SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
16 ottobre 2025 ( *1 )
«Impugnazione – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Regolamento (UE) n. 269/2014 – Articolo 2 – Congelamento di capitali e di risorse economiche – Articolo 9, paragrafo 2 – Obbligo di dichiarazione dei fondi e delle risorse economiche da parte delle persone interessate da una misura restrittiva di congelamento – Qualificazione giuridica di un siffatto obbligo – Base giuridica – Articolo 215, paragrafo 2, TFUE – Articoli 24, 26 e 29 TUE – Attuazione della politica estera e di sicurezza comune da parte degli Stati membri»
Nella causa C‑805/24 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 novembre 2024,
Gennady Nikolayevich Timchenko, residente in Ginevra (Svizzera),
Elena Petrovna Timchenko, residente in Ginevra,
rappresentati da S. Bonifassi, T. Bontinck, E. Fedorova e A. Guillerme, avocats,
ricorrenti,
procedimento in cui le altre parti sono:
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M.-C. Cadilhac, D. Laurent e J. Rurarz, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
Commissione europea, rappresentata da M. Carpus Carcea, C. Giolito, H. Krämer e L. Puccio, in qualità di agenti,
interveniente in primo grado,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei (relatrice), S. Rodin, N. Piçarra, e N. Fenger, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
Con la loro impugnazione, il sig. Gennady Nikolayevich Timchenko e la sig.ra Elena Petrovna Timchenko, ricorrenti, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’11 settembre 2024, Timchenko e Timchenko/Consiglio (T‑644/22; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2024:621), con la quale quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto all’annullamento dell’articolo 1, punto 4, del regolamento (UE) 2022/1273 del Consiglio, del 21 luglio 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 194, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui modifica l’articolo 9 del regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6), inserendovi in particolare, al paragrafo 2 di tale articolo 9, un obbligo di dichiarazione dei fondi e delle risorse economiche da parte delle persone oggetto di una misura restrittiva di congelamento. |
Contesto normativo e fatti
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2 |
Il contesto di fatto e di diritto del caso di specie è esposto ai punti da 2 a 16 della sentenza impugnata. Ai fini del presente procedimento, esso può essere riassunto e completato come segue. |
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3 |
La causa in esame si inserisce nel contesto delle misure restrittive adottate dall’Unione europea dal 2014 in risposta alle azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. |
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4 |
I ricorrenti sono oggetto di siffatte misure restrittive. Il sig. Timchenko è un uomo d’affari, coniugato con la sig.ra Timchenko. Entrambi hanno le cittadinanze russa e finlandese. |
Il regolamento n. 269/2014
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5 |
L’articolo 2 del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento (UE) n. 476/2014 del Consiglio, del 12 maggio 2014 (GU 2014, L 137, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 269/2014»), la cui versione era la stessa tanto alla data di adozione degli atti menzionati al punto 7 della presente sentenza quanto alla data di adozione del regolamento controverso, enuncia quanto segue: «1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati, da qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo, o da qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi a essa associati elencati nell’allegato I. 2. È vietato mettere, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi, o di qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi a [esse] associati elencati nell’allegato I, o destinarli a loro vantaggio». |
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6 |
L’articolo 9 del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento controverso, dispone tra l’altro quanto segue: «1. È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui all’articolo 2. 2. Le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi elencati nell’allegato I:
3. L’inosservanza del paragrafo 2 è considerata partecipazione, di cui al paragrafo 1, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui all’articolo 2. (...)». |
Le misure restrittive adottate nei confronti dei ricorrenti
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7 |
Nel 2022 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato misure restrittive nei confronti dei ricorrenti, tra cui il congelamento dei loro capitali e delle loro risorse economiche, aggiungendo i loro nomi agli elenchi delle persone, delle entità e degli organismi di cui all’allegato della decisione n. 2014/145/PESC del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16), e all’allegato I del regolamento n. 269/2014. Tali misure sono state adottate, per quanto riguarda il sig. Timchenko, con la decisione (PESC) 2022/337 del Consiglio, del 28 febbraio 2022, che modifica la decisione n. 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 59, pag. 1), nonché con il regolamento di esecuzione (UE) 2022/336 del Consiglio, del 28 febbraio 2022, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 58, pag. 1), e, per quanto riguarda la sig.ra Timchenko, dalla decisione (PESC) 2022/582 del Consiglio, dell’8 aprile 2022, che modifica la decisione n. 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 110, pag. 55), nonché il regolamento di esecuzione (UE) 2022/581 del Consiglio, dell’8 aprile 2022, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 110, pag. 3). Successivamente, il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato le misure restrittive adottate nei confronti dei ricorrenti. |
La sentenza impugnata
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Con atto introduttivo del 14 ottobre 2022, i ricorrenti hanno proposto un ricorso dinanzi al Tribunale per ottenere, in sostanza, l’annullamento dell’articolo 1, punto 4, del regolamento controverso nella parte in cui modifica l’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 269/2014. Essi sostenevano in particolare che, modificando in tal modo l’articolo 9, paragrafo 2, di tale regolamento per inserirvi, tra l’altro, l’obbligo, per le persone fisiche elencate nell’allegato I di detto regolamento, di dichiarare alle autorità competenti degli Stati membri i fondi e le risorse economiche loro appartenenti, posseduti, detenuti o controllati nel territorio dell’Unione europea (in prosieguo: l’«obbligo di dichiarazione controverso»), il Consiglio aveva ecceduto le competenze ad esso attribuite in forza dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e aveva altresì violato, tra l’altro, l’articolo 29 TUE. |
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Al punto 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, riferendosi ai punti da 56 a 64 di tale sentenza, che, poiché l’obbligo di dichiarazione controverso rientra nel potere di cui il Consiglio dispone per attuare una decisione adottata in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) sulla base dell’articolo 29 TUE, nel caso di specie la decisione 2014/145, il Consiglio aveva potuto prevedere tale obbligo sulla base di un regolamento dell’Unione adottato ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, e ciò indipendentemente dal fatto che si tratti di un obbligo di adempimento a carico di persone quali i ricorrenti e che tale obbligo non fosse previsto dalla stessa decisione 2014/145. |
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Più in particolare, al punto 61 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’obbligo di dichiarazione controverso rientrerebbe nella competenza di esecuzione degli Stati membri e caratterizzerebbe l’esistenza di una violazione dell’articolo 24, paragrafo 2, TUE. |
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Avendo respinto peraltro gli altri motivi dei ricorrenti, il Tribunale ha respinto il loro ricorso. |
Conclusioni delle parti
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I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:
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Il Consiglio chiede che la Corte voglia:
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La Commissione europea chiede che la Corte voglia:
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Sull’impugnazione
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A sostegno della loro impugnazione, i ricorrenti deducono due motivi, il primo vertente su un’insufficienza di motivazione e il secondo su errori di diritto commessi dal Tribunale nell’applicazione e nell’interpretazione dell’articolo 215 TFUE nonché della giurisprudenza derivante dalla sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236). |
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
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16 |
Con il loro primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale di non aver sufficientemente motivato la sentenza impugnata al fine di rispondere al loro argomento secondo cui il Consiglio avrebbe ecceduto le sue competenze prevedendo l’obbligo di dichiarazione controverso di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento controverso. Tale motivo si suddivide in due parti. |
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17 |
Con la prima parte del loro primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale di non aver esposto in modo chiaro e inequivocabile se l’obbligo di dichiarazione controverso costituisca una misura restrittiva adottata ai sensi dell’articolo 29 TUE e dell’articolo 215 TFUE, come risulterebbe dai punti 56 e 62 della sentenza impugnata, oppure se tale obbligo costituisca una misura di attuazione o di esecuzione di misure restrittive, il che risulterebbe dal punto 60 di tale sentenza. Il ragionamento del Tribunale sarebbe quindi ambiguo quanto alla qualificazione giuridica che occorre dare a detto obbligo. |
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Con la seconda parte del loro primo motivo, i ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia insufficientemente motivato i punti da 57 a 60 della sentenza impugnata in quanto il suo ragionamento non individuerebbe la base giuridica concreta su cui poteva basarsi il Consiglio per prevedere l’obbligo di dichiarazione controverso. Infatti, il Tribunale non spiegherebbe come sia giunto alla conclusione secondo cui il Consiglio non ha ecceduto le proprie competenze prevedendo tale obbligo, mentre l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE gli consentirebbe unicamente di adottare misure restrittive già previste nella decisione PESC di riferimento e, in forza dell’articolo 24 TUE, l’esecuzione delle misure restrittive incombe all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché agli Stati membri. |
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19 |
Il Consiglio e la Commissione contestano la fondatezza degli argomenti della ricorrente. |
Giudizio della Corte
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Occorre ricordare, come ha fatto il Tribunale ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata, che, nel settore della PESC, il Consiglio può, sulla base dell’articolo 29 TUE, adottare decisioni che definiscono la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica, posizione che può includere misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punti 87 e 88, e del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Conseil, C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punti 41 e 44). |
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Inoltre, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE consente al Consiglio di adottare misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali, qualora ciò sia previsto da una decisione, adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE, di cui fa parte l’articolo 29 di quest’ultimo. |
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22 |
Tenuto conto del fatto che il Consiglio può adottare misure restrittive sia nell’ambito di una decisione PESC sul fondamento dell’articolo 29 TUE sia nell’ambito di atti dell’Unione adottati sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, la Corte ha precisato, come sostanzialmente ricordato dal Tribunale ai punti da 53 a 55 della sentenza impugnata, la ripartizione delle competenze del Consiglio alla luce di queste due disposizioni dei Trattati. |
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23 |
Pertanto, le decisioni adottate nell’ambito della PESC sulla base dell’articolo 29 TUE definiscono la posizione dell’Unione per quanto riguarda le misure restrittive da adottare. Come regola generale, il Consiglio è chiamato a definirne o addirittura a precisarne l’oggetto, deliberando all’unanimità (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punti 88 e 90). |
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24 |
Quanto ai regolamenti adottati sulla base dell’articolo 215 TFUE, essi si ricollegano, alla luce dei loro obiettivi e del loro contenuto, a tali decisioni e costituiscono lo strumento per conferire loro efficacia a livello dell’Unione. Infatti, tale articolo, che stabilisce un collegamento tra gli obiettivi del Trattato UE in materia di PESC e le azioni dell’Unione che comportano misure economiche rientranti nel Trattato FUE, consente l’adozione di regolamenti da parte del Consiglio, che statuisce a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione, per conferire efficacia a misure restrittive quando esse rientrano nell’ambito di applicazione del Trattato FUE, nonché, in particolare, al fine di garantirne l’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punti 72 e 76, e del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punti da 88 a 90). |
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25 |
Sulla base di tale giurisprudenza, il Tribunale ha esposto, ai punti 56, 59 e 60 della sentenza impugnata, letti in combinato disposto con i punti 63 e 65 di quest’ultima, che l’obbligo di dichiarazione controverso di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento controverso, era stato istituito sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e che esso aveva lo scopo di attuare una decisione adottata in materia di PESC sul fondamento dell’articolo 29 TUE, ossia la decisione 2014/145, al fine di garantire l’applicazione uniforme, nel territorio dell’Unione, delle misure restrittive previste da tale decisione, in particolare per vanificare le strategie di elusione di tali misure. |
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Da tali punti risulta che, tenuto conto della giurisprudenza ricordata ai punti da 53 a 55 della sentenza impugnata e riassunta ai punti da 20 a 24 della presente sentenza, il Tribunale ha considerato che l’obbligo di dichiarazione controverso non era una misura restrittiva adottata ai sensi dell’articolo 29 TUE o ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, bensì una misura, adottata sul solo fondamento di quest’ultima disposizione, diretta a garantire l’applicazione uniforme della misura restrittiva di congelamento di fondi e risorse economiche, prevista all’articolo 2 della decisione 2014/145 e riprodotta in sostanza all’articolo 2 del regolamento n. 269/2014. |
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Così facendo, il Tribunale ha individuato in modo chiaro e inequivocabile, da un lato, al punto 60 della sentenza impugnata letto in combinato disposto con il punto 56 di tale sentenza, il fondamento giuridico dell’obbligo di dichiarazione controverso, vale a dire l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, e, dall’altro, al punto 60 di detta sentenza, la natura giuridica di tale obbligo, ossia una misura diretta ad attuare la decisione 2014/145 in modo da garantire l’applicazione uniforme della misura restrittiva di congelamento di capitali e di risorse economiche prevista da tale decisione. |
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28 |
Peraltro, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la constatazione, al punto 62 della sentenza impugnata, che il mero riferimento operato dall’articolo 215, paragrafo 2, TFUE alle «misure restrittive» non ha come conseguenza di limitare le misure previste da tale disposizione ad obblighi di non fare, non può essere intesa nel senso che il Tribunale avrebbe qualificato l’obbligo di dichiarazione controverso come «misura restrittiva» contraddicendo quindi la sua constatazione, al punto 60 di tale sentenza, secondo cui tale obbligo di dichiarazione riguarda l’attuazione di una siffatta misura. |
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È vero che la formulazione dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE utilizza unicamente l’espressione «misure restrittive» e, al punto 56 della sentenza impugnata, nonché ai punti 63 e 65 di quest’ultima, il Tribunale constata che l’obbligo di dichiarazione controverso è stato istituito sul solo fondamento di tale disposizione del Trattato FUE. |
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Tuttavia, ciò non implica che tale obbligo debba necessariamente essere qualificato come «misura restrittiva». Infatti, come risulta dal punto 89 della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), citata al punto 54 della sentenza impugnata e ricordato in sostanza al punto 24 della presente sentenza, le misure adottate dal Consiglio in un regolamento adottato sulla base di detta disposizione possono mirare a dare effetto alle misure restrittive previste da una decisione PESC qualora tali misure rientrino nell’ambito di applicazione del Trattato FUE e ad applicarle in modo uniforme in tutti gli Stati membri. A tal fine, il Consiglio può riprodurre il contenuto essenziale della decisione PESC e apportarvi definizioni o precisazioni relative all’applicazione delle misure restrittive previste da tale decisione. |
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31 |
In tali circostanze e tenuto conto altresì del fatto che, in forza dell’articolo 26, paragrafo 2, secondo comma, TUE, il Consiglio deve assicurare l’unità, la coerenza e l’efficacia dell’azione dell’Unione in materia di PESC, tale istituzione può essere indotta ad adottare, in un siffatto regolamento, misure volte a garantire l’applicazione uniforme, coerente ed efficace delle misure restrittive definite in una decisione PESC, senza che tali misure di attuazione costituiscano esse stesse misure restrittive. Orbene, è proprio questo l’oggetto dell’obbligo di dichiarazione controverso in quanto misura che, come risulta in sostanza dai punti 59 e 60 della sentenza impugnata, si riferisce alla misura restrittiva di congelamento di fondi e di risorse economiche, prevista all’articolo 2 della decisione 2014/145 e riprodotta in sostanza all’articolo 2 del regolamento n. 269/2014. |
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32 |
Affermando, al punto 62 della sentenza impugnata, che il mero riferimento fatto all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, alle «misure restrittive», non ha come conseguenza di limitare le misure previste da tale disposizione ad obblighi di non fare, il Tribunale ha spiegato, come risulta del resto esplicitamente dalla seconda frase di tale punto 62 nonché dal punto 63 di tale sentenza, che una misura adottata sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE può, come nel caso di specie, comportare un obbligo di fare al fine di garantire l’applicazione uniforme di una misura restrittiva adottata prevista da una decisione PESC. |
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33 |
Pertanto, le censure dedotte a sostegno della prima parte del primo motivo e a sostegno di un aspetto della seconda parte di tale motivo, con le quali si contesta al Tribunale di essersi contraddetto e di aver insufficientemente motivato il suo ragionamento relativo al fondamento giuridico sul quale poteva basarsi il Consiglio per prevedere l’obbligo di dichiarazione controverso, sono infondate. |
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34 |
Occorre altresì respingere la censura, dedotta a sostegno della seconda parte di detto motivo, secondo cui il ragionamento del Tribunale relativo alla base giuridica dell’obbligo di dichiarazione controverso sarebbe, ai punti da 57 a 60 della sentenza impugnata, viziato da un’insufficienza di motivazione per il motivo che tale giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che le misure restrittive sono, in forza dell’articolo 24 TUE, eseguite dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché dagli Stati membri. |
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35 |
Infatti, al punto 61 della sentenza impugnata, non contestato nell’ambito della seconda parte del primo motivo, il Tribunale, riferendosi espressamente al suo ragionamento e alla motivazione di cui ai punti da 57 a 60 di tale sentenza, ha respinto l’argomento dei ricorrenti vertente proprio sulla violazione di tale articolo del Trattato UE e sulla violazione delle competenze di esecuzione degli Stati membri. Ciò premesso, non si può ritenere che il Tribunale abbia insufficientemente motivato la sentenza impugnata al riguardo. |
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36 |
In considerazione di tutto quanto precede, occorre respingere il primo motivo d’impugnazione in quanto infondato. |
Sul secondo motivo
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37 |
Con il loro secondo motivo, i ricorrenti sostengono che, a causa di un’interpretazione e di un’applicazione erronee dell’articolo 215 TFUE e della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), il Tribunale è incorso in errore nel dichiarare, al punto 63 della sentenza impugnata, che il Consiglio poteva prevedere l’obbligo di dichiarazione controverso di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento controverso, indipendentemente dal fatto che tale sentenza fosse intesa nel senso che essa qualifica tale obbligo come misura restrittiva (prima parte del secondo motivo) o come misura di attuazione o di esecuzione della misura restrittiva di congelamento di fondi e risorse economiche (seconda parte del secondo motivo). |
Sulla prima parte del secondo motivo
– Argomenti delle parti
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38 |
Nell’ipotesi in cui il Tribunale avesse qualificato l’obbligo di dichiarazione controverso come misura restrittiva, i ricorrenti ritengono che tale giudice abbia erroneamente dichiarato, al punto 63 della sentenza impugnata, che il Consiglio poteva adottarlo sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, sebbene tale obbligo non fosse espressamente previsto nella relativa decisione PESC. |
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39 |
Infatti, da un lato, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE escluderebbe la possibilità di adottare misure restrittive supplementari e distinte da quelle previste nella decisione PESC interessata. Orbene, la decisione 2014/145 non menzionerebbe l’obbligo di dichiarazione controverso. Dall’altro lato, la natura stessa di tale obbligo, che costituisce un obbligo a pieno titolo che deve essere rispettato dalle persone interessate a pena di considerare l’assenza di dichiarazione come elusione delle misure restrittive, passibile di sanzioni, imporrebbe che esso sia inserito non solo nel regolamento che prevede detto obbligo, ma anche nella decisione PESC di riferimento, la quale è adottata all’unanimità. |
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40 |
Il Consiglio e la Commissione contestano gli argomenti dei ricorrenti. |
– Giudizio della Corte
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41 |
La prima parte del secondo motivo è formulata nell’ipotesi in cui il Tribunale avesse qualificato l’obbligo di dichiarazione controverso come misura restrittiva. Orbene, dalla motivazione esposta ai punti da 26 a 32 della presente sentenza risulta che ciò non avviene nel caso di specie. In tali circostanze, il loro argomento deve essere respinto in quanto inoperante. |
Sulla seconda parte del secondo motivo
– Argomenti delle parti
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42 |
Nell’ipotesi in cui il Tribunale avesse qualificato l’obbligo di dichiarazione controverso come misura di attuazione o di esecuzione della misura restrittiva di congelamento di capitali e di risorse economiche, previsto in particolare all’articolo 2 della decisione 2014/145, i ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 63 della sentenza impugnata, che il Consiglio era competente a prevedere un siffatto obbligo nel regolamento n. 269/2014. Infatti, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 24 TUE secondo il quale, e in mancanza di applicazione dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, spetterebbe a ciascuno Stato membro, e non al Consiglio, adottare le misure necessarie all’attuazione delle misure restrittive definite da una decisione PESC. |
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43 |
Peraltro, sempre nella stessa ipotesi, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Tribunale ha effettuato un’interpretazione e un’applicazione erronee, ai punti da 54 a 59 della sentenza impugnata, della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), cosicché esso ha commesso un errore di diritto dichiarando che il Consiglio era competente a prevedere un siffatto obbligo nel regolamento n. 269/2014. Da tale sentenza risulterebbe infatti che un regolamento adottato sulla base dell’articolo 215 TFUE costituisce unicamente uno strumento volto a dare effetto diretto e, pertanto, forza vincolante alle misure restrittive già definite in una decisione PESC, se necessario precisandole ma senza aggiungere altre misure o modificare la portata di quelle così definite. Orbene, il Tribunale avrebbe ampliato la portata di detta sentenza indicando che un siffatto regolamento non solo dà effetto a misure restrittive di tal tipo, ma le attua anche. |
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44 |
Il Consiglio e la Commissione contestano tali argomenti. |
– Giudizio della Corte
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45 |
In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti dei ricorrenti sintetizzati al punto 42 della presente sentenza, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, e paragrafo 3, TUE, il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità, le decisioni necessarie per la definizione e l’attuazione della PESC, sulla base degli orientamenti generali e delle linee strategiche definiti dal Consiglio europeo, e che la PESC è attuata dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché dagli Stati membri, conformemente ai trattati e utilizzando i mezzi nazionali nonché quelli dell’Unione. |
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46 |
Come correttamente dichiarato dal Tribunale, in sostanza, al punto 61 della sentenza impugnata, letto in combinato disposto con i punti da 57 a 60 di tale sentenza ai quali tale punto 61 rinvia, il Consiglio, come risulta altresì dai punti 30, 31 e 32 della presente sentenza, è abilitato, in forza del combinato disposto degli articoli 24 e 26 TUE nonché dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, ad attuare le decisioni adottate in materia di PESC sul fondamento dell’articolo 29 TUE al fine, in particolare, di garantire l’applicazione uniforme, coerente ed efficace, in tutti gli Stati membri, delle misure restrittive previste in siffatte decisioni, qualora tali misure rientrino nell’ambito di applicazione del Trattato FUE. |
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47 |
Adottando quindi, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, un regolamento diretto ad attuare una decisione PESC, il Consiglio non incide in alcun modo sulla competenza di esecuzione degli Stati membri prevista all’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, e all’articolo 26, paragrafo 3, TUE. |
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48 |
Infatti, mentre un siffatto regolamento mira a dare effetto, a livello dell’Unione, alle misure restrittive previste in una decisione PESC, garantendone al contempo un’applicazione uniforme, coerente ed efficace, la competenza di esecuzione degli Stati membri prevista da tali disposizioni del Trattato UE non si riferisce all’attuazione delle decisioni PESC e all’applicazione delle misure restrittive a livello dell’Unione, bensì all’esecuzione di tali misure da parte delle autorità competenti di ciascuno Stato membro nel loro territorio nazionale. |
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49 |
Ciò vale a maggior ragione in quanto, in forza dei termini stessi dell’articolo 26, paragrafo 3, TUE, la PESC è eseguita dagli Stati membri «ricorrendo ai mezzi (...) dell’Unione». Ciò implica che gli Stati membri devono garantire l’esecuzione delle misure restrittive nei loro rispettivi territori rispettando le misure adottate dal Consiglio sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE al fine di garantire l’applicazione uniforme, coerente ed efficace, a livello dell’Unione, delle misure restrittive definite nell’ambito delle decisioni PESC. |
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50 |
Nei limiti in cui i ricorrenti ritengono che il Consiglio non potesse prevedere l’obbligo di dichiarazione controverso in assenza di una competenza di esecuzione conferitagli in tal senso, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, da un regolamento adottato sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, è sufficiente rilevare che misure restrittive e misure che, come l’obbligo di dichiarazione controverso, mirano ad applicare in modo uniforme, coerente ed efficace, a livello dell’Unione, le misure restrittive previste in una decisione PESC possono, certamente, essere adottate sulla base dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE quando un regolamento adottato sul fondamento dell’articolo 215 TFUE conferisce competenze di esecuzione alla Commissione o al Consiglio, ma esse possono anche essere adottate esclusivamente sulla base della seconda di dette disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 34). |
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51 |
In secondo luogo, per quanto riguarda gli argomenti dei ricorrenti sintetizzati al punto 43 della presente sentenza, occorre considerare che il Tribunale ha correttamente ricordato e applicato, ai punti da 54 a 59 della sentenza impugnata, la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236). Infatti, come dichiarato in sostanza dal Tribunale e come già indicato al punto 29 della presente sentenza, dai punti da 88 a 90 della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), risulta che il Consiglio è abilitato, nell’ambito di un regolamento adottato sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, ad adottare qualsiasi misura, quale l’obbligo di dichiarazione controverso, diretta ad attuare una decisione PESC adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE e, in tale contesto, a garantire l’applicazione uniforme a livello dell’Unione delle misure restrittive definite in una siffatta decisione e ricordate o addirittura precisate nel regolamento di cui trattasi. Contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, il Consiglio, così facendo, non aggiunge alcuna nuova misura restrittiva né modifica la portata delle misure restrittive definite nella decisione PESC. |
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52 |
Alla luce dei motivi che precedono, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo in quanto infondata e, pertanto, respingere integralmente l’impugnazione. |
Sulle spese
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53 |
Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. |
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54 |
Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
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55 |
Poiché il Consiglio e la Commissione hanno concluso chiedendo la condanna dei ricorrenti alle spese e questi ultimi sono rimasti soccombenti, occorre condannare i ricorrenti alle spese. |
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Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.