INTERROGAZIONE SCRITTA P-1324/02 di Helle Thorning-Schmidt (PSE) alla Commissione. Regole dell'Unione calcistica danese (DBU) relative ai cittadini non appartenenti all'UE.
Gazzetta ufficiale n. 229 E del 26/09/2002 pag. 0204 - 0205
INTERROGAZIONE SCRITTA P-1324/02 di Helle Thorning-Schmidt (PSE) alla Commissione (2 maggio 2002) Oggetto: Regole dell'Unione calcistica danese (DBU) relative ai cittadini non appartenenti all'UE In occasione della partita fra le quadre AB e Vejle giocatasi il 14 aprile 2002, la AB, in vantaggio con 4 a 0, ha messo in campo un giocatore polacco, pur avendo in quel momento già tre calciatori extracomunitari in campo. Le norme della DBU prevedono un massimo di tre giocatori non cittadini dell'UE in campo, ragione per cui questo cambio era contrario alla normativa summenzionata. Di conseguenza la AB ha perso la partita con 0 a 3 in seguito ad una sanzione amministrativa. Ma di fatto l'UE ha concluso un accordo di associazione con la Polonia, grazie al quale i cittadini polacchi, legalmente residenti in un paese dell'UE, godono dello stesso status dei lavoratori dell'UE. È in grado la Commissione di confermare che secondo l'Accordo di associazione un calciatore polacco può essere considerato alla stessa stregua di un lavoratore UE del settore calcistico? In caso di discordanza fra le regole UE e le regole della DBU in merito alle nazionalità da non cosiderare appartenenti all'UE, quale normativa è prevalente secondo la Commissione? Risposta data dalla sig.ra Diamantopoulou a nome della Commissione (3 giugno 2002) Per quanto riguarda le regole in merito alla nazionalità nei regolamenti delle associazioni sportive, la Commissione fa riferimento alle sentenza della Corte di giustizia europea nella causa Bosman(1). In questa sentenza la Corte ritiene che l'articolo 39 (ex articolo 48) del Trattato CE vieta l'adozione di qualsiasi norma da parte delle associazioni sportive che limiti l'utilizzo di giocatori professionisti cittadini di altri Stati membri. L'articolo 37, paragrafo 1 dell'Accordo europeo di associazione tra la Comunità europea e la Polonia dispone che i lavoratori di nazionalità polacca legalmente occupati sul territorio di uno Stato membro non debbano fare oggetto di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità, per quanto concerne le condizioni di lavoro, di remunerazione o di licenziamento, rispetto ai lavoratori che hanno la nazionalità del suddetto Stato membro. Se dopo aver ottenuto un permesso di lavoro un giocatore polacco è ingaggiato da un club sportivo, un'associazione sportiva non può limitare il diritto di un giocatore a partecipare alle gare da essa organizzate. Non far partecipare un giocatore polacco ad un incontro costituisce una discriminazione fondata sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro. La giurisprudenza della Corte di giustizia europea(2) riconosce all'articolo 37, paragrafo 1, punto 1, dell'Accordo europeo un effetto diretto che implica che i cittadini polacchi che vi fanno riferimento hanno il diritto di invocarlo di fronte alle giurisdizioni nazionali dello Stato membro che li accoglie. Le disposizioni dell'Accordo europeo prevalgono se la regolamentazione dell'Unione e quella della Federazione danese di calcio (DBU) sono in conflitto. (1) Causa C-415/93, Bosman, Racc. 1995, pag. I-4921, punti 115-137. (2) Causa C-162/00, Corte di giustizia delle Comunità europee, 29 gennaio 2002.