SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
« Marchio dell’Unione europea – Procedimento di decadenza – Marchio dell’Unione europea figurativo raffigurante cinque bande parallele colorate – Uso effettivo del marchio – Natura dell’uso – Uso per i prodotti per i quali il marchio è registrato – Articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2017/1001 »
Nella causa T‑372/24,
K-Way SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da D. Sindico ed E. Ravezzani, avvocati,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:
Adorno Gubbini, residente in Bagnolo Mella (Italia),
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),
composto da M.J. Costeira, presidente, U. Öberg e P. Zilgalvis (relatore), giudici,
cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento,
in seguito all’udienza del 20 marzo 2025,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la K-Way SpA, ricorrente, chiede la riforma, in via principale, e l’annullamento, in via subordinata, della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 21 maggio 2024 (procedimento R 1748/2023‑2) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
Fatti
2 Il 15 ottobre 2019 il sig. Adorno Gubbini ha presentato all’EUIPO una domanda di decadenza del marchio dell’Unione europea che era stato registrato il 30 giugno 2006, con il numero 3971561, in esito a una domanda depositata dalla ricorrente il 3 agosto 2004 per il seguente segno figurativo:
3 Il marchio contestato è descritto come segue:
«Striscia rettangolare costituita da bande verticali parallele di diverse dimensioni, definite nei colori blu navy, arancio, giallo, arancio e blu navy, poste in detta sequenza. Tale striscia è applicata sui prodotti, generalmente in prossimità di cuciture, cerniere, spallette, polsini, giunture, finiture o bordi».
4 I prodotti contrassegnati dal marchio contestato rientrano segnatamente nelle classi 18 e 25 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per alcuni di essi in ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:
– Classe 18: «Valigie, cartelle, buste [articoli di pelle], borsette, portafogli, borsellini, zaini, cartelle scolastiche, borse della spesa, bauletti destinati a contenere articoli per la toilette detti “vanity-cases”»;
– Classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria».
5 La domanda di decadenza del marchio contestato per tutti i prodotti contrassegnati da tale marchio, tra cui quelli menzionati al precedente punto 4, si fondava sull’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).
6 Il 25 febbraio e il 3 novembre 2020 e il 31 maggio 2021 la ricorrente ha prodotto vari documenti allo scopo di dimostrare l’uso effettivo del marchio contestato, consistenti in particolare in fatture, rassegne stampa, cataloghi, dichiarazioni, diversi documenti interni e decisioni di giudici nazionali.
7 Con decisione dell’11 luglio 2023, la divisione di annullamento ha parzialmente accolto la domanda di decadenza del marchio contestato e ha dichiarato la decadenza di tale marchio per tutti i prodotti da esso contrassegnati, compresi quelli menzionati al precedente punto 4, ad esclusione dell’abbigliamento esterno e delle scarpe rientranti nella classe 25.
8 Il 17 agosto 2023 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione della divisione di annullamento.
9 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha parzialmente accolto il ricorso e ha annullato la decisione della divisione di annullamento nella parte relativa alle valigie, ai portafogli e agli zaini rientranti nella classe 18, nonché agli articoli di abbigliamento (ad esclusione dell’abbigliamento esterno) e alla cappelleria rientranti nella classe 25, per i quali essa ha ritenuto che fosse stato parimenti dimostrato l’uso effettivo del marchio contestato.
10 In particolare, per quanto riguarda la natura dell’uso del marchio contestato, la commissione di ricorso ha ritenuto che, oltre all’uso di quest’ultimo nella forma in cui era stato registrato, i documenti menzionati al precedente punto 6 contenessero forme d’uso di tale marchio che non ne alteravano la distintività, come la sequenza di colori blu navy, giallo, arancio, giallo, blu navy, ripetuta da entrambe le parti di una cerniera bianca posta al centro, o ancora il ripetersi del segno figurativo riprodotto al precedente punto 2.
11 Per quanto riguarda i prodotti interessati, anzitutto, la commissione di ricorso ha rilevato, in particolare, che gli elementi di prova addotti permettevano di concludere che un’etichetta recante il marchio contestato era regolarmente applicata sugli articoli di abbigliamento, ma non sui prodotti rientranti nella classe 18. Riguardo ai prodotti rientranti in quest’ultima classe, poi, essa ha reputato che l’uso effettivo di detto marchio fosse stato dimostrato unicamente per le valigie, gli zaini e i portafogli. Infine, relativamente ai prodotti rientranti nella classe 25, la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove presentate dimostrassero un uso effettivo del marchio contestato per la cappelleria e per diversi articoli di abbigliamento, oltre agli articoli di abbigliamento esterno in rapporto ai quali, secondo la divisione di annullamento, era stato dimostrato l’uso effettivo. A tal riguardo, essa ha affermato in particolare, contrariamente alla divisione di annullamento, di ritenere che gli articoli di abbigliamento esterno non costituissero una sottocategoria autonoma di abbigliamento.
Conclusioni delle parti
12 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– riformare la decisione impugnata nel senso che l’uso effettivo del marchio contestato è stato provato per le «buste [articoli di pelle]; cartelle borsette; borsellini; borse della spesa; e bauletti destinati a contenere articoli per la toilette, detti “vanity cases”»;
– in via subordinata, annullare la decisione impugnata e disporre il rinvio del procedimento alla commissione di ricorso;
– determinare l’ammontare delle spese di giustizia da porsi a carico dell’EUIPO.
13 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese sostenute in caso di convocazione di un’udienza.
In diritto
Sulla competenza del Tribunale a conoscere della seconda parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente
14 L’EUIPO sostiene che la seconda parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente, con cui quest’ultima chiede di rinviare il procedimento alla commissione di ricorso, dev’essere respinta per mancanza di competenza, in quanto non spetta al Tribunale rivolgere ingiunzioni all’EUIPO. Esso fa altresì presente di dover trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze del giudice dell’Unione europea.
15 Interrogata su tale questione in udienza, la ricorrente ha affermato che si rimetteva al prudente apprezzamento del Tribunale quanto al seguito da dare a tale capo delle conclusioni, sollevato in subordine.
16 Con la seconda parte del secondo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di disporre il rinvio del procedimento alla commissione di ricorso. A tal riguardo, si deve ricordare che, nell’ambito del sindacato di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a rivolgere ingiunzioni alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione (v. ordinanza del 26 ottobre 1995, Pevasa e Inpesca/Commissione, C‑199/94 P e C‑200/94 P, EU:C:1995:360, punto 24 e giurisprudenza citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 settembre 2018, Svezia/Commissione, T‑260/16, EU:T:2018:597, punto 104 e giurisprudenza citata).
17 Infatti, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione contro la decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, quest’ultimo, conformemente all’articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, è tenuto a prendere i provvedimenti diretti all’esecuzione della sentenza del giudice dell’Unione. Di conseguenza, non spetta al Tribunale rivolgere ingiunzioni all’EUIPO, incombe a quest’ultimo trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze del giudice dell’Unione. [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 20 e giurisprudenza citata, e ordinanza del 25 giugno 2019, Eaglestone/EUIPO – Eaglestone (EAGLESTONE), T‑82/19, non pubblicata, EU:T:2019:484, punto 18 e giurisprudenza citata).
18 Ne consegue che occorre respingere il secondo capo delle conclusioni per incompetenza.
Sulla domanda di annullamento
19 A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001.
20 A sostegno di tale motivo unico, la ricorrente deduce tre parti, vertenti, la prima, sulla valutazione delle prove dell’uso relative ai negozi monomarca, la seconda, sull’apposizione di talloncini recanti il marchio contestato sui prodotti di cui trattasi e, la terza, sull’esistenza di contraddizioni nei criteri di valutazione delle prove dell’uso e sull’uso effettivo del marchio contestato per detti prodotti.
Osservazioni preliminari
21 Ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a) del regolamento 2017/1001, il titolare di un marchio dell’Unione europea è dichiarato decaduto dai suoi diritti, su domanda presentata all’Ufficio, se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.
22 Un marchio forma oggetto di un uso effettivo allorché assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti da detto marchio (v., per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43). Inoltre, il presupposto dell’uso effettivo del marchio richiede che quest’ultimo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno [sentenza dell’8 luglio 2004, Sunrider/UAMI – Espadafor Caba (VITAFRUIT), T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 39; v. anche, in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 37].
23 Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possano provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio [sentenza dell’8 luglio 2004, Sunrider/UAMI – Espadafor Caba (VITAFRUIT), T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 40; v. altresì, per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43].
24 Inoltre, l’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio sul mercato interessato [sentenze del 12 dicembre 2002, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI – Harrison (HIWATT), T‑39/01, EU:T:2002:316, punto 47, e del 6 ottobre 2004, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Krafft (VITAKRAFT), T‑356/02, EU:T:2004:292, punto 28].
25 A tal riguardo, in forza dell’articolo 10, paragrafi 3 e 4, del regolamento delegato (UE) 2018/625 della Commissione, del 5 marzo 2018, che integra il regolamento (UE) 2017/1001 e abroga il regolamento delegato (UE) 2017/1430 (GU 2018, L 104, pag. 1), applicabile ai procedimenti di decadenza ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del medesimo regolamento delegato, la prova dell’uso di un marchio deve riguardare il luogo, il tempo, l’estensione e la natura dell’uso del marchio e si limita, in linea di principio, alla presentazione di documenti e di altri elementi giustificativi quali imballaggi, etichette, listini di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, pubblicità a mezzo stampa e dichiarazioni scritte di cui all’articolo 97, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2017/1001.
26 Nel caso di specie, occorre rilevare che il marchio contestato è stato registrato il 30 giugno 2006 e che la domanda di decadenza è stata presentata il 15 ottobre 2019. Di conseguenza, il periodo rilevante nel corso del quale la ricorrente doveva dimostrare l’uso effettivo di detto marchio si estende dal 15 ottobre 2014 al 14 ottobre 2019 compreso, come giustamente considerato dalla commissione di ricorso.
27 Per quanto riguarda il luogo e il tempo dell’uso del marchio contestato, la commissione di ricorso si è limitata a confermare la decisione della divisione di annullamento secondo la quale gli elementi di prova prodotti dimostravano l’uso di detto marchio nell’Unione nel corso del periodo di riferimento, ossia dal 15 ottobre 2014 al 14 ottobre 2019. Quanto alla natura dell’uso, la commissione di ricorso ha individuato tre forme d’uso che non alteravano la distintività del marchio contestato, vale a dire l’utilizzo del marchio con altri marchi, la ripetizione del segno figurativo controverso su entrambi i lati di una cerniera e la ripetizione di questo stesso segno figurativo.
28 Per quanto riguarda la valutazione della prova dell’uso del marchio contestato per i prodotti per i quali esso è stato registrato, la commissione di ricorso ha escluso, in primo luogo, le immagini in cui detto marchio non era chiaramente visibile e, in secondo luogo, le prove in cui esso non era usato nella forma in cui era stato registrato o in forme che non alteravano la sua distintività menzionate al precedente punto 27. Inoltre, alla luce di tutti gli elementi di prova, l’uso è stato considerato sufficientemente esteso per tutti i prodotti menzionati almeno una volta nelle fatture depositate.
Sulla prima parte, vertente sulle valutazioni delle prove dell’uso relative ai negozi monomarca
29 La ricorrente contesta le conclusioni della commissione di ricorso, di cui al punto 57 della decisione impugnata, secondo le quali, sebbene le prove relative alle insegne e all’allestimento dei suoi negozi dimostrino l’uso non meramente simbolico del marchio contestato, esse non dimostrano automaticamente che ogni singolo prodotto venduto in tali negozi contenesse tale marchio. Tali conclusioni sarebbero contrarie alla normativa dell’Unione e alla giurisprudenza derivante dalla sentenza dell’11 settembre 2007, Céline (C‑17/06, EU:C:2007:497), secondo la quale non vi sarebbe alcun obbligo di apporre il marchio controverso sui prodotti stessi per provare il suo uso effettivo. L’uso di un’insegna potrebbe essere considerato come uso in relazione a prodotti quando il terzo impiega detto segno in modo da creare un nesso tra il segno che rappresenta la denominazione sociale o l’insegna del terzo e i prodotti commercializzati da detto terzo.
30 La ricorrente ritiene che il collegamento tra i negozi monomarca, sulla cui insegna è presente il marchio contestato, e i prodotti in essi commercializzati sia stato provato. Tutti i negozi presenterebbero lo stesso allestimento, con il marchio contestato «ben in vista» e sarebbero studiati in modo da creare un diretto collegamento fra tale marchio e i prodotti commercializzati all’interno di tali negozi. Secondo la ricorrente, alla luce dell’insieme degli elementi di prova addotti, la commissione di ricorso avrebbe dovuto riconoscere il collegamento automatico tra insegna e prodotti commercializzati all’interno dei negozi e concludere nel senso dell’esistenza di un uso del marchio contestato per ogni singolo prodotto di tale negozio, a prescindere dalla visibilità del segno sui prodotti medesimi.
31 Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso non ha preso in considerazione, erroneamente, le fotografie in cui comparivano borsette, cartelle e borse per la spesa come prove dell’uso del marchio contestato per tali prodotti, poiché ha omesso di appurare un collegamento tra insegna e prodotti venduti all’interno dei negozi.
32 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
33 Nel caso di specie, al punto 57 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che tutti i negozi presentavano lo stesso allestimento, con il marchio contestato «ben in vista». Essa ha considerato che l’uso del marchio contestato sulle insegne dei negozi monomarca servisse a corroborare le prove dell’uso del segno di cui trattasi sui prodotti interessati e dimostrasse l’uso non meramente simbolico di tale segno. Tuttavia, a suo avviso, l’uso del marchio contestato sulle insegne dei negozi monomarca non significava automaticamente che ogni singolo prodotto venduto in tali negozi contenesse detto marchio.
34 A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza cui fa riferimento la ricorrente, l’uso della denominazione sociale, del nome commerciale o di un’insegna può essere considerato come un uso effettivo del marchio registrato quando il segno è apposto sui prodotti commercializzati o quando, anche in assenza di apposizione, tale segno è impiegato in modo da creare un nesso tra il segno che rappresenta la denominazione sociale, il nome commerciale o l’insegna e i prodotti commercializzati o i servizi forniti [sentenza del 26 aprile 2023, Rochem Group/EUIPO – Rochem Marine (R.T.S. ROCHEM Technical Services), T‑546/21, non pubblicata, EU:T:2023:221, punto 61; v. anche, in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2007, Céline, C‑17/06, EU:C:2007:497, punti 22 e 23].
35 Si deve altresì rilevare che, al punto 76 della sentenza dell’8 luglio 2020, Euroapotheca/EUIPO – General Nutrition Investment (GNC LIVE WELL) (T‑686/19, non pubblicata, EU:T:2020:320), è stato dichiarato che era dimostrato un nesso tra un segno rappresentato su un’insegna e prodotti commercializzati con tale insegna, dato che le fotografie di insegne all’interno dei punti vendita servivano a designare le vendite di tali prodotti. In tale sentenza, il Tribunale ha tenuto conto, in particolare, del fatto che il titolare del marchio in questione vendesse i propri prodotti e li pubblicizzasse al fine di creare e mantenere una quota di mercato per i prodotti controversi.
36 Tuttavia, è palese che, nel caso di specie, la commissione di ricorso non ha disatteso la giurisprudenza citata al precedente punto 34, alla quale fa riferimento la ricorrente. Infatti, come risulta dal punto 57 della decisione impugnata, essa ha ritenuto che l’uso del marchio contestato nell’insegna dei negozi monomarca della ricorrente fosse pertinente in quanto serviva a corroborare l’uso di detto marchio.
37 A tal riguardo, si deve altresì rilevare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’8 luglio 2020, GNC LIVE WELL (T‑686/19, non pubblicata, EU:T:2020:320), le fotografie dell’insegna dei negozi che riproducevano il marchio interessato erano solo uno tra più elementi che consentivano di concludere nel senso dell’uso effettivo di detto marchio. Invece, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente nel caso di specie, non se ne può dedurre che il fatto che alcuni prodotti siano venduti in negozi recanti un’insegna corrispondente a un marchio dell’Unione europea basti a dimostrare, in ogni caso, l’uso effettivo di tale marchio per tutti detti prodotti.
38 Peraltro, come risulta dal fascicolo (punti 45 e 46 della decisione impugnata) e come sostiene l’EUIPO, la ricorrente utilizza più marchi per i prodotti che commercializza. Ebbene, questa circostanza può essere tale da impedire che il consumatore percepisca un nesso tra l’uso del marchio rappresentato sull’insegna dei negozi e i prodotti, commercializzati in tali negozi, sui quali il marchio in questione non è stato apposto [v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2020, Decathlon/EUIPO – Athlon Custom Sportswear (athlon custom sportswear), T‑349/19, non pubblicata, EU:T:2020:488, punto 73].
39 Tale valutazione non può essere messa in discussione dal fatto, dedotto dalla ricorrente in udienza come risposta a una domanda del Tribunale, che essa utilizzi taluni dei suoi marchi unicamente per prodotti specifici e altri, come il marchio contestato, genericamente, sulle confezioni e nella pubblicità, per identificare la sua attività nel complesso.
40 In proposito, si deve ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 24, l’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio nel mercato interessato.
41 Ne consegue che la commissione di ricorso non è incorsa né in errori di diritto né in errori di valutazione nell’esame degli elementi di prova relativi ai negozi monomarca della ricorrente, per cui la presente parte del motivo unico deve essere respinta.
Sulla seconda parte, relativa all’apposizione di talloncini recanti il marchio contestato sui prodotti di cui trattasi
42 Con la seconda parte del motivo unico, la ricorrente sostiene che tra le prove presentate figurano immagini di prodotti rientranti nella classe 18 che recano talloncini. Essa ritiene che la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale le prove prodotte erano sufficienti a dimostrare che i talloncini erano stati applicati sui prodotti rientranti nella classe 25 dovesse trovare pari applicazione relativamente ai prodotti della classe 18. Di conseguenza, la ricorrente chiede che il Tribunale rivaluti tutte le prove dell’uso per i prodotti di cui trattasi tenendo conto di tale circostanza.
43 L’EUIPO contesta le affermazioni della ricorrente.
44 Nel caso di specie, al punto 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che le prove fornite inducessero a concludere che talloncini recanti il marchio contestato fossero regolarmente applicati dalla ricorrente agli articoli di abbigliamento. Essa ha aggiunto che l’apposizione di talloncini sugli articoli di abbigliamento rientrava in una pratica usuale nel settore dell’abbigliamento. Per quanto riguarda i prodotti rientranti nella classe 18, essa ha tuttavia osservato, al punto 61 di detta decisione, che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova che detti talloncini fossero presenti anche su tali prodotti. Pertanto, ha affermato che avrebbe considerato che il marchio contestato fosse usato in relazione a tali prodotti solamente qualora quest’ultimo fosse risultato chiaramente visibile sugli stessi.
45 Occorre rilevare che la valutazione della commissione di ricorso, di cui al punto 61 della decisione impugnata, secondo cui la ricorrente non ha apportato alcuna prova che i talloncini fossero applicati anche a prodotti della classe 18 deve essere letta alla luce delle considerazioni relative agli articoli di abbigliamento rientranti nella classe 25 di cui al punto 60 della decisione impugnata, dal quale risulta che il talloncino era regolarmente applicato sugli articoli di abbigliamento.
46 Al fine di contestare la valutazione della commissione di ricorso secondo cui non è stato dimostrato che talloncini recanti il marchio controverso fossero applicati ai prodotti di cui trattasi, la ricorrente fa riferimento agli allegati A.4, A.8 e A.9 del ricorso e riproduce, nel testo del ricorso, due immagini estratte dagli allegati A.8 e A.9.
47 A tal riguardo, è innegabile che le immagini di cui all’allegato A.4 del ricorso non contengono alcuna riproduzione dei prodotti di cui trattasi recanti un talloncino con il marchio contestato. Allo stesso modo, si deve rilevare che, mentre nell’immagine di cui all’allegato A.9 del ricorso si può individuare un talloncino recante detto marchio attaccato ad una borsa, così non è per quanto riguarda l’altra immagine, contenuta nell’allegato A.8 del ricorso. Infatti, quest’ultima immagine non consente di identificare il prodotto sul quale è applicato il talloncino con il marchio in questione. Interrogata su tale aspetto in udienza, la ricorrente non è stata in grado di indicare quale fosse il prodotto con il talloncino visibile nell’immagine di cui all’allegato A.8 del ricorso.
48 È evidente che le due immagini che la ricorrente ha riprodotto nel ricorso non consentono di giungere, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi, ad una conclusione equivalente a quella formulata dalla commissione di ricorso in relazione ai prodotti rientranti nella classe 25, secondo la quale su tali prodotti venivano regolarmente applicati talloncini. Pertanto, gli argomenti della ricorrente non sono tali da inficiare tale valutazione della commissione di ricorso.
49 Inoltre, per quanto riguarda la domanda di nuova valutazione di tutte le prove dell’uso per i prodotti di cui trattasi tenendo conto del fatto che su detti prodotti sono stati applicati talloncini, si deve ricordare che non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale [v. sentenza del 9 dicembre 2010, Tresplain Investments/UAMI – Hoo Hing (Golden Elephant Brand), T‑303/08, EU:T:2010:505, punto 38 e giurisprudenza citata).
50 Da ciò consegue che la presente parte dev’essere respinta.
Sulla terza parte, relativa all’esistenza di contraddizioni nei criteri di valutazione delle prove dell’uso e all’uso effettivo del marchio contestato per i prodotti di cui trattasi
51 Con la terza parte del motivo unico, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di aver ritenuto che l’uso effettivo del marchio contestato non fosse stato provato per i prodotti di cui era stata dimostrata la vendita in ingenti quantità, ossia le buste porta iPad, le borse della spesa, le cartelle e le borsette, con la motivazione che le immagini di tali articoli riprodotte nelle fatture non mostravano chiaramente il marchio contestato. Sotto un primo profilo, la ricorrente sostiene che la totalità dei prodotti di cui trattasi era venduta con un talloncino recante il marchio contestato. Sotto un secondo profilo, essa afferma che, al punto 55 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha riconosciuto che le immagini della rassegna stampa contribuivano a dimostrare non solo che i prodotti ivi raffigurati erano effettivamente stati posti in commercio, ma anche che avevano avuto un successo commerciale. I prodotti di cui trattasi figurano non solo nella rassegna stampa, ma anche nei cataloghi e sono stati presentati anche in fiere e negozi. La mera scarsa visibilità del marchio contestato nelle immagini delle fatture non può comportare l’assoluta irrilevanza del restante materiale probatorio. Sotto un terzo profilo, la ricorrente afferma che i prodotti di cui trattasi erano sempre associati al marchio contestato e, in proposito, fa riferimento a immagini contenute nel materiale probatorio prodotto. Ebbene, la commissione di ricorso avrebbe, erroneamente, riconosciuto il carattere probatorio delle sole immagini, di dimensioni assai ridotte, contenute nelle fatture.
52 L’EUIPO contesta le affermazioni della ricorrente.
53 Nel caso di specie, al punto 66 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove dell’uso del marchio contestato presentate dalla ricorrente non fossero sufficienti a dimostrare l’uso effettivo di detto marchio per i prodotti di cui trattasi. In particolare, ha rilevato che, sebbene la ricorrente abbia presentato immagini tratte da cataloghi o dalla rassegna stampa recanti alcuni di tali prodotti, in particolare buste porta iPad, borsette, borse della spesa e «vanity cases», contrassegnate dal marchio contestato, visibile e usato in una forma conforme alla sua registrazione, tali prodotti non erano riscontrabili nelle fatture, date le dimensioni molto ridotte dei codici e delle immagini in esse presenti. Ad esempio, per quanto riguarda le buste porta iPad, ha fatto presente che la loro immagine era talmente piccola da non consentire l’individuazione del marchio contestato. Le borsette e le borse della spesa, che comparivano nelle immagini della rassegna stampa, e le «vanity cases», che comparivano nei cataloghi, non erano invece menzionate nelle fatture.
54 In primo luogo, per quanto riguarda la censura secondo cui la commissione di ricorso avrebbe, erroneamente, riconosciuto valore probatorio solo alle immagini di dimensioni molto ridotte presenti nelle fatture, si deve ricordare che le fatture non possono essere considerate prive di rilevanza per il solo fatto di non contemplare il marchio contestato accanto al nome di ciascuno dei prodotti. Infatti, le fatture sono destinate a riprodurre la lista dei prodotti venduti, sicché, in sostanza, deve figurarvi essenzialmente la denominazione dell’articolo interessato, accompagnata, eventualmente, da un riferimento [v. sentenza del 1º marzo 2023, Worldwide Brands/EUIPO – Wan (CAMEL), T‑552/21, non pubblicata, EU:T:2023:98, punto 78 e giurisprudenza citata]. A fortiori, non si può esigere che immagini dei prodotti contenenti il marchio contestato siano riprodotte sulle fatture.
55 Per contro, affinché simili fatture possano costituire elementi di prova pertinenti dell’uso del marchio contestato per i prodotti per i quali tale marchio è stato registrato, è necessario che esse riguardino effettivamente detti prodotti e che sia accertato che questi ultimi erano rivestiti da detto marchio o, perlomeno, che tale marchio era utilizzato, conformemente alla sua funzione essenziale, pubblicamente e verso l’esterno, per la vendita di detti prodotti ai consumatori (v., in tal senso, sentenza del 1º marzo 2023, Worldwide Brands/EUIPO – Wan (CAMEL), T‑552/21, non pubblicata, EU:T:2023:98, punto 79 e giurisprudenza citata).
56 Ebbene, nel caso di specie, la commissione di ricorso ha rilevato, in sostanza, che le fatture presentate non consentivano di accertare un nesso con le immagini tratte dai cataloghi o dalla rassegna stampa. Essa ha aggiunto che i prodotti per i quali il marchio contestato era stato utilizzato non erano riscontrabili nelle fatture, perlomeno sulla base dei codici e delle immagini ivi presenti. Tale approccio della commissione di ricorso, come sostiene l’EUIPO, è conforme alla giurisprudenza citata al precedente punto 55, cosicché le affermazioni della ricorrente devono essere respinte.
57 È vero che, per quanto riguarda le buste porta iPad, la commissione di ricorso ha precisato che l’immagine in fattura era talmente piccola da non consentire l’individuazione del marchio contestato. Tuttavia, l’eventuale impatto di tale considerazione sulla legittimità della decisione impugnata deve essere esaminato nel contesto dell’uso di detto marchio per tali prodotti (v. successivi punti da 59 a 63).
58 In secondo luogo, occorre valutare se l’uso effettivo del marchio contestato sia stato dimostrato per i prodotti di cui trattasi.
59 Sotto un primo profilo, per quanto riguarda le buste porta iPad, si deve rilevare che tali prodotti non fanno parte dell’elenco dei prodotti per i quali il marchio contestato è stato registrato, motivo per cui la ricorrente non era tenuta a dimostrare nessun uso di tale marchio per tali prodotti.
60 Interrogate su tale questione in udienza, le parti hanno affermato che le buste porta iPad potrebbero essere considerate, in particolare, come rientranti nella categoria delle cartelle.
61 Tuttavia, va notato, da un lato, che nel corso del procedimento amministrativo non è stato accertato e nemmeno evocato alcun nesso tra le buste porta iPad e le cartelle, segnatamente in quanto le buste porta iPad costituirebbero una sottocategoria della categoria delle cartelle. Dall’altro, sia nella memoria contenente i motivi del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso sia nel ricorso, la ricorrente ha operato una distinzione tra questi due prodotti. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la decisione impugnata, nella quale questi due prodotti sono stati trattati separatamente (punto 66 della decisione impugnata).
62 Date tali circostanze, un eventuale uso effettivo del marchio contestato per le buste porta iPad non è da considerarsi idoneo a dimostrare tale uso per le cartelle o gli altri prodotti di cui trattasi.
63 Ne consegue che, anche supponendo, come sostiene la ricorrente, che l’uso effettivo del marchio contestato sia stato dimostrato per le buste porta iPad, una siffatta circostanza non inciderebbe sulla legittimità della decisione impugnata, ragione per cui qualsiasi argomento della ricorrente in tal senso è inconferente.
64 Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda le borsette, è innegabile che gli elementi di prova ai quali fa riferimento la ricorrente, in particolare l’allegato A.12 del ricorso, dimostrano effettivamente l’apposizione del marchio contestato su tali prodotti.
65 Tuttavia, si deve rilevare al riguardo che le immagini in questione non contengono alcun riferimento al nome o al codice d’articolo dei modelli di borsette interessati. Del pari, le fatture presentate dalla ricorrente non consentono di identificare la vendita dei modelli di borsette che compaiono in tali immagini. Infatti, tali fatture, che contengono sia il nome del modello, spesso accompagnato da un’immagine, sia il codice d’articolo, non contengono le immagini dei modelli che possono essere identificati nelle memorie della ricorrente. È vero che, come sostenuto dalla ricorrente in udienza, le fatture presentate attestano la vendita di un certo numero di borsette. Tuttavia, le immagini riprodotte su tali fatture consentono di constatare che si tratta di modelli di borsette diversi da quelli che figurano nell’allegato A.12 del ricorso. Ebbene, la ricorrente non ha dimostrato che il marchio contestato fosse stato utilizzato in collegamento con i modelli che figuravano in tali fatture o per detti modelli. Date tali circostanze, non è possibile accertare un nesso tra le immagini che rappresentano le borsette recanti il marchio contestato e le fatture presentate dalla ricorrente, dato che queste ultime attestano la vendita di altri modelli di tali prodotti. Pertanto, la commissione di ricorso ha potuto, a buon diritto, ritenere che l’uso effettivo del marchio contestato non fosse stato dimostrato per le borsette.
66 Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda le cartelle, la ricorrente ha fatto riferimento in particolare all’allegato A.8 del ricorso. Si tratta di fotografie degli stand della ricorrente in diverse fiere. Tali immagini non consentono tuttavia di identificare i modelli di cartelle recanti il marchio contestato. Esse non contengono informazioni relative al nome del modello o al codice d’articolo. In ogni caso, le fatture alle quali rinvia la ricorrente non consentono neppure di constatare che sono state vendute cartelle recanti il marchio contestato. Pertanto, le considerazioni della commissione di ricorso relative al mancato uso effettivo del marchio contestato per tali prodotti sono esenti da errori di valutazione.
67 Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda le «vanity cases», è vero che gli esempi ai quali rinvia la ricorrente, ossia la documentazione relativa ad operazioni di «co-branding» (unione di marchi) e i cataloghi, dimostrano l’apposizione del marchio contestato su tali prodotti. Tuttavia, come osservato dalla commissione di ricorso al punto 66 della decisione impugnata, tali prodotti non sono riscontrabili nelle fatture presentate dalla ricorrente. Si deve aggiungere che la ricorrente non ha indicato il numero di «vanity cases» vendute, a differenza di altri prodotti rientranti nella classe 18. Pertanto, anche le considerazioni della commissione di ricorso secondo cui l’uso effettivo del marchio contestato non è stato dimostrato per le «vanity cases» sono esenti da errori di valutazione.
68 Sotto un quinto profilo, per quanto riguarda le borse della spesa, si deve rilevare che le fatture alle quali rinvia la ricorrente consentono di identificare la vendita di alcuni modelli di tale prodotto, tra cui quello, ripreso al punto 66 della decisione impugnata, per il quale la commissione di ricorso risulta aver ammesso l’uso del marchio contestato. In particolare, dall’allegato A.15 del ricorso si evince che il nome del modello di borsa della spesa riprodotto dalla commissione di ricorso al punto 66 della decisione impugnata è Le Vrai 3.0 Violette e che tale articolo reca il riferimento K006X30. Ebbene, tali indicazioni possono essere rinvenute nelle fatture prodotte dalla ricorrente, dalle quali risulta che esemplari di tale modello sono stati venduti segnatamente il 30 giugno 2017 nonché il 21 giugno e il 27 dicembre 2018.
69 Poiché è possibile creare un nesso tra il modello di borsa della spesa per il quale il marchio contestato è stato utilizzato e le fatture nelle quali appare lo stesso modello, occorre rilevare che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione per aver ritenuto che detto marchio non fosse stato utilizzato per le borse della spesa. Applicando i criteri ricordati ai precedenti punti da 21 a 28, la commissione di ricorso avrebbe dovuto ritenere che fosse stato dimostrato l’uso effettivo del marchio contestato per tali prodotti.
70 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre accogliere il motivo unico della ricorrente solo nella parte in cui riguarda le borse della spesa e, pertanto, annullare la decisione impugnata nella parte in cui riguarda tali prodotti.
Sulla domanda di riforma
71 Con il primo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di riformare la decisione impugnata nel senso che l’uso effettivo del marchio contestato è stato dimostrato per i prodotti di cui trattasi.
72 A tal riguardo, si deve ricordare che il potere di riforma, riconosciuto al Tribunale in forza dell’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, non ha come effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di procedere a una valutazione alla quale tale commissione non ha ancora proceduto. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la suddetta commissione era tenuta a prendere (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).
73 Nel caso di specie, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha esaminato, nella decisione impugnata, tutti gli elementi di prova presentati dalla ricorrente al fine di corroborare l’uso effettivo del marchio contestato per i prodotti di cui trattasi, cosicché il Tribunale ha la facoltà di riformare detta decisione su tale punto.
74 Ebbene, come risulta dal precedente punto 69, la commissione di ricorso doveva ritenere, in esito ad una valutazione globale degli elementi di prova forniti dalla ricorrente, che questi ultimi fossero sufficienti a dimostrare un uso effettivo del marchio contestato per le borse della spesa.
75 Ciò premesso, occorre procedere alla riforma della decisione impugnata e considerare che il ricorso proposto dalla ricorrente avverso la decisione della divisione di annullamento doveva essere accolto e che quest’ultima decisione doveva essere annullata nella parte in cui riguardava le borse della spesa.
Sulle spese
76 La ricorrente chiede al Tribunale di determinare l’ammontare delle spese di giustizia da porsi a carico dell’EUIPO.
77 A tal riguardo, occorre ricordare, al pari dell’EUIPO, che, nella decisione che conclude il procedimento, il Tribunale determina esclusivamente la ripartizione dell’onere delle spese tra le parti, senza pronunciarsi sul loro importo. In caso di contestazione, l’importo delle spese ripetibili può essere oggetto di un procedimento autonomo, disciplinato dalle disposizioni dell’articolo 170 del regolamento di procedura, distinto dalla decisione sulla ripartizione delle spese. Pertanto, si può procedere alla liquidazione delle spese solo a seguito della sentenza o dell’ordinanza che definisce il giudizio (v. sentenza del 14 settembre 2022, Pollinis France/Commissione, T‑371/20 e T‑554/20, EU:T:2022:556, punto 151 e giurisprudenza citata).
78 Di conseguenza, occorre respingere in quanto irricevibile la domanda di determinare l’ammontare delle spese di giustizia presentata dalla ricorrente.
79 Resta nondimeno il fatto che la ricorrente chiede, in sostanza, la condanna dell’EUIPO alle spese (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2022, Pollinis France/Commissione, T‑371/20 e T‑554/20, EU:T:2022:556, punto 153).
80 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
81 Tuttavia, a norma dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.
82 Nel caso di specie, poiché la ricorrente e l’EUIPO sono rimaste entrambi parzialmente soccombenti, ciascuna delle parti dev’essere condannata a farsi carico delle proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 21 maggio 2024 (procedimento R 1748/2023-2) è riformata per la parte riguardante le borse della spesa, rientranti nella classe 18, e il ricorso presentato dinanzi a detta commissione di ricorso dell’EUIPO dalla K‑Way SpA contro la decisione della divisione di annullamento dell’11 luglio 2023 è accolto per la parte riguardante detti prodotti.
2) La decisione della divisione di annullamento dell’11 luglio 2023 è annullata nella parte in cui essa ha dichiarato la decadenza del marchio dell’Unione europea registrato con il numero 3971561 per mancato uso per quanto riguarda le borse della spesa summenzionate.
3) Il ricorso è respinto quanto al resto.
4) Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.
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Costeira |
Öberg |
Zilgalvis |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 giugno 2025.
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Il cancelliere |
Il presidente |
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V. Di Bucci |
S. Papasavvas |
* Lingua processuale: l’italiano.
1 La presente sentenza è oggetto di una pubblicazione per estratto.