Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

29 luglio 2024 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Consegna delle persone ricercate alle autorità giudiziarie emittenti – Rispetto dei diritti fondamentali – Carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente – Carenze relative alla mancanza di prova della prestazione di giuramento dei giudici – Divieto di trattamenti inumani o degradanti – Condizioni di detenzione nello Stato membro emittente – Valutazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione – Rifiuto di esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione – Effetti di tale rifiuto per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un altro Stato membro »

Nella causa C‑318/24 PPU [Breian] (i),

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Curtea de Apel Braşov (Corte d’appello di Braşov, Romania), con decisione del 30 aprile 2024, pervenuta in cancelleria il 30 aprile 2024, nel procedimento relativo all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

P.P.R.,

con l’intervento di:

Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie – Direcţia Naţională Anticorupţie – Serviciul Teritorial Braşov,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Quinta Sezione, Z. Csehi, I. Jarukaitis e D. Gratsias (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per P.P.R., da J. Azzopardi, avukat, e M. Laïchi, avocate;

–        per il Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie – Direcţia Naţională Anticorupţie – Serviciul Teritorial Braşov, da M. Voineag, in qualità di agente;

–        per il governo rumeno, da M. Chicu, E. Gane e A. Rotăreanu, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da G. Mullan, BL;

–        per il governo francese, da R. Bénard e B. Dourthe, in qualità di agenti;

–        per il governo maltese, da A. Buhagiar, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da A. Biolan, H. Leupold e J. Vondung, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza dell’11 luglio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, dell’articolo 4 e dell’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, e degli articoli 15 e 19 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito del procedimento relativo all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di P.P.R. dalla Curtea de Apel Braşov – Biroul executări penale (Corte d’appello di Braşov – Ufficio esecuzioni penali, Romania).

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        L’articolo 2, lettera a), dello statuto dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol), adottato a Vienna (Austria) dall’Assemblea generale dell’Interpol il 13 giugno 1956 in occasione della sua 25ª sessione e modificato da ultimo nel 2023 in occasione della sua 91ª sessione (in prosieguo: lo «statuto dell’Interpol»), stabilisce che lo scopo dell’Interpol consiste segnatamente nell’«assicurare e promuovere la più ampia assistenza reciproca tra le autorità di polizia criminale, nel rispetto dei limiti previsti dalle disposizioni di legge vigenti nei paesi interessati e alla luce della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo».

4        L’articolo 5 dello statuto dell’Interpol menziona la Commission for the Control of Interpol’s Files (Commissione per il controllo dei fascicoli dell’Interpol; in prosieguo: la «CCF») come parte integrante dell’Interpol.

5        Conformemente all’articolo 36, paragrafi 1 e 3, dello statuto dell’Interpol, la CCF è un’autorità indipendente incaricata di garantire che il trattamento dei dati personali effettuato dall’Interpol sia conforme alle norme applicabili e deve pronunciarsi in particolare su qualsiasi richiesta al riguardo.

6        La CCF ha un proprio statuto, che ne precisa le funzioni e le competenze. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), di tale statuto, essa può ordinare la cancellazione di dati personali dal sistema informativo Interpol.

 Decisione quadro 2002/584

7        L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584, rubricato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», così recita:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

8        L’articolo 3 di tale decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo», dispone quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

1)      se il reato alla base del mandato d’arresto è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione, se quest’ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale;

2)      se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;

3)      se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto europeo in base alla legge dello Stato membro di esecuzione».

9        L’articolo 8 di detta decisione quadro, intitolato «Contenuto e forma del mandato d’arresto europeo», così stabilisce:

«1.      Il mandato d’arresto europeo contiene le informazioni seguenti, nella presentazione stabilita dal modello allegato:

a)      identità e cittadinanza del ricercato;

b)      il nome, l’indirizzo, il numero di telefono e di fax, l’indirizzo di posta elettronica dell’autorità giudiziaria emittente;

c)      indicazione dell’esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d’arresto o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza e che rientri nel campo d’applicazione degli articoli 1 e 2;

d)      natura e qualificazione giuridica del reato, in particolare tenendo conto dell’articolo 2;

e)      descrizione delle circostanze della commissione del reato, compreso il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato;

f)      pena inflitta, se vi è una sentenza definitiva, ovvero, negli altri casi, pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione;

g)      per quanto possibile, le altre conseguenze del reato.

2.      Il mandato di arresto europeo è tradotto nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di esecuzione. Ciascuno Stato membro può al momento dell’adozione della presente decisione quadro, o successivamente, attestare in una dichiarazione depositata presso il Segretariato generale del Consiglio [dell’Unione europea] che accetterà una traduzione in una o più lingue ufficiali delle istituzioni [dell’Unione europea]».

10      Ai sensi dell’articolo 15 della medesima decisione quadro, intitolato «Decisione sulla consegna»:

«1.      L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro.

2.      L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie (…).

3.      L’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione».

11      L’articolo 19 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Audizione della persona in attesa della decisione», prevede quanto segue:

«1.      L’audizione della persona ricercata è effettuata da un’autorità giudiziaria, assistita da un’altra persona designata conformemente alla legislazione dello Stato membro dell’autorità giudiziaria richiedente.

2.      L’audizione del ricercato è effettuata conformemente alla legislazione dello Stato membro di esecuzione e le condizioni determinate di comune accordo dall’autorità giudiziaria emittente e l’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

3.      La competente autorità giudiziaria dell’esecuzione può incaricare un’altra autorità giudiziaria del proprio Stato membro di partecipare all’audizione del ricercato al fine di garantire una corretta applicazione del presente articolo e delle condizioni precedentemente stabilite».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12      Il 17 dicembre 2020 la Curtea de Apel Braşov (Corte d’appello di Braşov, Romania) ha emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti di P.P.R., ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva inflitta a quest’ultimo, con sentenza della propria sezione penale, del 27 giugno 2019, divenuta definitiva a seguito della pronuncia di una sentenza della sezione penale dell’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) del 17 dicembre 2020.

13      A seguito della condanna definitiva del 17 dicembre 2020, l’Ufficio esecuzioni penali della Curtea de Apel Brașov (Corte d’appello di Brașov) ha emesso, lo stesso giorno, un mandato d’arresto europeo nei confronti di P.P.R. ai fini dell’esecuzione della pena inflittagli.

14      Dalle indicazioni del giudice del rinvio risulta che, il 28 giugno 2022, P.P.R. è stato arrestato a Parigi (Francia) e che nei suoi confronti è stata avviata una procedura di consegna. Tale procedura si è conclusa con una sentenza della cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) del 29 novembre 2023, divenuta definitiva, avendo quest’ultima rifiutato di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità rumene nei confronti di P.P.R.

15      Secondo il giudice del rinvio, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha fondato tale decisione di rifiuto sull’esistenza di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta. Detta corte avrebbe ritenuto, da un lato, che il potere giudiziario in Romania sarebbe viziato da carenze sistemiche e generalizzate, in quanto il luogo di conservazione dei verbali della prestazione del giuramento dei giudici sarebbe incerto, circostanza che farebbe sorgere un dubbio circa la regolare composizione degli organi giurisdizionali di tale Stato membro. Dall’altro lato, tale carenza sistemica avrebbe avuto un impatto sul procedimento penale a carico di P.P.R. dinanzi all’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia), dal momento che non si sarebbe potuto rintracciare il verbale di prestazione del giuramento di uno dei tre giudici del collegio giudicante che doveva decidere della causa di cui si tratta e che un altro giudice di tale collegio giudicante avrebbe prestato giuramento solo in qualità di pubblico ministero, laddove dalle disposizioni applicabili del diritto rumeno non risulterebbe chiaramente che non fosse richiesto una nuova prestazione di giuramento al momento della sua nomina a giudice.

16      Peraltro, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) avrebbe tenuto in considerazione anche la decisione della Camera delle richieste della CCF, adottata nel corso della sua 123ª sessione, tenutasi dal 30 gennaio al 3 febbraio 2023 (CCF/123/R1358.21), con la quale quest’ultima aveva ordinato la cancellazione dell’avviso di ricerca internazionale nei confronti di P.P.R. dalla banca dati dell’Interpol per il motivo che i dati che lo riguardavano non erano conformi alle norme dell’Interpol sul trattamento dei dati personali. La cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) avrebbe ritenuto che tale decisione evidenziasse l’esistenza di serie preoccupazioni quanto alla presenza di elementi politici nel contesto generale e quanto al rispetto dei principi dei diritti fondamentali nell’ambito del procedimento di cui P.P.R. era stato oggetto in Romania.

17      Il giudice del rinvio rileva altresì che, il 29 aprile 2024, P.P.R. è stato arrestato a Malta in forza del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti. Lo stesso giorno, l’autorità giudiziaria maltese dell’esecuzione ha chiesto al giudice del rinvio informazioni complementari, precisando che P.P.R. aveva invocato la sentenza della cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) menzionata al punto 14 della presente sentenza.

18      In tali circostanze, la Curtea de Apel Braşov (Corte d’appello di Braşov) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 15, paragrafo 1, della [decisione quadro 2002/584] possa essere interpretato nel senso che la sentenza definitiva sulla decisione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna della persona richiesta ha autorità di cosa giudicata nei confronti di un’altra autorità giudiziaria dell’esecuzione di un altro Stato membro oppure debba essere interpretato nel senso che non osta alla [reiterazione] della richiesta di consegna sulla base dello stesso mandato d’arresto europeo, quando sono venuti meno gli elementi che hanno ostacolato l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo precedente oppure qualora la decisione di rifiuto di esecuzione di tale mandato d’arresto europeo non fosse conforme al diritto dell’Unione, purché l’esecuzione di un nuovo mandato d’arresto europeo non comporti una violazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584], e la reiterazione della richiesta di consegna abbia carattere proporzionato, in conformità all’interpretazione della [decisione quadro 2002/584] da parte della sentenza del 31 gennaio 2023 [Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 141 e punto 5 del dispositivo)].

2)      Se l’articolo 1, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584], in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma della Carta, [possa essere interpretato] nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un mandato europeo [emesso ai fini dell’esecuzione della pena] quando, nell’ambito della verifica dell’obbligo di rispettare i diritti umani nel procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, per quanto riguarda il diritto a un equo processo, sotto il profilo del requisito di un giudice costituito per legge, previsto dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, sono state constatate irregolarità nella prestazione del giuramento dei membri del collegio giudicante dell’organo giurisdizionale [che ha pronunciato la sentenza di condanna], senza che sia messa in discussione l’ingerenza di altri poteri pubblici nel processo di nomina dei giudici.

3)      Se l’articolo 1, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584], ], in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma della [Carta], [possa essere interpretato] nel senso che, in una situazione in cui una persona che è oggetto di un mandato d’arresto europeo sostenga che la sua consegna allo Stato membro di emissione determinerebbe il mancato rispetto del suo diritto ad un equo processo, l’esistenza di una decisione della [CCF], la quale fa riferimento direttamente alla situazione di tale persona, non possa giustificare, di per sé, il rifiuto dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di eseguire il mandato d’arresto europeo in discussione, ma se una decisione siffatta possa, invece, essere presa in considerazione da parte di detta autorità giudiziaria, fra altri elementi, al fine di valutare l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario di tale Stato membro o di carenze che pregiudichino la tutela giurisdizionale di un gruppo oggettivamente identificabile di persone di cui faccia parte tale persona.

4)      Se la [decisione quadro 2002/584] possa essere interpretata nel senso che essa non osta alla reiterazione della richiesta di consegna della persona richiesta sulla base del medesimo mandato d’arresto europeo, [la cui esecuzione è stata rifiutata] inizialmente da un giudice dell’esecuzione di uno Stato membro, dinanzi a un altro giudice dell’esecuzione di un altro Stato membro, quando l’autorità giudiziaria emittente constati essa stessa che la precedente decisione di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo non era conforme al diritto dell’Unione, in funzione della prassi giudiziaria già esistente della Corte di giustizia oppure soltanto in conseguenza del fatto che alla Corte è stata presentata una questione pregiudiziale di interpretazione del diritto dell’Unione applicabile in tale causa.

5)      Se il principio del riconoscimento reciproco, previsto dall’articolo 1, paragrafo 2, della [decisione quadro 2002/584], nonché i principi di fiducia reciproca e di leale cooperazione, previsti all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, in combinato disposto con la necessità di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti delle persone coinvolte nel procedimento, tutto ciò in relazione anche agli articoli 15 e 19 della decisione quadro 2002/584, consentano alle autorità giudiziarie dello Stato membro emittente (il giudice emittente [essendo rappresentato da] un rappresentante diretto o, su invito del giudice suddetto, da altri organi giudiziari come un magistrato di collegamento, il membro nazionale [per l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust)] o il procuratore dello Stato membro emittente), di partecipare direttamente, formulando richieste, offerte di prova e prendendo parte ai dibattiti giudiziari, nell’ambito dei procedimenti giudiziari di esecuzione del mandato d’arresto europeo, svolti dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nonché di utilizzare un mezzo di ricorso contro la decisione relativa al rifiuto della consegna - purché un rimedio giuridico sia previsto, e, in tal caso, in conformità a quanto stabilito dal diritto interno dello Stato membro di esecuzione - sulla base e nel rispetto del principio di equivalenza.

6)      Se l’articolo 17, paragrafo 1, TUE, relativo ai compiti della Commissione [europea], alla luce della decisione quadro 2002/584, [possa] essere interpretato nel senso che i compiti della Commissione diretti a promuovere l’interesse generale dell’Unione adottando le iniziative appropriate a tal fine e i compiti diretti a garantire la vigilanza sull’applicazione del diritto dell’Unione possono essere esercitati in materia di mandato d’arresto europeo, anche su richiesta dell’autorità giudiziaria emittente del mandato d’arresto europeo, nel caso in cui quest’ultima autorità ritenga che, con il rifiuto dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione si pregiudichino gravemente i principi della fiducia reciproca e di leale cooperazione, affinché la Commissione adotti le misure che ritiene necessarie conformemente a tali compiti e in piena indipendenza».

19      Il 16 maggio 2024 la Corte ha rivolto al giudice del rinvio una richiesta di chiarimenti vertenti sulla natura del procedimento nell’ambito del quale quest’ultimo aveva presentato la domanda di pronuncia pregiudiziale, all’oggetto di tale procedimento e al contenuto delle decisioni che poteva essere chiamata ad adottare al termine di detto procedimento. Il giudice in parola ha risposto a detta richiesta il 22 maggio 2024. Nella sua risposta, esso ha segnatamente precisato che, il 20 maggio 2024, il giudice maltese competente, nella sua qualità di autorità giudiziaria dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di P.P.R., aveva deciso di non consegnare P.P.R. alle autorità rumene ritenendo che le informazioni in suo possesso sulle condizioni di detenzione in Romania non gli consentissero di concludere che la proibizione di pene o trattamenti inumani o degradanti di cui all’articolo 4 della Carta sarebbe rispettata nei confronti di P.P.R. in caso di sua consegna alle autorità rumene.

20      Secondo il giudice del rinvio, per giungere a tale conclusione, l’autorità giudiziaria maltese dell’esecuzione, da un lato, si è fondata su informazioni accessibili, in particolare, sul sito Internet dell’amministrazione penitenziaria rumena e, dall’altro, ha preso in considerazione il fatto che l’approvazione, da parte del giudice del rinvio, delle assicurazioni delle autorità competenti rumene, secondo le quali P.P.R. non avrebbe subìto trattamenti inumani o degradanti a causa delle sue condizioni di detenzione, era indicata nella traduzione in lingua inglese della comunicazione del giudice del rinvio all’autorità giudiziaria maltese dell’esecuzione, con il termine «approved» e non con il termine «endorsed», che è il termine impiegato al punto 68 della versione in lingua inglese della sentenza del 15 ottobre 2019, Dorobantu (C‑128/18, EU:C:2019:857).

21      In tali circostanze, la Curtea de Apel Braşov (Corte d’appello di Braşov) ha sottoposto alla Corte la seguente settima questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 1, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584], in combinato disposto con l’articolo 4 della [Carta], sulla proibizione di trattamenti inumani o degradanti, debba essere interpretato nel senso che, in sede di esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente, da un lato, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo sulla base di informazioni che non sono state portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria emittente e per le quali quest’ultima non ha avuto la possibilità di fornire informazioni complementari ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della [decisione quadro 2002/584] e, dall’altro lato, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può applicare uno standard più elevato di quello previsto dalla Carta e senza precisare con esattezza le norme alle quali essa fa riferimento, in particolare per quanto riguarda i requisiti in materia di detenzione quali la predisposizione di un “piano preciso di esecuzione della pena”, di “criteri precisi per stabilire un determinato regime di esecuzione” e di garanzie in materia di non discriminazione a causa di una “situazione particolarmente unica e delicata”».

 Sulla domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

22      Il giudice del rinvio ha chiesto che il rinvio pregiudiziale sia trattato con il procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

23      A sostegno del proprio ricorso, esso ha affermato, in sostanza, che P.P.R. è attualmente privato della libertà personale a Malta nell’ambito del procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità rumene e che il suo mantenimento in custodia dipende dall’esito del procedimento principale, fermo restando che quest’ultimo ha fatto valere, dinanzi all’autorità giudiziaria maltese dell’esecuzione, il rifiuto della cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), di dare esecuzione al mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità rumene.

24      Ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura, un rinvio pregiudiziale che sollevi una o più questioni relative ai settori previsti dal titolo V, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, della parte terza del Trattato FUE può essere trattato, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, con procedimento d’urgenza, ai sensi del capo terzo del titolo terzo di tale regolamento di procedura, che comprende gli articoli da 107 a 114 di detto regolamento di procedura.

25      Occorre rilevare, in primo luogo, che il rinvio pregiudiziale verte segnatamente sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nei settori di cui al titolo V della parte terza del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Esso può quindi essere trattato con procedimento pregiudiziale d’urgenza ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura.

26      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il requisito dell’urgenza, tale requisito è soddisfatto in particolare quando la persona interessata nel procedimento principale è attualmente privata della libertà e il suo mantenimento in custodia dipende dalla soluzione della controversia principale, fermo restando che la situazione di tale persona deve essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che il rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento d’urgenza (sentenza del 14 maggio 2024, Stachev, C‑15/24 PPU, EU:C:2024:399, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

27      Nel caso di specie, è vero che la domanda di pronuncia pregiudiziale non promana dal giudice che, in quanto autorità giudiziaria dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui si tratta nel procedimento principale, è chiamato in ultima analisi a pronunciarsi sulla consegna della persona oggetto del mandato d’arresto in parola, bensì dall’autorità giudiziaria emittente del medesimo.

28      Ciò nondimeno, come confermato dal giudice del rinvio in risposta alla richiesta di chiarimenti menzionata al punto 19 della presente sentenza, tale giudice potrebbe essere indotto, a seconda delle risposte alle questioni poste, a ritirare il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di P.P.R. Poiché quest’ultimo si trova in stato di detenzione soltanto in forza del mandato d’arresto di cui si tratta, un’eventuale revoca di detto mandato d’arresto avrebbe come immediata conseguenza la liberazione di P.P.R.

29      In tali circostanze, la Quinta Sezione della Corte, su proposta del giudice relatore, sentita l’avvocata generale, ha deciso, il 15 maggio 2024, di accogliere la domanda del giudice del rinvio di trattare il rinvio pregiudiziale con procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

30      Come rilevato al punto 27 della presente sentenza, il rinvio pregiudiziale proviene dall’autorità giudiziaria emittente il mandato d’arresto europeo in forza del quale P.P.R. è stato sottoposto a detenzione a Malta. Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale mira in particolare a consentirgli di stabilire se possa emettere un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti P.P.R. o se debba revocare il mandato d’arresto europeo già emesso nei confronti di quest’ultimo, nel caso in cui dalla risposta della Corte risultasse che il rifiuto di dare esecuzione al precedente mandato non era conforme al diritto dell’Unione.

31      Siffatte considerazioni sono tali da giustificare il fatto che detto giudice possa, in quanto autorità giudiziaria emittente, interpellare la Corte sulle condizioni di esecuzione di un mandato d’arresto europeo (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 53).

32      Infatti, la garanzia dei diritti fondamentali nell’ambito di un procedimento relativo a un mandato d’arresto europeo rientra, in primo luogo, nella responsabilità dello Stato membro emittente. Pertanto, dal momento che l’emissione di un siffatto mandato può avere quale conseguenza l’arresto della persona oggetto di quest’ultimo, un’autorità giudiziaria emittente, al fine di assicurare la garanzia di tali diritti, deve disporre della facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale per stabilire se deve mantenere o ritirare un mandato d’arresto europeo o se può emettere tale mandato (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

33      Ne consegue che, come sostanzialmente rilevato dall’avvocata generale ai paragrafi da 24 a 26 delle sue conclusioni, il rinvio pregiudiziale è ricevibile nella sua interezza, fatta salva la possibilità di valutare la ricevibilità di ciascuna delle questioni sollevate.

 Sulla prima questione

34      Con la prima parte della sua prima questione, il giudice chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 debbano essere interpretati nel senso che l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro è tenuta a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo quando l’autorità dell’esecuzione di un altro Stato membro abbia precedentemente rifiutato di dare esecuzione a tale mandato per il motivo che la consegna della persona interessata rischierebbe di violare il diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta.

35      Con la seconda parte della sua prima questione, tale giudice chiede se, nelle medesime circostanze, dette disposizioni debbano essere interpretate nel senso che ostano a che l’autorità giudiziaria emittente mantenga il mandato d’arresto europeo di cui si tratta.

36      A tal proposito, da una giurisprudenza costante risulta che, tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra questi ultimi, rivestono un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Più specificamente, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 93 nonché giurisprudenza ivi citata).

37      Secondo una giurisprudenza consolidata, l’esistenza di un rischio di violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dal diritto dell’Unione può consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, a titolo eccezionale e successivamente a un adeguato esame, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 72).

38      A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo disponga di elementi idonei a testimoniare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate del funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione individuale di tale persona, della natura del reato per cui quest’ultima è perseguita e del contesto fattuale nel quale l’emissione del mandato d’arresto europeo si inserisce, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato membro, detta persona corra un siffatto rischio (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 97).

39      Ciò precisato, nessuna disposizione della decisione quadro 2002/584 prevede la possibilità o l’obbligo, per un’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro, di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il solo motivo che la sua esecuzione è stata rifiutata da un altro stato membro, senza che tale autorità proceda essa stessa alla verifica dell’esistenza di un motivo che giustifichi la sua non esecuzione [v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2023, Sofiyska gradska prokuratura (Mandati d’arresto successivi), C‑71/21, EU:C:2023:668, punto 51].

40      In particolare, la decisione di un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di uno Stato membro di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, quand’anche dotata di autorità di cosa giudicata conformemente al diritto nazionale, non può essere equiparata a una «sentenza definitiva» ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, l’unica che potrebbe impedire che l’azione penale sia esercitata, per gli stessi fatti, a carico di tale persona nello Stato emittente o che sia avviata in qualsiasi altro Stato [v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2023, Sofiyska gradska prokuratura (Mandati d’arresto successivi), C‑71/21, EU:C:2023:668, punto 52].

41      Si ritiene infatti che una persona ricercata sia stata oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, quando, in esito ad un procedimento penale, l’azione penale sia definitivamente estinta oppure qualora l’autorità giudiziaria di uno Stato membro abbia emanato una decisione di definitivo proscioglimento dell’imputato per i fatti contestatigli (sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 45).

42      Orbene, l’esame della domanda di consegna non implica l’avvio dell’azione penale da parte dello Stato dell’esecuzione a carico della persona di cui si chiede la consegna e non comporta una valutazione nel merito della causa [sentenza del 14 settembre 2023, Sofiyska gradska prokuratura (Mandati d’arresto successivi), C‑71/21, EU:C:2023:668, punto 54].

43      Ne consegue che l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro non può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il solo motivo che la sua esecuzione è stata rifiutata dall’autorità dell’esecuzione di un altro Stato membro, senza procedere essa stessa alla verifica dell’esistenza di un motivo di non esecuzione [v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2023, Sofiyska gradska prokuratura (Mandati d’arresto successivi), C‑71/21, EU:C:2023:668, punto 61].

44      Sebbene da quanto precede risulti che il principio del riconoscimento reciproco, come attuato dalla decisione quadro 2002/584, non si estende alle decisioni di non esecuzione dei mandati d’arresto europei, resta tuttavia necessario precisare gli effetti che può produrre, sull’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro, la circostanza che un’autorità dell’esecuzione di un altro Stato membro abbia precedentemente rifiutato di dare esecuzione a un siffatto mandato d’arresto a causa dell’esistenza di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, quale sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta.

45      Conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 34 della presente sentenza, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno Stato membro di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da tale diritto.

46      Nella specie, come sostanzialmente esposto dall’avvocata generale, ai paragrafi da 37 a 44 delle sue conclusioni, il principio della fiducia reciproca impone, in presenza di una decisione di non esecuzione adottata in un altro Stato membro a causa dell’esistenza di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta, che l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro al quale è stata presentata una nuova domanda di consegna dell’interessato, nell’ambito del proprio esame dell’esistenza di un motivo di non esecuzione, tenga debitamente conto dei motivi sottesi a tale decisione [v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2024, Bundesrepublik Deutschland (Effetto di una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato), C‑753/22, EU:C:2024:524, punto 80].

47      Le considerazioni che precedono valgono, mutatis mutandis, per quanto riguarda l’autorità giudiziaria emittente il cui mandato d’arresto europeo non sia stato eseguito a causa dell’esistenza di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta.

48      Nessuna disposizione della decisione quadro 2002/584 esclude la possibilità, per l’autorità emittente, di mantenere la domanda di consegna in forza di un mandato d’arresto europeo quando l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro ha rifiutato di dare esecuzione a tale mandato d’arresto.

49      Quindi, seppur l’esistenza di una decisione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di uno Stato membro di negare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo non comporta, di per sé, l’obbligo, per l’autorità giudiziaria che ha emesso tale mandato d’arresto, di revocarlo, deve comunque indurre alla vigilanza quest’ultima autorità [v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2023, Sofiyska gradska prokuratura (Mandati d’arresto successivi), C‑71/21, EU:C:2023:668, punto 55].

50      Nella sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2023:57), la Corte è stata interpellata sulla possibilità di emettere più mandati d’arresto europei successivi in circostanze analoghe a quelle di cui al procedimento principale. I principi enunciati dalla Corte ai punti da 139 a 143 di tale sentenza possono essere applicati, per analogia, alla presente causa.

51      Nello specifico, il mantenimento, da parte dell’autorità giudiziaria emittente, di un mandato d’arresto europeo può risultare necessario, in particolare dopo che siano venuti meno gli elementi che hanno portato al rigetto della precedente domanda di consegna o qualora la decisione di rifiuto di consegna non fosse conforme al diritto dell’Unione, al fine di condurre a termine la procedura di consegna di una persona ricercata e quindi di favorire la realizzazione dell’obiettivo della lotta contro l’impunità perseguito da tale decisione quadro (v., per analogia, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 141).

52      Ciò posto, come si è rammentato al punto 32 della presente sentenza, la garanzia dei diritti fondamentali nell’ambito di un procedimento relativo a un mandato d’arresto europeo rientra, in primo luogo, nella responsabilità dello Stato membro emittente.

53      Pertanto, un’autorità giudiziaria emittente non può, in assenza di un mutamento delle circostanze, mantenere un mandato d’arresto europeo quando un’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia legittimamente rifiutato, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, di dare seguito a tale mandato d’arresto a causa di un rischio concreto di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta (v., per analogia, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 143). Per contro, in assenza di un siffatto rischio, a seguito in particolare di un mutamento delle circostanze, la sola circostanza che l’autorità dell’esecuzione abbia rifiutato di eseguire detto mandato non può ostare, in quanto tale, a che l’autorità giudiziaria emittente mantenga il medesimo mandato d’arresto.

54      Peraltro, dal momento che il mantenimento di un mandato d’arresto europeo, la cui esecuzione sia stata negata in uno Stato membro, può comportare l’arresto della persona oggetto del medesimo in un altro Stato membro e, quindi, rischia di lederne la libertà individuale, spetta all’autorità giudiziaria emittente esaminare la proporzionalità del mantenimento di cui si tratta, alla luce delle peculiarità di ciascun caso di specie. Nell’ambito di un siffatto esame, spetta in particolare all’autorità in parola tener conto della natura e della gravità del reato per il quale la persona ricercata è perseguita, delle conseguenze su tale persona del mantenimento del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti o, ancora, delle prospettive di esecuzione di detto mandato d’arresto (v., per analogia, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punti 144 e 145).

55      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 devono essere interpretati nel senso che l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro non è tenuta a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo quando l’autorità dell’esecuzione di un altro Stato membro abbia precedentemente rifiutato di dare esecuzione a tale mandato d’arresto per il motivo che la consegna della persona interessata rischierebbe di violare il diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta. Tuttavia, nell’ambito del proprio esame dell’esistenza di un motivo di non esecuzione, tale autorità deve tenere conto dei motivi sottesi alla decisione di rifiuto adottata dalla prima autorità dell’esecuzione. Le disposizioni in parola non ostano a che, nelle medesime circostanze, l’autorità giudiziaria emittente mantenga il mandato d’arresto europeo, purché, secondo la sua valutazione, l’esecuzione di tale mandato d’arresto non debba essere rifiutata a causa di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta e il mantenimento del mandato d’arresto abbia carattere proporzionato.

 Sulla terza questione

56      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, in una situazione in cui una persona che è oggetto di un mandato d’arresto europeo sostenga che la sua consegna allo Stato membro emittente determinerebbe il mancato rispetto del suo diritto a un equo processo, l’esistenza di una decisione della CCF relativa alla situazione di detta persona, possa giustificare, di per sé, che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuti di eseguire tale mandato d’arresto o, altrimenti, possa essere tenuta in considerazione dall’autorità giudiziaria di cui si tratta al fine di stabilire se occorra rifiutare di eseguire tale mandato d’arresto europeo per il motivo fatto valere da detta persona.

57      Secondo le spiegazioni del giudice del rinvio, la Camera delle richieste della CCF ha deciso di cancellare l’avviso di ricerca internazionale nei confronti di P.P.R. dalla banca dati dell’Interpol per il motivo che i dati che lo riguardavano non erano conformi alle norme dell’Interpol sul trattamento dei dati personali. Tale decisione della CCF sarebbe stata tenuta in considerazione dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) nella sua sentenza del 29 novembre 2023 con la quale quest’ultima ha rifiutato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità rumene nei confronti di P.P.R.

58      Nella sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2023:57), alla Corte è stata posta una questione analoga concernente la presa in considerazione, da parte dell’autorità dell’esecuzione, di una relazione del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, organismo soggetto alla vigilanza del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. I principi enunciati dalla Corte ai punti da 121 a 126 di tale sentenza possono essere applicati, mutatis mutandis, alla presa in considerazione, da parte dell’autorità dell’esecuzione, di una decisione della CCF relativa alla situazione di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo.

59      Dal momento che l’esame in due fasi di cui al punto 38 della presente sentenza deve basarsi tanto su elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati relativi al funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, quanto su un’analisi concreta e precisa della situazione individuale della persona ricercata, una decisione della CCF che disponga la cancellazione dell’avviso di ricerca internazionale nei confronti della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo, a causa di una violazione delle norme dell’Interpol sul trattamento dei dati personali, non può bastare a giustificare il rifiuto dell’esecuzione di tale mandato d’arresto (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 123).

60      Nella misura in cui l’autorità dell’esecuzione è stata in grado di accertare l’esistenza di siffatte carenze sistemiche o generalizzate (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 135), quest’ultima deve, nell’ambito della seconda fase, verificare, in modo concreto e preciso, se sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che la persona ricercata, una volta consegnata allo Stato membro emittente, corra un rischio reale di violazione del suo diritto a un processo equo [v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 92, e del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente), C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 61]. Una decisione della CCF può costituire uno degli elementi che possono essere tenuti in considerazione in tale seconda fase, senza per questo essere vincolante per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

61      Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, in una situazione in cui una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo sostenga che la sua consegna allo Stato membro emittente determinerebbe il mancato rispetto del suo diritto a un equo processo, l’esistenza di una decisione della CCF, relativa alla situazione di tale persona, non può giustificare, di per sé, il rifiuto dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di eseguire il mandato d’arresto in discussione. Per contro, una siffatta decisione può essere tenuta in considerazione da tale autorità giudiziaria al fine di stabilire se occorra rifiutare l’esecuzione di detto mandato d’arresto.

 Sulla quarta questione

62      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo sia tenuta ad adire la Corte in via pregiudiziale prima di decidere, alla luce dei motivi che hanno indotto l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di tale mandato d’arresto a rifiutarne l’esecuzione, di revocare o di mantenere detto mandato d’arresto.

63      Ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, quando una questione sull’interpretazione dei trattati o sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.

64      Conformemente al terzo comma di tale articolo, quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte.

65      Ne consegue che l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo non è tenuta ad adire la Corte in via pregiudiziale prima di decidere, alla luce dei motivi che hanno indotto l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di tale mandato d’arresto a rifiutarne l’esecuzione, di revocare detto mandato, conformemente al diritto dell’Unione, o di mantenerlo, eccetto nel caso in cui avverso la sua decisione non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno.

66      In quest’ultimo caso, l’autorità giudiziaria emittente è, in linea di principio, tenuta a rivolgersi alla Corte, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, quando è chiamata a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione. Secondo una giurisprudenza costante, essa può essere esonerata da tale obbligo solo quando abbia constatato che la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui si tratta è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).

67      La configurabilità di una siffatta possibilità va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

68      Peraltro, allorché un’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, ritenga, per il motivo che si trovar in presenza di una delle tre situazioni menzionate al punto 67 della presente sentenza, di essere esonerata dall’obbligo effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte, previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE, la motivazione della sua decisione deve far emergere o che la questione di diritto dell’Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, o che l’interpretazione della disposizione considerata del diritto dell’Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza di tale giurisprudenza, che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta al giudice nazionale di ultima istanza con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 51).

69      In considerazione di tutto quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo non è tenuta ad adire la Corte in via pregiudiziale prima di decidere, alla luce dei motivi che hanno indotto l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di tale mandato d’arresto a rifiutarne l’esecuzione, di revocare detto mandato d’arresto o di mantenerlo, eccetto nel caso in cui avverso la decisione che essa sarà chiamata ad adottare non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, nel qual caso detta autorità è, in linea di principio, tenuta a rivolgersi alla Corte.

 Sulla seconda questione

70      In via preliminare, sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento, nel testo della seconda questione, a «irregolarità nella prestazione del giuramento», dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nel caso di specie, tali «irregolarità» consistono, più precisamente, in un’incertezza circa il luogo di conservazione del verbale di prestazione del giuramento dei giudici in Romania, il che avrebbe come conseguenza che, per uno dei tre giudici del collegio giudicante dell’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia) che si era trovato a decidere della causa di P.P.R., non è stato possibile rintracciare alcun verbale di prestazione del giuramento e che, per un altro giudice di tale collegio giudicante, è stato possibile reperire solo un verbale di prestazione del giuramento in qualità di pubblico ministero.

71      In siffatto contesto, si deve ritenere che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena possa rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto in parola, fondandosi su un’incertezza circa il luogo di conservazione dei verbali di prestazione del giuramento dei giudici dello Stato membro emittente, sul fatto che il verbale di un giudice del collegio giudicante che ha inflitto tale pena non sarebbe stato rintracciato o sulla circostanza che un altro giudice di detto collegio giudicante avrebbe prestato giuramento solo al momento della sua nomina a pubblico ministero.

72      Al riguardo, occorre ricordare che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, mentre il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente [sentenza del 21 dicembre 2023, GN (Motivo di rifiuto fondato sull’interesse superiore del minore), C‑261/22, EU:C:2023:1017, punto 37].

73      Inoltre, in forza del principio della fiducia reciproca, gli Stati membri devono presumere che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punti 93 e 94).

74      In particolare, l’alto grado di fiducia tra gli Stati membri su cui poggia il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda sulla premessa secondo cui i giudici penali dello Stato membro emittente che, a seguito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dovranno esercitare l’azione penale o condurre il procedimento di esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà, nonché il procedimento penale di merito, soddisfano i requisiti inerenti al diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 95).

75      Tenuto conto delle considerazioni esposte ai punti 73 a 75 della presente sentenza, solo circostanze eccezionali potrebbero giustificare il rifiuto, da parte dell’autorità dell’esecuzione, di eseguire un mandato d’arresto europeo a causa dell’esistenza di un rischio di violazione di tale diritto fondamentale.

76      Secondo la giurisprudenza della Corte, se è compito primario di ciascuno Stato membro, al fine di garantire la piena applicazione dei principi della fiducia e del riconoscimento reciproci che sono alla base del funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo, garantire, sotto il controllo ultimo della Corte, la salvaguardia dei requisiti inerenti al diritto fondamentale a un equo processo, garantito all’articolo 47, secondo comma, della Carta, astenendosi da qualsiasi misura che possa pregiudicarlo, l’esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, una violazione del summenzionato diritto fondamentale, o anche il concretizzarsi di un siffatto rischio, autorizza l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ad astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a tale mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro [v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 46 nonché giurisprudenza ivi citata].

77      In tale contesto, prima di rifiutare, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, la consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di uno Stato membro deve procedere a un esame in due fasi.

78      In una prima fase, spetta a tale autorità determinare se sussistano elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati tendenti a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione, nello Stato membro emittente, del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, garantito a all’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate per quanto riguarda l’indipendenza e imparzialità del potere giudiziario di tale Stato membro [v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punti 52 e 66 nonché giurisprudenza ivi citata].

79      Qualora tale ipotesi ricorresse, l’autorità competente dello Stato membro di esecuzione deve, in una seconda fase, verificare, in modo concreto e preciso, in quale misura le carenze constatate nella prima fase abbiano potuto avere un impatto sul funzionamento degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente competenti a conoscere del procedimento cui è stata sottoposta la persona interessata e se, alla luce della situazione personale di quest’ultima, della natura del reato per il quale essa è stata giudicata e del contesto fattuale nel quale la condanna si inserisce di cui si chiede il riconoscimento e l’esecuzione, nonché, se del caso, delle informazioni complementari fornite da tale Stato membro ai sensi di detta decisione quadro, sussistano seri e comprovati motivi per ritenere che un siffatto rischio si sia effettivamente concretizzato nel caso di specie [v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 53 nonché giurisprudenza ivi citata].

80      Tra i requisiti inerenti al diritto fondamentale a un equo processo, garantito all’articolo 47, secondo comma, della Carta, figura il diritto di ogni individuo a che la sua causa sia esaminata da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Questi ultimi requisiti comprendono, per loro stessa natura, non solo il processo di nomina dei giudici, ma anche le condizioni per l’assunzione delle loro funzioni.

81      Di conseguenza, è necessario che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali per la nomina dei giudici e per l’assunzione delle loro funzioni siano tali da non poter suscitare dubbi legittimi nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici nominati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson/Consiglio e HG/Commissione, C‑542/18 RX‑II e C‑543/18RX‑II, EU:C:2020:232, punto 71).

82      Tuttavia, non qualsiasi irregolarità che può intervenire nel corso della procedura di nomina di un giudice, o in occasione dell’assunzione delle sue funzioni, è idonea a far sorgere un dubbio sull’indipendenza e sull’imparzialità di tale giudice e, di conseguenza, sulla qualità di «organo giurisdizionale indipendente e imparziale, precostituito per legge» ai sensi del diritto dell’Unione, di una formazione giudicante nella quale detto giudice siede (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank, C‑132/20, EU:C:2022:235, punto 123).

83      Risulta infatti dalla giurisprudenza della Corte EDU, la quale è rilevante dal momento che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, prima frase, della Carta, quest’ultima contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che solo le violazioni delle norme fondamentali della procedura di nomina e di assunzione delle funzioni dei giudici sono tali da comportare una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU [v., in tal senso, Corte EDU, 1º dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson/Islanda (CE:CEDU:2020:1201JUD002637418, §§ 246 e 247)].

84      Pertanto, non può costituire una carenza sistemica o generalizzata, per quanto riguarda l’indipendenza del potere giudiziario, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 79 della presente sentenza, la circostanza che il diritto interno di uno Stato membro preveda, eventualmente, che un pubblico ministero, il quale abbia prestato giuramento al momento dell’assunzione delle sue funzioni, non sia tenuto, in occasione della sua successiva nomina alle funzioni di giudice, a prestare nuovamente giuramento.

85      Una disposizione di diritto nazionale del genere, infatti, giustificata dal fatto che, in detto Stato membro, lo status dei pubblici ministeri è assimilato a quello dei giudici e che le due categorie di giudici sono tenute a prestare lo stesso giuramento al momento dell’assunzione delle loro funzioni, non è tale da far sorgere dubbi quanto alla regolarità della nomina dei giudici e, di conseguenza, riguardo alla loro indipendenza e imparzialità.

86      Inoltre, un’incertezza relativa al luogo in cui sono conservati i verbali di prestazione del giuramento dei giudici di uno Stato membro o l’impossibilità di reperire detti verbali, specialmente se sono trascorsi diversi anni dalla prestazione del giuramento del giudice interessato, non possono, di per sé e in assenza di altri indizi rilevanti, dimostrare che i giudici interessati abbiano esercitato le loro funzioni senza aver mai prestato il giuramento richiesto.

87      In ogni caso, non si può ritenere che un’incertezza relativa alla questione se i giudici di uno Stato membro abbiano prestato, prima di assumere le loro funzioni, il giuramento previsto dal loro diritto interno costituisca una carenza sistemica o generalizzata per quanto riguarda l’indipendenza del potere giudiziario in tale Stato membro, laddove il diritto interno preveda rimedi giurisdizionali efficaci che consentono di far valere un’eventuale omissione di prestazione del giuramento da parte dei giudici che hanno pronunciato una determinata sentenza e di ottenere così l’annullamento di tale sentenza. Spetterà al giudice del rinvio verificare se nel diritto rumeno vi siano siffatti mezzi di ricorso.

88      Tenuto conto di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena non può rifiutare di dare esecuzione a tale mandato d’arresto fondandosi sul motivo che il verbale di prestazione del giuramento di un giudice che ha inflitto detta pena non è reperibile o sulla circostanza che un altro giudice dello stesso collegio avrebbe prestato giuramento solo al momento della sua nomina a pubblico ministero.

 Sulla quinta questione

89      Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che l’autorità giudiziaria che emette un mandato d’arresto europeo ha il diritto di partecipare, in qualità di parte, al procedimento relativo all’esecuzione di tale mandato d’arresto dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

90      A tal riguardo, occorre constatare che né l’articolo 15 né l’articolo 19 della decisione quadro 2002/584, menzionati dal giudice del rinvio, né alcun’altra disposizione della decisione quadro in parola prevedono la partecipazione diretta e obbligatoria dell’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo al procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, riguardante l’esecuzione di detto mandato d’arresto. Un obbligo di prevedere una tale partecipazione non può nemmeno essere dedotto dai principi di riconoscimento reciproco e di leale cooperazione.

91      Infatti, se è vero che la decisione quadro 2002/584 non si può interpretare nel senso che essa osta a una siffatta partecipazione, eventualmente contemplata dalle norme procedurali del diritto interno dello Stato membro di esecuzione, nondimeno tale decisione quadro prevede altri mezzi per favorire la cooperazione e lo scambio delle informazioni necessarie tra l’autorità giudiziaria emittente e l’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

92      In tal senso, l’articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 elenca una serie di informazioni rilevanti che devono obbligatoriamente figurare in un mandato d’arresto europeo. Inoltre, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie. In aggiunta, conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, di detta decisione quadro, l’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

93      Emerge, a tal riguardo, dalla giurisprudenza che, al fine segnatamente di evitare che il funzionamento del mandato d’arresto europeo venga paralizzato, l’obbligo di leale cooperazione deve improntare il dialogo tra le autorità giudiziarie dell’esecuzione e quelle emittenti. Dal principio di leale cooperazione risulta, segnatamente, che gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 131 e giurisprudenza ivi citata).

94      In tale ottica, le autorità giudiziarie emittenti e dell’esecuzione devono, al fine di assicurare una cooperazione efficace in materia penale, utilizzare appieno gli strumenti previsti in particolare all’articolo 8, paragrafo 1, e all’articolo 15 della decisione quadro 2002/584, in modo da promuovere la fiducia reciproca alla base di tale cooperazione (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 132 e giurisprudenza ivi citata).

95      Pertanto, non si può ritenere che la partecipazione dell’autorità giudiziaria emittente in qualità di parte al procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia indispensabile per garantire il rispetto dei principi di riconoscimento reciproco e di leale cooperazione che sono alla base del funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

96      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che la decisione quadro 2002/584 deve essere interpretata nel senso che l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo non ha il diritto di partecipare, in qualità di parte, al procedimento relativo all’esecuzione di tale mandato d’arresto dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

 Sulla sesta questione

97      La sesta questione verte sulla possibilità, per la Commissione, di adottare, su richiesta dell’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo, le misure che essa ritiene necessarie a seguito del rifiuto dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di dare esecuzione a tale mandato d’arresto.

98      Orbene, è evidente che una questione del genere non ha alcun rapporto con l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, il quale, come si è rilevato al punto 28 della presente sentenza, mira a stabilire se il mandato d’arresto europeo emesso contro P.P.R. debba essere revocato o, al contrario, mantenuto.

99      Ne consegue che la sesta questione è irricevibile.

 Sulla settima questione

100    Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584, letti alla luce dell’articolo 4 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che, in sede di esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, da un lato, fondandosi su elementi relativi alle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente senza prima avere richiesto informazioni complementari all’autorità giudiziaria emittente e, dall’altro, applicando uno standard più elevato, in materia di condizioni di detenzione, rispetto a quello garantito da detto articolo 4.

101    A questo proposito, è importante ricordare che la Corte ha sancito, a determinate condizioni, l’obbligo per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo di porre fine alla procedura di consegna istituita dalla decisione 2002/584, qualora una siffatta consegna rischi di portare a un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, della persona ricercata (sentenza del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C‑128/18, EU:C:2019:857, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

102    Così, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione, ove disponga di elementi che attestano l’esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante delle persone detenute nello Stato membro emittente, in rapporto al livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 4 della Carta, è tenuta a valutare l’esistenza di tale rischio allorché deve decidere sulla consegna della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo alle autorità dello Stato membro emittente. Infatti, l’esecuzione di un siffatto mandato non può condurre a un trattamento inumano o degradante di tale persona (sentenza del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C‑128/18, EU:C:2019:857, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

103    A tal fine, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, anzitutto, fondarsi su elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati sulle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente che dimostrino la presenza di carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati istituti penitenziari. Tali elementi possono risultare, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali, quali le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, da decisioni giudiziarie dello Stato membro emittente, nonché da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 60 e giurisprudenza ivi citata].

104    Tuttavia, l’accertamento dell’esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante a causa delle condizioni generali di detenzione nello Stato membro emittente non può condurre, di per sé, al rifiuto di dare esecuzione a un mandato d’arresto europeo. Infatti, la mera esistenza di elementi che attestano carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati istituti penitenziari nello Stato membro emittente, non comporta necessariamente che, in un caso concreto, la persona interessata sia sottoposta a un trattamento inumano o degradante in caso di consegna alle autorità di tale Stato membro [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

105    Quindi, per garantire il rispetto dell’articolo 4 della Carta nel caso specifico di una persona oggetto del mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, a fronte di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati comprovanti l’esistenza di siffatte carenze, è tenuta, in seguito, a verificare in modo concreto e preciso se, nelle circostanze della fattispecie, sussistano motivi gravi e comprovati di ritenere che, dopo la sua consegna al suddetto Stato membro, tale persona correrà un rischio reale di essere ivi sottoposta a un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo in parola, a causa delle condizioni nelle quali sarà detenuta nello Stato membro emittente [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 62 e giurisprudenza ivi citata].

106    A tal fine, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, detta autorità deve chiedere all’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente di fornire con urgenza ogni informazione complementare necessaria riguardante le condizioni alle quali si prevede di detenere la persona interessata all’interno di tale Stato membro. Siffatta richiesta può anche riguardare l’esistenza, nello Stato membro emittente, di eventuali procedimenti e meccanismi nazionali o internazionali di controllo delle condizioni di detenzione collegati, ad esempio, a visite negli istituti penitenziari, che consentano di valutare lo stato attuale delle condizioni di detenzione in tali istituti [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

107    L’autorità giudiziaria emittente è tenuta a fornire tali informazioni all’autorità giudiziaria dell’esecuzione [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 64 e giurisprudenza ivi citata].

108    Soltanto se, tenuto conto delle informazioni fornite in forza dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, nonché di ogni altra informazione in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, quest’ultima constata che sussiste, rispetto alla persona oggetto del mandato d’arresto europeo, un rischio reale di trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, l’esecuzione del mandato in parola deve essere rinviata, senza tuttavia essere abbandonata. Per contro, nell’ipotesi in cui le informazioni ricevute dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione da parte dell’autorità giudiziaria emittente inducano ad escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata sia oggetto di un trattamento inumano o degradante nello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve adottare, entro i termini fissati dalla decisione quadro 2002/584, la propria decisione sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punti 65 e 66 nonché giurisprudenza ivi citata].

109    A tal riguardo, come rammentato al punto 93 della presente sentenza, l’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro [2002/584] autorizza esplicitamente l’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritenga le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, a richiedere urgentemente le informazioni complementari necessarie. Inoltre, conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, di tale decisione quadro, l’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

110    Peraltro, al punto 94 della presente sentenza si è ricordato che, in forza del principio di leale cooperazione, gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 109 e giurisprudenza ivi citata].

111    Conformemente a tali disposizioni, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e l’autorità giudiziaria emittente possono, rispettivamente, chiedere informazioni o fornire garanzie in merito alle condizioni concrete e precise nelle quali la persona interessata sarà detenuta nello Stato membro emittente [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 110].

112    Dalle considerazioni esposte ai punti da 107 a 112 della presente sentenza emerge che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può concludere che sussistono motivi gravi e comprovati di ritenere che, dopo la sua consegna al suddetto Stato membro, la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo correrà un rischio reale di essere sottoposta a un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, senza prima aver presentato all’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, una richiesta di informazioni.

113    Nel caso di specie, il giudice del rinvio afferma di aver fornito informazioni sulle condizioni di detenzione di P.P.R. in caso di sua consegna alle autorità rumene, ma che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione maltese ha rifiutato di consegnare quest’ultimo sulla base di informazioni che ha potuto consultare su Internet.

114    Occorre, a tal riguardo, rammentare che la garanzia fornita dalle autorità competenti dello Stato membro emittente circa il fatto che la persona interessata non sarà sottoposta ad un trattamento inumano o degradante a causa delle sue concrete e precise condizioni di detenzione a prescindere dall’istituto penitenziario in cui sarà incarcerata nello Stato membro emittente è un elemento che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può ignorare. In effetti, la violazione di una simile garanzia, poiché è tale da vincolare il suo autore, potrebbe essere fatta valere, in caso di sua violazione, dinanzi alle autorità giudiziarie dello Stato membro emittente [sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 111].

115    La Corte, pertanto, ha dichiarato che, qualora una siffatta garanzia sia stata fornita o, quanto meno, approvata dall’autorità giudiziaria emittente, previa richiesta, ove necessario, di assistenza all’autorità centrale o a una delle autorità centrali dello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, tenuto conto della fiducia reciproca che deve esistere tra le autorità giudiziarie degli Stati membri, e sulla quale si fonda il mandato d’arresto europeo, deve fidarsi di tale assicurazione, quantomeno in assenza di un qualche elemento preciso che permetta di ritenere che le condizioni di detenzione esistenti all’interno di un determinato centro di detenzione sono contrarie all’articolo 4 della Carta [sentenze del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 112, e del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C‑128/18, EU:C:2019:857, punto 68].

116    Orbene, dalle considerazioni che precedono discende che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può escludere le informazioni fornite dall’autorità giudiziaria emittente sulla sola base di informazioni che abbia essa stessa ottenuto da fonti accessibili al pubblico, senza chiedere all’autorità giudiziaria emittente, in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, informazioni e spiegazioni complementari.

117    Inoltre, dal momento che il giudice del rinvio precisa che l’autorità giudiziaria maltese dell’esecuzione ha preso in considerazione, per rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui si tratta nel procedimento principale, il fatto che l’approvazione, da parte del giudice del rinvio, di una garanzia come quella considerata al punto 115 della presente sentenza fosse indicata con un termine diverso da quello impiegato nella versione in lingua inglese della giurisprudenza in materia, occorre rilevare che una siffatta approvazione non richiede l’uso di determinati termini o formule. È sufficiente che dalla comunicazione inviata dall’autorità giudiziaria emittente all’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulti con sufficiente chiarezza che la prima autorità ha approvato tale garanzia, indipendentemente dai termini precisi utilizzati.

118    Infine, occorre sottolineare che la mera assenza di predisposizione di un «piano preciso di esecuzione della pena» o di «criteri precisi per stabilire un determinato regime di esecuzione», menzionata dal giudice del rinvio nel testo della sua settima questione, non rientra nella nozione di «trattamenti inumani o degradanti», ai sensi dell’articolo 4 della Carta.

119    Supponendo che la predisposizione di un tale piano o di criteri del genere sia richiesta nello Stato membro di esecuzione, occorre ricordare che, riferendosi al principio della fiducia reciproca, la cui importanza fondamentale nel diritto dell’Unione risulta dalla giurisprudenza citata al punto 36 della presente sentenza, la Corte ha ripetutamente dichiarato che gli Stati membri possono essere tenuti a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, con la conseguenza che risulta loro segnatamente preclusa la possibilità di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione (sentenza del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C‑128/18, EU:C:2019:857, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

120    Pertanto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare la consegna della persona ricercata per il solo motivo che l’autorità giudiziaria emittente non le ha comunicato un «piano preciso di l’esecuzione della pena» o «criteri precisi per stabilire un determinato regime di esecuzione».

121    Quanto al riferimento, da parte del giudice del rinvio, a una «situazione particolarmente unica e delicata» della persona ricercata, che richiederebbe «garanzie in materia di non discriminazione», occorre rilevare che il rispetto dell’articolo 4 della Carta, nel caso di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo, esige, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 106 della presente sentenza, una verifica concreta e precisa delle circostanze del caso di specie.

122    Di conseguenza, occorre rispondere alla settima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584, letti alla luce dell’articolo 4 della Carta e del principio di fiducia reciproca, devono essere interpretati nel senso che, in sede di esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo fondandosi su elementi relativi alle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente che essa stessa ha raccolto e riguardo ai quali non ha richiesto informazioni complementari all’autorità giudiziaria emittente. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può applicare, in materia di condizioni di detenzione, uno standard più elevato rispetto a quello garantito da tale articolo 4.

 Sulle spese

123    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009,

devono essere interpretati nel senso che:

l’autorità dell’esecuzione di uno Stato membro non è tenuta a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo quando l’autorità dell’esecuzione di un altro Stato membro abbia precedentemente rifiutato di dare esecuzione a tale mandato d’arresto per il motivo che la consegna della persona interessata rischierebbe di violare il diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tuttavia, nell’ambito del proprio esame dell’esistenza di un motivo di non esecuzione, tale autorità deve tenere conto dei motivi sottesi alla decisione di rifiuto adottata dalla prima autorità dell’esecuzione. Le disposizioni in parola non ostano a che, nelle medesime circostanze, l’autorità giudiziaria emittente mantenga il mandato d’arresto europeo, purché, secondo la sua valutazione, l’esecuzione di tale mandato d’arresto non debba essere rifiutata a causa di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali e il mantenimento del mandato d’arresto abbia carattere proporzionato.

2)      L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali,

deve essere interpretato nel senso che:

in una situazione in cui una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo sostenga che la sua consegna allo Stato membro emittente determinerebbe il mancato rispetto del suo diritto a un equo processo, l’esistenza di una decisione della Commissione per il controllo dei fascicoli dell’Interpol (CCF), relativa alla situazione di tale persona, non può giustificare, di per sé, il rifiuto dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di eseguire il mandato d’arresto in discussione. Per contro, una siffatta decisione può essere tenuta in considerazione da tale autorità giudiziaria al fine di stabilire se occorra rifiutare l’esecuzione di detto mandato d’arresto.

3)      L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo non è tenuta ad adire la Corte in via pregiudiziale prima di decidere, alla luce dei motivi che hanno indotto l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di tale mandato d’arresto a rifiutarne l’esecuzione, di revocare detto mandato d’arresto o di mantenerlo, eccetto nel caso in cui avverso la decisione che essa sarà chiamata ad adottare non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, nel qual caso detta autorità è, in linea di principio, tenuta a rivolgersi alla Corte.

4)      L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299,

deve essere interpretato nel senso che:

l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena non può rifiutare di dare esecuzione a tale mandato d’arresto fondandosi sul motivo che il verbale di prestazione del giuramento di un giudice che ha inflitto detta pena non è reperibile o sulla circostanza che un altro giudice dello stesso collegio avrebbe prestato giuramento solo al momento della sua nomina a pubblico ministero.

5)      La decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299,

deve essere interpretata nel senso che:

l’autorità giudiziaria emittente un mandato d’arresto europeo non ha il diritto di partecipare, in qualità di parte, al procedimento relativo all’esecuzione di tale mandato d’arresto dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

6)      L’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, letti alla luce dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali e del principio di fiducia reciproca,

devono essere interpretati nel senso che:

in sede di esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo fondandosi su elementi relativi alle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente che essa stessa ha raccolto e riguardo ai quali non ha richiesto informazioni complementari all’autorità giudiziaria emittente. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può applicare, in materia di condizioni di detenzione, uno standard più elevato rispetto a quello garantito da tale articolo 4.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.