16.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 224/24


Ricorso presentato il 14 luglio 2006 — Commissione delle Comunità europee/Repubblica federale di Germania

(Causa C-307/06)

(2006/C 224/45)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Commissione delle Comunità europee (rappresentanti: V. Kreuschitz e I. Kaufmann-Bühler, agenti)

Convenuta: Repubblica federale di Germania

Conclusioni della ricorrente

dichiarare che la Repubblica federale di Germania accordando, in applicazione della normativa nazionale consistente nella legge federale sull'assegno parentale, l'assegno parentale ai lavoratori dipendenti residenti in un altro Stato membro, esclusivamente se l'attività lavorativa svolta da questi ultimi supera la soglia di un'attività minore, con la conseguenza che tale presupposto riguarda solo i lavoratori frontalieri, ha violato l'art. 39 CE e l'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 (1);

condannare Repubblica federale di Germania alle spese.

Motivi e principali argomenti

Ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68, il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, sul territorio degli altri Stati membri, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

Ai sensi dell'art. 1, n. 7, della legge federale sull'assegno parentale, quest'ultimo viene concesso in Germania ai lavoratori dipendenti residenti in un altro Stato membro esclusivamente se l'attività lavorativa svolta da questi ultimi supera la soglia di un'attività minore. Tale presupposto riguarda solo i lavoratori frontalieri, i lavoratori residenti in Germania non sono assoggettati a tale norma: essi hanno diritto all'assegno parentale indipendentemente dal numero di ore di lavoro settimanale o dall'importo della loro retribuzione. Quindi il legislatore tedesco considera che, per quanto riguarda le persone residenti in Germania, il carattere minore della loro attività non osta a che esse siano qualificate come lavoratori.

Tale requisito è incompatibile con l'art. 39 CE e con l'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1612/68.

Anche se i lavoratori che svolgono un'attività minore non rientrano nel campo di applicazione rationae personae del regolamento (CEE) n. 1408/71, quando nei loro confronti non sono soddisfatte le condizioni previste nell'allegato I, C (oggi D) — per la Germania — non si può peraltro concludere che il regolamento (CEE) n. 1612/68 non sia applicabile. Nella sua giurisprudenza la Corte di giustizia ha sottolineato che l'esclusione di prestazioni dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, non ha l'effetto di liberare gli Stati membri dall'obbligo di assicurarsi che nessun altra norma di diritto comunitario, in particolare del regolamento (CEE) n. 1612/68, osta all'imposizione di una condizione di residenza. Con riferimento all'assegno parentale la Corte di giustizia ha espressamente dichiarato che esso costituisce un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68.

Una persona che esercita un'occupazione minore può rientrare nella nozione di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE. Secondo giurisprudenza costante della Corte di giustizia, la nozione di lavoratore di cui all'art. 39 CE e al regolamento (CEE) n. 1612/68 ha uno specifico significato di diritto comunitario e non deve essere interpretata restrittivamente. La caratteristica obiettiva di un rapporto di lavoro è che una persona, per un periodo determinato, effettua a favore di un'altra persona e sotto la sua direzione prestazioni in cambio delle quali riceve una retribuzione. La Corte di giustizia è giunta alla conclusione che il lavoro a tempo parziale non è escluso dal campo di applicazione delle norme relative alla libera circolazione dei lavoratori.

Una norma di diritto nazionale che non sia obiettivamente giustificata e proporzionata all'obiettivo che persegue, costituisce una discriminazione indiretta, quando essa per sua natura ha effetti diversi sui lavoratori migranti rispetto a quelli che ha sui lavoratori nazionali e di conseguenza può sfavorire particolarmente i primi. A giudizio della Commissione, una prescrizione che ha l'effetto di far dipendere la corresponsione dell'assegno parentale di cui alla legge tedesca a dei lavoratori migranti che esercitano un'occupazione minore alla condizione che essi risiedano in Germania, non è obiettivamente giustificata né proporzionata, e quindi è contraria all'art. 39 CE e all'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.


(1)  GU L 257, pag. 2.