Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
20 marzo 2025 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale – Regolamento (UE) n. 1259/2010 – Articolo 8, lettere a) e b) – Nozione di “residenza abituale” dei coniugi – Status di agente diplomatico di uno dei coniugi – Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche »
Nella causa C‑61/24 [Lindenbaumer] (i),
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), con decisione del 20 dicembre 2023, pervenuta in cancelleria il 29 gennaio 2024, nel procedimento
DL
contro
PQ,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, S. Rodin, N. Piçarra, O. Spineanu-Matei (relatrice) e N. Fenger, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per PQ, da V.O.G. Vorwerk, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, da J. Möller, M. Hellmann e J. Simon, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, da G. Karipsiadis e T. Papadopoulou, in qualità di agenti;
– per il governo finlandese, da H. Leppo, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da C. Vollrath e W. Wils, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU 2010, L 343, pag. 10).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra DL e PQ in merito alla determinazione della legge applicabile al loro divorzio.
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, conclusa a Vienna il 18 aprile 1961 ed entrata in vigore il 24 aprile 1964 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 500, pag. 95; in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»):
«L’agente diplomatico gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato accreditatario. Esso gode del pari dell’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa dello stesso, salvo si tratti di:
a. azione reale circa un immobile privato situato sul territorio dello Stato accreditatario, purché l’agente diplomatico non lo possegga per conto dello Stato accreditante ai fini della missione;
b. azione circa una successione cui l’agente diplomatico partecipi privatamente, e non in nome dello Stato accreditante, come esecutore testamentario, amministratore, erede o legatario;
c. azione circa un’attività professionale o commerciale qualsiasi, esercitata dall’agente diplomatico fuori delle sue funzioni ufficiali nello Stato accreditatario».
4 L’articolo 37, paragrafo 1, di tale convenzione così prevede:
«I membri della famiglia dell’agente diplomatico, che convivono con lui, godono dei privilegi e delle immunità menzionati negli articoli da 29 a 36, sempreché non siano cittadini dello Stato accreditatario».
Diritto dell’Unione
Regolamento n. 1259/2010
5 I considerando 9, 10, 14, 21 e 29 del regolamento n. 1259/2010 enunciano quanto segue:
«(9) Il presente regolamento dovrebbe istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti e garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità, e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi.
(10) Il presente regolamento, sia nell’ambito di applicazione sostanziale sia nelle disposizioni, dovrebbe essere coerente con il regolamento (CE) n. 2201/2003 [del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1)]. Non dovrebbe tuttavia applicarsi all’annullamento del matrimonio.
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento o all’allentamento del vincolo matrimoniale. La legge determinata dalle norme di conflitto del presente regolamento dovrebbe applicarsi alle cause del divorzio e della separazione personale.
Questioni preliminari quali la capacità giuridica e la validità del matrimonio e materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sui rapporti patrimoniali, il nome, la responsabilità genitoriale, le obbligazioni alimentari o altri eventuali provvedimenti accessori dovrebbero essere regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato.
(...)
(14) Affinché i coniugi possano scegliere una legge applicabile con cui hanno legami stretti o, in mancanza di scelta, affinché al loro divorzio o separazione personale si applichi una siffatta legge, è opportuno che questa si applichi anche se non è la legge di uno Stato membro partecipante (…)
(...)
(21) In mancanza di scelta della legge applicabile, il presente regolamento dovrebbe introdurre norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento successivi fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione, al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi. È altresì opportuno che la scelta dei criteri di collegamento sia tale da assicurare che i procedimenti di divorzio o separazione personale siano disciplinati da una legge con cui i coniugi hanno un legame stretto.
(...)
(29) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, ossia aumentare la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi agevolare la libera circolazione delle persone nell’Unione europea, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire, se del caso mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».
6 L’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento, intitolato «Scelta della legge applicabile dalle parti», dispone quanto segue:
«I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:
a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o
b) la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o
c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o
d) la legge del foro».
7 Ai sensi dell’articolo 8 di detto regolamento, intitolato «Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti»:
«In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:
a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;
b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
d) in cui è adita l’autorità giurisdizionale».
Regolamento n. 2201/2003
8 Il regolamento n. 2201/2003 è stato abrogato con effetto dal 1° agosto 2022 dal regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (GU 2019, L 178, pag. 1), il quale, conformemente al suo articolo 100, paragrafo 1, si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e agli accordi registrati il o posteriormente al 1° agosto 2022.
9 L’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Competenza generale», prevedeva, al paragrafo 1, lettera a), quanto segue:
«Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:
a) nel cui territorio si trova:
– la residenza abituale dei coniugi, o
– l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o
– la residenza abituale del convenuto, o
– in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o
– la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o
– la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio “domicile”».
Diritto tedesco
La legge introduttiva al codice civile
10 L’articolo 17, paragrafo 4, dell’Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch (disposizioni preliminari al codice civile), del 21 settembre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 2494, e rettifica BGBl. 1997 I, pag. 1061), nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale, così dispone:
«La ripartizione compensativa dei diritti a pensione è disciplinata dalla legge applicabile al divorzio a norma del regolamento [n. 1259/2010]; essa viene effettuata solo se in base a tale regolamento è applicabile la legge tedesca e se una tale ripartizione esiste nella legge di uno degli Stati di cui i coniugi hanno la cittadinanza al momento dell’introduzione della domanda di divorzio. Inoltre, la ripartizione compensativa dei diritti a pensione viene effettuata conformemente al diritto tedesco su domanda di uno dei coniugi, se uno di essi ha acquisito durante il matrimonio un diritto presso un ente pensionistico nazionale, sempre che l’esecuzione della ripartizione compensativa dei diritti a pensione non sia iniqua, in particolare in considerazione delle condizioni economiche di entrambe le parti durante l’intera durata del matrimonio».
La legge sui procedimenti in materia di famiglia e di volontaria giurisdizione
11 Il Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit (legge sui procedimenti in materia di famiglia e di volontaria giurisdizione), del 17 dicembre 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 2586), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, al suo articolo 137 prevede quanto segue:
«(1) Il divorzio e le domande accessorie al divorzio devono essere esaminati e decisi congiuntamente (...)
(2) Sono domande accessorie al divorzio quelle relative a:
1. ripartizione compensativa dei diritti a pensione,
(...)».
12 L’articolo 142, paragrafo 1, prima frase, della legge relativa ai procedimenti in materia di diritto di famiglia e di volontaria giurisdizione, nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, è così formulato:
«In caso di divorzio, tutte le controversie in materia familiare connesse devono essere decise con un’unica ordinanza».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
13 DL e PQ, cittadini tedeschi, si sono sposati nel 1989. Da detta unione sono nati tre figli, ormai maggiorenni. Nel corso del 2006, i coniugi hanno preso in locazione un’abitazione a Berlino (Germania) nella quale hanno convissuto per più di dieci anni (in prosieguo: la «casa familiare»).
14 Nel giugno 2017, la coppia si è stabilita in Svezia a seguito del trasferimento di PQ all’ambasciata di Germania a Stoccolma (Svezia). In tale occasione, i coniugi hanno rilasciato, conformemente all’obbligo che la legge tedesca impone ai dipendenti pubblici trasferiti all’estero, una dichiarazione attestante che essi lasciavano il loro domicilio in Germania.
15 Nel settembre 2019, la coppia si è stabilita a Mosca (Russia) in un’abitazione situata nel complesso immobiliare dell’ambasciata di Germania presso la quale PQ, che, a differenza di DL, padroneggia la lingua russa, esercita le funzioni di consigliere di ambasciata. DL, in quanto familiare di un collaboratore dell’ambasciata, veniva parimenti dichiarata residente in tale abitazione e dotata di un passaporto diplomatico. Il veicolo di DL era immatricolato in Russia.
16 Nella prospettiva di un ritorno in Germania, i coniugi hanno conservato la casa familiare, in cui risiede uno dei loro figli dal mese di settembre 2019. Parti di tale abitazione sono state subaffittate in virtù di contratti cessati nel maggio e nel giugno 2020.
17 Nel gennaio 2020 DL è rientrata a Berlino per sottoporsi ad un intervento chirurgico e ha soggiornato nella casa familiare fino al febbraio 2021. PQ si è altresì recato a Berlino, nel corso del mese di agosto e di settembre 2020, soggiornando anch’egli in tale abitazione, nella quale la coppia ha incontrato amici durante tale periodo. PQ ha trascorso le festività di fine anno insieme a uno dei suoi figli a Coblenza (Germania).
18 Il 26 febbraio 2021 DL faceva ritorno a Mosca nell’abitazione di pertinenza dell’ambasciata di Germania. Dalla decisione di rinvio risulta che, secondo PQ, i coniugi hanno informato i loro figli, il 17 marzo 2021, dell’intenzione di divorziare e che, durante il suo soggiorno a Mosca, DL ha depositato in un vano di tale abitazione gli oggetti che intendeva portare a Berlino.
19 Il 23 maggio 2021 DL è rientrata a Berlino e vive ormai nella casa familiare, mentre PQ continua a vivere nell’abitazione di pertinenza dell’ambasciata di Germania, a Mosca.
20 L’8 luglio 2021 PQ ha depositato una domanda di divorzio presso l’Amtsgericht (Tribunale circoscrizionale, Germania), facendo valere di vivere separato da DL dal gennaio 2020 e che la separazione era divenuta definitiva nel marzo 2021, mese nel corso del quale DL aveva soggiornato brevemente a Mosca.
21 DL si opponeva a tale domanda allegando che la separazione della coppia aveva avuto luogo, al più presto, solo nel maggio 2021, quando era ritornata a Berlino. Fino a tale data, ella aveva partecipato alla gestione domestica a Mosca. DL ha precisato che il suo soggiorno a Berlino dal 15 gennaio 2020 al 26 febbraio 2021 era stato comportato dal suo stato di salute e da restrizioni alla circolazione dovute alla pandemia di COVID-19, cosicché un ritorno a Mosca prima del 26 febbraio 2021 era stato impossibile.
22 Con ordinanza del 26 gennaio 2022, l’Amtsgericht (Tribunale circoscrizionale) ha respinto la domanda con la motivazione che il periodo di un anno di separazione, richiesto dal diritto tedesco, non era passato e che non sussistevano motivi sufficientemente gravi per pronunciare il divorzio immediatamente.
23 PQ ha proposto ricorso avverso tale ordinanza dinanzi al Kammergericht (Tribunale superiore del Land, Germania). Quest’ultimo ha pronunciato il divorzio in base alla legge russa, che ha ritenuto applicabile ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 1259/2010. A tal fine, detto giudice ha constatato che la «residenza abituale» di PQ, ai sensi di tale articolo, era a Mosca e che la residenza di DL in tale città era terminata solo al momento della sua partenza per la Germania, il 23 maggio 2021, ossia meno di un anno prima che fosse adito l’Amtsgericht (Tribunale circoscrizionale), l’8 luglio 2021.
24 DL ha proposto ricorso dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), il giudice del rinvio, avverso tale decisione del Kammergericht (Tribunale superiore del Land) chiedendo che il divorzio sia pronunciato secondo il diritto tedesco e che, allo stesso tempo, sia adottata d’ufficio una decisione sulla ripartizione compensativa dei diritti a pensione.
25 Il giudice del rinvio afferma che, secondo il diritto tedesco, la ripartizione compensativa dei diritti a pensione è regolata dalla legge applicabile al divorzio, che è determinata in conformità al regolamento n. 1259/2010. Se il divorzio di cui trattasi nel procedimento principale fosse soggetto alla legge russa, esso dovrebbe essere pronunciato come divorzio consensuale senza constatazione dei motivi di divorzio e tale ripartizione dovrebbe essere effettuata, in forza dell’articolo 17, paragrafo 4, seconda frase, delle disposizioni preliminari al codice civile, nella versione applicabile ai fatti, su domanda di uno dei coniugi. Per contro, se dovesse trovare applicazione la legge tedesca, occorrerebbe constatare lo scioglimento del matrimonio, poiché la comunione di vita tra i coniugi è cessata da più di un anno. In tal caso, detta ripartizione sarebbe effettuata d’ufficio nell’ambito del trattamento congiunto del divorzio e delle domande ad esso accessorie.
26 Il medesimo giudice sostiene che la fondatezza dell’impugnazione di cui è investito dipende dalla risposta alla questione se il Kammergericht (Tribunale superiore del Land), che è competente a pronunciare il divorzio di cui trattasi nel procedimento principale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, abbia giustamente ritenuto che la legge applicabile a tale divorzio sia, ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 1259/2010 e in mancanza di scelta di una tale legge ad opera dei coniugi entro la chiusura del procedimento orale in primo grado, la legge russa.
27 Dinanzi al giudice del rinvio, DL fa valere che lo status professionale di PQ osta alla constatazione dell’esistenza di una «residenza abituale» dei coniugi in Russia. A suo avviso, il loro soggiorno a Mosca, da un lato, non derivava da una scelta deliberata, ma era dettato esclusivamente da ragioni professionali connesse all’assegnazione di PQ all’ambasciata di Germania a Mosca, e, dall’altro, se non era previsto per un periodo determinato, era, per sua natura, certamente temporaneo, poiché i coniugi avevano avuto l’intenzione di ritornare in Germania, dove avevano mantenuto la casa familiare e stretti legami con il paese, dopo la cessazione delle funzioni di PQ in seno a tale ambasciata. DL espone, inoltre, che, per ragioni di status, è stata costretta, al pari di PQ, a stabilirsi in un’abitazione pertinente al complesso immobiliare di detta ambasciata, cosicché essi hanno vissuto de facto in un’«enclave tedesca», cosa che relativizzerebbe l’importanza della loro presenza fisica in Russia.
28 PQ afferma che gli agenti diplomatici che godono, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna, in particolare dell’immunità dalla giurisdizione civile dello Stato accreditatario, non possono essere soggetti, in materia di divorzio, al diritto dello Stato della loro sede di servizio.
29 In questo contesto, il giudice nazionale si interroga sui criteri per determinare la «residenza abituale» dei coniugi ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010 e, più specificamente, sulla rilevanza dell’incarico di uno dei coniugi come agente diplomatico nello Stato accreditatario. Tale giudice osserva che, se gli elementi addotti dalle parti nel procedimento principale dovessero essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione globale, la residenza abituale dei coniugi potrebbe non essere fissata in Russia. Indica che è inoltre necessario stabilire se la fissazione della residenza abituale in uno Stato richieda una presenza fisica dei coniugi di una certa durata e la constatazione di un certo grado di integrazione sociale e familiare nel territorio di detto Stato.
30 Il giudice del rinvio precisa che esiste un dibattito dottrinale in Germania sulla definizione della nozione di «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010. Parte della dottrina, la cui posizione è condivisa dal Kammergericht (Tribunale superiore del Land), difende, sulla base dei termini del considerando 10 del regolamento n. 1259/2010, un’interpretazione che corrisponde a quella dell’identica nozione contenuta nel regolamento n. 2201/2003.
31 Altra dottrina ritiene che non vi sia perfetta concordanza tra le definizioni della nozione di «residenza abituale» nei regolamenti n. 1259/2010 e n. 2201/2003, in quanto il primo richiede un legame più stretto con lo Stato di residenza, per caratterizzare tale nozione, rispetto al secondo, che è inteso, in termini generali, ad offrire all’attore una scelta tra diversi fori di competenza.
32 Secondo il giudice del rinvio, non si può escludere che la nozione di «residenza abituale» nei regolamenti n. 1259/2010 e n. 2201/2003 possa dare adito a interpretazioni diverse, in quanto dai considerando 14 e 21 del regolamento n. 1259/2010 risulta che la caratterizzazione di tale nozione presuppone l’esistenza di stretti legami tra i coniugi e la legge applicabile, ciò che può implicare un grado di integrazione sociale e familiare nello Stato considerato superiore a quello richiesto dal regolamento n. 2201/2003.
33 In tali circostanze, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«In base a quali criteri debba essere determinata la residenza abituale dei coniugi ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento [n. 1259/2010]; in particolare:
– se il distacco in qualità di agente diplomatico influisca sul riconoscimento della residenza abituale nello Stato accreditatario o addirittura lo precluda;
– se la presenza fisica dei coniugi in uno Stato debba essersi protratta per un certo tempo prima che si possa ritenere che essi vi abbiano stabilito la loro residenza abituale;
– se la costituzione della residenza abituale presupponga un certo grado di integrazione sociale e familiare nello Stato in questione».
Sulla questione pregiudiziale
34 Con la sua questione il giudice nazionale domanda, in sostanza, se l’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010 debba essere interpretato nel senso che, al fine di determinare la «residenza abituale» dei coniugi, di cui a tale disposizione, il distacco di uno dei coniugi in uno Stato in qualità di agente diplomatico, la durata della presenza fisica dei coniugi in tale Stato e il grado di integrazione sociale e familiare nel suo territorio costituiscano fattori rilevanti o addirittura decisivi.
35 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’interpretazione della nozione di «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, si deve osservare che, come indicato nel considerando 21 di tale regolamento, quest’ultimo prevede, in mancanza di scelta della legge applicabile al divorzio ad opera dei coniugi, ai sensi dell’articolo 5 di detto regolamento, norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione.
36 L’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010 assoggetta così il divorzio e la separazione personale alla legge dello Stato della «residenza abituale» dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale o, in mancanza, alla legge della loro ultima «residenza abituale», sempre che tale residenza non sia terminata più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale e che uno dei coniugi risieda ancora in tale Stato nel momento di detta adizione.
37 Il regolamento n. 1259/2010 non contiene una definizione della nozione di «residenza abituale» e non effettua alcun rinvio al diritto degli Stati membri per determinare il senso e la portata di tale nozione.
38 Secondo una giurisprudenza costante, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del tenore letterale di tale disposizione, del contesto in cui essa si inserisce e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in tal senso, sentenze del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punto 45, e del 24 ottobre 2024, Kwantum Nederland e Kwantum België, C‑227/23, EU:C:2024:914, punto 56 e giurisprudenza citata).
39 Riguardo, anzitutto, all’interpretazione letterale, occorre osservare che, nel suo significato usuale, l’espressione «residenza abituale» designa il luogo in cui una persona fisica dimora stabilmente.
40 Riguardo, poi, al contesto dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, dal considerando 10 di tale regolamento si evince che il suo ambito di applicazione materiale e le sue disposizioni devono essere coerenti con le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 che stabiliscono, in particolare, i criteri generali di competenza in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio.
41 L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, in cui figura la nozione di «residenza abituale», conferisce la competenza a decidere sulle questioni inerenti allo scioglimento del vincolo matrimoniale alle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio si trova la residenza abituale attuale o precedente dei coniugi o di uno di essi, a seconda dei casi.
42 La Corte ha dichiarato che la nozione di «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003 è caratterizzata, in via di principio, da due elementi, ossia, da un lato, la volontà dell’interessato di fissare il centro abituale dei suoi interessi in un luogo determinato, e, dall’altro, una presenza che denota un grado sufficiente di stabilità nel territorio dello Stato membro interessato [sentenza del 1° agosto 2022, MPA (Residenza abituale – Stato terzo), C‑501/20, EU:C:2022:619, punto 44 e giurisprudenza citata].
43 Tenuto conto della necessità di coerenza tra le disposizioni dei regolamenti n. 1259/2010 e n. 2201/2003, evocata al punto 40 della presente sentenza, questi stessi elementi sono richiesti per caratterizzare la nozione di «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010. Siffatta concezione unitaria riflette la stretta connessione tra questi due regolamenti in materia, segnatamente, di divorzio e di separazione personale. Il regolamento n. 1259/2010 designa la legge che un tribunale, la cui competenza si basa sulle disposizioni del regolamento n. 2201/2003, deve applicare, se i coniugi non hanno essi stessi scelto una legge, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 1259/2010.
44 Questo approccio unitario alla nozione di «residenza abituale» è coerente con la giurisprudenza della Corte in relazione ad altri strumenti di diritto internazionale privato che, come i regolamenti n. 1259/2010 e n. 2201/2003, si basano su un fattore di collegamento comune, vale a dire la «residenza abituale», e presentano stretti rapporti. A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che la definizione di tale fattore di collegamento contenuta nel regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (GU 2009, L 7, pag. 1), e nel protocollo dell’Aia, del 23 novembre 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, approvato a nome della Comunità europea, con la decisione n. 2009/941/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009 (GU 2009, L 331, pag. 17), deve essere guidata dagli stessi principi e caratterizzata dai medesimi elementi nei due strumenti, ancorché la valutazione concreta della residenza abituale dipenda da circostanze proprie di ciascuna fattispecie [v., in tal senso, sentenza del 1° agosto 2022, MPA (Residenza abituale – Stato terzo), C‑501/20, EU:C:2022:619, punto 53].
45 Infine, l’interpretazione della nozione di «residenza abituale» di cui al punto 43 della presente sentenza risponde agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1259/2010.
46 Infatti, dai considerando 9, 21 e 29 di tale regolamento risulta che esso mira a istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti, a garantire la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi ad agevolare la libera circolazione delle persone nell’Unione, nonché a impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi [sentenza del 16 luglio 2020, JE (Legge applicabile al divorzio), C‑249/19, EU:C:2020:570, punto 30].
47 Orbene, una definizione della nozione di «residenza abituale» dei coniugi ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010 che sia caratterizzata, in linea di principio, dai due elementi suddetti, vale a dire, da un lato, la volontà dell’interessato di fissare il centro abituale dei suoi interessi in un luogo determinato e, dall’altro, una presenza che denota un grado sufficiente di stabilità nel territorio dello Stato interessato, consente di garantire sia l’obiettivo della certezza del diritto e della prevedibilità, sia la necessaria flessibilità nei procedimenti matrimoniali, prevenendo al contempo possibili abusi per quanto riguarda la scelta della legge applicabile.
48 In secondo luogo, stabilire se lo status di uno dei coniugi come agente diplomatico nello Stato accreditatario, la durata della loro presenza fisica in tale Stato e il grado della loro integrazione sociale e familiare sul suo territorio costituiscano fattori rilevanti, o addirittura decisivi, ai fini della determinazione della loro «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, è essenzialmente una questione di fatto [v., per analogia, sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 52 e giurisprudenza citata]. Spetta pertanto al giudice del rinvio esaminare tutte le circostanze di fatto proprie del caso di specie al fine di determinare se i due elementi enunciati al punto precedente, che caratterizzano la nozione di «residenza abituale», ricorrano nel procedimento principale.
49 Ciò posto, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre rilevare quanto segue.
50 Per quanto riguarda, innanzitutto, la qualità di agente diplomatico di uno dei coniugi, occorre osservare che il giudice del rinvio si interroga sulla determinazione della residenza abituale dei coniugi in quanto, come sostenuto dalle parti nel procedimento principale, la coppia che essi formavano è stata costretta dalle disposizioni legislative e statutarie applicabili a stabilirsi in un’abitazione collegata al complesso immobiliare dell’ambasciata di Germania a Mosca. Secondo PQ, un agente diplomatico non può essere soggetto al diritto dello Stato accreditatario in ragione delle immunità e dei privilegi di cui beneficia, conformemente alla Convenzione di Vienna.
51 I governi tedesco, greco e finlandese fanno valere, in sostanza, che il soggiorno all’estero dei diplomatici è di natura temporanea e casuale, il che esclude qualsiasi volontà di installarsi stabilmente nello Stato accreditatario.
52 A tal riguardo si deve osservare che il soggiorno di un agente diplomatico nel territorio dello Stato accreditatario risponde, in linea di principio, esclusivamente a fini professionali, dal momento che tale soggiorno è direttamente connesso all’esercizio delle sue funzioni. Come ha indicato il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, l’assegnazione nello Stato accreditatario è, in generale, determinata, anzitutto e soprattutto, dalle esigenze di servizio dello Stato accreditante e non dalla volontà e dalle preferenze personali dell’agente diplomatico assegnato nello Stato accreditatario.
53 Tale situazione si distingue da quella che ha dato origine alla sentenza del 1° agosto 2022, MPA (Residenza abituale – Stato terzo) (C‑501/20, EU:C:2022:619). Se è certamente vero che, al punto 58 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che il fatto che il soggiorno dei coniugi in uno Stato terzo sia direttamente connesso all’esercizio delle loro funzioni non è, di per sé, idoneo ad impedire che tale soggiorno presenti un grado di stabilità sufficiente per caratterizzare una residenza abituale dei coniugi in tale Stato, resta il fatto che tale affermazione è stata resa in un contesto in cui si trattava di agenti contrattuali a tempo indeterminato dell’Unione, assegnati alla delegazione di quest’ultima in uno Stato terzo, conformemente alle disposizioni dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea applicabili agli agenti contrattuali non soggetti a rotazione presso la sede di Bruxelles.
54 Orbene, come PQ e tutti i governi intervenuti hanno fatto sostanzialmente valere, la natura e la specificità dell’attività professionale di un agente diplomatico assegnato a una rappresentanza esterna nello Stato accreditatario depongono, in linea di principio, in ragione delle circostanze inerenti a tale funzione, per l’assenza di residenza abituale, ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, di tale agente e del suo coniuge in detto Stato.
55 Peraltro, come risulta dall’articolo 31, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna, gli agenti diplomatici godono dell’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa dello Stato accreditatario, fatte salve le eccezioni di cui alle lettere da a) a c) di tale disposizione, in particolare, qualora si tratti di un’azione reale circa un immobile privato situato sul territorio di tale Stato, a meno che l’agente diplomatico non lo possegga per conto dello Stato accreditante ai fini della sua missione.
56 Occorre, pertanto, rilevare che non è escluso che, in circostanze di fatto particolari, lo Stato accreditatario possa essere considerato lo Stato in cui i coniugi di cui trattasi hanno voluto stabilire la loro residenza abituale, ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010. Come ha osservato la Commissione, ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando l’agente diplomatico e il coniuge acquisiscono a titolo privato un’abitazione nello Stato accreditatario per stabilirvisi insieme dopo la fine della sua assegnazione.
57 Di conseguenza, sebbene la qualità di agente diplomatico di uno dei coniugi costituisca un elemento rilevante nell’ambito dell’esame del carattere abituale della residenza dei coniugi nel territorio dello Stato accreditatario, per quanto riguarda la valutazione delle ragioni della loro presenza in tale Stato e delle condizioni del loro soggiorno, tale elemento non è di per sé determinante per escludere il riconoscimento di una residenza abituale dell’interessato e dei suoi familiari in detto Stato. Anche in presenza di un tale elemento, la determinazione della «residenza abituale» dei coniugi deve essere effettuata sulla base dell’insieme delle circostanze di fatto proprie di ciascun caso di specie.
58 Per quanto riguarda, poi, la durata della presenza fisica dei coniugi nel territorio di uno Stato, tale elemento costituisce un indizio della «stabilità» del soggiorno che caratterizza la nozione di «residenza abituale». Infatti, come precisato al punto 39 della presente sentenza, per essere qualificata come «abituale», una residenza deve presentare un certo grado di stabilità o di regolarità, in contrapposizione a una presenza temporanea o occasionale.
59 La valutazione di tale criterio della nozione di «residenza abituale» richiede di tener conto della situazione particolare degli agenti diplomatici e dei loro familiari, data la natura delle loro funzioni. Infatti, da un lato, tali persone conservano spesso uno stretto rapporto con lo Stato accreditante nel quale si recano regolarmente e, dall’altro, poiché gli agenti diplomatici sono generalmente soggetti ad un principio di rotazione, la durata del loro soggiorno nello Stato accreditatario può essere percepita come a priori temporanea, quand’anche talvolta presenti, in pratica, una lunghezza non trascurabile. In tali circostanze particolari, la durata della presenza fisica dei coniugi nel territorio dello Stato accreditatario non è, di per sé, un elemento determinante del carattere abituale della loro residenza in tale Stato. Non si può escludere, al riguardo, che i coniugi siano presenti in tale territorio per un periodo non trascurabile, pur conservando il centro dei loro interessi nello Stato accreditante, nel quale si recano regolarmente.
60 Per quanto riguarda, infine, la rilevanza del grado di integrazione sociale e familiare nello Stato interessato per la determinazione della residenza abituale dei coniugi ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, si deve osservare che, nel contesto dell’interpretazione delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 sulla responsabilità genitoriale, la Corte ha considerato l’ambiente sociale e familiare dei genitori del minore, in particolare se minore di tenera età, come un criterio essenziale per la determinazione del luogo della residenza abituale di quest’ultimo [v., in proposito, sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 53 e giurisprudenza citata].
61 Se è vero che le circostanze particolari che caratterizzano la residenza abituale di un minore non sono identiche a quelle che consentono di determinare la residenza abituale dei coniugi, l’integrazione sociale in uno Stato, sia esso lo Stato accreditatario che lo Stato accreditante, costituisce un elemento rilevante ai fini della determinazione di tale residenza, poiché è idoneo a concretizzarne l’elemento soggettivo relativo alla volontà degli interessati di fissare il centro abituale dei loro interessi in un luogo determinato.
62 Anche i legami familiari mantenuti nello Stato accreditante o, al contrario, quelli creati nello Stato accreditatario possono essere rilevanti nell’ambito dell’analisi di tutte le circostanze di fatto proprie del caso di specie che spetta al giudice del rinvio effettuare.
63 Inoltre, va ricordato che, come ha affermato la Corte in relazione al regolamento n. 2201/2003, giurisprudenza trasponibile ai fini dell’interpretazione della nozione di «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010, un coniuge che divide la propria vita tra due Stati membri può avere la sua residenza abituale in uno solo di tali Stati [sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge ‑ Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 62 e giurisprudenza citata].
64 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale hanno risieduto in Russia, presso la sede dell’ambasciata di Germania a Mosca, a partire dal mese di settembre 2019. DL è rientrata in Germania il 23 maggio 2021. Nelle sue osservazioni scritte alla Corte, PQ ha sostenuto che il 1° novembre 2023 è stato assegnato ad un altro incarico, in Germania. Il loro soggiorno nello Stato accreditatario sembra quindi essere stato circoscritto al quadro costituito da tale ambasciata.
65 Dalle informazioni di cui dispone la Corte risulta altresì che, durante tutta la loro residenza nello Stato accreditatario, i coniugi hanno continuato a intrattenere uno stretto rapporto con lo Stato accreditante, avendo là ancora interessi patrimoniali nonché legami sociali e familiari. Infatti, hanno mantenuto la casa familiare a Berlino, nella prospettiva di un ritorno in Germania dopo la cessazione delle funzioni di PQ nello Stato accreditatario, casa dove risiedeva la loro figlia maggiorenne e dove sembra che essi stessi abbiano soggiornato nel recarsi in Germania.
66 Orbene, con riserva di più ampie verifiche da parte del giudice del rinvio sulla base di tutte le circostanze di fatto proprie del caso di specie, tali elementi fanno pensare che i coniugi, nonostante la durata del loro soggiorno in Russia, non abbiano avuto la volontà di fissarvi il centro abituale dei propri interessi, rimasto invece nello Stato accreditante dal quale si sono allontanati solo temporaneamente, cosicché il diritto dello Stato della residenza abituale dei coniugi risulta essere quello tedesco.
67 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento n. 1259/2010 deve essere interpretato nel senso che lo status di agente diplomatico di uno dei coniugi e la sua assegnazione a un incarico nello Stato accreditatario ostano, in linea di principio, a che la «residenza abituale» dei coniugi sia considerata fissata in tale Stato, a meno che non siano accertate, sulla base di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso, comprese in particolare la durata della presenza fisica dei coniugi e la loro integrazione sociale e familiare in quello Stato, da un lato, la volontà dei coniugi di fissare il centro abituale dei loro interessi in tale Stato e, dall’altro, una presenza che denota un grado sufficiente di stabilità nel territorio di tale Stato.
Sulle spese
68 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’articolo 8, lettere a) e b), del regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale,
deve essere interpretato nel senso che:
lo status di agente diplomatico di uno dei coniugi e la sua assegnazione a un incarico nello Stato accreditatario ostano, in linea di principio, a che la «residenza abituale» dei coniugi sia considerata fissata in tale Stato, a meno che non siano accertate, sulla base di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso, comprese in particolare la durata della presenza fisica dei coniugi e la loro integrazione sociale e familiare in quello Stato, da un lato, la volontà dei coniugi di fissare il centro abituale dei loro interessi in tale Stato e, dall’altro, una presenza che denota un grado sufficiente di stabilità nel territorio di tale Stato.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.
i Il nome della presente causa è fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.