica per:

i)

la sommatoria delle componenti, il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti e gli interessi passivi, relativa alle spese mediche periodiche nette successive alla fine del rapporto di lavoro; e

ii)

l’obbligazione per benefici accumulati successivi alla fine del rapporto di lavoro per spese mediche.

Ai fini della presente informativa, tutte le altre ipotesi devono essere mantenute invariate. Per i piani che operano in un ambiente caratterizzato da un’alta inflazione, l’informativa deve essere l’effetto di un aumento o diminuzione percentuale del tasso tendenziale presunto dei costi per assistenza medica di un’ampiezza pari a un punto percentuale in un ambiente caratterizzato da inflazione bassa.

p)

gli importi per l’esercizio in corso e per i quattro precedenti esercizi di:

i)

il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti, il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano e l’eccedenza o deficit del piano; e

ii)

le rettifiche dovute all’esperienza derivanti da:

A)

le passività del piano espresse come 1) un importo o 2) una percentuale delle passività del piano alla data di riferimento del bilancio; e

B)

le attività a servizio del piano espresse come 1) un importo o 2) una percentuale delle attività a servizio del piano alla data di riferimento del bilancio;

q)

la migliore stima del datore di lavoro, non appena può essere ragionevolmente determinata, dei contributi attesi che ci si aspetta di versare nel piano durante l’esercizio con inizio dopo la data di riferimento del bilancio.

121.

Il paragrafo 120A, lettera b), richiede una descrizione generale del tipo di piano. Una descrizione di questo genere distingue, per esempio, i piani pensionistici basati su una retribuzione fissa dai piani pensionistici basati sull’ultima retribuzione e dai piani sanitari successivi alla fine del rapporto di lavoro. La descrizione del piano deve includere le prassi informali che danno origine a obbligazioni implicite incluse nella valutazione dell’obbligazione per benefici definiti secondo quanto previsto dal paragrafo 52. Non sono richiesti ulteriori dettagli.

122.

Quando l’entità ha più di un piano a benefici definiti, le informazioni integrative possono essere presentate in forma aggregata, separatamente per ciascun piano o nei raggruppamenti considerati più utili. Può essere utile distinguere i raggruppamenti in base:

a)

alla localizzazione geografica dei piani, per esempio distinguendo i piani nazionali da quelli esteri; o

b)

alla possibilità che i piani abbiano gradi di rischio molto differenti, per esempio distinguendo i piani pensionistici basati su una retribuzione fissa dai piani pensionistici basati sull’ultima retribuzione e da piani sanitari successivi alla fine del rapporto di lavoro.

Quando l’entità presenta le informazioni integrative in forma aggregata per un insieme di piani, esse sono presentate sotto forma di medie ponderate o di intervalli relativamente ristretti.

123.

Il paragrafo 30 richiede ulteriori informazioni integrative sui piani a benefici definiti relativi a più datori di lavoro che sono trattati come se fossero piani a contribuzione definita.

124.

Laddove richiesto dallo IAS 24 l’entità fornisce informazioni integrative su:

a)

operazioni fra parti correlate con piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro; e

b)

benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro per i dirigenti con responsabilità strategiche.

125.

Laddove richiesto dallo IAS 37 l’entità fornisce informazioni integrative sulle passività potenziali derivanti da obbligazioni per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro.

ALTRI BENEFICI A LUNGO TERMINE PER I DIPENDENTI

126.

Gli altri benefici a lungo termine includono, per esempio:

a)

assenze a lungo termine retribuite quali permessi legati all’anzianità di servizio o disponibilità di periodi sabbatici;

b)

anniversari o altri benefici legati all’anzianità di servizio;

c)

benefici per invalidità permanente;

d)

compartecipazione agli utili e incentivi da corrispondere dopo dodici mesi o più dalla chiusura dell’esercizio nel quale i dipendenti hanno prestato la loro attività; e

e)

retribuzione differita corrisposta dopo dodici mesi o più dalla chiusura dell’esercizio nel quale è stata guadagnata.

127.

La valutazione degli altri benefici a lungo termine non presenta, di solito, lo stesso grado di incertezza della valutazione dei benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro. Inoltre, l’introduzione, o le modifiche di altri benefici a lungo termine determina di rado un costo relativo alle prestazioni di lavoro passate di entità significativa. Per queste ragioni, il presente Principio richiede un metodo semplificato di contabilizzazione di tali benefici. Questo metodo differisce dalla contabilizzazione richiesta per i benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro per i seguenti aspetti:

a)

gli utili e le perdite attuariali sono rilevati immediatamente e non è utilizzato alcun «corridoio»; e

b)

l’intero costo relativo alle prestazioni di lavoro passate è rilevato immediatamente.

Rilevazione e valutazione

128.

L’ammontare rilevato come passività per gli altri benefici a lungo termine deve essere rappresentato dal totale netto degli ammontari seguenti:

a)

il valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti alla data di riferimento del bilancio (cfr. paragrafo 64);

b)

dedotto il fair value (valore equo) alla data di riferimento del bilancio delle attività a servizio del piano (se esistono) al di fuori delle quali le obbligazioni devono essere estinte direttamente (cfr. paragrafi da 102 a 104).

Per determinare il valore della passività, l’entità deve applicare i paragrafi da 49 a 91, escludendo i paragrafi 54 e 61. L’entità deve applicare il paragrafo 104A per rilevare e valutare qualsiasi diritto di rimborso.

129.

Per gli altri benefici a lungo termine, l’entità deve rilevare il totale netto dei seguenti ammontari come costo o (secondo il paragrafo 58) come provento, a meno che e nella misura in cui un altro Principio ne richieda o consenta l’inclusione nel costo di un’attività:

a)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti (cfr. paragrafi da 63 a 91);

b)

gli oneri finanziari (cfr. paragrafo 82);

c)

il rendimento atteso di qualsiasi attività a servizio del piano (cfr. paragrafi da 105 a 107) e di qualsiasi diritto di rimborso rilevati come attività (cfr. paragrafo 104A);

d)

gli utili e le perdite attuariali, che devono essere rilevati tutti immediatamente;

e)

il costo relativo alle prestazioni di lavoro passate, che deve essere rilevato tutto immediatamente; e

f)

l’effetto di qualsiasi riduzione o estinzione (cfr. paragrafi 109 e 110).

130.

L’invalidità permanente è un esempio degli altri benefici a lungo termine per i dipendenti. Se il livello del beneficio dipende dalla anzianità lavorativa, l’obbligazione sorge man mano che l’attività lavorativa è prestata. La valutazione del valore di quella obbligazione riflette la probabilità che il pagamento venga richiesto e il periodo di tempo nel quale si ritiene il pagamento dovrà essere effettuato. Se il livello del beneficio è il medesimo per ogni dipendente invalido senza tener conto dell’anzianità di servizio, il costo atteso di quei benefici è rilevato al manifestarsi dell’evento che causa l’invalidità permanente.

Informazioni integrative

131.

Nonostante il presente Principio non richieda specifica informativa in merito agli altri benefici a lungo termine per i dipendenti, essa può essere richiesta da altri Principi, per esempio, quando il costo derivante da tali benefici è significativo e quindi richiederebbe informazioni integrative secondo quanto previsto dallo IAS 1. Quando richiesto dallo IAS 24 l’entità fornisce informativa sugli altri benefici a lungo termine riservati ai dirigenti con responsabilità strategiche.

BENEFICI DOVUTI AI DIPENDENTI PER LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

132.

Il presente Principio tratta i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro distintamente dagli altri benefici per i dipendenti per il fatto che l’evento che dà origine all’obbligazione è la cessazione del rapporto di lavoro piuttosto che l’esistenza di tale rapporto.

Rilevazione

133.

L’entità deve rilevare i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro come passività e costo quando, e solo quando, essa è impegnata, in modo comprovabile, a:

a)

interrompere il rapporto di lavoro con un dipendente o con un gruppo di dipendenti prima del normale pensionamento; o

b)

erogare benefici per la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di una proposta per incentivare dimissioni volontarie per esuberi.

134.

L’entità è impegnata, in modo comprovabile, a concludere il rapporto di lavoro quando, e solo quando, essa ha un piano formale dettagliato relativo al licenziamento (estinzione del rapporto di lavoro) e non ha possibilità di recesso realistiche. Il piano dettagliato deve includere, almeno:

a)

la localizzazione, la funzione, e il numero approssimativo di dipendenti il cui rapporto di lavoro deve essere interrotto;

b)

i benefici per la cessazione del rapporto di lavoro per ogni mansione o funzione lavorativa; e

c)

i tempi in cui il piano sarà realizzato. L’attuazione del piano deve iniziare appena possibile e il periodo di tempo per completare il piano deve essere tale da rendere poco probabili significativi cambiamenti del piano.

135.

L’entità può essere impegnata, dalla legislazione, da accordi contrattuali o di altra natura con i dipendenti o i loro rappresentanti o da un’obbligazione implicita basata sulla prassi aziendale, sulle consuetudini o sulla volontà di comportarsi con equità, a erogare pagamenti (o altre indennità) ai dipendenti al momento della cessazione del rapporto lavorativo. Tali pagamenti rappresentano benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro. Tipicamente sono pagamenti in un’unica soluzione, ma talvolta includono anche:

a)

miglioramenti dei benefici pensionistici o di altri benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, o indirettamente attraverso un piano per benefici ai dipendenti o direttamente; e

b)

lo stipendio fino alla fine di un periodo di preavviso stabilito se il dipendente non svolge altre prestazioni che portano benefici economici all’entità.

136.

Alcuni benefici per i dipendenti sono dovuti indipendentemente dai motivi della cessazione del rapporto di lavoro del dipendente. Il pagamento di tali benefici è certo (soggetto a eventuali condizioni per l’acquisizione del diritto o eventuali requisiti minimi di anzianità di servizio) ma è incerto il momento del pagamento. Nonostante tali benefici siano definiti in alcuni Paesi come indennità dovute ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro, o gratifiche per la cessazione del rapporto di lavoro, essi rappresentano benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, piuttosto che benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro e l’entità li contabilizza come tali (benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro). Alcune entità erogano minori benefici per le dimissioni volontarie richieste dal dipendente (in sostanza, un beneficio successivo alla fine del rapporto di lavoro) rispetto a quelli erogati per l’interruzione non volontaria richiesta dall’entità. Il beneficio dovuto per la conclusione non volontaria rappresenta un beneficio dovuto per la cessazione del rapporto di lavoro.

137.

I benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro non procurano all’entità benefici economici futuri e sono rilevati immediatamente come costo.

138.

Quando l’entità rileva i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro, può anche dover contabilizzare una riduzione dei benefici pensionistici o degli altri benefici per i dipendenti (cfr. paragrafo 109).

Valutazione

139.

Quando i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro sono dovuti dopo più di 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio, essi devono essere attualizzati utilizzando il tasso di sconto indicato nel paragrafo 78.

140.

Nel caso di un’offerta formulata (dall’entità) per incentivare le dimissioni volontarie, la valutazione dei benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro deve basarsi sul numero di dipendenti che si prevede accetteranno l’offerta.

Informazioni integrative

141.

Quando il numero di dipendenti che accetteranno un’offerta di benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro è incerto si è in presenza di una passività potenziale. Come richiesto dallo IAS 37, l’entità fornisce informazioni integrative sulla passività potenziale a meno che la possibilità di un’uscita di risorse per l’adempimento sia remota.

142.

Come richiesto dallo IAS 1, un’entità indica la natura e l’importo di un costo se è significativo. I benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro possono comportare un costo per il quale è necessario fornire informazioni integrative al fine di osservare tale disposizione.

143.

Nei casi previsti dallo IAS 24 l’entità fornisce informazioni integrative sui benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro per i dirigenti con responsabilità strategiche.

144.-152.

[Eliminato]

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

153.

Questa sezione illustra il trattamento contabile transitorio per i piani a benefici definiti. Quando un’entità inizialmente adotta il presente Principio per altri benefici per i dipendenti, l’entità applica lo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

154.

Alla prima applicazione del presente Principio l’entità deve determinare la sua passività transitoria relativa a piani a benefici definiti a quella data nel seguente modo:

a)

valore attuale dell’obbligazione (cfr. paragrafo 64) alla data di adozione;

b)

meno il fair value (valore equo), alla data di applicazione, delle attività a servizio del piano (se esistono) che devono essere utilizzate per l’estinzione diretta delle obbligazioni (cfr. paragrafi 102-104);

c)

meno l’eventuale costo relativo alle prestazioni di lavoro passate che, secondo il paragrafo 96, deve essere contabilizzato negli ultimi esercizi.

155.

Se la passività transitoria è superiore alla passività che sarebbe stata rilevata alla stessa data secondo i principi contabili adottati in precedenza dall’entità, l’entità deve decidere in modo irrevocabile di rilevare quell’incremento come parte della sua passività per piani a benefici definiti secondo il paragrafo 54:

a)

immediatamente, secondo lo IAS 8; o

b)

come costo con un criterio a quote costanti in un periodo massimo di cinque anni a partire dalla data di adozione. Se l’entità sceglie l’opzione (b), essa deve:

i)

tener conto del limite indicato nel paragrafo 58, lettera b), per determinare il valore di ogni attività rilevata nello stato patrimoniale;

ii)

indicare, a ogni data di riferimento del bilancio: 1) l’ammontare dell’incremento non rilevato; e 2) l’ammontare rilevato nell’esercizio corrente;

iii)

limitare la rilevazione degli utili attuariali successivi (ma non del costo relativo alle prestazioni di lavoro passate negativo) come segue: se un utile attuariale deve essere contabilizzato secondo i paragrafi 92 e 93, l’entità deve rilevare quell’utile attuariale solo nella misura in cui gli utili netti attuariali complessivi non rilevati (prima della rilevazione contabile di quell’utile attuariale) eccedono la parte non rilevata della passività transitoria; e

iv)

includere la parte correlata della passività provvisoria non rilevata nella determinazione dell’eventuale successivo utile o perdita relativo all’estinzione o riduzione.

Se la passività transitoria è minore della passività che sarebbe stata rilevata alla stessa data applicando i principi contabili seguiti dall’entità in precedenza, l’entità deve rilevare quel decremento immediatamente secondo quanto previsto dallo IAS 8.

156.

Nel momento in cui è adottato il presente Principio, l’effetto della variazione dei principi contabili include tutti gli utili e le perdite attuariali sorti negli esercizi precedenti anche se ricadono nel «corridoio» del 10 % indicato nel paragrafo 92.

Esempio illustrativo del contenuto dei paragrafi da 154 a 156Al 31 dicembre 1998, lo stato patrimoniale di un’entità riporta una passività pensionistica di 100. L’entità adotta il Principio a partire dal 1o gennaio 1999, quando il valore attuale dell’obbligazione calcolato in base alle disposizioni del Principio è 1 300 e il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano è 1 000. Il 1o gennaio 1993, l’entità aveva incrementato i trattamenti pensionistici (costo per benefici non acquisiti: 160; periodo medio rimanente fino alla data di acquisizione: 10 anni).L’effetto transitorio è il seguente:

Valore attuale dell’obbligazione

1 300

Fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano

(1 000)

Dedotto: costo relativo alle prestazioni di lavoro passate da rilevare negli ultimi esercizi (160 × 4/10)

(64)

Passività transitoria

236

Passività già rilevata

100

Incremento della passività

136

L’entità può scegliere di rilevare l’incremento di 136 immediatamente o in un periodo massimo di cinque anni. La scelta è irrevocabile.Al 31 dicembre 1999, il valore attuale dell’obbligazione secondo il presente Principio è 1 400 e il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano è 1 050. Gli utili attuariali netti cumulati non rilevati dalla data di adozione del Principio sono 120. La vita lavorativa attesa media rimanente dei dipendenti che partecipano al piano era di otto anni. L’entità ha adottato un criterio di rilevazione di tutti gli utili e le perdite attuariali immediatamente come consentito dal paragrafo 93.L’effetto del limite del paragrafo 155(b)(iii) è il seguente.

Utili attuariali netti cumulativi non rilevati

120

Parte non rilevata della passività provvisoria (136 × 4/5)

(109)

Utile massimo iscrivibile [paragrafo 155(b)(iii)]

11

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

157.

Il presente Principio entra in vigore a partire dagli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1999 o da data successiva, a eccezione delle indicazioni dei paragrafi da 159 a 159C. È incoraggiata un’applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio ai costi per benefici pensionistici a partire dai bilanci degli esercizi con inizio precedente il 1o gennaio 1999, l’entità deve rendere noto che ha applicato il presente Principio in sostituzione dello IAS 19 Costi di previdenza, approvato nel 1993.

158.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 19 Costi di previdenza, approvato nel 1993.

159.

Le seguenti disposizioni entrano in vigore dai bilanci annuali (3) degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 2001 o da data successiva:

a)

la definizione modificata di attività a servizio del piano nel paragrafo 7 e le definizioni correlate di attività detenute da un fondo di benefici a lungo termine per i dipendenti e da polizze assicurative che soddisfano i requisiti richiesti; e

b)

le disposizioni per la contabilizzazione e valutazione dei rimborsi nei paragrafi 104A, 128 e 129 e le relative informazioni integrative nei paragrafi 120A, lettera f), punto iv), 120A, lettera g), punto iv), 120A, lettera m), e 120A, lettera n), punto iii).

È incoraggiata un’applicazione anticipata. Se l’applicazione anticipata incide sui risultati di bilancio, l’entità deve evidenziare tale fatto.

159A

La rettifica nel paragrafo 58A entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi che si chiudono al 31 maggio 2002 o in data successiva. È incoraggiata un’applicazione anticipata. Se l’applicazione anticipata incide sui risultati di bilancio, l’entità deve evidenziare tale fatto.

159B

Un’entità deve applicare le modifiche dei paragrafi 32A, da 34 a 34B, 61, 120 e 121 a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica queste modifiche per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2006, tale fatto deve essere indicato.

159C

L’opzione indicata nei paragrafi da 93A a 93D può essere utilizzata per i bilanci degli esercizi che si chiudono al 16 dicembre 2004 o in data successiva. Un’entità che utilizza l’opzione per i bilanci degli esercizi con inizio prima del 1o gennaio 2006 deve inoltre applicare le modifiche dei paragrafi 32A, da 34 a 34B, 61, 120 e 121.

160.

Lo IAS 8 si applica quando un’entità cambia i propri principi contabili per riflettere i cambiamenti specificati nei paragrafi da 159 a 159C. Nell’applicare tali variazioni retroattivamente, come disposto dallo IAS 8, l’entità tratta tali cambiamenti come se essi fossero stati applicati allo stesso tempo del resto del Principio, salvo che l’entità possa indicare gli importi richiesti dal paragrafo 120A, lettera p), in quanto gli importi sono determinati prospetticamente per ogni esercizio a partire dal primo esercizio presentato in bilancio in cui l’entità ha applicato per la prima volta le modifiche del paragrafo 120A.


(1)  Una polizza assicurativa che soddisfa i requisiti richiesti non è necessariamente un contratto assicurativo, secondo la definizione dell’IFRS 4 Contratti assicurativi.

(2)  Si ha una eccedenza quando il fair value (valore equo) delle attività a servizio del piano è superiore al valore attuale dell’obbligazione per benefici definiti.

(3)  I paragrafi 159 e 159A fanno riferimento ai «bilanci annuali», in linea con la più esplicita terminologia adottata nel 1998 per riportare le date di entrata in vigore. Il paragrafo 157 si riferisce ai «bilanci».

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 20

Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull’assistenza pubblica

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione e l’informativa dei contributi pubblici e per l’informativa riguardante gli altri tipi di assistenza pubblica.

2.

Il presente Principio non tratta:

a)

i problemi particolari che sorgono nella contabilizzazione dei contributi pubblici nei bilanci che riflettono gli effetti dei cambiamenti dei prezzi o nelle informazioni integrative di natura analoga;

b)

l’assistenza pubblica che è fornita a un’entità sotto forma di benefici che si manifestino nella determinazione del reddito imponibile o che siano determinati o limitati sulla base delle imposte dovute (quali esenzioni dalle imposte sul reddito, crediti d’imposta sugli investimenti, ammortamenti accelerati e riduzioni delle aliquote delle imposte sul reddito);

c)

la partecipazione pubblica alla proprietà dell’entità;

d)

i contributi pubblici trattati dallo IAS 41 Agricoltura.

DEFINIZIONI

3.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Con il termine pubblico si fa riferimento al governo, a enti governativi e ad analoghi enti locali, nazionali o internazionali.

L’assistenza pubblica è l’azione intrapresa da enti pubblici per fornire a un’entità, o a una categoria di entità che soddisfano certi requisiti, uno specifico beneficio economico. Per la finalità del presente Principio l’assistenza pubblica non comprende i benefici forniti solo indirettamente tramite azioni che modifichino le condizioni economiche generali, quali la realizzazione di infrastrutture in aree in via di sviluppo o l’introduzione di vincoli ai concorrenti.

I contributi pubblici sono quelli che si manifestano sotto forma di trasferimenti di risorse a un’entità a condizione che questa abbia rispettato, o si impegni a rispettare, certe condizioni relative alle sue attività operative. Sono escluse quelle forme di assistenza pubblica alle quali non può ragionevolmente essere associato un valore e le operazioni con gli enti pubblici che non possono essere distinte dalle normali attività commerciali dell’entità. (1)

I contributi in conto capitale sono i contributi pubblici per il cui ottenimento è condizione essenziale che l’entità acquisti, costruisca o comunque acquisisca attività immobilizzate. Possono essere previste anche ulteriori condizioni che delimitino il tipo o la localizzazione dei beni o i periodi nel corso dei quali essi devono essere acquistati o posseduti.

I contributi in conto esercizio sono i contributi pubblici diversi da quelli in conto capitale.

I finanziamenti a fondo perduto sono i prestiti per i quali il finanziatore si impegna, in presenza di condizioni stabilite, a rinunciare al rimborso.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

4.

L’assistenza pubblica assume forme diverse variando sia per ciò che riguarda la natura dell’assistenza prestata sia per le condizioni alle quali essa è sottoposta. Lo scopo dell’assistenza può essere quello di incentivare l’entità a intraprendere un’attività che normalmente non svolgerebbe se mancasse l’assistenza.

5.

L’ottenimento di assistenza pubblica da parte dell’entità può essere rilevante per la preparazione del bilancio per due motivi. In primo luogo, se sono state trasferite risorse, deve essere trovato un metodo adeguato per contabilizzare tale trasferimento. In secondo luogo è opportuno fornire un’indicazione del beneficio che l’entità ha tratto da tale assistenza durante il periodo considerato. Questo agevola il confronto tra il bilancio di un’entità con quelli degli esercizi precedenti e con quello di altre entità.

6.

I contributi pubblici vengono talvolta indicati con altri nomi quali sussidi, sovvenzioni o incentivi.

CONTRIBUTI PUBBLICI

7.

I contributi pubblici, inclusi i contributi non monetari valutati al fair value (valore equo), non devono essere rilevati finché non esista una ragionevole certezza che:

a)

l’entità rispetterà le condizioni previste; e

b)

i contributi saranno ricevuti.

8.

Un contributo pubblico non può essere rilevato finché non esiste una ragionevole certezza che l’entità rispetterà le condizioni previste, e che il contributo sarà ricevuto. La riscossione di un contributo non fornisce, di per sé, la prova definitiva che le condizioni connesse al contributo siano state, o saranno, rispettate.

9.

Il modo in cui un contributo è ricevuto non influisce sul metodo contabile da adottare per rilevarlo. Quindi un contributo è contabilizzato nello stesso modo sia che esso sia ricevuto sotto forma di disponibilità liquide, sia come riduzione di una passività nei confronti dell’ente pubblico.

10.

Un finanziamento a fondo perduto da parte di enti pubblici è trattato come contributo pubblico quando c’è una ragionevole sicurezza che l’entità rispetterà le condizioni per la rinuncia al rimborso del prestito.

11.

Una volta che un contributo pubblico è stato contabilizzato, qualsiasi passività o attività potenziale è trattata secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali.

12.

I contributi pubblici devono essere imputati come provento, con un criterio sistematico, negli esercizi necessari a contrapporli ai costi correlati che il contributo intende compensare. Essi non devono essere accreditati direttamente al patrimonio netto.

13.

Esistono due sistemi generali per il trattamento contabile dei contributi pubblici: il metodo patrimoniale, per il quale un contributo è accreditato direttamente al patrimonio netto, e il metodo del reddito, per il quale un contributo è rilevato come provento in uno o più esercizi.

14.

Per i sostenitori del metodo patrimoniale:

a)

i contributi pubblici sono un mezzo di finanziamento e dovrebbero essere trattati come tali nello stato patrimoniale piuttosto che transitare attraverso il conto economico per compensare le voci di costo che essi finanziano. Dato che non è previsto alcun rimborso, essi dovrebbero essere accreditati direttamente al patrimonio netto; e

b)

non è corretto rilevare i contributi pubblici nel conto economico, dato che essi non costituiscono reddito ma rappresentano un incentivo fornito da un ente pubblico senza che siano sostenuti i costi relativi.

15.

Le argomentazioni a favore del metodo del reddito sono le seguenti:

a)

dato che i contributi pubblici derivano da una fonte differente dagli azionisti, essi non dovrebbero essere accreditati direttamente al patrimonio netto ma dovrebbero essere rilevati come proventi negli esercizi appropriati;

b)

i contributi pubblici sono raramente senza controprestazioni. L’entità li ottiene attraverso il rispetto di certe condizioni insieme all’adempimento delle obbligazioni previste. Essi dovrebbero, perciò, essere rilevati come provento in corrispondenza con i costi a essi riferibili che il contributo intende compensare; e

c)

dato che le imposte sul reddito e le altre imposte sono oneri che partecipano alla determinazione del reddito, è logico rilevare nel conto economico anche i contributi pubblici, che sono una estensione delle politiche fiscali.

16.

Per il metodo del reddito è fondamentale che i contributi pubblici siano rilevati come proventi, con un criterio sistematico e razionale, negli esercizi pertinenti al fine di contrapporli ai costi a essi riferibili. La rilevazione dei contributi pubblici come provento al momento della riscossione non rispetta l’assunzione della competenza (cfr. IAS 1 Presentazione del bilancio) e potrebbe essere accettata solo nel caso in cui non esista un criterio per ripartire il contributo a esercizi differenti da quello nel quale esso è stato ricevuto.

17.

Nella maggior parte dei casi gli esercizi nei quali l’entità rileva i costi o le spese relative a un contributo pubblico sono facilmente determinabili e, perciò, i contributi riferibili a spese specifiche sono rilevati come proventi nello stesso esercizio della spesa relativa. Analogamente, i contributi relativi a beni ammortizzabili sono solitamente rilevati come proventi negli esercizi nei quali è addebitato l’ammortamento di quei beni e nella medesima proporzione.

18.

I contributi relativi a beni non ammortizzabili possono richiedere anche l’adempimento di certe condizioni e dovrebbero perciò essere rilevati come proventi negli esercizi nei quali viene sostenuto il costo per adempiere alle condizioni previste. Per esempio, la concessione a titolo di contributo di un terreno può essere condizionata alla costruzione di un edificio nel luogo stesso e può essere corretto rilevarla come provento durante la vita utile dell’edificio.

19.

I contributi sono, a volte, ricevuti come parte di un insieme di aiuti finanziari o fiscali al quale sono associate certe condizioni. In tali casi, è necessario porre attenzione nell’identificazione delle condizioni che danno origine ai costi e alle spese che determinano quali sono gli esercizi nei quali il contributo sarà realizzato. Può essere appropriato ripartire una parte del contributo con un criterio e un’altra parte con un criterio diverso.

20.

Un contributo pubblico che sia riscuotibile come compensazione per costi o perdite già sostenuti ovvero al fine di dare un supporto finanziario immediato all’entità senza correlati costi futuri, deve essere rilevato come provento dell’esercizio in cui diventa esigibile.

21.

In alcuni casi, un contributo pubblico può essere concesso al fine di fornire un aiuto finanziario immediato all’entità piuttosto che come incentivo per sostenere spese specifiche. Tali contributi possono essere limitati a una singola entità e possono non essere disponibili per un’intera categoria di beneficiari. Queste circostanze possono giustificare la rilevazione del contributo come provento nell’esercizio nel quale l’entità matura il diritto a ottenerlo, fornendo nelle note l’informativa necessaria per far sì che il suo effetto sia chiaramente compreso.

22.

Un contributo pubblico può essere riscuotibile dall’entità come compensazione per costi o perdite sostenuti in un esercizio precedente. In questo caso il contributo è rilevato come provento nell’esercizio nel quale esso diventa esigibile, con un’informazione integrativa tale da assicurare che il suo effetto sia chiaramente compreso.

Contributi pubblici non monetari

23.

Un contributo pubblico può assumere la forma di un trasferimento di attività non monetarie, quali terreni o altre risorse, per l’utilizzo da parte dell’entità. In queste circostanze, solitamente, si accerta il fair value (valore equo) dell’attività non monetaria e si contabilizza sia il contributo sia il bene a quel fair value (valore equo). Un modo alternativo che viene talvolta seguito è quello di registrare sia il contributo sia il bene a un valore simbolico.

Presentazione nel bilancio dei contributi in conto capitale

24.

I contributi pubblici in conto capitale, inclusi i contributi non monetari valutati al fair value (valore equo), devono essere presentati nello stato patrimoniale iscrivendo il contributo come ricavo differito o come posta rettificativa del valore contabile del bene.

25.

Sono considerati accettabili due metodi di presentazione dei contributi (o della parte appropriata dei contributi) in conto capitale.

26.

Il primo metodo prevede l’iscrizione del contributo come ricavo differito che è imputato come provento con un criterio sistematico e razionale durante la vita utile del bene.

27.

L’altro metodo detrae il contributo nella determinazione del valore contabile del bene. Il contributo è rilevato come provento durante la vita utile del bene ammortizzabile tramite la riduzione del costo dell’ammortamento.

28.

L’acquisto di beni e la riscossione dei contributi relativi possono causare rilevanti movimenti nei flussi finanziari di un’entità. Per questo motivo, e allo scopo di mostrare l’investimento lordo nei beni, tali movimenti sono spesso indicati come elementi distinti nel rendiconto finanziario, indipendentemente dal fatto che il contributo sia dedotto o no dal valore del bene relativo ai fini della presentazione nello stato patrimoniale.

Presentazione nel bilancio dei contributi in conto esercizio

29.

I contributi in conto esercizio sono, a volte, presentati come componente positivo nel conto economico, come voce distinta o all’interno di una voce generica quale «Altri proventi»; in alternativa, essi vengono dedotti dal costo correlato.

30.

I sostenitori del primo metodo non ritengono corretta la compensazione tra proventi e costi, argomentando che la distinzione del contributo dal costo facilita il confronto con gli altri costi non correlati al contributo. Per i sostenitori del secondo metodo è da ritenere che quei costi non sarebbero stati sostenuti dall’entità se questa non avesse ottenuto il contributo; perciò la presentazione dei costi senza compensarli con il contributo può essere fuorviante.

31.

Entrambi i metodi per la presentazione dei contributi in conto esercizio sono ritenuti accettabili. L’indicazione del contributo può essere necessaria per una corretta comprensione del bilancio. È, di norma, corretta l’indicazione dell’effetto dei contributi su ciascuna voce di conto economico che deve essere riportata distintamente.

Restituzione dei contributi pubblici

32.

Un contributo pubblico che diventa rimborsabile deve essere contabilizzato come una rettifica di una stima contabile (cfr. IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori). La restituzione di un contributo pubblico in conto esercizio deve, in primo luogo, essere attribuita all’eventuale ricavo differito non ammortizzato relativo al contributo. La parte della restituzione che residua, o l’intero ammontare della restituzione nel caso in cui non ci siano ricavi differiti, deve essere imputata immediatamente come costo. La restituzione di un contributo in conto capitale deve essere rilevata aumentando il valore contabile del bene o riducendo il saldo dei ricavi differiti dell’ammontare da restituire. L’ammortamento complessivo ulteriore che, qualora il contributo non fosse stato ottenuto, sarebbe stato rilevato fino a quel momento, deve essere rilevato immediatamente come costo.

33.

Le circostanze che danno luogo alla restituzione di un contributo in conto capitale possono richiedere di verificare il nuovo valore contabile del bene al fine di determinare se esso abbia subito una riduzione di valore.

ASSISTENZA PUBBLICA

34.

Alcune forme di assistenza pubblica alle quali non può essere ragionevolmente dato un valore e le operazioni condotte con enti pubblici che non sono distinguibili dalle normali operazioni commerciali dell’entità sono escluse dalla definizione di contributi pubblici contenuta nel paragrafo 3.

35.

La consulenza gratuita, tecnica o di marketing, e la prestazione di garanzie sono esempi di assistenza pubblica ai quali non può essere ragionevolmente associato un valore. Un esempio di assistenza che non può essere distinta dalle normali operazioni commerciali dell’entità si ha quando la politica degli approvvigionamenti pubblici qualifica un’entità come fornitrice, assorbendone parte delle vendite. Anche se il beneficio è evidente, ogni tentativo di distinguere le normali attività dell’azienda dall’assistenza pubblica sarebbe, con ogni probabilità, arbitrario.

36.

La rilevanza del beneficio negli esempi sopra elencati può essere tale che è necessaria l’indicazione della natura, dell’ammontare e della durata dell’assistenza affinché il bilancio dell’entità non sia fuorviante.

37.

I prestiti a interesse zero, o molto basso, sono un tipo di assistenza pubblica ma il beneficio non è quantificato attraverso l’imputazione di interessi.

38.

Nel presente Principio l’assistenza pubblica non comprende la realizzazione di infrastrutture per migliorare i trasporti pubblici e la rete di comunicazione e la messa a disposizione, per l’intera comunità locale e in forma permanente, di infrastrutture pubbliche quali acquedotti e impianti di irrigazione.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

39.

Devono essere indicati i seguenti aspetti:

a)

il principio contabile adottato per i contributi pubblici, inclusi i metodi di presentazione utilizzati nel bilancio;

b)

la natura e l’ammontare dei contributi pubblici rilevati nel bilancio e l’indicazione delle altre forme di assistenza pubblica delle quali l’entità ha beneficiato direttamente; e

c)

le condizioni non rispettate e altre situazioni di incertezza relative all’assistenza pubblica che sia stata contabilizzata.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

40.

L’entità che adotti il presente Principio per la prima volta deve:

a)

soddisfare, laddove appropriato, le disposizioni sull’informativa da fornire; e

b)

alternativamente:

i)

rettificare il suo bilancio per il cambiamento di principio contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8; o

ii)

applicare le disposizioni contabili del presente Principio solo ai contributi, o alle parti di contributi, spettanti o rimborsabili, dopo la data di entrata in vigore del Principio.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

41.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1984 o da data successiva.


(1)  Cfr. anche SIC-10 Assistenza pubblica — Nessuna specifica relazione alle attività operative.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 21

Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere

FINALITÀ

1.

L’entità può svolgere attività sull’estero in due modi. Essa può effettuare operazioni in valute estere o avere una gestione estera. Inoltre, l’entità può presentare il bilancio in una valuta estera. La finalità del presente Principio è di definire una modalità per rilevare le operazioni in valuta estera e le gestioni estere nel bilancio di un’entità e per tradurre il bilancio in una moneta di presentazione.

2.

I problemi principali riguardano la scelta del/i tasso/i di cambio e come rilevare in bilancio gli effetti delle variazioni dei cambi.

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

Il presente Principio deve essere applicato: (1)

a)

nella contabilizzazione delle operazioni e dei saldi in valute estere, eccetto per quelle operazioni sui derivati e quei saldi che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione;

b)

nella conversione della situazione patrimoniale-finanzaria e del risultato economico di gestioni estere che sono incluse nel bilancio dell’entità per mezzo del consolidamento, del consolidamento proporzionale o del metodo del patrimonio netto; e

c)

nella conversione della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico di un’entità in una moneta di presentazione.

4.

Lo IAS 39 si applica a diversi derivati in valuta estera e, di conseguenza, questi sono esclusi dalla finalità del presente Principio. Tuttavia, quei derivati in valuta estera che non rientrano nell’ambito dello IAS 39 (per esempio alcuni derivati in valuta estera che sono incorporati in altri contratti) rientrano nell’ambito del presente Principio. Inoltre, il presente Principio si applica quando un’entità converte importi relativi a derivati dalla sua valuta funzionale alla sua moneta di presentazione.

5.

Il presente Principio non si applica alla contabilizzazione delle operazioni di copertura in valuta estera, inclusa la copertura di un investimento netto in una gestione estera. Lo IAS 39 si applica alla contabilizzazione delle operazioni di copertura.

6.

Il presente Principio si applica alla presentazione del bilancio di un’entità in una valuta estera e stabilisce le disposizioni affinché il bilancio che ne deriva sia conforme agli International Financial Reporting Standards. Per le conversioni di informazioni finanziarie in una valuta estera che non soddisfano tali disposizioni, il presente Principio specifica l’informativa da indicare.

7.

Il presente Principio non si applica alla presentazione nel rendiconto finanziario dei flussi finanziari derivanti da operazioni in valuta estera o alla conversione dei flussi finanziari di una gestione estera (cfr. IAS 7 Rendiconto finanziario).

DEFINIZIONI

8.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il tasso di chiusura è il tasso di cambio a pronti alla data di riferimento del bilancio.

La differenza di cambio è la differenza che deriva dalla conversione di un determinato numero di unità di una valuta in un’altra valuta a differenti tassi di cambio.

Il tasso di cambio è il rapporto di cambio tra due valute.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

La valuta estera è una valuta differente dalla valuta funzionale dell’entità.

La gestione estera è un’entità, quale una controllata, una collegata, una joint venture o una filiale di un’entità che redige il bilancio, le cui attività sono situate o sono gestite in un Paese o in una valuta differente da quella dell’entità che redige il bilancio.

La valuta funzionale è la valuta dell’ambiente economico prevalente in cui l’entità opera.

Il gruppo è costituito dalla capogruppo e da tutte le sue controllate.

Gli elementi monetari sono unità di valuta possedute e attività e passività che devono essere incassate o pagate in un numero di unità di valuta fisso o determinabile.

Linvestimento netto in una gestione estera è la quota di patrimonio netto di pertinenza dell’entità che redige il bilancio.

La moneta di presentazione è la valuta in cui il bilancio viene presentato.

Il tasso di cambio a pronti è il tasso di cambio per consegna immediata.

Sviluppo delle definizioni

Valuta funzionale

9.

L’ambiente economico primario in cui un’entità opera è normalmente quello in cui principalmente essa genera e utilizza disponibilità liquide. Un’entità considera i seguenti fattori nella determinazione della valuta funzionale:

a)

la valuta:

i)

che influisce principalmente sui prezzi di vendita di beni e servizi (questa spesso sarà la valuta in cui i prezzi di vendita dei beni e servizi sono espressi e regolati); e

ii)

del paese le cui forze competitive e la cui normativa determinano principalmente i prezzi di vendita di beni e servizi;

b)

la valuta che influenza principalmente il costo della manodopera, dei materiali e degli altri costi di fornitura di beni o servizi (questa sarà spesso la valuta in cui tali costi sono espressi e regolati).

10.

I seguenti fattori possono inoltre fornire evidenza della valuta funzionale di un’entità:

a)

la valuta in cui i fondi derivanti dalle attività di finanziamento (ossia emissione di un titolo di debito e strumenti rappresentativi di capitale) sono generati;

b)

la valuta in cui sono solitamente tenuti gli incassi dall’attività operativa.

11.

I seguenti fattori aggiuntivi sono tenuti in considerazione nel determinare la valuta funzionale di una gestione estera, così come la possibilità che la valuta funzionale sia la stessa dell’entità che redige il bilancio (in questo contesto l’entità che redige il bilancio è l’entità che detiene la gestione estera come la sua controllata, filiale, collegata o joint venture):

a)

se le attività di gestioni estere sono svolte come un’estensione dell’entità che redige il bilancio, piuttosto che con un importante livello di autonomia. Un esempio del primo caso si ha quando la gestione estera vende soltanto beni importati dall’entità che redige il bilancio e alla quale trasferisce i corrispettivi. Un esempio del secondo caso si ha quando la gestione accumula disponibilità liquide e altri elementi monetari, sostiene spese, genera ricavi e negozia finanziamenti, tutti sostanzialmente nella sua moneta locale;

b)

se le operazioni con l’entità che redige il bilancio sono una proporzione alta o bassa delle attività della gestione estera;

c)

se i flussi finanziari derivanti dalle attività della gestione estera influiscono direttamente sui flussi finanziari dell’entità che redige il bilancio e sono immediatamente disponibili per essere trasferiti a quest’ultima;

d)

se i flussi finanziari derivanti dalle attività della gestione estera sono sufficienti per rispettare le obbligazioni di posizioni debitorie in essere e normalmente previste senza che l’entità che redige il bilancio renda disponibili propri fondi.

12.

Quando gli indicatori di cui sopra sono confusi e la valuta funzionale non è evidente, la direzione aziendale utilizza il proprio giudizio per determinare la valuta funzionale che più attendibilmente rappresenta gli effetti economici delle operazioni, degli eventi e delle circostanze sottostanti. Come parte di questo approccio, la direzione aziendale dà priorità agli indicatori primari del paragrafo 9 prima di considerare gli indicatori dei paragrafi 10 e 11, che sono designati per fornire ulteriori supporti per determinare la valuta funzionale di un’entità.

13.

La valuta funzionale di un’entità riflette le operazioni, eventi e circostanze sottostanti che sono per questa rilevanti. Per questi motivi, una volta determinata, la valuta funzionale non è modificata a meno che non vi sia un cambiamento in tali operazioni, eventi e circostanze sottostanti.

14.

Se la valuta funzionale è la valuta di un’economia iperinflazionata, il bilancio dell’entità è rideterminato secondo quanto previsto dallo IAS 29 Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate. Un’entità non può evitare la rideterminazione secondo quanto previsto dallo IAS 29, per esempio adottando come valuta funzionale una valuta differente dalla valuta funzionale determinata secondo quanto previsto dal presente Principio (come la valuta funzionale della capogruppo).

Investimento netto in una gestione estera

15.

L’entità può avere un elemento monetario da incassare o da pagare nei confronti di una gestione estera. Un elemento per il quale il regolamento non è pianificato né è probabile che si verifichi nel prevedibile futuro è, nella sostanza, una parte dell’investimento netto dell’entità in tale gestione estera, ed è contabilizzato secondo quanto previsto dai paragrafi 32 e 33. Tali elementi monetari possono includere crediti o finanziamenti a lungo termine. Questi elementi escludono i crediti o debiti commerciali.

15A

L’entità che ha un elemento monetario da incassare o da pagare nei confronti di una gestione estera come descritto al paragrafo 15 può essere una controllata qualsiasi del gruppo. Per esempio, un’entità ha due controllate, A e B. La controllata B è una gestione estera. La controllata A concede un finanziamento alla controllata B. Il credito per finanziamento della controllata A nei confronti della controllata B è una parte dell’investimento netto dell’entità nella controllata B se il regolamento di tale prestito non è pianificato né è probabile che si verifichi nel prevedibile futuro. Quanto detto sarebbe valido anche se la controllata A fosse essa stessa una gestione estera.

Elementi monetari

16.

La caratteristica essenziale di un elemento monetario è un diritto a ricevere (o un’obbligazione a consegnare) un numero fisso o determinabile di unità di valuta. Alcuni esempi: pensioni e altri benefici per i dipendenti da pagarsi in contanti; obbligazioni da regolare in contanti; inoltre, dividendi da regolare per cassa rilevati come passività. Similmente, un contratto per ricevere (o consegnare) un numero variabile di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità o un ammontare variabile di attività in cui il fair value (valore equo) da ricevere (o consegnare) è pari a un numero fisso o determinabile di unità di valuta, è un elemento monetario. Viceversa, la caratteristica essenziale di un elemento non monetario è l’assenza di un diritto a ricevere (o un’obbligazione a consegnare) un numero fisso o determinabile di unità di valuta. Alcuni esempi: anticipi per acquisto di beni e servizi (per esempio affitto anticipato); avviamento; attività immateriali; rimanenze; immobili, impianti e macchinari; e obbligazioni che devono essere regolate con la consegna di un’attività non monetaria.

SINTESI DELL’APPROCCIO PREVISTO DAL PRESENTE PRINCIPIO

17.

Nella preparazione del bilancio, ogni entità — sia essa un’entità a sé stante, un’entità con gestioni estere (quale una capogruppo) o una gestione estera (quale una controllata o filiale) — determina la sua valuta funzionale secondo quanto previsto dai paragrafi da 9 a 14. L’entità converte gli elementi in valuta estera nella sua valuta funzionale e presenta gli effetti di tale conversione secondo quanto previsto dai paragrafi da 20 a 37 e 50.

18.

Diverse entità che redigono il bilancio includono un numero di entità individuali (per esempio un gruppo è composto da una capogruppo e una o più controllate). Diversi tipi di entità, facenti parte di un gruppo o meno, possono avere investimenti in collegate o joint venture. Queste entità possono anche avere filiali. È necessario che la situazione patrimoniale-finanziaria ed il risultato economico di ciascuna singola entità inclusa nell’entità che redige il bilancio siano convertiti nella valuta in cui l’entità che redige il bilancio presenta il bilancio. Il presente Principio permette che la moneta di presentazione di un’entità che redige il bilancio sia qualsiasi valuta (o valute). La situazione patrimoniale-finanziaria e il risultato economico di qualsiasi singola entità all’interno dell’entità che redige il bilancio, la cui valuta funzionale differisce dalla moneta di presentazione, sono convertiti secondo quanto previsto dai paragrafi da 38 a 50.

19.

Il presente Principio permette di presentare il bilancio in qualsiasi valuta (o valute) a un’entità a sé stante che prepara il bilancio o a un’entità che prepara il bilancio separato secondo quanto previsto dallo IAS 27 Bilancio consolidato e separato. Se la moneta di presentazione dell’entità differisce dalla valuta funzionale, la sua situazione patrimoniale-finanziaria ed il risultato economico sono a loro volta convertiti nella moneta di presentazione secondo quanto previsto dai paragrafi da 38 a 50.

PRESENTAZIONE NELLA VALUTA FUNZIONALE DI OPERAZIONI IN VALUTA ESTERA

Rilevazione iniziale

20.

Un’operazione in valuta estera è un’operazione che è espressa, o che deve essere eseguita, in valuta estera, incluse le operazioni che sorgono quando l’entità:

a)

compra o vende merci o servizi i cui prezzi sono espressi in valuta estera;

b)

prende a prestito o presta dei fondi e l’ammontare dovuto o da ricevere è espresso in valuta estera; o

c)

altrimenti acquista o dismette dei beni, o sostiene o estingue delle passività espresse in valuta estera.

21.

Un’operazione in valuta estera deve essere registrata, al momento della rilevazione iniziale nella valuta funzionale, applicando all’importo in valuta estera il tasso di cambio a pronti tra la valuta funzionale e la valuta estera in vigore alla data dell’operazione.

22.

La data dell’operazione è la data in cui l’operazione si qualifica per la prima volta per la rilevazione, secondo quanto previsto dagli International Financial Reporting Standards. Per motivi pratici, viene spesso utilizzato un cambio che approssima il tasso effettivo alla data dell’operazione quale, per esempio, il cambio medio settimanale o mensile per tutte le operazioni, in ciascuna valuta estera, avvenute nello stesso periodo. Tuttavia, se il cambio fluttua significativamente, l’impiego del cambio medio di periodo non è appropriato.

Presentazione a successive date di riferimento del bilancio

23.

A ogni data di riferimento del bilancio:

a)

gli elementi monetari in valuta estera devono essere convertiti utilizzando il tasso di chiusura;

b)

gli elementi non monetari che sono valutati al costo storico in valuta estera devono essere convertiti usando il tasso di cambio in essere alla data dell’operazione; e

c)

gli elementi non monetari che sono valutati al fair value (valore equo) in una valuta estera devono essere convertiti utilizzando i tassi di cambio alla data in cui il fair value (valore equo) era stato determinato.

24.

Il valore contabile di una voce è determinato in accordo con gli altri Principi applicabili. Per esempio, immobili, impianti e macchinari possono essere valutati in termini di fair value (valore equo) o di costo storico secondo quanto previsto dallo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari. Sia se il valore contabile è determinato sulla base del costo storico sia se determinato sulla base del fair value (valore equo), se l’importo è espresso in una valuta estera esso è allora convertito nella valuta funzionale, secondo quanto previsto dal presente Principio.

25.

Il valore contabile di alcune voci è determinato dal confronto di due o più importi. Per esempio, il valore contabile delle rimanenze è il minore tra il costo e il valore netto di realizzo, secondo quanto previsto dallo IAS 2 Rimanenze. Similmente, secondo quanto previsto dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività, il valore contabile di un’attività per la quale vi è un’indicazione di riduzione di valore è il minore tra il valore contabile prima di considerare possibili perdite per riduzione di valore e il suo valore recuperabile. Quando tale attività è un’attività non monetaria ed è valutata in una valuta estera, il valore contabile è determinato dal confronto tra:

a)

costo o valore contabile, come applicabile, convertito al tasso di cambio alla data in cui il valore era stato determinato (ossia il tasso alla data dell’operazione per un elemento valutato in termini di costo storico); e

b)

il valore netto di realizzo o valore recuperabile, come applicabile, convertito al tasso di cambio alla data in cui tale valore era stato determinato (per esempio il tasso di chiusura alla data di riferimento del bilancio).

L’effetto di questo confronto può comportare che una perdita per riduzione di valore sia rilevata nella valuta funzionale, ma non nella valuta estera, o viceversa.

26.

Quando sono disponibili diversi tassi di cambio, il tasso utilizzato è quello al quale i flussi finanziari futuri rappresentati dall’operazione o dal saldo residuo potrebbero essere stati regolati se tali flussi finanziari si fossero verificati alla data di valutazione. Se la possibilità di cambio tra due valute non è temporaneamente disponibile, si utilizza il primo tasso successivo al quale è possibile effettuare i cambi.

Rilevazione delle differenze di cambio

27.

Come indicato nel paragrafo 3, lo IAS 39 si applica alla contabilizzazione delle operazioni di copertura per elementi in valuta estera. L’applicazione della contabilizzazione delle operazioni di copertura richiede che un’entità contabilizzi alcune differenze di cambio diversamente dalla contabilizzazione delle differenze di cambio disposta dal presente Principio. Per esempio, lo IAS 39 dispone che le differenze di cambio su elementi monetari che si qualificano come strumenti di copertura in una copertura di flussi finanziari, siano rilevate inizialmente nel patrimonio netto nella misura in cui tale copertura sia effettiva.

28.

Le differenze di cambio derivanti dall’estinzione di elementi monetari o dalla conversione di elementi monetari a tassi differenti da quelli ai quali erano stati convertiti al momento della rilevazione iniziale durante l’esercizio o in bilanci precedenti, devono essere rilevate nel conto economico dell’esercizio in cui hanno origine, a eccezione di quanto indicato nel paragrafo 32.

29.

Quando elementi monetari derivano da un’operazione in valuta estera e c’è una variazione nel tasso di cambio tra la data dell’operazione e la data del regolamento, ne deriva una differenza di cambio. Quando l’operazione è regolata nello stesso periodo amministrativo nel quale essa è avvenuta, tutta la differenza di cambio è rilevata in quell’esercizio. Tuttavia, quando l’operazione è regolata in un esercizio contabile successivo, la differenza di cambio rilevata in ciascun periodo fino alla data in cui avviene il regolamento è determinata dalla variazione nei tassi di cambio in ciascun periodo.

30.

Quando un utile o una perdita di un elemento non monetario viene rilevato direttamente nel patrimonio netto, ogni componente di cambio di tale utile o perdita deve essere rilevato direttamente nel patrimonio netto. Viceversa, quando un utile o una perdita di un elemento non monetario è rilevato nel conto economico, ogni componente di cambio di tale utile o perdita deve essere rilevata nel conto economico.

31.

Altri Principi richiedono che alcuni utili e perdite siano rilevati direttamente nel patrimonio netto. Per esempio, lo IAS 16 dispone che alcuni utili e perdite derivanti dalla rivalutazione degli immobili, impianti e macchinari siano rilevati direttamente nel patrimonio netto. Quando tale attività viene valutata in una valuta estera, il paragrafo 23, lettera c), del presente Principio dispone che l’importo rivalutato sia convertito utilizzando il tasso alla data in cui il valore è determinato, dando origine a una differenza di cambio che è anch’essa rilevata nel patrimonio netto.

32.

Le differenze di cambio derivanti da un elemento monetario che fa parte di un investimento netto in una gestione estera di un’entità che redige il bilancio (cfr. paragrafo 15) devono essere rilevate nel conto economico del bilancio separato dell’entità che redige il bilancio o del bilancio individuale della gestione estera, come applicabile. Nel bilancio che include la gestione estera e l’entità che redige il bilancio (per esempio il bilancio consolidato quando la gestione estera è una controllata), tali differenze di cambio devono essere rilevate inizialmente in una componente separata di patrimonio netto e rilevate nel conto economico alla dismissione dell’investimento netto, secondo quanto previsto dal paragrafo 48.

33.

Quando un elemento monetario è parte dell’investimento netto in una gestione estera di un’entità che redige il bilancio ed è espresso nella valuta funzionale dell’entità che redige il bilancio, si genera una differenza di cambio nel bilancio individuale della gestione estera secondo quanto previsto dal paragrafo 28. Se tale elemento è espresso nella valuta funzionale della gestione estera, si genera una differenza di cambio nel bilancio separato dell’entità che redige il bilancio secondo quanto previsto dal paragrafo 28. Se tale elemento è espresso in una valuta differente dalla valuta funzionale dell’entità che redige il bilancio o della gestione estera, si genera una differenza di cambio nel bilancio separato dell’entità che redige il bilancio e nel bilancio individuale della gestione estera secondo quanto previsto dal paragrafo 28. Tali differenze di cambio sono riclassificate nella componente separata di patrimonio netto nel bilancio che include la gestione estera e l’entità che redige il bilancio (ossia il bilancio in cui la gestione estera è consolidata, consolidata proporzionalmente o contabilizzata utilizzando il metodo del patrimonio netto).

34.

Quando un’entità tiene i propri libri e scritture contabili in una valuta differente dalla valuta funzionale, al momento in cui essa prepara il suo bilancio tutti gli importi sono convertiti nella valuta funzionale, secondo quanto previsto dai paragrafi da 20 a 26. Ciò produce gli stessi importi nella valuta funzionale come se gli elementi fossero stati inizialmente registrati nella valuta funzionale. Per esempio, gli elementi monetari sono convertiti nella valuta funzionale utilizzando il tasso di chiusura, e gli elementi non monetari che sono valutati a costo storico sono convertiti utilizzando il tasso di cambio alla data della loro rilevazione.

Variazione della valuta funzionale

35.

Quando si verifica una variazione della valuta funzionale di un’entità, l’entità deve applicare le procedure di conversione applicabili alla nuova valuta funzionale prospetticamente dalla data della variazione.

36.

Come indicato nel paragrafo 13, la valuta funzionale di un’entità riflette le sottostanti operazioni, eventi e circostanze che sono rilevanti per l’entità. Per questi motivi, una volta determinata la valuta funzionale, questa può essere modificata soltanto se vi sia un cambiamento in quelle operazioni, eventi e circostanze sottostanti. Per esempio, una variazione della valuta che ha principalmente un’influenza sui prezzi di vendita della merce e dei servizi può portare a una variazione della valuta funzionale di un’entità.

37.

L’effetto di una variazione della valuta funzionale è contabilizzato prospetticamente. In altre parole, un’entità converte tutte le voci nella nuova valuta funzionale utilizzando il tasso di cambio alla data della variazione. Gli importi convertiti che ne derivano per elementi non monetari sono trattati come il loro costo storico. Le differenze di cambio derivanti dalla conversione di una gestione estera precedentemente classificata nel patrimonio netto secondo quanto previsto dai paragrafi 32 e 39, lettera c), non sono rilevate nel conto economico fino alla dismissione della gestione.

UTILIZZO DI UNA MONETA DI PRESENTAZIONE DIVERSA DALLA VALUTA FUNZIONALE

Conversione in moneta di presentazione

38.

Un’entità può presentare il bilancio in qualsiasi valuta (o valute). Se la moneta di presentazione differisce dalla valuta funzionale dell’entità, essa converte la situazione patrimoniale-finanziaria e il risultato economico nella moneta di presentazione. Per esempio, quando un gruppo include entità individuali con diverse valute funzionali, la situazione patrimoniale-finanziaria e il risultato economico di ogni entità sono espressi in una valuta comune così che il bilancio consolidato possa essere presentato.

39.

La situazione patrimoniale-finanziaria e il risultato economico di un’entità la cui valuta funzionale non è la valuta di un’economia iperinflazionata devono essere convertiti in una diversa moneta di presentazione utilizzando le seguenti procedure:

a)

attività e passività di ogni stato patrimoniale presentato (ossia inclusi i dati comparativi) devono essere convertite al tasso di chiusura alla data di tale stato patrimoniale;

b)

ricavi e costi di ogni conto economico (ossia inclusi i dati comparativi) devono essere convertiti ai tassi di cambio alle date delle operazioni; e

c)

tutte le risultanti differenze di cambio devono essere rilevate in una componente separata di patrimonio netto.

40.

Per convertire gli elementi di ricavi e costi è spesso utilizzato, per motivi pratici, un cambio che approssima i cambi alla data delle operazioni, quale, per esempio, un cambio medio di periodo. Tuttavia, se il cambio fluttua significativamente, l’impiego del cambio medio di periodo non è appropriato.

41.

Le differenze di cambio a cui si fa riferimento nel paragrafo 39, lettera c), derivano da:

a)

conversione dei ricavi e dei costi ai cambi in essere alla data delle operazioni, e delle attività e passività al tasso di chiusura. Tali differenze di cambio derivano sia dalle voci di ricavo e di costo rilevate nel conto economico sia da quelle rilevate direttamente nel patrimonio netto;

b)

conversione del patrimonio netto di apertura al tasso di chiusura che differisce dal precedente tasso di chiusura.

Queste differenze di cambio non sono rilevate a conto economico perché le variazioni dei tassi di cambio non hanno un effetto significativo o diretto sui flussi finanziari presenti e futuri delle gestioni. Quando le differenze di cambio fanno riferimento a gestioni estere consolidate, ma non del tutto possedute, le differenze di cambio accumulate derivanti dalla conversione e attribuibili a quote di pertinenza di terzi sono allocate a, e rilevate come parte di, quote di pertinenza di terzi nel bilancio consolidato.

42.

La situazione patrimoniale-finanziaria ed il risultato economico di un’entità la cui valuta funzionale è la valuta di un’economia iperinflazionata devono essere convertiti in una moneta di presentazione diversa utilizzando le seguenti procedure:

a)

tutti gli importi (ossia attività, passività, voci di patrimonio netto, ricavi e costi, inclusi i dati comparativi) devono essere convertiti al tasso di chiusura alla data dello stato patrimoniale più recente, eccetto

b)

quando gli importi sono convertiti nella valuta di un’economia non iperinflazionata, gli importi comparativi devono essere quelli che sono presentati come importi dell’anno corrente nel bilancio dell’anno precedente (ossia non rettificato per variazioni successive nel livello di prezzo o variazioni successive nei tassi di cambio).

43.

Quando la valuta funzionale di un’entità è la valuta di un’economia iperinflazionata, l’entità deve riesporre il bilancio secondo quanto previsto dallo IAS 29 prima di applicare il metodo di conversione esposto nel paragrafo 42, a eccezione degli importi comparativi che sono convertiti in una valuta di un’economia non-iperinflazionata [cfr. paragrafo 42, lettera b)]. Quando l’economia cessa di essere iperinflazionata e l’entità non riespone più il bilancio secondo quanto previsto dallo IAS 29, deve utilizzare come costi storici per la conversione nella moneta di presentazione gli importi rideterminati al livello di prezzo alla data in cui l’entità ha cessato di riesporre il bilancio a fini inflattivi.

Conversione di una gestione estera

44.

I paragrafi da 45 a 47, oltre ai paragrafi da 38 a 43, si applicano quando la situazione patrimoniale-finanziaria e il risultano economico di una gestione estera sono convertiti in una moneta di presentazione così che la gestione estera possa essere inclusa nel bilancio dell’entità che redige il bilancio con il consolidamento, il consolidamento proporzionale o il metodo del patrimonio netto.

45.

L’aggregazione della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico di una gestione estera con quelli dell’entità che redige il bilancio segue le normali procedure di consolidamento, quali l’eliminazione dei saldi infragruppo e delle operazioni infragruppo di una controllata (cfr. lo IAS 27 e lo IAS 31 Partecipazioni in joint venture). Tuttavia, un’attività monetaria infragruppo (o passività), se a breve o a lungo termine, non può essere eliminata con una corrispondente passività infragruppo (o attività) senza mostrare i risultati delle fluttuazioni della valuta nel bilancio consolidato. Ciò si verifica perché l’elemento monetario rappresenta un impegno a convertire una valuta in un’altra ed espone l’entità che redige il bilancio a un utile o a una perdita a causa delle fluttuazioni delle valute. Di conseguenza, nel bilancio consolidato dell’entità che redige il bilancio, una tale differenza di cambio continua a essere rilevata nel conto economico ovvero se essa deriva dalle situazioni descritte nel paragrafo 32, essa è classificata nel patrimonio netto fino alla dismissione della gestione estera.

46.

Quando il bilancio di una gestione estera è redatto con riferimento a una data diversa da quella dell’entità che redige il bilancio, la gestione estera spesso prepara un ulteriore bilancio con la stessa data del bilancio dell’entità che redige il bilancio. Quando ciò non si verifica, lo IAS 27 permette l’utilizzo di una data di riferimento del bilancio differente, a condizione che la differenza non sia superiore a tre mesi e che siano effettuate le rettifiche per gli effetti di eventuali importanti operazioni o altri eventi che si verificano tra le diverse date. In tale caso, le attività e le passività della gestione estera sono convertite al cambio in essere alla data di riferimento del bilancio della gestione estera. Le rettifiche vengono effettuate per variazioni significative nei tassi di cambio fino alla data di riferimento del bilancio dell’entità che redige il bilancio secondo quanto previsto dallo IAS 27. Lo stesso approccio è utilizzato nell’applicazione del metodo del patrimonio netto a collegate e joint venture e nell’applicazione del consolidamento proporzionale alle joint venture secondo quanto previsto dallo IAS 28 Partecipazioni in società collegate e dallo IAS 31.

47.

Qualsiasi avviamento derivante dall’acquisizione di una gestione estera e qualsiasi rettifica al fair value (valore equo) dei valori contabili di attività e passività derivante dall’acquisizione di quella gestione estera devono essere contabilizzati come attività e passività della gestione estera. Quindi devono essere espressi nella valuta funzionale della gestione estera ed essere convertiti al tasso di chiusura secondo quanto previsto dai paragrafi 39 e 42.

Dismissione di una gestione estera

48.

Alla dismissione di una gestione estera, l’importo complessivo delle differenze di cambio differito nella componente separata di patrimonio netto relativa a tale gestione estera deve essere rilevato nel conto economico quando si rileva l’utile o la perdita relativo alla dismissione.

49.

L’entità può dismettere la sua partecipazione in una gestione estera vendendola, liquidandola, ottenendo il rimborso del capitale o rinunciando ad essa in tutto o in parte. Il pagamento di un dividendo è parte di una dismissione soltanto quando costituisce un rimborso dell’investimento, per esempio quando il dividendo viene pagato con utili precedenti all’acquisizione. In caso di vendita parziale, solo la quota proporzionale della relativa differenza di cambio complessiva è inclusa nella plusvalenza o nella minusvalenza. Una svalutazione del valore contabile di una gestione estera non costituisce una dismissione parziale. Di conseguenza, nessuna parte dell’utile o della perdita differita sui cambi è rilevata nel conto economico al momento della svalutazione.

EFFETTI FISCALI DI TUTTE LE DIFFERENZE DI CAMBIO

50.

Utili e perdite su operazioni in valuta estera e differenze di cambio derivanti dalla conversione della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico di un’entità (inclusa una gestione estera) in una valuta diversa possono avere effetti fiscali. Lo IAS 12 Imposte sul reddito si applica a questi effetti fiscali.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

51.

Nei paragrafi 53 e da 55 a 57 i riferimenti a «valuta funzionale» si applicano, nel caso di un gruppo, alla valuta funzionale della capogruppo.

52.

Un’entità deve indicare:

a)

l’importo delle differenze di cambio rilevate nel conto economico eccetto quelle derivanti dagli strumenti finanziari valutati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico secondo quanto previsto dallo IAS 39; e

b)

le differenze di cambio nette classificate in una componente separata del patrimonio netto e una riconciliazione dell’importo di tali differenze di cambio tra l’inizio e la fine dell’esercizio.

53.

Quando la moneta di presentazione è differente dalla valuta funzionale, tale fatto deve essere indicato, insieme alle informazioni sulla valuta funzionale e sulla ragione per l’utilizzo di una moneta di presentazione differente.

54.

Quando si verifica un cambiamento nella valuta funzionale dell’entità che redige il bilancio o di una importante gestione estera, tale fatto e la motivazione del cambiamento nella valuta funzionale devono essere indicati.

55.

Quando un’entità presenta il bilancio in una valuta che è differente dalla valuta funzionale, deve presentare il bilancio come conforme agli International Financial Reporting Standards soltanto se questi sono conformi a tutte le disposizioni di ciascun Principio applicabile e di ciascuna Interpretazione applicabile di quel Principio, incluso il metodo di conversione esposto nei paragrafi 39 e 42.

56.

Un’entità a volte presenta il bilancio o altra informazione finanziaria in una valuta che non è la sua valuta funzionale senza soddisfare le disposizioni del paragrafo 55. Per esempio, un’entità può convertire in un’altra valuta soltanto alcune voci del bilancio. Oppure un’entità la cui valuta funzionale non è la valuta di un’economia iperinflazionata può convertire il bilancio in un’altra valuta convertendo tutte le voci al tasso di chiusura più recente. Tali conversioni non sono conformi agli International Financial Reporting Standards e l’informativa esposta nel paragrafo 57 è richiesta.

57.

Quando un’entità espone il bilancio o altra informazione finanziaria in una valuta che è differente dalla valuta funzionale o dalla moneta di presentazione e le disposizioni del paragrafo 55 non sono soddisfatte, deve:

a)

identificare chiaramente l’informazione come informativa supplementare per distinguerla dalle informazioni che sono conformi agli International Financial Reporting Standards;

b)

indicare la moneta in cui l’informativa supplementare è esposta; e

c)

indicare la valuta funzionale dell’entità e il metodo di conversione utilizzato per determinare l’informativa supplementare.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

58.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

58A

La modifica allo IAS 21 intitolata «Investimento netto in una gestione estera», emessa nel dicembre del 2005, ha aggiunto il paragrafo 15A e ha modificato il paragrafo 33. L’entità deve applicare tali modifiche a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata.

59.

Un’entità deve applicare il paragrafo 47 prospetticamente a tutte le acquisizioni che si verificano dopo l’inizio del periodo contabile in cui il presente Principio viene inizialmente applicato. È permessa l’applicazione retroattiva del paragrafo 47 ad acquisizioni antecedenti. Per un’acquisizione di una gestione estera contabilizzata prospetticamente, ma verificata prima della data in cui il presente Principio è stato inizialmente applicato, l’entità non deve riesporre gli anni precedenti e di conseguenza, può, quando appropriato, contabilizzare le rettifiche dell’avviamento e del fair value (valore equo) derivanti da tale acquisizione come attività e passività dell’entità piuttosto che come attività e passività della gestione estera. Quindi, tali rettifiche di avviamento e di fair value (valore equo) o sono già espresse nella valuta funzionale dell’entità ovvero sono elementi non monetari in valuta estera, che sono riportati utilizzando il tasso di cambio alla data dell’acquisizione.

60.

Tutte le altre variazioni derivanti dall’applicazione del presente Principio devono essere contabilizzate secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

SOSTITUZIONE DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

61.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere (rivisto nella sostanza nel 1993).

62.

Il presente Principio sostituisce anche le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC 11 Valute estereCapitalizzazione delle perdite derivanti da drastiche svalutazioni della valuta;

b)

SIC 19 Moneta di contoValutazione e presentazione dei bilanci secondo quanto disposto dallo IAS 21 e dallo IAS 29; e

c)

SIC 30 Moneta di contoConversione dalla moneta di valutazione alla moneta di presentazione.


(1)  Cfr. anche la SIC 7 Introduzione delleuro.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 23

Oneri finanziari

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è quella di definire il trattamento contabile degli oneri finanziari. Il presente Principio richiede, generalmente, che gli oneri finanziari siano immediatamente imputati al conto economico. Tuttavia, il Principio consente, come trattamento contabile alternativo consentito, la capitalizzazione degli oneri finanziari direttamente imputabili all’acquisizione, alla costruzione o alla produzione di un bene che giustifica la capitalizzazione.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione degli oneri finanziari.

2.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 23 Capitalizzazione degli oneri finanziari, approvato nel 1983.

3.

Il presente Principio non tratta l’onere finanziario effettivo o figurativo del patrimonio netto, compreso il capitale privilegiato non classificato come passività.

DEFINIZIONI

4.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Gli oneri finanziari sono gli interessi e gli altri oneri sostenuti dall’entità in relazione all’ottenimento di finanziamenti.

Il bene che giustifica la capitalizzazione è un bene che richiede un rilevante periodo di tempo prima di essere pronto per l’uso previsto o la vendita.

5.

Gli oneri finanziari possono includere:

a)

gli interessi su scoperti bancari e sui finanziamenti a breve e a lungo termine;

b)

l’ammortamento di aggi o disaggi relativi al finanziamento;

c)

l’ammortamento di costi accessori sostenuti in relazione all’ottenimento del finanziamento;

d)

gli oneri finanziari relativi a leasing finanziari rilevati secondo quanto previsto dallo IAS 17 Leasing; e

e)

le differenze cambio derivanti da finanziamenti in valuta estera nella misura in cui esse siano considerate come rettifiche degli interessi passivi.

6.

Esempi di beni che giustificano una capitalizzazione sono le rimanenze che richiedono un rilevante periodo di tempo per poter essere rese idonee per la vendita, impianti manifatturieri, impianti per la produzione di energia e investimenti immobiliari. Gli altri investimenti e le rimanenze prodotte regolarmente o in grandi quantità in modo ripetitivo in un breve periodo di tempo non sono beni che giustificano una capitalizzazione. Anche i beni che al momento dell’acquisto sono pronti per il previsto utilizzo o per la vendita non sono beni che giustificano una capitalizzazione.

ONERI FINANZIARI — TRATTAMENTO CONTABILE DI RIFERIMENTO

Rilevazione

7.

Gli oneri finanziari devono essere rilevati come costo nell’esercizio in cui essi sono sostenuti.

8.

Con il trattamento contabile di riferimento gli oneri finanziari sono rilevati come costo nell’esercizio in cui sono sostenuti indipendentemente da come sono strutturati i finanziamenti.

Informazioni integrative

9.

Il bilancio deve indicare i principi contabili adottati per gli oneri finanziari.

ONERI FINANZIARI — TRATTAMENTO CONTABILE ALTERNATIVO CONSENTITO

Rilevazione

10.

Gli oneri finanziari devono essere rilevati come costo nell’esercizio nel quale essi sono sostenuti, a eccezione dei casi in cui essi sono capitalizzati secondo quanto previsto dal paragrafo 11.

11.

Gli oneri finanziari che sono direttamente imputabili all’acquisizione, alla costruzione o alla produzione di un bene che giustifica una capitalizzazione devono essere capitalizzati come parte del costo del bene stesso. L’ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili deve essere determinato secondo quanto previsto dal presente Principio.

12.

Secondo quanto previsto dal trattamento contabile alternativo consentito, gli oneri finanziari direttamente imputabili all’acquisizione, alla costruzione o alla produzione di un bene sono inclusi nel costo di quel bene. Tali oneri finanziari sono capitalizzati come parte del costo del bene se è probabile che essi comporteranno benefici economici futuri per l’entità e se possono essere attendibilmente determinati. Gli altri oneri finanziari sono rilevati come costo nell’esercizio nel quale sono sostenuti.

Oneri finanziari capitalizzabili

13.

Gli oneri finanziari direttamente imputabili all’acquisizione, alla costruzione o alla produzione di un bene che giustifica una capitalizzazione sono quegli oneri finanziari che non sarebbero stati sostenuti se non fosse stata sostenuta la spesa per tale bene. Quando l’entità stipula finanziamenti specificatamente per ottenere un particolare bene che giustifica una capitalizzazione, gli oneri finanziari, che riguardano direttamente quel bene, possono essere facilmente identificati.

14.

Può essere difficile stabilire un legame diretto tra certi finanziamenti e un bene che giustifica una capitalizzazione e determinare i finanziamenti che altrimenti potevano essere evitati. Una tale difficoltà si manifesta, per esempio, quando l’attività di finanziamento di un’entità è coordinata centralmente. Altre difficoltà emergono quando un gruppo impiega più strumenti finanziari per prendere a prestito fondi con tassi di interesse differenti e presta quei fondi ad altre entità del gruppo in base a criteri differenti. Altre complicazioni derivano dall’utilizzo di prestiti espressi in o collegati a valute estere, quando il gruppo opera in economie altamente inflazionate, nonché dalle fluttuazioni dei tassi di cambio. Per questi motivi, la quantificazione dell’ammontare degli oneri finanziari direttamente imputabili all’acquisizione di un bene che giustifica una capitalizzazione è difficile e richiede un procedimento di valutazione.

15.

Nella misura in cui i fondi sono presi a prestito specificatamente allo scopo di ottenere un bene che giustifica una capitalizzazione, l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili su quel bene deve essere determinato in base agli effettivi oneri finanziari sostenuti per quel finanziamento durante l’esercizio, dedotto ogni provento finanziario derivante dall’investimento temporaneo di quei fondi.

16.

Gli accordi finanziari riferibili a un bene che giustifica una capitalizzazione possono far sì che l’entità ottenga un finanziamento e sostenga i relativi oneri finanziari prima che alcuni o tutti i fondi siano impiegati per il bene che giustifica una capitalizzazione. In tali casi, i fondi sono spesso temporaneamente investiti in attesa di essere utilizzati per le spese relative al bene. Nella determinazione del valore degli oneri finanziari capitalizzabili durante un esercizio, qualsiasi reddito derivante dall’investimento di tali fondi è dedotto dagli oneri finanziari sostenuti.

17.

Nella misura in cui i fondi sono presi a prestito genericamente e sono utilizzati allo scopo di ottenere un bene che giustifica una capitalizzazione, l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili deve essere determinato applicando un tasso di capitalizzazione alle spese sostenute per quel bene. Tale tasso di capitalizzazione deve corrispondere alla media ponderata degli oneri finanziari relativi ai finanziamenti in essere durante l’esercizio, diversi dai finanziamenti ottenuti specificatamente allo scopo di acquisire un bene che giustifica una capitalizzazione. L’ammontare degli oneri finanziari capitalizzati durante un esercizio non deve eccedere l’ammontare degli oneri finanziari sostenuti durante quell’esercizio.

18.

In alcune situazioni è corretto includere tutti i finanziamenti della capogruppo e delle sue controllate nel calcolo della media ponderata degli oneri finanziari; in altri casi è corretto utilizzare, per ciascuna controllata, una media ponderata di oneri finanziari applicabile al suo indebitamento.

Eccedenza del valore contabile del bene che giustifica una capitalizzazione rispetto al suo valore recuperabile

19.

Quando il valore contabile o il costo finale atteso del bene che giustifica una capitalizzazione eccede il suo valore recuperabile o il valore netto di realizzo ottenibile dalla vendita, il valore contabile è svalutato o annullato secondo quanto previsto dalle disposizioni degli altri Principi. In alcuni casi, secondo quanto previsto dagli altri Principi, sono operate delle riprese di valore per eliminare l’effetto di svalutazioni o annullamenti.

Inizio della capitalizzazione

20.

La capitalizzazione degli oneri finanziari come parte del costo di un bene che giustifica una capitalizzazione deve iniziare quando:

a)

si stanno sostenendo i costi per l’ottenimento del bene;

b)

si stanno sostenendo gli oneri finanziari; e

c)

sono in corso le attività necessarie per predisporre il bene per il suo utilizzo previsto o per la vendita.

21.

I costi per l’ottenimento di un bene che giustifica una capitalizzazione includono solo quei costi che si manifestano a seguito di pagamenti in contanti, trasferimenti di altri beni o dell’assunzione di passività fruttifere. Tali costi sono ridotti da ogni acconto ricevuto e dai contributi ricevuti relativamente al bene (cfr. IAS 20, Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sullassistenza pubblica). Il valore medio del bene durante un esercizio, inclusi gli oneri finanziari precedentemente capitalizzati, rappresenta normalmente un’approssimazione ragionevole delle spese alle quali il tasso di capitalizzazione è applicato in quell’esercizio.

22.

Le operazioni necessarie per predisporre il bene per il suo utilizzo previsto o la vendita vanno oltre la mera produzione fisica del bene. Esse comprendono le attività tecniche e amministrative precedenti all’avvio della produzione fisica, quali quelle legate all’ottenimento di autorizzazioni precedenti l’avvio della produzione stessa. Tuttavia, tali attività non comprendono la detenzione di un bene quando non è in essere alcuna attività di produzione o di sviluppo che modifichi le caratteristiche del bene stesso. Per esempio, gli oneri finanziari sostenuti mentre il terreno è in corso di valorizzazione sono capitalizzati durante il periodo nel quale sono in corso di svolgimento le attività legate alla sua valorizzazione. Tuttavia, gli oneri finanziari sostenuti mentre il terreno acquistato per l’edificazione è posseduto senza che alcuna attività di valorizzazione sia intrapresa non giustificano alcuna capitalizzazione.

Sospensione della capitalizzazione

23.

La capitalizzazione degli oneri finanziari deve essere sospesa durante i periodi, non brevi, nei quali lo sviluppo del bene è interrotto.

24.

Gli oneri finanziari possono essere sostenuti durante un periodo, non breve, nel quale le operazioni necessarie per predisporre un bene all’uso previsto o alla vendita sono interrotte. Tali costi sono costi legati al possesso di beni parzialmente completati e non giustificano alcuna capitalizzazione. Tuttavia, la capitalizzazione degli oneri finanziari normalmente non viene sospesa se vengono poste in essere significative attività di natura tecnica e amministrativa. La capitalizzazione degli oneri finanziari non viene sospesa nemmeno quando la sospensione dell’attività è una fase necessaria del processo di predisposizione del bene all’utilizzo previsto o alla vendita. Per esempio, la capitalizzazione continua durante il periodo, non breve, necessario perché alcuni beni completino la maturazione, o durante il periodo, non breve, nel quale un alto livello delle acque ritarda la costruzione di un ponte se tale elevato livello delle acque è normale durante il periodo di costruzione nell’area geografica interessata.

Interruzione della capitalizzazione

25.

La capitalizzazione degli oneri finanziari deve essere interrotta quando sono sostanzialmente completate tutte le operazioni necessarie per predisporre il bene che giustifica una capitalizzazione nelle condizioni per il suo utilizzo previsto o la sua vendita.

26.

Un bene è, di norma, pronto per il suo utilizzo previsto o la vendita quando la produzione fisica del bene è completata, anche se una parte di lavoro amministrativo routinario può essere ancora in corso. Se al completamento mancano solamente modifiche minori, quali la decorazione di un immobile su specifiche dell’acquirente o dell’utilizzatore, ciò è un indicatore che tutte le operazioni sono sostanzialmente completate.

27.

Quando la produzione di un bene che giustifica una capitalizzazione è completata in parti e ciascuna parte può essere utilizzata mentre prosegue la realizzazione delle altre, la capitalizzazione degli oneri finanziari (relativa a quella parte) deve cessare quando sono sostanzialmente completate tutte le operazioni necessarie per preparare quella specifica parte per l’utilizzo previsto o la vendita.

28.

Un centro direzionale composto da vari edifici, ciascuno dei quali può essere utilizzato singolarmente, è un esempio di bene, che giustifica una capitalizzazione, dove ciascuna parte può essere utilizzata mentre prosegue la costruzione delle altre. Un esempio di bene, che giustifica una capitalizzazione, che necessita di essere completato prima che ogni parte possa essere utilizzata, è un impianto industriale che comprende diversi processi produttivi da compiersi in sequenza nelle differenti parti dell’impianto, quale una acciaieria.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

29.

Il bilancio deve indicare:

a)

il principio contabile adottato per gli oneri finanziari;

b)

l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzati durante l’esercizio; e

c)

il tasso di capitalizzazione utilizzato per quantificare l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

30.

Quando l’adozione del presente Principio costituisce un cambiamento di principio contabile, un’entità è incoraggiata a rettificare il bilancio secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori. Alternativamente, le entità devono capitalizzare soltanto quegli oneri finanziari sostenuti dopo la data di entrata in vigore del presente Principio che soddisfano i requisiti per la loro capitalizzazione.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

31.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1995 o da data successiva.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 24

Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di assicurare che il bilancio di un’entità contenga le informazioni integrative necessarie a evidenziare la possibilità che la sua situazione patrimoniale-finanziaria ed il suo risultato economico possano essere stati influenzati dall’esistenza di parti correlate e da operazioni e saldi in essere con tali parti.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato nella:

a)

individuazione dei rapporti e delle operazioni con parti correlate;

b)

individuazione di saldi in essere tra l’entità e le sue parti correlate;

c)

individuazione delle circostanze in cui sono richieste informazioni integrative sugli elementi di cui ai punti a) e b); e

d)

determinazione delle informazioni integrative da fornire in merito agli elementi di cui sopra.

3.

Il presente Principio richiede che vengano fornite informazioni integrative su operazioni e su saldi in essere con parti correlate nel bilancio separato di una controllante, di una partecipante in una joint venture o di un investitore, da esporre in conformità dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato.

4.

Delle operazioni con parti correlate e dei saldi in essere con altre entità di un gruppo è data informativa nel bilancio dell’entità. Le operazioni e i saldi in essere con parti correlate infragruppo sono eliminati nella redazione del bilancio consolidato del gruppo.

SCOPO DELL’INFORMATIVA DI BILANCIO SULLE OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE

5.

I rapporti fra parti correlate sono aspetti ordinari delle attività commerciali e gestionali. Ad esempio, le entità spesso svolgono una parte delle proprie attività avvalendosi di società controllate, joint venture e società collegate. In tali circostanze, la capacità di influire sulle politiche finanziarie e gestionali della partecipata viene esercitata attraverso il controllo, il controllo congiunto o l’influenza notevole.

6.

Un rapporto con una parte correlata può avere un effetto sulla situazione patrimoniale-finanziaria e sul risultato economico dell’entità. Le parti correlate possono effettuare operazioni che società indipendenti non effettuerebbero. Per esempio, un’entità che vende merci alla sua controllante al costo potrebbe non vendere alle stesse condizioni ad altri clienti. Inoltre, operazioni tra parti correlate possono non essere effettuate ai medesimi corrispettivi rispetto a quelle intercorrenti tra parti indipendenti.

7.

Il risultato economico e la situazione patrimoniale-finanziaria di un’entità possono essere influenzati da rapporti con parti correlate anche nel caso in cui non si verifichino operazioni con le stesse. La semplice esistenza del rapporto può essere sufficiente a condizionare le operazioni dell’entità con parti terze. Per esempio, una controllata può interrompere i propri rapporti con una controparte commerciale a partire dal momento dell’acquisizione da parte della capogruppo di un’altra controllata che svolge la stessa attività della precedente controparte. In alternativa, una parte può astenersi dal compiere determinate operazioni a causa dell’influenza notevole di un’altra; per esempio, una controllata può essere istruita dalla sua controllante a non impegnarsi in attività di ricerca e sviluppo.

8.

Per tali ragioni, la conoscenza di operazioni, saldi e rapporti in essere con parti correlate può incidere sulla valutazione da parte degli utilizzatori del bilancio delle attività di un’entità, inclusa sulla valutazione dei rischi e delle opportunità a cui l’entità va incontro.

DEFINIZIONI

9.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Parte correlata Una parte è correlata a un’entità se:

a)

direttamente, o indirettamente attraverso uno o più intermediari, la parte:

i)

controlla l’entità, ne è controllata, oppure è sotto comune controllo (ivi incluse le entità controllanti, le controllate e le altre società del gruppo);

ii)

detiene una partecipazione nell’entità tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima; o

iii)

controlla congiuntamente l’entità;

b)

la parte è una società collegata (secondo la definizione dello IAS 28 Partecipazioni in società collegate) dell’entità;

c)

la parte è una joint venture in cui l’entità è una partecipante (cfr. IAS 31 Partecipazioni in joint venture);

d)

la parte è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o della sua controllante;

e)

la parte è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui ai punti a) o d);

f)

la parte è un’entità controllata, controllata congiuntamente o soggetta ad influenza notevole da parte di uno dei soggetti di cui ai punti d) o e), ovvero tali soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota significativa di diritti di voto; o

g)

la parte è un piano per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro a favore dei dipendenti dell’entità, o di una qualsiasi altra entità a essa correlata.

Un’operazione con una parte correlata è un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni fra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo.

Si considerano familiari stretti di un soggetto quei familiari che ci si attende possano influenzare, o essere influenzati da, il soggetto interessato nei loro rapporti con l’entità. Essi possono includere:

a)

il convivente e i figli del soggetto;

b)

i figli del convivente; e

c)

le persone a carico del soggetto o del convivente.

La retribuzione comprende tutti i benefici per i dipendenti (come definiti nello IAS 19 Benefici per i dipendenti) inclusi quei benefici per i dipendenti ai quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni. I benefici per i dipendenti sono rappresentati da tutte le forme di emolumenti corrisposti, pagabili o accantonati dall’entità, o per suo conto, a fronte dei servizi prestati all’entità da un dipendente. Comprendono anche quei corrispettivi relativi all’entità, pagati per conto di una controllante dell’entità stessa. La retribuzione include:

a)

benefici a breve termine per i dipendenti, quali salari, stipendi e relativi contributi sociali, pagamento di indennità sostitutive di ferie e di assenze per malattia, compartecipazione agli utili e incentivazioni (se dovuti entro dodici mesi dalla fine dell’esercizio) e benefici non monetari (quali assistenza medica, abitazione, auto aziendale e beni o servizi gratuiti o a costo ridotto) per il personale in servizio;

b)

benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro quali pensioni, altri benefici pensionistici, assicurazioni sulla vita e assistenza sanitaria successive al rapporto di lavoro;

c)

altri benefici a lungo termine per i dipendenti, ivi inclusi permessi o periodi sabbatici legati all’anzianità di servizio, premi in occasione di anniversari o altri benefici legati all’anzianità di servizio, indennità per invalidità permanente e, se dovuti dopo dodici mesi o più dalla chiusura dell’esercizio, compartecipazione agli utili, incentivi e retribuzioni differite;

d)

benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro; e

e)

pagamenti basati su azioni.

Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

Il controllo congiunto è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività economica.

I dirigenti con responsabilità strategiche sono quei soggetti che hanno il potere e la responsabilità, direttamente o indirettamente, della pianificazione, della direzione e del controllo delle attività dell’entità, compresi gli amministratori (esecutivi o meno) dell’entità stessa.

L’influenza notevole è il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali di un’entità senza averne il controllo. Un’influenza notevole può essere ottenuta attraverso il possesso di azioni, tramite clausole statutarie o accordi.

10.

Nell’esame di ciascun rapporto con parti correlate l’attenzione deve essere rivolta alla sostanza del rapporto e non semplicemente alla sua forma giuridica.

11.

Nel contesto del presente Principio, le seguenti situazioni non rappresentano necessariamente operazioni con parti correlate:

a)

due entità per il solo fatto di avere in comune un amministratore o un altro dirigente con responsabilità strategiche, nonostante quanto esposto ai punti d) e f) nella definizione di «parte correlata»;

b)

due entità partecipanti, per il solo fatto di detenere il controllo congiunto in una joint venture;

c)

i)

finanziatori;

ii)

sindacati;

iii)

imprese di pubblici servizi; e

iv)

agenzie e dipartimenti pubblici,

solo in ragione dei normali rapporti d’affari con l’entità (sebbene essi possano circoscrivere la libertà di azione dell’entità o partecipare al suo processo decisionale);

d)

un cliente, fornitore, franchisor, distributore o agente generale con il quale l’entità effettua un rilevante volume di affari, unicamente in ragione della dipendenza economica che ne deriva.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

12.

I rapporti tra controllanti e controllate devono essere indicati indipendentemente dal fatto che siano state effettuate operazioni fra tali soggetti. L’entità deve indicare la ragione sociale della propria controllante e, se diversa, quella della capogruppo. Se né la controllante dell’entità né la capogruppo redigono un bilancio ad uso pubblico, deve essere indicata la ragione sociale della controllante di livello immediatamente superiore che è tenuta alla redazione del bilancio.

13.

Allo scopo di consentire all’utilizzatore del bilancio di formarsi un’opinione circa gli effetti sull’entità dei rapporti con parti correlate, è appropriato indicare il rapporto con la parte correlata in presenza di controllo, indipendentemente dal fatto che fra di esse siano state effettuate operazioni.

14.

L’individuazione dei rapporti con parti correlate quando sono controllanti e controllate si aggiunge alle disposizioni sull’informativa di bilancio di cui agli IAS 27, IAS 28 e IAS 31, in cui si richiede un appropriato elenco e una descrizione delle partecipazioni significative in controllate, collegate ed entità a controllo congiunto.

15.

Ove né la controllante dell’entità, né la capogruppo redigono un bilancio a uso pubblico, è necessario indicare la ragione sociale della controllante di livello immediatamente superiore che lo redige. Per controllante di livello immediatamente superiore si intende la prima controllante del gruppo al di sopra della controllante diretta che redige un bilancio consolidato disponibile per uso pubblico.

16.

L’entità deve fornire informazioni in merito alle retribuzioni dei dirigenti con responsabilità strategiche, in totale e suddivise per ciascuna delle seguenti categorie:

a)

benefici a breve termine per i dipendenti;

b)

benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro;

c)

altri benefici a lungo termine;

d)

benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro; e

e)

pagamenti basati su azioni.

17.

Se sono state effettuate operazioni con parti correlate, l’entità deve indicare la natura della relazione con la parte correlata oltre a fornire informazioni sulle operazioni e sui saldi in essere, necessarie per una comprensione dei potenziali effetti di tale relazione sul bilancio. Tali disposizioni informative si aggiungono a quelle previste al paragrafo 16 relative alle informazioni sulle retribuzioni dei dirigenti con responsabilità strategiche. Tali informazioni devono almeno includere:

a)

l’ammontare delle operazioni;

b)

l’ammontare dei saldi in essere e:

i)

le loro condizioni e i termini contrattuali, incluse eventuali garanzie esistenti e la natura del corrispettivo da riconoscere al momento del regolamento; e

ii)

dettagli di qualsiasi garanzia fornita o ricevuta;

c)

accantonamenti per crediti dubbi relativi all’ammontare dei saldi in essere; e

d)

la perdita rilevata nell’esercizio, relativa ai crediti inesigibili o dubbi dovuti da parti correlate.

18.

Le informazioni integrative richieste al paragrafo 17 devono essere indicate separatamente per ciascuna delle seguenti categorie:

a)

la controllante;

b)

le entità che controllano congiuntamente o esercitano un’influenza notevole sull’entità stessa;

c)

le controllate;

d)

le collegate;

e)

le joint venture in cui l’entità è una società partecipante;

f)

i dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o della sua controllante; e

g)

altre parti correlate.

19.

La classificazione degli importi dovuti da e a parti correlate, nelle diverse categorie, secondo quanto previsto al paragrafo 18, rappresenta un’estensione della disposizione sull’informativa da fornire di cui allo IAS 1 Presentazione del bilancio in merito alle informazioni da presentare in stato patrimoniale o nelle note. Le categorie sono state ampliate per fornire un’analisi più esauriente dei saldi in essere con parti correlate e sono applicate alle operazioni con parti correlate.

20.

Di seguito si riportano degli esempi di operazioni delle quali è data informativa se effettuate con parti correlate:

a)

acquisti o vendite di beni (finiti o semilavorati);

b)

acquisti o vendite di immobili e altre attività;

c)

prestazione o ottenimento di servizi;

d)

leasing;

e)

trasferimenti per ricerca e sviluppo;

f)

trasferimenti a titolo di licenza;

g)

trasferimenti a titolo di finanziamento (inclusi i prestiti e gli apporti di capitale in denaro o in natura);

h)

clausole di garanzia o pegno; e

i)

estinzione di passività per conto dell’entità ovvero da parte dell’entità per conto di un’altra parte.

La partecipazione da parte di una controllante o di una controllata in un piano a benefici definiti che condivide i rischi tra entità del gruppo è un’operazione con parti correlate (cfr. paragrafo 34B dello IAS 19).

21.

Le informazioni integrative in cui si specifica che le operazioni con parti correlate sono state effettuate a condizioni equivalenti a quelle prevalenti in libere transazioni, sono fornite soltanto se tali condizioni possono essere comprovate.

22.

Elementi di natura similare possono essere indicati cumulativamente salvo quando l’indicazione distinta sia necessaria per la comprensione degli effetti di operazioni con parti correlate sul bilancio dell’entità.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

23.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

23A

L’entità deve applicare le modifiche del paragrafo 20 agli esercizi a partire dal 1o gennaio 2006. Se un’entità applica le modifiche dello IAS 19 Benefici per i dipendenti — Utili e perdite attuariali, piani per i dipendenti e informazioni integrative per un esercizio precedente, tali modifiche dovranno essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 24 (RIVISTO NELLA FORMA NEL 1994)

24.

Il presente Principio contabile sostituisce lo IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate (rivisto nella forma nel 1994).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 26

Rilevazione e rappresentazione in bilancio dei fondi pensione

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato al bilancio dei fondi pensione quando esso viene predisposto.

2.

Talvolta i fondi pensione sono denominati in altri modi, quali per esempio «piani pensionistici», «piani di pensionamento» o «piani per benefici pensionistici». Il presente Principio considera un fondo pensione come un’entità distinta dal datore di lavoro dei partecipanti al fondo. Tutti gli altri Principi si applicano al bilancio dei fondi pensione nei limiti in cui essi non siano superati dal presente Principio.

3.

Il presente Principio tratta la rilevazione e la rappresentazione in bilancio del fondo nei confronti di tutti i partecipanti. Esso non tratta dei rendiconti concernenti i diritti dei singoli partecipanti a ottenere i benefici pensionistici.

4.

Lo IAS 19 Benefici per i dipendenti, riguarda la determinazione dei costi per benefici pensionistici da iscrivere nel bilancio delle entità che hanno fondi pensione. Il presente Principio, di conseguenza, integra lo IAS 19.

5.

I fondi pensione possono essere qualificati come piani a contribuzione definita o come piani a benefici definiti. Molti piani richiedono l’istituzione di fondi distinti, che possono avere o meno una distinta identità giuridica e dei gestori fiduciari, ai quali sono versati i contributi e dai quali sono erogati i benefici. Il presente Principio si applica indipendentemente dall’istituzione di tali fondi e dall’esistenza di gestori fiduciari.

6.

I fondi pensione le cui attività sono investite tramite società assicuratrici sono soggetti alle stesse disposizioni di contabilizzazione e di finanziamento degli accordi privati di investimento. Di conseguenza, essi rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio a meno che il contratto con la società assicuratrice sia stipulato in nome e per conto del singolo partecipante o di un gruppo di partecipanti e la responsabilità di adempiere all’obbligazione per benefici pensionistici gravi unicamente sulla Società assicuratrice.

7.

Il presente Principio non tratta gli altri tipi di benefici per dipendenti quali le indennità di fine rapporto, gli accordi per compensi differiti, le liquidazioni legate all’anzianità di servizio, piani speciali di prepensionamento o di riduzione degli esuberi, piani sanitari e assistenziali o piani d’incentivazione. Anche le prestazioni assistenziali pubbliche sono escluse dall’ambito di applicazione del presente Principio.

DEFINIZIONI

8.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

I fondi pensione sono accordi in base ai quali l’entità eroga benefici per i dipendenti al momento o dopo la cessazione del rapporto di lavoro (sotto forma di una rendita annuale o in un’unica soluzione) e tali benefici, o le contribuzioni a essi, possono essere determinati o stimati in anticipo rispetto al pensionamento sulla base delle disposizioni di un accordo documentato o delle consuetudini dell’entità.

I piani a contribuzione definita sono fondi pensione in base ai quali gli ammontari che devono essere pagati come benefici pensionistici sono determinati facendo riferimento ai contributi versati a un fondo e al rendimento degli investimenti finanziari relativi.

I piani a benefici definiti sono fondi pensione in base ai quali gli ammontari che devono essere pagati come benefici pensionistici sono determinati facendo riferimento a una formula solitamente basata sulla remunerazione dei dipendenti e/o sugli anni di lavoro.

La contribuzione al fondo è il trasferimento di beni a un’entità giuridica (il fondo), distinta dall’entità del datore di lavoro, per far fronte alle obbligazioni future di pagamento dei benefici pensionistici.

Per gli scopi del presente Principio sono utilizzati anche i seguenti termini:

I partecipanti sono gli aderenti a un fondo pensione e coloro che hanno diritto ai benefici previsti dal fondo.

L’attivo netto disponibile per i benefici da erogare è rappresentato dalle attività di un piano meno le passività diverse dal valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti.

Il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti è il valore attuale dei pagamenti previsti da un fondo pensione per i dipendenti in servizio e cessati, riferibile al lavoro già prestato.

I benefici acquisiti sono benefici il diritto ai quali, secondo quanto previsto dalle condizioni di un fondo pensione, non dipende dalla prosecuzione del rapporto di lavoro.

9.

Alcuni fondi pensione hanno sponsor che non sono i datori di lavoro; il presente Principio si applica anche al bilancio di tali fondi.

10.

La maggior parte dei fondi pensione si basa su accordi formali. Alcuni non sono formalizzati ma hanno acquisito un valore vincolante per l’entità essendo divenuti parte della sua prassi consolidata. Sebbene alcuni fondi consentano ai datori di lavoro di limitare i loro impegni solitamente è difficile per loro annullare il fondo, se i dipendenti devono essere mantenuti in servizio. Si applica lo stesso criterio di contabilizzazione e di esposizione in bilancio sia per i fondi formalizzati sia per quelli non formalizzati.

11.

Molti fondi pensione prevedono l’istituzione di fondi distinti ai quali affluiscono i contributi e dai quali sono pagati i benefici. Tali fondi possono essere gestiti da soggetti indipendenti. In alcuni paesi questi soggetti sono chiamati gestori fiduciari (trustee). Il termine gestore fiduciario è utilizzato nel presente Principio per individuare tali soggetti indipendentemente dal fatto che sia stata istituita un’amministrazione fiduciaria vera e propria.

12.

I fondi pensione sono normalmente indicati come piani a contribuzione definita o piani a benefici definiti, ciascuno con le proprie caratteristiche distintive. Talvolta i piani presentano caratteristiche comuni a entrambi i tipi. Per le finalità del presente Principio questi piani ibridi sono considerati piani a benefici definiti.

PIANI A CONTRIBUZIONE DEFINITA

13.

Il bilancio di un piano a contribuzione definita deve contenere un rendiconto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare e una descrizione del criterio di contribuzione.

14.

In un piano a contribuzione definita il valore dei benefici futuri che riceverà il partecipante al piano è determinato dai contributi pagati dal datore di lavoro, dal partecipante o da entrambi e dall’efficienza della gestione e dal rendimento degli investimenti del fondo. L’obbligazione del datore di lavoro è, di solito, assolta contribuendo al fondo. Normalmente non è richiesto il parere di un attuario sebbene tale parere debba essere a volte utilizzato per stimare i benefici futuri ottenibili sulla base dei contributi correnti e sulle modificazioni dei livelli di contribuzione futuri nonché sulla base dei rendimenti degli investimenti.

15.

I partecipanti al piano sono interessati alla gestione dello stesso perché essa influisce direttamente sul livello dei benefici futuri loro spettanti. Essi sono interessati a conoscere se i contributi sono stati percepiti e se è stato esercitato un controllo adeguato a tutelare i diritti dei beneficiari. Il datore di lavoro è interessato all’efficiente e corretta gestione del piano.

16.

La presentazione di informazioni da parte di un piano a contribuzione definita ha la finalità di fornire periodicamente informazioni sul piano stesso e sul rendimento dei suoi investimenti. Tale finalità è raggiunta, di solito, predisponendo un bilancio che comprenda i seguenti elementi:

a)

una descrizione delle operazioni rilevanti dell’esercizio e l’effetto di qualsiasi variazione relativa al piano, la sua composizione e le sue condizioni generali;

b)

rendiconti delle operazioni e del rendimento degli investimenti nell’esercizio e la situazione patrimoniale-finanziaria del piano alla data di chiusura dell’esercizio; e

c)

una descrizione delle politiche di investimento.

PIANI A BENEFICI DEFINITI

17.

Il bilancio di un piano a benefici definiti deve contenere alternativamente:

a)

un prospetto che evidenzi:

i)

l’attivo netto disponibile per i benefici da erogare;

ii)

il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti, distinguendo tra quelli acquisiti e quelli non ancora acquisiti; e

iii)

l’avanzo o il disavanzo risultante; o

b)

un prospetto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare comprendente alternativamente:

i)

una nota indicante il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti, distinguendo tra quelli acquisiti e quelli non ancora acquisiti; o

ii)

un riferimento a queste informazioni nella relazione attuariale allegata.

Se alla data del bilancio non è stata predisposta una valutazione attuariale, deve essere usata come base la valutazione attuariale più recente la cui data deve essere indicata.

18.

Per gli scopi del paragrafo 17, il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti deve basarsi sui benefici previsti dalle clausole del piano per il lavoro prestato fino a quel momento utilizzando il livello delle retribuzioni correnti o una previsione delle retribuzioni future con l’indicazione del criterio utilizzato. Deve essere indicato anche l’effetto di qualsiasi variazione dei parametri attuariali che hanno avuto un effetto rilevante sul valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti.

19.

Il bilancio deve illustrare il rapporto tra il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti e l’attivo netto disponibile per i benefici da erogare e la politica per il finanziamento dei benefici previsti.

20.

In un piano a benefici definiti il pagamento dei benefici pensionistici previsti dipende dalla situazione patrimoniale-finanziaria del piano e dalla capacità dei contribuenti al fondo di contribuirvi in futuro, nonché dal rendimento degli investimenti e dall’efficienza di gestione del piano.

21.

Un piano a benefici definiti deve essere valutato periodicamente da un attuario per accertarne la situazione finanziaria, rivedere le ipotesi e suggerire i livelli futuri di contribuzione.

22.

La presentazione di informazioni finanziarie da parte di un piano a benefici definiti ha la finalità di fornire periodicamente informazioni sulle risorse economiche e sulle attività del piano, informazioni utili per accertare la correlazione tra le risorse accumulate e i benefici del piano da erogare nel tempo. Questo finalità è raggiunta, di solito, predisponendo un bilancio che comprenda i seguenti elementi:

a)

una descrizione delle operazioni rilevanti dell’esercizio e l’effetto di qualsiasi variazione relativa al piano, la sua composizione e le sue condizioni generali;

b)

rendiconti delle operazioni e del rendimento degli investimenti nell’esercizio e la situazione patrimoniale-finanziaria del piano al termine dell’esercizio;

c)

informazioni attuariali, sia come parte del rendiconto, sia come relazione separata; e

d)

una descrizione delle politiche di investimento.

Valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti

23.

Il valore attuale dei pagamenti previsti da un fondo pensione può essere calcolato e presentato utilizzando il livello delle retribuzioni correnti o una previsione del livello delle retribuzioni future fino al momento del pensionamento dei partecipanti.

24.

Le ragioni a favore dell’adozione del metodo della retribuzione corrente comprendono:

a)

il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti, rappresentato dalla somma dei valori attualmente attribuibili a ciascun partecipante al fondo, può essere calcolato su una base più oggettiva della previsione del livello delle retribuzioni future perché esso implica un minor numero di ipotesi;

b)

gli aumenti dei benefici riferibili a un aumento delle retribuzioni diventano un’obbligazione del piano al momento dell’incremento delle retribuzioni; e

c)

l’ammontare del valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti utilizzando il livello delle retribuzioni correnti è, di solito, più strettamente correlato all’ammontare dovuto nel caso di interruzione o cessazione del piano.

25.

Le ragioni a favore del metodo della previsione del livello delle retribuzioni future comprendono:

a)

le informazioni finanziarie dovrebbero essere preparate secondo il principio della continuità aziendale, indipendentemente dalle ipotesi e dalle stime che devono essere fatte;

b)

nei piani basati sull’ultimo livello retributivo i benefici sono determinati con riferimento alle retribuzioni percepite in prossimità o in coincidenza con la data di pensionamento; è quindi necessario effettuare previsioni delle retribuzioni, dei livelli dei contributi e dei tassi di rendimento; e

c)

la mancata considerazione di previsioni delle retribuzioni future, quando la maggior parte della contribuzione si basa sulle previsioni delle retribuzioni, può tradursi nella presentazione di informazioni che rilevano un’apparente eccedenza o adeguatezza di contribuzioni mentre il programma ne ha carenza.

26.

Il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti basato sulle retribuzioni correnti è indicato nel bilancio di un piano per fornire l’indicazione dell’impegno per i benefici maturati alla data del bilancio. Il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti basato su previsioni delle retribuzioni è indicato per fornire l’indicazione della dimensione dell’impegno potenziale, sulla base del presupposto della continuità aziendale, che è generalmente il criterio generale per qualsiasi forma di contribuzione. Oltre all’indicazione del valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti può essere necessario fornire una spiegazione che indichi chiaramente il contesto nel quale il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti dovrebbe essere interpretato. Tale spiegazione può riguardare l’adeguatezza delle contribuzioni future previste e del criterio di contribuzione basato sulla previsione delle retribuzioni. Essa può essere inclusa nel bilancio o nella relazione dell’attuario.

Periodicità delle valutazioni attuariali

27.

In molti paesi le valutazioni attuariali non sono ottenute più frequentemente che ogni tre anni. Se una valutazione attuariale non è stata preparata alla data del bilancio, deve essere utilizzata come base la valutazione attuariale più recente e la sua data deve essere indicata.

Contenuto del bilancio

28.

Per i piani a benefici definiti le informazioni sono presentate in una delle seguenti modalità, che riflettono le differenti consuetudini nell’indicare e presentare le informazioni attuariali:

a)

la relazione è inclusa nel bilancio che riporta l’attivo netto disponibile per i benefici da erogare, il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti e l’avanzo o il disavanzo risultante. Il bilancio del piano contiene anche il prospetto delle variazioni dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare e il prospetto delle variazioni nel valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti. Il bilancio può essere accompagnato da una relazione distinta dell’attuario per attestare il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti;

b)

un bilancio che comprenda un prospetto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare e un prospetto delle variazioni dell’attivo netto disponibile per tali benefici. Il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti è indicato in una nota ai prospetti. Il bilancio può essere inoltre accompagnato da una relazione dell’attuario per attestare il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti; e

c)

un bilancio che comprenda un prospetto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare e un prospetto delle variazioni dell’attivo netto disponibile per tali benefici con il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti contenuto in una relazione attuariale separata.

A ciascuna delle modalità indicate possono essere allegate al bilancio anche una relazione dei gestori fiduciari, con i contenuti delle relazioni degli amministratori, e una relazione sugli investimenti.

29.

I sostenitori delle modalità illustrate nel paragrafo 28, lettere a) e b), ritengono che la quantificazione dei benefici pensionistici previsti e le altre informazioni fornite con questo metodo aiutino gli utilizzatori a valutare la situazione attuale del piano e la probabilità che le obbligazioni del piano siano soddisfatte. Essi ritengono anche che i bilanci dovrebbero essere completi di per sé e non dipendere da prospetti allegati. Tuttavia, alcuni ritengono che lo schema illustrato al paragrafo 28, lettera a), potrebbe dare l’impressione che esista una passività, mentre il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti non ha, secondo loro, tutte le caratteristiche di una passività.

30.

I sostenitori della modalità descritta al paragrafo 28, lettera c), ritengono che il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti non dovrebbe essere incluso in un prospetto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare come descritto al paragrafo 28, lettera a), oppure essere indicato in una nota come al paragrafo 28, lettera b), perché esso, così facendo, sarebbe confrontato direttamente con le attività del piano e tale confronto può non essere valido. Essi sostengono che gli attuari non necessariamente confrontano il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti con i valori di mercato degli investimenti, ma possono invece accertare il valore attuale dei flussi finanziari attesi dagli investimenti. Perciò, i sostenitori di questa modalità ritengono che un tale confronto non sia adeguato a riflettere la valutazione complessiva del piano effettuata dall’attuario e che esso possa essere male interpretato. Inoltre, alcuni ritengono che l’informazione sui benefici pensionistici previsti, siano o meno quantificati, dovrebbe essere contenuta unicamente in una relazione attuariale separata, nella quale può essere fornita un’illustrazione appropriata.

31.

Il presente Principio consente che le indicazioni concernenti i benefici pensionistici previsti siano fornite in una relazione attuariale. Il Principio respinge le argomentazioni contrarie alla quantificazione del valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti. Di conseguenza, le modalità illustrate nel paragrafo 28, lettere a) e b), sono considerate accettabili dal presente Principio, così come la modalità illustrata nel paragrafo 28, lettera c), posto che il bilancio contiene un riferimento a una relazione attuariale allegata che riporti il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti.

FONDI PENSIONE COMUNQUE DEFINITI

Valutazione delle attività a servizio del piano

32.

Gli investimenti di un fondo pensione devono essere iscritti al fair value (valore equo). Nel caso di titoli mobiliari negoziabili il fair value (valore equo) è il valore di mercato. Laddove non sia possibile una stima del fair value (valore equo) degli investimenti posseduti dal piano deve essere fornita un’illustrazione dei motivi per i quali non viene utilizzato il fair value (valore equo).

33.

Nel caso di titoli mobiliari negoziabili il fair value (valore equo) è, di solito, il valore di mercato perché questo è ritenuto la misura più attendibile per i titoli mobiliari alla data della relazione e per il rendimento dell’esercizio. Quei titoli mobiliari che hanno un valore fisso di rimborso e che sono stati acquistati a copertura delle obbligazioni del piano, o di sue parti specifiche, possono essere iscritti a valori basati sui loro valori finali di rimborso assumendo un tasso di rendimento costante fino alla scadenza. Quando non è possibile una stima del fair value (valore equo) degli investimenti posseduti da un piano, come nel caso della proprietà totale di un’entità, si indica il motivo per il quale non è utilizzato il fair value (valore equo). Nella misura in cui gli investimenti sono iscritti a valori diversi dal valore di mercato o dal fair value (valore equo), anche il fair value (valore equo) viene, generalmente, indicato. I beni utilizzati nella gestione del fondo sono contabilizzati secondo quanto previsto dai Principi applicabili.

Informazioni integrative

34.

Il bilancio di un fondo pensione, sia a benefici definiti sia a contribuzione definita, deve contenere anche le informazioni seguenti:

a)

un prospetto delle variazioni dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare;

b)

un elenco dei principi contabili rilevanti; e

c)

una descrizione del piano e l’effetto di qualsiasi variazione nel piano durante l’esercizio.

35.

Il bilancio dei fondi pensione deve includere i seguenti aspetti, se pertinenti:

a)

un prospetto dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare indicante:

i)

le attività al termine dell’esercizio opportunamente classificate;

ii)

i criteri di valutazione delle attività;

iii)

i dettagli di ogni singolo investimento eccedente il 5 % dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare o il 5 % di ogni classe o tipo di titoli mobiliari;

iv)

i dettagli di qualsiasi investimento nell’entità del datore di lavoro; e

v)

le passività diverse dal valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti;

b)

un prospetto delle variazioni dell’attivo netto disponibile per i benefici da erogare che riporti i seguenti punti:

i)

le contribuzioni del datore di lavoro;

ii)

le contribuzioni dei dipendenti;

iii)

i proventi degli investimenti quali interessi e dividendi;

iv)

gli altri proventi;

v)

i benefici pagati o dovuti (suddivisi, per esempio, tra pensioni, indennità per morte e indennità per invalidità, e pagamenti in un’unica soluzione);

vi)

i costi amministrativi;

vii)

gli altri costi;

viii)

le imposte sul reddito;

ix)

gli utili e le perdite derivanti dalla dismissione di investimenti e dalle variazioni nel valore degli investimenti; e

x)

i trasferimenti da, ovvero a, altri piani;

c)

una descrizione del criterio di contribuzione;

d)

per i piani a benefici definiti il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti (che può essere distinto tra benefici acquisiti e non ancora acquisiti) basato sui benefici previsti dalle condizioni del piano, sul lavoro prestato fino a quel momento, utilizzando il livello delle retribuzioni correnti o quello delle previsioni delle retribuzioni; queste informazioni possono essere incluse in una relazione attuariale allegata da leggersi unitamente al relativo bilancio; e

e)

per i piani a benefici definiti, una descrizione dei presupposti attuariali rilevanti e del metodo utilizzato per calcolare il valore attuale attuariale dei benefici pensionistici previsti.

36.

La relazione di un fondo pensione contiene una descrizione del piano o come parte del bilancio, o in una relazione separata. Essa può contenere le seguenti informazioni:

a)

l’indicazione dei datori di lavoro e dei gruppi di dipendenti partecipanti al piano;

b)

il numero di partecipanti che ricevono benefici e il numero degli altri partecipanti, opportunamente classificati;

c)

il tipo di piano, ossia se a contribuzione definita o a benefici definiti;

d)

una nota che indichi se i partecipanti contribuiscono al piano;

e)

una descrizione dei benefici previdenziali previsti per i partecipanti;

f)

una descrizione di qualsiasi clausola di cessazione del piano; e

g)

le variazioni negli elementi compresi nei punti da a) a f) durante il periodo preso in considerazione dalla relazione.

Non è raro fare riferimento ad altri documenti facilmente disponibili per gli utilizzatori nei quali il piano è descritto e includere solo informazioni sulle variazioni successive.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

37.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci dei fondi pensione degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1988 o da data successiva.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 27

Bilancio consolidato e separato

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato nella preparazione e nella presentazione dei bilanci consolidati di un gruppo di entità controllate da una capogruppo.

2.

Il presente Principio non tratta dei criteri di contabilizzazione delle aggregazioni aziendali e dei loro effetti sul consolidamento, incluso l’avviamento derivante da una aggregazione aziendale (cfr. IFRS 3 Aggregazioni aziendali).

3.

Il presente Principio deve essere anche applicato nella contabilizzazione delle partecipazioni in controllate, in entità a controllo congiunto e in società collegate se una società decide di presentare il bilancio separato, oppure se la presentazione di un bilancio separato è imposta dalla normativa locale.

DEFINIZIONI

4.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il bilancio consolidato è il bilancio di un gruppo presentato come se fosse il bilancio di un’unica entità economica.

Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere i benefici dalle sue attività.

Il metodo del costo è un metodo di contabilizzazione delle partecipazioni in base al quale una partecipazione è rilevata al costo. L’investitore rileva i proventi derivanti dalla partecipazione solo nella misura in cui lo stesso riceve dividendi dagli utili portati a nuovo dalla partecipata e generati successivamente alla data di acquisizione. I dividendi percepiti in eccesso rispetto agli utili generati successivamente alla data di acquisizione sono considerati come realizzo della partecipazione e dedotti dal costo della partecipazione.

Il gruppo è costituito dalla capogruppo e da tutte le sue controllate.

L’interessenza di terzi è quella parte del risultato dell’esercizio e del patrimonio netto di una controllata attribuibile alle interessenze non detenute, direttamente o indirettamente attraverso controllate, dalla capogruppo.

La controllante è un’entità che ha una o più società controllate.

Il bilancio separato è il bilancio presentato da una controllante, da una partecipante in una società collegata o da una partecipante in un’entità a controllo congiunto, in cui le partecipazioni sono contabilizzate con il metodo dell’investimento diretto piuttosto che in base ai risultati conseguiti e al patrimonio netto delle società partecipate.

Una controllata è un’entità, anche senza personalità giuridica come nel caso di una partnership, controllata da un’altra entità (indicata come controllante).

5.

Una controllante o la sua controllata possono detenere partecipazioni in una società collegata o in quanto partecipanti in un’entità a controllo congiunto. In tali casi, i bilanci consolidati preparati e presentati in conformità con il presente Principio devono essere conformi anche alle disposizioni contenute nello IAS 28 Partecipazioni in società collegate e nello IAS 31 Partecipazioni in joint venture.

6.

Per un’entità descritta nel paragrafo 5, il bilancio separato è quello predisposto e presentato in aggiunta al bilancio cui si fa riferimento nel paragrafo 5. Non occorre che il bilancio separato sia allegato a, o accompagni, quei bilanci.

7.

Il bilancio di un’entità che non dispone di una controllata, di una collegata o di una partecipazione in un’entità a controllo congiunto non rappresenta un bilancio separato.

8.

Una controllante esentata dalla presentazione del bilancio consolidato ai sensi del paragrafo 10 può presentare il bilancio separato come il proprio unico bilancio annuale.

PRESENTAZIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO

9.

Una controllante, diversa dal tipo di controllante descritto al paragrafo 10, deve presentare il bilancio consolidato in cui consolida le proprie partecipazioni in controllate in conformità al presente Principio.

10.

Una controllante non è tenuta alla presentazione del bilancio consolidato se e soltanto se:

a)

la controllante stessa è a sua volta una società interamente controllata, o una società controllata parzialmente da un’altra entità e gli azionisti terzi, inclusi quelli non aventi diritto di voto, sono stati informati del fatto che la controllante non redige un bilancio consolidato e non oppongono alcuna obiezione;

b)

i propri titoli di debito o strumenti rappresentativi di capitale non sono negoziati in un mercato pubblico (una Borsa Valori nazionale o estera ovvero in un mercato «over-the-counter», compresi i mercati locali e regionali);

c)

la controllante non ha depositato, né è in procinto di farlo, il proprio bilancio presso una Commissione per la Borsa Valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in un mercato pubblico; e

d)

la capogruppo o qualsiasi controllante intermedia della controllante redige un bilancio consolidato per uso pubblico che sia conforme agli International Financial Reporting Standards.

11.

Una controllante che opti per l’esenzione dalla presentazione del bilancio consolidato ai sensi del paragrafo 10 e presenta il solo bilancio separato, si conforma a quanto disposto nei paragrafi da 37 a 42.

AMBITO DI APPLICAZIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO

12.

Il bilancio consolidato deve includere tutte le controllate della controllante. (1)

13.

Si presume che esista il controllo quando la capogruppo possiede, direttamente o indirettamente attraverso le proprie controllate, più della metà dei diritti di voto di un’entità a meno che, in casi eccezionali, possa essere chiaramente dimostrato che tale possesso non costituisce controllo. Il controllo esiste anche quando la capogruppo possiede la metà, o una quota minore, dei diritti di voto esercitabili in assemblea se essa ha: (2)

a)

il controllo di più della metà dei diritti di voto in virtù di un accordo con altri investitori;

b)

il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali dell’entità in forza di uno statuto o di un accordo;

c)

il potere di nominare o di rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, e il controllo dell’entità è detenuto da quel consiglio o organo; o

d)

il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, e il controllo dell’entità è detenuto da quel consiglio o organo.

14.

L’entità potrebbe essere in possesso di warrant azionari, opzioni call su azioni, strumenti di debito o rappresentativi di capitale che sono convertibili in azioni ordinarie, o altri strumenti simili che hanno la potenzialità, se esercitati o convertiti, di dare all’entità diritti di voto o di ridurre il diritto di voto di terzi sulle politiche finanziarie e gestionali di un’altra entità (diritti di voto potenziali). L’esistenza e l’effetto di diritti di voto potenziali che siano correntemente esercitabili o convertibili, compresi quelli posseduti da altra entità, sono presi in considerazione all’atto di valutare se un’entità ha il potere o meno di governare le politiche finanziarie e gestionali di un’altra entità. I diritti di voto potenziali non sono correntemente esercitabili o convertibili quando, per esempio, essi non possono essere esercitati o convertiti sino a una data futura o sino al verificarsi di un evento futuro.

15.

Nel valutare se i diritti di voto potenziali contribuiscono al controllo, l’entità esamina tutti i fatti e le circostanze (inclusi le clausole di esercizio dei diritti di voto potenziali e qualsiasi altro accordo contrattuale considerato sia singolarmente, sia in abbinamento ad altri) che incidono sui diritti di voto potenziali, a eccezione dell’intenzione della direzione aziendale e della capacità finanziaria di esercitare o convertire.

16.

[Eliminato]

17.

[Eliminato]

18.

[Eliminato]

19.

Una controllata non è esclusa dal consolidamento solo in ragione del fatto che la partecipante è una società d’investimento in capitale di rischio, un fondo comune, un fondo d’investimento o un’entità analoga.

20.

Una controllata non è esclusa dal consolidamento in quanto la sua attività è dissimile da quella delle altre entità del gruppo. Le informazioni rilevanti sono fornite consolidando tali controllate e fornendo informazioni aggiuntive nel bilancio consolidato sulle differenti attività delle controllate. Per esempio, le informazioni integrative richieste dall’IFRS 8 Settori operativi aiutano a spiegare la rilevanza delle differenti attività all’interno del gruppo.

21.

Una controllante perde il controllo nel momento in cui perde il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di una partecipata al fine di ottenere i benefici derivanti dalla sua attività. La perdita del controllo può verificarsi con o senza cambiamenti nei livelli di proprietà assoluta o relativa. Questo potrebbe verificarsi, ad esempio, nel momento in cui una controllata viene assoggettata al controllo di un organo governativo, di un tribunale, di un commissario o di un’autorità di regolamentazione. Potrebbe anche essere il risultato di un accordo contrattuale.

PROCEDURE DI CONSOLIDAMENTO

22.

Nella redazione del bilancio consolidato, l’entità aggrega i bilanci della capogruppo e delle sue controllate voce per voce, sommando tra loro i corrispondenti valori dell’attivo, del passivo, del patrimonio netto, dei ricavi e dei costi. Affinché i bilanci consolidati presentino informazioni contabili sul gruppo come se si trattasse di un’unica entità economica, sono necessarie le seguenti rettifiche:

a)

il valore contabile delle partecipazioni della capogruppo in ciascuna controllata e la corrispondente parte del patrimonio netto di ciascuna controllata posseduta dalla capogruppo sono eliminati (cfr. IFRS 3, che descrive il trattamento contabile di un eventuale avviamento risultante);

b)

la quota di pertinenza di terzi dell’utile o perdita d’esercizio delle controllate consolidate deve essere identificata; e

c)

la quota di pertinenza di terzi del patrimonio netto delle controllate consolidate è identificata separatamente dal patrimonio netto di tali controllate di pertinenza del gruppo. Tali interessenze di terzi consistono in:

i)

il valore di quelle interessenze di terzi alla data dell’acquisto della partecipazione, calcolato secondo quanto previsto dallo IFRS 3; e

ii)

la quota di pertinenza di terzi delle variazioni nel patrimonio netto dalla data dell’acquisizione.

23.

In presenza di diritti di voto potenziali, le quote di utile o perdita e le variazioni del patrimonio netto attribuito alla controllante e ai terzi sono determinate in base agli attuali assetti proprietari e non riflettono la possibilità di esercitare o convertire i diritti di voto potenziali.

24.

Saldi, operazioni, ricavi e costi infragruppo devono essere integralmente eliminati.

25.

I saldi e le operazioni infragruppo, compresi i ricavi, i costi e i dividendi, sono integralmente eliminati. Gli utili e le perdite derivanti da operazioni infragruppo compresi nel valore contabile di attività, quali le rimanenze e le immobilizzazioni, sono integralmente eliminati. Le perdite infragruppo possono indicare una riduzione di valore che è necessario rilevare nel bilancio consolidato. Lo IAS 12 Imposte sul reddito si applica alle differenze temporanee derivanti dall’eliminazione di utili e perdite originate da operazioni infragruppo.

26.

I bilanci della capogruppo e delle sue controllate utilizzati nella preparazione del bilancio consolidato devono essere redatti alla stessa data. Quando le date di chiusura del bilancio della controllante e della controllata sono diverse, la controllata prepara, a fini di consolidamento, un bilancio aggiuntivo alla stessa data di riferimento del bilancio della capogruppo a meno che ciò non sia fattibile.

27.

Quando, in conformità al paragrafo 26, il bilancio di una controllata utilizzato nella preparazione del bilancio consolidato è riferito a una data di chiusura diversa da quella della capogruppo, devono essere eseguite rettifiche per tener conto dell’effetto di operazioni o fatti significativi che siano intervenuti tra quella data e la data di riferimento del bilancio della capogruppo. In ogni caso, la differenza tra la data della controllata e quella della capogruppo non deve comunque essere superiore a tre mesi. La durata degli esercizi ed eventuali differenze nelle date di chiusura devono essere le medesime di esercizio in esercizio.

28.

I bilanci consolidati devono essere preparati utilizzando principi contabili uniformi per operazioni e fatti simili in circostanze similari.

29.

Se una componente di un gruppo utilizza principi contabili diversi da quelli adottati nel bilancio consolidato per operazioni e fatti simili in circostanze similari, sono apportate appropriate rettifiche al suo bilancio nella preparazione del bilancio consolidato.

30.

I ricavi e i costi di una controllata sono inclusi nel bilancio consolidato a partire dalla data di acquisizione secondo la definizione dell’IFRS 3. I ricavi e i costi di una controllata sono inclusi nel bilancio consolidato fino alla data in cui la controllante perde il controllo della controllata. La differenza tra il corrispettivo della dismissione della controllata e il suo valore contabile alla data della cessione, comprensiva dell’importo complessivo di eventuali differenze di cambio che si riferiscono alla controllata e rilevate nel patrimonio netto in conformità allo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere, è rilevata nel conto economico consolidato come plusvalenza o minusvalenza sulla vendita della controllata.

31.

Una partecipazione in una entità deve essere contabilizzata in conformità allo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione dalla data in cui cessa di essere una controllata, a condizione che non diventi una collegata così come definita nello IAS 28 o una entità a controllo congiunto secondo la descrizione dello IAS 31.

32.

Il valore contabile della partecipazione alla data in cui l’entità cessa di essere una controllata deve essere considerato pari al costo al momento della valutazione iniziale di una attività finanziaria, in conformità a quanto stabilito dallo IAS 39.

33.

Le interessenze di terzi devono essere rappresentate, nello stato patrimoniale consolidato, nel patrimonio netto e separatamente dal patrimonio netto di pertinenza del gruppo. Anche la quota di pertinenza di terzi del risultato consolidato di gruppo deve essere rappresentata separatamente.

34.

Il risultato d’esercizio è attribuito agli azionisti della capogruppo e alle interessenze di terzi. Poiché in entrambi i casi si tratta di patrimonio netto, l’importo attribuito alle interessenze di terzi non costituisce un ricavo o un costo.

35.

Le perdite riferibili a terzi in una controllata consolidata possono eccedere la quota di pertinenza di terzi del patrimonio netto della controllata. L’eccedenza, e ogni ulteriore perdita attribuibile agli azionisti di minoranza, sono attribuite agli azionisti della capogruppo ad eccezione della parte per la quale gli azionisti di minoranza hanno un’obbligazione vincolante a coprire la perdita con investimenti aggiuntivi e sono in grado di farlo. Se successivamente la controllata realizza degli utili, tali utili sono attribuiti agli azionisti della capogruppo fino a concorrenza delle perdite di pertinenza degli azionisti di minoranza precedentemente assorbite dagli azionisti della capogruppo.

36.

Se una controllata ha emesso azioni privilegiate cumulative che sono possedute da azionisti di minoranza e sono classificate come patrimonio netto, la capogruppo calcola la sua quota di utili o perdite dopo aver tenuto conto dei dividendi spettanti agli azionisti privilegiati, anche se la loro distribuzione non è stata deliberata.

CONTABILIZZAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI IN CONTROLLATE, IN ENTITÀ A CONTROLLO CONGIUNTO E IN SOCIETÀ COLLEGATE NEL BILANCIO SEPARATO DELLA CAPOGRUPPO

37.

Quando viene redatto il bilancio separato, le partecipazioni in controllate, in entità a controllo congiunto e in collegate non classificate come possedute per la vendita (o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità all’IFRS 5, devono essere contabilizzate:

a)

al costo; o

b)

in conformità allo IAS 39.

Lo stesso criterio deve essere applicato per ciascuna categoria di partecipazioni. Le partecipazioni in controllate, in entità a controllo congiunto e in collegate classificate come possedute per la vendita (o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità all’IFRS 5, devono essere contabilizzate in conformità a tale IFRS.

38.

Il presente Principio non si occupa di quali entità presentano un bilancio separato per uso pubblico. I paragrafi 37 e da 39 a 42 si applicano quando un’entità predispone un bilancio separato che sia conforme agli International Financial Reporting Standards. L’entità redige anche un bilancio consolidato per uso pubblico, secondo quanto disposto dal paragrafo 9, a meno che non si applichi l’esenzione di cui al paragrafo 10.

39.

Le partecipazioni in entità a controllo congiunto e in società collegate che sono contabilizzate in conformità allo IAS 39 nel bilancio consolidato, devono essere contabilizzate con lo stesso criterio contabile nel bilancio separato della partecipante.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

40.

Nel bilancio consolidato devono essere fornite le seguenti informazioni integrative:

a)

[Eliminato]

b)

[Eliminato]

c)

il tipo di legame tra la capogruppo e la controllata della quale la capogruppo non possiede, direttamente o indirettamente attraverso controllate, più della metà dei diritti di voto esercitabili in assemblea;

d)

le ragioni per cui il possesso, diretto o indiretto attraverso controllate, di più della metà dei diritti di voto effettivi o potenziali di una partecipata non costituisce controllo;

e)

la data di riferimento del bilancio di una controllata, quando tale bilancio è utilizzato per redigere il bilancio consolidato ed è riferito a una data di chiusura oppure a un esercizio diverso da quello della controllante, e le motivazioni per cui si fa riferimento a una data di chiusura o a un esercizio diverso; e

f)

la natura e la misura di qualsiasi restrizione significativa (per esempio, come risultato di accordi di finanziamento o di disposizioni regolamentari) alla capacità delle controllate di trasferire fondi alla controllante a titolo di pagamento di dividendi o di rimborso di prestiti o anticipazioni.

41.

Se si redige un bilancio separato per una controllante la quale, in conformità al paragrafo 10, decide di non predisporre il bilancio consolidato, nel bilancio separato si devono fornire le seguenti informazioni integrative:

a)

il fatto che il bilancio sia un bilancio separato; che si sia optato per l’esenzione dal consolidamento; la ragione sociale e il luogo di costituzione o la sede legale dell’entità che ha provveduto alla redazione del bilancio consolidato a uso pubblico in conformità con gli International Financial Reporting Standards; l’indirizzo presso il quale è possibile ottenere tale bilancio consolidato;

b)

un elenco delle partecipazioni di rilievo in controllate, in entità a controllo congiunto e in società collegate, comprendente la ragione sociale, il luogo di costituzione o la sede legale, la percentuale di capitale posseduto e, se diversa, la percentuale dei voti esercitabili in assemblea; e

c)

una descrizione del criterio adottato per contabilizzare le partecipazioni di cui al punto b).

42.

Quando una controllante (diversa da quella trattata al paragrafo 41), una partecipante in una entità a controllo congiunto o in una società collegata redige il proprio bilancio separato, tale bilancio deve fornire le seguenti informazioni integrative:

a)

il fatto che il bilancio sia un bilancio separato, specificando i motivi per la sua redazione se non richiesta dalla legge;

b)

un elenco delle partecipazioni di rilievo in controllate, in entità a controllo congiunto e in società collegate, comprendente la ragione sociale, il luogo di costituzione o la sede legale, la percentuale di capitale posseduto e, se diversa, la percentuale dei voti esercitabili in assemblea; e

c)

una descrizione del criterio adottato per contabilizzare le partecipazioni di cui al punto b);

e deve identificare il bilancio redatto secondo il paragrafo 9 del presente Principio, dello IAS 28 e dello IAS 31, a cui si fa riferimento.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

43.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

RITIRO DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

44.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 27 Bilancio consolidato e Contabilizzazione delle partecipazioni in controllate (rivisto nella sostanza nel 2000).

45.

Il presente Principio sostituisce anche la SIC 33 Consolidamento e metodo del patrimonio nettoDiritti di voto potenzialmente esercitabili e attribuzione del capitale posseduto.


(1)  Se, al momento dell’acquisizione, una controllata possiede i requisiti per essere classificata come posseduta per la vendita in conformità all’IFRS 5, Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate, deve essere contabilizzata in conformità con tale Principio.

(2)  Si veda anche l’Interpretazione SIC 12 ConsolidamentoSocietà a destinazione specifica.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 28

Partecipazioni in società collegate

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato nella contabilizzazione delle partecipazioni in società collegate. Tuttavia, non si applica alle partecipazioni in società collegate detenute da:

a)

società d’investimento in capitale di rischio, o

b)

fondi comuni, fondi d’investimento ed entità similari, inclusi i fondi assicurativi collegati a partecipazioni

che in fase di rilevazione iniziale sono designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico o che sono classificate come possedute per «negoziazione» e contabilizzate in conformità allo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione. Tali partecipazioni devono essere valutate al fair value (valore equo) in conformità con lo IAS 39, e ogni variazione del fair value (valore equo) deve essere rilevata a conto economico nell’esercizio in cui si è verificata.

DEFINIZIONI

2.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Una società collegata è un’entità, anche senza personalità giuridica come nel caso di una partnership, in cui la partecipante detiene una influenza notevole e che non è né una controllata, né una partecipazione in una joint venture.

Il bilancio consolidato è il bilancio di un gruppo presentato come se fosse il bilancio di un’unica entità economica.

Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere i benefici dalle sue attività.

Il metodo del patrimonio netto è il metodo di contabilizzazione con il quale la partecipazione è inizialmente rilevata al costo e successivamente all’acquisizione rettificata in conseguenza delle variazioni nella quota di pertinenza della partecipante nel patrimonio netto della partecipata. L’utile o la perdita della partecipante riflette la propria quota di pertinenza nei risultati d’esercizio della partecipata.

Il controllo congiunto è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività economica, ed esiste unicamente quando per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo (partecipanti al controllo congiunto).

Il bilancio separato è il bilancio presentato da una controllante, da una partecipante in una società collegata o da una partecipante in un’entità a controllo congiunto, in cui le partecipazioni sono contabilizzate con il metodo dell’investimento diretto piuttosto che in base ai risultati conseguiti e al patrimonio netto delle società partecipate.

L’influenza notevole è il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali della partecipata senza averne il controllo o il controllo congiunto.

Una controllata è un’entità, anche senza personalità giuridica come nel caso di una partnership, controllata da un’altra entità (indicata come controllante).

3.

Non costituisce un bilancio separato il bilancio di un’entità in cui è applicato il metodo del patrimonio netto, così come non è un bilancio separato quello di una entità che non dispone di una controllata, di una società collegata o di una partecipazione in una joint venture..

4.

Il bilancio separato è quello presentato in aggiunta al bilancio consolidato, al bilancio in cui le partecipazioni sono contabilizzate adottando il metodo del patrimonio netto e al bilancio in cui le partecipazioni in una joint venture possedute da una partecipante vengono consolidate con il metodo proporzionale. Il bilancio separato può essere allegato o meno a, o accompagnare, quel bilancio.

5.

Le entità esentate dal consolidamento in conformità al paragrafo 10 dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato, o dall’applicazione del consolidamento proporzionale in conformità al paragrafo 2 dello IAS 31 Partecipazioni in joint venture, o ancora dall’applicazione del metodo del patrimonio netto in conformità al paragrafo 13, lettera c), del presente Principio possono presentare il bilancio separato come il proprio unico bilancio.

Influenza notevole

6.

Se una partecipante possiede, direttamente o indirettamente (per esempio tramite società controllate), il 20 % o una quota maggiore dei voti esercitabili nell’assemblea della partecipata, si suppone che la partecipante abbia un’influenza notevole, a meno che non possa essere chiaramente dimostrato il contrario. Di contro, se la partecipante possiede, direttamente o indirettamente (per esempio tramite società controllate), una quota minore del 20 % dei voti esercitabili nell’assemblea della partecipata, si suppone che la partecipante non abbia un’influenza notevole, a meno che tale influenza non possa essere chiaramente dimostrata. Anche se un’altra partecipante possiede la maggioranza assoluta o relativa, ciò non preclude necessariamente a una partecipante di avere un’influenza notevole.

7.

L’esistenza di influenza notevole da parte di una partecipante è solitamente segnalata dal verificarsi di una o più delle seguenti circostanze:

a)

la rappresentanza nel consiglio di amministrazione, o nell’organo equivalente, della partecipata;

b)

la partecipazione nel processo decisionale, inclusa la partecipazione alle decisioni in merito ai dividendi o ad altro tipo di distribuzione degli utili;

c)

la presenza di operazioni rilevanti tra la partecipante e la partecipata;

d)

l’interscambio di personale dirigente; o

e)

la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali.

8.

Un’entità potrebbe essere in possesso di warrant azionari, opzioni call su azioni, strumenti di debito o rappresentativi di capitale che sono convertibili in azioni ordinarie, o altri strumenti similari che hanno la possibilità, se esercitati o convertiti, di dare all’entità diritti di voto aggiuntivi o di ridurre il diritto di voto di terzi sulle politiche finanziarie e gestionali di un’altra entità (ossia i diritti di voto potenziali). L’esistenza e l’efficacia di diritti di voto potenziali che siano correntemente esercitabili o convertibili, compresi quelli posseduti da altre entità, sono presi in considerazione all’atto di valutare se l’entità possiede un’influenza notevole. I diritti di voto potenziali non sono correntemente esercitabili o convertibili quando, per esempio, essi non possono essere esercitati o convertiti sino a una determinata data futura o sino al verificarsi di un evento futuro.

9.

Nel valutare se i diritti di voto potenziali contribuiscono a determinare un’influenza notevole, l’entità esamina tutti i fatti e le circostanze (incluse le clausole di esercizio dei diritti di voto potenziali e qualsiasi altro accordo contrattuale considerato sia singolarmente, sia in abbinamento ad altri) che incidono sui diritti potenziali, ad eccezione dell’intenzione della direzione aziendale e della capacità finanziaria di esercitare o convertire.

10.

L’entità perde l’influenza notevole su una partecipata nel momento in cui perde il potere di partecipare alle decisioni sulle politiche finanziarie e gestionali di quella partecipata. La perdita dell’influenza notevole può verificarsi con o senza cambiamenti nei livelli di proprietà assoluta o relativa. Questo potrebbe verificarsi, ad esempio, nel momento in cui una società collegata viene assoggettata al controllo di un organo governativo, di un tribunale, di un commissario o di un’autorità di regolamentazione. Potrebbe anche essere il risultato di un accordo contrattuale.

Metodo del patrimonio netto

11.

Con il metodo del patrimonio netto, la partecipazione in una società collegata è inizialmente rilevata al costo e il valore contabile è aumentato o diminuito per rilevare la quota di pertinenza della partecipante degli utili o delle perdite della partecipata realizzati dopo la data di acquisizione. La quota del risultato d’esercizio della partecipata di pertinenza della partecipante è rilevata nel conto economico di quest’ultima. I dividendi ricevuti da una partecipata riducono il valore contabile della partecipazione. Rettifiche del valore contabile possono essere necessarie anche a seguito di modifiche nella quota della partecipante nella collegata, derivanti da variazioni nel patrimonio netto della partecipata che la stessa non ha rilevato nel conto economico. Tali modifiche includono variazioni derivanti dalla rideterminazione del valore di immobili, impianti e macchinari e dalle differenze di conversione di partite in valuta estera. La quota parte di tali variazioni di pertinenza della partecipante è rilevata direttamente nel patrimonio netto della partecipante.

12.

In presenza di diritti di voto potenziali, la quota di pertinenza della partecipante del risultato d’esercizio e delle variazioni del patrimonio netto della partecipata sono determinate in base agli attuali assetti proprietari e non riflettono la possibilità di esercitare o convertire i diritti di voto potenziali.

APPLICAZIONE DEL METODO DEL PATRIMONIO NETTO

13.

Una partecipazione in una collegata deve essere contabilizzata con il metodo del patrimonio netto eccetto quando:

a)

la partecipazione è classificata come posseduta per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate;

b)

si applica l’eccezione descritta nel paragrafo 10 dello IAS 27, che consente a una capogruppo che possiede anche una partecipazione in una società collegata di non presentare il bilancio consolidato; o

c)

si applicano tutte le seguenti situazioni:

i)

la partecipante è a sua volta una società interamente controllata, o una società controllata parzialmente da un’altra entità e gli azionisti terzi, inclusi quelli non aventi diritto di voto, sono stati informati del fatto che la partecipante non applica il metodo del patrimonio netto e non oppongono alcuna obiezione;

ii)

i titoli di debito o gli strumenti rappresentativi di capitale della partecipante non sono negoziati in un mercato pubblico (una Borsa valori nazionale o estera ovvero in un mercato «over-the-counter», compresi i mercati locali e regionali);

iii)

la partecipante non ha depositato, né è in procinto di farlo, il proprio bilancio presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in un mercato pubblico; e

iv)

la capogruppo o qualsiasi controllante intermedia della partecipante redige un bilancio consolidato per uso pubblico che sia conforme agli International Financial Reporting Standards.

14.

Le partecipazioni descritte nel paragrafo 13, lettera a), devono essere contabilizzate in conformità dell’IFRS 5.

15.

Se la partecipazione in una società collegata classificata precedentemente come posseduta per la vendita non soddisfa più i criteri per essere così classificata, deve essere contabilizzata adottando il metodo del patrimonio netto a partire dalla data in cui era stata classificata come posseduta per la vendita. Devono essere modificati di conseguenza i bilanci di tutti gli esercizi a partire da tale classificazione.

16.

[Eliminato]

17.

La rilevazione dei proventi sulla base dei dividendi ricevuti può non essere un’adeguata misura degli utili realizzati dalla partecipazione di una partecipante in una società collegata, in quanto i dividendi ricevuti possono avere poca correlazione con il risultato economico della collegata. Dato che la partecipante ha un’influenza notevole sulla collegata, essa ha un interesse sul risultato economico della collegata stessa e, di conseguenza, per il rendimento del suo investimento. La partecipante contabilizza tale partecipazione estendendo l’ambito rappresentativo del proprio bilancio per includere la quota parte di utili o perdite relativa a tale società collegata. Di conseguenza, l’applicazione del metodo del patrimonio netto fornisce maggiori informazioni sul patrimonio netto e sul risultato economico della partecipante.

18.

Una partecipante deve interrompere l’utilizzo del metodo del patrimonio netto dalla data in cui cessa di detenere un’influenza notevole su una società collegata e deve contabilizzare tale partecipazione in conformità allo IAS 39 a partire da quella data, a condizione che la società collegata non divenga una controllata o una joint venture come definito nello IAS 31.

19.

Il valore contabile della partecipazione alla data in cui cessa di essere una collegata deve essere considerato come il suo costo al momento della valutazione iniziale come attività finanziaria, in conformità con quanto stabilito dallo IAS 39.

20.

Gran parte delle procedure appropriate per l’applicazione del metodo del patrimonio netto sono similari alle procedure di consolidamento descritte nello IAS 27. Inoltre, i concetti che sono alla base delle procedure adottate per contabilizzare l’acquisizione di una controllata sono validi anche per la contabilizzazione di un’acquisizione di una partecipazione in una società collegata.

21.

La quota di pertinenza di un gruppo in una società collegata è data dalla somma di tutte le partecipazioni detenute in quella collegata dalla capogruppo e dalle sue controllate. Le partecipazioni nella collegata detenute da altre collegate o da joint venture del gruppo vengono ignorate per questo scopo. Quando una società collegata possiede controllate, collegate o joint venture, il risultato economico e il patrimonio netto considerati nell’applicazione del metodo del patrimonio netto sono quelli rilevati nel bilancio della società collegata (inclusa la quota di pertinenza del risultato economico e del patrimonio netto delle proprie società collegate e joint venture), dopo tutte le rettifiche necessarie per applicare principi contabili uniformi (cfr. paragrafi 26 e 27).

22.

Gli utili e le perdite derivanti da operazioni «verso l’alto» e «verso il basso» tra la partecipante (incluse le sue controllate consolidate) e una collegata sono rilevati nel bilancio della partecipante soltanto limitatamente alla sua quota d’interessenza nella collegata. Operazioni «verso l’alto» sono, per esempio, vendite di beni da una collegata alla partecipante. Operazioni «verso il basso» sono, per esempio, vendite di beni dalla partecipante a una collegata. La quota di pertinenza della partecipante degli utili e delle perdite della collegata risultanti da tali operazioni è eliminata.

23.

Una partecipazione in una collegata è contabilizzata con il metodo del patrimonio netto dal momento in cui essa rientra nella definizione di collegata. All’atto dell’acquisizione della partecipazione, qualsiasi differenza tra il costo della partecipazione e la quota d’interessenza della partecipante nel fair value (valore equo) netto di attività, passività e passività potenziali identificabili della collegata è contabilizzata secondo quanto previsto dall’IFRS 3 Aggregazioni aziendali. Pertanto:

a)

l’avviamento relativo a una società collegata è incluso nel valore contabile della partecipazione. Tuttavia, l’ammortamento di tale avviamento non è consentito e pertanto non è incluso nella determinazione della quota d’interessenza della partecipante negli utili o perdite della collegata;

b)

qualunque eccedenza della quota d’interessenza della partecipante nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili della collegata, rispetto al costo della partecipazione, è esclusa dal valore contabile della partecipazione ed è invece inclusa come provento nella determinazione della quota d’interessenza della partecipante nell’utile o perdita della collegata del periodo in cui la partecipazione viene acquisita.

Adeguate rettifiche devono inoltre essere apportate alla quota d’interessenza della partecipante agli utili o perdite della collegata successivi all’acquisizione, al fine di contabilizzare, per esempio, l’ammortamento delle attività ammortizzabili in base ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Analogamente, adeguate rettifiche devono essere apportate alla quota d’interessenza della partecipante agli utili o perdite della collegata successivi all’acquisizione, relative alle perdite per riduzione di valore rilevate dalla collegata come nel caso di avviamento o immobili, impianti e macchinari.

24.

Il bilancio più recente disponibile della società collegata è utilizzato dalla partecipante nell’applicazione del metodo del patrimonio netto. Quando le date di chiusura del bilancio della partecipante e della società collegata sono diverse, la società collegata predispone un bilancio, a uso della partecipante, alla stessa data di riferimento del bilancio della partecipante, a meno che ciò non risulti fattibile.

25.

Quando, in conformità al paragrafo 24, il bilancio di una società collegata utilizzato nella applicazione del metodo del patrimonio netto è riferito a una data di chiusura diversa da quella della partecipante, devono essere effettuate rettifiche per tener conto degli effetti di operazioni o fatti significativi che siano intervenuti tra quella data e la data di riferimento del bilancio della partecipante. In ogni caso, la differenza tra la data di chiusura della società collegata e quella della partecipante non deve comunque essere superiore a tre mesi. La durata degli esercizi ed eventuali differenze nelle date di chiusura devono essere le medesime di esercizio in esercizio.

26.

Il bilancio della partecipante deve essere redatto utilizzando principi contabili uniformi per operazioni e fatti simili in circostanze similari.

27.

Se una società collegata utilizza principi contabili diversi da quelli impiegati dalla partecipante per operazioni e fatti simili in circostanze similari, si devono apportare delle rettifiche per uniformare i principi contabili della società collegata a quelli della partecipante, quando il bilancio della società collegata è utilizzato dalla partecipante nell’applicazione del metodo del patrimonio netto.

28.

Se una società collegata ha emesso azioni privilegiate cumulative che sono possedute da terzi rispetto alla partecipante e sono classificate come patrimonio netto, la partecipante calcola la sua quota di utili o perdite dopo aver tenuto conto dei dividendi spettanti agli azionisti privilegiati, anche se la loro distribuzione non è stata deliberata.

29.

Qualora la quota delle perdite di una società collegata, di pertinenza di una partecipante, è pari a o eccede il valore contabile della partecipazione nella società collegata, la partecipante cessa di rilevare la sua quota delle ulteriori perdite. L’interessenza in una società collegata è il valore contabile della partecipazione nella società collegata calcolato in base al metodo del patrimonio netto unitamente a qualsiasi altra interessenza a lungo termine che, nella sostanza, rappresenta una parte dell’investimento netto della partecipante nella società collegata. Per esempio, un elemento il cui adempimento non è pianificato né è probabile che accada in un prevedibile futuro è, in sostanza, un’estensione dell’investimento dell’entità in quella società collegata. Tali elementi possono includere azioni privilegiate e crediti o finanziamenti a lungo termine ma non comprendono i crediti commerciali, i debiti verso fornitori o qualsiasi credito a lungo termine per il quale esistono garanzie collaterali, come i finanziamenti assistiti da garanzie. Le perdite rilevate in base al metodo del patrimonio netto, in eccesso rispetto alla partecipazione della partecipante in azioni ordinarie nella collegata, sono attribuite alle altre componenti dell’investimento complessivo della partecipante in una società collegata in ordine inverso rispetto alla loro anzianità (per esempio, priorità di liquidazione).

30.

Dopo aver azzerato la partecipazione della società partecipante, le ulteriori perdite sono accantonate e rilevate come passività, soltanto nella misura in cui la partecipante abbia contratto obbligazioni legali o implicite oppure abbia effettuato dei pagamenti per conto della società collegata. Se la collegata, in seguito, realizza utili, la partecipante riprende a rilevare la quota di utili di sua pertinenza solo dopo che la stessa ha eguagliato la sua quota di perdite non rilevate.

Perdite per riduzione di valore

31.

Successivamente all’applicazione del metodo del patrimonio netto, inclusa la rilevazione delle perdite della società collegata in conformità con il paragrafo 29, la partecipante applica le disposizioni dello IAS 39 per determinare se è necessario rilevare ulteriori perdite per riduzione di valore relative alla partecipazione netta della partecipante nella società collegata.

32.

La partecipante applica anche le disposizioni dello IAS 39 per determinare la necessità di rilevare ulteriori perdite per riduzione di valore relative all’investimento netto della partecipante nella società collegata che non facciano parte della partecipazione netta e l’ammontare di quelle perdite per riduzione di valore.

33.

Poiché l’avviamento incluso nel valore contabile di una partecipazione in una collegata non è rilevato separatamente, questo non viene sottoposto separatamente a verifica per riduzione di valore, nell’applicazione delle disposizioni di cui allo IAS 36 Riduzione di valore delle attività. L’intero valore contabile della partecipazione, invece, è sottoposto a verifica per riduzione di valore ai sensi dello IAS 36, tramite il confronto tra il suo valore recuperabile [il più elevato tra il valore d’uso e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita] e il suo valore contabile, ogniqualvolta l’applicazione delle disposizioni dello IAS 39 indica la possibile riduzione di valore della partecipazione. Nel determinare il valore d’uso dell’investimento, l’entità stima:

a)

la propria quota del valore attuale degli stimati flussi finanziari futuri che ci si attende verranno generati dalla collegata, inclusi i flussi finanziari derivanti dalle attività operative della collegata e il corrispettivo derivante dalla dismissione finale dell’investimento; o

b)

il valore attuale dei flussi finanziari futuri stimati che si suppone deriveranno dai dividendi spettanti e dalla dismissione finale dell’investimento.

Se si utilizzano ipotesi corrette, entrambi i metodi danno il medesimo risultato.

34.

Il valore recuperabile dell’investimento in una collegata è determinato per ciascuna collegata, a meno che questa non sia in grado di generare flussi finanziari in entrata derivanti dal suo permanente utilizzo, che siano in gran parte indipendenti da quelli derivanti da altre attività dell’entità.

BILANCIO SEPARATO

35.

Una partecipazione in una società collegata deve essere contabilizzata nel bilancio separato della società partecipante in conformità a quanto disposto dai paragrafi da 37 a 42 dello IAS 27.

36.

Il presente Principio non si occupa di quali entità presentano un bilancio separato per uso pubblico.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

37.

Devono essere fornite le seguenti informazioni:

a)

il fair value (valore equo) delle partecipazioni in società collegate per le quali sono disponibili quotazioni ufficiali dei prezzi;

b)

un riepilogo dei dati economico-finanziari di bilancio delle società collegate, incluso il totale delle attività, passività, ricavi e il risultato d’esercizio;

c)

le motivazioni per cui si considera superata la presunzione secondo la quale una partecipante non esercita un’influenza notevole se possiede, direttamente o indirettamente tramite società controllate, una quota minore del 20 % del diritto di voto esercitabile o potenzialmente esercitabile nell’assemblea della partecipata, e quindi si ritiene di avere un’influenza notevole;

d)

le motivazioni per cui si considera superata la presunzione secondo la quale una partecipante esercita un’influenza notevole se possiede, direttamente o indirettamente tramite società controllate, una quota maggiore o uguale al 20 % del diritto di voto esercitabile o potenzialmente esercitabile nell’assemblea della partecipata, e quindi si ritiene comunque di non avere un’influenza notevole;

e)

la data di riferimento del bilancio di una società collegata, ove tale bilancio è utilizzato nell’applicazione del metodo del patrimonio netto ed è riferito a una data di chiusura oppure a un esercizio diverso da quello della partecipante, e le motivazioni per cui si fa riferimento a una data di chiusura o a un esercizio diverso;

f)

la natura e la misura di qualsiasi restrizione significativa (per esempio, come risultato di accordi di finanziamento o di disposizioni regolamentari) alla capacità delle società collegate di trasferire fondi alla partecipante a titolo di pagamento di dividendi o di rimborso di prestiti o anticipazioni;

g)

la quota non rilevata delle perdite di una società collegata, sia relative all’esercizio, sia complessive, se la partecipante ha cessato di rilevare la sua quota delle perdite di una collegata;

h)

il fatto che una società collegata non sia valutata adottando il metodo del patrimonio netto in conformità del paragrafo 13; e

i)

un riepilogo dei dati economico-finanziari di bilancio delle società collegate, considerate singolarmente o in gruppo, non valutate con il metodo del patrimonio netto, incluso il totale delle attività, passività, ricavi e risultato d’esercizio.

38.

Le partecipazioni in società collegate valutate con il metodo del patrimonio netto devono essere classificate come attività non correnti. La quota di pertinenza del risultato economico di tali società collegate spettante alla partecipante e il valore contabile di tali partecipazioni devono essere indicati separatamente. Anche la quota di pertinenza della partecipante relativa alle attività operative cessate di tali collegate deve essere indicata separatamente.

39.

La quota di pertinenza della partecipante relativa alle variazioni rilevate direttamente nel patrimonio netto della società collegata deve essere rilevata direttamente nel patrimonio netto dalla partecipante e deve essere indicata nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto in conformità dello IAS 1 Presentazione del bilancio.

40.

Secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali, la partecipante deve indicare:

a)

la propria quota di passività potenziali di una società collegata sostenute congiuntamente ad altre partecipanti; e

b)

quelle passività potenziali che sorgono a causa della responsabilità solidale della partecipante per tutte o per parte delle passività della società collegata.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

41.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

42.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 28 Contabilizzazione delle partecipazioni in collegate (rivisto nella sostanza nel 2000).

43.

Il presente Principio sostituisce anche le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC 3 Eliminazione di utili e perdite non realizzati da operazioni con società collegate;

b)

SIC 20 Contabilizzazione con il metodo del patrimonio nettoRilevazione di perdite; e

c)

SIC 33 Consolidamento e metodo del patrimonio nettoDiritti di voto potenzialmente esercitabili e attribuzione del capitale posseduto.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 29

Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato ai bilanci, compresi i bilanci consolidati, di qualsiasi entità la cui valuta funzionale sia la valuta di un’economia iperinflazionata.

2.

In un’economia iperinflazionata, la rappresentazione dei risultati operativi e della situazione patrimoniale-finanziaria nella moneta locale, senza rideterminazione dei valori, non è utile. La moneta perde potere di acquisto con una tale rapidità che il confronto fra valori relativi a operazioni e altri fatti avvenuti in tempi differenti, anche nello stesso esercizio, è fuorviante.

3.

Il presente Principio non stabilisce un valore assoluto di tasso d’inflazione al di sopra del quale si è in presenza di iperinflazione. La necessità di rideterminare i valori del bilancio, secondo quanto previsto dal presente Principio, deve essere oggetto di valutazione. Fra le situazioni indicative di iperinflazione vi sono le seguenti:

a)

la collettività preferisce impiegare la propria ricchezza in attività non monetarie o in una valuta estera relativamente stabile. La moneta locale posseduta viene investita immediatamente per conservare il potere di acquisto;

b)

la collettività considera i valori monetari non tanto rispetto alla moneta locale, bensì rispetto a una valuta estera relativamente stabile. I prezzi possono essere espressi in tale valuta;

c)

le vendite e gli acquisti a credito avvengono a prezzi che compensano le perdite attese di potere di acquisto durante il periodo della dilazione, anche se breve;

d)

i tassi di interesse, i salari e i prezzi sono collegati a un indice dei prezzi; e

e)

il tasso cumulativo di inflazione nell’arco di un triennio si avvicina, o supera, il 100 %.

4.

È preferibile che tutte le entità che presentano i loro bilanci nella moneta di una stessa economia iperinflazionata applichino il presente Principio a partire dalla stessa data. Tuttavia, il presente Principio si applica ai bilanci di qualsiasi entità fin dall’inizio dell’esercizio nel quale è riconosciuta l’esistenza di iperinflazione nel Paese nella cui moneta l’entità redige il bilancio.

RIDETERMINAZIONE DEI VALORI DEL BILANCIO

5.

I prezzi variano nel tempo come risultato dell’agire di differenti fattori politici, economici e sociali, specifici o generali. Fattori specifici, quali le variazioni della domanda e dell’offerta e i cambiamenti tecnologici, possono determinare incrementi o decrementi nei singoli prezzi, significativi e indipendenti gli uni dagli altri. Inoltre, fattori generali possono tradursi in variazioni del livello generale dei prezzi e, perciò, del potere generale di acquisto della moneta.

6.

Nella maggior parte dei paesi il costo storico costituisce il criterio base per la predisposizione dei bilanci, senza considerare le variazioni del livello generale dei prezzi o gli aumenti degli specifici prezzi dei beni posseduti, a eccezione dei casi in cui immobili, impianti, macchinari e investimenti in genere possono essere rivalutati. Alcune entità, tuttavia, presentano il bilancio utilizzando il criterio del costo corrente che riflette gli effetti delle variazioni nei prezzi specifici dei beni posseduti.

7.

In un’economia iperinflazionata il bilancio, sia esso basato sui costi storici o sui costi correnti, è utile solo se esso è espresso nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Di conseguenza, il presente Principio si applica ai bilanci redatti nella valuta di un’economia iperinflazionata. Non è consentita la presentazione delle informazioni richieste dal presente Principio come un’integrazione al bilancio i cui valori non siano stati rideterminati. Inoltre, è sconsigliata la presentazione separata dei bilanci con i valori antecedenti la rideterminazione.

8.

Il bilancio di un’entità la cui valuta funzionale sia la valuta di un’economia iperinflazionata, sia che l’entità utilizzi il criterio dei costi storici sia che utilizzi quello dei costi correnti, deve essere esposto nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Anche i dati corrispondenti riferiti all’esercizio precedente richiesti dallo IAS 1 Presentazione del bilancio, e qualsiasi informazione riguardante precedenti esercizi, devono essere esposti nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Ai fini di presentare i dati comparativi in una moneta di presentazione diversa, si applicano i paragrafi 42, lettera b), e 43 dello IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere (rivisto nella sostanza nel 2003).

9.

L’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta deve essere imputato a conto economico e illustrato distintamente.

10.

La rideterminazione dei valori del bilancio, secondo quanto previsto dal presente Principio, richiede l’applicazione di specifiche procedure e di un processo di valutazione. La costanza nell’applicazione di tali procedure e valutazioni, da un esercizio all’altro, è più importante del calcolo scrupoloso dei valori risultanti inclusi nel bilancio rideterminato.

Bilancio a costi storici

Stato Patrimoniale

11.

I valori dello stato patrimoniale non ancora espressi nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio sono rideterminati applicando un indice generale dei prezzi.

12.

Gli elementi monetari non sono rideterminati perché essi sono già espressi nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Gli elementi monetari sono rappresentati dal denaro posseduto e dalle voci i cui valori devono essere ricevuti o pagati in denaro.

13.

Le attività e le passività contrattualmente legate a clausole di adeguamento dei prezzi, come i titoli e i prestiti indicizzati, sono rettificate secondo quanto previsto dall’accordo allo scopo di accertarne l’ammontare alla data di riferimento del bilancio. Tali valori sono iscritti a questo importo rettificato nello stato patrimoniale rideterminato.

14.

Tutte le altre attività e passività sono non monetarie. Alcuni elementi non monetari sono iscritti ai valori correnti alla data di riferimento del bilancio, quali il valore netto di realizzo e il valore di mercato; essi non vengono, di conseguenza, rideterminati. Tutte le altre attività e passività non monetarie vengono rideterminate.

15.

La maggior parte degli elementi non monetari sono iscritti al costo o al costo al netto degli ammortamenti; quindi essi sono espressi ai valori correnti alla data della loro acquisizione. Il costo rideterminato o il costo al netto degli ammortamenti di ciascuno di questi elementi è determinato applicando al costo storico e agli ammortamenti accumulati la variazione di un indice generale dei prezzi intervenuta tra la data di acquisizione e la data di riferimento del bilancio. Quindi gli immobili, gli impianti e i macchinari, gli investimenti in genere, le rimanenze di materie prime e di merci, l’avviamento, i brevetti, i marchi e i beni analoghi sono rideterminati a partire dalla data del loro acquisto. Le rimanenze di semilavorati e di prodotti finiti sono rideterminate a partire dalla data alla quale sono sostenuti i costi di acquisto e di produzione.

16.

Informazioni precise sulla data di acquisizione di immobili, impianti e macchinari possono non essere disponibili o accertabili. In questi rari casi può essere necessario, nel primo esercizio di applicazione del presente Principio, utilizzare una stima professionale indipendente del valore dei beni quale criterio per la loro rideterminazione.

17.

Un indice generale dei prezzi può non essere disponibile per gli esercizi per i quali il presente Principio prevede la rideterminazione del valore di immobili, impianti e macchinari. In queste circostanze può essere necessario utilizzare una stima basata, per esempio, sulle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta funzionale e una valuta estera relativamente stabile.

18.

Alcuni elementi non monetari del bilancio sono iscritti a valori correnti a date differenti da quella di acquisizione o da quella di bilancio, quali immobili, impianti e macchinari che siano stati rivalutati a una data precedente. In questi casi i valori contabili sono rideterminati a partire dalla data della rivalutazione.

19.

Il valore rideterminato di un elemento non monetario è ridotto, secondo quanto previsto dal Principio pertinente, quando esso eccede il valore recuperabile tramite il futuro utilizzo del bene (inclusa la vendita o altro tipo di dismissione). Quindi, in tali casi, i valori rideterminati di immobili, impianti e macchinari, avviamento, brevetti e marchi sono ridotti al valore recuperabile, i valori rideterminati per le rimanenze sono ridotti al valore netto di realizzo e i valori rideterminati per gli investimenti correnti sono ridotti al valore di mercato.

20.

L’entità partecipata valutata con il metodo del patrimonio netto può presentare il suo bilancio nella valuta di un’economia iperinflazionata. I valori dello stato patrimoniale e del conto economico di tale partecipata sono rideterminati secondo quanto previsto dal presente Principio al fine di determinare la quota dell’attivo netto e del risultato economico di pertinenza del soggetto titolare della partecipazione. Quando i valori rideterminati del bilancio della partecipata sono espressi in una valuta estera essi devono essere convertiti al tasso di chiusura.

21.

L’impatto dell’inflazione è normalmente compreso negli oneri finanziari. Non è corretto rideterminare il valore degli investimenti immobilizzati che sono stati finanziati mediante l’assunzione di prestiti e nemmeno capitalizzare la parte degli oneri finanziari che è diretta a compensare l’effetto dell’inflazione nello stesso periodo. Questa parte degli oneri finanziari è rilevata come costo di competenza dell’esercizio in cui viene sostenuto.

22.

L’entità può acquistare beni a condizioni di pagamento differito e senza sostenere espliciti addebiti di interessi. Laddove non sia fattibile scindere il costo per gli interessi, tali attività sono rideterminate a partire dalla data del pagamento e non dalla data di acquisto.

23.

[Eliminato]

24.

All’inizio del primo esercizio di applicazione del presente Principio i componenti del capitale proprio, eccetto gli utili portati a nuovo e le riserve di rivalutazione, sono rideterminati applicando un indice generale dei prezzi a partire dalle date alle quali i componenti sono stati conferiti o comunque ottenuti. L’eventuale riserva di rivalutazione sorta in un esercizio precedente viene eliminata. La rideterminazione degli utili portati a nuovo deriva dalla rideterminazione degli altri valori dello stato patrimoniale.

25.

Alla fine del primo esercizio e in quelli successivi tutti i componenti del capitale proprio sono rideterminati applicando un indice generale dei prezzi dall’inizio dell’esercizio o dalla data del conferimento, se successiva. Le variazioni del capitale proprio nell’esercizio sono illustrate secondo quanto previsto dallo IAS 1 Presentazione del bilancio.

Conto economico

26.

Il presente Principio richiede che tutte le voci del conto economico siano espresse nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Perciò tutti i valori devono essere rideterminati applicando la variazione dell’indice generale dei prezzi intervenuta dalla data alla quale i proventi e i costi furono registrati inizialmente nel bilancio.

Utile o perdita sulla posizione monetaria netta

27.

In periodo di inflazione l’entità che possiede attività monetarie eccedenti le passività monetarie perde potere di acquisto, mentre l’entità con passività monetarie eccedenti le attività monetarie guadagna potere di acquisto nella misura in cui le attività e le passività non siano legate al livello dei prezzi. L’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta può essere ottenuto come differenza dalla rideterminazione di attività non monetarie, di capitale proprio e di elementi del conto economico e dalla rettifica di attività e passività indicizzate. L’utile o la perdita può essere stimato applicando la variazione dell’indice generale dei prezzi alla media ponderata dell’esercizio della differenza fra attività e passività monetarie.

28.

L’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta è imputato a conto economico. La rettifica alle attività e passività contrattualmente indicizzate alle variazioni dei prezzi, effettuata secondo quanto previsto dal paragrafo 13, è compensata con l’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta. Altre voci del conto economico, quali interessi attivi e passivi e le differenze di cambio relative a fondi investiti o presi a prestito sono anch’esse associate alla posizione monetaria netta. Sebbene tali voci siano indicate distintamente, può essere utile che esse siano presentate nel conto economico insieme con l’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta.

Bilancio a costi correnti

Stato Patrimoniale

29.

Le voci esposte al costo corrente non sono rideterminate perché esse sono già espresse nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio. Le altre voci dello stato patrimoniale sono rideterminate secondo quanto previsto dai paragrafi da 11 a 25.

Conto economico

30.

Il conto economico a costi correnti, prima della rideterminazione dei valori, rileva, generalmente, i costi correnti alla data in cui l’operazione originaria o i fatti sono avvenuti. Il costo del venduto e l’ammortamento sono registrati ai costi correnti al momento del loro sostenimento; le vendite e gli altri costi sono registrati ai loro valori monetari quando si verificano. Perciò tutti i valori devono essere rideterminati nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio applicando un indice generale dei prezzi.

Utile o perdita sulla posizione monetaria netta

31.

L’utile o la perdita sulla posizione monetaria netta è contabilizzato secondo quanto previsto dai paragrafi 27 e 28.

Imposte

32.

La rideterminazione dei valori del bilancio secondo quanto previsto dal presente Principio può dare origine a differenze tra il valore contabile di attività e passività individuali nello stato patrimoniale e le loro basi imponibili. Queste differenze sono contabilizzate secondo quanto previsto dallo IAS 12 Imposte sul reddito.

Rendiconto finanziario

33.

Il presente Principio richiede che tutte le voci del rendiconto finanziario siano espresse nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio.

Dati corrispondenti

34.

I dati corrispondenti del precedente esercizio, siano essi espressi in base ai costi storici o ai costi correnti, sono rideterminati applicando un indice generale dei prezzi in modo che i valori comparativi siano presentati nell’unità di misura corrente alla chiusura dell’esercizio cui è riferito il bilancio. Anche l’informativa riguardante gli esercizi precedenti è espressa nell’unità di misura corrente alla chiusura dell’esercizio cui è riferito il bilancio. Ai fini di presentare i dati comparativi in una moneta di presentazione diversa, si applicano i paragrafi 42, lettera b), e 43 dello IAS 21 (rivisto nella sostanza nel 2003).

Bilancio consolidato

35.

Una capogruppo che redige il bilancio nella valuta di un’economia iperinflazionata può avere delle controllate che a loro volta predispongono i loro bilanci nelle valute di economie iperinflazionate. Il bilancio di ognuna di tali controllate deve essere rideterminato applicando un indice generale dei prezzi del paese nella cui valuta viene redatto, prima che esso sia incluso nel bilancio consolidato della capogruppo. Quando una controllata è estera, il suo bilancio rideterminato è convertito utilizzando i cambi di fine esercizio. I bilanci delle controllate che non presentano il bilancio in valute di economie iperinflazionate sono trattati secondo quanto previsto dallo IAS 21.

36.

Se vengono consolidati bilanci a date differenti, tutti gli elementi, monetari e non monetari, devono essere rideterminati nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio consolidato.

Scelta e utilizzo dell’indice generale dei prezzi

37.

La rideterminazione dei valori del bilancio secondo quanto previsto dal presente Principio richiede l’utilizzo di un indice generale dei prezzi che rifletta le variazioni del potere generale di acquisto. È preferibile che tutte le entità che presentano il bilancio nella valuta della stessa economia utilizzino lo stesso indice.

ECONOMIE CHE CESSANO DI ESSERE IPERINFLAZIONATE

38.

Quando un’economia cessa di essere iperinflazionata e l’entità non prepara e non presenta più il bilancio secondo quanto previsto dal presente Principio, essa deve trattare i valori espressi nell’unità di misura corrente al termine del precedente esercizio come base per i valori contabili nel suo bilancio successivo.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

39.

Devono essere fornite le seguenti informazioni:

a)

il fatto che il bilancio e i dati corrispondenti degli esercizi precedenti siano stati rideterminati per tener conto delle variazioni del potere generale di acquisto della valuta funzionale e, di conseguenza, essi siano esposti nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio;

b)

se il bilancio è redatto in base al criterio dei costi storici o a quello dei costi correnti; e

c)

l’identificazione dell’indice dei prezzi e il suo livello alla data di riferimento del bilancio e le variazioni dell’indice durante l’esercizio corrente e il precedente.

40.

Le informazioni integrative richieste dal presente Principio sono necessarie per chiarire il criterio utilizzato per trattare gli effetti dell’inflazione nel bilancio. Esse hanno anche lo scopo di fornire altre informazioni necessarie per comprendere quel criterio e i valori risultanti.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

41.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1990 o da data successiva.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 31

Partecipazioni in joint venture

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione delle partecipazioni in joint venture e per la presentazione delle attività, delle passività, dei proventi e dei costi delle joint venture nel bilancio delle partecipanti e degli investitori indipendentemente dalle strutture o dalle modalità con le quali le operazioni della joint venture vengono effettuate. Tuttavia, il presente Principio non si applica alle partecipazioni delle partecipanti in entità a controllo congiunto possedute da:

a)

società d’investimento in capitale di rischio, o

b)

fondi comuni, fondi d’investimento ed entità similari, inclusi i fondi assicurativi collegati a partecipazioni

che in fase di rilevazione iniziale sono designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico o che sono classificate come possedute per «negoziazione» e contabilizzate in conformità allo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione. Tali partecipazioni devono essere valutate al fair value (valore equo) in conformità con lo IAS 39, e ogni variazione del valore equo deve essere rilevata a conto economico nell’esercizio in cui si è verificata.

2.

Una partecipante che possiede una partecipazione in una entità a controllo congiunto è esentata dalle disposizioni di cui ai paragrafi 30 (consolidamento proporzionale) e 38 (metodo del patrimonio netto) se soddisfa le seguenti previsioni:

a)

la partecipazione è classificata come posseduta per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate;

b)

si applica l’eccezione descritta nel paragrafo 10 dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato, che consente a una controllante che possiede anche una partecipazione in una entità a controllo congiunto di non presentare il bilancio consolidato; o

c)

si applicano tutte le seguenti situazioni:

i)

la partecipante è a sua volta una società interamente controllata, oppure è una società controllata parzialmente da un’altra entità e gli azionisti, inclusi quelli non aventi diritto di voto, sono stati informati del fatto che la partecipante non applica il consolidamento proporzionale o il metodo del patrimonio netto e non oppongono alcuna obiezione;

ii)

i titoli di debito o gli strumenti rappresentativi di capitale della partecipante non sono negoziati in un mercato pubblico (una Borsa valori nazionale o estera ovvero in un mercato «over the counter», compresi i mercati locali e regionali);

iii)

la partecipante non ha depositato, né è in procinto di farlo, il proprio bilancio presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in un mercato pubblico; e

iv)

la capogruppo o qualsiasi controllante intermedia della partecipante redige un bilancio consolidato per uso pubblico che sia conforme agli International Financial Reporting Standards.

DEFINIZIONI

3.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

Il metodo del patrimonio netto è il metodo di contabilizzazione con il quale la partecipazione in un’entità a controllo congiunto è inizialmente rilevata al costo e successivamente rettificata in conseguenza delle variazioni nella quota di pertinenza della partecipante nel patrimonio netto dell’entità a controllo congiunto. L’utile o la perdita della partecipante riflette la propria quota di pertinenza nei risultati d’esercizio dell’entità a controllo congiunto.

L’investitore in una joint venture è una partecipante a una joint venture che non ha il controllo congiunto.

Il controllo congiunto è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività economica, ed esiste unicamente quando per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo (partecipanti al controllo congiunto).

Una joint venture è un accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività economica sottoposta a controllo congiunto.

Il consolidamento proporzionale è il criterio di contabilizzazione ed esposizione in base al quale la quota proporzionale — di pertinenza della partecipante — di ciascuna delle attività, passività, proventi e oneri di un’entità a controllo congiunto è consolidata voce per voce con quelle del bilancio della partecipante o esposta in una linea distinta delle voci del suo bilancio.

Il bilancio separato è il bilancio presentato da una controllante, da una partecipante in una società collegata o da una partecipante in un’entità a controllo congiunto, in cui le partecipazioni sono contabilizzate con il metodo dell’investimento diretto piuttosto che in base ai risultati conseguiti e al patrimonio netto delle società partecipate.

L'influenza notevole è il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali della partecipata, senza averne il controllo o il controllo congiunto.

Una partecipante è una partecipante alla joint venture che abbia il controllo congiunto su quella joint venture.

4.

Non costituisce un bilancio separato il bilancio in cui viene applicato il consolidamento proporzionale o il metodo del patrimonio netto, così come non è un bilancio separato quello di una entità che non dispone di una controllata, di una società collegata o di una partecipazione in un’entità a controllo congiunto.

5.

Il bilancio separato è quello presentato in aggiunta al bilancio consolidato, al bilancio in cui le partecipazioni sono contabilizzate adottando il metodo del patrimonio netto e al bilancio in cui le partecipazioni in una joint venture possedute da una partecipante vengono consolidate con il metodo proporzionale. Il bilancio separato può o meno essere allegato a, o accompagnare, quei bilanci.

6.

Le entità esentate dal consolidamento in conformità al paragrafo 10 dello IAS 27, o dall’applicazione del metodo del patrimonio netto in conformità al paragrafo 13(c) dello IAS 28 Partecipazioni in società collegate, o ancora dall’applicazione del consolidamento proporzionale o del metodo del patrimonio netto in base alle disposizioni del paragrafo 2 del presente Principio possono presentare il bilancio separato come il proprio unico bilancio.

Tipologie di joint venture

7.

Una joint venture può assumere differenti forme e strutture. Il presente Principio identifica tre principali tipologie — gestioni a controllo congiunto, beni a controllo congiunto ed entità a controllo congiunto — che sono comunemente descritte come joint venture e che ne soddisfano la definizione. Le seguenti caratteristiche sono comuni a tutte le tipologie di joint venture:

a)

due o più partecipanti al controllo sono vincolati da un accordo contrattuale; e

b)

l’accordo contrattuale stabilisce il controllo congiunto.

Controllo congiunto

8.

Il controllo congiunto può essere precluso se la partecipata è in amministrazione controllata o se è in procedura concorsuale, o se opera in presenza di gravi e durature restrizioni nella sua capacità di trasferire fondi alla partecipante. Se il controllo congiunto permane, tali eventi non giustificano la mancata contabilizzazione delle joint venture in conformità del presente Principio.

Accordo contrattuale

9.

L’esistenza di un accordo contrattuale distingue le partecipazioni che comportano controllo congiunto da quelle in collegate sulle quali l’investitore esercita un’influenza notevole (cfr. IAS 28). Le attività per le quali non esiste un accordo contrattuale che preveda il controllo congiunto non sono da considerarsi joint venture ai fini del presente Principio.

10.

L’accordo contrattuale può manifestarsi in vari modi, per esempio con un contratto fra le partecipanti o risultare da verbali delle riunioni tra le partecipanti. In alcuni casi l’accordo può essere formalizzato nell’atto costitutivo o in altri statuti della joint venture. Qualunque sia la forma l’accordo contrattuale è, di solito, scritto ed è relativo ad argomenti quali:

a)

l’attività, la durata e gli obblighi di rendiconto della joint venture;

b)

la nomina del consiglio di amministrazione o di un organo similare di direzione della joint venture e i diritti di voto delle partecipanti;

c)

gli apporti di capitale delle partecipanti; e

d)

la ripartizione della produzione, dei proventi, dei costi o dei risultati della joint venture tra le partecipanti.

11.

L’accordo contrattuale disciplina il controllo congiunto sulla joint venture. Il controllo congiunto assicura che nessuna singola partecipante alla joint venture sia in grado di controllare unilateralmente la gestione.

12.

L’accordo contrattuale può identificare una partecipante alla joint venture come gestore o responsabile delle operazioni della joint venture. Il gestore non controlla la joint venture ma agisce nell’ambito delle politiche finanziarie e gestionali concordate tra le partecipanti ed a lui delegate in base all’accordo contrattuale. Se il gestore ha il potere di controllare le politiche finanziarie e gestionali dell’entità, allora egli controlla la società che diventa, pertanto, una sua controllata e non una joint venture.

GESTIONI A CONTROLLO CONGIUNTO

13.

L’attività di alcune joint venture comporta l’utilizzo di beni e di altre risorse delle partecipanti invece della costituzione di società di capitali, di società di persone o di altre entità, o di strutture finanziarie distinte dalle partecipanti. Ciascuna partecipante utilizza i propri immobili, impianti e macchinari e gestisce le proprie rimanenze. Essa sostiene in proprio anche costi e passività e si procura finanziamenti che costituiscono sue obbligazioni. Le attività della joint venture possono essere condotte da dipendenti delle partecipanti alla joint venture parallelamente ad attività simili delle partecipanti. L’accordo di joint venture, di solito, prevede la ripartizione tra le partecipanti alla joint venture dei ricavi di vendita dei prodotti ottenuti congiuntamente e delle spese relative.

14.

Un esempio di gestione a controllo congiunto si ha quando due o più partecipanti mettono in comune le loro gestioni, risorse ed esperienze allo scopo di produrre, commercializzare e distribuire insieme un particolare prodotto come per esempio un aeroplano. Le differenti fasi del processo di produzione sono svolte da ciascuna partecipante. Ciascuna partecipante sostiene i propri costi e percepisce una quota, stabilita dall’accordo contrattuale, dei ricavi della vendita dell’aeroplano.

15.

Con riferimento alle partecipazioni in gestioni a controllo congiunto, una partecipante deve iscrivere nel proprio bilancio:

a)

le attività che esso controlla e le passività che sostiene; e

b)

i costi che sostiene e la quota di ricavi ad essa spettanti dalla vendita di merci o dalla prestazione di servizi da parte della joint venture.

16.

Poiché le attività, le passività, i proventi e gli oneri sono già rilevati nel bilancio della partecipante non sono richieste rettifiche o altre procedure di consolidamento per i citati elementi nella redazione del bilancio consolidato della partecipante stessa.

17.

Per la joint venture come tale può non esistere l’obbligo di rilevazioni contabili distinte e di preparazione di un bilancio. Tuttavia, le partecipanti possono predisporre conti gestionali per valutare l’andamento economico della joint venture.

BENI A CONTROLLO CONGIUNTO

18.

Alcune joint venture comportano il controllo congiunto, e spesso la proprietà congiunta, da parte delle partecipanti, di uno o più beni apportati alla joint venture o acquistati e utilizzati per le sue finalità. I beni sono utilizzati per consentire alle partecipanti di ottenere benefici economici. Ciascuna partecipante può ottenere una parte dei prodotti ottenuti dai beni e ciascuno sostiene una quota concordata di costi.

19.

Tali joint venture non comportano la costituzione di società di capitali, di società di persone o di altre entità, o di strutture finanziarie distinte dalle partecipanti stesse. Ciascuna partecipante ha il controllo sulla sua quota di benefici economici futuri tramite la sua quota del bene controllato congiuntamente.

20.

Molte attività nell’industria petrolifera, dei gas e dell’estrazione mineraria utilizzano beni a controllo congiunto. Per esempio, alcune compagnie petrolifere possono controllare e gestire congiuntamente un oleodotto. Ciascuna partecipante utilizza l’oleodotto per trasportare il proprio prodotto in cambio del sostenimento di una parte definita delle spese di gestione dell’oleodotto. Un altro esempio di bene a controllo congiunto si ha quando due entità controllano congiuntamente un immobile, e ciascuna ottiene una quota dei canoni ricevuti e sostiene una quota delle spese.

21.

Con riferimento alla partecipazione in beni a controllo congiunto, una partecipante deve rilevare nel proprio bilancio:

a)

la sua quota dei beni a controllo congiunto, classificata secondo la natura dei beni;

b)

qualsiasi passività sostenuta;

c)

la sua quota di qualsiasi passività riferita alla joint venture sostenuta congiuntamente con le altre partecipanti;

d)

qualsiasi ricavo derivante dalla vendita o dall’utilizzo della sua quota dei prodotti ottenuti dalla joint venture, insieme alla sua quota di qualsiasi costo sostenuto dalla joint venture; e

e)

qualsiasi costo sostenuto con riferimento alla sua partecipazione nella joint venture.

22.

Con riferimento alla partecipazione in beni a controllo congiunto ciascuna partecipante rileva nel proprio bilancio:

a)

la quota dei beni a controllo congiunto, classificata secondo la natura dei beni invece che come partecipazione. Per esempio, una quota di partecipazione a un oleodotto a controllo congiunto è classificata come immobili, impianti e macchinari;

b)

qualsiasi passività sostenuta, quali quelle sostenute per finanziare l’acquisto della quota;

c)

la quota di eventuali passività sostenute congiuntamente con le altre partecipanti in relazione alla joint venture;

d)

qualsiasi ricavo derivante dalla vendita o dall’utilizzo della sua quota dei prodotti ottenuti dalla joint venture, insieme alla sua quota di qualsiasi costo sostenuto dalla joint venture; e

e)

qualsiasi costo sostenuto riguardo alla sua partecipazione nella joint venture, quali quelli relativi al finanziamento della quota del bene e alla vendita della sua quota di prodotti.

Poiché le attività, le passività, i proventi e gli oneri sono già rilevati nel bilancio della partecipante non sono richieste rettifiche o altre procedure di consolidamento per i citati elementi nella redazione del bilancio consolidato della partecipante stessa.

23.

Il trattamento contabile dei beni a controllo congiunto riflette la sostanza e la realtà economica e, di solito, la forma giuridica della joint venture. Le registrazioni contabili proprie della joint venture possono essere limitate a quei costi sostenuti in comune dalle partecipanti e successivamente imputati alle partecipanti secondo le quote stabilite. Per la joint venture può non esistere l’obbligo di predisposizione del bilancio, sebbene le partecipanti possano predisporre rendiconti gestionali per determinare l’andamento economico della joint venture.

ENTITÀ ECONOMICHE A CONTROLLO CONGIUNTO

24.

L’entità a controllo congiunto è una joint venture che comporta la costituzione di una società di capitali, di una società di persone o di altra entità in cui ogni partecipante ha una partecipazione. L’entità opera come una qualsiasi altra entità, con la differenza che un accordo contrattuale tra le partecipanti stabilisce il controllo congiunto sulla attività economica dell’entità.

25.

L’entità a controllo congiunto controlla i beni della joint venture, sostiene passività e costi e realizza ricavi. Essa può stipulare contratti in proprio nome e ottenere finanziamenti per realizzare gli scopi della joint venture. Ciascuna partecipante ha diritto a una parte dei risultati dell’entità a controllo congiunto, sebbene alcune entità a controllo congiunto prevedano anche una ripartizione dei prodotti della joint venture.

26.

Un tipico esempio di entità a controllo congiunto si ha quando due entità uniscono le loro attività in un particolare settore trasferendo le relative attività e passività a un’entità a controllo congiunto. Un altro esempio si ha quando un’entità inizia un’attività in un Paese estero insieme con le autorità governative o pubbliche di quel Paese, costituendo un’entità distinta controllata congiuntamente dall’entità e dall’autorità governativa o pubblica.

27.

Molte entità a controllo congiunto sono, in sostanza, simili alle joint venture cui si è fatto riferimento come gestioni a controllo congiunto o come beni a controllo congiunto. Per esempio, le partecipanti possono trasferire, per motivi fiscali o per altre ragioni, un bene a controllo congiunto, quale un oleodotto, in un’entità a controllo congiunto. Analogamente, le partecipanti possono apportare a un’entità a controllo congiunto beni che saranno gestiti congiuntamente. Alcune gestioni a controllo congiunto prevedono anche la costituzione di un’entità a controllo congiunto per affrontare aspetti particolari dell’attività quali la progettazione, la promozione, la commercializzazione o l’assistenza post vendita del prodotto.

28.

L’entità a controllo congiunto effettua le proprie registrazioni contabili e predispone e presenta bilanci esattamente come ogni altra entità in conformità con gli International Financial Reporting Standards.

29.

In genere ciascuna partecipante apporta disponibilità liquide o altre risorse all’entità a controllo congiunto. Questi apporti sono rilevati contabilmente dalla partecipante ed esposti nel proprio bilancio come partecipazione nell’entità a controllo congiunto.

Bilancio della partecipante

Consolidamento proporzionale

30.

Una partecipante deve rilevare la propria partecipazione in un’entità a controllo congiunto adottando il consolidamento proporzionale ovvero il metodo alternativo descritto nel paragrafo 38. Se si adotta il consolidamento proporzionale, deve essere utilizzato uno dei due schemi di bilancio descritti di seguito.

31.

Una partecipante rileva la propria partecipazione in un’entità a controllo congiunto utilizzando uno dei due schemi previsti per il consolidamento proporzionale indipendentemente dal possesso di partecipazioni in controllate o dal fatto che identifichi il bilancio come il bilancio consolidato.

32.

Quando si rileva una partecipazione in un’entità a controllo congiunto, è essenziale che la partecipante rifletta la sostanza e la realtà economica dell’accordo piuttosto che la struttura particolare o la forma della joint venture. In un’entità a controllo congiunto, una partecipante ha il controllo sulla sua quota di benefici economici futuri tramite la sua quota di attività e passività dell’entità medesima. La sostanza e la realtà economica dell’accordo si riflettono nel bilancio consolidato della partecipante quando questa rileva la sua partecipazione nelle attività, nelle passività, nei ricavi e nei costi dell’entità a controllo congiunto utilizzando uno dei due schemi di bilancio previsti nel paragrafo 34 per il consolidamento proporzionale.

33.

L’applicazione del consolidamento proporzionale comporta che lo stato patrimoniale della partecipante comprenda la sua quota delle attività che essa controlla congiuntamente e la sua quota delle passività per le quali essa è congiuntamente responsabile. Il conto economico della partecipante comprende la sua quota di ricavi e costi dell’entità a controllo congiunto. Molte delle procedure necessarie per il consolidamento proporzionale sono analoghe a quelle per il consolidamento di partecipazioni in controllate esposte nello IAS 27.

34.

Per il consolidamento proporzionale possono essere utilizzati differenti schemi di bilancio. La partecipante può sommare la sua quota di ciascuna attività, passività, ricavi e costi dell’entità a controllo congiunto con le rispettive voci del proprio bilancio, voce per voce. Per esempio, può sommare la sua quota di rimanenze dell’entità a controllo congiunto con le sue rimanenze e la sua quota di immobili, impianti e macchinari dell’entità a controllo congiunto con le corrispondenti voci del proprio bilancio. In alternativa, la partecipante può distinguere nel proprio bilancio apposite voci relative alla sua quota di attività, passività, ricavi e costi dell’entità a controllo congiunto. Per esempio, può esporre la sua quota di attività correnti dell’entità a controllo congiunto come voce distinta tra le proprie attività correnti; così come può esporre distintamente la sua quota di immobili, impianti e macchinari dell’entità a controllo congiunto come voce distinta tra gli immobili, impianti e macchinari di proprietà. Entrambi questi schemi conducono alla rilevazione di un identico risultato economico e di valori identici per ciascuna categoria principale di attività, passività, ricavi e costi; ai fini del presente Principio entrambi gli schemi sono accettabili.

35.

Qualunque sia lo schema utilizzato per il consolidamento proporzionale, non è corretto compensare attività e passività deducendole da altre passività o attività né ricavi o costi deducendoli da altri costi o ricavi, a meno che esista un diritto legale di compensazione e la compensazione rappresenti le attese circa la realizzazione dell’attività o l’estinzione della passività.

36.

Una partecipante deve interrompere l’utilizzo del consolidamento proporzionale a partire dalla data in cui cessa di avere il controllo congiunto sull’entità a controllo congiunto.

37.

Una partecipante interrompe l’utilizzo del consolidamento proporzionale a partire dalla data in cui cessa di condividere il controllo di un’entità a controllo congiunto. Ciò può accadere, per esempio, quando la partecipante dismette la sua partecipazione o quando esistono restrizioni esterne sull’entità a controllo congiunto tali da far venire meno, di fatto, il controllo congiunto.

Metodo del patrimonio netto

38.

In alternativa al consolidamento proporzionale descritto nel paragrafo 30, una partecipante deve iscrivere la propria partecipazione in un’entità a controllo congiunto utilizzando il metodo del patrimonio netto.

39.

Una partecipante rileva la propria partecipazione in una entità a controllo congiunto utilizzando il metodo del patrimonio netto indipendentemente dal possesso di partecipazioni in controllate o dal fatto che identifichi il bilancio come il bilancio consolidato.

40.

Alcune partecipanti rilevano le proprie partecipazioni in entità a controllo congiunto adottando il metodo del patrimonio netto, secondo le disposizioni di cui allo IAS 28. L’utilizzo del metodo del patrimonio netto è sostenuto da coloro che ritengono che non sia corretto sommare valori riferibili a un controllo integrale con valori riferibili a un controllo congiunto e da coloro che ritengono che le partecipanti in un’entità a controllo congiunto abbiano un’influenza notevole, piuttosto che un controllo congiunto. Il presente Principio non raccomanda l’utilizzo del metodo del patrimonio netto perché il consolidamento proporzionale rispecchia meglio la sostanza e la realtà economica della partecipazione di una partecipante in un’entità a controllo congiunto, cioè il controllo sulla quota dei benefici economici futuri ad essa spettanti. Tuttavia, il presente Principio consente l’utilizzo del metodo del patrimonio netto come trattamento contabile alternativo consentito per la rilevazione della partecipazione in entità a controllo congiunto.

41.

Una partecipante deve interrompere l’utilizzo del metodo del patrimonio netto a partire dalla data in cui viene meno il suo controllo congiunto o la sua influenza notevole su di un’entità a controllo congiunto.

Eccezioni al consolidamento proporzionale e al metodo del patrimonio netto

42.

Le partecipazioni in entità a controllo congiunto classificate come possedute per la vendita in conformità all’IFRS 5 devono essere contabilizzate in conformità con tale IFRS.

43.

Quando la partecipazione in un’entità a controllo congiunto classificata precedentemente come posseduta per la vendita non soddisfa più i criteri necessari per tale classificazione, deve essere contabilizzata adottando il consolidamento proporzionale o il metodo del patrimonio netto a partire dalla data in cui era stata classificata come posseduta per la vendita. Devono essere modificati di conseguenza i bilanci di tutti gli esercizi a partire da tale classificazione.

44.

[Eliminato]

45.

A partire dalla data in cui un’entità a controllo congiunto diventa una controllata della partecipante, questa deve contabilizzare tale partecipazione secondo quanto previsto dallo IAS 27. Dalla data in cui un’entità a controllo congiunto diventa una collegata della partecipante, questa deve contabilizzare la partecipazione in conformità con lo IAS 28.

Bilancio separato di una partecipante

46.

Una partecipazione in un’entità a controllo congiunto deve essere contabilizzata nel bilancio separato della partecipante in conformità con quanto disposto dai paragrafi da 37 a 42 dello IAS 27.

47.

Il presente Principio non si occupa di quali entità presentano un bilancio separato per uso pubblico.

OPERAZIONI TRA PARTECIPANTE E JOINT VENTURE

48.

Quando una partecipante apporta o vende beni a una joint venture, la rilevazione di ogni quota di utile o perdita derivante dall’operazione deve riflettere la sostanza della transazione. Fino a che i beni sono detenuti dalla joint venture, e posto che la partecipante abbia trasferito i rischi e i benefici significativi connessi alla proprietà, la partecipante deve rilevare solo la quota di utile o di perdita riferibile alle quote di partecipazione delle altri partecipanti al controllo congiunto. (1) La partecipante deve rilevare interamente l’importo della perdita quando l’apporto o la vendita rivela una riduzione del valore netto di realizzo delle attività correnti o una perdita per riduzione di valore.

49.

Quando una partecipante acquista beni da una joint venture, essa non deve rilevare la sua quota di utile della joint venture derivante dall’operazione fino a che non rivende tali beni a un terzo indipendente. Una partecipante deve rilevare la sua quota di perdite risultanti da queste operazioni nello stesso modo dei profitti, con la differenza che le perdite devono essere rilevate immediatamente quando sono rappresentative di una riduzione del valore netto di realizzo delle attività correnti o di una perdita per riduzione di valore.

50.

Per valutare se un’operazione tra una partecipante e una joint venture rivela l’esistenza di una perdita per riduzione di valore di un’attività, la partecipante determina il valore recuperabile dell’attività in conformità allo IAS 36 Riduzione di valore delle attività. Nel determinare il valore d’uso la partecipante stima i flussi finanziari futuri derivanti dalla attività sulla base del suo uso continuativo e della sua dismissione finale da parte della joint venture.

ISCRIZIONE DELLE PARTECIPAZIONI IN JOINT VENTURE NEL BILANCIO DI UN INVESTITORE

51.

Un investitore in una joint venture che non ha il controllo congiunto deve contabilizzare quella partecipazione in conformità con lo IAS 39 oppure, se ha un’influenza notevole nella joint venture, in conformità allo IAS 28.

GESTORI DI JOINT VENTURE

52.

I gestori o i responsabili di joint venture devono contabilizzare eventuali compensi secondo quanto previsto dallo IAS 18 Ricavi.

53.

Uno o più partecipanti possono agire come gestore o responsabile della joint venture. Ai gestori è generalmente riconosciuta una commissione di gestione per tali incarichi. Tali compensi sono contabilizzati dalla joint venture come costo.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

54.

Una partecipante deve indicare il valore complessivo delle seguenti passività potenziali, a meno che la probabilità di perdita sia remota, distintamente dal valore delle altre passività potenziali:

a)

qualsiasi passività potenziale che la partecipante ha sostenuto in relazione alla sua partecipazione in joint venture e la sua quota in ciascuna delle passività potenziali che sono state sostenute congiuntamente con le altri partecipanti;

b)

la sua quota delle passività potenziali delle joint venture stesse per le quali la partecipante è potenzialmente responsabile; e

c)

le passività potenziali che emergono perché la partecipante è potenzialmente responsabile per le passività delle altri partecipanti alla joint venture.

55.

Una partecipante deve indicare il valore complessivo dei seguenti impegni riferibili alla sua partecipazione in joint venture, distintamente dagli altri impegni:

a)

qualsiasi impegno finanziario della partecipante riferibile alla sua partecipazione in joint venture e la sua quota degli impegni finanziari che sono stati sostenuti congiuntamente con le altri partecipanti; e

b)

la sua quota degli impegni finanziari delle joint venture stesse.

56.

Una partecipante deve fornire un elenco e una descrizione delle partecipazioni nelle joint venture significative e la quota delle partecipazioni in entità a controllo congiunto. Una partecipante, che rileva le sue partecipazioni in entità a controllo congiunto utilizzando lo schema di bilancio per il consolidamento proporzionale che prevede l’aggregazione voce per voce dei dati propri e dell’entità sottoposta a controllo congiunto, o il metodo del patrimonio netto, deve indicare i valori complessivi delle attività correnti, attività a lungo termine, passività correnti, passività a lungo termine, costi e ricavi relativi alle sue partecipazioni in joint venture.

57.

Una partecipante deve descrivere il metodo adottato per rilevare le proprie partecipazioni in entità a controllo congiunto.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

58.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 31 (RIVISTO NELLA SOSTANZA NEL 2000)

59.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 31 Informazioni contabili relative alle partecipazioni in joint venture (rivisto nella sostanza nel 2000).


(1)  Cfr. anche SIC 13 Entità a controllo congiuntoConferimenti in natura da parte dei partecipanti al controllo.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 32

Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio

FINALITÀ

1.

[Eliminato]

2.

La finalità del presente Principio è stabilire i criteri per la presentazione nel bilancio degli strumenti finanziari come passività o strumenti rappresentativi di capitale e per la compensazione delle attività e delle passività finanziarie. Esso si applica nella classificazione degli strumenti finanziari, dal punto di vista dell’emittente, tra attività finanziarie, passività finanziarie e strumenti rappresentativi di capitale; nella classificazione dei relativi interessi, dividendi, perdite e utili; e nelle circostanze nelle quali le attività e le passività finanziarie dovrebbero essere compensate.

3.

I criteri contenuti nel presente Principio integrano i criteri per la rilevazione e valutazione delle attività e delle passività finanziarie di cui allo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, e i criteri per la presentazione delle informazioni integrative a esse relative, previsti nell’IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative.

AMBITO DI APPLICAZIONE

4.

Il presente Principio deve essere applicato da tutte le entità a tutti i tipi di strumenti finanziari fatta eccezione per:

a)

quelle partecipazioni in controllate, collegate e joint venture che sono contabilizzate secondo le disposizioni dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato, IAS 28 Partecipazioni in società collegate o IAS 31 Partecipazioni in joint venture. Tuttavia, in alcuni casi, lo IAS 27, lo IAS 28 o lo IAS 31 consentono a una entità di contabilizzare una partecipazione in una controllata, collegata o joint venture secondo lo IAS 39; in tali casi, le entità devono fornire le informazioni integrative previste dallo IAS 27, dallo IAS 28 o dallo IAS 31 in aggiunta a quelle richieste dal presente Principio. Le entità devono inoltre applicare il presente Principio a tutti i derivati collegati a partecipazioni in controllate, collegate o joint venture.

b)

i diritti e le obbligazioni dei datori di lavoro derivanti dai piani relativi ai benefici per i dipendenti, ai quali si applica lo IAS 19 Benefici per i dipendenti.

c)

i contratti a corrispettivo potenziale in un’aggregazione aziendale (cfr. l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali). Questa esenzione si applica soltanto all’acquirente.

d)

i contratti assicurativi secondo la definizione dell’IFRS 4 Contratti assicurativi. Tuttavia, il presente Principio si applica ai derivati incorporati in contratti assicurativi se lo IAS 39 richiede che l’entità li contabilizzi separatamente. Inoltre, un emittente deve applicare il presente Principio ai contratti di garanzia finanziaria se l’emittente applica lo IAS 39 nella rilevazione e valutazione dei contratti, ma deve applicare l’IFRS 4 se l’emittente decide, in base al paragrafo 4, lettera d) dell’IFRS 4, di applicare l’IFRS 4 all’atto della loro rilevazione e valutazione.

e)

gli strumenti finanziari che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4 in quanto contengono un elemento di partecipazione discrezionale. L’emittente di tali strumenti è esentato dall’applicare, ai suddetti elementi, i paragrafi da 15 a 32 e da AG25 a AG35 del presente Principio, relativi alla distinzione tra passività finanziarie e strumenti rappresentativi di capitale. Tuttavia, tali strumenti sono soggetti a tutte le altre disposizioni previste dal presente Principio. Inoltre, il presente Principio si applica ai derivati incorporati nei suddetti strumenti (cfr. IAS 39).

f)

strumenti finanziari, contratti e obbligazioni relativi a operazioni con pagamento basato su azioni ai quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni, ad eccezione di

i)

contratti rientranti nell’ambito applicativo dei paragrafi da 8 a 10 del presente Principio, ai quali si applica il presente Principio;

ii)

i paragrafi 33 e 34 del presente Principio, che devono essere applicati alle azioni proprie acquistate, alienate, emesse o annullate in relazione a piani di opzioni su azioni per i dipendenti, piani di acquisto azioni per i dipendenti e ad ogni altro accordo di pagamento basato su azioni.

5.-7.

[Eliminato]

8.

Il presente Principio deve essere applicato a quei contratti per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario che possono essere regolati tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari, come se i contratti fossero strumenti finanziari, ad eccezione dei contratti che sono stati sottoscritti e continuano a essere posseduti per il ricevimento o la consegna di un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita, o uso previste dall’entità.

9.

Vi sono diversi modi in cui un contratto per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario può essere regolato tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari. Questi includono:

a)

quando i termini del contratto permettono a entrambe le parti di regolarlo tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari;

b)

quando la possibilità di estinguere tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari, non è esplicita nelle clausole del contratto, ma l’entità ha la prassi di estinguere contratti simili tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari (sia con la controparte, attivando contratti che si compensano o vendendo il contratto prima dell’esercizio o decadenza del diritto);

c)

quando, per simili contratti, l’entità ha una prassi a consegnare il sottostante e a venderlo entro un breve periodo dopo la consegna al fine di generare un utile dalle fluttuazioni a breve termine del prezzo o dal margine di profitto dell’operatore; e

d)

quando un elemento non finanziario che è l’oggetto del contratto è prontamente convertibile in disponibilità liquide.

Un contratto a cui b) o c) sono applicabili non sottoscritto al fine di ricevere o di consegnare un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita o uso previste dall’entità rientra, conseguentemente, nell’ambito di applicazione del Principio. Altri contratti a cui sia applicabile il paragrafo 8 sono valutati per determinare se siano stati sottoscritti e continuino ad essere posseduti per il ricevimento o la consegna di un elemento non finanziario secondo quanto previsto dalle esigenze di acquisto, vendita, o uso e conseguentemente, se rientrino nell’ambito di applicazione del presente Principio.

10.

Un’opzione emessa per acquistare o vendere un elemento non finanziario che può essere estinto tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari, secondo quanto previsto dal paragrafo 9, lettera a) o d), rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio. Tale contratto non può essere sottoscritto al fine di ricevere o consegnare un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita, o uso previste dall’entità.

DEFINIZIONI (CFR. ANCHE PARAGRAFI DA AG3 A AG23)

11.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Uno strumento finanziario è qualsiasi contratto che dia origine a un’attività finanziaria per un’entità e a una passività finanziaria o a uno strumento rappresentativo di capitale per un’altra entità.

Una attività finanziaria è qualsiasi attività che sia:

a)

disponibilità liquide;

b)

uno strumento rappresentativo di capitale di un’altra entità;

c)

un diritto contrattuale:

i)

a ricevere disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria da un’altra entità; o

ii)

a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità a condizioni che sono potenzialmente favorevoli all’entità; o

d)

un contratto che sarà o potrà essere estinto tramite strumenti rappresentativi di capitale dell’entità ed è:

i)

un non derivato per cui l’entità è o può essere obbligata a ricevere un numero variabile di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità; o

ii)

un derivato che sarà o potrà essere estinto con modalità diverse dallo scambio di un importo fisso di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria contro un numero fisso di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. A tal fine, gli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità non includono strumenti che siano a loro volta contratti per ricevere o consegnare in futuro degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità.

Una passività finanziaria è qualsiasi passività che sia:

a)

un’obbligazione contrattuale:

i)

a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria a un’altra entità; o

ii)

a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità a condizioni che sono potenzialmente sfavorevoli all’entità; o

b)

un contratto che sarà o potrà essere estinto tramite strumenti rappresentativi di capitale dell’entità ed è:

i)

un non derivato per cui l’entità è o può essere obbligata a consegnare un numero variabile di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità; o

ii)

un derivato che sarà o potrà essere estinto con modalità diverse dallo scambio di un importo fisso di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria contro un numero fisso di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. A tal fine, gli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità non includono strumenti che siano a loro volta contratti per ricevere o consegnare in futuro degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità.

Uno strumento rappresentativo di capitale è qualsiasi contratto che rappresenti una interessenza residua nelle attività dell’entità dopo aver dedotto tutte le sue passività.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

12.

I seguenti termini sono definiti nel paragrafo 9 dello IAS 39 e sono utilizzati nel presente Principio con il significato specificato nello IAS 39.

costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria,

attività finanziarie disponibili per la vendita,

eliminazione contabile,

derivato,

criterio dell’interesse effettivo,

attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico,

contratto di garanzia finanziaria,

impegno irrevocabile,

operazione programmata,

efficacia della copertura,

elemento coperto,

strumento di copertura,

investimenti posseduti sino alla scadenza,

finanziamenti e crediti,

acquisto o vendita standardizzato,

costi di transazione.

13.

Nel presente Principio «contratto» e «contrattuale» si riferiscono a un accordo tra due o più parti che abbia conseguenze economiche chiare tali che le parti hanno una limitata, o nessuna, possibilità di evitarle, solitamente perché l’accordo è reso esecutivo da una norma di legge. I contratti, e quindi gli strumenti finanziari, possono assumere forme differenti e non necessitano della forma scritta.

14.

Nel presente Principio il termine «entità» include persone fisiche, società di persone, persone giuridiche, amministrazioni fiduciarie ed enti pubblici.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO

Passività e capitale (cfr. inoltre paragrafi da AG25 a AG29)

15.

L’emittente di uno strumento finanziario deve classificare lo strumento, o i suoi componenti, al momento della rilevazione iniziale come una passività finanziaria, attività finanziaria o uno strumento rappresentativo di capitale in conformità alla sostanza degli accordi contrattuali e alle definizioni di passività finanziaria, di attività finanziaria e di strumento rappresentativo di capitale.

16.

Quando un emittente applica le definizioni di cui al paragrafo 11 per determinare se uno strumento finanziario è uno strumento rappresentativo di capitale piuttosto che una passività finanziaria, lo strumento è uno strumento rappresentativo di capitale se, e soltanto se, entrambe le condizioni a) e b) di seguito sono soddisfatte:

a)

Lo strumento non include alcuna obbligazione contrattuale:

i)

a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria a un’altra entità; o

ii)

a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità a condizioni che sono potenzialmente sfavorevoli all’emittente.

b)

Qualora lo strumento sarà o potrà essere regolato tramite strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente, è:

i)

un non derivato che non comporta alcuna obbligazione contrattuale per l’emittente a consegnare un numero variabile di propri strumenti rappresentativi di capitale; o

ii)

un derivato che sarà estinto soltanto dall’emittente scambiando un importo fisso di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria contro un numero fisso di strumenti rappresentativi di capitale. Per questa finalità gli strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente non includono strumenti che sono loro stessi contratti per ricevere o consegnare in futuro strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente.

Un’obbligazione contrattuale, inclusa una obbligazione derivante da uno strumento finanziario derivato, che si concretizzerà, o potrà concretizzarsi, in un futuro ricevimento o consegna degli strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente, ma che non soddisfa le condizioni (a) e (b) sopra, non è uno strumento rappresentativo di capitale.

Nessuna obbligazione contrattuale a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria [paragrafo 16, lettera a)]

17.

Una caratteristica determinante per differenziare una passività finanziaria da uno strumento rappresentativo di capitale è l’esistenza di una obbligazione contrattuale di un contraente dello strumento finanziario (l’emittente) a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria all’altra parte (il possessore) o a scambiare attività o passività finanziarie con il possessore a condizioni potenzialmente sfavorevoli per l’emittente. Sebbene il possessore di uno strumento rappresentativo di capitale possa avere titolo a ricevere una quota proporzionale di eventuali dividendi o altre distribuzioni di capitale, l’emittente non ha un’obbligazione contrattuale a eseguire tali distribuzioni perché non può essere obbligato a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria a un altro contraente.

18.

La classificazione di uno strumento finanziario nello stato patrimoniale dell’entità è determinata dal suo contenuto sostanziale piuttosto che dalla sua forma giuridica. La sostanza e la forma giuridica sono di solito coerenti, tuttavia ciò non sempre avviene. Alcuni strumenti finanziari assumono la forma giuridica di capitale ma, nella sostanza, sono passività e altri possono unire caratteristiche proprie di uno strumento rappresentativo di capitale e caratteristiche proprie di passività finanziarie. Per esempio:

a)

un’azione privilegiata che preveda il rimborso obbligatorio da parte dell’emittente di un ammontare fisso o determinabile a una data futura fissa o determinabile o che dia al possessore il diritto di richiedere all’emittente il rimborso dello strumento a o dopo una certa data per un ammontare fisso o determinabile, è una passività finanziaria;

b)

uno strumento finanziario che dia al possessore il diritto di rivenderlo all’emittente in cambio di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria (uno «strumento con opzione a vendere») è una passività finanziaria. Questo si verifica persino quando l’importo di disponibilità liquide o di altre attività finanziarie è determinato in base a un indice o a un altro valore che può aumentare o diminuire, o quando la forma giuridica dello strumento con opzione a vendere dà al possessore un diritto a una partecipazione residua nelle attività di un emittente. L’esistenza di un’opzione per il possessore di rivendere lo strumento all’emittente in cambio di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria significa che lo strumento con opzione a vendere soddisfa la definizione di passività finanziaria. Per esempio, i fondi comuni aperti, i fondi di investimento, le società di persone e alcune aziende cooperative possono fornire ai loro possessori di quote di partecipazione o soci il diritto al rimborso delle loro partecipazioni in qualsiasi momento per un importo di disponibilità liquide equivalente alla loro quota proporzionale del valore dell’attività dell’emittente. Tuttavia, la classificazione come passività finanziaria non preclude l’utilizzo del termine quale «valore del capitale attribuibile ai possessori di quote di partecipazione» e «variazione nel valore del capitale attribuibile ai possessori di quote di partecipazione» nel prospetto del bilancio di un’entità che non dispone di capitale versato (come alcuni fondi comuni e fondi di investimento, cfr. esempio illustrativo 7) o l’utilizzo di informazioni aggiuntive per mostrare che le partecipazioni totali dei soci includono voci quali le riserve che soddisfano la definizione di capitale e strumenti con opzione a vendere che invece non la soddisfano (cfr. esempio illustrativo 8).

19.

Qualora un’entità non gode di un diritto incondizionato di esimersi dal consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria per estinguere un’obbligazione contrattuale, l’obbligazione soddisfa la definizione di passività finanziaria. Per esempio:

a)

una restrizione alla capacità di un’entità di far fronte a un’obbligazione contrattuale, quale un’insufficiente possibilità nella provvista di valuta estera o la necessità di ottenere l’autorizzazione al pagamento da parte di un’autorità di regolamentazione, non annulla l’obbligazione contrattuale dell’entità o il diritto contrattuale del possessore derivante dallo strumento;

b)

un’obbligazione contrattuale che è subordinata all’esercizio della controparte del suo diritto al rimborso è una passività finanziaria perché l’entità non gode del diritto incondizionato di esimersi dal consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria;

20.

Uno strumento finanziario che non stabilisca esplicitamente un’obbligazione contrattuale a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria, può stabilirla indirettamente attraverso le proprie clausole e condizioni generali. Per esempio:

a)

uno strumento finanziario può contenere un’obbligazione non finanziaria che deve essere estinta se, e soltanto se, l’entità non riesce a eseguire distribuzioni o a rimborsare lo strumento. Qualora l’entità può evitare un trasferimento di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria soltanto estinguendo l’obbligazione non finanziaria, lo strumento finanziario è una passività finanziaria;

b)

uno strumento finanziario è una passività finanziaria se dispone che all’estinzione l’entità consegnerà alternativamente:

i)

disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria; o

ii)

azioni proprie il cui valore è determinato per eccedere sostanzialmente il valore della disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria.

Per quanto l’entità non abbia un’obbligazione contrattuale esplicita a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria, il valore dell’estinzione alternativa tramite azioni è tale che l’entità regolerà in disponibilità liquide. In qualsiasi caso, al possessore è stato in concreto garantito il ricevimento di un importo che è almeno uguale all’opzione di estinzione tramite disponibilità liquide (cfr. paragrafo 21).

Estinzione tramite strumenti rappresentativi di capitale proprio [paragrafo 16, lettera b)]

21.

Un contratto non è uno strumento rappresentativo di capitale soltanto perché può concretizzarsi nel ricevimento o nella consegna di strumenti rappresentativi di capitale di un’entità. Un’entità può avere un diritto o un’obbligazione contrattuale di ricevere o consegnare una quantità di azioni proprie o di altri strumenti rappresentativi di capitale che varia in modo che il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità che sono ricevuti o consegnati è pari all’importo del diritto o dell’obbligazione contrattuale. Tale diritto o obbligazione contrattuale può essere per un importo fisso o un importo che oscilla in parte o completamente in funzione alle variazioni di una variabile diversa da quella del prezzo di mercato degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità (per esempio un tasso di interesse, un prezzo di una merce o di uno strumento finanziario). Due esempi sono a) un contratto per la consegna di tanti strumenti rappresentativi di capitale dell’entità che corrispondono a un valore di CU100, (1) e b) un contratto per la consegna di un quantitativo di strumenti rappresentativi di capitale pari a un valore di 100 once d’oro. Tale contratto è una passività finanziaria dell’entità anche se l’entità deve o può estinguerla consegnando i propri strumenti rappresentativi di capitale. Non è uno strumento rappresentativo di capitale perché l’entità utilizza un quantitativo variabile di propri strumenti rappresentativi di capitale come mezzo per regolare il contratto. Conseguentemente, il contratto non prova l’esistenza di una partecipazione residua nelle attività dell’entità dopo avere dedotto tutte le sue passività.

22.

Un contratto che sarà regolato dall’entità (ricevendo o) consegnando un quantitativo fisso di propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di un ammontare fisso di disponibilità liquide o altra attività finanziaria è uno strumento rappresentativo di capitale. Per esempio, un’opzione emessa su azioni che dia alla controparte il diritto ad acquistare un quantitativo fisso di azioni dell’entità a un prezzo fisso o per un importo fisso di valore nominale di un’obbligazione è uno strumento rappresentativo di capitale. Variazioni del fair value (valore equo) di un contratto derivanti da variazioni nei tassi di interesse di mercato che non influiscono sull’importo di disponibilità liquide o altre attività finanziarie da consegnare o ricevere, o sul quantitativo di strumenti rappresentativi di capitale da ricevere o consegnare, al regolamento del contratto non impediscono al contratto stesso di essere uno strumento rappresentativo di capitale. Qualsiasi corrispettivo ricevuto (quale il premio ricevuto per un’opzione venduta o warrant emesso su azioni dell’entità) viene rilevato direttamente a incremento del patrimonio netto. Qualsiasi corrispettivo pagato (quale il premio pagato per un’opzione acquistata) è dedotto direttamente dal patrimonio netto. Le variazioni del fair value (valore equo) di uno strumento rappresentativo di capitale non sono rilevate nel bilancio.

23.

Un contratto che contiene un’obbligazione per un’entità ad acquistare propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di disponibilità liquide o altre attività finanziarie dà origine a una passività finanziaria per il valore attuale dell’importo di rimborso (per esempio per il valore attuale del prezzo di riacquisto a termine, prezzo di esercizio dell’opzione o altro importo di rimborso). Questo si verifica anche se il contratto è uno strumento rappresentativo di capitale. Un esempio è l’obbligazione di un’entità relativa a un contratto forward ad acquistare propri strumenti rappresentativi di capitale contro disponibilità liquide. Quando la passività finanziaria è rilevata inizialmente secondo lo IAS 39, il suo fair value (valore equo) (il valore attuale dell’importo di rimborso) è riclassificato dal patrimonio netto. Successivamente, la passività finanziaria è valutata in conformità dello IAS 39. Qualora il contratto scade senza che vi sia una consegna, l’importo contabile della passività finanziaria è trasferito al patrimonio netto. L’obbligazione contrattuale di un’entità per l’acquisizione di propri strumenti rappresentativi di capitale dà origine a una passività finanziaria per il valore attuale dell’importo di rimborso anche se l’obbligazione all’acquisizione è subordinata all’esercizio della controparte del diritto di rimborso (per esempio un’opzione put emessa che dà alla controparte il diritto di vendere alla stessa entità gli strumenti rappresentativi di capitale proprio dell’emittente a un prezzo fisso).

24.

Un contratto che sarà regolato dall’entità con la consegna o il ricevimento di un determinato quantitativo di propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di un importo variabile di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria è un’attività o una passività finanziaria. Un esempio è un contratto che impegna l’entità a consegnare 100 dei propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di un importo di disponibilità liquide pari al valore di 100 once d’oro.

Clausole di potenziale adempimento

25.

Uno strumento finanziario può prevedere che l’entità consegni disponibilità liquide o altra attività finanziaria, o diversamente che lo estingua in modo che diventi una passività finanziaria, qualora si verifichino o non si verifichino eventi futuri incerti (o subordinatamente all’esito di circostanze incerte) che sono al di fuori del controllo di entrambe le parti, l’emittente e il possessore dello strumento, quali una variazione negli indici del mercato azionario, nell’indice dei prezzi al consumo, nel tasso di interesse o nella normativa tributaria o nel volume d’affari, nel risultato economico o nel rapporto tra indebitamento e patrimonio netto futuro dell’emittente. L’emittente di tale strumento non ha il diritto incondizionato a esimersi dal consegnare disponibilità liquide o altra attività finanziaria (o altrimenti di estinguere lo strumento finanziario in modo che diventi una passività finanziaria). Quindi, è una passività finanziaria dell’emittente eccetto il caso in cui:

a)

non sia autentica la parte della clausola concernente il potenziale adempimento che potrebbe richiedere un regolamento con disponibilità liquide o altra attività finanziaria (o altrimenti in modo tale che diventi una passività finanziaria); o

b)

all’emittente possa essere richiesto di estinguere l’obbligazione con disponibilità liquide o altra attività finanziaria (o altrimenti di estinguerla in modo tale che diventi una passività finanziaria) soltanto in caso di liquidazione dell’emittente.

Opzioni sulle modalità di estinzione

26.

Quando uno strumento finanziario derivato offre a una parte una scelta sulle modalità di estinzione (per esempio l’emittente o il possessore può scegliere di regolare con disponibilità liquide o scambiando azioni in cambio di disponibilità liquide) si tratta di un’attività o di una passività finanziaria a meno che tutte le alternative di regolamento non portino a qualificarlo come uno strumento rappresentativo di capitale.

27.

Un esempio di strumento finanziario derivato con un’opzione di liquidazione che corrisponde a una passività finanziaria è un diritto di opzione su azioni che l’emittente può decidere di estinguere con disponibilità liquide o scambiando le proprie azioni con disponibilità liquide. Allo stesso modo, alcuni contratti per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario in cambio di strumenti rappresentativi di capitale di un’entità rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio perché possono essere liquidati sia con la consegna di un elemento non finanziario sia con disponibilità liquide o altro strumento finanziario (cfr. paragrafi 8-10). Tali contratti sono attività o passività finanziarie e non strumenti rappresentativi di capitale.

Strumenti finanziari composti (cfr. anche paragrafi da AG30 a AG35 e gli esempi illustrativi 9-12)

28.

L’emittente di uno strumento finanziario non derivato deve valutare le condizioni dello strumento finanziario per determinare se contiene entrambe le componenti di passività e di capitale. Tali componenti devono essere classificate separatamente come passività finanziarie, attività finanziarie o strumenti rappresentativi di capitale secondo quanto previsto dal paragrafo 15.

29.

Un’entità rileva separatamente le componenti di uno strumento finanziario che a) fa sorgere una passività finanziaria per l’entità e b) attribuisce un’opzione al possessore dello strumento per convertirlo in uno strumento rappresentativo di capitale dell’entità. Per esempio un’obbligazione o uno strumento simile convertibile dal possessore in un quantitativo fisso di azioni ordinarie dell’entità corrisponde a uno strumento finanziario composto. Dal punto di vista dell’entità tale strumento comprende due componenti: una passività finanziaria (un accordo contrattuale a consegnare disponibilità liquide o altra attività finanziaria) e uno strumento rappresentativo di capitale (un’opzione call che attribuisce al possessore il diritto, per un determinato periodo di tempo, di convertirlo in un quantitativo fisso di azioni ordinarie dell’entità). L’effetto economico dell’emissione di tale strumento è sostanzialmente simile all’emissione contemporanea di un titolo di debito con una clausola di rimborso anticipato e warrant di acquisto di azioni ordinarie o all’emissione di un titolo di debito con warrant staccabili per l’acquisto di azioni. Di conseguenza, in tutti questi casi, l’entità presenta le componenti di passività e di capitale distintamente nel suo stato patrimoniale.

30.

La classificazione delle componenti di passività e di capitale di uno strumento convertibile non deve essere riveduta a seguito di un cambiamento nella probabilità che una opzione di conversione sia esercitata, persino quando l’esercizio dell’opzione può sembrare che sia diventato economicamente vantaggioso per alcuni possessori. I possessori potrebbero non sempre agire come ci si attenderebbe perché, per esempio, le conseguenze fiscali della conversione potrebbero essere differenti per i diversi possessori. Inoltre, la probabilità di conversione può variare di volta in volta. L’obbligazione contrattuale dell’entità ad effettuare pagamenti futuri permane fino a quando essa viene estinta attraverso la conversione, la scadenza dello strumento o qualche altra operazione.

31.

Lo IAS 39 tratta la valutazione delle attività e passività finanziarie. Gli strumenti rappresentativi di capitale sono strumenti che rappresentano una interessenza residua nelle attività dell’entità al netto di tutte le sue passività. Quindi, quando il valore contabile iniziale di uno strumento finanziario composto viene attribuito alle componenti di capitale e passività, alle prime viene attribuito il valore residuo dopo avere dedotto dal fair value (valore equo) dello strumento nel suo complesso, l’importo determinato separatamente per la componente di passività. Il valore di qualsiasi elemento di derivato (come un’opzione call) incorporato nello strumento finanziario composto diverso dalla componente di capitale (quale un’opzione convertibile in capitale) è incluso nella componente di passività. La somma dei valori contabili attribuiti alle componenti di passività e di capitale al momento della rilevazione iniziale è sempre uguale al fair value (valore equo) attribuibile allo strumento nel suo complesso. Dalla rilevazione distinta delle componenti dello strumento non possono emergere, inizialmente, utili o perdite.

32.

In conformità della metodologia descritta nel paragrafo 31, l’emittente di un’obbligazione convertibile in azioni ordinarie determina prima il valore contabile della componente di passività misurando il fair value (valore equo) di una passività similare (incluso qualsiasi elemento derivato incorporato nello strumento finanziario non di capitale) che non ha associata una componente di capitale. Il valore da iscrivere per lo strumento rappresentativo di capitale rappresentato dall’opzione a convertire lo strumento in azioni ordinarie è quindi determinato deducendo il fair value (valore equo) da iscrivere per la passività finanziaria dal fair value (valore equo) dello strumento finanziario composto nel suo complesso.

Azioni proprie (cfr. anche paragrafo AG36)

33.

Qualora un’entità riacquisti propri strumenti rappresentativi di capitale, quegli strumenti («azioni proprie») devono essere dedotti dal capitale. Nessun utile o perdita deve essere rilevato nel conto economico all’acquisto, vendita, emissione o cancellazione degli strumenti rappresentativi di capitale di un’entità. Tali azioni proprie possono essere acquistate e detenute dall’entità o da altri componenti del gruppo consolidato. Il corrispettivo pagato o ricevuto deve essere rilevato direttamente a patrimonio netto.

34.

L’importo di azioni proprie possedute è indicato separatamente nello stato patrimoniale o nelle note, secondo quanto previsto dallo IAS 1 Presentazione del bilancio. Un’entità presenta le informazioni integrative secondo quanto previsto dallo IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate se l’entità riacquista propri strumenti rappresentativi di capitale da parti correlate.

Interessi, dividendi, perdite e utili (cfr. anche paragrafo AG37)

35.

Interessi, dividendi, perdite e utili correlati a uno strumento finanziario o a una componente che è una passività finanziaria devono essere rilevati come proventi o oneri nel conto economico. Le distribuzioni ai possessori di uno strumento rappresentativo di capitale devono essere addebitate dall’entità direttamente al patrimonio netto, al netto di qualsiasi beneficio fiscale correlato. I costi di transazione relativi a un’operazione sul capitale devono essere contabilizzati come una diminuzione di patrimonio netto, al netto di qualsiasi beneficio fiscale connesso.

36.

La classificazione di uno strumento finanziario come una passività finanziaria o uno strumento rappresentativo di capitale determina se gli interessi, i dividendi, le perdite e gli utili connessi a tale strumento sono rilevati come proventi o oneri nel conto economico. Quindi, i pagamenti di dividendi su azioni totalmente rilevate come passività sono rilevati come oneri così come l’interesse su un’obbligazione. Similmente, utili e perdite associati a rimborsi o rifinanziamenti di passività finanziarie sono rilevati a conto economico, mentre i rimborsi o rifinanziamenti di strumenti rappresentativi di capitale sono rilevati come variazioni di patrimonio netto. Le variazioni del fair value (valore equo) di uno strumento rappresentativo di capitale non sono rilevate nel bilancio.

37.

Un’entità tipicamente sostiene vari costi nell’emissione o riacquisto dei propri strumenti rappresentativi di capitale. Tali costi possono comprendere spese di registro e altri oneri dovuti alla autorità di regolamentazione, importi pagati a consulenti legali, contabili e ad altri professionisti, costi di stampa, imposte di registro e di bollo. I costi di transazione relativi a un’operazione sul capitale sono contabilizzati come una diminuzione di patrimonio netto (al netto di qualsiasi beneficio fiscale connesso) nella misura in cui hanno natura di costi marginali direttamente attribuibili all’operazione sul capitale che diversamente sarebbero stati evitati. I costi di un’operazione sul capitale che viene abbandonata sono rilevati a conto economico.

38.

I costi di transazione che sono connessi all’emissione di uno strumento finanziario composto sono imputati alle componenti di passività e di capitale dello strumento in proporzione al valore di ciascuna componente. I costi di transazione che sono collegati congiuntamente a più di una operazione (per esempio, costi di un’offerta concomitante di alcune azioni e di altri titoli azionari quotandi in Borsa) sono imputati a queste operazioni utilizzando un criterio di ripartizione razionale e coerente con operazioni similari.

39.

L’importo dei costi di transazione portato in deduzione del patrimonio netto nell’esercizio è indicato distintamente secondo quanto previsto dallo IAS 1. Le relative imposte sul reddito rilevate direttamente a patrimonio netto sono incluse nell’ammontare aggregato delle imposte sul reddito correnti e differite portate in aumento o in diminuzione del patrimonio netto stesso in base al trattamento previsto dallo IAS 12 Imposte sul reddito.

40.

I dividendi classificati come oneri possono essere esposti nel conto economico insieme agli interessi per altre passività o in una voce distinta. In aggiunta alle disposizioni contenute nel presente Principio, l’illustrazione di interessi e dividendi è soggetta alle disposizioni dello IAS 1 e dell’IFRS 7. Talvolta, a causa del diverso trattamento al quale sono soggetti, per esempio dal punto di vista della deducibilità fiscale, è opportuno riportare gli interessi e i dividendi nel conto economico distintamente. L’informativa sugli effetti fiscali è esposta secondo quanto previsto dallo IAS 12.

41.

Utili e perdite connessi a variazioni nel valore contabile di una passività finanziaria sono rilevati come provento o onere nel conto economico anche quando si riferiscono a uno strumento che include un diritto alla interessenza residua nelle attività di un’entità in cambio di disponibilità liquide o altra attività finanziaria [cfr. paragrafo 18, lettera b)]. Secondo quanto previsto dallo IAS 1 l’entità presenta qualsiasi utile o perdita derivante dalla rideterminazione del valore di tale strumento separatamente nel prospetto di conto economico quando è rilevante nella spiegazione dell’andamento dell’entità.

Compensazione di attività e passività finanziarie (cfr. anche paragrafi AG38 e AG39)

42.

Una attività e una passività finanziaria devono essere compensate e il saldo netto esposto nello stato patrimoniale quando e soltanto quando un’entità:

a)

ha correntemente un diritto legale a compensare gli importi rilevati contabilmente; e

b)

intende estinguere per il residuo netto, o realizzare l’attività e contemporaneamente estinguere la passività.

Nel contabilizzare un’operazione di trasferimento di un’attività finanziaria che non soddisfa le condizioni richieste per l’eliminazione, l’entità non deve compensare l’attività trasferita e la passività associata (cfr. IAS 39, paragrafo 36).

43.

Il presente Principio richiede l’esposizione di attività e passività finanziarie per il loro saldo netto quando facendo ciò riflette i flussi finanziari futuri che l’entità si attende di ottenere dal regolamento di due o più strumenti finanziari distinti. Quando un’entità ha il diritto nonché la volontà di ricevere o pagare un unico importo netto, essa possiede in effetti una singola attività o passività finanziaria. Negli altri casi le attività e le passività finanziarie sono presentate distintamente fra loro, coerentemente con le loro caratteristiche di risorsa o di obbligazione per l’entità.

44.

La compensazione di una attività finanziaria con una passività finanziaria rilevate, e la conseguente esposizione del loro saldo netto, differisce dalla eliminazione di un’attività finanziaria o passività finanziaria. Sebbene la compensazione non dia origine alla rilevazione di un utile o di una perdita, di contro l’eliminazione di uno strumento finanziario comporta non solo la cancellazione dallo stato patrimoniale della voce precedentemente rilevata, ma può anche richiedere la rilevazione di un utile o di una perdita.

45.

Il diritto alla compensazione è un diritto legale del debitore, contrattuale o altrimenti stabilito, ad adempiere o comunque eliminare in tutto o in parte un importo dovuto a un creditore compensando tale importo con un importo dovuto dal creditore. In casi particolari, un debitore può avere il diritto legale di compensare un importo dovutogli da una terza parte con l’ammontare dovuto a un creditore, a condizione che fra le tre parti ci sia un accordo che stabilisca chiaramente il diritto alla compensazione del debitore. Poiché il diritto alla compensazione è di carattere legale, i suoi presupposti possono differire da un ambito giurisdizionale a un altro e la normativa applicabile ai rapporti tra le parti necessita di valutazione.

46.

L’esistenza di un diritto legale a compensare una attività con una passività finanziaria influisce sui diritti e sulle obbligazioni relativi a una attività e passività finanziaria e può influire sull’esposizione di un’entità al rischio di credito e di liquidità. Tuttavia, l’esistenza del diritto, di per sé, non è sufficiente per effettuare la compensazione. In assenza dell’intenzione di esercitare tale diritto o di regolare contemporaneamente, l’ammontare e i tempi dei futuri flussi finanziari di un’entità non vengono influenzati. Quando l’entità intende esercitare tale diritto o regolare contemporaneamente, l’esposizione dell’attività e della passività per il loro saldo netto riflette più correttamente gli importi e i tempi dei flussi finanziari futuri, così come i rischi ai quali tali flussi finanziari sono esposti. L’intenzione di una o di entrambe le parti di regolare per il saldo netto senza il diritto legale a farlo non è sufficiente a giustificare la compensazione, perché i diritti e le obbligazioni relativi alle singole attività e passività finanziarie rimangono inalterati.

47.

L’intenzione dell’entità di regolare particolari attività e passività può essere influenzata dalle sue normali politiche aziendali, dalle condizioni dei mercati finanziari e da altre situazioni che possono limitare la capacità di regolare per il loro saldo netto o contemporaneamente. Quando un’entità ha il diritto di compensare ma non intende regolare per il saldo netto, o realizzare l’attività e contemporaneamente estinguere la passività, l’effetto di tale diritto sull’esposizione dell’entità al rischio di credito è oggetto di informativa secondo quanto previsto dal paragrafo 36 dell’IFRS 7.

48.

Il regolamento simultaneo di due strumenti finanziari può avvenire, per esempio, tramite l’intervento di una stanza di compensazione in un mercato finanziario organizzato o in uno scambio diretto. In tali casi i flussi finanziari sono, in effetti, equivalenti a un singolo ammontare netto e non esiste un rischio di credito o di liquidità. In altri casi, l’entità può regolare due strumenti ricevendo e pagando ammontari distinti, esponendosi così al rischio di credito per l’intero ammontare dell’attività o al rischio di liquidità per l’intero ammontare della passività. Tali esposizioni ai rischi possono essere significative anche se relativamente di breve periodo. Di conseguenza, la realizzazione di un’attività finanziaria e l’estinzione di una passività finanziaria sono considerate come simultanee solo quando le liquidazioni avvengono nello stesso momento.

49.

Le condizioni richieste nel paragrafo 42 non sono generalmente soddisfatte e la compensazione non è, di norma, corretta quando:

a)

alcuni distinti strumenti finanziari sono utilizzati per riprodurre le caratteristiche di un singolo strumento finanziario (uno «strumento sintetico»);

b)

attività e passività finanziarie derivano da strumenti finanziari aventi la medesima esposizione al rischio primario (per esempio, attività e passività in un portafoglio di contratti forward o altri strumenti derivati) ma con controparti differenti;

c)

attività finanziarie o altre attività sono prestate come garanzia collaterale di passività finanziarie senza rivalsa;

d)

attività finanziarie sono affidate a una gestione fiduciaria da un debitore allo scopo di estinguere un’obbligazione senza che quelle attività siano state accettate dal creditore come adempimento dell’obbligazione (quale un accordo di accumulazione finanziaria); o

e)

si prevede che obbligazioni contratte a seguito di eventi che hanno dato origine a perdite saranno rimborsate da un terzo in virtù di una richiesta di indennizzo nell’ambito di un contratto assicurativo.

50.

L’entità che sottoscriva numerosi strumenti finanziari con una singola controparte può stipulare con essa un «accordo quadro di compensazione». Tale accordo prevede che vi possa essere un singolo adempimento per il saldo per tutti gli strumenti finanziari rientranti nell’accordo al verificarsi di inadempimento o interruzione di qualsiasi contratto. Questi accordi sono usati abitualmente dagli istituti finanziari per proteggersi da perdite in caso di fallimento o di altre circostanze che comportano che una controparte sia incapace di far fronte ai suoi impegni. Un accordo quadro di compensazione dà origine, di norma, a un diritto di compensazione che può essere fatto valere legalmente e che influisce sul realizzo o sull’estinzione di singole attività e passività finanziarie solo in seguito a specifici casi di inadempimento o in circostanze che non ci si attende intervengano nel corso normale dell’attività. Un accordo quadro di compensazione non fornisce il presupposto per la compensazione a meno che non siano soddisfatti entrambi i criteri esposti nel paragrafo 42. Quando attività e passività finanziarie soggette a un accordo quadro di compensazione non vengono compensate, l’effetto dell’accordo sull’esposizione dell’entità al rischio di credito deve essere oggetto di informativa secondo quanto previsto dal paragrafo 36 dell’IFRS 7.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

51.-95.

[Eliminato]

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

96.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È consentita una applicazione anticipata. L’entità non deve applicare il presente Principio per esercizi antecedenti al 1o gennaio 2005 a meno che l’entità applichi anche lo IAS 39 (pubblicato a dicembre 2003), incluse le rettifiche pubblicate nel marzo 2004. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

97.

Il presente Principio deve essere applicato retroattivamente.

RITIRO DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

98.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 32 Strumenti finanziari:Esposizione nel bilancio e Informazioni integrative rivisto nella sostanza nel 2000  (2).

99.

Il presente Principio sostituisce le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC-5 Classificazione degli strumenti finanziari — Disposizioni su estinzioni non sotto il controllo dell’emittente;

b)

SIC-16 Capitale sociale — Riacquisto di strumenti propri rappresentativi di capitale (Azioni proprie); e

c)

SIC-17 Patrimonio netto — Costi di un’operazione di capitale.

100.

Il presente Principio abroga la bozza di Interpretazione SIC D34 Strumenti finanziari — Strumenti o Diritti convertibili dal possessore.


(1)  Nel presente Principio, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

(2)  Nell’agosto del 2005 lo IASB ha trasferito tutte le informazioni integrative sugli strumenti finanziari nell’IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative.

Appendice

GUIDA OPERATIVA

IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio

Questa appendice costituisce parte integrante del Principio.

AG1.

La presente guida operativa illustra l’applicazione di particolari aspetti del Principio.

AG2.

Il presente Principio non tratta la rilevazione o la valutazione degli strumenti finanziari. Le disposizioni concernenti la rilevazione e la valutazione delle attività e passività finanziarie sono contenute nello IAS 39.

DEFINIZIONI (PARAGRAFI 11-14)

Attività e passività finanziarie

AG3.

La moneta (disponibilità liquide) è un’attività finanziaria in quanto rappresenta il mezzo di scambio e per questo è la base sulla quale tutte le operazioni sono misurate e rilevate nel bilancio. Un deposito di disponibilità liquide in una banca o in un analogo istituto finanziario è un’attività finanziaria perché rappresenta il diritto contrattuale del depositante a ottenere disponibilità liquide dall’istituto o a emettere un assegno o uno strumento analogo in favore di un creditore attingendo al deposito per il pagamento di una passività finanziaria.

AG4.

Esempi comuni di attività finanziarie che rappresentano un diritto contrattuale a ricevere in futuro disponibilità liquide e di corrispondenti passività finanziarie che rappresentano un’obbligazione contrattuale a consegnare in futuro disponibilità liquide sono:

a)

crediti verso clienti e debiti verso fornitori;

b)

effetti attivi e passivi;

c)

crediti e debiti per prestiti; e

d)

crediti e debiti per titoli obbligazionari.

In ciascun caso, il diritto contrattuale di una parte a ricevere (o l’obbligazione a pagare) disponibilità liquide corrisponde all’obbligazione a pagare (o al diritto a ricevere) dell’altra parte.

AG5.

Un altro tipo di strumento finanziario è quello per il quale il beneficio economico che deve essere ricevuto o consegnato è una attività finanziaria diversa dalle disponibilità liquide. Ad esempio, un effetto pagabile in titoli di Stato conferisce al possessore il diritto contrattuale a ricevere e all’emittente l’obbligazione contrattuale a consegnare titoli di Stato, non disponibilità liquide. I titoli obbligazionari sono attività finanziarie perché rappresentano obbligazioni dell’autorità emittente a pagare disponibilità liquide. L’effetto costituisce, perciò, un’attività finanziaria per il possessore e una passività finanziaria per l’emittente.

AG6.

Titoli di debito «irredimibili» (quali i titoli obbligazionari «irredimibili», obbligazioni garantite e certificati di deposito), procurano, di norma, al possessore il diritto contrattuale a ricevere pagamenti in conto interessi a date fisse che si estendono nel futuro, senza diritto alla restituzione del capitale o con questo diritto soggetto a condizioni che lo rendono molto improbabile o molto lontano nel tempo. Per esempio, l’entità può emettere uno strumento finanziario in base al quale dovrà effettuare in perpetuo pagamenti annuali equivalenti a un tasso d’interesse dichiarato dell’8 % applicato al valore nominale o capitale di CU 1 000 (1). Assumendo che l’8 % sia il tasso d’interesse di mercato per lo strumento nel momento in cui questo è emesso, l’emittente si assume un’obbligazione contrattuale a effettuare un flusso di pagamenti di interessi futuri aventi un fair value (valore equo) (valore attuale) di CU 1 000 al momento della rilevazione iniziale. Il possessore e l’emittente dello strumento detengono rispettivamente un’attività e una passività finanziaria.

AG7.

Un diritto o obbligo contrattuale a ricevere, consegnare o scambiare strumenti finanziari è di per sé uno strumento finanziario. Una serie continua di diritti o obblighi contrattuali è qualificabile come strumento finanziario se in conclusione porterà all’incasso o al pagamento di disponibilità liquide o all’acquisizione o emissione di uno strumento rappresentativo di capitale.

AG8.

La capacità di esercitare un diritto contrattuale o l’obbligo di soddisfare un impegno contrattuale può essere assoluto o può essere subordinato all’accadimento di un evento futuro. Per esempio, una garanzia finanziaria rappresenta un diritto contrattuale del finanziatore a ricevere disponibilità liquide dal garante e una corrispondente obbligazione contrattuale del garante stesso a pagare il finanziatore se il mutuatario non adempie. Il diritto e l’obbligo contrattuale esistono a causa di un’operazione o di un evento precedenti (assunzione della garanzia) anche se la capacità del finanziatore di esercitare il suo diritto e l’obbligo per il garante di adempiere il suo impegno sono entrambi subordinati a una futura inadempienza da parte del mutuatario. Un diritto e un’obbligazione potenziali soddisfano la definizione di attività e di passività finanziarie anche se tali attività e passività non sono sempre rilevate nel bilancio. Alcuni tra tali diritti e obbligazioni potenziali possono essere contratti assicurativi che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4.

AG9

Secondo quanto previsto dallo IAS 17 Leasing, un leasing finanziario è considerato prima di tutto un diritto del locatore a ricevere, e un’obbligazione del locatario a pagare, un flusso di pagamenti che sono sostanzialmente gli stessi dei pagamenti misti di capitale e interessi in un contratto di finanziamento. Il locatore contabilizza il suo investimento per l’ammontare riscuotibile in base al contratto di leasing piuttosto che il bene locato come tale. Un leasing operativo, invece, è considerato prima di tutto come un contratto incompleto che impegna il locatore a fornire l’utilizzo di un bene in esercizi futuri in cambio di un corrispettivo assimilabile a un compenso per un servizio. Il locatore continua a contabilizzare il bene locato come tale piuttosto che qualsiasi ammontare riscuotibile in futuro in dipendenza del contratto. Di conseguenza, un leasing finanziario è ritenuto uno strumento finanziario mentre un leasing operativo non è ritenuto uno strumento finanziario (a eccezione di quanto riguarda i pagamenti singoli dovuti e pagabili correntemente).

AG10

Attività materiali (quali rimanenze, immobili, impianti e macchinari), beni presi in locazione e attività immateriali (quali brevetti e marchi) non rappresentano attività finanziarie. Il controllo di tali attività materiali e immateriali crea un’opportunità di generare un flusso in entrata di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria, ma non genera un diritto attuale a ricevere disponibilità liquide o altra attività finanziaria.

AG11

Attività (quali costi anticipati) per le quali il beneficio economico futuro è rappresentato dal ricevimento di beni o servizi piuttosto che dal diritto a ricevere disponibilità liquide o altra attività finanziaria, non sono attività finanziarie. Analogamente, elementi quali i ricavi differiti e la maggior parte degli impegni per assistenza in garanzia non rappresentano passività finanziarie poiché il flusso in uscita di benefici economici loro associati consiste nella consegna di beni e nella prestazione di servizi piuttosto che in un’obbligazione contrattuale a pagare disponibilità liquide o altra attività finanziaria.

AG12

Le passività o le attività che non hanno natura contrattuale, (quali le imposte sul reddito derivanti dall’applicazione di disposizioni normative in materia tributaria), non rappresentano attività o passività finanziarie. La contabilizzazione delle imposte sul reddito è trattata nello IAS 12. Analogamente, le obbligazioni implicite, come definite nello IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali, non derivano da contratti e non rappresentano passività finanziarie.

Strumenti rappresentativi di capitale

AG13

Esempi di strumenti rappresentativi di capitale includono azioni ordinarie non soggette ad opzione di vendita, alcuni tipi di azioni privilegiate (cfr. paragrafi AG25 e AG26), e warrant od opzioni call emesse che permettono al possessore di sottoscrivere o acquistare un determinato numero di azioni ordinarie non soggette ad opzione di vendita dell’entità emittente in cambio di un importo fisso di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria. L’obbligazione di un’entità a emettere o ad acquistare un determinato numero di propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di un ammontare fisso di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria è uno strumento rappresentativo di capitale dell’entità. Tuttavia, se un tale contratto contiene un’obbligazione per l’entità a corrispondere disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria, dà inoltre origine a una passività per il valore attuale dell’importo rimborsabile [cfr. paragrafo AG27, lettera a)]. Un emittente di azioni ordinarie non soggette ad opzione di vendita si assume una passività quando agisce formalmente per effettuare una distribuzione e diventa legalmente obbligato nei confronti degli azionisti a farlo. Questo può succedere in seguito alla delibera di distribuzione di un dividendo o quando l’entità viene messa in liquidazione e le eventuali attività restanti dopo l’estinzione delle passività possono essere ripartite tra gli azionisti.

AG14

Un’opzione di riacquisto o altro contratto simile acquistato da un’entità che dia il diritto a riacquistare un determinato numero di propri strumenti rappresentativi di capitale in cambio di un ammontare predeterminato di disponibilità liquide o altra attività finanziaria non rappresenta un’attività finanziaria dell’entità. Invece, eventuali corrispettivi pagati per tale contratto vengono dedotti dal patrimonio netto.

Strumenti finanziari derivati

AG15

Gli strumenti finanziari comprendono sia strumenti primari (quali crediti, debiti e strumenti rappresentativi di capitale) sia strumenti finanziari derivati (quali opzioni finanziarie, contratti future e forward, interest rate swap e currency swap). Gli strumenti finanziari derivati soddisfano la definizione di strumento finanziario e, di conseguenza, rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio.

AG16

Gli strumenti finanziari derivati generano diritti e obbligazioni che hanno come effetto il trasferimento tra le parti contraenti di uno o più dei rischi finanziari inerenti a un sottostante strumento finanziario primario. All’inizio del contratto gli strumenti finanziari derivati procurano a una parte un diritto contrattuale a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra parte a condizioni potenzialmente favorevoli, o un’obbligazione contrattuale a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra parte a condizioni potenzialmente sfavorevoli. Tuttavia, generalmente (2) non comportano un trasferimento del sottostante strumento finanziario primario all’inizio del contratto e né tale trasferimento avviene necessariamente alla scadenza del contratto. Alcuni strumenti incorporano sia un diritto che un’obbligazione a effettuare uno scambio. Poiché le condizioni dello scambio sono stabilite all’emissione dello strumento derivato, al variare dei prezzi nei mercati finanziari quelle condizioni possono diventare sia favorevoli che sfavorevoli.

AG17

Un’opzione call o put a scambiare attività o passività finanziarie (ossia strumenti finanziari diversi dagli strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente) conferisce al possessore il diritto a ottenere potenziali benefici economici futuri derivanti dalle variazioni del fair value (valore equo) dello strumento finanziario sottostante il contratto. Viceversa, l’emittente di un’opzione assume un’obbligazione a privarsi di potenziali benefici economici futuri o a sopportare perdite potenziali di benefici economici derivanti dalle variazioni del fair value (valore equo) dello strumento finanziario sottostante. Il diritto contrattuale del possessore e l’obbligazione dell’emittente soddisfano rispettivamente la definizione di attività e di passività finanziaria. Lo strumento finanziario sottostante a un contratto di opzione può essere qualsiasi attività finanziaria, compresi azioni di altre entità e strumenti fruttiferi di interessi. Un’opzione può richiedere all’emittente di emettere un titolo di debito piuttosto che di trasferire un’attività finanziaria ma, se l’opzione fosse esercitata, lo strumento sottostante all’opzione costituirebbe un’attività finanziaria del possessore. Il diritto di opzione del possessore a scambiare l’attività finanziaria a condizioni potenzialmente favorevoli e l’obbligazione dell’emittente a scambiare l’attività finanziaria a condizioni potenzialmente sfavorevoli sono distinti dall’attività finanziaria sottostante che deve essere scambiata a seguito dell’esercizio dell’opzione. La natura del diritto del possessore e dell’obbligazione dell’emittente non è influenzata dalla probabilità che l’opzione sia esercitata.

AG18

Un altro esempio di strumento finanziario derivato è un contratto forward da regolare tra sei mesi nel quale una parte (l’acquirente) promette di consegnare CU 1 000 000 in contanti in cambio di CU 1 000 000 di valore nominale di titoli di Stato a tasso fisso, e l’altra parte (il venditore) promette di consegnare titoli di Stato a tasso fisso di un valore nominale pari a CU 1 000 000 in cambio di CU 1 000 000 in contanti. Durante i sei mesi entrambe le parti hanno un diritto e un’obbligazione contrattuale a scambiare strumenti finanziari. Se il prezzo di mercato dei titoli di Stato supera il valore di CU 1 000 000, le condizioni saranno favorevoli per l’acquirente e sfavorevoli per il venditore; se il prezzo di mercato scende al di sotto di CU 1 000 000 vi sarà la situazione opposta. L’acquirente ha un diritto contrattuale (un’attività finanziaria) analogo al diritto derivante da un’opzione call posseduta e un’obbligazione contrattuale (una passività finanziaria) analoga all’obbligazione derivante da un’opzione put emessa; il venditore ha un diritto contrattuale (un’attività finanziaria) analogo al diritto derivante da un’opzione put posseduta e un’obbligazione contrattuale (una passività finanziaria) analoga all’obbligazione derivante da un’opzione call emessa. Come avviene con le opzioni, questi diritti e obbligazioni contrattuali costituiscono attività e passività finanziarie separate e distinte dagli strumenti finanziari sottostanti (i titoli obbligazionari e le disponibilità liquide che devono essere scambiati). Entrambe le parti di un contratto forward hanno un’obbligazione ad adempiere alla scadenza convenuta mentre l’esecuzione in un contratto di opzione interviene solo se e quando il possessore dell’opzione sceglie di esercitarla.

AG19

Molti altri tipi di strumenti derivati incorporano un diritto o un’obbligazione a effettuare uno scambio futuro, quali gli swap su tassi di interesse e su valute, interest rate caps, collars e floors, impegni all’erogazione di finanziamenti, linee di appoggio per l’emissione di titoli e lettere di credito. Un interest rate swap può essere concepito come una variante di contratto forward nel quale le parti stabiliscono di effettuare scambi futuri di ammontari di disponibilità liquide, con un ammontare calcolato in riferimento a un tasso di interesse variabile e l’altro in riferimento a un tasso di interesse fisso. I contratti future rappresentano un’altra variante dei contratti forward dai quali differiscono essenzialmente perché sono standardizzati e negoziati su un mercato.

Contratti per l’acquisto o la vendita di elementi non finanziari (paragrafi da 8 a 10)

AG20

I contratti per l’acquisto o la vendita di beni non finanziari non soddisfano la definizione di strumento finanziario perché il diritto contrattuale di una parte a ricevere un’attività o un servizio non finanziario e la corrispondente obbligazione dell’altra parte non stabiliscono un diritto o un’obbligazione attuale dell’una o dell’altra parte a ricevere, consegnare o scambiare un’attività finanziaria. Per esempio, i contratti che prevedono l’adempimento mediante ricevimento o consegna di un elemento non finanziario (quale un’opzione, un future o un contratto forward su argento) non sono strumenti finanziari. Molti contratti su materie prime sono di questo tipo. Alcuni sono standardizzati nella forma e negoziati in mercati organizzati nello stesso modo di alcuni strumenti finanziari derivati. Ad esempio, un contratto future su materie prime può essere prontamente acquistato e venduto per contanti perché è quotato in una borsa e può essere scambiato molte volte. Tuttavia, le parti che acquistano e vendono il contratto negoziano, di fatto, la materia prima sottostante. La capacità di acquistare o vendere in contanti un contratto su materie prime, la facilità con la quale esso può essere acquistato o venduto e la possibilità di negoziare il regolamento in contanti a fronte dell’obbligazione a ricevere o consegnare la materia prima non modificano la natura fondamentale del contratto in modo tale da originare uno strumento finanziario. Nonostante ciò, alcuni contratti per l’acquisto o la vendita di elementi non finanziari che possono essere regolati per il netto o scambiando strumenti finanziari, o in cui l’elemento non finanziario è prontamente convertibile in contanti, rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio come se fossero strumenti finanziari (cfr. paragrafo 8).

AG21

Un contratto che comporta il ricevimento o la consegna di attività materiali non dà luogo a un’attività finanziaria per una parte e una passività finanziaria per l’altra, a meno che qualsiasi pagamento connesso sia differito oltre la data di consegna del bene. Questo è il caso dell’acquisto o della vendita di merci a credito.

AG22

Alcuni contratti sono collegati a materie prime ma non comportano adempimenti tramite il ricevimento o la consegna di materie prime. Essi prevedono l’adempimento tramite pagamenti in contanti che sono determinati nel contratto secondo una formula piuttosto che tramite il pagamento di ammontari stabiliti. Ad esempio, il valore capitale di un titolo obbligazionario può essere determinato applicando il prezzo di mercato del petrolio prevalente alla scadenza del titolo a una quantità fissata di petrolio. Il capitale è indicizzato in riferimento al prezzo di una materia prima, ma è regolato solo in contanti. Un tale contratto costituisce uno strumento finanziario.

AG23

La definizione di strumento finanziario comprende anche i contratti che originano un’attività o una passività non finanziaria in aggiunta a un’attività o a una passività finanziaria. Tali strumenti finanziari spesso danno a una parte l’opzione a scambiare un’attività finanziaria con un’attività non finanziaria. Ad esempio, un titolo obbligazionario collegato al petrolio può dare al possessore il diritto a ricevere un flusso di pagamenti di interessi fissi periodici e un ammontare fisso di disponibilità liquide alla scadenza, con l’opzione di scambiare il valore capitale con una quantità stabilita di petrolio. Il vantaggio nell’esercitare questa opzione varierà nel tempo in base al fair value (valore equo) del petrolio relativamente al rapporto di cambio tra le disponibilità liquide e il petrolio (il prezzo di scambio) previsto dal titolo obbligazionario. Le intenzioni del possessore del titolo obbligazionario in merito all’esercizio dell’opzione non influiscono sulla sostanza delle attività che lo compongono. L’attività finanziaria del possessore e la passività finanziaria dell’emittente rendono il titolo obbligazionario uno strumento finanziario indipendentemente dagli altri tipi di attività e di passività pure generati.

AG24

[Eliminato]

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO

Passività e capitale (paragrafi da 15 a 27)

Nessuna obbligazione contrattuale a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria (paragrafi da 17 a 20)

AG25

Le azioni privilegiate possono essere emesse con vari diritti. Nel determinare se un’azione privilegiata rappresenta una passività finanziaria o uno strumento rappresentativo di capitale, l’emittente valuta i diritti specifici incorporati nell’azione per poter determinare se essa presenta le caratteristiche essenziali di una passività finanziaria. Per esempio, un’azione privilegiata che preveda il rimborso a una data specifica o a scelta del possessore contiene una passività finanziaria perché l’emittente ha un’obbligazione a trasferire attività finanziarie al possessore dell’azione. La potenziale incapacità di un emittente di soddisfare un’obbligazione a rimborsare un’azione privilegiata quando è contrattualmente obbligato a farlo, sia essa dovuta a una mancanza di fondi, a vincoli statutari ovvero a utili o riserve insufficienti, non annulla l’obbligazione. Un’opzione dell’emittente a rimborsare le azioni in cambio di disponibilità liquide non soddisfa la definizione di passività finanziaria perché l’emittente non ha un’obbligazione attuale a trasferire attività finanziarie agli azionisti. In questo caso, il rimborso delle azioni avviene unicamente a discrezione dell’emittente. Un’obbligazione può sorgere, tuttavia, quando l’emittente delle azioni esercita la sua opzione, solitamente notificando formalmente agli azionisti l’intenzione di rimborsare le azioni.

AG26

Quando le azioni privilegiate non sono rimborsabili, la classificazione corretta è determinata dagli altri diritti ad esse incorporati. La classificazione si basa su una valutazione della sostanza degli accordi contrattuali e sulle definizioni di passività finanziaria e di strumento rappresentativo di capitale. Quando le distribuzioni ai possessori delle azioni privilegiate, sia cumulative che non cumulative, avvengono a discrezione dell’emittente, le azioni sono strumenti rappresentativi di capitale. La classificazione di un’azione privilegiata come strumento rappresentativo di capitale o passività finanziaria non è interessata da, per esempio:

a)

la storia di riparto degli utili dell’entità;

b)

l’intenzione di effettuare distribuzioni nel futuro;

c)

il possibile impatto negativo sul prezzo delle azioni ordinarie dell’emittente se le distribuzioni non sono effettuate (a causa di vincoli relativi al pagamento di dividendi sulle azioni ordinarie se i dividendi non vengono pagati sulle azioni privilegiate);

d)

l’importo delle riserve dell’emittente;

e)

le aspettative di un emittente relative al risultato economico dell’esercizio; o

f)

la capacità o incapacità dell’emittente di influenzare il risultato economico dell’esercizio.

Estinzione tramite propri strumenti rappresentativi di capitale (paragrafi da 21 a 24)

AG27

I seguenti esempi illustrano come classificare diversi tipi di contratti aventi ad oggetto propri strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente:

a)

Un contratto che sarà regolato dall’entità ricevendo o consegnando un quantitativo fisso di azioni proprie senza corrispettivo futuro, o scambiando un quantitativo fisso di azioni proprie contro un quantitativo fisso di disponibilità liquide o altra attività finanziaria, è uno strumento rappresentativo di capitale. Di conseguenza, eventuali corrispettivi ricevuti o pagati per un tale contratto vengono aggiunti o dedotti direttamente dal patrimonio netto. Un esempio è un’opzione emessa su azioni che dia alla controparte il diritto ad acquistare un quantitativo fisso delle azioni dell’entità in cambio di un importo fisso di disponibilità liquide. Tuttavia, se il contratto richiede che l’entità acquisti (riscatti) le proprie azioni in cambio di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria a una data prestabilita o determinabile o su richiesta, l’entità rileva anche una passività finanziaria per il valore attuale dell’importo di rimborso. Un esempio è l’obbligo di un’entità in un contratto forward di riacquistare un numero fisso di proprie azioni in cambio di un importo fisso di disponibilità liquide.

b)

L’obbligo di un’entità ad acquistare le proprie azioni in cambio di disponibilità liquide dà origine a una passività finanziaria per il valore attuale dell’importo di rimborso anche se il numero di azioni che l’entità è obbligata a riacquistare non è fisso o se l’obbligazione è subordinata alla circostanza che la controparte eserciti il diritto al riscatto. Un esempio di un’obbligazione condizionale è un’opzione emessa che richiede che l’entità riacquisti le proprie azioni in cambio di disponibilità liquide se la controparte esercita l’opzione.

c)

Un contratto che sarà estinto tramite disponibilità liquide o altra attività finanziaria è un’attività finanziaria o una passività finanziaria anche se l’ammontare di disponibilità liquide o di altra attività finanziaria che sarà ricevuto o consegnato si basa sulle oscillazioni del prezzo di mercato del capitale dell’entità. Un esempio è un’opzione di acquisto di azione estinta tramite disponibilità liquide nette.

d)

Un contratto che verrà estinto dall’entità tramite un quantitativo variabile di azioni proprie il cui valore è pari a un importo predeterminato o a un importo basato sulle variazioni di una variabile sottostante (per esempio prezzo di materie prime) è un’attività o una passività finanziaria. Un esempio è un’opzione venduta per l’acquisto di oro che, se esercitata, è estinta dall’entità con propri strumenti rappresentativi di capitale consegnando un quantitativo di strumenti equivalente al valore del contratto di opzione. Tale contratto è un’attività o un passività finanziaria anche se la variabile sottostante rappresenta il prezzo dell’azione dell’entità piuttosto che dell’oro. Analogamente, un contratto che sarà estinto tramite un quantitativo fisso di azioni proprie dell’entità, i cui relativi diritti saranno modificati in modo che il valore di regolamento sia uguale a un importo predeterminato o un importo basato sulle variazioni di una variabile sottostante, è un’attività o una passività finanziaria.

Clausole di potenziale adempimento (paragrafo 25)

AG28

Il paragrafo 25 richiede che se la parte della clausola concernente il potenziale adempimento che potrebbe richiedere il regolamento tramite disponibilità liquide o altra attività finanziaria (o in un modo tale che lo strumento sia considerato una passività finanziaria) non è autentica, la clausola di estinzione non influisce sulla classificazione di uno strumento finanziario. Quindi, un contratto che richieda il regolamento tramite disponibilità liquide o un quantitativo variabile di azioni proprie dell’entità soltanto al verificarsi di un evento che sia estremamente raro, molto insolito e molto improbabile che accada è uno strumento rappresentativo di capitale. Analogamente, il regolamento tramite un quantitativo fisso di azioni proprie può essere contrattualmente precluso in circostanze che sono al di fuori del controllo dell’entità, ma se queste circostanze non hanno una possibilità oggettiva di verificarsi, la classificazione come strumento rappresentativo di capitale è corretta.

Trattamento nel bilancio consolidato

AG29

Nel bilancio consolidato, un’entità presenta quote di pertinenza di terzi — ossia interessenze di terzi nel patrimonio netto e nell’utile delle proprie controllate — secondo quanto previsto dallo IAS 1 e dallo IAS 27. Quando si classifica uno strumento finanziario (o una componente di esso) nel bilancio consolidato, l’entità considera tutte le clausole e le condizioni generali concordate tra i membri del gruppo e i possessori dello strumento nel determinare se il gruppo nel suo complesso ha l’obbligo di consegnare disponibilità liquide o altra attività finanziaria in riferimento allo strumento o di estinguerlo in modo che rientri nella categoria delle passività. Quando una controllata in un gruppo emette uno strumento finanziario e una capogruppo o altra entità del gruppo accetta ulteriori condizioni direttamente con i possessori dello strumento (per esempio una garanzia), il gruppo potrebbe non avere discrezionalità sulle distribuzioni o sul rimborso. Sebbene la controllata possa classificare correttamente lo strumento nel proprio bilancio individuale senza considerare queste ulteriori condizioni, l’effetto di altri accordi tra i membri del gruppo e i possessori dello strumento viene considerato per assicurare che il bilancio consolidato rifletta i contratti e le operazioni sottoscritte dal gruppo nel suo complesso. Nella misura in cui esiste una tale obbligazione o clausola di adempimento, lo strumento (o la sua componente soggetta all’obbligazione) è classificato come una passività finanziaria nel bilancio consolidato.

Strumenti finanziari composti (paragrafi da 28 a 32)

AG30

Il paragrafo 28 si applica soltanto agli emittenti di strumenti finanziari composti non derivati. Il paragrafo 28 non tratta gli strumenti finanziari composti dal punto di vista del possessore. Lo IAS 39 tratta la separazione dei derivati incorporati dal punto di vista del possessore di strumenti finanziari composti che presentano caratteristiche di debito e di capitale.

AG31

Un tipo comune di strumento finanziario composto è un titolo di debito con opzione di conversione incorporata, quale un titolo obbligazionario convertibile in azioni ordinarie dell’emittente e senza altre eventuali caratteristiche di derivato incorporato. Il paragrafo 28 richiede che l’emittente di tale strumento finanziario presenti nello stato patrimoniale le componenti di passività e di capitale distintamente, come segue:

a)

l’obbligazione dell’emittente a effettuare pagamenti periodici di interessi e capitale rappresenta una passività finanziaria che esiste fino al momento della conversione dello strumento. Al momento della rilevazione iniziale, il fair value (valore equo) della componente di passività è il valore attuale dei flussi finanziari futuri previsti contrattualmente attualizzati al tasso di interesse prevalente sul mercato in quel momento per strumenti aventi un rischio di credito similare che forniscono sostanzialmente gli stessi flussi finanziari, alle stesse condizioni, ma senza l’opzione di conversione;

b)

lo strumento rappresentativo di capitale è l’opzione incorporata per convertire la passività in capitale dell’emittente. Il fair value (valore equo) dell’opzione comprende il suo valore temporale e il suo valore intrinseco, se esistente. Questa opzione ha valore al momento della rilevazione iniziale anche quando è «out of the money».

AG32

Alla conversione di uno strumento convertibile giunto a scadenza, l’entità elimina la componente di passività e rileva tale componente come capitale. La componente originaria di capitale rimane come capitale (anche se può essere trasferito da una voce a un’altra all’interno del patrimonio netto). Non c’è utile o perdita derivante dalla conversione a scadenza.

AG33

Quando un’entità estingue uno strumento convertibile prima della scadenza attraverso un rimborso o riacquisto anticipato in cui i privilegi della conversione originaria rimangono immutati, l’entità ripartisce il corrispettivo pagato ed eventuali costi di transazione per il riacquisto o il rimborso tra le componenti di passività e di capitale dello strumento alla data dell’operazione. Il metodo utilizzato nel ripartire il corrispettivo pagato e i costi di transazione tra le distinte componenti è conforme a quello utilizzato nella ripartizione originaria tra le distinte componenti dei corrispettivi ricevuti dall’entità quando lo strumento convertibile è stato emesso, secondo quanto previsto dai paragrafi da 28 a 32.

AG34

Una volta effettuata la ripartizione del corrispettivo, qualsiasi utile o perdita risultante è trattato secondo i principi contabili applicabili alla relativa componente, come segue:

a)

l’importo dell’utile o della perdita relativo alla componente di passività è rilevato nel conto economico; e

b)

l’importo del corrispettivo relativo alla componente di capitale è rilevato nel patrimonio netto.

AG35

Un’entità può modificare le condizioni di uno strumento convertibile per incentivare una conversione anticipata, per esempio offrendo un tasso di conversione più favorevole o pagando un ulteriore corrispettivo in caso di una conversione antecedente una data specificata. La differenza, alla data in cui le condizioni sono modificate, tra il fair value (valore equo) del corrispettivo che il possessore riceve alla conversione dello strumento secondo le nuove condizioni e il fair value (valore equo) del corrispettivo che il possessore avrebbe ricevuto secondo le originali condizioni è rilevata come una perdita nel conto economico.

Azioni proprie (paragrafi 33 e 34)

AG36

Gli strumenti rappresentativi di capitale dell’emittente non sono rilevati come un’attività finanziaria indipendentemente dal motivo per cui sono riacquistati. Il paragrafo 33 richiede che un’entità che riacquisti i propri strumenti rappresentativi di capitale deduca tali strumenti dal patrimonio netto. Tuttavia, quando un’entità possiede il proprio capitale per conto di altri, per esempio un istituto finanziario che possieda il proprio capitale per conto di un cliente, esiste un rapporto di agenzia e come risultato tali partecipazioni non vanno incluse nello stato patrimoniale dell’entità.

Interessi, dividendi, perdite ed utili (paragrafi da 35 a 41)

AG37

Il seguente esempio illustra l’applicazione del paragrafo 35 a uno strumento finanziario composto. Si supponga che un’azione privilegiata non cumulativa sia rimborsabile obbligatoriamente tramite disponibilità liquide in cinque anni, ma che i dividendi siano pagabili a discrezione dell’entità prima della data di rimborso. Tale strumento è uno strumento finanziario composto, con la componente di passività corrispondente al valore attuale del valore di rimborso. Lo smontamento (unwinding) dell’attualizzazione di questa componente è rilevato nel conto economico e classificato come interesse passivo. Eventuali dividendi pagati sono relativi alla componente di capitale e, di conseguenza, sono rilevati come una distribuzione del risultato economico. Un trattamento simile si applicherebbe se il rimborso non fosse obbligatorio, ma a scelta del possessore, o se l’azione fosse obbligatoriamente convertibile in un quantitativo variabile di azioni ordinarie calcolate per essere pari a un importo predeterminato ovvero basato sulle variazioni di una variabile sottostante (per esempio materie prime). Tuttavia, se eventuali dividendi non pagati sono sommati all’importo del rimborso, l’intero strumento costituisce una passività. In tale caso, eventuali dividendi sono classificati come interessi passivi.

Compensazione di attività e passività finanziarie (paragrafi da 42 a 50)

AG38

Per compensare un’attività con una passività finanziaria, un’entità deve avere un diritto legale correntemente esercitabile a compensare gli importi rilevati. Un’entità può avere un diritto condizionato a compensare gli importi rilevati, come in un accordo quadro di compensazione o in alcune forme di debito senza rivalsa, ma tali diritti sono esercitabili soltanto all’occorrenza di alcuni eventi futuri, di solito un inadempimento della controparte. Quindi, tale accordo non soddisfa le condizioni per la compensazione.

AG39

Il presente Principio non prevede un trattamento contabile particolare per i cosiddetti «strumenti sintetici», che sono classi di strumenti finanziari distinti acquistati e posseduti per replicare le caratteristiche di un altro strumento. Per esempio, un debito a lungo termine a tasso variabile combinato con un interest rate swap che comporta l’incasso di importi variabili e l’effettuazione di pagamenti fissi equivale a un debito a lungo termine a tasso fisso. Ciascuno degli strumenti finanziari distinti che insieme costituiscono uno «strumento sintetico» rappresenta un diritto o un’obbligazione contrattuale con proprie clausole e condizioni e ciascuno può essere trasferito o regolato separatamente. Ciascuno strumento finanziario è esposto a rischi che possono differire dai rischi ai quali sono esposti altri strumenti finanziari. Conseguentemente, quando uno strumento finanziario in uno «strumento sintetico» è un’attività e un altro rappresenta una passività, non sono compensati e presentati nello stato patrimoniale di un’entità su una base netta, a meno che questi soddisfino i criteri per la compensazione del paragrafo 42.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

Attività e passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico [paragrafo 94 (f)]

AG40

[Eliminato]


(1)  Nella presente Guida, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

(2)  Questo è vero per la maggioranza dei derivati, ma non per tutti, per esempio in alcuni interest rate swap multivaluta, il valore capitale viene scambiato all’inizio (e riscambiato a scadenza).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 33

Utile per azione

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è definire i principi per la determinazione e l’esposizione in bilancio dell’utile per azione al fine di migliorare la comparabilità tra i risultati economici di differenti entità nello stesso esercizio e della stessa entità in esercizi diversi. Nonostante i limiti che i dati relativi all’utile per azione presentano, dovuti ai diversi principi contabili che possono essere utilizzati per determinare l’«utile», una determinazione uniforme del denominatore migliora la qualità dell’informazione di bilancio. L’attenzione del presente Principio è focalizzata sul denominatore del calcolo dell’utile per azione.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio si applica a:

a)

il bilancio separato o individuale di un’entità:

i)

le cui azioni ordinarie o potenziali azioni ordinarie sono negoziate in un mercato pubblico (una Borsa valori nazionale o estera ovvero un mercato over-the-counter, compresi i mercati locali e regionali); o

ii)

che deposita il proprio bilancio, o che ne ha in corso il deposito, presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere azioni ordinarie in un mercato pubblico; e

b)

il bilancio consolidato di un gruppo avente una capogruppo:

i)

le cui azioni ordinarie o potenziali azioni ordinarie sono negoziate in un mercato pubblico (una Borsa Valori nazionale o estera ovvero un mercato over-the-counter, compresi i mercati locali e regionali); o

ii)

che deposita il proprio bilancio, o che ne ha in corso il deposito, presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere azioni ordinarie in un mercato pubblico.

3.

L’entità che fornisce informativa sull’utile per azione deve calcolare e fornire informativa sull’utile per azione secondo quanto previsto dal presente Principio.

4.

Quando un’entità presenta sia il bilancio consolidato sia il bilancio separato redatti secondo quanto previsto dallo IAS 27 Bilancio consolidato e separato, l’informativa richiesta dal presente Principio deve essere presentata soltanto con riferimento ai dati consolidati. L’entità che scelga di fornire l’informativa sull’utile per azione in base al bilancio separato deve presentarla esclusivamente nel prospetto di conto economico separato. L’entità non deve presentare tale informativa sull’utile per azione nel bilancio consolidato.

DEFINIZIONI

5.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Antidiluizione è un incremento dell’utile per azione o una riduzione della perdita per azione derivante dalla assunzione che gli strumenti convertibili siano convertiti, che le opzioni o warrant siano esercitati, o che le azioni ordinarie siano emesse al verificarsi di determinate condizioni.

Un accordo di emissione condizionata è un accordo per l’emissione di azioni che dipende dal verificarsi di determinate condizioni.

Azioni ordinarie a emissione condizionata sono azioni ordinarie che possono essere emesse a fronte di un limitato o nessun esborso di denaro o di altro corrispettivo al verificarsi di determinate condizioni nell’ambito di un accordo di emissione condizionata.

Diluizione è una riduzione dell’utile per azione o un incremento della perdita per azione derivante dalla assunzione che gli strumenti convertibili siano convertiti, che le opzioni o warrant siano esercitati, o che le azioni ordinarie siano emesse al verificarsi di determinate condizioni.

Opzioni, warrant e loro equivalenti sono strumenti finanziari che attribuiscono al possessore il diritto di acquistare azioni ordinarie.

Una azione ordinaria è uno strumento rappresentativo di capitale subordinato a tutte le altre categorie di strumenti rappresentativi di capitale.

Una potenziale azione ordinaria è uno strumento finanziario o altro contratto che possa attribuire al suo possessore il diritto di ottenere azioni ordinarie.

Opzioni put su azioni ordinarie sono contratti che danno al portatore il diritto di vendere azioni ordinarie a un prezzo stabilito per un determinato periodo.

6.

Le azioni ordinarie partecipano alla distribuzione dell’utile d’esercizio soltanto dopo le altre categorie di azioni quali le azioni privilegiate. L’entità può avere più di una categoria di azioni ordinarie. Le azioni ordinarie della stessa categoria godono degli stessi diritti a percepire i dividendi.

7.

Esempi di potenziali azioni ordinarie sono:

a)

passività finanziarie o strumenti rappresentativi di capitale, comprese le azioni privilegiate, convertibili in azioni ordinarie;

b)

opzioni e warrant;

c)

azioni da emettere al verificarsi di condizioni definite in accordi contrattuali, quali l’acquisizione di un’azienda o di altre attività.

8.

I termini definiti nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio sono utilizzati nel presente Principio con il significato specificato nel paragrafo 11 dello IAS 32, se non diversamente indicato. Lo IAS 32 fornisce la definizione di strumento finanziario, attività finanziaria, passività finanziaria, strumento rappresentativo di capitale e fair value (valore equo), e indicazioni su come applicare tali definizioni.

VALUTAZIONE

Utile base per azione

9.

Un’entità deve calcolare gli importi dell’utile base per azione relativamente all’utile o alla perdita attribuibile a possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo e, se presentato, l’utile o la perdita derivante da attività operative in esercizio attribuibile a quei possessori di strumenti di capitale.

10.

L’utile base per azione deve essere calcolato dividendo l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo (il numeratore) per la media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione (il denominatore) durante l’esercizio.

11.

La finalità dell’informazione sull’utile base per azione è fornire una misura dell’interessenza di ciascuna azione ordinaria dell’entità capogruppo al risultato economico dell’entità per l’esercizio di riferimento.

Utile

12.

Al fine del calcolo dell’utile base per azione, gli importi attribuibili a possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo con riferimento a:

a)

utile o perdita da attività operative in esercizio attribuibile all’entità capogruppo; e

b)

utile o perdita attribuibile all’entità capogruppo

devono essere gli importi in a) e b) rettificati dagli ammontari dei dividendi privilegiati al netto delle imposte, dalle differenze derivanti dal regolamento di azioni privilegiate, e dagli altri effetti simili di azioni privilegiate classificate come patrimonio netto.

13.

Tutte le voci di proventi e di oneri attribuibili ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo che sono rilevate in un esercizio, inclusi le imposte e i dividendi sulle azioni privilegiate classificate come passività, sono incluse nella determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo (cfr. IAS 1 Presentazione del bilancio).

14.

L’importo dei dividendi privilegiati al netto delle imposte che viene dedotto dall’utile o dalla perdita corrisponde:

a)

all’importo di eventuali dividendi privilegiati al netto delle imposte deliberati nell’esercizio per le azioni privilegiate non cumulative; e

b)

all’ammontare dei dividendi privilegiati al netto delle imposte spettanti per l’esercizio alle azioni privilegiate cumulative sia deliberati che non deliberati. L’ammontare dei dividendi privilegiati dell’esercizio non include i dividendi privilegiati spettanti alle azioni privilegiate cumulative pagati o deliberati nell’esercizio corrente relativamente a esercizi precedenti.

15.

Le azioni privilegiate che prevedono un dividendo iniziale ridotto per compensare un’entità per la vendita di azioni privilegiate con uno sconto, o un dividendo superiore al mercato in esercizi successivi per compensare gli investitori per l’acquisto di azioni privilegiate con un sovrapprezzo, a volte sono chiamate azioni privilegiate a tasso crescente. Qualsiasi sconto o sovrapprezzo di emissione su azioni privilegiate a tasso crescente è ammortizzato con imputazione agli utili portati a nuovo utilizzando il metodo dell’interesse effettivo ed è trattato come dividendo privilegiato ai fini del calcolo dell’utile per azione.

16.

Le azioni privilegiate possono essere riacquistate in occasione di un’offerta pubblica di un’entità ai relativi possessori. L’eccedenza del fair value (valore equo) del corrispettivo pagato ai possessori di azioni privilegiate rispetto al loro valore contabile rappresenta un utile per i possessori delle azioni privilegiate e una diminuzione degli utili portati a nuovo per l’entità. Questo importo viene dedotto dal calcolo dell’utile o della perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo.

17.

Una conversione anticipata delle azioni privilegiate convertibili può essere indotta da un’entità per mezzo di modifiche favorevoli alle originarie condizioni di conversione o del pagamento di un ulteriore corrispettivo. L’eccedenza di fair value (valore equo) delle azioni ordinarie o di altri corrispettivi pagati rispetto al fair value (valore equo) delle azioni ordinarie da emettere secondo le originarie condizioni di conversione è un utile per i possessori di azioni privilegiate ed è dedotto dal calcolo dell’utile o della perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo.

18.

Qualsiasi eccedenza del valore contabile delle azioni privilegiate rispetto al fair value (valore equo) del corrispettivo pagato per regolarle è aggiunta al calcolo dell’utile o della perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo.

Azioni

19.

Al fine del calcolo dell’utile base per azione, il numero delle azioni ordinarie deve essere la media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione nell’esercizio.

20.

Utilizzare la media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione nell’esercizio riflette la possibilità che il valore del capitale azionario sia variato durante l’esercizio a causa del maggior o minor numero di azioni in circolazione in un dato momento. La media ponderata di azioni ordinarie in circolazione nell’esercizio è il numero delle azioni ordinarie in circolazione all’inizio dell’esercizio, rettificato dal numero delle azioni ordinarie riacquistate o emesse durante l’esercizio moltiplicato per un fattore di ponderazione temporale. Il fattore di ponderazione temporale è il numero di giorni in cui le azioni sono state in circolazione in proporzione al numero totale di giorni dell’esercizio; in molti casi è appropriato adottare una approssimazione ragionevole della media ponderata.

21.

Normalmente le azioni sono incluse nel calcolo della media ponderata delle azioni dalla data in cui il corrispettivo è esigibile (corrispondente, di solito, alla data della loro emissione), per esempio:

a)

le azioni ordinarie emesse e regolate in contanti sono incluse quando il corrispettivo è esigibile;

b)

le azioni ordinarie emesse come reinvestimento volontario di dividendi da azioni ordinarie o privilegiate sono incluse quando i dividendi vengono reinvestiti;

c)

le azioni ordinarie emesse a seguito della conversione di uno strumento di debito in azioni ordinarie sono incluse dal momento in cui l’interesse cessa di maturare;

d)

le azioni ordinarie emesse in sostituzione della quota di interesse o di capitale di altri strumenti finanziari sono incluse dal momento in cui l’interesse cessa di maturare;

e)

le azioni ordinarie emesse per l’estinzione di una passività dell’entità sono incluse dalla data dell’estinzione;

f)

le azioni ordinarie emesse come corrispettivo per l’acquisizione di un’attività diversa da disponibilità liquide sono incluse dalla data in cui l’acquisizione è rilevata; e

g)

le azioni ordinarie emesse per la prestazione di servizi all’entità sono incluse man mano che i servizi sono resi.

La determinazione della data a partire dalla quale includere le azioni ordinarie nel calcolo della media ponderata dipende dalle clausole contrattuali e condizioni che regolano la loro emissione. La dovuta considerazione è data alla sostanza dei contratti associati all’emissione.

22.

Le azioni ordinarie emesse come parte del costo di una aggregazione aziendale sono incluse nella media ponderata delle azioni a partire dalla data di acquisizione. Ciò in quanto l’acquirente incorpora nel proprio conto economico gli utili e le perdite dell’acquisito, a partire da tale data.

23.

Le azioni ordinarie che saranno emesse alla conversione di uno strumento obbligatoriamente convertibile sono incluse nel calcolo dell’utile base per azione dalla data in cui il contratto viene sottoscritto.

24.

Le azioni potenziali da emettere sono considerate in circolazione e sono incluse nel calcolo dell’utile base per azione soltanto dalla data in cui tutte le condizioni necessarie sono soddisfatte (ossia gli eventi si sono verificati). Le azioni la cui emissione è subordinata solo al passare del tempo non sono azioni potenziali da emettere, perché il passare del tempo è una certezza. Azioni ordinarie in circolazione a restituzione condizionata (ossia soggette a ritiro) non sono considerate in circolazione e sono escluse dal calcolo dell’utile base per azione fino alla data in cui le azioni non sono più soggette a ritiro.

25.

[Eliminato]

26.

La media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione nell’esercizio e con riferimento a tutti gli esercizi oggetto di presentazione deve essere rettificata per tener conto dei fatti, diversi dalla conversione di potenziali azioni ordinarie, che hanno cambiato il numero delle azioni ordinarie in circolazione senza un corrispondente cambiamento delle risorse.

27.

Possono essere emesse azioni ordinarie, o il numero delle azioni ordinarie in circolazione può essere ridotto senza un corrispondente cambiamento delle risorse. Alcuni esempi sono:

a)

una capitalizzazione o emissione gratuita (a volte chiamato dividendo pagato in azioni);

b)

un premio associato ad altra emissione, ad esempio un premio in una emissione di diritti riservata agli azionisti esistenti;

c)

un frazionamento dell’azione; e

d)

un raggruppamento di azioni (consolidamento di azioni).

28.

In una capitalizzazione o in una emissione gratuita o in un frazionamento di azioni, agli azionisti esistenti sono assegnate azioni ordinarie senza corrispettivo. Perciò, il numero di azioni ordinarie in circolazione aumenta senza incremento di risorse. Il numero delle azioni ordinarie precedentemente in circolazione è rettificato in proporzione alla variazione del numero di azioni ordinarie in circolazione, come se il fatto fosse avvenuto all’inizio del primo esercizio oggetto di presentazione. Per esempio, in una emissione gratuita di due azioni per ciascuna posseduta, il numero di azioni ordinarie in circolazione prima dell’emissione è moltiplicato per un fattore tre per ottenere il nuovo numero totale di azioni ordinarie, o per un fattore due per ottenere il numero aggiuntivo di azioni ordinarie.

29.

Un consolidamento di azioni ordinarie generalmente riduce il numero di azioni ordinarie in circolazione senza una corrispondente riduzione di risorse. Tuttavia, quando l’effetto complessivo è un riacquisto di azioni al fair value (valore equo), la riduzione nel numero di azioni ordinarie in circolazione è il risultato di una corrispondente riduzione delle risorse. Un esempio è un consolidamento azionario combinato con un dividendo straordinario. La media ponderata di azioni ordinarie in circolazione nell’esercizio in cui avviene la transazione combinata è rettificata per la riduzione del numero di azioni ordinarie dalla data in cui il dividendo straordinario viene rilevato.

Utile diluito per azione

30.

Un’entità deve calcolare gli importi dell’utile diluito per azione relativamente all’utile o alla perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo e, se presentato, l’utile o la perdita derivante da attività operative in esercizio attribuibile a quei possessori.

31.

Al fine del calcolo dell’utile diluito per azione, un’entità deve rettificare l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo, nonché la media ponderata delle azioni in circolazione, per tener conto degli effetti di tutte le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo.

32.

La finalità dell’utile diluito per azione è conforme a quella dell’utile base per azione (per fornire una misura dell’interessenza di ciascuna azione ordinaria al risultato economico dell’entità) tenendo conto di tutte le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo in circolazione nell’esercizio. Conseguentemente:

a)

l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo è incrementato dall’importo, al netto delle imposte, di dividendi e interessi rilevati nell’esercizio con riferimento alle potenziali azioni ordinarie ed è rettificato da qualsiasi altra variazione di proventi od oneri che potrebbe risultare dalla conversione delle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo; e

b)

la media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione è incrementata dalla media ponderata delle azioni ordinarie addizionali che sarebbero in circolazione in caso di conversione di tutte le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo.

Utile

33.

Ai fini del calcolo dell’utile diluito per azione, un’entità deve rettificare l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo, calcolato come previsto dal paragrafo 12, dall’effetto al netto delle imposte di:

a)

qualsiasi dividendo o altro elemento legato alle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo dedotto nella determinazione dell’utile o della perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo, calcolato come previsto dal paragrafo 12;

b)

qualsiasi interesse rilevato nell’esercizio relativo alle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo; e

c)

qualsiasi altra variazione di proventi o oneri che potrebbero derivare dalla conversione delle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo.

34.

Dopo che le potenziali azioni ordinarie sono convertite in azioni ordinarie, gli elementi identificati nel paragrafo 33, lettere da a) a c) non sussistono più. Invece, le nuove azioni ordinarie hanno il diritto a partecipare all’utile o alla perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo. Quindi, l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo calcolato secondo quanto previsto dal paragrafo 12 è rettificato dagli elementi identificati nel paragrafo 33, lettere da a) a c) e da qualsiasi imposta correlata. Gli oneri associati alle potenziali azioni ordinarie includono i costi dell’operazione e il disaggio contabilizzati secondo quanto previsto dal criterio dell’interesse effettivo (cfr. paragrafo 9 IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, rivisto nella sostanza nel 2003).

35.

La conversione di potenziali azioni ordinarie può produrre conseguenti variazioni nei proventi o oneri. Per esempio, la riduzione degli interessi passivi relativi a potenziali azioni ordinarie e il conseguente incremento dell’utile o riduzione della perdita può determinare un incremento del costo relativo a un piano obbligatorio di partecipazione agli utili per i dipendenti. Ai fini del calcolo dell’utile diluito per azione, l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo è rettificato per tener conto di qualsiasi conseguente variazione dei proventi o degli oneri.

Azioni

36.

Al fine del calcolo dell’utile diluito per azione, il numero delle azioni ordinarie deve essere la media ponderata delle azioni ordinarie calcolata secondo quanto previsto dai paragrafi 19 e 26, più la media ponderata delle azioni ordinarie che potrebbero essere emesse al momento della conversione in azioni ordinarie di tutte le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo. Le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo si devono considerare convertite in azioni ordinarie all’inizio dell’esercizio o, se successiva, alla data di emissione delle potenziali azioni ordinarie.

37.

Le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo devono essere determinate in modo indipendente per ciascun esercizio presentato. Il numero delle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo incluse alla fine del periodo non è una media ponderata delle potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo incluse nel calcolo di ciascun periodo intermedio.

38.

Le potenziali azioni ordinarie sono ponderate in base al periodo in cui sono in circolazione. Le potenziali azioni ordinarie che sono annullate o quelle la cui estinzione è prevista durante il periodo sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione solo per la parte del periodo nella quale esse sono state in circolazione. Le potenziali azioni ordinarie che sono convertite in azioni ordinarie durante il periodo sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione dall’inizio del periodo fino alla data di conversione; dalla data di conversione, le risultanti azioni ordinarie sono incluse sia nell’utile base per azione, sia nell’utile diluito.

39.

Il numero di azioni ordinarie che potrebbero essere emesse al momento della conversione delle potenziali azioni ordinarie con effetti diluitivi è determinato in base alle condizioni delle potenziali azioni ordinarie. Quando sussiste più di una base di conversione, il calcolo considera il tasso di conversione o il prezzo di esercizio più vantaggioso dal punto di vista del possessore delle potenziali azioni ordinarie.

40.

Una controllata, joint venture o collegata può emettere a favore di soggetti diversi dalla controllante, partecipante alla joint venture o investitore potenziali azioni ordinarie che sono convertibili in azioni ordinarie della controllata, joint venture o collegata o azioni ordinarie della controllante, partecipante alla joint venture o investitore (l’entità che redige il bilancio). Se queste potenziali azioni ordinarie della controllata, joint venture o collegata hanno un effetto diluitivo sull’utile base per azione dell’entità che redige il bilancio, esse sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione.

Potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo

41.

Le potenziali azioni ordinarie devono essere considerate come aventi effetto diluitivo quando, e solo quando, la loro conversione in azioni ordinarie ridurrebbe l’utile per azione o incrementerebbe la perdita per azione derivante dalle attività operative in esercizio.

42.

L’entità utilizza l’utile o la perdita derivante dalle attività operative in esercizio attribuibile all’entità capogruppo come il «numero» di controllo per stabilire se le potenziali azioni ordinarie hanno effetto diluitivo o antidiluitivo. L’utile o la perdita derivante dalle attività operative in esercizio attribuibile all’entità capogruppo è rettificato secondo quanto previsto dal paragrafo 12 ed esclude gli elementi relativi alle attività operative cessate.

43.

Le potenziali azioni ordinarie hanno effetto antidiluitivo quando la loro conversione in azioni ordinarie incrementerebbe l’utile per azione o diminuirebbe la perdita per azione derivante dalle attività operative in esercizio. Il calcolo dell’utile diluito per azione non presuppone la conversione, il suo esercizio, o altra emissione di potenziali azioni ordinarie che avrebbero un effetto antidiluitivo sull’utile per azione.

44.

Nel determinare se le potenziali azioni ordinarie hanno effetto diluitivo o antidiluitivo, ciascuna emissione o serie di potenziali azioni ordinarie è considerata distintamente invece che complessivamente. L’ordine in cui le potenziali azioni ordinarie vengono prese in considerazione può influenzare il fatto che esse abbiano effetto diluitivo. Quindi, per ottimizzare la diluizione dell’utile base per azione, ciascuna emissione o serie di potenziali azioni ordinarie è considerata in sequenza dalla più diluitiva alla meno diluitiva, ossia le potenziali azioni ordinarie con effetto diluitivo con il minor «utile per nuova azione» sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione prima di quelle con il maggior utile per nuova azione. Opzioni e warrant sono generalmente inclusi per primi perché non influiscono sul numeratore del calcolo.

Opzioni, warrant e loro equivalenti

45.

Al fine del calcolo dell’utile diluito per azione, l’entità deve ipotizzare l’esercizio di opzioni e warrant dell’entità con effetto diluitivo. I corrispettivi presunti derivanti da questi strumenti devono essere considerati come se fossero stati ricevuti dall’emissione di azioni ordinarie al prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie durante il periodo. La differenza tra il numero di azioni ordinarie emesse e il numero di azioni ordinarie che sarebbero potute essere emesse al prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie durante il periodo deve essere trattata come un’emissione di azioni ordinarie a titolo gratuito.

46.

Le opzioni e i warrant hanno effetti di diluizione quando determinerebbero l’emissione di azioni ordinarie a un prezzo inferiore a quello medio di mercato delle azioni ordinarie durante il periodo. L’ammontare della diluizione è pari al prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie durante il periodo meno il prezzo di emissione. Quindi per calcolare l’utile diluito per azione, le potenziali azioni ordinarie sono trattate come se fossero costituite da entrambi i seguenti contratti:

a)

un contratto che preveda l’emissione di un determinato numero di azioni ordinarie al loro prezzo medio di mercato del periodo. Si assume che tali azioni ordinarie siano emesse a un prezzo congruo e che non abbiano né un effetto diluitivo né antidiluitivo. Esse non sono considerate nel calcolo dell’utile diluito per azione;

b)

un contratto che preveda l’emissione delle restanti azioni ordinarie a titolo gratuito. Tali azioni ordinarie non danno luogo a corrispettivi e non hanno effetto sull’utile o sulla perdita attribuibile alle azioni ordinarie in circolazione. Perciò tali azioni hanno un effetto diluitivo e, nel calcolo dell’utile diluito per azione, sono aggiunte al numero di azioni ordinarie in circolazione.

47.

Le opzioni e i warrant hanno un effetto di diluizione solo quando il prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie nel periodo eccede il prezzo di esercizio delle opzioni o warrant (ossia sono «in the money»). L’utile per azione precedentemente presentato non è rettificato retroattivamente per riflettere le modifiche nei prezzi delle azioni ordinarie.

47A

Per quanto concerne le opzioni su azioni e altri accordi di pagamento basato su azioni ai quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni, il prezzo di emissione cui si fa riferimento nel paragrafo 46 e il prezzo di esercizio indicato nel paragrafo 47 devono includere il fair value (valore equo) di qualsiasi bene o servizio da fornire alla entità in futuro in base ad accordi di opzioni su azioni o ad altri accordi di pagamento basato su azioni.

48.

Le opzioni su azioni offerte ai dipendenti a condizioni fisse o determinabili e le azioni ordinarie non assegnate sono trattate come opzioni nel calcolo dell’utile diluito per azione, anche se possono essere subordinate all’assegnazione. Sono trattate come in circolazione alla data dell’assegnazione. Le opzioni su azioni offerte ai dipendenti in base alla loro performance sono trattate come potenziali azioni da emettere poiché la loro emissione è subordinata al soddisfacimento di determinate condizioni oltre al passare del tempo.

Strumenti convertibili

49.

L’effetto di diluizione degli strumenti convertibili deve essere riflesso nell’utile diluito per azione secondo quanto previsto dai paragrafi 33 e 36.

50.

Le azioni privilegiate convertibili hanno effetti antidiluitivi ogni qual volta l’importo del dividendo di tali azioni dichiarato o complessivo per tutto l’esercizio corrente per azione ordinaria ottenibile dalla conversione supera l’utile base per azione. Similmente, il debito convertibile ha effetti antidiluitivi ogni qualvolta il suo interesse (al netto delle imposte e altre variazioni nei proventi o oneri) per azione ordinaria ottenibile dalla conversione supera l’utile base per azione.

51.

Il rimborso o l’indotta conversione di azioni privilegiate convertibili può influenzare soltanto una parte delle azioni privilegiate convertibili precedentemente in circolazione. In tali casi, qualsiasi eccedenza del corrispettivo di cui al paragrafo 17 è attribuita a quelle azioni che sono rimborsate o convertite al fine di determinare se le rimanenti azioni privilegiate in circolazione abbiano effetto diluitivo. Le azioni rimborsate o convertite sono considerate distintamente da quelle azioni che non sono rimborsate o convertite.

Azioni a emissione condizionata

52.

Come nel calcolo dell’utile base per azione, le azioni ordinarie a emissione condizionata sono considerate in circolazione e incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione se le condizioni sono soddisfatte (ossia gli eventi si sono verificati). Le azioni a emissione condizionata sono incluse dall’inizio dell’esercizio (o dalla data dell’accordo di emissione condizionata, se successiva). Se le condizioni non sono soddisfatte, il numero delle azioni a emissione condizionata incluso nel calcolo dell’utile diluito per azione è basato sul numero di azioni che sarebbero da emettere se la chiusura dell’esercizio coincidesse con il termine del periodo di esercitabilità. Se, allo scadere del periodo di esercitabilità, le condizioni non sono soddisfatte, non è consentita una rideterminazione dei valori.

53.

Se il conseguimento o il mantenimento di un determinato importo di utile per un periodo è la condizione per la emissione condizionata e se tale importo è stato raggiunto alla chiusura dell’esercizio, ma deve essere mantenuto oltre la chiusura dell’esercizio per un ulteriore periodo, allora le azioni ordinarie aggiuntive vengono considerate in circolazione se l’effetto è di diluizione quando si effettua il calcolo dell’utile diluito per azione. In tal caso, il calcolo dell’utile diluito per azione si basa sul numero di azioni ordinarie che sarebbe emesso se l’importo dell’utile alla chiusura dell’esercizio fosse l’importo dell’utile alla fine del periodo di esercitabilità. Poiché l’utile può cambiare in un esercizio futuro, il calcolo dell’utile base per azione non include tali azioni ordinarie a emissione condizionata fino alla fine del periodo di esercitabilità, perché non sono state soddisfatte tutte le condizioni necessarie.

54.

Il numero di azioni ordinarie a emissione condizionata può dipendere dal prezzo di mercato futuro delle azioni ordinarie. In tal caso, se l’effetto è di diluizione il calcolo dell’utile diluito per azione si basa sul numero di azioni ordinarie che sarebbe emesso se il prezzo di mercato alla chiusura dell’esercizio fosse il prezzo di mercato alla fine del periodo di esercitabilità. Se la condizione si basa su una media di prezzi di mercato per un periodo di tempo che si estende oltre la fine dell’esercizio, si utilizza la media per il periodo di tempo che è trascorso. Poiché il prezzo di mercato può variare in un esercizio futuro, il calcolo dell’utile base per azione non include le azioni ordinarie a emissione condizionata fino alla fine del periodo di esercitabilità, perché non sono state soddisfatte tutte le condizioni necessarie.

55.

Il numero di azioni ordinarie a emissione condizionata può dipendere dall’utile futuro e dai prezzi futuri delle azioni ordinarie. In tali casi, il numero di azioni ordinarie incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione si basa su entrambe le condizioni (ossia l’utile conseguito e il prezzo di mercato corrente al termine dell’esercizio). Le azioni ordinarie a emissione condizionata non sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione, salvo che entrambe le condizioni siano soddisfatte.

56.

In altri casi, il numero di azioni ordinarie a emissione condizionata dipende da una condizione diversa dall’utile o dal prezzo di mercato (per esempio, l’apertura di un numero specifico di negozi al dettaglio). In tali casi, presumendo che lo stato attuale della condizione rimanga invariato fino alla fine del periodo di esercitabilità, le azioni ordinarie a emissione condizionata sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione in base allo stato alla chiusura dell’esercizio.

57.

Le potenziali azioni ordinarie a emissione condizionata (diverse da quelle coperte da un accordo di emissione condizionata, quale gli strumenti convertibili a emissione condizionata) sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione, come segue:

a)

l’entità determina se può presumersi che le potenziali azioni ordinarie siano emesse sulla base delle condizioni specificate per la loro emissione secondo le disposizioni per le azioni ordinarie condizionate di cui ai paragrafi da 52 a 56; e

b)

se quelle potenziali azioni ordinarie devono essere riflesse nell’utile diluito per azione, un’entità determina il loro impatto sul calcolo dell’utile diluito per azione seguendo le disposizioni per opzioni e warrant dei paragrafi da 45 a 48, le disposizioni per strumenti convertibili dei paragrafi da 49 a 51, le disposizioni per contratti che possono essere regolati in azioni ordinarie o disponibilità liquide dei paragrafi da 58 a 61, o altre disposizioni, a seconda del caso.

Tuttavia, l’esercizio o la conversione non sono assunti al fine del calcolo dell’utile diluito per azione, salvo che si assuma l’esercizio o la conversione di potenziali azioni ordinarie simili in circolazione la cui emissione non è condizionata.

Contratti che possono essere regolati in azioni ordinarie o in disponibilità liquide

58.

Quando un’entità ha emesso un contratto che può essere regolato in azioni ordinarie o disponibilità liquide ad opzione dell’entità, l’entità deve presumere che il contratto sarà regolato in azioni ordinarie, e le potenziali azioni ordinarie che ne deriveranno devono essere incluse nell’utile diluito per azione se l’effetto è di diluizione.

59.

Quando un tale contratto viene presentato a fini contabili come un’attività o una passività ovvero incorpori un componente di capitale e di passività, l’entità deve rettificare il numeratore per eventuali variazioni dell’utile o della perdita che risulterebbero durante il periodo se il contratto fosse stato classificato interamente come uno strumento rappresentativo di capitale. La rettifica è simile alle rettifiche richieste nel paragrafo 33.

60.

Per contratti che possono essere regolati, a scelta del possessore, in azioni ordinarie o disponibilità liquide, l’opzione che presenta maggiore effetto di diluizione tra regolamento in disponibilità liquide e in azioni deve essere utilizzata nel calcolo dell’utile diluito per azione.

61.

Un esempio di un contratto che può essere regolato in azioni ordinarie o disponibilità liquide è uno strumento di debito che, giunto a scadenza, dà all’entità il diritto senza limitazioni di regolare l’importo relativo alla componente di capitale in disponibilità liquide o in azioni ordinarie proprie. Un altro esempio è un’opzione put emessa che dia al possessore la scelta di regolare in azioni ordinarie o disponibilità liquide.

Opzioni acquistate

62.

I contratti quali le opzioni put e call acquistate (ossia le opzioni possedute dall’entità sulle proprie azioni ordinarie) non sono inclusi nel calcolo dell’utile diluito per azione perché includerli avrebbe un effetto di antidiluizione. L’opzione put sarebbe esercitata soltanto se il prezzo di esercizio fosse più alto del prezzo di mercato e l’opzione call sarebbe esercitata soltanto se il prezzo di esercizio fosse inferiore a quello di mercato.

Opzioni put emesse

63.

I contratti che richiedono che l’entità riacquisti le proprie azioni, quali opzioni put emesse e contratti di acquisto a termine, si riflettono nel calcolo dell’utile diluito per azione se l’effetto è di diluizione. Se questi contratti sono «in the money» durante il periodo (ossia il prezzo di esercizio o di regolamento è al di sopra del prezzo medio di mercato per quel periodo), il potenziale effetto di diluizione sull’utile per azione deve essere calcolato come segue:

a)

si deve assumere che all’inizio dell’esercizio saranno emesse un numero di azioni ordinarie sufficienti (al prezzo medio di mercato durante il periodo) per ottenere le risorse per adempiere al contratto;

b)

si deve assumere che le risorse derivanti dall’emissione siano utilizzate per adempiere al contratto (ossia per riacquistare le azioni ordinarie); e

c)

le azioni ordinarie incrementative (la differenza tra il numero di azioni ordinarie che si assume emesse e il numero di azioni ordinarie ricevute dal regolamento del contratto) devono essere incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione.

RETTIFICHE RETROATTIVE

64.

Se il numero delle azioni ordinarie o potenziali azioni ordinarie in circolazione aumenta in seguito alla capitalizzazione, emissione gratuita di azioni o frazionamento azionario oppure diminuisce in seguito al raggruppamento di azioni, il calcolo dell’utile base e diluito per azione deve essere rettificato con effetto retroattivo per tutti gli esercizi presentati. Se questi cambiamenti avvengono dopo la data di riferimento del bilancio ma prima della sua approvazione, i calcoli per azione relativi all’esercizio appena terminato e agli esercizi precedenti presentati devono basarsi sul nuovo numero di azioni. Il fatto che i calcoli per azione riflettano tali variazioni del numero di azioni deve essere indicato. Inoltre, l’utile di base e diluito per azione per tutti gli esercizi presentati deve essere modificato per riflettere gli effetti di errori e di rettifiche conseguenti a cambiamenti di principi contabili, contabilizzati retroattivamente.

65.

L’entità non ridetermina l’utile diluito per azione relativamente a qualsiasi esercizio precedente presentato per variazioni nelle ipotesi utilizzate nel calcolo dell’utile per azione o per la conversione di potenziali azioni ordinarie in azioni ordinarie.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO

66.

L’entità deve esporre nel conto economico l’utile base e diluito per azione relativamente all’utile o alla perdita derivante da attività operative in esercizio attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo e all’utile o alla perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo per il periodo per ciascuna classe di azioni ordinarie che ha un diritto diverso di partecipazione all’utile nell’esercizio. L’entità deve esporre l’utile base e diluito per azione con uguale rilievo per tutti gli esercizi presentati.

67.

L’utile per azione si espone per ciascun periodo per cui si presenta il conto economico. Se l’utile diluito per azione viene esposto per almeno un periodo, deve essere esposto per tutti i periodi presentati, anche se è uguale all’utile base per azione. Se l’utile base e diluito per azione sono uguali, la doppia esposizione può essere effettuata su una riga del conto economico.

68.

L’entità che espone un’attività operativa cessata deve indicare l’importo dell’utile base e diluito per azione relativamente all’attività operativa cessata nel prospetto di conto economico o nelle note.

69.

L’entità deve esporre l’utile base e diluito per azione anche se i valori sono negativi (ossia una perdita per azione).

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

70.

L’entità deve indicare quanto segue:

a)

i valori utilizzati come numeratori nel calcolo dell’utile base e diluito per azione e una riconciliazione di quei valori con l’utile o la perdita attribuibile all’entità capogruppo. La riconciliazione deve includere l’effetto individuale di ciascuna classe di strumenti che influisce sull’utile per azione;

b)

la media ponderata delle azioni ordinarie utilizzata al denominatore nel calcolo dell’utile base e diluito per azione e una riconciliazione di questi denominatori tra loro. La riconciliazione deve includere l’effetto individuale di ciascuna classe di strumenti che influisce sull’utile per azione;

c)

gli strumenti (incluse le azioni ad emissione condizionata) che potrebbero potenzialmente diluire l’utile base per azione in futuro, ma che non furono inclusi nel calcolo dell’utile diluito per azione perché hanno effetti antidiluitivi per il(i) periodo(i) presentato(i);

d)

una descrizione delle operazioni riguardanti le azioni ordinarie o le potenziali azioni ordinarie, diverse da quelle contabilizzate secondo quanto previsto dal paragrafo 64, che si verificano dopo la data di riferimento del bilancio e che avrebbero cambiato significativamente il numero delle azioni ordinarie o delle potenziali azioni ordinarie in circolazione a fine esercizio, qualora quelle operazioni si fossero verificate prima della fine dell’esercizio.

71.

Esempi di operazioni di cui al paragrafo 70, lettera d), includono:

a)

un’emissione di azioni per contanti;

b)

un’emissione di azioni quando il corrispettivo è utilizzato per rimborsare debiti o azioni privilegiate in circolazione alla data di riferimento del bilancio;

c)

il rimborso di azioni ordinarie in circolazione;

d)

la conversione o l’esercizio di potenziali azioni ordinarie in circolazione alla data di riferimento del bilancio, in azioni ordinarie;

e)

un’emissione di opzioni, warrant o strumenti convertibili; e

f)

il verificarsi di condizioni che potrebbero comportare l’emissione di azioni a emissione condizionata.

I valori dell’utile per azione non vengono rettificati a causa delle operazioni intervenute dopo la data di riferimento del bilancio perché tali operazioni non modificano il capitale utilizzato per produrre l’utile o la perdita d’esercizio.

72.

Gli strumenti finanziari e gli altri contratti che danno origine a potenziali azioni ordinarie possono avere clausole e condizioni che influenzano la determinazione dell’utile base e diluito per azione. Queste clausole e condizioni possono determinare se eventuali potenziali azioni ordinarie hanno, o non hanno, effetti di diluizione e, qualora l’avessero, l’effetto sulla media ponderata delle azioni in circolazione ed eventuali conseguenti rettifiche all’utile o alla perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale. L’indicazione delle clausole e condizioni di tali strumenti finanziari e altri contratti viene incoraggiata, se non diversamente richiesto (cfr. IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative).

73.

Se l’entità indica, in aggiunta all’utile di base e diluito per azione, valori per azione utilizzando un componente del conto economico diverso da quello richiesto dal presente Principio, tali valori devono essere calcolati utilizzando la media ponderata delle azioni ordinarie determinata secondo quanto stabilito dal presente Principio. L’importo base e diluito per azione relativi a tale componente devono essere indicati con uguale rilievo e presentati nelle note. L’entità deve indicare la base su cui il(i) numeratore(i) è (sono) determinato(i), ivi incluso se i valori per azione sono al netto o al lordo delle imposte. Se è utilizzato un componente del conto economico non esposto come un elemento distinto nel conto economico, una riconciliazione deve essere fornita tra il componente utilizzato e l’elemento distinto che è esposto nel conto economico.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

74.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

RITIRO DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

75.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 33 Utile per azione (pubblicato nel 1997).

76.

Il presente Principio sostituisce l’Interpretazione SIC-24 Utile per azione — Strumenti finanziari e altri contratti che possono essere convertiti in azioni.

Appendice A

GUIDA OPERATIVA

Questa appendice costituisce parte integrante del Principio.

UTILE O PERDITA ATTRIBUIBILE ALL’ENTITÀ CAPOGRUPPO

A1

Al fine del calcolo dell’utile per azione basato sul bilancio consolidato, l’utile o la perdita attribuibile all’entità capogruppo fa riferimento all’utile o la perdita dell’entità consolidata dopo la rettifica per le interessenze di minoranza.

EMISSIONI DI DIRITTI

A2

L’emissione di azioni ordinarie al tempo dell’esercizio o della conversione di potenziali azioni ordinarie di solito non dà origine a un premio. Questo si spiega perché le potenziali azioni ordinarie sono solitamente emesse a un valore pieno, determinando un cambiamento proporzionale nelle risorse disponibili per l’entità. In una emissione di diritti, tuttavia, il prezzo di esercizio è spesso inferiore al fair value (valore equo) delle azioni. Quindi, come indicato nel paragrafo 27, lettera b), tale emissione di diritti include un premio. Se un’emissione di diritti viene offerta a tutti gli azionisti esistenti, il numero di azioni ordinarie da utilizzarsi nel calcolare l’utile base e diluito per azione per tutti i periodi prima dell’emissione dei diritti è il numero di azioni ordinarie in circolazione prima dell’emissione, moltiplicato per il seguente fattore:

Fair value (valore equo) per azione immediatamente prima dell’esercizio dei diritti

Fair value (valore equo) teorico per azione dopo l’esercizio dei diritti

Il fair value (valore equo) teorico per azione dopo l’esercizio dei diritti è calcolato sommando il valore di mercato complessivo delle azioni immediatamente prima dell’esercizio dei diritti al corrispettivo derivante dall’esercizio dei diritti e dividendo la somma per il numero di azioni in circolazione dopo l’esercizio dei diritti. Quando i diritti sono da negoziarsi sui mercati regolamentati separatamente dalle azioni prima della data di esercizio, il fair value (valore equo), ai fini di questo calcolo, è determinato alla chiusura dell’ultimo giorno in cui le azioni sono negoziate insieme ai diritti.

«NUMERO» DI CONTROLLO

A3

Per illustrare la nozione dell’applicazione del «numero» di controllo descritta nei paragrafi 42 e 43, si ipotizzi che un’entità abbia un utile da attività operative in esercizio attribuibile all’entità capogruppo per CU 4 800, (1) una perdita da attività operative cessate attribuibile all’entità capogruppo pari a (CU 7 200), una perdita attribuibile all’entità capogruppo pari a (CU 2 400), e 2 000 azioni ordinarie e 400 potenziali azioni ordinarie in circolazione. L’utile base per azione dell’entità è pari a CU 2,40 per le attività operative in esercizio, (CU 3,60) per le attività operative cessate e (CU 1,20) per la perdita. Le 400 potenziali azioni ordinarie sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione perché l’utile per azione che ne risulta pari a CU 2,00 per le attività operative in esercizio ha effetto diluitivo, assumendo che nessun impatto sull’utile o sulla perdita derivi da quelle 400 potenziali azioni ordinarie. Poiché l’utile da attività operative in esercizio attribuibile all’entità capogruppo corrisponde al «numero» di controllo, l’entità include anche quelle 400 potenziali azioni ordinarie nel calcolo di altri valori di utile per azione, anche se i valori dell’utile per azione che ne risultano hanno effetti antidiluitivi in confronto ai loro valori di utile base per azione, ossia la perdita per azione è inferiore a [(CU 3,00) per azione per la perdita da attività operative cessate e a (CU 1,00) per azione per la perdita d’esercizio].

PREZZO MEDIO DI MERCATO DELLE AZIONI ORDINARIE

A4

Al fine di calcolare l’utile diluito per azione, il prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie che si ipotizza di emettere è calcolato sulla base del prezzo medio di mercato delle azioni ordinarie nel periodo. Teoricamente, ogni operazione sul mercato relativa alle azioni ordinarie di un’entità potrebbe essere inclusa nella determinazione del prezzo medio di mercato. Per praticità, tuttavia, una semplice media aritmetica dei prezzi settimanali o mensili è solitamente adeguata.

A5

In genere, i prezzi di chiusura del mercato sono adeguati per calcolare il prezzo medio di mercato. Quando i prezzi fluttuano molto, tuttavia, una media dei prezzi alti e bassi solitamente produce un prezzo più rappresentativo. Il metodo utilizzato per calcolare il prezzo medio di mercato è utilizzato uniformemente a meno che non sia più rappresentativo a seguito del cambiamento delle condizioni. Per esempio un’entità che utilizza i prezzi di chiusura del mercato per calcolare il prezzo medio di mercato in anni di prezzi relativamente stabili potrebbe adottare una media di prezzi alti e bassi se i prezzi iniziano a fluttuare considerevolmente e i prezzi di chiusura del mercato non rappresentano più un prezzo medio rappresentativo.

OPZIONI, WARRANT E LORO EQUIVALENTI

A6

Le opzioni o warrant di acquisto di strumenti convertibili si presume siano esercitati per acquistare strumenti convertibili ogniqualvolta i prezzi medi dello strumento convertibile e delle azioni ordinarie ottenibili dalla conversione siano al di sopra del prezzo di esercizio delle opzioni o warrant. Tuttavia, l’esercizio non viene presunto a meno che non sia a sua volta assunta la conversione di strumenti convertibili similari in circolazione, qualora esistano.

A7

Le opzioni o warrant possono permettere o richiedere l’offerta di un titolo di debito o di altro strumento dell’entità (o della sua capogruppo o controllata) per il pagamento di tutto o una parte del prezzo di esercizio. Nel calcolo dell’utile diluito per azione, quelle opzioni o warrant hanno un effetto di diluizione se a) il prezzo medio di mercato delle relative azioni ordinarie del periodo eccede il prezzo di esercizio o b) il prezzo di vendita dello strumento da offrire è al di sotto di quello a cui lo strumento può essere offerto con un contratto di opzione o warrant e lo sconto risultante determina un prezzo di esercizio effettivo al di sotto del prezzo di mercato delle azioni ordinarie ottenibili con l’esercizio. Nel calcolo dell’utile diluito per azione, quelle opzioni o warrant si presume siano esercitati e il debito o altri strumenti si presume siano offerti. Se l’offerta di disponibilità liquide è più vantaggiosa per il possessore dell’opzione o del warrant e il contratto permette di offrire disponibilità liquide, si presume l’offerta di disponibilità liquide. L’interesse (al netto delle imposte) su eventuali debiti assunti da offrire si somma come una rettifica incrementativa del numeratore.

A8

Un trattamento simile viene riservato alle azioni privilegiate che hanno caratteristiche simili o ad altri strumenti che hanno opzioni di conversione che permettono all’investitore di pagare in disponibilità liquide in cambio di un tasso di conversione più favorevole.

A9

Le condizioni sottostanti di certe opzioni o warrant possono richiedere che il corrispettivo ricevuto dall’esercizio di tali strumenti sia utilizzato per estinguere il debito o altri strumenti dell’entità (o della sua controllante o controllata). Nel calcolo dell’utile diluito per azione, quelle opzioni o warrant si presume che vengano esercitati e che il corrispettivo venga utilizzato per l’acquisto del titolo di debito al suo prezzo medio di mercato, piuttosto che per l’acquisto di azioni ordinarie. Tuttavia, l’eccedenza del corrispettivo ricevuto dall’ipotizzato esercizio rispetto all’importo utilizzato per l’ipotizzato acquisto del titolo di debito è considerata (ossia si presume utilizzata per riacquistare azioni ordinarie) nel calcolo dell’utile diluito per azione. L’interesse (al netto delle imposte) su eventuali debiti assunti da acquistare si somma come una rettifica incrementativa del numeratore.

OPZIONI PUT EMESSE

A10

Per illustrare l’applicazione del paragrafo 63, si ipotizzi che un’entità abbia 120 opzioni put emesse in circolazione sulle proprie azioni ordinarie con un prezzo di esercizio di CU 35. Il prezzo medio di mercato delle sue azioni ordinarie per il periodo è di CU 28. Nel calcolare l’utile diluito per azione, si ipotizzi che l’entità abbia emesso 150 azioni a CU 28 per azione all’inizio del periodo per soddisfare il suo obbligo di vendita di CU 4 200. La differenza tra le 150 azioni ordinarie emesse e le 120 azioni ordinarie ricevute per avere soddisfatto le opzioni put (30 nuove azioni ordinarie) è aggiunta al denominatore nel calcolo dell’utile diluito per azione.

STRUMENTI DI CONTROLLATE, JOINT VENTURE O COLLEGATE

A11

Le potenziali azioni ordinarie di una controllata, joint venture o collegata convertibili sia in azioni ordinarie della controllata, joint venture o collegata, ovvero in azioni ordinarie della controllante, partecipante a joint venture o investitore (l’entità che redige il bilancio) sono incluse nel calcolo dell’utile diluito per azione come segue:

a)

gli strumenti emessi dalla controllata, joint venture o collegata che permettono ai loro possessori di ottenere azioni ordinarie della controllata, joint venture o collegata sono inclusi nei dati utilizzati nel calcolo dell’utile diluito per azione della controllata, joint venture o collegata. Tale utile per azione è a sua volta incluso nel calcolo dell’utile per azione dell’entità che redige il bilancio sulla base del possesso degli strumenti della controllata, joint venture o collegata da parte dell’entità che redige il bilancio.

b)

gli strumenti di una controllata, joint venture o collegata convertibili in azioni ordinarie dell’entità che redige il bilancio sono considerati tra le potenziali azioni ordinarie dell’entità che redige il bilancio ai fini del calcolo dell’utile diluito per azione. Analogamente, opzioni o warrant emessi da una controllata, joint venture o collegata per l’acquisto di azioni ordinarie dell’entità che redige il bilancio sono considerati tra le potenziali azioni ordinarie dell’entità che redige il bilancio nel calcolo dell’utile diluito consolidato per azione.

A12

Al fine di determinare l’effetto dell’utile per azione di strumenti emessi dall’entità che redige il bilancio che sono convertibili in azioni ordinarie di una controllata, joint venture o collegata, si ipotizza che gli strumenti siano convertiti e il numeratore (utile o perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo) rettificato come previsto dal paragrafo 33. In aggiunta a tali rettifiche, il numeratore è rettificato per eventuali variazioni nell’utile o nella perdita registrato dall’entità che redige il bilancio (come un dividendo o quota di pertinenza dell’utile rilevata con il metodo del patrimonio netto) che sono attribuibili all’aumento nel numero di azioni ordinarie della controllata, joint venture o collegata in circolazione derivante dalla conversione ipotizzata. Il denominatore del calcolo dell’utile diluito per azione non è interessato perché il numero di azioni ordinarie dell’entità che redige il bilancio in circolazione non cambierebbe per la conversione ipotizzata.

STRUMENTI PARTECIPATIVI RAPPRESENTATIVI DI CAPITALE E DUE CATEGORIE DI AZIONI ORDINARIE

A13

Il capitale di alcune entità include:

a)

strumenti che partecipano al dividendo con le azioni ordinarie secondo una formula predeterminata (per esempio due per uno) con, a volte, un limite massimo di partecipazione (per esempio, fino a, ma non oltre un determinato importo per azione);

b)

una categoria di azioni ordinarie con un tasso di partecipazione al dividendo differente da quello di un’altra categoria di azioni ordinarie tuttavia senza diritti privilegiati o senior.

A14

Al fine di calcolare l’utile diluito per azione, la conversione è ipotizzata per quegli strumenti descritti nel paragrafo A13 che sono convertibili in azioni ordinarie se l’effetto è di diluizione. Per quegli strumenti che non sono convertibili in una categoria di azioni ordinarie, l’utile o la perdita d’esercizio è attribuito alle diverse categorie di azioni e agli strumenti partecipativi rappresentativi di capitale secondo quanto previsto dai loro diritti ai dividendi o altri diritti di partecipare agli utili non distribuiti. Ai fini del calcolo dell’utile base e dell’utile diluito per azione:

a)

l’utile o la perdita attribuibile ai possessori di strumenti ordinari di capitale dell’entità capogruppo è rettificato (un utile ridotto e una perdita incrementata) dall’importo dei dividendi dichiarati nel periodo per ogni categoria di azioni e dall’importo contrattuale dei dividendi (o interesse in strumenti obbligazionari partecipativi) che devono essere pagati per il periodo (per esempio, dividendi cumulativi pregressi).

b)

l’utile o la perdita residuo è attribuito alle azioni ordinarie e strumenti partecipativi rappresentativi di capitale nella misura partecipativa di ciascun strumento all’utile come se tutto l’utile o la perdita per il periodo fosse stato distribuito. L’utile o perdita totale attribuito a ciascuna categoria di strumento rappresentativo di capitale è determinato sommando l’importo attribuito ai dividendi all’importo attribuito in base al rapporto partecipativo per una partecipazione discrezionale.

c)

l’importo totale di utile o perdita attribuito a ciascuna categoria di strumento rappresentativo di capitale è diviso per il numero di strumenti in circolazione a cui gli utili sono attribuiti per determinare l’utile per azione dello strumento.

Per il calcolo dell’utile diluito per azione, tutte le potenziali azioni ordinarie che si ipotizza di emettere sono incluse nelle azioni ordinarie in circolazione.

AZIONI LIBERATE PARZIALMENTE

A15

Ove le azioni ordinarie sono emesse, ma non interamente liberate, nel calcolo dell’utile base per azione sono trattate come una frazione di un’azione ordinaria nella misura in cui hanno diritto a partecipare al dividendo dell’esercizio spettante a un’azione ordinaria interamente liberata.

A16

Nella misura in cui quelle azioni parzialmente liberate non hanno diritto a partecipare al dividendo dell’esercizio, sono trattate come equivalenti di warrant o opzioni nel calcolo dell’utile diluito per azione. Si presume che il saldo non pagato rappresenti il corrispettivo utilizzato per l’acquisto delle azioni ordinarie. Il numero di azioni incluse nell’utile diluito per azione è la differenza tra il numero di azioni sottoscritte e il numero di azioni che si ipotizza di acquistare.


(1)  Nella presente Guida, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 34

Bilanci intermedi

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è quella di definire il contenuto minimo di un bilancio intermedio e i principi di rilevazione e valutazione in un bilancio completo o sintetico relativo a un periodo intermedio. Informazioni contabili intermedie tempestive e attendibili migliorano la capacità di investitori, creditori e altri utilizzatori di comprendere la capacità dell’entità di generare utili e flussi finanziari e la sua situazione finanziaria e di liquidità.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio non si occupa di quale entità debba pubblicare un bilancio intermedio, con quale periodicità, o entro quale termine dopo la chiusura del periodo intermedio. In ogni caso, il legislatore, gli organi di controllo, le borse valori e gli ordini professionali spesso richiedono alle entità i cui titoli di debito o titoli partecipativi sono negoziati sui mercati finanziari di pubblicare bilanci intermedi. Il presente Principio si applica se l’entità deve o decide di fornire ai terzi un bilancio intermedio in conformità agli International Financial Reporting Standards. L’International Accounting Standards Committee (1) incoraggia le entità quotate a redigere bilanci intermedi conformi ai principi di rilevazione, di valutazione e di informativa stabiliti nel presente Principio. In particolar modo, si incoraggiano le entità quotate:

a)

a fornire un bilancio intermedio almeno al termine della prima metà dell’esercizio; e

b)

a rendere disponibile il bilancio intermedio non oltre 60 giorni dal termine del periodo intermedio di riferimento.

2.

Ogni bilancio, annuale o intermedio, deve essere considerato a sé stante ai fini della conformità agli International Financial Reporting Standards. Il fatto che un’entità non abbia predisposto alcun bilancio intermedio in un particolare periodo amministrativo o abbia predisposto un bilancio intermedio non conforme al presente Principio non impedisce che il bilancio annuale dell’entità possa comunque essere conforme agli International Financial Reporting Standards.

3.

Se il bilancio intermedio di un’entità viene descritto come conforme agli International Financial Reporting Standards, esso deve conformarsi a tutte le disposizioni del presente Principio. Il paragrafo 19 richiede che di questo aspetto sia fornita esplicita informativa.

DEFINIZIONI

4.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il periodo intermedio è un periodo contabile di durata inferiore all’intero esercizio.

Il bilancio intermedio è un documento contabile contenente un’informativa di bilancio completa (come descritta nello IAS 1 Presentazione del bilancio) o un’informativa di bilancio sintetica (come indicata nel presente Principio) riferita a un periodo intermedio.

CONTENUTO DI UN BILANCIO INTERMEDIO

5.

Lo IAS 1 definisce un’informativa di bilancio completa quella che include le seguenti componenti:

a)

uno stato patrimoniale;

b)

un conto economico;

c)

un prospetto delle variazioni di patrimonio netto che mostri alternativamente:

i)

tutte le variazioni delle poste di patrimonio netto, o

ii)

le variazioni di patrimonio netto diverse da quelle derivanti da operazioni con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale loro qualità;

d)

un rendiconto finanziario; e

e)

note, che contengano un elenco dei principi contabili rilevanti e altre note esplicative.

6.

Per la tempestività dell’informazione, per i costi connessi alla stessa e per evitare di ripetere informazioni già riportate, all’entità può essere richiesto o essa può decidere volontariamente di fornire un’informativa intermedia più limitata di quella fornita nel bilancio annuale. Il presente Principio definisce che il contenuto minimo del bilancio intermedio deve includere prospetti sintetici e note esplicative specifiche. Il bilancio intermedio è finalizzato a fornire un aggiornamento rispetto all’ultimo bilancio annuale completo. Di conseguenza, essa si deve concentrare sulle nuove attività, fatti e circostanze e non deve ripetere informazioni già fornite.

7.

Nulla nel presente Principio intende proibire a un’entità o scoraggiarla dal pubblicare, come bilancio intermedio, un’informativa completa di bilancio (come descritta nello IAS 1), invece di prospetti sintetici e note esplicative specifiche. Allo stesso modo, il presente Principio non proibisce a un’entità né la scoraggia dall’includere nel bilancio intermedio sintetico voci o note esplicative aggiuntive specifiche rispetto a quelle minime richieste nel presente Principio. Le indicazioni sui principi di rilevazione e di valutazione nel presente Principio si applicano anche al bilancio intermedio completo, e questo bilancio dovrebbe comprendere tutte le informazioni richieste dal presente Principio (specialmente le note informative specifiche del paragrafo 16) oltre a quelle richieste dagli altri Principi.

Componenti minimi del bilancio intermedio

8.

Un bilancio intermedio deve includere, almeno, i seguenti componenti:

a)

stato patrimoniale sintetico;

b)

conto economico sintetico;

c)

prospetto sintetico che mostri i) tutte le variazioni delle poste di patrimonio netto o ii) le variazioni delle poste di patrimonio netto diverse da quelle derivanti da operazioni sul capitale da parte dei soci e dalle distribuzioni agli stessi;

d)

rendiconto finanziario sintetico; e

e)

note esplicative specifiche.

Forma e contenuto del bilancio intermedio

9.

Se l’entità pubblica una informativa completa di bilancio nel bilancio intermedio, la forma e il contenuto di tale informativa devono conformarsi alle disposizioni dello IAS 1 per una informativa di bilancio completa.

10.

Se l’entità pubblica una informativa sintetica di bilancio nel bilancio intermedio, tale informativa deve includere, come minimo, i raggruppamenti di voci e i totali parziali che furono esposti nel più recente bilancio annuale e le note esplicative specifiche richieste dal presente Principio. Ulteriori voci di bilancio o note esplicative devono essere aggiunte se la loro omissione potrebbe rendere fuorviante il bilancio intermedio sintetico.

11.

Gli utili base e gli utili diluiti per azione devono essere esposti nel prospetto di conto economico, completo o sintetico, per il periodo intermedio.

12.

Lo IAS 1 fornisce le indicazioni sulla struttura del bilancio. La guida applicativa dello IAS 1 illustra come possono essere presentati lo stato patrimoniale, il conto economico e il prospetto delle variazioni delle poste di patrimonio netto.

13.

Lo IAS 1 prevede che il prospetto delle variazioni delle poste di patrimonio netto sia presentato in un prospetto distinto del bilancio di un’entità, e consente che le informazioni sulle variazioni del patrimonio netto derivanti dalle operazioni con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale loro qualità (incluse le distribuzioni agli stessi) siano riportate nel prospetto di bilancio oppure nelle note. L’entità segue, per le variazioni delle poste di patrimonio netto nel suo bilancio intermedio, lo stesso schema adottato nel suo più recente bilancio annuale.

14.

Il bilancio intermedio è redatto su base consolidata se il più recente bilancio annuale dell’entità è stato un bilancio consolidato. Il bilancio separato della controllante non è conforme o comparabile al bilancio consolidato compreso nella più recente informativa annuale di bilancio. Se l’informativa annuale dell’entità comprende il bilancio separato della controllante oltre al bilancio consolidato, il presente Principio non richiede né proibisce l’inclusione del bilancio separato della società controllante nel bilancio intermedio dell’entità.

Note esplicative specifiche

15.

L’utilizzatore di un bilancio intermedio dell’entità avrà a disposizione anche l’ultimo bilancio annuale dell’entità stessa. Non è necessario, perciò, che le note a un bilancio intermedio forniscano aggiornamenti relativamente non rilevanti alle informazioni che erano già state fornite nelle note dell’ultimo bilancio annuale. A una data intermedia, è più utile una spiegazione degli eventi e delle operazioni che siano rilevanti per una comprensione delle variazioni nella situazione patrimoniale-finanziaria e nell’andamento dell’entità dalla data dell’ultimo bilancio.

16.

Nelle note al bilancio intermedio, l’entità deve includere, come minimo, la seguente informativa, se rilevante e se non illustrata altrove nel bilancio intermedio. L’informativa deve normalmente essere esposta con riferimento al periodo tra l’inizio dell’esercizio e la chiusura del periodo intermedio. Tuttavia, l’entità deve illustrare anche ogni ulteriore evento o operazione che sia rilevante per la comprensione del periodo intermedio di riferimento:

a)

l’indicazione che nel bilancio intermedio sono stati seguiti gli stessi principi contabili e metodi di calcolo utilizzati nell’ultimo bilancio annuale o, se questi principi o metodi sono stati modificati, una descrizione della natura e dell’effetto del cambiamento;

b)

commenti illustrativi della stagionalità o ciclicità delle operazioni del periodo intermedio;

c)

la natura e l’importo di elementi inusuali data la loro natura, grandezza, o effetto che incidono su attività, passività, patrimonio netto, utile netto o flussi finanziari;

d)

la natura e l’importo delle variazioni nelle stime effettuate in periodi intermedi precedenti del corrente esercizio o nelle stime effettuate in esercizi precedenti, se tali variazioni hanno un effetto significativo nel periodo intermedio di riferimento;

e)

emissioni, riacquisti e rimborsi di titoli di debito e di titoli partecipativi;

f)

i dividendi pagati (in totale o per azione) alle azioni ordinarie e quelli pagati alle altre azioni;

g)

la seguente informativa di settore (l’informativa dei dati di settore è richiesta nel bilancio intermedio dell’entità solo se l’IFRS 8 Settori operativi richiede che l’entità fornisca l’informativa di settore nel suo bilancio annuale):

i)

i ricavi da clienti terzi, se sono inclusi nella determinazione dell’utile o della perdita di settore esaminati dal più alto livello decisionale operativo o vengono forniti periodicamente al medesimo;

ii)

i ricavi intersettoriali, se sono inclusi nella determinazione dell’utile o della perdita di settore esaminati dal più alto livello decisionale operativo o vengono forniti periodicamente al medesimo;

iii)

una determinazione dell’utile o della perdita di settore;

iv)

attività totali per le quali vi sia stato un cambiamento rilevante nell’importo indicato nell’ultimo bilancio annuale;

v)

una descrizione delle differenze rispetto all’ultimo bilancio annuale per quanto riguarda la base di suddivisione settoriale o la base di determinazione dell’utile o della perdita di settore;

vi)

una riconciliazione del totale degli utili o perdite dei settori oggetto di informativa rispetto all’utile o alla perdita della entità ante oneri (proventi) fiscali e attività operative cessate. Tuttavia, se un’entità alloca a settori oggetto di informativa voci come oneri (proventi) fiscali, l’entità può riconciliare il totale degli utili o perdite di settore all’utile o perdita al netto di tali voci. Gli elementi di riconciliazione rilevanti devono essere identificati e descritti separatamente in tale riconciliazione;

h)

eventi rilevanti successivi alla data di chiusura del periodo intermedio che non siano stati riflessi nel bilancio del periodo intermedio;

i)

l’effetto delle variazioni nella struttura dell’entità nel periodo intermedio, comprese aggregazioni aziendali, acquisizioni o cessioni di controllate e investimenti a lungo termine, ristrutturazioni e attività operative cessate. Nel caso di aggregazioni aziendali, l’entità deve indicare le informazioni richieste ai sensi dei paragrafi da 66 a 73 dell’IFRS 3 Aggregazioni aziendali; e

j)

variazioni delle passività o attività potenziali dalla data dell’ultimo bilancio annuale.

17.

Esempi di tipi di informativa richiesta dal paragrafo 16 sono esposti sotto. Specifici Principi e Interpretazioni forniscono indicazioni relative alla informativa per molti di questi casi:

a)

la svalutazione delle rimanenze al valore netto di realizzo e la eliminazione di tale svalutazione;

b)

la rilevazione di una perdita per riduzione di valore di immobili, impianti e macchinari, di immobilizzazioni immateriali o di altre attività, e lo storno di tali perdite per riduzione del valore;

c)

l’eliminazione di qualsiasi accantonamento per costi di ristrutturazione;

d)

le acquisizioni e cessioni di immobili, impianti e macchinari;

e)

gli impegni per l’acquisto di immobili, impianti e macchinari;

f)

le conclusioni di vertenze legali;

g)

correzioni di errori di esercizi precedenti;

h)

[Eliminato]

i)

qualsiasi inadempimento di clausole o violazioni di un contratto di finanziamento che non è stato sanato alla data o prima della data di riferimento del bilancio; e

j)

le operazioni con parti correlate.

18.

Altri Principi specificano le informazioni che dovrebbero essere fornite nei bilanci. In tale contesto, si fa riferimento a un’informativa completa di bilancio, del tipo normalmente incluso in un bilancio annuale e talvolta incluso in altri documenti contabili. Fatta eccezione per quanto previsto dalle disposizioni del paragrafo 16, lettera i), le informazioni integrative previste da tali altri Principi non sono obbligatorie se il bilancio intermedio dell’entità comprende solo prospetti sintetici e note esplicative specifiche, anziché una informativa completa di bilancio.

Esplicitazione della conformità agli IFRS

19.

Se il bilancio intermedio di un’entità è conforme al presente Principio, tale fatto deve essere indicato. Un bilancio intermedio non può essere descritto come conforme ai Principi a meno che esso non sia redatto in conformità a tutte le disposizioni degli International Financial Reporting Standards.

Periodi per i quali devono essere pubblicati i bilanci intermedi

20.

La rendicontazione intermedia deve comprendere il bilancio intermedio (completo o sintetico) riferito a diversi periodi, come di seguito specificato:

a)

uno stato patrimoniale riferito alla fine del periodo intermedio di riferimento e uno stato patrimoniale comparativo riferito alla fine dell’esercizio immediatamente precedente;

b)

un conto economico del periodo intermedio di riferimento e un conto economico cumulativo del periodo tra l’inizio dell’esercizio in corso e la chiusura del periodo intermedio di riferimento, con conti economici comparativi dei corrispondenti periodi intermedi (di riferimento e cumulativo) dell’esercizio immediatamente precedente;

c)

un prospetto delle variazioni cumulative delle poste di patrimonio netto per il periodo tra l’inizio dell’esercizio in corso e la chiusura del periodo intermedio di riferimento, con un prospetto comparativo per il periodo corrispondente dell’esercizio immediatamente precedente; e

d)

un rendiconto finanziario cumulativo per il periodo tra l’inizio dell’esercizio in corso e la chiusura del periodo intermedio di riferimento, con un rendiconto comparativo per il periodo corrispondente dell’esercizio immediatamente precedente.

21.

Per un’entità la cui attività è altamente stagionale, può essere utile fornire le informazioni patrimoniali-finanziarie relative ai dodici mesi che terminano alla data di chiusura del periodo intermedio e le informazioni comparative per il precedente periodo di dodici mesi. Conseguentemente, si incoraggiano le entità la cui attività è altamente stagionale a fornire tale informativa oltre a quella richiesta nel paragrafo precedente.

22.

L’Appendice A illustra i periodi per i quali si richiede siano pubblicati i prospetti di bilancio per un’entità che fornisce informativa intermedia con periodicità semestrale e per una che la fornisce con periodicità trimestrale.

Rilevanza

23.

Nel decidere come rilevare, valutare, classificare, o illustrare una voce ai fini del bilancio intermedio, la rilevanza deve essere valutata in relazione ai dati del periodo intermedio. Nel valutare la rilevanza, bisogna tenere conto che le valutazioni intermedie possono basarsi su stime in misura maggiore che non le valutazioni dei dati annuali.

24.

Lo IAS 1 e lo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori definiscono un componente come rilevante se la sua omissione o errata misurazione può influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori dei bilanci. Lo IAS 1 richiede una informativa separata di voci rilevanti (per esempio) attività operative cessate, e lo IAS 8 richiede una informativa dei cambiamenti nelle stime contabili, errori, e cambiamenti di principi contabili. I due Principi non contengono esemplificazioni quantitative in merito alla rilevanza.

25.

Benché sia sempre richiesta una valutazione soggettiva nel determinare la rilevanza, il presente Principio prevede che le decisioni relative alla rilevazione e alla informativa siano basate sui dati del periodo intermedio considerato a sé stante, per ragioni di comprensibilità dei relativi dati. Così, per esempio, componenti inusuali, cambiamenti di principi contabili o nelle stime ed errori sono rilevati e illustrati in base alla rilevanza in relazione ai dati del periodo intermedio per evitare inferenze fuorvianti che potrebbero risultare dalla mancanza di informativa. L’obiettivo prevalente è di assicurare che il bilancio intermedio includa tutte le informazioni rilevanti per la comprensione della situazione patrimoniale-finanziaria dell’entità e del suo risultato nel periodo intermedio.

INFORMATIVA NEL BILANCIO ANNUALE

26.

Se la stima di un valore esposto in un periodo intermedio viene modificata in misura rilevante nell’ultimo periodo intermedio dell’esercizio ma non viene pubblicato un fascicolo separato di bilancio per l’ultimo periodo intermedio, la natura e il valore di tale modifica nella stima devono essere illustrate in una nota al bilancio annuale di quell’esercizio.

27.

Lo IAS 8 richiede l’illustrazione della natura e (se fattibile) dell’ammontare di una variazione nelle stime che abbia un effetto rilevante nel periodo di riferimento o che si presume abbia un effetto rilevante nei periodi successivi. Il paragrafo 16, lettera d), del presente Principio richiede una informazione simile nel bilancio intermedio. Esempi di tali variazioni sono quelle relative alla stima nell’ultimo periodo intermedio di svalutazioni di rimanenze, di ristrutturazioni, o di perdite per riduzione di valore che sono state effettuate in un periodo intermedio precedente dell’esercizio. L’informativa richiesta nel paragrafo precedente è analoga con quanto indicato nello IAS 8 e si intende sia limitata nell’ambito di applicazione, relativa soltanto alle variazioni nelle stime. All’entità non si richiede di esporre informativa intermedia ulteriore nel suo bilancio annuale.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

Principi contabili identici a quelli annuali

28.

L’entità deve applicare nei suoi bilanci intermedi gli stessi principi contabili applicati nel bilancio annuale, salvo che per i cambiamenti dei principi contabili effettuati dopo la data di chiusura dell’ultimo bilancio annuale che saranno riflessi nel successivo bilancio annuale. Tuttavia, la periodicità dell’informativa dell’entità (annuale, semestrale, trimestrale) non deve influenzare la determinazione dei suoi risultati annuali. Per raggiungere tale obiettivo, le valutazioni per il bilancio intermedio devono essere fatte con riferimento al periodo tra l’inizio dell’esercizio e la chiusura del periodo intermedio.

29.

Richiedere che l’entità applichi per i suoi bilanci intermedi gli stessi principi contabili applicati nel bilancio annuale sembrerebbe comportare che le valutazioni intermedie siano fatte come se ogni periodo intermedio fosse un periodo contabile indipendente. Tuttavia, considerando che la periodicità dell’informativa dell’entità non deve influenzare la determinazione dei suoi risultati annuali, il paragrafo 28 evidenzia che un periodo intermedio rappresenta una parte di un più esteso esercizio. Le valutazioni effettuate con riferimento al periodo tra l’inizio dell’esercizio e la chiusura del periodo intermedio possono comportare variazioni nelle stime dei valori esposti nei precedenti periodi intermedi dell’esercizio in corso. Ma i criteri per rilevare attività, passività, ricavi e costi per periodi intermedi sono gli stessi di quelli del bilancio annuale.

30.

Per esempio:

a)

i criteri per rilevare e determinare le perdite connesse a svalutazioni di rimanenze, ristrutturazioni o riduzioni di valore in un periodo intermedio sono gli stessi che l’entità applicherebbe se dovesse preparare solo il bilancio annuale. Tuttavia, se queste poste sono rilevate e valutate in un periodo intermedio e le stime sono modificate in un successivo periodo intermedio di quell’esercizio, la stima originale deve essere modificata nel successivo periodo intermedio o come accantonamento dell’ulteriore perdita addizionale, o come storno dell’importo precedentemente rilevato;

b)

un costo per il quale non sussistono le condizioni per essere capitalizzato alla fine di un periodo intermedio non può essere differito nello stato patrimoniale in attesa di future informazioni sull’esistenza delle condizioni per la capitalizzazione né per perequare i risultati economici nei periodi intermedi dell’esercizio; e

c)

le imposte sul reddito sono rilevate in ciascun periodo intermedio in base alla miglior stima della media ponderata dell’aliquota fiscale annuale attesa per l’intero esercizio. Gli importi accantonati per imposte sul reddito in un periodo intermedio possono dovere essere rettificati in un periodo intermedio successivo di quell’esercizio se cambia la stima dell’aliquota fiscale annuale.

31.

Nel Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio, la rilevazione è il processo tramite cui una posta che soddisfa sia la definizione di elemento sia i criteri per la rilevazione è iscritta nello stato patrimoniale o nel conto economico. Le definizioni di attività, passività, ricavi e costi sono determinanti per la rilevazione, alla data di riferimento sia del bilancio annuale, sia dei bilanci intermedi.

32.

Per le attività, gli stessi accertamenti dei benefici economici futuri effettuati alla chiusura dell’esercizio devono essere effettuati alla chiusura dei periodi intermedi. I costi che, per loro natura, non sono capitalizzabili alla chiusura dell’esercizio non lo sono neanche alla chiusura dei periodi intermedi. Analogamente, una passività alla data chiusura di un periodo intermedio deve rappresentare un’obbligazione esistente a quella data, così come la deve rappresentare alla data di chiusura dell’esercizio.

33.

Una caratteristica essenziale dei ricavi e dei costi è che i corrispondenti movimenti di attività e passività abbiano avuto luogo. Se tali movimenti hanno avuto luogo, i ricavi e i costi corrispondenti sono rilevati; altrimenti non lo sono. Il Quadro sistematico stabilisce che i costi sono rilevati nel conto economico quando si è verificata una riduzione di benefici economici futuri, connessa alla riduzione di un’attività o all’incremento di una passività, e questa riduzione può essere misurata attendibilmente. Il Quadro sistematico, inoltre, non consente la rilevazione nello stato patrimoniale di poste che non soddisfano la definizione di attività o passività.

34.

Nel determinare il valore di attività, passività, ricavi, costi e flussi finanziari esposti nel suo bilancio, l’entità che pubblica tale informativa solo annualmente è in condizione di tenere in considerazione le informazioni che si rendono disponibili durante l’esercizio. Le valutazioni, in effetti, fanno riferimento all’intero periodo trascorso dall’inizio dell’esercizio.

35.

L’entità che pubblica l’informativa semestralmente usa le informazioni disponibili a metà esercizio o in un breve periodo successivo nel fare le sue valutazioni di bilancio per i primi sei mesi e le informazioni disponibili entro la fine dell’anno o in un breve periodo successivo per il periodo di dodici mesi. Le valutazioni relative ai dodici mesi rifletteranno le possibili modifiche nelle stime dei valori esposti per il primo periodo semestrale. I valori esposti nel bilancio intermedio dei primi sei mesi non possono essere rettificati retroattivamente. I paragrafi 16, lettera d), e 26 richiedono, tuttavia, che la natura e il valore di ogni significativa modifica alle stime siano illustrati.

36.

L’entità che pubblica l’informativa più frequentemente che semestralmente determina i costi e i ricavi con riferimento all’intero periodo che inizia dall’apertura dell’esercizio e termina alla data di chiusura del periodo intermedio usando le informazioni disponibili nel momento in cui ciascuna informativa di bilancio è in corso di preparazione. I valori di costi e ricavi esposti per il periodo intermedio di riferimento rifletteranno qualsiasi modifica nelle stime dei valori esposti nei periodi intermedi precedenti dell’esercizio. I valori esposti nei periodi intermedi precedenti non possono essere rettificati retroattivamente. I paragrafi 16, lettera d), e 26 richiedono, tuttavia, che la natura e il valore di ogni significativa modifica alle stime siano illustrati.

Ricavi stagionali, ciclici o occasionali

37.

I ricavi che siano realizzati stagionalmente, ciclicamente o occasionalmente nel corso di un esercizio non devono essere anticipati o differiti a una data intermedia se l’anticipazione o il differimento non sarebbe corretto nel bilancio annuale.

38.

Esempi comprendono proventi da dividendi, royalties e contributi pubblici. Inoltre, alcune entità realizzano in modo ricorrente più ricavi in certi periodi intermedi dell’esercizio che in altri periodi intermedi, per esempio, i ricavi stagionali dei dettaglianti. Questi ricavi sono rilevati contabilmente quando essi si verificano.

Costi sostenuti in modo non uniforme nell’esercizio

39.

I costi sostenuti in modo non uniforme durante un esercizio devono essere anticipati o differiti ai fini del bilancio intermedio se, e solo se, è corretto anticipare o differire quel tipo di costo nel bilancio annuale.

Applicazione dei principi di rilevazione e valutazione

40.

L’Appendice B fornisce esempi di applicazione dei principi generali di rilevazione e valutazione esposti nei paragrafi da 28 a 39.

Uso delle stime

41.

Le procedure di valutazione da seguire nel bilancio intermedio devono essere finalizzate ad assicurare che l’informativa risultante sia attendibile e che tutte le informazioni patrimoniali-finanziarie significative che sono rilevanti per la comprensione della situazione patrimoniale-finanziaria o dell’andamento economico dell’entità siano correttamente illustrate. Anche se la determinazione dei valori nei bilanci sia annuali sia intermedi è spesso basata su stime ragionevoli, la preparazione del bilancio intermedio generalmente richiederà un uso più esteso di metodi di stima rispetto all’informativa annuale.

42.

L’Appendice C fornisce esempi dell’uso di stime per i periodi intermedi.

RIDETERMINAZIONE DEI VALORI UTILIZZATI IN PRECEDENTI INFORMATIVE INTERMEDIE

43.

Il cambiamento di un Principio contabile, a eccezione dei casi nei quali la transizione sia disciplinata da un nuovo Principio o Interpretazione, deve essere riflesso:

a)

rideterminando i valori di bilancio dei periodi intermedi precedenti dell’esercizio in corso e i valori comparativi dei periodi intermedi degli esercizi precedenti, che saranno rideterminati nel bilancio annuale secondo quanto previsto dallo IAS 8; o

b)

riesponendo il bilancio di periodi intermedi precedenti l’esercizio corrente, e periodi intermedi comparativi di esercizi precedenti per applicare il nuovo principio contabile prospetticamente dalla prima data possibile quando non è fattibile determinare l’effetto cumulativo all’inizio dell’esercizio dell’applicazione di un nuovo principio contabile a tutti gli esercizi precedenti.

44.

Un obiettivo del principio precedente è quello di assicurare che un medesimo principio contabile sia applicato a una particolare classe di operazioni durante l’intero esercizio. Per lo IAS 8, un cambiamento di principio contabile è riflesso attraverso un’applicazione retroattiva, con rideterminazione dei dati relativi al periodo precedente, andando indietro per quanto fattibile. Tuttavia, se l’effetto cumulativo della rettifica relativa agli esercizi precedenti non è fattibile da determinare, allora secondo lo IAS 8 il nuovo principio è applicato prospetticamente dalla prima data possibile. L’effetto del principio nel paragrafo 43 è di richiedere che all’interno dell’esercizio in corso ciascun cambiamento di principio contabile sia applicato retroattivamente o, se ciò non è fattibile, prospetticamente, non oltre l’inizio dell’esercizio.

45.

Consentire che i cambiamenti di principio contabile siano riflessi a partire da una data intermedia all’interno di un esercizio, comporterebbe l’applicazione di due differenti principi contabili a una specifica classe di operazioni nello stesso esercizio. Il risultato consisterebbe in difficoltà di imputazione intermedia, risultati operativi oscuri, e complicate analisi e incomprensibilità dell’informativa intermedia.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

46.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1999 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata.


(1)  All’International Accounting Standards Committee è seguito l’International Accounting Standards Board, che ha iniziato a operare nel 2001.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 36

Riduzione di valore delle attività

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di definire i principi che l’entità applica per assicurarsi che le proprie attività siano iscritte a un valore non superiore a quello recuperabile. Un’attività è iscritta in bilancio a un valore superiore a quello recuperabile se il suo valore contabile eccede l’importo che può essere ottenuto dall’utilizzo o dalla vendita dell’attività. Quando si è in una circostanza simile, si afferma che l’attività ha subito una riduzione di valore e il presente Principio richiede che l’entità rilevi una perdita di valore. Il Principio inoltre specifica quando un’entità dovrebbe stornare una perdita per riduzione di valore e ne prescrive l’informativa.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato nella contabilizzazione delle riduzioni di valore di tutte le attività, eccetto che per:

a)

rimanenze (cfr. IAS 2 Rimanenze);

b)

attività derivanti da lavori su ordinazione (cfr. IAS 11 Lavori su ordinazione);

c)

attività fiscali differite (cfr. IAS 12 Imposte sul reddito);

d)

attività derivanti da benefici per i dipendenti (cfr. IAS 19 Benefici per i dipendenti);

e)

attività finanziarie che rientrano nell’ambito dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione;

f)

investimenti immobiliari che sono valutati al fair value (valore equo) (cfr. IAS 40 Investimenti immobiliari);

g)

attività biologiche connesse all’attività agricola che sono valutate al fair value (valore equo) dedotti i costi stimati al punto di vendita (cfr. IAS 41 Agricoltura);

h)

costi di acquisizione differiti e attività immateriali derivanti dai diritti contrattuali dell’assicuratore in contratti assicurativi che rientrano nell’ambito dell’IFRS 4 Contratti assicurativi; e

i)

attività non correnti (o gruppi in dismissione) classificate come possedute per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate.

3.

Il presente Principio non si applica alle rimanenze, alle attività derivanti da lavori su ordinazione, alle attività fiscali differite, alle attività relative a benefici per dipendenti o ad attività classificate come possedute per la vendita (o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) poiché i Principi esistenti applicabili a questi tipi di attività già contengono specifiche disposizioni per la rilevazione e per la valutazione delle sopra menzionate attività.

4.

Il presente Principio si applica alle attività finanziarie classificate come:

a)

controllate, come definite nello IAS 27 Bilancio consolidato e separato;

b)

società collegate, come definite nello IAS 28 Partecipazioni in società collegate; e

c)

joint venture, come definite nello IAS 31 Partecipazioni in joint venture.

Per la riduzione di valore delle altre attività finanziarie si fa riferimento allo IAS 39.

5.

Il presente Principio non è applicabile ad attività finanziarie rientranti nell’ambito di applicazione dello IAS 39, agli investimenti immobiliari valutati al fair value (valore equo) secondo quanto previsto dallo IAS 40, o alle attività biologiche correlate alle attività agricole valutate al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita secondo quanto previsto dallo IAS 41. Tuttavia, il presente Principio si applica alle attività iscritte a valori rivalutati [cioè, al fair value (valore equo)] secondo quanto previsto da altri Principi, quali il modello della rideterminazione del valore nello IAS 16 Immobili, impianti e macchinari. Lo stabilire se una tale attività possa aver subito una riduzione di valore dipende dal criterio utilizzato per determinare il fair value (valore equo):

a)

se il fair value (valore equo) dell’attività è il suo valore di mercato, la sola differenza tra fair value (valore equo) dell’attività e fair value (valore equo) meno i costi di vendita è rappresentata dai costi incrementali diretti per dismettere l’attività:

i)

se i costi di dismissione sono irrilevanti, il valore recuperabile dell’attività rivalutata è necessariamente simile, o anche maggiore, al valore rivalutato [ossia il fair value (valore equo)]. In questo caso, dopo che sono state applicate le disposizioni relative alla rivalutazione, è improbabile che l’attività rivalutata abbia subito una riduzione di valore e non è necessario stimare il valore recuperabile.

ii)

se i costi di dismissione non sono irrilevanti, il fair value (valore equo) meno i costi di vendita dell’attività rivalutata è inevitabilmente inferiore al fair value (valore equo). Perciò, l’attività rivalutata avrà subito una riduzione di valore se il valore d’uso è inferiore al valore rivalutato [ossia il fair value (valore equo)]. In questo caso, dopo che sono state applicate le disposizioni relative alla rivalutazione, l’entità applica il presente Principio per determinare se l’attività ha subito una riduzione di valore; e

b)

se il fair value (valore equo) di un’attività è determinato secondo un criterio diverso dal valore di mercato, il valore rivalutato [ossia il fair value (valore equo)] può essere superiore o inferiore al valore recuperabile. Perciò, dopo che sono state applicate le disposizioni concernenti la rivalutazione, l’entità applica il presente Principio per determinare se l’attività possa aver subito una riduzione di valore.

DEFINIZIONI

6.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Un mercato attivo è un mercato in cui esistono tutte le seguenti condizioni:

a)

gli elementi commercializzati sul mercato risultano omogenei;

b)

compratori e venditori disponibili possono essere normalmente trovati in qualsiasi momento; e

c)

i prezzi sono disponibili al pubblico.

La data dell’accordo per un’aggregazione aziendale è la data in cui si raggiunge un accordo sostanziale tra i partecipanti e, nel caso di entità quotate l’accordo viene comunicato al pubblico. In caso di offerta pubblica di acquisto ostile, la prima data in cui si raggiunge un accordo sostanziale tra le parti aggreganti è la data in cui un numero sufficiente di soci dell’acquisito ha accettato l’offerta dell’acquirente necessaria per ottenere il controllo sull’acquisito.

Il valore contabile è l’ammontare al quale un’attività è rilevata nello stato patrimoniale dopo aver dedotto l’ammortamento e le connesse perdite per riduzione di valore accumulati.

Un’unità generatrice di flussi finanziari è il più piccolo gruppo identificabile di attività che genera flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata generati da altre attività o gruppi di attività.

I beni destinati ad attività ausiliarie e comuni (corporate assets) sono tutte le attività, escluso l’avviamento, che contribuiscono ai futuri flussi finanziari sia dell’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto, sia delle altre unità generatrici di flussi finanziari.

I costi di dismissione sono i costi incrementali direttamente attribuibili alla dismissione di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari, esclusi gli oneri finanziari e gli oneri fiscali.

Il valore ammortizzabile è il costo di un bene, o altro valore sostitutivo del costo nel bilancio, meno il suo valore residuo.

L’Ammortamento è la ripartizione sistematica del valore ammortizzabile di un’attività lungo il corso della sua vita utile. (1)

Il fair value (valore equo) meno i costi di vendita è l’ammontare ottenibile dalla vendita di un’attività o unità generatrice di flussi finanziari in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili, dedotti i costi della dismissione.

Una perdita per riduzione di valore è l’ammontare per il quale il valore contabile di un’attività o unità generatrice di flussi finanziari eccede il valore recuperabile.

Il valore recuperabile di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari è il maggiore tra il suo fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita e il suo valore d’uso.

La vita utile è alternativamente:

a)

il periodo di tempo nel quale ci si attende che un’attività sarà utilizzata dall’entità; o

b)

la quantità di prodotti o unità similari che l’entità si aspetta di ottenere dall’utilizzo dell’attività.

Il Valore d’uso è il valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine da un’attività o da un’unità generatrice di flussi finanziari.

IDENTIFICAZIONE DI UN’ATTIVITÀ CHE PUÒ AVER SUBITO UNA RIDUZIONE DI VALORE

7.

I paragrafi da 8 a 17 specificano in quali circostanze deve essere determinato il valore recuperabile. Queste disposizioni fanno uso del termine «un’attività» ma si applicano egualmente a una singola attività come a un’unità generatrice di flussi finanziari. La parte restante del presente Principio è strutturata come segue:

a)

i paragrafi da 18 a 57 contengono le disposizioni per la determinazione del valore recuperabile. Queste disposizioni fanno uso del termine «un’attività», ma si applicano egualmente a una singola attività come a un’unità generatrice di flussi finanziari;

b)

i paragrafi da 58 a 108 contengono le disposizioni per la rilevazione e la valutazione delle perdite per riduzione di valore. La rilevazione e la valutazione delle perdite per riduzione di valore di attività individuali diverse dall’avviamento sono trattate nei paragrafi da 58 64. I paragrafi da 65 a 108 trattano la rilevazione e la valutazione delle perdite per riduzione di valore di unità generatrici di flussi finanziari e dell’avviamento;

c)

i paragrafi da 109 a 116 contengono le disposizioni per lo storno di perdite per riduzione di valore di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari rilevate in periodi precedenti. Nuovamente, queste disposizioni fanno uso del termine «un’attività» ma si applicano egualmente a una singola attività come a un’unità generatrice di flussi finanziari. Disposizioni aggiuntive sono previste per le singole attività indicate nei paragrafi da 117 a 121, per un’unità generatrice di flussi finanziari nei paragrafi 122 e 123 e per l’avviamento nei paragrafi 124 e 125;

d)

i paragrafi da 126 a 133 specificano le informazioni da fornirsi per le perdite per riduzione di valore e i relativi ripristini di valore per le attività e le unità generatrici di flussi finanziari. I paragrafi da 134 a 137 specificano le informazioni aggiuntive richieste per le unità generatrici di flussi finanziari a cui sono stati allocati l’avviamento o le attività immateriali con vita utile indefinita al fine di verificare la riduzione di valore.

8.

Un’attività ha subito una riduzione di valore quando il suo valore contabile supera il suo valore recuperabile. I paragrafi da 12 a 14 descrivono alcune situazioni indicative del fatto che può essersi verificata una riduzione di valore. Se qualcuna di queste indicazioni è presente, l’entità effettua una stima formale del valore recuperabile. Eccetto quanto indicato nel paragrafo 10, il presente Principio non richiede che un’entità formuli una stima formale del valore recuperabile se non vi sono indicazioni di riduzioni di valore.

9.

L’entità deve valutare a ogni data di riferimento del bilancio se esiste una indicazione che un’attività possa aver subito una riduzione di valore. Se esiste una qualsiasi indicazione di ciò, l’entità deve stimare il valore recuperabile dell’attività.

10.

Indipendentemente dal fatto che vi siano eventuali indicazioni di riduzioni di valore, un’entità deve inoltre:

a)

verificare annualmente per riduzione di valore un’attività immateriale con una vita utile indefinita o un’attività immateriale che non è ancora disponibile all’uso, confrontando il suo valore contabile con il suo valore recuperabile. Questa verifica per riduzione di valore può essere fatta in qualsiasi momento durante un esercizio, a patto che avvenga nello stesso momento ogni anno. Attività immateriali differenti possono essere sottoposte ad una verifica per riduzione di valore in momenti diversi. Tuttavia, se tale attività immateriale viene inizialmente rilevata nell’esercizio in corso, tale attività immateriale deve essere sottoposta ad una verifica per riduzione di valore prima della fine dell’esercizio in corso;

b)

verificare annualmente per riduzione di valore l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale secondo quanto previsto dai paragrafi da 80 a 99.

11.

La capacità di un’attività immateriale di generare benefici economici futuri sufficienti a recuperare il valore contabile è solitamente soggetta a maggiore incertezza prima che l’attività sia disponibile all’uso piuttosto che dopo. Perciò, il presente Principio richiede che l’entità verifichi almeno annualmente se il valore contabile di un’attività immateriale che non è ancora disponibile per l’uso abbia subito una riduzione di valore.

12.

Nel valutare se esiste un’indicazione che un’attività possa aver subito una riduzione di valore, l’entità deve considerare, come minimo, le seguenti indicazioni:

Fonti esterne di informazione

a)

il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto;

b)

variazioni significative con effetto negativo per l’entità si sono verificate durante l’esercizio o si verificheranno nel futuro prossimo nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo nel quale l’entità opera o nel mercato al quale un’attività è rivolta;

c)

i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti sono aumentati nel corso dell’esercizio, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano in maniera significativa il valore recuperabile dell’attività;

d)

il valore contabile dell’attivo netto dell’entità è superiore alla sua capitalizzazione di mercato.

Fonti interne di informazione

e)

l’obsolescenza o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente;

f)

si sono verificati nel corso dell’esercizio significativi cambiamenti con effetto negativo sull’entità, oppure si suppone che questi si verificheranno nel prossimo futuro, nella misura in cui o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o ci si attende sarà utilizzata. Tali cambiamenti includono casi quali l’attività che diventa inutilizzata, piani di dismissione o di ristrutturazione del settore operativo al quale l’attività appartiene, piani di dismissione dell’attività prima della data precedentemente prevista, e il ristabilire la vita utile di un’attività come definita piuttosto che indefinita; (2)

g)

risulta evidente dall’informativa interna che l’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto.

13.

L’elenco del paragrafo 12 non è esaustivo. L’entità può individuare altre indicazioni secondo le quali un’attività può avere subito una riduzione di valore e queste richiederebbero, inoltre, che l’entità determini il valore recuperabile dell’attività o, nel caso dell’avviamento, svolga una verifica per riduzione di valore secondo quanto previsto dai paragrafi da 80 a 99.

14.

Indicazioni derivanti dall’informativa interna in grado di rivelare che un’attività può aver subito una riduzione di valore comprendono:

a)

flussi finanziari connessi all’acquisto di un’attività, o disponibilità liquide che in seguito si rendono necessarie per rendere operativa o conservare l’attività, significativamente superiori a quelli originariamente preventivati;

b)

flussi finanziari netti effettivi oppure utili o perdite operative conseguenti all’utilizzo dell’attività che si rivelano significativamente peggiori a quelli originariamente preventivati;

c)

un significativo peggioramento dei flussi finanziari netti o del reddito operativo preventivati, o un significativo aumento della perdita preventivata relativa all’utilizzo dell’attività; o

d)

perdite operative o flussi finanziari netti in uscita connessi all’attività, quando gli importi del periodo in corso vengono aggregati a quelli preventivati per il futuro.

15.

Come indicato nel paragrafo 10, il presente Principio richiede che un’attività immateriale con una vita utile indefinita o non ancora disponibile all’uso e l’avviamento siano verificati per riduzione di valore almeno annualmente. Eccetto quando si applicano le disposizioni del paragrafo 10, il concetto di rilevanza si applica per identificare se l’importo recuperabile di un’attività debba essere stimato. Per esempio, se precedenti calcoli mostrano che il valore recuperabile di un’attività è significativamente maggiore rispetto al valore contabile, l’entità non ha bisogno di stimare nuovamente il valore recuperabile dell’attività, se non si è verificato alcun evento che abbia eliminato tale differenza. In maniera analoga, analisi precedenti possono mostrare che il valore recuperabile di un’attività non è condizionato da una (o più d’una) delle indicazioni elencate nel paragrafo 12.

16.

Come spiegazione del paragrafo 15, se i tassi di interesse presenti nel mercato o altri tassi di rendimento sugli investimenti sono aumentati nel corso dell’esercizio, l’entità non è obbligata a effettuare una stima formale del valore recuperabile di un’attività nei seguenti casi:

a)

se non è probabile che l’aumento dei tassi di mercato incida sul tasso di attualizzazione usato nel calcolo del valore d’uso. Per esempio, aumenti nei tassi di interesse a breve termine possono non avere un effetto rilevante sui tassi di attualizzazione usati per un’attività che ha una vita utile rimanente residua lunga;

b)

se è probabile che l’aumento dei tassi di mercato incida sul tasso di attualizzazione usato nel calcolo del valore d’uso ma una precedente analisi di sensitività del valore recuperabile mostra che:

i)

è improbabile che ci sarà una diminuzione significativa del valore recuperabile poiché è anche probabile che i flussi finanziari futuri aumentino (per esempio in alcuni casi, un’entità può anche essere in grado di dimostrare di poter modificare i propri ricavi per compensare eventuali aumenti dei tassi di mercato); o

ii)

è improbabile che la diminuzione del valore recuperabile comporti una rilevante perdita per riduzione di valore.

17.

Se esiste una indicazione che un’attività può aver subito una riduzione di valore, questo può indicare che la vita utile residua, il criterio di ammortamento (svalutazione) o il valore residuo dell’attività necessitano di essere riconsiderati e rettificati secondo le disposizioni contenute nel Principio applicabile a tale attività, anche se non è rilevata alcuna perdita per riduzione di valore della stessa.

DETERMINAZIONE DEL VALORE RECUPERABILE

18.

Il presente Principio definisce il valore recuperabile come il maggiore tra il fair value (valore equo) di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari dedotti i costi di vendita e il proprio valore d’uso. I paragrafi da 19 a 57 contengono le disposizioni per la determinazione del valore recuperabile. Queste disposizioni fanno uso del termine «un’attività» ma si applicano egualmente a una singola attività come a un’unità generatrice di flussi finanziari.

19.

Non è sempre necessario determinare sia il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita che il suo valore d’uso. Se uno dei due valori risulta superiore al valore contabile, l’attività non ha subito una riduzione di valore e non è necessario stimare l’altro importo.

20.

Può essere possibile determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, anche se un’attività non è commercializzata in un mercato attivo. Tuttavia, alcune volte non sarà possibile determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita poiché non esiste alcun criterio per effettuare una stima attendibile dell’importo ottenibile dalla vendita dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili. In questo caso, l’entità può utilizzare il valore d’uso dell’attività come valore recuperabile.

21.

Se non vi è ragione di credere che il valore d’uso di un’attività superi significativamente il suo fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, il fair value (valore equo) dell’attività dedotti i costi di vendita può essere utilizzato come valore recuperabile. Questo capiterà spesso quando un’attività è destinata alla dismissione. Ciò dipende dal fatto che il valore d’uso di un bene destinato alla dismissione è dato principalmente dagli incassi netti derivanti dalla dismissione, considerato che è probabile che i flussi finanziari futuri derivanti dall’uso continuativo dell’attività sino alla dismissione siano irrilevanti.

22.

Il valore recuperabile viene calcolato con riferimento a una singola attività, salvo che essa non sia in grado di generare flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti da quelli derivanti da altre attività o gruppi di attività. Se questo è il caso, il valore recuperabile viene riferito all’unità generatrice di flussi finanziari alla quale l’attività appartiene (cfr. paragrafi da 65 a 103), a meno che:

a)

il fair value (valore equo) dell’attività dedotti i costi di vendita sia superiore al valore contabile; o

b)

il valore d’uso dell’attività può essere stimato prossimo al suo fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita ed è possibile determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita.

23.

In alcune circostanze, stime, medie e sistemi semplificati di calcolo possono fornire ragionevoli approssimazioni dei calcoli dettagliati esposti nel presente Principio per determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita o il valore d’uso.

Determinazione del valore recuperabile di un’attività immateriale con vita utile indefinita

24.

Il paragrafo 10 dispone che una attività immateriale con vita utile indefinita sia verificata annualmente per riduzione di valore confrontando il valore contabile con il valore recuperabile, a prescindere se esistano o meno indicazioni che possa aver subito una riduzione di valore. Tuttavia, il calcolo dettagliato più recente del valore recuperabile di tale attività fatto in un periodo precedente può essere utilizzato nella verifica per riduzione di valore per quell’attività nell’esercizio in corso, a condizione che tutti i seguenti criteri siano soddisfatti:

a)

se l’attività immateriale non genera flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuativo che sono ampiamente indipendenti da quelli di altre attività o gruppi di attività ed è quindi verificata per riduzione di valore come parte di un’unità generatrice di flussi finanziari cui appartiene, le attività e le passività che compongono quell’unità non sono variate significativamente dal più recente calcolo del valore recuperabile;

b)

il più recente calcolo del valore recuperabile è risultato un valore che ha superato il valore contabile dell’attività di un sostanziale margine; e

c)

sulla base di un’analisi di fatti intervenuti e delle circostanze modificatesi dal momento del più recente calcolo del valore recuperabile, la probabilità che una nuova determinazione del valore recuperabile sia inferiore al suo valore contabile è remota.

Fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita

25.

La migliore evidenza del fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita è il prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita stabilito in una libera transazione rettificato dei costi incrementali che sarebbero direttamente attribuibili alla dismissione del bene.

26.

Se non c’è alcun accordo vincolante di vendita, ma un’attività è commercializzata in un mercato attivo, il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita corrisponde al prezzo di mercato dell’attività dedotti i costi di dismissione. Il prezzo di mercato corretto è solitamente il prezzo dell’offerta attuale. Quando non sono disponibili i prezzi correnti d’offerta, il prezzo dell’operazione più recente può fornire un criterio con il quale poter stimare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, purché non siano intervenuti significativi cambiamenti nel contesto economico tra la data dell’operazione e quella in cui la stima è effettuata.

27.

Se non esiste alcun accordo vincolante di vendita né alcun mercato attivo per un’attività, il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita è determinato in base alle migliori informazioni disponibili per riflettere l’ammontare che l’entità potrebbe ottenere, alla data di riferimento del bilancio, dalla dismissione dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, dopo che i costi di dismissione siano stati dedotti. Nel determinare questo ammontare, l’entità considera il risultato di recenti transazioni per attività similari effettuate all’interno dello stesso settore industriale. Il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita non riflette una vendita forzata, a meno che la direzione aziendale sia costretta a vendere immediatamente.

28.

I costi di dismissione, diversi da quelli già rilevati come passività, sono eliminati contabilmente ai fini della determinazione del fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita. Esempi di tali costi sono le spese legali, l’imposta di bollo e altre simili imposte connesse alla transazione, i costi di rimozione dell’attività, ed i costi incrementali diretti necessari per rendere un’attività pronta alla vendita. Tuttavia, i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro (come definiti nello IAS 19) e i costi associati alla riduzione o alla riorganizzazione dell’azienda successivi alla dismissione di un’attività non sono costi incrementali diretti per la dismissione della stessa.

29.

Talvolta, la dismissione di un’attività richiede che il compratore debba assumersi contestualmente all’attività anche una passività ed è disponibile solo un fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita complessivo per l’attività e per la passività. Il paragrafo 78 spiega come comportarsi in tali circostanze.

Valore d’uso

30.

I seguenti elementi devono essere riflessi nel calcolo del valore d’uso di un’attività:

a)

una stima dei flussi finanziari futuri che l’entità si aspetta di ottenere dall’attività;

b)

aspettative in merito a possibili variazioni del valore o dei tempi di tali flussi finanziari futuri;

c)

il valore temporale del denaro, rappresentato dal tasso corrente di interesse privo di rischio di mercato;

d)

il prezzo di assumersi l’incertezza implicita nell’attività; e

e)

altri fattori, quali la mancanza di liquidità, che coloro che partecipano al mercato rifletterebbero nei prezzi dei flussi finanziari futuri che l’entità si aspetta di ottenere dall’attività.

31.

La stima del valore d’uso di un’attività comporta le seguenti operazioni:

a)

stimare i flussi finanziari futuri in entrata e in uscita che deriveranno dall’uso continuativo dell’attività e dalla sua dismissione finale; e

b)

applicare il tasso di attualizzazione appropriato a quei flussi finanziari futuri.

32.

Gli elementi identificati nel paragrafo 30, lettere b), d) ed e), possono essere riflessi come rettifiche dei flussi finanziari futuri o come rettifiche al tasso di sconto. Qualsiasi approccio adotti un’entità per riflettere le aspettative sulle possibili variazioni del valore o dei tempi dei flussi finanziari futuri, il risultato deve riflettere il valore attuale atteso dei futuri flussi finanziari, ossia la media ponderata di tutti i risultati possibili. L’appendice A fornisce una guida aggiuntiva sull’uso delle tecniche del valore attuale nella determinazione del valore d’uso dell’attività.

Criteri di stima dei flussi finanziari futuri

33.

Nella valutazione del valore d’uso un’entità deve:

a)

basare le proiezioni dei flussi finanziari su presupposti ragionevoli e dimostrabili in grado di rappresentare la migliore stima effettuabile da parte della direzione aziendale di una serie di condizioni economiche che esisteranno lungo la restante vita utile dell’attività. Maggior peso deve essere dato alle evidenze provenienti dall’esterno.

b)

basare le proiezioni dei flussi finanziari sul più recente budget/previsione approvato dalla direzione aziendale, ma deve escludere eventuali flussi finanziari in entrata o in uscita futuri che si stima derivino da future ristrutturazioni o miglioramenti o ottimizzazioni dell’andamento dell’attività. Le proiezioni fondate su questi budget/previsioni devono coprire un periodo massimo di cinque anni, a meno che un arco temporale superiore possa essere giustificato.

c)

stimare le proiezioni dei flussi finanziari per un periodo più ampio rispetto a quello coperto dai più recenti budget/previsioni tramite estrapolazione delle proiezioni fondate su budget/previsioni facendo uso per gli anni successivi di un tasso di crescita stabile o in diminuzione, a meno che un tasso crescente possa essere giustificato. Questo tasso di crescita non deve eccedere il tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, dei settori industriali, del Paese o dei Paesi in cui l’entità opera, o del mercato nel quale il bene utilizzato è inserito, salvo che un tasso superiore possa essere giustificato.

34.

La direzione aziendale valuta la ragionevolezza delle ipotesi su cui le presenti proiezioni di flussi finanziari si basano esaminando le cause delle differenze tra le proiezioni dei flussi finanziari passati e i flussi finanziari presenti. La direzione aziendale deve assicurare che le ipotesi su cui si basano le attuali proiezioni di flussi finanziari siano coerenti con i risultati effettivi passati, a condizione che gli effetti degli eventi successivi o di circostanze che non esistevano quando tali flussi finanziari attuali sono stati generati lo rendano appropriato.

35.

Budget/previsioni dettagliati, espliciti e attendibili di flussi finanziari futuri per archi temporali superiori ai cinque anni non sono generalmente disponibili. Per questo motivo, le stime dei flussi finanziari futuri effettuate dalla direzione aziendale sono fondate sui più recenti budget/previsioni per un periodo massimo di cinque anni. La direzione aziendale può fare uso di proiezioni di flussi finanziari fondate su budget/previsioni per un periodo superiore ai cinque anni se è fiduciosa che tali proiezioni siano attendibili e se può dimostrare la propria capacità, fondata sulle passate esperienze, di prevedere accuratamente flussi finanziari per un periodo più lungo.

36.

Le proiezioni dei flussi finanziari sino alla fine della vita utile di un’attività sono stimate tramite l’estrapolazione di proiezioni di flussi finanziari basati su budget/previsioni utilizzando un tasso di crescita per gli anni successivi. Questo tasso è stabile o in diminuzione, a meno che una crescita del tasso sia coerente con informazioni oggettive di crescita in merito a modelli di cicli di vita di un prodotto o di un settore aziendale. Se appropriato, il tasso di crescita può essere pari a zero o può anche essere negativo.

37.

Quando le condizioni sono favorevoli, è probabile che altri concorrenti entrino nel mercato e che riducano i tassi di crescita. Perciò, le entità avranno difficoltà nel lungo periodo (per esempio, venti anni) a superare il tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, dei settori industriali, del Paese o dei Paesi in cui l’entità è operativa, o del mercato nel quale l’attività è inserita.

38.

Nel fare uso di informazioni contenute in budget/previsioni, l’entità valuta se l’informazione si basa su presupposti ragionevoli e dimostrabili ed esprime la migliore stima effettuata dalla direzione aziendale sull’insieme delle condizioni economiche che esisteranno per la restante vita utile dell’attività.

Composizione delle stime dei flussi finanziari futuri

39.

Le stime dei flussi finanziari futuri devono includere:

a)

le proiezioni dei flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuativo dell’attività;

b)

le proiezioni dei flussi finanziari in uscita che si verificano necessariamente per generare flussi finanziari in entrata dall’uso continuativo dell’attività (inclusi i flussi finanziari in uscita per rendere l’attività utilizzabile) e che possono essere direttamente attribuiti o ripartiti all’attività in base a un criterio ragionevole e coerente; e

c)

i flussi finanziari netti, qualora esistano, che saranno ricevuti (o pagati) per la dismissione dell’attività alla fine della sua vita utile.

40.

Le stime dei flussi finanziari futuri e il tasso di attualizzazione riflettono presupposti coerenti in merito agli aumenti dei prezzi imputabili all’inflazione generale. Perciò, se il tasso di attualizzazione include l’effetto degli aumenti dei prezzi imputabili all’inflazione generale, i flussi finanziari futuri sono stimati al loro valore nominale. Se il tasso di attualizzazione esclude l’effetto degli aumenti dei prezzi imputabili all’inflazione generale, i flussi finanziari futuri sono stimati al loro valore reale (ma includono specifici aumenti o diminuzioni dei prezzi futuri).

41.

Le proiezioni di flussi finanziari in uscita includono quelli per la manutenzione ordinaria dell’attività e per le spese generali future che possono essere attribuibili direttamente, o ripartite secondo un criterio ragionevole e coerente, all’uso dell’attività.

42.

Quando il valore contabile dell’attività non include ancora tutti i flussi finanziari in uscita che si manifesteranno prima che questa sia pronta per essere usata o venduta, la stima dei flussi finanziari futuri in uscita include una stima di qualsiasi ulteriore flusso finanziario in uscita che si suppone si verifichi prima che l’attività sia pronta per l’uso o per la vendita. Per esempio, questo è il caso di un edificio in costruzione o di un progetto di sviluppo che non è ancora completato.

43.

Al fine di evitare un doppio conteggio, le stime di flussi finanziari futuri non includono:

a)

flussi finanziari in entrata derivanti da attività che generano flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata delle attività in oggetto (per esempio, attività finanziarie quali crediti); e

b)

flussi finanziari in uscita che sono correlati a obbligazioni rilevate tra le passività (per esempio, debiti, pensioni o accantonamenti).

44.

I flussi finanziari futuri delle attività devono essere stimati facendo riferimento alle loro condizioni correnti. Le stime dei flussi finanziari futuri non devono includere flussi finanziari futuri stimati in entrata o in uscita che si suppone debbano derivare da:

a)

una ristrutturazione futura per la quale l’entità non si è ancora impegnata; o

b)

il miglioramento o l’ottimizzazione del rendimento dell’attività.

45.

Poiché i flussi finanziari futuri dell’attività sono stimati in funzione della sua condizione attuale, il valore d’uso non riflette:

a)

i flussi finanziari futuri in uscita, o i connessi risparmi di costo (ad esempio, le riduzioni sui costi del personale) o i benefici che si suppone deriveranno da una futura ristrutturazione per la quale l’entità non si è ancora impegnata; o

b)

i flussi finanziari in uscita che miglioreranno o ottimizzeranno il rendimento dell’attività o i relativi flussi finanziari in entrata che ci si attende deriveranno da tali flussi finanziari in uscita.

46.

Una ristrutturazione è un programma pianificato e controllato dalla direzione aziendale che modifica in maniera rilevante l’oggetto dell’attività intrapresa da un’entità o il modo in cui l’attività è condotta. Lo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali fornisce una guida che aiuta a chiarire quando l’entità si è impegnata in una ristrutturazione.

47.

Quando l’entità si impegna in una ristrutturazione, è probabile che alcune attività siano interessate da questa ristrutturazione. Una volta che l’entità si è impegnata nella ristrutturazione:

a)

le stime dei flussi finanziari futuri in entrata e in uscita al fine di determinare il valore d’uso riflettono i risparmi di costo e gli altri benefici derivanti dalla ristrutturazione (in funzione del più recente budget/previsione approvato dalla direzione aziendale); e

b)

le stime di flussi finanziari in uscita per la ristrutturazione sono incluse in un accantonamento per spese di ristrutturazione secondo quanto previsto dallo IAS 37.

L’esempio illustrativo 5 illustra l’incidenza che può avere una futura ristrutturazione sul calcolo del valore d’uso.

48.

Fino a che un’entità sostiene flussi finanziari in uscita che migliorano o ottimizzano il rendimento dell’attività, le stime di flussi finanziari futuri non includono le stime dei futuri flussi finanziari in entrata che si prevede derivino dall’aumento dei benefici economici associati ai flussi finanziari in uscita (cfr. esempio illustrativo 6).

49.

Le stime di flussi finanziari futuri includono i futuri flussi finanziari in uscita necessari a mantenere il livello dei benefici economici che ci si attende derivino dall’attività nella sua condizione attuale. Quando un’unità generatrice di flussi finanziari consiste di attività con stimate vite utili differenti, le quali sono tutte essenziali per il normale funzionamento dell’unità, la sostituzione delle attività con vite più brevi è considerata essere parte della manutenzione ordinaria dell’unità nello stimare i flussi finanziari futuri associati all’unità. Analogamente quando un’attività singola include componenti con stimate vite utili differenti, la sostituzione dei componenti con vite utili più brevi è considerata essere parte della manutenzione ordinaria dell’attività quando si stimano i futuri flussi finanziari generati dall’attività.

50.

Le stime dei flussi finanziari futuri non devono includere:

a)

i flussi finanziari in entrata o in uscita derivanti da attività di finanziamento; o

b)

pagamenti o rimborsi fiscali.

51.

I flussi finanziari stimati futuri riflettono presupposti che sono coerenti con il criterio con cui il tasso di attualizzazione è determinato. Altrimenti, l’effetto connesso ad alcuni presupposti sarebbe calcolato due volte oppure ignorato. Poiché il valore temporale del denaro è considerato nell’attualizzazione dei flussi finanziari futuri stimati, questi flussi finanziari escludono i flussi finanziari in entrata o in uscita derivanti da attività di finanziamento. Analogamente, considerato che il tasso di attualizzazione è determinato al lordo delle imposte, anche i flussi finanziari futuri sono stimati al lordo degli effetti fiscali.

52.

La stima dei flussi finanziari netti da ricevere (o da pagare) per la dismissione di un’attività alla fine della sua vita utile deve essere pari all’ammontare che l’entità si aspetta di ottenere dalla dismissione dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, dopo aver dedotto i costi stimati di dismissione.

53.

La stima dei flussi finanziari netti che saranno ricevuti (o pagati) per la dismissione di un’attività alla fine della sua vita utile è determinata in modo similare al fair value (valore equo) dell’attività dedotti i costi di vendita, con la differenza che, nella stima dei flussi finanziari netti:

a)

l’entità usa i prezzi in vigore alla data della stima per attività similari che hanno completato il proprio ciclo di vita utile e che sono state utilizzate in condizioni similari a quelle in cui l’attività sarà usata.

b)

l’entità rettifica questi prezzi per effetto sia di aumenti futuri dei prezzi dovuti all’inflazione generale che di specifici aumenti o diminuzioni futuri dei prezzi. Tuttavia, se le stime di futuri flussi finanziari derivanti dall’uso continuativo dell’attività e il tasso di attualizzazione escludono l’effetto dell’inflazione generale, l’entità esclude anche questo effetto dalla stima dei flussi finanziari netti relativi alla dismissione.

Flussi finanziari futuri in valuta estera

54.

I flussi finanziari futuri sono stimati nella valuta nella quale essi saranno generati e, quindi, attualizzati facendo uso di un tasso appropriato a quella stessa valuta. L’entità converte il valore attuale utilizzando il tasso di cambio a pronti alla data del calcolo del valore d’uso.

Tasso di attualizzazione

55.

Il(i) tasso(i) di sconto deve(ono) essere il(i) tasso(i) al lordo delle imposte che rifletta(ano) le valutazioni correnti di mercato:

a)

del valore temporale del denaro; e

b)

dei rischi specifici dell’attività per i quali le stime dei flussi finanziari futuri non sono state rettificate.

56.

Un tasso che riflette le valutazioni correnti del mercato del valore temporale del denaro e dei rischi specifici dell’attività corrisponde al rendimento che gli investitori richiederebbero se si trovassero nella situazione di dover scegliere un investimento che generasse flussi finanziari di importi, tempistica e rischio equivalenti a quelli che l’entità si aspetta che derivino dall’attività in oggetto. Questo tasso è stimato attraverso il tasso implicito utilizzato per attività similari nelle contrattazioni correntemente presenti nel mercato o attraverso il costo medio ponderato del capitale di un’entità quotata che ha una singola attività (o un portafoglio di attività) similare all’attività considerata in termini di servizio e rischi. Tuttavia, il(i) tasso(i) di sconto utilizzato(i) per valutare il valore d’uso di un’attività non riflette(ono) i rischi per i quali le stime dei flussi finanziari futuri sono stati rettificate. Altrimenti, l’effetto connesso ad alcuni presupposti sarebbe calcolato due volte.

57.

Se il tasso specifico di un’attività non è reperibile direttamente sul mercato, l’entità usa altre tecniche per stimarne il tasso di attualizzazione. L’appendice A fornisce una guida aggiuntiva sulla stima del tasso di sconto in tali circostanze.

RILEVAZIONE E DETERMINAZIONE DI UNA PERDITA PER RIDUZIONE DI VALORE

58.

I paragrafi da 59 a 64 contengono le disposizioni per la rilevazione e determinazione delle perdite per riduzione di valore di una singola attività diversa dall’avviamento. La rilevazione e la determinazione di perdite per riduzione di valore per le unità generatrici di flussi finanziari e l’avviamento sono trattate nei paragrafi da 65 a 108.

59.

Se, e solo se, il valore recuperabile di un’attività è inferiore al valore contabile, quest’ultimo deve essere ridotto al valore recuperabile. Tale riduzione costituisce una perdita per riduzione di valore.

60.

Una perdita per riduzione di valore deve essere immediatamente rilevata nel conto economico, a meno che l’attività non sia iscritta al valore rivalutato secondo quanto previsto da un altro Principio (per esempio, secondo quanto previsto dal modello della rideterminazione del valore dello IAS 16). Qualsiasi perdita per riduzione di valore di un’attività rivalutata deve essere trattata come una diminuzione della rivalutazione secondo quanto previsto da quel Principio.

61.

Una perdita per riduzione di valore su un’attività non rivalutata è rilevata nel conto economico. Tuttavia, una perdita per riduzione di valore su un’attività rivalutata è rilevata direttamente a riduzione della riserva di rivalutazione dell’attività a meno che la perdita per riduzione di valore non superi l’ammontare della riserva di rivalutazione per quella stessa attività.

62.

Quando la perdita per riduzione di valore è stimata per un importo superiore al valore contabile dell’attività cui si riferisce, l’entità deve rilevare una passività se, e solo se, ciò è richiesto da un altro Principio.

63.

Dopo che la perdita per riduzione di valore è stata rilevata, la quota di ammortamento (svalutazione) dell’attività deve essere rettificata negli esercizi futuri per poter ripartire il nuovo valore contabile dell’attività, detratto il suo valore residuo (qualora esista), sistematicamente lungo la sua restante vita utile.

64.

Se è rilevata una perdita per riduzione di valore, qualsiasi connessa attività o passività fiscale differita è determinata secondo quanto previsto dallo IAS 12 attraverso la comparazione tra il valore contabile rettificato dell’attività e il suo valore ai fini fiscali (cfr. esempio illustrativo 3).

UNITÀ GENERATRICI DI FLUSSI FINANZIARI E AVVIAMENTO

65.

I paragrafi da 66 a 108 contengono le disposizioni per identificare l’unità generatrice di flussi finanziari cui un’attività appartiene, per determinare il valore contabile e rilevare le perdite per riduzione di valore dell’unità generatrice di flussi finanziari e dell’avviamento.

Identificazione dell’unità generatrice di flussi finanziari alla quale un’attività appartiene

66.

Se esiste un’indicazione che un’attività può aver subito una riduzione di valore, deve essere stimato il valore recuperabile della singola attività. Se non è possibile stimare il valore recuperabile della singola attività, l’entità deve determinare il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari alla quale l’attività appartiene (unità generatrice di flussi finanziari dell’attività).

67.

Il valore recuperabile di una singola attività non può essere determinato se:

a)

il valore d’uso dell’attività non è stimato essere prossimo al proprio fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita (ad esempio, quando non è possibile stimare che i flussi finanziari futuri derivanti dall’uso permanente dell’attività siano irrilevanti); e

b)

l’attività non genera flussi finanziari in entrata ampiamente indipendenti da quelli derivanti da altre attività.

In tali circostanze, il valore d’uso e, perciò, il valore recuperabile, possono essere determinati solo con riferimento all’unità generatrice di flussi finanziari dell’attività.

EsempioUn’entità che opera nel settore minerario possiede una ferrovia privata per agevolare la propria attività estrattiva. La ferrovia privata può essere venduta solo al valore di rottame e non genera flussi finanziari in entrata ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti dalle altre attività estrattive.Non è possibile stimare il valore recuperabile della ferrovia privata perché il suo valore d’uso non può essere determinato ed è probabilmente differente dal valore recuperabile. Perciò, l’entità stima il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari cui la ferrovia privata appartiene, ossia la miniera nel suo insieme.

68.

Come definito nel paragrafo 6, l’unità generatrice di flussi finanziari di un’attività è il più piccolo gruppo di attività che comprende l’attività e che genera flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti dalle altre attività o gruppi di attività. L’identificazione di un’unità generatrice di flussi finanziari di un’attività implica un giudizio soggettivo. Se il valore recuperabile di una singola attività non può essere determinato, l’entità identifica la più piccola aggregazione di attività che genera flussi finanziari in entrata ampiamente indipendenti.

EsempioUna società di autobus fornisce per contratto servizi a un Comune, il quale richiede un servizio minimo su ciascuno di cinque distinti percorsi. Le attività impiegate in ciascun percorso e i flussi finanziari derivanti da ciascun percorso possono essere identificati separatamente. Uno di questi percorsi opera con una significativa perdita.Poiché l’entità non ha la facoltà di chiudere uno qualsiasi dei percorsi degli autobus, il livello più basso di flussi finanziari in entrata identificabili, che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti dalle altre attività o gruppi di attività, è il flusso finanziario in entrata generato dai cinque percorsi insieme. L’unità generatrice di flussi finanziari per ciascun percorso è la società di autobus nel suo insieme.

69.

I flussi finanziari in entrata sono flussi in entrata di disponibilità liquide e di mezzi equivalenti ricevuti da parti esterne all’entità. Nell’identificare se i flussi finanziari in entrata derivanti da un’attività (o da un gruppo di attività) siano ampiamente indipendenti da quelli derivanti da altre attività (o da gruppi di attività), l’entità considera diversi fattori, fra i quali il modo in cui la direzione aziendale controlla l’operatività dell’entità (per esempio, per linee di prodotto, settori aziendali, dislocazioni aziendali, aree distrettuali o regionali) o come la direzione aziendale prende decisioni in merito a mantenere operativi o dismettere i beni e le attività dell’entità. L’esempio illustrativo 1 fornisce esempi di identificazione di unità generatrici di flussi finanziari.

70.

Se esiste un mercato attivo per il prodotto di un’attività o di un gruppo di attività, tale attività o gruppo di attività deve essere identificato come un’unità generatrice di flussi finanziari, anche se alcuni o tutti i prodotti sono usati internamente. Se i flussi finanziari in entrata generati da una qualsiasi delle attività o unità generatrice di flussi finanziari sono influenzati da prezzi di trasferimento interno, un’entità deve utilizzare la miglior stima della direzione aziendale per il/i prezzo/i futuro/i che potrebbe(ro) essere ottenuto(i) in libere transazioni nello stimare:

a)

i futuri flussi finanziari in entrata utilizzati per determinare il valore d’uso dell’attività o dell’unità generatrice di flussi finanziari; e

b)

i futuri flussi finanziari in uscita utilizzati per determinare il valore d’uso di ogni altra attività o unità generatrice di flussi finanziari che sono influenzati da prezzi di trasferimento interno.

71.

Anche se parte o tutto il prodotto di un’attività o di un gruppo di attività è usato da altre unità appartenenti all’entità (per esempio, prodotti a uno stadio intermedio del processo di produzione), questa attività o gruppo di attività formano un’unità generatrice di flussi finanziari distinta se l’entità può vendere questo prodotto in un mercato attivo. Questo perché l’attività o il gruppo di attività può generare flussi finanziari in entrata che sarebbero ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti da altre attività o altri gruppi di attività. Nell’utilizzare le informazioni basate su budget/previsioni che fanno riferimento a tale unità generatrice di flussi finanziari, o a un’eventuale altra attività o unità generatrice di flussi finanziari influenzata da prezzi di trasferimento interno, un’entità rettifica questa informazione se i prezzi di trasferimento interno non riflettono la miglior stima della direzione aziendale di prezzi futuri che potrebbero essere ottenuti in libere transazioni.

72.

Le unità generatrici di flussi finanziari per la stessa attività o per le stesse tipologie di attività devono essere identificate con criteri uniformi da esercizio a esercizio, a meno che il cambiamento possa essere giustificato.

73.

Se l’entità ritiene che un’attività appartiene a un’unità generatrice di flussi finanziari diversa rispetto a quella dei precedenti esercizi, o che le tipologie di attività aggregate dell’unità generatrice di flussi finanziari dell’attività sono cambiate, il paragrafo 130 richiede che debbano essere fornite informazioni integrative sull’unità generatrice di flussi finanziari, se una perdita per riduzione di valore viene rilevata o stornata per l’unità generatrice di flussi finanziari.

Valore recuperabile e valore contabile di un’unità generatrice di flussi finanziari

74.

Il valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari è il maggiore tra il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita e il valore d’uso della stessa. Per la determinazione del valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari, qualsiasi riferimento contenuto nei paragrafi da 19 a 57 a «un’attività» deve essere letto come riferimento a «un’unità generatrice di flussi finanziari».

75.

Il valore contabile di un’unità generatrice di flussi finanziari deve essere determinato in maniera coerente con il criterio con cui è determinato il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari.

76.

Il valore contabile di un’unità generatrice di flussi finanziari:

a)

include il valore contabile delle sole attività che possono essere attribuite direttamente, o ripartite secondo un criterio ragionevole e uniforme, all’unità generatrice di flussi finanziari e che genereranno flussi finanziari futuri in entrata utilizzati nel determinare il valore d’uso dell’unità generatrice di flussi finanziari; e

b)

non include il valore contabile di nessuna passività rilevata, a meno che il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari non possa essere determinato senza tenere conto di questa passività.

Ciò è dovuto al fatto che il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita e il valore d’uso di un’unità generatrice di flussi finanziari sono determinati escludendo i flussi finanziari relativi ad attività che non sono parte dell’unità generatrice di flussi finanziari ed a passività che sono state rilevate (cfr. paragrafi 28 e 43).

77.

Quando le attività sono raggruppate per valutarne la loro recuperabilità, è importante includere nell’unità generatrice di flussi finanziari tutte le attività che generano o sono usate per generare flussi finanziari in entrata. Altrimenti, l’unità generatrice di flussi finanziari può sembrare totalmente recuperabile quando in realtà si è verificata una perdita per riduzione di valore. In alcune circostanze, sebbene qualche attività contribuisca alla formazione degli stimati flussi finanziari futuri di un’unità generatrice di flussi finanziari, queste non possono essere imputate all’unità generatrice di flussi finanziari in base a un criterio ragionevole e coerente. Questo potrebbe essere il caso dell’avviamento o dei beni destinati ad attività ausiliarie e comuni quali, per esempio, le attività della sede. I paragrafi da 80 a 103 spiegano come trattare queste attività nella verifica per riduzione di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari.

78.

Può essere necessario tener conto di alcune passività già rilevate al fine di misurare il valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari. Ciò si può verificare se la dismissione di un’unità generatrice di flussi finanziari richiede che il compratore si accolli una passività. In tale circostanza, il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita (o il flusso finanziario stimato derivante dalla dismissione finale) dell’unità generatrice di flussi finanziari equivale al prezzo di vendita stimato delle attività dell’unità generatrice di flussi finanziari e della passività nel loro insieme, detratti i costi di dismissione. Per effettuare una comparazione che abbia senso tra valore contabile dell’unità generatrice di flussi e valore recuperabile, il valore contabile della passività è detratto sia nella determinazione del valore d’uso sia del valore contabile dell’unità generatrice di flussi finanziari.

EsempioUna società gestisce una miniera in un paese in cui la normativa richiede che il proprietario debba ripristinare il luogo una volta conclusa la propria attività estrattiva. Il costo di tale operazione comprende la sostituzione del materiale in eccesso che deve essere rimosso prima che l’attività estrattiva ricominci. Un accantonamento per i costi di sostituzione del materiale in eccesso è stato rilevato non appena lo stesso è stato rimosso. L’ammontare previsto è stato rilevato come parte del costo della miniera e ammortizzato lungo il corso della vita utile della miniera. Il valore contabile dell’accantonamento per i costi di ripristino è pari a CU 500 (3) che è uguale al valore attuale dei costi di ripristino.L’entità sta verificando se la miniera ha subito una riduzione di valore. L’unità generatrice di flussi finanziari della miniera è la miniera nel suo insieme. L’entità ha ricevuto diverse offerte di acquisto della miniera a un prezzo di circa CU 800. Questo prezzo riflette il fatto che l’acquirente si accollerà l’obbligo di rimuovere il materiale in eccesso. I costi di dismissione della miniera sono irrilevanti. Il valore d’uso della miniera è valutato approssimativamente in CU 1 200, esclusi i costi di ripristino. Il valore contabile della miniera è di CU 1 000.Il fair value (valore equo) dell’unità generatrice di flussi finanziari dedotti i costi di vendita è pari a CU 800. Tale importo è comprensivo dei costi di ripristino già accantonati. Come conseguenza, il valore d’uso dell’unità generatrice dei flussi finanziari è calcolato dopo la valutazione dei costi di ripristino ed è stimato pari a CU 700 (CU 1 200 meno CU 500). Il valore contabile dell’unità generatrice di flussi finanziari è CU 500, che è il risultato del valore contabile della miniera (CU 1 000) meno il valore contabile dell’accantonamento per i costi di ripristino (CU 500). Quindi l’importo recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari supera il suo valore contabile.

79.

Per motivi pratici, il valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari è talvolta determinato dopo aver tenuto conto anche di attività che non fanno parte dell’unità generatrice di flussi finanziari (per esempio, crediti o altre attività finanziarie) o passività che sono state rilevate (per esempio, debiti, pensioni e altri accantonamenti). In tali circostanze, il valore contabile dell’unità generatrice di flussi finanziari è incrementato dal valore contabile di tali attività e diminuito dal valore contabile di tali passività.

Avviamento

Allocazione dell’avviamento alle unità generatrici di flussi finanziari

80.

Al fine della verifica per riduzione di valore, l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale deve, dalla data di acquisizione, essere allocato ad ogni unità generatrice di flussi finanziari dell’acquirente, o a gruppi di unità generatrici di flussi finanziari, che si prevede beneficino dalle sinergie della aggregazione, a prescindere dal fatto che altre attività o passività dell’entità acquisita siano assegnate a tali unità o gruppi di unità. Ogni unità o gruppo di unità a cui l’avviamento è così allocato deve:

a)

rappresentare il livello minimo all’interno dell’entità a cui l’avviamento è monitorato per finalità gestionali interne; e

b)

non essere maggiore di un settore operativo determinato in conformità all’IFRS 8 Settori operativi.

81.

L’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale rappresenta un pagamento effettuato da un acquirente in previsione di futuri benefici economici derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente. L’avviamento non genera flussi finanziari indipendentemente da altre attività o gruppi di attività e spesso contribuisce ai flussi finanziari di una molteplicità di unità generatrici di flussi finanziari. L’avviamento a volte può essere allocato soltanto a gruppi di unità generatrici di flussi finanziari secondo un criterio non arbitrario ma non a singole unità generatrici di flussi finanziari. Ne deriva che il più basso livello all’interno dell’entità al quale l’avviamento è monitorato per finalità gestionali interne comprende a volte un numero di unità generatrici di flussi finanziari cui l’avviamento fa riferimento, ma alle quali non può essere allocato. I riferimenti dei paragrafi da 83 a 99 a un’unità generatrice di flussi finanziari alla quale l’avviamento è allocato dovrebbero essere letti come riferimenti anche a un gruppo di unità generatrici di flussi finanziari a cui l’avviamento è allocato.

82.

L’applicazione delle disposizioni del paragrafo 80 risulta nella verifica dell’avviamento per riduzione di valore a un livello che riflette il modo in cui un’entità gestisce le proprie attività operative e con cui l’avviamento sarebbe naturalmente associato. Quindi, non è solitamente richiesto sviluppare ulteriori sistemi informativi.

83.

Un’unità generatrice di flussi finanziari cui viene allocato l’avviamento al fine di verificare una riduzione di valore può non coincidere con il livello al quale l’avviamento viene allocato secondo quanto previsto dallo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere per determinare gli utili e le perdite su cambi. Per esempio, se lo IAS 21 richiede a un’entità di allocare l’avviamento a livelli relativamente bassi per valutare gli utili e le perdite su cambi, non è richiesto di verificare l’avviamento per riduzione di valore allo stesso livello a meno che a tale livello si monitori anche l’avviamento ai fini gestionali interni.

84.

Se l’allocazione iniziale dell’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale non può essere completata prima della fine dell’esercizio in cui avviene l’aggregazione aziendale, tale allocazione iniziale deve essere completata prima della fine dell’esercizio che ha inizio dopo la data di acquisizione.

85.

Secondo quanto previsto dall’IFRS 3 Aggregazioni aziendali, se la contabilizzazione iniziale di un’aggregazione aziendale può essere determinata soltanto provvisoriamente entro la fine dell’esercizio in cui avviene l’aggregazione, l’acquirente:

a)

contabilizza l’aggregazione con tali valori provvisori; e

b)

rileva eventuali rettifiche a tali valori provvisori come un risultato del completamento della contabilizzazione iniziale entro dodici mesi dalla data di acquisizione.

In tali circostanze, potrebbe non essere possibile completare l’attribuzione iniziale dell’avviamento acquisito nell’aggregazione prima della fine dell’esercizio in cui avviene l’aggregazione. Quando ciò accade, l’entità riporta le informazioni richieste dal paragrafo 133.

86.

Se l’avviamento è stato allocato a un’unità generatrice di flussi finanziari e l’entità dismette un’attività che è parte di tale unità, l’avviamento associato con l’attività dismessa deve essere:

a)

incluso nel valore contabile dell’attività quando si determina l’utile o la perdita derivante dalla dismissione; e

b)

determinato sulla base dei relativi valori dell’attività dismessa e della parte mantenuta dell’unità generatrice di flussi finanziari, a meno che l’entità possa dimostrare che alcuni altri metodi riflettano meglio l’avviamento associato all’attività dismessa.

EsempioUn’entità vende per CU 100 un’attività che era parte di un’unità generatrice di flussi finanziari a cui l’avviamento è stato allocato. L’avviamento allocato all’unità non può essere identificato o associato con un gruppo di attività a un livello inferiore a tale unità, se non arbitrariamente. Il valore recuperabile della parte mantenuta dell’unità generatrice di flussi finanziari è CU 300.Poiché l’avviamento allocato all’unità generatrice di flussi finanziari non può essere identificato o associato a un gruppo di attività a un livello inferiore a tale unità se non arbitrariamente, l’avviamento associato con l’attività dismessa è valutato sulla base dei valori relativi dell’attività dismessa e della parte mantenuta dell’unità. Quindi, il 25 per cento dell’avviamento attribuito all’unità generatrice di flussi finanziari è incluso nel valore contabile dell’attività venduta.

87.

Se un’entità riorganizza la struttura del suo sistema informativo in modo tale che si modifica la composizione di una o più unità generatrici di flussi finanziari cui l’avviamento è stato allocato, l’avviamento deve essere riallocato alle unità interessate. Questa nuova allocazione deve essere fatta con un criterio del valore relativo simile a quello utilizzato quando un’entità dismette un’attività facente parte di un’unità generatrice di flussi finanziari a meno che l’entità possa dimostrare che altri metodi riflettano meglio l’avviamento associato alle unità riorganizzate.

EsempioL’avviamento era stato precedentemente allocato all’unità A generatrice di flussi finanziari. L’avviamento allocato ad A non può essere identificato o associato a un gruppo di attività a un livello inferiore ad A, se non arbitrariamente. A è da suddividersi e integrarsi in tre distinte unità generatrici di flussi finanziari, B, C, e D.Poiché l’avviamento allocato ad A non può essere identificato o associato a un gruppo di attività a un livello inferiore ad A se non arbitrariamente, esso è riallocato alle unità B, C e D sulla base dei valori relativi delle tre parti di A prima che tali parti siano integrate in B, C e D.

Verifica delle unità generatrici di flussi finanziari comprensive dell’avviamento per riduzione di valore

88.

Quando, come descritto nel paragrafo 81, l’avviamento si riferisce all’unità generatrice di flussi finanziari ma non è stato allocato a tale unità, si deve sottoporre l’unità ad una verifica per riduzione di valore ogniqualvolta vi è un’indicazione che l’unità possa avere subito una riduzione di valore, confrontando il valore contabile dell’unità, al netto di qualunque avviamento, con il suo valore recuperabile. Qualunque perdita per riduzione di valore deve essere rilevata secondo quanto previsto dal paragrafo 104.

89.

Se un’unità generatrice di flussi finanziari descritta nel paragrafo 88 include nel proprio valore contabile un’attività immateriale che ha una vita utile indefinita o non è ancora disponibile all’uso e tale attività può essere verificata per riduzione di valore soltanto come facente parte dell’unità generatrice di flussi finanziari, il paragrafo 10 richiede che anche l’unità sia verificata annualmente per riduzione di valore.

90.

Un’unità generatrice di flussi finanziari a cui è stato allocato l’avviamento deve essere verificata annualmente per riduzione di valore, e ogniqualvolta vi sia un’indicazione che l’unità possa avere subito una riduzione di valore, confrontando il valore contabile dell’unità, che include l’avviamento, con il valore recuperabile dell’unità. Se il valore recuperabile di un’unità eccede il valore contabile dell’unità medesima, l’unità e l’avviamento attribuito a tale unità devono essere considerati come se non avessero subito una riduzione di valore. Se il valore contabile dell’unità supera il valore recuperabile dell’unità, l’entità deve rilevare la perdita per riduzione di valore secondo quanto previsto dal paragrafo 104.

Interessenza di terzi

91.

Secondo quanto previsto dall’IFRS 3, l’avviamento rilevato in un’aggregazione aziendale rappresenta l’avviamento acquisito dalla controllante in base alla quota di pertinenza, anziché l’ammontare dell’avviamento controllato dalla stessa come risultato dell’aggregazione aziendale. Quindi, l’avviamento attribuibile a una quota di pertinenza di terzi non è rilevato nel bilancio consolidato della controllante. Di conseguenza, se vi è una quota di pertinenza di terzi in un’unità generatrice di flussi finanziari a cui è stato allocato l’avviamento, il valore contabile di tale unità include:

a)

sia la quota della controllante che la quota di pertinenza di terzi nelle attività nette identificabili dell’unità; e

b)

la quota della controllante nell’avviamento.

Tuttavia, parte del valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari determinata secondo quanto previsto dal presente Principio è attribuibile alla quota di pertinenza di terzi nell’avviamento.

92.

Di conseguenza, al fine di verificare la riduzione di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari non completamente posseduta comprensiva dell’avviamento, il valore contabile di tale unità è figurativamente rettificato, prima di essere confrontato con il suo valore recuperabile. Ciò è ottenuto sommando l’avviamento attribuibile alla quota di pertinenza di terzi al valore contabile dell’avviamento allocato all’unità. Questo valore contabile figurativamente rettificato viene poi confrontato con il valore recuperabile dell’unità per determinare se l’unità generatrice di flussi finanziari ha subito una riduzione di valore. In tal caso, l’entità alloca innanzitutto la perdita per riduzione di valore secondo quanto previsto dal paragrafo 104 per ridurre il valore contabile dell’avviamento allocato all’unità.

93.

Tuttavia, poiché l’avviamento è rilevato soltanto nella misura della quota di pertinenza dalla controllante, qualunque perdita per riduzione di valore relativa all’avviamento si ripartisce tra quella attribuibile alla controllante e quella attribuibile alla quota di pertinenza di terzi, rilevando solo la prima come perdita per riduzione di valore dell’avviamento.

94.

Se la perdita per riduzione di valore totale relativa all’avviamento è inferiore all’eccedenza del valore contabile figurativamente rettificato dell’unità generatrice di flussi finanziari rispetto al suo valore recuperabile, il paragrafo 104 dispone che l’eccedenza residua sia allocata alle altre attività dell’unità in proporzione al valore contabile di ogni attività dell’unità.

95.

L’esempio illustrativo n. 7 illustra la verifica per riduzione di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari non interamente posseduta che include l’avviamento.

Tempistica delle verifiche per riduzione di valore

96.

La verifica annuale per riduzione di valore per un’unità generatrice di flussi finanziari a cui l’avviamento è stato attribuito può essere svolta in qualsiasi momento durante l’esercizio di riferimento, a condizione che la verifica venga fatta nello stesso periodo tutti gli anni. Unità generatrici di flussi finanziari differenti possono essere verificate per riduzione di valore in momenti diversi. Tuttavia, se parte o tutto l’avviamento allocato all’unità generatrice di flussi finanziari è stato acquisito in un’aggregazione aziendale durante l’esercizio in corso, l’unità deve essere sottoposta a verifica per riduzione di valore prima della fine dell’esercizio in corso.

97.

Se le attività che costituiscono l’unità generatrice di flussi finanziari a cui l’avviamento è stato allocato vengono verificate per riduzione di valore nello stesso momento dell’unità che include l’avviamento, le singole unità devono essere verificate per riduzione di valore prima dell’unità che contiene l’avviamento. Analogamente, se le unità generatrici di flussi finanziari che costituiscono un gruppo di unità generatrici di flussi finanziari al quale è stato allocato l’avviamento vengono verificate per riduzione di valore nello stesso momento del gruppo di unità che contiene l’avviamento, le singole unità devono essere verificate per riduzione di valore prima del gruppo di unità che include l’avviamento.

98.

Al momento della verifica per riduzione di valore dell’unità generatrice di flussi finanziari cui è stato allocato l’avviamento, ci potrebbe essere un’indicazione di una riduzione di valore di un’attività che è parte dell’unità che contiene l’avviamento. In tali circostanze, l’entità innanzitutto verifica l’attività per riduzione di valore, e rileva eventuali perdite per riduzione di valore di tale attività prima di verificare per riduzione di valore l’unità generatrice di flussi finanziari a cui è stato allocato l’avviamento. Analogamente, ci può essere indicazione di una riduzione di valore in un’unità generatrice di flussi finanziari all’interno di un gruppo di un’unità che include l’avviamento. In tali circostanze, l’entità innanzitutto verifica per riduzione di valore l’unità generatrice di flussi finanziari, e rileva eventuali perdite per riduzione di valore per tale unità prima di verificare per riduzione di valore il gruppo di unità cui è stato allocato l’avviamento.

99.

Il più recente calcolo analitico effettuato in un periodo precedente del valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari cui l’avviamento è stato allocato può essere utilizzato nella verifica per riduzione di valore per quell’unità nell’esercizio corrente, a condizione che tutti i seguenti criteri siano soddisfatti:

a)

le attività e le passività che formano l’unità non si sono modificate significativamente dal tempo del più recente calcolo del valore recuperabile;

b)

il più recente calcolo del valore recuperabile aveva determinato un valore che eccedeva il valore contabile dell’unità con un margine sostanziale; e

c)

sulla base di un’analisi dei fatti intervenuti e delle circostanze modificatesi dal tempo del più recente calcolo del valore recuperabile, la probabilità che l’attuale determinazione del valore recuperabile sia inferiore all’attuale valore contabile dell’unità, è remota.

Beni destinati ad attività ausiliarie e comuni (corporate assets)

100.

I beni destinati ad attività ausiliarie e comuni (corporate assets) comprendono attività di gruppo o divisionali quali, per esempio, l’edificio in cui si trova la direzione centrale o una sua divisione, i macchinari per l’elaborazione elettronica dei dati o un centro di ricerca. La struttura dell’entità determina se un’attività soddisfa la definizione di beni destinati ad attività ausiliarie e comuni contenuta nel presente Principio per una particolare unità generatrice di flussi finanziari. Le caratteristiche distintive di queste attività aziendali sono che esse non generano flussi finanziari in entrata indipendentemente dalle altre attività o da altri gruppi di attività e che i loro valori contabili non possono essere totalmente imputati all’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto.

101.

Poiché le predette attività non generano distinti flussi finanziari in entrata, il valore recuperabile di queste non può essere determinato a meno che la direzione aziendale abbia deciso di dismettere l’attività. Di conseguenza, se vi è un’indicazione che una siffatta attività possa aver subito una riduzione di valore, si determina il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari o del gruppo di unità generatrici di flussi finanziari cui questa attività appartiene, ed esso viene confrontato con il valore contabile dell’unità generatrice di flussi finanziari o del gruppo di unità generatrici di flussi finanziari. Eventuali perdite per riduzione di valore sono rilevate secondo quanto previsto dal paragrafo 104.

102.

Nel verificare se un’unità generatrice di flussi finanziari ha subito una riduzione di valore, l’entità deve identificare tutti i beni destinati ad attività ausiliarie e comuni che fanno riferimento all’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto. Se una parte del valore contabile di un tale bene:

a)

può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente a tale unità, l’entità deve confrontare il valore contabile dell’unità, inclusa la parte del valore contabile del bene destinato ad attività ausiliarie e comuni allocata all’unità, con il relativo valore recuperabile. Qualunque perdita per riduzione di valore deve essere rilevata secondo quanto previsto dal paragrafo 104.

b)

non può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente a tale unità, l’entità deve:

i)

confrontare il valore contabile dell’unità, escluso il bene destinato ad attività ausiliarie e comuni, con il suo valore recuperabile e rilevare qualunque perdita per riduzione di valore secondo quanto previsto dal paragrafo 104;

ii)

identificare il più piccolo gruppo di unità generatrici di flussi finanziari che includa l’unità generatrice di flussi finanziari in questione e a cui una parte del valore contabile del bene destinato ad attività ausiliarie e comuni può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente; e

iii)

confrontare il valore contabile di tale gruppo di unità generatrici di flussi finanziari inclusa la parte del valore contabile del bene destinato ad attività ausiliarie e comuni allocata a tale gruppo di unità, con il valore recuperabile del gruppo di unità. Qualunque perdita per riduzione di valore deve essere rilevata secondo quanto previsto dal paragrafo 104.

103.

L’esempio illustrativo 8 illustra l’applicazione di queste disposizioni ai beni destinati ad attività ausiliarie e comuni.

Perdita per riduzione di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari

104.

Una perdita per riduzione di valore deve essere rilevata per una unità generatrice di flussi finanziari (il più piccolo gruppo di unità generatrici di flussi finanziari cui l’avviamento o un bene destinato ad attività ausiliarie e comuni è stato allocato) se, e soltanto se, il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) è inferiore al valore contabile dell’unità (gruppo di unità). La perdita per riduzione di valore deve essere imputata a riduzione del valore contabile delle attività che fanno parte dell’unità (gruppo di unità) nel seguente ordine:

a)

prima, per ridurre il valore contabile di qualunque avviamento allocato all’unità generatrice di flussi finanziari (gruppo di unità); e

b)

quindi, alle altre attività dell’unità (gruppo di unità) in proporzione al valore contabile di ciascuna attività che fa parte dell’unità (gruppo di unità).

Tali riduzioni dei valori contabili devono essere trattate come perdite per riduzione di valore delle singole attività e rilevate in conformità alle disposizioni contenute nel paragrafo 60.

105.

Nell’attribuire una perdita per riduzione di valore secondo quanto previsto dal paragrafo 104, un’entità non deve ridurre il valore contabile di un’attività al di sotto del maggior valore tra:

a)

il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita (se determinabile);

b)

il valore d’uso (se determinabile); e

c)

zero.

L’ammontare della perdita per riduzione di valore che sarebbe stata altrimenti imputata all’attività deve essere allocata proporzionalmente alle altre attività dell’unità (gruppo di unità).

106.

Se non è fattibile stimare il valore recuperabile di ciascuna attività di un’unità generatrice di flussi finanziari, il presente Principio richiede che la perdita per riduzione di valore sia ripartita discrezionalmente tra le attività della stessa unità, tranne l’avviamento, perché tutte le attività di un’unità generatrice di flussi finanziari operano congiuntamente.

107.

Se il valore recuperabile di una singola attività non può essere determinato (cfr. paragrafo 67):

a)

una perdita per riduzione di valore dell’attività è rilevata se il valore contabile di tale attività è più elevato del maggiore tra il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita e i risultati delle procedure di ripartizione descritte nei paragrafi 104 e 105; e

b)

nessuna perdita per riduzione di valore dell’attività è rilevata se la connessa unità generatrice di flussi finanziari non ha subito una riduzione di valore. Questo si applica anche se il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita dell’attività è inferiore al valore contabile.

EsempioUna macchina ha subito un danno ma è ancora funzionante, sebbene non come prima che si danneggiasse. Il fair value (valore equo) della macchina dedotti i costi di vendita è inferiore al valore contabile. La macchina non genera suoi propri flussi finanziari in entrata. Il più piccolo gruppo identificabile di attività che comprende la macchina e che genera flussi finanziari in entrata ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti da altre attività è la linea di produzione alla quale la macchina appartiene. Il valore recuperabile della linea di prodotti indica che questa, considerata nel suo insieme, non ha subito alcuna riduzione di valore.Presupposto 1: i budget/previsioni approvati dalla direzione aziendale non riflettono alcun impegno preso dalla direzione stessa per rimpiazzare la macchina.Il valore recuperabile della sola macchina non può essere stimato perché il valore d’uso della macchina:

(a)

può differire dal suo fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita; e

(b)

può essere determinato solamente con riferimento all’unità generatrice di flussi finanziari alla quale la macchina appartiene (la linea di produzione).

La linea di produzione non subisce una riduzione di valore. Quindi, non viene rilevata alcuna perdita per riduzione di valore per la macchina. Tuttavia, l’entità può aver bisogno di rivedere il periodo o il criterio di ammortamento della macchina. Forse, può essere necessario un periodo di ammortamento più corto o un metodo di ammortamento più rapido per riflettere la restante vita utile attesa della macchina o l’andamento con cui i benefici economici si presume saranno consumati dall’entità.

Presupposto 2: i budget/previsioni approvati dalla direzione aziendale riflettono un impegno preso da parte della direzione aziendale per rimpiazzare la macchina e per venderla nel futuro prossimo. I flussi finanziari derivanti dall’uso continuativo della macchina sino alla sua dismissione sono ritenuti irrilevanti.

Il valore d’uso della macchina può essere stimato pressoché equivalente al suo fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita. Perciò, il valore recuperabile della macchina può essere determinato e non viene presa in considerazione l’unità generatrice di flussi finanziari alla quale la macchina appartiene (ossia la linea di produzione). In considerazione del fatto che il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita della macchina è inferiore al suo valore contabile, viene rilevata una perdita per riduzione di valore della macchina.

108.

Dopo aver applicato le disposizioni contenute nei paragrafi 104 e 105, deve essere rilevata una passività per qualsiasi importo residuo di una perdita per riduzione di valore dell’unità generatrice di flussi finanziari se, e solo se, ciò è richiesto da un altro Principio.

RIPRISTINI DI VALORE

109.

I paragrafi da 110 a 116 contengono le disposizioni relative al ripristino di valore di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari che ha subito una perdita per riduzione di valore rilevata in esercizi precedenti. Queste disposizioni fanno uso del termine «un’attività» ma si applicano egualmente a una singola attività come a un’unità generatrice di flussi finanziari. Disposizioni aggiuntive sono previste per le singole attività presentate nei paragrafi da 117 a 121, per un’unità generatrice di flussi finanziari nei paragrafi 122 e 123 e per l’avviamento nei paragrafi 124 e 125.

110.

L’entità deve valutare a ogni data di riferimento del bilancio se vi è indicazione che una perdita per riduzione di valore di un’attività rilevata negli esercizi precedenti per un’attività diversa dall’avviamento possa non esistere più o possa essersi ridotta. Se esiste una qualsiasi indicazione di ciò, l’entità deve stimare il valore recuperabile di tale attività.

111.

Nel valutare se vi è una qualche indicazione che una perdita per riduzione di valore di un’attività rilevata negli esercizi precedenti per un’attività diversa dall’avviamento possa non esistere più o possa essersi ridotta, l’entità deve considerare, come minimo, le seguenti indicazioni:

Fonti esterne di informazione

a)

il valore di mercato dell’attività è aumentato in maniera significativa nel corso dell’esercizio;

b)

significativi cambiamenti con effetto favorevole per l’entità hanno avuto luogo nel corso dell’esercizio, o lo avranno nel futuro prossimo, nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o legale nel quale l’entità opera o nel mercato al quale l’attività è rivolta;

c)

i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti sono diminuiti nel corso dell’esercizio, e tali diminuzioni probabilmente condizionano il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso dell’attività e incrementano in maniera rilevante il valore recuperabile dell’attività;

Fonti interne di informazione

d)

significativi cambiamenti con effetto favorevole per l’entità hanno avuto luogo nel corso dell’esercizio, o si suppone che abbiano luogo nel futuro prossimo, nella misura o nel modo in cui l’attività è usata o si suppone che venga usata. Questi cambiamenti includono i costi sostenuti durante il periodo per migliorare o ottimizzare l’efficienza dell’attività o ristrutturare l’operazione a cui l’attività appartiene;

e)

vi sono indicazioni evidenti dal sistema informativo interno che il rendimento economico dell’attività è, o sarà, migliore di quanto precedentemente supposto.

112.

Le indicazioni di una potenziale diminuzione di una perdita per riduzione di valore fornite nel paragrafo 111 rispecchiano fondamentalmente le indicazioni contrarie previste per l’individuazione di una perdita per riduzione di valore contenute nel paragrafo 12.

113.

Se vi è indicazione che una perdita per riduzione di valore di un’attività già rilevata, diversa dall’avviamento, possa non esistere più o possa essersi ridotta, ciò può essere indice del fatto che la restante vita utile, il metodo di ammortamento (di svalutazione) o il valore residuo necessita di essere riconsiderato e rettificato in conformità alle disposizioni del Principio applicabile all’attività, persino se non vi è stato alcun ripristino di valore dell’attività.

114.

Una perdita per riduzione di valore di un’attività diversa dall’avviamento rilevata negli esercizi precedenti deve essere rettificata se, e solo se, vi è stato un cambiamento nelle stime utilizzate per determinare il valore recuperabile dell’attività da quando è stata rilevata l’ultima perdita per riduzione di valore. Se ci troviamo in questa circostanza, il valore contabile dell’attività, ad eccezione di quanto indicato nel paragrafo 117, deve essere aumentato sino al valore recuperabile. Tale incremento è un ripristino di valore.

115.

Un ripristino di valore riflette un aumento nella stima del servizio potenzialmente offerto da un’attività, sia dal suo utilizzo sia dalla sua vendita, intercorso dalla data in cui l’entità ha rilevato per l’ultima volta una perdita per riduzione di valore di quell’attività. Il paragrafo 130 dispone che un’entità identifichi il cambiamento nelle stime che è all’origine dell’aumento nella stima del servizio potenzialmente offerto. Esempi di cambiamenti nelle stime includono:

a)

un cambiamento nel criterio utilizzato per calcolare il valore recuperabile (ossia, se il valore recuperabile è basato sul fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita o sul valore d’uso);

b)

se il valore recuperabile si basava sul valore d’uso, un cambiamento nel valore o nei dei tempi degli stimati flussi finanziari futuri o nel tasso di sconto; o

c)

se il valore recuperabile si basava sul fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, un cambiamento nella stima dei componenti del fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita.

116.

Il valore d’uso di un’attività può diventare maggiore del valore contabile dell’attività semplicemente perché il valore attuale dei futuri flussi finanziari in entrata aumenta allorché i flussi si avvicinano nel tempo. Tuttavia, il servizio potenzialmente offerto dall’attività non è aumentato. Di conseguenza, una perdita per riduzione di valore non viene ripristinata a seguito del passare del tempo (alcune volte chiamato smontamento o «unwinding» dell’attualizzazione), anche se il valore recuperabile dell’attività diviene maggiore rispetto al valore contabile.

Ripristino di valore di una singola attività

117.

L’accresciuto valore contabile di un’attività diversa dall’avviamento attribuibile a un ripristino di valore non deve eccedere il valore contabile che sarebbe stato determinato (al netto di svalutazione o ammortamento) se non si fosse rilevata alcuna perdita per riduzione di valore dell’attività negli anni precedenti.

118.

Qualsiasi incremento nel valore contabile di un’attività diversa dall’avviamento che lo renda maggiore di quanto sarebbe stato (al netto di svalutazione o ammortamento) nel caso in cui non fosse stata rilevata alcuna perdita per riduzione di valore dell’attività negli anni precedenti è una rivalutazione. Per contabilizzare tale rivalutazione, l’entità utilizza il Principio applicabile a tale attività.

119.

Un ripristino di valore di un’attività diversa dall’avviamento deve essere rilevato immediatamente nel conto economico, a meno che l’attività non sia iscritta al valore rivalutato secondo quanto previsto da un altro Principio (per esempio, secondo quanto previsto dal modello di rideterminazione del valore dello IAS 16). Qualsiasi ripristino di valore di un’attività rivalutata deve essere trattato come aumento della rivalutazione secondo quando previsto da tale altro Principio.

120.

Un ripristino di valore di un’attività rivalutata è accreditato direttamente a patrimonio netto sotto la voce riserva di rivalutazione. Tuttavia, nella misura in cui una riduzione di valore sulla stessa attività rivalutata era stata precedentemente rilevata nel conto economico anche un ripristino di valore è rilevato nel conto economico.

121.

Dopo aver rilevato un ripristino di valore, la quota di ammortamento dell’attività deve essere rettificata nei periodi futuri per ripartire il valore contabile modificato dell’attività, detratto il valore residuo (qualora esista), sistematicamente lungo la restante vita utile.

Ripristino di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari

122.

Un ripristino di valore per un’unità generatrice di flussi finanziari deve essere allocato alle attività dell’unità, ad eccezione dell’avviamento, proporzionalmente ai valori contabili di tali attività. Tali incrementi dei valori contabili devono essere trattati come ripristini di valore di singole attività e rilevati in conformità alle disposizioni del paragrafo 119.

123.

Nell’allocare l’importo derivante da un ripristino di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari, secondo quanto previsto dal paragrafo 122, il valore contabile di un’attività non deve essere superiore al minore tra:

a)

il valore recuperabile (qualora determinabile); e

b)

il valore contabile che si sarebbe determinato (al netto dell’ammortamento) se negli esercizi precedenti non fosse stata rilevata alcuna perdita per riduzione di valore dell’attività.

L’ammontare del ripristino di valore che sarebbe stato altrimenti imputato all’attività deve essere allocato in base a un criterio proporzionale alle altre attività dell’unità eccetto per l’avviamento.

Ripristino di valore per l’avviamento

124.

Una perdita per riduzione di valore rilevata per l’avviamento non può essere eliminata in un esercizio successivo.

125.

Lo IAS 38 Attività immateriali vieta la rilevazione dell’avviamento generato internamente. Qualunque incremento del valore recuperabile dell’avviamento in esercizi successivi alla rilevazione di una perdita per riduzione di valore per tale avviamento è probabile che costituisca un aumento generato nell’avviamento internamente, piuttosto che una eliminazione della perdita per riduzione di valore rilevata per l’avviamento acquisito.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

126.

L’entità deve indicare per ciascuna classe di attività:

a)

l’ammontare delle perdite per riduzione di valore rilevato nel conto economico nel corso dell’esercizio e la voce di conto economico nella quale tali perdite per riduzione di valore sono incluse;

b)

l’ammontare dei ripristini di valore rilevato nel conto economico nel corso dell’esercizio e la voce di conto economico nella quale tali ripristini di valore sono iscritti;

c)

l’ammontare delle perdite per riduzione di valore su attività rivalutate rilevato direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio;

d)

l’ammontare del ripristino di valore su attività rivalutate rilevato direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio.

127.

Una classe di attività è un gruppo di attività similari per natura e utilizzo nell’attività operativa dell’entità.

128.

L’informazione richiesta nel paragrafo 126 può essere esposta congiuntamente ad altra informativa prevista per la classe di attività. Per esempio, questa informazione può essere inclusa in una riconciliazione del valore contabile di immobili, impianti e macchinari, all’inizio e alla fine dell’esercizio, come disposto dallo IAS 16.

129.

Un’entità che riporta l’informativa di settore secondo quanto previsto dall’IFRS 8 deve indicare quanto segue, per ogni settore oggetto di informativa:

a)

l’ammontare delle perdite per riduzione di valore rilevato nel conto economico e direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio;

b)

l’ammontare dei ripristini di valore rilevato nel conto economico e direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio.

130.

Un’entità deve indicare quanto segue per ogni perdita per riduzione di valore significativa rilevata o eliminata durante l’esercizio per ogni specifica attività, incluso l’avviamento, o un’unità generatrice di flussi finanziari:

a)

i fatti e le circostanze che hanno portato alla rilevazione o alla eliminazione della perdita per riduzione di valore;

b)

l’ammontare della perdita per riduzione di valore rilevata o eliminata;

c)

se singola attività:

i)

la natura dell’attività; e

ii)

se l’entità presenta l’informativa di settore secondo quanto previsto dall’IFRS 8, il settore oggetto di informativa a cui appartiene l’attività;

d)

se unità generatrice di flussi finanziari:

i)

una descrizione dell’unità generatrice di flussi finanziari (come, per esempio, se sia una linea di prodotto, un impianto, un settore di attività, un settore geografico, o un settore oggetto di informativa come definito nell’IFRS 8);

ii)

l’importo della perdita per riduzione di valore rilevato o eliminato per classe di attività e, se l’entità presenta l’informativa di settore secondo quanto previsto dall’IFRS 8, per settore oggetto di informativa; e

iii)

se l’aggregazione di attività utilizzate per identificare l’unità generatrice di flussi finanziari è cambiata dall’ultima stima del valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi finanziari (qualora esista), una descrizione della metodologia corrente e precedente di aggregazione delle attività e le ragioni per cui è cambiato il criterio con cui l’unità generatrice di flussi finanziari è stata identificata;

e)

se il valore recuperabile dell’attività (unità generatrice di flussi finanziari) è il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita o il valore d’uso;

f)

se il valore recuperabile corrisponde al fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, la base utilizzata per determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita (ovvero se il fair value (valore equo) era stato determinato facendo riferimento a un mercato attivo);

g)

se il valore recuperabile è il valore d’uso, il tasso (i tassi) di attualizzazione utilizzato/i nella presente stima e nelle stime precedenti (qualora esistano) del valore d’uso.

131.

L’entità deve presentare la seguente informativa per il valore complessivo delle perdite per riduzione di valore e dei ripristini di valore rilevati durante l’esercizio per i quali non viene data alcuna informazione secondo quanto previsto dal paragrafo 130:

a)

le classi principali di attività interessate dalle perdite per riduzione di valore e le classi principali di attività interessate dai ripristini di valore;

b)

i fatti e le circostanze principali che hanno portato alla rilevazione di tali perdite per riduzione di valore e dei ripristini di valore.

132.

Si incoraggia l’entità ad indicare i presupposti utilizzati per determinare il valore recuperabile delle attività (unità generatrici di flussi finanziari) nel corso dell’esercizio. Tuttavia, il paragrafo 134 prevede che un’entità fornisca informativa sulle stime utilizzate per valutare il valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari quando l’avviamento o un’attività immateriale dalla vita utile indefinita sono inclusi nel valore contabile di tale unità.

133.

Se, secondo quanto previsto dal paragrafo 84, qualunque parte dell’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale durante l’esercizio non è stata allocata a un’unità (gruppo di unità) generatrice di flussi finanziari alla data di riferimento del bilancio, l’importo dell’avviamento non allocato deve essere indicato insieme alle ragioni per cui tale importo rimane non allocato.

Stime utilizzate per valutare gli importi recuperabili delle unità generatrici di flussi finanziari che contengono avviamento o attività immateriali dalla vita utile indefinita

134.

Un’entità deve fornire le informazioni richieste ai punti da a) a f) per ogni unità (gruppo di unità) generatrice di flussi finanziari per la quale il valore contabile dell’avviamento o delle attività immateriali con vita utile indefinita attribuito a tale unità (gruppo di unità) è significativo rispetto al valore contabile totale dell’avviamento o delle attività immateriali con vita utile indefinita dell’entità:

a)

il valore contabile dell’avviamento attribuito all’unità (gruppo di unità),

b)

il valore contabile delle attività immateriali con vita utile indefinita attribuito all’unità (gruppo di unità);

c)

il criterio utilizzato per determinare il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità), [ossia il valore d’uso o fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita];

d)

se il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) si basa sul valore d’uso:

i)

una descrizione di ciascun assunto di base su cui la direzione aziendale ha fondato le proiezioni dei flussi finanziari per il periodo oggetto di budget/previsioni più recenti. Gli assunti di base sono quelli a cui il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) è più sensibile;

ii)

una descrizione dell’approccio della direzione aziendale per determinare il(i) valore(i) assegnato(i) a ogni assunto di base, se tale(i) valore(i) riflette(ono) esperienze passate o, se appropriato, è(sono) coerente(i) con le fonti esterne di informazione, e, se no, come e perché differisce(ono) dalle esperienze passate o fonti esterne di informazione;

iii)

l’esercizio su cui la direzione aziendale ha proiettato i flussi finanziari basati sui budget/previsioni approvati e, se è utilizzato un periodo più lungo di cinque anni per un’unità (gruppo di unità) generatrice di flussi finanziari, una spiegazione del perché è giustificato tale più lungo periodo;

iv)

il tasso di crescita utilizzato per estrapolare le proiezioni di flussi finanziari oltre il periodo dei budget/previsioni più recenti, e la giustificazione per l’utilizzo di un eventuale tasso di crescita superiore al tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, settori industriali, Paese o Paesi in cui l’entità opera, o per il mercato a cui l’unità (gruppo di unità) è rivolta;

v)

il(i) tasso(i) di attualizzazione applicato(i) alle proiezioni di flussi finanziari;

e)

se il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) si basa sul fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita, la metodologia utilizzata per determinare il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita. Se il fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita non è determinato utilizzando un prezzo di mercato osservabile per l’unità (gruppo di unità), devono inoltre essere indicate le seguenti informazioni:

i)

una descrizione di ogni assunto di base su cui la direzione aziendale ha fondato la sua determinazione del fair value (valore equo) dedotti i costi di vendita. Gli assunti di base sono quelli a cui il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) è più sensibile;

ii)

una descrizione dell’approccio della direzione aziendale per determinare il(i) valore(i) assegnato(i) a ogni assunto di base, se tale(i) valore(i) riflette(ono) esperienze passate o, se appropriato, è(sono) coerente(i) con le fonti esterne di informazione, e, se no, come e perché differisce(ono) dalle esperienze passate o fonti esterne di informazione;

f)

se un cambiamento ragionevolmente possibile in un assunto di base su cui la direzione ha fondato la determinazione del valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) potrebbe far sì che il valore contabile dell’unità (gruppo di unità) superi il valore recuperabile:

i)

l’eccedenza del valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) rispetto al valore contabile;

ii)

il valore assegnato agli assunti di base;

iii)

l’importo a cui il valore assegnato agli assunti di base deve rettificarsi, dopo avere assorbito eventuali effetti conseguenti a tale cambiamento sulle altre variabili utilizzate per misurare il valore recuperabile, affinché il valore recuperabile dell’unità (gruppo di unità) sia pari al valore contabile.

135.

Se parte o tutto il valore contabile dell’avviamento o di attività immateriali dalla vita utile indefinita è allocato ad unità (gruppo di unità) generatrici di flussi finanziari multiple, e l’importo così attribuito a ogni unità (gruppo di unità) non è significativo rispetto al valore contabile totale dell’entità dell’avviamento o delle attività immateriali dalla vita utile indefinita, tale fatto deve essere illustrato, insieme al valore contabile complessivo dell’avviamento o delle attività immateriali dalla vita utile indefinita attribuito a tali unità (gruppi di unità). Inoltre, se i valori recuperabili di qualsiasi di tali unità (gruppi di unità) si basano sullo(gli) stesso(i) assunto(i) di base e il valore contabile complessivo dell’avviamento o delle attività immateriali dalla vita utile indefinita loro attribuito è significativo rispetto al valore contabile totale dell’avviamento dell’entità o delle attività immateriali dalla vita utile indefinita un’entità deve indicare tale fatto, insieme a:

a)

il valore contabile complessivo dell’avviamento attribuito a tali unità (gruppi di unità);

b)

il valore contabile complessivo delle attività immateriali con vita utile indefinita attribuito a tali unità (gruppi di unità);

c)

una descrizione dell’(degli) assunto(i) di base;

d)

una descrizione dell’approccio utilizzato dalla direzione aziendale per determinare il(i) valore(i) assegnato(i) all’(agli) assunto(i) di base, senza tenere conto se tale(i) valore(i) riflette(ono) esperienze passate o, se appropriato, è(sono) coerente(i) con le fonti esterne di informazione, e, se no, come e perché differisce(ono) dalle esperienze passate o fonti esterne di informazione;

e)

se un cambiamento ragionevolmente possibile nell’(negli) assunto(i) di base potrebbe far sì che i valori contabili complessivi delle unità (gruppi di unità) superino il totale dei valori recuperabili:

i)

l’eccedenza del totale dei valori recuperabili delle unità (gruppi di unità) rispetto al totale dei valori contabili;

ii)

il(i) valore(i) assegnato(i) all’(agli) assunto(i) di base;

iii)

l’importo a cui il(i) valore(i) assegnato(i) all’(agli) assunto(i) di base deve(ono) rettificarsi, dopo avere assorbito eventuali effetti conseguenti a tale cambiamento sulle altre variabili utilizzate per misurare il valore recuperabile, affinché il valore complessivo recuperabile delle unità (gruppi di unità) sia pari al loro valore contabile complessivo.

136.

Secondo quanto previsto dal paragrafo 24 o 99, il calcolo dettagliato più recente effettuato in un periodo precedente dell’importo recuperabile di un’unità (gruppo di unità) generatrice di flussi finanziari può essere rilevato e utilizzato nella verifica per riduzione di valore per quell’unità (gruppo di unità) nell’esercizio corrente a condizione che siano soddisfatti i criteri specificati. Quando ciò si verifica, le informazioni per tale unità (gruppo di unità) che sono incluse nelle indicazioni richieste dai paragrafi 134 e 135 fanno riferimento al portare avanti il calcolo del valore recuperabile.

137.

L’esempio illustrativo 9 mostra l’informativa richiesta dai paragrafi 134 e 135.

Disposizioni transitorie e data di entrata in vigore

138.

Se un’entità sceglie, secondo quanto previsto dal paragrafo 85 dell’IFRS 3, di applicare l’IFRS 3 a partire da qualsiasi data antecedente le date di entrata in vigore esposte nei paragrafi da 78 a 84 dell’IFRS 3, deve inoltre applicare il presente Principio prospetticamente da tale medesima data.

139.

Diversamente, un’entità deve applicare il presente Principio:

a)

all’avviamento e alle attività immateriali acquisite in aggregazioni aziendali la cui data di accordo è il 31 marzo 2004 o successiva; e

b)

a tutte le altre attività prospetticamente dall’inizio del primo esercizio con inizio il, o dopo il, 31 marzo 2004.

140.

Le entità a cui il paragrafo 139 si applica sono incoraggiate ad applicare le disposizioni del presente Principio prima delle date di entrata in vigore specificate nel paragrafo 139. Comunque, un’entità, se applica il presente Principio prima di tali date di entrata in vigore, deve anche applicare l’IFRS 3 e lo IAS 38 (rivisto nella sostanza nel 2004) alla stessa data.

Sostituzione dello IAS 36 (pubblicato nel 1998)

141.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 36 Riduzione durevole di valore delle attività (pubblicato nel 1998).


(1)  Nel caso di un’attività immateriale, il termine «amortization» («ammortamento») è generalmente usato al posto di «depreciation». I due termini vengono considerati sinonimi.

(2)  Una volta che un’attività soddisfa i criteri per essere classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), è esclusa dall’ambito di applicazione del presente Principio ed è contabilizzata secondo quanto previsto dall’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate.

(3)  Nel presente Principio, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

Appendice A

UTILIZZO DELLE TECNICHE DI ATTUALIZZAZIONE PER LA DETERMINAZIONE DEL VALORE D’USO

Questa appendice costituisce parte integrante del Principio. Fornisce una guida sull’uso delle tecniche di attualizzazione nella determinazione del valore d’uso. Sebbene la guida utilizzi il termine «attività», essa si applica ugualmente a un gruppo di attività che formano un’unità generatrice di flussi finanziari.

I componenti di una determinazione del valore attuale

A1

L’insieme dei seguenti elementi misurano le differenze economiche tra le attività:

a)

una stima dei flussi finanziari futuri, o in casi più complessi, della serie di flussi finanziari futuri che l’entità prevede deriveranno dall’attività;

b)

le aspettative di possibili variazioni dell’ammontare o della tempistica di tali flussi finanziari;

c)

il valore temporale del denaro, rappresentato dal tasso corrente di interesse privo di rischio di mercato;

d)

il prezzo di assumersi l’incertezza implicita nell’attività; e

e)

altri fattori, a volte non identificabili, (quali la mancanza di liquidità), che gli operatori del mercato rifletterebbero nella misurazione dei flussi finanziari futuri che l’entità prevede di ottenere dall’attività.

A2

Questa appendice contrappone due approcci di calcolo del valore attuale, ciascuno dei quali può essere utilizzato per stimare il valore d’uso di un’attività, a seconda delle circostanze. Secondo l’approccio «tradizionale», le rettifiche per i fattori (b)-(e) descritti nel paragrafo A1 sono implicite nel tasso di sconto. Secondo l’approccio dei «flussi finanziari attesi», i fattori (b), (d) ed (e) causano rettifiche nel calcolare i flussi finanziari attesi rettificati in funzione del rischio. Qualsiasi approccio adotti un’entità per riflettere le aspettative di possibili variazioni dell’ammontare o della tempistica dei flussi finanziari futuri, il risultato dovrebbe riflettere il valore attuale atteso dei flussi finanziari futuri, ossia la media ponderata di tutti i risultati possibili.

Principi generali

A3

Le tecniche utilizzate per stimare i futuri flussi finanziari e i tassi di interesse varieranno da una situazione a un’altra a seconda delle circostanze che riguardano l’attività in questione. Tuttavia, i seguenti principi generali disciplinano ogni applicazione delle tecniche attuariali nella valutazione delle attività:

a)

i tassi di interesse utilizzati per attualizzare i flussi finanziari dovrebbero riflettere ipotesi coerenti con quelle dei flussi finanziari stimati. Altrimenti, l’effetto connesso ad alcuni presupposti potrebbe essere calcolato due volte oppure ignorato. Per esempio, un tasso di sconto del 12 per cento potrebbe essere applicato a flussi finanziari contrattuali di un finanziamento effettuato. Tale tasso riflette le previsioni di inadempienze future su finanziamenti con caratteristiche particolari. Il medesimo tasso del 12 per cento non dovrebbe essere utilizzato per attualizzare i flussi finanziari attesi perché quei flussi finanziari riflettono già ipotesi di future inadempienze.

b)

i flussi finanziari stimati e i tassi di attualizzazione dovrebbero essere privi di distorsioni e di fattori non correlati all’attività in questione. Per esempio, sottostimare volutamente i flussi finanziari netti stimati per migliorare l’apparente redditività futura di un’attività introduce un effetto distorsivo nella valutazione.

c)

i flussi finanziari stimati o tassi di attualizzazione dovrebbero riflettere l’intervallo di risultati possibili piuttosto che un singolo valore, minimo o massimo, probabilmente possibile.

Approccio tradizionale e approccio dei flussi finanziari attesi nella attualizzazione

Approccio tradizionale

A4

Le applicazioni contabili dell’attualizzazione hanno tradizionalmente utilizzato una singola serie di flussi finanziari stimati e un singolo tasso di attualizzazione, spesso descritto come «tasso commisurato al rischio». In sostanza, l’approccio tradizionale assume che un singolo tasso di attualizzazione convenzionale può raccogliere tutte le previsioni sui flussi finanziari futuri e un premio appropriato per il rischio. Quindi, l’approccio tradizionale pone la maggior enfasi sulla scelta del tasso di attualizzazione:

A5

In alcune circostanze, come quelle in cui attività comparabili possono essere osservate sul mercato, un approccio tradizionale è relativamente facile da applicare. Per le attività con flussi finanziari contrattuali, è coerente con il metodo con cui gli operatori sul mercato descrivono le attività, come ad esempio «obbligazione al 12 per cento».

A6

Tuttavia, l’approccio tradizionale può non affrontare adeguatamente alcuni problemi di valutazione complessi, quali la valutazione di attività non finanziarie per le quali non esiste un mercato per l’elemento in esame, né un elemento paragonabile. Una adeguata ricerca del presente «tasso commisurato al rischio» richiede l’analisi di almeno due elementi: un’attività presente sul mercato che ha un tasso di interesse noto e l’attività da valutare. Il tasso di attualizzazione appropriato per i flussi finanziari da valutare deve essere desunto dal tasso di interesse osservabile in quest’altra attività. Per misurare tale inferenza, le caratteristiche dei flussi finanziari dell’altra attività devono essere similari a quelle dell’attività da valutare. Quindi, chi effettua la valutazione deve:

a)

identificare la serie di flussi finanziari da attualizzare;

b)

identificare un’altra attività sul mercato che mostri caratteristiche similari di flussi finanziari;

c)

confrontare le serie di flussi finanziari dei due elementi per accertare che siano similari (per esempio, sono le serie entrambe relative a flussi finanziari contrattuali, oppure uno è un flusso finanziario contrattuale e l’altro è stimato?);

d)

valutare se vi sia un elemento in una voce non presente nell’altra (per esempio, una è caratterizzato da minor liquidità dell’altra?); e

e)

valutare se è possibile che entrambe le serie di flussi finanziari possano comportarsi (cioè variare) in modo similare al cambiare delle condizioni economiche.

Approccio dei flussi finanziari attesi

A7

L’approccio dei flussi finanziari attesi, è, in alcune situazioni, un più efficiente strumento di valutazione dell’approccio tradizionale. Nello sviluppare la valutazione, l’approccio dei flussi finanziari attesi utilizza tutte le previsioni sui possibili flussi finanziari invece di un singolo più probabile flusso finanziario. Per esempio, un flusso finanziario può essere CU100, CU200 o CU300 con probabilità di accadimento pari rispettivamente al 10 per cento, 60 per cento e 30 per cento. Il flusso finanziario atteso è CU220. L’approccio dei flussi finanziari attesi quindi differisce dall’approccio tradizionale concentrandosi sull’analisi diretta dei flussi finanziari in questione e su più ipotesi esplicite utilizzate nella valutazione.

A8

L’approccio dei flussi finanziari attesi permette inoltre, di utilizzare le tecniche di attualizzazione quando la tempistica dei flussi finanziari è incerta. Per esempio, un flusso finanziario di CU1 000 può essere monetizzato in un anno, due anni o tre anni rispettivamente con probabilità del 10 per cento, 60 per cento e 30 per cento. L’esempio che segue mostra il calcolo del valore attuale atteso in tale situazione.

Valore attuale del CU1 000 in 1 anno al 5 %

CU952,38

 

 

Probabilità

10,00 %

 

CU95,24

Valore attuale del CU1 000 in 2 anni al 5,25 %

CU902,73

 

 

Probabilità

60,00 %

 

CU541,64

Valore attuale del CU1 000 in 3 anni al 5,50 %

CU851,61

 

 

Probabilità

30,00 %

 

CU255,48

Valore attuale atteso

 

 

CU892,36

A9

Il valore attuale atteso di CU892,36 differisce dalla nozione tradizionale della miglior stima, pari a CU902,73 (la probabilità del 60 per cento). Un calcolo tradizionale del valore attuale applicato a questo esempio richiede di scegliere quali possibili tempistiche dei flussi finanziari utilizzare e, di conseguenza, non riflette le probabilità degli altri tempi di accadimento. Ciò perché il tasso di attualizzazione in un calcolo tradizionale del valore attuale non può riflettere incertezze nei tempi.

A10

L’utilizzo delle probabilità è elemento essenziale dell’approccio dei flussi finanziari attesi. Alcuni si chiedono se l’assegnazione di probabilità a stime altamente soggettive suggerisca una precisione maggiore di quanto in realtà sia. Tuttavia, l’applicazione adeguata dell’approccio tradizionale (come descritto nel paragrafo A6) richiede le stesse stime e soggettività senza dare la trasparenza di calcolo dell’approccio dei flussi finanziari attesi.

A11

Molte stime sviluppate nella prassi corrente contengono già informalmente gli elementi dei flussi finanziari attesi. Inoltre, i contabili spesso debbono valutare un’attività utilizzando informazioni limitate sulle probabilità di possibili flussi finanziari. Per esempio, un contabile può trovarsi di fronte alle seguenti situazioni:

a)

l’importo stimato è compreso tra CU50 e CU250, ma nessun importo nell’intervallo di valori ha più probabilità di un altro. Sulla base di tali informazioni limitate, il flusso finanziario atteso stimato è CU150 [(50 + 250)/2];

b)

l’importo stimato è compreso tra CU50 e CU250, e l’importo più probabile è CU100. Tuttavia, le probabilità di ogni importo sono sconosciute. Sulla base di tali informazioni limitate, il flusso finanziario atteso stimato è CU133,33 [(50 + 100 + 250)/3];

c)

l’importo stimato sarà CU50 (probabilità del 10 per cento), CU250 (probabilità del 30 per cento), o CU100 (probabilità del 60 per cento). Sulla base di tali informazioni limitate, il flusso finanziario atteso stimato è CU140 [(50 × 0,10) + (250 × 0,30) + (100 × 0,60)].

In ogni caso, è probabile che lo stimato flusso finanziario atteso fornisca una stima migliore del valore d’uso rispetto al valore minimo, più probabile o a quello massimo considerato individualmente.

A12

L’applicazione dell’approccio dei flussi finanziari attesi ha un limite nel rapporto costo/beneficio. In alcuni casi, un’entità può disporre di una gran quantità di dati ed essere in grado di sviluppare diversi scenari di flussi finanziari. In altri casi, un’entità può essere in grado di sviluppare solo delle generali indicazioni sulla variabilità dei flussi finanziari senza sostenere costi rilevanti. L’entità necessita di bilanciare il costo di ottenere informazioni aggiuntive rispetto alla maggiore attendibilità che le informazioni daranno alla valutazione.

A13

Alcuni affermano che le tecniche dei flussi finanziari attesi sono inadeguate per valutare un elemento singolo o un elemento con un limitato numero di possibili risultati. Citano ad esempio un’attività con due possibili risultati: una probabilità del 90 per cento che il flusso finanziario sarà CU10 e un 10 per cento di probabilità che il flusso finanziario sarà CU1 000. Osservano che il flusso finanziario atteso in tale esempio è CU109 e criticano tale risultato poiché non rappresenta nessuno degli importi che possono effettivamente essere pagati.

A14

Affermazioni come quella appena illustrata indicano un sottostante disaccordo con l’obiettivo della valutazione. Se l’obiettivo è l’accumulo dei costi da sostenere, i flussi finanziari attesi possono non produrre una stima fedelmente rappresentativa dei costi attesi. Tuttavia, il presente Principio riguarda la valutazione del valore recuperabile di un’attività. Il valore recuperabile dell’attività dell’esempio non è probabile che sia CU10, anche se quello è il flusso finanziario più probabile. Ciò perché la valutazione di CU10 non tiene conto dell’incertezza del flusso finanziario nel valutare l’attività. Al contrario, il flusso finanziario incerto è presentato come se fosse certo. Nessuna entità razionale venderebbe un’attività con queste caratteristiche per CU10.

Tasso di attualizzazione

A15

Qualsiasi approccio un’entità adotti per valutare il valore d’uso di un’attività, i tassi di interesse utilizzati per attualizzare i flussi finanziari non dovrebbero riflettere i rischi per cui i flussi finanziari stimati sono stati rettificati. Altrimenti, l’effetto connesso ad alcuni presupposti potrebbe essere calcolato due volte.

A16

Se il tasso specifico di un’attività non è reperibile direttamente sul mercato, l’entità usa altre tecniche per stimarne il tasso di attualizzazione. La finalità è stimare, per quanto possibile, una valutazione di mercato:

a)

del valore temporale del denaro per gli esercizi che vanno sino alla fine della vita utile dell’attività; e

b)

dei fattori b), d) ed e) descritti nel paragrafo A1, nella misura in cui tali fattori non hanno causato rettifiche nel calcolare i flussi finanziari stimati.

A17

Come punto di partenza per tale stima, l’entità potrebbe prendere in considerazione i seguenti tassi:

a)

il costo medio ponderato del capitale per l’entità determinato facendo uso di tecniche valutative quale il Capital Asset Pricing Model;

b)

il tasso di finanziamento marginale dell’entità; e

c)

altri tassi di finanziamento reperibili sul mercato.

A18

Tuttavia, questi tassi devono essere rettificati:

a)

per riflettere il modo in cui il mercato valuterebbe i rischi specifici associati ai flussi finanziari stimati dell’attività; e

b)

per escludere rischi che non sono per pertinenti ai flussi finanziari stimati dell’attività o per i quali i flussi finanziari stimati sono stati rettificati.

In considerazione si dovrebbero tenere i rischi quali quelli legati al paese, alla valuta e al prezzo.

A19

Il tasso di attualizzazione è indipendente dalla struttura del capitale di un’entità e dal modo in cui l’entità ha finanziato l’acquisto dell’attività poiché i flussi finanziari futuri che ci si attende deriveranno da un’attività non dipendono dal modo in cui l’entità ha finanziato l’acquisto dell’attività.

A20

Il paragrafo 55 dispone che il tasso di attualizzazione utilizzato sia al lordo delle imposte. Quindi, quando il criterio utilizzato per stimare il tasso di attualizzazione è al netto degli effetti fiscali, esso è rettificato per riflettere un tasso al lordo delle imposte.

A21

L’entità normalmente usa un unico tasso di attualizzazione per la stima del valore d’uso di un’attività. Tuttavia, l’entità usa tassi di attualizzazione distinti per esercizi successivi differenti quando il valore d’uso riflette una differenza di rischio per i diversi esercizi o condizioni differenti nella struttura dei tassi di interesse.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 37

Accantonamenti, passività e attività potenziali

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è di assicurare che siano applicati agli accantonamenti e alle passività e attività potenziali appropriati criteri di rilevazione e di valutazione e che sia fornita nelle note un’informativa tale da poter mettere gli utilizzatori nelle condizioni di comprendere natura, data di sopravvenienza e importo degli stessi.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato da tutte le entità nella contabilizzazione di accantonamenti, passività e attività potenziali, fatta eccezione per:

a)

quelli risultanti da contratti esecutivi, a eccezione del caso in cui il contratto sia oneroso; e

b)

[Eliminato]

c)

quelli trattati da un altro Principio.

2.

Il presente Principio non si applica agli strumenti finanziari (incluse le garanzie) che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione.

3.

I contratti esecutivi sono contratti in cui entrambe le parti contraenti non hanno adempiuto a nessuno degli impegni previsti oppure hanno adempiuto ai propri impegni parzialmente e nella stessa misura. Il presente Principio non si applica ai contratti esecutivi a meno che questi siano onerosi.

4.

[Eliminato]

5.

Nel caso in cui un altro Principio disciplini una specifica tipologia di accantonamento, passività o attività potenziale, un’entità applica quel Principio specifico e non il presente. Ad esempio, l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali riguarda specificamente il trattamento, da parte di un acquirente, delle passività potenziali assunte in una aggregazione aziendale. Analogamente, particolari tipologie di accantonamenti sono anche considerate nei Principi su:

a)

lavori su ordinazione (cfr. IAS 11 Lavori su ordinazione);

b)

imposte sul reddito (cfr. IAS 12 Imposte sul reddito);

c)

contratti di locazione (cfr. IAS 17 Leasing). Tuttavia, considerato che lo IAS 17 non contiene alcuna specifica disposizione che disciplina i contratti di leasing operativi divenuti onerosi, il presente Principio si applica anche a tali casi;

d)

benefici per i dipendenti (cfr. IAS 19 Benefici per i dipendenti); e

e)

contratti assicurativi (cfr. IFRS 4 Contratti assicurativi). Tuttavia, il presente Principio si applica agli accantonamenti, alle passività e attività potenziali di un assicuratore, diversi da quelli derivanti dalle sue obbligazioni contrattuali e dai suoi diritti relativi ai contratti assicurativi rientranti nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4.

6.

Alcuni importi contabilizzati come accantonamenti possono essere correlati alla rilevazione di ricavi, ad esempio nel caso in cui un’entità offra garanzie in cambio di un compenso. Il presente Principio non tratta la rilevazione dei ricavi. Lo IAS 18 Ricavi identifica le circostanze in cui un ricavo deve essere rilevato e fornisce una guida pratica per l’applicazione dei criteri di rilevazione. Il presente Principio non modifica le disposizioni previste dallo IAS 18.

7.

Il presente Principio definisce gli accantonamenti come passività di scadenza e ammontare incerti. In alcuni Paesi il termine «accantonamento» è utilizzato anche per identificare poste quali ammortamenti, riduzioni di valore di attività e crediti dubbi: queste sono considerate rettifiche dei valori contabili di elementi dell’attivo e non sono trattate nel presente Principio.

8.

Altri Principi specificano quando le spese debbono essere trattate come attività o come costi. Tali problematiche non vengono considerate nel presente Principio. Pertanto, il presente Principio né vieta né richiede la capitalizzazione dei costi rilevati quando viene effettuato un accantonamento.

9.

Il presente Principio si applica agli accantonamenti per ristrutturazioni (incluse le attività operative cessate). Se una ristrutturazione soddisfa la definizione di attività operativa cessata, l’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate può richiedere informazioni aggiuntive.

DEFINIZIONI

10.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

 

L’accantonamento è una passività di scadenza o ammontare incerto.

 

Una passività è una obbligazione attuale dell’entità derivante da eventi passati, la cui estinzione è attesa risultare in una uscita dall’entità di risorse che incorporano benefici economici.

 

Il fatto vincolante è un fatto che dà luogo a un’obbligazione legale o implicita che comporta che un’entità non abbia nessuna realistica alternativa all’adempimento della stessa.

L’obbligazione legale è un’obbligazione che ha origine da:

a)

un contratto (tramite le proprie clausole esplicite o implicite);

b)

la normativa; o

c)

altre disposizioni di legge.

L’obbligazione implicita è un’obbligazione che deriva da operazioni poste in essere da un’entità in cui:

a)

l’entità ha reso noto ad altre parti tramite un consolidato modello di prassi, politiche aziendali pubbliche o un annuncio corrente sufficientemente specifico, che accetterà determinate responsabilità; e

b)

come risultato, l’entità ha fatto sorgere nei terzi la valida aspettativa che onorerà i propri impegni.

La passività potenziale è:

a)

una possibile obbligazione che deriva da eventi passati e la cui esistenza sarà confermata solo dal verificarsi o meno di uno o più eventi futuri incerti non interamente sotto il controllo dell’entità; o

b)

un’obbligazione attuale che deriva da eventi passati ma che non è rilevata perché:

i)

non è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere all’obbligazione; o

ii)

l’importo dell’obbligazione non può essere determinato con sufficiente attendibilità.

Un’attività potenziale è una attività possibile che deriva da fatti passati e la cui esistenza sarà confermata solamente dal verificarsi o dal non verificarsi di uno o più fatti futuri incerti non totalmente sotto il controllo dell’entità.

Il contratto oneroso è un contratto nel quale i costi non discrezionali necessari per adempiere alle obbligazioni assunte sono superiori ai benefici economici che si suppone siano ottenibili dal contratto.

La ristrutturazione è un programma pianificato e controllato dalla direzione aziendale che modifica in maniera significativa:

a)

il campo d’azione di un’attività intrapresa dall’entità; o

b)

il modo in cui l’attività è gestita.

Accantonamenti e altre passività

11.

Gli accantonamenti possono essere distinti da altre passività quali i debiti commerciali e gli stanziamenti per debiti presunti, perché non vi è certezza in merito alla scadenza o all’importo della spesa futura richiesta per l’adempimento. Al contrario:

a)

i debiti commerciali sono passività da pagare per beni o servizi che sono stati ricevuti o forniti e sono stati fatturati o formalmente concordati con il fornitore; e

b)

gli stanziamenti per debiti presunti sono passività da pagare per beni o servizi che sono stati ricevuti o forniti ma non pagati, fatturati o formalmente concordati con il fornitore, inclusi gli importi dovuti ai dipendenti (per esempio, importi relativi al pagamento di ferie maturate). Sebbene talvolta sia necessario stimare l’importo o la tempistica degli stanziamenti per debiti presunti, il grado della loro incertezza è normalmente assai inferiore a quello degli accantonamenti.

Gli stanziamenti per debiti presunti sono spesso esposti in bilancio come parte di debiti commerciali o diversi; invece, gli accantonamenti sono esposti separatamente.

Relazione tra accantonamenti e passività potenziali

12.

In linea generale, tutti gli accantonamenti sono potenziali in quanto incerti nella data del loro accadimento o nell’importo. Tuttavia, nel presente Principio il termine «potenziale» viene utilizzato con riferimento a quelle passività e attività che non sono rilevate poiché la loro esistenza sarà confermata solamente dal verificarsi o meno di uno o più eventi futuri incerti e non totalmente sotto il controllo dell’entità. Inoltre, il termine «passività potenziale» è utilizzato per quelle passività che non soddisfano le condizioni previste per la loro rilevazione in bilancio.

13.

Il presente Principio distingue tra:

a)

accantonamenti — rilevati come passività (assunto che sia possibile effettuare una stima attendibile) perché sono obbligazioni effettive e perché è probabile che per il loro adempimento sarà necessario l’impiego di risorse economiche atte a produrre benefici economici; e

b)

passività potenziali — non rilevate come passività perché queste sono:

i)

obbligazioni possibili, in quanto deve ancora essere confermato se l’entità abbia un’obbligazione attuale che può portare all’impiego di risorse atte a produrre benefici economici; o

ii)

obbligazioni effettive che tuttavia non soddisfano le condizioni per la rilevazione previste nel presente Principio (perché non è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere all’obbligazione, oppure perché non può essere effettuata una stima sufficientemente attendibile dell’ammontare dell’obbligazione).

RILEVAZIONE

Accantonamenti

14.

Un accantonamento deve essere rilevato quando:

a)

un’entità ha un’obbligazione in corso (legale o implicita) quale risultato di un evento passato;

b)

è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere l’obbligazione; e

c)

può essere effettuata una stima attendibile dell’ammontare dell’obbligazione.

Se queste condizioni non vengono soddisfatte, non deve essere rilevato alcun accantonamento.

Obbligazioni attuali

15.

In rare circostanze può non essere chiaro se vi sia un’obbligazione attuale. In tali situazioni, si ritiene che un evento passato dia luogo a un’obbligazione attuale se, tenendo conto delle evidenze disponibili, è più verosimile piuttosto che il contrario che esista un’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio.

16.

In quasi tutte le circostanze risulterà chiaro se un evento passato abbia dato luogo a un’obbligazione attuale. In rare circostanze, ad esempio in una causa legale, può essere contestato o che alcuni fatti si siano realmente verificati o che i medesimi fatti abbiano comportato un’obbligazione attuale. In tal caso, l’entità deve determinare se, tenendo conto di tutte le evidenze disponibili inclusa, per esempio, l’opinione degli esperti, esiste alla data di riferimento del bilancio un’obbligazione attuale. Le evidenze considerate includono ogni evidenza aggiuntiva fornita da fatti verificatisi dopo la data di riferimento del bilancio. Sulla base di tale evidenza:

a)

nei casi in cui è più verosimile che esista un’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio piuttosto che il contrario, l’entità (se vengono soddisfatte le condizioni per la rilevazione) rileva un accantonamento; e

b)

nei casi in cui è più verosimile piuttosto che il contrario che non esista nessuna obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio, l’entità fornisce informativa di una passività potenziale, a meno che la probabilità di impiegare risorse atte a produrre benefici economici sia remota (cfr. paragrafo 86).

Eventi passati

17.

Un evento passato che comporta un’obbligazione attuale è denominato con il termine vincolante. Perché un fatto sia vincolante, è necessario che l’entità non abbia alcuna realistica alternativa oltre all’adempiere l’obbligazione derivante dall’evento. Questo è il caso che si può verificare solo:

a)

nei casi in cui l’adempimento dell’obbligazione può essere reso esecutivo da una norma di legge; o

b)

nel caso di un’obbligazione implicita, se l’evento (che può essere anche un’azione dell’entità) genera valide aspettative tra i terzi contraenti che l’entità estinguerà l’obbligazione.

18.

Il bilancio rappresenta la situazione patrimoniale-finanziaria dell’entità alla fine del proprio periodo amministrativo e non la sua possibile situazione futura. Perciò, non viene rilevato alcun accantonamento per i costi che dovranno essere sostenuti per continuare la propria attività in futuro. Le sole passività rilevate nello stato patrimoniale dell’entità sono quelle che esistono alla data di riferimento del bilancio.

19.

Solamente le obbligazioni originate da eventi passati ed esistenti indipendentemente dalle azioni future dell’entità (cioè la gestione futura della propria attività) sono rilevate come accantonamenti. Esempi di tali obbligazioni sono i costi delle sanzioni amministrative o di risanamento per danni ambientali causati illecitamente, entrambi i quali richiederanno l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici nell’estinzione senza tenere conto delle azioni future dell’entità. Analogamente, l’entità rileva un accantonamento per i costi di smantellamento di una installazione petrolifera o di una centrale nucleare nella misura in cui l’entità è obbligata a ovviare al danno causato. Al contrario, a causa di pressioni commerciali o disposizioni normative, l’entità può avere intenzione o bisogno di sostenere delle spese per poter operare nel futuro in un particolare modo (per esempio, installando filtri per i fumi in un particolare tipo di fabbrica). Poiché l’entità può evitare le spese future attraverso il proprio comportamento futuro, ad esempio cambiando il proprio processo operativo, non ha alcuna obbligazione attuale per tali spese future e nessun accantonamento è rilevato.

20.

Un’obbligazione implica sempre l’esistenza di un terzo cui è dovuta l’obbligazione. Non è necessario, tuttavia, conoscere l’identità della parte cui l’obbligazione è dovuta — peraltro l’obbligazione potrebbe essere nei confronti del pubblico in generale. Poiché un’obbligazione comporta sempre un impegno verso un terzo, ne consegue che una decisione della direzione aziendale o del consiglio di amministrazione non dà luogo a un’obbligazione implicita alla data di riferimento del bilancio, a meno che la decisione sia stata comunicata prima della data di riferimento del bilancio alle persone interessate in una maniera sufficientemente specifica da far sorgere in loro la valida aspettativa che l’entità non verrà meno alle proprie responsabilità.

21.

Un fatto che non dà immediatamente luogo a un’obbligazione può farlo a una data successiva, a causa di cambiamenti nella normativa o perché un’azione dell’entità (per esempio, una informativa ufficiale sufficientemente specifica) dà luogo a un’obbligazione implicita. Per esempio, se si causa un danno ambientale, potrebbe non essere prevista alcuna obbligazione per rimediarne le conseguenze. Tuttavia, il provocare tale danno diverrà un fatto vincolante nel caso in cui una nuova norma preveda che il danno esistente debba essere ovviato o se l’entità accetta pubblicamente la responsabilità di fare ciò in maniera tale da creare un’obbligazione implicita.

22.

Se i particolari di una nuova norma proposta devono ancora essere definiti, si ha un’obbligazione solamente se si sia virtualmente certi che la norma verrà emanata così come predisposta nella proposta. Per l’applicazione del presente Principio, tale obbligazione verrà trattata come un’obbligazione legale. Le difformità presenti nelle modalità di emanazione di una norma rendono impossibile specificare un singolo fatto che renderebbe l’emanazione delle norme virtualmente certa. In molti casi sarà impossibile essere virtualmente certi dell’emanazione di una norma sino a quando questa non viene emanata.

Probabili impieghi di risorse atte a produrre benefici economici

23.

Perché una passività venga rilevata in bilancio vi deve essere non solo un’obbligazione attuale ma anche la probabilità che l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici estingua tale obbligazione. Per l’applicazione del presente Principio (1), l’impiego di risorse o un altro fatto è considerato come probabile se è più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario, cioè la probabilità che il fatto si verificherà è maggiore della probabilità che non si verificherà. Nel caso in cui non è probabile che esista un’obbligazione attuale, un’entità dà informativa di una passività potenziale, a meno che la probabilità di impiegare risorse atte a produrre benefici economici sia remota (cfr. paragrafo 86).

24.

Se esiste un certo numero di obbligazioni simili (per esempio, garanzie su prodotti o contratti simili), la probabilità che sarà necessaria una fuoriuscita di risorse nell’adempimento dell’obbligazione è determinata considerando la classe di obbligazioni come un insieme. Sebbene la probabilità di impiego di risorse per ciascun singolo elemento può essere piccola, può tuttavia ben essere probabile che alcuni impieghi di risorse si renderanno necessari nell’estinzione della classe di obbligazioni nel suo insieme. Se ci si trova in questa situazione, va rilevato un accantonamento (sempre che le altre condizioni per la rilevazione siano soddisfatte).

Stima attendibile dell’obbligazione

25.

L’uso di stime è una parte essenziale nella redazione del bilancio e non ne intacca l’attendibilità. Ciò è particolarmente vero nel caso degli accantonamenti, che, per loro natura, sono più incerti di gran parte delle altre poste di stato patrimoniale. A eccezione di casi estremamente rari, un’entità sarà in grado di definire un intervallo di possibili risultati e perciò di effettuare una stima dell’obbligazione che risulti sufficientemente attendibile da utilizzare per la rilevazione di un accantonamento.

26.

In circostanze estremamente rare in cui non può essere effettuata una stima attendibile, si è in presenza di una passività che non può essere rilevata. Tale passività è descritta come una passività potenziale (cfr. paragrafo 86).

Passività potenziali

27.

Un’entità non deve rilevare alcuna passività potenziale.

28.

Si deve fornire informativa di una passività potenziale, così come previsto dal paragrafo 86, a meno che la probabilità di impiegare risorse atte a produrre benefici economici sia remota.

29.

Laddove l’entità sia responsabile in solido per un’obbligazione, la parte dell’obbligazione che si ritiene dovuta da terzi viene trattata come una passività potenziale. L’entità rileva un accantonamento per quella parte di obbligazione per la quale l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici sia probabile, a eccezione di quelle circostanze estremamente rare in cui non può essere effettuata alcuna stima attendibile.

30.

Le passività potenziali possono svilupparsi in situazioni non inizialmente previste. Di conseguenza, esse sono riesaminate periodicamente per determinare se l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici sia divenuto probabile. Se è divenuto probabile che sarà necessario impiegare risorse per una posta precedentemente trattata come passività potenziale, si rileva un accantonamento nel bilancio del periodo nel quale si verifica tale cambiamento di probabilità (a eccezione di quelle circostanze estremamente rare in cui non può essere effettuata alcuna stima attendibile).

Attività potenziali

31.

L’entità non deve rilevare alcuna attività potenziale.

32.

Le attività potenziali solitamente sorgono in seguito al verificarsi di fatti non pianificati o non previsti che rendono possibile per l’entità un beneficio economico. Un esempio può essere un ricorso che un’entità sta intentando attraverso procedure legali e il cui risultato è incerto.

33.

Le attività potenziali non sono rilevate in bilancio perché ciò comporterebbe la rilevazione di un ricavo che potrebbe non realizzarsi mai. Tuttavia, se la realizzazione di un ricavo è virtualmente certa, allora l’attività connessa non è un’attività potenziale e la sua rilevazione è appropriata.

34.

Si fornisce informativa di un’attività potenziale, come richiesto dal paragrafo 89, quando è probabile che vi sarà un beneficio economico.

35.

Le attività potenziali sono riesaminate periodicamente per assicurarsi che gli sviluppi siano appropriatamente riflessi nel bilancio. Se è divenuto virtualmente certo che vi saranno benefici economici, l’attività e il connesso ricavo sono rilevati nel bilancio dell’esercizio nel quale tale cambiamento si verifica. Se un beneficio economico è divenuto probabile, un’entità dà informativa circa l’attività potenziale (cfr. paragrafo 89).

VALUTAZIONE

Migliore stima

36.

L’importo rilevato come accantonamento deve rappresentare la migliore stima della spesa richiesta per adempiere all’obbligazione esistente alla data di riferimento del bilancio.

37.

La migliore stima della spesa richiesta per adempiere all’obbligazione attuale è l’ammontare che un’entità ragionevolmente pagherebbe per estinguere l’obbligazione alla data di riferimento del bilancio o per trasferirla a terzi a quella data. È spesso impossibile o eccessivamente costoso estinguere o trasferire a terzi un’obbligazione alla data di riferimento del bilancio. Tuttavia, la stima dell’onere che un’entità razionalmente sosterrebbe per adempiere o per trasferire l’obbligazione rappresenta la migliore stima della spesa richiesta per estinguere l’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio.

38.

Le stime dei risultati e degli effetti finanziari sono basate sul giudizio maturato dalla direzione aziendale, integrato da esperienze di operazioni simili e, in alcuni casi, da relazioni di periti indipendenti. Le evidenze considerate includono ogni evidenza aggiuntiva fornita da fatti verificatisi dopo la data di riferimento del bilancio.

39.

Le incertezze connesse all’ammontare da rilevare come accantonamento sono trattate in vari modi a seconda delle diverse circostanze. Laddove l’accantonamento oggetto di stima coinvolge un vasto numero di elementi, l’obbligazione è stimata attraverso la ponderazione delle probabilità associate a tutti i possibili risultati. La denominazione di questo metodo statistico di stima è «valore atteso». L’accantonamento sarà, perciò, differente a seconda del fatto che la probabilità di una perdita per un dato ammontare sia, per esempio, 60 per cento o 90 per cento. Nel caso in cui vi sia una serie continua di possibili risultati, e ciascun punto in questa serie abbia le medesime probabilità di verificarsi di un altro, si adotta la stima media.

EsempioUn’entità vende beni garantendo ai clienti la copertura dei costi di riparazione di qualsiasi difetto di fabbricazione che si manifesti nei sei mesi successivi all’acquisto. Se venissero rinvenuti piccoli difetti in tutti i prodotti venduti, i costi di riparazione ammonterebbero a una cifra pari a 1 milione. Se, invece, venissero rinvenuti difetti più ingenti in tutti i prodotti venduti, i costi di riparazione ammonterebbero a 4 milioni. L’esperienza passata dell’entità e le aspettative future indicano che, per l’anno a venire, il 75 per cento dei beni venduti non presenterà difetti, il 20 per cento dei beni venduti presenterà piccoli difetti e il 5 per cento dei beni venduti presenterà, invece, grandi difetti. In conformità con le disposizioni del paragrafo 24, un’entità valuta la probabilità di una fuoriuscita per le obbligazioni connesse alle garanzie nel suo insieme.Il valore atteso dei costi di riparazione è:(75 % di zero) + (20 % di 1 milione) + (5 % di 4 milioni) = 400 000

40.

Se si sta valutando una singola obbligazione, il risultato individuale più probabile può essere la migliore stima della passività. Tuttavia, persino in questo caso, l’entità deve considerare altri possibili risultati. Laddove altri possibili risultati sono per la maggior parte superiori o inferiori al risultato più probabile, la migliore stima sarà un importo superiore o inferiore. Per esempio, se un’entità deve correggere un grave errore commesso nella costruzione di un importante impianto per un committente, la specifica stima più probabile può essere di accantonare un costo di 1 000 quale costo del primo intervento di riparazione, ma deve essere effettuato un accantonamento per un ammontare superiore se vi è una rilevante probabilità che saranno necessari ulteriori interventi.

41.

L’accantonamento è calcolato al lordo delle imposte, poiché i suoi effetti fiscali e le sue variazioni sono disciplinati dallo IAS 12.

Rischi e incertezze

42.

I rischi e le incertezze che inevitabilmente circondano molti fatti e circostanze devono essere tenuti in considerazione nella determinazione della migliore stima dell’accantonamento.

43.

Il rischio descrive la variabilità del risultato. Una modificazione del rischio può far aumentare l’ammontare di una passività. È necessaria cautela nel giungere a una stima in condizioni di incertezza, così che i ricavi o le attività non vengano sopravvalutati e i costi o le passività non vengano sottostimati. Tuttavia, l’incertezza non giustifica l’iscrizione di accantonamenti eccessivi o l’intenzionale sovrastima delle passività. Per esempio, se la proiezione dei costi di un risultato particolarmente negativo è stimata secondo il criterio della prudenza, quel risultato non è, quindi, deliberatamente trattato come più probabile di quanto realisticamente sia la situazione. È necessaria attenzione per evitare di effettuare doppie rettifiche dovute a rischio e incertezza con conseguenti sovrastime di un accantonamento.

44.

L’informativa concernente le incertezze che circondano l’ammontare del costo è fornita dal paragrafo 85, lettera b).

Valore attuale

45.

Laddove l’effetto del valore temporale del denaro è un aspetto rilevante, l’importo di un accantonamento è rappresentato dal valore attuale delle spese che si suppone saranno necessarie per estinguere l’obbligazione.

46.

A causa del valore temporale del denaro, gli accantonamenti per pagamenti che sorgono subito dopo la data di riferimento del bilancio sono più onerosi di quelli in cui pagamenti dello stesso ammontare sorgono dopo. Gli accantonamenti vengono perciò attualizzati, nel caso in cui l’effetto sia rilevante.

47.

Il tasso (o i tassi) di attualizzazione deve (devono) essere determinato(i) al lordo delle imposte e deve (devono) essere tale(i) da riflettere le valutazioni correnti di mercato del valore del denaro nel tempo e i rischi specifici connessi alla passività. Il tasso (i tassi) di attualizzazione non deve (devono) riflettere i rischi per i quali le stime dei flussi finanziari futuri sono state rettificate.

Eventi futuri

48.

Gli eventi futuri che possono condizionare l’ammontare richiesto per estinguere un’obbligazione devono essere riflessi nell’importo di un accantonamento se vi è una sufficiente evidenza oggettiva che questi si verificheranno.

49.

Gli eventi futuri attesi possono essere particolarmente importanti nella determinazione degli accantonamenti. Per esempio, un’entità può ritenere che il costo per bonificare un insediamento al termine della sua vita economica sarà ridotto da futuri cambiamenti tecnologici. L’importo rilevato riflette la ragionevole previsione di osservatori tecnicamente qualificati e obiettivi che tengano conto di tutte le conoscenze che saranno a disposizione in merito alla tecnologia disponibile al momento della bonifica. Perciò è appropriato considerare, per esempio, riduzioni dei costi attesi per l’accresciuta esperienza nell’applicazione della tecnologia esistente o del costo atteso nell’applicazione della tecnologia esistente a un numero di operazioni di bonifica più ampio o più complesso di quanto precedentemente iscritto. Tuttavia, un’entità non anticipa lo sviluppo di una tecnologia di bonifica completamente nuova a meno che non assistita da evidenze sufficientemente obiettive.

50.

L’effetto di una nuova possibile normativa è preso in considerazione nella determinazione di un’obbligazione esistente quando vi è evidenza sufficientemente obiettiva che è virtualmente certo che la normativa sarà emanata. La varietà delle circostanze che sorgono nella pratica rende impossibile specificare un singolo fatto che fornirà evidenze sufficienti e obiettive in ogni fattispecie concreta. È necessario che vi sia evidenza sia su cosa la normativa richiederà, sia sul fatto che siano virtualmente certe l’emanazione e l’attuazione nei tempi dovuti. In molte circostanze non esisterà un’evidenza sufficientemente oggettiva finché la nuova normativa è emanata.

Dismissioni attese di attività

51.

Gli utili derivanti da una dismissione attesa di attività non devono essere considerati nella determinazione di un accantonamento.

52.

Gli utili derivanti da una dismissione attesa di attività non sono presi in considerazione nella determinazione di un accantonamento, anche se la dismissione attesa è strettamente collegata al fatto che dà luogo all’accantonamento. L’entità, invece, rileva utili su dismissioni attese di attività al tempo specificato dal Principio che disciplina le attività considerate.

INDENNIZZI

53.

Laddove si suppone che una parte o tutte le spese richieste per estinguere un’obbligazione debbano essere indennizzate da terzi, l’indennizzo deve essere rilevato quando, e solo quando, sia virtualmente certo che lo stesso sarà ricevuto se l’entità adempie all’obbligazione. L’indennizzo deve essere trattato come un’attività separata. L’ammontare rilevato per l’indennizzo non deve eccedere l’ammontare dell’accantonamento.

54.

Nel conto economico, il costo relativo a un accantonamento può essere esposto al netto dell’ammontare rilevato per l’indennizzo.

55.

Alcune volte, un’entità può trovarsi nella situazione di poter girare a terzi l’onere di parte o di tutte le spese necessarie a estinguere una obbligazione (per esempio, attraverso contratti di assicurazione, clausole di manleva o garanzie dei fornitori). I terzi potrebbero indennizzare gli ammontari sostenuti dall’entità o pagare direttamente gli importi dovuti.

56.

In molte circostanze l’entità rimarrà responsabile in solido per l’intero importo in questione così che essa sarebbe tenuta a estinguere l’intero importo se i terzi non fossero, per qualsiasi ragione, in grado di farlo. In tal caso, viene rilevato un accantonamento per l’intero importo della passività, e viene rilevata un’attività separata per l’indennizzo atteso se è virtualmente certo che, se l’entità estingue la passività, l’indennizzo sarà ricevuto.

57.

In alcune circostanze, l’entità non risulterà responsabile per i costi in oggetto nel caso in cui i terzi non siano in grado di onorare la loro obbligazione. In tal caso, l’entità non iscrive nessuna passività per fronteggiare tali costi e questi non vengono inclusi nell’accantonamento.

58.

Come notato nel paragrafo 29, un’obbligazione per la quale un’entità è responsabile in solido è una passività potenziale nella misura in cui si suppone che l’obbligazione sarà estinta da terzi.

RETTIFICHE DI ACCANTONAMENTI

59.

Gli accantonamenti devono essere riesaminati a ogni data di riferimento del bilancio e rettificati per riflettere la migliore stima corrente. Se non è più probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere all’obbligazione, l’accantonamento deve essere stornato.

60.

Se l’accantonamento è attualizzato, l’ammontare iscritto in bilancio dello stesso aumenta in ciascun esercizio per riflettere il passare del tempo. Tale incremento è rilevato come un onere finanziario.

UTILIZZO DI ACCANTONAMENTI

61.

Un accantonamento deve essere usato solo per quelle spese per le quali esso fu originariamente iscritto.

62.

Solamente le spese che si riferiscono all’accantonamento originario sono fronteggiate da tale accantonamento. Imputare costi a un accantonamento originariamente rilevato per altro scopo significherebbe mascherare l’impatto economico di due diversi eventi.

APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

Perdite operative future

63.

Non devono essere rilevati accantonamenti per perdite operative future.

64.

Le perdite operative future non soddisfano la definizione di passività contenuta nel paragrafo 10 e le generali condizioni di rilevazione previste per gli accantonamenti al paragrafo 14.

65.

L’attesa di perdite future operative è un’indicazione che alcuni beni operativi possono aver subito una perdita per riduzione di valore. L’entità verifica che queste attività non abbiano subito una perdita per riduzione di valore secondo le disposizioni dello IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

Contratti onerosi

66.

Se l’entità ha un contratto oneroso, l’obbligazione attuale presente nel contratto deve essere rilevata e determinata come un accantonamento.

67.

Molti contratti (per esempio, alcuni ordini di acquisto abitudinari) possono essere cancellati senza dover corrispondere compensi a terzi, e perciò non sussiste alcuna obbligazione. Altri contratti stabiliscono sia diritti sia obblighi per ciascuna delle parti contraenti. Quando le circostanze implicano che il contratto sia oneroso, questo rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio ed esiste una passività che viene rilevata. I contratti esecutivi che non sono onerosi esulano dall’ambito di applicazione del Principio.

68.

Il presente Principio definisce oneroso un contratto in cui i costi non discrezionali necessari per l’adempimento delle obbligazioni assunte superino i benefici economici che si suppone si otterranno dallo stesso contratto. I costi non discrezionali previsti da un contratto riflettono il costo netto minimo di risoluzione del contratto, cioè il minore tra il costo necessario all’adempimento e qualsiasi risarcimento o sanzione derivante dall’inadempienza.

69.

Prima che sia fatto uno specifico accantonamento per un contratto oneroso, l’entità rileva qualsiasi perdita per riduzione di valore che abbiano subito le attività legate al contratto (cfr. IAS 36).

Ristrutturazioni

70.

I seguenti sono esempi che possono rientrare nella definizione di ristrutturazione:

a)

vendita o chiusura di una linea di prodotto;

b)

chiusura di stabilimenti aziendali in un Paese o area geografica oppure trasferimento di attività aziendali da un Paese o area geografica a un altro;

c)

cambiamento nelle strutture dirigenziali, per esempio l’eliminazione di una struttura dirigenziale intermedia; e

d)

significative riorganizzazioni che hanno un effetto rilevante sulla natura e sugli indirizzi strategici delle attività dell’entità.

71.

Un accantonamento per i costi di ristrutturazione è rilevato solo se le condizioni generali previste per la rilevazione per gli accantonamenti illustrate nel paragrafo 14 sono soddisfatte. I paragrafi compresi tra 72 e 83 dispongono come applicare le condizioni generali di rilevazione alle ristrutturazioni.

72.

Un’obbligazione implicita di ristrutturazione sorge solo quando l’entità:

a)

ha un dettagliato programma formale per la ristrutturazione che identifichi almeno:

i)

l’attività o la parte di attività interessata;

ii)

le principali unità operative coinvolte;

iii)

la localizzazione, la categoria e il numero approssimativo dei dipendenti che usufruiranno di indennità per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro;

iv)

le spese che verranno sostenute; e

v)

quando il programma verrà attuato; e

b)

ha fatto sorgere nei terzi interessati la valida aspettativa che l’entità realizzerà la ristrutturazione perché ne ha iniziato la realizzazione o perché ne ha già comunicato gli aspetti principali ai terzi interessati.

73.

L’evidenza che l’entità ha iniziato ad attuare un programma di ristrutturazione potrebbe essere fornita, per esempio, dalla rimozione di un impianto, dalla vendita di attività o da una comunicazione al pubblico dei principali aspetti del programma. Una pubblica comunicazione di un piano dettagliato di ristrutturazione rappresenta un’obbligazione implicita a ristrutturare solo se è predisposta in modo, e con sufficienti dettagli (cioè, esponendo i principali aspetti del programma) tali da dare ai terzi, quali clienti, fornitori e dipendenti (o le loro rappresentanze), valide aspettative che l’entità procederà alla ristrutturazione.

74.

Perché un piano possa dar luogo a una obbligazione implicita nel caso di comunicazione ai terzi interessati, la sua attuazione deve essere programmata per iniziare quanto prima e per terminare in un lasso di tempo tale da rendere improbabili cambiamenti significativi del piano. Se si suppone che vi sarà un lungo tempo di attesa prima che la ristrutturazione abbia inizio o che la ristrutturazione durerà un arco di tempo irragionevolmente lungo, non è verosimile che il programma darà luogo a una valida aspettativa nei terzi che l’entità è al momento impegnata nella ristrutturazione, perché il lungo periodo rende possibile che l’entità modifichi i propri programmi.

75.

La decisione di attuare una ristrutturazione presa dalla direzione aziendale o dal consiglio di amministrazione prima della data di riferimento del bilancio non dà luogo, alla data di riferimento del bilancio stessa, a un’obbligazione implicita, a meno che l’entità, prima di quella data:

a)

abbia iniziato ad attuare il programma di ristrutturazione; o

b)

abbia comunicato i principali aspetti del programma di ristrutturazione agli interessati in una maniera sufficientemente analitica da far nascere in loro la valida aspettativa che l’entità attuerà la ristrutturazione.

Se l’entità ha iniziato ad attuare un programma di ristrutturazione, o ne comunica gli aspetti principali agli interessati soltanto dopo la data di riferimento del bilancio, la stessa deve riportare tale fatto, secondo quanto disposto dallo IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio, se la sua ristrutturazione è rilevante e la sua non indicazione potrebbe influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori che si basano su quanto esposto in bilancio.

76.

Sebbene un’obbligazione implicita non sia creata solamente dalla decisione della direzione aziendale, un’obbligazione può risultare da altri fatti precedenti insieme a tale decisione. Per esempio, negoziazioni con i sindacati per definire una indennità per esodo anticipato, o con gli acquirenti per la vendita di un’attività, possono essere state concluse e condizionate solo all’approvazione del consiglio. Una volta che l’approvazione è stata ottenuta e comunicata alle altre parti, l’entità ha, se le condizioni del paragrafo 72 sono soddisfatte, un’obbligazione implicita di ristrutturazione.

77.

In alcuni Paesi, l’autorità finale è conferita a un consiglio la cui composizione include rappresentanze di interessi diversi da quelli della direzione (per esempio dipendenti) oppure può essere necessaria la notifica a tali rappresentanze prima che la decisione del consiglio sia presa. Poiché una decisione presa da un consiglio in una situazione simile implica la comunicazione a queste rappresentanze, ciò può costituire un’obbligazione implicita a ristrutturare.

78.

Non sorge alcuna obbligazione per la vendita di un’attività sino a che l’entità non si sia impegnata nella vendita, per esempio esiste un contratto vincolante di vendita.

79.

Anche nel caso in cui l’entità abbia preso la decisione di cedere un’attività e abbia comunicato pubblicamente tale decisione, non può essere considerata impegnata nella vendita sino a che sia stato identificato un acquirente e non vi sia un accordo vincolante di vendita. Sino a che non esiste un accordo vincolante di vendita, l’entità sarà sempre in grado di cambiare opinione e, infatti, dovrà adottare un’altra strategia se, in termini accettabili, non può essere trovato un acquirente. Se la vendita di un’attività fa parte di un piano di ristrutturazione, deve essere verificato se i beni dell’attività hanno subito una perdita per riduzione di valore secondo le disposizioni dello IAS 36. Quando una vendita è solamente parte di una ristrutturazione, può sorgere un’obbligazione implicita per altre parti della ristrutturazione prima che venga siglato un accordo vincolante di vendita.

80.

Un accantonamento per ristrutturazione deve includere solamente i costi diretti derivanti dalla ristrutturazione, che sono quelli sia:

a)

necessariamente implicati dalla ristrutturazione; e

b)

non associati con le attività in corso dell’entità.

81.

Un accantonamento per ristrutturazione non include costi quali:

a)

spese di riqualificazione o di ricollocamento del personale in servizio;

b)

marketing; o

c)

investimenti in nuovi sistemi e reti di distribuzione.

Tali costi si riferiscono alla condotta futura dell’attività e non sono passività della ristrutturazione alla data di riferimento del bilancio. Tali spese sono rilevate con gli stessi criteri come se fossero indipendenti dalla ristrutturazione.

82.

Le perdite operative future identificabili sino alla data di una ristrutturazione non sono incluse in un accantonamento, a meno che esse siano correlate a un contratto oneroso come definito nel paragrafo 10.

83.

Come richiesto dal paragrafo 51, gli utili derivanti da una prevista dismissione di beni non sono considerati nella determinazione di un accantonamento per i costi di ristrutturazione, anche se la vendita di beni è prevista come parte della ristrutturazione.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

84.

Per ciascuna classe di accantonamenti, l’entità deve evidenziare:

a)

il valore contabile di inizio e fine esercizio;

b)

gli accantonamenti aggiuntivi effettuati nell’esercizio, inclusi gli aumenti agli accantonamenti esistenti;

c)

gli importi utilizzati (cioè costi sostenuti e imputati all’accantonamento) durante l’esercizio;

d)

gli importi non utilizzati e stornati durante l’esercizio; e

e)

gli incrementi negli importi attualizzati verificatisi nel corso dell’esercizio, dovuti al passare del tempo, e l’effetto di ogni cambiamento del tasso di attualizzazione.

L’informativa comparativa non è obbligatoria.

85.

L’entità deve indicare per ciascuna classe di accantonamenti:

a)

una breve descrizione della natura dell’obbligazione e la tempistica prevista per l’esborso che ne risulta;

b)

un’indicazione delle incertezze relative all’ammontare o alla tempistica di tali esborsi. Laddove risulti necessario fornire adeguate informazioni, l’entità deve evidenziare le principali ipotesi formulate su eventi futuri, come specificato nel paragrafo 48; e

c)

l’ammontare di qualsiasi indennizzo previsto, specificando l’ammontare di ciascuna attività rilevata per l’indennizzo atteso.

86.

A meno che la probabilità di impiegare qualsiasi risorsa per estinguere l’obbligazione sia remota, l’entità deve evidenziare per ciascuna classe di passività potenziale alla data di riferimento del bilancio una breve descrizione della natura della passività potenziale e, laddove fattibile:

a)

una stima dei suoi effetti finanziari, determinati secondo le disposizioni dei paragrafi da 36 a 52;

b)

una indicazione delle incertezze relative all’ammontare o al momento di sopravvenienza di ciascun esborso; e

c)

la probabilità di ciascun indennizzo.

87.

Nel determinare quali accantonamenti o passività potenziali possano essere aggregati in una classe, è necessario considerare se la natura dei singoli elementi sia sufficientemente simile per raggrupparle in un singolo prospetto in osservanza delle disposizioni dei paragrafi 85, lettere a) e b), e 86, lettere a) e b). Quindi, può essere appropriato trattare come una singola classe di accantonamenti gli importi relativi a garanzie di prodotti differenti, ma non sarebbe appropriato trattare come una singola classe gli importi relativi a normali garanzie e gli importi soggetti a procedimenti legali.

88.

Se un accantonamento e una passività potenziale derivano dallo stesso insieme di circostanze, l’entità fornisce l’informativa richiesta dai paragrafi da 84 a 86 in maniera tale da mostrare il collegamento tra l’accantonamento e la passività potenziale.

89.

Se si ritiene probabile che vi sarà un incremento delle attività, l’entità deve presentare una breve descrizione della natura delle attività potenziali alla data di riferimento del bilancio, e, se fattibile, una stima del loro effetto finanziario, determinato utilizzando i criteri previsti per gli accantonamenti nei paragrafi da 36 a 52.

90.

È importante che le informazioni sulle attività potenziali non forniscano indicazioni fuorvianti sulla probabilità di realizzare il reddito che ne deriverà.

91.

Se qualcuna delle informazioni richieste dai paragrafi 86 e 89 non è fornita perché non è fattibile farlo, tale circostanza deve essere esplicitamente menzionata.

92.

In casi estremamente rari, l’indicazione di alcune o di tutte le informazioni richieste dai paragrafi da 84 a 89 potrebbe pregiudicare seriamente la posizione dell’entità in una controversia con terzi sulla materia alla base dell’accantonamento, della passività potenziale o della attività potenziale. In tali circostanze, l’entità non ha l’obbligo di fornire l’informazione, ma deve indicare la natura generale della vertenza, insieme con il fatto che, e il motivo per cui, l’informazione non è stata indicata.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

93.

Gli effetti derivanti dall’utilizzo del presente Principio alla sua data di applicazione (o data precedente) devono essere esposti in bilancio come rettifica degli utili portati a nuovo del bilancio d’apertura dell’esercizio in cui il Principio è applicato per la prima volta. Le entità sono incoraggiate, ma non obbligate, a rettificare gli utili portati a nuovo del bilancio d’apertura dei precedenti esercizi e a riformulare l’informazione comparativa. Se l’informazione comparativa non è riformulata, tale fatto deve essere indicato.

94.

[Eliminato]

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

95.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o luglio 1999 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica il presente Principio per esercizi che hanno inizio prima del 1o luglio 1999, tale fatto deve essere indicato.

96.

[Eliminato]


(1)  L’Interpretazione del termine «probabile» nel presente Principio come «più verosimile piuttosto che il contrario» non necessariamente deve essere applicata in altri Principi.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 38

Attività immateriali

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è di definire il trattamento contabile delle attività immateriali non specificatamente trattate in altri Principi. Il presente Principio richiede che le entità rilevino un’attività immateriale se, e solo se, vengono soddisfatte specifiche condizioni. Il Principio precisa, inoltre, come determinare il valore contabile delle attività immateriali e richiede informazioni specifiche in merito alle attività immateriali.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione di attività immateriali, eccetto che per:

a)

le attività immateriali che rientrano nell’ambito di applicazione di un altro Principio;

b)

le attività finanziarie, come definite dallo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio;

c)

la rilevazione e la misurazione delle attività relative all’esplorazione e alla valutazione (cfr. IFRS 6 Esplorazione e valutazione di risorse minerarie); e

d)

costi di sviluppo ed estrazione di minerali, petrolio, gas naturali e risorse simili non rinnovabili.

3.

Se un altro Principio prescrive la contabilizzazione di una specifica tipologia di attività immateriale, l’entità applica quel Principio, invece che il presente Principio. Per esempio, il presente Principio non si applica a:

a)

le attività immateriali possedute da un’entità per la vendita nel normale svolgimento dell’attività (cfr. IAS 2 Rimanenze e IAS 11 Lavori su ordinazione);

b)

le attività fiscali differite (cfr. IAS 12 Imposte sul reddito);

c)

i contratti di locazione che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 17 Leasing;

d)

le attività derivanti da benefici per i dipendenti (cfr. IAS 19 Benefici per i dipendenti);

e)

le attività finanziarie come definite dallo IAS 32. La rilevazione e la valutazione di alcune attività finanziarie sono trattate dallo IAS 27 Bilancio consolidato e separato, dallo IAS 28 Partecipazioni in società collegate e dallo IAS 31 Partecipazioni in joint venture;

f)

l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale (cfr. IFRS 3 Aggregazioni aziendali);

g)

i costi di acquisizione differiti e le attività immateriali derivanti dai diritti contrattuali dell’assicuratore in contratti assicurativi che rientrano nell’ambito dell’IFRS 4 Contratti assicurativi. L’IFRS 4 prescrive informazioni integrative specifiche per tali costi di acquisizione differiti ma non per tali attività immateriali. Ne consegue che le disposizioni sull’informativa del presente Principio si applicano a tali attività immateriali;

h)

le attività immateriali non correnti classificate come possedute per la vendita (o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate.

4.

Alcune attività immateriali possono essere contenute in oggetti di consistenza fisica quali per esempio un compact disc (nel caso di un software per computer), una documentazione legale (nel caso di una licenza o di un brevetto) o una pellicola. Per determinare se un’attività che incorpora sia elementi immateriali che materiali debba essere trattata secondo le disposizioni dello IAS 16 Immobili, impianti e macchinari o come un’attività immateriale secondo le disposizioni del presente Principio, l’entità esprime un giudizio soggettivo nel valutare quale sia l’elemento più significativo. Per esempio, un software per il controllo computerizzato di una macchina utensile che non può operare senza quello specifico software è una parte integrante dell’hardware cui è collegato e, quindi, è trattato come un elemento di immobili, impianti e macchinari. Lo stesso si applica per il sistema operativo di un computer. Quando il software non è parte integrante dell’hardware cui è collegato, il software viene trattato come un’attività immateriale.

5.

Il presente Principio si applica, fra l’altro, anche alle spese di pubblicità, formazione, avvio, attività di ricerca e sviluppo. Le attività di ricerca e sviluppo sono rivolte allo sviluppo di conoscenze. Conseguentemente, sebbene tali attività possano concretizzarsi in beni di consistenza fisica (per esempio, un prototipo), la componente fisica dell’attività risulta secondaria rispetto alla sua componente immateriale, ossia la conoscenza in esso contenuta.

6.

Nel caso di un leasing finanziario, l’attività oggetto del contratto può essere sia materiale, sia immateriale. Dopo l’iniziale rilevazione, il locatario contabilizza l’attività immateriale posseduta tramite leasing finanziario secondo quanto previsto dal presente Principio. Diritti derivanti da accordi di licenze per oggetti quali filmati cinematografici, videocassette, opere teatrali, opere letterarie, brevetti e diritti d’autore sono esclusi dall’ambito di applicazione dello IAS 17 e rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio.

7.

Esclusioni dall’ambito di applicazione di un Principio possono verificarsi se le attività od operazioni sono così specifiche da dar luogo a problematiche contabili che potrebbero necessitare di un diverso trattamento. Tali problemi sorgono nella contabilizzazione delle spese di esplorazione, o sviluppo ed estrazione dei giacimenti di petrolio, gas e minerali per le industrie estrattive e nel caso di contratti assicurativi. Ne consegue che il presente Principio non si applica alle spese sostenute per tali attività e contratti. Tuttavia, si applica ad altre attività immateriali utilizzate (quali, per esempio, software per computer), e altre spese sostenute (quali, per esempio, costi di avvio), in industrie estrattive o dagli assicuratori.

DEFINIZIONI

8.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Un mercato attivo è un mercato in cui esistono tutte le seguenti condizioni:

a)

gli elementi negoziati sul mercato risultano omogenei;

b)

compratori e venditori disponibili possono essere normalmente trovati in qualsiasi momento; e

c)

i prezzi sono disponibili al pubblico.

La data dell’accordo per un’aggregazione aziendale è la data in cui si raggiunge un accordo sostanziale tra i partecipanti e, nel caso di entità quotate, l’accordo viene comunicato al pubblico. In caso di offerta pubblica di acquisto ostile, la prima data in cui si raggiunge un accordo sostanziale tra le parti aggreganti è la data in cui un numero sufficiente di soci dell’acquisito ha accettato l’offerta dell’acquirente necessaria per ottenere il controllo sull’acquisito.

L’ammortamento è la ripartizione sistematica del valore ammortizzabile di un’attività immateriale durante la sua vita utile.

L’attività è una risorsa:

a)

controllata dall’entità in conseguenza di eventi passati; e

b)

dalla quale sono attesi benefici economici futuri per l’entità.

Il valore contabile è l’ammontare al quale un’attività è rilevata nello stato patrimoniale dopo aver dedotto l’ammortamento accumulato e le connesse perdite per riduzione di valore accumulate.

Il costo è l’ammontare di disponibilità liquide o mezzi equivalenti corrisposti o il fair value (valore equo) di altro corrispettivo dato per acquisire un’attività al momento dell’acquisto o della costruzione o, ove applicabile, l’importo attribuito a tale attività al momento della rilevazione iniziale secondo quanto previsto dalle disposizioni specifiche di altri IFRS, per esempio l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni.

Il valore ammortizzabile è il costo di un bene, o altro valore sostitutivo del costo, meno il suo valore residuo.

Lo sviluppo è l’applicazione dei risultati della ricerca o di altre conoscenze a un piano o a un progetto per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione.

Il valore specifico dell’entità è il valore attuale dei flussi finanziari che l’entità prevede di derivare dall’uso continuativo di un’attività e dalla sua dismissione alla fine della sua vita utile o che prevede di sostenere quando estingue una passività.

Il fair value (valore equo) di un’attività è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Una perdita per riduzione di valore è l’ammontare per il quale il valore contabile di un’attività eccede il valore recuperabile.

Un’attività immateriale è un’attività non monetaria identificabile priva di consistenza fisica.

Le attività monetarie sono il denaro posseduto e le attività che devono essere incassate in ammontari di denaro prefissati o determinabili.

La ricerca è un’indagine originale e pianificata intrapresa con la prospettiva di conseguire nuove conoscenze e scoperte, scientifiche o tecniche.

Il valore residuo di un’attività immateriale è il valore stimato che un’entità riceve in quel momento dalla sua dismissione, al netto dei costi stimati di dismissione, se questa fosse già al tempo e nella condizione attesa alla fine della sua vita utile.

La vita utile è:

a)

il periodo di tempo nel quale ci si attende che un’attività sia utilizzabile per un’entità; o

b)

la quantità di prodotti o unità similari che l’entità si aspetta di ottenere dall’utilizzo dell’attività.

Attività immateriali

9.

Le entità frequentemente impiegano risorse o contraggono debiti per l’acquisizione, lo sviluppo, il mantenimento o il miglioramento di risorse immateriali quali, per esempio, le conoscenze scientifiche o tecniche, la progettazione e l’attuazione di nuovi processi o sistemi, le licenze, il patrimonio intellettuale, le conoscenze di mercato e i marchi (inclusi i nomi del prodotto e i titoli editoriali). Esempi comuni di elementi compresi in queste ampie voci sono i software per computer, i brevetti, i diritti d’autore, i filmati cinematografici, le anagrafiche clienti, i diritti ipotecari, le licenze di pesca, le quote di importazioni, le concessioni in franchising, le relazioni commerciali con clienti o fornitori, la fidelizzazione della clientela, le quote di mercato e i diritti di marketing.

10.

Non tutti gli elementi elencati nel paragrafo 9 soddisfano la definizione di attività immateriale, ossia l’identificabilità, il controllo della risorsa in oggetto e l’esistenza di benefici economici futuri. Se uno degli elementi che rientrano nell’ambito del presente Principio non soddisfa la definizione data di attività immateriale, la spesa per acquisire o generare la stessa internamente è rilevata come un costo quando viene sostenuta. Tuttavia, se l’elemento è acquisito tramite un’aggregazione aziendale, esso costituisce parte integrante dell’avviamento rilevato alla data dell’acquisizione (cfr. paragrafo 68).

Identificabilità

11.

La definizione di attività immateriale richiede che questa sia identificabile per poter essere distinta dall’avviamento. L’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale rappresenta un pagamento effettuato dall’acquirente in previsione di benefici economici futuri derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente. Questi possono risultare dalla sinergia tra attività identificabili acquisite o da attività che, singolarmente, non hanno le caratteristiche per poter essere rilevate in bilancio ma per le quali l’acquirente è pronto a sostenere egualmente un pagamento nell’ambito dell’aggregazione aziendale.

12.

Un’attività soddisfa il criterio di identificabilità nella definizione dell’attività immateriale quando questa:

a)

è separabile, ossia può essere separata o scorporata dall’entità e venduta, trasferita, data in licenza, locata o scambiata, sia individualmente che insieme al relativo contratto, attività o passività; o

b)

deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall’entità o da altri diritti e obbligazioni.

Controllo

13.

L’entità ha il controllo di un’attività se ha il potere di usufruire dei benefici economici futuri derivanti dalla risorsa stessa e può limitare l’accesso da parte di terzi a tali benefici. La capacità dell’entità di controllare i benefici economici futuri derivanti da un’attività immateriale trae origine, in genere, da diritti legali che sono tutelabili in sede giudiziale. In assenza di diritti legali, è più difficile dimostrare che esiste controllo. Tuttavia, la tutela giuridica di un diritto non è una condizione necessaria per il controllo poiché l’entità può essere in grado di controllare i benefici economici futuri in qualche altra maniera.

14.

La conoscenza del mercato e la conoscenza tecnica possono dar luogo a benefici economici futuri. L’entità controlla questi benefici se, per esempio, tali conoscenze sono protette da diritti legali quali diritti di autore, limitazioni ad accordi commerciali (se consentiti) o un obbligo legale da parte dei dipendenti di rispettare obblighi di riservatezza.

15.

L’entità può disporre di personale dotato di particolari competenze e può essere in grado di identificare ulteriori miglioramenti delle competenze che conducono a benefici economici futuri attraverso programmi di formazione. L’entità può inoltre aspettarsi che il personale continuerà a mettere a disposizione della stessa le proprie competenze. Tuttavia, solitamente un’entità non ha un controllo sufficiente sugli attesi benefici economici futuri derivanti da un gruppo di dipendenti con particolari competenze e dalla formazione affinché questi elementi soddisfino la definizione di attività immateriale. Per una analoga ragione, non è verosimile che una specifica direzione aziendale o elevate abilità tecniche soddisfino la definizione di attività immateriale, a meno che questi siano soggetti a tutela giuridica in merito all’uso e all’ottenimento dei connessi benefici economici futuri attesi, e che soddisfino anche i restanti aspetti della definizione.

16.

L’entità può avere un portafoglio clienti o una quota di mercato e prevedere che, grazie agli sforzi compiuti per sviluppare le relazioni con la clientela e la sua fedeltà commerciale, i clienti continueranno a intrattenere rapporti commerciali con l’entità medesima. Tuttavia, in assenza di diritti legali, o altri mezzi di controllo, a tutela delle relazioni con la clientela e della sua fedeltà commerciale, l’entità solitamente non ha un sufficiente controllo sui benefici economici attesi derivanti dalle relazioni e dalla fedeltà commerciale affinché tali elementi (per esempio portafoglio clienti, quote di mercato, relazioni commerciali e fedeltà della clientela) soddisfino la definizione di attività immateriale. In assenza di diritti legali a tutela dei rapporti con la clientela, le operazioni di scambio per le stesse o relazioni non contrattuali similari con la clientela (se non rientranti nell’ambito di un’aggregazione aziendale) forniscono evidenza che nonostante tutto l’entità è in grado di controllare i benefici economici futuri attesi derivanti dalle relazioni con la clientela. Poiché tali operazioni di scambio dimostrano anche che le relazioni con la clientela sono separabili, tali relazioni con la clientela soddisfano la definizione di attività immateriale.

Benefici economici futuri

17.

I benefici economici futuri derivanti da un’attività immateriale possono includere i proventi originati dalla vendita di prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall’utilizzo dell’attività da parte dell’entità. Per esempio, l’uso della proprietà intellettuale in un processo produttivo può nel futuro ridurre i costi di produzione piuttosto che incrementarne i proventi.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

18.

La rilevazione di un elemento come attività immateriale richiede che l’entità dimostri che detto elemento soddisfi:

a)

la definizione di attività immateriale (cfr. paragrafi da 8 a 17); e

b)

i criteri di rilevazione (cfr. paragrafi da 21 a 23).

Questa disposizione si applica ai costi sostenuti inizialmente per acquistare o generare internamente un’attività immateriale e a quelli sostenuti successivamente per aggiungere, sostituire una parte ovvero effettuare la manutenzione.

19.

I paragrafi da 25 a 32 trattano l’applicazione dei criteri di rilevazione alle attività immateriali acquisite separatamente, e i paragrafi da 33 a 43 trattano la loro applicazione alle attività immateriali acquisite in un’aggregazione aziendale. Il paragrafo 44 tratta la valutazione iniziale di attività immateriali acquisite per mezzo di un contributo pubblico, i paragrafi da 45 a 47 delle permute di attività immateriali, e i paragrafi da 48 a 50 il trattamento dell’avviamento generato internamente. I paragrafi da 51 a 67 trattano la rilevazione iniziale e la valutazione delle attività immateriali generate internamente.

20.

La natura delle attività immateriali è tale che, in molti casi, non ci sono incrementi a una tale attività o sostituzioni di una sua parte. Di conseguenza, la maggior parte delle spese successive sono verosimilmente sostenute per il mantenimento dei benefici economici futuri attesi compresi in un’attività immateriale esistente piuttosto che per soddisfare la definizione di attività immateriale e i criteri di rilevazione nel presente Principio. Inoltre, è spesso difficile attribuire costi successivi direttamente a una specifica attività immateriale piuttosto che all’attività aziendale nel suo complesso. Ne consegue che solo raramente una spesa successiva — sostenuta dopo l’iniziale rilevazione di un’attività immateriale acquisita o dopo il completamento di un’attività immateriale generata internamente — sarà rilevata nel valore contabile di un’attività. Coerentemente con le disposizioni del paragrafo 63, le spese successive per marchi, testate giornalistiche, diritti di utilizzazione di titoli editoriali, anagrafiche clienti e altri elementi simili nella sostanza (sia acquistati o generati internamente) sono sempre imputate al conto economico dell’esercizio in cui sono sostenute. Ciò perché tale spesa non può essere distinta dalle spese per sviluppare l’attività aziendale nel suo complesso.

21.

Un’attività immateriale deve essere rilevata come tale se, e solo se:

a)

è probabile che i benefici economici futuri attesi che sono attribuibili all’attività affluiranno all’entità; e

b)

il costo dell’attività può essere determinato attendibilmente.

22.

L’entità deve valutare la probabilità che si verifichino benefici economici futuri usando presupposti ragionevoli e sostenibili che rappresentano la migliore stima della direzione aziendale dell’insieme di condizioni economiche che esisteranno nel corso della vita utile dell’attività.

23.

L’entità si comporta con discernimento nel valutare il grado di probabilità connesso al flusso di benefici economici attribuibili all’utilizzo dell’attività sulla base delle fonti d’informazione disponibili al tempo della rilevazione iniziale, dando un maggior peso alle fonti d’informazione esterne.

24.

Un’attività immateriale deve essere misurata inizialmente al costo.

Attività acquisite separatamente

25.

Normalmente, il prezzo che un’entità paga per acquisire separatamente un’attività immateriale riflette le aspettative circa la probabilità che i futuri benefici economici attesi incorporati nell’attività affluiranno all’entità. In altre parole, l’effetto della probabilità si riflette nel costo dell’attività. Conseguentemente, il criterio di rilevazione basato sulla probabilità di cui al paragrafo 21, lettera a), si considera sempre soddisfatto per le attività immateriali acquisite separatamente.

26.

Inoltre, il costo di un’attività immateriale acquisita separatamente può di solito essere determinato attendibilmente. Ciò è particolarmente vero nel caso in cui il corrispettivo dell’acquisto sia costituito da disponibilità liquide o altre attività monetarie.

27.

Il costo di un’attività immateriale acquisita separatamente include:

a)

il suo prezzo di acquisto, inclusi dazi all’importazione e tasse di acquisto non recuperabili, dopo avere dedotto sconti commerciali e abbuoni; e

b)

eventuali costi direttamente attribuibili per portare l’attività al suo uso prestabilito.

28.

Esempi di costi direttamente imputabili sono:

a)

i costi dei benefici per i dipendenti (come definiti nello IAS 19) sostenuti direttamente per portare l’attività alle relative condizioni di funzionamento;

b)

gli onorari professionali sostenuti direttamente per portare l’attività alle relative condizioni di funzionamento; e

c)

i costi per verificare se l’attività sta funzionando correttamente.

29.

Esempi di costi che non sono parte del costo di un’attività immateriale sono:

a)

i costi per l’introduzione di un nuovo prodotto o servizio (inclusi i costi pubblicitari e attività promozionali);

b)

costi di gestione di un’attività in una nuova sede o con una nuova classe di clientela (inclusi i costi di addestramento del personale); e

c)

spese generali e amministrative.

30.

La rilevazione dei costi nel valore contabile di un’attività immateriale cessa quando l’attività è nella condizione necessaria perché sia in grado di operare nel modo inteso dalla direzione aziendale. Conseguentemente, i costi sostenuti nell’utilizzare o reimpiegare un’attività immateriale non sono inclusi nel valore contabile di tale attività. Per esempio, i seguenti costi non sono inclusi nel valore contabile dell’attività immateriale:

a)

i costi sostenuti mentre l’attività in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale deve ancora essere utilizzata; e

b)

le perdite operative iniziali, quali quelle sostenute mentre si consolida la richiesta dei prodotti dell’attività.

31.

Alcune operazioni si svolgono in connessione con lo sviluppo di un’attività immateriale, ma non sono necessarie per portare l’attività nella condizione necessaria perché sia in grado di funzionare nel modo inteso dalla direzione aziendale. Tali operazioni accessorie possono verificarsi prima o durante le attività di sviluppo. Poiché le operazioni accessorie non sono necessarie per portare un’attività nella condizione necessaria per operare nel modo inteso dalla direzione aziendale, i proventi e gli oneri connessi a tali operazioni sono rilevati immediatamente nel conto economico ed inclusi nelle rispettive voci.

32.

Se il pagamento di un’attività immateriale viene differito oltre i normali termini di credito, il suo costo è l’equivalente prezzo per contanti. La differenza tra questo importo e il pagamento complessivo è contabilizzata come onere finanziario lungo la durata del credito a meno che sia capitalizzata secondo il trattamento di capitalizzazione permesso previsto dallo IAS 23 Oneri finanziari.

Acquisizione come parte di un’aggregazione aziendale

33.

In conformità dell’IFRS 3, se un’attività immateriale è acquisita in un’aggregazione aziendale, il suo costo è il fair value (valore equo) alla data di acquisizione. Il fair value (valore equo) di un’attività immateriale riflette le aspettative di mercato circa la probabilità che i benefici economici futuri inerenti l’attività affluiranno all’entità. In altre parole, l’effetto dell’elemento probabilità si riflette nella determinazione del fair value (valore equo) dell’attività immateriale. Ne consegue che il criterio di rilevazione basato sulla probabilità nel paragrafo 21, lettera a), si considera sempre soddisfatto per le attività immateriali acquisite in aggregazioni aziendali.

34.

Quindi, secondo quanto previsto dal presente Principio e dall’IFRS 3, un acquirente alla data di acquisizione rileva un’attività immateriale dell’acquisita separatamente dall’avviamento se il fair value (valore equo) dell’attività può essere determinato attendibilmente, a prescindere dal fatto che l’attività sia stata rilevata dall’acquisita prima dell’aggregazione aziendale. Vale a dire che l’acquirente rileva come attività, separatamente dall’avviamento, un progetto in corso di ricerca e sviluppo dell’acquisita se il progetto rientra nella definizione di attività immateriale e il fair value (valore equo) del progetto può essere valutato attendibilmente. Il progetto di ricerca e sviluppo in corso della società acquisita soddisfa la definizione di attività immateriale quando:

a)

soddisfa la definizione di attività; e

b)

è identificabile, ossia separabile o deriva da diritti contrattuali o legali.

Valutazione del fair value (valore equo) di un’attività immateriale acquisita in una aggregazione aziendale

35.

Il fair value (valore equo) di attività immateriali acquisite in un’aggregazione aziendale può normalmente essere determinato con attendibilità sufficiente per essere rilevato separatamente dall’avviamento. Se, per le stime utilizzate per determinare il fair value (valore equo) di un’attività immateriale, vi è un intervallo di risultati possibili con diverse probabilità, tale fattore di incertezza concorre alla valutazione del fair value (valore equo) dell’attività, e non è evidenza dell’incapacità di valutare il fair value (valore equo) attendibilmente. Se un’attività immateriale acquisita in una aggregazione aziendale ha una vita utile definita, vi è una presunzione relativa che il fair value (valore equo) possa essere valutato attendibilmente.

36.

Un’attività immateriale acquisita in un’aggregazione aziendale potrebbe essere separabile, ma soltanto insieme con una attività immateriale o materiale collegata. Per esempio, la testata di un giornale potrebbe non essere vendibile separatamente dal database degli abbonati, o il marchio di un’acqua minerale potrebbe essere connesso a una particolare sorgente e potrebbe non essere venduto separatamente dalla medesima. In tali casi, l’acquirente rileva il gruppo di attività come un’attività singola separata dall’avviamento se i singoli fair value (valore equo) delle attività dell’assieme non sono misurabili attendibilmente.

37.

Analogamente, i termini «marca» o «nome della marca» sono spesso utilizzati come sinonimi per i marchi di fabbrica e altri marchi. Tuttavia, i primi sono termini di marketing generici tipicamente utilizzati con riferimento a un gruppo di attività complementari quali un marchio di fabbrica (o un marchio di servizi) e il suo relativo nome commerciale, formule, ricette e competenza tecnica. L’acquirente rileva come singola attività un gruppo di attività immateriali complementari che comprendono una marca se i singoli fair value (valori equi) delle attività complementari non sono misurabili attendibilmente. Se i singoli fair value (valori equi) individuali delle attività complementari sono attendibilmente valutabili, un acquirente può rilevare tali attività come un’attività singola a condizione che le attività individuali abbiano vite utili similari.

38.

Le uniche circostanze in cui potrebbe non essere possibile valutare attendibilmente il fair value (valore equo) di un’attività immateriale acquisita in un’aggregazione aziendale sono quelle in cui l’attività immateriale deriva da diritti legali o altri diritti contrattuali e, alternativamente:

a)

non è separabile; o

b)

è separabile, ma non vi è esperienza o evidenza di operazioni di scambio per le stesse attività o attività simili, e stimare il fair value (valore equo) dipenderebbe da variabili non misurabili.

39.

I prezzi quotati in un mercato attivo forniscono la stima più attendibile del fair value (valore equo) di un’attività immateriale (cfr. anche paragrafo 78). Il prezzo di mercato corretto è solitamente il prezzo dell’offerta attuale. Se i prezzi di offerta attuale non sono disponibili, il prezzo della più recente operazione similare può fornire una base da cui partire per stimare il valore attuale, purché non vi sia stato alcun rilevante cambiamento nelle circostanze economiche tra la data dell’operazione e la data alla quale è stimato il fair value (valore equo) dell’attività.

40.

Se non esiste alcun mercato attivo per un’attività immateriale, il suo fair value (valore equo) è l’importo che l’entità avrebbe pagato per l’attività alla data dell’acquisizione in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, sulla base delle migliori informazioni disponibili. Nel determinare tale importo, l’entità tiene conto del risultato di operazioni recenti per attività similari.

41.

Le entità regolarmente coinvolte nell’acquisto e nella vendita di attività immateriali particolari possono avere sviluppato tecniche per stimare i loro fair value (valori equi) in via indiretta. Queste tecniche possono essere usate per la misurazione iniziale di un’attività immateriale acquisita in un’aggregazione aziendale se la loro finalità è quella di stimare il fair value (valore equo) e se riflettono le operazioni e le prassi correntemente utilizzate nel settore industriale cui appartiene l’attività. Tali tecniche comprendono, laddove appropriato:

a)

l’applicazione di multipli che riflettono operazioni correnti di mercato a indicatori correlati alla redditività dell’attività (quali il ricavo, quote di mercato e utile operativo) o al flusso di royalty che si potrebbe ottenere dando in licenza l’attività immateriale a un’altra parte in una libera transazione (come nell’approccio «ritorno dalle royalty»); o

b)

l’attualizzazione dei futuri flussi finanziari netti stimati dell’attività.

Spese successive relative ad un progetto di ricerca e sviluppo in corso acquisito

42.

Le spese di ricerca o sviluppo che sono:

a)

connesse a un progetto di ricerca o di sviluppo in corso acquisito separatamente o in un’aggregazione aziendale rilevato come un’attività immateriale; e

b)

sostenute dopo l’acquisizione di tale progetto

devono essere contabilizzate secondo quanto previsto dai paragrafi da 54 a 62.

43.

L’applicazione delle disposizioni dei paragrafi da 54 a 62 comporta che le spese successive relative a un progetto di ricerca o sviluppo in corso acquisito separatamente o in un’aggregazione aziendale, e rilevato come un’attività immateriale, sono:

a)

rilevate a conto economico quando sostenute, se trattasi di spese di ricerca;

b)

rilevate a conto economico quando sostenute, se trattasi di spese di sviluppo che non soddisfano le condizioni previste dal paragrafo 57 per la rilevazione come attività immateriale; e

c)

rilevate a incremento del valore contabile del progetto di ricerca o sviluppo in corso se sono spese di sviluppo che soddisfano le condizioni previste dal paragrafo 57 per la rilevazione.

Acquisizioni attraverso contributi pubblici

44.

In alcune circostanze, un’attività immateriale può essere acquisita senza dover sostenere oneri, o per corrispettivo nominale, tramite un contributo pubblico. Ciò può verificarsi nel caso in cui un governo trasferisca o assegni all’entità attività immateriali quali diritti aeroportuali, licenze per l’attivazione di stazioni radio o televisive, licenze di importazione, quote o diritti per accedere ad altre risorse limitate. Secondo quanto previsto dallo IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull’assistenza pubblica, l’entità può scegliere di rilevare inizialmente sia l’attività immateriale, sia il contributo al fair value (valore equo). Se l’entità opta per non rilevare inizialmente l’attività al fair value (valore equo), essa rileva inizialmente l’attività al valore nominale (secondo l’altro trattamento permesso dallo IAS 20) maggiorato di qualsiasi spesa direttamente attribuibile per predisporre l’attività al suo utilizzo previsto.

Permute di attività

45.

Una o più attività immateriali possono essere acquisite in cambio di una o più attività non monetarie o di una combinazione di attività monetarie e non monetarie. La seguente considerazione fa riferimento semplicemente a uno scambio di un’attività non monetaria con un’altra, ma si applica anche a tutti gli scambi descritti nella frase precedente. Il costo di tale attività immateriale è valutato al fair value (valore equo) a meno che a) l’operazione di scambio manchi di sostanza commerciale, o b) né il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta né quello dell’attività ceduta sia misurabile attendibilmente. L’attività acquistata è valutata in questo modo anche se l’entità non può stornare immediatamente l’attività ceduta. Se l’attività acquistata non è valutata al fair value (valore equo), il suo costo è commisurato al valore contabile dell’attività ceduta.

46.

L’entità determina se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale considerando la misura in cui si suppone che i suoi flussi finanziari futuri cambino a seguito dell’operazione. Un’operazione di scambio ha sostanza commerciale se:

a)

la configurazione (ossia rischio, tempistica e importi) dei flussi finanziari dell’attività ricevuta differisce dalla configurazione dei flussi finanziari dell’attività trasferita; o

b)

il valore specifico dell’entità relativo alla porzione delle attività dell’entità interessata dall’operazione si modifica a seguito dello scambio; e

c)

la differenza di cui in a) o b) è significativa rispetto al fair value (valore equo) delle attività scambiate.

Al fine di determinare se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale, il valore per l’entità della parte delle sue operazioni interessata dalla transazione, deve riflettere i flussi finanziari al netto degli effetti fiscali. Il risultato di queste analisi può essere evidente anche senza che l’entità debba svolgere calcoli dettagliati.

47.

Il paragrafo 21, lettera b), specifica che una condizione per rilevare un’attività immateriale è che il costo dell’attività possa essere valutato attendibilmente. Il fair value (valore equo) di un’attività immateriale per la quale non esistono operazioni comparabili di mercato è attendibilmente valutabile se a) la variabilità di stime ragionevoli di fair value (valore equo) non è ampia per tale attività, o se b) le probabilità delle varie stime rientranti nel campo di oscillazione possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella stima del fair value (valore equo). Se un’entità è in grado di determinare attendibilmente il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta o dell’attività ceduta, allora il fair value (valore equo) dell’attività ceduta è utilizzato per valutare il costo a meno che il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta sia più chiaramente evidente.

Avviamento generato internamente

48.

L’avviamento generato internamente non deve essere rilevato come un’attività.

49.

In alcune circostanze, viene sostenuta una spesa con il proposito di generare benefici economici futuri, ma ciò non si concretizza nella creazione di un’attività immateriale che soddisfi i criteri di rilevazione previsti nel presente Principio. Tale spesa è spesso descritta come un contributo all’avviamento creato internamente. L’avviamento generato internamente non è rilevato come un’attività perché non è una risorsa identificabile (ossia non è separabile, né può derivare da diritti contrattuali o altri diritti legali) controllata dall’entità che può essere attendibilmente misurata al costo.

50.

Le differenze tra il valore di mercato dell’entità e il valore contabile delle sue attività nette identificabili possono essere originate in un qualsiasi momento da una serie di fattori che condizionano il valore dell’entità. Tuttavia, tali differenze non rappresentano il costo di attività immateriali controllate dall’entità.

Attività immateriali generate internamente

51.

Talvolta, è difficile valutare se un’attività immateriale generata internamente abbia le caratteristiche richieste per essere rilevata a causa di problemi:

a)

nell’identificare se e quando vi sia un’attività identificabile che genererà benefici economici futuri attesi; e

b)

nel determinare il costo dell’attività in modo attendibile. In alcune circostanze, il costo per generare internamente un’attività immateriale non può essere distinto dal costo per mantenere o migliorare l’avviamento generato internamente dall’entità o dal costo delle operazioni di gestione ricorrenti.

Di conseguenza, oltre a conformarsi alle disposizioni generali previste per la rilevazione e per la valutazione iniziale di un’attività immateriale, l’entità applica le disposizioni e le istruzioni contenute nei paragrafi da 52 a 67 a tutte le attività immateriali generate internamente.

52.

Per valutare se un’attività immateriale generata internamente soddisfa le condizioni necessarie per essere rilevata in bilancio, l’entità classifica il processo di formazione dell’attività in:

a)

una fase di ricerca; e

b)

una fase di sviluppo.

Sebbene i termini «ricerca» e «sviluppo» abbiano già una definizione, i termini «fase di ricerca» e «fase di sviluppo» acquisiscono un significato più ampio nel contesto del presente Principio.

53.

Se un’entità non è in grado di distinguere la fase di ricerca dalla fase di sviluppo di un progetto interno di formazione di un’attività immateriale, l’entità tratta contabilmente il costo derivante da tale progetto come se fosse sostenuto esclusivamente nella fase di ricerca.

Fase di ricerca

54.

Nessuna attività immateriale derivante dalla ricerca (o dalla fase di ricerca di un progetto interno) deve essere rilevata. Le spese di ricerca (o della fase di ricerca di un progetto interno) devono essere rilevate come costo nel momento in cui sono sostenute.

55.

Nella fase di ricerca di un progetto interno, un’entità non può dimostrare che esista un’attività immateriale che genererà probabili benefici economici futuri. Perciò, questa spesa è rilevata come costo quando viene sostenuta.

56.

Esempi di attività di ricerca sono:

a)

le attività finalizzate all’ottenimento di nuove conoscenze;

b)

l’indagine, la valutazione e la selezione finale delle applicazioni dei risultati della ricerca o di altre conoscenze;

c)

la ricerca di alternative per materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi o servizi; e

d)

l’ideazione, la progettazione, la valutazione e la selezione finale di alternative possibili per materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi o servizi nuovi o migliorati.

Fase di sviluppo

57.

Un’attività immateriale derivante dallo sviluppo (o dalla fase di sviluppo di un progetto interno) deve essere rilevata se, e solo se, l’entità può dimostrare quanto segue:

a)

la fattibilità tecnica di completare l’attività immateriale in modo da essere disponibile per l’uso o per la vendita;

b)

la sua intenzione a completare l’attività immateriale per usarla o venderla;

c)

la sua capacità di usare o vendere l’attività immateriale;

d)

in quale modo l’attività immateriale genererà probabili benefici economici futuri. Peraltro, l’entità può dimostrare l’esistenza di un mercato per il prodotto dell’attività immateriale o per l’attività immateriale stessa o, se è da usarsi per fini interni, l’utilità di tale attività immateriale;

e)

la disponibilità di risorse tecniche, finanziarie e di altro tipo adeguate per completare lo sviluppo e per l’utilizzo o la vendita dell’attività immateriale;

f)

la sua capacità di valutare attendibilmente il costo attribuibile all’attività immateriale durante il suo sviluppo.

58.

Nella fase di sviluppo di un progetto interno, l’entità può, in alcuni casi, identificare un’attività immateriale e dimostrare che l’attività genererà probabili futuri benefici economici. Ciò perché la fase di sviluppo di un progetto è più avanzata della fase di ricerca.

59.

Esempi di attività di sviluppo sono:

a)

la progettazione, la costruzione e la verifica di prototipi o modelli che precedono la produzione o l’utilizzo degli stessi;

b)

la progettazione di mezzi, prove, stampi e matrici concernenti la nuova tecnologia;

c)

la progettazione, la costruzione e l’attivazione di un impianto pilota che non è di dimensioni economicamente idonee per la produzione commerciale; e

d)

la progettazione, la costruzione e la prova di alternative scelte per materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi o servizi nuovi o migliorati.

60.

Per dimostrare come un’attività immateriale genererà probabili benefici economici futuri, l’entità valuta i benefici economici futuri che devono essere ricavati dall’attività utilizzando i principi dello IAS 36 Riduzione di valore delle attività. Se l’attività genererà benefici economici solo in combinazione con altre attività, l’entità applica il concetto di unità generatrici di flussi finanziari dello IAS 36.

61.

La disponibilità di risorse per completare, utilizzare e ottenere benefici da un’attività immateriale può essere dimostrata, per esempio, da un piano aziendale che illustra le necessarie risorse tecniche, finanziarie e di altro tipo e la capacità dell’entità di procurarsi tali risorse. In alcune circostanze, l’entità dimostra la disponibilità di finanziamenti esterni ottenendo conferma da un finanziatore della sua volontà di finanziare il progetto.

62.

I sistemi di contabilità analitica dell’entità possono misurare in modo attendibile il costo da sostenere per generare internamente un’attività immateriale, come per esempio, i costi del personale e altre spese sostenute per garantirsi diritti d’autore o licenze o per sviluppare software.

63.

Marchi, testate giornalistiche, diritti di editoria, anagrafiche clienti ed elementi simili nella sostanza, se generati internamente non devono essere rilevati come attività immateriali.

64.

Le spese sostenute per generare internamente marchi, testate giornalistiche, diritti di editoria, anagrafiche clienti e altri elementi simili nella sostanza non possono essere distinte dal costo sostenuto per sviluppare l’attività aziendale nel suo complesso. Perciò, tali elementi non vengono rilevati in bilancio come attività immateriali.

Costo di un’attività immateriale generata internamente

65.

Ai fini del paragrafo 24 il costo di un’attività immateriale generata internamente è rappresentato dalla somma delle spese sostenute dalla data in cui per la prima volta l’attività immateriale soddisfa i criteri previsti per la rilevazione contabile contenuti nei paragrafi 21, 22 e 57. Il paragrafo 71 vieta la successiva capitalizzazione di costi precedentemente rilevati come spese.

66.

Il costo di un’attività immateriale generata internamente comprende tutti i costi direttamente attribuibili necessari per creare, produrre e preparare l’attività affinché questa sia in grado di operare nel modo inteso dalla direzione aziendale. Esempi di costi direttamente imputabili sono:

a)

costi per materiali e servizi utilizzati o consumati nel generare l’attività immateriale;

b)

costi dei benefici per i dipendenti (come definito nello IAS 19) derivanti dalla generazione delle attività immateriali;

c)

imposte di registro per la tutela di un diritto legale; e

d)

‘ammortamento dei brevetti e delle licenze che sono utilizzati per generare l’attività immateriale.

Lo IAS 23 specifica i criteri per poter rilevare gli interessi come un elemento di costo di un’attività immateriale generata internamente.

67.

I seguenti non sono componenti del costo di un’attività immateriale generata internamente:

a)

spese di vendita, amministrazione e altre spese generali, a meno che tali spese possano essere direttamente attribuite alla fase di preparazione dell’attività per l’uso;

b)

inefficienze identificate e perdite operative iniziali sostenute prima che l’attività raggiunga il rendimento programmato; e

c)

spese sostenute per addestrare il personale a gestire l’attività.

Esempio illustrativo del paragrafo 65Un’entità sta sviluppando un nuovo processo produttivo. Nel corso del 20X5, le spese sostenute sono state CU1 000 (1) di cui CU900 sostenute prima del 1o dicembre 20X5 e CU100 tra il 1o ed il 31 dicembre 20X5. L’entità è in grado di dimostrare che, al 1o dicembre 20X5, il processo produttivo soddisfaceva le condizioni per essere rilevato come un’attività immateriale. Il valore recuperabile del know-how contenuto nel processo (inclusi i futuri flussi finanziari in uscita per completare il processo prima di essere disponibile per l’uso) è stimato pari a CU500.Alla fine del 20X5, il processo produttivo è rilevato come attività immateriale a un costo di CU100 (spesa sostenuta dalla data in cui le condizioni per la rilevazione sono state per la prima volta soddisfatte, ossia al 1o dicembre 20X5). La spesa di CU900 sostenuta prima del 1o dicembre 20X5 è rilevata come un costo in considerazione del fatto che le condizioni poste per la rilevazione non erano soddisfatte prima del 1o dicembre 20X5. Questa spesa non forma parte del costo del processo produttivo rilevato nello stato patrimoniale.Nel corso del 20X6, la spesa sostenuta è pari a CU2 000. Alla fine del 20X6, il valore recuperabile del know-how contenuto nel processo (inclusi i futuri flussi finanziari in uscita per completare il processo prima che sia disponibile per l’uso) è stimato in CU1 900.Alla fine del 20X6, il costo del processo di produzione è CU2 100 (CU100 spesa rilevata alla fine del 20X5 più CU2 000 spesa rilevata nel 20X6). L’entità rileva una perdita per riduzione di valore di CU200, equivalente alla rettifica necessaria per adeguare il valore contabile del processo prima della perdita per riduzione di valore (CU2 100) al valore recuperabile (CU1 900). Tale perdita per riduzione di valore sarà eliminata in un esercizio successivo se sono soddisfatte le disposizioni previste per lo storno di una perdita per riduzione di valore contenute nello IAS 36.

RILEVAZIONE DI UN COSTO

68.

Le spese sostenute per un elemento immateriale devono essere rilevate come costo nell’esercizio in cui sono state sostenute a meno che:

a)

siano parte del costo di un’attività immateriale che soddisfa le condizioni previste per la rilevazione in bilancio (cfr. paragrafi da 18 a 67); o

b)

l’elemento sia acquisito in un’aggregazione aziendale e non possa essere rilevato come attività immateriale. In tal caso, la spesa (inclusa nel costo dell’aggregazione aziendale) deve costituire parte integrante dell’importo attribuito all’avviamento alla data di acquisizione (cfr. IFRS 3).

69.

In alcune circostanze, la spesa viene sostenuta per procurare futuri benefici economici all’entità, ma non può essere rilevata come un’attività immateriale o altra attività acquistata o creata. In queste circostanze, la spesa è rilevata come costo nell’esercizio in cui è stata sostenuta. Per esempio, a eccezione di quando essa costituisce parte del costo di un’aggregazione aziendale, la spesa per la ricerca viene rilevata come costo quando viene sostenuta (cfr. paragrafo 54). Altri esempi di spese che vengono rilevate come costo nel momento in cui sono sostenute sono:

a)

spese di impianto di attività (ossia costi di avvio), a meno che tali spese siano incluse nel costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 16. Le spese di impianto possono essere composte da spese di costituzione di un’entità legale, spese per aprire un nuovo impianto o attività (costi precedenti all’apertura) o spese per intraprendere nuove attività o lanciare nuovi prodotti o processi (costi pre-operativi);

b)

spese per la formazione del personale;

c)

spese pubblicitarie e attività promozionali;

d)

spese di ricollocazione o riorganizzazione parziale o integrale dell’entità.

70.

Il paragrafo 68 non preclude la rilevazione contabile di un pagamento anticipato tra le poste dell’attivo nel caso in cui il pagamento per la consegna di beni o per la prestazione di servizi sia avvenuto prima della consegna dei beni o della prestazione dei servizi.

Costi pregressi non rilevabili come attività

71.

Le spese sostenute per un elemento immateriale inizialmente rilevate come costi di periodo non devono essere ad una data successiva rilevate come parte del costo di un’attività immateriale.

VALUTAZIONE SUCCESSIVA ALLA RILEVAZIONE

72.

L’entità deve scegliere il suo principio contabile tra il modello del costo del paragrafo 74 e il modello della rideterminazione del valore del paragrafo 75. Se un’attività immateriale è contabilizzata con il modello della rideterminazione del valore, tutte le altre attività nella sua classe devono inoltre essere contabilizzate utilizzando lo stesso modello, salvo l’assenza di un mercato attivo per tali attività.

73.

Una classe di attività immateriali è un assieme di attività di natura e utilizzo similare per l’attività dell’entità. La valutazione degli elementi contenuti nella classe di attività immateriali è rideterminata simultaneamente per evitare valutazioni selettive di attività ed evitare che gli importi rilevati in bilancio siano composti da una combinazione di costi e valori riferiti a date differenti.

Modello del costo

74.

Dopo la rilevazione iniziale, un’attività immateriale deve essere iscritta in bilancio al costo al netto degli ammortamenti accumulati e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulata.

Modello della rideterminazione del valore

75.

Dopo la rilevazione iniziale, un’attività immateriale deve essere iscritta in bilancio all’importo rideterminato, cioè al fair value (valore equo) alla data di rideterminazione del valore al netto di qualsiasi successivo ammortamento accumulato e di qualsiasi successiva perdita per riduzione di valore accumulata. Per l’applicazione delle rideterminazioni del valore in conformità alle disposizioni del presente Principio, il fair value (valore equo) deve essere misurato facendo riferimento a un mercato attivo. Le rideterminazioni devono essere effettuate con una regolarità tale da far sì che alla data di riferimento del bilancio il valore contabile dell’attività non si discosti significativamente dal suo fair value (valore equo).

76.

Il modello della rideterminazione del valore non permette:

a)

la rivalutazione delle attività immateriali che non sono state precedentemente rilevate come attività; o

b)

la rilevazione iniziale delle attività immateriali a importi diversi dal costo.

77.

Si applica il modello della rideterminazione del valore dopo che un’attività è stata inizialmente rilevata al costo. Tuttavia, se solo parte del costo di un’attività immateriale è rilevata come attività poiché questa solo soddisfaceva i criteri previsti per la rilevazione fino a un certo momento del processo (cfr. paragrafo 65), il modello di rideterminazione del valore può essere applicato all’intera attività. Inoltre, il modello della rideterminazione del valore può essere applicato a un’attività immateriale ottenuta per mezzo di un contributo pubblico e rilevata a un valore nominale (cfr. paragrafo 44).

78.

È insolito che esista un mercato attivo con le caratteristiche descritte nel paragrafo 8 per un’attività immateriale, sebbene ciò si possa verificare. Per esempio, in alcune giurisdizioni, possono esistere mercati attivi per il libero trasferimento di licenze per taxi, licenze di pesca o quote di produzione. Tuttavia, non possono esistere mercati attivi per marchi, testate giornalistiche, diritti editoriali di musica e film, brevetti o marchi di fabbrica, perché ognuna di queste attività è unica nel suo genere. Inoltre, sebbene le attività immateriali siano acquistate e vendute, i contratti sono negoziati tra compratori e venditori individuali, e le transazioni sono relativamente infrequenti. Per le citate motivazioni, il prezzo pagato per un’attività potrebbe non fornire prova sufficiente del fair value (valore equo) di un’altra attività. Inoltre, i prezzi sono spesso non disponibili al pubblico.

79.

La frequenza delle rivalutazioni dipende dalla volatilità dei fair value (valore equo) delle attività immateriali oggetto di rivalutazione. Se i fair value (valore equo) di un’attività differiscono in maniera rilevante dal valore contabile, si rende necessaria una ulteriore rivalutazione. Alcune attività immateriali possono subire movimentazioni significative e volatili nel fair value (valore equo) e perciò necessitano di rideterminazioni annuali. Rivalutazioni così frequenti non sono, invece, necessarie per le attività immateriali con variazioni di fair value (valore equo) non significative.

80.

Se un’attività immateriale è rivalutata, ogni ammortamento accumulato alla data della rivalutazione è alternativamente:

a)

rideterminato in proporzione alla variazione del valore contabile lordo dell’attività, in modo che il suo valore contabile dopo la nuova valutazione equivalga al suo valore rideterminato; o

b)

eliminato a fronte del valore contabile lordo dell’attività, e il valore netto dell’attività è nuovamente iscritto in bilancio in base al valore rideterminato dell’attività.

81.

Se un’attività immateriale, compresa in una classe di attività immateriali il cui valore è rideterminato, non può essere rideterminata perché manca un mercato attivo per la stessa, essa deve essere iscritta in bilancio al costo al netto degli ammortamenti e delle perdite per riduzione di valore accumulati.

82.

Se il fair value (valore equo) di un’attività immateriale rideterminata non può più essere misurato facendo riferimento a un mercato attivo, il valore contabile dell’attività deve essere il valore rideterminato alla data dell’ultima rideterminazione fatta con riferimento al mercato attivo, al netto di qualsiasi successivo ammortamento e perdita per riduzione di valore accumulati.

83.

Il fatto che un mercato attivo di un’attività immateriale rideterminata non esista più può indicare che l’attività ha subito una riduzione di valore e che ciò deve essere verificato applicando quanto previsto dallo IAS 36.

84.

Se il fair value (valore equo) dell’attività può essere determinato facendo riferimento a un mercato attivo a una successiva data di valutazione, il modello della rideterminazione del valore viene applicato a partire da quella data.

85.

Se il valore contabile di un’attività immateriale è aumentato a seguito di una rideterminazione del valore, l’incremento deve essere accreditato direttamente a patrimonio netto sotto la voce riserva di rivalutazione. Tuttavia, l’aumento deve essere rilevato nel conto economico nella misura in cui esso ripristina una diminuzione di una rivalutazione della stessa attività rilevata precedentemente nel conto economico.

86.

Se il valore contabile di un’attività immateriale è diminuito a seguito di una rideterminazione dei valori, la diminuzione deve essere rilevata nel conto economico. Tuttavia, la diminuzione deve essere addebitata direttamente al patrimonio netto come riserva di rivalutazione nella misura in cui vi siano eventuali saldi a credito nella riserva di rivalutazione in riferimento a tale attività.

87.

L’ammontare complessivo della riserva di rivalutazione inclusa nel patrimonio netto può essere trasferito direttamente alla voce utili portati a nuovo quando l’eccedenza viene realizzata. L’intera eccedenza può essere realizzata quando l’attività è dismessa o ceduta. Tuttavia, parte dell’eccedenza può essere realizzata anche in quanto l’attività è utilizzata dall’entità; in tal caso, l’importo realizzato dell’eccedenza è rappresentato dalla differenza tra l’ammortamento basato sul valore contabile rivalutato dell’attività e l’ammortamento che sarebbe stato rilevato ove basato sul costo storico dell’attività. Il trasferimento dalla riserva di rivalutazione agli utili portati a nuovo non transita per conto economico.

VITA UTILE

88.

Un’entità deve accertare se la vita utile di un’attività immateriale è definita o indefinita e, se definita, la sua durata o la quantità di prodotti o unità similari che costituiscono tale vita utile. Un’attività immateriale deve essere considerata dall’entità con una vita utile indefinita quando, sulla base di un’analisi dei fattori rilevanti, non vi è un limite prevedibile all’esercizio fino al quale si prevede che l’attività generi flussi finanziari netti in entrata per l’entità.

89.

La contabilizzazione di un’attività immateriale si basa sulla sua vita utile. Un’attività immateriale con una vita utile definita è ammortizzata (cfr. paragrafi da 97 a 106), mentre un’attività immateriale con una vita utile indefinita non è ammortizzata (cfr. paragrafi da 107 a 110). Gli esempi illustrativi che accompagnano il presente Principio illustrano come determinare la vita utile per le diverse attività immateriali, e quale deve essere la conseguente contabilizzazione per tali attività in base alle determinazioni della vita utile.

90.

Sono presi in considerazione una serie di fattori nel determinare la vita utile di un’attività immateriale, inclusi:

a)

l’utilizzo atteso dell’attività da parte dell’entità e se l’attività possa eventualmente essere gestita efficacemente da un altro gruppo dirigente dell’entità;

b)

i cicli di vita produttiva tipici dell’attività e le informazioni pubbliche sulle stime delle vite utili di attività simili che sono utilizzate in un modo similare;

c)

l’obsolescenza tecnica, tecnologica, commerciale o di altro tipo;

d)

la stabilità del settore economico in cui l’attività opera e i cambiamenti di domanda nel mercato dei prodotti o servizi originati dall’attività;

e)

le azioni che si suppone i concorrenti effettivi o potenziali effettueranno;

f)

il livello delle spese di manutenzione necessarie per ottenere i benefici economici futuri attesi dall’attività e la capacità e l’intenzione dell’entità di raggiungere tale livello;

g)

il periodo di controllo sull’attività e i limiti legali o similari all’utilizzo dell’attività, quali le date di conclusione dei rapporti di locazione connessi; e

h)

se la vita utile dell’attività dipenda dalla vita utile di altre attività dell’entità.

91.

Il termine «indefinito» non significa «infinito». La vita utile di un’attività immateriale riflette soltanto il livello delle spese di manutenzione future richieste per mantenere l’attività al livello di rendimento stimato al tempo della valutazione della vita utile dell’attività nonché la capacità e l’intenzione dell’entità di raggiungere tale livello. La conclusione che la vita utile di un’attività immateriale è indefinita non dovrebbe dipendere da spese future pianificate eccedenti quanto richiesto per mantenere l’attività a tale livello di rendimento.

92.

Data l’esperienza passata di rapidi cambiamenti tecnologici, i software e molte altre attività immateriali sono soggetti a obsolescenza tecnologica. Perciò, è verosimile che la loro vita utile sia breve.

93.

La vita utile di un’attività immateriale può essere molto lunga o anche indefinita. L’incertezza giustifica la stima della vita utile di un’attività immateriale secondo criteri prudenziali, ma non giustifica la scelta di una vita che è irrealisticamente breve.

94.

La vita utile di un’attività immateriale che deriva da diritti contrattuali o altri diritti legali non deve superare la durata dei diritti contrattuali o di altri diritti legali, ma può essere più breve a seconda del periodo durante il quale l’entità prevede di utilizzare tale attività. Se i diritti contrattuali o altri diritti legali sono conferiti per un periodo limitato che può essere rinnovato, la vita utile dell’attività immateriale deve includere il(i) periodo(i) di rinnovo soltanto qualora vi sia evidenza a sostegno del rinnovo da parte dell’entità, senza costi significativi.

95.

Vi possono essere sia fattori economici sia legali che influenzano la vita utile di un’attività immateriale. I fattori economici determinano il periodo in cui i benefici economici futuri saranno ricevuti dall’entità. I fattori legali possono limitare il periodo durante il quale l’entità controlla l’accesso a tali benefici. La vita utile è il più breve tra i periodi determinati sulla base di tali fattori.

96.

L’esistenza dei seguenti fattori, tra gli altri, indica che un’entità sarebbe in grado di rinnovare diritti contrattuali o altri diritti legali senza il sostenimento di costi significativi:

a)

vi è evidenza, possibilmente basata su esperienze passate, che i diritti contrattuali o altri diritti legali saranno rinnovati. Se il rinnovo è subordinato al consenso di una terza parte, in questo caso, vi è evidenza che la terza parte darà il proprio consenso;

b)

vi è evidenza che qualsiasi condizione necessaria per ottenere un rinnovo sarà soddisfatta; e

c)

il costo che l’entità deve sostenere per il rinnovo non è significativo in rapporto ai benefici economici futuri attesi che affluiranno all’entità dal rinnovo.

Se il costo del rinnovo è significativo in rapporto ai benefici economici futuri attesi che affluiranno all’entità dal rinnovo, il costo del «rinnovo» rappresenta, in sostanza, il costo per acquisire una nuova attività immateriale alla data del rinnovo.

ATTIVITÀ IMMATERIALI CON VITA UTILE DEFINITA

Periodo e metodo di ammortamento

97.

Il valore ammortizzabile di un’attività immateriale con una vita utile definita deve essere ripartito in base a un criterio sistematico lungo la sua vita utile. L’ammortamento deve iniziare quando l’attività è disponibile all’utilizzo, ossia quando è nella posizione e nella condizione necessaria affinché sia in grado di operare nella maniera prevista dalla direzione aziendale. L’ammortamento cessa alla data più remota tra quella in cui l’attività è classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità all’IFRS 5, e quella in cui l’attività viene eliminata contabilmente. Il metodo di ammortamento utilizzato deve riflettere le modalità con le quali si suppone che i benefici economici futuri del bene siano utilizzati dall’entità. Se tali modalità non possono essere determinate attendibilmente, deve essere utilizzato il metodo a quote costanti. La quota di ammortamento deve essere rilevata in ogni esercizio nel conto economico, a meno che il presente Principio o altro Principio permetta o richieda che questa sia inserita nel valore contabile di un’altra attività.

98.

Possono essere utilizzati diversi metodi di ammortamento per imputare il valore ammortizzato di un’attività sistematicamente lungo il corso della vita utile. Tali metodi includono il metodo a quote costanti, il metodo scalare decrescente e il metodo per unità di prodotto. La scelta del metodo da utilizzare si basa sull’attesa modalità di consumo degli attesi benefici economici futuri generati da un bene ed è applicato uniformemente da esercizio a esercizio, a meno che ci sia un cambiamento nella attesa modalità di consumo di tali benefici economici futuri. Raramente, o quasi mai, vi è evidenza probatoria a sostegno di un metodo di ammortamento delle attività immateriali con vita utile definita che risultano in un ammortamento accumulato inferiore rispetto a quello derivante dall’applicazione del metodo a quote costanti.

99.

L’ammortamento è solitamente rilevato nel conto economico. Tuttavia, alcune volte i benefici economici futuri contenuti in un’attività sono assorbiti nella produzione di altre attività. In questo caso, la quota di ammortamento costituisce parte del costo dell’altra attività ed è inclusa nel suo valore contabile. Per esempio, l’ammortamento delle attività immateriali utilizzate in un processo produttivo è incluso nel valore contabile delle rimanenze (cfr. IAS 2 Rimanenze).

Valore residuo

100.

Il valore residuo di un’attività immateriale con una vita utile definita deve essere assunto pari a zero, a meno che:

a)

vi sia un impegno da parte di terzi ad acquistare l’attività alla fine della sua vita utile; o

b)

vi sia un mercato attivo dell’attività e:

i)

il valore residuo può essere determinato facendo riferimento a tale mercato; e

ii)

è probabile che tale mercato esisterà alla fine della vita utile dell’attività.

101.

Il valore ammortizzabile di un’attività con una vita utile definita è calcolato al netto del valore residuo. Un valore residuo diverso da zero sottintende che l’entità si aspetta di cedere l’attività immateriale prima della fine della sua vita economica.

102.

Una stima del valore residuo di un’attività si basa sull’importo recuperabile dalla dismissione utilizzando i prezzi in vigore alla data della stima per la vendita di una attività simile che è giunta alla fine della sua vita utile e ha funzionato in condizioni simili a quelle in cui l’attività sarà utilizzata. Il valore residuo è rivisto almeno a ogni chiusura d’esercizio. Un cambiamento nel valore residuo dell’attività è contabilizzato come un cambiamento nella stima contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

103.

Il valore residuo di un’attività immateriale può aumentare sino a raggiungere un importo pari al, o maggiore del, valore contabile dell’attività. In tale circostanza, la quota di ammortamento dell’attività è pari a zero a meno che, e fino a che, il suo valore residuo successivamente diminuisce fino a un importo inferiore rispetto al valore contabile dell’attività.

Revisione del periodo e del metodo di ammortamento

104.

Il periodo e il metodo di ammortamento per un’attività immateriale con una vita utile definita devono essere rivisti almeno a ogni chiusura di esercizio. Se la vita utile attesa dell’attività si rivela differente rispetto alle stime precedentemente effettuate, il periodo di ammortamento deve essere conseguentemente modificato. Se vi è stato un significativo cambiamento nelle modalità di consumo dei benefici economici futuri attesi derivanti dall’attività, il metodo di ammortamento deve essere modificato al fine di poter riflettere il cambiamento avvenuto. Tali cambiamenti devono essere contabilizzati come cambiamenti nelle stime contabili secondo quanto previsto dallo IAS 8.

105.

Nel corso della vita di un’attività immateriale, potrebbe risultare che la stima della vita utile non sia appropriata. Per esempio, la rilevazione di una perdita per riduzione di valore può indicare che il periodo di ammortamento deve essere modificato.

106.

Nel tempo, l’andamento dei benefici economici futuri che si suppone affluiranno all’entità da un’attività immateriale può mutare. Per esempio, può divenire evidente che il metodo scalare decrescente sia più appropriato rispetto al metodo a quote costanti. Un altro esempio riguarda il caso in cui l’utilizzo dei diritti contenuti in una licenza sia differito in attesa dell’attuazione di altre fasi del piano aziendale. In questa circostanza, i benefici economici che affluiscono dall’attività possono essere ricevuti solo in esercizi successivi.

ATTIVITÀ IMMATERIALI CON VITA UTILE INDEFINITA

107.

Un’attività immateriale con una vita utile indefinita non deve essere ammortizzata.

108.

Secondo quanto previsto dallo IAS 36, un’entità deve verificare se un’attività immateriale con una vita utile indefinita ha subito una riduzione di valore confrontandone il valore recuperabile con il relativo valore contabile

a)

annualmente; e

b)

ogniqualvolta vi sia un’indicazione che l’attività immateriale possa avere subito una riduzione di valore.

Revisione della determinazione della vita utile

109.

La vita utile di un’attività immateriale che non è ammortizzata deve essere rivista ad ogni periodo di riferimento per determinare se i fatti e le circostanze continuano a supportare una determinazione di vita utile indefinita per tale attività. Se ciò non avviene, il cambiamento nella determinazione della vita utile da indefinita a definita deve essere contabilizzato come un cambiamento di stima contabile in conformità con lo IAS 8.

110.

Secondo quanto previsto dallo IAS 36, la rideterminazione della vita utile di un’attività immateriale come definita piuttosto che indefinita indica che l’attività può avere subito una riduzione di valore. Ne deriva che l’entità verifica l’attività per riduzione di valore confrontando il suo valore recuperabile, determinato secondo quanto previsto dallo IAS 36, con il suo valore contabile, e rilevando eventuali eccedenze del valore contabile rispetto al valore recuperabile come una perdita per riduzione di valore.

RECUPERABILITÀ DEL VALORE CONTABILE — PERDITE PER RIDUZIONE DI VALORE

111.

Per determinare se un’attività immateriale ha subito una riduzione di valore, l’entità applica lo IAS 36. Tale Principio spiega quando e come l’entità riesamina il valore contabile delle proprie attività, come determina il valore recuperabile di un’attività e quando rileva o storna una perdita per riduzione di valore.

CESSAZIONI E DISMISSIONI

112.

Un’attività immateriale deve essere stornata:

a)

alla dismissione; o

b)

quando nessun beneficio economico futuro è atteso per il suo utilizzo o dismissione.

113.

L’utile o la perdita derivante dallo storno di un’attività immateriale deve essere determinato come la differenza tra il ricavato netto della dismissione, qualora ve ne sia, e il valore contabile dell’attività. Esso deve essere rilevato nel conto economico quando l’attività è eliminata contabilmente (a meno che lo IAS 17 disponga diversamente per la vendita e la retrolocazione — «Sale and Leaseback»). Gli utili non devono essere classificati come ricavi.

114.

La dismissione di un’attività immateriale può verificarsi in una serie di modi (per esempio tramite vendita, la stipulazione di un contratto di leasing finanziario o con una donazione). Nel determinare la data della dismissione di una tale attività, un’entità applica i criteri contenuti nello IAS 18 Ricavi per la rilevazione dei ricavi derivanti dalla vendita dei beni. Lo IAS 17 si applica alla dismissione effettuata con un contratto di vendita e retrolocazione.

115.

Se secondo quanto previsto dal principio di rilevazione nel paragrafo 21 un’entità rileva nel valore contabile di un’attività il costo di sostituzione di una parte di un’attività immateriale, in tal caso storna il valore contabile della parte sostituita. Se per l’entità non è fattibile determinare il valore contabile della parte sostituita, può utilizzare il costo della sostituzione come indicazione del costo della parte sostituita al momento in cui è stata acquistata o generata internamente.

116.

Il corrispettivo da ricevere per la dismissione di un’attività immateriale è rilevato inizialmente al fair value (valore equo). Se il pagamento per l’attività immateriale viene differito, il corrispettivo ricevuto è rilevato inizialmente all’equivalente prezzo per contanti. La differenza tra il valore nominale del corrispettivo e l’equivalente prezzo per contanti è rilevato come interesse attivo secondo quanto previsto dallo IAS 18 che riflette l’effettivo rendimento originato dal credito.

117.

L’ammortamento di un’attività immateriale con una vita utile definita non cessa se l’attività immateriale non è più utilizzata, a meno che l’attività non sia stata completamente ammortizzata o classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) in conformità all’IFRS 5.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

Generale

118.

Un’entità, nel distinguere tra attività immateriali generate internamente e altre attività immateriali, deve evidenziare le seguenti informazioni per ciascuna classe di attività immateriali:

a)

se le vite utili sono indefinite o definite e, se definite, le vite utili o i tassi di ammortamento utilizzati;

b)

i metodi di ammortamento utilizzati per attività immateriali con vite utili definite;

c)

il valore contabile lordo e ogni ammortamento accumulato (insieme alle perdite per riduzione di valore accumulate) all’inizio e alla fine dell’esercizio;

d)

la voce (voci) di conto economico in cui è incluso ogni ammortamento delle attività immateriali;

e)

una riconciliazione del valore contabile all’inizio e alla fine dell’esercizio che mostri:

i)

gli incrementi, indicando separatamente quelli derivanti da sviluppo interno, quelli acquisiti separatamente, e quelli acquisiti tramite aggregazioni aziendali;

ii)

le attività classificate come possedute per la vendita o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, in conformità all’IFRS 5 e altre dismissioni;

iii)

gli incrementi o i decrementi dell’esercizio derivanti da rideterminazioni del valore secondo quanto previsto dai paragrafi 75, 85 e 86 e dalle eventuali perdite per riduzione di valore rilevate o eliminate contabilmente direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dallo IAS 36;

iv)

le perdite per riduzione di valore (qualora esistano) rilevate al conto economico nel corso dell’esercizio secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 36;

v)

le perdite per riduzione di valore stornate al conto economico nel corso dell’esercizio (qualora esistano) secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 36;

vi)

ogni ammortamento rilevato nel corso dell’esercizio;

vii)

le differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio nella moneta di presentazione, e dalla conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio; e

viii)

le altre variazioni del valore contabile avvenute nel corso dell’esercizio.

119.

Una classe di attività immateriali è un gruppo di attività di natura e utilizzo similare per l’attività dell’entità. Esempi di classi separate possono includere:

a)

marchi;

b)

testate giornalistiche e diritti di utilizzazione di titoli editoriali;

c)

software;

d)

licenze e diritti di franchising;

e)

diritti di autore, brevetti e altri diritti industriali, diritti di servizi e operativi;

f)

ricette, formule, modelli, progettazioni e prototipi; e

g)

attività immateriali in via di sviluppo.

Le classi sopra menzionate possono essere scomposte (aggregate) in classi più piccole (più grandi) se ciò comporta un grado di informazione più utile per gli utilizzatori del bilancio.

120.

L’entità evidenzia l’informativa sulle attività immateriali che hanno subito una riduzione di valore secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 36 in aggiunta alle informazioni richieste dal paragrafo 118, lettera e), punti da iii) a v).

121.

Lo IAS 8 richiede che l’entità indichi la natura e l’ammontare di una variazione in una stima contabile che abbia un effetto significativo nel periodo di riferimento o che si presume abbia un effetto significativo nei periodi successivi. Tale informativa può originare da cambiamenti avvenuti:

a)

nella valutazione della vita utile di un’attività immateriale;

b)

nel metodo di ammortamento; o

c)

nei valori residui.

122.

Un’entità deve inoltre indicare:

a)

per un’attività immateriale valutata come avente una vita utile indefinita, il valore contabile di tale attività e le ragioni a supporto della determinazione di una vita utile indefinita. Nel fornire queste motivazioni, l’entità deve descrivere il(i) fattore (fattori) che ha (hanno) svolto un ruolo significativo nel determinare che l’attività ha una vita utile indefinita;

b)

la descrizione, il valore contabile e il periodo di ammortamento rimanente di ogni attività immateriale che è significativa per il bilancio dell’entità;

c)

per le attività immateriali acquisite tramite contributo pubblico e inizialmente rilevate al fair value (valore equo) (cfr. paragrafo 44):

i)

il fair value inizialmente rilevato per queste attività;

ii)

il loro valore contabile; e

iii)

se sono valutate dopo la rilevazione secondo il modello del costo o il modello della rideterminazione del valore;

d)

l’esistenza e i valori contabili delle attività immateriali il cui diritto di utilizzo è vincolato e i valori contabili delle attività immateriali date in garanzia a fronte di passività;

e)

l’importo degli impegni contrattuali per l’acquisizione di attività immateriali.

123.

Nel descrivere il(i) fattore (fattori) che ha (hanno) svolto un ruolo significativo nel determinare che la vita utile di un’attività immateriale è indefinita, l’entità considera la lista di fattori contenuta nel paragrafo 90.

Attività immateriali valutate dopo la rilevazione utilizzando il modello della rideterminazione del valore

124.

Se le attività immateriali sono contabilizzate agli importi rideterminati, un’entità deve indicare quanto segue:

a)

per classe di attività immateriali:

i)

la data effettiva della rideterminazione del valore;

ii)

il valore contabile delle attività immateriali rivalutate; e

iii)

il valore contabile che sarebbe stato rilevato se la classe rideterminata di attività immateriali fosse stata valutata dopo la rilevazione utilizzando il modello del costo del paragrafo 74;

b)

l’importo dell’eccedenza di rivalutazione che fa riferimento alle attività immateriali all’inizio e alla fine dell’esercizio, indicando le variazioni avvenute nel corso dell’esercizio e qualsiasi limitazione relativa alla distribuzione agli azionisti; e

c)

i metodi e le assunzioni significative applicati nella stima del fair value (valore equo) delle attività.

125.

Può essere necessario aggregare le classi delle attività rivalutate in classi più ampie per finalità informative. Tuttavia, le classi non sono aggregate se ciò provoca una combinazione di una classe di attività immateriali che include gli importi valutati sia secondo il modello del costo, sia secondo il modello della rideterminazione del valore.

Spese di ricerca e sviluppo

126.

L’entità deve evidenziare gli importi complessivi delle spese di ricerca e sviluppo imputate a conto economico nel corso dell’esercizio.

127.

Le spese di ricerca e sviluppo comprendono tutte le spese che sono direttamente attribuibili alle attività di ricerca o sviluppo (cfr. paragrafi 66 e 67 per una guida sul tipo di spesa da includere ai fini dell’informativa richiesta nel paragrafo 126).

Informazioni aggiuntive

128.

L’entità è incoraggiata, ma non è tenuta, a presentare le seguenti informazioni:

a)

una descrizione di tutte le attività immateriali totalmente ammortizzate che sono ancora in uso; e

b)

una breve descrizione delle attività immateriali significative controllate dall’entità ma non rilevate come attività perché non soddisfacevano i criteri per la rilevazione del presente Principio o perché sono state acquisite o generate prima che la versione dello IAS 38 Attività immateriali emesso nel 1998 entrasse in vigore.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E DATA DI ENTRATA IN VIGORE

129.

Se un’entità sceglie, secondo quanto previsto dal paragrafo 85 dell’IFRS 3, di applicare l’IFRS 3 a partire da una data antecedente le date di entrata in vigore esposte nei paragrafi da 78 a 84 dell’IFRS 3, deve inoltre applicare il presente Principio prospetticamente da tale data. Quindi, l’entità non deve rettificare il valore contabile delle attività immateriali rilevate in tale data. Tuttavia, l’entità deve, in tale data, applicare il presente Principio per rivedere le vite utili delle attività immateriali rilevate. Se, come risultato di tale revisione, l’entità cambia la sua valutazione della vita utile di un’attività, tale cambiamento deve essere contabilizzato come cambiamento di stima contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8.

130.

Diversamente, un’entità deve applicare il presente Principio:

a)

alla contabilizzazione delle attività immateriali acquisite in aggregazioni aziendali la cui data di accordo è il 31 marzo 2004 o data successiva; e

b)

alla contabilizzazione di tutte le altre attività immateriali prospetticamente dall’inizio del primo esercizio che inizi il 31 marzo 2004 o in data successiva. Quindi, l’entità non deve rettificare il valore contabile delle attività immateriali rilevate in tale data. Tuttavia, l’entità deve, in tale data, applicare il presente Principio per rivedere le vite utili di tali attività immateriali. Se, come risultato di tale revisione, l’entità cambia la sua valutazione della vita utile di un’attività, tale cambiamento deve essere contabilizzato come cambiamento di stima contabile secondo quanto previsto dallo IAS 8.

130A

L’entità deve applicare le modifiche del paragrafo 2 agli esercizi a partire dal 1o gennaio 2006. Qualora un’entità applichi l’IFRS 6 a partire da un esercizio precedente, tali modifiche devono essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

Permuta di attività similari

131.

La disposizione dei paragrafi 129 e 130, lettera b), di applicare il presente Principio prospetticamente implica che, se uno scambio di attività era stato valutato prima della data di entrata in vigore del presente Principio sulla base del valore contabile dell’attività ceduta, l’entità non ridetermina il valore contabile dell’attività acquisita per riflettere il suo fair value (valore equo) alla data di acquisizione.

Applicazione anticipata

132.

Le entità a cui il paragrafo 130 si applica sono incoraggiate ad applicare le disposizioni del presente Principio prima delle date di entrata in vigore specificate nel paragrafo 130. Comunque, un’entità, se applica il presente Principio prima di tali date di entrata in vigore, deve anche applicare l’IFRS 3 e lo IAS 36 (rivisto nella sostanza nel 2004) allo stesso tempo.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 38 (PUBBLICATO NEL 1998)

133.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 38 Attività immateriali (pubblicato nel 1998).


(1)  Nel presente Principio, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 39

Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è stabilire i principi per rilevare e valutare le attività e passività finanziarie, e alcuni contratti per l’acquisto o la vendita di elementi non finanziari. Le disposizioni sull’esposizione di tali informazioni relative agli strumenti finanziari sono esposte nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio. Le disposizioni sull’illustrazione di tali informazioni relative agli strumenti finanziari sono esposte nell’IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato da tutte le entità a tutti i tipi di strumenti finanziari fatta eccezione per:

a)

quelle partecipazioni in controllate, collegate e joint venture che sono contabilizzate secondo le disposizioni dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato, IAS 28 Partecipazioni in società collegate o IAS 31 Partecipazioni in joint venture. Tuttavia, le entità devono applicare il presente Principio a una partecipazione in una controllata, collegata o joint venture che in conformità a quanto previsto dallo IAS 27, dallo IAS 28 o dallo IAS 31 è contabilizzata secondo il presente Principio. Le entità devono inoltre applicare il presente Principio ai derivati su un’interessenza in una controllata, collegata o joint venture a meno che il derivato soddisfi la definizione di strumento rappresentativo di capitale dell’entità di cui allo IAS 32;

b)

diritti e obbligazioni relativi a operazioni di leasing a cui lo IAS 17 Leasing si applica. Tuttavia:

i)

crediti impliciti nei contratti di leasing rilevati da un locatore sono soggetti all’eliminazione e agli accantonamenti per riduzione di valore del presente Principio (cfr. paragrafi da 15 a 37, 58, 59, da 63 a 65 e appendice A, paragrafi da AG36 ad AG52 e da AG84 ad AG93);

ii)

debiti derivanti da contratti di leasing finanziario rilevati da un locatario sono soggetti alle disposizioni sull’eliminazione contenute nel presente Principio (cfr. paragrafi da 39 a 42 e appendice A, paragrafi da AG57 ad AG63); e

iii)

derivati che sono incorporati in leasing sono soggetti alle disposizioni sui derivati incorporati contenute nel presente Principio (cfr. paragrafi da 10 a 13 e appendice A, paragrafi da AG27 ad AG33);

c)

i diritti e le obbligazioni dei datori di lavoro contenuti nei piani relativi ai benefici per i dipendenti, ai quali si applica lo IAS 19 Benefici per i dipendenti;

d)

strumenti finanziari emessi dall’entità che soddisfano la definizione di strumento rappresentativo di capitale contenuta nello IAS 32 (incluse le opzioni e warrant). Tuttavia, il possessore di tali strumenti rappresentativi di capitale deve applicare il presente Principio a tali strumenti, a meno che questi soddisfino l’eccezione in a) di cui sopra;

e)

diritti e obbligazioni che sorgono ai sensi di i) un contratto assicurativo secondo la definizione dell’IFRS 4 Contratti assicurativi, diversi dai diritti e obbligazioni di un emittente che sorgono da un contratto assicurativo che risponde alla definizione di contratto di garanzia finanziaria del paragrafo 9 o ai sensi di ii) un contratto che rientra nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4, in quanto contiene un elemento di partecipazione discrezionale. Tuttavia, il presente Principio si applica a un derivato incorporato in un contratto che rientra nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4 se il derivato non costituisce esso stesso un contratto rientrante nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4 (cfr. paragrafi da 10 a 13 e paragrafi da AG27 ad AG33 dell’appendice A del presente Principio). Inoltre, se un emittente di contratti di garanzia finanziaria ha precedentemente dichiarato espressamente di considerare tali contratti come contratti assicurativi e ha adottato criteri contabili applicabili a contratti assicurativi, l’emittente può scegliere di applicare il presente Principio o l’IFRS 4 a tali contratti di garanzia finanziaria (cfr. paragrafi AG4 e AG4A). L’emittente può effettuare tale scelta per ciascun singolo contratto, ma la scelta effettuata per ogni contratto è poi irrevocabile;

f)

i contratti a corrispettivo potenziale in un’aggregazione aziendale (cfr. l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali). Questa esenzione si applica soltanto all’acquirente;

g)

contratti stipulati tra un acquirente e un venditore in una aggregazione aziendale al fine di acquistare o vendere in una data futura un acquisito;

h)

impegni all’erogazione di finanziamenti diversi da quelli descritti nel paragrafo 4. Un emittente di impegni all’erogazione di finanziamenti deve applicare lo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali agli impegni all’erogazione di finanziamenti che non rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio. Tuttavia, tutti gli impegni all’erogazione di finanziamenti sono soggetti alle disposizioni sull’eliminazione del presente Principio (cfr. paragrafi da 15 a 42 e appendice A, paragrafi da AG36 ad AG63);

i)

strumenti finanziari, contratti e obbligazioni relativi a operazioni con pagamento basato su azioni ai quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni, a eccezione dei contratti rientranti nell’ambito applicativo dei paragrafi da 5 a 7 del presente Principio, ai quali si applica il presente Principio;

j)

i diritti dell’entità ad essere rimborsata per spese che deve sostenere per regolare una passività che rileva come un accantonamento o per la quale ha rilevato un accantonamento, in un periodo precedente, secondo quanto previsto dallo IAS 37.

3.

[Eliminato]

4.

I seguenti impegni all’erogazione di finanziamenti rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio:

a)

impegni all’erogazione di finanziamenti che l’entità designa come passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Un’entità che ha una consolidata prassi a vendere le attività che derivano dagli impegni all’erogazione di finanziamenti poco dopo l’erogazione, deve applicare il presente Principio a tutti gli impegni all’erogazione di finanziamenti della stessa categoria.

b)

impegni all’erogazione di finanziamenti che possono essere regolati al netto in disponibilità liquide ovvero consegnando o emettendo un altro strumento finanziario. Questi impegni all’erogazione di finanziamenti sono dei derivati. Un impegno all’erogazione di finanziamenti non è considerato estinto semplicemente perché il finanziamento è ripagato a rate (per esempio, un mutuo ipotecario edilizio che è erogato in rate con l’avanzamento della costruzione).

c)

impegni all’erogazione di un finanziamento a un tasso di interesse inferiore a quello di mercato. Il paragrafo 47, lettera d), specifica la valutazione successiva delle passività che sorgono da questi impegni all’erogazione di finanziamenti.

5.

Il presente Principio deve essere applicato a quei contratti per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario che possono essere regolati tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari, come se i contratti fossero strumenti finanziari, a eccezione dei contratti che sono stati sottoscritti e continuano a essere posseduti per l’incasso o la consegna di un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita, o uso previste dall’entità.

6.

Vi sono diversi modi in cui un contratto per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario può essere regolato tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari. Questi includono:

a)

quando i termini del contratto permettono a entrambe le parti di regolarlo tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari;

b)

quando la possibilità di estinguere tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari, non è esplicita nei termini del contratto, ma l’entità ha una prassi a estinguere contratti simili tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario, o scambiando strumenti finanziari (sia con una controparte, sottoscrivendo contratti che si compensano o vendendo il contratto prima dell’esercizio o decadenza del diritto);

c)

quando, per simili contratti, l’entità ha una prassi a consegnare il sottostante e a venderlo entro un breve periodo dopo la consegna al fine di generare un utile dalle fluttuazioni a breve termine del prezzo o dal margine di profitto dell’operatore; e

d)

quando un elemento non finanziario che è l’oggetto del contratto è prontamente convertibile in disponibilità liquide.

Un contratto a cui b) o c) sono applicabili, non sottoscritto al fine di ricevere o di consegnare un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita o uso previste dall’entità rientra, conseguentemente, nell’ambito di applicazione del presente Principio. Altri contratti a cui sia applicabile il paragrafo 5 sono valutati per determinare se siano stati sottoscritti e continuino ad essere posseduti per il ricevimento o la consegna di un elemento non finanziario secondo quanto previsto dalle esigenze di acquisto, vendita, o uso e conseguentemente, se rientrino nell’ambito di applicazione del presente Principio.

7.

Un’opzione emessa per acquistare o vendere un elemento non finanziario che può essere estinto tramite disponibilità liquide o altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari, secondo quanto previsto dal paragrafo 6, lettera a) o d), rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio. Tale contratto non può essere sottoscritto al fine di ricevere o di consegnare un elemento non finanziario secondo le esigenze di acquisto, vendita, o uso previste dall’entità.

DEFINIZIONI

8.

I termini definiti nello IAS 32 sono utilizzati nel presente Principio con i significati specificati nel paragrafo 11 dello IAS 32. Lo IAS 32 definisce i seguenti termini:

strumento finanziario,

attività finanziaria,

passività finanziaria,

strumento rappresentativo di capitale,

e fornisce indicazioni per l’applicazione di tali definizioni.

9.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Definizione di derivato

Un derivato è uno strumento finanziario o altro contratto che rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio (cfr. i paragrafi da 2 a 7) con le tre seguenti caratteristiche:

a)

il suo valore varia come conseguenza della variazione di un determinato tasso di interesse, prezzo di strumenti finanziari, prezzo di merci, tasso di cambio, indice di prezzo o di tasso, rating di credito o indice di credito o altra variabile, a condizione che, nel caso di una variabile non finanziaria, tale variabile non sia specifica di una delle controparti contrattuali (a volte chiamato il sottostante);

b)

non richiede un investimento netto iniziale o richiede un investimento netto iniziale che sia minore di quanto sarebbe richiesto per altri tipi di contratti da cui ci si aspetterebbe una risposta simile a cambiamenti di fattori di mercato; e

c)

è regolato a una data futura.

Definizioni delle quattro categorie di strumenti finanziari

Un’attività o una passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico è un’attività o una passività finanziaria che soddisfa una delle seguenti condizioni.

a)

È classificata come posseduta per negoziazione. Un’attività o una passività finanziaria è classificata come posseduta per negoziazione se è:

i)

acquisita o sostenuta principalmente al fine di venderla o riacquistarla a breve;

ii)

parte di un portafoglio di identificati strumenti finanziari che sono gestiti insieme per i quali esiste evidenza di una recente ed effettiva strategia rivolta all’ottenimento di un profitto nel breve periodo; o

iii)

un derivato (fatta eccezione per un derivato che sia un contratto di garanzia finanziaria o un designato ed efficace strumento di copertura);

b)

al momento della rilevazione iniziale viene designata dall’entità al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Una entità può utilizzare tale designazione soltanto nei casi consentiti dal paragrafo 11A o quando ciò consente di ottenere informazioni più significative perché:

i)

elimina o riduce significativamente una mancanza di uniformità nella valutazione o nella rilevazione (talvolta definita come «asimmetria contabile») che altrimenti risulterebbe dalla valutazione di attività o passività o dalla rilevazione dei relativi utili e perdite su basi diverse; o

ii)

un gruppo di attività finanziarie, di passività finanziarie o di entrambe è gestito e il suo rendimento è valutato in base al fair value (valore equo), secondo una strategia di gestione del rischio o d’investimento documentata, e le informazioni relative al gruppo siano fornite internamente su tali basi ai dirigenti con responsabilità strategiche [secondo la definizione dello IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate (rivisto nella sostanza nel 2003)], ad esempio il consiglio di amministrazione o l’amministratore delegato di una entità.

Nell’IFRS 7, i paragrafi da 9 a 11 e B4 stabiliscono che l’entità deve fornire informazioni integrative in merito alle attività e alle passività finanziarie designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, compreso il modo in cui essa ha soddisfatto tali condizioni. Per quanto riguarda gli strumenti che possiedono i requisiti di cui al punto ii) sopra, tali informazioni integrative comprendono una descrizione generale di come la designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico sia coerente con la strategia di gestione del rischio o d’investimento documentata dell’entità.

Gli investimenti in strumenti rappresentativi di capitale che non hanno un prezzo quotato su un mercato attivo e il cui fair value (valore equo) non può essere valutato in modo attendibile [cfr. paragrafo 46, lettera c), e i paragrafi AG80 e AG81 dell’appendice A] non devono essere designati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

Si evidenzia che i paragrafi 48, 48A, 49 e i paragrafi da AG69 a AG82 dell’appendice A, che prevedono le disposizioni per una valutazione attendibile del fair value (valore equo) di una attività o di una passività finanziaria, si applicano ugualmente a tutti gli elementi valutati al fair value (valore equo), sia per designazione che diversamente, o il cui fair value (valore equo) è indicato.

Investimenti posseduti sino alla scadenza sono attività finanziarie non derivate con pagamenti fissi o determinabili e scadenza fissa che un’entità ha oggettiva intenzione e capacità di possedere sino alla scadenza (cfr. appendice A, paragrafi da AG16 a AG25) a eccezione di quelli:

a)

che l’entità designa al momento della rilevazione iniziale al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

b)

che l’entità designa come disponibili per la vendita; e

c)

che soddisfano la definizione di finanziamenti e crediti.

Un’entità non deve classificare alcuna attività finanziaria come posseduta sino alla scadenza se ha, nel corso dell’esercizio corrente o dei due precedenti, venduto o riclassificato un importo non irrilevante di investimenti posseduti sino alla scadenza prima della loro scadenza (non irrilevante in relazione al portafoglio complessivo posseduto sino alla scadenza), salvo le vendite o riclassificazioni che:

i)

siano così prossime alla scadenza o alla data dell’opzione dell’attività finanziaria (per esempio, meno di tre mesi prima della scadenza) che le oscillazioni del tasso di interesse del mercato non avrebbero un effetto significativo sul fair value (valore equo) dell’attività finanziaria;

ii)

si verifichino dopo che l’entità ha incassato sostanzialmente tutto il capitale originario dell’attività finanziaria attraverso pagamenti ordinari programmati o anticipati; o

iii)

siano attribuibili a un evento isolato non sotto il controllo dell’entità, che non sia ricorrente e non potrebbe essere ragionevolmente previsto dall’entità.

Finanziamenti e crediti sono attività finanziarie non derivate con pagamenti fissi o determinabili che non sono quotati in un mercato attivo ad eccezione di:

a)

quelli che l’entità intende vendere immediatamente o a breve, che devono essere classificati come posseduti per negoziazione, e quelli che l’entità al momento della rilevazione iniziale designa al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

b)

quelli che l’entità al momento della rilevazione iniziale designa come disponibili per la vendita; o

c)

quelli per cui il possessore può non recuperare sostanzialmente tutto l’investimento iniziale, non a causa del deterioramento del credito, che devono essere classificati come disponibili per la vendita.

Un’interessenza acquisita in un complesso di attività che non sono finanziamenti o crediti (per esempio, un’interessenza in un fondo comune o in un fondo simile) non è un finanziamento o un credito.

Attività finanziarie disponibili per la vendita sono quelle attività finanziarie non derivate che sono designate come disponibili per la vendita o non sono classificate come a) finanziamenti e crediti, b) investimenti posseduti sino alla scadenza o c) attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

Definizione di contratto di garanzia finanziaria

Un contratto di garanzia finanziaria è un contratto che prevede che l’emittente effettui dei pagamenti prestabiliti al fine di risarcire l’assicurato di una perdita subita per inadempienza di un determinato debitore al pagamento dovuto alla scadenza prevista sulla base delle clausole contrattuali originali o modificate di uno strumento di debito.

Definizioni relative alla rilevazione e alla valutazione

Il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui è stata misurata al momento della rilevazione iniziale l’attività o la passività finanziaria al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento complessivo utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza, e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità.

Il criterio dell’interesse effettivo è un metodo di calcolo del costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria (o gruppo di attività o passività finanziarie) e di ripartizione degli interessi attivi o passivi lungo il relativo periodo. Il tasso di interesse effettivo è il tasso che attualizza esattamente i pagamenti o incassi futuri stimati lungo la vita attesa dello strumento finanziario o, ove opportuno, un periodo più breve al valore contabile netto dell’attività o passività finanziaria. Quando si calcola il tasso di interesse effettivo, un’entità deve valutare i flussi finanziari tenendo in considerazione tutti i termini contrattuali dello strumento finanziario (per esempio, il pagamento anticipato, un’opzione call e simili), ma non deve considerare perdite future su crediti. Il calcolo include tutti gli oneri e punti base pagati o ricevuti tra le parti di un contratto che sono parte integrante del tasso di interesse effettivo (cfr. IAS 18 Ricavi), i costi di transazione e tutti gli altri premi o sconti. Si presume che i flussi finanziari e la vita attesa di un gruppo di strumenti finanziari similari possano essere valutati in modo attendibile. Tuttavia, in quei rari casi in cui non è possibile determinare in modo attendibile i flussi finanziari o la vita attesa di uno strumento finanziario (o gruppo di strumenti finanziari), l’entità deve utilizzare i flussi finanziari contrattuali per tutta la durata del contratto dello strumento finanziario (o gruppo di strumenti finanziari).

Eliminazione contabile è la cancellazione dallo stato patrimoniale di un’entità di un’attività o passività finanziaria rilevata precedentemente.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili. (1)

Un acquisto o una vendita standardizzato (regular way) consiste in un acquisto o in una vendita di un’attività finanziaria secondo un contratto i cui termini richiedono la consegna dell’attività entro un arco di tempo stabilito generalmente dal regolamento o convenzioni del mercato interessato.

I costi di transazione sono i costi marginali direttamente attribuibili all’acquisizione, all’emissione o alla dismissione di un’attività o di una passività finanziaria (cfr. appendice A, paragrafo AG13). Un costo marginale è un costo che non sarebbe stato sostenuto se l’entità non avesse acquisito, emesso o dismesso lo strumento finanziario.

Definizioni relative alla contabilizzazione delle operazioni di copertura

Un impegno irrevocabile è un accordo vincolante per lo scambio di una quantità prestabilita di risorse ad un prestabilito prezzo ad una data o a date future prestabilite.

Una operazione programmata è una anticipata operazione futura per la quale non vi è un impegno.

Uno strumento di copertura è un derivato designato o (limitatamente ad una operazione di copertura del rischio di variazioni nei tassi di cambio di una valuta estera) una designata attività o passività finanziaria non derivata il cui fair value (valore equo) o flussi finanziari ci si aspetta compensino le variazioni nel fair value (valore equo) o nei flussi finanziari di un designato elemento coperto (paragrafi da 72a 77 e appendice A, paragrafi da AG94 a AG97 sviluppano la definizione di uno strumento di copertura).

Un elemento coperto è un’attività, una passività, un impegno irrevocabile, un’operazione programmata altamente probabile o un investimento netto in una gestione estera che a) espone l’entità al rischio di variazioni nel fair value (valore equo) o nei flussi finanziari futuri e b) è designato come coperto (paragrafi da 78 a 84 e appendice A, paragrafi da AG98 ad AG101 sviluppano la definizione di elementi coperti).

L’efficacia della copertura è il livello a cui le variazioni nel fair value (valore equo) o nei flussi finanziari dell’elemento coperto che sono attribuibili a un rischio coperto sono compensate dalle variazioni nel fair value (valore equo) o nei flussi finanziari dello strumento di copertura (cfr. appendice A paragrafi da AG105 a AG113).

DERIVATI INCORPORATI

10.

Un derivato incorporato è una componente di uno strumento ibrido (combinato) che include anche un contratto primario non-derivato — con l’effetto che alcuni dei flussi finanziari dello strumento combinato variano in maniera similare a quelli del derivato preso a sé stante. Un derivato incorporato determina una modifica di alcuni o tutti i flussi finanziari che altrimenti il contratto avrebbe richiesto, con riferimento a un prestabilito tasso di interesse, a un prezzo di uno strumento finanziario, a un prezzo di una merce, a un tasso di cambio di una valuta estera, a un indice di prezzi o di tassi, al merito di credito (rating) o indice di credito o ad altra variabile, a condizione che, nel caso di una variabile non finanziaria, tale variabile non sia specifica di una delle parti contrattuali. Un derivato che sia associato a uno strumento finanziario, ma sia contrattualmente trasferibile indipendentemente da quello strumento, o abbia una controparte diversa da quello strumento, non è un derivato incorporato, ma uno strumento finanziario separato.

11.

Un derivato incorporato deve essere separato dal contratto primario e contabilizzato come un derivato secondo il presente Principio se, e soltanto se:

a)

le caratteristiche economiche e i rischi del derivato incorporato non sono strettamente correlati alle caratteristiche economiche e ai rischi del contratto primario (cfr. appendice A, paragrafi AG30 e AG33);

b)

uno strumento separato con le stesse condizioni del derivato incorporato soddisferebbe la definizione di derivato; e

c)

lo strumento ibrido (combinato) non è valutato al fair value (valore equo) con le variazioni del fair value (valore equo) rilevate nel conto economico (ossia un derivato che sia incorporato in una attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico non è separabile).

Se un derivato incorporato è separato, il contratto primario deve essere contabilizzato secondo le disposizioni del presente Principio se questo è uno strumento finanziario e in conformità agli altri Principi se non è uno strumento finanziario. Il presente Principio non disciplina se un derivato incorporato deve essere presentato separatamente in bilancio.

11A

Nonostante le indicazioni del paragrafo 11, se un contratto contiene uno o più derivati incorporati, una entità può designare l’intero contratto ibrido (combinato) come una attività o una passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico a meno che:

a)

il(i) derivato(i) incorporato(i) non modifica(no) significativamente i flussi finanziari che altrimenti sarebbero richiesti dal contratto; o

b)

sia chiaro, con poca o nessuna analisi, al momento della prima valutazione di uno strumento ibrido similare (combinato), che la separazione del(i) derivato(i) incorporato(i) non è consentita, come nel caso di una opzione di rimborso anticipato su un finanziamento che consente al prenditore di rimborsare anticipatamente il finanziamento per un valore pari approssimativamente al costo ammortizzato.

12.

Se un’entità è obbligata dal presente Principio a scindere un derivato incorporato dal suo contratto primario ma non è in grado di valutare distintamente il derivato incorporato all’acquisizione o a una data di bilancio successiva, deve designare l’intero contratto ibrido (combinato) al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

13.

Se un’entità non è in grado di determinare in modo attendibile il fair value (valore equo) di un derivato incorporato sulla base dei suoi termini e condizioni (per esempio, perché il derivato incorporato si basa su uno strumento rappresentativo di capitale non quotato), il fair value (valore equo) del derivato incorporato è la differenza tra il fair value (valore equo) dello strumento ibrido (combinato) e il fair value (valore equo) del contratto primario, se questi possono essere determinati secondo quanto previsto dal presente Principio. Se l’entità non è in grado di determinare il fair value (valore equo) del derivato incorporato utilizzando questo metodo, si applica il paragrafo 12 e lo strumento ibrido (combinato) è designato al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

RILEVAZIONE ED ELIMINAZIONE CONTABILE

Rilevazione iniziale

14.

Un’entità deve rilevare nel proprio stato patrimoniale un’attività o una passività finanziaria quando, e solo quando, l’entità diviene parte nelle clausole contrattuali dello strumento. (Cfr. paragrafo 38 con riferimento agli acquisti standardizzati di attività finanziarie).

Eliminazione contabile di un’attività finanziaria

15.

Nei bilanci consolidati, i paragrafi da 16 a 23 e l’appendice A, paragrafi da AG34 a AG52 sono applicati a livello consolidato. Quindi, un’entità prima consolida tutte le controllate in base a quanto disposto dallo IAS 27 e dalla SIC-12 Consolidamento — Società a destinazione specifica e poi applica i paragrafi da 16 a 23 e l’appendice A, paragrafi da AG34 ad AG52 al gruppo che ne deriva.

16.

Prima di valutare se, e in quale misura, l’eliminazione è appropriata secondo i paragrafi da 17 a 23, un’entità determina se quei paragrafi dovrebbero essere applicati a una parte dell’attività finanziaria (o una parte di un gruppo di attività finanziarie similari) o un’attività finanziaria (o un gruppo di attività finanziarie similari) nella sua totalità, come segue.

a)

I paragrafi da 17 a 23 sono applicati a una parte di un’attività finanziaria (o una parte di un gruppo di attività finanziarie similari) se, e soltanto se, la parte presa in considerazione per l’eliminazione soddisfa una delle seguenti tre condizioni:

i)

la parte comprende soltanto flussi finanziari identificati specificamente da attività finanziarie (o da un gruppo di attività finanziarie similari). Per esempio, quando un’entità sottoscrive uno strip su tasso di interesse per mezzo del quale la controparte ottiene il diritto ai flussi finanziari relativi agli interessi, ma non ai flussi finanziari relativi al capitale da uno strumento di debito, i paragrafi da 17 a 23 sono applicati ai flussi finanziari relativi all’interesse;

ii)

la parte comprende soltanto una quota interamente proporzionale (pro rata) dei flussi finanziari da un’attività finanziaria (o da un gruppo di attività finanziarie similari). Per esempio, quando un’entità sottoscrive un accordo tramite il quale la controparte ottiene i diritti di una quota del 90 per cento di tutti i flussi finanziari di uno strumento di debito, si applicano i paragrafi da 17 a 23 al 90 per cento di tali flussi finanziari. Se esiste più di una controparte, ogni controparte non è tenuta a ricevere una quota proporzionale dei flussi finanziari a patto che l’entità cedente disponga di una quota interamente proporzionale;

iii)

la parte comprende soltanto una quota interamente proporzionale dei flussi finanziari identificati specificamente da un’attività finanziaria (o da un gruppo di attività finanziarie similari). Per esempio, quando un’entità sottoscrive un accordo tramite il quale la controparte ottiene i diritti di una quota del 90 per cento dei flussi finanziari relativi a interessi da un’attività finanziaria, si applicano i paragrafi da 17 a 23 al 90 per cento di tali flussi finanziari relativi a interessi. Se esiste più di una controparte, ogni controparte non è tenuta a ricevere una quota proporzionale dei flussi finanziari identificati specificamente a patto che l’entità trasferente disponga di una quota interamente proporzionale.

b)

In tutti gli altri casi, i paragrafi da 17 a 23 sono applicati interamente alle attività finanziarie (o interamente al gruppo di attività finanziarie similari). Per esempio quando un’entità trasferisce i) i diritti al primo o all’ultimo 90 per cento dell’incasso di disponibilità liquide da un’attività finanziaria (o da un gruppo di attività finanziarie), o ii) i diritti al 90 per cento dei flussi finanziari da un gruppo di crediti, ma prevede una garanzia per compensare l’acquirente per qualsiasi perdita di realizzo del credito fino all’8 per cento dell’importo capitale del credito, i paragrafi da 17 a 23 sono applicati interamente all’attività finanziaria (o a un gruppo di attività finanziarie similari).

Nei paragrafi da 17 a 26, il termine «attività finanziaria» fa riferimento o a una parte di un’attività finanziaria, (o a una parte di un gruppo di attività finanziarie similari) come identificato in a) sopra, ovvero, diversamente, a un’attività finanziaria (o a un gruppo di attività finanziarie similari) nella sua interezza.

17.

Un’entità deve eliminare un’attività finanziaria quando, e soltanto quando:

a)

i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dalle attività finanziarie scadono; o

b)

l’entità trasferisce l’attività finanziaria come illustrato nei paragrafi 18 e 19 e il trasferimento si qualifica per l’eliminazione secondo quanto previsto dal paragrafo 20.

(Cfr. paragrafo 38 per vendite standardizzate di attività finanziarie.)

18.

Un’entità trasferisce un’attività finanziaria, se e soltanto se:

a)

trasferisce i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria; o

b)

mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria, ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare i flussi finanziari a uno o più beneficiari in un accordo che soddisfa le condizioni nel paragrafo 19.

19.

Quando un’entità mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari di un’attività finanziaria (la «attività originale»), ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare quei flussi finanziari a una o più entità (i «beneficiari finali»), l’entità tratta la transazione come un trasferimento di un’attività finanziaria se, e soltanto se, tutte le tre condizioni seguenti sono soddisfatte.

a)

l’entità non ha un’obbligazione a corrispondere importi ai beneficiari finali a meno che non incassi importi equivalenti dall’attività originale. Le anticipazioni a breve termine da parte dell’entità con il diritto al recupero totale dell’importo prestato più gli interessi rilevati secondo i tassi di mercato non violano questa condizione;

b)

le condizioni del contratto di trasferimento impediscono all’entità di vendere o di impegnare le attività originali salvo quando queste sono a garanzia dell’obbligazione a corrispondere flussi finanziari ai beneficiari finali;

c)

l’entità ha una obbligazione a trasferire qualsiasi flusso finanziario che incassa per conto dei beneficiari finali senza un ritardo rilevante. Inoltre, l’entità non ha diritto a reinvestire tali flussi finanziari, se non per investimenti in disponibilità liquide o mezzi equivalenti (come definito nello IAS 7 Rendiconto finanziario) durante il breve periodo di regolamento dalla data di incasso alla data del dovuto pagamento ai beneficiari finali, e gli interessi attivi su tali investimenti vengono passati ai beneficiari finali.

20.

Quando un’entità trasferisce un’attività finanziaria (cfr. paragrafo 18), deve valutare la misura in cui essa mantiene i rischi e i benefici della proprietà dell’attività finanziaria. In questo caso:

a)

se l’entità trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria, l’entità deve eliminare l’attività finanziaria e rilevare separatamente come attività o passività qualsiasi diritto e obbligazione originati o mantenuti con il trasferimento.

b)

se l’entità mantiene sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività finanziaria, l’entità deve continuare a rilevare l’attività finanziaria.

c)

se l’entità non trasferisce né mantiene sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria, l’entità deve determinare se ha mantenuto il controllo dell’attività finanziaria. In questo caso:

i)

se l’entità non ha mantenuto il controllo, deve eliminare l’attività finanziaria e rilevare separatamente come attività o passività qualsiasi diritto e obbligazione originati o mantenuti nel trasferimento;

ii)

se l’entità ha mantenuto il controllo, deve continuare a rilevare l’attività finanziaria nella misura del coinvolgimento residuo nell’attività finanziaria (cfr. paragrafo 30).

21.

Il trasferimento dei rischi e dei benefici (cfr. paragrafo 20) è valutato confrontando l’esposizione dell’entità, prima e dopo il trasferimento, con la variabilità negli importi e nella tempistica dei flussi finanziari netti dell’attività trasferita. Un’entità ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà di un’attività finanziaria se la sua esposizione alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti dell’attività finanziaria non cambia in modo significativo come risultato del trasferimento (per esempio perché l’entità ha venduto un’attività finanziaria soggetta a un accordo di riacquisto a un determinato prezzo o al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore). Un’entità ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà di un’attività finanziaria se la sua esposizione a tale variabilità non è più significativa in relazione alla variabilità totale nel valore attuale dei futuri flussi finanziari netti associati all’attività finanziaria (per esempio perché l’entità ha venduto un’attività finanziaria soggetta solo a un’opzione di riacquisto al suo fair value (valore equo) al momento del riacquisto o ha trasferito una quota interamente proporzionale dei flussi finanziari da una più ampia attività finanziaria in un accordo quale una subpartecipazione a un finanziamento che soddisfa le condizioni del paragrafo 19).

22.

Spesso sarà ovvio se l’entità ha trasferito o mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà e non ci sarà alcun bisogno di svolgere qualsiasi calcolo. In altri casi, sarà necessario calcolare e confrontare l’esposizione dell’entità alla variabilità nel valore attuale dei futuri flussi finanziari netti prima e dopo il trasferimento. Il calcolo e il confronto vengono svolti utilizzando come tasso di attualizzazione un adeguato tasso di interesse corrente di mercato. Viene presa in considerazione qualsiasi variabilità ragionevolmente possibile nei flussi finanziari netti dando maggior peso a quei risultati che è più probabile che si verifichino.

23.

La circostanza che l’entità abbia mantenuto il controllo [cfr. paragrafo 20, lettera c)] dell’attività trasferita dipende dall’abilità del cessionario di vendere l’attività. Se il cessionario è in grado di vendere l’attività nella sua totalità a una terza parte non correlata ed è in grado di esercitare tale capacità unilateralmente e senza il bisogno di imporre ulteriori restrizioni sul trasferimento, l’entità non ha mantenuto il controllo. In tutti gli altri casi, l’entità ha mantenuto il controllo.

Trasferimenti che si qualificano per l’eliminazione contabile [cfr. paragrafo 20, lettera a) e lettera c), punto i)]

24.

Se un’entità trasferisce un’attività finanziaria in un trasferimento che soddisfa le condizioni per l’eliminazione nella sua totalità e mantiene il diritto a rendere servizi all’attività finanziaria in cambio di un compenso, essa deve rilevare o un’attività o una passività originata dal servizio per quel contratto di servizio. Se si ritiene che il compenso che deve essere ricevuto non compenserà l’entità in modo adeguato per lo svolgimento del servizio, una passività originata dall’obbligazione del servizio deve essere rilevata al suo fair value (valore equo). Se si ritiene che il compenso che deve essere ricevuto costituisca una retribuzione adeguata per il servizio, un’attività originata dal servizio deve essere rilevata per il diritto di servizio a un importo determinato sulla base di una ripartizione del valore contabile della più ampia attività finanziaria secondo quanto previsto dal paragrafo 27.

25.

Se, come risultato di un trasferimento, un’attività finanziaria è eliminata nella sua totalità, ma ne consegue che l’entità ottiene una nuova attività finanziaria o assume una nuova passività finanziaria, o una passività originata dal servizio, l’entità deve rilevare la nuova attività finanziaria, passività finanziaria o passività originata dal servizio al fair value (valore equo).

26.

Al momento dell’eliminazione di un’attività finanziaria nella sua totalità, la differenza tra:

a)

il valore contabile; e

b)

la somma di i) il corrispettivo ricevuto (inclusa qualsiasi nuova attività ottenuta meno qualsiasi nuova passività assunta) e ii) qualsiasi utile o perdita complessivo che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto [cfr. paragrafo 55, lettera b)]

deve essere rilevata nel conto economico.

27.

Se l’attività trasferita è parte di una più ampia attività finanziaria [per esempio quando un’entità trasferisce i flussi finanziari relativi agli interessi che sono parte di uno strumento di debito, cfr. paragrafo 16, lettera a)] e la parte trasferita soddisfa interamente le condizioni per l’eliminazione, il valore contabile precedente della più ampia attività finanziaria deve essere ripartito tra la parte che continua ad essere rilevata e la parte che è eliminata, sulla base dei relativi fair value (valori equi) di quelle parti alla data del trasferimento. A questo fine, un’attività di servizio mantenuta deve essere trattata come una parte che continua ad essere rilevata. La differenza tra:

a)

il valore contabile attribuito alla parte eliminata; e

b)

la somma di i) il corrispettivo ricevuto per la parte eliminata (inclusa qualsiasi nuova attività ottenuta meno qualsiasi nuova passività assunta) e ii) qualsiasi utile o perdita complessivo attribuito ad essa che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto [cfr. paragrafo 55, lettera b)]

deve essere rilevata nel conto economico. Un utile o perdita complessivo che è stato rilevato nel patrimonio netto è ripartito tra la parte che continua ad essere rilevata e la parte che è eliminata, in base ai relativi fair value (valore equo).

28.

Quando un’entità ripartisce il valore contabile precedente di una più ampia attività finanziaria tra la parte che continua ad essere rilevata e la parte che è eliminata, è necessario determinare il fair value (valore equo) della parte che continua ad essere rilevata. Quando un’entità ha una storia di vendite di parti similari alla parte che continua ad essere rilevata o esistono altre transazioni di mercato per tali parti, i prezzi recenti di effettive operazioni forniscono la stima migliore del suo fair value (valore equo). Quando non sussistono prezzi quotati o transazioni di mercato recenti a sostegno del fair value (valore equo) della parte che continua ad essere rilevata, la migliore stima del fair value (valore equo) è la differenza tra il fair value (valore equo) della più ampia attività finanziaria nel suo complesso e il corrispettivo ricevuto dal cessionario per la parte eliminata.

Trasferimenti che non si qualificano per l’eliminazione contabile [cfr. paragrafo 20, lettera b)]

29.

Se un trasferimento non comporta un’eliminazione perché l’entità ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività trasferita, l’entità deve continuare a riconoscere l’attività trasferita nella sua totalità e deve riconoscere una passività finanziaria per il corrispettivo ricevuto. Negli esercizi successivi, l’entità deve rilevare qualsiasi provento dell’attività trasferita e qualsiasi onere sostenuto con la passività finanziaria.

Coinvolgimento residuo nelle attività trasferite [cfr. paragrafo 20, lettera c), punto ii)]

30.

Se un’entità non trasferisce né mantiene sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà di un’attività trasferita, e mantiene il controllo dell’attività trasferita, l’entità continua a rilevare l’attività trasferita nella misura del coinvolgimento residuo. La misura del coinvolgimento residuo dell’entità nell’attività trasferita corrisponde alla misura a cui essa si espone alle variazioni del valore dell’attività trasferita. Per esempio:

a)

quando il coinvolgimento residuo dell’entità è una garanzia sull’attività trasferita, la misura del coinvolgimento residuo dell’entità è il minore tra i) l’importo dell’attività e ii) l’importo massimo del corrispettivo ricevuto che l’entità potrebbe dover ripagare («l’importo della garanzia»);

b)

quando il coinvolgimento residuo è un’opzione venduta o acquistata (o entrambe) sull’attività trasferita, la misura del coinvolgimento residuo dell’entità è l’importo dell’attività trasferita che l’entità può riacquistare. Tuttavia, in caso di un’opzione put emessa su un’attività che è valutata al fair value (valore equo), la misura del coinvolgimento residuo dell’entità è limitata al minore tra il fair value (valore equo) dell’attività trasferita e il prezzo di esercizio dell’opzione (cfr. paragrafo AG48);

c)

quando il coinvolgimento residuo dell’entità è un’opzione regolata in disponibilità liquide o termini simili sull’attività trasferita, la misura del coinvolgimento residuo dell’entità viene valutata nello stesso modo di quello che risulta da opzioni non regolate in disponibilità liquide come illustrato al punto b) sopra.

31.

Quando un’entità continua a rilevare un’attività nella misura del suo coinvolgimento residuo, l’entità rileva anche una passività associata. Nonostante le altre disposizioni di valutazione contenute nel presente Principio, l’attività trasferita e la passività associata sono valutate su una base che riflette i diritti e le obbligazioni che l’entità ha mantenuto. La passività associata è valutata in modo tale che il valore contabile netto dell’attività trasferita e della passività associata è:

a)

il costo ammortizzato dei diritti e delle obbligazioni mantenuti dall’entità, se l’attività trasferita è valutata al costo ammortizzato; o

b)

pari al fair value (valore equo) dei diritti e delle obbligazioni mantenuti dall’entità valutati su base autonoma, se l’attività trasferita è valutata al fair value (valore equo).

32.

L’entità deve continuare a rilevare qualsiasi provento derivante dall’attività trasferita nella misura del coinvolgimento residuo e deve rilevare qualsiasi onere sostenuto con la passività associata.

33.

Al fine della valutazione successiva, le variazioni rilevate nel fair value (valore equo) dell’attività trasferita e della associata passività sono contabilizzate coerentemente l’una con l’altra secondo quanto previsto dal paragrafo 55, e non devono essere compensate.

34.

Se il coinvolgimento residuo di un’entità interessa soltanto una parte di un’attività finanziaria (per esempio quando un’entità mantiene un’opzione di riacquisto di parte di un’attività trasferita, o mantiene un’interessenza residua che non comporta sostanzialmente il mantenimento di tutti i rischi e i benefici della proprietà e l’entità mantiene il controllo), l’entità ripartisce il precedente valore contabile dell’attività finanziaria tra la parte che essa continua a rilevare a seguito del coinvolgimento residuo, e la parte che non rileva più sulla base dei fair value (valore equo) relativi alla data del trasferimento. A questo fine, si applicano le disposizioni del paragrafo 28. La differenza tra:

a)

il valore contabile attribuito alla parte che non è più rilevata; e

b)

la somma di i) il corrispettivo ricevuto per la parte che non è più rilevata e ii) qualsiasi utile o perdita complessivo attribuito a essa che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto [cfr. paragrafo 55, lettera b)]

deve essere rilevata nel conto economico. Un utile o perdita complessivo che è stato rilevato nel patrimonio netto è ripartito tra la parte che continua a essere rilevata e la parte che non è più rilevata, in base ai relativi fair value (valore equo).

35.

Se l’attività trasferita è valutata al costo ammortizzato, l’opzione prevista nel presente Principio di designare una passività finanziaria come al fair value (valore equo) rilevato a conto economico non è applicabile alla passività associata.

Tutti i trasferimenti

36.

Se un’attività trasferita continua a essere rilevata, l’attività e la passività associate non devono essere compensate. Analogamente, l’entità non deve compensare qualsiasi provento derivante dall’attività trasferita con qualsiasi onere sostenuto con la passività associata (cfr. IAS 32, paragrafo 42).

37.

Se un cedente fornisce una garanzia non in disponibilità liquide (quali strumenti di debito o rappresentativi di capitale) al cessionario, la contabilizzazione della garanzia da parte del cedente e del cessionario dipende dal fatto se il cessionario ha il diritto di vendere o impegnare a sua volta la garanzia e se il cedente è inadempiente). Il cedente e il cessionario devono contabilizzare la garanzia come segue:

a)

se il cessionario ha il diritto per contratto o per consuetudine di vendere o impegnare nuovamente la garanzia, allora il cedente deve riclassificare tale attività nel suo stato patrimoniale separatamente da altre attività (per esempio come un’attività data in prestito, strumenti rappresentativi di capitali dati in pegno o credito riacquistato);

b)

se il cessionario vende la garanzia ricevuta in pegno, questo deve rilevare il corrispettivo di vendita e una passività misurata al fair value (valore equo) per la sua obbligazione a restituire la garanzia;

c)

se il cedente non adempie i termini del contratto e non ha più diritto a riscattare la garanzia, questo deve eliminare la garanzia e il cessionario deve rilevare la garanzia come una sua attività misurata inizialmente al fair value (valore equo) o, se ha già venduto la garanzia, eliminare la propria obbligazione a restituire la garanzia;

d)

a eccezione di quanto disposto in c), il cedente deve continuare a riportare la garanzia come una sua attività, e il cessionario non deve rilevare la garanzia come un’attività.

Acquisto o vendita standardizzato di un’attività finanziaria

38.

Un acquisto o una vendita standardizzato di attività finanziarie deve essere rilevato ed eliminato, come applicabile, alla data di negoziazione o alla data di regolamento (cfr. appendice A, paragrafi da AG53 a AG56).

Eliminazione contabile di una passività finanziaria

39.

L’entità deve eliminare una passività finanziaria (o una parte di una passività finanziaria) dal proprio stato patrimoniale quando, e solo quando, questa viene estinta — ovverosia, quando l’obbligazione specificata nel contratto è adempiuta o cancellata oppure scaduta.

40.

Uno scambio tra colui che acquista e colui che cede in prestito strumenti di debito con termini contrattuali sostanzialmente diversi, deve essere contabilizzato come un’estinzione della passività finanziaria originaria e la rilevazione di una nuova passività finanziaria. Analogamente una variazione sostanziale dei termini di una passività finanziaria esistente o di una parte di essa (sia se o non attribuibile alla difficoltà finanziaria del debitore) deve essere contabilizzata come un’estinzione della originaria passività finanziaria e la rilevazione di una nuova passività finanziaria.

41.

La differenza tra il valore contabile di una passività finanziaria (o parte di una passività finanziaria) estinta o trasferita ad un’altra parte e il corrispettivo pagato, inclusa qualsiasi attività non monetaria trasferita o passività non monetaria assunta, deve essere rilevata nel conto economico.

42.

Se un’entità riacquista una parte di una passività finanziaria, l’entità deve suddividere il precedente valore contabile della passività finanziaria tra la parte che continua ad essere rilevata e la parte che è eliminata in base ai relativi fair value (valore equo) alla data del riacquisto. La differenza tra a) il valore contabile attribuito alla parte stornata e b) il corrispettivo pagato, inclusa qualsiasi attività non monetaria trasferita o passività non monetaria assunta, per la parte eliminata deve essere rilevata nel conto economico.

VALUTAZIONE

Misurazione iniziale di attività e passività finanziarie

43.

Quando un’attività o passività finanziaria è inizialmente rilevata, un’entità deve misurarla al suo fair value (valore equo) più, nel caso di un’attività o passività finanziaria non al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, i costi di transazione che sono direttamente attribuibili all’acquisizione o all’emissione di attività o passività finanziarie.

44.

Quando un’entità applica la contabilizzazione alla data di regolamento per un’attività che è successivamente valutata al costo o al costo ammortizzato, l’attività è rilevata inizialmente al suo fair value (valore equo) alla data di negoziazione (cfr. appendice A, paragrafi da AG53 ad AG56).

Valutazione successiva di attività finanziarie

45.

Ai fini della valutazione di un’attività finanziaria successiva alla rilevazione iniziale, il presente Principio classifica le attività finanziarie nelle seguenti quattro categorie definite nel paragrafo 9:

a)

attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

b)

investimenti posseduti sino alla scadenza;

c)

finanziamenti e crediti; e

d)

attività finanziarie disponibili per la vendita.

Queste categorie si applicano alla valutazione e alla rilevazione a conto economico secondo il presente Principio. L’entità può utilizzare altre descrizioni per queste categorie o altre categorizzazioni quando si presentano le informazioni nel prospetto del bilancio. L’entità deve indicare nelle note l’informativa richiesta dall’IFRS 7.

46.

Dopo la rilevazione iniziale, l’entità deve valutare le attività finanziarie, inclusi i derivati che costituiscono attività, ai loro fair value (valori equi), senza alcuna deduzione per i costi di transazione che possono essere sostenuti nella vendita o altra dismissione, eccezion fatta per le seguenti attività finanziarie:

a)

finanziamenti e crediti come definiti nel paragrafo 9, che devono essere valutati al costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo;

b)

investimenti posseduti sino alla scadenza come definiti nel paragrafo 9, che devono essere valutati al costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo; e

c)

investimenti in strumenti rappresentativi di capitale che non hanno un prezzo di mercato quotato in un mercato attivo e il cui fair value (valore equo) non può essere misurato attendibilmente e i derivati che vi sono correlati e che devono essere regolati con la consegna di tali strumenti rappresentativi di capitale non quotati, che devono essere valutati al costo (cfr. appendice A, paragrafi AG80 e AG81).

Le attività finanziarie che sono designate come elementi coperti sono soggette alla valutazione secondo quanto previsto dalle disposizioni sulla contabilizzazione delle operazioni di copertura nei paragrafi 89-102. Tutte le attività finanziarie eccetto quelle valutate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico sono soggette a una verifica per riduzione di valore in conformità ai paragrafi da 58 a 70 e all’appendice A, paragrafi da AG84 ad AG93.

Valutazione successiva di passività finanziarie

47.

Dopo la rilevazione iniziale, un’entità deve valutare tutte le passività finanziarie al costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo, a eccezione di:

a)

passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Tali passività, inclusi i derivati che sono passività, devono essere valutate al fair value (valore equo) eccetto un derivato che è una passività ed è correlato e deve essere regolato con la consegna di uno strumento non quotato rappresentativo di capitale il cui fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente, che deve essere valutato al costo;

b)

passività finanziarie che si originano quando un trasferimento di un’attività finanziaria non si qualifica per l’eliminazione o quando si applica l’approccio del coinvolgimento residuo. I paragrafi 29 e 31 si applicano alla valutazione di tali passività finanziarie;

c)

contratti di garanzia finanziaria definiti nel paragrafo 9. Dopo la rilevazione iniziale, l’emittente di un tale contratto deve [a meno che non si applichi il paragrafo 47, lettera a) o b)] valutarlo al valore maggiore tra:

i)

l’importo determinato secondo lo IAS 37; e

ii)

l’importo rilevato inizialmente (cfr. paragrafo 43) meno, ove applicabile, l’ammortamento accumulato rilevato in conformità allo IAS 18;

d)

impegni all’erogazione di un finanziamento a un tasso d’interesse inferiore a quello di mercato. Dopo la rilevazione iniziale, l’emittente di un tale impegno deve [a meno che non si applichi il paragrafo 47, lettera a)] valutarlo al valore maggiore tra:

i)

l’importo determinato secondo lo IAS 37; e

ii)

l’importo rilevato inizialmente (cfr. paragrafo 43) meno, ove applicabile, l’ammortamento accumulato rilevato in conformità allo IAS 18.

Le passività finanziarie che sono designate come elementi coperti sono soggette alla valutazione in base alle disposizioni sulla contabilizzazione delle operazioni di copertura contenute nei paragrafi da 89 a 102.

Considerazioni sul criterio di valutazione al fair value (valore equo)

48.

Nella determinazione del fair value (valore equo) di un’attività finanziaria o di una passività finanziaria al fine di applicare il presente Principio, lo IAS 32 o l’IFRS 7, un’entità deve applicare i paragrafi da AG69 da AG82 dell’appendice A.

48A

La migliore evidenza del fair value (valore equo) è l’esistenza di quotazioni ufficiali in un mercato attivo. Se il mercato per uno strumento finanziario non è attivo, un’entità determina il fair value (valore equo) utilizzando una tecnica di valutazione. La finalità dell’utilizzo di una tecnica di valutazione è di stabilire quale prezzo avrebbe avuto l’operazione alla data di valutazione in un libero scambio motivato da normali considerazioni commerciali. Le tecniche di valutazione includono l’utilizzo di recenti operazioni libere di mercato tra parti consapevoli e disponibili, se a disposizione, il riferimento al fair value (valore equo) corrente di un altro strumento che è sostanzialmente lo stesso, analisi con flussi finanziari attualizzati e modelli di prezzo delle opzioni. Se esiste una tecnica di valutazione utilizzata comunemente da coloro che partecipano al mercato per dare un prezzo allo strumento e tale tecnica ha dimostrato di fornire stime attendibili dei prezzi praticati in operazioni correnti di mercato, l’entità utilizza tale tecnica. La tecnica di valutazione scelta utilizza al massimo i fattori di mercato mentre si affida il meno possibile a fattori specifici dell’entità. Essa incorpora tutti i fattori che i partecipanti al mercato considererebbero nel fissare un prezzo ed è coerente con le metodologie economiche accettate per prezzare gli strumenti finanziari. Periodicamente, un’entità calibra la tecnica di valutazione e ne verifica la validità utilizzando prezzi di qualsiasi operazione corrente di mercato nello stesso strumento (ossia senza variazione o ristrutturazione dello strumento) o basati su qualsiasi dato osservabile di mercato disponibile.

49.

Il fair value (valore equo) di una passività finanziaria con una caratteristica di esigibilità a richiesta, (per esempio un deposito a vista), non è inferiore all’importo esigibile a richiesta, attualizzato dalla prima data in cui ne potrebbe essere richiesto il pagamento.

Riclassificazioni

50.

Un'entità:

a)

non deve riclassificare un derivato fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico mentre è posseduto o emesso;

b)

non deve riclassificare alcuno strumento finanziario fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se al momento della rilevazione iniziale è stato designato dall'entità al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; e

c)

se un'attività finanziaria non è più posseduta al fine di venderla o riacquistarla a breve (sebbene l'attività finanziaria possa essere stata acquisita o sostenuta principalmente al fine di venderla o riacquistarla a breve), può riclassificare tale attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se sono soddisfatti i requisiti di cui al paragrafo 50B o 50D.

Un'entità non deve riclassificare alcuno strumento finanziario nella categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico dopo la rilevazione iniziale.

50B.

Un'attività finanziaria alla quale si applica il paragrafo 50, lettera c) (a eccezione di un'attività finanziaria del tipo descritto al paragrafo 50D), può essere riclassificata fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico solo in rare circostanze.

50C.

Se un'entità riclassifica un'attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50B, l'attività finanziaria deve essere riclassificata al suo fair value (valore equo) alla data della riclassificazione. L'utile o la perdita già rilevati a conto economico non devono essere ripristinati. Il fair value (valore equo) dell'attività finanziaria alla data della riclassificazione diventa il suo nuovo costo o costo ammortizzato a seconda dei casi.

50D.

Un'attività finanziaria alla quale si applica il paragrafo 50, lettera c), che avrebbe soddisfatto la definizione di finanziamenti e crediti (se l'attività finanziaria non avesse dovuto essere classificata come posseduta per la negoziazione alla rilevazione iniziale) può essere riclassificata fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se l'entità ha l'intenzione e la capacità di possedere l'attività finanziaria nel prevedibile futuro o fino a scadenza.

50E.

Un'attività finanziaria classificata come disponibile per la vendita che avrebbe soddisfatto la definizione di finanziamenti e crediti (se non fosse stata designata come disponibile per la vendita) può essere riclassificata fuori della categoria «disponibile per la vendita» nella categoria «finanziamenti e crediti» se l'entità ha l'intenzione e la capacità di possedere l'attività finanziaria per il futuro prevedibile o fino a scadenza.

50F

Se un'entità riclassifica un'attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50D o fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E, essa deve riclassificare l'attività finanziaria al suo fair value (valore equo) alla data di riclassificazione. Per un'attività finanziaria riclassificata conformemente al paragrafo 50D, l'utile o la perdita già rilevati a conto economico non devono essere ripristinati. Il fair value (valore equo) dell'attività finanziaria alla data della riclassificazione diventa il suo nuovo costo o costo ammortizzato a seconda dei casi. Per un'attività finanziaria riclassificata fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E, l'utile o la perdita precedenti su tale attività che sono stati rilevati nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo conformemente al paragrafo 55, lettera b), devono essere contabilizzati conformemente al paragrafo 54.

51.

Se in seguito ad un cambiamento di volontà o capacità, non è più appropriato classificare un investimento come posseduto sino alla scadenza, esso deve essere riclassificato come disponibile per la vendita e rimisurato al fair value (valore equo), e la differenza tra il suo valore contabile e il fair value (valore equo) deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dal paragrafo 55, lettera b).

52.

Ogniqualvolta le vendite o le riclassificazioni di un importo non irrilevante di investimenti posseduti sino alla scadenza non soddisfano alcuna delle condizioni di cui al paragrafo 9, qualsiasi investimento posseduto sino alla scadenza che residua deve essere riclassificato come disponibile per la vendita. Al momento di tali riclassificazioni, la differenza tra il loro valore contabile e il fair value (valore equo) deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dal paragrafo 55, lettera b).

53.

Se una valutazione attendibile si rende disponibile per un’attività o una passività finanziaria per la quale tale valutazione non era precedentemente disponibile, e per l’attività o passività è richiesta la valutazione al fair value (valore equo) qualora sia disponibile una valutazione attendibile [cfr. paragrafi 46, lettera c) e 47], l’attività o passività deve essere rimisurata al fair value (valore equo), e la differenza tra il suo valore contabile e il fair value (valore quo) deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dal paragrafo 55.

54.

Se, in seguito ad un cambiamento di volontà o capacità di detenere l’attività sino alla scadenza o nelle rare circostanze in cui una valutazione attendibile del fair value (valore equo) non è più disponibile [cfr. paragrafi 46, lettera c) e 47] o poiché i «due esercizi precedenti» di cui al paragrafo 9 sono trascorsi, diviene appropriato iscrivere un’attività finanziaria o una passività finanziaria al costo o al costo ammortizzato piuttosto che al fair value (valore equo), il valore al fair value (valore equo) dell’attività o passività finanziaria contabilizzato a quella data diviene il suo nuovo costo o costo ammortizzato, come applicabile. Qualsiasi precedente utile o perdita su tale attività che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto in conformità alle disposizioni del paragrafo 55, lettera b), deve essere contabilizzato come segue:

a)

nel caso di un’attività finanziaria con una scadenza fissa, l’utile o la perdita deve essere ammortizzato a conto economico lungo il corso della vita utile residua dell’investimento posseduto sino alla scadenza utilizzando il criterio dell’interesse effettivo. Qualsiasi differenza tra il nuovo costo ammortizzato e l’importo a scadenza deve inoltre essere ammortizzata lungo il corso della vita utile residua dell’attività finanziaria utilizzando il criterio dell’interesse effettivo, in modo similare all’ammortamento di un premio e di uno sconto. Se l’attività finanziaria subisce successivamente una riduzione di valore, qualsiasi precedente utile o perdita che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto è rilevato a conto economico secondo quanto previsto dal paragrafo 67;

b)

nel caso di un’attività finanziaria che non ha una scadenza fissa, l’utile o la perdita deve rimanere nel patrimonio netto fino a quando l’attività finanziaria viene venduta o diversamente alienata, nel qual caso essa deve essere rilevata a conto economico. Se l’attività finanziaria subisce successivamente una riduzione di valore, qualsiasi utile o perdita precedente che è stato rilevato direttamente nel patrimonio netto è rilevato a conto economico secondo quanto previsto dal paragrafo 67.

Utili e perdite

55.

Un utile (o una perdita) derivante da una variazione di fair value (valore equo) di un’attività o di una passività finanziaria che non costituisce parte di una relazione di copertura (cfr. paragrafi compresi tra 89 e 102) deve essere rilevato come segue.

a)

un utile (o una perdita) relativo a un’attività o passività finanziaria classificata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico deve essere rilevato a conto economico;

b)

un utile (o una perdita) su un’attività finanziaria disponibile per la vendita deve essere rilevato direttamente nel patrimonio netto, tramite il prospetto delle variazioni delle voci di patrimonio netto (cfr. IAS 1 Presentazione del bilancio), d eccezione delle perdite per riduzione di valore (cfr. paragrafi da 67 a 70) e degli utili e delle perdite su cambi (cfr. appendice A, paragrafo AG83), fino a quando l’attività finanziaria è eliminata, momento in cui l’utile o la perdita complessivo rilevato precedentemente nel patrimonio netto deve essere rilevato a conto economico. Tuttavia, l’interesse calcolato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo (cfr. paragrafo 9) viene rilevato a conto economico (cfr. IAS 18). I dividendi su uno strumento rappresentativo di capitale disponibile per la vendita sono rilevati a conto economico quando sorge il diritto dell’entità a ricevere il pagamento (cfr. IAS 18).

56.

Con riferimento alle attività e passività finanziarie iscritte al costo ammortizzato (cfr. paragrafi 46 e 47), un utile (o una perdita) è rilevato nel conto economico quando l’attività o la passività finanziaria è eliminata o quando ha subito una riduzione di valore, e tramite il processo di ammortamento. Tuttavia, per le attività o passività finanziarie che sono elementi coperti (cfr. i paragrafi da 78 a 84 e appendice A, paragrafi da AG98 a AG101) la contabilizzazione dell’utile o della perdita deve avvenire in base ai paragrafi da 89 a 102.

57.

Se un’entità rileva le attività finanziarie utilizzando la contabilizzazione alla data del regolamento (cfr. paragrafo 38 e appendice A, paragrafi AG53 e AG56), qualsiasi variazione di fair value (valore equo) dell’attività che deve essere ricevuta nel periodo tra la data della negoziazione e la data di regolamento non è rilevata per le attività iscritte al costo o al costo ammortizzato (ad eccezione delle perdite per riduzione di valore). Per le attività iscritte al fair value (valore equo), tuttavia, la variazione di fair value (valore equo) deve essere rilevata a conto economico o nel patrimonio netto, come appropriato secondo il paragrafo 55.

Riduzione di valore e irrecuperabilità di attività finanziarie

58.

L’entità deve valutare ad ogni data di riferimento del bilancio se vi è qualche obiettiva evidenza che un’attività finanziaria o un gruppo di attività finanziarie ha subito una riduzione di valore. Se esiste una tale evidenza, l’entità deve applicare il paragrafo 63 (per le attività finanziarie iscritte al costo ammortizzato), il paragrafo 66 (per attività finanziarie iscritte al costo) o il paragrafo 67 (per attività finanziarie disponibili per la vendita) per determinare l’importo di eventuali perdite per riduzione di valore.

59.

Un’attività o un gruppo di attività finanziarie ha subito una riduzione di valore e le perdite per riduzione di valore sono sostenute se, e soltanto se, vi è l’obiettiva evidenza di una riduzione di valore in seguito a uno o più eventi che si sono verificati dopo la rilevazione iniziale dell’attività (un «evento di perdita») e tale evento di perdita (o eventi) ha un impatto sui futuri flussi finanziari stimati dell’attività finanziaria o gruppo di attività finanziarie che possono essere stimati attendibilmente. Può non essere possibile individuare un singolo evento separato che ha causato la riduzione di valore. Piuttosto l’effetto combinato di diversi eventi può avere causato la riduzione di valore. Le perdite attese come risultato di eventi futuri, indipendentemente dalla loro probabilità, non sono rilevate. L’obiettiva evidenza che un’attività finanziaria o un gruppo di attività ha subito una riduzione di valore include dati osservabili che giungono all’attenzione del possessore dell’attività in merito ai seguenti eventi di perdita:

a)

significative difficoltà finanziarie dell’emittente o debitore;

b)

una violazione del contratto, quale un inadempimento o un mancato pagamento degli interessi o del capitale;

c)

il finanziatore per ragioni economiche o legali relative alla difficoltà finanziaria del beneficiario, estende al beneficiario una concessione che il finanziatore non avrebbe altrimenti preso in considerazione;

d)

sussiste la probabilità che il beneficiario dichiari bancarotta o altre procedure di ristrutturazione finanziaria;

e)

la scomparsa di un mercato attivo di quell’attività finanziaria dovuta a difficoltà finanziarie; o

f)

dati osservabili che indichino l’esistenza di una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati per un gruppo di attività finanziarie sin dal momento della rilevazione iniziale di quelle attività, sebbene la diminuzione non può essere ancora identificata con le singole attività finanziarie nel gruppo, ivi incluso:

i)

cambiamenti sfavorevoli nello stato dei pagamenti dei beneficiari nel gruppo (per esempio un numero maggiore di pagamenti in ritardo o di beneficiari di carte di credito che hanno raggiunto il loro limite massimo di credito e stanno pagando l’importo minimo mensile); o

ii)

condizioni economiche locali o nazionali che sono correlate alle inadempienze relative alle attività all’interno del gruppo (per esempio un aumento del tasso di disoccupazione nell’area geografica dei beneficiari, una diminuzione nei prezzi immobiliari per i mutui nella relativa area, una diminuzione dei prezzi del petrolio per attività date in prestito a produttori di petrolio, o cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni dell’industria che ricadono sui beneficiari del gruppo).

60.

La scomparsa di un mercato attivo dovuta al fatto che gli strumenti finanziari dell’entità non sono più pubblicamente negoziati non è evidenza di una riduzione di valore. Un declassamento nel merito di credito di un’entità non costituisce, di per sé, una evidenza di una riduzione di valore, sebbene ciò possa essere indicativo di una riduzione di valore se considerato congiuntamente ad altre informazioni disponibili. Una diminuzione di fair value (valore equo) dell’attività finanziaria al di sotto del suo costo o costo ammortizzato non è necessariamente indicazione di riduzione di valore (per esempio, una diminuzione di fair value (valore equo) di un investimento in uno strumento di debito che risulti da un aumento nel tasso di interesse privo di rischio).

61.

In aggiunta ai tipi di evento nel paragrafo 59, l’obiettiva evidenza di riduzione di valore per un investimento in uno strumento rappresentativo di capitale include informazioni circa importanti cambiamenti con un effetto avverso che si è verificato nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o legale in cui l’emittente opera, e indica che il costo dell’investimento in uno strumento rappresentativo di capitale può non essere recuperato. Una diminuzione significativa o prolungata di fair value (valore equo) di un investimento in uno strumento rappresentativo di capitale al di sotto del suo costo è inoltre un’evidenza obiettiva di riduzione di valore.

62.

In alcuni casi i dati osservabili richiesti per valutare l’importo di una riduzione di valore su un’attività finanziaria possono essere limitati o non più del tutto rilevanti per le circostanze attuali. Per esempio, questo può succedere quando un beneficiario è in difficoltà finanziaria e ci sono pochi dati storici disponibili relativi a beneficiari similari. In tali casi, un’entità utilizza la sua esperienza valutativa nello stimare l’importo di eventuali perdite per riduzione di valore. Analogamente, un’entità utilizza la propria esperienza valutativa per adeguare i dati osservabili per un gruppo di attività finanziarie alle circostanze attuali (cfr. paragrafo AG89). L’impiego di stime ragionevoli è parte essenziale della preparazione del bilancio e non ne intacca l’attendibilità.

Attività finanziarie iscritte al costo ammortizzato

63.

Se sussistono evidenze obiettive che è stata sostenuta una perdita per riduzione di valore su finanziamenti e crediti o investimenti posseduti sino alla scadenza iscritti al costo ammortizzato, l’importo della perdita viene misurato come la differenza tra il valore contabile dell’attività e il valore attuale dei futuri flussi finanziari stimati (escludendo perdite di credito future che non sono state sostenute) scontato al tasso di interesse effettivo originale dell’attività finanziaria (ossia il tasso di interesse effettivo calcolato alla rilevazione iniziale). Il valore contabile dell’attività deve essere ridotto o direttamente o tramite l’uso di un accantonamento. L’importo della perdita deve essere rilevato nel conto economico.

64.

Un’entità prima valuta se l’evidenza obiettiva della riduzione di valore esiste individualmente per attività finanziarie che sono individualmente significative, e individualmente o collettivamente per attività finanziarie che non sono significative individualmente (cfr. paragrafo 59). Se un’entità determina che non esiste alcuna evidenza obiettiva di riduzione di valore per un’attività finanziaria valutata individualmente, qualora significativa o meno, essa include l’attività in un gruppo di attività finanziarie con caratteristiche similari di rischio di credito e la valuta collettivamente per riduzione di valore. Le attività che sono valutate individualmente per riduzione di valore e per le quali una perdita per riduzione di valore è o continua a essere rilevata, non sono incluse in una valutazione collettiva di riduzione di valore.

65.

Se, in un esercizio successivo, l’ammontare della perdita per riduzione di valore diminuisce e la diminuzione può essere oggettivamente collegata a un evento che si è verificato dopo che la riduzione di valore è stata rilevata (quale un miglioramento nella solvibilità finanziaria del debitore), la perdita per riduzione di valore rilevata precedentemente deve essere stornata direttamente o attraverso rettifica dell’accantonamento. Il ripristino di valore non deve determinare, alla data in cui il valore originario dell’attività finanziaria è ripristinato, un valore contabile dell’attività finanziaria che supera il costo ammortizzato che si sarebbe avuto alla data in cui la perdita per riduzione di valore viene stornata nel caso in cui la perdita per riduzione di valore non fosse stata rilevata. L’importo dello storno deve essere rilevato nel conto economico.

Attività finanziarie iscritte al costo

66.

Qualora sussistano evidenze obiettive che è stata sostenuta una perdita per riduzione di valore su uno strumento non quotato rappresentativo di capitale e che non è valutato al fair value (valore equo) perché il suo fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente, o su un’attività derivata che è collegata a e deve essere regolata con la consegna di tale strumento non quotato rappresentativo di capitale, l’importo della perdita per riduzione di valore, viene misurato come la differenza tra il valore contabile dell’attività finanziaria e il valore attuale dei futuri flussi finanziari stimati e attualizzati al tasso di rendimento corrente di mercato per un’attività finanziaria similare [cfr. il paragrafo 46, lettera c), e l’appendice A, paragrafi AG80 e AG81]. Tali perdite per riduzione di valore non devono essere ripristinate.

Attività finanziarie disponibili per la vendita

67.

Quando una riduzione di fair value (valore equo) di un’attività finanziaria disponibile per la vendita è stata rilevata direttamente nel patrimonio netto e sussistono evidenze obiettive che l’attività abbia subito una riduzione di valore (cfr. paragrafo 59), la perdita cumulativa che è stata rilevata direttamente nel patrimonio netto deve essere stornata e rilevata a conto economico anche se l’attività finanziaria non è stata eliminata.

68.

L’importo della perdita complessiva che viene stornata dal patrimonio netto e rilevata nel conto economico secondo il paragrafo 67 deve essere la differenza tra il costo di acquisizione (al netto di qualsiasi rimborso in conto capitale e ammortamento) e il fair value (valore equo) corrente, dedotta qualsiasi perdita per riduzione di valore su quell’attività finanziaria rilevata precedentemente nel conto economico.

69.

Le perdite per riduzione di valore rilevate a conto economico per un investimento in uno strumento rappresentativo di capitale classificato come disponibile per la vendita non devono essere stornate con effetto rilevato nel conto economico.

70.

Se, in un periodo successivo, il fair value (valore equo) di uno strumento di debito classificato come disponibile per la vendita aumenta e l’incremento può essere correlato oggettivamente a un evento che si verifica dopo che la perdita per riduzione di valore era stata rilevata nel conto economico, la perdita per riduzione di valore deve essere eliminata, con l’importo stornato rilevato a conto economico.

COPERTURE

71.

Qualora esista una designata relazione di copertura tra uno strumento di copertura e un elemento coperto come descritto nei paragrafi da 85 a 88 e appendice A, paragrafi da AG102 ad AG104, la contabilizzazione dell’utile o perdita sullo strumento di copertura e sull’elemento coperto deve attenersi ai paragrafi da 89 a 102.

Strumenti di copertura

Strumenti qualificabili

72.

Il presente Principio, ad eccezione dell’ipotesi di alcune opzioni vendute, non limita le circostanze in cui un derivato può essere designato come uno strumento di copertura, se sono soddisfatte le condizioni di copertura del paragrafo 88 (cfr. appendice A, paragrafo AG94). Tuttavia, un’attività o una passività finanziaria non derivata può essere designata come strumento di copertura, solo per una copertura di un rischio di cambio in valuta estera.

73.

Ai fini della contabilizzazione delle operazioni di copertura, soltanto strumenti che riguardano una parte esterna all’entità che redige il bilancio (per esempio esterna al gruppo, segmento o singole entità cui si riferisce il bilancio) possono essere designati come strumenti di copertura. Sebbene singole entità di un gruppo o singole divisioni aziendali di una entità possano stipulare operazioni di copertura con altre entità del gruppo o altre divisioni aziendali dell’entità, tutte tali operazioni infragruppo sono eliminate in sede di consolidamento. Quindi, tali operazioni di copertura non soddisfano le condizioni richieste per la contabilizzazione di copertura nel bilancio consolidato del gruppo. Tuttavia, queste possono qualificarsi per la contabilizzazione di copertura nel bilancio individuale o bilancio separato di singole entità all’interno del gruppo o nel segmento oggetto di informativa a condizione che siano esterni alla singola entità o segmento cui si riferisce il bilancio.

Designazione di strumenti di copertura

74.

Solitamente esiste un’unica valutazione al fair value (valore equo) per uno strumento di copertura nel suo insieme e i fattori che causano variazioni di fair value (valore equo) sono interdipendenti. Perciò, una relazione di copertura è designata da un’entità per uno strumento di copertura nel suo insieme. Le sole eccezioni permesse sono:

a)

separare il valore intrinseco e il valore temporale di un contratto di opzione e designare come strumento di copertura soltanto il cambiamento nel valore intrinseco di un’opzione ed escludere la variazione nel suo valore temporale; e

b)

separare l’elemento interesse e il prezzo a pronti di un contratto forward.

Queste eccezioni sono permesse perché il valore intrinseco dell’opzione ed il premio sul contratto forward generalmente possono essere valutati distintamente. Una strategia di copertura dinamica che valuta sia il valore intrinseco sia quello temporale di un contratto di opzione può essere classificata come strumento di copertura.

75.

Una proporzione dell’intero strumento di copertura, quale può essere il 50 per cento del valore nozionale, può essere designata come strumento di copertura in una relazione di copertura. Tuttavia, una relazione di copertura non può essere designata solo per una parte del periodo di tempo per cui uno strumento di copertura è in circolazione.

76.

Un singolo strumento di copertura può essere designato come una copertura di più di un tipo di rischio, a condizione che a) i rischi coperti possano essere identificati chiaramente; b) l’efficacia della copertura possa essere dimostrata; e c) è possibile assicurare che ci sia una designazione specifica dello strumento di copertura e delle diverse posizioni di rischio.

77.

Due o più derivati o loro proporzioni, (o nel caso di una copertura di un rischio di valuta, due o più non derivati o loro proporzioni, o una combinazione di derivati e non derivati o loro proporzioni) possono essere visti in combinazione e unitamente designati come strumento di copertura incluso quando il(i) rischio(i) derivante(i) da alcuni derivati compensa(no) quelli derivanti da altri. Tuttavia, un collar su tasso di interesse o altro strumento derivato che abbini un’opzione venduta e un’opzione acquistata non si qualifica come uno strumento di copertura se esso è, in effetti, un’opzione venduta netta (ossia, per la quale viene ricevuto un premio netto). Analogamente, due o più strumenti (o loro proporzioni) possono essere designati come strumenti di copertura soltanto se nessuno di questi è un’opzione venduta o un’opzione venduta netta.

Elementi coperti

Elementi qualificabili

78.

Un elemento coperto può essere un’attività o una passività rilevata, un impegno irrevocabile non iscritto, un’operazione programmata altamente probabile o un investimento netto in una gestione estera. L’elemento coperto può essere a) una singola attività, passività, impegno irrevocabile, un’operazione programmata altamente probabile o un investimento netto in una gestione estera, b) un gruppo di attività, passività, impegni irrevocabili, operazioni programmate altamente probabili o investimenti netti in gestioni estere con caratteristiche di rischio similari, o c) in una copertura di un portafoglio di rischio di tasso di interesse soltanto, una parte del portafoglio di attività o passività finanziarie che condividono il rischio coperto.

79.

A differenza dei finanziamenti e dei crediti, un investimento posseduto sino alla scadenza non può essere un elemento coperto in riferimento al rischio di tasso di interesse o al rischio di pagamento anticipato, perché la designazione di un investimento posseduto sino alla scadenza richiede la determinazione di possedere l’investimento sino alla scadenza senza alcuna relazione alle variazioni del fair value (valore equo) o ai flussi finanziari di tale investimento attribuibili ai cambiamenti nei tassi di interesse. Tuttavia, un investimento posseduto sino alla scadenza può essere un elemento coperto con riferimento ai rischi derivanti da variazioni dei tassi di cambio delle valute estere e del rischio di credito.

80.

Ai fini della contabilizzazione delle operazioni di copertura, soltanto attività, passività, impegni irrevocabili o programmate operazioni altamente probabili che coinvolgono una parte esterna all’entità possono essere designati come elementi coperti. Ne segue che la contabilizzazione delle operazioni di copertura può essere applicata alle operazioni tra entità o segmenti nello stesso gruppo soltanto nei bilanci individuali o nei bilanci separati di quelle entità o segmenti e non nei bilanci consolidati del gruppo. Come un’eccezione, il rischio di valuta estera di un elemento monetario infragruppo (per esempio un debito/credito tra due controllate) può qualificarsi come un elemento coperto nel bilancio consolidato se ne deriva un’esposizione agli utili o alle perdite su cambi che non sono stati eliminati completamente in sede di consolidamento secondo quanto previsto dallo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere. Secondo quanto previsto dallo IAS 21, gli utili e le perdite su cambi sugli elementi monetari infragruppo non sono completamente eliminati nell’operazione di consolidamento quando l’elemento monetario infragruppo viene negoziato tra due entità del gruppo che hanno diverse valute funzionali. Inoltre, il rischio di cambio di una operazione infragruppo programmata altamente probabile può essere qualificato come elemento coperto nel bilancio consolidato a condizione che l’operazione sia denominata in una valuta diversa dalla valuta funzionale della entità che effettua l’operazione e che il rischio di cambio abbia un impatto sul conto economico consolidato.

Designazione di elementi finanziari come elementi coperti

81.

Se l’elemento coperto è un’attività o una passività finanziaria, esso può essere un elemento coperto in riferimento ai rischi associati soltanto a una parte dei flussi finanziari o fair value (valore equo) [quali uno o più selezionati flussi finanziari contrattuali o parti di questi o una percentuale del fair value (valore equo)] a patto che si possa valutarne l’efficacia. Per esempio, una parte valutabile separatamente e distintamente dell’esposizione al tasso di interesse di un’attività o passività fruttifera di interessi può essere designata come il rischio coperto (quale un tasso di interesse privo di rischio o un tasso di interesse di riferimento come componente dell’esposizione totale al tasso di interesse di uno strumento finanziario coperto).

81A

In un’operazione di copertura di fair value (valore equo) dell’esposizione al tasso di interesse di un portafoglio di attività o passività finanziarie (e soltanto in tale copertura), la parte coperta può essere designata in termini di un importo in valuta (ossia un importo in dollari, euro, sterline o rand) piuttosto che come singola attività (o passività). Sebbene il portafoglio, ai fini della gestione del rischio, possa includere attività e passività, l’importo designato è un importo di attività o un importo di passività. La designazione di un importo netto che includa attività e passività non è permessa. L’entità può coprire una parte del rischio di tasso di interesse associato a questo importo designato. Per esempio, nel caso di una copertura di un portafoglio che contenga attività rimborsabili anticipatamente, l’entità può coprire la variazione di fair value (valore equo) che è attribuibile a un cambiamento nel tasso di interesse coperto sulla base delle date attese di revisione dei prezzi piuttosto che su quelle contrattuali. […].

Designazione di elementi non finanziari come elementi coperti

82.

Se l’elemento coperto è un’attività o una passività non finanziaria, esso deve essere designato come elemento coperto con riferimento a) ai rischi di cambio, o b) a tutti i rischi nel suo insieme, a causa della difficoltà di isolare e valutare la parte appropriata delle variazioni dei flussi finanziari o fair value (valore equo) attribuibile a specifici rischi, diversi dal rischio di cambio.

Designazione di gruppi di elementi come elementi coperti

83.

Attività o passività similari devono essere aggregate e coperte come un gruppo, soltanto se le singole attività o le singole passività che compongono il gruppo condividono l’esposizione al rischio che è designato come essere coperto. Inoltre, si suppone che la variazione di fair value (valore equo) attribuibile al rischio coperto di ciascun singolo elemento del gruppo deve risultare approssimativamente proporzionale alla variazione complessiva di fair value (valore equo) attribuibile al rischio coperto del gruppo di elementi.

84.

Poiché un’entità accerta l’efficacia della copertura tramite la comparazione tra la variazione di fair value (valore equo) o di flussi finanziari di uno strumento di copertura (o di un gruppo di strumenti di copertura similari) e quella di un elemento coperto (o di un gruppo di elementi coperti similari), la comparazione di uno strumento di copertura con la posizione netta complessiva (per esempio, il risultato netto di tutte le attività e passività a tasso fisso con scadenze simili), piuttosto che con uno specifico elemento coperto, non si qualifica come contabilizzazione di copertura.

Contabilizzazione delle operazioni di copertura

85.

La contabilizzazione delle operazioni di copertura comporta una rilevazione simmetrica degli effetti sul conto economico derivanti dalle variazioni di fair value (valore equo) dello strumento di copertura e dello strumento coperto.

86.

Le relazioni di copertura sono di tre tipi:

a)

copertura di fair value (valore equo): una copertura dell’esposizione alle variazioni di fair value (valore equo) di un’attività o passività rilevata o un impegno irrevocabile non iscritto, o una parte identificata di tale attività, passività o impegno irrevocabile, che è attribuibile a un rischio particolare e potrebbe influenzare il conto economico;

b)

copertura di flusso finanziario: una copertura dell’esposizione alla variabilità dei flussi finanziari che i) è attribuibile ad un particolare rischio associato a una attività o passività rilevata (quali tutti o solo alcuni pagamenti di interessi futuri su un debito a tassi variabili) o a un’operazione programmata altamente probabile e che ii) potrebbe influire sul conto economico;

c)

copertura di un investimento netto in una gestione estera come definito nello IAS 21.

87.

Una copertura del rischio di valuta estera di un impegno irrevocabile può essere contabilizzata come una copertura di fair value (valore equo) o come una copertura di flusso finanziario.

88.

Una relazione di copertura si qualifica come di copertura secondo quanto previsto dai paragrafi da 89 a 102 se, e soltanto se, tutte le seguenti condizioni sono soddisfatte:

a)

all’inizio della copertura vi è una designazione e documentazione formale della relazione di copertura, degli obiettivi dell’entità nella gestione del rischio e della strategia nell’effettuare la copertura. Tale documentazione deve includere l’identificazione dello strumento di copertura, l’elemento o l’operazione coperta, la natura del rischio coperto e come l’entità valuterà l’efficacia dello strumento di copertura nel compensare l’esposizione alle variazioni di fair value (valore equo) dell’elemento coperto o dei flussi finanziari attribuibili al rischio coperto;

b)

ci si aspetta che la copertura sia altamente efficace (cfr. appendice A, paragrafi da AG105 a 113) nel realizzare la compensazione delle variazioni di fair value (valore equo) o dei flussi finanziari attribuibili al rischio coperto, in modo coerente con la strategia di gestione del rischio originariamente documentata per quella particolare relazione di copertura;

c)

per le coperture di flussi finanziari, un’operazione programmata che è oggetto di copertura deve essere altamente probabile e deve presentare un’esposizione alle variazioni di flussi finanziari che potrebbe infine incidere sul conto economico;

d)

l’efficacia della copertura può essere attendibilmente valutata, ossia, il fair value (valore equo) o i flussi finanziari dell’elemento coperto che sono attribuibili al rischio coperto, e il fair value (valore equo) dello strumento di copertura possono essere attendibilmente valutati [cfr. paragrafi 46 e 47 e appendice A, paragrafi AG80 e AG81 per una guida sulla determinazione del fair value (valore equo)].

e)

la copertura è valutata sulla base di un criterio di continuità ed è considerata essere stata altamente efficace per tutti gli esercizi di riferimento per cui la copertura era stata designata.

Coperture di fair value (valore equo)

89.

Se una copertura di fair value (valore equo) soddisfa le condizioni del paragrafo 88 nel corso dell’esercizio, deve essere contabilizzata come segue:

a)

l’utile o la perdita risultante dalla rimisurazione dello strumento di copertura al fair value (valore equo) (per uno strumento derivato di copertura) o il componente in valuta estera del suo valore contabile valutato secondo quanto previsto dallo IAS 21 (per uno strumento non derivato di copertura) deve essere rilevato nel conto economico; e

b)

l’utile o la perdita sull’elemento coperto attribuibile al rischio coperto deve rettificare il valore contabile dell’elemento coperto e deve essere rilevato nel conto economico. Questa disposizione si applica anche se l’elemento coperto è altrimenti valutato al costo. La rilevazione dell’utile o della perdita attribuibile al rischio coperto nel conto economico si applica anche se l’elemento coperto è un’attività finanziaria disponibile per la vendita.

89A

Per una copertura di fair value (valore equo) dell’esposizione al tasso di interesse di una parte di un portafoglio di attività o passività finanziarie (e soltanto in una tale copertura), la disposizione nel paragrafo 89, lettera b), può essere soddisfatta presentando l’utile o la perdita attribuibile all’elemento coperto:

a)

in una singola voce distinta all’interno dell’attivo, per quei periodi di revisione dei prezzi per cui l’elemento coperto è un’attività; o

b)

in una singola voce distinta all’interno del passivo, per quei periodi di revisione dei prezzi per cui l’elemento coperto è una passività.

Le voci distinte a cui si fa riferimento in a) e b) devono essere presentate immediatamente dopo le attività o passività finanziarie. Gli importi inclusi in queste voci devono essere rimossi dallo stato patrimoniale quando le attività o passività a cui fanno riferimento sono eliminate contabilmente.

90.

Se solo alcuni rischi particolari attribuibili a un elemento coperto sono coperti, le variazioni rilevate nel fair value (valore equo) dell’elemento coperto non correlate alla copertura sono iscritte secondo le disposizioni del paragrafo 55.

91.

Un’entità deve cessare prospetticamente la contabilizzazione di copertura specificata nel paragrafo 89 se:

a)

lo strumento di copertura giunge a scadenza o è venduto, cessato o esercitato (a questo scopo, la sostituzione o il riporto di uno strumento di copertura con un altro strumento di copertura non è una conclusione o una cessazione se tale sostituzione o riporto è parte della documentata strategia di copertura dell’entità);

b)

la copertura non soddisfa più i criteri per la contabilizzazione di copertura del paragrafo 88; o

c)

l’entità revoca la designazione.

92.

Qualsiasi rettifica derivante dal paragrafo 89, lettera b) al valore contabile di uno strumento finanziario coperto per il quale è utilizzato il criterio dell’interesse effettivo (o, nel caso di una copertura del portafoglio del rischio di tassi di interesse, alla voce distinta dello stato patrimoniale descritta nel paragrafo 89A) deve essere ammortizzata nel conto economico. L’ammortamento può iniziare non appena si verifica una rettifica e deve iniziare non più tardi di quando l’elemento coperto cessa di essere rettificato per le variazioni del suo fair value (valore equo) attribuibili al rischio coperto. La rettifica si basa su un tasso di interesse effettivo ricalcolato alla data in cui ha inizio l’ammortamento. Tuttavia, se, nel caso della copertura di fair value (valore equo) dell’esposizione al tasso di interesse di un portafoglio di attività finanziarie o passività finanziarie (e soltanto in una tale copertura), l’ammortamento utilizzando un tasso di interesse effettivo ricalcolato non è fattibile, la rettifica deve essere ammortizzata utilizzando un metodo a quote costanti. La rettifica deve essere completamente ammortizzata alla scadenza dello strumento finanziario o, nel caso di copertura di un portafoglio dal rischio di tasso di interesse, alla scadenza del periodo di una rilevante revisione dei prezzi.

93.

Quando un impegno irrevocabile non iscritto è designato come un elemento coperto, la variazione complessiva successiva del fair value (valore equo) dell’impegno irrevocabile attribuibile al rischio coperto è rilevata come un’attività o una passività con l’utile o perdita corrispondente rilevato nel conto economico [cfr. paragrafo 89, lettera b)]. Anche le variazioni di fair value (valore equo) dello strumento di copertura sono rilevate nel conto economico.

94.

Quando un’entità sottoscrive un impegno irrevocabile ad acquistare un’attività o assumere una passività che è un elemento coperto in una copertura di fair value (valore equo), il valore contabile iniziale dell’attività o passività che risulta dall’adempimento dell’impegno irrevocabile è rettificato per includere la variazione complessiva nel fair value (valore equo) dell’impegno irrevocabile attribuibile al rischio coperto che è stato rilevato nello stato patrimoniale.

Coperture di flussi finanziari

95.

Se una copertura di flussi finanziari soddisfa le condizioni del paragrafo 88 nel corso dell’esercizio, essa deve essere contabilizzata come segue:

a)

la parte dell’utile o della perdita sullo strumento di copertura che è determinata essere una copertura efficace (cfr. paragrafo 88) deve essere rilevata direttamente nel patrimonio netto tramite il prospetto delle variazioni di patrimonio netto (cfr. IAS 1); e

b)

la parte inefficace dell’utile o della perdita sullo strumento di copertura deve essere rilevata nel conto economico.

96.

Più specificatamente, la copertura di un flusso finanziario è contabilizzata come segue:

a)

la componente separata di patrimonio netto associata all’elemento coperto è rettificata al minore importo tra i seguenti (in termini assoluti):

i)

l’utile o la perdita complessiva sullo strumento di copertura dall’inizio della copertura; e

ii)

la variazione complessiva nel fair value (valore equo) (al valore attuale) dei futuri flussi finanziari attesi sull’elemento coperto dall’inizio della copertura;

b)

l’eventuale utile o perdita residuo sullo strumento di copertura o un componente designato di questo (che non è una copertura efficace) è rilevato nel conto economico; e

c)

se la documentata strategia di gestione del rischio adottata da un’entità per una particolare relazione di copertura esclude dalla valutazione dell’efficacia della copertura una specifica componente dell’utile o della perdita o i correlati flussi finanziari dello strumento di copertura [cfr. paragrafi 74, 75, e 88, lettera a)], tale componente esclusa dell’utile o della perdita è rilevata in conformità alle disposizioni del paragrafo 55.

97.

Se una copertura di un’operazione programmata successivamente comporta l’iscrizione di un’attività o passività finanziaria, gli utili o perdite associati che erano stati rilevati direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto nel paragrafo 95 devono essere riclassificati a conto economico nello stesso esercizio o esercizi durante i quali l’attività acquistata o la passività assunta ha un effetto sul conto economico (come negli esercizi in cui si rilevano gli interessi attivi o passivi). Tuttavia, se l’entità prevede che la totalità o una parte di una perdita rilevata direttamente nel patrimonio netto non sarà recuperata in un esercizio o in più esercizi futuri, deve riclassificare nel conto economico l’importo che non si prevede di recuperare.

98.

Se una copertura di un’operazione programmata successivamente comporta l’iscrizione di un’attività o una passività non finanziaria, o un’operazione programmata per un’attività o passività non finanziaria diventa un impegno irrevocabile per il quale si applica la contabilizzazione di copertura di fair value (valore equo), allora l’entità deve applicare a) o b) di seguito:

a)

riclassificare gli utili e perdite associati che sono stati rilevati direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dal paragrafo 95 nel conto economico nello stesso esercizio o esercizi durante i quali l’attività acquistata o la passività assunta ha un effetto sul conto economico (come negli esercizi in cui l’ammortamento o il costo del venduto viene rilevato). Tuttavia, se l’entità prevede che tutto o una parte di una perdita rilevata direttamente nel patrimonio netto non sarà recuperata in un esercizio o in più esercizi futuri, deve riclassificare nel conto economico l’importo che non si prevede di recuperare;

b)

eliminare gli utili e perdite associati che sono stati rilevati direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dal paragrafo 95, e includerli nel costo iniziale o altro valore contabile dell’attività o della passività.

99.

Un’entità deve adottare o a) o b) del paragrafo 98 come suo principio contabile e deve applicarlo uniformemente a tutte le coperture a cui il paragrafo 98 fa riferimento.

100.

Per le coperture di flussi finanziari, a eccezione di quelle considerate ai paragrafi 97 e 98, gli importi che sono stati rilevati direttamente nel patrimonio netto devono essere rilevati nel conto economico nello stesso esercizio o negli stessi esercizi in cui l’operazione programmata di copertura ha un effetto sul conto economico (per esempio, quando la programmata vendita si verifica).

101.

In ciascuna delle seguenti circostanze un’entità deve cessare prospetticamente la contabilizzazione di copertura specificata nei paragrafi da 95 a 100:

a)

lo strumento di copertura giunge a scadenza o è venduto, cessato o esercitato (a questo scopo, la sostituzione o il riporto di uno strumento di copertura con un altro strumento di copertura non è una conclusione o una cessazione se tale sostituzione o riporto è parte della documentata strategia di copertura dell’entità). In tal caso, l’utile o la perdita complessivo dello strumento di copertura che rimane rilevato direttamente nel patrimonio netto a partire dall’esercizio in cui la copertura era efficace [cfr. paragrafo 95, lettera a)] deve restare separatamente iscritto nel patrimonio netto sino a quando l’operazione programmata si verifica. Quando l’operazione si verifica, si applicano i paragrafi 97, 98 o 100;

b)

la copertura non soddisfa più i criteri per la contabilizzazione di copertura del paragrafo 88. In tal caso, l’utile o la perdita complessivo dello strumento di copertura che rimane rilevato direttamente nel patrimonio netto a partire dall’esercizio in cui la copertura era efficace [cfr. paragrafo 95, lettera a)] deve restare separatamente iscritto nel patrimonio netto sino a quando l’operazione programmata si verifica. Quando l’operazione si verifica, si applicano i paragrafi 97, 98 o 100;

c)

l’operazione programmata ci si attende non debba più accadere, nel qual caso qualsiasi correlato utile o perdita complessivo sullo strumento di copertura che rimane rilevato direttamente nel patrimonio netto dall’esercizio in cui la copertura era efficace [cfr. paragrafo 95, lettera a)] deve essere rilevato a conto economico. Una operazione programmata che non è più altamente probabile [cfr. paragrafo 88, lettera c)] ci si può ancora attendere che si verifichi;

d)

l’entità revoca la designazione. Per le coperture di una operazione programmata, l’utile o la perdita complessivo dello strumento di copertura che rimane rilevato direttamente nel patrimonio netto a partire dall’esercizio in cui la copertura era efficace [cfr. paragrafo 95, lettera a)] deve restare separatamente iscritto nel patrimonio netto sino a quando l’operazione programmata si verifica o ci si attende non debba più accadere. Quando l’operazione si verifica, si applicano i paragrafi 97, 98 o 100. Se ci si attende che l’operazione non debba più accedere, l’utile (o la perdita) complessivo che era stato rilevato direttamente nel patrimonio netto deve essere rilevato nel conto economico.

Coperture di un investimento netto

102.

Le coperture di un investimento netto in una gestione estera, inclusa la copertura di un elemento monetario che è stato contabilizzato come una parte dell’investimento netto (cfr. IAS 21), devono essere contabilizzate in modo similare alle coperture di flussi finanziari:

a)

la parte dell’utile o della perdita sullo strumento di copertura che è determinata essere una copertura efficace (cfr. paragrafo 88) deve essere rilevata direttamente nel patrimonio netto tramite il prospetto delle variazioni nelle voci di patrimonio netto (cfr. IAS 1); e

b)

la parte non efficace deve essere rilevata nel conto economico.

L’utile o la perdita sullo strumento di copertura relativo alla parte efficace della copertura che è stata rilevata direttamente nel patrimonio netto deve essere rilevato nel conto economico alla dismissione della gestione estera.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

103.

Un’entità deve applicare il presente Principio (inclusi gli emendamenti emessi a marzo 2004) a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005. È consentita una applicazione anticipata. Un’entità non deve applicare il presente Principio (inclusi gli emendamenti emessi a marzo 2004) per esercizi antecedenti al 1o gennaio 2005 a meno che l’entità applichi anche lo IAS 32 (emesso a dicembre 2003). Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

103A

Un’entità deve applicare la modifica del paragrafo 2(j) a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Se un’entità applica le modifiche dell’IFRIC 5 Diritti derivanti da interessenze in fondi per smantellamenti, ripristini e bonifiche ambientali al bilancio di un esercizio precedente, tale modifica dovrà essere applicata a partire dal bilancio di quell’esercizio.

103B

I Contratti di garanzia finanziaria (Modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 4), emesso nell’agosto del 2005, ha modificato i paragrafi 2lettere e) e h), 4, 47 e AG4, ha aggiunto il paragrafo AG4A, ha aggiunto una nuova definizione di contratti di garanzia finanziaria nel paragrafo 9 e ha abrogato il paragrafo 3. L’entità deve applicare tali modifiche a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se una entità applica queste modifiche a un periodo precedente, tale fatto deve essere indicato e l’entità deve applicare le modifiche relative allo IAS 32 (2) e all’IFRS 4 contemporaneamente.

103G

Riclassificazione delle attività finanziarie (Modifiche allo IAS 39 e all'IFRS 7), pubblicato nell'ottobre 2008, ha modificato i paragrafi 50 e AG8 e ha aggiunto i paragrafi da 50B a 50F. L'entità deve applicare tali modifiche a partire dal 1o luglio 2008. L'entità non deve riclassificare un'attività finanziaria conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E prima del 1o luglio 2008. Qualsiasi riclassificazione di un'attività finanziaria effettuata in esercizi aventi inizio il 1o novembre 2008 o in data successiva acquisisce efficacia solo a partire dalla data in cui viene realizzata la riclassificazione. Qualsiasi riclassificazione di un'attività finanziaria conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E non deve essere applicata retroattivamente agli esercizi conclusi prima della data di entrata in vigore stabilita nel presente paragrafo.

104.

Il presente Principio deve essere applicato retroattivamente a eccezione di quanto specificato nei paragrafi da 105 a 108. Il bilancio di apertura degli utili portati a nuovo per il primo esercizio precedente presentato a fini comparativi e tutti gli altri importi comparativi devono essere rettificati come se il presente Principio fosse sempre stato applicato salvo che non sia fattibile fare una riesposizione. Qualora la riesposizione non sia fattibile, l’entità deve fornire informazioni su tale fatto e indicare la misura in cui le informazioni erano state rideterminate.

105.

All’atto della prima applicazione del presente Principio, una entità può designare una attività finanziaria precedentemente rilevata come disponibile per la vendita. Per una qualsiasi di tali attività finanziarie l’entità deve rilevare tutte le variazioni cumulative nel fair value (valore equo) in una componente distinta del patrimonio netto fino allo storno successivo o riduzione di valore, quando l’entità trasferirà tale utile o perdita complessivo nel conto economico. L’entità deve inoltre:

a)

rideterminare il valore dell’attività finanziaria utilizzando la nuova designazione nei bilanci comparativi; e

b)

indicare il fair value (valore equo) delle attività finanziarie alla data di designazione e la loro classificazione e il valore contabile nei bilanci precedenti.

105A

L’entità deve applicare i paragrafi 11A, 48A, da AG4B ad AG4K, AG33A e AG33B e le modifiche del 2005 ai paragrafi 9, 12 e 13 a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata.

105B

L’entità che applica per la prima volta i paragrafi 11A, 48A, da AG4B ad AG4K, AG33A e AG33B e le modifiche del 2005 ai paragrafi 9, 12 e 13 al bilancio dell’esercizio che inizia prima del 1o gennaio 2006:

a)

può, all’atto della prima applicazione di tali paragrafi nuovi e modificati, designare al fair value (valore equo) rilevato a conto economico qualsiasi attività o passività finanziaria rilevata precedentemente che quindi si qualifica per tale designazione. Per gli esercizi che iniziano prima del 1o settembre 2005, non è necessario che tali designazioni siano completate prima del 1o settembre 2005 e possono includere anche attività e passività finanziarie rilevate tra l’inizio di quell’esercizio e il 1o settembre 2005. Nonostante il paragrafo 91, qualsiasi attività e passività finanziaria designata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico in conformità con questo sottoparagrafo e che era stata precedentemente designata come elemento coperto nella contabilizzazione delle operazioni di copertura del fair value (valore equo), deve essere riclassificata nel momento in cui è designata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

b)

deve indicare il fair value (valore equo) di qualsiasi attività o passività finanziaria designata in conformità con il sottoparagrafo a) alla data di designazione oltre alla classificazione e al valore contabile riportati nel bilancio precedente;

c)

deve riclassificare qualsiasi attività o passività finanziaria precedentemente designata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico se non si qualifica per tale designazione in conformità con questi paragrafi nuovi e modificati. Quando una attività o passività finanziaria è valutata al costo ammortizzato dopo la riclassificazione, la data di riclassificazione è assunta come data della sua rilevazione iniziale;

d)

deve indicare il fair value (valore equo) di qualsiasi attività o passività finanziaria riclassificata in conformità con il sottoparagrafo c) alla data di riclassificazione e la nuova classificazione.

105C

L’entità che applica per la prima volta i paragrafi 11A, 48A, da AG4B ad AG4K, AG33A e AG33B e le modifiche del 2005 ai paragrafi 9, 12 e 13 al bilancio dell’esercizio che inizia a partire dal 1o gennaio 2006 o da data successiva:

a)

deve riclassificare qualsiasi attività o passività finanziaria precedentemente designata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico solo se non si qualifica per tale designazione in conformità con questi paragrafi nuovi e modificati. Quando una attività o passività finanziaria è valutata al costo ammortizzato dopo la riclassificazione, la data di riclassificazione è assunta come data della sua rilevazione iniziale;

b)

non deve designare al fair value (valore equo) rilevato a conto economico qualsiasi attività o passività finanziaria rilevata precedentemente.

c)

deve indicare il fair value (valore equo) di qualsiasi attività o passività finanziaria riclassificata in conformità con il sottoparagrafo a) alla data di riclassificazione e la nuova classificazione.

105D

L’entità deve rideterminare i bilanci comparativi che utilizzano le nuove designazioni ai sensi del paragrafo 105B o 105C a condizione che, nel caso di una attività finanziaria, di una passività finanziaria o di un gruppo di attività finanziarie, di passività finanziarie o di entrambe designati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, tali elementi o gruppi soddisfino i criteri specificati nei paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii), o 11A all’inizio del periodo comparativo o, se acquisiti successivamente all’inizio del periodo comparativo, soddisfino i criteri specificati nei paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii), o 11A alla data della rilevazione iniziale.

106.

Ad eccezione di quanto permesso dal paragrafo 107, un’entità deve applicare le disposizioni sull’eliminazione contabile dei paragrafi da 15 a 37 e dell’appendice A paragrafi da AG36 ad AG52 prospetticamente. Di conseguenza, se un’entità ha stornato attività finanziarie secondo quanto previsto dallo IAS 39 (rivisto nella sostanza nel 2000) in seguito ad una transazione che si è verificata prima del 1o gennaio 2004 e tali attività non sarebbero state eliminate secondo quanto previsto dal presente Principio, l’entità non deve rilevare tali attività.

107.

Nonostante il paragrafo 106, un’entità può applicare le disposizioni sull’eliminazione contabile dei paragrafi 15-37 e nell’appendice A paragrafi da AG36 ad AG52 retroattivamente da una data a sua scelta, a condizione che le informazioni necessarie per applicare lo IAS 39 alle attività e passività eliminate in seguito ad operazioni passate fossero state ottenute al momento della contabilizzazione iniziale di tali operazioni.

107A

Nonostante il paragrafo 104, un’entità può applicare le disposizioni previste dall’ultima frase del paragrafo AG76, e del paragrafo AG76A, in uno dei seguenti modi:

a)

prospetticamente, rispetto alle operazioni effettuate dopo il 25 ottobre 2002; o

b)

prospetticamente, rispetto alle operazioni effettuate dopo il 1o gennaio 2004.

108.

Un’entità non deve rettificare il valore contabile di attività e passività non finanziarie per escludere gli utili e le perdite correlati alle coperture di flussi finanziari che erano stati inclusi nel valore contabile prima dell’inizio dell’esercizio in cui il presente Principio è stato applicato per la prima volta. All’inizio dell’esercizio in cui il presente Principio è stato applicato per la prima volta, qualsiasi importo rilevato direttamente nel patrimonio netto per una copertura di un impegno irrevocabile che secondo quanto previsto dal presente Principio è contabilizzato come una copertura di fair value (valore equo) deve essere riclassificato come una attività o una passività, a eccezione di una copertura di un rischio di cambio su valuta estera che continua a essere trattata come una copertura di flussi finanziari.

108A

Un’entità deve applicare l’ultima frase del paragrafo 80 e i paragrafi AG99A e AG99B a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità ha designato come elemento coperto una operazione programmata con terzi che

a)

è denominata nella valuta funzionale dell’entità che effettua l’operazione,

b)

determina un’esposizione che avrà un impatto sul conto economico consolidato (ossia, è denominata in una valuta diversa dalla moneta di presentazione del gruppo), e

c)

avrebbe posseduto i requisiti per essere soggetta a una contabilizzazione di copertura se non fosse stata denominata nella valuta funzionale dell’entità che la effettua,

allora può essere applicata una contabilizzazione di copertura nel bilancio consolidato dell’esercizio o degli esercizi antecedenti alla data di applicazione dell’ultima frase del paragrafo 80 e dei paragrafi AG99A e AG99B.

108B

Un’entità non deve necessariamente applicare il paragrafo AG99B alle informazioni comparative relative agli esercizi precedenti alla data di applicazione dell’ultima frase del paragrafo 80 e del paragrafo AG99A.

RITIRO DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

109.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione rivisto nella sostanza nell’ottobre 2000.

110.

Il presente Principio e la Guida applicativa che lo accompagna sostituiscono la Guida applicativa emessa dall’Implementation Guidance Committee sullo IAS 39 nominato dal precedente IASC.


(1)  I paragrafi 48 e 49 e da AG69 ad AG82 dell’appendice A contengono le disposizioni per la determinazione del fair value (valore equo) di un’attività o di una passività finanziaria.

(2)  Quando una entità applica l’IFRS 7, il riferimento allo IAS 32 è sostituito dal riferimento all’IFRS 7.

Appendice A

Guida operativa

Questa appendice costituisce parte integrante del Principio.

AMBITO DI APPLICAZIONE (paragrafi 2-7)

AG1.

Alcuni contratti prevedono un pagamento effettuato sulla base di variabili climatiche, geologiche o fisiche. (Quelli basati su variabili climatiche sono a volte detti «derivati climatici»). Rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio quei contratti che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4.

AG2.

Il presente Principio non cambia le disposizioni relative ai piani di benefici per dipendenti in conformità allo IAS 26 Rilevazione e rappresentazione in bilancio dei fondi pensione e accordi di royalty basati sul volume delle vendite o dei ricavi da servizi che sono disciplinati dallo IAS 18.

AG3.

Talvolta, l’entità effettua quello che concepisce come un «investimento strategico» in strumenti rappresentativi di capitale emessi da un’altra entità, con l’intenzione di stabilire o mantenere una relazione operativa di lungo periodo con l’entità nella quale l’investimento è effettuato. L’entità che investe utilizza lo IAS 28 per determinare se il metodo di contabilizzazione del patrimonio netto è appropriato per tale investimento. Analogamente, l’entità che investe utilizza lo IAS 31 per stabilire se per tale investimento sia più appropriata la contabilizzazione con il consolidamento proporzionale o con il metodo del patrimonio netto. Se né il metodo del patrimonio netto né il consolidamento proporzionale risultano appropriati, l’entità applica il presente Principio per la contabilizzazione dell’investimento strategico.

AG3A

Il presente Principio si applica ad attività e passività finanziarie degli assicuratori, diverse da diritti e obbligazioni esclusi ai sensi del paragrafo 2, lettera e), in quanto derivanti da contratti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4.

AG4.

I contratti di garanzia finanziaria possono assumere diverse forme giuridiche, come una garanzia, una lettera di credito, un contratto di default del credito o un contratto assicurativo. Il loro trattamento contabile non dipende dalla forma giuridica. Gli esempi che seguono indicano il trattamento contabile appropriato [cfr. paragrafo 2, lettera e)]:

a)

Sebbene un contratto di garanzia finanziaria soddisfi la definizione di contratto assicurativo ai sensi dell’IFRS 4, se il rischio trasferito è rilevante l’emittente applica il presente Principio. Ciò nonostante se l’emittente ha precedentemente dichiarato espressamente di considerare tali contratti come contratti assicurativi e ha adottato criteri contabili applicabili a contratti assicurativi, l’emittente può scegliere di applicare il presente Principio o l’IFRS 4 a tali contratti di garanzia finanziaria. Se si applica il presente Principio, il paragrafo 43 richiede all’emittente di rilevare un contratto di garanzia finanziaria inizialmente al fair value (valore equo). Se il contratto di garanzia finanziaria era stato emesso nei confronti di un soggetto terzo in una transazione libera e autonoma, il suo fair value (valore equo) al momento dell’emissione sarà probabilmente uguale al premio ricevuto, a meno di evidenze contrarie. Successivamente, a meno che il contratto di garanzia finanziaria non sia stato designato al momento dell’emissione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico o a meno che non si applichino i paragrafi da 29 a 37 e da AG47 ad AG52 (caso in cui il trasferimento di una attività finanziaria non si qualifica per l’eliminazione contabile oppure quando si applica l’approccio del coinvolgimento residuo), l’emittente lo valuta al maggiore tra:

i)

l’importo determinato secondo lo IAS 37; e

ii)

l’importo rilevato inizialmente meno, ove applicabile, l’ammortamento accumulato rilevato in conformità con lo IAS 18 [cfr. paragrafo 47, lettera c)];

b)

alcune garanzie relative al credito non prevedono, come condizione preliminare per il pagamento, che il possessore sia esposto all’inadempienza del debitore nell’effettuare i pagamenti relativi all’attività garantita alla scadenza e subisca una perdita conseguente. Un esempio di tale garanzia è rappresentato dai contratti che prevedono pagamenti in caso di variazioni del merito di credito (rating) o indice di credito prestabilito. Tali garanzie non rappresentano contratti di garanzia finanziaria secondo la definizione del presente Principio, e non sono contratti assicurativi secondo la definizione dell’IFRS 4. Queste garanzie sono dei derivati e l’emittente applica il presente Principio;

c)

se un contratto di garanzia finanziaria è stato emesso in relazione alla vendita di merci, l’emittente applica lo IAS 18 nel determinare il momento in cui rilevare i ricavi derivanti dalla garanzia e dalla vendita di merci.

AG4A

L’affermazione che l’emittente considera i contratti come contratti assicurativi si trova in genere nelle comunicazioni dell’emittente ai clienti e alle autorità di regolamentazione, nei contratti, nella documentazione commerciale e nel bilancio. Inoltre, i contratti assicurativi sono spesso soggetti a disposizioni contabili distinte da quelle di altri tipi di operazione, come i contratti emessi da banche o società commerciali. In tali casi, il bilancio di un emittente di solito include una dichiarazione che l’emittente ha applicato tali disposizioni contabili.

DEFINIZIONI (paragrafi 8 e 9)

Designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico

AG4B

Il paragrafo 9 del presente Principio permette a una entità di designare una attività finanziaria, una passività finanziaria o un gruppo di strumenti finanziari (attività finanziarie, passività finanziarie o entrambe) al fair value (valore equo) rilevato a conto economico a condizione che questo consenta di ottenere informazioni più rilevanti.

AG4C

La decisione di una entità di designare una attività o una passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico è simile a una scelta di principio contabile (sebbene, a differenza di una scelta di principio contabile, non è necessario applicarla uniformemente a tutte le operazioni similari). Quando una entità ha tale possibilità di scelta, il paragrafo 14, lettera b), dello IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori stabilisce che il principio contabile prescelto comporti informazioni attendibili e più rilevanti in bilancio in merito agli effetti delle operazioni, di altri eventi e condizioni sulla situazione patrimoniale-finanziaria, sull’andamento economico e sui flussi finanziari della entità. Nel caso della designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, il paragrafo 9 indica le due circostanze in cui la disposizione che richiede informazioni più rilevanti sarà soddisfatta. Di conseguenza, per poter scegliere tale designazione in conformità con il paragrafo 9, l’entità ha bisogno di dimostrare di rientrare in una delle due circostanze seguenti (o in entrambe):

Paragrafo 9, lettera b), punto i): La designazione elimina o riduce significativamente la mancanza di uniformità di una valutazione o di una rilevazione che altrimenti ne deriverebbe

AG4D

Secondo lo IAS 39, la valutazione di una attività o passività finanziaria e la classificazione delle variazioni di valore rilevate sono determinate dalla classificazione dell’elemento e dal fatto che l’elemento sia o meno parte di una relazione di copertura designata. Tali disposizioni possono creare una mancanza di uniformità nella valutazione o rilevazione (talvolta definita «asimmetria contabile») quando, per esempio, in assenza di una designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, una attività finanziaria è classificata come disponibile per la vendita (con la maggior parte delle variazioni del fair value (valore equo) rilevate direttamente nel patrimonio netto) e una passività che l’entità considera collegata è invece valutata al costo ammortizzato (con le variazioni del fair value (valore quo) non rilevate). In tali circostanze, un’entità può concludere che il proprio bilancio fornirebbe informazioni più rilevanti se sia l’attività che la passività fossero classificate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

AG4E

Gli esempi seguenti illustrano le circostanze in cui tale condizione potrebbe essere soddisfatta. In tutti i casi, un’entità può utilizzare questa condizione per designare attività o passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico soltanto se essa soddisfa il principio di cui al paragrafo 9, lettera b), punto i).

a)

Un’entità ha delle passività i cui flussi finanziari sono contrattualmente basati sull’andamento economico di attività che sarebbero altrimenti classificate come disponibili per la vendita. Per esempio, un assicuratore può avere delle passività contenenti un elemento di partecipazione discrezionale che riconosce dei benefici in base ai rendimenti degli investimenti realizzati e/o non realizzati di un determinato gruppo di attività dell’assicuratore. Se la valutazione di tali passività riflette i prezzi di mercato correnti, la classificazione di tali attività al fair value (valore equo) rilevato al conto economico implica che le variazioni del fair value (valore equo) delle attività finanziarie sono rilevate in conto economico nello stesso esercizio delle relative variazioni di valore delle passività.

b)

Una entità ha delle passività derivanti da contratti assicurativi la cui valutazione incorpora delle informazioni correnti (come consentito dall’IFRS 4, paragrafo 24), e delle attività finanziarie che considera correlate, che sarebbero state altrimenti classificate come disponibili per la vendita o valutate al costo ammortizzato.

c)

Una entità possiede attività finanziarie, passività finanziarie o entrambe che condividono un rischio, come un rischio di tasso d’interesse, che dà origine a variazioni di segno opposto del fair value (valore equo) che tendono a compensarsi. Tuttavia, soltanto alcuni degli strumenti sarebbero valutati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico (ossia i derivati, o quelli classificati come posseduti per negoziazione). Potrebbe anche verificarsi che le disposizioni per la contabilizzazione delle operazioni di copertura non siano soddisfatte, per esempio in quanto le disposizioni per l’efficacia di cui al paragrafo 88 non sono soddisfatte.

d)

Una entità possiede attività finanziarie, passività finanziarie o entrambe che condividono un rischio, come un rischio di tasso di interesse, che dà origine a variazioni di segno opposto del fair value (valore equo) che tendono a compensarsi e l’entità non le qualifica come operazioni di contabilizzazione di copertura in quanto nessuno degli strumenti è un derivato. Inoltre, in assenza di contabilizzazione delle operazioni di copertura esiste una significativa mancanza di uniformità nella rilevazioni degli utili e delle perdite. Per esempio:

i)

l’entità ha finanziato un portafoglio di attività a tasso fisso che sarebbero altrimenti classificate come disponibili per la vendita con obbligazioni a tasso fisso le cui variazioni di fair value (valore equo) tendono a compensarsi. La rilevazione delle attività e delle obbligazioni al fair value (valore equo) rilevato a conto economico corregge la mancanza di uniformità che altrimenti deriverebbe dalla valutazione delle attività al fair value (valore equo), con le variazioni riportate nel patrimonio netto, e delle obbligazioni al costo ammortizzato;

ii)

l’entità ha finanziato un gruppo specifico di finanziamenti attraverso l’emissione di obbligazioni negoziate le cui variazioni di fair value (valore equo) tendono a compensarsi. Se, inoltre, l’entità acquista e vende regolarmente le obbligazioni ma raramente, se non mai, acquista e vende i finanziamenti, rilevando sia i finanziamenti sia le obbligazioni al fair value (valore equo) rilevato a conto economico elimina la mancanza di uniformità nei tempi di rilevazione degli utili e delle perdite che altrimenti risulterebbe dalla valutazione di entrambi al costo ammortizzato e rilevando un utile o una perdita ogniqualvolta che l’obbligazione è riacquistata.

AG4F

In casi analoghi a quelli descritti al paragrafo precedente la designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, al momento della rilevazione iniziale, di attività e passività finanziarie non altrimenti valutate, può eliminare o ridurre significativamente la mancanza di uniformità nella valutazione o rilevazione e produrre informazioni più rilevanti. Ai fini pratici, l’entità non ha bisogno di negoziare contemporaneamente tutte le attività e passività dando origine a una di mancanza di uniformità nella valutazione o nella rilevazione. È consentito un ritardo ragionevole a condizione che ciascuna operazione sia designata al fair value (valore equo) rilevato a conto economico al momento della rilevazione iniziale e, allo stesso tempo, ci si aspetta che le restanti operazioni si verifichino.

AG4G

Non sarebbe accettabile designare al fair value (valore equo) rilevato a conto economico soltanto alcune delle attività e passività finanziarie che comportano una mancanza di uniformità, se così facendo non si eliminano o non si riducono significativamente la mancanza di uniformità e quindi non si ottengono informazioni più rilevanti. Tuttavia, sarebbe accettabile designare soltanto alcune tra un certo numero di attività o passività finanziarie similari se ciò consentisse di ottenere una riduzione significativa (e possibilmente una riduzione maggiore di quella che si otterrebbe con altre designazioni consentite) della mancanza di uniformità. Per esempio, si ipotizzi che una entità abbia un certo numero di passività finanziarie similari che ammontano complessivamente a CU 100 (1) e un numero di attività finanziarie similari che ammontano complessivamente a CU 50 ma che sono valutate diversamente. L’entità può ridurre significativamente la mancanza di uniformità nella valutazione designando, al momento della rilevazione iniziale, tutte le attività, ma soltanto alcune delle passività (per esempio, singole passività per un totale composto di CU 45) al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Tuttavia, poiché la designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico può essere applicata soltanto a uno strumento finanziario nella sua interezza, l’entità di questo esempio deve designare una o più passività nella loro interezza. Essa non potrebbe designare una componente di una passività (per esempio, variazioni di valore attribuibili soltanto a un fattore di rischio, come le variazioni di un tasso di interesse di riferimento) o una sua quota parte (per esempio, una percentuale) di una passività.

Paragrafo 9, lettera b), punto ii): Un gruppo di attività finanziarie, di passività finanziarie o di entrambe è gestito ed il suo rendimento è valutato al fair value (valore equo), in base a una strategia di gestione del rischio o d’investimento documentata

AG4H

Una entità può gestire e valutare l’andamento di un gruppo di attività, passività finanziarie o di entrambi in modo tale che la valutazione di tale gruppo al fair value (valore equo) rilevato a conto economico consente di ottenere informazioni più rilevanti. In questa circostanza, l’attenzione si concentra sul modo in cui l’entità gestisce e valuta l’andamento piuttosto che sulla natura dei suoi strumenti finanziari.

AG4I

Gli esempi seguenti illustrano le circostanze in cui tale condizione potrebbe essere soddisfatta. In tutti i casi, un’entità può utilizzare questa condizione per designare attività o passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico soltanto se essa soddisfa il principio di cui al paragrafo 9, lettera b), punto ii).

a)

L’entità è una società d’investimento in capitale di rischio, un fondo comune, un fondo d’investimento o una entità analoga che si occupa di investimenti in attività finanziarie per trarre profitto dal loro rendimento complessivo sotto forma di interessi o dividendi e variazioni del fair value (valore equo). Lo IAS 28 e lo IAS 31 consentono che tali investimenti siano esclusi dal loro ambito di applicazione a condizione che essi siano valutati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Una entità può applicare lo stesso principio contabile ad altri investimenti gestiti in base al rendimento complessivo ma sui quali non ha un’influenza sufficiente per farli rientrare nell’ambito di applicazione dello IAS 28 o dello IAS 31.

b)

L’entità possiede attività e passività finanziarie che condividono uno o più rischi e tali rischi sono gestiti e valutati in base al fair value (valore equo) in conformità con una politica documentata di gestione delle attività e delle passività. Un esempio potrebbe essere quello di una entità che abbia emesso dei «prodotti strutturati» contenenti più derivati incorporati e che gestisca i rischi risultanti in base al fair value (valore equo) utilizzando un insieme di strumenti finanziari derivati e non derivati. Un esempio simile potrebbe essere una entità che concede finanziamenti a tasso di interesse fisso e gestisce il rischio di tasso di interesse di riferimento utilizzando un insieme di strumenti finanziari derivati e non derivati.

c)

L’entità è un assicuratore che possiede un portafoglio di attività finanziarie, che gestisce in modo da massimizzarne il rendimento complessivo [ossia, interessi o dividendi e variazioni di fair value (valore equo)] e ne valuta il risultato economico su tale base. Il portafoglio può essere posseduto a garanzia di specifiche passività, patrimonio netto o entrambi. Se il portafoglio è posseduto a garanzia di passività specifiche, la condizione di cui al paragrafo 9, lettera b), punto ii) può essere soddisfatta per le attività a prescindere dal fatto che l’assicuratore gestisca e valuti anche le passività in base al fair value (valore equo). La condizione del paragrafo 9, lettera b), punto ii) può essere soddisfatta quando la finalità dell’assicuratore è quella di massimizzare il rendimento complessivo delle attività nel lungo periodo anche se gli importi corrisposti ai possessori di contratti di partecipazione dipendono da altri fattori, quali l’ammontare degli utili realizzati nel breve periodo (per esempio un anno) o quando sono soggetti alla discrezionalità dell’assicuratore.

AG4J

Come evidenziato in precedenza, questa condizione è basata sul modo in cui l’entità gestisce e valuta l’andamento del gruppo di strumenti finanziari in esame. Di conseguenza, (subordinatamente alla disposizione di designazione al momento della rilevazione iniziale) una entità che designa gli strumenti finanziari al fair value (valore equo) rilevato a conto economico sulla base di questa condizione, deve anche designare tutti gli altri strumenti finanziari idonei che sono gestiti e valutati insieme.

AG4K

La documentazione della strategia della entità non deve essere necessariamente esaustiva ma dovrebbe essere sufficiente a dimostrare la conformità con il paragrafo 9, lettera b), punto ii). Tale documentazione non è richiesta per ogni singolo elemento, ma può essere presentata in base al portafoglio complessivo. Per esempio, se il sistema di gestione della «performance» di un dipartimento, come approvato dai dirigenti con responsabilità strategiche della entità, dimostra chiaramente che il suo andamento è valutato in base al rendimento complessivo, non è richiesta altra documentazione per dimostrare la conformità con il paragrafo 9, lettera b), punto ii).

Tasso di interesse effettivo

AG5.

In alcuni casi, le attività finanziarie sono acquisite con grossi sconti che riflettono le perdite sostenute su crediti. Le entità includono tali perdite su crediti nei flussi finanziari stimati nel calcolo del tasso di interesse effettivo.

AG6.

Quando si applica il criterio dell’interesse effettivo, un’entità generalmente ammortizza lungo la vita attesa dello strumento eventuali commissioni, punti corrisposti o ricevuti, costi sostenuti per l’operazione e altri premi o sconti inclusi nel calcolo del tasso di interesse effettivo. Tuttavia, si utilizza un periodo più breve se questo è il periodo a cui le commissioni, punti pagati o ricevuti, costi sostenuti per l’operazione, premi o sconti sono collegati. Ciò potrà verificarsi quando la variabile a cui le commissioni, i punti pagati o ricevuti, le spese sostenute per l’operazione, i premi o gli sconti fanno riferimento subisce una variazione di prezzo in base ai tassi del mercato prima della scadenza attesa dello strumento. In tale caso, il periodo di ammortamento appropriato è il periodo sino alla successiva data di ricalcolo del prezzo. Per esempio, se un premio o uno sconto su uno strumento a tasso variabile riflette l’interesse che è maturato sullo strumento da quando l’interesse è stato pagato l’ultima volta, o le variazioni nei tassi di mercato da quando il tasso di interesse variabile è stato rideterminato ai tassi di mercato, questo sarà ammortizzato sino alla data successiva in cui il tasso di interesse variabile è rideterminato ai tassi di mercato. Questo avviene perché il premio o lo sconto fanno riferimento al periodo relativo sino alla data successiva di rideterminazione dell’interesse, poiché in tale data, la variabile a cui il premio o lo sconto fa riferimento (ossia i tassi di interesse) è rideterminata ai tassi di mercato. Se, tuttavia, il premio o lo sconto deriva da un cambiamento dello spread creditizio sul tasso variabile specificato nello strumento, o da altre variabili che non sono rideterminate ai tassi di mercato, il premio o lo sconto è ammortizzato lungo la vita attesa dello strumento.

AG7.

Per le attività e passività finanziarie a tasso variabile, i flussi finanziari sono rideterminati periodicamente per riflettere le variazioni dei tassi di interesse di mercato e ciò altera il tasso di interesse effettivo. Se un’attività o una passività finanziaria a tasso variabile è rilevata inizialmente ad un valore equivalente al capitale dovuto o da ricevere a scadenza, la rideterminazione dei futuri pagamenti di interessi normalmente non ha alcun effetto significativo sul valore contabile dell’attività o passività.

AG8.

Se un’entità rivede le proprie stime di riscossioni o pagamenti, l’entità deve rettificare il valore contabile dell’attività o passività finanziaria (o gruppo di strumenti finanziari) per riflettere gli stimati flussi finanziari stimati effettivi e rideterminati. L’entità ricalcola il valore contabile calcolando il valore attuale degli stimati dei flussi finanziari futuri stimati al tasso di interesse effettivo originario dello strumento finanziario. La rettifica è rilevata come provento o onere nel conto economico. Se un'attività finanziaria è riclassificata conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E e l'entità aumenta successivamente le sue stime degli incassi futuri a seguito del maggiore grado di recuperabilità di tali incassi, l'effetto di tale aumento deve essere rilevato come adeguamento al tasso di interesse effettivo dalla data del cambiamento della stima anziché come adeguamento al valore contabile dell'attività alla data del cambiamento della stima.

Derivati

AG9

Esempi tipici di contratti derivati sono i future e contratti forward, swap e opzioni. Un derivato solitamente presenta un valore nominale, rappresentato da un importo in valuta, un numero di azioni, un numero di unità di peso o di volume o altre unità specificate nel contratto. Tuttavia, uno strumento derivato non richiede al possessore o all’emittente di investire o di ricevere il valore nominale alla stipula del contratto. Alternativamente, un derivato potrebbe richiedere un pagamento fisso o un pagamento di un importo che può variare (ma non proporzionalmente con una variazione dello strumento sottostante) come risultato di un evento futuro che non è collegato ad un importo nozionale. Per esempio, un contratto può richiedere un pagamento fisso di CU1 000 (2) se il LIBOR a sei mesi aumenta di 100 punti base. Tale contratto è un derivato anche se un importo nozionale non è specificato.

AG10

La definizione di derivato nel presente Principio include contratti che sono regolati con la consegna dello strumento sottostante (ad esempio un contratto forward di acquisto di uno strumento di debito a tasso fisso). Un’entità può avere un contratto per acquistare o vendere un elemento non finanziario che può essere regolato in disponibilità liquide o con altro strumento finanziario o scambiando strumenti finanziari (ad esempio un contratto per l’acquisto o la vendita di una merce a un prezzo fisso in una data futura). Tale contratto rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio a meno che esso sia stato sottoscritto e continui ad essere posseduto al fine di consegnare un elemento non finanziario secondo le disposizioni d’acquisto, vendita o uso previste dell’entità (cfr. paragrafi da 5 a 7).

AG11

Una delle caratteristiche di un derivato è che ha un investimento netto iniziale che è minore rispetto a quanto sarebbe richiesto per altri tipi di contratti che ci si aspetterebbe avere una reazione simile alle variazioni dei fattori di mercato. Un contratto di opzione soddisfa tale definizione poiché il premio è inferiore all’investimento che sarebbe richiesto per ottenere lo strumento finanziario sottostante al quale l’opzione finanziaria è collegata. Un currency swap che richiede uno scambio iniziale di valute diverse di pari fair value (valore equo) soddisfa la definizione perché ha un investimento netto iniziale pari a zero.

AG12

Un acquisto o vendita standardizzato dà origine ad un impegno a pagare un prezzo fisso tra la data di negoziazione e la data di regolamento che soddisfa la definizione di derivato. Tuttavia, a causa della breve durata dell’impegno contrattuale non è rilevato come uno strumento derivato. Piuttosto, il presente Principio richiede un’apposita contabilizzazione per tali contratti standardizzati (cfr. paragrafi 38 e da AG53 ad AG56).

AG12A

La definizione di derivato fa riferimento a variabili non finanziarie che non sono specifiche di una parte contrattuale. Queste includono un indice delle perdite da terremoti in una particolare regione e un indice delle temperature in una particolare città. Le variabili non finanziarie specifiche di una parte contrattuale includono il verificarsi o meno di un incendio che danneggi o distrugga una attività di tale parte contrattuale. Una variazione del fair value (valore equo) di un’attività non finanziaria è specifica del proprietario se il fair value (valore equo) riflette non soltanto le variazioni dei prezzi di mercato di tale attività (variabile finanziaria) ma anche la condizione della specifica attività non finanziaria posseduta (variabile non finanziaria). Per esempio, se una garanzia del valore residuo di una particolare automobile espone il garante al rischio di cambiamenti nella condizione fisica dell’auto stessa, la variazione di tale valore residuo è specifica del proprietario dell’auto.

Costi di transazione

AG13

I costi di transazione includono gli onorari e le commissioni pagati ad agenti (inclusi i dipendenti che svolgono la funzione di agenti di commercio), consulenti, mediatori e operatori, i contributi prelevati da organismi di regolamentazione e dalle Borse valori, le tasse e oneri di trasferimento. I costi di transazione non includono premi o sconti, costi di finanziamento, o costi interni amministrativi o di gestione.

Attività e passività finanziarie possedute per negoziazione

AG14

Generalmente la negoziazione riflette un’attiva e frequente attività di acquisto e vendita e gli strumenti finanziari posseduti per negoziazione che sono generalmente utilizzati al fine di generare un utile da fluttuazioni di prezzo a breve termine o dal profitto dell’operatore.

AG15

Le passività finanziarie possedute per negoziazione includono:

a)

passività derivative che non sono contabilizzate come strumenti di copertura;

b)

obbligazioni a consegnare attività finanziarie prese a prestito da un venditore allo scoperto (ossia un’entità che vende attività finanziarie prese a prestito e non ancora possedute);

c)

passività finanziarie che sono sostenute con un’intenzione di acquistarle a breve termine [ossia uno strumento di debito quotato che l’emittente può riacquistare a breve termine a seconda delle variazioni del fair value (valore equo)]; e

d)

passività finanziarie che sono parte di un portafoglio di strumenti finanziari identificati che sono gestiti insieme e per i quali esistono evidenze di un recente andamento di profitti nel breve periodo.

Il fatto che una passività sia utilizzata per finanziare attività di negoziazione non qualifica di per sé la passività come posseduta per negoziazione.

Investimenti posseduti sino a scadenza

AG16

Un’entità non ha un manifesto interesse a possedere sino alla scadenza un investimento in un’attività finanziaria con una scadenza fissa se:

a)

l’entità intende possedere l’attività finanziaria per un periodo indefinito;

b)

l’entità è pronta a vendere l’attività finanziaria (a eccezione del caso in cui si verifichi una situazione non ricorrente e che non poteva essere ragionevolmente prevista dall’entità) a seguito di variazioni dei tassi di interesse o rischi di mercato, necessità di liquidità, variazioni nella disponibilità e nel rendimento di investimenti alternativi, variazioni nelle fonti e nei termini di finanziamento o variazioni nel rischio di cambio; o

c)

l’emittente ha il diritto di regolare l’attività finanziaria per un importo significativamente inferiore al suo costo ammortizzato.

AG17

Uno strumento di debito con un tasso di interesse variabile può soddisfare le condizioni previste per essere qualificato come investimento posseduto sino alla scadenza. Gli strumenti rappresentativi di capitale non possono essere considerati un investimento posseduto sino alla scadenza perché non hanno una vita limitata nel tempo (come, per esempio, le azioni ordinarie) o perché gli importi che il possessore può ricevere possono variare in un modo non predeterminato (come, per esempio, opzioni, warrant e simili diritti su azioni). Con riferimento alla definizione di investimenti posseduti sino alla scadenza, i pagamenti fissi o determinabili e la scadenza fissa presuppongono l’esistenza di un accordo di natura contrattuale che definisca gli importi e le date in cui deve essere effettuato un pagamento al possessore, quali pagamenti di interessi e di capitale. Un rischio significativo di mancato pagamento non preclude la classificazione di un’attività finanziaria come posseduta sino alla scadenza se i pagamenti contrattuali sono fissati o determinabili e se altri criteri per tale classificazione sono soddisfatti. Se i termini di uno strumento di debito perpetuo richiedono pagamenti di interesse per un periodo indefinito, lo strumento non può essere classificato come posseduto sino alla scadenza perché non c’è una data di scadenza.

AG18

I criteri per classificare un investimento come posseduto sino alla scadenza sono soddisfatti per un’attività finanziaria che è redimibile dall’emittente se il possessore ha l’intenzione ed è in grado di possederla sino a quando è richiamata dall’emittente o sino alla scadenza e il possessore recupererà sostanzialmente tutto il suo valore contabile. L’opzione call dell’emittente, qualora esercitata, accelera semplicemente la scadenza dell’attività. Tuttavia, se l’attività finanziaria è redimibile secondo un criterio per cui il possessore non recupererebbe sostanzialmente tutto il suo valore contabile, l’attività finanziaria non può essere qualificata come un investimento posseduto sino alla scadenza. L’entità nel calcolare se il valore contabile è sostanzialmente recuperato considera qualsiasi premio pagato e qualsiasi costo di transazione capitalizzato.

AG19

Un’attività finanziaria con opzione a vendere (ossia il possessore ha il diritto di richiedere che l’emittente ripaghi o riscatti l’attività finanziaria prima della scadenza) non può essere classificata come un investimento posseduto sino alla scadenza perché il pagamento del premio per un’opzione a vendere un’attività finanziaria non è coerente con l’espressa volontà di possedere l’attività sino alla scadenza.

AG20

Per la maggior parte delle attività finanziarie, il fair value (valore equo) è una misura più adeguata del costo ammortizzato. La classificazione «posseduta sino alla scadenza» rappresenta un’eccezione ed è utilizzabile solo se l’entità ha un’effettiva intenzione e la capacità di mantenere l’investimento sino alla scadenza. Quando i comportamenti dell’entità hanno generato dubbi sull’intenzione e sulla capacità di possedere tali investimenti sino alla scadenza, il paragrafo 9 preclude l’uso dell’eccezione per un ragionevole periodo di tempo.

AG21

Una «prospettiva disastrosa» che è soltanto remota, come una corsa al prelievo dei depositi di una banca o una situazione similare che tocca un assicuratore, non è qualcosa che viene valutato da un’entità nel decidere se vi sia l’effettiva intenzione e capacità di possedere un investimento sino alla scadenza.

AG22

Le vendite prima della scadenza potrebbero soddisfare la condizione del paragrafo 9 — e, perciò, non originare un dubbio sull’intenzione dell’entità di possedere altri investimenti sino alla scadenza — se esse sono attribuibili a uno dei seguenti aspetti:

a)

un significativo deterioramento dell’affidabilità di credito dell’emittente. Per esempio, una vendita a seguito di un declassamento del merito di credito da parte di un’agenzia di rating esterna non originerebbe necessariamente un dubbio sull’intenzione dell’entità di possedere altri investimenti sino alla scadenza se il declassamento fornisce prove di un importante deterioramento dell’affidabilità di credito dell’emittente stimato in base al merito di credito al momento della rilevazione iniziale. Analogamente, se un’entità usa indici di rating interni per la valutazione delle esposizioni, le variazioni in quegli indici interni possono aiutare ad identificare gli emittenti per i quali si è verificato un deterioramento dell’affidabilità del credito, a condizione che l’approccio dell’entità per l’assegnazione degli indici interni e per le variazioni di tali indici fornisca una valutazione uniforme, affidabile e obiettiva della qualità del credito degli emittenti. Qualora vi sia prova che un’attività finanziaria ha subito una riduzione di valore (cfr. paragrafi 58 e 59), il deterioramento dell’affidabilità del credito è spesso visto come significativo;

b)

una variazione nella normativa tributaria che elimina o riduce significativamente la condizione di esenzione dalle imposte degli interessi sugli investimenti posseduti sino alla scadenza (ma non una variazione nella normativa tributaria che modifica l’aliquota fiscale marginale applicabile agli interessi attivi);

c)

un’importante aggregazione aziendale o un’importante dismissione (quale può essere la vendita di un ramo aziendale) che necessita la vendita o il trasferimento di investimenti posseduti sino alla scadenza per mantenere l’esistente posizione di rischio sul tasso di interesse o la politica di rischio di credito dell’entità (sebbene l’aggregazione aziendale di per sé sia un evento sotto il controllo dell’entità, le variazioni nel suo portafoglio di investimenti per mantenere una posizione di rischio sul tasso di interesse o la politica di rischio di credito possono essere consequenziali piuttosto che previste con anticipo);

d)

una variazione nelle disposizioni normative o regolamentari che modifica significativamente ciò che costituisce un investimento consentito o il livello massimo di particolari tipi di investimento, situazioni queste che spingono l’entità a dismettere un investimento posseduto sino alla scadenza;

e)

un significativo incremento dei requisiti patrimoniali previsti dagli organi di vigilanza che inducono l’entità ad un ridimensionamento con la vendita degli investimenti posseduti sino alla scadenza;

f)

un aumento significativo nella ponderazione dei rischi degli investimenti posseduti sino alla scadenza ai fini dei requisiti patrimoniali di vigilanza.

AG23

Un’entità non ha una dimostrata capacità di possedere sino alla scadenza un investimento in un’attività finanziaria con una scadenza fissa se:

a)

non ha risorse finanziarie disponibili per continuare a sostenere l’investimento sino alla scadenza; o

b)

è soggetta ad una esistente restrizione legale o di altro tipo che potrebbe vanificare l’intenzione di possedere l’attività finanziaria sino alla scadenza. (Tuttavia, un’opzione call dell’emittente non vanifica necessariamente l’intenzione di un’entità di possedere un’attività finanziaria sino alla scadenza — cfr. paragrafo AG18.)

AG24

Circostanze diverse da quelle descritte nei paragrafi da AG16 ad AG23 possono indicare che l’entità non ha l’effettiva intenzione o capacità di possedere un investimento sino alla scadenza.

AG25

L’entità valuta la propria intenzione e capacità di possedere sino alla scadenza i propri investimenti qualificati come posseduti sino alla scadenza non solo quando tali attività finanziarie sono inizialmente rilevate, ma anche a ogni successiva data di riferimento del bilancio.

Finanziamenti e crediti

AG26

Qualsiasi attività finanziaria non derivata con pagamenti fissi o determinabili (inclusi finanziamenti attivi, crediti commerciali, investimenti in strumenti di debito e depositi presso banche) potrebbe potenzialmente soddisfare la definizione di finanziamenti e crediti. Tuttavia, un’attività finanziaria che è quotata in un mercato attivo (come uno strumento di debito quotato, cfr. paragrafo AG71) non soddisfa le condizioni per la classificazione come finanziamento o credito. Le attività finanziarie che non soddisfano la definizione di finanziamenti e crediti possono essere classificate come investimenti posseduti sino alla scadenza se soddisfano le condizioni per tale classificazione (cfr. paragrafo 9 e paragrafi da AG16 ad AG25). Al momento della rilevazione iniziale di un’attività finanziaria che sarebbe altrimenti classificata come un finanziamento o un credito, un’entità può designarla come un’attività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, o disponibile per la vendita.

DERIVATI INCORPORATI (paragrafi da 10 a 13)

AG27

Se un contratto primario non ha una stabilita o predeterminata scadenza e rappresenta un’interessenza residua nelle attività nette di un’entità, allora le sue caratteristiche e rischi economici sono quelli di uno strumento rappresentativo di capitale, e un derivato incorporato dovrebbe avere le caratteristiche di capitale relative alla stessa entità per considerarsi strettamente correlato. Se il contratto primario non è uno strumento rappresentativo di capitale e soddisfa la definizione di strumento finanziario, allora le sue caratteristiche e rischi economici sono quelli di uno strumento di debito.

AG28

Un derivato incorporato privo di opzioni (quale un contratto forward o swap incorporato) è separato dal contratto primario sulla base delle condizioni sostanziali stabilite o implicite, in modo che abbia un fair value (valore equo) pari a zero alla rilevazione iniziale. Un derivato incorporato basato su opzioni (quali un’opzione incorporata put, call, cap, floor o swap) è separato dal contratto primario sulla base delle condizioni definite dell’elemento opzione. Il valore contabile iniziale dello strumento primario corrisponde all’importo residuo dopo la separazione del derivato incorporato.

AG29

Generalmente, derivati incorporati multipli in uno strumento singolo sono trattati come un singolo derivato incorporato composto. Tuttavia, i derivati incorporati che sono classificati come rappresentativi di capitale (cfr. IAS 32) sono contabilizzati separatamente da quelli classificati come attività o passività. Inoltre, se uno strumento ha più di un derivato incorporato, e quei derivati si riferiscono a diverse esposizioni al rischio e sono prontamente separabili e indipendenti l’uno dall’altro, sono contabilizzati separatamente.

AG30

Le caratteristiche economiche e i rischi di un derivato incorporato non sono strettamente correlati al contratto primario [paragrafo 11, lettera a)] nei seguenti esempi. In questi esempi, presupponendo che siano soddisfatte le condizioni dei paragrafi 11, lettere b) e c), un’entità contabilizza il derivato incorporato in maniera separata dal contratto primario.

a)

Un’opzione put incorporata in uno strumento che permette al possessore di richiedere all’emittente di riacquistare lo strumento per un importo di disponibilità liquide o altre attività che varia in base alla variazione del prezzo di uno strumento rappresentativo di capitale o di una merce o di un indice non è strettamente correlato allo strumento di debito primario.

b)

Un’opzione call incorporata in uno strumento rappresentativo di capitale che permette all’emittente di riacquistare tale strumento rappresentativo di capitale a un prezzo specificato non è strettamente correlata allo strumento primario rappresentativo di capitale nella prospettiva del possessore (dalla prospettiva dell’emittente, l’opzione call è uno strumento rappresentativo di capitale a condizione che soddisfi le condizioni per tale classificazione secondo quanto previsto dallo IAS 32, in tale caso è esclusa dall’ambito di applicazione del presente Principio).

c)

Una opzione o una clausola automatica di estensione del termine rimanente sino alla data di scadenza di uno strumento di debito non è strettamente correlata allo strumento primario di debito a meno che non vi sia un allineamento congiunto del tasso approssimativo di interesse corrente di mercato al tempo dell’estensione. Se un’entità emette uno strumento di debito e il possessore di tale strumento di debito emette un’opzione call a favore di terzi su tale strumento, l’emittente considera l’opzione call come un’estensione della data di scadenza dello strumento di debito a condizione che si possa richiedere all’emittente di partecipare o facilitare la rinegoziazione dello strumento di debito come conseguenza dell’aver esercitato l’opzione call.

d)

Interessi o quote capitale indicizzati allo strumento di capitale incorporati in uno strumento primario di debito o in un contratto assicurativo — tramite cui l’ammontare dell’interesse o della quota capitale è indicizzato al valore degli strumenti rappresentativi di capitale — non sono strettamente correlati allo strumento primario poiché i rischi inerenti al contratto primario e al derivato incorporato non sono simili.

e)

Interessi o quote capitale indicizzati al valore della merce incorporati in uno strumento primario di debito o in un contratto assicurativo — tramite cui l’ammontare dell’interesse o della quota capitale è indicizzato al prezzo di una merce (quale l’oro) — non sono strettamente correlati allo strumento primario poiché i rischi inerenti al contratto primario d al derivato incorporato non sono simili.

f)

Una modalità di conversione in capitale incorporata in uno strumento di debito convertibile non è strettamente correlata allo strumento primario di debito dalla prospettiva del possessore dello strumento (dalla prospettiva dell’emittente, l’opzione di conversione in capitale è uno strumento rappresentativo di capitale, escluso dall’ambito di applicazione del presente Principio a condizione che soddisfi le condizioni per tale classificazione secondo quanto previsto dallo IAS 32).

g)

Un’opzione call, put o di rimborso anticipato incorporata in un contratto di debito sottostante o in un contratto assicurativo sottostante non è strettamente correlata al contratto sottostante a meno che il prezzo di esercizio dell’opzione non sia approssimativamente uguale, a ogni singola data di esercizio, al costo ammortizzato dello strumento di debito sottostante o al valore contabile del contratto assicurativo sottostante. Dal punto di vista dell’emittente di uno strumento di debito convertibile con un’opzione call o put incorporata, la valutazione secondo cui l’opzione call o put sia o meno strettamente correlata al contratto di debito sottostante è effettuata prima della separazione dell’elemento di patrimonio netto ai sensi dello IAS 32.

h)

Derivati su crediti che sono incorporati in uno strumento primario di debito e che permettono a una delle parti (il «beneficiario») di trasferire il rischio di credito di un’attività di riferimento, che potrebbe non possedere, a un’altra parte (il «garante») non sono strettamente correlati allo strumento primario di debito. Tali derivati su crediti permettono al garante di assumere il rischio di credito associato all’attività di riferimento senza possederla direttamente.

AG31

Un esempio di strumento ibrido è uno strumento finanziario che dia al possessore un diritto a vendere lo strumento finanziario all’emittente in cambio di un importo di disponibilità liquide o altre attività finanziarie che varia sulla base delle variazioni nell’indice del valore dello strumento di capitale o della merce che può aumentare o diminuire («strumento con opzione a vendere»). A meno che l’emittente indichi al momento della rilevazione iniziale ‘lo strumento con opzione a vendere come una passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, è necessario separare un derivato incorporato (ossia la quota capitale indicizzata) secondo quanto previsto dal paragrafo 11 poiché il contratto primario è uno strumento di debito secondo quanto previsto dal paragrafo AG27 e il pagamento della quota capitale indicizzata non è strettamente correlata allo strumento primario di debito secondo quanto previsto dal paragrafo AG30, lettera a). Poiché il pagamento della quota capitale può aumentare e diminuire, il derivato incorporato è un derivato privo di opzione il cui valore è indicizzato alla variabile sottostante.

AG32

Nel caso di uno strumento con opzione a vendere che può essere ceduto in qualsiasi momento in cambio di disponibilità liquide pari alla quota proporzionale del valore dell’attività nette di un’entità (quali le quote di un fondo comune aperto o alcuni prodotti di investimento con quote indicizzate), l’effetto della separazione di un derivato incorporato e la contabilizzazione per ogni componente corrisponde alla valutazione dello strumento composto all’importo di rimborso, pagabile alla data di riferimento del bilancio se il possessore esercita il diritto di rivendere lo strumento all’emittente.

AG33

Le caratteristiche economiche e i rischi di un derivato incorporato sono strettamente correlati alle caratteristiche economiche e ai rischi del contratto primario negli esempi a seguire. In questi esempi, secondo le disposizioni del presente Principio, l’entità non contabilizza il derivato incorporato separatamente dal contratto primario.

a)

Un derivato incorporato, in cui il sottostante sia un tasso d’interesse o un indice su tassi d’interesse che possa cambiare l’importo degli interessi che sarebbero altrimenti pagati o ricevuti in caso di contratto di debito sottostante fruttifero o di contratto assicurativo, è strettamente correlato al contratto sottostante a meno che lo strumento combinato non possa essere estinto in modo tale che l’assicurato non recuperi tutto l’investimento contabilizzato o che il derivato incorporato non possa almeno raddoppiare il tasso di rendimento iniziale del contratto sottostante e risultare in un tasso di rendimento almeno doppio del rendimento di mercato di un contratto con clausole contrattuali analoghe a quelle del contratto sottostante.

b)

Un contratto floor o cap su tassi d’interesse incorporato in un contratto di debito o in un contratto assicurativo è considerato strettamente correlato al contratto sottostante, se il cap è uguale o maggiore del tasso d’interesse di mercato e se il floor è uguale o inferiore al tasso d’interesse di mercato quando il contratto è emesso e il cap o il floor non ha un effetto leva (leverage) con riferimento al contratto sottostante. Analogamente, le disposizioni incluse in un contratto per l’acquisto o la vendita di un’attività (per esempio una merce) che prevedono un cap e un floor, sul prezzo da corrispondere o ricevere per l’attività, sono strettamente correlate al contratto primario se entrambe il cap e il floor erano «out of the money» all’inizio e non hanno un effetto di leva (leverage).

c)

Un derivato incorporato su una valuta estera che fornisce un flusso di pagamenti di quote di capitale o di interessi che sono denominati in una valuta estera ed è incorporato in uno strumento primario di debito (per esempio un’obbligazione a duplice valuta) è strettamente correlato allo strumento primario di debito. Un tale derivato non è separato dallo strumento primario poiché lo IAS 21 richiede che gli utili e le perdite derivanti dalla conversione in valuta estera degli elementi monetari primari siano imputati al conto economico.

d)

Un derivato su cambi incorporato in un contratto sottostante che sia un contratto assicurativo o non uno strumento finanziario (come un contratto per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario in cui il prezzo sia denominato in una valuta estera) è strettamente correlato al contratto sottostante se non ha un effetto leva, se non contiene un’opzione e se i pagamenti devono essere effettuati in una delle seguenti valute:

i)

la valuta funzionale di una qualsiasi parte contrattuale rilevante;

ii)

la valuta in cui il prezzo del relativo bene o servizio acquistato o consegnato è normalmente espresso in operazioni commerciali nel mondo (quali il dollaro americano per operazioni sul petrolio greggio); o

iii)

una valuta che è comunemente utilizzata in contratti per l’acquisto o la vendita di elementi non finanziari nell’ambiente economico in cui avviene l’operazione (ossia una valuta relativamente stabile e liquida che è comunemente utilizzata in operazioni commerciali locali o commercio esterno).

e)

Una opzione a rimborsare anticipatamente incorporata in uno strip di soli interessi o sole quote capitale è strettamente correlata al contratto primario se il contratto primario i) inizialmente risultava dalla scissione del diritto a ricevere flussi finanziari contrattuali di uno strumento finanziario che, per sua stessa natura, non includeva un derivato incorporato e che ii) non contiene termini non presenti nell’originario contratto primario di debito.

f)

Un derivato incorporato in un contratto di leasing primario è strettamente correlato al contratto primario se il derivato incorporato è rappresentato da i) un indice collegato all’inflazione quale l’indicizzazione dei pagamenti di leasing basato su di un indice di prezzi al consumo (sempre che il contratto di leasing non sia «leveraged» e l’indice sia collegato all’inflazione propria dell’ambiente economico in cui l’entità opera), ii) rate di noleggio che dipendono dalle vendite connesse, o iii) canoni potenziali basati su tassi di interesse variabili.

g)

L’elemento valutativo in unità incorporato in uno strumento finanziario sottostante o in un contratto assicurativo sottostante è strettamente correlato allo strumento o al contratto sottostante se i pagamenti denominati in unità sono misurati ai valori correnti delle unità che riflettono il fair value (valore equo) delle attività del fondo. L’elemento valutativo in unità è una clausola contrattuale che richiede pagamenti denominati in unità di un fondo comune di investimento interno o esterno.

h)

Un derivato incorporato in un contratto assicurativo è strettamente correlato al contratto assicurativo sottostante se il derivato incorporato e il contratto assicurativo sottostante sono talmente interdipendenti da impedire a un’entità di valutare il derivato incorporato separatamente (ossia, senza considerare il contratto sottostante).

Strumenti che contengono derivati incorporati

AG33A

Quando una entità diventa parte di uno strumento ibrido (combinato) che contiene uno o più derivati incorporati, il paragrafo 11 dispone che l’entità identifichi tale derivato incorporato, valuti se è necessario che sia separato dal contratto primario e per quelli che devono essere separati, valuti i derivati al fair value (valore equo) al momento della rilevazione iniziale e successivamente. Queste disposizioni possono essere più complesse, o risultare in valutazioni meno affidabili, rispetto alla valutazione dell’intero strumento al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Per tale ragione, il presente Principio consente di designare l’intero strumento al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

AG33B

Tale designazione può essere utilizzata sia se il paragrafo 11 disponga che i derivati incorporati siano separati dal contratto primario, ovvero proibisca tale separazione. Tuttavia, il paragrafo 11A non giustificherebbe la designazione dello strumento ibrido (combinato) al fair value (valore equo) rilevato a conto economico nei casi esposti nei paragrafi 11A, lettere a) e b), in quanto così facendo non ridurrebbe la complessità né migliorerebbe l’affidabilità.

RILEVAZIONE ED ELIMINAZIONE CONTABILE (paragrafi da 14 a 42)

Rilevazione iniziale (paragrafo 14)

AG34

Come conseguenza del principio di cui al paragrafo 14, un’entità rileva tutti i diritti contrattuali e le obbligazioni relativi ai derivati nello stato patrimoniale, rispettivamente come attività e passività, eccetto per i derivati che impediscono che un trasferimento di attività finanziarie sia contabilizzato come una vendita (cfr. paragrafo AG49). Se un trasferimento di un’attività finanziaria non soddisfa le condizioni per l’eliminazione contabile, il possessore non rileva l’attività trasferita come attività propria (cfr. paragrafo AG50).

AG35

Quelli che seguono sono esempi di applicazione del principio del paragrafo 14:

a)

i crediti e i debiti incondizionati sono rilevati come attività o passività quando l’entità diviene parte del contratto e, come conseguenza, ha un diritto legale a ricevere o un’obbligazione legale a pagare in contanti;

b)

le attività da acquistare e le passività da sostenere come risultato di un impegno irrevocabile ad acquistare o vendere beni o servizi generalmente non sono rilevate fino a quando almeno una delle parti ha fornito la propria prestazione secondo quanto previsto dal contratto. Per esempio, un’entità che riceve un ordine irrevocabile generalmente non rileva un’attività (e l’entità che trasmette l’ordine non rileva una passività) al momento dell’ordine ma, piuttosto, rinvia la rilevazione sino a che i beni o servizi ordinati sono stati spediti, consegnati o resi. Se un impegno irrevocabile ad acquistare o a vendere elementi non finanziari rientra nell’ambito di applicazione del presente Principio secondo quanto previsto dai paragrafi 5-7, il fair value (valore equo) netto è rilevato come un’attività o una passività alla data dell’impegno [cfr. c) di seguito]. Inoltre, se un impegno irrevocabile precedentemente non rilevato è designato come uno strumento coperto in una copertura del fair value (valore equo) ogni variazione nel fair value (valore equo) netto attribuibile al rischio coperto è rilevata come un’attività o una passività dopo l’inizio della copertura (cfr. paragrafi 93 e 94);

c)

un contratto forward che rientri nell’ambito di applicazione del presente Principio (cfr. paragrafi da 2 a 7) è rilevato come un’attività o una passività alla data dell’impegno, piuttosto che alla data in cui avviene il regolamento. Quando un’entità diventa una parte di un contratto forward, i fair value (valore equo) del diritto e dell’obbligazione sono spesso uguali, così che il fair value (valore equo) netto del contratto forward è pari a zero. Se il fair value (valore equo) netto del diritto e dell’obbligazione non è zero, il contratto è rilevato come un’attività o passività;

d)

i contratti di opzione che rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio (cfr. paragrafi da 2 a 7) sono rilevati come attività o passività quando il possessore o l’emittente diventa un contraente del contratto;

e)

programmate operazioni future, indipendentemente dalla loro probabilità, non sono attività e passività perché l’entità non è ancora un contraente del contratto.

Eliminazione contabile di un’attività finanziaria (paragrafi 15-37)

AG36

Il seguente diagramma di flusso illustra la valutazione di se e in quale misura un’attività finanziaria è stornata.

Image

Accordi secondo i quali un’entità mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari di un’attività finanziaria, ma assume un obbligo contrattuale a pagare i flussi finanziari a uno o più beneficiari [(paragrafo 18, lettera 8(b))].

AG37

La situazione descritta nel paragrafo 18, lettera b) (quando un’entità mantiene i diritti contrattuali a ricevere flussi finanziari dell’attività finanziaria, ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare i flussi finanziari a uno o più beneficiari) avviene, per esempio, se l’entità è un’entità a destinazione specifica o un’amministrazione fiduciaria ed emette interessenze a beneficio degli investitori nelle attività finanziarie sottostanti che possiede e fornisce la manutenzione per tali attività finanziarie. In tale caso, le attività finanziarie si qualificano per l’eliminazione se le condizioni nei paragrafi 19 e 20 sono soddisfatte.

AG38

Nell’applicare il paragrafo 19, l’entità potrebbe essere, per esempio, l’originatrice di un’attività finanziaria, oppure potrebbe essere un gruppo che include un’entità a destinazione specifica consolidata che ha acquistato l’attività finanziaria e passa i flussi finanziari a investitori terzi non correlati.

Accertamento del trasferimento dei rischi e benefici della proprietà dei beni (paragrafo 20)

AG39

Esempi di quando un’entità ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà sono:

a)

una vendita incondizionata di un’attività finanziaria;

b)

una vendita di un’attività finanziaria insieme a un’opzione al riacquisto dell’attività finanziaria al suo fair value (valore equo) al momento del riacquisto; e

c)

una vendita di un’attività finanziaria insieme a un’opzione put o call che è profondamente out of the money (ossia un’opzione che è così out of the money che è altamente improbabile che sia in the money prima della scadenza).

AG40

Esempi di quando un’entità ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà sono:

a)

un’operazione di vendita e di riacquisto (retrocessione) dove il prezzo di riacquisto è un prezzo fisso o il prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore;

b)

un accordo di prestito di titoli;

c)

la vendita di un’attività finanziaria insieme a un «total return swap» che trasferisca l’esposizione al rischio di mercato nell’entità;

d)

una vendita di un’attività finanziaria insieme a un’opzione put o call che è profondamente in the money (ossia un’opzione che è così in the money che è altamente improbabile sia out of the money prima della scadenza); e

e)

una vendita di crediti a breve termine in cui l’entità garantisca di rimborsare al possessore le perdite di realizzo che è probabile si verifichino.

AG41

Se un’entità determina che a seguito del trasferimento, sono stati trasferiti sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività trasferita, non rileva nuovamente l’attività trasferita in un esercizio futuro, a meno che riacquisti l’attività trasferita in una nuova operazione.

Accertamento del trasferimento del controllo

AG42

Un’entità non ha mantenuto il controllo di un’attività trasferita se il possessore è in grado di vendere l’attività trasferita. Un’entità ha mantenuto il controllo di un’attività trasferita se il possessore non è in grado di vendere l’attività trasferita. Un possessore è in grado di vendere l’attività trasferita se è negoziata in un mercato attivo poiché il possessore potrebbe riacquistare l’attività trasferita sul mercato se necessita di rendere l’attività all’entità. Per esempio, un possessore può avere la capacità pratica di vendere un’attività trasferita se l’attività trasferita è soggetta a un’opzione che permette all’entità di riacquistarla, ma il possessore può ottenere prontamente l’attività trasferita sul mercato se l’opzione viene esercitata. Un possessore non è in grado di vendere l’attività trasferita se l’entità mantiene tale opzione e il possessore non può ottenere prontamente l’attività trasferita sul mercato se l’entità esercita la propria opzione.

AG43

Il possessore è in grado di vendere l’attività trasferita soltanto se il possessore può vendere l’attività trasferita nella sua totalità a terzi non collegati ed è in grado di esercitare tale capacità unilateralmente e senza l’imposizione di ulteriori restrizioni al trasferimento. La domanda chiave è che cosa è nella sostanza in grado di fare il possessore, non di quali diritti contrattuali il possessore gode in merito a ciò che può fare con l’attività trasferita o quali restrizioni contrattuali sussistono. In particolare:

a)

un diritto contrattuale di disporre dell’attività trasferita ha poco effetto se non sussiste un mercato per l’attività trasferita; e

b)

la capacità di disporre dell’attività trasferita ha poco effetto se non può essere esercitata liberamente. Per tale ragione:

i)

la capacità del possessore di disporre dell’attività trasferita deve essere indipendente dalle azioni di altri (ossia deve essere una capacità unilaterale); e

ii)

il possessore deve essere in grado di disporre dell’attività trasferita senza avere bisogno di applicare condizioni restrittive o «legami» al trasferimento (per esempio condizioni sulle modalità di assistenza di un’attività in prestito o un’opzione che dia al possessore il diritto di riacquistare l’attività).

AG44

Il fatto che sia improbabile che il possessore venda l’attività trasferita non significa, di per sé, che il trasferente abbia mantenuto il controllo dell’attività trasferita. Tuttavia, se un’opzione put o una garanzia impedisce al possessore di vendere l’attività trasferita, allora il trasferente ha mantenuto il controllo dell’attività trasferita. Per esempio, se un’opzione put o una garanzia ha un sufficiente valore, impedisce al possessore di vendere l’attività trasferita perché il possessore in pratica non venderebbe l’attività trasferita a terzi senza applicare una opzione simile o altre condizioni restrittive. Invece il possessore manterrebbe l’attività trasferita in modo da ottenere i pagamenti in garanzia o opzione put. In queste circostanze il trasferente ha mantenuto il controllo dell’attività trasferita.

Trasferimenti che si qualificano per l’eliminazione contabile

AG45

Un’entità può mantenere il diritto a una parte dei pagamenti di interessi sulle attività trasferite come corrispettivo del servizio di assistenza reso a tali attività. La parte dei pagamenti di interessi a cui l’entità rinuncerebbe al termine o al trasferimento del contratto di servizio è attribuita all’attività o passività originata dal servizio. La parte dei pagamenti degli interessi a cui l’entità non rinuncerebbe è un credito su di un contratto strip per i soli interessi. Per esempio, se l’entità non rinunciasse ad alcun interesse al termine o al trasferimento del contratto di servizio, l’intero spread d’interesse è un credito su di un contratto strip per i soli interessi. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 27, i fair value (valore equo) dell’attività originata dal servizio e del credito su di un contratto strip per i soli interessi sono utilizzati per ripartire il valore contabile del credito tra la parte dell’attività che è stornata e la parte che continua ad essere rilevata. Se non esistono specifici corrispettivi per il servizio o il corrispettivo da riceversi non si presume compensi l’entità adeguatamente per la gestione del servizio, è rilevata una passività al fair value (valore equo) per l’obbligo di servizio.

AG46

Per stimare il fair value (valore equo) della parte che continua ad essere rilevata e quello della parte che è stornata al fine di applicare il paragrafo 27, un’entità applica le disposizioni per la misurazione del fair value (valore equo) di cui ai paragrafi 48 e 49 e ai paragrafi da AG69 ad AG82 in aggiunta al paragrafo 28.

Trasferimenti che non si qualificano per l’eliminazione contabile

AG47

Quanto segue è un’applicazione del principio esposto nel paragrafo 29. Se una garanzia fornita dall’entità per perdite per inadempienze sull’attività trasferita impedisce che un’attività trasferita sia stornata come conseguenza del fatto che l’entità ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività trasferita, l’attività trasferita continua ad essere rilevata nella sua totalità e il corrispettivo ricevuto è rilevato come una passività.

Coinvolgimento residuo nelle attività trasferite

AG48

Gli esempi seguenti illustrano come un’entità valuta un’attività trasferita e la passività associata secondo quanto previsto dal paragrafo 30.

Tutte le attività

a)

Se una garanzia fornita da un’entità di rimborsare perdite per inadempienze su un’attività trasferita impedisce all’attività trasferita di essere stornata nella misura del coinvolgimento residuo, l’attività trasferita alla data del trasferimento è valutata al minore tra i) il valore contabile dell’attività e ii) il massimo importo del corrispettivo ricevuto nel trasferimento che si potrebbe richiedere all’entità di rimborsare («l’importo della garanzia»). La passività associata è inizialmente valutata all’importo della garanzia più il fair value (valore equo) della garanzia (che è normalmente il corrispettivo ricevuto per la garanzia). Successivamente, il fair value (valore equo) iniziale della garanzia è imputato al conto economico secondo un criterio temporale (cfr. IAS 18) e il valore contabile dell’attività è ridotto per perdite di valore.

Attività valutate al costo ammortizzato

b)

Se un’obbligazione di un’opzione put emessa da un’entità o diritto di opzione call posseduto da un’entità impedisce a un’attività trasferita di essere stornata e l’entità valuta l’attività trasferita al costo ammortizzato, la passività associata è valutata al proprio costo (ossia il corrispettivo ricevuto) rettificato per l’ammortamento di eventuali differenze tra tale costo e il costo ammortizzato dell’attività trasferita alla data di scadenza dell’opzione. Per esempio si supponga che il costo ammortizzato e il valore contabile dell’attività alla data del trasferimento sia pari a CU98 e che il corrispettivo ricevuto sia CU95. Il costo ammortizzato dell’attività alla data dell’esercizio dell’opzione sarà pari a CU100. Il valore contabile iniziale della passività associata è CU95 e la differenza tra CU95 e CU100 è rilevata nel conto economico utilizzando il criterio dell’interesse effettivo. Se l’opzione è esercitata, eventuali differenze tra il valore contabile della passività associata e il prezzo di esercizio sono rilevate nel conto economico.

Attività valutate al fair value (valore equo)

c)

Se il diritto dell’opzione call mantenuto da un’entità impedisce ad un’attività trasferita di essere stornata e l’entità valuta l’attività trasferita al fair value (valore equo), l’attività continua ad essere valutata al fair value (valore equo). La passività associata è valutata al i) prezzo di esercizio dell’opzione meno il valore temporale dell’opzione se l’opzione è in o at the money, o ii) al fair value (valore equo) dell’attività trasferita meno il valore temporale dell’opzione se l’opzione è out of the money. La rettifica della valutazione della passività associata assicura che il valore contabile netto dell’attività e la passività associata sia il fair value (valore equo) del diritto dell’opzione call. Per esempio, se il fair value (valore equo) dell’attività sottostante è CU80, il prezzo di esercizio dell’opzione è CU95 e il valore temporale dell’opzione è CU5, il valore contabile della passività associata è CU75 (CU80 - CU5) e il valore contabile dell’attività trasferita è CU80 [ossia il suo fair value (valore equo)].

d)

Se un’opzione put emessa da un’entità impedisce a un’attività trasferita di essere stornata e l’entità valuta l’attività trasferita al fair value (valore equo), la passività associata è valutata al prezzo di esercizio dell’opzione più il valore temporale dell’opzione. La valutazione dell’attività al fair value (valore equo) è limitata al minore tra il fair value (valore equo) e il prezzo di esercizio dell’opzione poiché l’entità non ha diritto ad aumenti nel fair value (valore equo) dell’attività trasferita che eccedono il prezzo di esercizio dell’opzione. Questo assicura che il valore contabile netto dell’attività e della passività associata sia il fair value (valore equo) dell’obbligazione dell’opzione put. Per esempio, se il fair value (valore equo) dell’attività sottostante è CU120, il prezzo di esercizio dell’opzione è CU100 e il valore temporale dell’opzione è CU5, il valore contabile della passività associata è CU105 (CU100 + CU5) e il valore contabile dell’attività è CU100 (ossia il prezzo di esercizio dell’opzione).

e)

Se un collar nella forma di un’opzione call posseduta e opzione put emessa, impedisce a un’attività trasferita di essere stornata e l’entità valuta l’attività al fair value (valore equo), continua a valutare l’attività al fair value (valore equo). La passività associata è valutata in base a i) la somma del prezzo di esercizio dell’opzione call e il fair value (valore equo) dell’opzione put meno il valore temporale dell’opzione call, se l’opzione call è in o at the money, o ii) la somma del fair value (valore equo) dell’attività e il fair value (valore equo) dell’opzione put meno il valore temporale dell’opzione call se l’opzione call è out of the money. La rettifica della valutazione della passività associata assicura che il valore contabile netto dell’attività e della passività associata sia il fair value (valore equo) delle opzioni possedute e emesse dall’entità. Per esempio, si presuma che un’entità trasferisca un’attività finanziaria che è valutata al fair value (valore equo) mentre simultaneamente acquista un’opzione call con un prezzo di esercizio di CU120 e emette un’opzione put con un prezzo di esercizio pari a CU80. Si presuma anche che il fair value (valore equo) dell’attività sia CU100 alla data del trasferimento. Il valore temporale delle opzioni put e call è pari a CU1 e CU5 rispettivamente. In questo caso, l’entità rileva un’attività di CU100 [il fair value (valore equo) dell’attività] e una passività CU96 [(CU100 + CU1) - CU5]. Questo dà un’attività netta del valore di CU4 che è il fair value (valore equo) delle opzioni possedute e emesse dall’entità.

Tutti i trasferimenti

AG49

Nella misura in cui un trasferimento di un’attività finanziaria non soddisfa le condizioni dell’eliminazione contabile, i diritti o obbligazioni contrattuali del trasferente connessi al trasferimento non sono contabilizzate separatamente come derivati se la rilevazione di entrambi i derivati e l’attività trasferita o la passività derivante dal trasferimento comporterebbe la rilevazione degli stessi diritti o obbligazioni due volte. Per esempio, un’opzione call mantenuta dal trasferente può impedire che un trasferimento di attività finanziarie sia contabilizzato come una vendita. In tale caso, l’opzione call non è rilevata separatamente come un’attività derivata.

AG50

Nella misura in cui un trasferimento di un’attività finanziaria non soddisfa le condizioni per l’eliminazione contabile, il possessore di un’attività finanziaria non rileva l’attività trasferita come attività propria. Il possessore storna la disponibilità liquida o altro corrispettivo pagato e rileva un credito verso il trasferente. Se il trasferente ha sia un diritto sia un’obbligazione a riacquistare il controllo dell’intera attività trasferita per un importo fisso (come in un contratto di riacquisto), il possessore può contabilizzare il proprio credito come un finanziamento o un credito.

Esempi

AG51

Gli esempi di seguito illustrano l’applicazione dei principi di eliminazione contabile del presente Principio.

a)

Accordi di riacquisto e prestito di titoli. Se un’attività finanziaria è ceduta con un accordo per il suo riacquisto a un prezzo fisso o al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore o se è presa in prestito con un accordo di restituzione al trasferente, non è stornata poiché il trasferente mantiene sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà. Se il possessore ottiene il diritto a vendere o a impegnare l’attività, il trasferente riclassifica l’attività nel proprio stato patrimoniale, per esempio, come un’attività data in prestito o un credito per il riacquisto.

b)

Accordi di riacquisto e prestito di titoli — attività che sono sostanzialmente le stesse. Se un’attività finanziaria è ceduta con un accordo per il riacquisto della stessa, o sostanzialmente della stessa attività, a un prezzo fisso o al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore, ovvero se un’attività finanziaria è presa in prestito o se è mutuata con un accordo che prevede di restituire la stessa o sostanzialmente la stessa attività al trasferente, questa non è stornata poiché il trasferente mantiene sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà.

c)

Accordi di riacquisto e prestito di titoli — diritto di sostituzione. Se un accordo di riacquisto a un prezzo stabilito o a un prezzo pari al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore, o un’operazione similare di prestito di titoli, fornisce al possessore un diritto di sostituire le attività che sono similari e di pari fair value (valore equo) all’attività trasferita alla data di riacquisto, l’attività venduta o data in prestito secondo un’operazione di riacquisto o di prestito di titoli non è stornata perché il trasferente mantiene sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà.

d)

Diritto di primo rifiuto al riacquisto al fair value (valore equo). Se un’entità vende un’attività finanziaria e mantiene soltanto un diritto di primo rifiuto a riacquistare l’attività trasferita al fair value (valore equo) se il possessore successivamente la vende, l’entità storna l’attività perché ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà.

e)

Operazione di vendita fittizia di titoli. Il riacquisto di un’attività finanziaria poco dopo che è stata venduta è a volte detta vendita fittizia di titoli. Tale riacquisto non impedisce l’eliminazione contabile se l’operazione originale soddisfaceva le condizioni per l’eliminazione. Tuttavia, se un accordo per la vendita di un’attività finanziaria è sottoscritto simultaneamente a un accordo per il riacquisto della stessa attività a un prezzo fisso o al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore, allora l’attività non è stornata.

f)

Le opzioni put e le opzioni call che sono profondamente in the money. Se un’attività finanziaria trasferita può essere richiamata dal trasferente e l’opzione call è profondamente in the money, il trasferimento non comporta l’eliminazione perché il trasferimento ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà. Analogamente, se l’attività finanziaria può essere restituita dal cessionario e l’opzione put è profondamente in the money, l’operazione non comporta l’eliminazione perché il trasferente ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà.

g)

Le opzioni put e le opzioni call che sono profondamente out of the money. Un’attività finanziaria che è trasferita soggetta soltanto a un’opzione put profondamente out-of-the-money posseduta dal possessore o a un’opzione call profondamente out-of-the-money posseduta dal trasferente, è stornata. Ciò in quanto il trasferente ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà.

h)

Le attività prontamente reperibili soggette allopzione call che non sono né profondamente in the money né out of the money. Se un’entità possiede un’opzione call su un’attività che è prontamente reperibile sul mercato e l’opzione non è né profondamente in the money, né profondamente out of the money, l’attività è stornata. Ciò in quanto l’entità i) non ha mantenuto né trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà, e ii) non ha mantenuto il controllo. Tuttavia, se l’attività non è prontamente reperibile sul mercato, l’eliminazione è esclusa nella misura dell’importo dell’attività che è soggetta all’opzione call poiché l’entità ha mantenuto il controllo dell’attività.

i)

Un’attività non prontamente reperibile soggetta a un’opzione put emessa da un’entità che non è né profondamente in the money né profondamente out of the money. Se un’entità trasferisce un’attività finanziaria che non è prontamente reperibile sul mercato e emette un’opzione put che non è profondamente out of the money, l’entità non mantiene né trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà a causa dell’opzione put emessa. L’entità mantiene il controllo dell’attività se l’opzione put ha un valore sufficiente per evitare che il possessore venda l’attività, nel qual caso l’attività continua ad essere rilevata nella misura del residuo coinvolgimento (cfr. paragrafo AG44). L’entità trasferisce il controllo dell’attività se l’opzione put non ha un valore sufficiente per evitare che il possessore venda l’attività, nel qual caso l’attività viene stornata.

j)

Le attività soggette allopzione put o call al fair value o a un accordo di riacquisto forward. Un trasferimento di un’attività finanziaria che è soggetta soltanto a un’opzione put o call o a un accordo di riacquisto forward che dispone di un prezzo di esercizio o di riacquisto pari al fair value (valore equo) dell’attività finanziaria al momento del riacquisto comporta l’eliminazione come conseguenza del trasferimento di sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà.

k)

Opzioni call o opzioni put regolate in disponibilità liquide. Un’entità valuta il trasferimento di un’attività finanziaria che è soggetta a un’opzione put o call o a un accordo di riacquisto a termine che sarà regolata al netto in disponibilità liquide per determinare se ha mantenuto o trasferito sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà. Se un’entità non ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività trasferita, determina se ha mantenuto il controllo dell’attività trasferita. Il fatto che l’opzione put o call o l’accordo di riacquisto forward sia regolato al netto in disponibilità liquide non significa automaticamente che l’entità ha trasferito il controllo [cfr. paragrafi AG44 e g), h) e i) sopra].

l)

Disposizione di annullamento. Una disposizione di annullamento è un’opzione (call) ad acquistare incondizionata che dà a un entità il diritto di riottenere le attività trasferite soggette ad alcune limitazioni. Se tale opzione determina che l’entità non mantenga né trasferisca sostanzialmente tutti i rischi e i benefici di proprietà, impedisce l’eliminazione soltanto nella misura dell’importo soggetto al riacquisto (supponendo che il possessore non possa vendere le attività). Per esempio, se il valore contabile e il corrispettivo derivante dal prestito delle attività sono CU100 000 e ogni singolo prestito potrebbe essere richiamato, ma il valore complessivo dei prestiti che potrebbero essere richiamati potrebbe non superare CU10 000, CU90 000 dei prestiti soddisferebbero le condizioni per l’eliminazione.

m)

Richiamo delle attività. Un’entità che può essere un trasferente, che fornisce l’assistenza alle attività trasferite può detenere un’azione di richiamo generale delle attività cedute residuali qualora il valore delle attività in essere sia talmente ridotto da rendere inefficiente la gestione in relazione ai proventi dell’assistenza. Se tale azione di richiamo generale determina che un’entità non mantenga né ceda sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà e il possessore non può vendere le attività, ciò impedisce l’eliminazione soltanto nella misura dell’importo delle attività che sono soggette all’opzione call.

n)

Interessenze trattenute subordinate e garanzie di credito. Un’entità può fornire al possessore un maggior credito subordinando alcune o tutte le proprie interessenze mantenute nell’attività ceduta. Alternativamente, un’entità può fornire al possessore un maggior credito nella forma di una garanzia di credito che potrebbe essere illimitata o limitata a un importo specificato. Se l’entità mantiene sostanzialmente tutti i rischi e benefici dell’attività trasferita, l’attività continua a essere rilevata nella sua totalità. Se l’entità mantiene alcuni, ma sostanzialmente non tutti i rischi e benefici della proprietà e ha mantenuto il controllo, l’eliminazione è preclusa nella misura dell’importo di disponibilità liquide o di altre attività che l’entità potrebbe dover corrispondere.

o)

Total return swaps. Un’entità può vendere un’attività finanziaria a un possessore e sottoscrivere un total return swap con il possessore, per mezzo del quale tutti i flussi finanziari di pagamento di interessi derivanti dall’attività sottostante sono trasferiti all’entità in cambio di un pagamento fisso o a tasso variabile ed eventuali aumenti o diminuzioni del fair value (valore equo) dell’attività sottostante sono assorbiti dall’entità. In tale caso, l’eliminazione di tutta l’attività è proibita.

p)

Interest rate swap. Un’entità può trasferire a un possessore un’attività finanziaria a tasso fisso e contrae un interest rate swap con il possessore per ricevere un tasso di interesse fisso e pagare un tasso di interesse variabile basato su un importo nozionale che è pari al valore capitale dell’attività finanziaria trasferita. Linterest rate swap non preclude l’eliminazione dell’attività trasferita se i pagamenti sullo swap non condizionano i pagamenti effettuati sull’attività trasferita.

q)

Ammortamento degli Interest rate swap. Un’entità può trasferire a un possessore un’attività finanziaria a tasso fisso che è saldata nel tempo, e sottoscrivere un interest rate swap da ammortizzare con il possessore per ricevere un tasso di interesse fisso e pagare un tasso di interesse variabile su un importo nozionale. Se l’importo nozionale dello swap si ammortizza così da essere uguale all’importo capitale dell’attività finanziaria trasferita in essere in qualsiasi momento, lo swap generalmente determinerebbe che l’entità mantenga il rischio sostanziale di pagamento anticipato, nel qual caso l’entità o continua a rilevare tutte le attività cedute ovvero continua a rilevarle nella misura del proprio coinvolgimento residuo. Peraltro, se l’ammortamento dell’importo nozionale dello swap non è correlato all’importo capitale in essere dell’attività trasferita, tale swap non comporterebbe che l’entità mantenga il rischio di pagamento anticipato sull’attività. Quindi, non precluderebbe l’eliminazione dell’attività trasferita se i pagamenti sullo swap non condizionano i pagamenti di interessi per l’attività trasferita e lo swap non determina che l’entità mantenga alcun altro rischio e beneficio significativo di proprietà sull’attività trasferita.

AG52

Questo paragrafo illustra l’applicazione dell’approccio del coinvolgimento residuo quando permane in una parte dell’attività finanziaria.

Si supponga che un’entità abbia un portafoglio di finanziamenti prepagabili la cui cedola e tasso di interesse effettivo è il 10 per cento e il cui importo capitale e costo ammortizzato è CU10 000. L’entità conclude un’operazione in cui, in cambio di un pagamento di CU9 115, il possessore ottiene il diritto a CU9 000 di eventuali riscossioni di capitale più l’interesse al 9,5 per cento su tale importo. L’entità mantiene il diritto a CU1 000 di eventuali riscossioni di capitale più il relativo interesse al 10 per cento, più lo spread dello 0,5 per cento sul restante CU9 000 del capitale. Le riscossioni di pagamenti anticipati sono ripartite tra l’entità e il possessore proporzionalmente nel rapporto di 1:9, ma eventuali inadempienze sono dedotte dalla quota dell’entità di CU1 000 fino a che la quota è esaurita. Il fair value (valore equo) dei finanziamenti alla data dell’operazione è CU10 100 e il fair value (valore equo) stimato dello spread di 0,5 per cento è CU40.L’entità determina che ha trasferito alcuni significativi rischi e benefici della proprietà (per esempio, il rischio di pagamento anticipato) ma ha anche mantenuto alcuni significativi rischi e benefici della proprietà (per la propria quota subordinata trattenuta) e ha mantenuto il controllo. Essa quindi applica l’approccio del coinvolgimento residuo.Per applicare il presente Principio, l’entità analizza l’operazione come a) un mantenimento di una quota trattenuta di CU1 000 del tutto proporzionale, più b) la subordinazione di tale quota trattenuta per ridurre il rischio di credito del possessore per perdite di realizzo.L’entità calcola che CU9 090 (90 per cento × CU10 100) del corrispettivo ricevuto di CU9 115 rappresenta il corrispettivo del tutto proporzionale per un 90 per cento della quota. Ciò che rimane del corrispettivo ricevuto (CU25) rappresenta il corrispettivo ricevuto per il subordinamento della propria quota trattenuta per ridurre il rischio di credito al possessore per perdite di realizzo. Inoltre, lo spread di 0,5 per cento rappresenta il corrispettivo ricevuto per l’aumento di credito. Di conseguenza, il corrispettivo totale ricevuto per il rischio di credito assunto è CU65 (CU25 + CU40).L’entità calcola l’utile o la perdita sulla vendita della quota del 90 per cento dei flussi finanziari. Supponendo che i fair value (valore equo) della quota del 10 per cento trattenuta e del 90 per cento trasferita non sono disponibili alla data dell’operazione, l’entità ripartisce il valore contabile dell’attività secondo quanto previsto dal paragrafo 28:

 

Fair value (Valore equo) stimato

Percentuale

Valore contabile ripartito

Quota trasferita

9 090

90 %

9 000

Quota trattenuta

1 010

10 %

1 000

Totale

10 100

 

10 000

L’entità calcola il proprio utile o perdita sulla vendita della quota del 90 per cento dei flussi finanziari deducendo il valore contabile ripartito della quota trasferita dal corrispettivo ricevuto, ossia CU90 (CU9 090 - CU9 000). Il valore contabile della quota trattenuta dall’entità è CU1 000.Inoltre, l’entità rileva il coinvolgimento residuo che risulta dalla subordinazione della quota trattenuta per perdite di realizzo. Di conseguenza, essa rileva un’attività di CU1 000 (l’importo massimo di flussi finanziari che non riceverebbe in seguito alla subordinazione), e una passività associata di CU1 065 [che è l’importo massimo dei flussi finanziari che non riceverebbe in seguito alla subordinazione, ossia CU1 000 più il fair value (valore equo) della subordinazione di CU65].L’entità utilizza tutte le informazioni di cui sopra per contabilizzare l’operazione come segue:

 

Debito

 

Credito

Attività originale

 

9 000

Attività rilevata per la subordinazione o la quota residuale

1 000

 

Attività per il corrispettivo ricevuto nella forma di spread

40

 

Utile o perdita (utile sull’operazione)

 

90

Passività

 

1 065

Disponibilità liquide riscosse

9 115

 

Totale

10 155

 

10 155

Immediatamente dopo l’operazione, il valore contabile dell’attività è CU2 040 incluso CU1 000, che rappresenta il costo distribuito della quota trattenuta, e CU1 040, che rappresenta l’ulteriore coinvolgimento residuo dell’entità dalla subordinazione della propria quota trattenuta per perdite di realizzo (che include la distribuzione dello spread di CU40).In esercizi successivi, l’entità rileva il corrispettivo ricevuto per il rischio di credito (CU65) in proporzione al tempo trascorso, rileva l’interesse sull’attività iscritta utilizzando il criterio dell’interesse effettivo e rileva eventuali perdite di realizzo sull’attività iscritta. Come esempio di quest’ultimo, si supponga che nell’anno seguente ci sia una svalutazione del credito sui finanziamenti sottostanti pari a CU300. L’entità riduce l’attività rilevata di CU600 (CU300 relativi alla propria quota trattenuta e CU300 relativi all’ulteriore coinvolgimento residuo derivante dalla subordinazione della propria quota trattenuta per perdite di realizzo), e riduce la propria passività rilevata di CU300. Il risultato netto è un onere a conto economico per svalutazione crediti pari a CU300.

Acquisto o vendita standardizzato di un’attività finanziaria (paragrafo 38)

AG53

Un acquisto o una vendita standardizzato (regular way) di attività finanziarie è rilevato alla data di negoziazione o alla data di regolamento come descritto ai paragrafi AG55 e AG56. Il criterio utilizzato è applicato in modo uniforme per tutti gli acquisti e le vendite di attività finanziarie definite nel paragrafo 9. A questo scopo le attività che sono possedute per la negoziazione formano una categoria separata dalle attività designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

AG54

Un contratto che richiede o permette un regolamento netto della variazione del valore del contratto non è un contratto standardizzato. Invece, tale contratto viene contabilizzato come un derivato nel periodo tra la data di negoziazione e la data di regolamento.

AG55

La data di negoziazione è la data in cui un’entità si impegna ad acquistare o vendere un’attività. La contabilizzazione alla data di negoziazione si riferisce a: a) la rilevazione di un’attività che deve essere ricevuta e alla passività che deve essere pagata alla data della negoziazione e b) l’eliminazione di una attività venduta, la rilevazione di eventuali utili o perdite su dismissione e la rilevazione di un credito nei confronti del compratore per il pagamento alla data di negoziazione. Solitamente, gli interessi sull’attività e sulla corrispondente passività non iniziano a maturare sino alla data di regolamento, momento in cui si verifica il trasferimento.

AG56

La data di regolamento è la data in cui un’attività è consegnata a o da un’entità. La contabilizzazione alla data di regolamento si riferisce ad a) la rilevazione di un’attività il giorno in cui è ricevuta dall’entità, e b) l’eliminazione di un’attività e la rilevazione di eventuali utili o perdite su dismissione il giorno in cui è consegnata dall’entità. Quando viene applicata la contabilizzazione alla data di regolamento, un’entità rileva qualsiasi variazione di fair value (valore equo) dell’attività che deve essere ricevuta nel periodo tra la data di negoziazione e la data di regolamento nello stesso modo in cui contabilizza l’attività acquistata. In altre parole, la variazione di valore non è rilevata per attività valutate al costo o al costo ammortizzato; è rilevata a conto economico per attività classificate come attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico ed è rilevata nel patrimonio netto per attività classificate come disponibili per la vendita.

Eliminazione contabile di una passività finanziaria (paragrafi da 39 a 42)

AG57

Una passività finanziaria (o parte di essa) è estinta quando il debitore:

a)

regola il debito (o parte di esso) pagando il creditore, solitamente in contanti o tramite altre attività finanziarie, beni o servizi; o

b)

è legalmente svincolato dalla responsabilità primaria per la passività (o parte di essa) o dalla legge o dal creditore. (Se il debitore ha dato una garanzia questa condizione può ancora essere soddisfatta.)

AG58

Se un emittente di un strumento di debito riacquista tale strumento, il debito è estinto anche se l’emittente è un operatore sul mercato («market maker») di tale strumento o intende rivenderlo nel prossimo futuro.

AG59

Un pagamento a terzi, inclusa una fiduciaria (trust) (talune volte denominato «risoluzione di fatto»), di per sé non solleva il debitore dalla sua obbligazione primaria nei confronti del creditore, in assenza di una remissione legale.

AG60

Se un debitore paga un terzo per assumersi un’obbligazione e notifica al proprio creditore che terzi hanno assunto la sua obbligazione di debito, il debitore non storna l’obbligazione di debito salvo che la condizione nel paragrafo AG57, lettera b), sia soddisfatta. Se il debitore paga un terzo per assumersi un’obbligazione di debito e ottiene uno svincolo legale dal proprio creditore, il debitore ha estinto il debito. Tuttavia, se il debitore concorda di effettuare i pagamenti per il debito a un terzo o direttamente al proprio creditore originale, il debitore rileva una nuova obbligazione di debito verso il terzo.

AG61

Poiché una remissione legale, sia giuridica sia operata da parte del creditore, si concretizza nella eliminazione di una passività, l’entità può rilevare una nuova passività se non sono state soddisfatte le condizioni previste per l’eliminazione contenute nei paragrafi da 15 a 37 in merito alle attività finanziarie trasferite. Se tali condizioni non sono soddisfatte, le attività trasferite non sono stornate, e l’entità rileva una nuova passività relativa alle attività trasferite.

AG62

Per l’applicazione del paragrafo 40, i termini sono considerati sostanzialmente difformi se il valore attualizzato dei flussi finanziari secondo i nuovi termini, incluso qualsiasi onorario pagato al netto di qualsiasi onorario ricevuto e attualizzato utilizzando il tasso di interesse effettivo originario, si scosta come minimo del 10 per cento dal valore attualizzato dei restanti flussi finanziari della passività finanziaria originaria. Se uno scambio di strumenti di debito o una modifica dei termini è contabilizzato come una estinzione, qualsiasi costo od onorario sostenuto è rilevato come parte dell’utile o della perdita connesso all’estinzione. Se lo scambio o la modifica non è contabilizzato come una estinzione, qualsiasi costo od onorario sostenuto rettifica il valore contabile della passività ed è ammortizzato lungo il corso del restante termine della passività modificata.

AG63

In alcune circostanze, un creditore solleva un debitore dalla sua obbligazione di garanzia a effettuare pagamenti, ma il debitore si impegna a pagare se la parte che si assume la responsabilità primaria non pagherà. In tal caso il debitore:

a)

rileva una nuova passività finanziaria basandosi sul fair value (valore equo) della sua obbligazione relativa alla garanzia; e

b)

rileva un utile o una perdita come differenza tra i) l’eventuale corrispettivo pagato e ii) il valore contabile dell’originaria passività finanziaria meno il fair value (valore equo) della nuova passività finanziaria.

VALUTAZIONE (paragrafi da 43 a 70)

Misurazione iniziale di attività e passività finanziarie (paragrafo 43)

AG64

Il fair value (valore equo) di uno strumento finanziario al momento della rilevazione iniziale è normalmente il prezzo di transazione (ossia il fair value (valore equo) del corrispettivo dato o ricevuto, cfr. anche il paragrafo AG76). Tuttavia, se parte del corrispettivo dato o ricevuto è per qualcosa di diverso dallo strumento finanziario, il fair value (valore equo) dello strumento finanziario è stimato, utilizzando una tecnica di valutazione (cfr. paragrafi da AG74 ad AG79). Per esempio, il fair value (valore equo) di un finanziamento o credito a lungo termine che non comporta interessi può essere stimato al valore attuale di tutti gli incassi futuri attualizzati utilizzando il(i) tasso(i) di interesse di mercato prevalente(i) per uno strumento similare (similare per valuta, termine, tipo di tasso di interesse e altri fattori) con un merito di credito similare. Ulteriori ammontari concessi sono costi o una riduzione dei proventi a meno che questi non soddisfino le condizioni per la rilevazione come altri tipi di attività.

AG65

Se un’entità origina un finanziamento con un tasso di interesse al di fuori dei prezzi di mercato (ad esempio 5 per cento quando il tasso di mercato per finanziamenti similari è 8 per cento), e riceve un corrispettivo anticipato a compensazione, l’entità rileva il finanziamento al proprio fair value (valore equo), ossia al netto del corrispettivo ricevuto. L’entità ammortizza l’attualizzazione a conto economico utilizzando il metodo del tasso di interesse effettivo.

Valutazione successiva di attività finanziarie (paragrafi 45 e 46)

AG66

Se uno strumento finanziario che era precedentemente rilevato come un’attività finanziaria è valutato al fair value (valore equo) e questo scende sotto zero, è una passività finanziaria valutata secondo quanto previsto dal paragrafo 47.

AG67

L’esempio di seguito illustra la contabilizzazione dei costi dell’operazione alla misurazione iniziale e successiva di un’attività finanziaria disponibile per la vendita. Un’attività è acquistata per CU100 più una commissione d’acquisto di CU2. Inizialmente, l’attività è rilevata a CU102. La data di riferimento del bilancio è il giorno seguente e a tale data il prezzo di mercato quotato per l’attività è CU100. Se l’attività fosse venduta, sarebbe pagata una commissione di CU3. In tale data, l’attività è valutata a CU100 (senza tenere conto della potenziale commissione sulla vendita) e una perdita di CU2 viene rilevata. Se l’attività finanziaria disponibile per la vendita prevede pagamenti fissi o determinabili, i costi dell’operazione sono ammortizzati a conto economico utilizzando il criterio dell’interesse effettivo. Se l’attività finanziaria disponibile per la vendita non prevede pagamenti fissi o determinabili, i costi dell’operazione sono rilevati a conto economico quando l’attività è stornata o subisce una riduzione di valore.

AG68

Gli strumenti che sono classificati come finanziamenti e crediti sono valutati al costo ammortizzato senza considerare l’intenzione dell’entità di possederli sino alla scadenza.

Considerazioni sul criterio di valutazione al fair value (valore equo) (paragrafi 48-49)

AG69

Sottostante alla definizione di fair value (valore equo) vi è la presunzione che l’entità sia in funzionamento e che non abbia alcuna intenzione o necessità di liquidare, ridurre significativamente la portata delle proprie attività o intraprendere un’operazione a condizioni sfavorevoli. Il fair value (valore equo) non è, perciò, l’importo che l’entità riceverebbe o pagherebbe in una operazione forzosa, in una liquidazione non volontaria o in una vendita sottocosto. Tuttavia, il fair value (valore equo) riflette la qualità del credito dello strumento.

AG70

Il presente Principio utilizza i termini «prezzo d’offerta» e «prezzo richiesto» (a volte chiamato «prezzo d’offerta corrente») nel contesto dei prezzi di mercato quotati, e il termine «bid-ask spread» (scarto) per includere soltanto le spese dell’operazione. Altre rettifiche per arrivare al fair value (valore equo) (per esempio il rischio di credito della controparte) non sono incluse nel termine «bid-ask spread» (scarto).

Mercato attivo: prezzo quotato

AG71

Uno strumento finanziario è considerato quotato in un mercato attivo se i prezzi quotati sono prontamente e regolarmente disponibili tramite un listino, operatore, intermediario, settore industriale, agenzia di determinazione del prezzo, autorità di regolamentazione e tali prezzi rappresentano operazioni di mercato effettive che avvengono regolarmente in normali contrattazioni. Il fair value (valore equo) è definito in termini di un prezzo concordato tra un compratore e un venditore disponibili in una normale contrattazione. L’obiettivo della determinazione del fair value (valore equo) per uno strumento finanziario che è commercializzato in un mercato attivo è di arrivare al prezzo al quale potrebbe avvenire un’operazione, alla data di riferimento del bilancio, avente ad oggetto tale strumento (ossia senza modificare o riconfigurare lo strumento) nel mercato attivo più vantaggioso a cui l’entità ha accesso immediato. Tuttavia, l’entità rettifica il prezzo nel mercato più vantaggioso per riflettere eventuali differenze nel rischio di credito della controparte tra strumenti trattati in tale mercato e quello in fase di valutazione. L’esistenza di quotazioni ufficiali in un mercato attivo è la prova migliore del fair value (valore equo) e quando esistono sono utilizzate per valutare l’attività o la passività finanziaria.

AG72

Il prezzo di mercato quotato più appropriato per un’attività posseduta o per una passività da emettere è solitamente il prezzo corrente offerto dall’acquirente e, per un’attività da acquistare o per una passività posseduta, il prezzo richiesto. Quando un’entità ha attività e passività con rischi di mercato compensati può utilizzare prezzi medi di mercato come base per stabilire i fair value (valore equo) delle posizioni di rischio compensate e applicare il prezzo offerto o richiesto alla posizione aperta netta come applicabile. Quando i prezzi offerti e richiesti non sono disponibili, il prezzo dell’operazione più recente fornisce un’indicazione del fair value (valore equo) corrente, purché non vi siano stati significativi cambiamenti nelle circostanze economiche dalla data dell’operazione. Se le condizioni sono cambiate dalla data dell’operazione (per esempio una variazione nel tasso di interesse privo di rischio successiva alla quotazione più recente di un titolo obbligazionario di società), il fair value (valore equo) riflette la variazione delle condizioni in riferimento ai prezzi o tassi correnti per strumenti finanziari similari, come applicabile. Analogamente, se l’entità può dimostrare che il prezzo dell’ultima operazione non è il fair value (valore equo) (per esempio perché rifletteva l’importo che un’entità riceverebbe o pagherebbe in un’operazione forzosa, liquidazione non volontaria, o in una vendita sottocosto), tale prezzo è rettificato. Il fair value (valore equo) di un portafoglio di strumenti finanziari è il prodotto del numero di unità dello strumento con il prezzo di mercato quotato. Se la quotazione ufficiale in un mercato attivo non esiste per uno strumento finanziario nel suo complesso, ma esistono mercati attivi per le parti che lo compongono, il fair value (valore equo) è determinato sulla base dei pertinenti prezzi di mercato delle parti che lo compongono.

AG73

Se un tasso (piuttosto che un prezzo) è quotato in un mercato attivo, l’entità utilizza tale tasso quotato sul mercato come riferimento nella tecnica di valutazione per determinare il fair value (valore equo). Se il tasso quotato sul mercato non include il rischio di credito o altri fattori che coloro che partecipano al mercato includerebbero nel valutare lo strumento, l’entità rettifica considerando tali fattori.

Nessun mercato attivo: tecnica di valutazione

AG74

Se il mercato per uno strumento finanziario non è attivo, un’entità determina il fair value (valore equo) utilizzando una tecnica di valutazione. Le tecniche di valutazione includono l’utilizzo di recenti operazioni libere di mercato tra parti consapevoli e disponibili, se a disposizione, il riferimento al fair value (valore equo) corrente di un altro strumento che è sostanzialmente lo stesso, analisi con flussi finanziari attualizzati e modelli di prezzo delle opzioni. Se esiste una tecnica di valutazione utilizzata comunemente da coloro che partecipano al mercato per dare un prezzo allo strumento e tale tecnica ha dimostrato di fornire stime attendibili dei prezzi praticati in operazioni correnti di mercato, l’entità utilizza tale tecnica.

AG75

La finalità dell’utilizzo di una tecnica di valutazione è di stabilire quale prezzo avrebbe avuto l’operazione alla data di valutazione in un libero scambio motivato da normali considerazioni commerciali. Il fair value (valore equo) è stimato sulla base dei risultati di una tecnica di valutazione che fa il massimo uso dei fattori di mercato e si affida il meno possibile a fattori specifici dell’entità. Una tecnica di valutazione dovrebbe giungere a una stima realistica del fair value (valore equo) se a) riflette ragionevolmente come il mercato dovrebbe stabilire il prezzo dello strumento e b) i fattori della tecnica di valutazione rappresentano ragionevolmente le aspettative di mercato e le valutazioni dei fattori di rischio-rendimento inerenti allo strumento finanziario.

AG76

Quindi, una tecnica di valutazione a) incorpora tutti i fattori che i partecipanti del mercato considererebbero nel fissare un prezzo e b) è coerente con le metodologie economiche accettate per prezzare gli strumenti finanziari. Periodicamente, un’entità calibra la tecnica di valutazione e ne verifica la validità utilizzando prezzi di qualsiasi operazione corrente di mercato nello stesso strumento (ossia senza variazione o ristrutturazione dello strumento) o basati su qualsiasi dato osservabile di mercato disponibile. Un’entità ottiene dati di mercato in modo uniforme nello stesso mercato dove lo strumento era stato originato o acquistato. La prova migliore del fair value (valore equo) di uno strumento finanziario al momento della rilevazione iniziale è il prezzo di transazione [ossia il fair value (valore equo) del corrispettivo dato o ricevuto] salvo che il fair value (valore equo) di tale strumento sia determinato mettendolo a confronto con altre operazioni correnti di mercato osservabili nello stesso strumento (ossia senza variazione o ristrutturazione dello strumento) o basato su una tecnica di valutazione le cui variabili includono soltanto dati derivanti dai mercati osservabili.

AG76A

La valutazione successiva dell’attività o passività finanziaria e la successiva rilevazione degli utili e delle perdite devono essere coerenti con le disposizioni del presente Principio. L’applicazione del paragrafo AG76 può non determinare un utile o una perdita rilevato al momento della rilevazione iniziale di un’attività o passività finanziaria. In tale caso, lo IAS 39 dispone che un utile o una perdita debba essere rilevato dopo la rilevazione iniziale soltanto nella misura in cui esso deriva da un cambiamento di un fattore (incluso il tempo) che gli operatori del mercato considererebbero nel determinare un prezzo.

AG77

L’acquisizione iniziale o l’emissione di un’attività finanziaria o il sostenimento di una passività finanziaria è un’operazione di mercato che fornisce una base per la stima del fair value (valore equo) dello strumento finanziario. In particolare, se lo strumento finanziario è uno strumento di debito (quale un prestito), il fair value (valore equo) può essere determinato facendo riferimento alle condizioni di mercato che esistevano al momento del suo acquisto o alla data della sua emissione e alle condizioni correnti di mercato o ai tassi di interesse correntemente applicati dall’entità o da altri per strumenti di debito similari (ossia similare periodo rimanente alla scadenza, andamento dei flussi finanziari, valuta, rischio di credito, garanzia e interesse). Alternativamente, se il rischio di credito del debitore e il relativo spread creditizio non subiscono variazioni dopo l’emissione dello strumento di debito, una stima del tasso di interesse corrente di mercato può essere ottenuta utilizzando un tasso di interesse di riferimento che riflette una qualità di credito migliore dello strumento di debito sottostante, mantenendo lo spread creditizio costante, e rettificando per variazione il tasso di interesse di riferimento dalla data di emissione. Se dall’operazione di mercato più recente le condizioni sono cambiate, la variazione corrispondente nel fair value (valore equo) dello strumento finanziario che viene valutato è determinata facendo riferimento ai prezzi o tassi correnti per strumenti finanziari similari, rettificati come appropriato, per eventuali differenze rispetto allo strumento in fase di valutazione.

AG78

La stessa informazione può non essere disponibile ad ogni data di valutazione. Per esempio, alla data in cui un’entità chiede un prestito o acquista uno strumento di debito che non è commercializzato attivamente, l’entità dispone di un prezzo dell’operazione che è anche un prezzo di mercato. Tuttavia, nessuna nuova informazione su operazioni può essere disponibile alla data successiva di valutazione e, per quanto l’entità possa determinare il livello generale dei tassi di interesse di mercato, può non sapere quale livello di credito o quale altro rischio i partecipanti al mercato considererebbero nel prezzare lo strumento in tale data. Un’entità può non avere l’informativa relativa a operazioni recenti per determinare lo spread creditizio appropriato da applicare sul tasso base di interesse da utilizzare nella determinazione di un tasso di attualizzazione per il calcolo del valore attuale. Sarebbe ragionevole assumere, in assenza di prova contraria, che non sono avvenuti cambiamenti nello spread di interesse che esisteva alla data in cui è stato emesso il prestito. Tuttavia ci si aspetterebbe che l’entità si impegnasse nel determinare se vi siano prove di cambiamento di tali fattori. Quando esiste la prova di un cambiamento, l’entità considererebbe gli effetti del cambiamento nel determinare il fair value (valore equo) dello strumento finanziario.

AG79

Nell’applicazione di un’analisi dei flussi finanziari attualizzati, un’entità utilizza uno o più tassi di attualizzazione pari ai tassi prevalenti di rendimento degli strumenti finanziari che presentano sostanzialmente le medesime condizioni e caratteristiche, inclusi la qualità di credito dello strumento, il residuo arco temporale per il quale è fissato il tasso di interesse contrattuale, il residuo termine di rimborso del capitale e la moneta di conto in cui i pagamenti devono essere effettuati. I crediti e debiti a breve termine sprovvisti di un tasso di interesse prestabilito possono essere valutati al loro valore originale se l’effetto dell’attualizzazione è irrilevante.

Nessun mercato attivo: strumenti rappresentativi di capitale

AG80

Il fair value (valore equo) di investimenti in strumenti rappresentativi di capitale che non hanno un prezzo di mercato quotato in un mercato attivo e dei correlati derivati che devono essere regolati con la consegna di uno strumento non quotato rappresentativo di capitale [cfr. paragrafi 46, lettera c), e 47] è valutabile attendibilmente se a) la variabilità nella gamma delle stime ragionevoli di fair value (valore equo) non è significativa per tale strumento o b) le probabilità delle varie stime all’interno della gamma possono essere valutate ragionevolmente e utilizzate nella stima del fair value (valore equo).

AG81

Vi sono molte situazioni in cui la variabilità nella gamma delle stime ragionevoli di fair value (valore equo) di investimenti in strumenti rappresentativi di capitale che non hanno un prezzo di mercato quotato e dei correlati derivati che devono essere regolati con la consegna di tale strumento rappresentativo di capitale [cfr. paragrafi 46, lettera c) e 47] è probabile che non sia significativa. Normalmente è possibile stimare il fair value (valore equo) di un’attività finanziaria che l’entità ha acquistato da terzi. Tuttavia, se la gamma di stime ragionevoli di fair value (valore equo) è significativa e le probabilità delle varie stime non possono essere valutate ragionevolmente, ad un’entità è precluso di valutare lo strumento al fair value (valore equo).

Fattori delle tecniche di valutazione

AG82

Una tecnica adeguata per la stima del fair value (valore equo) di un particolare strumento finanziario incorporerebbe dati di mercato osservabili circa le condizioni di mercato e altri fattori che probabilmente condizionano il fair value (valore equo) dello strumento. Il fair value (valore equo) di uno strumento finanziario si baserà su uno o più dei seguenti fattori (e forse su altri):

a)

Il valore temporale del denaro (ossia l’interesse al tasso base o privo di rischio). I tassi base di interesse possono generalmente derivare dai prezzi osservabili dei titoli di stato e sono spesso quotati in pubblicazioni finanziarie. Questi tassi tipicamente variano a seconda delle date previste dei flussi finanziari proiettati lungo una curva di rendimento dei tassi di interesse per diversi orizzonti temporali. Per motivi pratici, un’entità può usare un tasso generico prontamente osservabile e ben accettato, quale un LIBOR o uno swap rate, come tasso di riferimento (poiché un tasso quale il LIBOR non è un tasso di interesse privo di rischio, la rettifica del rischio di credito appropriata per quel particolare strumento finanziario è determinata sulla base del suo rischio di credito in rapporto al rischio di credito in questo tasso di riferimento). In alcuni paesi, i titoli di stato possono portare un rischio di credito significativo e possono non fornire un tasso base di interesse di riferimento stabile per strumenti denominati in tale valuta. Alcune entità in questi paesi possono avere una migliore affidabilità creditizia e un tasso inferiore di finanziamento rispetto al governo centrale. In tale caso, i tassi base di interesse possono essere determinati più adeguatamente facendo riferimento ai tassi di interesse per i titoli di società con miglior rating emessi nella valuta di tale giurisdizione.

b)

Rischio di credito. L’effetto sul fair value (valore equo) del rischio di credito (ossia il premio sul tasso base di interesse per il rischio di credito) può essere determinato dai prezzi di mercato osservabili per strumenti negoziati di diversa qualità creditizia o da tassi di interesse osservabili applicati dai finanziatori per finanziamenti di diverso merito creditizio.

c)

Tassi di cambio di valuta estera. Mercati valutari attivi esistono per la maggior parte delle valute, e i prezzi sono quotati quotidianamente nelle pubblicazioni finanziarie.

d)

Prezzi dei beni. Vi sono prezzi di mercato osservabili per molti beni.

e)

Prezzi di strumenti rappresentativi di capitale. Prezzi (e indici di prezzi) di strumenti rappresentativi di capitale negoziati sono prontamente osservabili in alcuni mercati. Le tecniche che si basano sul valore attuale possono essere utilizzate per stimare il prezzo corrente di mercato di strumenti rappresentativi di capitale per i quali non sussistono prezzi osservabili.

f)

Volatilità (ossia la dimensione delle variazioni future nel prezzo di uno strumento finanziario o altro elemento). Misurazioni della volatilità di elementi attivamente negoziati possono normalmente essere stimati ragionevolmente sulla base di dati storici di mercato o utilizzando la volatilità implicita nei prezzi correnti di mercato.

g)

Il rischio di rimborso anticipato e di riscatto. La tendenza attesa di rimborso anticipato per attività finanziarie e di riscatto per passività finanziarie possono essere stimate sulla base di dati storici. [Il fair value (valore equo) di una passività finanziaria che può essere riscattata dalla controparte non può essere inferiore al valore attuale dell’importo di riscatto — cfr. paragrafo 49].

h)

I costi di servizio di un’attività o di una passività finanziaria. I costi di servizio possono essere stimati utilizzando confronti con i costi correnti applicati da altri operatori del mercato. Se i costi di servizio di un’attività o di una passività finanziaria sono significativi e gli altri operatori del mercato si troverebbero a sostenere costi simili, l’emittente dovrebbe tenerne conto nella determinazione del fair value (valore equo) di tale attività o passività finanziaria. È probabile che inizialmente il fair value (valore equo) di un diritto contrattuale per compensi futuri sia pari ai costi di emissione corrisposti, a meno che i compensi futuri e costi correlati non siano in linea con situazioni comparabili sul mercato.

Utili e perdite (paragrafi da 55 a 57)

AG83

Un’entità applica lo IAS 21 alle attività e passività finanziarie che sono elementi monetari secondo quanto previsto dallo IAS 21 e denominati in una valuta estera. Secondo lo IAS 21, qualsiasi eventuale utile o perdita su cambi in valuta estera su attività e passività monetarie è imputato al conto economico. Un’eccezione è un elemento monetario che è designato come uno strumento di copertura in una copertura di un flusso finanziario (cfr. paragrafi da 95 a 101) o una copertura di un investimento netto (cfr. paragrafo 102). Ai fini della rilevazione di utili e perdite su cambi secondo quanto previsto dallo IAS 21, un’attività finanziaria disponibile per la vendita è trattata come se fosse contabilizzata al costo ammortizzato nella valuta estera. Di conseguenza, per tale attività finanziaria, le differenze di cambio che derivano dai cambiamenti nel costo ammortizzato sono rilevate a conto economico e altre variazioni del valore contabile sono rilevate secondo quanto previsto dal paragrafo 55, lettera b). Per attività finanziarie disponibili per la vendita che non sono elementi monetari secondo quanto previsto dallo IAS 21 (per esempio, strumenti rappresentativi di capitale), l’utile o la perdita rilevato direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dal paragrafo 55, lettera b) include qualsiasi correlata differenza di cambio. Se sussiste una relazione di copertura tra un’attività monetaria non derivata e una passività monetaria non derivata, le variazioni nel componente in valuta estera di tali strumenti finanziari sono rilevate a conto economico.

Riduzione di valore e irrecuperabilità di attività finanziarie (paragrafi da 58 a 70)

Attività finanziarie iscritte al costo ammortizzato (paragrafi da 63 a 65)

AG84

Una riduzione di valore di un’attività finanziaria iscritta al costo ammortizzato è misurata utilizzando il tasso originario di interesse effettivo dello strumento finanziario poiché l’attualizzazione al tasso di interesse corrente di mercato imporrebbe, in effetti, la valutazione al fair value (valore equo) per quelle attività che sono diversamente valutate al costo ammortizzato. Se le condizioni di un finanziamento, credito o investimento posseduto sino alla scadenza sono rinegoziate o diversamente modificate a causa delle difficoltà finanziarie del debitore o del finanziatore, una riduzione di valore è misurata utilizzando il tasso originario di interesse effettivo prima della modifica delle condizioni. I flussi finanziari relativi ai crediti a breve termine non sono attualizzati se l’effetto dell’attualizzazione è irrilevante. Se un finanziamento, credito o investimento posseduto sino alla scadenza ha un tasso di interesse variabile, il tasso di attualizzazione per valutare eventuali perdite per riduzione di valore secondo quanto previsto dal paragrafo 63 è il tasso (tassi) corrente di interesse effettivo determinato secondo contratto. Come espediente pratico, un creditore può valutare le riduzioni di valore di un’attività finanziaria riportata al costo ammortizzato sulla base del fair value (valore equo) di uno strumento utilizzando un prezzo di mercato osservabile. Il calcolo del valore attuale dei futuri flussi finanziari stimati di un’attività finanziaria con pegno riflette i flussi finanziari che possono risultare dal pignoramento meno i costi per l’ottenimento e la vendita del pegno, a seconda se il pignoramento sia probabile o meno.

AG85

Il processo per la stima della riduzione di valore considera tutte le esposizioni di credito, non soltanto quelle di bassa qualità di credito. Per esempio, se un’entità utilizza un sistema interno di valutazione del credito considera tutti i livelli di credito, non soltanto quelli che riflettono un serio deterioramento del credito.

AG86

Il processo per la stima di una perdita per riduzione di valore può risultare in un importo singolo o in una gamma di importi possibili. Nel secondo caso, l’entità rileva una perdita per riduzione di valore pari alla stima migliore all’interno della gamma (3) considerando tutte le informazioni disponibili prima dell’approvazione del bilancio in merito alle condizioni esistenti alla data di riferimento del bilancio.

AG87

Al fine di una valutazione collettiva della riduzione di valore, le attività finanziarie sono raggruppate sulla base di caratteristiche di rischio di credito simili che sono indicative della capacità dei debitori di corrispondere tutti gli importi dovuti secondo le condizioni contrattuali (per esempio, sulla base di una valutazione di rischio di credito o di un processo di classificazione che considera il tipo di attività, industria, posizione geografica, tipo di garanzia, livello dello scaduto e altri fattori rilevanti). Le caratteristiche scelte sono rilevanti per la stima di flussi finanziari futuri per gruppi di tali attività in quanto indicano la capacità dei debitori di pagare tutti gli importi dovuti secondo quanto previsto dalle condizioni contrattuali delle attività oggetto di valutazione. Tuttavia, le probabilità di perdita e altre statistiche di perdita differiscono a livello di gruppo tra a) attività che sono state valutate singolarmente per riduzione di valore e sono risultate non soggette a riduzione di valore e b) attività che non sono state valutate singolarmente per riduzione di valore, con il risultato che può essere richiesto un importo di riduzione di valore diverso. Se un’entità non ha un gruppo di attività con caratteristiche di rischio simili, non effettua l’ulteriore valutazione.

AG88

Le perdite per riduzione di valore rilevate per un gruppo rappresentano un passo intermedio in attesa dell’identificazione di perdite per riduzione di valore su attività individuali nel gruppo di attività finanziarie che sono collettivamente valutate per riduzione di valore. Non appena è disponibile l’informazione che identifica specificamente le perdite per riduzione su singole attività nel gruppo, tali attività sono rimosse dal gruppo.

AG89

I flussi finanziari futuri in un gruppo di attività finanziarie che sono collettivamente valutate per riduzione di valore sono stimati sulla base di esperienze storiche di perdite per attività con caratteristiche di rischio di credito simili a quelle del gruppo. Le entità che non hanno un’esperienza specifica di perdita o esperienza insufficiente, utilizzano un’esperienza di un gruppo simile per gruppi confrontabili di attività finanziarie. L’esperienza storica di perdita è rettificata sulla base di dati osservabili correnti per riflettere gli effetti delle condizioni correnti che non hanno influenzato l’esercizio su cui l’esperienza storica di perdita si basa e per eliminare gli effetti di condizioni nell’esercizio storico che non esistono correntemente. Le stime delle variazioni nei flussi finanziari futuri riflettono e sono discrezionalmente coerenti con le variazioni dei relativi dati osservabili di esercizio in esercizio (quali le variazioni nei tassi di disoccupazione, prezzi immobiliari, prezzi delle merci, stato dei pagamenti o altri fattori che sono indicativi delle perdite sostenute nel gruppo e la loro dimensione). La metodologia e le ipotesi utilizzate per stimare i flussi finanziari futuri sono riviste regolarmente per ridurre eventuali differenze tra le perdite stimate e le perdite effettive sostenute.

AG90

Come esempio dell’applicazione del paragrafo AG89, un’entità può determinare, sulla base dell’esperienza storica, che una delle cause principali dell’inadempienza per finanziamenti con carte di credito è la morte del debitore. L’entità può osservare che il tasso di morte è invariato da un anno al successivo. Nonostante ciò, alcuni dei debitori nel gruppo di finanziamenti con carte di credito di un’entità possono essere morti quell’anno, indicando che una perdita per riduzione di valore si è verificata su tali finanziamenti, anche se, alla fine dell’anno, l’entità non è ancora a conoscenza di chi siano i debitori deceduti. Sarebbe appropriato che una perdita per riduzione di valore fosse rilevata per queste perdite «sostenute», ma non «riportate». Tuttavia, non sarebbe appropriato rilevare una perdita per riduzione di valore per decessi che sono previsti in un periodo futuro, poiché l’evento di perdita necessario (il decesso del debitore) non è ancora avvenuto.

AG91

Quando si utilizzano tassi storici di perdita nella stima di flussi finanziari futuri, è importante che l’informazione sui tassi storici di perdita si applichi a gruppi che sono definiti in modo uniforme con i gruppi per i quali i tassi storici di perdita sono stati osservati. Quindi, il metodo utilizzato dovrebbe permettere a ogni gruppo di essere associato alle informazioni sull’esperienza di perdita passata di gruppi di attività con caratteristiche di rischio di credito simile e dati osservabili significativi che riflettono le condizioni correnti.

AG92

Gli approcci fondati su una formula, o su metodi statistici possono essere utilizzati per determinare le perdite per riduzione di valore in un gruppo di attività finanziarie (ad esempio per finanziamenti minori) purché siano coerenti con le disposizioni dei paragrafi da 63 a 65 e da AG87 ad AG91. Qualsiasi modello utilizzato incorporerebbe l’effetto del valore temporale del denaro, considererebbe i flussi finanziari per tutta la vita residua di un’attività (non soltanto l’anno successivo), considererebbe l’età dei finanziamenti all’interno del portafoglio e non darebbe origine a una perdita per riduzione di valore al momento della rilevazione iniziale di un’attività finanziaria.

Interessi attivi successivi alla rilevazione di una riduzione di valore

AG93

Una volta che un’attività finanziaria o un gruppo di attività finanziarie simili è stato svalutato come risultato di una perdita per riduzione di valore, gli interessi attivi sono quindi rilevati utilizzando il tasso di interesse utilizzato per attualizzare i flussi finanziari futuri al fine di valutare la perdita per riduzione di valore.

COPERTURE (paragrafi 71-102)

Strumenti di copertura (paragrafi da 72 a 77)

Strumenti qualificabili (paragrafi 72 e 73)

AG94

La perdita potenziale su una opzione che l’entità emette potrebbe essere significativamente maggiore del valore dell’utile potenziale sul correlato elemento coperto. In altre parole, un’opzione venduta non è efficace nella riduzione dell’esposizione all’utile o alla perdita sull’elemento coperto. Perciò, un’opzione venduta non si qualifica come strumento di copertura a meno che sia designata a compensazione di una opzione acquistata, inclusa quella che è incorporata in un altro strumento finanziario (ad esempio una opzione call usata per coprire una obbligazione convertibile). Al contrario, una opzione acquistata presenta utili potenziali uguali o maggiori delle perdite e perciò, ha il potenziale per ridurre l’esposizione economica alle variazioni di fair value (valore equo) o di flussi finanziari. Pertanto, può essere qualificata come strumento di copertura.

AG95

Un investimento posseduto sino alla scadenza iscritto al costo ammortizzato può essere designato come strumento di copertura in una copertura di un rischio di cambio.

AG96

Un investimento in uno strumento non quotato rappresentativo di capitale che non è iscritto al fair value (valore equo) perché il suo fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente o un correlato derivato che deve essere regolato con la consegna di tale strumento non quotato rappresentativo di capitale [cfr. paragrafi 46, lettera c), e 47] non può essere indicato come uno strumento di copertura.

AG97

Gli strumenti propri rappresentativi di capitale di un’entità non sono attività o passività finanziarie dell’entità e quindi non possono essere indicati come strumenti di copertura.

Elementi coperti (paragrafi da 78 a 84)

Elementi qualificabili (paragrafi da 78 a 80)

AG98

Un impegno irrevocabile ad acquistare un’impresa in una aggregazione aziendale non può essere un elemento coperto tranne che per il rischio di cambio, poiché gli altri rischi oggetto di copertura non possono essere specificatamente identificati e valutati. Questi altri rischi sono rischi generali di impresa.

AG99

Una partecipazione valutata con il metodo del patrimonio netto non può costituire un elemento coperto in una copertura di fair value (valore equo) poiché il metodo del patrimonio netto rileva a conto economico la quota di pertinenza dell’investitore dell’utile o della perdita maturata dalla partecipata, piuttosto che variazioni di fair value (valore equo) dell’investimento. Per una ragione simile, una partecipazione in una controllata consolidata non può essere un elemento coperto in una copertura di fair value (valore equo) poiché il consolidamento comporta il riconoscimento al conto economico dell’utile o della perdita della controllata, piuttosto che le variazioni di fair value (valore equo) dell’investimento. Una copertura di un investimento netto in una gestione estera è diversa perché è una copertura di un’esposizione di valuta estera, non una copertura di fair value (valore equo) della variazione di valore dell’investimento.

AG99A

Il paragrafo 80 stabilisce che nel bilancio consolidato il rischio di cambio di una operazione infragruppo programmata altamente probabile possa qualificarsi come elemento coperto in un’operazione di copertura di flussi finanziari, a condizione che l’operazione sia denominata in una valuta diversa dalla valuta funzionale della entità che effettua tale operazione e che il rischio di cambio influisca sul conto economico consolidato. A tale scopo, una entità può essere una controllante, una controllata, una collegata, una joint venture o una filiale. Se il rischio di cambio di una operazione infragruppo programmata non influisce sul conto economico consolidato, l’operazione infragruppo non può qualificarsi come elemento coperto. Ciò si verifica normalmente nel caso di pagamenti per royalty, interessi o costi di gestione tra componenti di uno stesso gruppo a meno che non si tratti di una operazioni con terzi correlati. Tuttavia, quando il rischio di cambio di una operazione infragruppo programmata ha un impatto sul conto economico consolidato, l’operazione infragruppo può qualificarsi come elemento coperto. Un esempio è quello delle vendite o degli acquisti programmati di rimanenze tra componenti di uno stesso gruppo se vi è una rivendita delle rimanenze ad una parte esterna al gruppo. Analogamente, una vendita infragruppo programmata di impianti e macchinari dall’entità del gruppo che li ha fabbricati a una entità del gruppo che li utilizzerà nella sua attività può influire sul conto economico consolidato. Questo potrebbe verificarsi, per esempio, in quanto gli impianti e i macchinari saranno ammortizzati dall’entità che li ha acquistati e l’importo inizialmente rilevato per gli impianti e macchinari può cambiare se l’operazione infragruppo è denominata in una valuta diversa dalla valuta funzionale dell’entità acquirente.

AG99B

Se una copertura di una operazione infragruppo programmata si qualifica per la contabilizzazione come operazione di copertura, qualsiasi utile o perdita rilevato direttamente nel patrimonio netto in conformità con il paragrafo 95(a) deve essere riclassificato nel conto economico nello stesso esercizio o negli stessi esercizi in cui il rischio di cambio dell’operazione coperta influisce sul conto economico consolidato.

Designazione di elementi finanziari come elementi coperti (paragrafi 81 e 81A)

AG99C

[…] L’entità può designare tutti i flussi finanziari dell’intera attività o passività finanziaria come elemento coperto e coprirli soltanto per un rischio particolare (per esempio solo per cambiamenti che sono attribuibili a variazioni del LIBOR). Per esempio, nel caso di una passività finanziaria il cui tasso di interesse effettivo è 100 punti base sotto il LIBOR, un’entità può designare come elemento coperto l’intera passività (ossia l’importo capitale più gli interessi al LIBOR meno 100 punti base) e coprire la variazione del fair value (valore equo) o dei flussi finanziari dell’intera passività che è attribuibile ai cambiamenti del LIBOR. L’entità può inoltre scegliere un rapporto di copertura diverso da uno a uno per migliorare l’efficacia della copertura come descritto nel paragrafo AG100.

AG99D

Inoltre, se uno strumento finanziario a tasso fisso è coperto qualche tempo dopo la sua emissione e nel frattempo i tassi di interesse sono variati, l’entità può designare una parte pari al tasso di riferimento […]. Per esempio, si supponga che un’entità origini un’attività finanziaria a tasso fisso di CU100 che ha un tasso di interesse effettivo del 6 per cento in un periodo in cui il LIBOR è 4 per cento. L’entità inizia a coprire tale attività qualche tempo dopo, quando il LIBOR è salito all’8 per cento e il fair value (valore equo) dell’attività è diminuito a CU90. L’entità calcola che se avesse acquistato l’attività alla data in cui l’aveva designata come elemento coperto al fair value (valore equo) di allora pari a CU90, il rendimento effettivo sarebbe stato del 9,5 per cento. […] L’entità può designare una parte del LIBOR pari all’8 per cento rappresentata in parte da flussi finanziari di interesse contrattuale e in parte dalla differenza tra il fair value (valore equo) (ossia CU90) e l’importo rimborsabile a scadenza (ossia CU100).

Designazione di elementi non finanziari come elementi coperti (paragrafo 82)

AG100

Generalmente le variazioni di prezzo di una singola componente di un’attività o passività non finanziaria non hanno un effetto prevedibile e separatamente misurabile in termini di prezzo, che sia paragonabile, ad esempio, all’effetto di una variazione dei tassi d’interesse di mercato sul prezzo di un titolo a reddito fisso. Quindi, un’attività o passività non finanziaria è un elemento coperto soltanto nella sua totalità o per il rischio di cambio. Se c’è una differenza tra le condizioni dello strumento di copertura e l’elemento coperto (come nel caso di una copertura di un acquisto programmato di caffè brasiliano utilizzando un contratto forward per acquistare caffè colombiano a condizioni altrimenti simili), la relazione di copertura tuttavia può qualificarsi come una relazione coperta a condizione che tutte le condizioni del paragrafo 88 siano soddisfatte, incluso il fatto che si preveda che la copertura sia altamente efficace. A questo fine, l’importo dello strumento di copertura può essere maggiore o minore di quello dell’elemento coperto se questo migliora l’efficacia della relazione di copertura. Per esempio, si potrebbe effettuare un’analisi della regressione per stabilire una relazione statistica tra l’elemento coperto (per esempio un’operazione in caffè brasiliano) e lo strumento di copertura (per esempio un’operazione in caffè colombiano). Se sussiste una relazione statistica valida tra le due variabili (ossia tra i prezzi unitari del caffè brasiliano e del caffè colombiano), la curva della linea della regressione può essere utilizzata per stabilire il rapporto di copertura che ottimizzerà l’efficacia prevista. Per esempio, se la curva della linea di regressione è 1,02, un rapporto di copertura basato su una quantità pari a 0,98 di elementi coperti e 1,00 dello strumento di copertura ottimizza l’efficacia prevista. Tuttavia, la relazione di copertura può determinare inefficacia che è rilevata a conto economico durante il periodo della relazione di copertura.

Designazione di gruppi di elementi come elementi coperti (paragrafi 83 e 84)

AG101

Una copertura di una posizione netta complessiva (ad esempio il netto di tutte le attività e passività a tasso fisso con scadenze simili), piuttosto che di uno specifico elemento coperto, non soddisfano le condizioni per la contabilizzazione come operazioni di copertura. Tuttavia, si può ottenere quasi il medesimo effetto sul conto economico designando come elemento coperto parte degli elementi sottostanti. Per esempio, se una banca ha CU100 di attività e CU90 di passività con rischi e condizioni di natura simile e copre l’esposizione netta di CU10, può indicare come elemento coperto i CU10 delle attività. Tale indicazione può essere usata se tali attività e passività sono strumenti a tasso fisso, nel qual caso si ha una copertura di fair value (valore equo), o se sono entrambi strumenti a tasso variabile, nel cui caso si ha una copertura di flusso finanziario. In maniera simile, se un’entità si è impegnata ad acquistare CU100 in valuta estera e a vendere CU90 in valuta estera, può coprire l’importo netto di CU10 acquisendo un derivato e designandolo come strumento di copertura associato con CU10 dell’impegno di acquisto di CU100.

Contabilizzazione delle operazioni di copertura (paragrafi da 85 a 102)

AG102

Un esempio di una copertura di fair value (valore equo) è una copertura dell’esposizione ai cambiamenti di fair value (valore equo) di uno strumento di debito a tasso fisso dovuti ai cambiamenti dei tassi di interesse. Tale copertura potrebbe essere stata effettuata dall’emittente o dal possessore.

AG103

Un esempio della copertura dei flussi finanziari è l’utilizzo di uno swap per cambiare il debito a tasso variabile in un debito a tasso fisso (ossia una copertura di un’operazione futura in cui i futuri flussi finanziari coperti sono i futuri pagamenti di interesse).

AG104

Una copertura di un impegno irrevocabile (per esempio una copertura di una variazione dei prezzi del carburante relativi a un impegno contrattuale non rilevato da un’impresa elettrica di acquistare carburante a un prezzo fisso) è una copertura di un’esposizione a una variazione di fair value (valore equo). Di conseguenza, tale copertura è una copertura di fair value (valore equo). Tuttavia, secondo il paragrafo 87 una copertura di un rischio di cambio di un impegno irrevocabile potrebbe alternativamente essere contabilizzato come una copertura di un flusso finanziario.

Valutazione dell’efficacia della copertura

AG105

Una copertura è considerata altamente efficace soltanto se entrambe le seguenti condizioni sono soddisfatte:

a)

All’inizio della copertura e in periodi successivi, la copertura è prevista essere altamente efficace nel realizzare una compensazione nelle variazioni di fair value (valore equo) o dei flussi finanziari attribuibili al rischio coperto durante il periodo per il quale la copertura è designata. Tale aspettativa può essere dimostrata in diversi modi, includendo un confronto tra le precedenti variazioni di fair value (valore equo) o dei flussi finanziari dell’elemento coperto che sono attribuibili al rischio coperto e le precedenti variazioni del fair value (valore equo) o dei flussi finanziari dello strumento di copertura, o dimostrando un’alta correlazione statistica tra il fair value (valore equo) o i flussi finanziari dell’elemento coperto e quelli dello strumento di copertura. L’entità può scegliere un rapporto di copertura diverso da uno a uno per migliorare l’efficacia della copertura come descritto nel paragrafo AG100.

b)

I risultati effettivi della copertura rientrano in una gamma dell’80-125 per cento. Ad esempio, se i risultati effettivi sono tali che la perdita sullo strumento di copertura è CU120 e l’utile sullo strumento liquido è CU100, la compensazione può essere valutata pari a 120/100, ossia 120 per cento, oppure 100/120, ossia 83 per cento. In questo esempio, supponendo che la copertura soddisfi la condizione in a), l’entità concluderebbe che la copertura è stata altamente efficace.

AG106

L’efficacia è valutata, come minimo, al momento in cui l’entità redige il suo bilancio annuale o intermedio.

AG107

Il presente Principio non specifica un unico criterio per la valutazione dell’efficacia della copertura. Il criterio che l’entità adotta per valutare l’efficacia della copertura dipende dalla strategia di gestione del rischio adottata dalla direzione aziendale. Per esempio, se la strategia di gestione del rischio dell’entità consiste nel rettificare periodicamente l’importo dello strumento di copertura al fine di riflettere i cambiamenti della posizione coperta, l’entità deve dimostrare che si prevede che la copertura sia altamente efficace soltanto fino a quando l’importo dello strumento di copertura è successivamente rettificato. In alcune circostanze, l’entità adotta metodi differenti per differenti tipologie di coperture. La documentazione di un’entità sulla sua strategia di copertura include le sue procedure per la valutazione dell’efficacia. Queste specificano se la valutazione include tutti gli utili e le perdite su di uno strumento di copertura o se il valore temporale dello strumento è escluso.

AG107A

[…].

AG108

Se le condizioni principali dello strumento di copertura e dell’attività coperta, passività, impegno irrevocabile o dell’operazione programmata altamente probabile sono le medesime, i cambiamenti di fair value (valore equo) e dei flussi finanziari attribuibili al rischio coperto potrebbero compensarsi l’un l’altro completamente, sia quando la copertura è stipulata sia successivamente. Ad esempio, è verosimile che un interest rate swap sia uno copertura efficace se sia lo strumento di copertura sia quello coperto presentano eguali valori nozionali e di capitale, condizioni, date di revisione del prezzo, date di incasso e di pagamento di interessi e di capitale, e criteri per determinare i tassi di interesse. Inoltre, una copertura di un acquisto programmato altamente probabile di una merce con un contratto forward è probabile essere altamente efficace se:

a)

il contratto forward riguarda l’acquisto della stessa quantità della stessa merce allo stesso momento e localizzazione dell’acquisto coperto programmato;

b)

il fair value (valore equo) del contratto forward alla sottoscrizione è pari a zero; e

c)

il cambiamento nello sconto o nel premio sul contratto forward è escluso dalla valutazione dell’efficacia e rilevato nel conto economico oppure il cambiamento dei flussi finanziari attesi sull’operazione programmata altamente probabile è basato sul prezzo forward della merce.

AG109

A volte lo strumento di copertura compensa soltanto parte del rischio coperto. Per esempio, una copertura non sarebbe completamente efficace se lo strumento di copertura e l’elemento coperto fossero denominati in valute diverse che non si muovono in maniera abbinata. Inoltre, una copertura del rischio del tasso di interesse che si ha usando un derivato non sarebbe pienamente efficace se parte del cambiamento del fair value (valore equo) del derivato fosse attribuibile al rischio di credito della controparte.

AG110

Per qualificarsi per la contabilizzazione di copertura, la copertura deve far riferimento a un rischio specifico identificato e designato e non semplicemente a rischi generici connessi all’attività imprenditoriale dell’entità e deve, in ultima analisi, incidere sul risultato economico dell’entità. La contabilizzazione come operazione di copertura non si applica alla copertura del rischio di obsolescenza di un’attività fisica o del rischio di esproprio governativo di un immobile; infatti, l’efficacia non può essere valutata perché tali rischi non sono valutabili attendibilmente.

AG111

Nel caso del rischio di tasso di interesse, l’efficacia della copertura può essere valutata preparando un piano di scadenze per attività e passività finanziarie che mostri l’esposizione netta al tasso di interesse per ogni periodo di tempo, a patto che l’esposizione netta sia associata a un’attività o passività specifica (o a un gruppo specifico di attività o passività o ad una parte specifica di queste) dando origine all’esposizione netta, e l’efficacia della copertura è valutata con riferimento a tale attività o passività.

AG112

Nel valutare l’efficacia della copertura, l’entità generalmente considera il valore temporale del denaro. Il tasso fisso di interesse su di un elemento coperto non è necessario che corrisponda esattamente al tasso fisso di interesse su di uno swap designato come copertura di fair value (valore equo). Né il tasso di interesse variabile su di un’attività o su di una passività fruttifera di interessi è necessario sia lo stesso del tasso di interesse variabile di uno swap designato come copertura di un flusso finanziario. Il fair value (valore equo) di uno swap deriva dai suoi regolamenti netti. I tassi fissi e variabili su di uno swap possono essere modificati senza incidere sul regolamento netto se entrambi sono cambiati per un medesimo importo.

AG113

Se un’entità non soddisfa i criteri di efficacia della copertura, l’entità interrompe la contabilizzazione delle operazioni di copertura dall’ultima data in cui è stato dimostrato di aver soddisfatto tali criteri. Tuttavia, se l’entità identifica l’evento o il cambiamento delle circostanze che ha portato la relazione di copertura a non soddisfare i criteri di efficacia e dimostra che la copertura era efficace prima dell’evento o cambiamento delle circostanze verificatesi, l’entità interrompe la contabilizzazione delle operazioni di copertura dalla data dell’evento o cambiamento delle circostanze.

Contabilizzazione delle operazioni di copertura di fair value (valore equo) per una copertura del portafoglio dal rischio di tasso di interesse

AG114

In una copertura di fair value (valore equo) dell’esposizione al rischio di tasso di interesse associato a un portafoglio di attività o passività finanziarie, un’entità soddisferebbe le disposizioni del presente Principio se soddisfa le procedure esposte in a)-i) e i paragrafi da AG115 ad AG132 di seguito.

a)

Come parte del processo di gestione del proprio rischio, l’entità identifica un portafoglio di elementi di cui desidera coprire il rischio di tasso di interesse. Il portafoglio può includere soltanto attività, soltanto passività, o entrambe attività e passività. L’entità può identificare due o più portafogli (ad esempio l’entità può raggruppare le proprie attività disponibili per la vendita in un portafoglio separato), nel qual caso applica la seguente guida a ogni portafoglio separatamente.

b)

L’entità analizza il portafoglio in periodi di revisione dei prezzi basati su date di revisione dei prezzi previste piuttosto che contrattuali. L’analisi in periodi di revisione dei prezzi può essere svolta in modi diversi inclusa la programmazione dei flussi finanziari nei periodi in cui sono previsti verificarsi o la programmazione degli importi di capitale nozionale in tutti i periodi fino a quando si prevede che si verifichi la revisione dei prezzi.

c)

Sulla base della presente analisi, l’entità decide l’importo che desidera coprire. L’entità individua come elemento coperto un importo di attività o passività (ma non un importo netto) dal portafoglio identificato pari all’importo che desidera designare come coperto. […].

d)

L’entità individua il rischio di tasso di interesse che copre. Questo rischio potrebbe essere una parte del rischio di tasso di interesse in ognuno degli elementi nella posizione coperta, quale un tasso di interesse di riferimento (per esempio LIBOR).

e)

L’entità individua uno o più strumenti di copertura per ogni periodo di revisione dei prezzi.

f)

Sulla base di quanto individuato in c)-e) sopra, l’entità accerta all’inizio e in esercizi successivi, se si prevede che la copertura sia altamente efficace durante il periodo per il quale la copertura è stata individuata.

g)

Periodicamente, l’entità misura la variazione del fair value [valore equo) dell’elemento coperto [come indicato in (c)] che è attribuibile al rischio coperto [come indicato in d)] […]. A condizione che si determini effettivamente che la copertura sia stata altamente efficace quando accertata utilizzando il metodo documentato dell’entità per la valutazione dell’efficacia, l’entità rileva la variazione nel fair value (valore equo) dell’elemento coperto come un’utile o una perdita nel conto economico e in una di due voci distinte nello stato patrimoniale come descritto nel paragrafo 89A. La variazione del fair value (valore equo) non può essere attribuita a singole attività o passività.

h)

L’entità valuta la variazione del fair value (valore equo) dello/gli strumento/i di copertura [come indicato in (e)] e la rileva come utile o perdita nel conto economico. Il fair value (valore equo) dello/gli strumento/i di copertura è rilevato come attività o passività nello stato patrimoniale.

i)

Eventuali situazioni di inefficacia (4) saranno rilevate nel conto economico come differenza tra la variazione del fair value (valore equo) a cui si fa riferimento in g) e quella in h).

AG115

Il presente approccio è illustrato più dettagliatamente di seguito. L’approccio deve essere applicato soltanto alla copertura di fair value (valore equo) dell’esposizione al tasso di interesse di un portafoglio di attività o passività finanziarie.

AG116

Il portafoglio identificato nel paragrafo AG114, lettera a), potrebbe contenere attività e passività. Alternativamente potrebbe essere un portafoglio che contiene soltanto attività, o soltanto passività. Il portafoglio è utilizzato per determinare l’importo delle attività o passività che l’entità desidera coprire. Tuttavia, il portafoglio di per sé non è indicato come l’elemento coperto.

AG117

Nell’applicazione del paragrafo AG114, lettera b), l’entità determina la data prevista di revisione dei prezzi di un elemento come la prima delle date in cui tale elemento si preveda giunga a scadenza o subisca una revisione dei prezzi in base ai tassi di mercato. Le date previste di revisione dei prezzi sono stimate all’inizio della copertura e durante tutto il periodo della copertura, sulla base dell’esperienza storica e altre informazioni disponibili, incluse le informazioni e le aspettative riguardanti i tassi di pagamento anticipato, tassi di interesse e l’interazione tra questi. Le entità che non hanno una loro specifica esperienza o una esperienza insufficiente, utilizzano l’esperienza di un gruppo simile per strumenti finanziari similari. Queste stime sono riviste periodicamente e aggiornate alla luce dell’esperienza. Nel caso di un elemento a tasso fisso che è pagabile anticipatamente, la data prevista di revisione dei prezzi è la data in cui si prevede sia effettuato il pagamento anticipato salvo che si rivedano i prezzi in base ai tassi di mercato a una data precedente. Per un gruppo di elementi simili, l’analisi in periodi di tempo che si basano su date previste per la revisione dei prezzi può diventare una ripartizione di una percentuale del gruppo, piuttosto che di elementi singoli, ad ogni periodo di tempo. Un’entità può applicare altre metodologie per tali fini di ripartizione. Per esempio, può utilizzare un moltiplicatore del tasso di pagamento anticipato per ripartire i finanziamenti a periodi di tempo che si basano sulle date previste di revisione dei prezzi. Tuttavia, la metodologia per tale ripartizione deve soddisfare le procedure e gli obiettivi di gestione del rischio dell’entità.

AG118

Come esempio della designazione illustrata nel paragrafo AG114, lettera c), se in un particolare periodo di revisione dei prezzi un’entità stima di avere attività a tasso fisso pari a CU100 e passività a tasso fisso pari a CU80 e decide di coprire tutta la posizione netta di CU20, indica come elemento coperto attività pari a CU20 (una parte delle attività). La designazione è espressa come «importo in valuta» (per esempio un importo in dollari, euro, sterline o rand) piuttosto che come attività individuali. Ne consegue che tutte le attività (o passività) soggette a copertura — ossia tutti i CU 100 dell’esempio precedente — devono essere elementi il cui fair value (valore equo) cambia in relazione al tasso di interesse coperto […] (5).

AG119

L’entità inoltre soddisfa le disposizioni relative ad altre designazioni e documentazioni esposte nel paragrafo 88, lettera a). Per una copertura del portafoglio dal rischio di tasso di interesse, questa designazione e documentazione specificano la politica dell’entità per tutte le variabili che sono utilizzate per identificare l’importo che è coperto e come l’efficacia è misurata, incluso quanto segue:

a)

quali attività e passività sono da includere nel portafoglio e la base da utilizzare per eliminarle dal portafoglio;

b)

come l’entità stima le date di revisione dei prezzi, incluso su quali assunti di tasso di interesse si basano le stime delle percentuali di pagamento anticipato e la base per modificare tali stime. Lo stesso metodo è utilizzato per entrambe le stime iniziali fatte al momento in cui l’attività o la passività sono incluse nel portafoglio coperto e per qualsiasi revisione successiva di tali stime;

c)

il numero e la durata dei periodi di tempo di revisione dei prezzi.

d)

con quale frequenza l’entità verifica l’efficacia […];

e)

la metodologia utilizzata dall’entità per determinare l’importo di attività o passività che sono designate come elemento coperto […];

f)

[…]. Se l’entità verificherà l’efficacia per ogni periodo di tempo di revisione dei prezzi individualmente, per tutti i periodi di tempo cumulativamente, o utilizzando alcune combinazioni delle due.

Le politiche specificate nella designazione e documentazione della relazione di copertura devono soddisfare le procedure e gli obiettivi della gestione del rischio dell’entità. I cambiamenti nelle politiche non devono essere fatti arbitrariamente. Questi devono essere giustificati in base ai cambiamenti delle condizioni di mercato e ad altri fattori e devono basarsi su, ed essere coerenti con, le procedure e gli obiettivi della gestione del rischio dell’entità.

AG120

Lo strumento di copertura a cui si fa riferimento nel paragrafo AG114, lettera e) può essere un derivato singolo o un portafoglio di derivati ognuno dei quali contiene un’esposizione al rischio di tasso di interesse coperto indicato nel paragrafo AG114, lettera d), (per esempio un portafoglio di swap su tasso di interesse ognuno dei quali contiene un’esposizione al LIBOR). Tale portafoglio di derivati può contenere posizioni di rischio che si compensano. Tuttavia, potrebbe non includere opzioni vendute o opzioni vendute nette, perché il Principio (6) non consente che tali opzioni siano designate come strumenti di copertura (eccetto quando un’opzione venduta è designata a compensazione di un’opzione acquistata). Se lo strumento di copertura copre l’importo indicato nel paragrafo AG114, lettera c), per più di un periodo di tempo di revisione dei prezzi, è ripartito tra tutti i periodi di tempo che copre. Tuttavia, tutto lo strumento di copertura deve essere ripartito a quei periodi di revisione dei prezzi perché il Principio (7) non consente che una relazione di copertura sia designata soltanto per una parte del periodo di tempo durante il quale uno strumento di copertura rimane in essere.

AG121

Quando l’entità misura la variazione del fair value (valore equo) di un elemento pagabile anticipatamente secondo quanto previsto dal paragrafo AG114, lettera g), una variazione di tasso di interesse influisce sul fair value (valore equo) dell’elemento pagato anticipatamente in due modi: influisce sul fair value (valore equo) dei flussi finanziari contrattuali e sul fair value (valore equo) dell’opzione di pagamento anticipato che è contenuta in un elemento pagabile anticipatamente. Il paragrafo 81 del Principio permette che un’entità individui una parte di un’attività o di una passività finanziaria, che condivide un’esposizione a un rischio comune, come elemento coperto, a condizione che l’efficacia possa essere misurata. […].

AG122

Il Principio non specifica le tecniche utilizzate per determinare l’importo a cui si fa riferimento nel paragrafo AG114, lettera g), ossia il cambiamento del fair value (valore equo) dell’elemento coperto che è attribuibile al rischio coperto. […]. Non è appropriato assumere che le variazioni del fair value (valore equo) dell’elemento coperto siano pari ai cambiamenti del valore dello strumento di copertura.

AG123

Il paragrafo 89A richiede che se l’elemento coperto per un particolare periodo di tempo di revisione dei prezzi è un’attività, il cambiamento del fair value (valore equo) è presentato in una voce distinta dell’attivo. Viceversa, se l’elemento coperto per un particolare periodo di tempo di revisione dei prezzi è una passività, il cambiamento del valore è presentato in una voce distinta del passivo. Queste sono le voci distinte a cui si fa riferimento nel paragrago AG114, lettera g). Non è richiesta una attribuzione specifica a singole attività (o passività).

AG124

Il paragrafo AG114, lettera i), indica che l’inefficacia deriva dalla misura in cui il cambiamento del fair value (valore equo) dell’elemento coperto che è attribuibile al rischio coperto, differisce dal cambiamento del fair value (valore equo) del derivato di copertura. Tale differenza può derivare da una serie di ragioni, inclusi:

a)

[…];

b)

elementi nel portafoglio coperto che subiscono una riduzione di valore o sono eliminati contabilmente;

c)

le date di pagamento dello strumento di copertura che sono diverse da quelle dell’elemento coperto; e

d)

altre cause […].

Tale inefficacia (8) deve essere identificata e rilevata nel conto economico.

AG125

Generalmente, l’efficacia della copertura sarà migliorata:

a)

se l’entità programma elementi con caratteristiche di prepagamento diverse in modo da considerare le differenze di comportamento nel pagamento anticipato.

b)

quando il numero di elementi nel portafoglio è maggiore. Quando soltanto pochi elementi sono contenuti nel portafoglio, è probabile che si verifichi un’inefficacia relativamente notevole se uno degli elementi prepaga prima o dopo rispetto a quando previsto. Viceversa, quando il portafoglio contiene diversi elementi, il metodo del pagamento anticipato può essere previsto più accuratamente.

c)

quando i periodi di tempo della revisione dei prezzi utilizzati sono più brevi (per esempio un mese invece di tre). I periodi di tempo più brevi per la revisione dei prezzi riducono l’effetto di eventuali diversità tra le date di revisione dei prezzi e di pagamento (nel periodo di tempo di revisione dei prezzi) dell’elemento coperto e di quelle dello strumento di copertura.

d)

se maggiore è la frequenza con cui l’importo dello strumento di copertura è rettificato per riflettere i cambiamenti nell’elemento coperto (per esempio a causa dei cambiamenti nelle previsioni di pagamento anticipato).

AG126

Un’entità verifica l’efficacia periodicamente. […].

AG127

Quando si valuta l’efficacia, l’entità distingue le revisioni delle date stimate di revisione dei prezzi di attività (o passività) esistenti da quelle relative a nuove attività (o passività), con soltanto le prime che danno origine all’inefficacia. […]. Una volta che l’inefficacia è stata rilevata come illustrato sopra, l’entità stabilisce una nuova stima delle attività totali (o passività) in ogni periodo di tempo di revisione dei prezzi, incluse le nuove attività (o passività) che si sono originate dall’ultima volta in cui si è verificata l’efficacia, e individua un nuovo importo come elemento coperto e una nuova percentuale come percentuale coperta. […].

AG128

Elementi che erano originariamente programmati in un periodo di revisione dei prezzi possono essere cancellati a causa dei pagamenti anticipati rispetto a quanto previsto o di totale svalutazione dovuta a una riduzione di valore o vendita. Quando ciò si verifica, l’importo della variazione di fair value (valore equo) incluso nella voce distinta di cui al paragrafo AG114, lettera g), che fa riferimento alla voce stornata deve essere eliminato dallo stato patrimoniale e incluso nell’utile o nella perdita che deriva dall’eliminazione dell’elemento. A questo scopo, è necessario conoscere il(i) periodo(i) di tempo della revisione dei prezzi in cui l’elemento eliminato era programmato poiché questo determina il(i) periodo(i) di revisione dei prezzi da cui rimuoverlo e quindi l’importo da rimuovere dalla voce distinta a cui si fa riferimento nel paragrafo AG114, lettera g). Quando un elemento è eliminato, se si può determinare in quale periodo di tempo era incluso, viene rimosso da tale periodo di tempo. Diversamente, è rimosso dal periodo di tempo immediatamente precedente se l’eliminazione risultava da maggiori pagamenti anticipati rispetto ai previsti ovvero ripartito tra tutti i periodi di tempo che contenevano l’elemento eliminato su una base sistematica e razionale se l’elemento era venduto o era soggetto a una riduzione di valore.

AG129

Inoltre eventuali importi relativi a un particolare periodo di tempo che non sono stati stornati allo scadere del periodo di tempo sono stornati nel conto economico in quel periodo (cfr. paragrafo 89A). […]..

AG130

[…].

AG131

Se l’importo coperto per un periodo di tempo di revisione dei prezzi è ridotto senza che le attività (o passività) connesse siano stornate, l’importo incluso nella voce distinta di cui al paragrafo AG114, lettera g), che fa riferimento alla riduzione deve essere ammortizzato secondo quanto previsto dal paragrafo 92.

AG132

Un’entità può desiderare di applicare l’approccio esposto nei paragrafi AG114-AG131 a una copertura di portafoglio che è stata precedentemente contabilizzata come una copertura di flussi finanziari secondo quanto previsto dallo IAS 39. Tale entità potrebbe revocare la precedente designazione di una copertura di flussi finanziari secondo quanto previsto dal paragrafo 101, lettera d), e potrebbe applicare le disposizioni esposte in tale paragrafo. Essa inoltre potrebbe rideterminare la copertura come una copertura di fair value (valore equo) e potrebbe applicare prospetticamente il criterio esposto nei paragrafi AG114-AG131 a esercizi successivi.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE (paragrafi da 103 a 108b)

AG133

Una entità può aver designato una operazione infragruppo programmata come elemento coperto all’inizio di un esercizio che comincia il 1o gennaio 2005 o in data successiva (oppure, ai fini della rideterminazione delle informazioni comparative, all’inizio di un esercizio comparativo precedente), in una operazione di copertura che si qualificherebbe per la contabilizzazione come tale in conformità con il presente Principio (come modificato dall’ultima frase del paragrafo 80). Tale entità può utilizzare quella designazione per applicare la contabilizzazione delle operazioni di copertura nel suo bilancio consolidato dall’inizio dell’esercizio che comincia il 1o gennaio 2005 o in data successiva (o dall’inizio dell’esercizio comparativo precedente). Tale entità deve anche applicare i paragrafi AG99A e AG99B dall’inizio dell’esercizio che comincia il 1o gennaio 2005 o in data successiva. Tuttavia, in conformità del paragrafo 108B, essa non è tenuta ad applicare il paragrafo AG99B alle informazioni comparative per gli esercizi precedenti.


(1)  Nel presente Principio, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

(2)  Nel presente Principio, gli importi monetari sono denominati in «currency units» (unità di moneta) (CU).

(3)  IAS 37, paragrafo 39, contiene una guida su come determinare la stima migliore in una gamma di risultati possibili.

(4)  Le stesse considerazioni sulla significatività trovano applicazione in questo contesto così come in tutti gli IFRS.

(5)  Il Principio permette a un’entità di designare qualsiasi importo delle disponibili attività o passività qualificabili, ossia in questo esempio qualunque importo di attività tra CU0 e CU100.

(6)  Cfr. paragrafi 77 e AG94.

(7)  Cfr. paragrafo 75.

(8)  Le stesse considerazioni sulla significatività trovano applicazione in questo contesto così come in tutti gli IFRS.

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 40

Investimenti immobiliari

FINALITÀ

1.

La finalità del presente Principio è definire il trattamento contabile degli investimenti immobiliari e le connesse disposizioni informative.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente Principio deve essere applicato per la rilevazione, valutazione e informativa connessa agli investimenti immobiliari.

3.

Il presente Principio si applica, inoltre, alla valutazione delle interessenze in immobili iscritti nel bilancio di un locatario, detenuti tramite un leasing contabilizzato come leasing finanziario, e alla valutazione degli investimenti immobiliari iscritti nel bilancio di un locatore e concessi a un locatario tramite un leasing operativo. Il presente Principio non tratta le problematiche coperte dallo IAS 17 Leasing, incluse:

a)

la classificazione delle operazioni di leasing come operazioni di leasing finanziario o operativo;

b)

la rilevazione dei ricavi derivanti da canoni di locazione realizzati tramite investimenti immobiliari (cfr. anche IAS 18 Ricavi);

c)

la valutazione nel bilancio di un locatario di interessenze in immobili detenuti tramite un leasing contabilizzato come leasing operativo;

d)

la valutazione nel bilancio di un locatore del suo investimento netto in un leasing finanziario;

e)

la contabilizzazione di operazioni di vendita e retrolocazione (leaseback); e

f)

l’informativa relativa alle operazioni di leasing finanziario e alle operazioni di leasing operativo.

4.

Il presente Principio non si applica a:

a)

attività biologiche connesse all’attività agricola (cfr. IAS 41 Agricoltura); e

b)

diritti e riserve minerari quali petrolio, gas naturale e simili risorse non rinnovabili.

DEFINIZIONI

5.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il valore contabile è l’ammontare al quale un’attività è rilevata nello stato patrimoniale.

Il costo è l’ammontare di disponibilità liquide o mezzi equivalenti corrisposto o il fair value (valore equo) di altro corrispettivo dato per acquisire un’attività, al momento dell’acquisto o della costruzione o, ove applicabile, l’importo attribuito a tale attività al momento della rilevazione iniziale secondo quanto previsto dalle disposizioni specifiche di altri IFRS, per esempio l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

L’investimento immobiliare è una proprietà immobiliare (terreno o fabbricato — o parte di fabbricato — o entrambi) posseduta (dal proprietario o dal locatario tramite un contratto di leasing finanziario) al fine di conseguire canoni di locazione o per l’apprezzamento del capitale investito o per entrambe le motivazioni, piuttosto che per:

a)

l’uso nella produzione o nella fornitura di beni o prestazione di servizi o nell’amministrazione aziendale; o

b)

la vendita, nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale.

Limmobile ad uso del proprietario è un immobile posseduto (dal proprietario o dal locatario tramite un contratto di leasing finanziario) per l’uso nella produzione o nella fornitura di beni o prestazione di servizi, ovvero nell’amministrazione aziendale.

6.

L’interessenza in un immobile detenuto da un locatario tramite un leasing operativo può essere classificata e contabilizzata come un investimento immobiliare se, e soltanto se, l’immobile comunque soddisfa la definizione di investimento immobiliare e il locatario utilizza la contabilizzazione al fair value (valore equo) esposta nei paragrafi da 33 a 55 per l’attività rilevata. Questa classificazione alternativa è utilizzabile per ogni singolo bene immobiliare. Tuttavia, una volta che questa classificazione alternativa sia stata adottata per una di tali interessenze in immobili detenuti tramite un leasing operativo, tutti gli immobili classificati come investimenti immobiliari devono essere contabilizzati utilizzando la contabilizzazione al fair value (valore equo). Quando questa classificazione alternativa viene adottata, qualunque interessenza in immobili così classificata è compresa nell’informativa richiesta dai paragrafi da 74 a 78.

7.

Un investimento immobiliare è posseduto al fine di percepire canoni d’affitto o per l’apprezzamento del capitale investito o per entrambi i motivi. Perciò, un investimento immobiliare origina flussi finanziari ampiamente indipendenti dalle altre attività possedute dall’entità. Ciò distingue un investimento immobiliare da un immobile a uso del proprietario. La produzione o la fornitura di beni o servizi (o l’uso dell’immobile nell’amministrazione aziendale) origina flussi finanziari che sono attribuibili non soltanto all’immobile, ma anche ad altre attività utilizzate nel processo produttivo o nella fornitura dei beni. Agli immobili a uso del proprietario si applica lo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari.

8.

I seguenti sono esempi di investimenti immobiliari:

a)

un terreno posseduto per un apprezzamento a lungo termine del capitale investito, piuttosto che per la vendita nel breve termine nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale;

b)

un terreno posseduto per un utilizzo futuro al momento non ancora determinato. (Se l’entità non ha ancora deciso se utilizzerà il terreno a uso del proprietario o per la vendita nel breve periodo, nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale, il terreno è trattato come se posseduto per l’apprezzamento del capitale investito.);

c)

un edificio di proprietà dell’entità che redige il bilancio (o posseduto dall’entità tramite un contratto di leasing finanziario) e dato in locazione tramite una o più operazioni di leasing operativo;

d)

un edificio attualmente non occupato ma posseduto al fine di essere locato tramite una o più operazioni di leasing operativo.

9.

I seguenti sono esempi di elementi che non sono investimenti immobiliari e che, perciò, non rientrano nell’ambito di applicazione del presente Principio:

a)

un immobile destinato alla vendita, nel corso del normale svolgimento dell’attività imprenditoriale o nel processo di costruzione o sviluppo finalizzato ad una successiva vendita (cfr. IAS 2 Rimanenze); per esempio un immobile acquisito esclusivamente in prospettiva di una sua successiva dismissione nel futuro prossimo o perché esso sia sviluppato e successivamente venduto;

b)

un immobile che viene costruito o sviluppato per conto terzi (cfr. IAS 11 Lavori su ordinazione);

c)

un immobile ad uso del proprietario (cfr. IAS 16), inclusi (tra gli altri) immobili posseduti per un utilizzo futuro come immobile ad uso del proprietario, immobili posseduti per un futuro sviluppo e un successivo utilizzo come immobili ad uso del proprietario, immobili a uso dei dipendenti (sia nel caso che i dipendenti paghino un canone di locazione a tassi di mercato sia nel caso in cui non lo facciano) e immobili ad uso del proprietario in procinto di essere dimessi;

d)

un immobile che al momento attuale è costruito o sviluppato per un utilizzo futuro come investimento immobiliare. Lo IAS 16 si applica a tale immobile sino al momento in cui la costruzione o lo sviluppo sono terminati, momento in cui l’immobile si qualifica come investimento immobiliare e si applica il presente Principio. Peraltro, il presente Principio si applica agli investimenti immobiliari esistenti che sono al momento attuale in fase di ristrutturazione per poter essere permanentemente utilizzati in futuro come investimenti immobiliari (cfr. paragrafo 58);

e)

immobili che sono dati in locazione a un’altra entità tramite un leasing finanziario.

10.

Alcuni immobili includono una parte posseduta allo scopo di percepire canoni di locazione o per l’apprezzamento del capitale investito e un’altra parte posseduta per l’impiego nella produzione o nella fornitura di beni o servizi ovvero nell’amministrazione aziendale. Se tali parti possono essere vendute separatamente (o locate separatamente tramite un contratto di leasing finanziario), l’entità contabilizza tali parti separatamente. Se queste, invece, non possono essere vendute separatamente, l’immobile costituisce un investimento immobiliare solo se una parte non significativa è posseduta per essere impiegata nella produzione o nella fornitura di beni o servizi ovvero nell’amministrazione aziendale.

11.

In alcuni casi, l’entità fornisce servizi sussidiari agli occupanti dell’immobile che possiede. Tale entità tratta tale immobile come un investimento immobiliare se i servizi rappresentano una componente non significativa del contratto nel suo insieme. Un esempio potrebbe essere rappresentato dal caso in cui il proprietario di un edificio locato a uso ufficio fornisce servizi di sicurezza e manutenzione ai conduttori che occupano l’edificio.

12.

In altre circostanze, i servizi forniti sono significativi. Per esempio, se l’entità gestisce un hotel di cui è proprietaria, i servizi forniti ai clienti sono significativi per il progetto considerato nel suo insieme. Perciò, un hotel gestito dal proprietario deve essere considerato un immobile a uso del proprietario, piuttosto che un investimento immobiliare.

13.

Può essere difficoltoso stabilire se i servizi sussidiari siano così significativi da far sì che un immobile non possa essere qualificato come un investimento immobiliare. Per esempio, il proprietario di un hotel alcune volte trasferisce talune responsabilità a terzi in base a un contratto di gestione. I termini di tali contratti possono essere assai vari. Da un lato, la posizione del proprietario potrebbe, nella sostanza, essere assimilata a quella di un investitore passivo. Dall’altro lato, il proprietario potrebbe semplicemente aver affidato funzioni operative a terzi mantenendo una significativa esposizione alla variazione nei flussi finanziari generati dall’attività dell’hotel.

14.

Per determinare se un immobile si qualifica come investimento immobiliare occorre una valutazione. L’entità sviluppa criteri propri così da poter formulare tale valutazione coerentemente con la definizione di investimento immobiliare e le relative indicazioni contenute nei paragrafi da 7 a 13. Il paragrafo 75, lettera c), richiede all’entità di indicare questi criteri quando la classificazione risulti difficoltosa.

15.

In alcune circostanze, l’entità è proprietaria di un immobile che è locato ed occupato dalla capogruppo o da un’altra controllata. L’immobile non si qualifica come investimento immobiliare nel bilancio consolidato, poiché esso risulta ad uso del proprietario nella prospettiva del gruppo. Tuttavia l’immobile, nell’ottica dell’entità che ne è proprietaria, costituisce un investimento immobiliare se soddisfa la definizione di cui al paragrafo 5. Pertanto, nel proprio bilancio individuale, il locatore tratta l’immobile come un investimento immobiliare.

RILEVAZIONE

16.

Un investimento immobiliare deve essere rilevato come attività quando, e solo quando:

a)

è probabile che i benefici economici futuri che sono associati all’investimento immobiliare affluiranno all’entità; e

b)

il costo dell’investimento immobiliare può essere valutato attendibilmente.

17.

L’entità valuta secondo questo principio di rilevazione tutti i suoi costi per l’investimento immobiliare nel momento in cui sono sostenuti. Questi includono i costi sostenuti inizialmente per acquisire un investimento immobiliare e i costi sostenuti successivamente per migliorarlo, sostituirne una parte ovvero effettuare la manutenzione.

18.

Secondo il principio di rilevazione di cui al paragrafo 16, l’entità non rileva i costi di manutenzione ordinaria di tale immobile nel valore contabile di un investimento immobiliare. Piuttosto, questi costi sono rilevati in conto economico man mano che si verificano. I costi di manutenzione ordinaria sono principalmente i costi di manodopera e dei beni di consumo, e possono includere il costo di piccoli ricambi. La finalità di queste spese è spesso indicata come «riparazioni e manutenzione» dell’immobile.

19.

Alcuni elementi degli investimenti immobiliari possono essere stati acquistati tramite sostituzione. Per esempio, le mura interne possono essere sostituzioni delle mura originali. Secondo quanto previsto dal principio di rilevazione, l’entità rileva nel valore contabile di un investimento immobiliare esistente il costo di sostituzione di un elemento al momento in cui il costo è sostenuto se i criteri di rilevazione sono soddisfatti. Il valore contabile degli elementi sostituiti è stornato secondo le disposizioni sull’eliminazione contabile contenute nel presente Principio.

VALUTAZIONE AL MOMENTO DELLA RILEVAZIONE

20.

Un investimento immobiliare deve essere valutato inizialmente al costo. I costi dell’operazione devono essere inclusi nella valutazione iniziale.

21.

Il costo di un investimento immobiliare acquisito comprende il prezzo di acquisto e qualsiasi spesa a esso direttamente attribuibile. Le spese direttamente attribuibili includono, per esempio, i compensi professionali per la prestazione di servizi legali, le imposte per il trasferimento della proprietà degli immobili e altri costi dell’operazione.

22.

Il costo di un investimento immobiliare costruito in economia è rappresentato dal suo costo alla data in cui la costruzione o lo sviluppo è terminato. Sino a tale data, l’entità applica lo IAS 16. A tale data, l’immobile si qualifica come investimento immobiliare e si applica il presente Principio [cfr. paragrafi 57, lettera e), e 65].

23.

Il costo di un investimento immobiliare non è incrementato da:

a)

i costi iniziali di avvio (a meno che questi occorrano a mettere il bene nelle condizioni necessarie per essere operativo come voluto dall’entità),

b)

perdite operative sostenute prima che l’investimento immobiliare raggiunga il pianificato livello di impiego, o

c)

importi anormali di materiale perso, costo del personale o altre risorse impiegate per costruire o migliorare l’immobile.

24.

Se il pagamento dell’investimento immobiliare viene differito, il suo costo deve essere fatto coincidere con l’equivalente prezzo per contanti. La differenza tra tale importo e il pagamento complessivo è rilevata come un interesse passivo lungo tutto il periodo di dilazione.

25.

Il costo iniziale di un’interessenza in un immobile detenuto tramite un leasing classificato come un investimento immobiliare deve essere quello prescritto per un leasing finanziario dal paragrafo 20 dello IAS 17, e cioè l’attività deve essere rilevata al minore tra il fair value (valore equo) dell’immobile e il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing. Un importo equivalente deve essere rilevato come passività secondo quanto previsto da quello stesso paragrafo.

26.

Ogni canone anticipato corrisposto per un leasing è considerato parte dei pagamenti minimi dovuti per il leasing, ed è quindi incluso nel costo dell’attività, ma è escluso dalla passività. Se un’interessenza in un immobile detenuto tramite leasing è classificata come un investimento immobiliare, l’elemento contabilizzato al fair value (valore equo) è l’interessenza e non la proprietà sottostante. Indicazioni sul come determinare il fair value (valore equo) di un’interessenza in un immobile per la contabilizzazione al fair value (valore equo) sono esposte nei paragrafi da 33 a 52. Tali indicazioni sono inoltre rilevanti nella determinazione del fair value (valore equo) quando tale valore è utilizzato come costo ai fini della rilevazione iniziale.

27.

Uno o più investimenti immobiliari possono essere acquistati in cambio di una o più attività non monetarie, ovvero di una combinazione di attività monetarie e non monetarie. La seguente disamina fa riferimento a uno scambio di un’attività non monetaria con un’altra, ma si applica anche a tutti gli scambi descritti nella frase precedente. Il costo di tale investimento immobiliare è valutato al fair value (valore equo) a meno che a) l’operazione di scambio manchi di sostanza commerciale o b) né il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta né quello dell’attività scambiata sia valutabile attendibilmente. L’attività acquistata è valutata in questo modo anche se l’entità non può stornare immediatamente l’attività ceduta. Se l’attività acquistata non è valutata al fair value (valore equo), il suo costo è rappresentato dal valore contabile dell’attività ceduta.

28.

L’entità determina se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale considerando la misura in cui si suppone che i suoi flussi finanziari futuri cambino a seguito dell’operazione. Un’operazione di scambio ha sostanza commerciale se:

a)

la configurazione (rischio, tempistica e importi) dei flussi finanziari dell’attività ricevuta differisce dalla configurazione dei flussi finanziari dell’attività trasferita; ovvero

b)

il valore di quella parte delle operazioni dell’entità interessata dalla transazione cambia a seguito dello scambio; e

c)

la differenza di cui in a) o b) è significativa rispetto al fair value (valore equo) delle attività scambiate.

Al fine di determinare se un’operazione di scambio ha sostanza commerciale, il valore per l’entità della parte delle sue operazioni interessata dalla transazione dovrà riflettere i flussi finanziari al netto degli effetti fiscali. Il risultato di queste analisi può essere evidente anche senza che l’entità debba svolgere calcoli dettagliati.

29.

Il fair value (valore equo) di un’attività per la quale non esistano operazioni di mercato confrontabili è valutabile attendibilmente se a) non è significativa la variabilità nella gamma di stime ragionevoli di fair value (valore equo) per tale attività o b) le probabilità delle varie stime rientranti nella gamma possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella stima del fair value (valore equo). Se l’entità è in grado di determinare attendibilmente il fair value (valore equo) sia dell’attività ricevuta sia dell’attività ceduta, allora si utilizza il fair value (valore equo) dell’attività ceduta per valutare il costo, a meno che il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta sia più chiaramente evidente.

VALUTAZIONE SUCCESSIVA ALLA RILEVAZIONE

Principio contabile

30.

A eccezione di quanto indicato ai paragrafi 32A e 34, un’entità deve adottare come principio contabile o la contabilizzazione al fair value (valore equo) di cui ai paragrafi da 33 a 55 oppure la contabilizzazione al costo di cui al paragrafo 56 e deve applicare tale principio a tutti i suoi investimenti immobiliari.

31.

Lo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori stabilisce che un cambiamento volontario di principi contabili deve essere effettuato solo se il cambiamento si concretizzerà in una presentazione più appropriata delle operazioni, altri eventi o situazioni nel bilancio dell’entità. È altamente improbabile che un cambiamento dal modello del fair value (valore equo) al modello del costo possa realizzare una migliore rappresentazione contabile.

32.

Il presente Principio richiede a tutte le entità di determinare il fair value (valore equo) degli investimenti immobiliari sia per la valutazione [se l’entità utilizza il modello del fair value (valore equo)] che per la sua informativa (se utilizza il modello del costo). L’entità è incoraggiata, ma non obbligata a determinare il fair value (valore equo) degli investimenti immobiliari sulla base di una stima effettuata da un perito indipendente con riconosciute e pertinenti qualifiche professionali e con una recente esperienza nella localizzazione e nella tipologia dell’investimento immobiliare oggetto della valutazione.

32A

Un’entità può:

a)

scegliere il modello del fair value (valore equo) ovvero il modello del costo per tutti gli investimenti immobiliari collegati a passività che riconoscono un rendimento direttamente collegato al fair value (valore equo) di, o ai rendimenti derivanti da, attività prestabilite che includono tale investimento immobiliare; e

b)

scegliere il modello del fair value (valore equo) ovvero il modello del costo per tutti gli altri investimenti immobiliari, indipendentemente dalla scelta effettuata al punto a).

32B

Alcuni assicuratori e altre entità gestiscono un fondo immobiliare interno che emette unità nominali, di cui alcune sono possedute dagli investitori in contratti collegati e altre dall’entità. Il paragrafo 32A non consente a un’entità di valutare la proprietà immobiliare posseduta dal fondo in parte al costo e in parte al fair value (valore equo).

32C

Se un’entità adotta diversi modelli per le due categorie descritte al paragrafo 32A, le vendite di investimenti immobiliari tra gruppi di attività valutate con modelli diversi devono essere rilevate al fair value (valore equo), e la variazione complessiva del fair value (valore equo) deve essere rilevata a conto economico. Di conseguenza, se un investimento immobiliare è venduto da un gruppo in cui è adottato il modello del fair value (valore equo) a un gruppo in cui è adottato il modello del costo, il fair value (valore equo) dell’investimento alla data della vendita diviene il sostituto del costo.

Modello del fair value (valore equo)

33.

Successivamente alla rilevazione iniziale, un’entità che opta per il modello del fair value (valore equo) deve valutare tutti i propri investimenti immobiliari al fair value (valore equo), fatta eccezione per i casi esposti nel paragrafo 53.

34.

Quando un’interessenza di un locatario in un immobile detenuto tramite un leasing operativo è classificata come un investimento immobiliare secondo il paragrafo 6, il paragrafo 30 non è facoltativo; il modello del fair value (valore equo) deve essere applicato.

35.

Un utile o una perdita derivante da una variazione del fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare deve essere contabilizzato nel conto economico dell’esercizio in cui si è verificato.

36.

Il fair value (valore equo) di un investimento immobiliare è il prezzo al quale la proprietà può essere scambiata in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili (cfr. paragrafo 5). Il fair value (valore equo) esclude specificatamente stime di prezzi gonfiati o ridotti a causa di speciali termini contrattuali o circostanze, quali finanziamenti atipici, vendite con patti di retrolocazione, corrispettivi o concessioni particolari concessi da soggetti coinvolti nella vendita.

37.

L’entità determina il fair value (valore equo) senza alcuna deduzione dei costi accessori dell’operazione che essa potrebbe sostenere in una vendita o in altra dismissione.

38.

Il fair value (valore equo) di un investimento immobiliare deve riflettere le condizioni di mercato alla data di riferimento del bilancio.

39.

Il fair value (valore equo) è specifico di un momento a una determinata data. Poiché le condizioni di mercato possono mutare, l’importo iscritto al fair value (valore equo) può rivelarsi non corretto o non appropriato se stimato in un momento diverso. La definizione di fair value (valore equo), inoltre, assume che lo scambio e il perfezionamento del relativo contratto siano simultanei senza la possibilità che si possa verificare alcuna variazione di prezzo, circostanza che, invece, si potrebbe verificare in un’operazione normale tra parti consapevoli e disponibili se lo scambio e il perfezionamento non fossero simultanei.

40.

Il fair value (valore equo) degli investimenti immobiliari riflette, tra le altre cose, i ricavi derivanti da canoni di locazione correnti e da ragionevoli e sostenibili ipotesi che rappresentano ciò che parti consapevoli e disponibili ipotizzerebbero in merito al flusso di canoni da locazioni future alla luce delle condizioni correnti. Inoltre, esso riflette, su basi simili, gli eventuali flussi finanziari in uscita (inclusi i pagamenti di canoni di affitto e altri pagamenti) che potrebbero essere previsti in riferimento all’immobile. Alcuni di questi flussi finanziari in uscita sono riflessi nella passività mentre altri fanno riferimento a pagamenti che non sono rilevati nel bilancio fino a data successiva (per esempio pagamenti periodici come canoni potenziali di locazione).

41.

Il paragrafo 25 specifica la base per la rilevazione iniziale del costo di un’interessenza in un immobile detenuto tramite locazione. Il paragrafo 33 richiede che l’interessenza nella proprietà locata sia rivalutata, se necessario, al fair value (valore equo). In un leasing negoziato a tassi di mercato, il fair value (valore equo) di un’interessenza in un immobile detenuto tramite locazione, al netto di tutti i pagamenti previsti per il leasing (inclusi quelli relativi alle passività rilevate), al momento dell’acquisizione, dovrebbe essere zero. Questo fair value (valore equo) non cambia indipendentemente dal fatto che per fini contabili, un’attività e una passività locata siano contabilizzate al fair value (valore equo) o al valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing, secondo quanto previsto dal paragrafo 20 dello IAS 17. Quindi, rideterminando il valore di un’attività locata dal costo secondo quanto previsto dal paragrafo 25, al fair value (valore equo), secondo quanto previsto dal paragrafo 33, non si dovrebbe originare alcun utile o perdita iniziale, a meno che il fair value (valore equo) sia valutato in momenti diversi. Questo potrebbe verificarsi quando si decide di applicare il modello del fair value (valore equo) in un momento successivo alla rilevazione iniziale.

42.

La definizione di fair value (valore equo) fa riferimento a «parti consapevoli e disponibili». In questo contesto, «consapevoli» significa che sia il venditore sia il compratore, entrambi disposti a trattare, sono ragionevolmente informati riguardo la natura e le caratteristiche dell’investimento immobiliare, il suo utilizzo attuale e potenziale e le condizioni di mercato alla data di riferimento del bilancio. Un acquirente disponibile è motivato, ma non costretto, a comprare. Il medesimo acquirente non è oltremodo desideroso né determinato a comprare a qualsiasi cifra. Il presunto acquirente non pagherebbe un prezzo maggiore rispetto a quanto sarebbe richiesto in un mercato di acquirenti e venditori consapevoli e disponibili.

43.

Un venditore disponibile non è né ansioso né obbligato a vendere, né disposto a vendere a qualsiasi prezzo, né preparato ad offrirlo ad un prezzo non considerato ragionevole nelle correnti condizioni di mercato. Il venditore disponibile è motivato a vendere l’investimento immobiliare a condizioni di mercato al miglior prezzo ottenibile. Le situazioni di fatto dell’effettivo proprietario dell’investimento immobiliare non fanno parte del presente ragionamento perché il venditore disponibile è un proprietario ipotetico (per esempio un venditore disponibile non potrebbe prendere in considerazione la specifica situazione fiscale dell’effettivo proprietario dell’investimento immobiliare).

44.

La definizione di fair value (valore equo) si riferisce a una libera transazione. Una libera transazione è un’operazione tra parti che non hanno una particolare o speciale relazione tale da rendere i prezzi delle operazioni inusuali rispetto alle condizioni di mercato. Si presume che l’operazione avvenga tra parti non correlate ciascuna delle quali agisce indipendentemente dall’altra.

45.

La miglior evidenza del fair value (valore equo) è data dai prezzi correnti presenti in un mercato attivo per proprietà immobiliari similari nella medesima localizzazione e condizione e soggette a condizioni similari per affitti e altri contratti. L’entità deve prendersi cura di identificare qualsiasi differenza nella natura, localizzazione o condizione della proprietà immobiliare o nei termini contrattuali degli affitti e degli altri contratti connessi all’immobile.

46.

In assenza di prezzi correnti in un mercato attivo del genere di quelli descritti nel paragrafo 45, l’entità considera le informazioni provenienti da una serie di fonti, inclusi:

a)

i prezzi correnti in un mercato attivo per immobili di diversa natura, condizione o localizzazione (o soggetti ad affitti o altri contratti differenti), rettificati per riflettere tali differenze;

b)

i prezzi recenti di immobili similari in mercati meno attivi, rettificati per riflettere qualsiasi cambiamento nelle condizioni economiche che si è verificato dalla data delle operazioni effettuate a quei prezzi; e

c)

le proiezioni dei flussi finanziari attualizzati basate su stime attendibili di flussi finanziari futuri, supportate dalle condizioni di qualsiasi affitto e di altri contratti esistenti e (ove possibile) da conoscenze di fatti esterni quali canoni di locazione applicati correntemente nel mercato a immobili similari aventi medesima localizzazione e condizione, nonché usando tassi di attualizzazione che riflettono valutazioni correnti del mercato in merito all’incertezza dell’importo e della tempistica dei flussi finanziari.

47.

In alcune circostanze, le varie fonti elencate nel precedente paragrafo possono condurre a differenti conclusioni sul fair value (valore equo) di un investimento immobiliare. L’entità considera le motivazioni di tali differenze, al fine di giungere alla stima più attendibile del fair value (valore equo) entro una gamma di stime ragionevoli.

48.

In circostanze eccezionali, vi sono fin dall’inizio chiare indicazioni, quando l’entità acquista un investimento immobiliare (o nel momento stesso in cui un immobile esistente diviene un investimento immobiliare a seguito del completamento della costruzione o dello sviluppo ovvero dopo un cambiamento di uso dello stesso), che la variabilità nella gamma delle stime ragionevoli del fair value (valore equo) sarà talmente ampia e le probabilità dei vari risultati così difficili da valutare, che l’utilità di una specifica valutazione del fair value (valore equo) è nulla. Ciò potrebbe indicare che il fair value (valore equo) dell’immobile non sarà attendibilmente determinabile su base continuativa (cfr. paragrafo 53).

49.

Il fair value (valore equo) differisce dal valore d’uso, così come definito dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività. Il fair value (valore equo) riflette la conoscenza e le stime di venditori e acquirenti consapevoli e disponibili. Al contrario, il valore d’uso riflette le stime dell’entità, inclusi gli effetti dei fattori che possono essere specifici dell’entità e non applicabili a qualunque entità. Per esempio, il fair value (valore equo) non riflette nessuno dei seguenti fattori nella misura in cui questi non sarebbero generalmente a disposizione di venditori e acquirenti consapevoli e disponibili:

a)

il valore aggiunto derivante dalla creazione di un portafoglio di immobili in diverse localizzazioni;

b)

le sinergie tra investimenti immobiliari e altre attività;

c)

i diritti o le restrizioni legali riguardanti specificatamente solo l’attuale proprietario; e

d)

i benefici o gli aggravi fiscali riguardanti specificatamente l’attuale proprietario.

50.

Nel determinare il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare, l’entità evita il doppio conteggio di attività o passività che sono rilevate nello stato patrimoniale come attività o passività distinte. Per esempio:

a)

i macchinari quali ascensori o condizionatori di aria sono spesso parte integrante di un edificio e sono generalmente inclusi nel fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare, invece che essere rilevati separatamente come immobili, impianti e macchinari;

b)

se un ufficio è affittato già arredato, il fair value (valore equo) dell’ufficio generalmente include il fair value (valore equo) del mobilio, poiché il ricavo derivante dall’affitto tiene in considerazione il fatto che l’ufficio è arredato. Quando il mobilio è incluso nel fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare, l’entità non lo rileva come attività distinta;

c)

il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare esclude risconti passivi o ratei attivi derivanti dal leasing operativo, perché l’entità li iscrive come passività o attività distinte.

d)

il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare detenuto tramite un leasing riflette i flussi finanziari previsti (incluso il canone potenziale di locazione che si prevede diventi esigibile). Conseguentemente, se una valutazione ottenuta per un immobile è al netto di tutti i pagamenti previsti, sarà necessario riaggiungere le eventuali passività contabilizzate derivanti dal leasing per arrivare al fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare per fini contabili.

51.

Il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare non riflette investimenti futuri di capitale che miglioreranno o valorizzeranno l’immobile e non riflette i relativi benefici futuri derivanti da tale spesa futura.

52.

In alcune circostanze, l’entità si attende che il valore attuale dei suoi pagamenti connessi a un investimento immobiliare (fatta eccezione per i pagamenti riferiti alle passività contabilizzate) eccederà il valore attuale dei relativi introiti monetari. L’entità applica lo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali per determinare se rilevare una passività e, se sì, come valutarla.

Impossibilità di determinare attendibilmente il fair value (valore equo)

53.

Vi è una presunzione relativa che l’entità possa determinare attendibilmente il fair value (valore equo) di un investimento immobiliare su base continuativa. Comunque, in casi eccezionali, vi è una chiara indicazione sin dal momento in cui l’entità acquista un investimento immobiliare (o nel momento stesso in cui un immobile esistente diviene un investimento immobiliare a seguito del completamento della costruzione o dello sviluppo ovvero dopo un cambiamento di uso dello stesso) che il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare non è determinabile attendibilmente dall’entità su base continuativa. Tale problema sorge quando, e solo quando, operazioni comparabili di mercato non sono frequenti e stime alternative attendibili del fair value (valore equo) (per esempio, basate su proiezioni di flussi finanziari attualizzati) non sono disponibili. In tali casi, l’entità deve valutare tale investimento immobiliare utilizzando il criterio del costo secondo lo IAS 16. Il valore residuo dell’investimento immobiliare deve essere assunto pari a zero. L’entità deve applicare lo IAS 16 fino alla dismissione dell’investimento immobiliare.

54.

Nelle circostanze eccezionali in cui l’entità è costretta, per le motivazioni esposte nel precedente paragrafo, a valutare un investimento immobiliare al costo secondo quanto previsto dallo IAS 16, valuta tutti i propri restanti investimenti immobiliari al fair value (valore equo). In questi casi, sebbene l’entità possa contabilizzare al costo un investimento immobiliare, l’entità deve continuare a contabilizzare ogni altro immobile al fair value (valore equo).

55.

Se l’entità ha precedentemente valutato un investimento immobiliare al fair value (valore equo), deve continuare a valutare l’immobile al fair value (valore equo) sino alla sua dismissione (o sino a quando l’immobile diviene a uso del proprietario o sino a quando l’entità dà inizio a un progetto di ristrutturazione dell’immobile per la successiva vendita nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale) anche se le operazioni di mercato comparabili diventano meno frequenti o i prezzi di mercato meno prontamente disponibili.

Modello del costo

56.

Dopo la rilevazione iniziale, un’entità che opta per la contabilizzazione al costo deve valutare tutti i propri investimenti immobiliari in conformità alle disposizioni su quel criterio previste dallo IAS 16 salvo quelli che soddisfano i criteri per la classificazione come posseduti per la vendita (o sono inclusi in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate. Gli investimenti immobiliari che soddisfano i criteri per essere classificati come posseduti per la vendita (o sono inclusi in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) devono essere valutati in conformità all’IFRS 5.

CAMBIAMENTI DI DESTINAZIONE

57.

I cambiamenti che portano a qualificare un bene che non era un investimento come tale o viceversa, devono essere effettuati quando, e solo quando, vi è un cambiamento nell’uso, evidenziato da:

a)

l’inizio dell’uso dell’immobile da parte del proprietario, per un cambiamento di destinazione da investimento immobiliare a immobile a uso del proprietario;

b)

l’inizio di un progetto di sviluppo con la prospettiva di una vendita futura, per un cambiamento di destinazione da investimento immobiliare a rimanenza;

c)

la cessazione dell’uso da parte del proprietario, per un cambiamento di destinazione da immobile a uso del proprietario a investimento immobiliare;

d)

l’inizio di un contratto di leasing operativo con terzi, per un cambiamento di destinazione da rimanenza a investimento immobiliare; o

e)

il completamento della costruzione o dello sviluppo per un cambiamento di destinazione da immobile in via di costruzione o di sviluppo (argomento disciplinato dallo IAS 16) a investimento immobiliare.

58.

Il paragrafo 57, lettera b), richiede che l’entità cambi la destinazione di un immobile da investimento immobiliare a rimanenza quando, e solo quando, vi è un cambiamento nell’uso, evidenziato dall’inizio del progetto di sviluppo con la prospettiva di una vendita futura. Quando l’entità decide di dismettere un investimento immobiliare senza completarne lo sviluppo, continua a trattare l’immobile come un investimento immobiliare sino a quando esso viene eliminato (stornato contabilmente dallo stato patrimoniale) e non lo tratta come una rimanenza. Analogamente, se l’entità inizia ad apportare migliorie ad un investimento immobiliare esistente per un futuro uso continuativo come investimento immobiliare, questo resta un investimento immobiliare e non viene classificato come un immobile a uso del proprietario nel periodo in cui vengono apportate le migliorie.

59.

I paragrafi da 60 a 65 si applicano agli aspetti di contabilizzazione e valutazione che possono sorgere quando l’entità utilizza il modello del fair value (valore equo) per gli investimenti immobiliari. Quando l’entità utilizza il modello del costo, i cambiamenti di destinazione tra investimento immobiliare, immobile a uso del proprietario e rimanenza non incidono sul valore contabile dell’immobile che ha subito tale cambiamento e non modificano il costo di tale immobile a fini valutativi o d’informativa.

60.

Nel caso di un cambiamento di destinazione da investimento immobiliare iscritto al fair value (valore equo) a immobile a uso del proprietario o a rimanenza, il fair value (valore equo) alla data del cambiamento di destinazione deve essere considerato il sostituto del costo dell’immobile per la successiva contabilizzazione, secondo quanto previsto dallo IAS 16 o dallo IAS 2.

61.

Se un immobile a uso del proprietario diviene un investimento immobiliare che verrà iscritto al fair value (valore equo), l’entità deve applicare lo IAS 16 sino alla data in cui si verifica il cambiamento d’uso. L’entità deve trattare qualunque differenza esistente a tale data tra il valore contabile dell’immobile secondo quanto disposto dallo IAS 16 e il fair value (valore equo), allo stesso modo di una rivalutazione, secondo quanto previsto dallo IAS 16.

62.

Sino alla data in cui un immobile a uso del proprietario diviene un investimento immobiliare iscritto al fair value (valore equo), l’entità ammortizza l’immobile e rileva qualsiasi perdita per riduzione di valore che si è verificata. L’entità tratta qualsiasi differenza esistente a tale data tra il valore contabile dell’immobile secondo quanto disposto dallo IAS 16 e il fair value (valore equo) allo stesso modo di una rivalutazione secondo quanto previsto dallo IAS 16. In altre parole:

a)

qualsiasi decremento risultante nel valore contabile dell’immobile è imputato al conto economico. Tuttavia, nella misura in cui l’importo è compreso nella riserva di rivalutazione di quell’immobile, il decremento è portato a fronte della riserva di rivalutazione;

b)

qualsiasi incremento risultante nel valore contabile è trattato nel modo che segue:

i)

l’incremento, nella misura in cui rettifica una precedente perdita per riduzione di valore di quell’immobile, è imputato al conto economico. L’importo rilevato nel conto economico non deve superare l’ammontare necessario per ripristinare il valore contabile così come questo sarebbe stato determinato (al netto dell’ammortamento) se non fosse stata rilevata alcuna perdita per riduzione di valore;

ii)

ogni restante parte dell’incremento è accreditata direttamente a una riserva di rivalutazione nel patrimonio netto. Al momento della successiva dismissione dell’investimento immobiliare, la riserva di rivalutazione inclusa nel patrimonio netto può essere trasferita agli utili portati a nuovo. Il trasferimento dalla riserva di rivalutazione agli utili portati a nuovo non transita per il conto economico.

63.

Nel caso di un cambiamento di destinazione dell’immobile da rimanenza a investimento immobiliare che sarà iscritto al fair value (valore equo), qualunque differenza tra il fair value (valore equo) dell’immobile a tale data e il suo precedente valore contabile deve essere imputata al conto economico.

64.

Il trattamento contabile dei cambiamenti di destinazione da rimanenza a investimento immobiliare che sarà iscritto al fair value (valore equo) è conforme con la disciplina prevista per le vendite di rimanenze.

65.

Quando l’entità termina la costruzione o lo sviluppo di un investimento immobiliare costruito in economia che sarà iscritto al fair value (valore equo), qualunque differenza tra il fair value (valore equo) dell’immobile a tale data e il suo precedente valore contabile deve essere imputata al conto economico.

DISMISSIONI

66.

Il valore di un investimento immobiliare deve essere eliminato (stornato dallo stato patrimoniale) al momento della sua dismissione o quando l’investimento immobiliare è permanentemente inutilizzato e non si prevede alcun beneficio economico futuro dalla sua dismissione.

67.

La dismissione di un investimento immobiliare può essere ottenuta tramite vendita o tramite stipulazione di un leasing finanziario. Nel determinare la data della dismissione dell’investimento immobiliare, l’entità applica i criteri previsti dallo IAS 18 per la rilevazione dei ricavi dalla vendita di beni e considera la relativa guida contenuta nell’Appendice allo IAS 18. Lo IAS 17 si applica a una dismissione effettuata stipulando un contratto di leasing finanziario e a una vendita con retrolocazione.

68.

Se, secondo quanto previsto dal criterio di rilevazione di cui al paragrafo 16, l’entità rileva nel valore contabile di un’attività il costo di una sostituzione per una parte dell’investimento immobiliare, essa storna il valore contabile della parte sostituita. Per un investimento immobiliare contabilizzato con il modello del costo, una parte sostituita può non essere una parte che era stata ammortizzata separatamente. Se per l’entità non è fattibile determinare il valore contabile della parte sostituita, può utilizzare il costo della sostituzione come indicazione del costo della parte sostituita al momento in cui era stata acquistata o costruita. Secondo la contabilizzazione con il modello del fair value (valore equo), il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare può già riflettere il fatto che la parte da sostituire ha perso il proprio valore. In altri casi può essere difficile discernere di quanto il fair value (valore equo) debba essere ridotto per la parte che viene sostituita. Un’alternativa alla riduzione del fair value (valore equo) per la parte sostituita, quando ciò non è fattibile, è includere il costo della sostituzione nel valore contabile dell’attività e poi rideterminare il fair value (valore equo), come sarebbe richiesto per gli incrementi che non riguardano sostituzioni.

69.

Gli utili o le perdite derivanti dalla messa in dismissione di investimenti immobiliari devono essere determinati come differenza tra il ricavato netto della dismissione e il valore contabile dell’attività e devono essere imputati al conto economico nell’esercizio di cessione o dismissione (a meno che lo IAS 17 preveda diversamente nel caso di vendita con retrolocazione).

70.

Il corrispettivo da ricevere per la dismissione di un investimento immobiliare è rilevato inizialmente al fair value (valore equo). In particolare, se viene differito il pagamento dell’investimento immobiliare, il corrispettivo ricevuto è rilevato inizialmente all’equivalente prezzo per contanti. La differenza tra l’importo nominale del corrispettivo e l’equivalente prezzo per contanti è rilevato come interesse attivo secondo quanto previsto dallo IAS 18 utilizzando il criterio dell’interesse effettivo.

71.

L’entità applica lo IAS 37 o altri Principi, come appropriato, a qualsiasi passività che residua dopo la dismissione di un investimento immobiliare.

72.

I risarcimenti da parte di terzi per un investimento immobiliare che ha subito una riduzione di valore, che è andato perso, o abbandonato, devono essere rilevati nel conto economico quando il rimborso diventa esigibile.

73.

Le riduzioni di valore o la perdita di un investimento immobiliare, i connessi richieste o pagamenti risarcitori da parte di terzi e ogni successivo acquisto o costruzione di beni sostitutivi sono eventi economici distinti e sono contabilizzati separatamente come segue:

a)

le riduzioni di valore di investimenti immobiliari sono rilevate secondo quanto previsto dallo IAS 36;

b)

le dismissioni di investimenti immobiliari sono rilevate secondo quanto previsto dai paragrafi da 66 a 71 del presente Principio;

c)

i risarcimenti da parte di terzi per un investimento immobiliare che ha subito una riduzione di valore, che è andato perso, o abbandonato, sono rilevati nel conto economico quando il rimborso diventa esigibile; e

d)

il costo dei beni ripristinati, acquistati o costruiti come sostituzioni è determinato secondo quanto previsto dai paragrafi da 20 a 29 del presente Principio.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

Modello del fair value (valore equo) e del costo

74.

L’informativa di seguito indicata si applica in aggiunta alle disposizioni previste dallo IAS 17. Secondo quanto previsto dallo IAS 17, il proprietario di un investimento immobiliare fornisce l’informativa del locatore relativa ai leasing che ha sottoscritto. L’entità che possiede un investimento immobiliare tramite un leasing finanziario o operativo fornisce l’informativa del locatario per i leasing finanziari e l’informativa del locatore per qualsiasi leasing operativo che ha sottoscritto.

75.

Un’entità deve indicare:

a)

se applica il modello del fair value (valore equo) o il modello del costo.

b)

se applica il modello del fair value (valore equo), se ed in quali circostanze le interessenze in immobili detenuti tramite leasing operativi sono classificate e contabilizzate come investimenti immobiliari.

c)

quando la classificazione risulta difficoltosa (cfr. paragrafo 14), i criteri che adotta per distinguere un investimento immobiliare da un immobile ad uso del proprietario e da un immobile posseduto per la vendita nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale.

d)

i criteri e le ipotesi significative applicati nel determinare il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare, dichiarando se la determinazione del fair value (valore equo) è comprovata da evidenze di mercato oppure se è basata maggiormente su altri fattori (che l’entità deve specificare) a causa della natura dell’immobile e della mancanza di dati di mercato comparabili.

e)

la misura in cui il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare (come valutato o indicato nell’informativa di bilancio) si basa su di una stima effettuata da un perito indipendente in possesso di riconosciute e pertinenti qualifiche professionali e con una recente esperienza nella localizzazione e nella tipologia dell’investimento immobiliare oggetto della valutazione. Se non ci sono tali valutazioni peritali questo fatto deve essere indicato.

f)

gli importi rilevati nel conto economico per:

i)

ricavi per canoni da investimenti immobiliari;

ii)

costi operativi diretti (incluse le riparazioni e la manutenzione) connessi all’investimento immobiliare che ha prodotto ricavi da canoni nel corso dell’esercizio; e

iii)

costi operativi diretti (incluse le riparazioni e la manutenzione) connessi all’investimento immobiliare che non ha prodotto ricavi da canoni nel corso dell’esercizio.

iv)

la variazione complessiva del fair value (valore equo) rilevata a conto economico sulla vendita di un investimento immobiliare da un gruppo di attività in cui è adottato il modello del costo a un gruppo in cui è adottato il modello del fair value (valore equo) (cfr. paragrafo 32C).

g)

l’esistenza e gli importi di restrizioni sulla realizzabilità degli investimenti immobiliari o sulla rimessa dei proventi e incassi connessi alla dismissione.

h)

obbligazioni contrattuali per l’acquisizione, la costruzione o lo sviluppo degli investimenti immobiliari o per riparazioni, manutenzione o migliorie.

Modello del fair value (valore equo)

76.

Oltre alle informazioni richieste dal paragrafo 75, l’entità che applica il modello del fair value (valore equo) di cui ai paragrafi da 33 a 55 deve esporre una riconciliazione tra il valore contabile dell’investimento immobiliare tra l’inizio e la fine dell’esercizio che presenti le seguenti indicazioni:

a)

incrementi con separata evidenziazione degli incrementi risultanti da acquisizioni e quelli risultanti da costi successivi rilevati ad incremento del valore contabile di un’attività;

b)

incrementi risultanti da acquisizioni avvenute tramite aggregazioni aziendali;

c)

attività classificate come possedute per la vendita o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, in conformità all’IFRS 5 e altre dismissioni;

d)

utili o perdite netti derivanti da rettifiche del fair value (valore equo);

e)

le differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio in una diversa moneta di presentazione, e dalla conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio;

f)

cambiamenti di destinazione da e a rimanenze e immobili a uso del proprietario; e

g)

altre variazioni.

77.

Quando una valutazione ottenuta per un investimento immobiliare è rettificata significativamente ai fini del bilancio, per esempio per evitare il doppio conteggio di attività o passività che sono rilevate come attività e passività distinte come descritto nel paragrafo 50, l’entità deve fornire una riconciliazione tra la valutazione ottenuta e la valutazione rettificata inclusa nel bilancio, mostrando distintamente l’importo complessivo di qualsiasi obbligazione di leasing rilevata, che è stata di nuovo portata ad incremento e di ogni altra rettifica significativa.

78.

Nei casi eccezionali a cui si fa riferimento nel paragrafo 53, nei quali l’entità valuta un investimento immobiliare al costo secondo lo IAS 16, la riconciliazione richiesta dal paragrafo 76 deve indicare gli importi relativi a tale investimento immobiliare distintamente dagli importi relativi ad altri investimenti immobiliari. Inoltre, l’entità deve indicare:

a)

una descrizione dell’investimento immobiliare;

b)

una spiegazione della ragione per cui il fair value (valore equo) non può essere determinato attendibilmente;

c)

se possibile, l’intervallo di valori entro cui è altamente probabile che la stima del fair value (valore equo) sia compresa; e

d)

all’atto della dismissione dell’investimento immobiliare non rilevato al fair value (valore equo):

i)

l’indicazione che l’entità abbia dismesso l’investimento immobiliare non rilevato al fair value (valore equo);

ii)

il valore contabile di quell’investimento immobiliare alla data della vendita; e

iii)

l’importo dell’utile o della perdita rilevato.

Modello del costo

79.

Oltre alle informazioni richieste dal paragrafo 75, l’entità che applica la contabilizzazione del costo di cui al paragrafo 56 deve indicare:

a)

il criterio di ammortamento utilizzato;

b)

le vite utili o il tasso di ammortamento utilizzato;

c)

il valore contabile lordo e l’ammortamento accumulato (aggregato alle perdite per riduzione di valore accumulate) all’inizio e alla fine dell’esercizio;

d)

una riconciliazione del valore contabile dell’investimento immobiliare all’inizio e alla fine dell’esercizio che mostri quanto segue:

i)

incrementi, con separata evidenziazione degli incrementi risultanti da acquisizioni e quelli risultanti dalle spese successive rilevate come attività;

ii)

incrementi risultanti da acquisizioni avvenute tramite aggregazioni aziendali;

iii)

le attività classificate come possedute per la vendita o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, in conformità all’IFRS 5 e altre dismissioni;

iv)

ammortamenti;

v)

l’importo delle perdite per riduzione di valore rilevate, e l’importo degli storni di perdite per riduzione di valore nel corso dell’esercizio secondo quanto previsto dallo IAS 36;

vi)

le differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio in una diversa moneta di presentazione, e dalla conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio;

vii)

cambiamenti di destinazione da e a rimanenze e immobili a uso del proprietario; e

viii)

altre variazioni; e

e)

il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare. Nei casi eccezionali descritti nel paragrafo 53, se l’entità non può determinare attendibilmente il fair value (valore equo) dell’investimento immobiliare deve presentare:

i)

una descrizione dell’investimento immobiliare;

ii)

una spiegazione della ragione per cui il fair value (valore equo) non può essere determinato attendibilmente; e

iii)

se possibile, l’intervallo di valori entro cui è altamente probabile che la stima del fair value (valore equo) sia compresa.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Modello del fair value (valore equo)

80.

L’entità che ha precedentemente applicato lo IAS 40 (2000) e decide per la prima volta di classificare e contabilizzare alcune o tutte le interessenze in immobili detenuti attraverso un leasing operativo come investimento immobiliare deve rilevare l’effetto di tale decisione come una rettifica al saldo di apertura degli utili portati a nuovo dell’esercizio in cui la decisione è stata presa. Inoltre:

a)

se l’entità ha in precedenza indicato pubblicamente (nel bilancio o in altro modo) il fair value (valore equo) di tali interessenze in immobili in esercizi precedenti [determinato secondo un criterio che soddisfa la definizione di fair value (valore equo) di cui al paragrafo 5 e la guida applicativa contenuta nei paragrafi da 36a 52], l’entità è incoraggiata ma non obbligata a:

i)

rettificare il saldo di apertura degli utili portati a nuovo dell’esercizio precedentemente presentato per cui tale fair value (valore equo) è stato pubblicamente indicato; e

ii)

rettificare i dati comparativi degli esercizi interessati; e

b)

se l’entità non ha in precedenza fornito pubblicamente l’informazione prevista in a), non deve riformulare l’informativa comparativa e deve indicare tale fatto.

81.

Il presente Principio richiede un trattamento contabile differente da quello richiesto dallo IAS 8. Lo IAS 8 richiede che i dati comparativi siano rideterminati a meno che tale rideterminazione non sia fattibile.

82.

Quando l’entità applica per la prima volta il presente Principio, la rettifica al saldo di apertura degli utili portati a nuovo include anche la riclassifica di ogni importo iscritto nella riserva di rivalutazione dell’investimento immobiliare.

Modello del costo

83.

Lo IAS 8 si applica a qualsiasi cambiamento di principio contabile attuato quando l’entità applica per la prima volta il presente Principio e opta per utilizzare la contabilizzazione al costo. L’effetto del cambiamento del principio contabile include la riclassifica di qualsiasi importo iscritto nella riserva di rivalutazione dell’investimento immobiliare.

84.

Le disposizioni dei paragrafi da 27 a 29 riguardanti la valutazione iniziale di un investimento immobiliare acquisito in una permuta di attività devono essere applicati prospetticamente soltanto alle operazioni future.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

85.

L’entità deve applicare il presente Principio a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente Principio per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

RITIRO DELLO IAS 40 (2000)

86.

Il presente Principio sostituisce lo IAS 40 Investimenti immobiliari (pubblicato nel 2000).

PRINCIPIO CONTABILE INTERNAZIONALE N. 41

Agricoltura

FINALITÀ

La finalità del presente Principio è di disciplinare il trattamento contabile e l’informativa connessi all’attività agricola.

AMBITO DI APPLICAZIONE

1.

Il presente Principio deve essere applicato per contabilizzare, quando connessi ad attività agricole:

a)

le attività biologiche;

b)

i prodotti agricoli al momento del raccolto; e

c)

i contributi pubblici disciplinati dai paragrafi 34 e 35.

2.

Il presente Principio non si applica a:

a)

terreni impiegati per l’attività agricola (cfr. IAS 16 Immobili, impianti e macchinari, e IAS 40 Investimenti immobiliari); e

b)

attività immateriali connesse ad attività agricole (cfr. IAS 38 Attività immateriali).

3.

Il presente Principio si applica ai prodotti agricoli, ossia ai prodotti che rappresentano il raccolto delle attività biologiche dell’entità, sino al momento del raccolto. Da quel momento in avanti viene applicato lo IAS 2 Rimanenze, o qualsiasi altro Principio che risulti opportuno. Pertanto, il presente Principio non tratta la lavorazione del prodotto agricolo dopo il raccolto; per esempio la lavorazione che trasforma l’uva ’ in vino da parte del vinificatore che ha coltivato l’uva medesima. Benché tale lavorazione possa rappresentare una estensione logica e naturale dell’attività agricola e gli eventi che hanno luogo possono presentare talune analogie con la trasformazione biologica, essa non è inclusa nella definizione di attività agricola considerata nel presente Principio.

4.

La tabella che segue fornisce alcuni esempi di attività biologiche, prodotti agricoli e prodotti che sono il risultato della lavorazione dopo il raccolto:

Attività biologiche

Prodotto agricolo

Prodotti che sono il risultato della lavorazione dopo il raccolto

Ovini

Lana

Filato, tappeto

Impianti forestali

Tronchi

Legname

Piante

Cotone

Filo di cotone, abito

Canna da zucchero

Zucchero

Bovini da latte

Latte

Formaggio

Suini

Carcasse

Salumi, prosciutti affumicati

Boscaglia

Fogliame lavorato

Tè, tabacco

Viti

Uva

Vino

Alberi da frutta

Frutta raccolta

Frutta lavorata

DEFINIZIONI

Definizioni connesse all’agricoltura

5.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

L’attività agricola è la gestione da parte di un’entità della trasformazione biologica delle attività biologiche in prodotti agricoli o ulteriori attività biologiche ai fini della loro vendita.

Il prodotto agricolo è il prodotto raccolto delle attività biologiche dell’entità.

L’attività biologica è un animale o una pianta vivi.

La trasformazione biologica comprende i processi di crescita, degenerazione, maturazione, produzione e riproduzione che determinano mutamenti qualitativi o quantitativi in un’attività biologica.

Un gruppo di attività biologiche è un insieme di animali o piante vivi similari.

Il raccolto è la separazione fisica del prodotto dall’attività biologica o la cessazione del processo vitale di un’attività biologica.

6.

Un’attività agricola copre campi di attività diversi tra loro; per esempio, allevamento di bestiame, silvicoltura, colture annuali o perenni, coltivazioni orticole e frutticole, floricoltura e acquacoltura (incluso l’allevamento dei pesci). Esistono, pur nella diversità, alcuni aspetti comuni:

a)

la capacità di cambiamento. Animali e piante vivi possono subire trasformazioni biologiche;

b)

la gestione del cambiamento. Tale gestione facilita la trasformazione biologica migliorando, o almeno, stabilizzando, le condizioni necessarie perché il processo possa avere luogo (per esempio, livelli nutritivi, umidità, temperatura, fertilità e luce). Tale gestione distingue l’attività agricola dalle altre attività. Per esempio, il raccolto derivante da risorse non gestite (quali per esempio pesca in alto mare e deforestazione) non costituisce un’attività agricola; e

c)

la valutazione del cambiamento. I cambiamenti qualitativi (per esempio, la qualità genetica, la densità, la maturazione, la copertura di grasso, il contenuto delle proteine e la forza delle fibre) o quantitativi (per esempio, la progenie, il peso, i metri cubi, la lunghezza o il diametro delle fibre e il numero dei germogli) causati dalle trasformazioni biologiche sono misurati e monitorati come funzione gestionale di routine.

7.

La trasformazione biologica dà luogo alle seguenti tipologie di risultati:

a)

cambiamenti delle attività attraverso i) crescita (incremento nella quantità o nel miglioramento della qualità di un animale o di una pianta); ii) degenerazione (decremento nella quantità o deterioramento della qualità di un animale o di una pianta); o iii) riproduzione (creazione di ulteriori animali o piante vivi); o

b)

produzione di prodotti agricoli quali il lattice, le foglie di tè, la lana e il latte.

Definizioni generali

8.

I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:

Il mercato attivo è un mercato in cui esistono tutte le seguenti condizioni:

a)

gli elementi commercializzati sul mercato risultano omogenei;

b)

compratori e venditori disponibili possono essere normalmente trovati in qualsiasi momento; e

c)

i prezzi sono disponibili al pubblico.

Il valore contabile è l’ammontare al quale un’attività è rilevata nello stato patrimoniale.

Il fair value (valore equo) è il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

I contributi pubblici sono quelli definiti dallo IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull’assistenza pubblica.

9.

Il fair value (valore equo) di un’attività è basato sulla attuale localizzazione e condizione dell’attività in oggetto. Quale risultato possiamo avere, per esempio, che il fair value (valore equo) del bestiame in una fattoria è il prezzo del bestiame nei pertinenti mercati al netto dei costi di trasporto e degli altri costi che devono essere sostenuti per portare il bestiame al mercato.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

10.

L’entità deve rilevare un’attività biologica o un prodotto agricolo quando e solo quando:

a)

l’entità detiene il controllo dell’attività in virtù di eventi passati;

b)

è probabile che affluiranno all’entità benefici economici futuri associati all’attività; e

c)

il fair value (valore equo) o il costo dell’attività può essere valutato attendibilmente.

11.

Nell’attività agricola, la detenzione del controllo può essere evinta, per esempio, dalla proprietà legale del bestiame e dalla marchiatura o altro tipo di segno presente sul bestiame al momento dell’acquisizione, nascita o svezzamento. I benefici futuri sono normalmente giudicati dalla valutazione delle qualità fisiche significative.

12.

Un’attività biologica deve essere valutata alla rilevazione iniziale e a ogni data di riferimento del bilancio al suo fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita, fatta eccezione per il caso descritto nel paragrafo 30 in cui il fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente.

13.

Un prodotto agricolo raccolto dalle attività biologiche dell’entità deve essere valutato al suo fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita al momento del raccolto. Tale valutazione è il costo alla data in cui viene applicato lo IAS 2 Rimanenze, o altro Principio applicabile.

14.

I costi al punto di vendita includono le commissioni a mediatori e agenti, i contributi dovuti ad autorità di sorveglianza e alle borse merci, le imposte e gli oneri su trasferimenti. I costi al punto di vendita escludono i costi di trasporto e gli altri costi necessari per portare fisicamente le attività nel luogo in cui avviene la vendita.

15.

Il calcolo del fair value (valore equo) di un’attività biologica o di un prodotto agricolo può essere facilitato raggruppando le attività biologiche o i prodotti agricoli in relazione ad alcune caratteristiche significative; per esempio, per età o qualità. L’entità sceglie tali caratteristiche in relazione a quelle utilizzate nel mercato come base per il calcolo del prezzo.

16.

Le entità spesso stipulano contratti per vendere le loro attività biologiche o i loro prodotti agricoli a una data futura. I prezzi del contratto non sono necessariamente rilevanti nel valutare il fair value (valore equo), poiché il fair value (valore equo) riflette la situazione attuale del mercato in cui un compratore e un venditore disponibili effettuano una operazione. Quale risultato, il fair value (valore equo) di un’attività biologica o di un prodotto agricolo non è modificato a causa dell’esistenza di un contratto. In alcune circostanze, un contratto di vendita di una attività biologica o di un prodotto agricolo può rappresentare un contratto oneroso, come definito nello IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali. Ai contratti onerosi si applica lo IAS 37.

17.

Se esiste un mercato attivo dell’attività biologica o del prodotto agricolo, il prezzo quotato in tale mercato costituisce il criterio appropriato per la valutazione del fair value (valore equo) dell’attività. Se l’entità ha accesso a differenti mercati attivi utilizza quello ritenuto più significativo. Per esempio, se l’entità ha accesso a due mercati attivi, dovrebbe usare il prezzo disponibile nel mercato che si suppone sarà quello usato.

18.

Se non esiste alcun mercato attivo, le entità utilizzano per la valutazione del fair value (valore equo), quando disponibili, uno o più tra i seguenti riferimenti:

a)

il prezzo della più recente transazione di mercato avvenuta, sempre che non si sia verificato alcun rilevante cambiamento nelle circostanze economiche tra la data della operazione e la data di riferimento del bilancio;

b)

i prezzi di mercato di attività simili con le rettifiche per riflettere le differenze; e

c)

i parametri di riferimento del settore quali il valore di un frutteto espresso per vassoio d’export (export tray), bushel o ettaro e il valore del bestiame espresso per chilogrammo di carne.

19.

In alcune circostanze, le fonti informative elencate nel paragrafo 18 possono portare a diverse conclusioni sul fair value (valore equo) di una attività biologica o di un prodotto agricolo. L’entità considera le motivazioni di tali differenze, al fine di giungere alla più attendibile stima di fair value (valore equo) entro un campo relativamente stretto di stime ragionevoli.

20.

In alcune circostanze, può non essere presente alcun prezzo o valore determinato dal mercato di una attività biologica alle sue attuali condizioni. In tali circostanze, l’entità impiega nella determinazione del fair value (valore equo) il valore attuale dei flussi finanziari netti attesi dall’attività attualizzati a un tasso corrente di mercato prima delle imposte.

21.

La finalità di un calcolo del valore attuale dei flussi finanziari netti attesi è di determinare il fair value (valore equo) di una attività biologica nella sua attuale localizzazione e condizione. L’entità considera tale fatto nel determinare un appropriato tasso di attualizzazione che deve essere usato e nello stimare i flussi finanziari netti attesi. La condizione attuale di una attività biologica esclude qualsiasi incremento di valore derivante da ulteriori trasformazioni biologiche e da future attività dell’entità, quali quelle connesse al miglioramento delle future trasformazioni biologiche, del raccolto e della vendita.

22.

L’entità non include alcun flusso finanziario dovuto al finanziamento delle attività, all’imposizione fiscale o al ripristino delle attività biologiche dopo il raccolto (per esempio, il costo per ripiantare alberi in una foresta dopo il taglio).

23.

Nel concordare il prezzo della transazione in una operazione fra controparti indipendenti, compratori e venditori consapevoli e disponibili considerano la possibilità di variazioni nei flussi finanziari. Ne consegue che il fair value (valore equo) riflette la possibilità di tali variazioni. In relazione a ciò, l’entità incorpora le aspettative in merito a possibili variazioni dei flussi finanziari nei flussi finanziari attesi o nel tasso di attualizzazione o in qualche combinazione dei due. Nel determinare un tasso di attualizzazione, l’entità utilizza assunzioni coerenti a quelle impiegate nella stima dei flussi finanziari attesi al fine di evitare che alcune assunzioni siano considerate due volte oppure ignorate.

24.

Il costo può alcune volte approssimare il fair value (valore equo), particolarmente quando:

a)

si sono verificate solo piccole trasformazioni biologiche dal sostenimento del costo iniziale (per esempio, per le semenzali di alberi da frutta piantati immediatamente prima della data di riferimento del bilancio); o

b)

l’impatto della trasformazione biologica sul prezzo non è attesa essere rilevante (per esempio, per l’iniziale crescita nel ciclo produttivo di una piantagione di pini di trenta anni).

25.

Le attività biologiche sono spesso fisicamente attaccate al terreno (per esempio, gli alberi in una foresta). Può non presentarsi alcun mercato distinto per le attività biologiche che sono attaccate al terreno ma può esistere un mercato attivo per le attività combinate, ossia, per le attività biologiche, terreni grezzi, e miglioramenti dei terreni considerati nel loro insieme. L’entità può utilizzare le informazioni che riguardano le attività combinate per determinare il fair value (valore equo) delle attività biologiche. Per esempio, il fair value (valore equo) dei terreni grezzi e i miglioramenti dei terreni possono essere dedotti dal fair value (valore equo) delle attività combinate per giungere al fair value (valore equo) delle attività biologiche.

Utili e perdite

26.

Un utile o una perdita derivante dalla rilevazione iniziale di una attività biologica al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita e da una variazione del fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita di una attività biologica deve essere incluso nel risultato dell’esercizio in cui si verifica.

27.

Una perdita si può originare alla rilevazione iniziale di un’attività biologica, poiché i costi stimati al punto di vendita sono dedotti dalla determinazione del fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita di un’attività biologica. Un utile si può originare alla rilevazione iniziale di un’attività biologica, per esempio quando nasce un vitello.

28.

Un utile o una perdita derivante dalla rilevazione iniziale di un prodotto agricolo al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita deve essere incluso nel risultato dell’esercizio in cui si origina.

29.

Un utile o una perdita si può originare alla rilevazione iniziale di un prodotto agricolo come conseguenza del raccolto.

Impossibilità di valutare attendibilmente il fair value (valore equo)

30.

Vi è la presunzione che il fair value (valore equo) di un’attività biologica possa essere valutato attendibilmente. Tuttavia, tale presunzione può essere vinta solo in sede di rilevazione iniziale di un’attività biologica i cui prezzi o valori determinati dal mercato non sono disponibili e le cui stime alternative del fair value (valore equo) sono giudicate essere chiaramente inattendibili. In tale circostanza, l’attività biologica deve essere valutata al suo costo al netto di qualsiasi ammortamento accumulato e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulata. Una volta che il fair value (valore equo) di tale attività biologica può essere valutato attendibilmente, l’entità deve valutare l’attività al suo fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita. Una volta che un’attività biologica non corrente soddisfa i criteri per essere classificata come posseduta per la vendita (o è inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate, si presume che il fair value (valore equo) possa essere valutato attendibilmente.

31.

La presunzione di cui al paragrafo 30 può essere vinta solo in sede di rilevazione iniziale. L’entità che ha precedentemente valutato un’attività biologica al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita continua a valutare l’attività biologica al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita sino alla dismissione.

32.

In tutte le circostanze, l’entità valuta i prodotti agricoli al momento della raccolta al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita. Il presente Principio parte dal presupposto che è sempre possibile valutare attendibilmente il fair value (valore equo) del prodotto agricolo al momento del raccolto.

33.

Nella determinazione del costo, dell’ammortamento accumulato e delle perdite per riduzioni di valore accumulate, l’entità fa riferimento rispettivamente allo IAS 2 Rimanenze, allo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari e allo IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

CONTRIBUTI PUBBLICI

34.

Un contributo pubblico non vincolato connesso a un’attività biologica valutata al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita deve essere rilevato come provento quando, e solo quando, il contributo pubblico diviene esigibile.

35.

Se un contributo pubblico connesso a una attività biologica valutata al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati di vendita è vincolato, inclusi i casi in cui il contributo pubblico prevede che l’entità non si possa impegnare in specifiche attività agricole, l’entità deve rilevare il contributo pubblico come un provento quando, e solo quando, le condizioni necessarie per usufruire del contributo pubblico sono soddisfatte.

36.

I termini e le condizioni dei contributi pubblici possono variare. Per esempio, un contributo pubblico può richiedere all’entità di coltivare in un luogo particolare per cinque anni e di restituire il contributo per intero se ha coltivato per meno di cinque anni. In tale circostanza, il contributo pubblico non può essere rilevato sino a che non sono passati i cinque anni. Tuttavia, se il contributo consente che parte del medesimo sia trattenuto al passare del tempo, l’entità rileva il contributo pubblico come provento secondo un criterio temporale.

37.

Se un contributo pubblico fa riferimento a un’attività biologica valutata al costo al netto di qualsiasi ammortamento accumulato e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulata (cfr. paragrafo 30), si applica lo IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull’assistenza pubblica.

38.

Il presente Principio richiede un trattamento diverso dallo IAS 20, se un contributo pubblico fa riferimento a un’attività biologica valutata al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita oppure se un contributo pubblico richiede che l’entità non si impegni in una determinata attività agricola. Lo IAS 20 si applica solo a un contributo pubblico connesso a un’attività biologica valutata al costo al netto di qualsiasi ammortamento accumulato e di qualsiasi perdita per riduzione di valore accumulata.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

39.

[Eliminato]

Generale

40.

L’entità deve indicare in aggregato l’utile o la perdita originato durante l’esercizio in corso in sede di prima rilevazione delle attività biologiche e dei prodotti agricoli e dalla variazione del fair value (valore equo) al netto costi stimati di vendita delle attività biologiche.

41.

Un’entità deve fornire una descrizione di ciascun gruppo di attività biologiche.

42.

L’informativa di cui al paragrafo 41 può essere di natura sia discorsiva sia quantitativa.

43.

Si incoraggia l’entità a fornire una descrizione quantitativa di ciascun gruppo di attività biologiche, distinguendo, come ritenuto più appropriato, tra attività biologiche consumabili e fruttifere oppure tra attività biologiche mature e non mature. Per esempio, l’entità può indicare i valori contabili delle attività biologiche consumabili e delle attività biologiche fruttifere suddivise per gruppo. L’entità può, inoltre, dividere tali valori contabili tra attività mature e attività non mature. Le distinzioni proposte forniscono informazioni che possono risultare utili nella valutazione della tempistica dei futuri flussi finanziari. L’entità indica il criterio con cui tali distinzioni sono effettuate.

44.

Le attività biologiche consumabili sono quelle attività che devono essere raccolte in quanto divenute prodotti agricoli oppure vendute come attività biologiche. Esempi di attività biologiche consumabili sono il bestiame destinato alla produzione della carne, il bestiame destinato alla vendita, i pesci da allevamento, le colture quali il granturco e il frumento e gli alberi fatti crescere per una successiva vendita come legname. Le attività biologiche fruttifere sono le attività biologiche diverse da quelle consumabili; per esempio, il bestiame da cui viene prodotto il latte, le viti, gli alberi da frutta e gli alberi da cui viene tratta la legna da ardere senza abbattere l’albero. Le attività biologiche fruttifere non sono prodotti agricoli ma piuttosto prodotti che si rigenerano autonomamente.

45.

Le attività biologiche possono essere classificate come attività biologiche mature o come attività biologiche non mature. Le attività biologiche mature sono quelle che hanno raggiunto le caratteristiche necessarie per essere raccolte (per le attività biologiche consumabili) oppure che sono in grado di sostenere raccolti regolari (per le attività biologiche fruttifere).

46.

Se non indicato altrove nell’informativa pubblicata con il bilancio, l’entità deve descrivere:

a)

la natura delle proprie attività con riferimento a ciascun gruppo di attività biologiche; e

b)

le valutazioni o le stime non finanziarie di quantità fisiche di:

i)

ciascun gruppo di attività biologiche dell’entità alla fine dell’esercizio; e

ii)

la produzione agricola realizzata nel corso dell’esercizio.

47.

L’entità deve indicare i criteri e le principali assunzioni considerati nel determinare il fair value (valore equo) di ciascun gruppo di prodotti agricoli al momento del raccolto e di ciascun gruppo di attività biologiche.

48.

L’entità deve indicare il fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita del prodotto agricolo raccolto nel corso dell’esercizio, determinato al momento del raccolto.

49.

Un’entità deve indicare:

a)

l’esistenza e i valori contabili delle attività biologiche con restrizioni al titolo di proprietà e i valori contabili delle attività biologiche date come garanzie per debiti assunti;

b)

l’importo di impegni assunti per lo sviluppo o per l’acquisizione di attività biologiche; e

c)

le strategie di gestione del rischio finanziario connesse all’attività agricola.

50.

Un’entità deve presentare una riconciliazione dei cambiamenti di valori contabili delle attività biologiche tra l’inizio e la fine dell’esercizio in corso. La riconciliazione deve includere:

a)

l’utile o la perdita derivante dalla variazione del fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita;

b)

gli incrementi dovuti agli acquisti;

c)

i decrementi attribuibili alle vendite e alle attività biologiche classificate come possedute per la vendita (o incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) in conformità all’IFRS 5;

d)

i decrementi dovuti al raccolto;

e)

gli incrementi risultanti dalle aggregazioni aziendali;

f)

le differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio in una differente moneta di presentazione, e dalla conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio; e

g)

altri cambiamenti.

51.

Il fair value (valore equo) di una attività biologica al netto dei costi stimati al punto di vendita può cambiare in relazione a cambiamenti fisici e a cambiamenti di prezzi del mercato. L’informativa distinta dei cambiamenti fisici e del prezzo risulta utile nella valutazione del risultato dell’esercizio in corso e delle prospettive future, in particolar modo quando siamo in presenza di un ciclo produttivo superiore all’anno. In tali circostanze, si incoraggia l’entità a indicare, per gruppi o in altra maniera, l’ammontare della variazione di fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita incluso nel risultato d’esercizio dovuto a cambiamenti fisici e di prezzo. Tale informazione è generalmente meno utile quando il ciclo produttivo è inferiore all’anno (per esempio, nell’allevamento dei polli o nella coltivazione dei cereali).

52.

La trasformazione biologica si può concretizzare in un numero di tipologie di cambiamenti fisici — crescita, degenerazione, produzione e riproduzione — ciascuno osservabile e valutabile. Ciascuno di questi cambiamenti fisici ha una relazione diretta con i benefici economici futuri. Anche una variazione del fair value (valore equo) di una attività biologica dovuta alla raccolta rappresenta un cambiamento fisico.

53.

Un’attività agricola è spesso esposta a rischi climatici, malattie e altri rischi naturali. Se si verifica un fatto che dà origine a una voce rilevante di proventi od oneri, la natura e l’importo di tale voce sono indicati secondo lo IAS 1 Presentazione del bilancio. Esempi di tale fatto possono essere una violenta epidemia, una inondazione, una grave siccità o gelata e una invasione di insetti.

Informazioni aggiuntive per le attività biologiche nei casi in cui il fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente

54.

Se l’entità valuta le attività biologiche al loro costo al netto di ogni ammortamento accumulato e di ogni perdita per riduzione di valore accumulata (cfr. paragrafo 30) alla fine dell’esercizio, deve indicare con riferimento a tali attività biologiche:

a)

una descrizione delle attività biologiche;

b)

una spiegazione del perché il fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente;

c)

se possibile, il campo di stime entro cui il fair value (valore equo) è altamente probabile che si trovi;

d)

il metodo di ammortamento utilizzato;

e)

le vite utili o il tasso di ammortamento utilizzato; e

f)

il valore contabile lordo e l’ammortamento accumulato (aggregato con le perdite per riduzione di valore accumulate) all’inizio e alla fine dell’esercizio.

55.

Se, durante l’esercizio in corso, l’entità valuta le attività biologiche al loro costo al netto di ogni ammortamento accumulato e di ogni perdita per riduzione di valore accumulata (cfr. paragrafo 30), essa deve indicare qualsiasi utile o perdita rilevato per la dismissione di tali attività biologiche e la riconciliazione richiesta dal paragrafo 50 deve indicare separatamente gli ammontari relativi a tali attività biologiche. Inoltre, la riconciliazione deve indicare i seguenti ammontari inclusi nel risultato d’esercizio connesso a tali attività biologiche:

a)

perdite per riduzione di valore;

b)

ripristini di valore; e

c)

ammortamenti.

56.

Se il fair value (valore equo) di una attività biologica precedentemente valutata al costo al netto di ogni ammortamento accumulato e di ogni perdita per riduzione di valore accumulata diviene attendibilmente valutabile durante l’esercizio in corso, l’entità deve indicare con riferimento a tali attività biologiche:

a)

una descrizione delle attività biologiche;

b)

una spiegazione del perché il fair value (valore equo) è divenuto attendibilmente valutabile; e

c)

l’effetto di tale cambiamento.

Contributi pubblici

57.

L’entità deve indicare con riferimento alle attività agricole trattate nel presente Principio le seguenti informazioni:

a)

la natura e la misura dei contributi pubblici rilevati in bilancio;

b)

le condizioni non soddisfatte e le altre sopravvenienze connesse ai contributi pubblici; e

c)

i decrementi rilevanti attesi dei contributi pubblici erogati.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

58.

Il presente Principio entra in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 2003 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica il presente Principio per esercizi che hanno inizio prima del 1o gennaio 2003, tale fatto deve essere indicato.

59.

Il presente Principio non stabilisce alcuna specifica disposizione transitoria. L’applicazione del presente Principio è contabilizzata in conformità allo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 1

Prima adozione degli International Financial Reporting Standards

FINALITÀ

1.

Il presente IFRS ha lo scopo di garantire che il primo bilancio redatto in conformità agli IFRS e i bilanci intermedi relativi all’esercizio di riferimento di tale primo bilancio contengano informazioni di alta qualità che:

a)

siano trasparenti per gli utilizzatori e comparabili per tutti i periodi presentati;

b)

costituiscano un punto di partenza adeguato per l’inizio della contabilizzazione in base agli International Financial Reporting Standards (IFRS); e

c)

possano essere prodotte a un costo non superiore ai benefici per gli utilizzatori.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

L’entità deve applicare il presente IFRS:

a)

nella redazione del suo primo bilancio in conformità agli IFRS; e

b)

nella redazione di ciascuno degli eventuali bilanci intermedi, che essa presenta conformemente allo IAS 34 Bilanci intermedi e relativi all’esercizio di riferimento del primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

3.

Il primo bilancio di un’entità redatto in conformità agli IFRS è il primo bilancio annuale in cui la medesima entità adotta gli IFRS con una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve posta all’interno di tale bilancio. Un bilancio redatto in conformità agli IFRS è il primo bilancio che l’entità redige in conformità agli IFRS se, per esempio, tale entità:

a)

ha presentato il bilancio precedente:

i)

secondo la disciplina nazionale che non è conforme agli IFRS per tutti gli aspetti;

ii)

in conformità agli IFRS per tutti gli aspetti, salvo che il bilancio non conteneva una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve;

iii)

con una dichiarazione esplicita di conformità ad alcuni IFRS ma non a tutti;

iv)

secondo la disciplina nazionale non conforme agli IFRS, utilizzando alcuni IFRS per contabilizzare elementi non considerati dalla disciplina nazionale; o

v)

secondo la disciplina nazionale, con una riconciliazione di alcuni importi con gli importi determinati in base agli IFRS;

b)

ha redatto il proprio bilancio in conformità agli IFRS solo per uso interno, senza metterlo a disposizione della proprietà o di utilizzatori esterni;

c)

ha preparato una rendicontazione contabile conforme agli IFRS ai soli fini del consolidamento, senza redigere un bilancio completo secondo la definizione dello IAS 1 Presentazione del bilancio; o

d)

non ha presentato il bilancio per gli esercizi precedenti.

4.

Il presente IFRS si applica quando l’entità adotta gli IFRS per la prima volta. Non si applica quando, per esempio, l’entità:

a)

sospende la presentazione del bilancio redatto secondo la disciplina nazionale, avendolo presentato in precedenza unitamente a un altro bilancio che conteneva una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve;

b)

ha presentato il bilancio relativo al precedente esercizio in conformità alla disciplina nazionale e tale bilancio conteneva una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve; o

c)

ha presentato il bilancio relativo al precedente esercizio con una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve, anche se i revisori contabili hanno espresso rilievi nella loro relazione (di revisione) su tale bilancio.

5.

Il presente IFRS non si applica ai cambiamenti dei principi contabili effettuati da un’entità che già applica gli IFRS. Tali cambiamenti sono soggetti:

a)

alle disposizioni sui cambiamenti dei principi contabili previsti dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori; e

b)

alle specifiche disposizioni transitorie previste dagli altri IFRS.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

Stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS

6.

L’entità deve predisporre uno stato patrimoniale dapertura in conformità agli IFRS alla data di passaggio agli IFRS. Questo è il punto di partenza per la contabilizzazione in base agli IFRS. L’entità non è tenuta a includere lo stato patrimoniale d’apertura in conformità agli IFRS nel suo primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

Principi contabili

7.

L’entità deve utilizzare gli stessi principi contabili nel suo stato patrimoniale di apertura in conformità agli IFRS e per tutti i periodi inclusi nel suo primo bilancio redatto in conformità agli IFRS. Tali principi contabili devono essere conformi a ciascun IFRS in vigore alla data di riferimento del primo bilancio redatto in conformità agli IFRS, salvo quanto specificato nei paragrafi da 13 a 34B, da 36A a 36C e 37.

8.

L’entità non deve applicare versioni diverse degli IFRS in vigore in date precedenti. L’entità può applicare un nuovo IFRS che non sia ancora obbligatorio, se esso permette una applicazione anticipata.

Esempio: Applicazione uniforme all’ultima versione degli IFRSPremessaLa data di riferimento per il primo bilancio redatto in conformità agli IFRS dell’entità A è il 31 dicembre 2005. L’entità A decide di presentare informazioni comparative in quel bilancio per un solo anno (si veda il paragrafo 36). Pertanto il passaggio agli IFRS avviene all’apertura dell’esercizio che ha inizio il 1o gennaio 2004 (o, il che è lo stesso, alla chiusura dell’esercizio che ha termine il 31 dicembre 2003). L’entità A ha presentato il bilancio d’esercizio al 31 dicembre di ogni anno in conformità ai precedenti Principi contabili, incluso il 31 dicembre 2004.Applicazione delle disposizioniL’entità A è tenuta ad applicare gli IFRS in vigore per gli esercizi che vengono chiusi al 31 dicembre 2005 per:

a)

la preparazione dello stato patrimoniale d’apertura, al 1o gennaio 2004, in conformità agli IFRS; e

b)

la preparazione e la presentazione dello stato patrimoniale al 31 dicembre 2005 (compresi gli importi comparativi per il 2004), del conto economico, del prospetto delle variazioni delle poste di patrimonio netto e del rendiconto finanziario per l’esercizio che si chiude il 31 dicembre 2005 (compresi gli importi comparativi per il 2004) nonché delle note illustrative (comprese le informazioni comparative per il 2004).

L’entità A può applicare un nuovo IFRS che non sia ancora obbligatorio ma di cui è consentita l’applicazione anticipata per il suo primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

9.

Le disposizioni transitorie contenute in altri IFRS si applicano ai cambiamenti dei principi contabili effettuati da un’entità che già utilizza gli IFRS; esse non si applicano nella transizione agli IFRS di un neo-utilizzatore, a eccezione di quanto previsto nei paragrafi 25D, 34A e 34B.

10.

Salvo quanto illustrato nei paragrafi da 13 a 34B e da 36A a 36C, nello stato patrimoniale di apertura redatto in conformità agli IFRS, l’entità deve:

a)

rilevare tutte le attività e le passività la cui iscrizione è richiesta dagli IFRS;

b)

non rilevare come attività o come passività elementi la cui iscrizione non è permessa dagli IFRS;

c)

riclassificare le poste rilevate come un tipo di attività, passività o componente del patrimonio netto in base ai precedenti Principi contabili ma che costituiscono un diverso tipo di attività, passività o componente del patrimonio netto in base agli IFRS; e

d)

applicare gli IFRS nella valutazione di tutte le attività e passività rilevate.

11.

I principi contabili che l’entità utilizza nello stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS possono essere diversi da quelli utilizzati alla stessa data applicando i precedenti Principi contabili. Le rettifiche che ne conseguono derivano da fatti e operazioni riferiti a una data precedente a quella di transizione agli IFRS. Pertanto, alla data di passaggio agli IFRS, l’entità imputerà tali rettifiche direttamente agli utili portati a nuovo (o, se del caso, a un’altra voce del patrimonio netto).

12.

Il presente IFRS definisce due categorie di eccezioni al principio che lo stato patrimoniale d’apertura dell’entità redatto in conformità agli IFRS debba essere conforme a ogni IFRS:

a)

i paragrafi da 13 a 25G e da 36A a 36C prevedono delle esenzioni dall’applicazione di alcune disposizioni contenute in altri IFRS.

b)

i paragrafi da 26 a 34B proibiscono l’applicazione retroattiva di alcuni aspetti di altri IFRS.

Esenzioni dall’applicazione di alcuni IFRS

13.

Una entità può scegliere di utilizzare una o più delle seguenti esenzioni:

a)

aggregazioni aziendali (paragrafo 15);

b)

fair value (valore equo) o rideterminazione del valore come sostituto del costo (paragrafi da 16 a 19);

c)

benefici per i dipendenti (paragrafi 20 e 20A);

d)

differenze cumulative di conversione (paragrafi 21 e 22);

e)

strumenti finanziari composti (paragrafo 23); e

f)

attività e passività di controllate, collegate e joint venture (paragrafi 24 e 25);

g)

designazione di strumenti finanziari precedentemente rilevati (paragrafo 25A);

h)

operazioni con pagamento basato su azioni (paragrafi 25B e 25C);

i)

contratti assicurativi (paragrafo 25D);

j)

passività per smantellamenti incluse nel costo di immobili, impianti e macchinari (paragrafo 25E);

k)

leasing (paragrafo 25F); e

l)

valutazione al fair value (valore equo) di attività o passività finanziarie al momento della rilevazione iniziale (paragrafo 25G).

L’entità non deve applicare tali esenzioni ad altri elementi per analogia.

14.

Alcune delle esenzioni riportate in seguito si riferiscono al fair value (valore equo). L’IFRS 3 Aggregazioni aziendali spiega come si determina il fair value (valore equo) di attività e passività identificabili acquisite in un’aggregazione aziendale. L’entità deve applicare tali disposizioni per determinare il fair value (valore equo) in base al presente IFRS, a meno che un altro IFRS non contenga istruzioni più dettagliate in merito alla determinazione del fair value (valore equo) delle attività o passività in questione. Tale fair value (valore equo) rifletterà le condizioni esistenti alla data per la quale è stato determinato.

Aggregazioni aziendali

15.

L’entità deve applicare le disposizioni contenute nell’Appendice B alle aggregazioni aziendali che la stessa entità ha rilevato prima della data di passaggio agli IFRS.

Fair value (valore equo) o rideterminazione del valore, come sostituto del costo

16.

L’entità può scegliere di valutare un elemento degli immobili, impianti e macchinari alla data di passaggio agli IFRS al fair value (valore equo) e utilizzare tale valore come sostituto del costo a tale data.

17.

Il neo-utilizzatore può scegliere di utilizzare il valore rideterminato di un elemento degli immobili, impianti e macchinari, alla data di passaggio agli IFRS, o ad una data precedente a tale passaggio, in base ai precedenti Principi contabili, come sostituto del costo alla data della rideterminazione del valore, se tale rideterminazione del valore, alla data in cui è stata effettuata, era nel complesso paragonabile:

a)

al fair value (valore equo); o

b)

al costo o al costo ammortizzato in base agli IFRS, rettificato per riflettere, per esempio, le variazioni di un indice dei prezzi generale o specifico.

18.

Le opzioni nei paragrafi 16 e 17 sono applicabili anche a:

a)

gli investimenti immobiliari, se l’entità sceglie di utilizzare il modello del costo previsto dallo IAS 40 Investimenti immobiliari; e

b)

le attività immateriali che soddisfano:

i)

le condizioni previste dallo IAS 38 Attività immateriali per la rilevazione (inclusa la valutazione attendibile del costo originario); e

ii)

le condizioni previste dallo IAS 38 per la rideterminazione del valore (inclusa l’esistenza di un mercato attivo).

L’entità non deve utilizzare tali opzioni per altre attività o passività.

19.

Il neo-utilizzatore può aver determinato un sostituto del costo in base ai precedenti Principi contabili per alcune o tutte le sue attività e passività valutando le stesse al fair value (valore equo) a una data particolare, a seguito di un fatto quale una privatizzazione o la quotazione in un mercato regolamentato. Tale entità può utilizzare il fair value (valore equo) determinato in base a tale fatto come sostituto del costo per gli IFRS alla data di tale valutazione.

Benefici per i dipendenti

20.

In base allo IAS 19 Benefici per i dipendenti l’entità può scegliere di utilizzare il metodo del «corridoio», che consente di non rilevare parte degli utili e perdite attuariali. L’applicazione retroattiva di questo metodo impone all’entità di suddividere gli utili e le perdite attuariali cumulati dall’inizio del piano fino alla data di passaggio agli IFRS in una parte rilevata e in una non rilevata. Tuttavia, il neo-utilizzatore può scegliere di rilevare integralmente gli utili e le perdite attuariali cumulativi alla data di passaggio agli IFRS, anche se essa usa il metodo del corridoio per gli utili e le perdite attuariali realizzati successivamente. Se il neo-utilizzatore si avvale di questa opzione, deve applicarla a tutti i piani.

20A

Un’entità può indicare gli importi previsti dal paragrafo 120A, lettera p), dello IAS 19 quando gli importi sono determinati per ogni esercizio prospetticamente dalla data di passaggio agli IFRS.

Differenze cumulative di conversione

21.

Lo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere prevede che l’entità:

a)

classifichi alcune differenze di conversione come una componente separata del patrimonio netto; e

b)

trasferisca, a seguito della dismissione di una gestione estera, le differenze cumulative di conversione relative a tale gestione (inclusi, se del caso, gli utili e le perdite su coperture associate ad essa) al conto economico come parte della plusvalenza o della minusvalenza derivante dalla dismissione.

22.

Tuttavia, il neo-utilizzatore non è tenuto a ottemperare a questi obblighi per le differenze cumulative di conversione esistenti alla data di passaggio agli IFRS. Se esso si avvale di questa esenzione:

a)

le differenze cumulative di conversione per tutte le gestioni detenute all’estero si presumono pari a zero alla data di passaggio agli IFRS; e

b)

la plusvalenza o la minusvalenza derivante dalla successiva dismissione a terzi di una gestione detenuta all’estero non deve comprendere le differenze di conversione determinatesi prima della data di passaggio agli IFRS e deve comprendere le differenze di conversione determinatesi dopo.

Strumenti finanziari composti

23.

Lo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio dispone che l’entità suddivida, all’inizio, uno strumento finanziario composto in componenti separate del passivo e del patrimonio netto. Se la componente di passività non è più sussistente, l’applicazione retroattiva dello IAS 32 prevede la separazione in due parti del patrimonio netto. La prima è negli utili portati a nuovo e rappresenta gli interessi cumulativi maturati sulla componente di passività. L’altra parte rappresenta la componente originaria del patrimonio netto. Tuttavia, in base al presente IFRS, il neo-utilizzatore non è tenuto a separare queste due parti se la componente di passività non è più sussistente prima della data di passaggio agli IFRS.

Attività e passività di controllate, collegate e joint venture

24.

Se una controllata adotta per la prima volta gli IFRS dopo la sua controllante, essa deve, nel proprio bilancio, valutare le attività e le passività alternativamente:

a)

ai valori contabili che sarebbero iscritti nel bilancio consolidato della controllante, alla data di passaggio agli IFRS da parte di tale controllante, nel caso in cui non fossero effettuate rettifiche dovute al metodo di consolidamento e agli effetti dell’aggregazione aziendale nella quale la controllante ha acquisito il controllo; o

b)

ai valori contabili previsti in altra parte del presente IFRS, alla data di passaggio agli IFRS da parte della controllata. Tali valori contabili potrebbero essere diversi da quelli descritti in a) nei casi in cui:

i)

le esenzioni previste dal presente IFRS comportino valutazioni che dipendono dalla data di passaggio agli IFRS;

ii)

i principi contabili utilizzati nel bilancio della controllata siano diversi da quelli utilizzati nel bilancio consolidato. Per esempio, la controllata può utilizzare come proprio principio contabile il modello del costo dello IAS 16 Immobili, impianti e macchinari, mentre il gruppo può utilizzare il modello della rideterminazione del valore.

Tale opzione è consentita anche a collegate o joint venture che adottano per la prima volta gli IFRS dopo l’entità che ha una influenza notevole o un controllo congiunto su di esse.

25.

Tuttavia, se l’entità adotta per la prima volta gli IFRS dopo una sua controllata (o collegata o joint venture), essa deve valutare le attività e le passività di tale controllata (o collegata o joint venture) nel proprio bilancio consolidato agli stessi valori contabili riportati nel bilancio della controllata (o collegata o joint venture), dopo le rettifiche per il consolidamento e per la contabilizzazione con il metodo del patrimonio netto, nonché per rilevare gli effetti dell’aggregazione aziendale nella quale la controllante ha acquisito il controllo. Analogamente, se una controllante adotta per la prima volta gli IFRS per il proprio bilancio individuale prima o dopo che per il proprio bilancio consolidato, essa deve iscrivere le attività e le passività agli stessi importi in entrambi i bilanci, salvo che per le rettifiche dovute al consolidamento.

Designazione di strumenti finanziari rilevati precedentemente

25A

Lo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione permette che una attività finanziaria venga designata, al momento della rilevazione iniziale, come una attività disponibile per la vendita o che uno strumento finanziario (a condizione che esso soddisfi determinati criteri) sia designato come una attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico. Nonostante questa disposizione, nelle circostanze che seguono si applicano delle eccezioni:

a)

a qualsiasi entità è consentito fare una designazione come disponibile per la vendita alla data di transizione agli IFRS;

b)

una entità che presenta per la prima volta il bilancio in base agli IFRS per un esercizio che abbia inizio a partire dal 1o settembre 2006 o da data successiva — a tale entità è consentito designare, alla data di transizione agli IFRS, qualsiasi attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico a condizione che l’attività o la passività soddisfi i criteri specificati nei paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii) o 11A dello IAS 39 a quella data;

c)

una entità che presenta per la prima volta il bilancio in base agli IFRS per un esercizio che abbia inizio a partire dal 1o gennaio 2006 o da data successiva ma antecedente alla data del 1o settembre 2006 — a tale entità è consentito designare, alla data di transizione agli IFRS, qualsiasi attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico a condizione che l’attività o la passività soddisfi i criteri specificati nei paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii) o 11A dello IAS 39 a quella data. Se la data di transizione agli IFRS è anteriore al 1o settembre 2005, non è necessario perfezionare tali designazioni fino al 1o settembre 2005 e possono anche includere attività e passività finanziarie rilevate tra la data di transizione agli IFRS e il 1o settembre 2005;

d)

una entità che presenta per la prima volta il bilancio in base agli IFRS per un esercizio che abbia inizio prima del 1o gennaio 2006 e che applica i paragrafi 11A, 48A, da AG4B a AG4K, AG33A e AG33B e le modifiche apportate nel 2005 ai paragrafi 9, 12 e 13 dello IAS 39 — a tale entità è consentito, all’inizio del primo esercizio di applicazione degli IFRS, designare al fair value (valore equo) rilevato a conto economico qualsiasi attività o passività finanziaria che si qualifica per tale designazione a quella data, in conformità con questi paragrafi nuovi e modificati. Quando il primo esercizio di applicazione degli IFRS inizia prima del 1o settembre 2005, non è necessario che tali designazioni siano perfezionate prima del 1o settembre 2005 e possono anche comprendere attività e passività finanziarie rilevate tra l’inizio di quel periodo e il 1o settembre 2005. Se l’entità ridetermina le informazioni comparative per lo IAS 39, essa deve rideterminare tali informazioni per le attività finanziarie, passività finanziarie o per il gruppo di attività finanziarie, passività finanziarie o entrambe, designati all’inizio del primo esercizio di applicazione degli IFRS. Tale rideterminazione delle informazioni comparative deve essere effettuata soltanto se gli elementi o gruppi designati avranno soddisfatto i criteri per tale designazione di cui ai paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii), o 11A dello IAS 39 alla data del passaggio agli IFRS o, se acquisiti successivamente alla data del passaggio agli IFRS, avranno soddisfatto i criteri di cui ai paragrafi 9, lettera b), punto i), 9, lettera b), punto ii), o 11A alla data della rilevazione iniziale.

e)

una entità che presenta il primo bilancio redatto in base agli IFRS per un esercizio che abbia inizio prima del 1o settembre 2006 — nonostante quanto esposto nel paragrafo 91 dello IAS 39, qualsiasi attività o passività finanziaria designata da tale entità al fair value (valore equo) rilevato a conto economico in conformità con il sottoparagrafo c) o d) di cui sopra e che era stata precedentemente designata come elemento coperto in rapporti di copertura del fair value (valore equo), deve essere scollegata da tali rapporti nello stesso momento della designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico.

Operazioni con pagamenti basati su azioni

25B

Il neo-utilizzatore è incoraggiato, ma non obbligato, ad applicare l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni agli strumenti rappresentativi di capitale assegnati il 7 novembre 2002 o in data antecedente. Il neo-utilizzatore è inoltre incoraggiato, ma non obbligato, ad applicare l’IFRS 2 agli strumenti rappresentativi di capitale assegnati dopo il 7 novembre 2002 e maturati prima della data più recente tra a) la data di transizione agli IFRS e b) il 1o gennaio 2005. Tuttavia, se un neo-utilizzatore opta per l’applicazione dell’IFRS 2 a tali strumenti rappresentativi di capitale, può farlo soltanto se l’entità ha provveduto a indicare pubblicamente il fair value (valore equo) di tali strumenti rappresentativi di capitale, determinato alla data di misurazione, secondo quanto definito nell’IFRS 2. Un neo-utilizzatore deve comunque fornire tutte le informazioni richieste nei paragrafi 44 e 45 dell’IFRS 2 per tutte le assegnazioni di strumenti rappresentativi di capitale alle quali non sia stato applicato l’IFRS 2 (per esempio, gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati il 7 novembre 2002 o in data precedente). Se un neo-utilizzatore modifica i termini e le condizioni di una assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale alla quale non è stato applicato l’IFRS 2, l’entità non è obbligata ad applicare i paragrafi da 26 a 29 dell’IFRS 2 se la modifica si è verificata prima della data più recente tra a) la data di transizione all’IFRS e b) il 1o gennaio 2005.

25C

Un neo-utilizzatore è incoraggiato, ma non obbligato, ad applicare l’IFRS 2 alle passività originate da operazioni con pagamento basato su azioni ed estinte prima della data di transizione agli IFRS. Il neo-utilizzatore è inoltre incoraggiato, ma non obbligato, ad applicare l’IFRS 2 alle passività estinte prima del 1o gennaio 2005. Nel caso di passività alle quali è applicato l’IFRS 2, il neo-utilizzatore non è obbligato a rideterminare l’informativa comparativa nella misura in cui tale informativa fa riferimento a un periodo o a una data antecedente il 7 novembre 2002.

Contratti assicurativi

25D

Un neo-utilizzatore può applicare le disposizioni transitorie di cui all’IFRS 4 Contratti assicurativi. L’IFRS 4 limita i cambiamenti dei principi contabili adottati per i contratti assicurativi, inclusi quelli effettuati dai neo-utilizzatori.

Cambiamenti nelle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari incluse nel costo di immobili, impianti e macchinari

25E

L’IFRIC 1 Cambiamenti nelle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari richiede che le modifiche di uno smantellamento, di un ripristino o di una passività similare siano rilevate ad incremento o a riduzione del costo dell’attività a cui si riferiscono; il valore da ammortizzare rideterminato dell’attività è poi ammortizzato prospetticamente nell’arco della sua vita utile residua. Il neo-utilizzatore non è tenuto ad applicare queste disposizioni per le modifiche di tali passività verificatesi precedentemente alla data di passaggio agli IFRS. Se si avvale di questa esenzione, si deve:

a)

misurare la passività alla data di passaggio agli IFRS secondo quanto previsto dallo IAS 37;

b)

stimare, nella misura in cui la passività rientra nell’ambito applicativo dell’IFRIC 1, l’importo che sarebbe stato incluso nel costo della relativa attività nel momento in cui la passività è sorta, attualizzando la passività a quella data utilizzando la propria migliore stima del tasso(i) di attualizzazione storico, corretto per il rischio, che sarebbe stato applicato a quella passività nel periodo specificato; e

c)

calcolare l’ammortamento accumulato su tale importo, alla data di passaggio agli IFRS, in base alla stima corrente della vita utile dell’attività, utilizzando il metodo di ammortamento adottato dall’entità in base agli IFRS.

Leasing

25F

Per una prima adozione si possono applicare le disposizioni transitorie dell’IFRIC 4 Determinare se un accordo contiene un leasing. Quindi, un neo-utilizzatore può determinare se un accordo in essere alla data della transizione agli IFRS contiene un leasing sulla base dei fatti e delle circostanze esistenti in tale data.

Valutazione al fair value (valore equo) di attività o passività finanziarie

25G

Nonostante le disposizioni dei paragrafi 7 e 9, un’entità può applicare le disposizioni dell’ultima frase del paragrafo AG76, e del paragrafo AG76A, dello IAS 39, in uno dei seguenti modi:

a)

prospetticamente, rispetto alle operazioni effettuate dopo il 25 ottobre 2002; o

b)

prospetticamente, rispetto alle operazioni effettuate dopo il 1o gennaio 2004.

Eccezioni all’applicazione retroattiva di alcuni IFRS

26.

Il presente IFRS proibisce l’applicazione retroattiva di alcuni aspetti di altri IFRS relativi a:

a)

eliminazione contabile di attività e di passività finanziarie (paragrafi 27 e 27A);

b)

contabilizzazione delle operazioni di copertura (paragrafi da 28 a 30);

c)

stime (paragrafi da 31 a 34); e

d)

attività classificate come possedute per la vendita e attività operative cessate (paragrafi 34A e 34B).

Cancellazione di attività e di passività finanziarie

27.

A eccezione di quanto consentito dal paragrafo 27A, un neo-utilizzatore deve applicare le disposizioni sull’eliminazione contabile di cui allo IAS 39 prospetticamente per le operazioni verificatesi a partire dal 1o gennaio 2004. In altri termini, se un neo-utilizzatore ha stornato attività o passività finanziarie non derivate in base ai Principi contabili precedenti come risultato di una operazione avvenuta prima del 1o gennaio 2004, questi non dovrà rilevare tali attività e passività in base agli IFRS (a meno che non acquisiscano i requisiti per essere rilevate in base agli IFRS a seguito di una operazione o di un evento successivo).

27A

Nonostante quanto disposto dal paragrafo 27, una entità può applicare le disposizioni relative all’eliminazione contabile di cui allo IAS 39 retroattivamente a partire da una data a scelta della entità, a condizione che le informazioni necessarie per applicare lo IAS 39 alle attività e passività finanziarie stornate come risultato di operazioni passate siano state ottenute al momento della contabilizzazione iniziale di tali operazioni.

Contabilizzazione delle operazioni di copertura

28.

Secondo quanto richiesto dallo IAS 39, alla data di transizione agli IFRS un’entità deve:

a)

valutare tutti i derivati al fair value (valore equo); e

b)

eliminare tutti gli utili e le perdite differiti sui derivati iscritti in base ai precedenti Principi contabili come se fossero attività o passività.

29.

L’entità non deve esporre nello stato patrimoniale di apertura in conformità agli IFRS una relazione di copertura che non soddisfa le condizioni previste per la contabilizzazione delle operazioni di copertura secondo lo IAS 39 (per esempio, molte relazioni di copertura nelle quali lo strumento di copertura è uno strumento monetario o un’opzione venduta; nelle quali l’elemento coperto è una posizione netta; o nelle quali la copertura riguarda il rischio sui tassi di interesse di un investimento posseduto sino a scadenza). Tuttavia, se un’entità ha designato una posizione netta come oggetto di copertura in base ai precedenti Principi contabili, essa può designare un singolo elemento all’interno di tale posizione netta quale oggetto di copertura, purché ciò avvenga entro la data di passaggio agli IFRS.

30.

Se, prima della data di transizione agli IFRS, una entità ha classificato una operazione come operazione di copertura ma quest’ultima non possiede i requisiti per essere contabilizzata come operazione di copertura ai sensi dello IAS 39, l’entità deve applicare i paragrafi 91 e 101 dello IAS 39 (rivisto nella sostanza nel 2003) per sospendere la contabilizzazione delle operazioni di copertura. Le operazioni svolte prima della data del passaggio agli IFRS non devono essere classificate retroattivamente come di copertura.

Stime

31.

Le stime effettuate dall’entità secondo gli IFRS alla data di passaggio agli IFRS devono essere conformi alle stime effettuate alla stessa data secondo i precedenti Principi contabili (dopo le rettifiche necessarie per riflettere eventuali differenze nei principi contabili), a meno che non vi siano prove oggettive che tali stime erano errate.

32.

L’entità può ricevere ulteriori informazioni dopo la data di passaggio agli IFRS sulle stime che aveva effettuato secondo i precedenti Principi contabili. In base al paragrafo 31 l’entità deve considerare il ricevimento di tali informazioni alla stregua dei fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio che non comportano una rettifica, secondo lo IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio. Per esempio, si ipotizzi che la data di passaggio agli IFRS di un’entità sia il 1o gennaio 2004 e che nuove informazioni ricevute il 15 luglio 2004 richiedano la revisione di una stima effettuata in base ai precedenti Principi contabili al 31 dicembre 2003. L’entità non deve, in base alle nuove informazioni, modificare le stime nello stato patrimoniale d’apertura conforme agli IFRS (a meno che le stime debbano essere rettificate a causa di eventuali differenze nei principi contabili o vi siano prove oggettive che tali stime erano errate). Invece, l’entità deve imputare gli effetti delle nuove informazioni al conto economico (o, se del caso, tra le altre variazioni nelle poste di patrimonio netto) dell’esercizio che si chiude il 31 dicembre 2004.

33.

Secondo gli IFRS, l’entità potrebbe dover effettuare, alla data di passaggio agli IFRS, delle stime che non era tenuta a effettuare a tale data secondo i precedenti Principi contabili. Ai fini della conformità con lo IAS 10, tali stime effettuate secondo quanto previsto dagli IFRS devono riflettere le condizioni che esistevano alla data di passaggio agli IFRS. In particolare, le stime alla data di passaggio agli IFRS di prezzi di mercato, tassi di interesse o tassi di cambio di una valuta estera devono riflettere le condizioni di mercato a tale data.

34.

I paragrafi da 31 a 33 si applicano allo stato patrimoniale d’apertura in conformità agli IFRS. Gli stessi paragrafi si applicano anche a ciascun periodo presentato a fini comparativi nel primo bilancio dell’entità redatto in conformità agli IFRS, nel qual caso i riferimenti alla data di passaggio agli IFRS sono sostituiti da riferimenti alla data di chiusura di tale periodo comparativo.

Attività classificate come possedute per la vendita e attività operative cessate

34A

L’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate stabilisce che esso deve essere applicato prospetticamente alle attività non correnti (o gruppi in dismissione) che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita e alle attività operative che soddisfano i criteri per essere classificate come attività operative cessate dopo la data di entrata in vigore dell’IFRS 5. L’IFRS 5 consente a un’entità di applicare le disposizioni di tale IFRS a tutte le attività non correnti (o gruppi in dismissione) che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita e alle attività operative che si qualificano come attività operative cessate successivamente alla data di entrata in vigore di tale IFRS, a condizione che le valutazioni e le altre informazioni necessarie per applicare tale IFRS siano state ottenute al momento in cui detti criteri erano stati originariamente soddisfatti.

34B

Un’entità con data di transizione agli IFRS antecedente il 1o gennaio 2005 deve applicare le disposizioni transitorie dell’IFRS 5. Un’entità con data di transizione agli IFRS al 1o gennaio 2005 o successiva deve applicare l’IFRS 5 retroattivamente.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO E INFORMAZIONI INTEGRATIVE

35.

A eccezione di quanto descritto nei paragrafi 36A-37, il presente IFRS non prevede esenzioni dalle disposizioni sulla esposizione nel bilancio e sull’informativa da fornire stabilite in altri IFRS.

Informazioni comparative

36.

Per rispettare quanto previsto dallo IAS 1, il primo bilancio che l’entità redige in conformità agli IFRS deve contenere almeno un anno di informazioni comparative elaborate in base agli IFRS.

Esenzione dalla disposizione che prevede la rideterminazione dei valori delle informazioni comparative per lo IAS 39 e l’IFRS 4

36A

Nel primo bilancio redatto in conformità con gli IFRS, un’entità che adotti gli IFRS prima del 1o gennaio 2006 deve esporre informazioni comparative per almeno un anno, ma non è necessario che tali informazioni comparative siano conformi allo IAS 32, allo IAS 39 o all’IFRS 4. L’entità che sceglie di esporre informazioni comparative non conformi allo IAS 32, allo IAS 39 o all’IFRS 4 nel primo anno di transizione deve:

a)

applicare le disposizioni di rilevazione e valutazione dei precedenti Principi contabili per le informazioni comparative relative agli strumenti finanziari rientranti nell’ambito di applicazione dello IAS 32 e dello IAS 39, nonché ai contratti assicurativi inclusi nell’ambito di applicazione dell’IFRS 4;

b)

rendere nota tale circostanza, nonché il criterio adottato nella redazione di tali informazioni; e

c)

indicare la natura delle principali rettifiche eventualmente necessarie per ottenere informazioni conformi allo IAS 32, allo IAS 39 e all’IFRS 4. L’entità non è tenuta a quantificare tali rettifiche. Tuttavia, l’entità deve trattare qualsiasi rettifica tra la data di riferimento dello stato patrimoniale dell’esercizio comparativo (ossia lo stato patrimoniale in cui sono incluse le informazioni comparative redatte in base ai precedenti Principi contabili) e la data dello stato patrimoniale all’inizio del primo esercizio redatto in base agli IFRS (ossia il primo esercizio che include informazioni conformi allo IAS 32, allo IAS 39 e all’IFRS 4) come originatasi in conseguenza di un cambiamento di principio contabile e fornire l’informativa prevista dal paragrafo 28, lettere da a) a e) e da f) a i) dello IAS 8. Il paragrafo 28, lettere da f) a i) si applica solo agli importi esposti nello stato patrimoniale alla data di riferimento del periodo comparativo.

Nel caso in cui un’entità scelga di esporre informazioni comparative non conformi allo IAS 32, allo IAS 39 e all’IFRS 4, i riferimenti alla «data di passaggio agli IFRS» devono indicare, solo per quanto riguarda tali Principi, l’inizio del primo esercizio redatto in base agli IFRS. Tali entità sono tenute a uniformarsi alle disposizioni del paragrafo 15, lettera c), dello IAS 1 di fornire informazioni integrative aggiuntive se la conformità con i requisiti specifici degli IFRS non è sufficiente a consentire agli utilizzatori del bilancio di comprendere l’impatto di particolari operazioni, di altri eventi e condizioni, sulla situazione patrimoniale e finanziaria della entità e sul suo andamento economico.

Esenzione dalla disposizione di esporre in bilancio informazioni comparative per l’IFRS 6

36B

Un’entità che adotta gli IFRS prima del 1o gennaio 2006 e sceglie di adottare l’IFRS 6 Esplorazione e valutazione di risorse minerarie prima del 1o gennaio 2006 non deve necessariamente applicare le disposizioni dell’IFRS 6 alle informazioni comparative esposte nel primo bilancio redatto in base agli IFRS.

Esenzione dalla disposizione di fornire informazioni integrative comparative per l’IFRS 7

36C

Una entità che adotta gli IFRS prima del 1o gennaio 2006 e decide di adottare l’IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative nel primo bilancio redatto in base agli IFRS, non deve necessariamente esporre in bilancio le informazioni integrative comparative richieste dall’IFRS 7 per tale bilancio.

Informazioni comparative e riepiloghi storici non secondo gli IFRS

37.

Alcune entità presentano un riepilogo storico di dati salienti per periodi antecedenti il primo esercizio per il quale tali entità presentano informazioni comparative complete in conformità agli IFRS. Il presente IFRS non richiede che tali riepiloghi siano conformi alle disposizioni contenute negli IFRS in materia di rilevazione e valutazione. Inoltre, alcune entità presentano sia le informazioni comparative secondo i precedenti Principi contabili sia le informazioni comparative previste dallo IAS 1. In ciascun bilancio che contenga un riepilogo di dati storici o informazioni comparative secondo i precedenti Principi contabili, l’entità deve:

a)

indicare chiaramente già nell’intestazione che le informazioni redatte in base ai precedenti Principi contabili non sono state elaborate in conformità agli IFRS; e

b)

illustrare la natura delle principali rettifiche che renderebbero tali informazioni conformi agli IFRS. L’entità non è tenuta a quantificare tali rettifiche.

Spiegazione del passaggio agli IFRS

38.

L’entità deve illustrare come il passaggio dai precedenti Principi contabili agli IFRS abbia influito sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sull’andamento economico e sui flussi finanziari presentati.

Riconciliazioni

39.

Per ottemperare alle disposizioni del paragrafo 38, il primo bilancio dell’entità redatto in conformità agli IFRS deve contenere:

a)

le riconciliazioni del patrimonio netto secondo i precedenti Principi contabili con il patrimonio netto rilevato in conformità agli IFRS per entrambe le seguenti date:

i)

la data di passaggio agli IFRS; e

ii)

la data di chiusura dell’ultimo esercizio per il quale l’entità ha redatto il bilancio in conformità ai precedenti Principi contabili;

b)

una riconciliazione del risultato economico riportato nell’ultimo bilancio d’esercizio redatto dall’entità in base ai precedenti Principi contabili con il risultato economico derivante dall’applicazione degli IFRS per il medesimo esercizio; e

c)

nel caso in cui l’entità ha rilevato eventuali perdite per riduzione di valore di un’attività, o ne ha ripristinato il valore originario per la prima volta quando redige lo stato patrimoniale d’apertura in conformità agli IFRS, l’informativa che sarebbe stata richiesta dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività se l’entità avesse rilevato tali perdite per riduzione di valore delle attività, o ne avesse ripristinato il valore originario, nel periodo che ha inizio alla data di passaggio agli IFRS.

40.

Le riconciliazioni richieste dal paragrafo 39, lettere a) e b), devono contenere dettagli sufficienti a permettere all’utilizzatore del bilancio di comprendere le rettifiche rilevanti allo stato patrimoniale e al conto economico. Se l’entità ha presentato un rendiconto finanziario in base ai precedenti Principi contabili, essa deve illustrare anche le rettifiche di rilievo apportate al rendiconto finanziario.

41.

Se l’entità rileva di aver commesso errori in base ai precedenti Principi contabili, le riconciliazioni di cui al paragrafo 39, lettere a) e b), devono distinguere la correzione di tali errori dai cambiamenti dei principi contabili.

42.

Lo IAS 8 non tratta dei cambiamenti dei principi contabili che si verificano quando l’entità adotta per la prima volta gli IFRS. Pertanto gli obblighi di informativa dello IAS 8 in relazione ai cambiamenti di principi contabili non si applicano al primo bilancio dell’entità redatto in conformità agli IFRS.

43.

Se l’entità non ha presentato bilanci per gli esercizi precedenti, essa deve rendere noto tale fatto nel primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

Designazione di attività o passività finanziarie

43A

Una entità può designare attività o passività finanziarie precedentemente rilevate come attività o passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico oppure può designarle come possedute per la vendita in conformità con il paragrafo 25A. L’entità deve indicare il fair value (valore equo) di tutte le attività o passività finanziarie appartenenti a ciascuna categoria alla data della designazione oltre alla loro classificazione e al valore contabile riportati nel bilancio precedente.

Uso del fair value (valore equo) come sostituto del costo

44.

Se l’entità che, nello stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS, utilizza il fair value (valore equo) come sostituto del costo di un elemento degli immobili, impianti e macchinari o degli investimenti immobiliari o delle attività immateriali (si vedano i paragrafi 16 e 18), la stessa deve, nel primo bilancio dell’entità redatto in conformità agli IFRS, indicare per ogni voce dello stato patrimoniale d’apertura in conformità agli IFRS:

a)

l’importo complessivo di tali fair value (valori equi); e

b)

l’importo complessivo delle rettifiche apportate ai valori contabili esposti in base ai precedenti Principi contabili.

Bilanci intermedi

45.

Per rispettare quanto previsto dal paragrafo 38, se l’entità presenta un bilancio intermedio in conformità allo IAS 34 per la parte dell’esercizio in cui redige il primo bilancio d’esercizio redatto in conformità agli IFRS, la stessa deve rispettare, oltre a quelle previste dallo IAS 34, le seguenti disposizioni:

a)

Se l’entità ha presentato un bilancio intermedio per il corrispondente periodo dell’esercizio precedente, ciascun bilancio intermedio deve contenere le riconciliazioni del:

i)

patrimonio netto determinato in base ai precedenti Principi contabili alla fine di tale analogo periodo intermedio con il patrimonio netto determinato in conformità agli IFRS a tale data; e

ii)

risultato economico determinato secondo i precedenti Principi contabili per tale analogo periodo intermedio (per tale periodo intermedio e quello dall’inizio dell’esercizio) con il risultato economico determinato in base all’applicazione degli IFRS per lo stesso periodo.

b)

Oltre alle riconciliazioni richieste dal punto a), il primo bilancio intermedio redatto dall’entità in conformità allo IAS 34 deve comprendere, per la parte dell’esercizio di riferimento del primo bilancio redatto in conformità agli IFRS, le riconciliazioni di cui al paragrafo 39, lettere a) e b) (integrate dai dettagli di cui ai paragrafi 40 e 41), o un rinvio a un altro documento pubblicato contenente tali riconciliazioni.

46.

Lo IAS 34 prevede un livello minimo di informativa, in base all’assunto che gli utilizzatori del bilancio intermedio abbiano accesso anche all’ultimo bilancio d’esercizio. Tuttavia, lo IAS 34 prevede anche che l’entità debba rendere noto «ogni ulteriore evento o operazione che sia rilevante per la comprensione del periodo intermedio di riferimento». Pertanto, se il neo-utilizzatore non ha fornito informazioni di significativa importanza per la comprensione del corrente periodo intermedio nel più recente bilancio redatto in base ai precedenti Principi contabili, lo stesso deve, nel proprio bilancio intermedio, fornire tali informazioni o rinviare a un altro documento pubblicato che contenga tali informazioni.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

47.

L’entità è tenuta ad applicare il presente IFRS se il suo primo bilancio redatto in conformità con gli IFRS si riferisce a un esercizio che inizia dal 1o gennaio 2004 in poi. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità redige il suo primo bilancio in conformità con gli IFRS per un esercizio avente inizio antecedentemente al 1o gennaio 2004, e applica il presente IFRS in luogo della SIC-8 Prima applicazione degli IAS come sistema contabile di riferimento principale tale fatto dovrà essere indicato.

47A

Un’entità deve applicare le modifiche dei paragrafi 13, lettera j), e 25E a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1o settembre 2004. Qualora un’entità applichi l’IFRIC 1 a partire da un esercizio precedente, queste modifiche devono essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

47B

Un’entità deve applicare le modifiche dei paragrafi 13, lettera k), e 25F a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Qualora un’entità applichi l’IFRIC 4 a partire da un esercizio precedente, queste modifiche devono essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

47C

Un’entità deve applicare le modifiche del paragrafo 36B a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Qualora un’entità applichi l’IFRS 6 a partire da un esercizio precedente, queste modifiche devono essere applicate a partire da quell’esercizio precedente.

47D

Un’entità deve applicare le modifiche del paragrafo 20A a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006. Se un’entità applica le modifiche dello IAS 19 Benefici per i dipendenti — Utili e perdite attuariali, piani per i dipendenti e informazioni integrative per un esercizio precedente, tali modifiche dovranno essere applicate per quell’esercizio precedente.

47E

Un’entità deve applicare le modifiche dei paragrafi 13, lettera l) e 25G a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005. Se un’entità applica le modifiche dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazioneTransizione e rilevazione iniziale di attività e passività finanziarie per un esercizio precedente, tali modifiche dovranno essere applicate per quell’esercizio precedente.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Data di passaggio agli IFRS

La data di apertura del primo esercizio nel quale l’entità presenta una completa informativa comparativa in base a quanto previsto dagli IFRS nel primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

Sostituto del costo

L’importo utilizzato come sostituto del costo o del costo ammortizzato ad una data predeterminata. I successivi ammortamenti devono essere calcolati in base alla presunzione che l’entità aveva inizialmente rilevato l’attività o la passività a tale data predeterminata e che il costo coincideva, sempre in tale data, con il sostituto del costo.

Fair value (valore equo)

Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Primo bilancio redatto in conformità agli IFRS

Il primo bilancio annuale in cui un’entità adotta gli International Financial Reporting Standards (IFRS) con una dichiarazione di conformità agli IFRS esplicita e senza riserve.

Primo esercizio redatto in base agli IFRS

L’esercizio che si conclude alla data di riferimento del primo bilancio dell’entità redatto in conformità agli IFRS.

Neo-utilizzatore

L’entità che presenta il primo bilancio redatto in conformità agli IFRS.

International Financial Reporting Standards (IFRS)

I Principi e le Interpretazioni adottati dall’International Accounting Standards Board (IASB). Essi comprendono:

a)

gli International Financial Reporting Standards;

b)

gli International Accounting Standard; e

c)

le Interpretazioni emanate dall’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC) o dal precedente Standing Interpretations Committee (SIC).

Stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS

Lo stato patrimoniale dell’entità (pubblicato o non pubblicato) alla data di passaggio agli IFRS.

Precedenti Principi contabili

L’insieme dei principi contabili che il neo-utilizzatore usava immediatamente prima del passaggio agli IFRS.

Data di riferimento

La data di chiusura dell’ultimo esercizio di riferimento del bilancio o di un bilancio intermedio.

Appendice B

Aggregazioni aziendali

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

B1

Il neo-utilizzatore può scegliere di non applicare retroattivamente l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali alle pregresse aggregazioni aziendali (aggregazioni aziendali avvenute prima della data di passaggio agli IFRS). Tuttavia, se il neo-utilizzatore ridetermina una aggregazione aziendale per uniformarsi alle disposizioni dell’IFRS 3 deve rideterminare tutte le aggregazioni aziendali successive e deve inoltre applicare lo IAS 36 Riduzione di valore delle attività (rivisto nella sostanza nel 2004) e lo IAS 38 Attività immateriali (rivisto nella sostanza nel 2004) a partire da quella stessa data. Per esempio, se il neo-utilizzatore sceglie di rideterminare una aggregazione aziendale verificatasi il 30 giugno 2002, deve rideterminare tutte le aggregazioni aziendali che hanno avuto luogo tra il 30 giugno 2002 e la data di passaggio agli IFRS, e deve inoltre applicare lo IAS 36 (rivisto nella sostanza nel 2004) e lo IAS 38 (rivisto nella sostanza nel 2004) a partire dal 30 giugno 2002.

B1A

Un’entità non deve applicare lo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere (rivisto nella sostanza nel 2003) retroattivamente alle rettifiche del fair value (valore equo) e dell’avviamento derivanti da aggregazioni aziendali che si sono verificate prima della data del passaggio agli IFRS. Se l’entità non applica lo IAS 21 retroattivamente a tali rettifiche del fair value (valore equo) e dell’avviamento, deve trattarli come attività e passività dell’entità piuttosto che come attività e passività della società acquisita. Quindi, tali rettifiche di avviamento e di fair value (valore equo) sono già espresse nelle valute funzionali dell’entità o sono elementi non monetari in valuta estera che sono iscritti utilizzando il tasso di cambio applicato secondo i precedenti Principi contabili.

B1B

Un’entità può applicare lo IAS 21 retroattivamente alle rettifiche del fair value (valore equo) e dell’avviamento derivanti da:

a)

tutte le aggregazioni aziendali che si sono verificate prima della data di passaggio agli IFRS; o

b)

tutte le aggregazioni aziendali che l’entità sceglie di rideterminare per essere conforme all’IFRS 3, come consentito dal paragrafo B1 sopra.

B2

La mancata applicazione retroattiva dello IFRS 3 a una pregressa aggregazione aziendale comporta che il neo-utilizzatore debba con riferimento a tale aggregazione aziendale:

a)

mantenere la stessa classificazione (come un’acquisizione da parte della legittima società acquirente, un’acquisizione inversa da parte della legittima società acquisita, o di un’unione di imprese) utilizzata nei bilanci redatti in conformità ai precedenti Principi contabili;

b)

rilevare, alla data di passaggio agli IFRS, tutte le attività e le passività acquisite o assunte in una pregressa aggregazione aziendale salvo:

i)

alcune attività e passività finanziarie eliminate in base ai precedenti Principi contabili (si veda il paragrafo 27); e

ii)

le attività, compreso l’avviamento, e le passività che non erano iscritte nello stato patrimoniale consolidato della società acquirente redatto in base ai precedenti Principi contabili e che non soddisferebbero le condizioni previste dagli IFRS per essere iscritte nello stato patrimoniale individuale della società acquisita [si veda il paragrafo da B2, lettera f) a B2, lettera i)].

Il neo-utilizzatore deve rilevare qualsiasi conseguente cambiamento rettificando gli utili portati a nuovo (o, ove opportuno, un’altra voce del patrimonio netto), a meno che il cambiamento non derivi dall’iscrizione di un’attività immateriale precedentemente inclusa nell’avviamento [si veda il paragrafo B2, lettere da g) a i)];

c)

escludere dallo stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS qualsiasi voce rilevata in base ai precedenti Principi contabili che non soddisfi le condizioni previste dagli IFRS per essere iscritta come attività o passività in conformità agli IFRS. Il neo-utilizzatore deve contabilizzare le conseguenti variazioni come segue:

i)

il neo-utilizzatore può aver classificato una pregressa aggregazione aziendale come un’acquisizione e può aver rilevato come un’attività immateriale un elemento che non soddisfa le condizioni previste dallo IAS 38 per essere rilevato come un’attività. Il neo utilizzatore deve riclassificare tale elemento (e, se del caso, le relative imposte differite e le quote di pertinenza di terzi) come parte dell’avviamento [a meno che lo stesso non abbia portato l’avviamento direttamente in detrazione al patrimonio netto in base ai precedenti Principi contabili, si vedano i paragrafi B2, lettere da g) a i) e B2, lettera i)].

ii)

il neo-utilizzatore deve imputare tutte le conseguenti variazioni agli utili portati a nuovo (1);

d)

gli IFRS prevedono che la successiva valutazione di alcune attività e passività sia effettuata seguendo criteri valutativi diversi dal costo storico, quali il fair value (valore equo). Il neo-utilizzatore deve valutare tali attività e passività adottando tale criterio nello stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS, anche nel caso in cui queste ultime fossero state acquisite o assunte in una pregressa aggregazione aziendale. L’entità deve rilevare qualsiasi conseguente variazione apportata al valore contabile imputandola agli utili portati a nuovo (o, ove opportuno, a un’altra voce del patrimonio netto) invece che all’avviamento;

e)

immediatamente dopo l’aggregazione aziendale, il valore contabile determinato in base ai precedenti Principi contabili delle attività acquisite e delle passività assunte in tale aggregazione aziendale costituirà il sostituto del costo in base agli IFRS a tale data. Se gli IFRS prevedono una valutazione di tali attività e passività in base al costo a una data successiva, il valore che rappresenta il sostituto del costo di cui in precedenza rappresenta la base per l’ammortamento in base al costo a partire dalla data dell’aggregazione aziendale;

f)

se, in base ai precedenti Principi contabili, non era stata rilevata un’attività acquisita o una passività assunta in una pregressa aggregazione aziendale, tali elementi non possono avere un sostituto del costo pari a zero nello stato patrimoniale di apertura redatto in conformità agli IFRS. Per contro, la società acquirente deve rilevare e valutare tale attività o passività nel proprio stato patrimoniale consolidato al valore che sarebbe emerso dall’applicazione degli IFRS nello stato patrimoniale della società acquisita. Per esempio: se la società acquirente non aveva capitalizzato, in base ai precedenti Principi contabili, i costi connessi a operazioni di leasing finanziario acquisite per mezzo di una pregressa aggregazione aziendale, la stessa deve capitalizzare tali costi nel bilancio consolidato, considerato che lo IAS 17 Leasing prevede che la società acquisita debba effettuare tale capitalizzazione nel proprio stato patrimoniale redatto in conformità agli IFRS. Per contro, se un’attività o una passività è stata inclusa nell’avviamento in base ai precedenti Principi contabili, pur potendo essere rilevata separatamente in base allo IFRS 3, tale attività o passività continua a far parte dell’avviamento, a meno che gli IFRS non ne richiedano l’iscrizione nel bilancio della società acquisita;

g)

il valore contabile dell’avviamento nello stato patrimoniale d’apertura redatto in conformità agli IFRS deve essere il valore contabile dell’avviamento stesso determinato in base ai precedenti Principi contabili alla data di passaggio agli IFRS, una volta effettuate le seguenti tre rettifiche:

i)

se richiesto dal paragrafo B2, lettere da c) a i), di cui sopra, il neo-utilizzatore deve aumentare l’importo dell’avviamento quando riclassifica una voce che aveva rilevato come un’attività immateriale in base ai precedenti Principi contabili. Analogamente, se il paragrafo B2, lettera f), prevede che il neo-utilizzatore rilevi un’attività immateriale che, in base ai Precedenti Principi contabili, era stata inclusa nell’avviamento, lo stesso deve diminuire conseguentemente il valore dell’avviamento nella dovuta misura (e, se opportuno, rettificare le imposte differite e le quote di pertinenza di terzi);

ii)

una condizione di incertezza che ha influito sul prezzo d’acquisto in una pregressa aggregazione aziendale può essersi risolta prima della data di passaggio agli IFRS. Nel caso in cui sia possibile effettuare una stima attendibile della potenziale rettifica, e il pagamento sia probabile, il neo-utilizzatore deve rettificare l’avviamento in misura pari al relativo importo. Analogamente, il neo-utilizzatore deve rettificare il valore contabile dell’avviamento nel caso in cui la rettifica potenziale precedentemente rilevata non sia più attendibilmente quantificabile o il suo pagamento non sia più probabile;

iii)

indipendentemente dalle eventuali indicazioni dell’esistenza di una perdita per riduzione di valore dell’avviamento, il neo-utilizzatore deve applicare lo IAS 36 nel verificare se l’avviamento ha subito una perdita per riduzione di valore alla data di passaggio agli IFRS e nell’imputare eventuali perdite per riduzione di valore agli utili portati a nuovo (o, se così previsto dallo IAS 36, alla riserva di rivalutazione). La verifica per riduzione di valore deve essere riferita alle condizioni esistenti alla data di passaggio agli IFRS;

h)

non saranno effettuate altre rettifiche al valore contabile dell’avviamento alla data di passaggio agli IFRS. Per esempio, il neo-utilizzatore non deve rideterminare il valore contabile dell’avviamento per:

i)

escludere attività di ricerca e sviluppo in corso acquisite nell’aggregazione aziendale (a meno che le relative attività immateriali non soddisfino le condizioni previste dallo IAS 38 per la rilevazione nello stato patrimoniale della società acquisita);

ii)

rettificare il precedente ammortamento dell’avviamento;

iii)

annullare gli effetti delle rettifiche dell’avviamento non consentite dallo IFRS 3, ma effettuate in base ai precedenti Principi contabili come conseguenza delle rettifiche alle attività e alle passività apportate nel periodo che intercorre fra la data dell’aggregazione aziendale e la data di passaggio agli IFRS;

i)

se il neo-utilizzatore aveva dedotto dal patrimonio netto l’avviamento in base ai precedenti Principi contabili:

i)

lo stesso non deve rilevare tale avviamento nel proprio stato patrimoniale d’apertura in conformità agli IFRS. Inoltre, la medesima entità non deve trasferire tale avviamento al conto economico, nel caso in cui ceda la controllata o nel caso in cui la partecipazione nella controllata subisca una perdita per riduzione di valore;

ii)

le rettifiche risultanti dalla risoluzione di una condizione di incertezza che influisce sul corrispettivo d’acquisto devono essere imputate agli utili portati a nuovo;

j)

in base ai precedenti Principi contabili, il neo-utilizzatore può non aver consolidato una società controllata acquisita in una pregressa aggregazione aziendale (per esempio, o perché la controllante non lo considerava una controllata in base ai precedenti Principi contabili o perché la controllante non redigeva il bilancio consolidato). Il neo-utilizzatore deve rettificare i valori contabili delle attività e delle passività della controllata per far coincidere questi ultimi con gli importi che risulterebbero nello stato patrimoniale della controllata stessa redatto in conformità agli IFRS. Il sostituto del costo dell’avviamento alla data di passaggio agli IFRS è pari alla differenza fra:

i)

la quota della controllante di tali valori contabili rettificati; e

ii)

il costo della partecipazione nella controllata iscritto nel bilancio della controllante;

k)

La valutazione delle quote di pertinenza di terzi e delle imposte differite è conseguente alla valutazione di altre attività e passività. Pertanto, le rettifiche di cui sopra alle attività e passività rilevate hanno un impatto sulle quote di pertinenza di terzi e sulle imposte differite.

B3

L’esenzione per le pregresse aggregazioni aziendali si applica anche a acquisizioni passate di partecipazioni in collegate e a interessenze in joint venture. Inoltre la data scelta per il paragrafo B1 si applica ugualmente a tutte queste acquisizioni.


(1)  Tali variazioni comprendono riclassificazioni dalle o nelle attività immateriali, se l’avviamento non è stato rilevato come attività in base ai precedenti Principi contabili. Ciò si verifica se, in base ai precedenti Principi contabili, l’entità a) ha detratto l’avviamento direttamente dal patrimonio netto o b) non ha classificato l’aggregazione aziendale come un’acquisizione.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 2

Pagamenti basati su azioni

FINALITÀ

1.

Il presente IFRS ha lo scopo di definire la rendicontazione contabile di una entità che effettui una operazione con pagamento basato su azioni. In particolare, esso dispone che un’entità iscriva nel conto economico e nella situazione patrimoniale-finanziaria gli effetti di operazioni con pagamento basato su azioni, inclusi i costi relativi alle operazioni in cui vengono assegnate ai dipendenti delle opzioni su azioni.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Un’entità deve applicare il presente IFRS nella contabilizzazione di tutte le operazioni con pagamento basato su azioni, incluse:

a)

operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale, in cui l’entità riceve beni o servizi come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità (incluse le azioni e le opzioni su azioni);

b)

operazioni con pagamento basato su azioni regolate per cassa, in cui l’entità acquisisce beni o servizi assumendo delle passività nei confronti dei fornitori di tali beni o servizi per importi basati sul prezzo (o valore) delle azioni dell’entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale dell’entità stessa; e

c)

operazioni in cui l’entità riceve o acquisisce beni o servizi e i termini dell’accordo prevedono che l’entità, o il fornitore di tali beni o servizi, possa scegliere tra il regolamento per cassa da parte dell’entità (o con altre attività) o l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale.

a eccezione di quanto evidenziato nei paragrafi 5 e 6.

3.

Ai fini del presente IFRS, i trasferimenti di strumenti rappresentativi di capitale di una entità da parte dei propri azionisti a favore di terzi che hanno fornito beni o servizi all’entità (compresi i dipendenti), sono operazioni con pagamento basato su azioni, a meno che il trasferimento non abbia palesemente motivi diversi dal pagamento di beni o servizi forniti all’entità. Ciò si applica anche ai trasferimenti di strumenti rappresentativi di capitale della controllante dell’entità, o di un’altra entità appartenente allo stesso gruppo, a favore di terzi che hanno fornito beni o servizi all’entità.

4.

Ai fini del presente IFRS, una operazione con un dipendente (o con un terzo) che agisce in veste di titolare di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità, non è una operazione con pagamento basato su azioni. Per esempio, se una entità assegna a tutti i titolari di una particolare classe dei propri strumenti rappresentativi di capitale, il diritto di acquisire ulteriori strumenti rappresentativi di capitale ad un prezzo inferiore al fair value (valore equo) di quegli strumenti finanziari, e un dipendente riceve tali diritti in qualità di titolare di strumenti rappresentativi di capitale di quella particolare classe, l’assegnazione o l’esercizio del diritto non è soggetto alle disposizioni del presente IFRS.

5.

Come evidenziato al paragrafo 2, il presente IFRS si applica alle operazioni con pagamento basato su azioni in cui una entità acquisisce o riceve dei beni o servizi. I beni comprendono rimanenze, materiali di consumo, immobili, impianti e macchinari, immobilizzazioni immateriali e altre attività non finanziarie. Tuttavia, una entità non deve applicare il presente IFRS alle operazioni in cui l’entità acquisisce beni come parte dell’attivo netto derivante da un’operazione di aggregazione aziendale, cui si applica l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali. Per cui, gli strumenti rappresentativi di capitale emessi in una aggregazione aziendale in cambio del controllo dell’acquisito non rientrano nell’ambito applicativo del presente IFRS. Tuttavia, gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati ai dipendenti dell’acquisito nella loro qualifica di dipendenti (per esempio, come gratifica per la continuità di servizio) rientrano nell’ambito applicativo del presente IFRS. Analogamente, l’annullamento, la sostituzione o qualsiasi altra modifica ad accordi di pagamento basato su azioni originata da un’aggregazione aziendale o da altra ristrutturazione del capitale deve essere rilevata in conformità con il presente IFRS.

6.

Il presente IFRS non si applica alle operazioni con pagamento basato su azioni in cui l’entità riceve o acquisisce beni o servizi ai sensi di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione dei paragrafi da 8 a 10 dello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003) (1) oppure dei paragrafi da 5 a 7 dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione (rivisto nella sostanza nel 2003).

RILEVAZIONE

7.

Una entità deve rilevare i beni o servizi ricevuti o acquisiti in una operazione con pagamento basato su azioni alla data in cui ottiene i beni o riceve i servizi. L’entità deve rilevare un corrispondente incremento del patrimonio netto se i beni o servizi sono stati ricevuti in base a una operazione con pagamento basato su azioni regolata con strumenti rappresentativi di capitale, oppure una passività se i beni o servizi sono stati acquisiti in base a una operazione con pagamento basato su azioni regolata per cassa.

8.

Se i beni o servizi ricevuti o acquisiti con un’operazione con pagamento basato su azioni non hanno i requisiti per essere rilevati come attività, essi debbono essere rilevati come costi.

9.

Di solito, un costo deriva dal consumo di beni o servizi. Per esempio, di norma i servizi vengono consumati immediatamente; in tal caso viene rilevato un costo nel momento in cui la controparte rende il servizio. I beni possono essere consumati lungo un periodo di tempo, oppure, nel caso di rimanenze, venduti in data successiva; in tal caso viene rilevato un costo nel momento in cui i beni sono consumati o venduti. Tuttavia, talvolta è necessario rilevare un costo prima che i beni o servizi siano stati consumati o venduti, non avendo i requisiti per essere rilevati come attività. Per esempio, una entità potrebbe acquisire dei beni nell’ambito della fase di ricerca di un progetto per lo sviluppo di un nuovo prodotto. Sebbene tali beni non siano stati consumati, potrebbero non avere i requisiti previsti dall’IFRS applicabile per essere rilevati come attività.

OPERAZIONI CON PAGAMENTO BASATO SU AZIONI REGOLATE CON STRUMENTI RAPPRESENTATIVI DI CAPITALE

Introduzione

10.

Nel caso di operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale, l’entità deve valutare i beni o servizi ricevuti e l’incremento corrispondente del patrimonio netto, direttamente, al fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti, salvo che non sia possibile stimare il fair value (valore equo) attendibilmente. Qualora l’entità non fosse in grado di misurare attendibilmente il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti, essa deve stimarne indirettamente il valore, e il corrispondente incremento di valore del patrimonio netto, facendo riferimento (2) al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati.

11.

Per applicare le disposizioni del paragrafo 10 alle operazioni con dipendenti e terzi che forniscono servizi similari  (3), l’entità deve stimare il fair value (valore equo) dei servizi ricevuti facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, poiché è normalmente impossibile stimare in maniera attendibile il fair value (valore equo) dei servizi ricevuti, come spiegato al paragrafo 12. Il fair value (valore equo) di tali strumenti rappresentativi di capitale deve essere calcolato alla data di assegnazione.

12.

Le azioni, le opzioni su azioni e gli altri strumenti rappresentativi di capitale sono di solito assegnati ai dipendenti come parte del loro pacchetto retributivo, in aggiunta allo stipendio e ad altre gratifiche. Di solito non è possibile valutare direttamente i servizi ricevuti a fronte di specifiche componenti del pacchetto retributivo del dipendente. Può anche non essere possibile valutare il fair value (valore equo) del pacchetto retributivo complessivo indipendentemente, senza valutare direttamente il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati. Inoltre, le azioni o le opzioni su azioni sono talvolta assegnate come parte di un piano di incentivazione, piuttosto che come base retributiva; per esempio, come incentivo ai dipendenti a rimanere in servizio presso l’entità oppure come riconoscimento per aver contribuito al miglioramento dei risultati dell’entità. Attraverso l’assegnazione di azioni o di opzioni su azioni, in aggiunta ad altre forme retributive, l’entità eroga remunerazioni aggiuntive per ottenere benefici aggiuntivi. La stima del fair value (valore equo) di tali benefici aggiuntivi è verosimilmente difficile. Data la difficoltà di valutare direttamente il fair value (valore equo) dei servizi ricevuti, l’entità deve misurare il fair value (valore equo) dei servizi resi dai dipendenti facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati.

13.

Per applicare le disposizioni di cui al paragrafo 10 alle operazioni con terzi non dipendenti, deve esservi una presunzione relativa che il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti possa essere stimato attendibilmente. Tale fair value (valore equo) deve essere valutato alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta il servizio. Nelle rare circostanze in cui tale presunzione non sussiste, in quanto non è in grado di valutare attendibilmente il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti, l’entità deve misurare indirettamente i beni o servizi ricevuti, e il corrispondente incremento di patrimonio netto, facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, valutati alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta i servizi.

Operazioni in cui si ricevono dei servizi

14.

Se gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati maturano immediatamente, la controparte non deve completare uno specifico periodo di prestazione di servizi prima di acquisire la titolarità incondizionata di quegli strumenti rappresentativi di capitale. In assenza di evidenza contraria, l’entità deve presumere che i servizi resi dalla controparte, come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale, siano stati ricevuti. In tal caso, alla data di assegnazione l’entità deve considerare i servizi come totalmente ricevuti, con il corrispondente incremento del patrimonio netto.

15.

Se gli strumenti rappresentativi di capitale maturano solo al termine di uno specifico periodo di prestazione di servizi, l’entità deve presumere che i servizi resi dalla controparte come corrispettivo di tali strumenti rappresentativi di capitale saranno ricevuti in futuro, nel periodo di maturazione. L’entità deve rilevare i servizi resi dalla controparte nel periodo di maturazione, contestualmente alla loro prestazione, con un corrispondente incremento del patrimonio netto. Per esempio:

a)

se un dipendente è assegnatario di opzioni su azioni a condizione che abbia completato tre anni di servizio, l’entità deve presumere che i servizi resi dal dipendente come corrispettivo delle opzioni su azioni saranno ricevuti in futuro, nell’arco del triennio del periodo di maturazione;

b)

se un dipendente è assegnatario di opzioni su azioni condizionate al conseguimento di determinati risultati e che continui il proprio rapporto di lavoro alle dipendenze dell’entità fino al loro raggiungimento, e la durata del periodo di maturazione dipende da quando tali risultati sono conseguiti, l’entità deve presumere che i servizi da rendersi dal dipendente come corrispettivo delle opzioni su azioni saranno ricevuti in futuro, nell’arco del periodo di maturazione atteso. L’entità deve stimare la durata del periodo di maturazione atteso alla data di assegnazione, in base all’esito più probabile della condizione di conseguimento dei risultati. Se la condizione di conseguimento dei risultati è una condizione di mercato, la stima della durata del periodo di maturazione atteso deve essere compatibile con le ipotesi formulate ai fini della stima del fair value (valore equo) delle opzioni assegnate, e non deve essere rivista successivamente. Se la condizione di conseguimento dei risultati non è una condizione di mercato, l’entità deve rivedere la propria stima della durata del periodo di maturazione, se necessario, nel caso in cui informazioni successive indicano che la durata del periodo di maturazione differisce dalle stime effettuate in precedenza.

Operazioni misurate con riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati

Determinazione del fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati

16.

Nel caso di operazioni valutate facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, una entità deve valutare il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati alla data di misurazione, in base ai prezzi di mercato, se disponibili, tenendo conto dei termini e delle condizioni in base ai quali tali strumenti sono stati assegnati (secondo le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 22).

17.

Se i prezzi di mercato non sono disponibili, l’entità deve stimare il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati con una metodologia valutativa per stimare quale sarebbe stato il prezzo di tali strumenti rappresentativi di capitale, alla data di misurazione, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili. La metodologia adottata deve essere compatibile con le metodologie generalmente accettate per la misurazione degli strumenti finanziari, e deve incorporare tutti i fattori e le ipotesi che operatori di mercato consapevoli e disponibili considererebbero nella determinazione del prezzo (secondo le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 22).

18.

L’Appendice B contiene una ulteriore guida sulla misurazione del fair value (valore equo) delle azioni e delle opzioni su azioni, focalizzandosi sugli specifici termini e condizioni che comunemente caratterizzano un’assegnazione di azioni o di opzioni su azioni a dipendenti.

Trattamento contabile delle condizioni di maturazione

19.

L’assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale può essere subordinata al verificarsi di determinate condizioni di maturazione. Per esempio, l’assegnazione di azioni o di opzioni su azioni a un dipendente è di solito condizionata alla permanenza alle dipendenze dell’entità per un determinato periodo. Possono esservi condizioni di rendimento che debbono essere soddisfatte, come il conseguimento di alcuni risultati: ad esempio, il raggiungimento di una determinata crescita dei profitti dell’entità oppure un determinato incremento del prezzo delle azioni dell’entità. Le condizioni di maturazione, ad eccezione delle condizioni di mercato, non devono essere considerate nella stima del fair value (valore equo) delle azioni o delle opzioni su azioni alla data di misurazione. Le condizioni di maturazione devono essere invece considerate rettificando il numero di strumenti rappresentativi di capitale inclusi nella misurazione dell’importo dell’operazione, così che, alla fine, l’importo iscritto in bilancio per i beni o servizi ricevuti come corrispettivo per gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati risulta basato sul numero di strumenti rappresentativi di capitale che definitivamente matureranno. Per cui, complessivamente, non è rilevato alcun importo per beni o servizi ricevuti se gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati non maturano per il mancato conseguimento di una condizione di maturazione, per esempio, se la controparte non completa un determinato periodo di servizio oppure se non viene soddisfatta la condizione del conseguimento di risultati, secondo le disposizioni di cui al paragrafo 21.

20.

Per applicare le disposizioni di cui al paragrafo 19, l’entità deve rilevare un importo relativo ai beni o servizi ricevuti nel periodo di maturazione in base alla migliore stima disponibile del numero di strumenti rappresentativi di capitale che ci si attende matureranno e deve rivedere tale stima, se necessario, nel caso in cui informazioni successive indicano che il numero atteso di strumenti rappresentativi di capitale che matureranno differisce dalle stime effettuate in precedenza. Alla data di maturazione, l’entità deve rivedere la stima per rilevare un importo pari al numero di strumenti rappresentativi di capitale effettivamente maturati, secondo le disposizioni di cui al paragrafo 21.

21.

Le condizioni di mercato, come il prezzo obiettivo di una azione al quale è condizionata la maturazione (o l’esercizio), devono essere considerate nella stima del fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati. Per cui, ai fini dell’assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale subordinati a condizioni di mercato, l’entità deve rilevare i beni o servizi ricevuti da una controparte che soddisfa tutte le altre condizioni di maturazione (per esempio, i servizi ricevuti da un dipendente che rimane in servizio per il periodo specificato nell’assegnazione), indipendentemente dal conseguimento di tale condizione di mercato.

Trattamento contabile di un elemento di ricarico

22.

Per le opzioni con un elemento di ricarico, tale elemento non deve essere considerato nella stima del fair value (valore equo) delle opzioni assegnate alla data di misurazione. L’opzione di ricarico deve invece essere rilevata come una nuova assegnazione di opzioni, se e quando l’opzione di ricarico viene assegnata in un momento successivo.

Dopo la data di maturazione

23.

Dopo aver rilevato i beni o servizi ricevuti e l’incremento di patrimonio netto corrispondente, in conformità alle disposizioni di cui ai paragrafi da 10 a 22, l’entità non deve apportare rettifiche al patrimonio netto complessivo dopo la data di maturazione. Per esempio, l’entità non deve stornare successivamente l’importo rilevato per i servizi ricevuti da un dipendente se gli strumenti rappresentativi di capitale maturati sono successivamente annullati oppure se, nel caso di opzioni su azioni, non vengono esercitate le opzioni. Tuttavia, questa disposizione non preclude che l’entità rilevi un trasferimento all’interno del patrimonio netto, ad esempio, un trasferimento da una componente del patrimonio netto ad un’altra.

Casi in cui il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale non può essere stimato attendibilmente

24.

Le disposizioni di cui ai paragrafi da 16 a 23 si applicano quando l’entità deve misurare una operazione con pagamento basato su azioni facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati. In rare circostanze, l’entità può non essere in grado di stimare in maniera attendibile il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati alla data di misurazione, secondo le disposizioni di cui ai paragrafi da 16 a 22. Solo in tali rare circostanze, l’entità deve invece:

a)

misurare gli strumenti rappresentativi di capitale in base al loro valore intrinseco, inizialmente alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta il servizio, e successivamente a ciascuna data di chiusura del bilancio e alla data di regolamento finale, con tutte le variazioni del valore intrinseco rilevate a conto economico. Nel caso di assegnazione di opzioni su azioni, l’accordo di pagamento basato su azioni è definitivamente regolato al momento dell’esercizio dell’opzione, dell’annullamento (ad esempio, con la cessazione del rapporto di lavoro) o della scadenza (ad esempio, al termine della vita dell’opzione);

b)

rilevare i beni o servizi ricevuti in base al numero di strumenti rappresentativi di capitale definitivamente maturati o (se applicabile) definitivamente esercitati. Per applicare tale disposizione alle opzioni su azioni, per esempio, l’entità deve rilevare gli eventuali beni o servizi ricevuti durante il periodo di maturazione, in conformità alle disposizioni di cui ai paragrafi 14 e 15, tranne che per le disposizioni di cui al paragrafo 15, lettera b), relative alla condizione di mercato, che non si applicano. L’importo rilevato per i beni o servizi ricevuti durante il periodo di maturazione deve essere calcolato in base al numero atteso di opzioni su azioni che ci si attende matureranno. L’entità deve rivedere tale stima, se necessario, nel caso in cui informazioni successive indicano che il numero di opzioni su azioni che ci si attende matureranno differisce dalle stime effettuate in precedenza. Alla data di maturazione, l’entità deve rivedere la stima per eguagliarla al numero di strumenti finanziari definitivamente maturati. Dopo la data di maturazione, l’entità deve stornare l’importo rilevato per i beni o servizi ricevuti se le opzioni su azioni vengono successivamente annullate oppure si estinguono al termine della vita utile dell’opzione su azioni.

25.

Se una entità applica le disposizioni di cui al paragrafo 24, non è necessario applicare i paragrafi da 26 a 29, in quanto qualsiasi modifica dei termini e delle condizioni in base ai quali erano stati assegnati gli strumenti rappresentativi di capitale sarà considerata nell’applicazione del metodo del valore intrinseco illustrato al paragrafo 24. Tuttavia, se una entità regola una assegnazione di strumenti finanziari cui siano state applicate le disposizioni di cui al paragrafo 24, si dispone quanto segue:

a)

l’entità deve contabilizzare il regolamento come una maturazione anticipata se l’estinzione avviene durante il periodo di maturazione e pertanto deve rilevare immediatamente l’importo che altrimenti sarebbe stato rilevato per i servizi ricevuti nell’arco del periodo residuo di maturazione;

b)

ogni pagamento effettuato al momento del regolamento deve essere contabilizzato come un riacquisto di strumenti rappresentativi di capitale, cioè come una riduzione del patrimonio netto, tranne che il pagamento ecceda il valore intrinseco degli strumenti rappresentativi di capitale, misurato alla data di riacquisto. Ogni eccedenza del genere deve essere rilevata come un costo.

Modifiche dei termini e delle condizioni in base ai quali gli strumenti rappresentativi di capitale erano stati assegnati, inclusi annullamenti e regolamenti

26.

Una entità potrebbe modificare i termini e le condizioni in base ai quali erano stati assegnati degli strumenti rappresentativi di capitale. Per esempio, potrebbe ridurre il prezzo di esercizio delle opzioni assegnate ai dipendenti (ossia rideterminare il prezzo delle opzioni), aumentandone di conseguenza il fair value (valore equo). Le disposizioni di cui ai paragrafi da 27 a 29 per contabilizzare gli effetti delle modifiche sono espresse nel contesto di operazioni con pagamento basato su azioni con dipendenti. Tuttavia, tali disposizioni debbono essere anche applicate alle operazioni con pagamento basato su azioni con terzi non dipendenti, che sono misurate facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati. In questo ultimo caso, tutti i riferimenti alla data di assegnazione riportati nei paragrafi da 27 a 29 devono essere invece riferiti alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta il servizio.

27.

L’entità deve rilevare, come minimo, i servizi ricevuti misurati al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati alla data di assegnazione, a meno che tali strumenti rappresentativi di capitale non maturino per il mancato rispetto di una delle condizioni di maturazione (ad eccezione di una condizione di mercato) specificate alla data di assegnazione. Tale disposizione si applica a prescindere da qualsiasi modifica ai termini e alle condizioni in base ai quali sono stati assegnati gli strumenti rappresentativi di capitale, o da una eventuale cancellazione o regolamento dell’assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale. Inoltre, l’entità deve rilevare gli effetti delle modifiche che incrementano il fair value (valore equo) complessivo degli accordi di pagamento basato su azioni o che comunque comportano benefici al dipendente. L’appendice B comprende una guida all’applicazione di tale disposizione.

28.

Se l’entità annulla o regola una assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale durante il periodo di maturazione (eccetto che non si tratti di una assegnazione revocata per annullamento quando non vengono soddisfatte le condizioni di maturazione):

a)

l’entità deve contabilizzare l’annullamento o il regolamento come se fosse una maturazione anticipata, e pertanto deve iscrivere immediatamente l’importo che altrimenti sarebbe stato rilevato per i servizi ricevuti nell’arco del periodo di maturazione residuo;

b)

ogni pagamento al dipendente, effettuato al momento dell’annullamento o del regolamento, deve essere contabilizzato come un riacquisto di una partecipazione azionaria, ossia come una diminuzione del patrimonio netto, tranne che l’importo liquidato ecceda il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, valutato alla data di riacquisto. Ogni eccedenza del genere deve essere rilevata come un costo;

c)

se una entità assegna nuovi strumenti rappresentativi di capitale al dipendente e, alla data di assegnazione di tali nuovi strumenti, l’entità li identifica come strumenti sostitutivi di quelli annullati, l’entità deve contabilizzare l’assegnazione degli strumenti sostitutivi allo stesso modo di una modifica dell’assegnazione originaria di strumenti rappresentativi di capitale, in conformità del paragrafo 27 e alla guida operativa riportata all’Appendice B. Il fair value (valore equo) incrementale assegnato è dato dalla differenza tra il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale sostitutivi e il fair value (valore equo) netto degli strumenti annullati, misurato alla data di assegnazione degli strumenti rappresentativi di capitale sostitutivi. Il fair value (valore equo) netto degli strumenti rappresentativi di capitale annullati è pari al fair value (valore equo) stimato immediatamente prima dell’annullamento, al netto di qualsiasi pagamento effettuato al dipendente all’atto dell’annullamento degli strumenti rappresentativi di capitale, contabilizzato come riduzione del patrimonio netto secondo il punto b) di cui sopra. Se l’entità non identifica i nuovi strumenti rappresentativi di capitale assegnati come strumenti sostitutivi di quelli annullati, l’entità deve contabilizzare i nuovi strumenti come una nuova assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale.

29.

Se una entità riacquista strumenti rappresentativi di capitale maturati, il pagamento effettuato al dipendente deve essere contabilizzato come una riduzione del patrimonio netto, tranne che l’importo liquidato ecceda il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale riacquistati, valutato alla data di riacquisto. Ogni eccedenza del genere deve essere rilevata come un costo.

OPERAZIONI CON PAGAMENTO BASATO SU AZIONI REGOLATE PER CASSA

30.

Per quanto riguarda le operazioni con pagamento basato su azioni regolate per cassa, l’entità deve misurare i beni o servizi acquisiti e le passività assunte al fair value (valore equo) della passività. Fino a quando la passività non viene estinta, l’entità deve ricalcolare il fair value (valore equo) a ciascuna data di chiusura di bilancio e alla data di regolamento, con tutte le variazioni di fair value (valore equo) rilevate a conto economico.

31.

Per esempio, una entità può assegnare diritti di rivalutazione delle azioni ai dipendenti come parte del loro pacchetto retributivo, per cui i dipendenti avranno diritto ad un futuro pagamento in contanti (piuttosto che ad uno strumento rappresentativo di capitale), in base all’aumento del prezzo delle azioni dell’entità rispetto ad un certo livello, in un determinato periodo. Oppure una entità può assegnare ai propri dipendenti il diritto di ricevere un futuro pagamento in contanti, assegnando loro il diritto di ottenere azioni (comprese le azioni emesse all’atto dell’esercizio delle opzioni su azioni) che sono redimibili, sia obbligatoriamente (per esempio, al momento della cessazione del rapporto di lavoro), sia a scelta del dipendente.

32.

L’entità deve rilevare i servizi ricevuti, e la passività assunta a fronte di tali servizi, a mano a mano che i dipendenti prestano il proprio servizio. Per esempio, alcuni diritti di rivalutazione delle azioni maturano immediatamente, per cui i dipendenti debbono completare un determinato periodo di servizio prima di acquisire il diritto alla liquidazione in contanti. In assenza di evidenza contraria, l’entità deve presumere che i servizi resi dai dipendenti come corrispettivo dei diritti di rivalutazione delle azioni siano stati ricevuti. Per cui, l’entità deve rilevare immediatamente i servizi ricevuti e la relativa passività da liquidare. Se i diritti di rivalutazione delle azioni non maturano fino a quando i dipendenti non hanno completato un determinato periodo di permanenza in servizio, l’entità deve rilevare i servizi ricevuti, e la relativa passività da liquidare durante il periodo in cui i dipendenti prestano servizio.

33.

La passività deve essere misurata, inizialmente e ad ogni data di chiusura di bilancio fino alla sua estinzione, al fair value (valore equo) dei diritti di rivalutazione delle azioni, applicando un modello per la misurazione del prezzo dell’opzione, e considerando i termini e le condizioni in base ai quali sono stati assegnati i diritti di rivalutazione delle azioni, e la misura in cui i dipendenti hanno prestato servizio fino a quella data.

OPERAZIONI CON PAGAMENTO BASATO SU AZIONI REGOLATE CON DISPONIBILITÀ LIQUIDE ALTERNATIVE

34.

Nel caso di operazioni con pagamento basato su azioni i cui termini contrattuali prevedono la facoltà, dell’entità o della controparte, di scegliere tra un regolamento per cassa (o con altre attività) e l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, l’entità deve rilevare tale operazione, o le componenti di tale operazione, come un’operazione con pagamento basato su azioni con regolamento per cassa se, e nella misura in cui, l’entità abbia assunto una passività da liquidare per cassa o con altre attività, oppure come un’operazione con pagamento basato su azioni regolata con strumenti rappresentativi di capitale se, e nella misura in cui, l’entità non abbia assunto una tale passività.

Operazioni con pagamento basato su azioni le cui condizioni prevedono la facoltà di scelta di regolamento a favore della controparte

35.

Se una entità ha assegnato alla controparte il diritto di scegliere se una operazione con pagamento basato su azioni deve essere regolata per cassa (4) oppure attraverso l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, l’entità ha assegnato uno strumento finanziario composto, comprensivo di una componente di debito (ossia, il diritto della controparte a richiedere il pagamento per cassa) e di una componente rappresentativa di capitale (ossia il diritto della controparte a richiedere la liquidazione in strumenti rappresentativi di capitale piuttosto che per cassa). Nelle operazioni con terzi non dipendenti, nelle quali il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti viene misurato in maniera diretta, l’entità deve calcolare la componente rappresentativa di capitale dello strumento finanziario composto come differenza tra il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti e il fair value (valore equo) della componente di debito, alla data in cui i beni o servizi sono stati ricevuti.

36.

Per tutte le altre operazioni, incluse quelle con i dipendenti, l’entità deve calcolare il fair value (valore equo) dello strumento finanziario composto alla data di misurazione, considerando i termini e le condizioni in base ai quali sono stati assegnati i diritti al pagamento per cassa o attraverso l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale.

37.

Per applicare le disposizioni del paragrafo 36, l’entità deve prima calcolare il fair value (valore equo) della componente di debito e poi calcolare il fair value (valore equo) della componente di capitale, considerando che la controparte deve rinunciare al diritto di ricevere un pagamento per cassa per ricevere lo strumento rappresentativo di capitale. Il fair value (valore equo) dello strumento finanziario composto è la somma dei fair value (valori equi) delle due componenti. Tuttavia, le operazioni con pagamento basato su azioni in cui la controparte ha la facoltà di scelta sono spesso strutturate in modo tale che il fair value (valore equo) di una alternativa equivale al fair value (valore equo) dell’altra. Per esempio, la controparte può scegliere di ricevere opzioni su azioni o diritti di rivalutazione delle azioni regolati per cassa. In tali casi, il fair value (valore equo) della componente di capitale è pari a zero, per cui il fair value (valore equo) dello strumento finanziario composto è uguale al fair value (valore equo) della componente di debito. Viceversa se i fair value (valori equi) delle alternative di regolamento differiscono, il fair value (valore equo) della componente di capitale è solitamente maggiore di zero; in tal caso il fair value (valore equo) dello strumento finanziario composto sarà maggiore del fair value (valore equo) della componente di debito.

38.

L’entità deve contabilizzare separatamente i beni o servizi ricevuti o acquisiti rispetto a ciascuna componente dello strumento finanziario composto. Per la componente di debito, l’entità deve rilevare i beni o servizi acquisiti, e la passività da regolare per quei beni o servizi, a mano a mano che la controparte fornisce i beni o presta il servizio, in conformità alle disposizioni che si applicano alle operazioni con pagamento basato su azioni regolate per cassa (paragrafi da 30 a 33). Per quanto riguarda la componente di capitale (se esiste), l’entità deve rilevare i beni o servizi acquisiti, e l’incremento del patrimonio netto, a mano a mano che la controparte fornisce i beni o presta il servizio, in conformità alle disposizioni che si applicano alle operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale (paragrafi da 10 a 29).

39.

Alla data di regolamento, l’entità deve rimisurare la passività al suo fair value (valore equo). Se l’entità emette strumenti rappresentativi di capitale anziché regolare l’operazione per cassa, la passività deve essere trasferita direttamente al patrimonio netto, come corrispettivo per gli strumenti rappresentativi di capitale emessi.

40.

Se l’entità regola l’operazione per cassa anziché con l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, quel pagamento dovrà applicarsi a totale estinzione della passività. Qualsiasi componente di capitale precedentemente rilevata rimarrà nel patrimonio netto. Scegliendo di ricevere contanti all’atto del regolamento, la controparte rinuncia al diritto di ricevere strumenti rappresentativi di capitale. Tuttavia, questa disposizione non preclude che l’entità rilevi un trasferimento all’interno del patrimonio netto, ad esempio, un trasferimento da una componente del patrimonio netto ad un’altra.

Operazioni con pagamento basato su azioni le cui condizioni prevedono la facoltà di scelta di regolamento a favore dell’entità

41.

Nel caso di una operazione con pagamento basato su azioni in cui i termini dell’accordo prevedono la facoltà dell’entità di scegliere se regolare l’operazione per cassa o mediante l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, l’entità deve determinare se ha già assunto una obbligazione da estinguere per cassa e contabilizzare conseguentemente l’operazione con pagamento basato su azioni. L’entità ha una obbligazione attuale da estinguere per cassa se la scelta di regolamento in strumenti rappresentativi di capitale non ha sostanza commerciale (per esempio, in quanto all’entità è legalmente vietata l’emissione di azioni), o se l’entità ha una prassi consolidata o una politica dichiarata di regolamento per cassa, o se è solita regolare per cassa ogni volta che la controparte richiede il regolamento per cassa.

42.

Se l’entità ha una obbligazione attuale da regolare per cassa, essa deve rilevare l’operazione in conformità con le disposizioni che si applicano alle operazioni con pagamento basato su azioni regolate per cassa di cui ai paragrafi da 30 a 33.

43.

In assenza di una tale obbligazione, l’entità deve rilevare l’operazione in conformità con le disposizioni che si applicano alle operazioni con pagamento basato su azioni regolate in strumenti rappresentativi di capitale di cui ai paragrafi da 10 a 29. All’atto del regolamento:

a)

se l’entità opta per il regolamento per cassa, il pagamento deve essere rilevato come un riacquisto di strumenti rappresentativi di capitale, ossia come una riduzione del patrimonio netto, a eccezione di quanto evidenziato al punto c) che segue;

b)

se l’entità opta per il regolamento mediante emissioni di strumenti rappresentativi di capitale, non sono necessarie altre scritture contabili (tranne che una riclassifica tra le diverse componenti del patrimonio netto, se necessaria), a eccezione di quanto evidenziato al punto c) che segue;

c)

se l’entità opta per l’alternativa di regolamento con il maggior fair value (valore equo), l’entità deve rilevare un costo aggiuntivo per il valore in eccesso dato, ossia la differenza tra il pagamento per cassa e il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale che sarebbero stati altrimenti emessi, ovvero la differenza tra il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale emessi e l’importo per cassa che sarebbe stato altrimenti pagato, a seconda del caso applicabile.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

44.

Una entità deve fornire una informativa tale da consentire agli utilizzatori del bilancio di comprendere la natura e la misura degli accordi di pagamento basato su azioni in essere nell’esercizio di riferimento.

45.

Per dare efficacia al principio di cui al paragrafo 44, l’entità deve almeno fornire le seguenti informazioni:

a)

una descrizione per ciascun tipo di accordo di pagamento basato su azioni che sia esistito in qualunque momento durante il periodo di riferimento, con evidenza dei termini generali e delle condizioni di ciascun accordo, come le condizioni di maturazione, il termine massimo delle opzioni assegnate e il metodo di regolamento adottato (per esempio, se per cassa o in strumenti rappresentativi di capitale). Una entità con tipologie di accordi di pagamento basato su azioni sostanzialmente similari può aggregare le informazioni, a meno che non sia necessario riportare le informazioni relative a ciascun accordo separatamente, per rispettare il principio di cui al paragrafo 44;

b)

il numero e i prezzi medi ponderati d’esercizio delle opzioni su azioni per ciascuno dei seguenti gruppi di opzioni:

i)

in circolazione all’inizio dell’esercizio;

ii)

assegnate nell’esercizio;

iii)

annullate nell’esercizio;

iv)

esercitate nell’esercizio;

v)

scadute nell’esercizio;

vi)

in circolazione a fine esercizio; e

vii)

esercitabili a fine esercizio;

c)

per le opzioni su azioni esercitate durante l’esercizio, il prezzo medio ponderato delle azioni alla data di esercizio. Se le opzioni sono state esercitate con regolarità durante l’esercizio, l’entità può invece indicare il prezzo medio ponderato delle azioni durante l’esercizio;

d)

per quanto riguarda le opzioni su azioni in essere a fine esercizio, l’intervallo dei valori dei prezzi d’esercizio e la media ponderata della residua vita contrattuale delle opzioni. Se l’intervallo dei valori dei prezzi d’esercizio è ampio, le opzioni in circolazione devono essere suddivise in fasce che siano significative per poter valutare la quantità e la tempistica di eventuali ulteriori emissioni di azioni e la somma che può essere incassata all’atto dell’esercizio di quelle opzioni.

46.

Una entità deve fornire una informativa tale da consentire agli utilizzatori del bilancio di comprendere le modalità di valutazione del fair value (valore equo) dei beni e servizi ricevuti ovvero degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, durante l’esercizio.

47.

Se l’entità ha misurato il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale della entità indirettamente, facendo riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, in applicazione del principio di cui al paragrafo 46, l’entità deve fornire almeno le seguenti informazioni:

a)

nel caso di opzioni su azioni assegnate durante l’esercizio, il fair value (valore equo) medio ponderato di quelle opzioni alla data di valutazione e le informazioni su come è stato misurato, incluse le seguenti:

i)

il modello utilizzato per la determinazione del prezzo delle opzioni e i dati utilizzati nel modello, inclusi il prezzo medio ponderato delle azioni, il prezzo di esercizio, la volatilità attesa, la durata dell’opzione, i dividendi attesi, il tasso di interesse senza rischio e qualsiasi altro dato immesso nel modello, tra cui l’indicazione del metodo utilizzato e delle ipotesi formulate per incorporare gli effetti di un atteso esercizio anticipato;

ii)

la modalità di determinazione della volatilità attesa, compresa una spiegazione della misura in cui la stima della volatilità attesa si sia basata sulla volatilità storica; e

iii)

se e con quale modalità qualsiasi altra caratteristica dell’assegnazione di opzioni è stata incorporata nella misurazione del fair value (valore equo), come nel caso di una condizione di mercato.

b)

nel caso di altri strumenti rappresentativi di capitale assegnati durante l’esercizio (ossia, diversi dalle opzioni su azioni), il numero e il fair value (valore equo) medio ponderato di quegli strumenti rappresentativi di capitale alla data di misurazione e l’informativa su come è stato calcolato, incluse le seguenti:

i)

se il fair value (valore equo) non è stato misurato in base a un prezzo di mercato disponibile, come esso è stato valutato;

ii)

se e con quale modalità i dividendi attesi sono stati incorporati nella valutazione del fair value (valore equo); e

iii)

se e con quale modalità qualsiasi altra caratteristica degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati è stata incorporata nella determinazione del fair value (valore equo).

c)

in caso di accordi di pagamento basato su azioni che siano stati modificati durante l’esercizio:

i)

una spiegazione di tali modifiche;

ii)

il fair value (valore equo) incrementale assegnato (come conseguenza di dette modifiche); e

iii)

l’informativa sulle modalità di misurazione del fair value (valore equo) incrementale assegnato, uniformemente con le disposizioni esposte ai punti a) e b) di cui sopra, se applicabili.

48.

Se l’entità ha misurato direttamente il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti nell’esercizio, l’entità deve fornire un’informativa sulle modalità di determinazione del fair value (valore equo), per esempio specificando se è stato misurato in base a un prezzo di mercato per quei beni o servizi.

49.

Se l’entità ha respinto la presunzione di cui al paragrafo 13, deve informare di tale fatto e fornire la motivazione per cui la presunzione è stata respinta.

50.

Una entità deve fornire un’informativa tale da consentire agli utilizzatori del bilancio di comprendere l’effetto delle operazioni con pagamento basato su azioni sul risultato economico e sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’entità.

51.

Per dare efficacia al principio di cui al paragrafo 50, l’entità deve almeno fornire le seguenti informazioni:

a)

il costo totale rilevato nell’esercizio derivante da operazioni con pagamento basato su azioni in cui i beni o servizi ricevuti non possedevano i requisiti per essere rilevati come attività, e che quindi sono stati rilevati immediatamente come costi, indicando separatamente la quota parte del costo totale derivante da operazioni contabilizzate come operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale;

b)

per quanto concerne le passività derivanti da operazioni con pagamento basato su azioni:

i)

il valore contabile totale di fine esercizio; e

ii)

il valore intrinseco totale di fine esercizio delle passività per le quali il diritto della controparte a ricevere denaro o altre attività sia maturato entro la fine dell’esercizio (per esempio, i diritti di rivalutazione delle azioni maturati).

52.

Se l’informativa richiesta dal presente IFRS non soddisfa i principi di cui ai paragrafi 44, 46 e 50, l’entità deve fornire tutte le ulteriori informazioni necessarie per soddisfarli.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

53.

Nel caso di operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale, l’entità deve applicare il presente IFRS alle assegnazioni di azioni, di opzioni su azioni o agli altri strumenti rappresentativi di capitale assegnati dopo il 7 novembre 2002 e non ancora maturati alla data di entrata in vigore del presente IFRS.

54.

L’entità è incoraggiata, ma non obbligata, ad applicare il presente IFRS ad altre assegnazioni di strumenti rappresentativi di capitale se ha indicato pubblicamente il fair value (valore equo) di tali strumenti rappresentativi di capitale, determinato alla data di misurazione.

55.

L’entità deve rideterminare i valori dell’informativa comparativa e, dove possibile, deve rettificare il saldo di apertura degli utili portati a nuovo del primo esercizio presentato per tutte le assegnazioni di strumenti rappresentativi di capitale alle quali è stato applicato il presente IFRS.

56.

L’entità deve comunque fornire tutte le informazioni richieste nei paragrafi 44 e 45 per tutte le assegnazioni di strumenti rappresentativi di capitale alle quali non sia stato applicato il presente IFRS (per esempio, gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati il 7 novembre 2002 o in data precedente).

57.

L’entità deve comunque applicare i paragrafi da 26 a 29 per rilevare le seguenti modifiche se, successivamente all’entrata in vigore del presente IFRS, una entità modifica i termini o le condizioni di una assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale alla quale non sia stato applicato il presente IFRS.

58.

L’entità deve applicare retroattivamente il presente IFRS per tutte le passività generate da operazioni con pagamento basato su azioni esistenti alla data di entrata in vigore del presente IFRS. Per tali passività, l’entità deve rideterminare i valori dell’informativa comparativa, inclusa la rettifica del saldo di apertura degli utili portati a nuovo nel primo esercizio presentato in cui siano stati rideterminati i valori dell’informativa comparativa, fatta eccezione per l’informativa comparativa riferita a un esercizio o a una data precedenti il 7 novembre 2002.

59.

L’entità è incoraggiata, ma non obbligata, ad applicare il presente IFRS retroattivamente alle altre passività generate da operazioni con pagamento basato su azioni, per esempio, alle passività estinte in un esercizio per il quale è stata presentata informativa comparativa.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

60.

L’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente IFRS per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.


(1)  Il titolo dello IAS 32 è stato modificato nel 2005.

(2)  Il presente IFRS utilizza l’espressione «facendo riferimento a» piuttosto che «a», in quanto l’operazione, in ultima analisi, viene valutata moltiplicando il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, calcolato alla data specificata nel paragrafo 11 o nel paragrafo 13 (a seconda di quale sia applicabile), per il numero di strumenti rappresentativi di capitale che maturano, come spiegato nel paragrafo 19.

(3)  Nel prosieguo del presente IRFS, ogni riferimento ai dipendenti riguarda anche terzi che forniscono servizi similari.

(4)  Nei paragrafi da 35 a 43, ogni riferimento alla voce cassa riguarda anche le altre attività della entità.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Operazione con pagamento basato su azioni regolata per cassa

Una operazione con pagamento basato su azioni in cui l’entità acquisisce beni o servizi sostenendo una passività nel trasferire cassa o altre attività al fornitore di tali beni o servizi per importi basati sul prezzo (o valore) delle azioni dell’entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale dell’entità stessa.

Dipendenti e altri fornitori di servizi similari

Persone fisiche che prestano i propri servizi personali all’entità e che a) sono considerate come dipendenti a tutti gli effetti ai fini giuridici e fiscali, o b) collaborano per l’entità sotto la sua direzione allo stesso modo delle persone fisiche considerate lavoratori dipendenti ai fini giuridici e fiscali, oppure c) i servizi prestati sono a tutti gli effetti similari a quelli resi dai lavoratori dipendenti. Per esempio, la definizione comprende tutto il personale dirigente, ossia quelle persone che detengono autorità e responsabilità di pianificazione, direzione e controllo delle attività della entità, inclusi gli amministratori non esecutivi.

Strumento rappresentativo di capitale

Un contratto che rappresenti una quota ideale di partecipazione residua nell’attività dell’entità dopo aver estinto tutte le sue passività. (1)

Strumento rappresentativo di capitale assegnato

Il diritto (condizionato o non condizionato) a uno strumento rappresentativo di capitale della entità, conferito dalla entità a un terzo, in base a un accordo di pagamento basato su azioni.

Operazione con pagamento basato su azioni regolata con strumenti rappresentativi di capitale

Una operazione con pagamento basato su azioni in cui l’entità riceve beni o servizi come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità (incluse le azioni o le opzioni su azioni).

Fair value (valore equo)

Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, una passività estinta o uno strumento rappresentativo di capitale potrebbe essere assegnato, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Data di assegnazione

La data in cui l’entità e un terzo (incluso un dipendente) concordano di stipulare un accordo di pagamento basato su azioni, nel momento in cui l’entità e la controparte hanno reciprocamente compreso i termini e le condizioni dell’accordo. Alla data di assegnazione l’entità conferisce alla controparte il diritto a percepire disponibilità liquide, altre attività, o strumenti rappresentativi di capitale della entità, una volta che siano soddisfatte determinate condizioni di maturazione, ove previste. Se tale accordo è soggetto a un processo di approvazione (per esempio, da parte degli azionisti), la data di assegnazione è la data in cui tale approvazione è ottenuta.

Valore intrinseco

La differenza tra il fair value (valore equo) delle azioni per le quali la controparte possiede il diritto (condizionato o incondizionato) di sottoscriverle o per le quali possiede il diritto di riceverle, e il prezzo (se disponibile) che la controparte deve (o dovrà) pagare per quelle azioni. Per esempio, un’opzione su azioni con un prezzo di esercizio di CU 15, (2) relativa a un’azione con un fair value (valore equo) di CU 20, ha un valore intrinseco di CU 5.

Condizione di mercato

Condizione da cui dipende il prezzo di esercizio, la maturazione o la possibilità di esercitare uno strumento rappresentativo di capitale, relativa al prezzo di mercato degli strumenti rappresentativi di capitale della entità, come il raggiungimento di un determinato prezzo dell’azione o un determinato ammontare del valore intrinseco di una opzione su azioni, o il conseguimento di un determinato obiettivo di prezzo basato sul prezzo di mercato degli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità rispetto a un indice dei prezzi di mercato di strumenti rappresentativi di capitale di altre entità.

Data di misurazione

La data in cui il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati viene misurato ai fini del presente IFRS. Nelle operazioni con dipendenti e altri fornitori di servizi similari, la data di misurazione coincide con la data di assegnazione. Nelle operazioni con terzi non dipendenti (e con altri che offrono servizi similari), la data di misurazione corrisponde alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta il servizio.

Elemento di ricarico

Un elemento che assicura un’assegnazione automatica di opzioni su azioni ogni volta che il titolare dell’opzione esercita opzioni assegnate in precedenza utilizzando le azioni della entità, piuttosto che il denaro, per regolare il prezzo di esercizio.

Opzione di ricarico

Una nuova opzione su azioni assegnata nel momento in cui una azione viene utilizzata per regolare il prezzo di esercizio di una opzione su azioni precedente.

Accordo di pagamento basato su azioni

Un accordo tra l’entità e un terzo (anche un dipendente) per stipulare una operazione con pagamento basato su azioni, che dà diritto al terzo di ricevere disponibilità liquide o altre attività della entità per un importo pari al prezzo delle azioni della entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale della entità, oppure di ricevere strumenti rappresentativi di capitale della entità, una volta che siano soddisfatte determinate condizioni di maturazione, ove previste.

Operazione con pagamento basato su azioni

Una operazione in cui l’entità riceve beni o servizi come corrispettivo di strumenti rappresentativi di capitale della entità (incluse le azioni o le opzioni su azioni), oppure acquisisce beni o servizi sostenendo delle passività nei confronti del fornitore di tali beni o servizi per importi basati sul prezzo delle azioni della entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale della entità stessa.

Opzione su azioni

Un contratto che offre al titolare il diritto, ma non l’obbligo, di sottoscrivere le azioni della entità ad un prezzo determinato o determinabile per un periodo di tempo specificato.

Maturare

Acquisire la titolarità di un diritto. In un accordo di pagamento basato su azioni, il diritto di una controparte a ricevere disponibilità liquide, altre attività, o strumenti rappresentativi di capitale della entità matura dopo che siano state soddisfatte determinate condizioni di maturazione.

Condizioni di maturazione

Le condizioni che devono essere soddisfatte affinché la controparte acquisisca un diritto a ricevere disponibilità liquide, altre attività o strumenti rappresentativi di capitale, in base a un accordo di pagamento basato su azioni. Le condizioni di maturazione comprendono le condizioni di servizio, in base alle quali un terzo deve completare un determinato periodo di servizio, e le condizioni di risultato, per cui è necessario raggiungere determinati obiettivi (come un certo aumento degli utili della entità in un determinato periodo di tempo).

Periodo di maturazione

Il periodo in cui devono essere soddisfatte tutte le condizioni di maturazione specificate in un accordo di pagamento basato su azioni.


(1)  Il Quadro sistematico definisce una passività come una obbligazione attuale dell’impresa derivante da eventi passati, la cui estinzione ci si attende risulti in una uscita dall’impresa di risorse che incorporano benefici economici (per esempio una uscita di cassa o di altre attività della entità).

(2)  Nella presente appendice, gli importi monetari sono denominati in ‘unità di monetà (CU).

Appendice B

Guida operativa

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Stima del fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati

B1

I paragrafi da B2 a B41 della presente appendice trattano della misurazione del fair value (valore equo) delle azioni e delle opzioni su azioni assegnate, focalizzandosi sui termini e sulle condizioni specifiche che sono caratteristiche comuni di una assegnazione di azioni o di opzioni su azioni a dipendenti. Pertanto, la trattazione non è esaustiva. Inoltre, poiché i problemi relativi alla valutazione di seguito trattati riguardano prevalentemente le azioni e le opzioni su azioni assegnate ai dipendenti, si presume che il fair value (valore equo) delle azioni e delle opzioni su azioni venga calcolato alla data di assegnazione. Tuttavia, gran parte delle problematiche relative alla valutazione (per esempio, la determinazione della volatilità attesa), trattati di seguito, si applicano anche alla stima del fair value (valore equo) delle azioni o delle opzioni su azioni assegnate a terzi non dipendenti alla data in cui l’entità ottiene i beni ovvero in cui la controparte presta il servizio.

Azioni

B2

Nel caso di azioni assegnate ai dipendenti, il fair value (valore equo) delle azioni deve essere misurato al prezzo di mercato delle azioni della entità (oppure a un prezzo di mercato stimato, se le azioni della entità non sono quotate in un mercato regolamentato), rettificate per tener conto dei termini e delle condizioni in base ai quali sono state assegnate le azioni [a eccezione delle condizioni di maturazione escluse dalla misurazione del fair value (valore equo) in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 21].

B3

Per esempio, se il dipendente non ha titolo a ricevere dividendi durante il periodo di maturazione, tale circostanza deve essere considerata nella stima del fair value (valore equo) delle azioni assegnate. Analogamente, se le azioni sono soggette a vincoli di trasferimento dopo la data di maturazione, tale circostanza deve essere considerata, ma solo nella misura in cui tali vincoli, successivamente alla maturazione, incidono sul prezzo che un operatore di mercato consapevole e disponibile sarebbe disposto a pagare per quella azione. Per esempio, se le azioni sono attivamente negoziate in un mercato ampio e liquido, i vincoli al trasferimento successivo alla maturazione possono avere un effetto nullo o comunque esiguo sul prezzo che un operatore di mercato consapevole e disponibile sarebbe disposto a pagare per quelle azioni. I vincoli al trasferimento o altre restrizioni in essere nel periodo di maturazione non devono essere considerate nella stima del fair value (valore equo) delle azioni assegnate alla data di assegnazione, in quanto tali restrizioni derivano dall’esistenza di condizioni di maturazione, contabilizzate in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 21.

Opzioni su azioni

B4

In molti casi i prezzi di mercato per le opzioni su azioni assegnate a dipendenti non sono disponibili, in quanto le opzioni assegnate sono soggette a termini e a condizioni non applicabili alle opzioni negoziate. Se non esistono opzioni negoziate con termini e condizioni similari, il fair value (valore equo) delle opzioni assegnate deve essere stimato applicando un modello di valutazione delle opzioni.

B5

L’entità deve tener conto dei fattori che operatori di mercato consapevoli e disponibili considererebbero nella selezione del modello di misurazione delle opzioni da applicare. Per esempio, molte opzioni di dipendenti sono a lunga scadenza, sono di solito esercitabili nel periodo tra la data di maturazione e la scadenza naturale dell’opzione e sono spesso esercitate anticipatamente. Tali fattori devono essere considerati nella valutazione del fair value (valore equo) delle opzioni alla data di assegnazione. Per molte entità, ciò comporta l’impossibilità di adottare la formula di Black-Scholes-Merton, che non offre la possibilità di esercitare l’opzione prima della scadenza e può non riflettere adeguatamente gli effetti dell’esercizio anticipato atteso. Inoltre, non prevede neanche la possibilità che la volatilità attesa e gli altri dati inseriti nel modello possano variare nell’arco della vita dell’opzione. Tuttavia, i fattori identificati in precedenza potrebbero non essere applicabili a opzioni su azioni con scadenza contrattuale relativamente breve, o che debbono essere esercitate entro un breve lasso di tempo dopo la data di maturazione. In tali casi, la formula di Black-Scholes-Merton genera un valore sostanzialmente identico a quello prodotto da un modello di misurazione delle opzioni più flessibile.

B6

Tutti i modelli di misurazione delle opzioni prendono in considerazione almeno i seguenti fattori:

a)

il prezzo di esercizio dell’opzione;

b)

la vita dell’opzione;

c)

il prezzo corrente delle azioni sottostanti;

d)

la volatilità attesa del prezzo dell’azione;

e)

i dividendi attesi dalle azioni (ove applicabile); e

f)

il tasso di interesse senza rischio per la durata dell’opzione.

B7

Devono anche essere considerati gli altri fattori che operatori di mercato consapevoli e disponibili prenderebbero in considerazione nel determinare il prezzo [a eccezione delle condizioni di maturazione e degli elementi di ricarico che sono esclusi dalla misurazione del fair value (valore equo) in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 22].

B8

Per esempio, un’opzione su azioni assegnata a un dipendente non può di solito essere esercitata in determinati periodi (per esempio, nel periodo di maturazione oppure nei periodi specificati dagli organi di regolamentazione). Tale circostanza deve essere considerata laddove il modello di misurazione delle opzioni adottato avrebbe altrimenti ipotizzato la possibilità che l’opzione potrebbe essere esercitata in un qualsiasi momento prima della scadenza. Tuttavia, se una entità utilizza un modello di misurazione delle opzioni che valuta opzioni esercitabili soltanto alla scadenza, non è necessaria alcuna modifica a seguito dell’impossibilità di esercitarle nel periodo di maturazione (o in altri periodi nel corso della vita dell’opzione), in quanto il modello già ipotizza che le opzioni non possano essere esercitate in tali periodi.

B9

Analogamente, un altro fattore comune alle opzioni su azioni a dipendenti è dato dalla possibilità di esercizio anticipato dell’opzione perché, per esempio, l’opzione non può essere trasferita liberamente oppure perché il dipendente deve esercitare tutte le opzioni maturate al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Gli effetti di un esercizio anticipato atteso devono essere presi in considerazione, come esposto nei paragrafi da B16 a B21.

B10

Nella valutazione del fair value (valore equo) delle opzioni su azioni (o di altri strumenti rappresentativi di capitale) assegnate, non devono essere considerati quei fattori di cui un operatore di mercato consapevole e disponibile non terrebbe conto nella determinazione del prezzo di una opzione su azioni (o di altri strumenti rappresentativi di capitale). Ad esempio, nel caso di opzioni su azioni assegnate a dipendenti, i fattori che incidono sul valore dell’opzione dal solo punto di vista del singolo dipendente non sono significativi nella stima del prezzo che un operatore di mercato consapevole e disponibile avrebbe applicato.

Dati di base dei modelli di misurazione delle opzioni

B11

Nella stima della volatilità attesa e dei dividendi delle azioni sottostanti, l’obiettivo è quello di approssimare le aspettative che sarebbero riflesse in un prezzo di scambio corrente, di mercato o negoziato, dell’opzione. Analogamente, nello stimare gli effetti di un esercizio anticipato delle opzioni su azioni del dipendente, l’obiettivo è quello di approssimare le aspettative che un terzo esterno, con accesso a informazioni dettagliate sui comportamenti nell’esercizio delle opzioni da parte dei dipendenti, svilupperebbe in base alle informazioni disponibili alla data di assegnazione.

B12

È spesso probabile che si crei una gamma di ragionevoli aspettative in merito all’evoluzione futura di volatilità, dividendi e comportamenti nell’esercizio delle opzioni. In tal caso è necessario calcolare un valore atteso, pesando ciascun importo all’interno dell’intervallo di valori con la relativa probabilità di accadimento.

B13

Le aspettative sul futuro sono in genere basate sull’esperienza e vengono modificate se esistono delle attese ragionevoli che il futuro differisca dal passato. In alcune circostanze, esistono dei fattori identificabili che possono indicare che l’esperienza passata, non modificata, è relativamente inadeguata a fornire indicazioni sulle tendenze future. Per esempio, se una entità con due linee di prodotto chiaramente distinte dismette quella significativamente meno rischiosa, la volatilità storica può non essere la migliore informazione su cui basarsi per delle aspettative ragionevoli sul futuro.

B14

In altre circostanze, invece, possono non essere disponibili informazioni sulla volatilità storica. Per esempio, una entità recentemente quotata in una borsa valori non disporrà di alcun dato, o soltanto di pochi dati storici sulla volatilità del prezzo della propria azione. Le entità non quotate o quotate di recente vengono trattate in seguito.

B15

In conclusione, una entità non deve basare le stime della volatilità, del comportamento nell’esercizio delle opzioni e dei dividendi soltanto sulle informazioni storiche senza considerare la misura in cui l’esperienza passata possa ragionevolmente essere indicativa delle tendenze future.

Esercizio anticipato atteso

B16

I dipendenti spesso esercitano le opzioni su azioni anticipatamente, per una serie di motivi. Per esempio, le opzioni su azioni dei dipendenti sono tipicamente non trasferibili. Ciò causa che spesso i dipendenti esercitino anticipatamente le proprie opzioni su azioni, in quanto questo è l’unico modo con il quale i dipendenti possono liquidare la propria posizione. Inoltre, ai dipendenti che cessano il proprio rapporto di lavoro è solitamente richiesto di esercitare, entro un breve periodo di tempo, qualsiasi opzione maturata, altrimenti le opzioni su azioni sono annullate. Anche tale circostanza determina l’esercizio anticipato delle opzioni su azioni dei dipendenti. Altri fattori che provocano l’esercizio anticipato delle opzioni sono l’avversione al rischio e la mancata diversificazione del proprio patrimonio.

B17

Il mezzo utilizzato per tener conto degli effetti dell’esercizio anticipato atteso dipende dal tipo di modello per la misurazione delle opzioni adottato. Per esempio, l’esercizio anticipato atteso potrebbe essere considerato utilizzando una stima della durata attesa dell’opzione (che, per un’opzione su azioni di un dipendente, è il periodo di tempo dalla data di assegnazione fino alla data attesa di esercizio dell’opzione) come dato di base da inserire in un modello di misurazione delle opzioni (per esempio la formula di Black-Scholes-Merton). In alternativa, l’esercizio anticipato atteso potrebbe essere calcolato utilizzando il modello degli alberi binomiali o altro modello similare per la misurazione delle opzioni, che considera tra i dati di base anche la durata contrattuale dell’opzione.

B18

I fattori da considerare nello stimare l’esercizio anticipato includono:

a)

la durata del periodo di maturazione, in quanto l’opzione su azioni non può essere normalmente esercitata fino alla fine del periodo di maturazione. Per cui, la determinazione delle implicazioni sulla valutazione dell’esercizio anticipato atteso dell’opzione è basata sull’ipotesi che le opzioni matureranno. Le implicazioni sulle condizioni di maturazione sono trattate nei paragrafi da 19 a 21;

b)

il tempo medio in cui opzioni similari sono rimaste in circolazione in passato;

c)

il prezzo delle azioni sottostanti. L’esperienza può indicare che i dipendenti tendono ad esercitare le opzioni quando il prezzo delle azioni raggiunge un determinato livello al di sopra del prezzo d’esercizio;

d)

il livello del dipendente all’interno dell’organizzazione. Per esempio, l’esperienza può indicare che i dipendenti ad un livello superiore tendono ad esercitare le opzioni più tardi dei dipendenti di livello inferiore (argomento trattato in seguito al paragrafo 21);

e)

la volatilità attesa delle azioni sottostanti. In media, i dipendenti potrebbero tendere ad esercitare le opzioni su azioni ad alta volatilità prima delle opzioni su azioni con volatilità più bassa.

B19

Come evidenziato al paragrafo B17, gli effetti di un esercizio anticipato possono essere considerati utilizzando una stima della vita attesa dell’opzione come dato di base del modello di misurazione delle opzioni. Nella stima della vita attesa delle opzioni su azioni assegnate a un gruppo di dipendenti, l’entità può basare tale stima sulla vita attesa media, appropriatamente ponderata, di tutto il gruppo di dipendenti, oppure di sottogruppi di dipendenti all’interno del gruppo, in base a dati più dettagliati in merito ai comportamenti dei dipendenti nell’esercizio delle opzioni (in seguito trattati).

B20

È probabile che la separazione in gruppi di un’assegnazione di opzioni, per i dipendenti con comportamenti relativamente omogenei nell’esercizio delle opzioni, abbia una certa importanza. Il valore dell’opzione non è una funzione lineare del termine dell’opzione; il valore aumenta ad un tasso decrescente quanto più lontana è la scadenza. Per esempio, a parità di ogni altra condizione, sebbene una opzione con scadenza a due anni abbia un valore maggiore di una con scadenza a un anno, tale valore non corrisponde al doppio. Ciò implica che il calcolo del valore dell’opzione stimato sulla base di una vita media ponderata unica che comprende opzioni singole con vite estremamente diverse, comporta una sovrastima del fair value (valore equo) complessivo delle opzioni su azioni assegnate. La separazione di opzioni assegnate in gruppi diversi, ciascuno dei quali con un intervallo relativamente ristretto di vite incluse nella vita media ponderata, tende a ridurre tale sovrastima.

B21

Considerazioni similari sono valide anche se si utilizza il modello degli alberi binomiali o altro modello similare. Per esempio, l’esperienza di una entità che assegna opzioni a vasto raggio a tutti i livelli di dipendenti può indicare che i dirigenti di alto livello tendono a trattenere le proprie opzioni per un periodo maggiore dei quadri intermedi e che i dipendenti ai livelli più bassi tendono a esercitare le proprie opzioni prima di qualsiasi altro gruppo. Inoltre, gli impiegati ai quali è richiesto di, o che sono incoraggiati a tenere un minimo ammontare degli strumenti rappresentativi di capitale del proprio datore di lavoro, incluse le opzioni, potrebbero mediamente esercitare le opzioni in un momento successivo rispetto ai dipendenti che non sono soggetti a tale disposizione. In tali situazioni, la separazione delle opzioni in gruppi di assegnatari di opzioni con comportamenti nell’esercizio relativamente omogenei, determinerà una stima più accurata del fair value (valore equo) complessivo delle opzioni su azioni assegnate.

Volatilità attesa

B22

La volatilità attesa è una misura delle aspettative di fluttuazione del prezzo in un determinato periodo. L’indicatore che misura la volatilità utilizzato nei modelli di misurazione delle opzioni è lo scarto quadratico medio (detto anche deviazione standard) annualizzato dei rendimenti composti nel continuo di un titolo azionario in un periodo di tempo. La volatilità è solitamente espressa in termini annualizzati che sono comparabili a prescindere dal periodo di tempo utilizzato nel calcolo; per esempio, se in base a rilevazioni giornaliere, settimanali o mensili.

B23

Il rendimento (che può essere positivo o negativo) di un’azione per un determinato periodo calcola quali sono stati i benefici di un azionista rivenienti da dividendi e dall’apprezzamento (o deprezzamento) della azione.

B24

La volatilità attesa annualizzata di una azione è la fascia di variazione all’interno della quale il rendimento annualizzato composto nel continuo dovrebbe ricadere approssimativamente per due terzi delle volte. Per esempio, se affermiamo che un titolo azionario con un rendimento atteso composto nel continuo del 12 per cento ha una volatilità del 30 per cento, ciò significa che la probabilità che il rendimento dell’azione in un anno possa variare tra il - 18 per cento (12 % - 30 %) e il 42 % (12 % + 30 %) è approssimativamente pari a due terzi. Se il prezzo dell’azione è di CU100 all’inizio dell’anno e non sono distribuiti dividendi, il prezzo atteso che l’azione potrebbe avere a fine anno dovrebbe oscillare tra CU83,53 (CU100 × e-0,18) e CU152,20 (CU100 × e0,42) per circa due terzi delle volte.

B25

Tra i fattori da considerare nella stima della volatilità attesa sono inclusi:

a)

la volatilità implicita delle opzioni su azioni negoziate sulle azioni della entità, o su altri strumenti finanziari negoziati della entità che includono delle opzioni (come le obbligazioni convertibili), ove esistenti;

b)

la volatilità storica del prezzo dell’azione nel periodo più recente che è solitamente commisurata al termine atteso dell’opzione (considerando la vita contrattuale residua dell’opzione e gli effetti dell’esercizio anticipato atteso);

c)

il lasso di tempo in cui le azioni di una entità sono state ufficialmente negoziate. Una entità quotata di recente può avere un’alta volatilità storica rispetto a entità similari quotate da più tempo. Ulteriori linee guida sulle entità quotate di recente sono commentate in seguito;

d)

la tendenza della volatilità a invertire la propria media, ossia il proprio livello medio di lungo periodo, e altri fattori indicanti che la volatilità futura attesa possa differire dalla volatilità passata. Per esempio, se il prezzo dell’azione di una entità è stato eccezionalmente volatile per un periodo di tempo individuato a causa di una offerta pubblica di acquisto mancata o di una grossa ristrutturazione, tale periodo potrebbe essere ignorato nel calcolo della volatilità storica media annua;

e)

intervalli regolari e appropriati per fissare i periodi di rilevazione del prezzo. Le rilevazioni di prezzo dovrebbero essere uniformi di periodo in periodo. Per esempio, una entità potrebbe utilizzare il prezzo di chiusura della settimana oppure il prezzo più alto raggiunto nella settimana, ma non dovrebbe utilizzare il prezzo di chiusura per alcune settimane e poi il prezzo più alto per altre settimane. Inoltre, le rilevazioni di prezzo dovrebbero essere espresse nella stessa valuta del prezzo di esercizio.

Entità recentemente quotate

B26

Come evidenziato nel paragrafo B25, una entità dovrebbe considerare la volatilità storica del prezzo dell’azione nel periodo più recente, che è generalmente commisurata al termine atteso dell’opzione. Anche se una entità recentemente quotata non dispone di informazioni sufficienti sulla volatilità storica, dovrebbe comunque calcolare la volatilità storica per il periodo più lungo per il quale sono disponibili dati sull’attività di negoziazione. Potrebbe anche considerare la volatilità storica di entità similari seguendo un periodo di negoziazione delle azioni che sia paragonabile. Per esempio, un’entità quotata soltanto da un anno, e che assegna opzioni con una vita media attesa di cinque anni, potrebbe considerare l’andamento e il livello di volatilità di entità dello stesso settore relativi ai primi sei anni in cui le azioni di tali entità sono state ufficialmente negoziate.

Entità non quotate

B27

Una entità non quotata non può disporre di informazioni storiche da considerare nella stima della volatilità attesa. Alcuni dei fattori di cui tener conto sono elencati di seguito.

B28

In alcuni casi, una entità non quotata che regolarmente emette opzioni o azioni per i dipendenti (o per i terzi), potrebbe aver creato un mercato interno per i propri titoli azionari. La volatilità del prezzo di tali azioni potrebbe essere presa in considerazione nella stima della volatilità attesa.

B29

In alternativa, l’entità può considerare la volatilità storica o implicita di entità similari quotate, per le quali siano disponibili informazioni sul prezzo delle azioni o delle opzioni, da utilizzare nella stima della volatilità attesa. Ciò potrebbe essere appropriato se l’entità avesse basato il valore delle proprie azioni sui prezzi delle azioni di entità similari quotate.

B30

Se l’entità non ha basato la stima del valore delle proprie azioni sui prezzi delle azioni di entità similari, e ha invece utilizzato un altro criterio di misurazione delle azioni, l’entità potrebbe desumere una stima della volatilità attesa coerente con quella tecnica di valutazione. Per esempio, l’entità potrebbe valutare le proprie azioni in base ai valori delle attività nette o degli utili. Essa potrebbe considerare la volatilità attesa dei valori delle attività nette o degli utili.

Dividendi attesi

B31

La decisione di considerare i dividendi attesi nella valutazione del fair value (valore equo) delle azioni o delle opzioni assegnate dipende dall’esistenza di un diritto della controparte a percepire dividendi o mezzi equivalenti ai dividendi.

B32

Per esempio, se ai dipendenti fossero assegnate delle opzioni e se avessero diritto a percepire, tra la data di assegnazione e la data di esercizio, dividendi oppure mezzi equivalenti sulle azioni sottostanti (liquidabili in contanti oppure utilizzabili per ridurre il prezzo di esercizio), le opzioni assegnate dovrebbero essere valutate come se non saranno riconosciuti dividendi sulle azioni sottostanti, ossia il dato di base relativo ai dividendi attesi essere pari a zero.

B33

Analogamente, se il fair value (valore equo), alla data di assegnazione, delle azioni assegnate ai dipendenti viene stimato, non è necessaria alcuna rettifica per i dividendi attesi se il dipendente ha un diritto a percepire dividendi riconosciuti nel periodo di maturazione.

B34

Al contrario, se i dipendenti non hanno diritto a percepire dividendi o mezzi equivalenti nel periodo di maturazione (oppure prima dell’esercizio nel caso di un’opzione), la valutazione alla data di assegnazione dei diritti sulle opzioni o azioni dovrebbe tener conto dei dividendi attesi. Ciò significa che, quando viene stimato il fair value (valore equo) di una assegnazione di opzioni, i dividendi attesi dovrebbero essere inclusi nell’applicazione di un modello di misurazione delle opzioni. Quando viene stimato il fair value (valore equo) di una assegnazione di opzioni, tale valutazione dovrebbe essere ridotta per un importo pari al valore attuale dei dividendi da corrispondere nel periodo di maturazione.

B35

I modelli di misurazione delle opzioni normalmente richiedono il rendimento da dividendi atteso. Tuttavia, tali modelli possono essere modificati per includere l’importo dei dividendi attesi piuttosto che il rendimento da dividendi. Una entità può utilizzare sia il rendimento atteso, sia i pagamenti attesi. Se l’entità opta per l’utilizzo di questi ultimi, dovrebbe considerare l’andamento storico degli aumenti di dividendi. Per esempio, se la politica di una entità è generalmente stata quella di aumentare i dividendi del 3 per cento annuo, il valore stimato dell’opzione non dovrebbe includere l’ipotesi di un dividendo fisso per tutta la vita dell’opzione a meno che non vi siano evidenze a sostegno di tale ipotesi.

B36

Di solito, le ipotesi sui dividendi attesi dovrebbero essere basate sulle informazioni pubbliche disponibili. Una entità che non corrisponde dividendi, né ha intenzione di farlo, dovrebbe ipotizzare un rendimento da dividendi atteso pari a zero. Tuttavia, una entità emergente senza storia di pagamenti di dividendi potrebbe ipotizzare di iniziare a pagare dividendi durante la vita attesa delle opzioni su azioni ai dipendenti. Tali entità potrebbero utilizzare una media tra i propri rendimenti passati da dividendi (pari a zero) e il rendimento medio da dividendi di un gruppo di entità similari opportunamente paragonabili.

Tasso d’interesse senza rischio

B37

Di solito, il tasso d’interesse senza rischio corrisponde al rendimento implicito attualmente disponibile sulle emissioni governative prive di cedola (zero-coupon) del paese nella cui valuta è espresso il prezzo di esercizio, con un termine residuo pari al termine atteso dell’opzione da valutare (in base alla vita contrattuale residua dell’opzione e considerando gli effetti di un esercizio atteso anticipato). Potrebbe essere necessario utilizzare un parametro sostitutivo appropriato se non esistono emissioni governative, oppure se le circostanze indicano che il rendimento implicito delle emissioni governative senza cedola non è rappresentativo di un tasso d’interesse senza rischio (per esempio, nelle economie con un alto tasso di inflazione). Inoltre, dovrebbe essere utilizzato un parametro sostitutivo appropriato se gli operatori di mercato normalmente determinano il tasso d’interesse senza rischio utilizzando tale parametro, piuttosto che il rendimento implicito delle emissioni governative senza cedola, nella stima del fair value (valore equo) di una opzione con vita pari al termine atteso della opzione da valutare.

Effetti della struttura del capitale

B38

Solitamente sono i terzi, non l’entità, ad emettere opzioni su azioni negoziate. Nel momento in cui tali opzioni vengono esercitate, l’emittente consegna le azioni al titolare dell’opzione. Tali azioni sono acquistate dagli azionisti esistenti. Pertanto, l’esercizio delle opzioni su azioni negoziate non ha alcun effetto diluitivo.

B39

Al contrario, se le opzioni su azioni sono emesse dall’entità, nuove azioni sono emesse nel momento in cui si esercitano quelle opzioni su azioni (sia emesse effettivamente, sia emesse nella sostanza, nel caso in cui vengono utilizzate azioni precedentemente riacquistate e possedute come azioni proprie). Considerato che le azioni saranno emesse al prezzo di esercizio piuttosto che al prezzo corrente di mercato alla data di esercizio, questa diluizione effettiva o potenziale potrebbe ridurre il prezzo dell’azione, in modo che l’utile derivante al titolare dell’opzione non sia maggiore di quello riveniente dall’esercizio di altra opzione similare negoziata che non comporti una diluizione del prezzo dell’azione.

B40

Se ciò ha un effetto significativo sul valore delle opzioni su azioni assegnate dipende da vari fattori, come il numero di nuove azioni che saranno emesse al momento dell’esercizio delle opzioni rispetto al numero di azioni già emesse. Inoltre, se il mercato già si attende l’assegnazione di opzioni, esso potrebbe avere già scontato la potenziale diluizione sul prezzo dell’azione alla data di assegnazione.

B41

Tuttavia, l’entità dovrebbe considerare se il possibile effetto di diluizione derivante dall’esercizio futuro delle opzioni su azioni assegnate possa avere un impatto sul loro fair value (valore equo) stimato alla data di assegnazione. È possibile adattare i modelli di misurazione delle opzioni per tener conto di questo potenziale effetto di diluizione.

Modifiche agli accordi di pagamento basato su azioni regolati con strumenti rappresentativi di capitale

B42

Il paragrafo 27 richiede che, a prescindere da qualsiasi modifica ai termini e alle condizioni in base ai quali gli strumenti rappresentativi di capitale sono stati assegnati, oppure dall’annullamento o regolamento di quella assegnazione di strumenti rappresentativi di capitale, l’entità dovrebbe rilevare almeno i servizi ricevuti valutati al fair value (valore equo) alla data di assegnazione degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, a meno che tali strumenti rappresentativi di capitale non maturano a causa dell’assenza di una delle condizioni di maturazione (diversa da una condizione di mercato) specificate alla data di assegnazione. Inoltre, l’entità dovrebbe rilevare gli effetti delle modifiche che incrementano il fair value (valore equo) complessivo degli accordi di pagamento basato su azioni o che comunque apportano dei benefici al dipendente.

B43

Per applicare le disposizioni di cui al paragrafo 27:

a)

se la modifica incrementa il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati (ad esempio riducendo il prezzo di esercizio), calcolato immediatamente prima e dopo tale modifica, l’entità deve includere il fair value (valore equo) incrementale assegnato nel calcolo dell’importo rilevato per i servizi ricevuti come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati. Il fair value (valore incrementale) assegnato è dato dalla differenza tra il fair value (valore equo) dello strumento rappresentativo di capitale assegnato modificato e quello dello strumento rappresentativo di capitale originario, entrambi valutati alla data della modifica. Se la modifica si verifica durante il periodo di maturazione, il fair value (valore equo) incrementale assegnato va incluso nel calcolo dell’importo rilevato per i servizi resi dal personale nel periodo tra la data della modifica e la data in cui gli strumenti rappresentativi di capitale maturano, in aggiunta all’importo basato sul fair value (valore equo) alla data di assegnazione degli strumenti rappresentativi di capitale originari, rilevato nell’arco del periodo di maturazione originario residuo. Se la modifica si verifica dopo la data di maturazione, il fair value (valore equo) incrementale assegnato viene rilevato immediatamente, oppure nel periodo di maturazione se al dipendente è richiesto di completare un periodo aggiuntivo di servizio prima di avere incondizionatamente diritto a tali strumenti rappresentativi di capitale modificati;

b)

analogamente, se la modifica incrementa il numero di strumenti rappresentativi di capitale assegnati, l’entità deve includere il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, calcolato alla data della modifica, nel calcolo dell’importo rilevato per i servizi ricevuti come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, in conformità con i requisiti di cui al punto (a) sopra descritto. Per esempio, se la modifica si verifica durante il periodo di maturazione, il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale addizionali assegnati va incluso nel calcolo dell’importo rilevato per i servizi resi nel periodo tra la data della modifica e la data in cui gli strumenti rappresentativi di capitale addizionali maturano, in aggiunta all’importo basato sul fair value (valore equo) alla data di assegnazione degli strumenti rappresentativi di capitale originariamente assegnati, che è rilevato nell’arco del residuo periodo di maturazione originario;

c)

se l’entità modifica le condizioni di maturazione che sono a vantaggio del dipendente, ad esempio riducendo il periodo di maturazione, oppure modificando o eliminando una condizione che prevedeva il conseguimento dei risultati [diversa da una condizione di mercato, i cui cambiamenti sono rilevati in conformità con le disposizioni di cui al punto a) sopra descritto], l’entità deve considerare le condizioni di maturazione modificate nell’applicare le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 21.

B44

Inoltre, se l’entità modifica i termini e le condizioni degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati in maniera tale da ridurre il fair value (valore equo) complessivo dell’accordo di pagamento basato su azioni, o non è altrimenti a vantaggio del dipendente, l’entità deve comunque continuare a contabilizzare i servizi ricevuti come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati come se la modifica non fosse stata apportata (a meno di una cancellazione di alcuni o di tutti gli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, da contabilizzare secondo le disposizioni di cui al paragrafo 28). Per esempio:

a)

se la modifica riduce il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, calcolati immediatamente prima e dopo tale modifica, l’entità non deve considerare tale riduzione del fair value (valore equo) e deve continuare a calcolare l’importo rilevato per i servizi ricevuti come corrispettivo degli strumenti rappresentativi di capitale in base al fair value (valore equo) alla data di assegnazione degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati;

b)

se la modifica riduce il numero di strumenti rappresentativi di capitale assegnati a un dipendente, tale riduzione deve essere contabilizzata come un annullamento di quella parte dell’assegnazione, secondo le disposizioni di cui al paragrafo 28;

c)

se l’entità modifica le condizioni di maturazione che non sono a vantaggio del dipendente, ad esempio aumentando il periodo di maturazione, oppure modificando o aggiungendo una condizione che prevede il conseguimento di un risultato [diversa da una condizione di mercato, i cui cambiamenti sono rilevati in conformità con le disposizioni di cui al punto a) sopra descritto], l’entità non deve considerare le condizioni di maturazione modificate nell’applicare le disposizioni di cui ai paragrafi da 19 a 21.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 3

Aggregazioni aziendali

FINALITÀ

1.

Il presente IRFS ha lo scopo di definire l’informativa di bilancio di una entità che intraprenda una aggregazione aziendale. In particolare, stabilisce che tutte le aggregazioni aziendali dovrebbero essere contabilizzate applicando il metodo dell’acquisto. L’acquirente, pertanto, rileva le attività, le passività, e le passività potenziali identificabili dell’acquisito ai relativi fair value (valori equi) alla data di acquisizione e rileva, inoltre, lavviamento che, invece di essere ammortizzato, viene successivamente sottoposto ad una verifica di riduzione di valore.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Salvo quanto illustrato al paragrafo 3, le entità devono applicare il presente IFRS nella contabilizzazione delle aggregazioni aziendali.

3.

Il presente IFRS non si applica a:

a)

aggregazioni aziendali in cui entità o attività aziendali distinte si aggregano per costituire una joint venture;

b)

aggregazioni aziendali a cui partecipano entità o attività aziendali sotto controllo comune;

c)

aggregazioni aziendali a cui partecipano due o più entità di tipo mutualistico;

d)

aggregazioni aziendali in cui entità o attività aziendali distinte si aggregano per costituire una entità che redige il bilancio, unicamente per contratto senza ottenere una partecipazione di capitale (ad esempio, le aggregazioni in cui entità distinte si aggregano unicamente per contratto, costituendo una società di capitale con duplice quotazione).

Identificazione di un’aggregazione aziendale

4.

Un’aggregazione aziendale consiste nell’unione di entità o attività aziendali distinte in un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio. Il risultato di quasi tutte le aggregazioni aziendali è costituito dal fatto che una sola entità, l’acquirente, ottiene il controllo di una o più attività aziendali distinte, l’acquisito. Se un’entità ottiene il controllo di una o più entità diverse dalle attività aziendali, l’accorpamento di tali entità non costituisce una aggregazione aziendale. Quando un’entità acquisisce un gruppo di attività o di attivi netti che non costituiscono un’attività aziendale, questa deve allocare il costo dell’assieme alle singole attività e passività identificabili dell’assieme in base ai relativi fair value (valore equo) alla data di acquisizione.

5.

Un’aggregazione aziendale può essere effettuata con modalità diverse determinate da motivi legali, fiscali o di altro genere. Può comportare l’acquisto, da parte di un’entità, del capitale di un’altra entità, l’acquisto dell’attivo netto di un’altra entità, l’assunzione delle passività di un’altra entità o l’acquisto di una parte delle attività nette di un’altra entità che, aggregate, costituiscono una o più attività aziendali. L’aggregazione può essere realizzata tramite l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, il trasferimento di denaro, di altre disponibilità liquide o di altre attività, oppure tramite una loro combinazione. L’operazione può avvenire tra i soci delle entità che si aggregano o tra un’entità e i soci di un’altra entità. Può comportare la costituzione di una nuova entità che controlli le entità che partecipano all’aggregazione o l’attivo netto trasferito oppure la ristrutturazione di una o più entità che partecipano all’aggregazione.

6.

Un’aggregazione aziendale può dare luogo ad un legame partecipativo tra capogruppo e controllata nel quale l’acquirente è la controllante e l’acquisito una controllata dell’acquirente. In tali circostanze, l’acquirente applica il presente IFRS al suo bilancio consolidato. Esso rileva la propria interessenza nell’acquisito come partecipazione in una controllata in qualsiasi bilancio separato pubblicato (cfr. IAS 27 Bilancio consolidato e separato).

7.

Un’aggregazione aziendale può prevedere l’acquisto dell’attivo netto di un’altra entità, incluso l’eventuale avviamento, oppure l’acquisto del capitale dell’altra entità. Una tale aggregazione aziendale non si traduce in un legame analogo a quello tra controllante e controllata.

8.

Rientrano nella definizione di aggregazione aziendale, e quindi nell’ambito di applicazione del presente IFRS, le aggregazioni aziendali in cui un’entità ottiene il controllo di un’altra entità ma la data di ottenimento del controllo (ossia la data di acquisizione) non coincide con la data o le date di acquisto di una interessenza partecipativa (ossia la data o le date dello scambio). Tale situazione si può verificare, ad esempio, quando una partecipata stipula accordi di riacquisto di azioni con alcuni dei suoi investitori e, di conseguenza, il controllo della partecipata cambia.

9.

Il presente IFRS non specifica la contabilizzazione per i partecipanti a joint venture (cfr. IAS 31 Partecipazioni in joint venture).

Aggregazioni aziendali a cui partecipano entità sotto controllo comune

10.

Per aggregazione aziendale a cui partecipano entità o attività aziendali sotto controllo comune si intende un’aggregazione aziendale in cui tutte le entità o attività aziendali partecipanti sono definitivamente controllate dalla stessa parte o dalle stesse parti sia prima che dopo l’aggregazione, e tale controllo non è transitorio.

11.

Deve essere considerato che un gruppo di soggetti eserciti il controllo su un’entità quando, ai sensi di accordi contrattuali, ha il potere di determinarne le politiche finanziarie e gestionali al fine di ottenere benefici dalle attività dell’entità. Pertanto, un’aggregazione aziendale non rientra nell’ambito di applicazione del presente IFRS se lo stesso gruppo di soggetti ha, in base ad accordi contrattuali, un potere effettivo collettivo di determinare le politiche finanziarie e gestionali di ciascuna delle entità partecipanti all’aggregazione al fine di ottenere benefici dalle loro attività, e tale potere effettivo collettivo non è transitorio.

12.

Un’entità può essere controllata da un soggetto o da un gruppo di soggetti che operano congiuntamente in base ad un accordo contrattuale, e tale soggetto o gruppo di soggetti può non essere tenuto alle disposizioni in materia di informativa finanziaria previste dagli IFRS. Pertanto, non è necessario che le entità partecipanti all’aggregazione siano incluse nello stesso bilancio consolidato affinché un’aggregazione aziendale sia considerata del tipo a cui partecipano entità sotto controllo comune.

13.

La percentuale della quota di pertinenza di terzi in ciascuna delle entità partecipanti all’aggregazione, prima e dopo l’aggregazione aziendale, non è rilevante al fine di determinare se all’aggregazione partecipano entità sotto controllo comune. Analogamente, il fatto che una delle entità partecipanti all’aggregazione sia una controllata esclusa dal bilancio consolidato del gruppo ai sensi dello IAS 27 non è rilevante ai fini di determinare se a un’aggregazione partecipano entità sotto controllo comune.

TRATTAMENTO CONTABILE

14.

Tutte le aggregazioni aziendali devono essere contabilizzate applicando il metodo dell’acquisto.

15.

In base al metodo dell’acquisto, un’aggregazione aziendale è considerata dal punto di vista dell’entità aggregante identificata come l’acquirente. L’acquirente acquista attività nette e rileva le attività acquisite e le passività e passività potenziali assunte, incluse quelle non rilevate precedentemente dall’acquisito. La misurazione delle attività e delle passività dell’acquirente non è influenzata dall’operazione, come non lo sono le eventuali ulteriori attività o passività dell’acquirente rilevate come conseguenza dell’operazione, in quanto non sono oggetto dell’operazione.

APPLICAZIONE DEL METODO DELL’ACQUISTO

16.

Il metodo dell’acquisto prevede le seguenti fasi:

a)

identificazione di un acquirente;

b)

determinazione del costo dell’aggregazione aziendale; e

c)

allocazione, alla data di acquisizione, del costo dell’aggregazione aziendale alle attività acquisite e alle passività e passività potenziali assunte.

Identificazione dell’acquirente

17.

Per tutte le aggregazioni aziendali deve essere individuato un acquirente. L’acquirente è l’entità aggregante che ottiene il controllo delle altre entità o attività aziendali aggreganti.

18.

Poiché il metodo dell’acquisto considera un’aggregazione aziendale dal punto di vista dell’acquirente, esso presume che una delle parti dell’operazione possa essere identificata come acquirente.

19.

Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità o attività aziendale al fine di ottenere i benefici dalle sue attività. Si presume che un aggregante abbia ottenuto il controllo su un altro aggregante quando acquisisce più della metà dei diritti di voto di tale altra entità, a meno che non sia possibile dimostrare che tale proprietà non costituisce controllo. Anche quando una delle entità aggreganti non acquisisce più della metà dei diritti di voto di un’altra aggregante, è possibile che abbia ottenuto il controllo di tale altra entità se, in seguito all’aggregazione, ottiene:

a)

il potere su più della metà dei diritti di voto dell’altra entità in virtù di un accordo con altri investitori; o

b)

il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali dell’altra entità in forza di uno statuto o di un accordo; o

c)

il potere di nominare o sostituire la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo dell’altra entità; o

d)

il potere di disporre della maggioranza dei voti alle riunioni del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo dell’altra entità.

20.

Anche se in taluni casi può essere difficile identificare un acquirente, normalmente ci sono situazioni che ne evidenziano l’esistenza. Per esempio:

a)

se il fair value (valore equo) di una delle entità aggreganti è significativamente maggiore di quello dell’altra entità aggregante, l’entità con il fair value (valore equo) maggiore è, con ogni probabilità, l’acquirente;

b)

se l’aggregazione aziendale avviene mediante uno scambio di strumenti ordinari rappresentativi di capitale con diritto di voto in cambio di denaro o altre attività, l’entità che versa il corrispettivo in denaro o in altre attività è, con ogni probabilità, l’acquirente; e

c)

se l’aggregazione aziendale consente alla direzione di una delle entità aggreganti di guidare la scelta del gruppo dirigente dell’entità risultante dall’aggregazione, l’entità la cui direzione è in grado di guidare tale scelta è, con ogni probabilità, l’acquirente.

21.

In un’aggregazione aziendale realizzata mediante uno scambio di interessenze partecipative, l’entità che emette le interessenze partecipative è di norma l’acquirente. Tuttavia, devono essere considerati tutti i fatti e le circostanze pertinenti per determinare quale tra le entità aggreganti abbia il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali dell’altra entità (o delle altre entità) al fine di ottenere i benefici dalle sue (o dalle loro) attività. In alcune aggregazioni aziendali, comunemente denominate acquisizioni inverse, l’acquirente è l’entità le cui interessenze partecipative sono state acquisite e l’acquisito è l’emittente. Tale situazione può verificarsi quando, per esempio, un’entità non quotata predispone la propria «acquisizione» da parte di un’entità quotata di dimensioni minori come mezzo per ottenere una quotazione in borsa. Sebbene legalmente l’entità quotata emittente sia considerata la controllante e quella non quotata la controllata, la controllata dal punto di vista giuridico è considerata l’acquirente se ha il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali della controllante giuridica al fine di ottenere benefici dalle sue attività. In genere l’acquirente è l’entità di maggior dimensione; tuttavia, i fatti e le circostanze connessi a un’aggregazione indicano, a volte, l’acquisizione di un’entità di maggior dimensione da parte di un’entità minore. Ai paragrafi da B1 a B15 dell’appendice B sono fornite indicazioni relative alla contabilizzazione delle acquisizioni inverse.

22.

Quando al fine di realizzare una aggregazione aziendale, viene costituita una nuova entità con l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale, una delle entità aggreganti, esistenti prima della costituzione della stessa, deve essere identificata come l’acquirente sulla base delle evidenze disponibili.

23.

Analogamente, quando a un’aggregazione aziendale partecipano più di due entità aggreganti, una delle entità esistenti prima dell’aggregazione deve essere identificata come l’acquirente sulla base delle evidenze disponibili. Per determinare l’acquirente in tali casi è necessario considerare, tra gli altri elementi, quale delle entità aggreganti ha avviato l’aggregazione e se le attività o i ricavi di una delle entità aggreganti sono significativamente maggiori di quelli delle altre.

Costo di una aggregazione aziendale

24.

L’acquirente deve determinare il costo di una aggregazione aziendale come la somma complessiva di:

a)

i fair value (valori equi), alla data dello scambio, delle attività cedute, delle passività sostenute o assunte e degli strumenti rappresentativi di capitale emessi dall’acquirente, in cambio del controllo dell’acquisito; più

b)

qualunque costo direttamente attribuibile all’aggregazione aziendale.

25.

La data di acquisizione è la data in cui l’acquirente ottiene effettivamente il controllo sull’acquisito. Quando l’acquisizione viene realizzata con un’unica operazione di scambio, la data dello scambio coincide con la data di acquisizione. Tuttavia, per un’aggregazione aziendale possono essere necessarie più operazioni di scambio, ad esempio nel caso in cui viene realizzata in varie fasi con acquisti successivi di azioni. In tal caso:

a)

il costo dell’aggregazione è il costo complessivo delle singole operazioni; e

b)

la data dello scambio è la data di ciascuna operazione di scambio (ossia la data in cui ogni singolo investimento viene rilevato nel bilancio dell’acquirente), mentre la data di acquisizione è la data in cui l’acquirente ottiene il controllo sull’acquisito.

26.

Le attività cedute e le passività sostenute o assunte dall’acquirente in cambio del controllo dell’acquisito, in base alle disposizioni di cui al paragrafo 24, devono essere misurate ai rispettivi fair value (valori equi) alla data dello scambio. Pertanto, se il regolamento di tutto o di parte del costo di un’aggregazione aziendale è differito, il fair value (valore equo) di tale componente differita deve essere determinato attualizzando gli importi liquidabili ai rispettivi valori attuali alla data dello scambio, tenendo conto dei probabili premi o sconti all’atto del regolamento.

27.

Il prezzo di borsa alla data dello scambio di uno strumento rappresentativo di capitale quotato rappresenta la prova migliore del fair value (valore equo) dello strumento e deve, perciò, essere usato, salvo in alcune rare circostanze. Altri parametri e metodi di valutazione devono essere considerati unicamente nelle rare circostanze in cui l’acquirente può dimostrare che il prezzo di borsa alla data dello scambio rappresenta un indicatore non attendibile del fair value (valore equo) e che altri parametri e metodi di valutazione consentono di ottenere una misurazione più attendibile del fair value (valore equo) dello strumento rappresentativo di capitale. Il prezzo di borsa alla data dello scambio è un indicatore non attendibile solo se è stato condizionato dalla illiquidità del mercato. Se il prezzo di borsa alla data dello scambio è un indicatore non attendibile o se non esiste un prezzo di borsa per gli strumenti rappresentativi di capitale emessi dall’acquirente, il fair value (valore equo) di tali strumenti potrebbe, per esempio, essere stimato con riferimento alla relativa interessenza proporzionale nel fair value (valore equo) dell’acquirente o con riferimento alla interessenza proporzionale nel fair value (valore equo) dell’acquisito ottenuta, a seconda di quale sia quella più palesemente evidente. Il fair value (valore equo) alla data dello scambio di attività monetarie cedute ai partecipanti al capitale dell’acquisito come alternativa agli strumenti rappresentativi di capitale, può anche costituire un parametro valutativo del fair value (valore equo) complessivo ceduto dall’acquirente in cambio del controllo dell’acquisito. Devono, comunque, essere considerati tutti gli aspetti dell’aggregazione, inclusi i fattori significativi che influenzano le negoziazioni. Ulteriori linee guida sulla determinazione del fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale sono presentate nello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione.

28.

Il costo di una aggregazione aziendale include le passività sostenute o assunte dall’acquirente in cambio del controllo dell’acquisito. Le perdite future o altri costi che si prevede di sostenere in seguito di un’aggregazione non sono passività sostenute o assunte dall’acquirente in cambio del controllo sull’acquisito e pertanto, non costituiscono parte del costo dell’aggregazione.

29.

Il costo di un’aggregazione aziendale comprende qualunque costo direttamente attribuibile all’aggregazione, quali i compensi professionali corrisposti a revisori, consulenti legali, periti e altri consulenti per realizzare l’aggregazione. I costi generali amministrativi, inclusi quelli per il mantenimento di un ufficio acquisizioni e gli altri costi che non possono essere direttamente attribuiti alla specifica aggregazione di cui si esegue la contabilizzazione, non sono inclusi nel costo dell’aggregazione: essi sono rilevati come costi quando sostenuti.

30.

I costi per la negoziazione e l’emissione di passività finanziarie costituiscono parte integrante dell’operazione di emissione delle passività, anche quando le passività sono emesse al fine di realizzare un’aggregazione aziendale, piuttosto che costi direttamente attribuibili all’aggregazione. Pertanto, le entità non devono includere tali costi nel costo di un’aggregazione aziendale. Secondo quanto previsto dallo IAS 39, tali costi devono essere inclusi nella misurazione iniziale della passività.

31.

Analogamente, i costi per l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale costituiscono parte integrante dell’operazione di emissione di capitale, anche quando gli strumenti rappresentativi di capitale sono emessi al fine di realizzare un’aggregazione aziendale, piuttosto che costi direttamente attribuibili all’aggregazione. Pertanto, le entità non devono includere tali costi nel costo di un’aggregazione aziendale. Secondo quanto previsto dallo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio, tali costi riducono i corrispettivi dell’emissione di capitale.

Rettifiche al costo di un’aggregazione aziendale subordinate a eventi futuri

32.

Se un accordo di aggregazione aziendale prevede rettifiche al costo dell’aggregazione subordinate a eventi futuri, l’acquirente deve includere l’importo di tali rettifiche nel costo dell’aggregazione alla data di acquisizione se la rettifica è probabile e può essere determinata attendibilmente.

33.

Un accordo di aggregazione aziendale può consentire rettifiche al costo dell’aggregazione subordinate a uno o più eventi futuri. La rettifica può, ad esempio, essere subordinata al mantenimento o al raggiungimento di un livello specifico di profitti negli esercizi futuri o al mantenimento del prezzo di mercato degli strumenti emessi. In genere è possibile stimare l’importo di tali rettifiche al momento della contabilizzazione iniziale dell’aggregazione, senza compromettere l’attendibilità delle informazioni, seppure con un qualche grado di incertezza. Se non si verificano eventi futuri rilevanti ai fini delle rettifiche o se la stima deve essere rivista, il costo dell’aggregazione aziendale deve essere rettificato di conseguenza.

34.

Tuttavia, quando un accordo di aggregazione aziendale prevede tale rettifica, la stessa non è inclusa nel costo dell’aggregazione al momento della contabilizzazione iniziale dell’aggregazione se non è probabile o se non può essere determinata attendibilmente. Se successivamente la rettifica diventa probabile e può essere determinata attendibilmente, il corrispettivo addizionale deve essere trattato come una rettifica al costo dell’aggregazione.

35.

In alcune circostanze, all’acquirente può essere richiesto di effettuare un pagamento successivo a favore del venditore come indennizzo per una riduzione del valore delle attività cedute, degli strumenti rappresentativi di capitale emessi o delle passività sostenute o assunte dall’acquirente in cambio del controllo dell’acquisito. Questo avviene quando, ad esempio, l’acquirente garantisce il prezzo di mercato degli strumenti rappresentativi di capitale o degli strumenti di debito emessi come parte del costo dell’aggregazione aziendale e deve emettere ulteriori strumenti rappresentativi di capitale o strumenti di debito al fine di reintegrare il costo originariamente stabilito. In tali casi, non viene rilevato alcun incremento nel costo dell’aggregazione aziendale. Nel caso degli strumenti rappresentativi di capitale, il fair value (valore equo) del pagamento addizionale è compensato da una riduzione di pari importo del valore attribuito agli strumenti emessi inizialmente. Nel caso di strumenti di debito, il pagamento aggiuntivo è considerato come una riduzione del premio o un incremento dello sconto sull’emissione iniziale.

Allocazione del costo di un’aggregazione aziendale alle attività acquisite e alle passività e passività potenziali assunte

36.

L’acquirente deve, alla data di acquisizione, allocare il costo di un’aggregazione aziendale rilevando le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisita che soddisfano i criteri di rilevazione di cui al paragrafo 37 ai relativi fair value (valori equi) a tale data, ad eccezione delle attività non correnti (o gruppi in dismissione) classificate come possedute per la vendita secondo quanto previsto dall’IFRS 5, Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate, che devono essere rilevate al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita. Qualsiasi differenza così rilevata tra il costo dell’aggregazione aziendale e l’interessenza dell’acquirente al fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dai paragrafi 51-57.

37.

L’acquirente deve rilevare separatamente le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisito alla data di acquisizione solo se, a tale data, esse soddisfano i criteri seguenti:

a)

nel caso di un’attività diversa da un’attività immateriale, è probabile che gli eventuali futuri benefici economici connessi affluiscano all’acquirente ed è possibile valutarne il fair value (valore equo) attendibilmente;

b)

nel caso di una passività diversa da una passività potenziale, è probabile che per estinguere l’obbligazione sarà richiesto l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici ed è possibile valutarne il fair value (valore equo) attendibilmente;

c)

nel caso di un’attività immateriale o di una passività potenziale, il relativo fair value (valore equo) può essere valutato attendibilmente.

38.

Il conto economico dell’acquirente deve riconoscere gli utili e le perdite dell’acquisito successivi alla data di acquisizione, rilevando i ricavi e i costi dell’acquisito in base al costo dell’aggregazione aziendale sostenuto dall’acquirente. Ad esempio, la quota di ammortamento rilevata, dopo la data di acquisizione, nel conto economico dell’acquirente e riferita alle attività ammortizzabili dell’acquisito deve basarsi sui fair value (valori equi) di tali attività ammortizzabili alla data di acquisizione, ossia il loro costo per l’acquirente.

39.

Il metodo dell’acquisto viene applicato a partire dalla data di acquisizione, ossia dalla data in cui l’acquirente ottiene effettivamente il controllo sull’acquisito. Poiché per controllo si intende il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità o attività aziendale al fine di ottenere benefici dalle sue attività, non è necessario che un’operazione sia conclusa, o formalmente perfezionata, affinché l’acquirente ottenga il controllo. Nel determinare il momento in cui l’acquirente ha ottenuto il controllo, devono essere considerati tutti i fatti e le circostanze pertinenti a un’aggregazione aziendale.

40.

Poiché l’acquirente rileva le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisito che soddisfano le condizioni per la rilevazione, di cui al paragrafo 37, ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione, le quote di pertinenza di terzi nell’acquisito sono determinate in proporzione alla relativa interessenza nei fair value (valori equi) netti di tali elementi. I paragrafi B16 e B17 dell’appendice B forniscono una guida per la determinazione dei fair value (valori equi) di attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito allo scopo di allocare il costo di una aggregazione aziendale.

Attività e passività identificabili dell’acquisito

41.

Secondo quanto previsto al paragrafo 36, l’acquirente rileva separatamente come parte dell’allocazione del costo dell’aggregazione solo le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisito esistenti alla data di acquisizione e che soddisfano i criteri per la rilevazione di cui al paragrafo 37. Pertanto:

a)

l’acquirente deve rilevare le passività per cessare o ridurre le attività dell’acquisito come parte dell’allocazione del costo dell’aggregazione solo se l’acquisito, alla data di acquisizione, ha in essere una passività per la ristrutturazione rilevata secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali; e

b)

l’acquirente, all’atto di allocare il costo dell’aggregazione, non deve rilevare una passività per perdite future o altri costi che si prevede di sostenere in seguito all’aggregazione aziendale.

42.

Un pagamento che un’entità è obbligata contrattualmente ad effettuare, per esempio, a favore dei propri dipendenti o fornitori nel caso sia acquisita in un’aggregazione aziendale rappresenta un’obbligazione attuale dell’entità, che viene considerata come una passività potenziale finché non diventa probabile che una aggregazione aziendale avrà luogo. L’obbligazione contrattuale è rilevata come passività dall’entità, ai sensi dello IAS 37, quando diviene probabile un’aggregazione aziendale e la passività può essere valutata attendibilmente. Pertanto, quando si realizza l’aggregazione aziendale, tale passività dell’acquisito è rilevata dall’acquirente come parte dell’allocazione del costo dell’aggregazione.

43.

Tuttavia, il programma di ristrutturazione di un acquisito, la cui realizzazione è subordinata al fatto che l’acquisizione sia avvenuta mediante un’aggregazione aziendale, non costituisce, immediatamente prima dell’aggregazione, un’obbligazione attuale dell’acquisito. Immediatamente prima dell’aggregazione, tale programma non costituisce neanche una passività potenziale dell’acquisito, in quanto non è una possibile obbligazione derivante da un evento passato la cui esistenza sarà confermata solo dal verificarsi o meno di uno o più eventi futuri incerti non totalmente sotto il controllo dell’acquisito. Pertanto, un acquirente non deve rilevare una passività per tali programmi di ristrutturazione come parte dell’allocazione del costo dell’aggregazione.

44.

Le attività e le passività identificabili, che sono rilevate in base alle disposizioni del paragrafo 36, includono tutte le attività e le passività dell’acquisito acquistate o assunte dall’acquirente, comprese tutte le attività e passività finanziarie. Potrebbero inoltre essere incluse le attività e le passività non rilevate precedentemente nel bilancio dell’acquisito, per esempio perché prima dell’aggregazione non soddisfacevano i criteri per la rilevazione. Per esempio, un beneficio fiscale derivante dalle perdite fiscali dell’acquisito, non rilevato da tale entità prima dell’aggregazione aziendale, può essere rilevato come attività identificabile ai sensi del paragrafo 36 se è probabile che l’acquirente avrà redditi imponibili futuri a fronte dei quali potrà riconoscere il beneficio fiscale non rilevato.

Attività immateriali dell’acquisito

45.

In base alle disposizioni del paragrafo 37, alla data di acquisizione, l’acquirente rileva separatamente un’attività immateriale dell’acquisito solo se rientra nella definizione di attività immateriale di cui allo IAS 38 Attività immateriali, e il relativo fair value (valore equo) può essere valutato attendibilmente. Vale a dire che l’acquirente rileva come attività, separatamente dall’avviamento, un progetto in corso di ricerca e sviluppo dell’acquisito se il progetto rientra nella definizione di un’attività immateriale e il fair value (valore equo) del progetto può essere valutato attendibilmente. Lo IAS 38 fornisce una guida per determinare se il fair value (valore equo) di un’attività immateriale acquisita in un’aggregazione aziendale possa essere determinato attendibilmente.

46.

Un’attività non monetaria priva di consistenza fisica deve essere identificabile per rientrare nella definizione di attività immateriale. Secondo quanto previsto dallo IAS 38, un’attività soddisfa il criterio di identificabilità richiesto dalla definizione di attività immateriale solo se:

a)

è separabile, ossia può essere separata o scorporata dall’entità e venduta, trasferita, data in licenza, locata o scambiata, sia individualmente che insieme al relativo contratto, attività o passività; o

b)

deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall’entità o da altri diritti e obbligazioni.

Passività potenziali dell’acquisito

47.

Il paragrafo 37 specifica che l’acquirente rileva separatamente una passività potenziale dell’acquisito come parte dell’allocazione del costo di un’aggregazione aziendale solo se il relativo fair value (valore equo) può essere valutato attendibilmente. Se tale fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente:

a)

si determina un conseguente effetto sull’importo rilevato come avviamento o contabilizzato ai sensi del paragrafo 56; e

b)

l’acquirente deve indicare le informazioni relative a tale passività potenziale richieste, ai sensi dello IAS 37.

Il paragrafo B16, lettera l), dell’appendice B fornisce una guida per determinare il fair value (valore equo) di una passività potenziale.

48.

Dopo la rilevazione iniziale, l’acquirente deve valutare le passività potenziali rilevate separatamente, in base alle disposizioni del paragrafo 36, al maggior valore tra:

a)

l’importo che sarebbe rilevato in conformità con lo IAS 37, e

b)

l’importo rilevato inizialmente meno, ove applicabile, l’ammortamento complessivo rilevato in conformità con lo IAS 18 Ricavi.

49.

La disposizione di cui al paragrafo 48 non si applica ai contratti contabilizzati in conformità con lo IAS 39. Tuttavia, gli impegni all’erogazione di un finanziamento esclusi dall’ambito di applicazione dello IAS 39 che non rappresentano impegni a erogare finanziamenti a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato, sono contabilizzati come passività potenziali dell’acquisito se, alla data di acquisizione, non è probabile che sia richiesto l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per estinguere tale obbligazione o se l’importo dell’obbligazione non può essere determinato in maniera sufficientemente attendibile. Tali impegni all’erogazione di un finanziamento sono rilevati separatamente, ai sensi del paragrafo 37, come parte dell’allocazione del costo di un’aggregazione solo se il relativo fair value (valore equo) può essere valutato attendibilmente.

50.

Le passività potenziali rilevate separatamente come parte dell’allocazione del costo di un’aggregazione aziendale non rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 37. Tuttavia, l’acquirente deve indicare, per tali passività potenziali, le informazioni richieste in base allo IAS 37 per ciascuna classe di accantonamenti.

Avviamento

51.

Alla data di acquisizione, l’acquirente deve:

a)

rilevare l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale come attività; e

b)

rilevare inizialmente tale avviamento al relativo costo, nella misura rappresentata dall’eccedenza del costo dell’aggregazione aziendale rispetto alla quota d’interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili rilevate ai sensi del paragrafo 36.

52.

L’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale rappresenta un pagamento effettuato dall’acquirente in previsione di benefici economici futuri derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente.

53.

Nei casi in cui le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisito non soddisfano le condizioni, di cui al paragrafo 37, per la rilevazione separata alla data di acquisizione, si determina un conseguente effetto sull’importo rilevato come avviamento (o contabilizzato ai sensi del paragrafo 56). Ciò si verifica perché l’avviamento è valutato come costo residuo dell’aggregazione aziendale dopo la rilevazione delle attività, delle passività e delle passività potenziali identificabili dell’acquisito.

54.

Dopo la rilevazione iniziale, l’acquirente deve valutare l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale al relativo costo, al netto delle perdite di valore accumulate.

55.

L’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale non deve essere ammortizzato. L’acquirente deve, invece, verificare annualmente se abbia subito riduzioni di valore, o più frequentemente se specifici eventi o cambiamenti di circostanze indicano la possibilità che potrebbe aver subito una riduzione di valore, secondo quanto previsto dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

Eccedenza rispetto al costo della quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito

56.

Se la quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili, rilevate ai sensi del paragrafo 36, eccede il costo dell’aggregazione aziendale, l’acquirente deve:

a)

rivedere l’identificazione e la misurazione delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito e la determinazione del costo dell’aggregazione; e

b)

rilevare immediatamente a conto economico l’eventuale eccedenza residua dopo la nuova misurazione.

57.

Un utile rilevato ai sensi del paragrafo 56 potrebbe comprendere una o più delle seguenti componenti:

a)

errori nella determinazione del fair value (valore equo) del costo dell’aggregazione ovvero delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito. Possibili costi futuri relativi all’acquisito che non sono stati correttamente riflessi nel fair value (valore equo) delle attività, passività o passività potenziali identificabili dell’acquisito, rappresentano una potenziale causa di tali errori;

b)

la disposizione contenuta in un principio contabile di valutare le attività nette identificabili acquisite a un importo diverso dal fair value (valore equo), ma trattato come se lo fosse, al fine di allocare il costo dell’aggregazione. Per esempio, la guida applicativa di cui all’Appendice B per determinare i fair value (valori equi) delle attività e passività identificabili dell’acquisito, richiede che l’importo assegnato alle attività e alle passività fiscali non sia attualizzato;

c)

un acquisto a prezzi favorevoli.

Aggregazione aziendale realizzata in più fasi

58.

Un’aggregazione aziendale può interessare più di una operazione di scambio, ad esempio nel caso in cui viene realizzata in più fasi con acquisti successivi di azioni. In tal caso, ciascuna operazione di scambio deve essere trattata separatamente dall’acquirente, utilizzando il costo dell’operazione e le informazioni relative al fair value (valore equo) alla data di ciascuna operazione di scambio, per determinare l’importo dell’eventuale avviamento connesso a tale operazione. Questo comporta confronti sequenziali dei costi delle singole acquisizioni con l’interessenza dell’acquirente nei fair value (valori equi) delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito ad ogni acquisto.

59.

Se una aggregazione aziendale interessa più di un’operazione di scambio, i fair value (valori equi) delle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito possono essere diversi alla data di ciascuna operazione di scambio. Poiché:

a)

le attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito sono rideterminate nominalmente ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di ciascuna operazione di scambio al fine di determinare l’importo dell’avviamento connesso a ciascuna operazione; e

b)

le attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito devono quindi essere rilevate dall’acquirente ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione,

qualsiasi rettifica a quei fair value (valori equi) relativi alle interessenze precedentemente possedute dall’acquirente costituisce una rideterminazione di valore e deve essere contabilizzata come tale. Tuttavia, il fatto che tale rideterminazione di valore derivi dalla rilevazione iniziale, effettuata dall’acquirente, delle attività, passività e passività potenziali dell’acquisito, non implica che l’acquirente abbia scelto di applicare un principio contabile di rideterminazione di valore di tali elementi dopo la rilevazione iniziale secondo quanto previsto, per esempio, dallo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari.

60.

Prima di qualificarsi come aggregazione aziendale, un’operazione può qualificarsi come un investimento in una società collegata ed essere contabilizzata, ai sensi dello IAS 28 Partecipazioni in società collegate, utilizzando il metodo del patrimonio netto. In tal caso, i fair value (valori equi) delle attività nette identificabili della partecipata alla data di ciascuna precedente operazione di scambio saranno già stati determinati applicando il metodo del patrimonio netto all’investimento.

Contabilizzazione iniziale determinata provvisoriamente

61.

La contabilizzazione iniziale di un’aggregazione aziendale richiede l’identificazione e la determinazione dei fair value (valori equi) da assegnare alle attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito e del costo dell’aggregazione.

62.

Se la contabilizzazione iniziale di un’aggregazione aziendale può essere determinata solo provvisoriamente entro la fine dell’esercizio in cui l’aggregazione viene realizzata, in quanto possono determinarsi solo provvisoriamente i fair value (valori equi) da assegnare ad attività, passività o passività potenziali identificabili dell’acquisito ovvero il costo dell’aggregazione, l’acquirente deve contabilizzare l’aggregazione utilizzando tali valori provvisori. L’acquirente deve rilevare le rettifiche di tali valori provvisori in seguito al completamento della contabilizzazione iniziale:

a)

entro dodici mesi dalla data di acquisizione; e

b)

a partire dalla data di acquisizione. Pertanto:

i)

il valore contabile di un’attività, passività o passività potenziale identificabile rilevata o rettificata in seguito al completamento della contabilizzazione iniziale deve essere calcolato come se il relativo fair value (valore equo) alla data di acquisizione fosse stato rilevato a partire da quella data;

ii)

l’avviamento o qualsiasi utile rilevato in base alle disposizioni del paragrafo 56 deve essere rettificato, a partire dalla data di acquisizione, per un importo pari alla rettifica apportata al fair value (valore equo) alla data di acquisizione dell’attività, passività o passività potenziale identificabile che viene rilevata o rettificata;

iii)

le informazioni comparative presentate per gli esercizi prima del completamento della contabilizzazione iniziale dell’aggregazione devono essere presentate come se la contabilizzazione iniziale fosse stata completata dalla data di acquisizione. Sono inclusi gli effetti di ammortamenti, svalutazioni ulteriori oppure altri effetti economici rilevati in seguito al completamento della contabilizzazione iniziale.

Rettifiche successive al completamento della contabilizzazione iniziale

63.

A eccezione di quanto illustrato nei paragrafi 33, 34 e 65, le rettifiche alla contabilizzazione iniziale di un’aggregazione aziendale dopo che la contabilizzazione iniziale si è completata devono essere rilevate solo per correggere eventuali errori, secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori. Le rettifiche alla contabilizzazione iniziale di un’aggregazione aziendale in seguito al suo completamento non devono essere rilevate a causa dell’effetto di cambiamenti nelle stime. Secondo quanto previsto dallo IAS 8, l’effetto di un cambiamento della stima deve essere rilevato negli esercizi correnti e futuri.

64.

Lo IAS 8 prevede che un’entità contabilizzi retroattivamente la correzione di un errore, e presenti il bilancio come se l’errore non fosse mai avvenuto, rideterminando le informazioni comparative dei precedenti esercizi in cui si è verificato l’errore. Pertanto, il valore contabile di un’attività, passività o passività potenziale identificabile dell’acquisito, rilevato o rettificato in seguito alla correzione di un errore, deve essere calcolato come se il relativo fair value (valore equo) o il fair value (valore equo) rettificato alla data di acquisizione fosse stato rilevato a partire da quella data. L’avviamento o qualsiasi utile rilevato in un esercizio precedente, ai sensi del paragrafo 56, deve essere rettificato retroattivamente per un importo pari al fair value (valore equo), alla data di acquisizione (o la rettifica apportata al fair value a tale data), dell’attività, passività o passività potenziale identificabile che viene rilevata (o rettificata).

Rilevazione delle attività fiscali differite successiva al completamento della contabilizzazione iniziale

65.

Se il beneficio potenziale connesso al riporto a nuovo di perdite fiscali, o di altre attività fiscali differite, dell’acquisito non soddisfaceva i criteri di cui al paragrafo 37 per la rilevazione separata quando una aggregazione aziendale è stata inizialmente contabilizzata ma è successivamente realizzato, l’acquirente deve rilevare tale beneficio come provento, in conformità con lo IAS 12 Imposte sul reddito. Inoltre, l’acquirente deve:

a)

ridurre il valore contabile dell’avviamento all’importo che sarebbe stato rilevato se l’attività fiscale differita fosse stata rilevata come attività identificabile a partire dalla data di acquisizione; e

b)

rilevare la riduzione del valore contabile dell’avviamento come un onere.

Tuttavia questa procedura non deve produrre un’eccedenza (avviamento negativo), come illustrato nel paragrafo 56, né determinare un maggior importo del provento rilevato precedentemente, secondo quanto previsto dal paragrafo 56.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

66.

Un acquirente deve fornire informazioni tali da consentire agli utilizzatori del suo bilancio di valutare la natura e gli effetti finanziari delle aggregazioni aziendali realizzate:

a)

nel corso dell’esercizio.

b)

dopo la data di riferimento del bilancio, ma prima che sia autorizzata la pubblicazione dello stesso.

67.

In applicazione del principio di cui al paragrafo 66, lettera a), l’acquirente deve fornire, per ciascuna aggregazione aziendale realizzata nel corso dell’esercizio, le informazioni indicate di seguito:

a)

le denominazioni e la descrizione delle entità o attività aziendali partecipanti all’aggregazione;

b)

la data di acquisizione;

c)

la percentuale degli strumenti rappresentativi di capitale con diritto di voto acquisiti;

d)

il costo dell’aggregazione e una descrizione delle componenti di tale costo, inclusi i costi direttamente attribuibili all’aggregazione. Se gli strumenti rappresentativi di capitale sono o possono essere emessi come parte del costo, si devono indicare anche le seguenti informazioni:

i)

il numero degli strumenti rappresentativi di capitale che sono o possono essere emessi; e

ii)

il fair value (valore equo) di tali strumenti e il criterio per determinare tale fair value (valore equo). Se non esiste un prezzo di borsa per tali strumenti alla data dello scambio, devono essere indicate le ipotesi significative adottate per la determinazione del fair value (valore equo). Se esiste un prezzo di borsa alla data dello scambio, ma non è stato adottato come criterio per determinare il costo dell’aggregazione, tale fatto deve essere indicato, unitamente a: le motivazioni per cui non è stato utilizzato il prezzo di borsa; il metodo e le ipotesi significative adottati per attribuire un valore agli strumenti rappresentativi di capitale; il metodo e le ipotesi significative adottati per attribuire un valore agli strumenti rappresentativi di capitale; ed il valore complessivo della differenza tra il valore attribuito agli strumenti rappresentativi di capitale e il loro prezzo di borsa;

e)

i dettagli delle attività operative che l’entità ha deciso di dismettere in seguito all’aggregazione;

f)

gli importi rilevati, alla data di acquisizione, per ciascuna classe di attività, passività e passività potenziali dell’acquisito, ed eccetto i casi in cui l’informativa non sia fattibile, i valori contabili di ciascuna di tali classi, determinati in conformità con gli IFRS immediatamente prima dell’aggregazione. Se tale informativa non è fattibile, questo fatto deve essere evidenziato, unitamente alla relativa spiegazione;

g)

l’importo di qualsiasi eccedenza (avviamento negativo) rilevata a conto economico in conformità con il paragrafo 56 e la voce di conto economico in cui è rilevata l’eccedenza;

h)

una descrizione dei fattori che hanno contribuito a un costo che si traduce nella rilevazione dell’avviamento, ossia una descrizione di ciascuna attività immateriale che non era stata rilevata separatamente dall’avviamento e la spiegazione delle motivazioni per cui non è stato possibile determinare attendibilmente il fair value (valore equo) dell’attività immateriale, oppure una descrizione della natura di qualsiasi eccedenza (avviamento negativo) rilevata a conto economico secondo quanto previsto dal paragrafo 56;

i)

l’importo dell’utile o della perdita dell’acquisito, dalla data di acquisizione, incluso nell’utile o perdita d’esercizio dell’acquirente salvo i casi in cui l’informativa non sia fattibile. Se tale informativa non è fattibile, questo fatto deve essere evidenziato, unitamente alla relativa spiegazione.

68.

Le informazioni richieste in base alle disposizioni del paragrafo 67 devono essere indicate cumulativamente per le aggregazioni aziendali, singolarmente non rilevanti, realizzate nel corso dell’esercizio.

69.

Se la contabilizzazione iniziale di una aggregazione aziendale realizzata nel corso dell’esercizio è stata determinata solo provvisoriamente, come descritto al paragrafo 62, deve essere indicato anche tale fatto, unitamente alla relativa spiegazione.

70.

In applicazione del principio di cui al paragrafo 66, lettera a), l’acquirente deve fornire le informazioni riportate di seguito, salvo i casi in cui tale informativa non sia fattibile:

a)

i ricavi dell’esercizio dell’entità risultante dall’aggregazione, assumendo che la data di acquisizione di tutte le aggregazioni aziendali realizzate nell’esercizio coincida con l’inizio dello stesso;

b)

l’utile o perdita d’esercizio dell’entità risultante dall’aggregazione, assumendo che la data di acquisizione di tutte le aggregazioni aziendali realizzate nell’esercizio coincida con l’inizio dello stesso.

Se tale informativa non è fattibile, questo fatto deve essere indicato, unitamente alla relativa spiegazione.

71.

In applicazione del principio di cui al paragrafo 66, lettera b), l’acquirente deve indicare le informazioni richieste in base alle disposizioni del paragrafo 67 per ciascuna aggregazione aziendale realizzata dopo la data di riferimento del bilancio ma prima che ne sia autorizzata la pubblicazione, salvo i casi in cui tale informativa non sia fattibile. Se tale informativa non è fattibile, in tutto o in parte, questo fatto deve essere evidenziato, unitamente alla relativa spiegazione.

72.

L’acquirente deve fornire informazioni tali da consentire agli utilizzatori del suo bilancio di valutarne gli effetti di plusvalenze, minusvalenze, correzioni di errori e altre rettifiche, rilevate nel corso dell’esercizio corrente, che si riferiscono ad aggregazioni aziendali realizzate nell’esercizio corrente o in esercizi precedenti.

73.

In applicazione del principio di cui al paragrafo 72, l’entità deve fornire le seguenti informazioni:

a)

l’importo e una spiegazione di ogni plusvalenza o minusvalenza rilevata nel corso del periodo corrente che:

i)

si riferisca alle attività identificabili acquisite oppure alle passività o passività potenziali identificabili assunte in una aggregazione aziendale realizzata nell’esercizio corrente o nell’esercizio precedente; e

ii)

sia di dimensioni, natura o incidenza tali che l’informativa fornita sia rilevante per la comprensione del risultato economico dell’entità risultante dall’aggregazione;

b)

se la contabilizzazione iniziale di una aggregazione aziendale realizzata nell’esercizio immediatamente precedente era stata determinata soltanto provvisoriamente alla fine di tale esercizio, gli importi e la spiegazione delle rettifiche ai valori provvisori rilevate nel corso dell’esercizio corrente;

c)

le informazioni sulle correzioni di errori da indicarsi, secondo quanto previsto dallo IAS 8, per ogni attività, passività o passività potenziale identificabile dell’acquisito, o le rettifiche dei valori assegnati a tali elementi, che l’acquirente rileva nel corso dell’esercizio corrente, ai sensi dei paragrafi 63 e 64.

74.

Un’entità deve fornire informazioni tali da consentire agli utilizzatori del suo bilancio di valutare le variazioni del valore contabile dell’avviamento nel corso dell’esercizio.

75.

In applicazione del principio di cui al paragrafo 74, l’entità deve indicare una riconciliazione del valore contabile dell’avviamento all’inizio e alla fine dell’esercizio, riportando separatamente:

a)

l’ammontare lordo e le perdite per riduzione di valore cumulate all’inizio dell’esercizio;

b)

l’ulteriore avviamento rilevato nel corso dell’esercizio a eccezione dell’avviamento incluso in un gruppo in dismissione che, all’atto dell’acquisizione, soddisfi i criteri per essere classificato come posseduto per la vendita, secondo quanto previsto dall’IFRS 5;

c)

le rettifiche derivanti dalla rilevazione successiva di attività fiscali differite nel corso dell’esercizio, secondo quanto previsto dal paragrafo 65;

d)

l’avviamento incluso in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, secondo quanto previsto dall’IFRS 5 e l’avviamento eliminato contabilmente nel corso dell’esercizio senza essere stato precedentemente incluso in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita;

e)

le perdite per riduzione di valore rilevate nel corso dell’esercizio, secondo quanto previsto dallo IAS 36;

f)

le differenze nette di cambio verificatesi nell’esercizio, secondo quanto previsto dallo IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere;

g)

altre modifiche apportate al valore contabile nel corso dell’esercizio; e

h)

l’ammontare lordo e le perdite per riduzione di valore cumulate alla fine dell’esercizio.

76.

L’entità fornisce le informazioni relative al valore recuperabile e alla riduzione di valore dell’avviamento, secondo quanto previsto dallo IAS 36, oltre alle informazioni che devono essere indicate, ai sensi del paragrafo 75, lettera e).

77.

Se, in una qualsiasi situazione, le informazioni richieste dal presente IFRS non soddisfano le finalità di cui ai paragrafi 66, 72 e 74, l’entità deve fornire tutte le informazioni supplementari necessarie al soddisfacimento di tali finalità.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E DATA DI ENTRATA IN VIGORE

78.

A eccezione di quanto previsto al paragrafo 85, il presente IFRS deve essere applicato alla contabilizzazione delle aggregazioni aziendali la cui data di accordo avvenga o sia successiva al 31 marzo 2004. Il presente IFRS deve inoltre essere applicato alla contabilizzazione delle seguenti poste di bilancio:

a)

l’avviamento derivante da un’aggregazione aziendale la cui data di accordo avvenga o sia successiva al 31 marzo 2004; o

b)

qualunque eccedenza della quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto di attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito rispetto al costo di una aggregazione aziendale la cui data di accordo avvenga o sia successiva al 31 marzo 2004.

Avviamento rilevato precedentemente

79.

Un’entità deve applicare il presente IFRS prospetticamente, a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva, all’avviamento acquisito in una aggregazione aziendale la cui data di accordo sia precedente al 31 marzo 2004, e all’avviamento derivante da una partecipazione in un’entità a controllo congiunto ottenuta prima del 31 marzo 2004 e contabilizzata applicando il consolidamento proporzionale. Pertanto, un’entità deve:

a)

cessare l’ammortamento di tale avviamento a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva;

b)

eliminare il valore contabile dell’ammortamento cumulato relativo, con una conseguente riduzione dell’avviamento, a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva; e

c)

verificare se l’avviamento abbia subito una riduzione di valore secondo quanto previsto dallo IAS 36 (rivisto nella sostanza nel 2004), a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva.

80.

Se un’entità ha precedentemente rilevato l’avviamento come una diminuzione del patrimonio netto, non deve rilevare tale avviamento a conto economico quando dismette l’attività, o parte dell’attività, a cui è riferito tale avviamento oppure quando un’unità generatrice di flussi finanziari a cui è riferito l’avviamento subisce una riduzione di valore.

Avviamento negativo rilevato precedentemente

81.

Il valore contabile dell’avviamento negativo a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva, derivante da

a)

una aggregazione aziendale la cui data di accordo sia precedente al 31 marzo 2004 o da

b)

una partecipazione in un’entità a controllo congiunto ottenuta in data precedente al 31 marzo 2004 e contabilizzata applicando il consolidamento proporzionale

deve essere eliminato contabilmente all’inizio di tale esercizio, con una conseguente rettifica al saldo d’apertura degli utili portati a nuovo.

Attività immateriali rilevate precedentemente

82.

Il valore contabile di una voce classificata come attività immateriale che

a)

sia stata acquisita in una aggregazione aziendale la cui data di accordo sia precedente al 31 marzo 2004; o che

b)

derivi da una partecipazione in un’entità a controllo congiunto ottenuta in data precedente al 31 marzo 2004 e contabilizzata applicando il consolidamento proporzionale

deve essere riclassificato come avviamento a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio il 31 marzo 2004 o data successiva, se tale attività immateriale non soddisfa, a tale data, il criterio di identificabilità di cui allo IAS 38 (rivisto nella sostanza nel 2004).

Partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto

83.

Per le partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto e acquisite dal 31 marzo 2004 o da data successiva, un’entità deve applicare il presente IFRS alla contabilizzazione di:

a)

qualsiasi avviamento acquisito incluso nel valore contabile di tale partecipazione. Pertanto, l’ammortamento di tale avviamento nominale non deve essere incluso nella determinazione della quota di utili o perdite della partecipata, di pertinenza dell’entità;

b)

l’eventuale eccedenza (avviamento negativo) inclusa nel valore contabile dell’investimento della interessenza dell’entità nel fair value (valore equo) netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili della partecipata rispetto al costo dell’investimento. Pertanto, un’entità deve considerare tale eccedenza come provento nella determinazione della quota di utili o perdite della partecipata, di pertinenza dell’entità del periodo in cui viene acquisita la partecipazione.

84.

Per le partecipazioni contabilizzate applicando il metodo del patrimonio netto e acquisite in data precedente al 31 marzo 2004:

a)

un’entità deve applicare il presente IFRS in chiave prospettica, a partire dal bilancio del primo esercizio che ha inizio dal 31 marzo 2004 o da data successiva, a qualsiasi avviamento acquisito incluso nel valore contabile di tale partecipazione. Pertanto, un’entità deve, a partire da tale data, cessare di rilevare l’ammortamento di tale avviamento nella determinazione della quota di profitti o perdite della partecipata, di pertinenza dell’entità;

b)

un’entità deve eliminare contabilmente qualsiasi avviamento negativo incluso nel valore contabile di tale partecipazione a partire dal primo bilancio dell’esercizio che inizia il 31 marzo 2004 o data successiva, con una conseguente rettifica al saldo di apertura degli utili portati a nuovo.

Applicazione retroattiva limitata

85.

A un’entità è consentito applicare le disposizioni del presente IFRS all’avviamento esistente precedentemente alle date di entrata in vigore di cui ai paragrafi 78-84, o acquisito successivamente, e alle aggregazioni aziendali realizzate precedentemente a tali date, a condizione che:

a)

le valutazioni e le altre informazioni necessarie per l’applicazione dell’IFRS alle pregresse aggregazioni aziendali fossero ottenute all’atto della contabilizzazione iniziale di tali aggregazioni; e

b)

l’entità applichi inoltre lo IAS 36 (rivisto nella sostanza nel 2004) e lo IAS 38 (rivisto nella sostanza nel 2004) prospetticamente a partire da quella stessa data, nonché le valutazioni e altre informazioni necessarie per l’applicazione di tali Principi, a partire da quella data, siano state precedentemente ottenute dall’entità, in modo che non sia necessario determinare stime che si sarebbero dovute utilizzare in una data precedente.

RITIRO DI ALTRI PRONUNCIAMENTI

86.

Il presente IFRS sostituisce lo IAS 22 Aggregazioni aziendali (come da pubblicazione del 1998).

87.

Il presente IFRS sostituisce anche le seguenti Interpretazioni:

a)

SIC-9 Aggregazioni di impreseClassificazione come acquisizione o unione d’imprese;

b)

SIC-22 Aggregazioni di impreseRettifiche successive apportate ai fair value (valore equo) e all’avviamento inizialmente iscritti; e

c)

SIC-28 Aggregazioni di imprese — «Data dello scambio»e fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Data di acquisizione

La data in cui l’acquirente ottiene effettivamente il controllo dell’acquisito.

Data dell’accordo

La data in cui viene raggiunto e, nel caso di entità quotate, annunciato pubblicamente, un accordo sostanziale tra le entità che partecipano all’aggregazione. In caso di offerta pubblica di acquisto ostile, la prima data in cui si raggiunge un accordo sostanziale tra le parti aggreganti è la data in cui un numero sufficiente di soci dell’acquisito ha accettato l’offerta dell’acquirente necessaria per ottenere il controllo sull’acquisito.

Attività aziendale

Un insieme di attività e beni integrati condotti e gestiti allo scopo di assicurare:

a)

agli investitori un rendimento; o

b)

ai soci di entità di tipo mutualistico e ai partecipanti minori costi o altri benefici economici, in modo diretto e proporzionale.

Un’attività aziendale in genere è costituita da fattori di produzione, processi applicati a tali fattori e dalla produzione conseguente che è o sarà utilizzata per generare ricavi. In presenza di avviamento, in un insieme trasferito di attività e passività, si deve presumere che tale insieme sia un’attività aziendale.

Aggregazione aziendale

L’unione di entità o attività aziendali distinte in un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio.

Aggregazione aziendale a cui partecipano entità o attività aziendali sotto controllo comune

Un’aggregazione aziendale in cui tutte le entità o le attività aziendali partecipanti all’aggregazione sono definitivamente controllate dalla stessa parte o parti sia prima, che dopo l’aggregazione, e tale controllo non è transitorio.

Passività potenziale

La definizione di passività potenziale è quella fornita nello IAS 37, Accantonamenti, passività e attività potenziali, ossia:

a)

una possibile obbligazione che deriva da eventi passati e la cui esistenza sarà confermata solo dal verificarsi o meno di uno o più eventi futuri incerti non interamente sotto il controllo dell’entità; o

b)

un’obbligazione attuale che deriva da fatti passati ma che non è rilevata perché:

i)

non è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere all’obbligazione; o

ii)

l’importo dell’obbligazione non può essere determinato con sufficiente attendibilità.

Controllo

Il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità o attività aziendale al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

Data dello scambio

Quando un’aggregazione aziendale viene realizzata con un’unica operazione di scambio, la data dello scambio coincide con la data di acquisizione. Quando un’aggregazione aziendale prevede più di una sola operazione di scambio, ad esempio quando viene realizzata in più fasi con acquisti sequenziali di azioni, la data dello scambio è la data in cui ogni singolo investimento viene rilevato nel bilancio dell’acquirente.

Fair value (valore equo)

Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Avviamento

Benefici economici futuri derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente.

Attività immateriale

La definizione di attività immateriale è quella fornita nello IAS 38 Attività immateriali, ossia un’attività non monetaria identificabile priva di consistenza fisica.

Joint venture

La definizione di joint venture è quella fornita nello IAS 31 Partecipazioni in joint venture, ossia un accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività economica sottoposta a controllo congiunto.

Interessenza di terzi

Quella parte del risultato economico e del patrimonio netto di una controllata attribuibile alle interessenze non detenute, direttamente o indirettamente attraverso controllate, dalla capogruppo.

Entità di tipo mutualistico

Entità diversa da un’entità di proprietà di un investitore, ad esempio una mutua assicuratrice o un’entità cooperativa, che fornisce a costi minori o eroga altri benefici in modo diretto e proporzionale ai soci e partecipanti.

Controllante

Entità che possiede una o più società controllate.

Probabile

Più verosimile che non.

Entità che redige il bilancio

Entità sul cui bilancio, redatto con scopi di carattere generale, si basano gli utilizzatori per ottenere delle informazioni utili al fine di prendere decisioni sull’impiego di risorse. Una entità che redige il bilancio può essere una singola entità oppure un gruppo comprendente una capogruppo e tutte le sue controllate.

Società controllata

Entità, anche senza personalità giuridica, come nel caso di una partnership, controllata da un’altra entità (nota come controllante).

Appendice B

Applicazioni supplementari

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Acquisizioni inverse

B1

Secondo quanto evidenziato al paragrafo 21, in alcune aggregazioni aziendali, comunemente denominate acquisizioni inverse, l’acquirente è l’entità le cui interessenze al capitale sono state acquisite e l’emittente è l’acquisito. Tale situazione può verificarsi quando, per esempio, un’entità non quotata predispone la propria «acquisizione» da parte di un’entità quotata di dimensioni minori come mezzo per ottenere una quotazione in borsa. Sebbene legalmente l’entità quotata emittente sia considerata la controllante e quella non quotata la controllata, la controllata è considerata l’acquirente se ha il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali della controllante giuridica al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

B2

Un’entità deve applicare le guide applicative di cui ai paragrafi B3-B15 per la contabilizzazione di un’acquisizione inversa.

B3

La contabilizzazione delle acquisizioni inverse determina l’allocazione del costo dell’aggregazione aziendale risultante alla data di acquisizione e non si applica alle operazioni successive all’aggregazione.

Costo dell’aggregazione aziendale

B4

Se strumenti rappresentativi di capitale sono emessi come parte del costo dell’aggregazione aziendale, il costo dell’aggregazione include il fair value (valore equo) di tali strumenti alla data dello scambio, in base alle disposizioni del paragrafo 24. Il paragrafo 27 evidenzia che, in assenza di un prezzo di borsa attendibile, il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale può essere stimato con riferimento al fair value (valore equo) dell’acquirente o il fair value (valore equo) dell’acquisito, utilizzando quello più chiaramente evidente.

B5

In una acquisizione inversa, il costo dell’aggregazione aziendale si assume che sia stato sostenuto dalla controllata giuridica (ossia l’acquirente a fini contabili) sotto forma di strumenti rappresentativi di capitale emessi a favore dei proprietari della controllante giuridica (ossia l’acquisito a fini contabili). Se il prezzo di borsa degli strumenti rappresentativi di capitale della controllata giuridica è utilizzato per determinare il costo dell’aggregazione, deve essere eseguito un calcolo al fine di determinare il quantitativo di strumenti rappresentativi di capitale che la controllata giuridica avrebbe dovuto emettere per fornire ai proprietari della controllante giuridica una percentuale di capitale posseduto nell’entità risultante dall’aggregazione, pari a quella ottenuta da tali proprietari nell’entità risultante dall’aggregazione come conseguenza dell’acquisizione inversa. Il fair value (valore equo) del quantitativo di strumenti rappresentativi di capitale così calcolato deve essere utilizzato come costo dell’aggregazione.

B6

Se il fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale della controllata giuridica non è chiaramente evidente in altri modi, il fair value (valore equo) totale di tutti gli strumenti rappresentativi di capitale della controllante giuridica emessi precedentemente all’aggregazione aziendale deve essere utilizzato come parametro per determinare il costo dell’aggregazione.

Preparazione e presentazione del bilancio consolidato

B7

Il bilancio consolidato redatto successivamente a un’acquisizione inversa deve essere pubblicato con la denominazione della controllante giuridica, ma descritto nelle note come continuazione del bilancio della controllata giuridica (ossia l’acquirente a fini contabili). Poiché tale bilancio consolidato rappresenta una continuazione del bilancio della controllata giuridica:

a)

le attività e le passività della controllata giuridica devono essere rilevate e valutate in tale bilancio consolidato ai rispettivi valori contabili ante aggregazione;

b)

gli utili portati a nuovo e gli altri saldi di patrimonio netto rilevati in tale bilancio consolidato devono corrispondere agli utili portati a nuovo e agli altri saldi di patrimonio netto della controllata giuridica immediatamente prima dell’aggregazione aziendale;

c)

l’importo rilevato come strumenti rappresentativi di capitale emessi in tale bilancio consolidato deve essere determinato aggiungendo al patrimonio netto emesso della controllata giuridica esistente immediatamente prima dell’aggregazione aziendale il costo dell’aggregazione determinato come indicato ai paragrafi B4-B6. Tuttavia, la struttura del patrimonio netto indicata in tale bilancio consolidato (ossia il numero e il tipo di strumenti rappresentativi di capitale emessi) deve riflettere la struttura del patrimonio netto della controllante giuridica, inclusi gli strumenti rappresentativi di capitale emessi dalla controllante giuridica al fine di realizzare l’aggregazione;

d)

le informazioni comparative presentate in tale bilancio consolidato devono essere quelle della controllata giuridica.

B8

La contabilizzazione delle acquisizioni inverse si applica solo nel bilancio consolidato. Pertanto, nel bilancio separato della controllante giuridica, ove presentato, la partecipazione nella controllata giuridica è contabilizzata in base alle disposizioni di cui allo IAS 27 per la contabilizzazione delle partecipazioni nel bilancio separato di un investitore.

B9

Il bilancio consolidato redatto successivamente a un’acquisizione inversa deve riflettere i fair value (valori equi) di attività, passività e passività potenziali della controllante giuridica (ossia l’acquisito a fini contabili). Pertanto, il costo dell’aggregazione aziendale deve essere allocato valutando le attività, passività e passività potenziali identificabili della controllante giuridica che soddisfano i criteri di rilevazione di cui al paragrafo 37, ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Qualunque eccedenza del costo dell’aggregazione rispetto alla quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto di tali voci deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dai paragrafi da 51 a 55. Qualunque eccedenza della quota di interessenza dell’acquirente nel fair value (valore equo) netto di tali elementi rispetto al costo dell’aggregazione deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dal paragrafo 56.

Interessenza di terzi

B10

In alcune acquisizioni inverse, alcuni dei soci della controllata giuridica non partecipano allo scambio di propri strumenti rappresentativi di capitale con strumenti rappresentativi di capitale della controllante giuridica. Sebbene l’entità in cui tali soci possiedono strumenti rappresentativi di capitale (la controllata giuridica) abbia acquisito un’altra entità (la controllante giuridica), tali soci devono essere trattati come interessenza di terzi nel bilancio consolidato redatto successivamente all’acquisizione inversa. Ciò in quanto i soci della controllata giuridica che non effettuano lo scambio di propri strumenti rappresentativi di capitale con strumenti rappresentativi di capitale della controllante giuridica possiedono una interessenza solo nei risultati e nelle attività nette della controllata giuridica e non nei risultati e nelle attività nette dell’entità risultante dall’aggregazione. Viceversa, tutti i soci della controllata giuridica, nonostante sia considerata come l’acquisito, possiedono una interessenza nei risultati e negli attivi netti dell’entità risultante dall’aggregazione.

B11

Poiché le attività e le passività della controllata giuridica sono rilevate e valutate nel bilancio consolidato ai rispettivi valori contabili precedenti all’aggregazione, l’interessenza di terzi deve riflettere la quota proporzionale di pertinenza degli azionisti di minoranza nei valori contabili delle attività nette della controllata giuridica, precedenti all’aggregazione.

Utile per azione

B12

Come evidenziato al paragrafo B7, lettera c), la struttura del patrimonio netto indicata nel bilancio consolidato redatto successivamente a un’acquisizione inversa riflette la struttura del patrimonio netto della controllante giuridica, inclusi gli strumenti rappresentativi di capitale emessi dalla controllante giuridica al fine di realizzare l’aggregazione aziendale.

B13

Allo scopo di calcolare la media ponderata delle azioni ordinarie in circolazione (il denominatore) nel corso dell’esercizio in cui si verifica l’acquisizione inversa:

a)

il numero di azioni ordinarie in circolazione, dall’inizio di tale esercizio alla data di acquisizione, deve essere considerato il numero di azioni ordinarie emesse dalla controllante giuridica a favore dei proprietari della controllata giuridica; e

b)

il numero di azioni ordinarie in circolazione dalla data di acquisizione alla fine di tale esercizio deve corrispondere al numero effettivo di azioni ordinarie della controllante giuridica, in circolazione nel corso di tale esercizio.

B14

L’utile base per azione indicato per ciascun esercizio comparativo precedente alla data di acquisizione, presentato nel bilancio consolidato successivamente a un’acquisizione inversa deve essere calcolato dividendo l’utile o la perdita della controllata giuridica attribuibile agli azionisti ordinari di ciascuno di tali esercizi per il numero di azioni ordinarie emesse dalla controllante giuridica a favore dei soci della controllata giuridica nell’acquisizione inversa.

B15

I calcoli di cui ai paragrafi B13 e B14 presumono che non si siano verificati cambiamenti nel numero di azioni ordinarie emesse dalla controllata giuridica nel corso degli esercizi comparativi e dall’inizio dell’esercizio in cui è stata realizzata l’acquisizione inversa fino alla data di acquisizione. Il calcolo dell’utile per azione deve essere adeguatamente rettificato, al fine di considerare l’effetto di una variazione del numero di azioni ordinarie della controllata giuridica emesse nel corso di tali esercizi.

Allocazione del costo di un’aggregazione aziendale

B16

Il presente IFRS prevede che un acquirente rilevi le attività, passività e passività potenziali identificabili dell’acquisito che soddisfino i relativi criteri di rilevazione, ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione. Al fine di allocare il costo di una aggregazione aziendale, l’acquirente deve trattare come fair value (valore equo) le misurazioni seguenti:

a)

per gli strumenti finanziari negoziati in un mercato attivo, l’acquirente deve utilizzare i valori correnti di mercato;

b)

per gli strumenti finanziari non negoziati in un mercato attivo, l’acquirente deve utilizzare valori stimati che prendono in considerazione parametri quali il rapporto prezzo-utile, i rendimenti da dividendi e i tassi di crescita attesi di strumenti comparabili di entità con caratteristiche similari;

c)

per i crediti, i contratti favorevoli ai beneficiari e altre attività identificabili, l’acquirente deve utilizzare i valori attuali degli importi da riscuotere, calcolati a un appropriato tasso di interesse corrente, dedotti gli eventuali accantonamenti per perdite su crediti e spese di incasso, ove necessario. Tuttavia, non è richiesta l’attualizzazione per i crediti a breve termine, i contratti favorevoli ai beneficiari e altre attività identificabili se non è rilevante la differenza tra i valori nominali e attuali.

d)

per le rimanenze di:

i)

prodotti finiti e merci, l’acquirente deve utilizzare i prezzi di vendita al netto della somma di 1) costi di dismissione e 2) un margine ragionevole di profitto attribuibile allo sforzo della vendita dell’acquirente basato sui profitti per prodotti finiti e merci similari;

ii)

prodotti in corso di lavorazione, l’acquirente deve utilizzare il prezzo di vendita dei prodotti finiti al netto 1) dell’importo complessivo di costi di completamento, 2) dei costi di dismissione e 3) un margine ragionevole riconducibile alle attività di completamento e di vendita, in base al profitto su prodotti finiti similari; e

iii)

materie prime, l’acquirente deve utilizzare i costi correnti di sostituzione.

e)

per terreni e fabbricati, l’acquirente deve utilizzare valori di mercato;

f)

per impianti e macchinari, l’acquirente deve utilizzare i valori di mercato, determinati in genere mediante una perizia. Se non sono disponibili evidenze di mercato del fair value (valore equo), a causa della natura specialistica degli impianti e macchinari e in quanto i beni sono raramente oggetto di vendita, eccetto quando sono parte di un’attività in esercizio, è possibile che un acquirente debba stimare il fair value (valore equo) utilizzando il metodo del reddito o del costo di sostituzione ammortizzato;

g)

per le attività immateriali, l’acquirente deve determinare il fair value (valore equo):

i)

con riferimento a un mercato attivo come definito nello IAS 38; o

ii)

se non esiste alcun mercato attivo, in base a un criterio in grado di rappresentare gli importi che l’acquirente avrebbe pagato per le attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, facendo riferimento alle migliori informazioni a disposizione (cfr. IAS 38 per ulteriore guida sulla determinazione dei fair value (valori equi) di attività immateriali acquisite attraverso aggregazioni aziendali);

h)

per le attività relative a benefici per i dipendenti o le passività per piani a benefici definiti, l’acquirente deve utilizzare il valore attuale delle obbligazioni per benefici definiti al netto del fair value (valore equo) di eventuali attività del piano. Tuttavia, un’attività è rilevata solamente nella misura in cui è probabile che essa sarà disponibile per l’acquirente sotto forma di rimborso derivante dal piano o di riduzione di contributi futuri;

i)

per le attività e le passività fiscali, l’acquirente deve utilizzare l’importo del beneficio fiscale derivante da perdite fiscali o da imposte sul reddito dovute, secondo quanto previsto dallo IAS 12, determinate nella prospettiva dell’entità risultante dall’aggregazione. L’attività o la passività fiscale è determinata dopo aver tenuto conto dell’effetto fiscale connesso alla rideterminazione del valore di attività, passività e passività potenziali identificabili ai rispettivi fair value (valori equi) e non è attualizzata;

j)

per i debiti ed effetti a breve, debiti a lungo termine, passività, accantonamenti e altre indennità pagabili, l’acquirente deve utilizzare i valori attuali degli importi da corrispondere per estinguere le passività, determinati sulla base di appropriati tassi correnti di interesse. Tuttavia, per passività a breve termine, l’attualizzazione non è richiesta se la differenza tra il valore nominale della passività e il valore attuale non è significativo;

k)

per i contratti onerosi e altre passività identificabili dell’acquisito, l’acquirente deve utilizzare i valori attuali degli importi da corrispondere per estinguere le obbligazioni determinati sulla base di appropriati tassi correnti di interesse;

l)

per le passività potenziali dell’acquisito, l’acquirente deve utilizzare gli importi che un terzo addebiterebbe per assumere tali passività potenziali. Tale importo deve riflettere tutte le attese di possibili flussi finanziari e non del singolo, più probabile flusso o di quello massimo o minimo previsto.

B17

Alcune delle suddette guide applicative richiedono che i fair value (valori equi) siano stimati adottando le tecniche di attualizzazione. Se la guida relativa a un determinato elemento non fa riferimento all’utilizzo di tecniche di attualizzazione, tali tecniche possono essere adottate per stimare il fair value (valore equo) dell’elemento.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 4

Contratti assicurativi

FINALITÀ

1.

La finalità del presente IFRS è quella di specificare l’informativa di bilancio relativa ai contratti assicurativi per ogni entità che emette tali contratti (definita, nel presente IFRS, come assicuratore) fino a quando il Board non avrà completato la seconda fase del suo progetto in materia di contratti assicurativi. In particolare, il presente IFRS richiede:

a)

limitati miglioramenti dei criteri di contabilizzazione applicati dagli assicuratori per i contratti assicurativi;

b)

informativa atta a identificare e illustrare gli importi nel bilancio dell’assicuratore derivanti da contratti assicurativi, al fine di aiutare gli utilizzatori del suddetto bilancio a comprendere l’ammontare, la tempistica e il grado di incertezza dei futuri flussi finanziari derivanti da contratti assicurativi.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

L’entità deve applicare il presente IFRS a:

a)

contratti assicurativi (inclusi contratti di riassicurazione) che emette e contratti di riassicurazione detenuti;

b)

strumenti finanziari di propria emissione contenenti un elemento di partecipazione discrezionale (cfr. paragrafo 35). L’IFRS 7 Strumenti finanziari: informazioni integrative richiede un’informativa su strumenti finanziari, inclusi quelli che contengono tale elemento.

3.

Il presente IFRS non prende in considerazione altri aspetti dei criteri contabili adottati dagli assicuratori, quali la contabilizzazione delle attività finanziarie gestite dagli assicuratori e delle passività finanziarie emesse dagli assicuratori (cfr. lo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio, lo IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione e lIFRS 7), eccetto le disposizioni transitorie di cui al paragrafo 45.

4.

L’entità non deve applicare il presente IFRS a:

a)

garanzie sui prodotti emesse direttamente da un produttore, commerciante o dettagliante (cfr. lo IAS 18 Ricavi e lo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali);

b)

attività e passività del datore di lavoro sulla base di piani di benefici per i dipendenti (cfr. lo IAS 19 Benefici per i dipendenti e l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni) e obbligazioni per benefici pensionistici previste da fondi pensione a benefici definiti (cfr. IAS 26 Rilevazione e rappresentazione in bilancio dei fondi pensione);

c)

diritti od obbligazioni contrattuali subordinati all’utilizzo, o al diritto di utilizzo, futuro di un elemento non finanziario (ad esempio, alcune commissioni per licenze, royalty, canoni di locazione sottoposti a condizione ed elementi similari), nonché la garanzia del locatario sul valore residuo implicita in un leasing finanziario (cfr. IAS 17 Leasing, IAS 18 Ricavi e IAS 38 Attività immateriali);

d)

contratti di garanzia finanziaria, a meno che l’emittente non abbia precedentemente dichiarato espressamente di considerare tali contratti come contratti assicurativi e non abbia adottato criteri contabili applicabili a contratti assicurativi, nel cui caso l’emittente può scegliere di applicare lo IAS 39, lo IAS 32 e l’IFRS 7 o il presente Principio a tali contratti di garanzia finanziaria. L’emittente può effettuare tale scelta per ciascun singolo contratto, ma la scelta effettuata per ogni contratto è poi irrevocabile;

e)

corrispettivi potenziali da pagare o da ricevere in una operazione di aggregazione aziendale (cfr. IFRS 3 Aggregazioni aziendali);

f)

contratti assicurativi diretti gestiti dall’entità (ossia contratti assicurativi diretti in cui l’entità è lassicurato). Tuttavia, il cedente deve applicare il presente IFRS ai contratti di riassicurazione che detiene.

5.

A scopo di semplificazione, il presente IFRS definisce come assicuratore qualsiasi entità che emette un contratto assicurativo, indipendentemente dal fatto che l’emittente sia considerato un assicuratore a fini giuridici o di vigilanza.

6.

Il contratto di riassicurazione è un tipo di contratto assicurativo. Di conseguenza, tutti i riferimenti ai contratti assicurativi, contenuti nel presente IFRS, si applicano anche ai contratti di riassicurazione.

Derivati incorporati

7.

Lo IAS 39 prevede che un’entità separi alcuni derivati incorporati dal relativo contratto sottostante, li valuti al fair value (valore equo) e includa le variazioni del fair value (valore equo) nel conto economico. Lo IAS 39 si applica ai derivati incorporati di un contratto assicurativo, fatta eccezione per i derivati incorporati che costituiscono di per sé un contratto assicurativo.

8.

Un’eccezione alla disposizione dello IAS 39 è costituita dal fatto che l’assicuratore non è tenuto a separare, e valutare al fair value (valore equo), l’opzione di un assicurato di riscattare un contratto assicurativo per un importo fisso (o per un importo basato su un importo fisso e un tasso di interesse), anche se il prezzo di esercizio differisce dal valore contabile della passività assicurativa sottostante. Tuttavia, la disposizione dello IAS 39 si applica a un’opzione put, o a un’opzione di riscatto in contanti, incorporata in un contratto assicurativo se il valore di riscatto varia in relazione al cambiamento di una variabile finanziaria (come un prezzo o un indice relativo ad azioni o merci) o di una variabile non finanziaria che non è specifica di una delle controparti contrattuali. Inoltre, tale disposizione si applica anche se la capacità dell’assicurato di esercitare un’opzione put o un’opzione di riscatto è susseguente ad un cambiamento di tali variabili (ad esempio, un’opzione put che può essere esercitata se un indice di mercato azionario raggiunge un livello stabilito).

9.

Il paragrafo 8 si applica anche alle opzioni per il riscatto di uno strumento finanziario contenente un elemento di partecipazione discrezionale.

Separazione delle componenti di deposito

10.

Alcuni contratti assicurativi contengono sia una componente assicurativa, sia una componente di deposito. In alcuni casi, all’assicuratore è richiesto o consentito di separare tali componenti:

a)

la separazione è richiesta se sono soddisfatte entrambe le condizioni seguenti:

i)

l’assicuratore può valutare la componente di deposito (incluse le eventuali opzioni di riscatto implicite) separatamente (ossia senza considerare la componente assicurativa);

ii)

i principi contabili dell’assicuratore di contro non prevedono che lo stesso rilevi tutti i diritti e le obbligazioni derivanti dalla componente di deposito;

b)

la separazione è consentita, ma non richiesta, se l’assicuratore può valutare la componente di deposito separatamente, come indicato al punto a), lettera i), ma i principi contabili da lui adottati prevedono che siano rilevati tutti i diritti e le obbligazioni derivanti dalla componente di deposito, indipendentemente dal criterio utilizzato per la valutazione di tali diritti e obbligazioni;

c)

la separazione è vietata se l’assicuratore non può valutare la componente di deposito separatamente, come indicato al punto a), lettera i).

11.

Quello che segue è l’esempio di un caso in cui i principi contabili dell’assicuratore non richiedono la rilevazione di tutte le obbligazioni derivanti da una componente di deposito. Un cedente riceve da un riassicuratore un indennizzo per delle perdite, ma il contratto obbliga il cedente al rimborso di tale somma negli anni successivi. Tale obbligazione deriva da una componente di deposito. È richiesta la separazione se i principi contabili adottati dal cedente, di contro, gli consentirebbero di rilevare la somma liquidata come un ricavo, senza rilevare la conseguente obbligazione.

12.

Per separare un contratto, l’assicuratore deve:

a)

applicare il presente IFRS alla componente assicurativa;

b)

applicare lo IAS 39 alla componente di deposito.

RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

Esenzione temporanea da altri IFRS

13.

I paragrafi da 10 a 12 dello IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori, specificano i criteri a cui deve attenersi un’entità nel definire un principio contabile quando a un elemento non è possibile applicare nessun IFRS. Tuttavia, in base al presente IFRS, l’assicuratore è esentato dall’applicare tali criteri ai propri principi contabili relativi a:

a)

contratti assicurativi di propria emissione (inclusi i costi di acquisizione e le attività immateriali connessi, di cui ai paragrafi 31 e 32); e

b)

contratti di riassicurazione che detiene.

14.

Tuttavia, il presente IFRS non esenta l’assicuratore da alcune implicazioni derivanti dai criteri di cui ai paragrafi 10-12 dello IAS 8. In particolare, l’assicuratore:

a)

non deve rilevare tra le passività nessun accantonamento per eventuali sinistri futuri, se tali sinistri derivano da contratti assicurativi non in essere alla data di riferimento del bilancio (quali le riserve catastrofali e le riserve di perequazione);

b)

deve eseguire la verifica di congruità delle passività di cui ai paragrafi da 15 a 19;

c)

deve eliminare una passività assicurativa (o una parte di una passività assicurativa) dal proprio stato patrimoniale quando, e solo quando, questa viene estinta, ossia quando l’obbligazione specificata nel contratto è adempiuta, cancellata oppure scaduta;

d)

non deve compensare:

i)

attività riassicurative a fronte delle correlate passività assicurative; o

ii)

proventi od oneri derivanti da contratti di riassicurazione a fronte di proventi od oneri derivanti dai contratti assicurativi correlati;

e)

deve stabilire se le attività riassicurative hanno subito una riduzione di valore (cfr. paragrafo 20).

Verifica di congruità delle passività

15.

L’assicuratore deve valutare, ad ogni data di riferimento del bilancio, l’eventuale congruità delle passività assicurative rilevate, utilizzando stime correnti dei futuri flussi finanziari derivanti dai propri contratti assicurativi. Se da tale valutazione si evince che il valore contabile delle passività assicurative (al netto delle attività immateriali e dei costi di acquisizione differiti connessi, di cui ai paragrafi 31 e 32) è inadeguato alla luce dei flussi finanziari futuri stimati, l’intera carenza deve essere rilevata nel conto economico.

16.

Se l’assicuratore effettua una verifica di congruità delle passività conforme alle disposizioni minime stabilite, il presente IFRS non impone altri requisiti. Le disposizioni minime sono elencate di seguito:

a)

la verifica prende in considerazione le stime correnti di tutti i flussi finanziari contrattuali e di quelli connessi, come i costi di gestione dei sinistri, nonché dei flussi finanziari derivanti da garanzie e opzioni implicite;

b)

se dalla verifica si evince la non congruità della passività, l’intera carenza viene rilevata a conto economico.

17.

Se i principi contabili dell’assicuratore non prevedono una verifica di congruità delle passività conforme alle disposizioni minime di cui al paragrafo 16, l’assicuratore deve:

a)

determinare il valore contabile delle passività assicurative rilevanti (1) al netto del valore contabile di:

i)

qualsiasi costo correlato di acquisizione differito; e

ii)

qualsiasi attività immateriale correlata, come quelle acquisite in un’aggregazione aziendale o in un trasferimento di portafoglio (cfr. paragrafi 31 e 32). Tuttavia, le attività correlate definite nel contratto di riassicurazione non vengono prese in considerazione in quanto l’assicuratore le contabilizza separatamente (cfr. paragrafo 20).

b)

determinare se l’importo descritto in a) è inferiore al valore contabile che sarebbe richiesto se le passività assicurative rilevanti rientrassero nell’ambito di applicazione dello IAS 37. Se tale importo risulta inferiore, l’assicuratore deve rilevare l’intera differenza a conto economico e ridurre il valore contabile delle attività immateriali o dei costi di acquisizione differiti connessi oppure aumentare il valore contabile delle passività assicurative rilevanti.

18.

Se la verifica di congruità delle passività di un assicuratore soddisfa le disposizioni minime di cui al paragrafo 16, la verifica viene condotta a livello di aggregazione specificato nella verifica stessa. Se, al contrario, la verifica di congruità delle passività non soddisfa dette disposizioni minime, il confronto descritto al paragrafo 17 deve essere condotto a livello di un portafoglio di contratti soggetti a rischi nel complesso similari e gestiti collettivamente come un singolo portafoglio.

19.

L’importo descritto al paragrafo 17, lettera b), (ossia il risultato dell’applicazione dello IAS 37) deve riflettere i margini di investimenti futuri (cfr. paragrafi da 27 a 29) se, e solo se, anche l’importo descritto al paragrafo 17, lettera a), riflette tali margini.

Riduzione di valore delle attività riassicurative

20.

Se le attività riassicurative del cedente hanno subito una riduzione di valore, il cedente deve ridurre di conseguenza il proprio valore contabile e rilevare tale perdita di valore a conto economico. Le attività riassicurative hanno subito una riduzione di valore se, e solo se:

a)

esistono prove oggettive, in conseguenza di un evento verificatosi dopo la rilevazione iniziale delle attività riassicurative, che il cedente potrebbe non ricevere tutti gli importi a lui dovuti in base ai termini del contratto; e

b)

detto evento ha un impatto, valutabile in maniera attendibile, sugli importi che il cedente deve ricevere dal riassicuratore.

Cambiamenti di principi contabili

21.

I paragrafi da 22 a 30 si applicano sia ai cambiamenti effettuati da assicuratori che già applicano gli IFRS, sia ai cambiamenti effettuati da assicuratori che adottano gli IFRS per la prima volta.

22.

L’assicuratore può cambiare i propri principi contabili per i contratti assicurativi se, e solo se, il cambiamento comporta una rappresentazione del bilancio più rilevante, e non meno attendibile, ai fini delle esigenze decisionali di tipo economico degli utilizzatori, oppure più attendibile e non meno rilevante per tali esigenze. L’assicuratore deve valutare la rilevanza e l’attendibilità in base alle condizioni di cui allo IAS 8.

23.

Per giustificare il cambiamento dei principi contabili adottati per i contratti assicurativi, l’assicuratore deve dimostrare che il cambiamento comporta una maggiore conformità del proprio bilancio alle condizioni definite nello IAS 8, ma non è necessario che tale conformità sia completa. Le seguenti problematiche specifiche vengono trattate più avanti:

a)

tassi correnti di interesse (paragrafo 24);

b)

continuazione delle prassi esistenti (paragrafo 25);

c)

prudenza (paragrafo 26);

d)

margini degli investimenti futuri (paragrafi da 27 a 29); e

e)

contabilità «ombra» (paragrafo 30).

Tassi di interesse correnti di mercato

24.

All’assicuratore è consentito, ma non richiesto, modificare i propri principi contabili per rideterminare le passività assicurative identificate (2) onde riflettere i tassi di interesse correnti di mercato, e per rilevare le variazioni di tali passività nel conto economico. In tale circostanza, può anche introdurre principi contabili che prevedono altre stime correnti e ipotesi in merito alle passività identificate. L’opzione descritta nel presente paragrafo consente all’assicuratore di cambiare i propri principi contabili per le passività identificate, senza applicare tali principi uniformemente a tutte le passività similari, come previsto, invece, dallo IAS 8. Se l’assicuratore identifica le passività a cui applicare tale opzione, deve continuare ad applicare i tassi di interesse correnti di mercato (e, ove applicabili, le altre stime correnti e ipotesi) in modo uniforme per tutti gli esercizi, e a tutte le suddette passività, fino a quando non siano estinte.

Continuazione delle prassi esistenti

25.

L’assicuratore può continuare ad adottare le prassi riportate di seguito, ma l’introduzione di una qualsiasi delle suddette prassi non rispetta le disposizioni di cui al paragrafo 22:

a)

misurare le passività assicurative ad un valore non attualizzato;

b)

misurare i diritti contrattuali relativi a commissioni di gestione degli investimenti futuri, per un importo superiore al loro fair value (valore equo), sulla base delle commissioni correnti addebitate da altri operatori di mercato per servizi similari. È probabile che il fair value (valore equo) alla data di sottoscrizione di tali diritti contrattuali sia pari ai costi di emissione sostenuti, a meno che le commissioni di gestione degli investimenti futuri e i costi connessi non siano allineati con valori di mercato comparabili;

c)

adozione di principi contabili non uniformi per i contratti assicurativi (e per eventuali attività immateriali e costi di acquisizione differiti connessi) di società controllate, a eccezione di quanto consentito dal paragrafo 24. Se i suddetti principi contabili non sono uniformi, l’assicuratore può cambiarli se la modifica non comporta una maggiore diversità dei principi contabili ed è conforme alle altre disposizioni previste nel presente IFRS.

Prudenza

26.

L’assicuratore non è tenuto a cambiare i propri principi contabili per i contratti assicurativi al fine di evitare una prudenza eccessiva. Tuttavia, se l’assicuratore già valuta i propri contratti assicurativi con sufficiente prudenza, non deve applicare una prudenza maggiore.

Margini d’investimento futuri

27.

L’assicuratore non è tenuto a cambiare i propri principi contabili per i contratti assicurativi onde eliminare i margini di investimento futuri. Tuttavia, esiste una presunzione relativa che il bilancio di un assicuratore diventi meno rilevante e attendibile se l’assicuratore introduce un principio contabile che riflette i margini d’investimento futuri nella valutazione dei contratti assicurativi, a meno che tali margini non influiscano sui pagamenti contrattuali. Di seguito sono riportati due esempi di principi contabili che riflettono i suddetti margini:

a)

adozione di un tasso di sconto che riflette il rendimento stimato delle attività dell’assicuratore; o

b)

proiezione dei rendimenti di tali attività a un tasso di rendimento stimato, attualizzazione dei rendimenti attesi a un tasso diverso e utilizzo del risultato per la misurazione della passività.

28.

L’assicuratore può superare la presunzione relativa descritta al paragrafo 27 se, e solo se, le altre componenti di un cambiamento di principi contabili comportano un aumento della rilevanza e dell’attendibilità del bilancio, sufficientemente maggiore della riduzione di rilevanza e attendibilità derivanti dall’inclusione dei margini d’investimento futuri. Ad esempio, si consideri il caso in cui i principi contabili applicati da un assicuratore ai contratti assicurativi prevedano criteri di prudenza eccessivi, stabiliti alla sottoscrizione, e un tasso di sconto definito da un’autorità di regolamentazione senza riferimento diretto alle condizioni di mercato, e che non tengano conto di alcune opzioni implicite e garanzie. L’assicuratore può accrescere la rilevanza del proprio bilancio, senza inficiarne l’attendibilità, adottando un criterio contabile esaustivo orientato all’investitore, largamente utilizzato, che prevede:

a)

stime correnti e ipotesi;

b)

una ragionevole (ma non eccessivamente prudenziale) rettifica atta a riflettere il grado di rischio e di incertezza;

c)

misurazioni che riflettono sia il valore intrinseco, sia il valore temporale delle opzioni implicite e delle garanzie; e

d)

un tasso di sconto corrente di mercato, anche se detto tasso di sconto riflette il rendimento stimato delle attività dell’assicuratore.

29.

Alcuni metodi di misurazione prevedono l’utilizzo del tasso di sconto per determinare il valore attuale di un futuro margine di profitto. Tale margine di profitto viene quindi attribuito a diversi esercizi tramite una formula. In base ai suddetti metodi, il tasso di sconto influisce solo indirettamente sulla misurazione della passività. In particolare, l’applicazione di un tasso di sconto meno appropriato non ha alcun effetto, o un effetto limitato, sulla misurazione della passività alla sottoscrizione. Tuttavia, esistono altri metodi in base ai quali il tasso di sconto determina direttamente la misurazione della passività. In questo ultimo caso, poiché l’introduzione di un tasso di sconto basato sulle attività ha un effetto più significativo, è altamente improbabile che un assicuratore riesca a superare la presunzione relativa descritta al paragrafo 27.

«Contabilità ombra»

30.

In alcuni sistemi contabili, le plusvalenze o minusvalenze realizzate sulle attività dell’assicuratore hanno un effetto diretto sulla misurazione di una parte o della totalità a) delle sue passività assicurative, b) dei relativi costi di acquisizione differiti e c) delle relative attività immateriali, di cui ai paragrafi 31 e 32. All’assicuratore è consentito, ma non richiesto, modificare i propri principi contabili onde ottenere che una plusvalenza o minusvalenza, rilevata ma non realizzata, su un’attività influenzi quelle misurazioni allo stesso modo di una plusvalenza o minusvalenza realizzata. La relativa rettifica delle passività assicurative (o dei costi di acquisizione differiti oppure delle attività immateriali) deve essere rilevata nel patrimonio netto se, e solo se, le plusvalenze o minusvalenze non realizzate sono rilevate direttamente nel patrimonio netto. Questa prassi è nota anche come «contabilità ombra».

Contratti assicurativi acquisiti in una aggregazione aziendale o in un trasferimento di portafoglio

31.

Per uniformarsi alle disposizioni di cui all’IFRS 3, l’assicuratore, alla data di acquisizione, deve valutare al fair value (valore equo) le passività assicurative assunte e le attività assicurative acquisite a seguito di una aggregazione aziendale. Tuttavia, all’assicuratore è consentito, ma non richiesto, l’utilizzo di un’esposizione suddivisa in cui il fair value (valore equo) dei contratti assicurativi acquisiti venga scisso in due componenti:

a)

una passività valutata in base ai principi contabili adottati dall’assicuratore per i contratti assicurativi che emette; e

b)

un’attività immateriale, che rappresenta la differenza tra i) il fair value (valore equo) dei diritti assicurativi acquisiti contrattualmente e delle obbligazioni assicurative assunte contrattualmente e ii) l’importo descritto al punto a). La misurazione successiva di tale attività deve essere coerente con la misurazione della relativa passività assicurativa.

32.

Un assicuratore che acquisisca un portafoglio di contratti assicurativi può utilizzare l’esposizione dettagliata descritta al paragrafo 31.

33.

Le attività immateriali di cui ai paragrafi 31 e 32 sono escluse dall’ambito di applicazione dello IAS 36 Riduzione di valore delle attività e dello IAS 38. Tuttavia, lo IAS 36 e lo IAS 38 si applicano alle anagrafiche clienti e alle relazioni commerciali con i clienti che riflettono l’aspettativa di contratti futuri non rientranti nei diritti e obbligazioni assicurativi contrattuali esistenti alla data dell’aggregazione aziendale o del trasferimento di portafoglio.

Elementi di partecipazione discrezionali

Elementi di partecipazione discrezionali nei contratti assicurativi

34.

Alcuni contratti assicurativi contengono un elemento di partecipazione discrezionale, nonché una componente garantita. L’emittente di tali contratti:

a)

può, a sua discrezione, rilevare la componente garantita separatamente dall’elemento di partecipazione discrezionale. Se l’emittente non li rileva separatamente, deve classificare l’intero contratto come una passività. Se l’emittente li rileva separatamente, deve classificare la componente garantita come una passività;

b)

deve, nel caso rilevi l’elemento di partecipazione discrezionale separatamente dalla componente garantita, classificare il primo come una passività ovvero come una componente distinta del patrimonio netto. Il presente IFRS non specifica il modo in cui l’assicuratore determina se tale componente rappresenti una passività o un elemento di patrimonio netto. L’emittente può suddividere la suddetta componente in componenti di passività e di patrimonio netto adottando un principio contabile uniforme per la suddivisione. L’emittente non deve classificare la suddetta componente in una categoria intermedia non identificabile né come passività né come patrimonio netto;

c)

può rilevare tutti i premi ricevuti come ricavi, senza separare alcuna parte relativa alla componente di patrimonio netto. Le conseguenti variazioni della componente garantita e della parte dell’elemento di partecipazione discrezionale classificata come passività devono essere rilevate nel conto economico. Se l’elemento di partecipazione discrezionale è classificato, interamente o in parte, come componente di patrimonio netto, una quota del risultato economico può essere attribuibile a tale componente (così come una quota può essere attribuibile alle interessenze di terzi). L’emittente deve rilevare la quota del risultato economico attribuibile a una qualsiasi componente di patrimonio netto di un elemento di partecipazione discrezionale come allocazione del risultato economico, e non come un provento od onere (cfr. IAS 1 Presentazione del bilancio);

d)

deve, se il contratto contiene un derivato incorporato rientrante nell’ambito di applicazione dello IAS 39, applicare lo IAS 39 a tale derivato incorporato;

e)

deve, per quanto riguarda tutti gli aspetti non descritti nei paragrafi da 14 a 20 e 34, lettere da a) a d), continuare ad adottare i propri principi contabili per tali contratti, a meno che non cambi detti principi contabili in conformità con quanto stabilito nei paragrafi da 21 a 30.

Elementi di partecipazione discrezionali negli strumenti finanziari

35.

Le disposizioni di cui al paragrafo 34 si applicano anche agli strumenti finanziari che contengono un elemento di partecipazione discrezionale. Inoltre:

a)

se l’emittente classifica l’intero elemento di partecipazione discrezionale come passività, deve applicare la verifica di congruità delle passività, di cui ai paragrafi da 15 a 19, all’intero contratto (ossia alla componente garantita e all’elemento di partecipazione discrezionale). L’emittente non è tenuto a determinare l’importo derivante dall’applicazione dello IAS 39 alla componente garantita;

b)

se l’emittente classifica tale elemento, o parte di esso, come una componente distinta del patrimonio netto, la passività rilevata per l’intero contratto non deve essere inferiore all’importo risultante dall’applicazione dello IAS 39 alla componente garantita. Il suddetto importo deve includere il valore intrinseco, ma non necessariamente il valore temporale, di un’opzione di riscatto del contratto se il paragrafo 9 esenta tale opzione dalla misurazione al fair value (valore equo). L’emittente non è tenuto a indicare l’importo che deriverebbe dall’applicazione dello IAS 39 alla componente garantita, né a esporlo separatamente. Inoltre, l’emittente non è tenuto a determinare tale importo se la passività totale rilevata è chiaramente superiore;

c)

sebbene tali contratti siano strumenti finanziari, l’emittente può continuare a rilevare i premi relativi a detti contratti come ricavo e rilevare come costo il conseguente aumento del valore contabile della passività;

d)

sebbene tali contratti siano strumenti finanziari, l’emittente che applica il paragrafo 20, lettera b), dell’IFRS 7 a contratti con un elemento di partecipazione discrezionale deve indicare il totale degli interessi passivi rilevati nel conto economico, ma non deve necessariamente calcolare tali interessi passivi adottando il criterio dell’interesse effettivo.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

Illustrazione degli importi rilevati

36.

L’assicuratore deve indicare le informazioni che identificano e illustrano gli importi iscritti nel proprio bilancio relativi ai contratti assicurativi.

37.

Per uniformarsi alle disposizioni di cui al paragrafo 36, l’assicuratore deve indicare:

a)

i principi contabili adottati per i contratti assicurativi e per le attività, passività, proventi e oneri relativi;

b)

le attività, passività, proventi e oneri rilevati (e, se presenta il proprio rendiconto finanziario utilizzando il metodo diretto, i flussi finanziari) derivanti dai contratti assicurativi. Inoltre, se l’assicuratore è un cedente, deve indicare:

i)

le plusvalenze e le minusvalenze rilevate nel conto economico sulla riassicurazione passiva; e

ii)

se il cedente differisce e ammortizza le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla riassicurazione passiva, la quota d’ammortamento dell’esercizio e gli importi residui non ammortizzati all’inizio e alla fine dell’esercizio;

c)

il processo utilizzato per determinare le ipotesi che hanno l’effetto maggiore sulla misurazione degli importi rilevati descritti al punto b). Ove possibile, l’assicuratore deve inoltre fornire informazioni quantitative di tali ipotesi;

d)

l’effetto dei cambiamenti delle ipotesi assunte per la misurazione delle attività e passività assicurative, mostrando separatamente l’effetto di ogni singolo cambiamento che influisce in modo rilevante sul bilancio;

e)

le riconciliazioni delle variazioni delle passività assicurative, attività riassicurative e, ove esistano, dei relativi costi di acquisizione differiti.

Natura e portata dei rischi derivanti da contratti assicurativi

38.

L’assicuratore deve fornire un’informativa tale da consentire agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura e la portata dei rischi derivanti dai contratti assicurativi.

39.

Per uniformarsi alle disposizioni di cui al paragrafo 38, l’assicuratore deve indicare:

a)

gli obiettivi, le politiche e i processi di gestione dei rischi derivanti da contratti assicurativi e i metodi adottati per la gestione di tali rischi;

b)

[Eliminato]

c)

informazioni sul rischio assicurativo (prima e dopo la riduzione dello stesso tramite riassicurazione), incluse le informazioni relative a:

i)

la sensitività al rischio assicurativo (cfr. paragrafo 39A);

ii)

concentrazioni di rischio assicurativo, inclusa una descrizione del modo in cui la direzione aziendale determina tali concentrazioni e una descrizione della caratteristica comune che identifica ciascuna concentrazione (per esempio, il tipo di evento assicurato, l’area geografica o la valuta);

iii)

i sinistri effettivi rispetto alle stime precedenti (ossia lo sviluppo dei sinistri). Le informazioni integrative sullo sviluppo dei sinistri devono partire dal periodo del primo sinistro significativo per il quale non sono stati definiti con certezza l’importo e la tempistica dei pagamenti, ma non è necessario che risalgano a un periodo superiore ai dieci anni. L’assicuratore non è tenuto a rendere note tali informazioni nel caso di sinistri per i quali, nell’arco di un anno, si definiscono in genere importo e tempistica dei risarcimenti;

d)

informazioni relative al rischio di credito, al rischio di liquidità e al rischio di mercato che sarebbero richieste dai paragrafi da 31 a 42 dell’IFRS 7 se i contratti assicurativi rientrassero nell’ambito di applicazione dell’IFRS 7. Tuttavia:

i)

l’assicuratore non è tenuto a predisporre l’analisi delle scadenze richiesta dal paragrafo 39, lettera a), dell’IFRS 7 se fornisce informazioni integrative in merito alla tempistica stimata dei flussi finanziari netti in uscita derivanti dalle passività assicurative rilevate. Tali informazioni possono assumere la forma di una analisi degli importi rilevati nello stato patrimoniale, suddivisi in base alla tempistica stimata;

ii)

se un assicuratore adotta un metodo alternativo per gestire la sensitività alle condizioni di mercato, come l’analisi del valore implicito, esso può utilizzare tale analisi di sensitività per soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 40, lettera a), dell’IFRS 7. In tal caso, l’assicuratore deve predisporre anche le informazioni integrative richieste dal paragrafo 41 dell’IFRS 7;

e)

le informazioni relative all’esposizione al rischio di mercato dovuta ai derivati incorporati contenuti in un contratto assicurativo primario se all’assicuratore non è richiesta e non adotta la valutazione al fair value (valore equo) dei derivati incorporati.

39A

Per assicurare la conformità con il paragrafo 39, lettera c), punto i), l’assicuratore deve predisporre le informazioni integrative di cui ai punti a) o b) seguenti:

a)

un’analisi di sensitività che dimostri quale sarebbe stato l’impatto sul conto economico e sul patrimonio netto se si fossero verificati, alla data di riferimento del bilancio, i cambiamenti ragionevolmente possibili della variabile rilevante di rischio; i metodi e le ipotesi utilizzati per la preparazione dell’analisi di sensitività; e qualsiasi cambiamento rispetto all’esercizio precedente nei metodi e nelle ipotesi utilizzati. Tuttavia, se un assicuratore utilizza un metodo alternativo per gestire la sensitività alle condizioni di mercato, come l’analisi del valore implicito, esso può soddisfare questo requisito illustrando tale analisi di sensitività alternativa e le informazioni integrative richieste dal paragrafo 41 dell’IFRS 7;

b)

informazioni qualitative relative alla sensitività e informazioni relative a quelle clausole contrattuali e a quelle condizioni generali dei contratti assicurativi che hanno un effetto rilevante sull’importo, sulla tempistica e sul grado di incertezza dei futuri flussi finanziari dell’assicuratore.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

40.

Le disposizioni transitorie di cui ai paragrafi da 41 a 45 si applicano sia ad una entità che già applicava altri IFRS prima di applicare il presente IFRS, sia ad una entità che applica gli IFRS per la prima volta (neo-utilizzatore).

41.

L’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente IFRS a un esercizio precedente, tale fatto deve essere indicato.

41A

I Contratti di garanzia finanziaria (Modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 4), emesso nell’agosto del 2005, ha modificato i paragrafi 4, lettera d), B18, lettera g) e B19, lettera f). L’entità deve applicare tali modifiche a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se una entità applica queste modifiche a un periodo precedente, tale fatto deve essere indicato e l’entità deve applicare le modifiche relative dello IAS 39 e dello IAS 32 (3) contemporaneamente.

Informazioni integrative

42.

Un’entità non è tenuta ad applicare le disposizioni del presente IFRS a informazioni comparative riferite a esercizi con inizio precedente al 1o gennaio 2005, a eccezione delle informazioni integrative richieste al paragrafo 37, lettera a) e b) sui principi contabili, e attività, passività, proventi e oneri rilevati (nonché ai flussi finanziari se viene utilizzato il metodo diretto).

43.

Se non è fattibile applicare una disposizione specifica dei paragrafi da 10 a 35 alle informazioni comparative riferite a esercizi con inizio precedente al 1o gennaio 2005, l’entità deve evidenziare tale fatto. Alcune volte la verifica di congruità delle passività (paragrafi da 15 a 19) su tali informazioni comparative può non risultare fattibile, ma è altamente improbabile che non risulti fattibile l’applicazione delle altre disposizioni dei paragrafi da 10 a 35 a tali informazioni comparative. Nello IAS 8 è fornita la definizione del termine «non fattibile».

44.

Nell’applicazione del paragrafo 39, lettera c), punto iii), un’entità non è tenuta a indicare informazioni relative allo sviluppo dei sinistri che risalgono a un periodo superiore ai cinque anni precedenti la fine del primo esercizio contabile in cui è stato applicato il presente IFRS. Inoltre, quando un’entità applica per la prima volta il presente IFRS, se non risulta fattibile predisporre informazioni relative allo sviluppo dei sinistri precedenti al primo esercizio in cui l’entità presenta informazioni comparative complete conformi al presente IFRS, l’entità deve evidenziare tale fatto.

Ridesignazione delle attività finanziarie

45.

Quando l’assicuratore cambia i principi contabili per le passività assicurative, gli è consentito, ma non richiesto, riclassificare alcune o tutte le attività finanziarie come «al fair value (valore equo) rilevato a conto economico». Tale riclassificazione è consentita se l’assicuratore cambia i propri principi contabili quando applica per la prima volta il presente IFRS e se effettua un successivo cambiamento di principio consentito dal paragrafo 22. La riclassificazione è un cambiamento di principio contabile; pertanto si applica lo IAS 8.


(1)  Le passività assicurative rilevanti sono quelle passività assicurative (e i relativi costi differiti nonché le relative attività immateriali) per le quali le politiche contabili dell’assicuratore non richiedono un test di adeguamento delle passività che soddisfa le disposizioni minimali del paragrafo 16.

(2)  In questo paragrafo, le passività assicurative includono i relativi costi differiti nonché le relative attività immateriali, come quelle illustrate nei paragrafi 31 e 32.

(3)  Quando una entità applica l’IFRS 7, il riferimento allo IAS 32 è sostituito dal riferimento all’IFRS 7.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Cedente

L’assicurato in un contratto di riassicurazione.

Componente di deposito

Una componente contrattuale non contabilizzata come derivato ai sensi dello IAS 39, mentre se fosse uno strumento separato rientrerebbe nell’ambito di applicazione dello IAS 39.

Contratto assicurativo diretto

Un contratto assicurativo che non costituisce un contratto di riassicurazione.

Elemento di partecipazione discrezionale

Un diritto contrattuale a ricevere benefici aggiuntivi, ad integrazione dei benefici garantiti:

a)

che rappresentano, probabilmente, una quota significativa dei benefici contrattuali totali;

b)

il cui importo o tempistica è, in base al contratto, a discrezione dell’emittente; e

c)

definiti contrattualmente in base a:

i)

il rendimento di uno specifico gruppo di contratti o di uno specifico tipo di contratto;

ii)

il rendimento, realizzato e/o non realizzato, del capitale investito su un gruppo specifico di attività gestite dall’emittente; o

iii)

il risultato economico della società, del fondo o di altra entità che emette il contratto.

Fair value (valore equo)

Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Contratto di garanzia finanziaria

Un contratto che prevede che l’emittente effettui dei pagamenti prestabiliti al fine di risarcire l’assicurato di una perdita subita per inadempienza di un determinato debitore al pagamento dovuto alla scadenza prevista sulla base delle clausole contrattuali originali o modificate di uno strumento di debito.

Rischio finanziario

Il rischio di una possibile variazione futura di uno o più di un tasso di interesse, prezzo di strumenti finanziari, prezzo di merci, tasso di cambio, indice di prezzo o di tasso, rating di credito o indice di credito o altra variabile specificata, a condizione che, nel caso di una variabile non finanziaria, tale variabile non sia specifica di una delle controparti contrattuali.

Benefici garantiti

Pagamenti o altri benefici sui quali un determinato assicurato o investitore possiede un diritto incondizionato, non soggetto alla discrezione contrattuale dell’emittente.

Componente garantita

Un’obbligazione a pagare dei benefici garantiti, inclusa in un contratto contenente un elemento di partecipazione discrezionale.

Attività assicurativa

Un diritto contrattuale netto dell’assicuratore ai sensi di un contratto assicurativo.

Contratto assicurativo

Un contratto in base al quale una delle parti (l’assicuratore) accetta un rischio assicurativo significativo da un terzo (l’assicurato) concordando di risarcire l’assicurato nel caso in cui lo stesso subisca danni conseguenti a uno specifico evento futuro incerto (l’evento assicurato). (Consultare l’appendice B per ulteriori indicazioni su questa definizione.)

Passività assicurativa

Una obbligazione contrattuale netta dell’assicuratore ai sensi di un contratto assicurativo.

Rischio assicurativo

Rischio, diverso dal rischio finanziario, trasferito dall’assicurato all’emittente del contratto assicurativo.

Evento assicurato

Un evento futuro incerto che è coperto da un contratto assicurativo e genera il rischio assicurativo.

Assicuratore

La parte contrattuale che, in base a un contratto assicurativo, si assume l’obbligazione di risarcire un assicurato nel caso si verifichi un evento assicurato.

Verifica di congruità delle passività

Una valutazione eseguita al fine di stabilire se sia necessario incrementare il valore contabile di una passività assicurativa (o ridurre il valore contabile dei relativi costi di acquisizione differiti o delle relative attività immateriali), in base all’analisi dei futuri flussi finanziari.

Assicurato

La parte contrattuale che, in base a un contratto assicurativo, ha diritto ad essere indennizzata nel caso si verifichi un evento assicurato.

Attività riassicurative

I diritti contrattuali netti del cedente ai sensi di un contratto di riassicurazione.

Contratto di riassicurazione

Un contratto assicurativo emesso da un assicuratore (il riassicuratore) al fine di indennizzare un altro assicuratore (il cedente) per perdite derivanti da uno o più contratti emessi dal cedente.

Riassicuratore

La parte che, in base a un contratto di riassicurazione, si assume l’obbligazione di indennizzare un cedente nel caso si verifichi un evento assicurato.

Separazione

Contabilizzazione delle componenti di un contratto come se fossero dei contratti distinti.

Appendice B

Definizione di contratto assicurativo

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

B1

La presente appendice fornisce una guida sulla definizione di contratto assicurativo di cui all’Appendice A, e tratta gli argomenti seguenti:

a)

il termine «evento futuro incerto» (paragrafi da B2 a B4);

b)

pagamenti in natura (paragrafi da B5 a B7);

c)

rischio assicurativo e altri rischi (paragrafi da B8 a B17);

d)

esempi di contratti assicurativi (paragrafi da B18 a B21);

e)

rischio assicurativo significativo (paragrafi da B22 a B28); e

f)

cambiamenti nel livello di rischio assicurativo (paragrafi B29 e B30).

Evento futuro incerto

B2

L’incertezza (o rischio) è l’essenza di un contratto assicurativo. Di conseguenza, al momento della stipula di un contratto assicurativo, almeno uno dei seguenti elementi è incerto:

a)

se un evento assicurato si verificherà;

b)

quando si verificherà; o

c)

quanto l’assicuratore dovrà liquidare al verificarsi dell’evento.

B3

In alcuni contratti assicurativi, l’evento assicurato è costituito dalla scoperta di una perdita nel corso della durata contrattuale, anche se la perdita è dovuta a un evento verificatosi prima della stipula del contratto. In altri contratti assicurativi, l’evento assicurato è costituito da un evento che si verifica nel corso della durata contrattuale, anche se la conseguente perdita viene scoperta successivamente alla scadenza contrattuale.

B4

Alcuni contratti assicurativi coprono eventi che sono già accaduti, ma i cui effetti finanziari sono ancora incerti. Un esempio è un contratto di riassicurazione che copre l’assicuratore diretto dall’evolversi in modo avverso di sinistri già denunciati dagli assicurati. In tali contratti, l’evento assicurato è la scoperta del costo finale di tali sinistri.

Pagamenti in natura

B5

Alcuni contratti assicurativi prevedono o consentono pagamenti in natura. Un esempio è dato dalla sostituzione diretta, da parte dell’assicuratore, di un articolo rubato, piuttosto che il riconoscimento di un indennizzo all’assicurato. Un altro esempio è quando l’assicuratore utilizza i propri ospedali e il proprio personale medico per fornire l’assistenza medica prevista dai contratti.

B6

Alcuni contratti di prestazione di servizi con tariffe fisse, in cui il livello del servizio dipende da un evento incerto, soddisfano i requisiti di contratto assicurativo di cui al presente IFRS, ma in alcuni paesi non sono disciplinati come contratti assicurativi. Un esempio è dato da un contratto di manutenzione in cui il prestatore del servizio si impegna a riparare determinati macchinari in caso di malfunzionamenti. La tariffa fissa è basata sul numero atteso di malfunzionamenti, ma non è sicuro il verificarsi del guasto di una particolare macchina. Il malfunzionamento del macchinario danneggia il suo proprietario e il contratto serve a risarcirlo (in natura piuttosto che in contanti). Un altro esempio è dato da un contratto di assistenza per guasti automobilistici in cui il prestatore del servizio si impegna, a fronte di una tariffa fissa annuale, a fornire soccorso stradale o a trainare l’auto al centro di assistenza più vicino. Quest’ultima forma di contratto soddisfa i requisiti di contratto assicurativo anche se il fornitore non si impegna a effettuare le riparazioni o a sostituire i pezzi di ricambio.

B7

È probabile che l’applicazione dell’IFRS ai contratti descritti nel paragrafo B6 non risulti più onerosa dell’applicazione degli IFRS applicabili qualora tali contratti non dovessero rientrare nell’ambito di applicazione del presente IFRS:

a)

è improbabile che vi siano passività significative a fronte di malfunzionamenti e guasti già verificatisi;

b)

in caso di applicazione dello IAS 18 Ricavi, il prestatore di servizi dovrebbe rilevare i ricavi in base allo stato d’avanzamento (e in base ad altri criteri specificati). Tale approccio è accettabile anche ai sensi del presente IFRS, che consente al prestatore di servizi i) di continuare ad applicare i propri principi contabili a tali contratti a meno che essi non riguardino prassi vietate dalle disposizioni di cui al paragrafo 14 e ii) di migliorare i propri principi contabili se consentito dalle disposizioni di cui ai paragrafi da 22 a 30;

c)

il prestatore del servizio valuta se il costo dell’adempimento alle proprie obbligazioni contrattuali, legate alla prestazione dei servizi, è superiore al corrispettivo percepito anticipatamente. Per fare ciò applica la verifica di congruità delle passività descritta nei paragrafi da 15 a 19 del presente IFRS. Se il presente IFRS non si applica a tali contratti, il prestatore del servizio dovrebbe applicare lo IAS 37 per determinare se tali contratti sono onerosi;

d)

per tali contratti, è poco probabile che l’informativa richiesta dal presente IFRS possa aggiungere ulteriori informazioni rilevanti a quelle già richieste da altri IFRS.

Distinzione tra rischio assicurativo e altri rischi

B8

La definizione di contratto assicurativo fa riferimento al rischio assicurativo, definito dal presente IFRS come rischio, diverso dal rischio finanziario, trasferito dall’assicurato all’emittente del contratto. Un contratto che espone l’emittente a un rischio finanziario senza un rischio assicurativo significativo non può essere considerato un contratto assicurativo.

B9

La definizione di rischio finanziario di cui all’appendice A comprende un elenco di variabili finanziarie e non finanziarie. Tale elenco include variabili non finanziarie che non sono specifiche di una parte contrattuale, come un indice relativo a perdite da terremoto in una particolare regione o un indice della temperatura in una particolare città. Esso esclude variabili non finanziarie che sono specifiche di una parte contrattuale, come il verificarsi o meno di un incendio che danneggi o distrugga una attività di tale parte. Inoltre, il rischio di variazioni del fair value (valore equo) di una attività non finanziaria non costituisce un rischio finanziario se il fair value (valore equo) riflette non soltanto le variazioni nei prezzi di mercato di tali attività (variabile finanziaria), ma anche la condizione di una specifica attività non finanziaria posseduta da una delle parti di un contratto (variabile non finanziaria). Per esempio, se una garanzia del valore residuo di una particolare auto espone il garante al rischio di cambiamenti nella condizione fisica dell’auto stessa, tale rischio va considerato come rischio assicurativo e non finanziario.

B10

Alcuni contratti espongono l’emittente al rischio finanziario oltre che a un significativo rischio assicurativo. Per esempio, molti contratti assicurativi sulla vita garantiscono agli assicurati un rendimento minimo (creando un rischio finanziario) e assicurano dei benefici economici per il caso morte, i quali in alcuni momenti eccedono significativamente il conto tecnico dell’assicurato (creando un rischio assicurativo nella forma di rischio mortalità). Tali contratti sono contratti assicurativi.

B11

In base ad alcuni contratti, un evento assicurato determina il pagamento di una somma collegata a un indice di prezzo. Tali contratti sono contratti assicurativi, a condizione che il pagamento dovuto a seguito dell’evento assicurato sia di importo significativo. Per esempio, una rendita condizionata all’esistenza in vita del beneficiario, collegata a un indice del costo della vita, trasferisce il rischio assicurativo in quanto il pagamento scaturisce da un evento incerto: la sopravvivenza del beneficiario alla scadenza. Il collegamento a un indice di prezzo è un derivato incorporato, ma trasferisce anche rischio assicurativo. Se il trasferimento di rischio assicurativo risultante è significativo, il derivato incorporato rientra nella definizione di contratto assicurativo; in tal caso non è necessario separarlo e valutarlo al fair value (valore equo) (cfr. paragrafo 7 del presente IFRS).

B12

La definizione di rischio assicurativo fa riferimento al rischio che un assicuratore accetta dall’assicurato. In altre parole, il rischio assicurativo è un rischio pre-esistente trasferito dall’assicurato all’assicuratore. Pertanto, un nuovo rischio creato dal contratto non è un rischio assicurativo.

B13

La definizione di contratto assicurativo fa riferimento a un effetto avverso per l’assicurato. La definizione non limita la somma pagata dall’assicuratore ad un importo pari all’impatto finanziario dell’evento avverso. Per esempio, la definizione non esclude una copertura «nuova per vecchià », ossia che indennizza l’assicurato in misura sufficiente a consentirgli la sostituzione di un bene vecchio danneggiato con un bene nuovo. Analogamente, la definizione di contratto assicurativo non limita l’importo da corrispondere, in caso di contratto assicurativo sulla vita, alla perdita finanziaria sofferta dalle persone a carico del deceduto, né preclude il pagamento di somme predeterminate per quantificare la perdita provocata dal decesso o da un incidente.

B14

Alcuni contratti richiedono un pagamento al verificarsi di un evento incerto specificato, ma non richiedono un effetto avverso sull’assicurato come condizione per il pagamento. Tale contratto non costituisce un contratto assicurativo anche se l’assicurato utilizza il contratto per attenuare un’esposizione al rischio sottostante. Per esempio, se l’assicurato utilizza un derivato per coprire una variabile non finanziaria sottostante, correlata ai flussi finanziari rivenienti da un’attività dell’entità, tale derivato non costituisce un contratto assicurativo, in quanto il pagamento non è condizionato al verificarsi di un evento avverso sull’assicurato che riduce i flussi finanziari di tale attività. Al contrario, la definizione di contratto assicurativo fa riferimento a un evento incerto in cui la condizione contrattuale per il pagamento è costituita dal verificarsi di un effetto avverso per l’assicurato. Tale condizione contrattuale non richiede che l’assicuratore indaghi sul fatto che l’evento abbia effettivamente determinato un effetto avverso, ma consente all’assicuratore di rifiutarsi di corrispondere l’indennizzo se non è soddisfatto che l’evento abbia causato un effetto avverso.

B15

Il rischio riscatto o persistenza (ossia il rischio che la controparte possa risolvere il contratto anticipatamente o posteriormente rispetto alle aspettative dell’emittente al momento della definizione delle tariffe contrattuali) non costituisce rischio assicurativo in quanto il pagamento nei confronti della controparte non dipende da un evento futuro incerto con un effetto avverso sulla controparte. Analogamente, il rischio di costo (ossia, il rischio di incrementi inattesi dei costi amministrativi associati alla gestione di un contratto piuttosto che dei costi associati agli eventi assicurati) non è un rischio assicurativo in quanto un incremento inatteso dei costi non ha un effetto avverso sulla controparte.

B16

Pertanto, un contratto che espone l’emittente al rischio di riscatto, di persistenza o di costo, non costituisce un contratto assicurativo a meno che non esponga l’emittente anche ad un rischio assicurativo. Tuttavia, se l’emittente di tale contratto attenua tale rischio utilizzando un secondo contratto per trasferire parte di quel rischio a un’altra parte, il secondo contratto espone l’altra parte a rischio assicurativo.

B17

L’assicuratore può accettare un rischio assicurativo rilevante dall’assicurato soltanto se l’assicuratore è un’entità distinta dall’assicurato. In caso di mutua assicuratrice, la mutua accetta il rischio da ciascun assicurato e raggruppa tale rischio. Sebbene gli assicurati conservino tali rischi collettivamente nella loro qualità di soci, la mutua ha comunque accettato il rischio che costituisce l’essenza di un contratto assicurativo.

Esempi di contratti assicurativi

B18

I seguenti sono degli esempi di contratti assicurativi, nel caso in cui il trasferimento di rischio assicurativo è significativo:

a)

assicurazione contro furto o danni ai beni;

b)

assicurazione di responsabilità civile prodotti, responsabilità civile professionale, responsabilità civile o spese legali;

c)

assicurazione sulla vita e piani per spese funerarie (sebbene la morte sia un evento certo, è incerto il momento dell’evento oppure, in alcuni tipi di assicurazione, se l’evento si verificherà nel periodo coperto dal contratto assicurativo);

d)

rendite condizionate all’esistenza in vita del beneficiario e pensioni (ossia contratti che prevedono dei compensi per eventi futuri incerti — come la sopravvivenza del beneficiario o del pensionato — al fine di consentire al beneficiario o al pensionato di conservare un determinato tenore di vita, che altrimenti subirebbe un effetto avverso a seguito della sua sopravvivenza);

e)

inabilità e copertura medica;

f)

contratti di fideiussione, contratti assicurativi di fedeltà e obbligazioni di garanzia di esecuzione e obbligazioni di garanzia dell’offerta (ossia, quei contratti che assicurano un indennizzo se un terzo non adempie a una obbligazione contrattuale, per esempio, un’obbligazione a costruire un edificio);

g)

contratti di assicurazione del credito che assicurano dei pagamenti prestabiliti al fine di risarcire l’assicurato di una perdita subita, dovuta all’inadempienza di un debitore al pagamento dovuto sulla base delle clausole contrattuali originali o modificate di uno strumento di debito. Questi contratti potrebbero assumere diverse forme giuridiche, come una garanzia finanziaria, alcune forme di lettere di credito, un contratto per il default del derivato di credito o un contratto assicurativo. Tuttavia, sebbene questi contratti soddisfino la definizione di contratto assicurativo, essi soddisfano anche la definizione di contratto di garanzia finanziaria descritta nello IAS 39 e rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 32 (1) e dello IAS 39, e non del presente IFRS [cfr. paragrafo 4, lettera d)]. Tuttavia, se l’emittente di contratti di garanzia finanziaria ha precedentemente dichiarato espressamente di considerare tali contratti come contratti assicurativi e ha adottato criteri contabili applicabili a contratti assicurativi, l’emittente può scegliere di applicare lo IAS 39 e lo IAS 32 (1) o il presente Principio a tali contratti di garanzia finanziaria;

h)

garanzie di prodotto. Garanzie di prodotto emesse da un terzo a fronte di merci vendute da un produttore, da un commerciante o dettagliante rientranti nell’ambito di applicazione del presente IFRS. Tuttavia, le garanzie sui prodotti emesse direttamente da un produttore, commerciante o dettagliante non rientrano nel suo ambito applicativo, in quanto sono regolate dallo IAS 18 e dallo IAS 37;

i)

assicurazione sul titolo (ossia, una assicurazione contro i rischi di imperfezioni nel titolo di proprietà di un terreno, non evidenti al momento in cui il contratto assicurativo era stato emesso). In tal caso, l’evento assicurato è la scoperta di un difetto nel titolo di proprietà, non il difetto stesso;

j)

assistenza viaggi (ossia indennizzi in contanti o in natura ad assicurati a fronte di perdite subite in viaggio). I paragrafi B6 e B7 trattano contratti di questo genere;

k)

obbligazioni legate a eventi catastrofici che assicurano un pagamento ridotto di capitale, interessi, o di entrambi al verificarsi di uno specifico evento avverso che colpisca l’emittente dell’obbligazione (a meno che l’evento specifico non comporti un rischio assicurativo significativo; ad esempio se l’evento è rappresentato da una variazione di un tasso d’interesse o di un tasso di cambio);

l)

contratti di swap assicurativi e altri contratti che richiedono un pagamento a seconda dei cambiamenti di variabili climatiche, geologiche o altre variabili fisiche che sono specifiche di una delle parti contrattuali;

m)

contratti di riassicurazione.

B19

Gli esempi seguenti sono voci che non rientrano tra i contratti assicurativi:

a)

contratti di investimento nella forma giuridica di un contratto assicurativo ma che non espongono l’assicuratore a un rischio assicurativo significativo, come nel caso di contratti assicurativi sulla vita in cui l’assicuratore non assume un rischio di mortalità significativo (tali contratti sono strumenti finanziari non assicurativi o contratti di servizio, cfr. paragrafi B20 e B21);

b)

contratti nella forma giuridica di contratti assicurativi, ma che ritrasferiscono tutto il rischio assicurativo significativo all’assicurato attraverso meccanismi non annullabili ed esecutivi che rettificano i pagamenti futuri dell’assicurato come risultato diretto delle perdite assicurative, come nel caso dei contratti di riassicurazione finanziari o di alcuni contratti di gruppo (tali contratti sono normalmente strumenti finanziari non assicurativi o contratti di prestazioni di servizi; cfr. paragrafi B20 e B21);

c)

autoassicurazione, in altri termini la ritenzione di un rischio che potrebbe essere stato coperto da assicurazione (non esiste un contratto assicurativo in quanto non esiste alcun accordo con un terzo);

d)

contratti (come le scommesse) che richiedono un pagamento al verificarsi di un evento futuro incerto specificato ma che non richiedono, come condizione contrattuale per il pagamento, che l’evento determini un effetto avverso per l’assicurato. Tuttavia, ciò non impedisce la determinazione di un pagamento prestabilito che quantifichi la perdita provocata da un evento specifico come la morte o un incidente (cfr. anche paragrafo B13);

e)

strumenti derivati che espongono una parte a un rischio finanziario ma non a un rischio assicurativo, in quanto richiedono a tale parte che vengano effettuati dei pagamenti esclusivamente in base a variazioni di una o più delle seguenti variabili specificate: tasso di interesse, prezzo di uno strumento finanziario, prezzo di una merce, tasso di cambio, indice di prezzi o di tassi, rating di credito o indice di credito o altra variabile prestabilita, a condizione che nel caso di una variabile non finanziaria, questa non sia specifica di una delle parti contrattuali (cfr. IAS 39);

f)

una garanzia relativa al credito (o una lettera di credito, un contratto per il default del derivato di credito o un contratto assicurativo del credito) che obbliga a dei pagamenti anche se l’assicurato non abbia sostenuto una perdita a seguito dell’inadempienza contrattuale del debitore nell’effettuare i pagamenti alla scadenza (cfr. IAS 39);

g)

contratti che richiedono un pagamento in base a variabili climatiche, geologiche o altre variabili fisiche, quando non sono specifiche di una delle parti contrattuali (generalmente noti come derivati climatici);

h)

obbligazioni legate a eventi catastrofici che assicurano un pagamento ridotto di capitale, interessi o di entrambi in base a variabili climatiche, geologiche o altre variabili fisiche, quando non sono specifiche di una delle controparti contrattuali.

B20

Se i contratti di cui al paragrafo B19 generano attività o passività finanziarie, allora rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39. Tra l’altro, ciò implica che le parti contrattuali adottino quella che a volte viene definita contabilizzazione di deposito, che comporta quanto segue:

a)

una parte contabilizza il corrispettivo ricevuto come passività finanziaria, piuttosto che come ricavo;

b)

la controparte contabilizza il corrispettivo ricevuto come attività finanziaria, piuttosto che come costo.

B21

Se i contratti descritti nel paragrafo B19 non generano attività o passività finanziarie, si applica lo IAS 18. Secondo lo IAS 18, i ricavi derivanti da un’operazione di prestazione di servizi sono contabilizzati con riferimento allo stato d’avanzamento dell’operazione se il suo risultato può essere stimato attendibilmente.

Rischio assicurativo significativo

B22

Un contratto è definito contratto assicurativo solo se trasferisce un rischio assicurativo significativo. I paragrafi da B8 a B21 trattano il rischio assicurativo. I paragrafi che seguono trattano invece la valutazione di quando un rischio assicurativo è da definire significativo.

B23

Un rischio assicurativo è significativo se, e soltanto se, un evento assicurato potrebbe indurre l’assicuratore a corrispondere benefici economici aggiuntivi significativi in una qualsiasi circostanza, escluse quelle circostanze prive di una sostanza commerciale (ossia che non hanno alcun effetto identificabile sull’aspetto economico dell’operazione). Qualora dovessero essere pagabili benefici aggiuntivi significativi in una circostanza con sostanza commerciale, la condizione di cui alla frase precedente può essere soddisfatta anche se l’evento assicurato è estremamente improbabile o se il valore attuale atteso (ossia, pesato in base alle probabilità) dei potenziali flussi finanziari costituisce una parte esigua del valore attuale atteso di tutti i residui flussi finanziari contrattuali.

B24

I benefici aggiuntivi di cui al paragrafo B23 fanno riferimento alle somme che eccedono quelle pagabili nel caso in cui l’evento assicurato non dovesse verificarsi (escluse le circostanze prive di sostanza commerciale). Tali importi aggiuntivi includono la gestione dei costi di valutazione dei sinistri, ma escludono:

a)

la perdita della capacità di addebitare l’assicurato per servizi futuri. Per esempio, in un contratto assicurativo sulla vita legato a un investimento, la morte dell’assicurato comporta che l’assicuratore non potrà più prestare servizi di gestione degli investimenti e pretendere delle commissioni per tale attività. Tuttavia, questa perdita economica per l’assicuratore non riflette un rischio assicurativo, allo stesso modo in cui un gestore di fondi comuni non assume un rischio assicurativo in relazione al possibile decesso del cliente. Pertanto, la perdita potenziale di commissioni future per la gestione degli investimenti non è rilevante ai fini della valutazione della quantità di rischio assicurativo trasferita da un contratto;

b)

rinuncia, in caso di morte, alle commissioni che sarebbero state addebitate in caso di annullamento o riscatto. Poiché il contratto ha generato tali commissioni, la rinuncia a tali commissioni non indennizza l’assicurato per un rischio pre-esistente. Pertanto, esse non sono rilevanti ai fini della valutazione della quantità di rischio assicurativo trasferita da un contratto;

c)

un pagamento condizionato a un evento che non determina una perdita significativa per l’assicurato. Per esempio, si consideri un contratto che obbliga l’emittente a pagare un milione di unità di conto se un bene subisce un danno fisico determinando una perdita economica irrilevante per l’assicurato, pari a una unità di conto. In tale contratto, l’assicurato trasferisce all’assicuratore il rischio irrilevante di perdere una unità di conto. Allo stesso tempo, il contratto genera il rischio non assicurativo che obbliga l’emittente al pagamento di 999 999 unità di conto al verificarsi dell’evento specificato. Poiché l’emittente non accetta un rischio assicurativo significativo da parte dell’assicurato, tale contratto non è un contratto assicurativo;

d)

possibili recuperi riassicurativi. L’assicuratore li contabilizza separatamente.

B25

L’assicuratore deve valutare la significatività del rischio assicurativo per ogni singolo contratto, piuttosto che facendo riferimento alla significatività ai fini di bilancio. (2) Pertanto, il rischio assicurativo può essere comunque significativo anche se la probabilità di perdite significative sull’intero portafoglio dei contratti è minima. Questa valutazione per ogni singolo contratto facilita il compito di classificare un contratto come contratto assicurativo. Tuttavia, se un portafoglio di piccoli contratti relativamente omogeneo è interamente costituito da contratti che trasferiscono il rischio assicurativo, l’assicuratore non è tenuto a esaminare ciascun contratto di tale portafoglio al fine di identificare quei pochi contratti non derivativi che trasferiscono un rischio assicurativo irrilevante.

B26

Da quanto esposto nei paragrafi da B23 a B25 ne consegue che se un contratto riconosce un beneficio economico in caso di morte superiore all’importo liquidabile in caso di sopravvivenza, il contratto è un contratto assicurativo, salvo che il beneficio economico aggiuntivo in caso di morte sia irrilevante (valutato con riferimento al contratto piuttosto che all’intero portafoglio di contratti). Come evidenziato nel paragrafo B24, lettera b), la rinuncia, in caso di morte, delle commissioni di cancellazione o riscatto non è compresa in questa valutazione se tale rinuncia non indennizza l’assicurato per un rischio pre-esistente. Analogamente, un contratto di rendita che liquida regolarmente delle somme per tutta la vita residua di un assicurato costituisce un contratto assicurativo, salvo che il valore complessivo dei pagamenti subordinati all’esistenza in vita siano irrilevanti.

B27

Il paragrafo B23 fa riferimento ai benefici aggiuntivi. Tali benefici economici aggiuntivi potrebbero includere la clausola di liquidare dei benefici economici anticipatamente se l’evento assicurato si verifica in anticipo e se il pagamento non è rettificato per tener conto del valore temporale del denaro. Un esempio è dato da un’assicurazione vita intera caso morte a premio unico (in altri termini, un tipo di assicurazione che assicura la liquidazione di una somma fissa in caso di morte indipendentemente dalla data del decesso dell’assicurato, senza alcuna scadenza per la copertura). La morte dell’assicurato è certa ma non la data della morte. L’assicuratore subirà una perdita su quei singoli contratti in cui l’assicurato muore anticipatamente, anche se non si verifica una perdita complessiva sull’intero portafoglio dei contratti.

B28

Se un contratto assicurativo viene separato in una componente di deposito e in una componente assicurativa, la significatività del trasferimento del rischio assicurativo è valutata con riferimento alla componente assicurativa. La significatività del rischio assicurativo trasferito da un derivato incorporato è valutata con riferimento al derivato incorporato.

Cambiamenti nel livello di rischio assicurativo

B29

Taluni contratti non trasferiscono alcun rischio assicurativo all’emittente al momento della emissione, sebbene essi trasferiscano un rischio assicurativo in un momento successivo. Per esempio, si consideri un contratto che assicuri un rendimento specifico dell’investimento e che comprenda un’opzione che consente all’assicurato di utilizzare i proventi dell’investimento alla scadenza per acquistare un contratto di rendita subordinata all’esistenza in vita, ai tassi di rendita correnti praticati dall’assicuratore ad altri nuovi beneficiari nel momento in cui l’assicurato esercita l’opzione. Il contratto non trasferisce un rischio assicurativo all’emittente fino a quando l’opzione non viene esercitata, in quanto l’assicuratore rimane libero di prezzare la rendita su una base che riflette il rischio assicurativo trasferito all’assicuratore a quel momento. Tuttavia, se il contratto stabilisce i tassi di rendita (o una base per fissare i tassi di rendita), il contratto trasferisce rischio assicurativo all’emittente al momento della emissione.

B30

Un contratto che si qualifica come contratto assicurativo rimane un contratto assicurativo fino a quando tutti i diritti e tutte le obbligazioni non siano estinti o scaduti.


(1)  Quando una entità applica l’IFRS 7, il riferimento allo IAS 32 è sostituito dal riferimento all’IFRS 7.

(2)  A tale scopo, i contratti stipulati simultaneamente con un’unica controparte (o contratti che sono altrimenti interdipendenti) costituiscono un unico contratto.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 5

Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate

FINALITÀ

1.

Il presente IFRS ha la finalità di definire la contabilizzazione delle attività possedute per la vendita e le modalità di esposizione in bilancio delle attività operative cessate e le relative informazioni integrative. In particolare, il presente IFRS stabilisce:

a)

che le attività che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita, siano valutate al minore tra il valore contabile e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, e che l’ammortamento su tali attività cessi; e

b)

che le attività che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita siano esposte separatamente nello stato patrimoniale, e che i risultati delle attività operative cessate siano esposti separatamente nel conto economico.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Le disposizioni per la classificazione ed esposizione in bilancio previste dal presente IFRS si applicano a tutte le attività non correnti  (1) rilevate e a tutti i gruppi in dismissione di un’entità. Le disposizioni relative alla valutazione contenute nel presente IFRS si applicano a tutte le attività non correnti e a tutti i gruppi in dismissione rilevati (come indicati nel paragrafo 4), a eccezione di quelle attività, elencate nel paragrafo 5, che continueranno a essere valutate in conformità al Principio di riferimento ivi indicato.

3.

Le attività classificate come non correnti, in conformità allo IAS 1 Presentazione del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003), non devono essere riclassificate tra le attività correnti finché non soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita in conformità al presente IFRS. Le attività appartenenti a una classe che un’entità considererebbe normalmente come non correnti, acquisite esclusivamente al fine della loro vendita, non devono essere considerate correnti a meno che non soddisfino i criteri per essere classificate come possedute per la vendita, in conformità al presente IFRS.

4.

Talvolta un’entità dismette un gruppo di attività, insieme ad alcune passività direttamente correlate, con un’unica operazione. Tale gruppo in dismissione può essere un insieme di unità generatrici di flussi finanziari, un’unica unità generatrice di flussi finanziari o una parte di un’unità generatrice di flussi finanziari. (2) Il gruppo può includere qualsiasi attività e passività dell’entità, comprese le attività correnti, le passività correnti e le attività escluse in base al paragrafo 5 dalle disposizioni di valutazione del presente IFRS. Se un’attività non corrente rientrante nell’ambito di applicazione delle disposizioni di valutazione del presente IFRS fa parte di un gruppo in dismissione, i requisiti di valutazione del presente IFRS si applicano al gruppo nel suo insieme, così che il gruppo è valutato al minore tra il valore contabile e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita. Le disposizioni per la valutazione delle singole attività e passività nell’ambito di un gruppo in dismissione sono esposte nei paragrafi 18, 19 e 23.

5.

Le disposizioni per la valutazione di cui al presente IFRS (3) non si applicano alle seguenti attività, disciplinate invece dai Principi indicati, né come attività singole né come parte di un gruppo in dismissione:

a)

attività fiscali differite (IAS 12 Imposte sul reddito);

b)

attività derivanti da benefici per i dipendenti (IAS 19 Benefici per i dipendenti);

c)

attività finanziarie rientranti nell’ambito di applicazione dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione;

d)

attività non correnti contabilizzate in conformità al modello del fair value (valore equo) nello IAS 40 Investimenti immobiliari;

e)

attività non correnti valutate al fair value (valore equo) al netto dei costi stimati al punto di vendita secondo le disposizioni dello IAS 41 Agricoltura;

f)

diritti contrattuali derivanti da contratti assicurativi, secondo la definizione dell’IFRS 4 Contratti assicurativi.

CLASSIFICAZIONE DI ATTIVITÀ NON CORRENTI (O GRUPPI IN DISMISSIONE) COME POSSEDUTE PER LA VENDITA

6.

Un’entità deve classificare un’attività non corrente (o un gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita, se il suo valore contabile sarà recuperato principalmente con un’operazione di vendita anziché con il suo uso continuativo.

7.

Perché ciò si verifichi, l’attività (o gruppo in dismissione) deve essere disponibile per la vendita immediata nella sua condizione attuale, soggetta a condizioni, che sono d’uso e consuetudine, per la vendita di tali attività (o gruppi in dismissione) e la vendita deve essere altamente probabile.

8.

Perché la vendita sia altamente probabile, la Direzione a un adeguato livello deve essersi impegnata in un programma per la dismissione dell’attività (o del gruppo in dismissione), e devono essere state avviate le attività per individuare un acquirente e completare il programma. Inoltre, l’attività (o gruppo in dismissione) deve essere attivamente scambiata sul mercato ed offerta in vendita, a un prezzo ragionevole rispetto al proprio fair value (valore equo) corrente. Inoltre, il completamento della vendita dovrebbe essere previsto entro un anno dalla data della classificazione, a eccezione di quanto consentito dalle disposizioni del paragrafo 9, e le azioni richieste per completare il programma di vendita dovrebbero dimostrare l’improbabilità che il programma possa essere significativamente modificato o annullato.

9.

Gli eventi o le circostanze possono estendere il periodo di completamento della vendita oltre un anno. L’estensione del periodo richiesto per completare una vendita non impedisce che un’attività (o gruppo in dismissione) sia classificata come posseduta per la vendita, se il ritardo è causato da eventi o circostanze fuori del controllo dell’entità e se vi sono sufficienti evidenze che l’entità resti impegnata ad attuare il suo programma di dismissione dell’attività (o del gruppo in dismissione). Ciò avviene quando si verificano le condizioni esposte nell’appendice B.

10.

Le operazioni di vendita comprendono le permute di attività non correnti con altre attività non correnti laddove lo scambio ha sostanza commerciale, in conformità allo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari.

11.

Se un’entità acquisisce un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) esclusivamente al fine della sua successiva vendita, deve classificare l’attività non corrente (o il gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita alla data dell’acquisizione soltanto se è soddisfatta la condizione dell’anno di cui al paragrafo 8 (a eccezione di quanto consentito dal paragrafo 9) e se è altamente probabile che qualsiasi altro criterio di cui ai paragrafi 7 e 8, non soddisfatto in quel momento, sia rispettato entro un breve lasso di tempo dall’acquisizione (solitamente entro tre mesi).

12.

Se i criteri di cui ai paragrafi 7 e 8 vengono soddisfatti dopo la data di chiusura del bilancio, nel redigere quel bilancio l’entità non deve classificare un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita. Tuttavia, se tali condizioni sono soddisfatte successivamente alla data di chiusura del bilancio ma prima della sua autorizzazione alla pubblicazione, l’entità deve fornire le informazioni indicate nei paragrafi 41, lettere a), b) e d) nelle note.

Attività non correnti da abbandonare

13.

L’entità non deve classificare come posseduta per la vendita un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) destinata ad essere abbandonata. Ciò perché il valore contabile sarà recuperato principalmente attraverso il suo uso continuativo. Tuttavia, se il gruppo in dismissione da abbandonare soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 32, lettere da a) a c), l’entità deve presentare in bilancio i risultati e i flussi finanziari del gruppo in dismissione come attività operative cessate, in conformità ai paragrafi 33 e 34, alla data in cui esso cessa di essere utilizzato. Le attività non correnti (o gruppi in dismissione) da abbandonare includono le attività non correnti (o gruppi in dismissione) da utilizzare fino al termine della propria vita utile e le attività non correnti (o gruppi in dismissione) destinate a essere dismesse dall’uso piuttosto che vendute.

14.

Un’entità non deve contabilizzare come abbandonata un’attività non corrente temporaneamente inutilizzata.

VALUTAZIONE DI ATTIVITÀ NON CORRENTI (O GRUPPI IN DISMISSIONE) CLASSIFICATE COME POSSEDUTE PER LA VENDITA

Valutazione di un’attività non corrente (o gruppo in dismissione)

15.

Un’entità deve valutare un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) classificata come posseduta per la vendita al minore tra il suo valore contabile e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita.

16.

Se una attività (o gruppo in dismissione) neo-acquisita soddisfa i criteri per la classificazione come posseduta per la vendita (cfr. paragrafo 11), l’applicazione del paragrafo 15 comporterà che l’attività (o gruppo in dismissione) sarà valutata, al momento della rilevazione iniziale, al minore tra il valore contabile — se non fosse stata classificata come posseduta per la vendita (per esempio, al costo) — e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita. Pertanto, se l’attività (o gruppo in dismissione) è acquisita come parte di una aggregazione aziendale, deve essere valutata al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita.

17.

Se è previsto che la vendita si concluderà tra più di un anno, l’entità deve valutare i costi di vendita al loro valore attuale. Qualsiasi incremento nel valore attuale dei costi di vendita derivante dal trascorrere del tempo deve essere rilevato nel conto economico come onere finanziario.

18.

Immediatamente prima della classificazione iniziale dell’attività (o gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita, i valori contabili dell’attività (o di tutte le attività e passività del gruppo) devono essere valutati in conformità agli IFRS applicabili.

19.

Al momento della successiva rimisurazione di un gruppo in dismissione, i valori contabili di ogni attività e passività che non rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di valutazione del presente IFRS, ma che sono incluse in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, devono essere rideterminati in conformità agli IFRS applicabili prima che sia rideterminato il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita del gruppo in dismissione.

Rilevazione delle perdite per riduzione di valore e dei ripristini

20.

Un’entità deve rilevare una perdita per riduzione di valore per una qualsiasi svalutazione iniziale o successiva dell’attività (o del gruppo in dismissione) al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, nella misura in cui essa non sia stata già rilevata in conformità al paragrafo 19.

21.

Un’entità deve rilevare una plusvalenza per ogni incremento successivo del fair value (valore equo) di un’attività al netto dei costi di vendita, ma solo fino a concorrenza della perdita per riduzione di valore complessiva rilevata in conformità al presente IFRS o precedentemente in conformità allo IAS 36 Riduzione di valore delle attività.

22.

Un’entità deve rilevare una plusvalenza per ogni incremento successivo del fair value (valore equo) di un gruppo in dismissione, al netto dei costi di vendita:

a)

nella misura in cui non sia stata rilevata in conformità al paragrafo 19; ma

b)

solo fino a concorrenza della perdita per riduzione di valore complessiva rilevata, in conformità al presente IFRS o, precedentemente, in conformità allo IAS 36, sulle attività non correnti che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di valutazione del presente IFRS.

23.

La perdita per riduzione di valore (o qualsiasi plusvalenza successiva) rilevata per un gruppo in dismissione ridurrà (o incrementerà) il valore contabile delle attività non correnti del gruppo che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di valutazione del presente IFRS, nell’ordine di ripartizione esposto nei paragrafi 104, lettere a) e b) e 122 dello IAS 36 (rivisto nella sostanza nel 2004).

24.

Una plusvalenza o minusvalenza non già rilevata alla data di vendita di un’attività non corrente (o di un gruppo in dismissione), deve essere rilevata entro la data di eliminazione contabile. Le disposizioni per l’eliminazione contabile sono esposte:

a)

nei paragrafi da 67 a 72 dello IAS 16 (rivisto nella sostanza nel 2003) per gli immobili, impianti e macchinari; e

b)

nei paragrafi da 112 a 117 dello IAS 38 Attività immateriali (rivisto nella sostanza nel 2004) per le attività immateriali.

25.

Un’entità non deve ammortizzare un’attività non corrente classificata come posseduta per la vendita o che fa parte di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita. Gli oneri finanziari e le altre spese attribuibili alle passività di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita devono continuare ad essere rilevati.

Modifiche a un programma di vendita

26.

Se un’entità ha classificato un’attività (o gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita, ma i criteri esposti nei paragrafi da 7 a 9 non sono più soddisfatti, l’entità non deve più classificare l’attività (o il gruppo in dismissione) come posseduta per la vendita.

27.

L’entità deve valutare un’attività non corrente che cessa di essere classificata come posseduta per la vendita (o cessa di far parte di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita) al minore tra:

a)

il valore contabile prima che l’attività (o gruppo in dismissione) fosse classificata come posseduta per la vendita, rettificato per tutti gli ammortamenti, svalutazioni o ripristini di valore che sarebbero stati altrimenti rilevati se l’attività (o il gruppo in dismissione) non fosse stata classificata come posseduta per la vendita; e

b)

la somma recuperabile calcolata alla data in cui è stata presa la decisione successiva di non vendere. (4)

28.

L’entità deve rilevare qualsiasi rettifica necessaria del valore contabile di un’attività non corrente che cessa di essere classificata come posseduta per la vendita nel risultato economico (5) relativo alle attività operative in esercizio («continuing operations») nel periodo in cui le condizioni specificate nei paragrafi da 7 a 9 non sono più soddisfatte. L’entità deve esporre tale rettifica sotto la stessa voce di conto economico utilizzata per esporre le plusvalenze o le minusvalenze, se esistenti, rilevate ai sensi del paragrafo 37.

29.

Se un’entità rimuove una singola attività o passività da un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita, le rimanenti attività o passività del gruppo in dismissione continuano a essere valutate come un unico gruppo soltanto se esso soddisfa i criteri esposti nei paragrafi da 7 a 9. Altrimenti, le rimanenti attività non correnti del gruppo che singolarmente soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita, devono essere valutate singolarmente al minore tra il valore contabile e il fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita a quella data. Tutte le attività non correnti che non soddisfano tali condizioni non devono più essere classificate come possedute per la vendita, in conformità alle disposizioni di cui al paragrafo 26.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO E INFORMAZIONI INTEGRATIVE

30.

Un’entità deve esporre e illustrare tutte le informazioni che consentono agli utilizzatori del bilancio di valutare gli effetti sul bilancio delle attività operative cessate e delle dismissioni di attività non correnti (o gruppi in dismissione).

Presentazione di attività operative cessate

31.

Un componente di un’entità comprende operazioni e flussi finanziari che possono essere chiaramente distinti, sia operativamente, sia ai fini del bilancio, dal resto della entità. In altri termini, finché un componente di un’entità è mantenuto operativo, sarà una unità generatrice di flussi finanziari o un gruppo di unità generatrici di flussi finanziari.

32.

Una attività operativa cessata è un componente di un’entità che è stato dismesso o classificato come posseduto per la vendita, e

a)

rappresenta un importante ramo autonomo di attività o area geografica di attività;

b)

fa parte di un unico programma coordinato di dismissione di un importante ramo autonomo di attività o un’area geografica di attività; o

c)

è una controllata acquisita esclusivamente in funzione di una rivendita.

33.

Un’entità deve indicare:

a)

un unico importo da esporre nel conto economico rappresentato dal totale:

i)

degli utili o delle perdite delle attività operative cessate al netto degli effetti fiscali; e

ii)

dalla plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali, rilevata a seguito della valutazione al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, o della dismissione delle attività o del(i) gruppo(i) in dismissione che costituiscono l’attività operativa cessata;

b)

un’analisi dell’unico importo di cui al punto a) suddivisa in:

i)

i ricavi, i costi e gli utili o perdite derivanti da attività operative cessate, al lordo degli effetti fiscali;

ii)

le relative imposte sul reddito, come richiesto dal paragrafo 81, lettera h) dello IAS 12;

iii)

la plusvalenza o la minusvalenza rilevata a seguito della valutazione al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita o della dismissione delle attività o del(i) gruppo(i) di dismissioni che costituiscono l’attività operativa cessata; e

iv)

le relative imposte sul reddito, come richiesto dal paragrafo 81, lettera h), dello IAS 12.

L’analisi può essere presentata nelle note o inclusa nel prospetto del conto economico. Se è esposta nel prospetto del conto economico, deve comparire in una sezione identificata come relativa alle attività operative cessate, ossia distintamente dalle attività operative in esercizio. L’analisi non è richiesta nel caso di gruppi in dismissione rappresentati da controllate di recente acquisizione che al momento dell’acquisizione soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita (cfr. paragrafo 11);

c)

i flussi finanziari netti attribuibili all’attività operativa, di investimento e di finanziamento dell’attività operativa cessata. L’informativa può essere inclusa nelle note o nei prospetti di bilancio. Tali informazioni non sono richieste nel caso di gruppi in dismissione rappresentati da controllate di recente acquisizione che al momento dell’acquisizione hanno i requisiti per essere classificate come possedute per la vendita (cfr. paragrafo 11).

34.

Un’entità deve ripresentare l’informativa di cui al paragrafo 33 per i periodi precedenti presentati in bilancio, così che l’informativa si riferisca a tutte le attività operative cessate entro la data di riferimento dell’ultimo bilancio presentato.

35.

Le rettifiche apportate nell’esercizio corrente agli importi precedentemente classificati tra le attività operative cessate e direttamente correlate alla dismissione in un esercizio precedente di una attività operativa cessata devono essere classificate separatamente tra le attività operative cessate. La natura e l’importo di tali rettifiche devono essere indicati. Esempi di circostanze in cui possono sorgere tali rettifiche comprendono:

a)

la risoluzione di incertezze derivanti da clausole contrattuali dell’operazione di dismissione, come la risoluzione di rettifiche del prezzo di acquisto e le questioni di indennizzo con l’acquirente;

b)

la risoluzione di incertezze direttamente collegate e derivanti da operazioni del componente antecedenti la sua dismissione, come le obbligazioni per la tutela ambientale e le garanzie sui prodotti rimaste a carico del venditore;

c)

l’estinzione di obbligazioni relative a piani di benefici per i dipendenti, a condizione che l’estinzione sia direttamente connessa all’operazione di dismissione.

36.

Se un’entità cessa di classificare un componente di un’entità come posseduto per la vendita, i risultati dell’attività del componente precedentemente esposti in bilancio tra le attività operative cessate, in conformità ai paragrafi da 33 a 35, devono essere riclassificati e inclusi nel risultato delle attività operative in esercizio per tutti gli esercizi presentati in bilancio. È necessario indicare nel bilancio che gli importi relativi agli esercizi precedenti sono stati riclassificati.

Plusvalenze o minusvalenze relative ad attività operative in esercizio

37.

Tutte le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla rideterminazione di un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) classificata come posseduta per la vendita che non risponde alla definizione di attività operativa cessata devono essere incluse nel risultato delle attività operative in esercizio.

Presentazione di un’attività non corrente o di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita

38.

Un’entità deve presentare un’attività non corrente classificata come posseduta per la vendita e le attività di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita separatamente dalle altre attività dello stato patrimoniale. Le passività di un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita devono essere presentate separatamente dalle altre passività dello stato patrimoniale. Tali attività e passività non devono essere compensate ed esposte in bilancio come un importo netto. Le principali classi di attività e passività classificate come possedute per la vendita devono essere indicate separatamente nel prospetto di stato patrimoniale o nella nota integrativa, a eccezione di quanto consentito dal paragrafo 39. Un’entità deve esporre separatamente qualsiasi provento od onere cumulativamente rilevato direttamente nel patrimonio netto relativo a un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) classificata come posseduta per la vendita.

39.

Se il gruppo in dismissione è costituito da una controllata acquisita, che all’acquisizione già soddisfa i criteri per essere classificata come posseduta per la vendita (cfr. paragrafo 11), non è richiesta l’indicazione delle principali classi di attività e passività.

40.

Un’entità non deve riclassificare o ripresentare gli importi in precedenza classificati come attività non correnti, o come attività e passività appartenenti a gruppi in dismissione, classificati come posseduti per la vendita, negli stati patrimoniali degli esercizi precedenti presentati a fini comparativi per uniformarsi alla classificazione nello stato patrimoniale dell’ultimo esercizio presentato.

Informazioni integrative aggiuntive

41.

Un’entità deve fornire le seguenti informative nella nota integrativa dell’esercizio in cui un’attività non corrente (o un gruppo in dismissione) è stata classificata come posseduta per la vendita oppure venduta:

a)

una descrizione dell’attività non corrente (o del gruppo in dismissione);

b)

una descrizione dei fatti e delle circostanze della vendita, o che facciano riferimento alla prevista dismissione, e alle relative modalità e tempi attesi;

c)

la plusvalenza o la minusvalenza rilevata in conformità ai paragrafi da 20 a 22 e, se non esposta distintamente nel prospetto di conto economico, la voce di conto economico che include tale plusvalenza o minusvalenza;

d)

se applicabile, il settore oggetto di informativa di appartenenza dell’attività non corrente (o del gruppo in dismissione) in conformità allo IFRS 8 Settori operativi.

42.

Se sono applicabili il paragrafo 26 o il paragrafo 29, un’entità deve indicare, nell’esercizio in cui decide di modificare il programma di cessione dell’attività non corrente (o il gruppo in dismissione), una descrizione dei fatti e delle circostanze che hanno condotto a quella decisione e l’effetto di tale decisione sul risultato dell’esercizio e di tutti gli esercizi precedenti presentati in bilancio.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

43.

Il presente IFRS deve essere applicato prospetticamente alle attività non correnti (o gruppi in dismissione) che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita e ai componenti che soddisfano le condizioni per essere classificati come attività operative cessate dopo la data di entrata in vigore del presente IFRS. Un’entità può applicare le disposizioni del presente IFRS a tutte le attività non correnti (o gruppi in dismissione) che soddisfano i criteri per essere classificate come possedute per la vendita e ai componenti che soddisfano le condizioni per essere classificati come attività operative cessate successivamente alla data di entrata in vigore del presente IFRS, a condizione che le valutazioni e le altre informazioni necessarie per applicare il presente IFRS siano state ottenute al momento in cui detti criteri sono stati originariamente soddisfatti.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

44.

L’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente IFRS per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 35

45.

Il presente IFRS sostituisce lo IAS 35 Attività destinate a cessare.


(1)  Nel caso di attività classificate in base al grado di liquidità, le attività non correnti sono attività che comprendono somme che si ritiene saranno recuperate oltre dodici mesi dalla data di chiusura del bilancio. Alla classificazione di tali attività si applica il paragrafo 3.

(2)  Tuttavia, una volta che si prevede che i flussi finanziari di una attività o di un gruppo di attività derivino principalmente dalla dismissione piuttosto che dall’uso continuativo, tali flussi diventano meno dipendenti dai flussi finanziari derivanti da altre attività, e un gruppo in dismissione appartenente a una unità generatrice di flussi finanziari diventa una unità generatrice di flussi finanziari distinta.

(3)  Ma non i paragrafi 18 e 19, che invece dispongono che le attività in questione debbano essere valutate in conformità agli altri IFRS applicabili.

(4)  Se l’attività non corrente fa parte di una unità generatrice di flussi finanziari, il suo valore recuperabile è rappresentato dal valore contabile che sarebbe stato rilevato dopo l’allocazione delle perdite per riduzione di valore derivanti da quella unità generatrice di flussi finanziari in conformità con lo IAS 36.

(5)  A meno che non si tratti di immobili, impianti e macchinari, o di un’attività immateriale che era stata rivalutata in conformità con lo IAS 16 o con lo IAS 38 prima di essere classificata come posseduta per la vendita, nel qual caso la rettifica deve essere considerata come un incremento o decremento per ripristino di valore.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Unità generatrice di flussi finanziari

Il più piccolo gruppo identificabile di attività che genera flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata generati da altre attività o gruppi di attività.

Componente di un’entità

Operazioni e flussi finanziari che possono essere chiaramente distinti, sia operativamente, sia a fini del bilancio, dal resto della entità.

Costi di vendita

I costi incrementali direttamente attribuibili alla dismissione di un’attività (o gruppo in dismissione), esclusi gli oneri finanziari e fiscali.

Attività corrente

Un’attività che soddisfa uno qualsiasi dei seguenti criteri:

a)

si suppone sia realizzata, oppure posseduta per la vendita o il consumo, nel normale svolgimento del ciclo operativo dell’entità;

b)

è posseduta principalmente con la finalità di essere negoziata;

c)

si suppone sia realizzata entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio; o

d)

è rappresentata da denaro o altra attività equivalente a meno che non sia vincolata per quanto concerne la sua capacità di essere scambiata o utilizzata per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Attività operativa cessata

Un componente di un’entità che è stato dismesso o classificato come posseduto per la vendita e:

a)

rappresenta un importante ramo autonomo di attività o area geografica di attività;

b)

fa parte di un unico programma coordinato di dismissione di un importante ramo autonomo di attività o un’area geografica di attività; o

c)

è una controllata acquisita esclusivamente in funzione di una rivendita.

Gruppo in dismissione

Un gruppo di attività da dismettere assieme, attraverso la vendita o altro, in un’unica operazione, e di passività direttamente connesse a tali attività, che saranno trasferite nel corso dell’operazione. Il gruppo comprende l’avviamento acquisito in una aggregazione aziendale se il gruppo è una unità generatrice di flussi finanziari a cui è stato allocato l’avviamento in conformità alle disposizioni dei paragrafi 80-87 dello IAS 36 Riduzione di valore delle attività (rivisto nella sostanza nel 2004) o se rappresenta un’attività nell’ambito di tale unità generatrice di flussi finanziari.

Fair value (valore equo)

Il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili.

Impegno irrevocabile di acquisto

Un accordo con un soggetto terzo, vincolante per entrambe le parti e di solito legalmente esercitabile, che a) definisce tutte le clausole contrattuali rilevanti, inclusi il prezzo e il momento delle operazioni, e b) contiene dei disincentivi all’inadempimento delle prestazioni, sufficientemente elevati da rendere altamente probabile l’adempimento.

Altamente probabile

Significativamente più che probabile.

Attività non corrente

Un’attività che non soddisfa la definizione di attività corrente.

Probabile

Più verosimile che non.

Valore recuperabile

Il maggiore tra il fair value (valore equo) di un’attività al netto dei costi di vendita e il suo valore d’uso.

Valore d’uso

Il valore attuale dei flussi finanziari futuri stimati che ci si attende deriveranno dall’uso continuativo di un’attività e dalla dismissione alla fine della sua vita utile.

Appendice B

Applicazioni supplementari

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

ESTENSIONE DEL PERIODO RICHIESTO PER COMPLETARE UNA VENDITA

B1

Come evidenziato nel paragrafo 9, l’estensione del periodo richiesto per completare una vendita non impedisce che un’attività (o gruppo in dismissione) sia classificata come posseduta per la vendita, nel caso in cui il ritardo sia causato da eventi o da circostanze al di fuori del controllo dell’entità e nel caso in cui esistano sufficienti evidenze che l’entità mantenga il proprio impegno ad attuare il programma di dismissione dell’attività (o del gruppo in dismissione). Pertanto una eccezione al requisito di un anno previsto nel paragrafo 8 si applicherà nelle seguenti situazioni nelle quali si verificano gli eventi e le circostanze indicati:

a)

alla data in cui un’entità si impegna ad attuare un programma di vendita di un’attività non corrente (o di un gruppo in dismissione), essa ritiene ragionevolmente che terze parti (non un acquirente) imporranno delle condizioni al trasferimento della attività (o del gruppo in dismissione) tali da estendere il periodo necessario per completare la vendita; e:

i)

le azioni necessarie per rispondere a tali condizioni non possono essere avviate fino a quando non sarà ottenuto un impegno irrevocabile di acquisto; e

ii)

un impegno irrevocabile di acquisto è altamente probabile entro un anno;

b)

un’entità ottiene un impegno irrevocabile di acquisto e, in conseguenza dello stesso, un acquirente o terze parti impongono inaspettatamente condizioni al trasferimento di un’attività non corrente (o di un gruppo in dismissione), precedentemente classificata come posseduta per la vendita, tali da estendere il periodo richiesto per completare la vendita; e:

i)

siano state intraprese delle azioni tempestive per soddisfare tali condizioni; e

ii)

si attende una risoluzione favorevole dei fattori di ritardo;

c)

nel corso del periodo iniziale di un anno, si verificano condizioni precedentemente considerate improbabili e, di conseguenza, un’attività non corrente (o un gruppo in dismissione) precedentemente classificata come posseduta per la vendita sia venduta entro tale periodo; e:

i)

nel corso del periodo iniziale di un anno l’entità ha intrapreso le azioni necessarie a rispondere al cambiamento delle condizioni;

ii)

l’attività non corrente (o il gruppo in dismissione) è attivamente scambiata sul mercato a un prezzo ragionevole, considerato il cambiamento delle condizioni; e

iii)

sono soddisfatti i criteri di cui ai paragrafi 7 e 8.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 6

Esplorazione e valutazione delle risorse minerarie

FINALITÀ

1.

La finalità del presente IFRS è di specificare la rappresentazione in bilancio della esplorazione e valutazione delle risorse minerarie.

2.

In particolare, il presente IFRS prevede:

a)

limitati miglioramenti alle vigenti prassi contabili per i costi di esplorazione e valutazione;

b)

che le entità che iscrivono le attività di esplorazione e valutazione valutino tali attività per riduzione di valore secondo quanto previsto dal presente IFRS e misurino eventuali riduzioni di valore secondo quanto previsto dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività;

c)

un’informativa che individua e illustra gli importi nel bilancio dell’entità derivanti dall’esplorazione e dalla valutazione di risorse minerarie e aiuta gli utilizzatori di tali bilanci a comprendere l’importo, i tempi e la certezza dei flussi finanziari futuri relativi a qualsiasi attività di esplorazione e valutazione rilevata.

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

Un’entità deve applicare il presente IFRS ai costi di esplorazione e valutazione che sostiene.

4.

Il presente IFRS non tratta altri aspetti contabili per le entità impegnate nell’esplorazione e valutazione di risorse minerarie.

5.

Un’entità non deve applicare il presente IFRS ai costi sostenuti:

a)

prima dell’esplorazione e della valutazione di risorse minerarie, quali i costi sostenuti prima che l’entità abbia ottenuto i diritti legali ad esplorare un’area specifica;

b)

dopo che la fattibilità tecnica e la realizzabilità commerciale dell’estrazione di una risorsa mineraria risultino dimostrabili.

RILEVAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI ESPLORAZIONE E DI VALUTAZIONE

Esenzione temporanea dallo IAS 8 paragrafi 11 e 12

6.

Quando definisce i propri principi contabili, un’entità che iscrive le attività di esplorazione e valutazione deve applicare il paragrafo 10 dello IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori.

7.

I paragrafi 11 e 12 dello IAS 8 specificano le fonti delle disposizioni e delle guide autorevoli che la direzione aziendale è tenuta a considerare nel definire un principio contabile per un elemento qualora nessun IFRS trovi applicazione specifica a tale elemento. Subordinatamente ai successivi paragrafi 9 e 10, il presente IFRS esenta un’entità dall’applicare quei paragrafi ai propri principi contabili per la rilevazione e la valutazione delle attività di esplorazione e valutazione.

VALUTAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI ESPLORAZIONE E DI VALUTAZIONE

Valutazione al momento della rilevazione

8.

Le attività di esplorazione e di valutazione devono essere rilevate al costo.

Elementi del costo delle attività di esplorazione e di valutazione

9.

Un’entità deve determinare un principio contabile che specifichi quali costi sono rilevati come attività di esplorazione e di valutazione e applicare conformemente il principio. Nell’effettuare questa determinazione, un’entità considera la misura in cui tali costi sono associabili alla scoperta di risorse minerarie specifiche. Quelli che seguono sono esempi di costi che possono essere inclusi nella rilevazione iniziale delle attività di esplorazione e di valutazione (la lista non è esaustiva):

a)

acquisizione di diritti all’esplorazione;

b)

studi topografici, geologici, geochimici e geofisici;

c)

perforazioni esplorative;

d)

effettuazione di scavi;

e)

campionatura; e

f)

attività relative alla valutazione della fattibilità tecnica e realizzabilità commerciale dell’estrazione di una risorsa mineraria.

10.

I costi relativi allo sviluppo delle risorse minerarie non devono essere rilevati come attività di esplorazione e di valutazione. Il Quadro sistematico e lo IAS 38 Attività immateriali forniscono una guida in merito alla rilevazione di attività derivanti dallo sviluppo.

11.

Secondo quanto previsto dallo IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali, un’entità rileva eventuali obblighi di rimozione e ripristino sorti durante un particolare periodo come conseguenza dell’avere intrapreso l’esplorazione e la valutazione di risorse minerarie.

Valutazione successiva alla rilevazione

12.

Dopo la rilevazione, un’entità deve applicare il modello del costo o il modello della rideterminazione del valore per le attività di esplorazione e di valutazione. Se è applicato il modello della rideterminazione del valore (il modello di cui allo IAS 16 Immobili, impianti e macchinari ovvero il modello di cui allo IAS 38) esso deve essere coerente con la classificazione delle attività (cfr. paragrafo 15).

Cambiamenti di principi contabili

13.

Un’entità può cambiare i propri principi contabili per i costi di esplorazione e di valutazione se il cambiamento comporta un bilancio più significativo e non meno attendibile per le esigenze decisionali di tipo economico degli utilizzatori o più attendibile e non meno rilevante per tali esigenze. Un’entità deve valutare la rilevanza e l’attendibilità utilizzando i criteri di cui allo IAS 8.

14.

Per giustificare il cambiamento di principi contabili adottati per i costi di esplorazione e di valutazione, un’entità deve dimostrare che il cambiamento comporta una maggiore conformità del proprio bilancio ai criteri definiti nello IAS 8, ma non è necessario che tale cambiamento comporti una conformità completa con tali criteri.

ESPOSIZIONE NEL BILANCIO

Classificazione delle attività di esplorazione e di valutazione

15.

Un’entità deve classificare le attività di esplorazione e di valutazione come materiali o immateriali secondo la natura delle attività acquisite e applicare conformemente la classificazione.

16.

Alcune attività di esplorazione e di valutazione sono trattate come immateriali (per esempio diritti di perforazione), mentre altre sono materiali (per esempio veicoli e impianti di trivellazione). Nella misura in cui un’attività materiale è utilizzata nello sviluppare un’attività immateriale, l’importo che riflette tale utilizzo è parte del costo dell’attività immateriale. Tuttavia l’utilizzo di un’attività materiale per sviluppare un’attività immateriale non trasforma l’attività materiale in un’attività immateriale.

Riclassificazione delle attività di esplorazione e di valutazione

17.

Un’attività di esplorazione e di valutazione non deve più essere classificata come tale quando la fattibilità tecnica e la realizzabilità commerciale dell’estrazione di una risorsa mineraria sono dimostrabili. Le attività di esplorazione e di valutazione devono essere valutate per riduzione di valore, ed eventuali perdite per riduzione di valore rilevate, prima della riclassificazione.

RIDUZIONE DI VALORE

Rilevazione e valutazione

18.

Le attività di esplorazione e di valutazione devono essere valutate per riduzione di valore quando i fatti e le circostanze suggeriscono che il valore contabile di un’attività di esplorazione e di valutazione può superare il proprio importo recuperabile. Quando i fatti e le circostanze suggeriscono che il valore contabile supera il valore recuperabile, un’entità deve valutare, presentare, e dare informativa di eventuali perdite per riduzione di valore risultanti secondo quanto previsto dallo IAS 36 a eccezione di quanto disposto dal successivo paragrafo 21.

19.

Ai fini delle sole attività di esplorazione e di valutazione, nell’identificazione di attività di esplorazione e di valutazione che potrebbero aver subito una riduzione di valore, deve essere applicato il paragrafo 20 del presente IFRS piuttosto che i paragrafi da 8 a 17 dello IAS 36. Il paragrafo 20 utilizza il termine «attività» ma esso è applicato ugualmente a singole attività distinte di esplorazione e di valutazione o ad un’unità generatrice di flussi finanziari.

20.

Uno o più dei seguenti fatti e circostanze indicano che un’entità dovrebbe verificare le attività di esplorazione e di valutazione per riduzione di valore (la lista non è esaustiva):

a)

il periodo per il quale l’entità ha il diritto di esplorare nell’area specifica è scaduto durante l’esercizio o scadrà nel prossimo futuro e non è previsto il rinnovo;

b)

non è preventivato né pianificato il sostenimento di costi considerevoli per ulteriori esplorazioni e valutazioni di risorse minerarie nell’area specifica;

c)

l’esplorazione e la valutazione di risorse minerarie nell’area specifica non hanno portato alla scoperta di quantità di risorse minerarie commercialmente sfruttabili e l’entità ha deciso di interrompere tali attività nell’area specifica;

d)

esistono dati sufficienti per indicare che, per quanto uno sviluppo nell’area specifica possa continuare, è improbabile che il valore contabile dell’attività di esplorazione e di valutazione sia recuperato completamente da uno sviluppo positivo o dalla vendita.

In ognuno di tali casi, o in casi simili, l’entità deve effettuare una verifica per riduzione di valore secondo quanto previsto dallo IAS 36. Eventuali perdite per riduzione di valore sono rilevate a conto economico secondo quanto previsto dallo IAS 36.

Individuazione del livello al quale le attività di esplorazione e di valutazione sono valutate per riduzione di valore

21.

Un’entità deve determinare un principio contabile per attribuire le attività di esplorazione e di valutazione a unità generatrici di flussi finanziari o a gruppi di unità generatrici di flussi finanziari al fine di valutare tali attività per riduzione di valore. Ogni unità generatrice di flussi finanziari o gruppo di unità a cui un’attività di esplorazione e di valutazione è attribuita non deve essere maggiore di un settore operativo determinato in conformità all’IFRS 8 Settori operativi.

22.

Il livello identificato dall’entità al fine della verifica per riduzione di valore delle attività di esplorazione e di valutazione può comprendere uno o più unità generatrici di flussi finanziari.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

23.

Un’entità deve indicare l’informativa che individua e illustra gli importi rilevati in bilancio derivanti dall’esplorazione e dalla valutazione di risorse minerarie.

24.

Per uniformarsi alle disposizioni di cui al paragrafo 23, l’entità deve indicare:

a)

i propri principi contabili per i costi di esplorazione e di valutazione inclusa l’iscrizione di attività di esplorazione e di valutazione.

b)

gli importi di attività, passività, ricavo e costo e flussi finanziari operativi e di investimento derivanti dall’esplorazione e dalla valutazione di risorse minerarie.

25.

Un’entità deve trattare le attività di esplorazione e di valutazione come una classe distinta di attività e dare l’informativa prevista dallo IAS 16 o dallo IAS 38 coerentemente con la classificazione delle attività.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

26.

L’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente IFRS per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2006, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

27.

Se non è fattibile applicare una specifica disposizione del paragrafo 18 alle informazioni comparative riferite a esercizi con inizio precedente al 1o gennaio 2006, l’entità deve evidenziare tale fatto. Nello IAS 8 è fornita la definizione del termine «non fattibile».

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Attività di esplorazione e di valutazione

Costi di esplorazione e di valutazione rilevati come attività secondo il principio contabile dell’entità.

Costi di esplorazione e di valutazione

Costi sostenuti da un’entità in relazione all’esplorazione e valutazione di risorse minerarie prima che la fattibilità tecnica e la realizzabilità commerciale dell’estrazione di una risorsa mineraria siano dimostrabili.

Esplorazione e valutazione delle risorse minerarie

La ricerca di risorse minerarie, inclusi minerali, petrolio, gas naturale e risorse naturali simili non rinnovabili, effettuata dopo che l’entità ha ottenuto diritti legali per l’esplorazione in un’area specifica, così come la determinazione della fattibilità tecnica e della realizzabilità commerciale dell’estrazione della risorsa mineraria.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 7

Strumenti finanziari: informazioni integrative

FINALITÀ

1.

La finalità del presente IFRS è prevedere che le entità forniscano nel bilancio informazioni integrative che consentano agli utilizzatori di valutare:

a)

la rilevanza degli strumenti finanziari con riferimento alla situazione patrimoniale-finanziaria e al risultato economico dell’entità; e

b)

la natura e l’entità dei rischi derivanti dagli strumenti finanziari ai quali l’entità è esposta nel corso dell’esercizio e alla data di riferimento del bilancio, e il modo in cui l’entità li gestisce.

2.

Le disposizioni contenute nel presente IFRS integrano i criteri per la rilevazione, la valutazione e l’esposizione nel bilancio delle attività e delle passività finanziarie contenuti nello IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e nello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione.

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

Il presente IFRS deve essere applicato da tutte le entità a tutti i tipi di strumenti finanziari, fatta eccezione per:

a)

quelle partecipazioni in controllate, collegate e joint venture che sono contabilizzate secondo le disposizioni dello IAS 27 Bilancio consolidato e separato, IAS 28 Partecipazioni in società collegate o IAS 31 Partecipazioni in joint venture. Tuttavia, in alcuni casi, lo IAS 27, lo IAS 28 o lo IAS 31 consentono a una entità di contabilizzare una partecipazione in una controllata, collegata o joint venture secondo lo IAS 39; in questi casi, le entità devono fornire le informazioni integrative previste dallo IAS 27, dallo IAS 28 o dallo IAS 31 in aggiunta a quelle richieste dal presente IFRS. Le entità devono inoltre applicare il presente IFRS a tutti i derivati correlati a partecipazioni in controllate, collegate o joint venture, a meno che il derivato non soddisfi la definizione di strumento rappresentativo di capitale di cui allo IAS 32;

b)

i diritti e le obbligazioni dei datori di lavoro derivanti dai piani relativi ai benefici per i dipendenti, ai quali si applica lo IAS 19 Benefici per i dipendenti;

c)

i contratti a corrispettivo potenziale in un’aggregazione aziendale (cfr. l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali). Questa esenzione si applica soltanto all’acquirente;

d)

i contratti assicurativi secondo la definizione dell’IFRS 4 Contratti assicurativi. Tuttavia, il presente IFRS si applica ai derivati incorporati in contratti assicurativi, se lo IAS 39 richiede che l’entità li contabilizzi separatamente. Inoltre, un emittente deve applicare il presente IFRS ai contratti di garanzia finanziaria se l’emittente applica lo IAS 39 nella rilevazione e valutazione dei contratti, ma deve applicare l’IFRS 4 se l’emittente decide, in base al paragrafo 4, lettera d), dell’IFRS 4, di applicare l’IFRS 4 all’atto della loro rilevazione e valutazione;

e)

gli strumenti finanziari, i contratti e le obbligazioni relativi a operazioni con pagamento basato su azioni alle quali si applica l’IFRS 2 Pagamenti basati su azioni, ad eccezione dei contratti rientranti nell’ambito di applicazione dei paragrafi da 5 a 7 dello IAS 39, ai quali si applica il presente IFRS.

4.

Il presente IFRS si applica agli strumenti finanziari rilevati e non rilevati. Gli strumenti finanziari rilevati includono le attività e le passività finanziarie che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39. Gli strumenti finanziari non rilevati includono alcuni strumenti finanziari che, sebbene al di fuori dell’ambito di applicazione dello IAS 39, rientrano nell’ambito di applicazione del presente IFRS (come alcuni impegni all’erogazione di finanziamenti).

5.

Il presente IFRS si applica ai contratti per l’acquisto o la vendita di un elemento non finanziario che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39 (cfr. i paragrafi da 5 a 7 dello IAS 39).

CLASSI DI STRUMENTI FINANZIARI E LIVELLO DI INFORMATIVA

6.

Quando il presente IFRS prescrive di fornire informazioni integrative per classi di strumenti finanziari, l’entità deve raggruppare gli strumenti finanziari in classi che siano pertinenti alla natura delle informazioni integrative fornite e che tengano in considerazione le caratteristiche degli strumenti finanziari. L’entità deve fornire informazioni sufficienti per permettere la riconciliazione con le voci esposte nello stato patrimoniale.

RILEVANZA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI CON RIFERIMENTO ALLA SITUAZIONE PATRIMONIALE-FINANZIARIA E AL RISULTATO ECONOMICO

7.

L’entità deve fornire informazioni integrative che consentano agli utilizzatori del suo bilancio di valutare la rilevanza degli strumenti finanziari con riferimento alla situazione patrimoniale-finanziaria e al risultato economico dell’entità.

Stato Patrimoniale

Categorie di attività e di passività finanziarie

8.

Il valore contabile di ognuna delle seguenti categorie, definite nello IAS 39, deve essere indicato o nel prospetto di stato patrimoniale o nelle note:

a)

attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico indicando separatamente: i) quelle designate come tali al momento della rilevazione iniziale e ii) quelle classificate come possedute per negoziazione secondo quanto previsto dallo IAS 39;

b)

investimenti posseduti sino a scadenza;

c)

finanziamenti e crediti;

d)

attività finanziarie disponibili per la vendita;

e)

passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico indicando separatamente: i) quelle designate come tali al momento della rilevazione iniziale e ii) quelle classificate come possedute per negoziazione secondo quanto previsto dallo IAS 39; e

f)

passività finanziarie valutate al costo ammortizzato.

Attività o passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico

9.

Qualora l’entità abbia designato un finanziamento o un credito (o un gruppo di finanziamenti o di crediti) al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, essa deve indicare:

a)

la massima esposizione al rischio di credito [cfr. paragrafo 36, lettera a)] del finanziamento o credito (o del gruppo di finanziamenti o di crediti) alla data di riferimento del bilancio;

b)

l’importo per il quale qualsiasi derivato su crediti correlato o strumento similare attenua la massima esposizione al rischio di credito;

c)

l’ammontare della variazione, sia nel corso dell’esercizio che cumulativamente, del fair value (valore equo) del finanziamento o credito (o del gruppo di finanziamenti o di crediti) attribuibile alle variazioni del rischio di credito dell’attività finanziaria determinato o:

i)

come l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) non attribuibile a variazioni delle condizioni di mercato che danno origine a rischio di mercato; o

ii)

utilizzando un metodo alternativo che l’entità ritenga rappresenti più fedelmente l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) attribuibile a variazioni del rischio di credito dell’attività.

Le variazioni delle condizioni di mercato che danno origine a rischio di mercato comprendono le variazioni di un tasso di interesse (di riferimento) osservato, del prezzo di una merce, del tasso di cambio di una valuta estera o di un indice di prezzi o di tassi;

d)

l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) di qualsiasi derivato su credito correlato o di strumento similare indicando sia la variazione verificatasi nel corso dell’esercizio sia il valore complessivo a partire da quando il finanziamento o il credito è stato designato.

10.

Qualora l’entità abbia designato una passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, secondo quanto previsto al paragrafo 9 dello IAS 39, essa deve indicare:

a)

l’ammontare della variazione, sia nel corso dell’esercizio che cumulativamente, del fair value (valore equo) della passività finanziaria attribuibile alle variazioni del rischio di credito della passività finanziaria determinato o:

i)

come l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) non attribuibile a variazioni delle condizioni di mercato che danno origine a rischio di mercato (cfr. appendice B, paragrafo B4); o

ii)

utilizzando un metodo alternativo che l’entità ritenga rappresenti più fedelmente l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) attribuibile a variazioni del rischio di credito della passività.

Le variazioni delle condizioni di mercato che danno origine a rischio di mercato comprendono le variazioni di un tasso di interesse di riferimento, del prezzo degli strumenti finanziari di un’altra entità, del prezzo di una merce, del tasso di cambio di una valuta estera o di un indice di prezzi o di tassi. Per i contratti che includono un elemento valutativo in unità, le variazioni delle condizioni di mercato includono le variazioni dell’andamento del relativo fondo di investimento interno o esterno;

b)

la differenza tra il valore contabile della passività finanziaria e l’importo che l’entità dovrebbe pagare alla scadenza al possessore dell’obbligazione secondo quanto previsto dal contratto.

11.

L’entità deve indicare:

a)

i metodi utilizzati per conformarsi alle disposizioni dei paragrafi 9, lettera c), e 10, lettera a);

b)

se l’entità ritiene che le informazioni integrative da essa fornite per conformarsi alle disposizioni dei paragrafi 9, lettera c), o 10, lettera a), non rappresentino fedelmente la variazione del fair value (valore equo) dell’attività o della passività finanziaria attribuibile alle variazioni del rischio di credito, le ragioni di tale conclusione e i fattori che l’entità ritiene rilevanti.

Riclassificazione

12.

Qualora l’entità abbia riclassificato un’attività finanziaria (conformemente ai paragrafi da 51 a 54 dello IAS 39) come un’attività valutata:

a)

al costo o al costo ammortizzato piuttosto che al fair value (valore equo); o

b)

al fair value (valore equo) piuttosto che al costo o al costo ammortizzato,

essa deve indicare l’ammontare riclassificato da e verso ogni categoria e illustrare i motivi della riclassificazione (cfr. paragrafi da 51 a 54 dello IAS 39).

12A

Se l'entità ha riclassificato un'attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50B o 50D dello IAS 39 o fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E dello IAS 39, essa deve indicare:

a)

l'importo riclassificato da e verso ogni categoria;

b)

per ciascun esercizio fino all'eliminazione contabile, il valore contabile e il fair value (valore equo) di tutte le attività finanziarie che sono state riclassificate nell'esercizio attuale e precedente;

c)

se un'attività finanziaria è stata riclassificata conformemente al paragrafo 50B, di quale situazione rara si tratti, nonché i fatti e le circostanze indicanti la rarità della situazione;

d)

per l'esercizio in cui l'attività finanziaria è stata riclassificata, l'utile o la perdita in termini di fair value (valore equo) sull'attività finanziaria rilevati a conto economico come utile o perdita o in altre componenti di conto economico complessivo in tale esercizio e nell'esercizio precedente;

e)

per ciascun esercizio successivo alla riclassificazione (compreso l'esercizio nel quale l'attività finanziaria è stata riclassificata) fino all'eliminazione contabile dell'attività finanziaria, l'utile o la perdita in termini di fair value (valore equo) che sarebbero stati rilevati a conto economico come utile o perdita o in altre componenti di conto economico complessivo se l'attività finanziaria non fosse stata riclassificata, e gli utili, le perdite, i proventi e gli oneri non fossero stati rilevati a conto economico; e

f)

il tasso d'interesse effettivo e gli importi stimati dei flussi finanziari che l'entità si aspetta di recuperare alla data di riclassificazione dell'attività finanziaria.

Eliminazione contabile

13.

L’entità può avere trasferito attività finanziarie in modo tale che tutte le attività finanziarie o una parte di esse non possano essere qualificate per l’eliminazione contabile (cfr. paragrafi da 15 a 37 dello IAS 39). L’entità deve indicare per ogni classe di tali attività finanziaria:

a)

la natura delle attività;

b)

la natura dei rischi e benefici della proprietà ai quali l’entità rimane esposta;

c)

quando l’entità continua a rilevare tutte le attività, i valori contabili delle attività e delle passività associate; e

d)

quando l’entità continua a rilevare le attività nella misura del suo coinvolgimento residuo, il valore contabile totale delle attività originali, l’ammontare delle attività che l’entità continua a rilevare e il valore contabile delle passività associate.

Garanzie

14.

Un’entità deve indicare:

a)

il valore contabile delle attività finanziarie date in garanzia a fronte di passività o di passività potenziali, inclusi gli importi riclassificati secondo quanto previsto dal paragrafo 37, lettera a), dello IAS 39; e

b)

le clausole e condizioni della garanzia.

15.

Quando l’entità detiene attività a titolo di garanzia (attività finanziarie o non finanziarie) che le è consentito di vendere o di ridare in garanzia in assenza di inadempimento da parte del proprietario dell’attività, essa deve indicare:

a)

il fair value (valore equo) dell’attività detenuta in garanzia;

b)

il fair value (valore equo) di qualsiasi attività in garanzia venduta o ridata in garanzia e se l’entità è obbligata a restituirla; e

c)

le clausole e condizioni associate all’utilizzo dell’attività in garanzia.

Accantonamento per perdite di realizzo

16.

Quando le attività finanziarie subiscono una riduzione di valore per perdite di realizzo e l’entità rileva la riduzione di valore in un conto separato (per esempio, un accantonamento utilizzato per rilevare specifiche riduzioni di valore o un conto analogo utilizzato per rilevare le riduzioni collettive di valore delle attività), invece di ridurre direttamente il valore contabile dell’attività, l’entità deve indicare la riconciliazione delle variazioni rilevate in tale conto nel corso dell’esercizio per ogni classe di attività finanziaria.

Strumenti finanziari composti con derivati incorporati multipli

17.

Qualora l’entità abbia emesso uno strumento contenente sia una componente di passività sia una componente rappresentativa di capitale (cfr. paragrafo 28 dello IAS 32) e lo strumento abbia derivati incorporati multipli i cui valori sono interdipendenti (come per esempio, uno strumento di debito con opzione a convertire), essa deve indicare l’esistenza di tali caratteristiche.

Inadempienze e violazioni

18.

Per i finanziamenti passivi rilevati alla data di riferimento del bilancio, l’entità deve indicare:

a)

i dettagli di qualsiasi inadempienza nel corso dell’esercizio di clausole riguardanti il capitale nominale, gli interessi, il piano di ammortamento o i rimborsi relativi ai finanziamenti passivi;

b)

il valore contabile dei finanziamenti passivi oggetto dell’inadempienza alla data di riferimento del bilancio; e

c)

se l’inadempienza sia stata sanata o se le condizioni dei finanziamenti passivi siano state rinegoziate prima della data in cui il bilancio è stato autorizzato per la pubblicazione.

19.

Se durante l’esercizio ci sono state violazioni di clausole dei contratti di finanziamento diverse da quelle indicate al paragrafo 18, l’entità deve presentare le stesse informazioni previste al paragrafo 18 quando dette violazioni permettono al finanziatore di richiedere anticipatamente il rimborso (eccetto per violazioni che sono sanate, o in relazione alle quali le condizioni del finanziamento sono rinegoziate alla, o prima della, data di riferimento del bilancio).

Conto economico e patrimonio netto

Voci di ricavi, di costi, di utili o di perdite

20.

L’entità deve presentare le seguenti voci di ricavi, di costi, di utili o di perdite nei prospetti del bilancio o nelle note:

a)

gli utili o le perdite netti generati da:

i)

attività o passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, indicando separatamente quelli sulle attività o passività finanziarie designate come tali al momento della rilevazione iniziale e quelli sulle attività o passività finanziarie classificate come possedute per negoziazione secondo quanto previsto dallo IAS 39;

ii)

attività finanziarie disponibili per la vendita, indicando separatamente l’ammontare delle plusvalenze/minusvalenze rilevate direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio e l’ammontare girato dal patrimonio netto al conto economico dell’esercizio;

iii)

investimenti posseduti sino a scadenza;

iv)

finanziamenti e crediti; e

v)

attività finanziarie valutate al costo ammortizzato;

b)

gli interessi attivi e passivi complessivi (calcolati utilizzando il metodo dell’interesse effettivo) per le attività o le passività finanziarie che non sono designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

c)

i compensi e le spese (diversi dagli importi compresi nel calcolo del tasso di interesse effettivo) derivanti da:

i)

attività o passività finanziarie non designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; e

ii)

gestione fiduciaria e altre attività fiduciarie che si traducono nel possesso o nel collocamento di attività per conto di persone fisiche, amministrazioni fiduciarie, fondi pensione e altre istituzioni;

d)

gli interessi attivi su attività finanziarie che hanno subito una riduzione di valore, maturati secondo quanto previsto dal paragrafo AG93 dello IAS 39; e

e)

l’importo di qualsiasi perdita per riduzione di valore per ciascuna classe di attività finanziaria.

Altre informazioni integrative

Principi contabili

21.

In conformità del paragrafo 108 dello IAS 1 Presentazione del bilancio, l’entità indica nella sintesi dei principi contabili rilevanti i criteri di valutazione utilizzati nella preparazione del bilancio e gli altri principi contabili utilizzati che sono significativi per la comprensione del bilancio.

Contabilizzazione delle operazioni di copertura

22.

L’entità deve indicare le seguenti informazioni separatamente per ogni tipo di copertura descritto nello IAS 39 [ossia, copertura di fair value (valore equo), copertura di flussi finanziari e copertura di un investimento netto in una gestione estera]:

a)

la descrizione di ogni tipo di copertura;

b)

la descrizione degli strumenti finanziari designati come strumenti di copertura e i loro fair value (valori equi) alla data di riferimento del bilancio; e

c)

la natura dei rischi coperti.

23.

Per le coperture di flussi finanziari, l’entità deve indicare:

a)

i periodi in cui si prevede che i flussi finanziari si debbano verificare e quando si presume che incideranno sul conto economico;

b)

la descrizione di qualsiasi operazione programmata per la quale la contabilizzazione dell’operazione di copertura era stata precedentemente effettuata, ma che si presume non si verificherà più in futuro;

c)

l’importo che è stato rilevato nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio;

d)

l’importo che è stato girato dal patrimonio netto e iscritto nel conto economico dell’esercizio, con l’indicazione dell’importo imputato ad ogni voce di conto economico; e

e)

l’importo che è stato girato dal patrimonio netto nel corso dell’esercizio e incluso nel costo iniziale o in altro valore contabile di un’attività o passività non finanziaria la cui acquisizione o il cui verificarsi costituiva un’operazione coperta programmata ritenuta altamente probabile.

24.

L’entità deve indicare separatamente:

a)

nelle coperture di fair value (valore equo), gli utili o le perdite:

i)

sullo strumento di copertura; e

ii)

sull’elemento coperto attribuibili al rischio coperto;

b)

l’inefficacia rilevata a conto economico derivante da coperture di flussi finanziari; e

c)

l’inefficacia rilevata a conto economico derivante da coperture di investimenti netti in gestioni estere.

Fair value (valore equo)

25.

Ad eccezione di quanto stabilito nel paragrafo 29, per ogni classe di attività e passività finanziarie (cfr. paragrafo 6) l’entità deve indicare il fair value (valore equo) della classe di attività e passività in modo che sia possibile confrontarlo con il suo valore contabile.

26.

Nell’indicare i fair value (valori equi), l’entità deve raggruppare le attività e le passività finanziarie in classi, ma deve compensarle soltanto nella misura in cui i loro valori contabili sono compensati nel bilancio.

27.

Un’entità deve indicare:

a)

i metodi e, qualora venga utilizzata una tecnica di valutazione, le ipotesi adottate nella determinazione del fair value (valore equo) di ciascuna classe di attività o di passività finanziarie. Per esempio, se pertinente, l’entità fornisce informazioni sulle ipotesi fatte relativamente alla percentuale di rimborso anticipato, ai tassi di perdita stimata su crediti e ai tassi di interesse o di sconto;

b)

se i fair value (valori equi) sono determinati direttamente, totalmente o parzialmente, con riferimento alle quotazioni del prezzo pubblicate in un mercato attivo o sono stimati utilizzando una tecnica di valutazione (cfr. paragrafi da AG71 ad AG79 dello IAS 39);

c)

se i fair value (valori equi) rilevati o indicati in bilancio sono determinati totalmente o parzialmente utilizzando una tecnica di valutazione basata su ipotesi che non sono confermate dai prezzi di operazioni correnti di mercato osservabili effettuate sullo stesso strumento (ossia senza modifiche o ristrutturazione dello strumento) e che non sono basate su dati osservabili di mercato disponibili. Per i fair value (valori equi) rilevati in bilancio, se la sostituzione di una o più delle predette ipotesi con ipotesi alternative ragionevolmente possibili dovesse modificare significativamente il fair value (valore equo), l’entità deve dichiarare questo fatto e indicare gli effetti delle modifiche. A questo scopo, la rilevanza deve essere valutata con riferimento al risultato economico e alle attività o passività totali o al patrimonio netto complessivo, nel caso in cui le variazioni del fair value (valore equo) siano rilevate nel patrimonio netto;

d)

se si applica c), l’importo totale della variazione del fair value (valore equo) stimata utilizzando una tecnica di valutazione che è stata rilevata nel conto economico nel corso dell’esercizio.

28.

Se il mercato di uno strumento finanziario non è attivo, l’entità ne determina il fair value (valore equo) utilizzando una tecnica di valutazione (cfr. i paragrafi da AG74 ad AG79 dello IAS 39). Tuttavia, la prova migliore del fair value (valore equo) al momento della rilevazione iniziale è il prezzo di transazione [ossia il fair value (valore equo) del corrispettivo dato o ricevuto], a meno che non siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo AG76 dello IAS 39. Vi potrebbe essere, pertanto, una differenza tra il fair value (valore equo) al momento della rilevazione iniziale e l’importo che sarebbe stato determinato a tale data utilizzando la tecnica di valutazione. Se una tale differenza esiste, per ogni classe di strumenti finanziari l’entità deve indicare:

a)

i principi contabili da essa utilizzati nel rilevare detta differenza nel conto economico per riflettere la variazione dei fattori (compresi i tempi) che gli operatori di mercato considererebbero nel fissare il prezzo (cfr. paragrafo AG76A dello IAS 39); e

b)

la differenza complessiva ancora da rilevare nel conto economico all’inizio e alla fine dell’esercizio e la riconciliazione delle variazioni del saldo di detta differenza.

29.

L’indicazione del fair value (valore equo) non è necessaria:

a)

quando il valore contabile è un’approssimazione ragionevole del fair value (valore equo), per esempio nel caso di strumenti finanziari quali crediti e debiti commerciali a breve termine;

b)

per investimenti in strumenti rappresentativi di capitale che non hanno un prezzo di mercato quotato in un mercato attivo o derivati correlati a tali strumenti rappresentativi di capitale, che sono valutati al costo secondo quanto previsto dallo IAS 39 poiché il loro fair value (valore equo) non può essere determinato attendibilmente; o

c)

per i contratti che contengono un elemento di partecipazione discrezionale (secondo quanto descritto nell’IFRS 4), se il fair value (valore equo) di detto elemento non può essere determinato attendibilmente.

30.

Nei casi descritti al paragrafo 29, lettere b) e c), l’entità deve fornire informazioni per aiutare gli utilizzatori del bilancio a effettuare le loro valutazioni circa la misura delle possibili differenze tra il valore contabile di tali attività o passività finanziarie e il loro fair value (valore equo), tra cui:

a)

il fatto che per i predetti strumenti il fair value (valore equo) non è stato indicato poiché non può essere determinato attendibilmente;

b)

la descrizione degli strumenti finanziari, l’indicazione del loro valore contabile e la spiegazione del perché il fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente;

c)

informazioni sul mercato degli strumenti;

d)

l’indicazione di se e come l’entità ha intenzione di cedere gli strumenti finanziari; e

e)

nel caso in cui siano eliminati dal bilancio strumenti finanziari il cui fair value (valore equo) precedentemente non poteva essere valutato attendibilmente deve esserne data informazione, con indicazione del loro valore contabile al momento dell’eliminazione e dell’importo dell’utile o della perdita rilevato.

NATURA ED ENTITÀ DEI RISCHI DERIVANTI DAGLI STRUMENTI FINANZIARI

31.

L’entità deve fornire informazioni che consentano agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura e l’entità dei rischi derivanti dagli strumenti finanziari ai quali l’entità è esposta alla data di riferimento del bilancio.

32.

Le informazioni richieste ai paragrafi da 33 a 42 riguardano i rischi derivanti dagli strumenti finanziari e il modo in cui sono gestiti. Si tratta di norma, ma non unicamente, del rischio di credito, del rischio di liquidità e del rischio di mercato.

Informazioni qualitative

33.

Per ogni tipo di rischio derivante dagli strumenti finanziari, l’entità deve indicare:

a)

le esposizioni al rischio e in che modo sono generate;

b)

gli obiettivi, le procedure e i processi di gestione dei rischi e i metodi utilizzati per valutarli; e

c)

qualsiasi variazione di a) o b) rispetto all’esercizio precedente.

Informazioni quantitative

34.

Per ogni tipo di rischio derivante dagli strumenti finanziari, l’entità deve indicare:

a)

dati quantitativi sintetici sull’esposizione al rischio alla data di riferimento del bilancio. Queste informazioni si basano sulle informazioni fornite internamente ai dirigenti con responsabilità strategiche (secondo la definizione dello IAS 24 Informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate), per esempio il consiglio di amministrazione o l’amministratore delegato;

b)

le informazioni previste ai paragrafi 36-42, se non già fornite in conformità ad (a), salvo che il rischio sia non rilevante (cfr. i paragrafi da 29 a 31 dello IAS 1 per l’illustrazione della nozione di «rilevanza»);

c)

le concentrazioni dei rischi se non evidenti dalle informazioni fornite in conformità ad a) e b).

35.

Se i dati quantitativi forniti alla data di riferimento del bilancio non sono rappresentativi dell’esposizione al rischio dell’entità nel corso dell’esercizio, l’entità deve fornire ulteriori informazioni che siano rappresentative.

Rischio di credito

36.

Per ogni classe di strumenti finanziari, l’entità deve indicare:

a)

l’ammontare che alla data di riferimento del bilancio meglio rappresenta la sua massima esposizione al rischio di credito, senza considerare eventuali garanzie detenute o altri strumenti di attenuazione del rischio di credito (per esempio, accordi di compensazione che non soddisfano le condizioni per la compensazione secondo quanto previsto dallo IAS 32);

b)

con riferimento all’ammontare indicato in a), la descrizione della garanzia detenuta e degli altri strumenti di attenuazione del rischio di credito;

c)

informazioni sulla qualità creditizia delle attività finanziarie non scadute e che non hanno subito una riduzione di valore; e

d)

il valore contabile delle attività finanziarie che sarebbero altrimenti scadute o che avrebbero subito una riduzione di valore ma le cui condizioni sono state rinegoziate.

Attività finanziarie scadute o che hanno subito una riduzione di valore

37.

Per ogni classe di attività finanziarie, l’entità deve indicare:

a)

un’analisi dell’anzianità delle attività finanziarie scadute alla data di riferimento del bilancio ma che non hanno subito una riduzione di valore;

b)

un’analisi delle attività finanziarie di cui sia stata determinata individualmente una riduzione di valore alla data di riferimento del bilancio, indicando i fattori di cui l’entità ha tenuto conto per determinare che hanno subito la riduzione; e

c)

per l’ammontare indicato in a) e in b), una descrizione della garanzia detenuta dall’entità e degli altri strumenti di attenuazione del rischio di credito e, se possibile, una stima del loro fair value (valore equo).

Garanzie e altri strumenti di attenuazione del rischio di credito ottenuti

38.

Quando nel corso dell’esercizio l’entità ottiene attività finanziarie o non finanziarie acquisendo il possesso di garanzie da essa detenute o rifacendosi su altri strumenti di attenuazione del rischio di credito (per esempio, garanzie personali), e tali attività soddisfano i criteri di rilevazione previsti in altri Principi, l’entità deve indicare:

a)

la natura e il valore contabile delle attività ottenute; e

b)

quando le attività non sono prontamente convertibili in denaro, le politiche seguite per dismettere dette attività o per utilizzarle nelle sue operazioni.

Rischio di liquidità

39.

L’entità deve indicare:

a)

un’analisi delle scadenze per le passività finanziarie, che mostri le rimanenti scadenze contrattuali; e

b)

la descrizione di come gestisce il rischio di liquidità inerente ad a).

Rischio di mercato

Analisi di sensitività

40.

Tranne il caso in cui soddisfi le disposizioni di cui al paragrafo 41, l’entità deve indicare:

a)

un’analisi di sensitività per ogni tipo di rischio di mercato al quale l’entità è esposta alla data di riferimento del bilancio, mostrando gli effetti che ci sarebbero stati sul conto economico e sul patrimonio netto a seguito delle variazioni della variabile rilevante di rischio ragionevolmente possibili alla predetta data;

b)

i metodi e le ipotesi utilizzati per la preparazione dell’analisi di sensitività; e

c)

le modifiche ai metodi e alle ipotesi utilizzati rispetto all’esercizio precedente, e le ragioni di dette modifiche.

41.

Se l’entità prepara un’analisi di sensitività, come nel caso dell’analisi del valore a rischio, che riflette le interdipendenze tra variabili di rischio (per esempio, tassi di interesse e tassi di cambio) e la utilizza per gestire i rischi finanziari, può utilizzare detta analisi di sensitività in luogo dell’analisi specificata al paragrafo 40. L’entità deve inoltre fornire:

a)

la spiegazione del metodo utilizzato per la preparazione dell’analisi di sensitività e un’illustrazione dei parametri e delle ipotesi principali alla base dei dati forniti; e

b)

la spiegazione dell’obiettivo del metodo utilizzato e una descrizione delle limitazioni che potrebbero risultarne nelle informazioni, che non rifletterebbero pienamente il fair value (valore equo) delle attività e delle passività in oggetto.

Altra informativa sul rischio di mercato

42.

Quando le analisi di sensitività indicate in conformità al paragrafo 40 o al paragrafo 41 non sono rappresentative del rischio inerente allo strumento finanziario (per esempio, perché l’esposizione alla fine dell’anno non riflette l’esposizione nel corso dell’anno), l’entità deve presentare il fatto e illustrare le ragioni per le quali ritiene che le analisi di sensitività non siano rappresentative.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

43.

L’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2007 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica il presente IFRS a un esercizio precedente, tale fatto deve essere indicato.

44.

Se l’entità applica il presente IFRS a esercizi antecedenti il 1o gennaio 2006, non deve presentare le informazioni comparative sulla natura e sull’entità dei rischi derivanti dagli strumenti finanziari previste dai paragrafi da 31 a 42.

44E.

Riclassificazione delle attività finanziarie (Modifiche allo IAS 39 e all'IFRS 7), pubblicato nell'ottobre 2008, ha modificato il paragrafo 12 e ha aggiunto il paragrafo 12A. L'entità deve applicare tali modifiche a partire dal 1o luglio 2008.

RITIRO DELLO IAS 30

45.

Il presente IFRS sostituisce lo IAS 30 Informazioni richieste nel bilancio delle banche e degli istituti finanziari.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Rischio di credito

Il rischio che una delle parti di uno strumento finanziario causi una perdita finanziaria all’altra parte non adempiendo a un’obbligazione.

Rischio di valuta

Il rischio che il fair value (valore equo) o i flussi finanziari futuri di uno strumento finanziario fluttuino in seguito a variazioni dei tassi di cambio.

Rischio di tasso di interesse

Il rischio che il fair value (valore equo) o i flussi finanziari futuri di uno strumento finanziario fluttuino in seguito a variazioni dei tassi di interesse sul mercato.

Rischio di liquidità

Il rischio che un’entità abbia difficoltà ad adempiere alle obbligazioni associate a passività finanziarie.

Finanziamenti passivi

I finanziamenti passivi sono passività finanziarie, diverse da debiti commerciali a breve termine in condizioni di credito normali.

Rischio di mercato

Il rischio che il fair value (valore equo) o i flussi finanziari futuri di uno strumento finanziario fluttuino in seguito a variazioni dei prezzi di mercato. Il rischio di mercato comprende tre tipi di rischio: il rischio di valuta, il rischio di tasso d’interesse e altro rischio di prezzo.

Altro rischio di prezzo

Il rischio che il fair value (valore equo) o i flussi finanziari futuri di uno strumento finanziario fluttuino in seguito a variazioni dei prezzi di mercato (diverse dalle variazioni determinate dal rischio di tasso d’interesse o dal rischio di valuta), sia che le variazioni siano determinate da fattori specifici al singolo strumento finanziario o al suo emittente, sia che esse siano dovute a fattori che influenzano tutti gli strumenti finanziari similari negoziati sul mercato.

Scaduto

Un’attività finanziaria è scaduta quando una controparte non effettua il pagamento alla data stabilita contrattualmente.

I termini indicati di seguito sono definiti nel paragrafo 11 dello IAS 32 o nel paragrafo 9 dello IAS 39 e sono utilizzati nell’IFRS con il significato specificato nello IAS 32 e nello IAS 39:

costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria,

attività finanziarie disponibili per la vendita,

eliminazione contabile,

derivato,

metodo dell’interesse effettivo,

strumento rappresentativo di capitale,

fair value (valore equo),

attività finanziaria,

strumento finanziario,

passività finanziaria,

attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico,

contratto di garanzia finanziaria,

attività o passività finanziaria posseduta per negoziazione,

operazione programmata,

strumento di copertura,

investimenti posseduti sino a scadenza,

finanziamenti e crediti,

acquisto o vendita standardizzato.

Appendice B

Guida operativa

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

CLASSI DI STRUMENTI FINANZIARI E LIVELLO DELLE INFORMAZIONI INTEGRATIVE (PARAGRAFO 6)

B1

Il paragrafo 6 dispone che l’entità raggruppi gli strumenti finanziari in classi che siano pertinenti alla natura delle informazioni fornite e che tengano in considerazione le caratteristiche degli strumenti finanziari. Le classi di cui al paragrafo 6 sono determinate dall’entità, e sono pertanto diverse dalle categorie di strumenti finanziari specificate nello IAS 39 [che stabilisce le modalità di valutazione degli strumenti finanziari e dove sono rilevate le variazioni del fair value (valore equo)].

B2

Nella determinazione delle classi di strumenti finanziari, l’entità deve almeno:

a)

distinguere gli strumenti valutati al costo ammortizzato dagli strumenti valutati al fair value (valore equo);

b)

trattare come classi distinte gli strumenti finanziari che esulano dall’ambito di applicazione del presente IFRS.

B3

L’entità decide, alla luce della propria situazione, il grado di dettaglio da fornire per soddisfare le disposizioni del presente IFRS, il rilievo da dare ai diversi elementi richiesti e in che modo aggregare le informazioni per fornire il quadro generale, evitando di aggregare informazioni che presentano caratteristiche diverse. È necessario trovare un equilibrio, evitando di sovraccaricare il bilancio di dettagli eccessivi che possono non essere utili per gli utilizzatori del bilancio, senza tuttavia occultare informazioni rilevanti a causa di aggregazioni eccessive. Per esempio, l’entità non deve occultare informazioni importanti includendole in una grande massa di dettagli insignificanti. Analogamente, l’entità non deve fornire informazioni aggregate in maniera tale da occultare differenze importanti tra singole operazioni o tra i rischi associati.

RILEVANZA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI CON RIFERIMENTO ALLA SITUAZIONE PATRIMONIALE-FINANZIARIA E AL RISULTATO ECONOMICO

Passività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico (paragrafi 10 e 11)

B4

Se l’entità designa una passività finanziaria come al fair value (valore equo) rilevato a conto economico, il paragrafo 10, lettera a), prevede che l’entità indichi l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) della passività finanziaria attribuibile alle variazioni del rischio di credito della passività. Il paragrafo 10, lettera a), punto i), consente all’entità di determinare detto ammontare come l’ammontare della variazione del fair value (valore equo) della passività non attribuibile a variazioni delle condizioni di mercato che danno origine a rischio di mercato. Se le uniche variazioni rilevanti delle condizioni di mercato di una passività sono le variazioni di un tasso di interesse (di riferimento) osservato, l’ammontare può essere stimato come segue:

a)

l’entità calcola prima il tasso interno di rendimento della passività all’inizio dell’esercizio, utilizzando il prezzo della passività osservato sul mercato e i flussi finanziari contrattuali della passività all’inizio dell’esercizio. Essa deduce da questo tasso di rendimento il tasso di interesse (di riferimento) osservato all’inizio dell’esercizio, per arrivare a una componente del tasso interno di rendimento specifica dello strumento;

b)

poi, l’entità calcola il valore attuale dei flussi finanziari associati alla passività utilizzando i flussi finanziari contrattuali della stessa alla fine dell’esercizio e un tasso di attualizzazione pari alla somma (i) del tasso di interesse (di riferimento) osservato alla fine dell’esercizio e (ii) della componente del tasso interno di rendimento specifica dello strumento determinata in a);

c)

la differenza tra il prezzo della passività osservato sul mercato alla fine dell’esercizio e l’importo determinato in b) è la variazione del fair value (valore equo) non attribuibile alle variazioni nel tasso di interesse (di riferimento) osservato. Questo è l’importo da indicare.

L’esempio parte dall’ipotesi che le variazioni del fair value (valore equo) derivanti da fattori diversi dalle variazioni del rischio di credito dello strumento o dalle variazioni dei tassi di interesse siano non significative. Se lo strumento considerato nell’esempio contiene un derivato incorporato, la variazione del fair value (valore equo) del derivato incorporato viene esclusa dal calcolo dell’importo da indicare secondo quanto previsto dal paragrafo 10, lettera a).

Altre informazioni integrative — Principi contabili (paragrafo 21)

B5

Il paragrafo 21 richiede che vengano indicati i criteri di valutazione utilizzati per la preparazione del bilancio e gli altri principi contabili utilizzati che sono significativi per la comprensione del bilancio. Per gli strumenti finanziari, le informazioni integrative possono comprendere:

a)

per le attività o passività finanziarie designate al fair value (valore equo) rilevato a conto economico:

i)

la natura delle attività o delle passività finanziarie che l’entità ha designato al fair value (valore equo) rilevato a conto economico;

ii)

i criteri sulla base dei quali dette attività o passività finanziarie sono state designate come tali al momento della rilevazione iniziale; e

iii)

in che modo l’entità ha soddisfatto le condizioni di cui ai paragrafi 9, 11A o 12 dello IAS 39 per una tale designazione. Per gli strumenti designati secondo quanto previsto al paragrafo b), punto i) della definizione di attività o di passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico di cui allo IAS 39, l’informazione include una descrizione delle circostanze sottostanti la mancata uniformità nella valutazione o nella rilevazione che altrimenti ne deriverebbe. Per gli strumenti designati secondo quanto previsto al paragrafo b), punto ii) della definizione di attività o di passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico di cui allo IAS 39, l’informazione include la descrizione di come la designazione al fair value (valore equo) rilevato a conto economico sia conforme alla gestione del rischio documentata dell’entità o alla sua strategia di investimento;

b)

i criteri di designazione delle attività finanziarie come disponibili per la vendita;

c)

se gli acquisti e le vendite standardizzati di attività finanziarie sono contabilizzati alla data di negoziazione o alla data di regolamento (cfr. paragrafo 38 dello IAS 39);

d)

quando si utilizza un accantonamento per ridurre il valore contabile di attività finanziarie che hanno subito una riduzione di valore a causa di perdite di realizzo:

i)

i criteri per determinare quando il valore contabile di attività finanziarie che hanno subito una riduzione di valore viene ridotto direttamente (o, nel caso di storno di una svalutazione, aumentato direttamente) e quando viene utilizzato l’accantonamento; e

ii)

i criteri per lo storno di accantonamenti a fronte del valore contabile di attività finanziarie che hanno subito una riduzione di valore (cfr. paragrafo 16);

e)

in che modo sono determinati gli utili o le perdite netti su ogni singola categoria di strumenti finanziari [cfr. paragrafo 20, lettera a)], per esempio, se gli utili o le perdite netti su voci al fair value (valore equo) rilevato a conto economico includano interessi o dividendi attivi;

f)

i criteri utilizzati dall’entità per determinare che vi è la prova obiettiva che si è verificata una perdita per riduzione di valore [cfr. paragrafo 20, lettera e)];

g)

quando sono state rinegoziate le condizioni delle attività finanziarie che sarebbero altrimenti scadute o che avrebbero subito una riduzione di valore, i principi contabili applicati alle attività finanziarie oggetto delle condizioni rinegoziate [cfr. paragrafo 36, lettera d)].

Il paragrafo 113 dello IAS 1 dispone altresì che le entità indichino, nella sintesi dei principi contabili significativi o in altre note, le decisioni, ad eccezione di quelle che riguardano le stime, che la direzione aziendale ha preso durante il processo di applicazione dei principi contabili dell’entità che hanno i più significativi effetti sugli importi rilevati in bilancio.

NATURA ED ENTITÀ DEI RISCHI DERIVANTI DAGLI STRUMENTI FINANZIARI (PARAGRAFI 31-42)

B6

Le informazioni integrative previste ai paragrafi 31-42 devono essere fornite direttamente nel bilancio ovvero tramite rinvii inseriti nel bilancio ad altri documenti, come per esempio, relazione della direzione aziendale o relazioni sul rischio, ai quali gli utilizzatori del bilancio hanno accesso alle stesse condizioni e negli stessi tempi del bilancio. Senza le informazioni inserite tramite rinvii, il bilancio è incompleto.

Informazioni quantitative (paragrafo 34)

B7

Il paragrafo 34, lettera a), dispone che siano indicati dati quantitativi sintetici sull’esposizione al rischio dell’entità basati sulle informazioni fornite internamente ai dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità. Se utilizza vari metodi per la gestione di un’esposizione al rischio, l’entità deve indicare le informazioni utilizzando il metodo o i metodi che forniscono le informazioni più rilevanti e attendibili. Nello IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori sono illustrate le nozioni di rilevanza e di attendibilità.

B8

Il paragrafo 34, lettera c), richiede informazioni integrative sulle concentrazioni dei rischi. Le concentrazioni dei rischi derivano da strumenti finanziari che presentano caratteristiche similari e sono influenzati in maniera analoga dalle variazioni delle condizioni economiche o di altra natura. L’identificazione delle concentrazioni dei rischi richiede un giudizio che consideri le circostanze dell’entità. Le informazioni integrative sulle concentrazioni dei rischi includono:

a)

la descrizione del modo in cui la direzione aziendale determina le concentrazioni;

b)

la descrizione della caratteristica comune che identifica ogni concentrazione (per esempio, controparte, area geografica, valuta o mercato); e

c)

l’importo dell’esposizione al rischio associata a tutti gli strumenti finanziari che presentano quella stessa caratteristica.

Massima esposizione al rischio di credito [paragrafo 36, lettera a)]

B9

Il paragrafo 36, lettera a), richiede informazioni sull’ammontare che meglio rappresenta la massima esposizione al rischio di credito dell’entità. Nel caso di un’attività finanziaria, ciò è costituito di norma dal valore contabile lordo, al netto di:

a)

qualsiasi importo compensato secondo quanto previsto dallo IAS 32; e

b)

qualsiasi perdita per riduzione di valore rilevata secondo quanto previsto dallo IAS 39.

B10

Le attività che danno origine a rischio di credito e la massima esposizione al rischio di credito associata includono i seguenti elementi, ma non si limitato ad essi:

a)

la concessione di finanziamenti e crediti alla clientela e il collocamento di depositi presso altre entità. In questi casi, la massima esposizione al rischio di credito è rappresentata dal valore contabile delle relative attività finanziarie;

b)

la stipula di contratti derivati, per esempio, contratti in valuta estera, swap su tassi di interessi e derivati su crediti. Quando l’attività risultante è valutata al fair value (valore equo), la massima esposizione al rischio di credito alla data di riferimento del bilancio sarà pari al valore contabile;

c)

la concessione di garanzie finanziarie. In questo caso, la massima esposizione al rischio di credito è rappresentata dall’ammontare massimo che l’entità dovrebbe pagare se la garanzia fosse escussa, il quale potrebbe essere notevolmente maggiore dell’ammontare riconosciuto come passività;

d)

l’assunzione di un impegno all’erogazione di finanziamenti che sia irrevocabile per la durata della linea di credito o che sia revocabile solo in caso di variazione negativa significativa. Se il finanziatore non può regolare l’impegno all’erogazione di finanziamenti in disponibilità liquide o con altro strumento finanziario, la massima esposizione al rischio di credito è rappresentata dall’ammontare complessivo dell’impegno. Ciò in quanto non si sa se l’ammontare di eventuali quote non utilizzate verrà utilizzato in futuro. Quest’ultimo potrebbe essere notevolmente più elevato dell’ammontare rilevato come passività.

Analisi delle scadenze contrattuali [paragrafo 39, lettera a)]

B11

Nel predisporre l’analisi delle scadenze contrattuali per le passività finanziarie prevista dal paragrafo 39, lettera a, l’entità si basa sul proprio giudizio per determinare il numero adeguato di fasce temporali. Per esempio, un’entità potrebbe considerare appropriate le seguenti fasce temporali:

a)

fino a un mese;

b)

oltre uno e fino a tre mesi;

c)

oltre tre mesi e fino a un anno; e

d)

oltre uno e fino a cinque anni.

B12

Quando una controparte può scegliere quando un ammontare debba essere pagato, la passività viene inclusa sulla base della prima data alla quale l’entità può essere chiamata a pagare. Per esempio, le passività finanziarie che l’entità può essere chiamata a rimborsare a richiesta (per esempio, i depositi a vista) sono incluse nel primo periodo.

B13

Quando l’entità si è impegnata a rendere disponibili gli importi a rate, ogni rata viene imputata al primo periodo in cui l’entità può essere chiamata a pagare. Per esempio, un impegno non utilizzato all’erogazione di finanziamenti viene incluso nel periodo in cui rientra la prima data alla quale può essere utilizzato.

B14

Gli importi indicati nell’analisi delle scadenze sono i flussi finanziari contrattuali non attualizzati, per esempio:

a)

le obbligazioni lorde da leasing finanziario (al lordo degli oneri finanziari);

b)

i prezzi specificati nei contratti a termine per l’acquisto di attività finanziarie in contante;

c)

gli importi netti per swap su tassi di interesse pay-floating/receive-fixed per i quali vengono scambiati flussi finanziari netti;

d)

gli importi contrattuali da scambiare in uno strumento finanziario derivato (per esempio uno swap su valuta) per il quale vengono scambiati flussi finanziari lordi; e

e)

gli impegni all’erogazione di finanziamenti lordi.

Tali flussi finanziari non attualizzati differiscono dall’importo incluso nello stato patrimoniale, dato che quest’ultimo è basato sui flussi finanziari attualizzati.

B15

Se opportuno, nell’analisi delle scadenze contrattuali per le passività finanziarie prevista al paragrafo 39, lettera a), l’entità deve presentare separatamente l’analisi degli strumenti finanziari derivati e quella degli strumenti finanziari non derivati. Per esempio, se i flussi finanziari generati da strumenti finanziari derivati sono regolati al lordo, sarebbe opportuno distinguerli dai flussi finanziari generati da strumenti finanziari non derivati. Questo perché i flussi finanziari lordi in uscita potrebbero essere accompagnati dai relativi flussi in entrata.

B16

Quando l’ammontare dovuto non è fisso, l’ammontare indicato viene determinato con riferimento alle condizioni esistenti alla data di riferimento del bilancio. Per esempio, se l’ammontare dovuto varia in funzione delle variazioni di un indice, l’ammontare indicato potrà essere basato sul livello dell’indice alla data di riferimento del bilancio.

Rischio di mercato — Analisi di sensitività (paragrafi 40 e 41)

B17

Il paragrafo 40, lettera a), richiede un’analisi di sensitività per ciascun tipo di rischio di mercato al quale l’entità è esposta. In conformità al paragrafo B3, l’entità decide in che modo aggregare le informazioni per fornire il quadro generale, evitando di aggregare informazioni che presentano caratteristiche diverse per quanto riguarda l’esposizione al rischio dovuta a contesti economici notevolmente diversi. Per esempio:

a)

l’entità che negozia strumenti finanziari potrebbe indicare separatamente le informazioni relative agli strumenti finanziari posseduti per negoziazione e quelle relative agli strumenti finanziari non posseduti per negoziazione;

b)

l’entità non aggregherebbe le esposizioni ai rischi di mercato in aree di iperinflazione e le esposizioni agli stessi rischi di mercato in aree di inflazione molto bassa.

Se l’entità detiene esposizioni a un unico tipo di rischio di mercato in un unico contesto economico, non fornirebbe informazioni disaggregate.

B18

Il paragrafo 40, lettera a); richiede che l’analisi di sensitività mostri gli effetti sul conto economico e sul patrimonio netto di variazioni ragionevolmente possibili delle variabili rilevanti di rischio (per esempio, tassi di interesse prevalenti sul mercato, tassi di cambio, prezzi di strumenti rappresentativi di capitale o prezzi delle merci). A questo scopo:

a)

l’entità non è tenuta a determinare quale sarebbe stato il risultato economico dell’esercizio se le variabili rilevanti di rischio fossero state diverse. L’entità invece presenta gli effetti sul conto economico e sul patrimonio netto alla data di riferimento dello stato patrimoniale, ipotizzando che in detta data si sia prodotta una variazione ragionevolmente possibile della variabile rilevante di rischio e che detta variazione sia stata applicata alle esposizioni al rischio in essere a quella data. Per esempio, se alla fine dell’esercizio l’entità detiene una passività finanziaria a tasso variabile, essa deve indicare gli effetti sul conto economico (ossia gli interessi passivi) per l’esercizio in corso se i tassi di interesse hanno subito variazioni di importo ragionevolmente possibile;

b)

l’entità non è tenuta a indicare gli effetti sul conto economico e sul patrimonio netto per ogni singola variazione entro una gamma di variazioni ragionevolmente possibili della variabile rilevante di rischio. Sarebbe sufficiente che indicasse gli effetti delle variazioni agli estremi della gamma ragionevolmente possibile.

B19

Nel determinare che cosa costituisce una variazione ragionevolmente possibile della variabile rilevante di rischio, l’entità dovrebbe considerare:

a)

il contesto economico nel quale opera. Una variazione ragionevolmente possibile non dovrebbe includere prospettive remote o «peggiori» o «test di stress». Inoltre, se il tasso di variazione della variabile di rischio sottostante è stabile, l’entità non è tenuta a modificare la variazione ragionevolmente possibile della variabile di rischio da essa scelta. Per esempio, nell’ipotesi che i tassi di interesse siano pari al 5 % e che l’entità abbia stabilito che una fluttuazione dei tassi di interesse di ± 50 punti base sia ragionevolmente possibile, l’entità indicherà gli effetti sul conto economico e sul patrimonio netto, se i tassi di interesse dovessero scendere al 4,5 % o salire al 5,5 %. Nell’esercizio successivo i tassi di interesse sono aumentati al 5,5 %. L’entità continuerà a ritenere che i tassi di interesse possano fluttuare di ± 50 punti base (ossia che il tasso di variazione dei tassi di interesse sia stabile). L’entità indicherà gli effetti sul conto economico e sul patrimonio netto se i tassi di interesse dovessero scendere al 5 % o salire al 6 %. L’entità non è tenuta a rivedere la propria valutazione secondo la quale i tassi di interesse potrebbero ragionevolmente fluttuare di ± 50 punti base, salvo il caso in cui si possa dimostrare che i tassi di interesse sono diventati notevolmente più volatili;

b)

il periodo per il quale effettua la valutazione. L’analisi di sensitività deve mostrare gli effetti delle variazioni considerate ragionevolmente possibili nel corso del periodo che intercorre fino alla presentazione successiva da parte dell’entità delle relative informazioni, che di norma è il successivo esercizio annuale.

B20

Il paragrafo 41 permette all’entità di utilizzare un’analisi di sensitività che rifletta le interdipendenze tra variabili di rischio, come per esempio, la metodologia del valore a rischio, se utilizza detta analisi per gestire le sue esposizioni ai rischi finanziari. Ciò vale anche se una tale metodologia consente di valutare solo la perdita potenziale e non l’utile potenziale. In questo caso, l’entità può soddisfare le disposizioni del paragrafo 41, lettera a), indicando il tipo di modello di valore a rischio utilizzato (per esempio, se il modello si basa sulle simulazioni Monte Carlo), fornendo una spiegazione del funzionamento del modello e delle principali ipotesi (per esempio, il periodo di possesso e l’intervallo di confidenza). Le entità possono anche indicare il periodo delle osservazioni storiche e le ponderazioni applicate alle osservazioni entro detto periodo, fornire una spiegazione del modo in cui le opzioni sono utilizzate nei calcoli, e precisare le volatilità e le correlazioni (o, in alternativa, le distribuzioni di probabilità secondo le simulazioni Monte Carlo) utilizzate.

B21

L’entità deve fornire analisi di sensitività per tutte le sue attività; essa può tuttavia fornire analisi di sensitività di tipo diverso per classi di strumenti finanziari diverse.

Rischio di tasso di interesse

B22

Il rischio di tasso di interesse deriva da strumenti finanziari fruttiferi di interessi rilevati nello stato patrimoniale (per esempio, finanziamenti e crediti, e strumenti di debito emessi) e da alcuni strumenti finanziari non rilevati nello stato patrimoniale (per esempio taluni impegni all’erogazione di finanziamenti).

Rischio di valuta

B23

Il rischio di valuta (o rischio di cambio) deriva dagli strumenti finanziari denominati in valuta estera, ossia in una valuta diversa dalla valuta funzionale nella quale sono valutati. Ai fini del presente IFRS, il rischio di valuta non deriva da strumenti finanziari che sono elementi non monetari o da strumenti finanziari denominati nella valuta funzionale.

B24

Un’analisi di sensitività viene fornita per ciascuna valuta nella quale l’entità ha un’esposizione significativa.

Altro rischio di prezzo

B25

Altro rischio di prezzo deriva dagli strumenti finanziari a causa, per esempio, di variazioni dei prezzi delle merci o dei prezzi degli strumenti rappresentativi di capitale. Per rispettare quanto disposto dal paragrafo 40, l’entità può indicare l’effetto della diminuzione di uno specifico indice del mercato azionario, del prezzo di merci o di altre variabili di rischio. Per esempio, se fornisce garanzie del valore residuo che si configurano come strumenti finanziari, l’entità indica l’aumento o la diminuzione del valore dell’attività a cui la garanzia si applica.

B26

Due esempi di strumenti finanziari che generano rischi sui prezzi degli strumenti rappresentativi di capitale sono a) il possesso di strumenti rappresentativi di capitale di un’altra entità e b) la partecipazione in una gestione fiduciaria che detenga, a sua volta, partecipazioni in strumenti rappresentativi di capitale. Altri esempi includono i contratti forward e le opzioni per l’acquisto o la vendita di quantitativi specifici di uno strumento rappresentativo di capitale, e gli swap indicizzati ai prezzi di strumenti rappresentativi di capitale. Il fair value (valore equo) di tali strumenti finanziari risente delle variazioni del prezzo di mercato dei sottostanti strumenti rappresentativi di capitale.

B27

In conformità al paragrafo 40, lettera a), la sensitività del conto economico [che deriva, per esempio, da strumenti classificati al fair value (valore equo) rilevato a conto economico e da riduzioni di valore delle attività finanziarie disponibili per la vendita] viene indicata separatamente rispetto alla sensitività del patrimonio netto (che deriva, per esempio, da strumenti classificati come disponibili per la vendita).

B28

Gli strumenti finanziari che l’entità classifica come strumenti rappresentativi di capitale non sono rivalutati. Né il conto economico né il patrimonio netto sono influenzati dal rischio di prezzo di detti strumenti. Di conseguenza, non è richiesta un’analisi di sensitività.

INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING STANDARD 8

Settori operativi

PRINCIPIO BASE

1.

Un’entità deve fornire le informazioni che consentono agli utilizzatori del sul bilancio di valutare la natura e gli effetti sul bilancio delle attività imprenditoriali che intraprende e i contesti economici nei quali opera.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

Il presente IFRS si applica a:

a)

il bilancio separato o individuale di un’entità

i)

i cui titoli di debito o strumenti rappresentativi di capitale sono negoziati in un mercato pubblico (una Borsa valori nazionale o estera ovvero un mercato «over-the-counter», compresi i mercati locali e regionali); o

ii)

che deposita il proprio bilancio, o è in procinto di farlo, presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in un mercato pubblico; e

b)

il bilancio consolidato di un gruppo avente una capogruppo

i)

i cui titoli di debito o strumenti rappresentativi di capitale sono negoziati in un mercato pubblico (una Borsa valori nazionale o estera ovvero un mercato «over-the-counter», compresi i mercati locali e regionali); o

ii)

che deposita il bilancio consolidato, o è in procinto di farlo, presso una Commissione per la Borsa valori o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in un mercato pubblico.

3.

Se un’entità che non è tenuta ad applicare il presente IFRS decide di fornire informazioni sui settori che non sono conformi al presente IFRS, non deve definire tali informazioni come informativa di settore.

4.

Se il fascicolo di bilancio contiene sia il bilancio consolidato di una controllante che rientra nell’ambito di applicazione del presente IFRS, sia il bilancio separato di tale controllante, l’informativa di settore deve essere presentata solo con riferimento al bilancio consolidato.

SETTORI OPERATIVI

5.

Un settore operativo è una componente di un’entità:

a)

che intraprende attività imprenditoriali generatrici di ricavi e di costi (compresi i ricavi e i costi riguardanti operazioni con altre componenti della medesima entità);

b)

i cui risultati operativi sono rivisti periodicamente al più alto livello decisionale operativo dell’entità ai fini dell’adozione di decisioni in merito alle risorse da allocare al settore e della valutazione dei risultati; e

c)

per la quale sono disponibili informazioni di bilancio separate.

Un settore operativo può intraprendere attività imprenditoriali dalle quali non ha ancora ottenuto ricavi: le attività in fase di avviamento (start-up) possono essere, ad esempio, settori operativi prima della generazione di ricavi.

6.

Ciascuna parte di un’entità non è necessariamente un settore operativo o parte di un settore operativo. Ad esempio, la direzione di una società o alcune divisioni funzionali possono non conseguire ricavi o possono conseguire ricavi che sono solo accessori rispetto alle attività dell’entità e non sarebbero settori operativi. Ai fini del presente IFRS, i piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro di un’entità non sono settori operativi.

7.

L’espressione «più alto livello decisionale operativo» identifica una funzione, non necessariamente un manager con un titolo specifico. Tale funzione consiste nell’allocare le risorse ai settori operativi di un’entità e valutarne i risultati. Spesso essa compete all’amministratore delegato, ma potrebbe spettare, ad esempio, ad un gruppo di amministratori esecutivi o ad altri.

8.

Per molte entità, le tre caratteristiche dei settori operativi descritte al paragrafo 5 identificano chiaramente i loro settori operativi. Tuttavia, un’entità può presentare dei rendiconti interni nei quali le sue attività imprenditoriali sono descritte in una varietà di modi. Se il più alto livello decisionale operativo utilizza più di un set di informativa di settore, altri fattori possono identificare un unico gruppo di componenti come rappresentativo dei settori operativi di un’entità, tra cui la natura delle attività imprenditoriali di ciascuna componente, l’esistenza di manager per esse responsabili e le informazioni presentate al consiglio di amministrazione.

9.

Generalmente un settore operativo ha un manager di settore che risponde direttamente al più alto livello decisionale operativo e mantiene contatti periodici con esso per discutere le attività operative, i risultati di bilancio, le previsioni o i piani per il settore. Il termine «manager di settore» identifica una funzione, non necessariamente un manager con un titolo specifico. Il più alto livello decisionale operativo può essere altresì il manager di settore per taluni settori operativi. Un unico manager può essere il manager di settore di più settori operativi. Se le caratteristiche di cui al paragrafo 5 portano ad identificare più di un gruppo di componenti di un’organizzazione ma vi è un unico gruppo per il quale i manager di settore sono considerati responsabili, quest’ultimo gruppo di componenti costituisce il settore operativo.

10.

Le caratteristiche di cui al paragrafo 5 possono essere riconducibili a due o più gruppi di componenti coincidenti la cui responsabilità spetta a manager di settore. Tale struttura viene talvolta definita come forma di organizzazione a matrice. Ad esempio, in talune entità alcuni manager di settore sono responsabili di diverse linee di prodotto e di servizi a livello mondiale, mentre altri sono responsabili per determinate aree geografiche. Il più alto livello decisionale operativo rivede periodicamente i risultati operativi di entrambi i gruppi di componenti e per entrambi sono disponibili informazioni economico-finanziarie. In tal caso, facendo riferimento al principio base, l’entità deve determinare quale gruppo di componenti individua i vari settori operativi.

SETTORI OGGETTO DI INFORMATIVA

11.

Un’entità deve fornire informazioni separate in merito a ciascun settore operativo che:

a)

sia stato identificato conformemente ai paragrafi da 5 a 10 o derivi dall’aggregazione di due o più di tali settori conformemente al paragrafo 12; e

b)

superi le soglie quantitative di cui al paragrafo 13.

I paragrafi da 14 a 19 indicano altre situazioni in cui devono essere fornite informazioni separate in merito a un settore operativo.

Criteri di aggregazione

12.

I settori operativi presentano spesso risultati economici similari nel lungo periodo se hanno caratteristiche economiche similari. Per esempio, da due settori operativi con caratteristiche economiche similari ci si dovrebbero attendere dei margini lordi medi di lungo termine analoghi. Due o più settori operativi possono essere aggregati in un unico settore operativo se l’aggregazione è coerente con il principio base del presente IFRS, se i settori hanno caratteristiche economiche similari e se i settori sono similari per quanto riguarda ciascuno dei seguenti aspetti:

a)

natura dei prodotti e dei servizi;

b)

la natura dei processi produttivi;

c)

tipologia o classe di clientela per i loro prodotti e servizi;

d)

metodi utilizzati per distribuire i propri prodotti o fornire i propri servizi; e

e)

natura del contesto normativo, se applicabile, per esempio bancario, assicurativo o dei servizi pubblici.

Soglie quantitative

13.

Un’entità deve fornire informazioni separate in merito ad un settore operativo che soddisfi una qualsiasi delle seguenti soglie quantitative:

a)

i ricavi oggetto di informativa, comprese sia le vendite a clienti terzi sia le vendite o i trasferimenti tra settori, sono almeno il 10 % dei ricavi complessivi, interni ed esterni, di tutti i settori operativi;

b)

l’ammontare in valore assoluto del relativo utile o perdita è almeno il 10 % del maggiore, in valore assoluto, tra i seguenti importi: i) l’utile complessivo relativo a tutti i settori operativi in utile e ii) la perdita complessiva relativa a tutti i settori operativi in perdita;

c)

le sue attività sono almeno il 10 % delle attività complessive di tutti i settori operativi.

I settori operativi che non soddisfano alcuna delle soglie quantitative possono essere considerati oggetto di informativa separata se la direzione aziendale ritiene che le informazioni relative al settore siano utili per gli utilizzatori del bilancio.

14.

Un’entità può aggregare informazioni relative a settori operativi che non soddisfano le soglie quantitative ed informazioni relative ad altri settori operativi che non soddisfano tali soglie in modo da ottenere un settore oggetto di informativa solo se i settori operativi hanno caratteristiche economiche similari e condividono la maggior parte dei criteri di aggregazione di cui al paragrafo 12.

15.

Se il totale dei ricavi esterni presentati dai settori operativi rappresenta meno del 75 % dei ricavi dell’entità, devono essere identificati ulteriori settori operativi come settori oggetto di informativa (anche se non soddisfano i criteri di cui al paragrafo 13) fino a che almeno il 75 % dei ricavi dell’entità non sia incluso nei settori oggetto di informativa.

16.

Le informazioni relative ad altre attività imprenditoriali e settori operativi che non sono oggetto di informativa devono essere aggregate e presentate nella categoria «altri settori» separatamente dalle altre voci di riconciliazione tra le riconciliazioni previste dal paragrafo 28. Le fonti dei ricavi compresi nella categoria «altri settori» devono essere descritte.

17.

Se la direzione aziendale ritiene che un settore operativo identificato come settore oggetto di informativa nell’esercizio immediatamente precedente continui a essere rilevante, le informazioni relative a tale settore devono continuare ad essere presentate separatamente nell’esercizio in corso anche se il settore non soddisfa più i criteri di rilevanza di cui al paragrafo 13.

18.

Se un settore operativo è identificato come settore oggetto di informativa nell’esercizio in corso perché rispetta le soglie quantitative, i dati del settore di un esercizio precedente presentati a fini comparativi devono essere rideterminati per riflettere il nuovo settore oggetto di informativa come un settore separato, anche se tale settore non rispettava, nell’esercizio precedente, i criteri di rilevanza di cui al paragrafo 13, a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa.

19.

Vi può essere un limite pratico al numero di settori oggetto di informativa che un’entità presenta separatamente, al di là del quale le informazioni di settore potrebbero diventare troppo dettagliate. Sebbene non sia stato definito alcun limite preciso, quando il numero dei settori oggetto di informativa conformemente ai paragrafi da 13 a 18 è superiore a dieci, l’entità dovrebbe considerare se un limite pratico sia stato raggiunto.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

20.

Un’entità deve fornire le informazioni che consentono agli utilizzatori del sul bilancio di valutare la natura e gli effetti sul bilancio delle attività imprenditoriali che intraprende e i contesti economici nei quali opera.

21.

Per conferire efficacia al principio di cui al paragrafo 20, un’entità deve fornire quanto segue per ciascun esercizio per il quale venga presentato un conto economico:

a)

le informazioni generali di cui al paragrafo 22;

b)

le informazioni in merito all’utile o alla perdita di settore presentati, compresi i ricavi e le spese specificati inclusi nell’utile o nella perdita di settore presentati, alle attività di settore, alle passività di settore e alla base di valutazione, come descritto ai paragrafi da 23 a 27; e

c)

le riconciliazioni dei totali dei ricavi di settore, dell’utile o perdita di settore presentati, delle attività di settore, delle passività di settore e di altre voci di settore significative con i corrispondenti importi dell’entità come descritto al paragrafo 28.

Le riconciliazioni degli importi dello stato patrimoniale relativi ai settori oggetto di informativa con gli importi dello stato patrimoniale dell’entità sono necessarie per ciascuna data di presentazione dello stato patrimoniale. Le informazioni per gli esercizi precedenti devono essere riviste come descritto ai paragrafi 29 e 30.

Informazioni generali

22.

Un’entità deve fornire le seguenti informazioni generali:

a)

i fattori utilizzati per identificare i settori oggetto di informativa dell’entità, compreso il criterio di organizzazione (ad esempio, se la direzione aziendale abbia scelto di organizzare l’entità in funzione delle differenze dei prodotti e servizi, delle aree geografiche, del contesto normativo o di una combinazione di fattori e se i settori oggetto di informativa siano stati aggregati), e

b)

i tipi di prodotti e servizi da cui ciascun settore oggetto di informativa ottiene i propri ricavi.

Informazioni in merito a utili o perdite, attività e passività

23.

Un’entità deve fornire una valutazione dell’utile o della perdita e delle attività totali per ciascun settore oggetto di informativa. Un’entità deve fornire una valutazione delle passività di ciascun settore oggetto di informativa se tale importo viene fornito periodicamente al più alto livello decisionale operativo. Un’entità deve inoltre fornire i seguenti elementi in merito a ciascun settore oggetto di informativa se gli importi specificati sono inclusi nella valutazione dell’utile o della perdita di settore esaminati dal più alto livello decisionale operativo o vengono forniti periodicamente al più alto livello decisionale operativo, anche se non inclusi in tale valutazione dell’utile o della perdita di settore:

a)

ricavi da clienti terzi;

b)

ricavi da operazioni con altri settori operativi della medesima entità;

c)

interessi attivi;

d)

interessi passivi;

e)

svalutazioni e ammortamenti;

f)

voci significative di ricavo e di costo fornite conformemente al paragrafo 86 dello IAS 1 Presentazione del bilancio;

g)

quota di pertinenza dell’entità nell’utile o nella perdita di società collegate e joint venture contabilizzate con il metodo del patrimonio netto;

h)

imposte sul reddito o proventi fiscali; e

i)

voci non monetarie rilevanti diverse da svalutazioni e ammortamenti.

Un’entità deve indicare separatamente interessi attivi e interessi passivi per ciascun settore oggetto di informativa a meno che la maggior parte dei ricavi del settore provengano da interessi e il più alto livello decisionale operativo si basi principalmente sugli interessi attivi netti per valutare i risultati del settore e prendere decisioni in merito alle risorse da allocare al settore. In tal caso un’entità può indicare gli interessi attivi del settore al netto degli interessi passivi purché lo specifichi.

24.

Un’entità deve fornire i seguenti elementi in merito a ciascun settore oggetto di informativa se gli importi specificati sono inclusi nella valutazione delle attività di settore esaminate dal più alto livello decisionale operativo o vengono forniti periodicamente al più alto livello decisionale operativo anche se non inclusi nella valutazione delle attività di settore:

a)

l’importo dell’investimento in società collegate e joint venture contabilizzate con il metodo del patrimonio netto; e

b)

gli importi sommati alle attività non correnti (1) diversi da strumenti finanziari, attività fiscali differite, attività relative a benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro (vedi IAS 19 Benefici per i dipendenti paragrafi da 54 a 58) e diritti derivanti da contratti assicurativi.

VALUTAZIONE

25.

L’ammontare di ciascuna voce di settore presentata deve corrispondere alla valutazione fornita al più alto livello decisionale operativo ai fini dell’adozione di decisioni in merito all’allocazione di risorse al settore e della valutazione dei suoi risultati. Le rettifiche e le eliminazioni operate nella preparazione del bilancio e nelle allocazioni di ricavi, costi, utili o perdite di un’entità devono essere incluse nella determinazione dell’utile o perdita di settore presentata soltanto se sono incluse nella valutazione dell’utile o perdita di settore utilizzata dal più alto livello decisionale operativo. Analogamente, solo le attività e passività che sono incluse nelle valutazioni delle attività e passività di settore che sono utilizzate dal più alto livello decisionale operativo devono essere indicate per tale settore. Se importi sono allocati all’utile o perdita di settore, alle attività o passività presentati, tali importi devono essere allocati su base ragionevole.

26.

Se il più alto livello decisionale operativo utilizza un’unica valutazione dell’utile o perdita, delle attività o passività di un settore operativo per valutare i risultati di settore e decidere come allocare le risorse, devono essere presentate tali valutazioni di utile o perdita, attività e passività di settore. Se il più alto livello decisionale operativo utilizza più di una valutazione di utile o perdita, attività e passività di settore, le valutazioni fornite sono quelle che la direzione aziendale ritiene siano determinate conformemente ai principi di valutazione maggiormente coerenti con quelli utilizzati nella valutazione degli importi corrispondenti nel bilancio dell’entità.

27.

Un’entità deve fornire una spiegazione delle valutazioni di utile o perdita, attività e passività di settore per ciascun settore oggetto di informativa. Come minimo, un’entità deve indicare quanto segue:

a)

il criterio di contabilizzazione di qualsiasi operazione tra settori oggetto di informativa;

b)

la natura di qualsiasi differenza tra le valutazioni degli utili o perdite di settori oggetto di informativa e l’utile o la perdita dell’entità ante oneri o proventi fiscali e attività operative cessate (qualora non sia evidente dalle riconciliazioni di cui al paragrafo 28). Tali differenze potrebbero includere i principi contabili e i principi per l’allocazione di costi sostenuti a livello centrale che sono necessari per la comprensione delle informazioni di settore presentate;

c)

la natura di qualsiasi differenza tra le valutazioni delle attività dei settori oggetto di informativa e delle attività dell’entità (qualora non sia evidente dalle riconciliazioni di cui al paragrafo 28). Tali differenze potrebbero includere i principi contabili e i principi per l’allocazione di attività utilizzate congiuntamente che sono necessari per la comprensione delle informazioni di settore presentate;

d)

la natura di qualsiasi differenza tra le valutazioni delle passività dei settori oggetto di informativa e delle passività dell’entità (qualora non sia evidente dalle riconciliazioni di cui al paragrafo 28). Tali differenze potrebbero includere i principi contabili e i principi per l’allocazione di passività utilizzate congiuntamente che sono necessari per la comprensione delle informazioni di settore presentate.

e)

la natura di qualsiasi cambiamento rispetto ad esercizi precedenti nei metodi di valutazione utilizzati per determinare utile o perdita di settore presentato e l’eventuale effetto di tali cambiamenti sulla valutazione di utile o perdita di settore;

f)

la natura e l’effetto di qualsiasi allocazione asimmetrica rispetto ai settori oggetto di informativa. Ad esempio, un’entità potrebbe allocare l’ammortamento a un settore senza allocare le relative attività a tale settore.

Riconciliazioni

28.

Un’entità deve fornire le riconciliazioni di tutte le seguenti voci:

a)

il totale dei ricavi dei settori oggetto di informativa rispetto ai ricavi dell’entità;

b)

il totale degli utili o perdite dei settori oggetto di informativa rispetto all’utile o alla perdita dell’entità ante oneri (proventi) fiscali e attività operative cessate. Tuttavia, se un’entità alloca a settori oggetto di informativa voci come oneri (proventi) fiscali, l’entità può riconciliare il totale delle valutazioni di utile o perdita di settore con l’utile o perdita dell’entità al netto di tali voci;

c)

il totale delle attività dei settori oggetto di informativa rispetto alle attività dell’entità;

d)

il totale delle passività dei settori oggetto di informativa rispetto alle passività dell’entità se le passività di settore sono presentate conformemente al paragrafo 23;

e)

il totale degli importi di qualsiasi altro elemento informativo rilevante presentato per i settori oggetto di informativa rispetto al corrispondente importo per l’entità.

Tutti gli elementi di riconciliazione rilevanti devono essere identificati e descritti separatamente. Ad esempio, l’importo di ciascuna rettifica rilevante necessaria per riconciliare l’utile o la perdita del settore oggetto di informativa con l’utile o la perdita dell’entità derivante da diversi principi contabili deve essere identificato e descritto separatamente.

Rideterminazione dei valori di informazioni fornite in precedenza

29.

Se un’entità modifica la struttura della sua organizzazione interna in modo da modificare la composizione dei suoi settori oggetto di informativa, le informazioni corrispondenti per gli esercizi precedenti, inclusi i periodi intermedi, devono essere rideterminate a meno che le informazioni non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa. Per stabilire se le informazioni non siano disponibili e se la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa, si deve esaminare individualmente ciascuna voce. In seguito ad una modifica della composizione dei suoi settori oggetto di informativa, un’entità deve indicare se abbia rideterminato le corrispondenti voci delle informazioni di settore per gli esercizi precedenti.

30.

Se un’entità ha modificato la struttura della sua organizzazione interna in modo da modificare la composizione dei suoi settori oggetto di informativa e se le informazioni di settore per gli esercizi precedenti, compresi i periodi intermedi, non vengono rideterminate per riflettere la modifica, l’entità deve fornire, nell’esercizio in cui si verifica la modifica, le informazioni di settore per l’esercizio in corso in base sia alla vecchia che alla nuova suddivisione settoriale, a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa.

INFORMAZIONI RIGUARDANTI L’ENTITÀ NEL SUO INSIEME

31.

I paragrafi da 32 a 34 si applicano a tutte le entità soggette al presente IFRS, comprese quelle che hanno un unico settore oggetto di informativa. Le attività imprenditoriali di talune entità non sono organizzate in funzione delle differenze nei relativi prodotti e servizi o delle differenze nelle aree geografiche di attività. I settori oggetto di informativa di tali entità possono presentare ricavi da un’ampia gamma di prodotti e servizi sostanzialmente diversi o più di uno dei suoi settori oggetto di informativa può fornire essenzialmente gli stessi prodotti e servizi. Analogamente, i settori oggetto di informativa di un’entità possono detenere attività in diverse aree geografiche e presentare ricavi da clienti di diverse aree geografiche o più di uno dei suoi settori oggetto di informativa può operare nella stessa area geografica. Le informazioni richieste dai paragrafi da 32 a 34 devono essere fornite soltanto se non sono già contenute nelle informazioni sul settore oggetto di informativa richieste dal presente IFRS.

Informazioni in merito ai prodotti e ai servizi

32.

Un’entità deve indicare i ricavi da clienti terzi per ciascun prodotto e servizio, o per ciascun gruppo di prodotti e servizi similari, a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa, nel qual caso tale fatto deve essere indicato. Gli importi dei ricavi presentati devono essere basati sulle informazioni di bilancio utilizzate per produrre il bilancio dell’entità.

Informazioni in merito alle aree geografiche

33.

Un’entità deve indicare le seguenti informazioni geografiche, a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa:

a)

i ricavi da clienti terzi attribuiti i) al paese in cui ha sede l’entità e ii) a tutti i paesi esteri, in totale, da cui l’entità ottiene ricavi. Se i ricavi da clienti terzi attribuiti ad un singolo paese estero sono significativi, tali ricavi devono essere indicati separatamente. Un’entità deve indicare la base per l’attribuzione dei ricavi da clienti terzi ai singoli paesi;

b)

le attività non correnti (2) diverse da strumenti finanziari, attività fiscali differite, attività relative a benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro e diritti derivanti da contratti assicurativi i) presenti nel paese in cui ha sede l’entità e ii) presenti in tutti i paesi esteri, in totale, in cui l’entità detiene attività. Se le attività di un singolo paese estero sono significative, tali attività devono essere indicate separatamente.

Gli importi presentati devono essere basati sulle informazioni di bilancio utilizzate per produrre il bilancio dell’entità. Se le informazioni necessarie non sono disponibili e la loro elaborazione sarebbe eccessivamente onerosa, tale fatto deve essere indicato. Un’entità può fornire, oltre alle informazioni richieste dal presente paragrafo, subtotali per le informazioni geografiche relative a gruppi di paesi.

Informazioni in merito ai principali clienti

34.

Un’entità deve fornire informazioni in merito al grado di dipendenza dai suoi principali clienti. Se i ricavi provenienti da operazioni con un singolo cliente esterno sono pari o superiori al 10 % dei ricavi complessivi di un’entità, l’entità deve indicare tale fatto, l’importo totale dei ricavi da ciascuno di tali clienti e l’identità del settore o dei settori che presentano i ricavi. L’entità non è tenuta a comunicare l’identità di un cliente importante o l’importo dei ricavi che ciascun settore ottiene da tale cliente. Ai fini del presente IFRS, un gruppo di entità che un’entità sa essere soggette a un controllo comune devono essere considerate come un cliente unico ed entità che l’entità sa essere soggette al controllo di un ente governativo (nazionale, statale, provinciale, territoriale, locale o estero) devono essere considerate come un cliente unico.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E DATA DI ENTRATA IN VIGORE

35.

Un’entità deve applicare il presente IFRS a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1o gennaio 2009 o da data successiva. È consentita una applicazione anticipata. Qualora l’entità applichi il presente IFRS per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2009, tale fatto deve essere indicato.

36.

Le informazioni di settore per esercizi precedenti che sono presentate come informazioni comparative nell’esercizio di applicazione iniziale devono essere rideterminate alla luce delle disposizioni del presente IFRS, a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e la loro elaborazione sarebbe troppo onerosa.

SOSTITUZIONE DELLO IAS 14

37.

Il presente IFRS sostituisce lo IAS 14 Informativa di settore.


(1)  Nel caso di attività classificate in base al grado di liquidità, le attività non correnti sono attività che comprendono somme che si ritiene saranno recuperate oltre dodici mesi dopo la data di chiusura del bilancio.

(2)  Nel caso di attività classificate in base al grado di liquidità, le attività non correnti sono attività che comprendono somme che si ritiene saranno recuperate oltre dodici mesi dopo la data di chiusura del bilancio.

Appendice A

Definizione dei termini

La presente appendice costituisce parte integrante dell’IFRS.

Settore operativo

Un settore operativo è una componente di un’entità:

a)

che intraprende attività imprenditoriali generatrici di ricavi e di costi (compresi i ricavi e i costi riguardanti operazioni con altre componenti della medesima entità);

b)

i cui risultati operativi sono rivisti periodicamente al più alto livello decisionale operativo dell’entità ai fini dell’adozione di decisioni in merito alle risorse da allocare al settore e della valutazione dei risultati; e

c)

per la quale sono disponibili informazioni di bilancio separate.

INTERPRETAZIONE IFRIC 1

Cambiamenti nelle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari

RIFERIMENTI

IAS 1 Presentazione del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 23 Oneri finanziari

IAS 36 Riduzione di valore delle attività (rivisto nella sostanza nel 2004)

IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali

PREMESSA

1.

Molte entità sono obbligate a smantellare, rimuovere e ripristinare elementi di immobili, impianti e macchinari. Nella presente Interpretazione tali obblighi sono definiti come «smantellamenti, ripristini e passività similari». In base allo IAS 16, il costo di un elemento relativo a immobili, impianti e macchinari include la stima iniziale dei costi di smantellamento e di rimozione del bene e di bonifica del sito su cui insiste, l’obbligazione che si origina per l’entità quando l’elemento viene acquistato o come conseguenza del suo utilizzo durante un particolare periodo per fini diversi dalla produzione delle scorte di magazzino durante quel periodo. Lo IAS 37 contiene disposizioni sulle modalità di misurazione di smantellamenti, ripristini e passività similari. La presente Interpretazione fornisce una guida su come contabilizzare gli effetti derivanti da cambiamenti nella misurazione delle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari.

AMBITO DI APPLICAZIONE

2.

La presente Interpretazione si applica ai cambiamenti nella misurazione delle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari che siano al contempo:

a)

rilevate come parte del costo di un elemento relativo a immobili, impianti e macchinari secondo quanto previsto dallo IAS 16; e

b)

rilevate come passività secondo quanto previsto dallo IAS 37.

Per esempio, può esistere una passività per uno smantellamento, un ripristino o una passività similare relativa allo smantellamento di un impianto, al ripristino del danno ambientale causato dalle industrie estrattive o alla rimozione di un impianto.

PROBLEMA

3.

La presente Interpretazione prende in esame il modo in cui dovrebbero essere contabilizzati gli effetti degli eventi che modificano la misurazione di passività iscritte per smantellamenti, ripristini o passività similari, a seguito di:

a)

una modifica nell’impiego stimato di risorse che incorporano benefici economici (per esempio, flussi finanziari) necessari per estinguere l’obbligazione;

b)

una modifica nel tasso di sconto di mercato corrente come definito nel paragrafo 47 dello IAS 37 (ivi inclusi le modifiche al valore temporale del denaro e i rischi specifici della passività); e

c)

un incremento conseguente al passare del tempo [talvolta chiamato smontamento («unwinding») dell’attualizzazione].

INTERPRETAZIONE

4.

I cambiamenti nella misurazione delle passività iscritte per uno smantellamento, un ripristino o passività similari che risultino da cambiamenti nella stima dei tempi o degli impieghi di risorse economiche che incorporano i benefici economici necessari ad estinguere l’obbligazione, o una variazione del tasso di sconto, devono essere contabilizzati secondo quanto disposto dai paragrafi da 5 a 7 di seguito riportati.

5.

Se la relativa attività è misurata utilizzando il modello del costo:

a)

subordinatamente alle disposizioni di cui al paragrafo b), le variazioni della passività devono essere rilevate ad incremento o a riduzione del costo della relativa attività nell’esercizio in corso;

b)

l’importo dedotto dal costo dell’attività non deve eccedere il valore contabile della stessa. Se una riduzione della passività eccede il valore contabile dell’attività, l’eccedenza deve essere rilevata immediatamente a conto economico;

c)

se la rettifica comporta un incremento del costo di un’attività, l’entità deve valutare se ciò sia indicativo del fatto che il nuovo valore contabile dell’attività possa non essere interamente recuperato. In tal caso, l’entità deve verificare la riduzione di valore dell’attività stimandone l’importo recuperabile, e deve contabilizzare qualsiasi perdita per riduzione di valore, secondo quanto previsto dallo IAS 36.

6.

Se l’attività connessa è misurata utilizzando il modello di rideterminazione del valore:

a)

le variazioni della passività modificano l’eccedenza o il deficit della rideterminazione del valore precedentemente rilevato su quella attività, in modo tale che:

i)

un decremento della passività deve [subordinatamente a quanto indicato in b)] essere direttamente accreditato a patrimonio netto alla riserva di rivalutazione, tranne il caso in cui annulli un deficit di rideterminazione di valore precedentemente imputato a conto economico ed entro i limiti di tale precedente imputazione per quell’attività;

ii)

un incremento della passività deve essere rilevato a conto economico, salvo che esso rettifichi una rideterminazione di valore precedentemente accreditata a patrimonio netto ed entro i limiti di tale accreditamento per quell’attività;

b)

nel caso in cui la riduzione della passività eccede il valore contabile che sarebbe stato rilevato nel caso in cui l’attività fosse stata contabilizzata con il modello del costo, l’eccedenza deve essere rilevata immediatamente a conto economico;

c)

una modifica della passività è indicativa del fatto che il valore dell’attività possa dover essere rideterminato al fine di assicurare che il valore contabile non differisca in maniera rilevante da quello che sarebbe determinato utilizzando il fair value (valore equo) alla data di riferimento del bilancio. Ogni simile rideterminazione del valore deve essere considerata nella determinazione degli importi da rilevare a conto economico o a patrimonio netto secondo quanto indicato in (a). Se è necessaria una rideterminazione, devono essere rideterminate tutte le attività di quella classe;

d)

lo IAS 1 prevede che il prospetto delle variazioni di patrimonio netto riporti ciascuna voce di provento o di onere rilevata direttamente nel patrimonio netto. Nel rispettare tale disposizione, la variazione della riserva di rivalutazione dovuta a una modifica della passività deve essere identificata separatamente ed esposta come tale.

7.

Il valore rideterminato dell’attività da ammortizzare è ammortizzato nell’arco della sua vita utile. Pertanto, una volta che la relativa attività abbia raggiunto la fine della sua vita utile, tutte le variazioni successive della passività devono essere rilevate a conto economico al momento in cui si verificano. La presente disposizione si applica sia che si adotti il modello del costo, sia che si adotti il modello di rideterminazione del valore.

8.

Lo smontamento («unwinding») periodico dell’attualizzazione deve essere rilevato a conto economico come onere finanziario nel momento in cui si verifica. Il trattamento contabile alternativo di capitalizzazione, previsto dallo IAS 23, non è consentito.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

9.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o settembre 2004 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o settembre 2004, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

10.

I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo le disposizioni di cui allo IAS 8, Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori. (1)


(1)  Se l’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, essa deve rispettare le disposizioni della precedente versione dello IAS 8, denominata Utile (perdita) dellesercizio, errori determinanti e cambiamenti di principi contabili, a meno che l’entità non stia già applicando la versione rivista nella sostanza di quel Principio per quel periodo precedente.

INTERPRETAZIONE IFRIC 2

Azioni dei soci in entità cooperative e strumenti simili

RIFERIMENTI

IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e informazioni integrative (rivisto nella sostanza nel 2003) (1)

IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione (rivisto nella sostanza nel 2003)

PREMESSA

1.

Le cooperative e altre entità similari sono formate da gruppi di persone per soddisfare comuni necessità economiche o sociali. Le leggi nazionali normalmente definiscono una cooperativa come una società che si sforza di promuovere il progresso economico dei propri soci con un’operazione commerciale congiunta (il principio dell’autotutela). Le partecipazioni dei soci in una cooperativa sono spesso caratterizzate da azioni, quote o simili, e di seguito sono definite «azioni dei soci».

2.

Lo IAS 32 stabilisce i principi per la classificazione degli strumenti finanziari come passività finanziarie o strumenti rappresentativi di capitale. In particolare, tali principi si applicano alla classificazione di strumenti rimborsabili che permettono al possessore di retrocedere tali strumenti all’emittente in cambio di disponibilità liquide o altro strumento finanziario. L’applicazione di tali principi alle azioni dei soci in entità cooperative ed a strumenti simili è difficile. Alcuni dei membri dell’International Accounting Standards Board hanno chiesto di chiarire come i principi dello IAS 32 si applicano alle azioni dei soci e a strumenti simili che hanno certe caratteristiche e le circostanze in cui tali caratteristiche influiscono sulla classificazione come passività o strumenti rappresentativi di capitale.

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

La presente Interpretazione si applica agli strumenti finanziari che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 32 inclusi gli strumenti finanziari emessi a favore di soci di entità cooperative rappresentativi della loro partecipazione al capitale dell’entità. La presente Interpretazione non si applica a quegli strumenti finanziari che saranno o possono essere regolati con strumenti rappresentativi di capitale dell’entità.

PROBLEMA

4.

Molti strumenti finanziari, incluse le azioni dei soci, hanno caratteristiche di capitale, tra cui i diritti di voto e i diritti a partecipare alle distribuzioni di dividendi. Alcuni strumenti finanziari danno al possessore il diritto di richiedere il rimborso in disponibilità liquide o altra attività finanziaria, ma possono includere o essere soggetti a restrizioni circa la possibilità che gli strumenti finanziari siano rimborsati. Come dovrebbero essere valutate tali caratteristiche di rimborso nel determinare se gli strumenti finanziari devono essere classificati come passività o strumenti rappresentativi di capitale?

INTERPRETAZIONE

5.

Il diritto contrattuale del possessore di uno strumento finanziario (incluse le azioni dei soci in entità cooperative) di richiedere il rimborso non comporta di per sé che uno strumento finanziario sia classificato come una passività finanziaria. Piuttosto, l’entità deve considerare tutti i termini e le condizioni dello strumento finanziario nel determinare la sua classificazione come passività finanziaria o patrimonio netto. Tali termini e condizioni includono le leggi locali pertinenti, i regolamenti e lo statuto dell’entità in vigore alla data della classificazione, ma non rettifiche future previste per tali leggi, regolamenti o statuto.

6.

Le azioni dei soci che sarebbero classificate come strumenti rappresentativi di capitale se i soci non avessero un diritto di richiederne il rimborso sono componenti di patrimonio netto se è presente una delle condizioni descritte nei paragrafi 7 e 8. I depositi a vista, inclusi i conti correnti, i conti di deposito e contratti simili che sorgono quando i soci agiscono come clienti, sono passività finanziarie dell’entità.

7.

Le azioni dei soci sono componenti di patrimonio netto se l’entità ha un diritto incondizionato di rifiutare il rimborso delle azioni dei soci.

8.

La legge locale, i regolamenti o lo statuto dell’entità possono imporre diversi tipi di divieti in merito al rimborso delle azioni dei soci, ossia divieti incondizionati o divieti basati su criteri di liquidità. Se il rimborso è proibito in modo incondizionato dalla legge locale, dai regolamenti o dallo statuto dell’entità, le azioni dei soci sono componenti di patrimonio netto. Tuttavia, le disposizioni della legge locale, dei regolamenti o dello statuto dell’entità che proibiscono il rimborso soltanto se le condizioni, quali le restrizioni di liquidità, sono soddisfatte (o non sono soddisfatte) non comportano che le azioni dei soci siano componenti di patrimonio netto.

9.

Un divieto incondizionato può essere assoluto, in quanto tutti i rimborsi sono proibiti. Un divieto incondizionato può essere parziale, in quanto proibisce il rimborso delle azioni dei soci se il rimborso comporta che il numero delle azioni dei soci o l’importo di capitale versato con le azioni dei soci scenda sotto un livello specifico. Le azioni dei soci che eccedono l’ammontare di rimborso vietato sono passività, a meno che l’entità abbia il diritto incondizionato di rifiutare il rimborso come descritto nel paragrafo 7. In alcuni casi, il numero di azioni o l’importo di capitale conferito soggetto al divieto di rimborso può cambiare di volta in volta. Tali variazioni nell’ammontare di rimborso vietato comportano un trasferimento tra le passività finanziarie e il patrimonio netto.

10.

Al momento della rilevazione iniziale, l’entità deve misurare la propria passività finanziaria per rimborso al fair value (valore equo). Nel caso delle azioni dei soci con una caratteristica di rimborso, l’entità valuta il fair value (valore equo) della passività finanziaria per rimborso a un importo non inferiore all’importo massimo pagabile secondo le disposizioni di rimborso del suo statuto o legge applicabile attualizzata alla prima data in cui si potrebbe richiedere il rimborso (cfr. esempio 3).

11.

Come richiesto dal paragrafo 35 dello IAS 32, le distribuzioni ai possessori di strumenti di capitale sono rilevate direttamente a patrimonio netto, al netto di eventuali benefici riguardanti imposte sul reddito. Interessi, dividendi e altri rendimenti relativi agli strumenti finanziari classificati come passività finanziarie sono imputati a conto economico, indipendentemente dal fatto che tali importi corrisposti siano giuridicamente caratterizzati come dividendi, interessi o altro.

12.

L’appendice, che è parte integrante dell’Interpretazione, fornisce esempi dell’applicazione della presente Interpretazione.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

13.

Quando un cambiamento nel divieto di rimborso porta a un trasferimento tra passività finanziarie e patrimonio netto, l’entità deve indicare separatamente l’importo, i tempi e la ragione del trasferimento.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

14.

La data di entrata in vigore e le disposizioni transitorie della presente Interpretazione sono le stesse di quelle dello IAS 32 (rivisto nella sostanza nel 2003). L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2005, tale fatto deve essere indicato. La presente Interpretazione deve essere applicata retroattivamente.


(1)  Nell’agosto del 2005 lo IAS 32 fu modificato in IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio.

Appendice

Esempi dell’applicazione dell’Interpretazione

La presente appendice costituisce parte integrante dell’Interpretazione.

A1

La presente appendice espone sette esempi dell’applicazione dell’interpretazione dell’IFRIC. Gli esempi non costituiscono una lista esaustiva; altre fattispecie sono possibili. Ogni esempio presume che non ci siano condizioni diverse da quelle esposte negli esempi che potrebbero richiedere che lo strumento finanziario sia classificato come una passività finanziaria.

DIRITTO INCONDIZIONATO DI RIFIUTARE IL RIMBORSO (paragrafo 7)

Esempio 1

Esposizione dei fatti

A2

Lo statuto dell’entità stabilisce che i rimborsi siano fatti a esclusiva discrezione dell’entità. Lo statuto non fornisce ulteriori previsioni o limitazioni su tale discrezione. Nella sua esperienza storica, l’entità non ha mai rifiutato di rimborsare le azioni dei soci, anche se la direzione aziendale ne ha il diritto.

Classificazione

A3

L’entità ha il diritto incondizionato di rifiutare il rimborso e le azioni dei soci sono strumenti rappresentativi di capitale. Lo IAS 32 stabilisce i principi per la classificazione che si basano sui termini dello strumento finanziario e rileva che la prassi, o l’intenzione di effettuare pagamenti discrezionali, non comporta la classificazione come passività. Il paragrafo AG26 dello IAS 32 stabilisce:

Quando le azioni privilegiate non sono rimborsabili, la classificazione corretta è determinata dagli altri diritti ad esse incorporati. La classificazione si basa su una valutazione della sostanza degli accordi contrattuali e sulle definizioni di passività finanziaria e di strumento rappresentativo di capitale. Quando le distribuzioni ai possessori delle azioni privilegiate, sia cumulative che non cumulative, avvengono a discrezione dell’emittente, le azioni sono strumenti rappresentativi di capitale. La classificazione di un’azione privilegiata come strumento rappresentativo di capitale o passività finanziaria non è interessata da, per esempio:

a)

la storia di riparto degli utili dell’entità;

b)

l’intenzione di effettuare distribuzioni nel futuro;

c)

il possibile impatto negativo sul prezzo delle azioni ordinarie dell’emittente se le distribuzioni non sono effettuate (a causa di vincoli relativi al pagamento di dividendi sulle azioni ordinarie se i dividendi non vengono pagati sulle azioni privilegiate);

d)

l’importo delle riserve dell’emittente;

e)

le aspettative di un emittente relative al risultato economico dell’esercizio; o

f)

la capacità o incapacità dell’emittente di influenzare il risultato economico dell’esercizio.

Esempio 2

Esposizione dei fatti

A4

Lo statuto dell’entità stabilisce che i rimborsi siano fatti a esclusiva discrezione dell’entità. Tuttavia, lo statuto stabilisce anche che l’approvazione di una richiesta di rimborso è automatica a meno che l’entità sia incapace di effettuare pagamenti senza violare le normative locali in merito alla liquidità o alle riserve.

Classificazione

A5

L’entità non ha il diritto incondizionato di rifiutare il rimborso e le azioni dei soci costituiscono una passività finanziaria. Le limitazioni descritte sopra si basano sulla capacità dell’entità di regolare la propria passività. Esse limitano i rimborsi soltanto se le disposizioni relative alla liquidità o alle riserve non sono soddisfatte e quindi la limitazione cessa quando sono soddisfatte. Quindi, secondo i principi stabiliti nello IAS 32, esse non risultano nella classificazione dello strumento finanziario come rappresentativo di capitale. Il paragrafo AG25 dello IAS 32 stabilisce:

Le azioni privilegiate possono essere emesse con vari diritti. Nel determinare se un’azione privilegiata rappresenta una passività finanziaria o uno strumento rappresentativo di capitale, l’emittente valuta i diritti specifici incorporati nell’azione per poter determinare se essa presenta le caratteristiche essenziali di una passività finanziaria. Per esempio, un’azione privilegiata che preveda il rimborso a una data specifica o a scelta del possessore contiene una passività finanziaria perché l’emittente ha un’obbligazione a trasferire attività finanziarie al possessore dell’azione. La potenziale incapacità di un emittente di soddisfare un’obbligazione a rimborsare un’azione privilegiata quando è contrattualmente obbligato a farlo, sia essa dovuta a una mancanza di fondi, a vincoli statutari ovvero a utili o riserve insufficienti, non annulla l’obbligazione. [Corsivo aggiunto]

DIVIETI DI RIMBORSO (paragrafi 8 e 9)

Esempio 3

Esposizione dei fatti

A6

Un’entità cooperativa ha emesso in passato azioni a favore dei propri soci a date diverse e per diversi importi come segue:

a)

1o gennaio 20X1 100 000 azioni a CU10 l’una (CU1 000 000);

b)

1o gennaio 20X2 100 000 azioni a CU20 l’una (un ulteriore CU2 000 000, così che il totale capitale per azioni emesse è CU3 000 000).

Le azioni sono rimborsabili su richiesta all’importo per il quale sono state emesse.

A7

Lo statuto dell’entità stabilisce che l’importo complessivamente rimborsabile non può eccedere il 20 per cento del più alto numero delle azioni dei propri soci in circolazione. Al 31 dicembre 20X2 l’entità ha 200 000 azioni in circolazione, che è il numero più alto di azioni dei soci mai state in circolazione e nessuna azione è stata rimborsata in passato. Il 1o gennaio 20X3 l’entità rettifica il suo statuto e aumenta l’importo massimo complessivamente rimborsabile al 25 per cento del più alto numero di azioni dei soci mai stato in circolazione.

Classificazione

Prima che lo statuto sia rettificato

A8

Le azioni dei soci eccedenti il divieto di rimborso sono passività finanziarie. L’entità cooperativa valuta tale passività finanziaria al fair value (valore equo) al momento della rilevazione iniziale. Poiché queste azioni sono rimborsabili su richiesta, l’entità cooperativa determina il fair value (valore equo) di tali passività finanziarie come richiesto dal paragrafo 49 dello IAS 39, che afferma: «Il fair value (valore equo) di una passività finanziaria con una caratteristica di esigibilità a richiesta, (per esempio un deposito a vista), non è inferiore all’importo esigibile a richiesta …». Di conseguenza, l’entità cooperativa classifica come passività finanziaria l’importo massimo pagabile a richiesta secondo le disposizioni di rimborso.

A9

Il 1o gennaio 20X1 l’importo massimo pagabile secondo le disposizioni di rimborso è pari a 20 000 azioni a CU10 ciascuna e di conseguenza l’entità classifica CU200 000 come passività finanziaria e CU800 000 come patrimonio netto. Tuttavia, il 1o gennaio 20X2 a causa della nuova emissione di azioni a CU20, l’importo massimo pagabile secondo le disposizioni di rimborso aumenta a 40 000 azioni a CU20 l’una. L’emissione delle ulteriori azioni a CU20 crea una nuova passività che è valutata al momento della rilevazione iniziale al fair value (valore equo). La passività dopo che queste azioni sono state emesse è pari al 20 per cento delle azioni totali in circolazione (200 000), misurata a CU20, o CU800 000. Questo comporta la rilevazione di una passività aggiuntiva di CU600 000. In questo esempio non è rilevato alcun profitto o perdita. Di conseguenza, l’entità ora classifica CU800 000 come passività finanziarie e CU200 000 come patrimonio netto. Questo esempio assume che questi importi non subiscano variazioni tra il 1o gennaio 20X1 e il 31 dicembre 20X2.

Dopo che lo statuto sia rettificato

A10

In seguito alla variazione nello statuto all’entità cooperativa può ora essere richiesto di rimborsare un massimo pari al 25 per cento delle sue azioni in circolazione o un massimo di 50 000 azioni a CU20 l’una. Di conseguenza, il 1o gennaio 20X3 l’entità cooperativa classifica come passività finanziaria un importo di CU1 000 000 che costituisce l’importo massimo pagabile a richiesta secondo le disposizioni di rimborso, come determinato secondo quanto previsto dal paragrafo 49 dello IAS 39. Questa trasferisce poi, il 1o gennaio 20X3, un importo pari a CU200 000 dal patrimonio netto alle passività finanziarie, lasciando CU2 000 000 classificati come patrimonio netto. In questo esempio, l’entità non rileva un profitto o una perdita sul trasferimento.

Esempio 4

Esposizione dei fatti

A11

La legge locale che disciplina le operazioni delle cooperative o le clausole statutarie dell’entità proibiscono a un’entità di rimborsare le azioni dei soci se, rimborsandole, il capitale versato dai soci si riduce al di sotto del 75 per cento del più alto importo versato dalle azioni dei soci. L’importo massimo per una particolare cooperativa è CU1 000 000. Alla data di riferimento del bilancio il saldo del capitale versato è CU900 000.

Classificazione

A12

In questo caso, CU750 000 sarebbe classificato come patrimonio netto e CU150 000 sarebbe classificato come passività finanziaria. In aggiunta ai paragrafi già citati, il paragrafo 18, lettera b), dello IAS 32 afferma in parte:

…uno strumento finanziario che dia al possessore il diritto di rivenderlo all’emittente in cambio di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria (uno «strumento con opzione a vendere») è una passività finanziaria. Questo si verifica persino quando l’importo di disponibilità liquide o di altre attività finanziarie è determinato in base a un indice o a un altro valore che può aumentare o diminuire, o quando la forma giuridica dello strumento con opzione a vendere dà al possessore un diritto a una partecipazione residua nelle attività di un emittente. L’esistenza di un’opzione per il possessore di rivendere lo strumento all’emittente in cambio di disponibilità liquide o di un’altra attività finanziaria significa che lo strumento con opzione a vendere soddisfa la definizione di passività finanziaria.

A13

Il divieto di rimborso descritto in questo esempio è diverso dalle limitazioni descritte nei paragrafi 19 e AG25 dello IAS 32. Tali divieti sono limitazioni della capacità dell’entità di corrispondere l’importo dovuto su una passività finanziaria, ossia esse impediscono il pagamento della passività soltanto se sono soddisfatte condizioni particolari. Al contrario, questo esempio descrive un divieto incondizionato sui rimborsi oltre un importo specificato, indipendentemente dalla capacità dell’entità di rimborsare le azioni dei soci (ossia date le sue risorse in disponibilità liquide, gli utili o le riserve distribuibili). In effetti, il divieto di rimborso impedisce all’entità di incorrere in eventuali passività finanziarie per rimborsare un importo superiore ad un dato ammontare di capitale versato. Quindi, la parte di azioni soggette al divieto di rimborso non è una passività finanziaria. Mentre le azioni di ogni socio possono essere rimborsate individualmente, una parte della totalità di azioni in circolazione non è rimborsabile in eventuali circostanze diverse dalla liquidazione dell’entità.

Esempio 5

Esposizione dei fatti

A14

I fatti di questo esempio corrispondono a quanto esposto nell’esempio 4. In aggiunta, alla data di riferimento del bilancio, le disposizioni di liquidità imposte dalla giurisdizione locale impediscono all’entità di rimborsare eventuali azioni dei soci a meno che l’ammontare delle proprie disponibilità liquide e investimenti a breve termine sia maggiore dell’importo specificato. Alla data di riferimento del bilancio l’effetto di queste disposizioni sulla liquidità è che l’entità non può pagare più di CU50 000 per rimborsare le azioni dei soci.

Classificazione

A15

Come nell’esempio 4, l’entità classifica CU750 000 come patrimonio netto e CU150 000 come passività finanziaria. Questo avviene perché l’importo classificato come passività si basa sul diritto incondizionato dell’entità di rifiutare il rimborso e non sulle limitazioni condizionate che impediscono il rimborso soltanto se le condizioni sulla liquidità o altre condizioni non sono soddisfatte e quindi la limitazione cessa quando sono soddisfatte. In questo caso vengono applicate le disposizioni dei paragrafi 19 e AG25 dello IAS 32.

Esempio 6

Esposizione dei fatti

A16

Lo statuto dell’entità impedisce di rimborsare le azioni dei soci a eccezione del ricavato derivante dall’emissione di ulteriori azioni a favore di nuovi soci o soci esistenti durante i tre anni precedenti. Il ricavato derivante dall’emissione di azioni dei soci deve essere destinato al rimborso di azioni per le quali i soci hanno richiesto il rimborso. Durante i tre anni precedenti, il ricavato derivante dall’emissione delle azioni dei soci è stato CU12 000 e nessuna azione dei soci è stata rimborsata.

Classificazione

A17

L’entità classifica CU12 000 delle azioni dei soci come passività finanziaria. Coerentemente con le conclusioni descritte nell’esempio 4, le azioni dei soci soggette a un divieto incondizionato di rimborso non sono passività finanziarie. Tale divieto incondizionato si applica a un importo pari al ricavato delle azioni emesse prima dei tre anni precedenti, e di conseguenza, questo importo è classificato come patrimonio netto. Tuttavia, un importo pari al ricavato derivante da eventuali azioni emesse nei tre anni precedenti non è soggetto a un divieto incondizionato di rimborso. Di conseguenza, il ricavato derivante dall’emissione delle azioni dei soci nei tre anni precedenti dà origine a passività finanziarie fino a quando non è più disponibile per il rimborso delle azioni dei soci. Ne risulta che l’entità ha una passività finanziaria pari al ricavato derivante dalle azioni emesse durante i tre anni precedenti, al netto di eventuali rimborsi durante tale periodo.

Esempio 7

Esposizione dei fatti

A18

L’entità è una banca cooperativa. La legge locale che disciplina le operazioni delle banche cooperative stabilisce che il capitale versato dai soci deve essere almeno il 50 per cento del totale «passività in essere» dell’entità (un termine definito nelle normative per includere le passività verso soci) devono essere sotto forma di capitale conferito dei soci. L’effetto della normativa è che se tutte le passività in essere della cooperativa sono azioni dei soci, questa è in grado di rimborsarle tutte. Al 31 dicembre 20X1 l’entità ha passività in essere totali pari a CU200 000 di cui CU125 000 rappresentano le passività verso soci. Le condizioni delle passività verso soci consentono al possessore di rimborsarle su richiesta e nello statuto dell’entità non ci sono limitazioni per il rimborso.

Classificazione

A19

In questo esempio le azioni dei soci sono classificate come passività finanziarie. Il divieto di rimborso è simile alle limitazioni descritte nei paragrafi 19 e AG25 dello IAS 32. La restrizione è una limitazione subordinata alla passività dell’entità a pagare l’importo dovuto su una passività finanziaria, ossia essa impedisce il pagamento della passività soltanto se particolari condizioni sono soddisfatte. Più specificamente, si potrebbe richiedere all’entità di rimborsare l’intero importo delle azioni dei soci (CU125 000) se questa ha ripagato tutte le sue altre passività (CU75 000). Di conseguenza, il divieto di rimborso non impedisce all’entità di incorrere in una passività finanziaria per rimborsare più di un numero specificato di azioni dei soci o importo di capitale versato. Esso consente soltanto all’entità di differire il rimborso fino a quando la condizione viene soddisfatta, ossia il rimborso di altre passività. Le azioni dei soci in questo esempio non sono soggette a un divieto incondizionato di rimborso e quindi sono classificate come passività finanziarie.

INTERPRETAZIONE IFRIC 4

Determinare se un accordo contiene un leasing

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 38 Attività immateriali (rivisto nella sostanza nel 2004)

PREMESSA

1.

Un’entità può concludere un accordo, che include un’operazione o una serie di operazioni correlate, che, pur non assumendo la forma legale di un leasing, trasmettono un diritto a utilizzare un’attività (ossia un elemento di immobili, impianti e macchinari) in cambio di un pagamento o una serie di pagamenti. Esempi di accordi in cui un’entità (il fornitore) può trasmettere tale diritto a utilizzare un’attività ad un’altra entità (l’acquirente), spesso insieme a servizi correlati, includono:

accordi di outsourcing (per esempio, un outsourcing delle funzioni di elaborazione dei dati di un’entità),

accordi nell’industria delle telecomunicazioni, in cui i fornitori di capacità di rete (network capacity) sottoscrivono contratti per fornire agli acquirenti diritti a tale capacità,

contratti «take or pay» e contratti similari, in cui gli acquirenti devono effettuare pagamenti specifici indipendentemente dal fatto che accettino la fornitura di prodotti o servizi concordati (per esempio, un contratto «take or pay» per acquistare sostanzialmente tutta la produzione di un generatore di elettricità di un fornitore),

2.

La presente Interpretazione fornisce una guida per determinare se tali accordi sono o contengono leasing che dovrebbero essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 17. Essa non fornisce una guida per determinare come il leasing dovrebbe essere classificato secondo tale Principio.

3.

In alcuni accordi, l’attività sottostante che è oggetto del leasing è una parte di una più ampia attività. La presente Interpretazione non tratta come si determina quando una parte di una più ampia attività è essa stessa l’attività sottostante ai fini dell’applicazione dello IAS 17. Tuttavia, gli accordi in cui l’attività sottostante rappresenti un’unità da rilevare secondo lo IAS 16 o lo IAS 38 rientrano nell’ambito di applicazione della presente Interpretazione.

AMBITO DI APPLICAZIONE

4.

La presente Interpretazione non si applica a quegli accordi che sono, o contengono, leasing esclusi dall’ambito di applicazione dello IAS 17.

PROBLEMI

5.

I problemi trattati dalla presente Interpretazione sono:

a)

come determinare se un accordo è, o contiene, un leasing come definito nello IAS 17;

b)

quando la determinazione o la rideterminazione che un accordo è, o contiene, un leasing dovrebbe essere effettuata; e

c)

se un accordo è, o contiene, un leasing, come i pagamenti per il leasing dovrebbero essere separati dai pagamenti per eventuali altri elementi nell’accordo.

INTERPRETAZIONE

Determinare se un accordo è, o contiene, un leasing

6.

Determinare se un accordo è, o contiene, un leasing deve basarsi sulla sostanza dell’accordo e richiede di verificare se:

a)

l’adempimento dell’accordo dipende dall’utilizzo di una o più attività specifiche (l’attività); e

b)

l’accordo trasmette il diritto di utilizzare l’attività.

L’adempimento dell’accordo dipende dall’utilizzo di un’attività specifica

7.

Per quanto un’attività specifica possa essere esplicitamente identificata in un accordo, essa non è l’oggetto di un leasing se l’adempimento dell’accordo non dipende dall’utilizzo dell’attività specificata. Per esempio, se il fornitore è obbligato a fornire una determinata quantità di beni o servizi e ha il diritto e la capacità di fornire tali beni o servizi utilizzando altre attività non specificate nell’accordo, allora l’adempimento dell’accordo non dipende dall’attività specificata e l’accordo non contiene un leasing. Un’obbligazione di garanzia che consenta o disponga la sostituzione delle stesse attività o attività similari quando l’attività specificata non funziona correttamente non preclude il trattamento come leasing. Inoltre, una disposizione contrattuale (potenziale o non) che consenta o disponga che il fornitore sostituisca altre attività per qualsiasi ragione alla data specificata o in data successiva non preclude il trattamento come leasing prima della data della sostituzione.

8.

Un’attività è stata implicitamente specificata se, per esempio, il fornitore possiede o concede in leasing soltanto un’attività con la quale adempie all’obbligazione e non è economicamente idoneo o fattibile per il fornitore adempiere alla propria obbligazione tramite l’utilizzo di attività alternative.

L’accordo trasmette il diritto di utilizzare l’attività

9.

Un accordo trasmette il diritto all’utilizzo di un bene se l’accordo trasmette all’acquirente (locatario) il diritto di controllo sull’utilizzo dell’attività sottostante. Il diritto di controllo sull’utilizzo dell’attività sottostante è trasmesso se una delle condizioni sottostanti è stata soddisfatta:

a)

l’acquirente ha la capacità o il diritto di gestire l’attività o di dirigere altri affinché la gestiscano in una maniera che esso determina mentre ottiene o controlla più di un ammontare insignificante della produzione o altro beneficio dell’attività;

b)

l’acquirente ha la capacità o il diritto di controllare l’accesso fisico all’attività sottostante mentre ottiene o controlla più di un ammontare insignificante della produzione o altro beneficio dell’attività;

c)

i fatti e le circostanze indicano che è un’eventualità remota che una o più parti diverse dall’acquirente acquisiscano più di un ammontare insignificante della produzione o altro beneficio che sarà prodotto o generato dall’attività durante il periodo dell’accordo, e il prezzo che l’acquirente corrisponderà per la produzione non è contrattualmente fissato per unità di prodotto né è pari al prezzo di mercato per unità di prodotto corrente al momento della distribuzione della produzione.

Determinare o rideterminare se un accordo è, o contiene, un leasing

10.

La verifica che un accordo contenga un leasing va effettuata all’inizio dell’accordo, ossia alla data più remota tra la data dell’accordo e la data dell’impegno delle parti alle condizioni principali dell’accordo sulla base di tutti i fatti e circostanze. Una nuova verifica se l’accordo contiene un leasing va effettuata dopo l’inizio dello stesso solamente nel caso in cui si verifichi una delle seguenti condizioni:

a)

avviene una modifica nelle condizioni contrattuali, a meno che la modifica riguardi solo il rinnovo o il prolungamento dell’accordo;

b)

si esercita un’opzione di rinnovo o viene concordato dalle parti il prolungamento dell’accordo, a meno che le condizioni del rinnovo o il prolungamento siano stati inclusi inizialmente nelle condizioni di leasing secondo quanto previsto dal paragrafo 4 dello IAS 17. Un rinnovo o un prolungamento dell’accordo che non comporti una modifica di una qualsiasi condizione nell’accordo originale prima del termine dello stesso deve essere valutato secondo i paragrafi compresi tra 6 e 9 soltanto in merito al periodo di rinnovo o di prolungamento;

c)

avviene una modifica nel determinare se l’adempimento dipende da un’attività specificata;

d)

avviene una modifica sostanziale all’attività, per esempio una sostanziale modifica fisica agli immobili, impianti o macchinari.

11.

Una nuova verifica di un accordo deve basarsi sui fatti e sulle circostanze alla data della verifica, incluse le rimanenti condizioni dell’accordo. Le modifiche nella stima (per esempio, la stima dell’ammontare di produzione da fornire all’acquirente o ad altri potenziali acquirenti) non comporterebbero una nuova verifica. Se un accordo è nuovamente verificato e risulta contenere un leasing (o non contenere un leasing), la contabilizzazione del leasing deve essere applicata (o cessare di essere applicata) a partire da:

a)

nel caso a), c) o d) del paragrafo 10, quando si verifica il cambiamento delle condizioni che dà origine alla nuova verifica;

b)

nel caso b) del paragrafo 10, all’inizio del periodo di rinnovo o di prolungamento.

Separazione dei pagamenti destinati al leasing da altri pagamenti

12.

Se un accordo contiene un leasing, le parti dell’accordo devono applicare le disposizioni dello IAS 17 all’elemento del leasing dell’accordo, a meno che siano esentate da tali disposizioni secondo il paragrafo 2 dello IAS 17. Di conseguenza, se un accordo contiene un leasing, tale leasing deve essere classificato come un leasing finanziario o un leasing operativo secondo quanto previsto dai paragrafi compresi tra 7 e 19 dello IAS 17. Altri elementi dell’accordo che non rientrano nell’ambito dello IAS 17 devono essere contabilizzati secondo quanto previsto da altri Principi.

13.

Al fine dell’applicazione delle disposizioni dello IAS 17, i pagamenti e gli altri corrispettivi previsti dall’accordo devono essere separati all’inizio dell’accordo o alla revisione dello stesso in pagamenti per il leasing e pagamenti per altri elementi sulla base dei relativi fair value (valori equi). I pagamenti minimi dovuti per il leasing come definito nel paragrafo 4 dello IAS 17 includono soltanto pagamenti per il leasing (ossia il diritto all’uso dell’attività) ed escludono i pagamenti diversi da altri elementi dell’accordo (ossia per servizi e il costo dei fattori produttivi).

14.

In alcuni casi, separare i pagamenti per il leasing dai pagamenti per altri elementi dell’accordo richiederà che l’acquirente utilizzi una tecnica di stima. Per esempio, un acquirente può stimare i pagamenti del leasing facendo riferimento a un accordo di leasing per un’attività comparabile che non contiene altri elementi, o stimando i pagamenti per altri elementi dell’accordo facendo riferimento ad accordi comparabili e quindi deducendo tali pagamenti dai pagamenti totali secondo quanto previsto dall’accordo.

15.

Se un acquirente conclude che non è fattibile separare attendibilmente i pagamenti, esso deve:

a)

nel caso di un leasing finanziario, rilevare un’attività e una passività a un importo pari al fair value (valore equo) dell’attività sottostante che era identificata nei paragrafi 7 e 8 come l’oggetto del leasing. Successivamente la passività deve essere ridotta man mano che i pagamenti sono effettuati e si deve rilevare un onere finanziario figurativo sulla passività utilizzando il tasso di interesse marginale dell’acquirente. (1)

b)

nel caso di un leasing operativo, trattare tutti i pagamenti relativi all’accordo come pagamenti di leasing ai fini della conformità con le disposizioni informative dello IAS 17, ma

i)

indicare tali pagamenti separatamente da pagamenti minimi di leasing di altri accordi che non includono pagamenti per elementi non di leasing; e

ii)

dichiarare che i pagamenti indicati includono anche i pagamenti per elementi non di leasing dell’accordo.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

16.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2006, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

17.

Lo IAS 8 specifica come un’entità applichi un cambiamento nel principio contabile risultante dall’applicazione iniziale di un’Interpretazione. Un’entità non è tenuta a conformarsi a tali disposizioni quando la presente Interpretazione è applicata per la prima volta. Se un’entità utilizza la presente esenzione, deve applicare i paragrafi compresi tra 6 e 9 dell’Interpretazione agli accordi esistenti all’inizio del primo periodo per il quale le informazioni comparative secondo gli IFRS sono presentate sulla base dei fatti e delle circostanze esistenti all’inizio di tale periodo.


(1)  Ossia il tasso di finanziamento marginale del locatario come definito nel paragrafo 4 dello IAS 17.

INTERPRETAZIONE IFRIC 5

Diritti derivanti da interessenze in fondi per smantellamenti, ripristini e bonifiche ambientali

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 27 Bilancio consolidato e separato

IAS 28 Partecipazioni in società collegate

IAS 31 Partecipazioni in joint venture

IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali

IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione (rivisto nella sostanza nel 2003)

SIC-12 ConsolidamentoSocietà a destinazione specifica (società veicolo) (rivista nella sostanza nel 2004)

PREMESSA

1.

Il fine dei fondi per smantellamenti (decommissioning), ripristini e bonifiche ambientali, da ora in avanti «fondi di smantellamento» o «fondi», è di accantonare attività per finanziare parte o tutto il costo per lo smantellamento di una centrale (come una centrale nucleare) o di certi macchinari (come le automobili), o nell’intraprendere la bonifica ambientale (quale la decontaminazione dell’acqua o il ripristino di un terreno sfruttato come miniera), insieme da ora in avanti «smantellamento».

2.

I contributi a questi fondi possono essere volontari o disposti da norme o leggi. I fondi possono avere una delle seguenti strutture:

a)

fondi che sono stati creati da un singolo partecipante per finanziare le proprie obbligazioni di smantellamento, sia per un sito particolare che per una serie di siti sparsi geograficamente;

b)

fondi che sono creati da molteplici partecipanti per finanziare le loro obbligazioni per smantellamento singole o congiunte, quando i partecipanti hanno il diritto al rimborso per costi di smantellamento nella misura dei loro contributi più eventuali utili effettivi su tali contributi meno la loro parte dei costi per l’amministrazione del fondo. I partecipanti possono avere un obbligo a versare contributi aggiuntivi, per esempio, nel caso di fallimento di un altro partecipante;

c)

fondi che sono creati da molteplici partecipanti per finanziare le loro obbligazioni singole o congiunte per smantellamento quando il livello richiesto di contribuzione si basa sull’attività corrente di un partecipante e il beneficio ottenuto da tale partecipante si basa sulla sua attività passata. In tali casi esiste una potenziale diversità nell’importo dei contributi versati da un partecipante (basato su un’attività corrente) e il valore realizzabile dal fondo (basato su attività passate).

3.

Tali fondi generalmente hanno le seguenti caratteristiche:

a)

il fondo viene amministrato separatamente da fiduciari indipendenti;

b)

le entità (partecipanti) versano contributi nel fondo, che sono investiti in una gamma di attività che possono includere strumenti rappresentativi sia di debito sia di capitale, e sono disponibili ad aiutare i contribuenti a pagare lo smantellamento. I fiduciari determinano come investire i contributi, nel limite dei vincoli imposti dai regolamenti che disciplinano l’attività del fondo, dall’eventuale legislazione applicabile o da altre normative;

c)

i partecipanti mantengono l’obbligazione a pagare lo smantellamento. Tuttavia, i partecipanti sono in grado di ottenere un rimborso di smantellamento dal fondo con un massimo pari al minore tra i costi di smantellamento sostenuti e la quota parte di attività del fondo del partecipante;

d)

i partecipanti possono avere titolo limitato o nessun titolo a eventuali (eccedenze) surplus di attività del fondo su quelle utilizzate per soddisfare i costi di smantellamento.

AMBITO DI APPLICAZIONE

4.

La presente Interpretazione si applica per la contabilizzazione nel bilancio di un partecipante delle interessenze derivanti da fondi per lo smantellamento che hanno entrambe le seguenti caratteristiche:

a)

le attività sono amministrate separatamente (essendo possedute in un’entità legale separata o come attività accantonate in un’altra entità); e

b)

un partecipante ha un diritto limitato di accedere alle attività.

5.

Un’interessenza residua in un fondo che eccede il diritto di rimborso, quale un diritto contrattuale alle distribuzioni una volta che lo smantellamento è stato completato o alla liquidazione del fondo, può essere uno strumento rappresentativo di capitale nell’ambito dello IAS 39 e non rientra nell’ambito di applicazione della presente Interpretazione.

PROBLEMI

6.

I problemi trattati dalla presente Interpretazione sono:

a)

come dovrebbe contabilizzare un partecipante la propria interessenza in un fondo?

b)

quando un partecipante ha un’obbligazione a versare contributi aggiuntivi, nel caso, per esempio, di fallimento di un altro partecipante, come dovrebbe essere contabilizzata tale obbligazione?

INTERPRETAZIONE

Contabilizzazione di un’interessenza nel fondo

7.

Il partecipante deve rilevare la propria obbligazione a pagare i costi di smantellamento come una passività e rilevare la propria interessenza nel fondo separatamente a meno che il partecipante non sia responsabile per il pagamento dei costi di smantellamento anche nel caso in cui il fondo non sia in grado di pagare.

8.

Il partecipante deve determinare se ha il controllo, il controllo congiunto o un’influenza notevole sul fondo in base a quanto contenuto negli IAS 27, IAS 28, IAS 31, e SIC 12. Se così fosse, il partecipante deve contabilizzare la propria interessenza nel fondo secondo quanto previsto da tali Principi.

9.

Se un partecipante non ha il controllo, il controllo congiunto o un’influenza notevole sul fondo, il partecipante deve rilevare il diritto a ricevere il rimborso dal fondo come un rimborso secondo quanto previsto dallo IAS 37. Questo rimborso deve essere valutato al minore tra:

a)

l’importo dell’obbligazione di smantellamento rilevata; e

b)

l’interessenza del partecipante nel fair value (valore equo) delle attività nette del fondo attribuibile ai partecipanti.

Le variazioni nel valore contabile del diritto a ricevere un rimborso diverso dai contributi al e dai pagamenti dal fondo devono essere rilevate a conto economico nell’esercizio in cui queste variazioni si verificano.

Contabilizzazione delle obbligazioni per il versamento di contributi aggiuntivi

10.

Quando un partecipante ha un’obbligazione a versare contributi aggiuntivi potenziali, per esempio, nel caso di fallimento di un altro partecipante o quando il valore delle attività dell’investimento possedute dal fondo diminuisce in misura tale da essere insufficiente a soddisfare le obbligazioni di rimborso del fondo, la presente obbligazione è una passività potenziale che rientra nell’ambito dello IAS 37. Il partecipante deve rilevare una passività soltanto se è probabile che contributi aggiuntivi saranno versati.

Informazioni integrative

11.

Un partecipante deve indicare la natura della propria interessenza in un fondo e eventuali limitazioni sull’accesso alle attività del fondo.

12.

Quando un partecipante ha un’obbligazione a effettuare contributi aggiuntivi potenziali che non sono rilevati come una passività (cfr. paragrafo 10) deve fornire le informazioni integrative necessarie secondo il paragrafo 86 dello IAS 37.

13.

Quando un partecipante contabilizza la propria interessenza nel fondo secondo quanto previsto dal paragrafo 9 deve fornire le informazioni integrative previste dal paragrafo 85, lettera c), dello IAS 37.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

14.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o gennaio 2006, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

15.

Cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 8.

INTERPRETAZIONE IFRIC 6

Passività derivanti dalla partecipazione ad un mercato specifico — Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali

PREMESSA

1.

Il paragrafo 17 dello IAS 37 specifica che il «fatto (o evento) vincolante» è un evento passato che dà luogo a un’obbligazione attuale che comporta che un’entità non abbia alcuna realistica alternativa all’adempimento della stessa.

2.

Il paragrafo 19 dello IAS 37 prevede che gli accantonamenti siano rilevati solo per le «obbligazioni originate da eventi passati ed esistenti indipendentemente dalle azioni future dell’entità».

3.

A seguito dell’adozione della direttiva dell’Unione europea sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che regolamenta la raccolta, il trattamento, il recupero e lo smaltimento ecologicamente corretto dei RAEE si è posta la questione di quando la passività per lo smaltimento dei RAEE debba essere rilevata. La direttiva distingue tra rifiuti «nuovi» e rifiuti «storici» e tra rifiuti di nuclei domestici e rifiuti di utenti diversi dai nuclei domestici. I rifiuti nuovi riguardano i prodotti venduti dopo il 13 agosto 2005. Tutte le apparecchiature di nuclei domestici vendute prima di tale data danno origine a rifiuti storici ai fini della direttiva.

4.

La direttiva stabilisce che i costi di gestione dei rifiuti per le apparecchiature storiche di nuclei domestici devono essere sostenuti dai produttori di tale tipo di apparecchiature che sono sul mercato durante un periodo di tempo che deve essere specificato nella legislazione di ciascuno Stato membro (periodo di misurazione). La direttiva stabilisce che ciascuno Stato membro deve istituire un meccanismo affinché i produttori contribuiscano ai costi in misura proporzionale, «per esempio in proporzione alla rispettiva quota di mercato per ciascun tipo di apparecchiatura.»

5.

Diversi termini utilizzati nella presente interpretazione, come ad esempio «quota di mercato» e «periodo di misurazione», possono essere definiti in modo molto diverso nella legislazione applicabile di ciascuno Stato membro. Per esempio, la durata del periodo di misurazione potrebbe essere pari a un anno o solo a un mese. Similarmente, la misurazione della quota di mercato e le formule per il computo dell’obbligazione possono differire nelle varie legislazioni nazionali. Tuttavia, tutti questi esempi influiscono solo sulla valutazione della passività, che non rientra nell’ambito di applicazione della presente interpretazione.

AMBITO DI APPLICAZIONE

6.

La presente interpretazione fornisce indicazioni in merito alla rilevazione, nel bilancio dei produttori, delle passività per la gestione dei rifiuti, in applicazione della direttiva dell’Unione europea sui RAEE, in relazione alle vendite di apparecchiature storiche per nuclei domestici.

7.

La presente interpretazione non considera né i rifiuti nuovi né i rifiuti storici di utenti diversi dai nuclei domestici. La passività relativa alla gestione di tali rifiuti è adeguatamente disciplinata dallo IAS 37. Tuttavia, se nella legislazione nazionale i rifiuti nuovi dei nuclei domestici vengono trattati in modo similare ai rifiuti storici dei nuclei domestici, i principi dell’interpretazione si applicano con riferimento all’ordine gerarchico di cui ai paragrafi da 10 a 12 dello IAS 8. L’ordine gerarchico di cui allo IAS 8 è rilevante anche per le altre regolamentazioni che impongono obbligazioni comparabili al modello di attribuzione dei costi specificato nella suddetta direttiva dell’Unione europea.

PROBLEMA

8.

All’IFRIC è stato chiesto di stabilire che cosa costituisce, nel contesto dello smaltimento dei RAEE, il fatto vincolante, in conformità con il paragrafo 14, lettera a), dello IAS 37, per la rilevazione di un accantonamento per i costi di gestione dei rifiuti:

la produzione o la vendita delle apparecchiature storiche per nuclei domestici?

la partecipazione al mercato nel periodo di misurazione?

il sostenere dei costi nell’esecuzione delle attività di gestione dei rifiuti?

INTERPRETAZIONE

9.

La partecipazione al mercato nel periodo di misurazione è il fatto vincolante, in conformità con il paragrafo 14, lettera a), dello IAS 37. Di conseguenza, non sorge una passività per i costi di gestione dei rifiuti per apparecchiature storiche di nuclei domestici al momento della produzione o della vendita di tali prodotti. Poiché l’obbligazione relativa alle apparecchiature storiche di nuclei domestici è collegata alla partecipazione al mercato nel periodo di misurazione, e non già alla produzione o alla vendita degli articoli da smaltire vi è obbligazione solo a condizione che esista una quota di mercato nel periodo di misurazione. Anche la tempistica del fatto vincolante può essere indipendente dal periodo specifico in cui si intraprendono le attività di gestione dei rifiuti e si sostengono i costi relativi.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

10.

L’entità deve applicare la presente interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o dicembre 2005 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o dicembre 2005, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

11.

I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE IFRIC 7

Applicazione del metodo della rideterminazione del valore secondo lo IAS 29 Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate

RIFERIMENTI

IAS 12 Imposte sul reddito

IAS 29 Rendicontazione contabile in economie iperinflazionate

PREMESSA

1.

La presente Interpretazione fornisce indicazioni su come applicare le disposizioni dello IAS 29 in un esercizio in cui un’entità riscontri (1) l’esistenza di un’iperinflazione nell’economia della sua valuta funzionale, nel caso in cui la stessa economia non era iperinflazionata nell’esercizio precedente, e proceda pertanto alla rideterminazione dei propri valori di bilancio conformemente allo IAS 29.

PROBLEMI

2.

La presente Interpretazione prende in esame:

a)

il modo in cui deve essere interpretata la disposizione di cui al paragrafo 8 dello IAS 29: «…deve essere esposto nell’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio», quando l’entità applica il Principio;

b)

il modo in cui l’entità rileva il saldo iniziale delle imposte differite nel bilancio rideterminato.

INTERPRETAZIONE

3.

Nell’esercizio in cui l’entità constata l’esistenza di iperinflazione nell’economia della sua valuta funzionale, economia che in precedenza non era iperinflazionata, l’entità applica le disposizioni dello IAS 29 come se l’economia fosse sempre stata iperinflazionata. Pertanto, per quanto riguarda gli elementi non monetari iscritti al costo storico, si procede alla rideterminazione dello stato patrimoniale di apertura dell’entità all’inizio del primo periodo presentato nel bilancio, in modo da riflettere l’effetto dell’inflazione a partire dalla data in cui le attività sono state acquisite e le passività sostenute o assunte fino alla data dello stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio. Per gli elementi non monetari valutati nello stato patrimoniale di apertura ai valori correnti a una data diversa dalla data in cui sono stati acquisiti o sostenuti, la rideterminazione deve riflettere invece l’effetto dell’inflazione a partire dalla data di determinazione dei valori contabili fino alla data dello stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio.

4.

Alla data dello stato patrimoniale di chiusura le voci relative a imposte differite sono contabilizzate e valutate in conformità con lo IAS 12. Tuttavia, i dati relativi alle imposte differite nello stato patrimoniale di apertura dell’esercizio vengono determinati come segue:

a)

l’entità ridetermina le voci relative a imposte differite in conformità con lo IAS 12, dopo aver rideterminato i valori contabili nominali degli elementi non monetari alla data dello stato patrimoniale di apertura dell’esercizio, applicando l’unità di misura a quella data;

b)

le voci relative a imposte differite rivalutate in conformità della lettera a) sono rideterminate per tener conto della variazione dell’unità di misura a partire dalla data dello stato patrimoniale di apertura dell’esercizio fino alla data dello stato patrimoniale di chiusura dello stesso esercizio.

L’entità applica il metodo di cui alla lettera a) e b) per la rideterminazione delle voci relative a imposte differite nello stato patrimoniale di apertura di ogni periodo comparativo presentato nel bilancio rideterminato per l’esercizio in cui l’entità applica lo IAS 29.

5.

Una volta che l’entità ha proceduto alla rideterminazione del bilancio, tutti i dati corrispondenti nel bilancio dell’esercizio successivo, incluse le voci relative a imposte differite, sono rideterminati applicando la variazione dell’unità di misura per il successivo esercizio unicamente al bilancio rideterminato dell’esercizio precedente.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

6.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o marzo 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se l’entità applica la presente Interpretazione ad un esercizio che ha inizio prima del 1o marzo 2006, tale fatto deve essere indicato.


(1)  L’individuazione dell’iperinflazione si basa sul giudizio soggettivo dell’entità in merito alle situazioni indicate nel paragrafo 3 dello IAS 29.

INTERPRETAZIONE IFRIC 8

Ambito di applicazione dell’IFRS 2

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IFRS 2 Pagamenti basati su azioni

PREMESSA

1.

L’IFRS 2 si applica alle operazioni con pagamento basato su azioni in cui l’entità riceve o acquisisce beni o servizi. I «benì comprendono rimanenze» materiali di consumo, immobili, impianti e macchinari, attività immateriali e altre attività non finanziarie (IFRS 2, paragrafo 5). Di conseguenza, ad eccezione di operazioni particolari escluse dal suo ambito di applicazione, l’IFRS 2 si applica a tutte le operazioni in cui l’entità riceve attività non finanziarie o servizi come corrispettivo per l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. L’IFRS 2 si applica anche alle operazioni in cui l’entità assume delle passività, rispetto ai beni o ai servizi ricevuti, che sono basate sul prezzo (o valore) delle azioni dell’entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale dell’entità stessa.

2.

In taluni casi, tuttavia, potrebbe essere difficile dimostrare che i beni o i servizi sono stati (o saranno) ricevuti. Per esempio, un’entità può assegnare azioni ad un’organizzazione di beneficenza a titolo gratuito. Di solito non è possibile identificare i beni o servizi specifici ricevuti in cambio di un’operazione di questo tipo. Una situazione similare potrebbe presentarsi in operazioni con altre parti.

3.

L’IFRS 2 stabilisce che le operazioni in cui siano fatti ai dipendenti dei pagamenti basati su azioni debbano essere misurate facendo riferimento al fair value (valore equo) dei pagamenti basati su azioni alla data di assegnazione (IFRS 2, paragrafo 11) (1). Pertanto l’entità non è tenuta a stimare direttamente il fair value (valore equo) dei servizi resi dai dipendenti.

4.

Per le operazioni nelle quali i pagamenti basati su azioni vengono fatti a terzi non dipendenti, l’IFRS 2 postula l’esistenza di una presunzione relativa che il fair value (valore equo) dei beni o servizi ricevuti possa essere stimato attendibilmente. In queste situazioni l’IFRS 2 prevede che l’operazione sia misurata al fair value (valore equo) dei beni o servizi alla data in cui l’entità ottiene i beni o la controparte presta il servizio (IFRS 2, paragrafo 13). Pertanto vi è la sottesa presunzione che l’entità sia in grado di identificare i beni o servizi ricevuti da terzi non dipendenti. Ciò solleva la questione se l’IFRS si applichi in assenza di beni o servizi identificabili, il che a sua volta solleva un altro problema: se l’entità ha effettuato un pagamento basato su azioni e l’eventuale corrispettivo identificabile ricevuto risulta inferiore al fair value (valore equo) del pagamento basato su azioni, ciò indica che i beni o i servizi sono stati ricevuti, anche nel caso in cui non siano specificamente identificati, e che pertanto deve essere applicato l’IFRS 2?

5.

Occorre notare che l’espressione «il fair value (valore equo) del pagamento basato su azioni» fa riferimento al fair value (valore equo) dello specificato pagamento basato su azioni in questione. Per esempio, un’entità potrebbe essere obbligata dalla legislazione nazionale ad emettere una quota parte delle proprie azioni a favore dei cittadini di un determinato paese, che potrebbe essere trasferita soltanto ad altri cittadini dello stesso paese. Una tale restrizione al trasferimento può influire sul fair value (valore equo) delle azioni in questione, e pertanto tali azioni potrebbero avere un fair value (valore equo) inferiore a quello di azioni per il resto identiche ma che non sono soggette a tali restrizioni. In questa situazione, se il problema di cui al paragrafo 4 fosse sollevato in relazione ad azioni soggette a restrizioni, l’espressione «fair value (valore equo) del pagamento basato su azioni» farebbe riferimento al fair value (valore equo) delle azioni soggette a restrizioni e non al fair value (valore equo) delle altre azioni prive di restrizioni.

AMBITO DI APPLICAZIONE

6.

L’IFRS 2 si applica alle operazioni in cui una entità o gli azionisti di una entità hanno assegnato strumenti rappresentativi di capitale (2) o hanno sostenuto una passività nel trasferire disponibilità liquide o altre attività per ammontari basati sul prezzo (o valore) delle azioni dell’entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale dell’entità stessa. La presente interpretazione si applica a tali operazioni quando il corrispettivo identificabile ricevuto (o che sarà ricevuto) dall’entità, comprese le disponibilità liquide, e il fair value (valore equo) dell’eventuale corrispettivo identificabile diverso dalle disponibilità liquide, risulta inferiore al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati o della passività sostenuta. Tuttavia la presente Interpretazione non si applica alle operazioni escluse dall’ambito di applicazione dell’IFRS 2 in conformità dei paragrafi da 3 a 6 di tale IFRS.

PROBLEMA

7.

Il problema affrontato nella presente interpretazione è se l’IFRS 2 si applichi alle operazioni nelle quali l’entità non può identificare specificamente una parte o la totalità dei beni o dei servizi ricevuti.

INTERPRETAZIONE

8.

L’IFRS 2 si applica ad operazioni particolari in cui si ricevono beni o servizi, come nel caso delle operazioni in cui un’entità riceve beni o servizi come corrispettivo per strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. Esse comprendono le operazioni in cui l’entità non può identificare specificamente una parte o la totalità dei beni o dei servizi ricevuti.

9.

In assenza di beni o servizi identificabili specificamente, vi sono altre circostanze che possono indicare che i beni o i servizi sono stati (o saranno) ricevuti, nel qual caso si applica l’IFRS 2. In particolare, se l’eventuale corrispettivo identificabile ricevuto risulta inferiore al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale assegnati o della passività sostenuta, in genere tale circostanza indica che è stato (o sarà) ricevuto un altro corrispettivo (ossia beni o servizi non identificabili).

10.

L’entità deve valutare i beni o servizi identificabili ricevuti in conformità con l’IFRS 2.

11.

L’entità deve valutare i beni o servizi non identificabili ricevuti (o che saranno ricevuti) come la differenza tra il fair value (valore equo) del pagamento basato su azioni e il fair value (valore equo) di qualsiasi bene o servizio identificabile ricevuto (o che sarà ricevuto).

12.

L’entità deve valutare i beni o servizi non identificabili ricevuti alla data di assegnazione. Tuttavia, in caso di operazioni regolate per cassa, la passività deve essere rideterminata a ciascuna data di riferimento del bilancio finché non è regolata.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

13.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o maggio 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o maggio 2006, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

14.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione retroattivamente in conformità delle disposizioni dello IAS 8, fatte salve le disposizioni transitorie dell’IFRS 2.


(1)  Secondo l’IFRS 2, ogni riferimento ai dipendenti riguarda anche terzi che forniscono servizi similari.

(2)  Sono inclusi gli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità, della controllante dell’entità e di altre entità appartenenti allo stesso gruppo.

INTERPRETAZIONE IFRIC 9

Rideterminazione del valore dei derivati incorporati

RIFERIMENTI

IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione

IFRS 1 Prima adozione degli International Financial Reporting Standards

IFRS 3 Aggregazioni aziendali

PREMESSA

1.

Lo IAS 39, paragrafo 10 definisce un derivato incorporato come «una componente di uno strumento ibrido (combinato) che include anche un contratto primario non-derivato — con l’effetto che alcuni dei flussi finanziari dello strumento combinato variano in maniera similare a quelli del derivato preso a sé stante.»

2.

Lo IAS 39, paragrafo 11 stabilisce che un derivato incorporato deve essere separato dal contratto primario e contabilizzato come un derivato se, e soltanto se:

a)

le caratteristiche economiche e i rischi del derivato incorporato non sono strettamente correlati alle caratteristiche economiche e ai rischi del contratto primario;

b)

uno strumento separato con le stesse condizioni del derivato incorporato soddisfarebbe la definizione di derivato; e

c)

lo strumento ibrido (combinato) non è valutato al fair value (valore equo) con le variazioni del fair value (valore equo) rilevate nel conto economico [ossia un derivato che sia incorporato in una attività o passività finanziaria al fair value (valore equo) rilevato a conto economico non è separabile].

AMBITO DI APPLICAZIONE

3.

Fatti salvi i seguenti paragrafi 4 e 5, la presente Interpretazione si applica a tutti i derivati incorporati che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39.

4.

La presente Interpretazione non affronta i problemi di rimisurazione derivanti da una rideterminazione del valore dei derivati incorporati.

5.

La presente Interpretazione non si occupa dell’acquisizione di contratti con derivati incorporati in un’aggregazione aziendale né della loro possibile rivalutazione alla data di acquisizione.

PROBLEMI

6.

Lo IAS 39 prevede che l’entità, nel momento in cui diventa parte di un contratto, valuti se i derivati incorporati eventualmente contenuti nel contratto debbano essere separati dal contratto primario e contabilizzati come derivati secondo il Principio. La presente Interpretazione affronta le seguenti questioni:

a)

lo IAS 39 prevede che tale valutazione venga fatta solo nel momento in cui l’entità diventa parte del contratto o piuttosto che la valutazione deve essere rivista lungo tutta la durata del contratto?

b)

un’entità che adotta gli IFRS per la prima volta deve fare la propria valutazione sulla base delle condizioni che esistevano nel momento in cui essa è diventata parte del contratto o di quelle prevalenti quando essa adotta gli IFRS per la prima volta?

INTERPRETAZIONE

7.

L’entità deve valutare se i derivati incorporati debbano essere separati dal contratto primario e contabilizzati come derivati nel momento in cui essa diventa parte del contratto. Una successiva rideterminazione è vietata a meno che non vi sia una modifica delle condizioni del contratto che modifichi significativamente i flussi finanziari che altrimenti sarebbero richiesti in base al contratto, nel qual caso è richiesta la rivalutazione. L’entità stabilisce se la modifica dei flussi finanziari sia significativa considerando in che misura i flussi finanziari futuri previsti collegati al derivato incorporato, al contratto primario o a entrambi siano cambiati e se il cambiamento sia significativo rispetto ai flussi finanziari previsti in precedenza nel quadro del contratto.

8.

L’entità che utilizza per la prima volta gli IFRS deve valutare se il derivato incorporato debba essere separato dal contratto primario e contabilizzato come derivato sulla base delle condizioni che esistevano alla data più recente tra le due seguenti: la data in cui è diventata parte del contratto o la data in cui è richiesta una rivalutazione a norma del paragrafo 7.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

9.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o giugno 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o giugno 2006, tale fatto deve essere indicato. L’Interpretazione deve essere applicata retroattivamente.

INTERPRETAZIONE IFRIC 10

Bilanci intermedi e riduzione di valore

RIFERIMENTI

IAS 34 Bilanci intermedi

IAS 36 Riduzione di valore delle attività

IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione

PREMESSA

1.

L’entità è tenuta a verificare l’avviamento per riduzione di valore a ciascuna data di riferimento del bilancio, a verificare gli investimenti in strumenti rappresentativi di capitale e in attività finanziarie iscritte al costo a ciascuna data di riferimento del bilancio per determinare se debba essere effettuata una riduzione di valore e, se necessario, a rilevare una perdita per riduzione di valore a tali date conformemente allo IAS 36 e allo IAS 39. Tuttavia, a una successiva data di riferimento del bilancio o dello stato patrimoniale, le condizioni possono essere talmente cambiate che se la verifica fosse stata effettuata solo a tale data la perdita per riduzione di valore sarebbe stata inferiore o non sussistente. La presente Interpretazione fornisce indicazioni per determinare se tali perdite per riduzione di valore debbano mai essere stornate.

2.

La presente Interpretazione ha per oggetto l’interazione tra le disposizioni dello IAS 34 e la rilevazione delle perdite per riduzione di valore sull’avviamento di cui allo IAS 36 e su talune attività finanziarie di cui allo IAS 39, e l’effetto di tale interazione sui successivi bilanci intermedi e annuali.

PROBLEMA

3.

Il paragrafo 28 dello IAS 34 prevede che l’entità applichi nei suoi bilanci intermedi gli stessi principi contabili applicati nel bilancio annuale. Esso stabilisce altresì che «la periodicità dell’informativa dell’entità (annuale, semestrale, trimestrale) non deve influenzare la determinazione dei suoi risultati annuali. Per raggiungere tale obiettivo, le valutazioni per il bilancio intermedio devono essere fatte con riferimento al periodo tra l’inizio dell’esercizio e la chiusura del periodo intermedio.»

4.

Il paragrafo 124 dello IAS 36 stabilisce che «una perdita per riduzione di valore rilevata per l’avviamento non deve essere eliminata in un esercizio successivo».

5.

Il paragrafo 69 dello IAS 39 stabilisce che «le perdite per riduzione di valore rilevate a conto economico per un investimento in uno strumento rappresentativo di capitale classificato come disponibile per la vendita non devono essere stornate con effetto rilevato nel conto economico.»

6.

Il paragrafo 66 dello IAS 39 stabilisce che le perdite per riduzione di valore per attività finanziarie iscritte al costo (ad esempio una perdita per riduzione di valore su uno strumento non quotato rappresentativo di capitale che non è valutato al fair value (valore equo) perché il suo fair value (valore equo) non può essere valutato attendibilmente) non devono essere stornate.

7.

La presente Interpretazione affronta la seguente questione:

l’entità dovrebbe stornare le perdite per riduzione di valore rilevate in un periodo intermedio sull’avviamento e sugli investimenti in strumenti rappresentativi di capitale e in attività finanziarie iscritte al costo, nel caso in cui una perdita non sarebbe stata rilevata, o sarebbe stata rilevata una perdita inferiore, se la verifica fosse stata effettuata solo alla successiva data di bilancio?

INTERPRETAZIONE

8.

L’entità non deve stornare una perdita per riduzione di valore rilevata in un precedente periodo intermedio sull’avviamento ovvero su un investimento in uno strumento rappresentativo di capitale o in un’attività finanziaria iscritta al costo.

9.

L’entità non deve estendere questa interpretazione per analogia ad altre situazioni di potenziale conflitto tra lo IAS 34 e altri Principi.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

10.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o novembre 2006 o da data successiva. È incoraggiata una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o novembre 2006, tale fatto deve essere indicato. L’entità deve applicare la presente Interpretazione all’avviamento prospetticamente a partire dalla data in cui applica per la prima volta lo IAS 36; essa deve applicare la presente Interpretazione agli investimenti in strumenti rappresentativi di capitale o in attività finanziarie iscritte al costo prospetticamente a partire dalla data in cui ha applicato per la prima volta i criteri di valutazione dello IAS 39.

INTERPRETAZIONE IFRIC 11

IFRS 2 — Operazioni con azioni proprie e del gruppo

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio

IFRS 2 Pagamenti basati su azioni

PROBLEMI

1.

La presente Interpretazione affronta due problemi. Il primo è se le seguenti operazioni debbano essere contabilizzate come regolate con strumenti rappresentativi di capitale o per cassa in base a quanto previsto dall’IFRS 2:

a)

un’entità assegna a propri dipendenti diritti su strumenti rappresentativi di capitale dell’entità medesima (ad esempio opzioni su azioni) e sceglie di acquistare, o è tenuta ad acquistare, gli strumenti rappresentativi di capitale (ovvero le azioni proprie) da un terzo per assolvere i propri obblighi nei confronti dei suoi dipendenti; e

b)

un’entità o suoi azionisti assegnano diritti su strumenti rappresentativi di capitale dell’entità medesima (ad esempio opzioni su azioni) a dipendenti dell’entità e gli azionisti dell’entità forniscono gli strumenti rappresentativi di capitale necessari.

2.

Il secondo problema riguarda gli accordi di pagamento basato su azioni ai quali partecipano due o più entità appartenenti allo stesso gruppo. Ad esempio, dipendenti di una controllata ricevono diritti su strumenti rappresentativi di capitale della controllante come compenso per i servizi forniti alla controllata. Il paragrafo 3 dell’IFRS 2 prevede che:

Ai fini del presente IFRS, i trasferimenti di strumenti rappresentativi di capitale di una entità da parte dei propri azionisti a favore di terzi che hanno fornito beni o servizi all’entità (compresi i dipendenti), sono operazioni con pagamento basato su azioni, a meno che il trasferimento non abbia palesemente motivi diversi dal pagamento di beni o servizi forniti all’entità. Ciò si applica anche ai trasferimenti di strumenti rappresentativi di capitale della controllante dell’entità, o di un’altra entità appartenente allo stesso gruppo, a favore di terzi che hanno fornito beni o servizi all’entità. [Corsivo aggiunto]

Tuttavia l’IFRS 2 non indica come tali operazioni debbano essere contabilizzate nel bilancio individuale o separato di ciascuna entità del gruppo.

3.

Pertanto, il secondo problema riguarda i seguenti accordi di pagamento basato su azioni:

a)

una controllante assegna diritti su strumenti rappresentativi del proprio capitale direttamente a dipendenti della sua controllata: la controllante (non la controllata) ha l’obbligo di fornire ai dipendenti della controllata gli strumenti rappresentativi di capitale necessari; e

b)

una controllata assegna diritti su strumenti rappresentativi di capitale della sua controllante ai suoi dipendenti: la controllata ha l’obbligo di fornire ai suoi dipendenti gli strumenti rappresentativi di capitale necessari.

4.

La presente Interpretazione chiarisce come gli accordi di pagamento basato su azioni di cui al paragrafo 3 debbano essere contabilizzati nel bilancio della controllata che riceve servizi dai dipendenti.

5.

Vi può essere un accordo tra una controllante e la sua controllata in base al quale la controllata è tenuta a pagare la controllante per la fornitura degli strumenti rappresentativi di capitale ai dipendenti. La presente Interpretazione non indica come contabilizzare tali accordi di pagamento infra-gruppo.

6.

Pur essendo incentrata sulle operazioni con i dipendenti, la presente Interpretazione si applica anche ad analoghe operazioni con pagamento basato su azioni con fornitori di beni o servizi che non siano dipendenti.

INTERPRETAZIONE

Accordi di pagamento basato su azioni aventi per oggetto strumenti rappresentativi del capitale proprio di un’entità (paragrafo 1)

7.

Le operazioni di pagamento basato su azioni in cui un’entità riceve servizi come corrispettivo per strumenti rappresentativi del proprio capitale devono essere contabilizzate come «regolate con strumenti rappresentativi di capitale». Ciò si applica indipendentemente dal fatto che l’entità scelga di acquistare, o sia tenuta ad acquistare, tali strumenti rappresentativi di capitale da un terzo per assolvere i propri obblighi nei confronti dei suoi dipendenti in base a un accordo di pagamento basato su azioni. Ciò si applica inoltre indipendentemente dal fatto che:

a)

i diritti dei dipendenti sugli strumenti rappresentativi di capitale dell’entità siano stati assegnati dall’entità stessa o dal suo azionista/dai suoi azionisti; o

b)

l’accordo di pagamento basato su azioni sia stato regolato dall’entità stessa o dal suo azionista/dai suoi azionisti.

Accordi di pagamento basato su azioni aventi per oggetto strumenti rappresentativi di capitale della controllante

Una controllante assegna diritti su strumenti rappresentativi del proprio capitale a dipendenti della sua controllata [paragrafo 3, lettera a)]

8.

Purché l’accordo di pagamento basato su azioni sia contabilizzato come regolato con strumenti rappresentativi di capitale nel bilancio consolidato della controllante, la controllata deve misurare i servizi ricevuti dai suoi dipendenti conformemente alle disposizioni applicabili alle operazioni con pagamento basato su azioni regolate con strumenti rappresentativi di capitale, rilevando un corrispondente incremento del patrimonio netto come apporto della controllante.

9.

Una controllante può assegnare diritti su strumenti rappresentativi del proprio capitale a dipendenti delle sue controllate, a condizione che abbiano completato un determinato periodo di servizio continuato presso il gruppo. Un dipendente di una controllata può trasferirsi ad un’altra controllata durante il periodo di maturazione specificato senza che vi sia alcun effetto per i diritti del dipendente sugli strumenti rappresentativi di capitale della controllante nel quadro dell’originario accordo di pagamento basato su azioni. Ciascuna controllata deve misurare i servizi ricevuti dal dipendente con riferimento al fair value (valore equo) degli strumenti rappresentativi di capitale alla data in cui tali diritti su strumenti rappresentativi di capitale sono stati originariamente assegnati dalla controllante, come definito all’Appendice A dell’IFRS 2, e in proporzione al periodo di maturazione durante il quale il dipendente ha lavorato per ciascuna controllata.

10.

Può accadere che tale dipendente, dopo essersi trasferito da un’entità del gruppo a un’altra, non soddisfi una condizione di maturazione diversa da una condizione di mercato, quale definita all’Appendice A dell’IFRS 2, ad esempio in quanto lascia il gruppo prima di aver completato il periodo di servizio. In tal caso ciascuna controllata deve rettificare l’importo precedentemente rilevato rispetto ai servizi ricevuti dal dipendente conformemente ai principi di cui al paragrafo 19 dell’IFRS 2. Di conseguenza, se i diritti sugli strumenti rappresentativi di capitale assegnati dalla controllante non maturano per il mancato rispetto, da parte del dipendente, di una condizione di maturazione diversa da una condizione di mercato, nessun importo viene rilevato su base cumulativa per i servizi ricevuti da tale dipendente nel bilancio di qualsiasi controllata.

Una controllata assegna diritti su strumenti rappresentativi di capitale della sua controllante a suoi dipendenti [paragrafo 3, lettera b)]

11.

La controllata deve contabilizzare l’operazione con i suoi dipendenti come regolata per cassa. Questa disposizione si applica indipendentemente da come la controllata ottenga gli strumenti rappresentativi di capitale per soddisfare i propri obblighi nei confronti dei suoi dipendenti.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

12.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o marzo 2007 o da data successiva. È consentita una applicazione anticipata. Se un’entità applica la presente Interpretazione per un esercizio che ha inizio prima del 1o marzo 2007, tale fatto deve essere indicato.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

13.

L’entità deve applicare la presente Interpretazione retroattivamente conformemente allo IAS 8, fatte salve le disposizioni transitorie dell’IFRS 2.

INTERPRETAZIONE SIC 7

Introduzione dell’euro

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 10 Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 21 Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere (rivisto nella sostanza nel 2003)

PROBLEMA

1.

A partire dal 1o gennaio 1999, data dell’effettivo inizio dell’Unione economica e monetaria (UEM), l’euro diverrà a tutti gli effetti una valuta e i tassi di conversione tra l’euro e le valute nazionali partecipanti saranno irrevocabilmente fissati; quindi, a partire da tale data, il rischio di successive differenze di cambio collegate a tali valute è eliminato.

2.

Il problema consiste nell’applicazione dello IAS 21 nel passaggio dalle valute nazionali dei Paesi membri dell’Unione europea partecipanti all’euro («passaggio»).

INTERPRETAZIONE

3.

Le disposizioni dello IAS 21 riguardanti la conversione delle operazioni in valuta estera e dei bilanci delle gestioni estere devono essere applicate rigorosamente al passaggio. La stessa logica si applica alla determinazione dei tassi di cambio quando i Paesi aderiranno all’UEM in stadi successivi.

4.

Ciò, in particolare, significa che:

a)

le attività e le passività monetarie in valuta estera risultanti da transazioni devono continuare a essere convertite nella valuta funzionale al tasso di chiusura. Qualsiasi differenza di cambio risultante deve essere immediatamente rilevata come utile o perdita, salvo che un’entità debba continuare ad applicare il principio contabile esistente per utili e perdite su cambi relativi a coperture del rischio di valuta dell’operazione programmata;

b)

le differenze complessive di cambio relative alla conversione dei bilanci di gestioni estere devono continuare a essere classificate come voce del patrimonio netto e devono essere rilevate come ricavo o costo solo al momento della dismissione dell’investimento netto nella gestione estera; e

c)

le differenze di cambio risultanti dalla conversione di passività denominate nelle valute partecipanti non devono essere incluse nel valore contabile delle attività connesse.

DATA DI APPROVAZIONE

Ottobre 1997

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 1o giugno 1998. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati in conformità alle disposizioni dello IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 10

Assistenza pubblica — Nessuna specifica relazione con le attività operative

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 20 Contabilizzazione dei contributi pubblici e informativa sull’assistenza pubblica

PROBLEMA

1.

In alcuni Paesi l’assistenza pubblica alle entità può avere quale scopo l’incoraggiamento o il sostegno a lungo termine delle attività economiche di determinate zone geografiche o settori industriali. Le condizioni per ricevere tale assistenza possono non essere specificatamente collegate alle attività operative proprie dell’entità. Esempi di tale assistenza sono i trasferimenti di risorse da parte dei governi alle entità che:

a)

operano in un determinato settore industriale;

b)

continuano a operare in settori industriali recentemente privatizzati; o

c)

iniziano o continuano a intraprendere le proprie attività in aree economicamente sottosviluppate.

2.

Il problema consiste nel determinare se tale assistenza pubblica sia un «contributo pubblico» che rientra nell’ambito di applicazione dello IAS 20 e se, perciò, debba essere contabilizzata in conformità delle disposizioni del citato Principio.

INTERPRETAZIONE

3.

L’assistenza pubblica alle entità soddisfa la definizione di contributi pubblici di cui allo IAS 20, anche se non vi sono condizioni specificatamente connesse alle attività operative dell’entità oltre alla richiesta di operare in determinate aree geografiche o settori industriali. Tali contributi non devono quindi essere accreditati direttamente a patrimonio netto.

DATA DI APPROVAZIONE

Gennaio 1998

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 1o agosto 1998. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 12

Consolidamento — Società a destinazione specifica (società veicolo)

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 19 Benefici per i dipendenti

IAS 27 Bilancio consolidato e separato

IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio

IFRS 2 Pagamenti basati su azioni

PROBLEMA

1.

Una società può essere costituita per raggiungere un obiettivo limitato e ben definito (per esempio, realizzare un contratto di leasing, attività di ricerca e sviluppo o una cartolarizzazione di attività finanziarie). Tali società a destinazione specifica («SDS») possono assumere la forma giuridica di società di capitali, società fiduciaria, società di persone o società di fatto. Le SDS spesso sono costituite con accordi legali che impongono vincoli rigidi e alcune volte permanenti alle facoltà decisionali dei propri organi direttivi, fiducianti o della direzione aziendale sull’attività delle SDS. Frequentemente, queste disposizioni specificano che le politiche gestionali delle attività correnti delle SDS non possono essere modificate, eccetto forse che dal suo fondatore o dal suo sponsor (cioè essi agiscono, come si dice, con «pilota automatico»).

2.

Lo sponsor (o l’entità per il cui conto la SDS è stata creata) trasferisce frequentemente attività alle SDS, ottiene il diritto di far uso delle attività possedute dalla SDS o esegue servizi per le SDS, mentre altre parti («fornitori di capitali») possono fornire fondi alle SDS. L’entità che effettua operazioni con una SDS (frequentemente il fondatore o lo sponsor) può in sostanza controllare la SDS.

3.

Un’interessenza nei benefici in una SDS può, per esempio, assumere la forma di uno strumento di debito, uno strumento rappresentativo di capitale, un diritto di partecipazione, un interesse residuale o un contratto di locazione. Alcune interessenze nei benefici possono semplicemente fornire al possessore un tasso di rendimento fisso o stabilito, mentre altre danno al possessore diritti o accesso ad altri benefici economici futuri delle attività della SDS. Nella maggior parte dei casi, il fondatore o lo sponsor (o l’entità per il cui conto la SDS è stata creata) mantiene una significativa interessenza nei benefici relativa alle attività della SDS, sebbene possa possedere una piccola o nessuna parte del patrimonio della stessa.

4.

Lo IAS 27 richiede il consolidamento delle entità che sono controllate dall’entità che redige il bilancio. Tuttavia, il Principio non fornisce una guida esplicita sul consolidamento delle SDS.

5.

Il problema consiste nel determinare in quali circostanze l’entità debba consolidare una SDS.

6.

La presente Interpretazione non si applica ai piani per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro o agli altri piani per benefici a lungo termine per i dipendenti ai quali si applica lo IAS 19.

7.

Un trasferimento di attività da parte di un’entità a una SDS può essere qualificato come una vendita da parte dell’entità. Anche se il trasferimento si qualifica come vendita, le disposizioni dello IAS 27 e questa Interpretazione possono significare che l’entità deve consolidare la SDS. La presente Interpretazione non considera né le circostanze in cui l’entità deve applicare il trattamento della vendita né l’eliminazione delle conseguenze di tale vendita nel bilancio consolidato.

INTERPRETAZIONE

8.

Una SDS deve essere consolidata quando la sostanza della relazione tra un’entità e una SDS indica che la SDS è controllata dall’entità.

9.

Nel contesto di una SDS, il controllo può originare dalla predeterminazione delle attività della SDS (operante con «pilota automatico») o altrimenti. Lo IAS 27.13 indica diverse circostanze che si concretizzano nel controllo anche se un’entità possiede metà o anche meno dei diritti di voto di un’altra entità. Analogamente, il controllo può esistere anche nei casi in cui un’entità possiede una piccola o nessuna parte del patrimonio della SDS. L’applicazione del concetto di controllo richiede, in ciascun caso, una valutazione soggettiva nel contesto di tutti i fattori rilevanti.

10.

In aggiunta alle situazioni descritte nello IAS 27.13, le seguenti circostanze, per esempio, possono indicare che esiste una relazione in cui un’entità controlla una SDS e conseguentemente dovrebbe consolidare la SDS (una guida addizionale è fornita nell’Appendice della presente Interpretazione):

a)

in concreto, le attività della SDS sono esercitate per conto dell’entità in relazione alle sue specifiche esigenze aziendali così che l’entità ottenga benefici dall’attività della SDS;

b)

in concreto, l’entità ha poteri decisionali per ottenere la maggioranza dei benefici dell’attività della SDS o, predisponendo un meccanismo di «pilota automatico», l’entità ha delegato questi poteri decisionali;

c)

in concreto, l’entità detiene diritti a ottenere la maggioranza dei benefici della SDS e, perciò, può essere esposta ai rischi inerenti alle attività della SDS; o

d)

in concreto, l’entità mantiene la maggioranza dei rischi residuali o di proprietà connessi alla SDS o alle sue attività al fine di ottenere benefici dalla loro gestione.

11.

[Eliminato]

DATA DI APPROVAZIONE

Giugno 1998

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dagli esercizi con inizio dal 1o luglio 1999 o da data successiva; è incoraggiata una applicazione anticipata. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

Un’entità deve applicare la modifica di cui al paragrafo 6 a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1o gennaio 2005 o da data successiva. Se un’entità applica l’IFRS 2 a partire da un esercizio precedente, detta modifica deve essere applicata a partire da tale esercizio precedente.

INTERPRETAZIONE SIC 13

Entità a controllo congiunto — Conferimenti in natura da parte dei partecipanti al controllo

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari

IAS 18 Ricavi

IAS 31 Partecipazioni in joint venture

PROBLEMA

1.

Lo IAS 31.48 si riferisce sia agli apporti, sia alle vendite tra un partecipante e una joint venture come segue: «Quando un partecipante apporta o vende beni a una joint venture, la rilevazione di ogni quota di utile o perdita derivante dall’operazione deve riflettere la sostanza della transazione». Inoltre, lo IAS 31.24 statuisce che «l’entità a controllo congiunto è una joint venture che comporta la costituzione di una società di capitali, di una società di persone o di altra entità in cui ogni partecipante ha una partecipazione». Non esiste guida esplicita in merito alla rilevazione degli utili e delle perdite risultanti da conferimenti di attività non monetarie a entità a controllo congiunto («ECC»).

2.

I conferimenti a una ECC sono trasferimenti di attività da parte di partecipanti in cambio di una partecipazione nella ECC. Tali conferimenti possono prendere diverse forme. I conferimenti possono essere effettuati simultaneamente da parte dei partecipanti o al momento di creazione della ECC o successivamente. Il corrispettivo ricevuto dal partecipante (partecipanti) in cambio di attività conferite alla ECC può anche comprendere denaro o altro corrispettivo che non dipenda dai flussi finanziari futuri della ECC («corrispettivo aggiuntivo»).

3.

I problemi consistono nel determinare:

a)

quando l’appropriata quota di utili o perdite risultanti da un conferimento di un’attività non monetaria alla ECC in cambio di una partecipazione nella ECC debba essere imputata al conto economico dal partecipante;

b)

come il corrispettivo aggiuntivo debba essere contabilizzato dal partecipante; e

c)

come qualsiasi utile o perdita non realizzati debbano essere esposti nel bilancio consolidato del partecipante.

4.

La presente Interpretazione tratta la contabilizzazione del partecipante per conferimenti non monetari a una ECC in cambio di una partecipazione nella ECC che è contabilizzata utilizzando il metodo del patrimonio netto oppure quello del consolidamento proporzionale.

INTERPRETAZIONE

5.

Nell’applicare lo IAS 31.48 ai conferimenti non monetari dati a una ECC in cambio di una partecipazione azionaria nella ECC, un partecipante deve imputare al conto economico dell’esercizio la quota dell’utile o della perdita attribuibile alla partecipazione azionaria degli altri partecipanti a eccezione di quando:

a)

i rischi e i benefici significativi delle proprietà dell’attività (delle attività) non monetaria conferita non sono stati trasferiti alla ECC; o

b)

l’utile o la perdita derivante dal conferimento non monetario non possono essere valutati attendibilmente; o

c)

l’operazione di conferimento manca di sostanza commerciale, nel modo in cui quel termine è descritto nello IAS 16.

Se viene applicata l’eccezione a), b) o c), l’utile o la perdita è considerato non realizzato e quindi non è rilevato a conto economico a meno che si applichi anche il paragrafo 6.

6.

Se, oltre a ricevere una partecipazione nella ECC, un partecipante riceve attività monetarie o non monetarie in riferimento all’operazione deve rilevare in conto economico un’appropriata porzione dell’utile o della perdita.

7.

Gli utili o le perdite non realizzati su attività non monetarie conferite alle ECC devono essere eliminati a fronte delle sottostanti attività secondo il metodo di consolidamento proporzionale o a fronte della partecipazione secondo il metodo del patrimonio netto. Tali utili o perdite non realizzati non devono essere esposti come utili o perdite differiti nello stato patrimoniale consolidato del partecipante.

8.13.

[Non applicabile alla mera Interpretazione]

DATA DI APPROVAZIONE

Giugno 1998

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dagli esercizi con inizio dal 1o gennaio 1999 o da data successiva; è incoraggiata una applicazione anticipata. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

14.

Le rettifiche alla contabilizzazione per le operazioni di conferimento non monetarie specificate nel paragrafo 5 devono essere applicate prospetticamente alle operazioni future.

15.

Un’entità deve applicare le rettifiche alla presente Interpretazione fatte dallo IAS 16 per gli esercizi che hanno inizio il 1o gennaio 2005. Se un’entità applica tale Principio a un esercizio antecedente tale data, deve applicare anche queste rettifiche a tale esercizio antecedente.

INTERPRETAZIONE SIC 15

Leasing operativo — Incentivi

RIFERIMENTI

IAS 1 Presentazione del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 2003)

PROBLEMA

1.

Nella negoziazione di un leasing operativo nuovo o da rinnovare, il locatore può fornire incentivi al locatario al fine di agevolare la conclusione dell’accordo. Esempi di tali incentivi sono un pagamento anticipato per contanti al locatario o l’indennizzo o l’assunzione da parte del locatore di costi del locatario (quali costi di rilocalizzazione, migliorie su immobili in affitto e costi connessi a un preesistente impegno di locazione del locatario). In alternativa, può essere pattuito che per i periodi iniziali della durata del leasing non debba essere pagato alcun canone oppure che l’ammontare dell’affitto sia a canoni ridotti.

2.

Il problema consiste nel determinare come debbano essere rilevati gli incentivi di un leasing operativo nel bilancio sia del locatario sia del locatore.

INTERPRETAZIONE

3.

Tutti gli incentivi accordati per un leasing operativo nuovo o da rinnovare devono essere rilevati come una parte integrante del corrispettivo netto concordato per l’uso dell’attività locata, indipendentemente dalla natura o forma dell’incentivo o dalla tempistica dei pagamenti.

4.

Il locatore deve rilevare il costo complessivo degli incentivi come una riduzione del provento derivante dal noleggio lungo la durata del leasing con un metodo a quote costanti a meno che un altro criterio sistematico sia rappresentativo del modo in cui il beneficio dell’attività locata è diminuito.

5.

Il locatario deve rilevare il beneficio complessivo degli incentivi come una riduzione del costo del noleggio lungo la durata del leasing con un metodo a quote costanti, a meno che un altro criterio sia rappresentativo del modo in cui il locatario percepisce i benefici dall’utilizzo dell’attività locata.

6.

I costi sostenuti dal locatario, inclusi i costi connessi ad una locazione preesistente (ad esempio costi di chiusura, di rilocalizzazione o di migliorie su immobili in affitto), devono essere contabilizzati dal locatario in conformità ai Principi contabili applicabili a questi costi, inclusi i costi che sono effettivamente rimborsati tramite un accordo sugli incentivi.

DATA DI APPROVAZIONE

Giugno 1998

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione deve essere applicata a partire dai contratti di locazione con inizio dal 1o gennaio 1999 o da data successiva.

INTERPRETAZIONE SIC 21

Imposte sul reddito — Recupero delle attività rivalutate non ammortizzabili

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 12 Imposte sul reddito

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 40 Investimenti immobiliari (rivisto nella sostanza nel 2003)

PROBLEMA

1.

Secondo quanto previsto dallo IAS 12.51, la quantificazione delle passività e delle attività fiscali differite deve riflettere gli effetti fiscali che derivano dalla modalità con cui l’entità si attende, alla data di riferimento del bilancio, di recuperare o estinguere il valore contabile di quelle attività e passività che danno luogo a differenze temporanee.

2.

Lo IAS 12.20 osserva che la rivalutazione di un’attività non sempre influisce sul reddito imponibile (perdita fiscale) dell’esercizio in cui ha luogo tale rivalutazione e che il valore ai fini fiscali dell’attività può non essere rettificato a seguito della rivalutazione. Se il recupero futuro del valore contabile risulterà imponibile, qualsiasi differenza tra il valore contabile dell’attività rivalutata e il suo valore ai fini fiscali costituisce una differenza temporanea e dà luogo a una passività o a una attività fiscale differita.

3.

La problematica consiste nel definire come interpretare il termine «recupero» con riferimento a un’attività che non è ammortizzata (attività non ammortizzabile) e che è rivalutata secondo quanto previsto dal paragrafo 31 dello IAS 16.

4.

La presente Interpretazione inoltre si applica agli investimenti immobiliari che sono riportati ai valori rivalutati secondo lo IAS 40.33, ma che sarebbero considerati non ammortizzabili se si fosse applicato lo IAS 16.

INTERPRETAZIONE

5.

Le passività o le attività fiscali differite che originano dalla rivalutazione di un’attività ritenuta non ammortizzabile secondo quanto previsto dallo IAS 16.31 devono essere quantificate facendo riferimento agli effetti fiscali che deriverebbero dal recupero del valore contabile di quell’attività attraverso una vendita, indipendentemente dal criterio di valutazione del valore contabile di tale attività. In relazione a ciò, se la normativa fiscale prevede una specifica aliquota fiscale applicabile all’importo imponibile originato dalla vendita di un bene, la quale risulta differente rispetto all’aliquota fiscale applicabile all’importo imponibile originato dall’uso del bene, la prima aliquota è utilizzata nella quantificazione della passività o della attività fiscale differita collegata ad attività non ammortizzabili.

DATA DI APPROVAZIONE

Agosto 1999

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore il 15 luglio 2000. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 25

Imposte sul reddito — Cambiamenti nella condizione fiscale di un’entità o dei suoi azionisti

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 12 Imposte sul reddito

PROBLEMA

1.

Un cambiamento nella condizione fiscale di un’entità o dei suoi azionisti può avere conseguenze in quanto in grado di aumentare o di diminuire le sue passività o attività fiscali. Ciò può, per esempio, verificarsi nel caso di una quotazione pubblica di strumenti rappresentativi di capitale dell’entità o nel caso di una ridefinizione del patrimonio netto dell’entità. Ciò può, inoltre, verificarsi nel caso di un movimento di un azionista di controllo in un paese estero. Quale risultato di un evento del genere, un’entità può essere tassata in maniera diversa; può, ad esempio, acquisire o perdere incentivi fiscali o divenire soggetto a una aliquota fiscale diversa nel futuro.

2.

Un cambiamento di condizione fiscale di un’entità o dei suoi azionisti può avere un effetto immediato sulle attività o sulle passività fiscali correnti dell’entità. Il cambiamento può, inoltre, aumentare o diminuire le passività e le attività fiscali differite rilevate dall’entità a seconda dell’effetto che il cambiamento ha sulla condizione fiscale che originerà dal recupero o dall’estinzione del valore contabile delle attività o delle passività dell’entità.

3.

Il problema consiste nel determinare come l’entità debba contabilizzare le conseguenze fiscali di un cambiamento nella condizione fiscale o in quella dei suoi azionisti.

INTERPRETAZIONE

4.

Un cambiamento della condizione fiscale dell’entità o dei suoi azionisti non dà luogo ad aumenti o diminuzioni negli importi rilevati direttamente in patrimonio netto. Le conseguenze fiscali correnti e differite di un cambiamento della condizione fiscale devono essere incluse nel conto economico dell’esercizio, a meno che tali conseguenze facciano riferimento a operazioni ed eventi che si concretizzano, nello stesso periodo o in un periodo diverso, in un accreditamento diretto o in un onere per l’importo rilevato di patrimonio netto. Tali conseguenze fiscali che fanno riferimento ai cambiamenti dell’importo rilevato di patrimonio netto, nello stesso periodo o in un periodo diverso (non incluso nel conto economico), devono essere addebitate o accreditate direttamente in patrimonio netto.

DATA DI APPROVAZIONE

Agosto 1999

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore il 15 luglio 2000. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 27

La valutazione della sostanza delle operazioni nella forma legale del leasing

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 11 Lavori su ordinazione

IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 18 Ricavi

IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali

IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione (rivisto nella sostanza nel 2003)

IFRS 4 Contratti assicurativi

PROBLEMA

1.

Un’entità può effettuare un’operazione o una serie di operazioni strutturate (un accordo) con una o più parti non correlate (un investitore) nella forma legale di un leasing. Per esempio, un’entità può locare attività a un investitore e retrolocare le stesse attività, o alternativamente, vendere legalmente le attività e retrolocare le stesse attività. La forma di ogni accordo e le relative condizioni possono variare significativamente. Nell’esempio di leasing e di retrolocazione, può essere che l’accordo sia concepito per ottenere un vantaggio fiscale per l’investitore che viene condiviso con l’entità sotto forma di compenso, e non trasmette il diritto a utilizzare un’attività.

2.

Quando un accordo con un investitore comporta la forma legale di un leasing, i problemi sono:

a)

come determinare se una serie di operazioni sono correlate e devono essere contabilizzate come un’unica operazione;

b)

se l’accordo soddisfa la definizione di leasing secondo lo IAS 17; e se no,

i)

se un conto di investimento separato e gli obblighi di pagamento del leasing che possono esistere rappresentano attività e passività dell’entità [per esempio considerare l’esempio descritto nel paragrafo A2, lettera a), dell’Appendice A];

ii)

come l’entità deve contabilizzare altri obblighi che risultano dall’accordo; e

iii)

come l’entità deve contabilizzare un compenso che può ricevere da un investitore.

INTERPRETAZIONE

3.

Una serie di operazioni che comportano la forma legale di un leasing sono legate e devono essere contabilizzate come un’unica operazione quando l’effetto economico complessivo non può essere compreso senza fare riferimento alla serie di operazioni considerate nell’insieme. È questo il caso, per esempio, quando le serie di operazioni sono strettamente interconnesse, negoziate come un’operazione singola e avvengono simultaneamente o in una sequenza continua. (L’appendice A fornisce illustrazioni dell’applicazione della presente Interpretazione.)

4.

La contabilizzazione deve riflettere la sostanza dell’accordo. Tutti gli aspetti e le implicazioni di un accordo devono essere valutati per determinare la sostanza, dando peso a quegli aspetti e quelle implicazioni che hanno un effetto economico.

5.

Lo IAS 17 si applica quando la sostanza di un accordo include il trasferimento del diritto a utilizzare un’attività per un periodo di tempo concordato. Gli indicatori che dimostrano individualmente che un accordo, in sostanza, potrebbe non comportare un leasing secondo quanto previsto dallo IAS 17 includono (l’Appendice B fornisce indicazioni dell’applicazione della presente Interpretazione):

a)

un’entità mantiene tutti i rischi e i benefici relativi alla proprietà di un’attività sottostante e gode sostanzialmente degli stessi diritti per il suo utilizzo come prima dell’accordo;

b)

la ragione principale dell’accordo è di ottenere un particolare risultato fiscale e di non trasmettere il diritto all’utilizzo di un’attività; e

c)

è inclusa un’opzione a condizioni che rendono il suo esercizio quasi certo (per esempio un’opzione put che è esercitabile a un prezzo sufficientemente più alto del fair value (valore equo) atteso quando diventa esercitabile).

6.

Le definizioni e le linee guida dei paragrafi da 49 a 64 del Quadro sistematico devono essere applicate per determinare se, in sostanza, un conto di investimento separato e gli obblighi di pagamento del leasing rappresentano attività e passività dell’entità. Gli indicatori che dimostrano collettivamente che, in sostanza, un conto di investimento separato e gli obblighi di pagamento del leasing non soddisfano le definizioni di attività e passività e non devono essere rilevati dall’entità, includono:

a)

che l’entità non è in grado di controllare il conto di investimento per il raggiungimento dei propri obiettivi e non è obbligata a corrispondere tali pagamenti del leasing. Ciò si verifica quando, per esempio, un importo prepagato è allocato a un conto di investimento separato per proteggere l’investitore e può essere utilizzato soltanto per pagare l’investitore, l’investitore concorda che gli obblighi di pagamento del leasing devono essere pagati con i fondi del conto di investimento, e l’entità non può trattenere i pagamenti a favore dell’investitore provenienti dal conto degli investimenti.

b)

l’entità ha soltanto un rischio remoto di rimborsare l’intera somma di eventuali compensi ricevuti da un investitore e possibilmente pagare qualche importo aggiuntivo, o quando un compenso non è stato ricevuto, soltanto un rischio remoto di pagare un importo secondo altri obblighi (per esempio una garanzia). Esiste soltanto un rischio remoto di pagamento quando, per esempio, le condizioni dell’accordo prevedono che un importo prepagato sia investito in attività prive di rischio che si prevede possano generare flussi finanziari sufficienti per soddisfare gli obblighi di pagamento del leasing; e

c)

oltre ai flussi finanziari iniziali all’inizio dell’accordo, i soli flussi finanziari attesi secondo l’accordo sono i pagamenti del leasing che sono soddisfatti esclusivamente dai fondi prelevati dal conto di investimento separato creato con i flussi finanziari iniziali.

7.

Altre obbligazioni previste da un accordo, incluse le eventuali garanzie fornite e le obbligazioni sostenute in caso di cessazione anticipata, devono essere contabilizzate ai sensi dello IAS 37, dello IAS 39 o dell’IFRS 4, a seconda dei termini dell’accordo.

8.

I criteri del paragrafo 20 dello IAS 18 devono essere applicati agli eventi e alle circostanze di ogni accordo per determinare quando rilevare come ricavo un compenso che un’entità può ricevere. I fattori quali: l’esistenza di un coinvolgimento residuo sotto forma di significativi obblighi di rendimento futuro necessari a guadagnare un compenso, qualora vi siano rischi mantenuti, le condizioni di eventuali accordi di garanzia, e il rischio di rimborso del compenso, devono essere tenuti in considerazione. Gli indicatori che dimostrano individualmente che la rilevazione dell’intero compenso come ricavo quando ricevuto, se ricevuto all’inizio dell’accordo, è inappropriata, includono:

a)

obblighi a effettuare o astenersi da certe attività significative sono condizioni per ottenere il compenso ricevuto e quindi l’esecuzione di un accordo vincolante non è l’atto più significativo richiesto dall’accordo;

b)

limitazioni all’uso dell’attività sottostante che hanno un effetto pratico di limitare e cambiare significativamente la capacità dell’entità di utilizzare (per esempio esaurire, vendere o impegnare come garanzia collaterale) l’attività;

c)

la possibilità di rimborsare eventuali importi del compenso e possibilmente corrispondere alcuni importi aggiuntivi non è remota. Ciò si verifica quando, per esempio:

i)

l’attività sottostante non è un’attività particolare che l’entità si attende gestisca la propria attività, e quindi esiste la possibilità che l’entità possa corrispondere un importo per terminare l’accordo anticipatamente; o

ii)

secondo le condizioni dell’accordo l’entità è tenuta a, o ha totale o parziale discrezione di, investire un importo prepagato in attività che contengono più di un quantitativo insignificante di rischio (per esempio, valuta, tasso di interesse o rischio di credito). In queste circostanze, il rischio che il valore dell’investimento sia insufficiente a soddisfare gli obblighi di pagamento del leasing non è remoto, e quindi sussiste la possibilità che l’entità debba corrisponderne una parte.

9.

Il compenso deve essere presentato nel conto economico sulla base della sostanza e della natura economica.

INFORMAZIONI INTEGRATIVE

10.

Tutti gli aspetti di un accordo che in sostanza non comporta un leasing secondo lo IAS 17 devono essere considerati nella determinazione dell’informativa appropriata che è necessaria a comprendere l’accordo e il trattamento contabile adottato. Un’entità deve indicare quanto segue in ogni esercizio in cui sussiste un accordo:

a)

una descrizione dell’accordo che include:

i)

l’attività sottostante ed eventuali limitazioni sul suo utilizzo;

ii)

la vita ed altre condizioni significative dell’accordo;

iii)

le operazioni che sono collegate, incluse eventuali opzioni; e

b)

il trattamento contabile applicato a eventuali compensi ricevuti, l’importo rilevato come utile nell’esercizio e la voce di conto economico in cui è incluso.

11.

L’informativa richiesta in conformità al paragrafo 10 della presente Interpretazione deve essere fornita individualmente per ciascun accordo o insieme per ciascuna classe di accordi. Una classe è un gruppo di accordi con attività sottostanti di natura simile (per esempio centrali elettriche.)

DATA DI APPROVAZIONE

Febbraio 2000

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 31 dicembre 2001. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 29

Accordi per servizi in concessione: informazioni integrative

RIFERIMENTI

IAS 1 Presentazione del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 37 Accantonamenti, passività e attività potenziali

IAS 38 Attività immateriali (rivisto nella sostanza nel 2004)

PROBLEMA

1.

Un’entità (concessionaria) potrebbe stipulare un accordo con un’altra entità (concedente) per l’erogazione di servizi che diano pubblico accesso a importanti servizi economici e sociali. Il concedente potrebbe essere un’entità del settore pubblico o privato, compreso un organismo governativo. Esempi di accordi per servizi in concessione comprendono la depurazione dell’acqua e la fornitura di servizi, autostrade, parcheggi, tunnel, ponti, aeroporti e telecomunicazioni. Esempi di accordi che non rappresentano accordi per servizi in concessione includono entità che esternalizzano la gestione dei propri servizi interni (per esempio, mensa per i dipendenti, manutenzione dell’edificio e supporto contabile e informatico).

2.

Un accordo per servizi in concessione generalmente comporta che il concedente affidi, per il periodo di tempo della concessione, al concessionario:

a)

il diritto di erogare servizi che diano pubblico accesso a importanti servizi economici e sociali; e

b)

in alcuni casi, il diritto a usare determinate attività materiali, immateriali o finanziarie;

in cambio il concessionario:

c)

si impegna a fornire per il periodo della concessione i servizi in base a specifici termini e condizioni; e

d)

laddove possibile, si impegna a restituire al termine del periodo di concessione i diritti ricevuti all’inizio del periodo della concessione e/o acquisiti nel periodo della concessione.

3.

La caratteristica comune di tutti gli accordi relativi a servizi dati in concessione riguarda il fatto che il concessionario riceve un diritto e contemporaneamente contrae un’obbligazione a fornire servizi pubblici.

4.

Il problema sta nel determinare quale informativa debba essere inserita nelle note ai bilanci del concessionario e del concedente.

5.

Taluni aspetti e l’informativa connessa ad alcuni accordi relativi al servizio oggetto della concessione sono già considerati dai vigenti Principi contabili internazionali (per esempio, lo IAS 16 si applica all’acquisizione di elementi di immobili, impianti e macchinari, lo IAS 17 alle locazioni di beni e lo IAS 38 alle acquisizioni di attività immateriali). Tuttavia, gli accordi per servizi dati in concessione possono interessare contratti esecutivi che non sono contemplati nei Principi contabili internazionali, a meno che i contratti non siano onerosi, caso in cui si applica lo IAS 37. Conseguentemente, la presente Interpretazione prende in considerazione informazioni aggiuntive relative agli accordi per servizi dati in concessione.

INTERPRETAZIONE

6.

Tutti gli aspetti degli accordi per servizi dati in concessione devono essere considerati nella determinazione dell’appropriata informativa da inserire nelle note. Il concessionario e il concedente devono fornire la seguente informativa in ciascun esercizio:

a)

una descrizione dell’accordo;

b)

le condizioni dell’accordo che, data la loro significatività, potrebbero influenzare l’importo, la tempistica e la certezza dei flussi finanziari futuri (per esempio, il periodo della concessione, le date di rideterminazione del prezzo e le condizioni base su cui i nuovi calcoli del prezzo o della negoziazione sono determinati);

c)

la natura e la portata (per esempio, la quantità, il periodo temporale o l’importo quando appropriato) di:

i)

diritti a usare determinate attività;

ii)

obbligazioni contratte per la fornitura o i diritti di richiesta di fornitura di servizi;

iii)

obbligazioni ad acquisire o costruire elementi di immobili, impianti e macchinari;

iv)

obbligazioni a consegnare o diritti a ricevere determinate attività a conclusione del periodo di concessione;

v)

opzioni di rinnovo e di chiusura anticipata dell’accordo; e

vi)

altri diritti e obbligazioni (per esempio, importanti costi di revisione); e

d)

i cambiamenti dell’accordo avvenuti nel corso del periodo.

7.

L’informativa richiesta in conformità al paragrafo 6 della presente Interpretazione deve essere fornita individualmente per ciascun accordo di concessione del servizio o insieme per ciascuna classe di accordi di concessione di servizi. Una classe è un gruppo di accordi per servizi in concessione che comprendono servizi di natura similare (per esempio, riscossione di pedaggi, servizi di telecomunicazioni e depurazione dell’acqua).

DATA DI APPROVAZIONE

Maggio 2001

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 31 dicembre 2001.

INTERPRETAZIONE SIC 31

Ricavi — Operazioni di baratto comprendenti attività pubblicitaria

RIFERIMENTI

IAS 8 Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori

IAS 18 Ricavi

PROBLEMA

1.

Un’entità (venditore) può accordarsi per una operazione di baratto al fine di fornire servizi pubblicitari in cambio di altri servizi pubblicitari dal suo cliente (cliente). Tale pubblicità può essere diffusa in internet o tramite cartelloni pubblicitari, annunci su televisione o radio, pubblicazioni su periodici o quotidiani, o tramite altro mezzo.

2.

In alcuni casi, non vi è scambio di denaro o di altro corrispettivo tra le entità. In alcune altre circostanze, possono essere scambiati importi uguali o approssimativamente uguali di denaro o altro corrispettivo.

3.

Un venditore che fornisce servizi pubblicitari nel corso dello svolgimento della propria attività ordinaria rileva i ricavi in base a quanto disposto dallo IAS 18 da una operazione di baratto che comprende una pubblicità quando, tra le altre condizioni, i servizi scambiati sono dissimili (IAS 18.12) e l’importo del ricavo può essere valutato attendibilmente [IAS 18.20, lettera a)]. La presente Interpretazione si applica solamente ad uno scambio di servizi dissimili. Uno scambio di servizi pubblicitari simili non è una operazione che genera ricavi in base a quanto disposto dallo IAS 18.

4.

Il problema consiste nel determinare sotto quali circostanze un venditore può attendibilmente valutare il ricavo al fair value (valore equo) dei servizi pubblicitari ricevuti o forniti in una operazione di baratto.

INTERPRETAZIONE

5.

Il ricavo derivante da una operazione di baratto comprendente pubblicità non può essere valutato attendibilmente al fair value (valore equo) dei servizi pubblicitari ricevuti. Per altro, un venditore può attendibilmente valutare il ricavo al fair value (valore equo) dei servizi pubblicitari che fornisce in una operazione di baratto, facendo riferimento solo a operazioni non di baratto che:

a)

comprendono pubblicità simile alla pubblicità contenuta nella operazione di baratto;

b)

si verificano frequentemente;

c)

rappresentano un numero di operazioni e un importo prevalente se comparato con tutte le operazioni che concernono l’erogazione di servizi pubblicità simili alla pubblicità prevista nella operazione di baratto;

d)

sono sotto forma di denaro e/o altre forme di corrispettivo (per esempio, titoli negoziabili, attività non monetarie, e altri tipi di servizi) che hanno un fair value (valore equo) attendibilmente valutabile; e

e)

non hanno la medesima controparte presente nella operazione di baratto.

DATA DI APPROVAZIONE

Maggio 2001

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 31 dicembre 2001. I cambiamenti di principi contabili devono essere contabilizzati secondo quanto previsto dallo IAS 8.

INTERPRETAZIONE SIC 32

Attività immateriali — Costi connessi a siti web

RIFERIMENTI

IAS 1 Presentazione del bilancio (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 2 Rimanenze (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 11 Lavori su ordinazione

IAS 16 Immobili, impianti e macchinari (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 17 Leasing (rivisto nella sostanza nel 2003)

IAS 36 Riduzione di valore delle attività (rivisto nella sostanza nel 2004)

IAS 38 Attività immateriali (rivisto nella sostanza nel 2004)

IFRS 3 Aggregazioni aziendali

PROBLEMA

1.

Le entità potrebbero sostenere costi interni per lo sviluppo e il funzionamento del proprio sito web per l’utilizzo sia interno che esterno. Un sito web progettato per uso esterno potrebbe essere utilizzato per vari fini quali la promozione e la pubblicità dei prodotti e dei servizi dell’entità, la fornitura di servizi elettronici e la vendita di prodotti e servizi. Un sito web progettato per l’utilizzo interno potrebbe essere utilizzato per archiviarvi le politiche societarie e le generalità dei clienti nonché per cercare importanti informazioni.

2.

Le fasi dello sviluppo di un sito web possono essere descritte come segue:

a)

pianificazione — include l’effettuazione di studi di fattibilità; la definizione delle finalità e delle specifiche, la valutazione di più alternative proposte e la scelta delle soluzioni ritenute migliori;

b)

sviluppo delle applicazioni e delle infrastrutture — comprende l’ottenimento di un dominio, l’acquisto di hardware e l’acquisto e lo sviluppo del software operativo, l’installazione delle applicazioni sviluppate e prove sotto stress;

c)

sviluppo del design grafico — comprende la definizione dell’aspetto grafico delle pagine web;

d)

sviluppo dei contenuti — comprende la creazione, l’acquisto, la preparazione e il caricamento delle informazioni, in forma testuale o grafica, sul sito web prima del completamento dello sviluppo del sito web medesimo. L’informazione può essere memorizzata in distinti database che siano integrati nel (o accessibili dal) sito web o codificati direttamente nelle pagine web.

3.

Una volta che lo sviluppo di un sito web è stato completato, inizia la fase operativa. Durante questa fase, un’entità mantiene e migliora le applicazioni, l’infrastruttura, il design grafico e il contenuto del sito web.

4.

Nella contabilizzazione dei costi interni sostenuti per lo sviluppo e l’esecuzione del sito web dell’entità per un utilizzo interno o esterno, i problemi consistono nel determinare:

a)

se il sito web è un’attività immateriale generata internamente che è soggetta alle disposizioni dello IAS 38; e

b)

il corretto trattamento contabile per tali spese.

5.

La presente Interpretazione non si applica alla spesa sostenuta per l’acquisto, lo sviluppo e il funzionamento dell’hardware di un sito web (per esempio, server web, server di staging, server di produzione e connessioni ad Internet). Tale spesa è contabilizzata secondo lo IAS 16. In aggiunta, quando un’entità sostiene delle spese per la fornitura di servizi di hosting relativi al suo sito web, tali spese devono essere rilevate come un costo in base a quanto previsto dallo IAS 1, paragrafo 78 e dal Quadro sistematico quando i servizi sono ricevuti.

6.

Lo IAS 38 non si applica ad attività immateriali possedute da un’entità per la vendita nel normale svolgimento dell’attività imprenditoriale (cfr. IAS 2 e IAS 11) o leasing che rientrano nell’ambito dello IAS 17. Conseguentemente, la presente Interpretazione non si applica alla spesa relativa allo sviluppo o al funzionamento di un sito web (o software di sito web) per la vendita a un’altra entità. Quando un sito web è locato tramite un contratto di leasing operativo, il locatore deve applicare la presente Interpretazione. Quando un sito web è locato tramite un contratto di leasing finanziario, il locatario deve applicare la presente Interpretazione dopo l’iniziale rilevazione del bene locato.

INTERPRETAZIONE

7.

Il sito web di un’entità originato dallo sviluppo e destinato all’utilizzo interno o esterno costituisce un’attività immateriale generata internamente soggetta alle disposizioni di cui allo IAS 38.

8.

Un sito web sviluppato internamente deve essere rilevato come un’attività immateriale se, e solo se, oltre a conformarsi alle generiche disposizioni descritte nello IAS 38, paragrafo 21 per la rilevazione e la misurazione iniziale, un’entità può soddisfare le disposizioni contenute nello IAS 38, paragrafo 57. In particolare, un’entità può essere in grado di soddisfare la disposizione che prevede la dimostrazione di come il proprio sito web genererà probabili benefici economici futuri in conformità a quanto previsto dallo IAS 38, paragrafo 57, lettera d), quando, per esempio, il sito web riesce a generare ricavi, inclusi i ricavi diretti derivanti dal permettere il collocamento di ordinativi. Un’entità non è in grado di dimostrare come un sito web sviluppato esclusivamente o prevalentemente per promuovere o pubblicizzare i propri prodotti e servizi genererà in futuro probabili benefici economici, e pertanto tutte le spese sostenute per lo sviluppo di tale sito web devono essere da essa rilevate come costo quando sostenute.

9.

Qualsiasi spesa interna legata allo sviluppo e al funzionamento del sito web di un’entità deve essere contabilizzata in conformità con lo IAS 38. La natura di ciascuna attività per la quale la spesa è sostenuta (per esempio la formazione dei dipendenti e la manutenzione del sito web) e la fase di sviluppo o successiva allo sviluppo del sito web devono essere valutate per determinare il trattamento contabile più appropriato (una ulteriore guida è fornita nell’Appendice alla presente Interpretazione). Per esempio:

a)

la fase di pianificazione è simile per natura alla fase di ricerca prevista dallo IAS 38, paragrafi da 54 a 56. Le spese sostenute in questa fase devono essere rilevate come costo quando sostenute.

b)

la fase di sviluppo delle applicazioni e delle infrastrutture, la fase di definizione grafica e la fase di sviluppo dei contenuti, nella misura in cui i contenuti sono sviluppati per finalità diverse da quelle di pubblicizzare e promuovere i prodotti e i servizi propri dell’entità, sono simili per natura alla fase di sviluppo di cui allo IAS 38, paragrafi da 57 a 64. Le spese sostenute in queste fasi devono essere incluse nel costo di un sito web rilevato come attività immateriale, in conformità a quanto previsto dal paragrafo 8 della presente Interpretazione, quando la spesa può essere direttamente attribuita ed è necessaria alla creazione, alla produzione o alla preparazione del sito web per l’uso e il funzionamento inteso dalla direzione aziendale. Per esempio, le spese sostenute per acquistare o creare il contenuto specificatamente per un sito web (fatta eccezione per il contenuto che pubblicizza e promuove i prodotti e i servizi dell’entità) o le spese che rendono possibile l’utilizzo del contenuto sul sito web (per esempio il corrispettivo necessario per acquisire una licenza di riproduzione) devono essere incluse nel costo di sviluppo quando queste condizioni sono soddisfatte. Peraltro, in conformità dello IAS 38, paragrafo 71, le spese per un elemento immateriale addebitate in passato al conto economico di un precedente bilancio non devono essere rilevate come parte del costo di un’attività immateriale in una data successiva (per esempio se i costi di un diritto d’autore sono stati pienamente ammortizzati, e il contenuto è successivamente fornito in un sito web).

c)

le spese sostenute nella fase di sviluppo del contenuto, nella misura in cui il contenuto è sviluppato per pubblicizzare e promuovere i prodotti e i servizi dell’entità (per esempio fotografie digitali dei prodotti), devono essere rilevate come un costo quando sostenute in conformità allo IAS 38, paragrafo 69, lettera c). Per esempio, nella contabilizzazione delle spese per servizi professionali per poter avere fotografie digitali dei prodotti di un’entità e per migliorare la loro esposizione, le spese devono essere rilevate come un costo, considerato che i servizi professionali sono ricevuti nel corso del processo e non quando le fotografie digitali sono inserite nel sito web.

d)

la fase operativa inizia una volta che lo sviluppo del sito web è completato. Le spese sostenute in tale fase devono essere rilevate come un costo quando sono sostenute, salvo che queste soddisfino le condizioni per la rilevazione di cui allo IAS 38, paragrafo 18.

10.

Un sito web rilevato come attività immateriale in conformità al paragrafo 8 della presente Interpretazione deve essere valutato dopo la rilevazione iniziale applicando le disposizioni di cui allo IAS 38, paragrafi da 72 a 87. La migliore stima della vita utile di un sito web deve essere breve.

DATA DI APPROVAZIONE

Maggio 2001

DATA DI ENTRATA IN VIGORE

La presente Interpretazione entra in vigore a partire dal 25 marzo 2002. Gli effetti derivanti dall’adozione della presente Interpretazione devono essere contabilizzati usando le disposizioni transitorie di cui alla versione dello IAS 38 emessa nel 1998. Pertanto, quando un sito web non soddisfa i criteri previsti per essere rilevato come un’attività immateriale, anche se questo era precedentemente rilevato come un’attività, la pertinente posta deve essere eliminata dal bilancio alla data di entrata in vigore della presente Interpretazione. Quando un sito web esiste e la spesa sostenuta per svilupparlo soddisfa i criteri previsti perché il sito sia rilevato come attività immateriale, anche se non era precedentemente rilevato come attività, non deve essere rilevata alcuna attività immateriale alla data di entrata in vigore della presente Interpretazione. Quando un sito web è già esistente e la spesa sostenuta per svilupparlo soddisfa le condizioni previste perché questo sia rilevato come un’attività immateriale, e questo era precedentemente rilevato come un’attività e inizialmente valutato al costo, l’importo inizialmente rilevato si ritiene essere stato correttamente determinato.