CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
RIMVYDAS NORKUS
presentate il 6 marzo 2025 ( 1 )
Causa C‑206/24
YX,
Logistica i Gestió Caves Andorranes i Vidal SA
contro
Ministre de l’Économie, des Finances et de la Relance,
Directeur général des douanes et droits indirects
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia)]
«Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Rimborso o sgravio dei dazi all’importazione o all’esportazione – Regolamento (CEE) n. 1430/79 – Codice doganale dell’Unione – Regolamento (UE) n. 952/2013 – Condizioni per il rimborso d’ufficio – Termine di tre anni a decorre dalla data della notifica dell’obbligazione doganale – Conoscenza, da parte delle autorità doganali, dell’identità degli operatori interessati nonché dell’importo da rimborsare a ciascuno di essi, senza dover effettuare ricerche approfondite – Diritto a una buona amministrazione»
I. Introduzione
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1. |
La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, presentata dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ha ad oggetto l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1430/79 del Consiglio, del 2 luglio 1979, relativo al rimborso o allo sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione ( 2 ), come modificato dal regolamento (CEE) n. 3069/86 del Consiglio, del 7 ottobre 1986 ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 1430/79»), e dell’articolo 236, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario ( 4 ) (in prosieguo: il «codice doganale comunitario»). |
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2. |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra YX e la Logística i Gestió Caves Andorranes i Vidal SA, già Caves Andorranes SA (in prosieguo: la «Caves Andorranes»), una società di diritto andorrano, da un lato,, dall’altro, il Ministre de l’Économie, des Finances et de la Relance (Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa, Francia) e il Directeur général des douanes et droits indirects (Direttore generale delle dogane e delle accise, Francia), in merito al rimborso d’ufficio di dazi doganali indebitamente riscossi. I dazi doganali in discussione sono stati imposti a causa di un’applicazione errata delle norme doganali, che è stata rilevata e corretta soltanto a distanza di anni. A tal riguardo, le autorità francesi sostengono in sostanza di non essere state in grado di individuare le società interessate da tale prassi amministrativa né di determinare gli importi da rimborsare. Inoltre, a loro parere, il diritto di chiedere un rimborso è soggetto a un termine fissato dalla normativa doganale. Con il suo ricorso avverso il rifiuto di accordare il rimborso dei dazi doganali in discussione, la Caves Andorranes contesta tale argomento. |
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3. |
Le parti della controversia hanno pertanto espresso posizioni divergenti per quanto riguarda sia la portata degli obblighi di indagine delle autorità doganali sia il termine di decadenza di tre anni previsto dal diritto dell’Unione ai fini del procedimento amministrativo di rimborso. La presente causa offre alla Corte l’occasione di pronunciarsi sulla necessità di ristabilire una situazione conforme al diritto dell’Unione, a vantaggio dell’impresa che ha subito un danno, sebbene sia trascorso un lasso di tempo considerevole dall’illecito amministrativo. Nella sua sentenza la Corte dovrà spiegare in che modo tale obiettivo possa conciliarsi con gli interessi della certezza del diritto e del buon funzionamento dell’amministrazione doganale. |
II. Contesto normativo
A. Regolamento n. 1430/79
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4. |
Il nono considerando del regolamento n. 1430/79 era così formulato: «considerando che è opportuno precisare le altre condizioni sostanziali e formali alla cui osservanza è subordinata la concessione del rimborso o dello sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione; che è opportuno in special modo fissare i termini entro i quali l’interessato può presentare una domanda a tal fine presso le autorità competenti (...)». |
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5. |
L’articolo 1 di tale regolamento prevedeva quanto segue: «1. Il presente regolamento fissa le condizioni alle quali le autorità competenti accordano il rimborso o lo sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione. 2. Ai sensi del presente regolamento, si considerano: (...) e) contabilizzazione: l’atto amministrativo mediante il quale è debitamente stabilito l’importo dei diritti all’importazione o all’esportazione che le autorità competenti devono riscuotere; (...)». |
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6. |
L’articolo 2 di detto regolamento disponeva quanto segue: «1. Si procede al rimborso o allo sgravio dei diritti all’importazione nella misura in cui viene apportata la prova, in modo soddisfacente per le autorità competenti, che l’importo di tali diritti: concerne merci per le quali non sia sorto alcun debito doganale o per le quali il debito doganale si sia estinto in modo diverso dal versamento dell’importo o dalla prescrizione; è superiore, per un qualsiasi motivo, a quello legalmente percepibile. 2. Il rimborso o lo sgravio dei diritti all’importazione per uno dei motivi indicati al paragrafo 1 viene accordato su domanda presentata presso l’ufficio doganale competente entro il termine di tre anni a decorrere dalla data della contabilizzazione dei diritti stessi da parte dell’autorità incaricata della riscossione. Questo termine non può in alcun caso essere prorogato, salvo se l’interessato abbia fornito la prova di non aver potuto presentare la richiesta entro tale termine per un caso fortuito o di forza maggiore. Le autorità competenti procedono d’ufficio al rimborso o allo sgravio se entro tale termine esse accertano l’esistenza dell’una o dell’altra delle situazioni descritte al paragrafo 1». |
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7. |
L’articolo 15, primo comma, del medesimo regolamento enunciava quanto segue: «Il rimborso o lo sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione è concesso soltanto alla persona che abbia corrisposto tali diritti o sia tenuta a corrisponderli, o alle persone che le sono succedute nei suoi diritti o obblighi». |
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8. |
L’articolo 16, secondo comma, del regolamento n. 1430/79 prevedeva quanto segue: «La domanda deve essere corredata di tutti i mezzi di prova di cui il richiedente dispone, in modo da consentire alle autorità competenti di pronunciarsi sulla medesima tenendo conto dei motivi invocati dal richiedente. Ove lo ritengano necessario, le autorità competenti possono fissare un termine al richiedente perché fornisca elementi di prova complementari». |
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9. |
Tale regolamento è stato abrogato dall’articolo 251 del codice doganale comunitario. |
B. Codice doganale comunitario
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10. |
L’articolo 236 del codice doganale comunitario disponeva quanto segue: «1. Si procede al rimborso dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2. Si procede allo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento della contabilizzazione il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2. Non vengono accordati né rimborso né sgravio qualora i fatti che hanno dato luogo al pagamento o alla contabilizzazione di un importo che non era legalmente dovuto risultano da una frode dell’interessato. 2. Il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione viene concesso, su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato, entro tre anni dalla data della notifica al debitore dei dazi stessi. Questo termine viene prorogato quando l’interessato fornisce la prova che gli è stato impossibile presentare la domanda nel termine stabilito per caso fortuito o di forza maggiore. L’autorità doganale procede d’ufficio al rimborso o allo sgravio dei dazi di cui sopra quando constati, durante detto termine, l’esistenza di una delle situazioni descritte nel paragrafo 1, primo e secondo comma». |
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11. |
Conformemente al suo articolo 253, secondo comma, tale codice era applicabile a decorrere dal 1o gennaio 1994. |
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12. |
Detto codice è stato abrogato dall’articolo 186 del regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (Codice doganale aggiornato) (GU 2008, L 145, pag. 1), esso stesso abrogato e sostituito dall’articolo 286 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1, e rettifica in GU 2016, L 267, pag. 2) (in prosieguo: il «codice doganale dell’Unione»). |
C. Codice doganale dell’Unione
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13. |
L’articolo 116 del codice doganale dell’Unione prevede quanto segue: «1. Fatte salve le condizioni stabilite nella presente sezione, si procede al rimborso o allo sgravio degli importi del dazio all’importazione o all’esportazione per uno dei seguenti motivi:
(...) 4. Fatte salve le norme di competenza per le decisioni, se le autorità doganali constatano, entro i periodi di cui all’articolo 121, paragrafo 1, che l’importo di un dazio all’importazione o all’esportazione deve essere oggetto di rimborso o di sgravio a norma degli articoli 117, 119 o 120, esse procedono di propria iniziativa al rimborso o allo sgravio. (...)». |
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14. |
L’articolo 117, paragrafo 1, di tale codice enuncia quanto segue: «Si procede al rimborso o allo sgravio dell’importo del dazio all’importazione o all’esportazione qualora l’importo corrispondente all’obbligazione doganale inizialmente notificata superi l’importo dovuto o l’obbligazione doganale sia stata notificata al debitore non conformemente all’articolo 102, paragrafo 1, secondo comma, lettera c) o d)». |
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15. |
L’articolo 121 di detto codice, intitolato «Procedura di rimborso e sgravio», al paragrafo 1, così dispone: «Le domande di rimborso o di sgravio a norma dell’articolo 116 sono presentate alle autorità doganali entro i termini seguenti:
(...) Il termine di cui alle lettere a) e b) del primo comma viene prorogato se il richiedente dimostra che gli è stato impossibile presentare la domanda entro il termine prescritto per un caso fortuito o per causa di forza maggiore». |
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16. |
Conformemente al suo articolo 288, paragrafo 2, le disposizioni del codice doganale dell’Unione di cui ai tre precedenti paragrafi delle presenti conclusioni si applicano a decorrere dal 1o maggio 2016. |
III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali
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17. |
Tra il 1988 e il 1991, alcuni importatori andorrani hanno importato in Andorra, tramite la società Ysal, spedizioniere doganale stabilito in Francia, merci provenienti in particolare da paesi terzi. Tali importazioni hanno dato luogo al pagamento di dazi doganali in Francia. Infatti, in quel periodo, le autorità doganali francesi esigevano che le merci provenienti da paesi terzi e dirette in Andorra fossero immesse in libera pratica quando attraversavano il territorio francese. |
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18. |
Il 23 gennaio 1991 la Commissione europea ha pubblicato il parere motivato COM(90) 2042 final, con il quale, da un lato, essa ha constatato che la Repubblica francese, prevedendo un siffatto requisito di immissione in libera pratica ( 5 ), aveva violato gli obblighi ad essa incombenti in forza di talune disposizioni di diritto (allora) comunitario e, dall’altro, ha invitato detto Stato membro a conformarsi a tale parere motivato entro un termine di 30 giorni. |
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19. |
Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, il 6 giugno 1991, il ministère de l’Économie, des Finances et du Budget (Ministero dell’Economia, delle Finanze e del Bilancio, Francia) ha pubblicato nel Journal officiel de la République française (Gazzetta ufficiale della Repubblica francese) un avviso agli esportatori che aboliva detto requisito dell’immissione in libera pratica. |
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20. |
Il 20 maggio 2008 la Ysal ha citato l’amministrazione doganale francese dinanzi ad un tribunal d’instance (Giudice civile monocratico di primo grado, Francia) per ottenere il rimborso dei dazi doganali che tale amministrazione avrebbe indebitamente riscosso sulla base delle dichiarazioni di importazione verso Andorra sottoscritte tra il 1988 e il 1991. |
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21. |
Con sentenza del 15 giugno 2010, tale giudice ha dichiarato l’azione della Ysal irricevibile per mancanza di legittimazione e di interesse ad agire. Tale sentenza è stata confermata da una sentenza di una cour d’appel (Corte d’appello, Francia) il 13 dicembre 2011. Con sentenza del 21 gennaio 2014, la Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ha respinto il ricorso presentato dalla Ysal. |
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22. |
In una data non precisata, detti importatori andorrani, nei cui diritti sono subentrati la Caves Andorranes e YX, hanno rimborsato alla Ysal i dazi doganali che quest’ultima aveva pagato per loro conto. |
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23. |
Il 16 luglio 2015 la Caves Andorranes e YX hanno citato l’amministrazione doganale francese dinanzi al Tribunal de grande instance de Toulouse (Tribunale di primo grado di Tolosa, Francia) al fine di ottenere il pagamento di una somma corrispondente ai dazi doganali indebitamente riscossi da tale amministrazione. Con sentenza del 4 luglio 2017, tale giudice ha respinto le domande della Caves Andorranes e di YX. |
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24. |
Con sentenza del 10 febbraio 2020, la cour d’appel de Toulouse (Corte d’appello di Tolosa, Francia) ha confermato detta sentenza. A tal riguardo, essa ha considerato, che l’amministrazione doganale, per procedere al rimborso d’ufficio previsto all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1430/79 e all’articolo 236, paragrafo 2, terzo comma, del codice doganale comunitario, dovesse disporre degli elementi necessari alla determinazione sia dell’importo dei dazi da rimborsare sia dell’identità di ciascun debitore, senza dover effettuare ricerche sproporzionate. |
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25. |
La Caves Andorranes e YX hanno presentato, dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione), giudice del rinvio, impugnazione avverso tale sentenza a sostegno della quale deducono, in sostanza, che la cour d’appel de Toulouse (Corte d’appello di Tolosa), con la sua sentenza del 10 febbraio 2020, ha violato l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1430/79. L’obbligo di rimborso d’ufficio previsto da tale disposizione sarebbe subordinato unicamente all’osservanza di un termine di tre anni a decorrere dalla data della comunicazione dei dazi doganali al debitore. Per contro, detta disposizione non prevedrebbe che le autorità doganali debbano disporre di tutti gli elementi relativi all’importo dei dazi e all’identità di ciascun debitore. La cour d’appel de Toulouse (Corte d’appello di Tolosa) avrebbe in tal modo aggiunto alla medesima disposizione una condizione che essa non conteneva. |
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26. |
Il giudice del rinvio indica che l’amministrazione doganale francese sostiene di poter rimborsare d’ufficio i dazi all’importazione o all’esportazione solo se dispone di tutti gli elementi che le consentano di accertare che questi ultimi sono stati indebitamente riscossi e che devono essere restituiti. Non potrebbe esserle richiesto di effettuare ricerche approfondite per determinare l’importo dei dazi da rimborsare a ciascuno degli operatori commerciali interessati. |
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27. |
Tale giudice si chiede pertanto se le disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1430/79 e dell’articolo 236, paragrafo 2, del codice doganale comunitario debbano essere interpretate nel senso che l’autorità competente è tenuta a procedere d’ufficio al rimborso dei dazi doganali non legalmente dovuti solo se, a tal fine, dispone di tutti gli elementi necessari e se, in mancanza di ciò, essa non deve effettuare ricerche sproporzionate. |
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28. |
Secondo il giudice del rinvio, si pone altresì la questione preliminare se il rimborso d’ufficio da parte di un’autorità doganale possa avvenire oltre un termine di tre anni a decorrere dalla data della comunicazione dei dazi al debitore. Con riferimento alla sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, EU:C:2012:347, punto 21), nella quale la Corte ha statuito che l’articolo 236, paragrafo 2, primo comma, del codice doganale comunitario limita ad un periodo di tre anni il rimborso dei dazi doganali non legalmente dovuti, detto giudice si chiede se l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1430/79 debba essere interpretato nel senso che le autorità competenti non potrebbero più, scaduto detto termine, procedere ad un rimborso d’ufficio, e ciò anche qualora abbiano accertato che durante il termine in parola tali dazi non erano legalmente dovuti. |
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29. |
In tale contesto, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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IV. Procedimento dinanzi alla Corte
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30. |
La decisione di rinvio datata 13 marzo 2024 è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 17 marzo 2024. |
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31. |
Il governo francese e la Commissione hanno depositato osservazioni scritte nel termine impartito dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. |
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32. |
Nel corso della riunione generale del 5 novembre 2024, la Corte ha deciso di non tenere un’udienza di discussione. |
V. Analisi giuridica
A. Osservazioni preliminari
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33. |
Oltre all’introduzione di una tariffa doganale comune, la creazione di un’unione doganale ai sensi dell’articolo 28 TFUE richiede altresì l’armonizzazione delle norme doganali generali e delle corrispondenti procedure doganali per la riscossione, la sospensione o l’esenzione dei dazi all’importazione. In caso contrario, le differenze tra le normative doganali nazionali potrebbero ostacolare la circolazione delle merci all’interno del mercato unico. L’obiettivo iniziale era quindi armonizzare le legislazioni doganali degli Stati membri. Tuttavia, l’armonizzazione del diritto doganale attraverso numerose normative individuali vertenti su vari argomenti ha portato a una frammentazione giuridica ( 6 ). Soltanto a partire dal 1o gennaio 1994, con il codice doganale comunitario, è diventato applicabile a livello sovranazionale un diritto procedurale doganale uniforme. Il codice doganale dell’Unione, in vigore dal 9 ottobre 2013, è applicabile a decorrere dal 1o maggio 2016 ( 7 ). La legislazione nazionale, dal canto suo, disciplina l’organizzazione dell’amministrazione doganale, responsabile dell’applicazione amministrativa del diritto doganale dell’Unione. |
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34. |
Occorre ricordare che l’Unione europea, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), TFUE, ha competenza esclusiva per quanto riguarda l’unione doganale e che, conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, quest’ultimo deve essere applicato in maniera uniforme in tutto il territorio doganale dell’Unione. Pertanto, la riscossione dei dazi doganali da parte degli Stati membri per conto dell’Unione sulle merci importate nel territorio doganale dell’Unione è soggetta unicamente alla legislazione europea in forza del principio del primato del diritto dell’Unione ( 8 ), il che significa che, nel caso di specie, lo Stato membro interessato, ossia la Francia, applica le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, più precisamente quelle relative al transito e al rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi, in sostituzione di qualsiasi disposizione della propria legislazione nazionale che possa derogare al codice doganale dell’Unione. |
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35. |
Occorre rilevare che i fatti all’origine del procedimento principale sono avvenuti oltre trenta anni fa e che sono state intentate diverse cause dinanzi ai giudici francesi. È per questo motivo che il giudice del rinvio fa riferimento, nelle sue questioni, sia all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1430/79 sia all’articolo 236, paragrafo 2, terzo comma, del codice doganale comunitario. Tali disposizioni, ormai riprese dall’articolo 116, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 121, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, erano applicabili ratione temporis ai periodi considerati pertinenti dal giudice del rinvio. A tal proposito, vorrei sottolineare che le disposizioni menzionate differiscono solo nella loro formulazione, mentre il loro contenuto normativo è rimasto invariato. Per questo motivo, al fine di facilitare la lettura delle presenti conclusioni, farò piuttosto riferimento agli elementi comuni della normativa relativa al procedimento di rimborso. Un simile approccio mi sembra tanto più sensato in quanto l’interpretazione che propongo è destinata ad applicarsi anche a casi analoghi ai quali si applicano le disposizioni del codice doganale dell’Unione attualmente in vigore ( 9 ) |
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36. |
A fini di completezza, ricordo che, secondo una costante giurisprudenza, le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano rapporti giuridici sorti anteriormente alla loro entrata in vigore ( 10 ). Ai fini della presente analisi, occorre considerare come norma sostanziale la disposizione che stabilisce le condizioni che disciplinano il fondamento e l’insorgere del diritto al rimborso, mentre le norme procedurali includono le disposizioni che regolano le condizioni di esercizio di tale diritto e, segnatamente, il termine per la presentazione della domanda di rimborso o per l’accertamento da parte delle autorità dell’esistenza di una o dell’altra circostanza che giustifica il rimborso. |
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37. |
La presente causa solleva diverse questioni giuridiche intrinsecamente collegate. Esse possono essere raggruppate in via generale in tre assi tematici distinti: i) la portata dell’obbligo gravante sull’autorità doganale di rimborsare d’ufficio i dazi doganali non dovuti; ii) il procedimento da seguire qualora l’obbligo di rimborso sorga dall’accertamento dell’assenza di una base giuridica per la richiesta di pagamento dei dazi doganali non dovuti; iii) l’obiettivo legislativo del termine di tre anni previsto dalla normativa doganale. Per motivi di chiarezza e di razionalità, propongo di trattare congiuntamente le questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio. Le affronterò nell’ambito dell’esposizione di tali assi tematici. |
B. Sulla ricevibilità
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38. |
Prima di procedere all’esame delle questioni di merito, ritengo necessario soffermarmi brevemente sulla questione della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Sebbene nessuna delle parti interessate sollevi tale eccezione di irricevibilità, ci si può chiedere se una risposta alle questioni poste dal giudice del rinvio sia necessaria per dirimere il procedimento principale. Dato che la normativa in materia doganale prevede un termine di tre anni per far valere domande di rimborso di dazi doganali indebitamente riscossi e che gli eventi all’origine del procedimento in esame si sono verificati oltre trent’anni fa, tali questioni sembrano, prima facie, irrilevanti. |
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39. |
Secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego di pronuncia, da parte della Corte, su un rinvio pregiudiziale proposto da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte ( 11 ) |
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40. |
Non ritengo che le questioni poste dal giudice del rinvio siano ipotetiche, giacché, a mio avviso, un’interpretazione delle disposizioni relative agli obblighi delle autorità doganali nel procedimento di rimborso può risultare utile anche al fine di chiarire se la Caves Andorranes abbia diritto a un risarcimento per violazione del diritto dell’Unione conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte. Taluni indizi suggeriscono che la Caves Andorranes potrebbe perseguire detto obiettivo, quantomeno in via subordinata ( 12 ). Pertanto, gli elementi di interpretazione su qualsiasi questione relativa al rimborso d’ufficio dei dazi doganali indebitamente riscossi derivanti dall’emananda sentenza della Corte potrebbero essere utili per risolvere la controversia nel caso in cui il ricorrente nel procedimento principale mettesse in discussione la responsabilità dell’amministrazione doganale francese per un’eventuale violazione del diritto dell’Unione ( 13 ). |
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41. |
Per le ragioni esposte nei paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, occorre ritenere che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia ricevibile. |
C. Nel merito
1. Obbligo per l’autorità doganale di rimborsare d’ufficio i dazi doganali non dovuti
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42. |
La normativa dell’Unione in materia doganale prevede due modalità diverse di rimborso dei dazi all’importazione non dovuti. La prima di dette modalità richiede una domanda preventiva a tal fine presso l’ufficio doganale interessato prima della scadenza di un periodo di tre anni dalla contabilizzazione dei dazi doganali non dovuti, mentre la seconda deriva da un’azione spontanea dell’amministrazione doganale, che deve procedere d’ufficio al rimborso quando constati, durante il termine in parola, l’esistenza di una delle situazioni che lo giustificano. |
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43. |
La presente causa riguarda la seconda modalità. A tale proposito, è opportuno anzitutto sottolineare che la normativa doganale prevede un obbligo generale di rimborso laddove determinate condizioni, di cui tratterò in seguito, siano soddisfatte. Più precisamente, sia dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1430/79 che dall’articolo 236, paragrafo 1, del codice doganale comunitario, risulta che «si procede al rimborso», mentre l’articolo 116, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione prevede che «si procede al rimborso» degli importi del dazio all’importazione per uno dei motivi specificati dalla normativa. |
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44. |
Tra le condizioni che danno diritto al rimborso e che, fatta salva la valutazione da parte del giudice del rinvio, possono essere applicabili al caso di specie, vi è la circostanza che «non sia sorto alcun debito doganale», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1430/79, o che, al momento del pagamento dei dazi doganali, «il loro importo non era legalmente dovuto», ai sensi dell’articolo 236, paragrafo 1, del codice doganale comunitario. L’articolo 116, paragrafo 1, lettera a), del codice doganale dell’Unione prevede a sua volta il rimborso per «importi del dazio all’importazione (...) applicati in eccesso». Malgrado la formulazione leggermente diversa di tali disposizioni, esse hanno in comune il fatto di riguardare essenzialmente una situazione nella quale un dazio doganale è stato riscosso dall’amministrazione senza giustificazione giuridica. Poiché le disposizioni in parola prevedono le condizioni che stabiliscono il fondamento e l’esistenza del diritto al rimborso, esse costituiscono norme sostanziali. |
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45. |
Tali norme sostanziali devono essere distinte dalle norme procedurali, che svolgono un ruolo determinante nella presente causa. Si tratta delle disposizioni citate al paragrafo 35 delle presenti conclusioni, che, come ho già rilevato, non sono cambiate per quanto riguarda il loro contenuto normativo, in quanto prevedono, in sostanza, che «l’autorità doganale procede d’ufficio al rimborso (...) quando constati, durante detto termine, [che le condizioni per una siffatta iniziativa sono soddisfatte]». Tale normativa richiede alcune osservazioni da parte mia ai fini della sua interpretazione. Nel far ciò, ricorrerò ai metodi di interpretazione riconosciuti nella giurisprudenza della Corte. A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi che persegue l’atto di cui fa parte. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può fornire elementi rilevanti per la sua interpretazione ( 14 ). |
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46. |
Sulla base di tali considerazioni, mi sembra che la formulazione stessa di tali disposizioni («procede d’ufficio») confermi, in primo luogo, che spetta all’amministrazione doganale agire di propria iniziativa e, in secondo luogo, che l’evento che ha portato all’attenzione della stessa il fatto che i dazi doganali sono stati indebitamente riscossi deve essersi verificato entro il periodo di tre anni («durante detto termine»). A mio avviso, è evidente che la normativa in parola non deve essere intesa nel senso che il rimborso stesso debba avvenire entro detto termine. |
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47. |
Dal punto di vista sistematico, tale interpretazione, relativa al rimborso d’ufficio, mi sembra corroborata da una lettura delle disposizioni relative alla prima modalità di rimborso dei dazi all’importazione non dovuti, vale a dire il procedimento su domanda. Ai sensi di tale normativa, «il rimborso viene accordato su domanda presentata presso l’ufficio doganale competente entro il termine di tre anni» ( 15 ) a decorrere dalla data che, a seconda della versione adottata, è la data della «contabilizzazione dei diritti stessi da parte dell’autorità incaricata della riscossione», quella «della notifica al debitore dei dazi stessi» o quella della «notifica dell’obbligazione doganale». In via eccezionale, tale termine è prorogato se l’interessato dimostra che gli è stato impossibile presentare la domanda entro il termine prescritto per un caso fortuito o per causa di forza maggiore. |
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48. |
A prescindere dalle divergenze connesse alla formulazione delle disposizioni di cui trattasi, è evidente che il legislatore dell’Unione ha anche inteso, nel disciplinare tale modalità di rimborso, fissare un termine di tre anni entro il quale le autorità dovevano dimostrare che i dazi doganali sono stati erroneamente riscossi. In altri termini, nell’ambito di tale modalità, la domanda depositata dal debitore è il mezzo mediante il quale le autorità vengono a conoscenza delle circostanze che danno origine al diritto al rimborso e le obbligano ad agire. Per contro, la formulazione di dette disposizioni mostra che tale modalità non prevede alcun termine preciso per effettuare il rimborso. La logica sottesa alla normativa delle due modalità descritte nei paragrafi precedenti delle presenti conclusioni è quindi molto simile. |
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49. |
Di conseguenza, se tale domanda fosse depositata appena prima della scadenza del periodo di tre anni, l’amministrazione potrebbe senz’altro provvedere successivamente al rimborso, ossia dopo la scadenza di detto periodo, senza violare la normativa dell’Unione in materia doganale. La giurisprudenza della Corte conferma tale interpretazione, poiché la Corte ha dichiarato nella sentenza C & J Clark International che dall’articolo 236 del codice doganale comunitario deriva che, «in linea di principio e salvo caso fortuito o causa di forza maggiore, il rimborso di dazi che non erano legalmente dovuti al momento del pagamento può avvenire, dopo la scadenza del periodo di tre anni a decorrere dalla comunicazione dell’importo di tali dazi al debitore, solo qualora quest’ultimo abbia presentato, nel corso di detto termine, una domanda in tal senso alle autorità doganali nazionali» ( 16 ). |
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50. |
Inoltre, la Corte ha stabilito nella sentenza CIVAD, più risalente, che riguardava una situazione nella quale una domanda di rimborso era stata depositata dopo la scadenza di detto termine, ossia tardivamente, che «un operatore economico, in linea di principio, non pot[rebbe] più chiedere il rimborso dei dazi antidumping versati (...) e per i quali il termine di tre anni di cui all’articolo 236, paragrafo 2, del codice doganale [comunitario] è scaduto» ( 17 ) Alla luce di tali spiegazioni, risulta che la normativa in discussione presuppone che le autorità debbano prendere atto, entro il termine in parola, dell’assenza di fondamento giuridico ai fini del prelievo dei dazi all’importazione, il che si applica sia al rimborso d’ufficio, sia al rimborso su domanda. L’interpretazione contraria, secondo la quale il rimborso stesso sarebbe circoscritto entro il termine di tre anni, avrebbe come risultato l’estinzione del diritto al rimborso in funzione della velocità alla quale le autorità amministrative agiscono, il che sarebbe contrario alla certezza del diritto. |
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51. |
Nella fattispecie, è pacifico che non è stata presentata alcuna domanda di rimborso entro il termine di tre anni. Ciò pone la questione di quali requisiti di legge debbano essere soddisfatti affinché intervengano le autorità doganali. Occorre in particolare chiarire quale grado di certezza esse debbano avere per quanto riguarda il diritto del cittadino al rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi. Affronterò tale questione in modo più dettagliato dopo aver brevemente illustrato la funzione del periodo di tre anni previsto dalla normativa di cui trattasi. |
2. Funzione del termine di decadenza triennale
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52. |
Come indicato dalla Corte nella sentenza CIVAD, il periodo di tre anni summenzionato è un termine di decadenza, ossia un termine legalmente impartito nel corso del quale il creditore può far valere il proprio diritto al rimborso. La scadenza del termine in parola comporta, in linea di principio, la perdita di detto diritto. Secondo la Corte, un tale termine di preclusione di tre anni è ragionevole, dato che non è tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 18 ). |
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53. |
La Corte ha considerato che un siffatto termine di decadenza è nell’interesse della certezza del diritto, posta a tutela sia del singolo che dell’amministrazione interessata, e non impedisce quindi l’esercizio, da parte del singolo, dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Infine, la Corte ha dichiarato che, se la normativa in materia doganale prevede talune eccezioni al termine di tre anni, ad esempio, in caso di forza maggiore, si deve ricordare che il rimborso dei dazi all’importazione o all’esportazione versati è concesso soltanto a determinate condizioni e in casi specificamente previsti. Pertanto, nei limiti in cui un siffatto rimborso costituisce un’eccezione rispetto al normale regime delle importazioni ed esportazioni, le disposizioni che lo prevedono devono essere interpretate restrittivamente ( 19 ). |
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54. |
La giurisprudenza menzionata ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni riguarda le disposizioni che disciplinano il rimborso dei dazi doganali su domanda presentata da un operatore economico. Tuttavia, lo stesso ragionamento fondato sulla certezza del diritto mi sembra applicabile al termine di tre anni per la modalità del rimborso d’ufficio, il che rende applicabile, per estensione, tutti i principi interpretativi derivanti dalla giurisprudenza menzionata. |
3. Grado di certezza che le autorità doganali devono avere e procedura da seguire ai fini del rimborso
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55. |
La normativa citata al paragrafo 35 delle presenti conclusioni che disciplina gli aspetti procedurali del rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi stabilisce che «l’autorità doganale procede d’ufficio al rimborso (...) quando constati (...) l’esistenza di una delle situazioni [che fanno sorgere tale diritto]» ( 20 ), il che pone la questione di chiarire a cosa faccia esattamente riferimento tale «constatazione» e quale grado di certezza sia richiesto con riferimento all’esistenza di un diritto al rimborso. |
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56. |
A mio avviso, la formulazione delle disposizioni sostanziali pertinenti, menzionate al paragrafo 44 delle presenti conclusioni, non lascia alcun dubbio circa il fatto che la conoscenza da parte delle autorità doganali debba estendersi alle circostanze che fanno sorgere il diritto al rimborso. Ciò comporta concretamente la conoscenza degli elementi essenziali, vale a dire le operazioni doganali effettuate, l’identità delle imprese interessate da tali operazioni, gli importi corrisposti e, beninteso, l’assenza di debito doganale ( 21 ). |
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57. |
In presenza di tali elementi, le autorità doganali sono tenute a procedere al rimborso e non dispongono di alcun margine di discrezionalità. A detto proposito, e contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, non è possibile operare una distinzione netta tra la constatazione effettiva del fatto che le condizioni di rimborso sono soddisfatte e un obbligo di constatazione, salvo svuotare il concetto di «rimborso d’ufficio» di qualsiasi significato proprio. Laddove l’amministrazione doganale è a conoscenza degli elementi di cui al paragrafo precedente delle presenti conclusioni, occorre concludere che essa ha l’obbligo di procedere d’ufficio alla constatazione e al rimborso. La condizione della constatazione in senso stretto coincide, a mio avviso, con un obbligo di constatare a determinate condizioni. L’interpretazione contraria, che si fonderebbe sull’assenza di qualsivoglia obbligo da parte dell’autorità doganale di constatare d’ufficio che un importo può essere rimborsato, condurrebbe ad escludere qualsiasi controllo giudiziario e, pertanto, qualsiasi condanna per violazione di tale obbligo, perché la violazione di un obbligo inesistente è per definizione impossibile. Un risultato del genere sarebbe contrario all’obiettivo del rimborso d’ufficio, fondato sull’obbligo generale di rimborso di tributi riscossi in violazione delle norme del diritto dell’Unione. |
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58. |
Tuttavia, è essenziale determinare come le autorità doganali debbano ottenere le informazioni necessarie a tal fine, in particolare se sia sufficiente che queste ultime siano loro comunicate, ad esempio, dalle imprese interessate, o se esse debbano piuttosto essere proattive ed effettuare ricerche al fine di ottenere maggiore chiarezza. È evidente che la constatazione d’ufficio da parte delle autorità doganali che le condizioni di rimborso sono soddisfatte non è verosimilmente lasciata al caso e richiede in ogni caso una determinata condotta attiva da parte loro. Le modalità di azione delle autorità doganali e la misura in cui queste ultime devono essere proattive saranno esaminate qui di seguito. Ciò che si può affermare con certezza in questa fase è che l’onere di premurarsi che l’amministrazione prenda conoscenza dell’assenza di obbligazione doganale non dovrebbe gravare unicamente sull’impresa interessata, altrimenti ciò equivarrebbe ad esigere da quest’ultima la presentazione di una domanda di rimborso in ogni fattispecie. In altri termini, si avrebbe di fatto una sola modalità di rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi, laddove la normativa doganale prevede chiaramente due modalità diverse. |
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59. |
Di conseguenza, al fine di non svuotare la normativa relativa al rimborso d’ufficio del suo contenuto, mi sembra ragionevole imporre alle autorità doganali l’obbligo di effettuare esse stesse ricerche dirette a stabilire gli elementi essenziali summenzionati affinché si renda possibile il rimborso. Tale interpretazione si basa altresì su un’analisi delle diverse versioni linguistiche dell’espressione «le autorità doganali constatano» ( 22 ) utilizzata dalla normativa di cui trattasi, la quale suggerisce un’iniziativa da parte dell’amministrazione, vale a dire un atto di indagine diretto ad ottenere informazioni. Nelle versioni in lingua spagnola e inglese, è persino possibile leggere espressamente il verbo «scoprire». |
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60. |
Le autorità nazionali hanno il potere di effettuare controlli doganali in forza della normativa in materia doganale ( 23 ). Ciò posto, occorre precisare che l’obbligo di accertare i fatti e di agire di conseguenza dovrebbe dipendere dalla situazione di cui si tratti. Condivido il punto di vista del governo francese e della Commissione secondo cui, in linea di principio, le autorità doganali non dovrebbero essere obbligate ad adottare misure sproporzionate al fine di determinare l’identità degli operatori economici e le somme da rimborsare. Tengo tuttavia a sottolineare che la mia posizione è diversa per quanto riguarda le conclusioni da trarre da tale constatazione. Il requisito della proporzionalità verte sull’esistenza di un rapporto ragionevole tra, da un lato, l’obiettivo di restituire i dazi doganali indebitamente riscossi e, dall’altro, lo sforzo che l’amministrazione doganale è tenuta a porre in essere per raggiungere tale obiettivo. La proporzionalità delle azioni di un’autorità doganale non deve essere valutata in astratto, bensì tenendo conto della situazione specifica in cui si inserisce il rimborso d’ufficio. Pertanto, una situazione più grave che coinvolga diversi operatori economici potrebbe richiedere misure più approfondite da parte di un’autorità doganale, senza che queste ultime appaiano necessariamente sproporzionate. |
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61. |
In una situazione ordinaria che coinvolge un solo importatore, la verifica della sua identità e dell’importo da rimborsare al fine di procedere al rimborso d’ufficio appare una misura ragionevole e proporzionata. Per quale ragione non dovrebbe essere così in una situazione particolare che coinvolge diversi operatori economici sui quali incide l’applicazione erronea della normativa doganale da parte dell’amministrazione? In quest’ultima ipotesi, il fatto che una constatazione che le condizioni di rimborso sono soddisfatte richieda sforzi e risorse supplementari da parte dell’amministrazione doganale è una conseguenza naturale della gravità della situazione alla quale tale amministrazione dovrebbe porre rimedio, e ciò non dovrebbe, per quest’unica ragione, essere considerata una misura sproporzionata. |
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62. |
Le ragioni che hanno portato alla riscossione di importi eccessivi potrebbero altresì essere nel novero dei fattori da prendere in considerazione nella valutazione della proporzionalità di indagini complementari da parte di un’amministrazione doganale. Pertanto, il fatto che essa abbia contribuito alla riscossione in eccesso applicando erroneamente la normativa doganale impone a tale amministrazione un approccio maggiormente proattivo ai fini della restituzione dell’importo in eccesso all’operatore economico, piuttosto che l’adozione di un approccio attendista in base al quale l’importo in eccesso è recuperato soltanto se l’operatore di cui si tratta prende l’iniziativa. Peraltro, vorrei sottolineare che, contrariamente a quanto suggerito dal governo francese, il mancato rimborso d’ufficio non può sempre essere compensato dalla possibilità per un operatore economico di far valere il suo diritto al rimborso. Infatti, detto operatore non è necessariamente consapevole delle circostanze che danno luogo al rimborso e non sarà sempre in grado di presentare una domanda in tal senso. |
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63. |
In considerazione di tutti questi elementi, e sebbene l’ordinaria diligenza risulti adeguata nelle operazioni amministrative quotidiane, cosicché l’amministrazione non può essere accusata di essere venuta meno al proprio dovere di diligenza qualora gli errori nell’applicazione della normativa doganale siano scoperti solo nel corso di controlli regolari ( 24 ), ritengo che le violazioni più gravi richiedano misure supplementari da parte dell’amministrazione al fine di determinare l’esatta portata dell’obbligo di rimborso. In altre parole, le misure che le autorità doganali sono tenute ad adottare devono essere proporzionate alla gravità della situazione. |
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64. |
Sebbene la valutazione della proporzionalità delle misure adottate in concreto spetti al giudice del rinvio, resta il fatto che la Corte può fornirgli orientamenti al fine di consentirgli di adempiere a tale compito. Per quanto riguarda il caso di specie, ritengo, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti interessate, che le autorità francesi non abbiano fatto tutto quanto necessario ai fini della corretta applicazione della normativa doganale. A mio avviso, il fatto di aver applicato quest’ultima erroneamente nel corso di vari anni consecutivi ( 25 ), ciò che ha comportato conseguenze finanziarie per un numero rilevante di imprese, è una circostanza che avrebbe dovuto costringere le autorità francesi ad adottare misure ulteriori al fine della restituzione d’ufficio dei dazi doganali indebitamente riscossi. Esporrò il mio punto di vista in modo più dettagliato nel prosieguo. |
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65. |
Anzitutto, occorre sottolineare che, il 23 gennaio 1991, la Commissione ha pubblicato il parere motivato COM(90) 2042 final, con il quale, da un lato, essa ha constatato che la Repubblica francese, prevedendo un requisito di immissione in libera pratica per le merci provenienti da paesi terzi e dirette in Andorra attraversando il territorio francese, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di talune disposizioni del diritto comunitario e, dall’altro, ha invitato le autorità francesi a conformarsi al parere motivato in parola entro un termine di 30 giorni. Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, il 6 giugno 1991, il ministère de l’Économie, des Finances et du Budget (Ministero dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa) ha pubblicato nel Journal officiel de la République française (Gazzetta ufficiale della Repubblica francese) un avviso agli importatori e agli esportatori che aboliva detto requisito dell’immissione in libera pratica. A mio parere, tale reazione da parte delle autorità francesi deve essere intesa come un’effettiva ammissione di una violazione della normativa in materia doganale e di una volontà di conformarsi alle prescrizioni del diritto comunitario. |
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66. |
Il parere motivato della Commissione non lascia adito a dubbi. I dazi riscossi in applicazione del regime di libera pratica erano contrari alla normativa applicabile e quindi non legalmente dovuti. Pertanto, si può affermare che le autorità doganali ne erano generalmente informate, o quantomeno ne erano consce. Del pari, è possibile supporre che le autorità doganali si siano poste la questione dell’eventuale rimborso, d’ufficio o su domanda, dei dazi doganali indebitamente riscossi, tanto più che la normativa doganale prevedeva un obbligo generale di rimborso allorché le condizioni fossero soddisfatte, come ho già illustrato nelle presenti conclusioni ( 26 ). |
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67. |
Dalla comunicazione ufficiale delle autorità francesi riguardante il cambiamento della loro prassi amministrativa risulta che esse erano consce della necessità di salvaguardare gli interessi degli operatori economici informandoli espressamente. In tale contesto, è importate richiamare l’attenzione sulla circostanza che le autorità doganali sono sottoposte a un obbligo di comunicazione, poiché, in forza dell’articolo 14, paragrafo 2, del codice doganale dell’Unione, esse «mantengono un dialogo regolare con gli operatori economici e con le altre autorità interessate dallo scambio internazionale di merci». Tale disposizione enuncia inoltre che le autorità doganali «promuovono la trasparenza mettendo a disposizione del pubblico, con modalità gratuite ogniqualvolta ciò sia possibile, la normativa doganale, le decisioni amministrative generali e i moduli di domanda. Tale obiettivo può anche essere assicurato ricorrendo alla comunicazione via Internet» ( 27 ). La disposizione in parola rispecchia requisiti di trasparenza e di pubblicazione atti a garantire una buona amministrazione. Occorre rilevare che questi ultimi erano già in vigore sul piano del diritto internazionale economico all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale ( 28 ). Pertanto, è possibile affermare che, mediante tale comunicazione ufficiale, le autorità doganali hanno assolto al proprio obbligo minimo diretto a fornire informazioni relative alla normativa applicabile. |
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68. |
Tuttavia, un siffatto approccio non era certamente sufficiente per porre rimedio all’illegittimità della situazione che si è protratta per diversi anni, vale a dire per garantire che le imprese su cui ha inciso la violazione del diritto dell’Unione imputabile alle autorità francesi possano ottenere un rimborso. Infatti, occorre rilevare che l’avviso pubblicato dalle autorità francesi si limita ad annunciare la soppressione del requisito dell’immissione in libera pratica in futuro, ma nulla è detto sul trattamento di eventuali reclami da parte di imprese che abbiano subito un danno finanziario in passato ( 29 ). L’avviso in parola tace parimenti quanto alla possibilità per tali imprese di chiedere direttamente alle autorità doganali informazioni in ordine alla portata dell’illecito commesso da queste ultime, alla possibilità di contribuire a chiarire i fatti connessi alle operazioni doganali che le riguardano o di depositare, se del caso, una domanda di rimborso. |
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69. |
La comunicazione ufficiale di cui si tratta non precisa che detto cambiamento della prassi amministrativa delle autorità doganali è in realtà dovuto all’intervento della Commissione che le aveva avvertite dell’esistenza di una violazione del diritto comunitario. Gli operatori economici che non erano informati di tali eventi non sarebbero stati quindi in grado di individuare la causa di detto cambiamento di prassi amministrativa. Orbene, siffatte informazioni sarebbero state indispensabili per consentire alle imprese interessate di far valere effettivamente i loro diritti. In mancanza di ulteriori misure, vi era il rischio che alcune imprese ignorassero le opportunità loro offerte. |
4. Requisiti derivanti dal principio generale di buona amministrazione
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70. |
Un siffatto approccio mi sembra incompatibile con i requisiti derivanti dal principio generale di buona amministrazione che le autorità doganali sono tenute a rispettare quando attuano il diritto dell’Unione ( 30 ). In particolare, a mio avviso, le autorità francesi hanno violato due obblighi fondamentali la cui osservanza caratterizza la buona amministrazione, vale a dire, da un lato, l’obbligo di motivare le decisioni amministrative e, dall’altro, l’obbligo di trattare i soggetti amministrati in modo equo ( 31 ). |
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71. |
Come rilevato dalla Corte nella sua giurisprudenza, l’obbligo di motivazione delle decisioni adottate dalle autorità nazionali riveste un’importanza particolare, poiché pone il loro destinatario in grado di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e di valutare, con piena cognizione di causa, se sia utile proporre ricorso contro di essa. Esso è altresì necessario per consentire ai giudici di esercitare un sindacato sulla legittimità di dette decisioni ( 32 ). A mio parere, tale obbligo di motivazione trova applicazione altresì in un caso come quello di cui al caso di specie, in cui la decisione dell’amministrazione di cambiare la propria prassi amministrativa, mediante la quale essa ammette implicitamente una violazione del diritto dell’Unione, apre la strada a domande di rimborso dei dazi doganali indebitamente ottenuti. Il rispetto di tale obbligo di motivazione è tanto più importante in quanto le autorità doganali sono tenute a effettuare tali rimborsi e si applica un termine di tre anni ( 33 ). |
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72. |
Infatti, mi sembra che, se non è fornita una motivazione sufficientemente precisa e dettagliata da parte della stessa amministrazione, che è a conoscenza di tutti gli aspetti fattuali e giuridici connessi a tale illecito, sarà difficile se non impossibile per i soggetti amministrati esercitare taluni diritti conferiti dal diritto dell’Unione, come il diritto al rimborso. In aggiunta, occorre ricordare in tale contesto che, conformemente a una giurisprudenza costante, quando il diritto dell’Unione costituisce diritti in capo ai singoli, si deve garantire che i beneficiari siano posti in grado di conoscere il complesso dei loro diritti e di farli valere, eventualmente, dinanzi ai giudici nazionali ( 34 ). Tale requisito si rivela particolarmente rilevante nel rapporto tra il cittadino e l’amministrazione di cui trattasi nella presente causa ( 35 ). Orbene, la realizzazione di un siffatto obiettivo sarà seriamente compromessa qualora l’amministrazione ometta informazioni fondamentali, come il verificarsi di un evento che dà luogo a un diritto al rimborso. |
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73. |
Peraltro, occorre ricordare che il principio di buona amministrazione implica anche l’obbligo di agire in modo equo. Il principio di equità è indispensabile alla creazione di un clima di fiducia e prevedibilità nelle relazioni tra singoli e amministrazione ( 36 ). Ciò implica in particolare la fiducia nella legittimità degli atti dell’amministrazione ( 37 ). Tale principio è considerato un concetto molto ampio, che costituisce la base di altri principi di diritto amministrativo dell’Unione, quali i principi di imparzialità, di legalità, di legittimo affidamento, di non discriminazione e di parità di trattamento nonché quello di proporzionalità ( 38 ). |
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74. |
Per quanto riguarda il caso di specie, è evidente che, per il fatto che l’amministrazione ha omesso informazioni importanti in ordine alla possibilità di presentare una domanda di rimborso, le imprese che sono state obbligate a pagare indebitamente dazi doganali prima del cambiamento di prassi dell’amministrazione doganale si sono trovate in una posizione di svantaggio rispetto alle altre imprese. Per contro, se le autorità francesi avessero esposto pubblicamente i motivi per i quali tale cambiamento di prassi amministrativa si imponeva, tutte le imprese sarebbero state trattate su un piano di parità. Per questo motivo, ritengo che il principio di equità non sia stato rispettato nel caso di specie. |
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75. |
In tale prospettiva, mi sembra che non fosse sproporzionato imporre alle autorità doganali di fornire informazioni supplementari e di attuare procedimenti adeguati per consentire il rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi. Un siffatto approccio sembra necessario tenuto conto della gravità della violazione della normativa doganale, relativamente sia alla durata che all’entità. Infatti, dal fascicolo risulta che l’illecito si è protratto per diversi anni e che sembra essersi ripercosso sulla totalità degli scambi tra Andorra e i paesi terzi. |
5. Status del diritto al rimborso nell’ordinamento giuridico dell’Unione
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76. |
Un requisito siffatto è tanto più imperativo se si tiene conto dello status del diritto al rimborso nell’ordinamento giuridico dell’Unione. A tal riguardo, occorre ricordare che le disposizioni doganali relative al rimborso dei dazi indebitamente riscossi non sono che l’espressione di un principio insito nel diritto dell’Unione, vale a dire il principio generale di ripetizione dell’indebito ( 39 ). Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, «il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi da uno Stato membro in violazione di norme del diritto [dell’Unione] costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni [dell’Unione] nell’interpretazione datane dalla Corte. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto [dell’Unione]» ( 40 ). |
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77. |
Inoltre, da costante giurisprudenza della Corte risulta che «ogni interessato al quale un’autorità nazionale abbia richiesto il pagamento di una tassa, di un dazio, di un’imposta o di un altro prelievo in violazione del diritto dell’Unione ha, in forza di quest’ultimo, il diritto di ottenere il rimborso dell’importo di denaro corrispondente». Secondo la Corte, «detto interessato ha il diritto, sempre in base al diritto dell’Unione, di ottenere da parte di tale Stato membro non soltanto il rimborso dell’importo di denaro indebitamente riscosso, ma anche il pagamento di interessi volti a compensare l’indisponibilità di quest’ultimo». La Corte rileva altresì che «una tale violazione può avere ad oggetto qualsiasi norma del diritto dell’Unione, indipendentemente dal fatto che si tratti di una disposizione del diritto primario o del diritto derivato (...) o di un principio generale del diritto dell’Unione». Infine, la Corte ha dichiarato che i diritti al rimborso del pagamento non dovuto e al versamento degli interessi possono essere invocati nell’ipotesi in cui il pagamento sia stato imposto «applicando erroneamente (...) un atto dell’Unione» ( 41 ). |
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78. |
Tale giurisprudenza non è rimessa in discussione da un’altra giurisprudenza della Corte secondo la quale le disposizioni che prevedono il rimborso devono essere interpretate restrittivamente in quanto un siffatto rimborso costituisce un’eccezione rispetto al normale regime delle importazioni ed esportazioni ( 42 ). Oltre al fatto che tale giurisprudenza deve essere intesa nel suo significato autentico, vale a dire come un richiamo del principio di legalità, in forza del quale l’amministrazione è autorizzata ad agire solo nei casi specificatamente definiti dal diritto dell’Unione, segnatamente qualora l’applicazione di talune regole doganali comporterebbe la perdita di risorse proprie del bilancio dell’Unione ( 43 ), i seguenti argomenti si oppongono ad un’interpretazione di detta giurisprudenza nel senso di escludere un diritto al rimborso. |
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79. |
In primo luogo, occorre precisare che l’interpretazione sostenuta nelle presenti conclusioni non è diretta a far sorgere un motivo ulteriore di rimborso applicabile in qualsiasi caso. Si tratta piuttosto di determinare quale sia la portata degli obblighi delle autorità doganali ai sensi della seconda modalità prevista dalla normativa doganale, vale a dire, qualora queste ultime procedano d’ufficio al rimborso dopo aver accertato esse stesse che non era sorta alcuna obbligazione doganale. |
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80. |
In secondo luogo, come già rilevato nelle presenti conclusioni, esiste un obbligo di principio per l’amministrazione di rimborsare i dazi doganali indebitamente riscossi. Un’interpretazione rigorosa delle norme in materia di rimborso di dazi doganali indebitamente riscossi non può pertanto fungere da argomento per respingere un siffatto rimborso laddove le condizioni di legge risultino soddisfatte. Le disposizioni specifiche del diritto doganale devono piuttosto essere interpretate in modo conforme al principio generale della ripetizione dell’indebito, menzionato in precedenza. |
6. Conclusione intermedia
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81. |
Nell’ambito delle presenti conclusioni ho esaminato diversi aspetti giuridici connessi al diritto al rimborso previsto dal diritto doganale, prendendo in considerazione le circostanze specifiche della causa. Sulla base di tale analisi, occorre trarre alcune conclusioni intermedie al fine di rispondere al giudice del rinvio. |
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82. |
In primo luogo, è stato stabilito che il rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi richiede i) la presentazione di una domanda entro il termine di tre anni previsto dalla normativa doganale o ii) che le autorità accertino esse stesse entro detto termine che detti dazi non erano legalmente dovuti. Tuttavia, non è necessario che tale rimborso intervenga entro detto termine. Se una delle condizioni di cui sopra è soddisfatta in tempo utile, tale rimborso può essere effettuato dopo lo scadere del medesimo termine ( 44 ). |
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83. |
In secondo luogo, è stato concluso che, affinché le autorità doganali possano procedere ai rimborsi, è necessario che esse accertino, tra l’altro, l’identità delle imprese interessate nonché gli importi da rimborsare. Tuttavia, le autorità doganali non devono rimanere passive, bensì sono tenute a prendere esse stesse l’iniziativa in caso di gravi violazioni della normativa doganale o di irregolarità. Pertanto, le autorità doganali dovrebbero essere tenute ad adottare tutte le misure adeguate alla situazione, ivi comprese le indagini, e a cooperare in buona fede con le imprese interessate al fine di garantire l’esercizio dei diritti delle stesse ( 45 ). |
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84. |
In terzo luogo, laddove, in base alle valutazioni del giudice del rinvio, il rimborso dei dazi doganali indebitamente riscossi non sia più possibile, ad esempio, a causa della scadenza del termine di tre anni previsto dalla normativa doganale, tale giudice potrebbe prendere in esame, su domanda del ricorrente nel procedimento principale, se le condizioni di risarcimento per la violazione del diritto dell’Unione risultino soddisfatte nel caso di specie. |
VI. Conclusione
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85. |
Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) nel modo seguente: l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1430/79 del Consiglio, del 2 luglio 1979, relativo al rimborso o allo sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione, ripreso dall’articolo 236, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce il codice doganale comunitario, deve essere interpretato nel senso che: affinché le autorità doganali possano rimborsare d’ufficio dazi doganali indebitamente riscossi, esse devono aver accertato, entro un periodo di tre anni dalla contabilizzazione di tali dazi, che detti dazi non erano legalmente dovuti. Affinché il rimborso possa essere effettuato, tale constatazione deve includere l’identità degli operatori interessati e gli importi da rimborsare a ciascuno di essi. Le ricerche a tal fine devono essere proporzionate alla gravità della situazione alla quale l’autorità competente deve porre rimedio. |
( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) GU 1979, L 175, pag. 1.
( 3 ) GU 1986, L 286, pag. 1.
( 4 ) GU 1992, L 302, pag. 1.
( 5 ) La nozione di «immissione in libera pratica» è definita all’articolo 201, paragrafo 2, del codice doganale dell’Unione. Essa comporta la riscossione dei dazi dovuti all’importazione; la riscossione, ove opportuno, di altri oneri, come previsto dalle pertinenti disposizioni vigenti in materia di riscossione di tali oneri; l’applicazione delle misure, dei divieti e delle restrizioni di politica commerciale, a meno che non debbano essere applicati in una fase precedente; e l’espletamento delle altre formalità stabilite per l’importazione delle merci. Conformemente all’articolo 201, paragrafo 3, di tale codice, l’immissione in libera pratica attribuisce alle merci non unionali la posizione doganale di merci unionali.
( 6 ) Lux, H., Handbuch des EU-Wirtschaftsrechts, Dauses/Ludwigs, Monaco di Baviera, 2024, C.C. II., punto 29, offre una breve panoramica della storia della creazione del codice doganale dell’Unione.
( 7 ) V. paragrafi 11, 12 e 16 delle presenti conclusioni.
( 8 ) V. sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 58 e 61).
( 9 ) La Corte indica spesso nelle proprie sentenze se il contenuto normativo di una data disposizione è stato ripreso da una disposizione successiva, in modo che la stessa interpretazione è destinata ad applicarsi a quest’ultima (v. sentenza del 13 dicembre 2007, Bayerischer Rundfunk e a., C‑337/06, EU:C:2007:786, punto 30).
( 10 ) V. sentenza del 23 febbraio 2006, Molenbergnatie (C‑201/04, EU:C:2006:136, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
( 11 ) V. sentenza del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punto 67).
( 12 ) Il primo avvocato generale della chambre commerciale, financière et économique (sezione commerciale, finanziaria ed economica) della Cour de cassation (Corte di cassazione) menziona tale possibilità nel suo parere depositato nel fascicolo nazionale.
( 13 ) V. sentenza del 22 dicembre 2022, Ministre de la Transition écologique e Premier ministre (Responsabilità dello Stato per l’inquinamento atmosferico) (C‑61/21, EU:C:2022:1015, punti 34 e segg.).
( 14 ) V. sentenza del 29 luglio 2024, Asociaţia Crescătorilor de Vaci Bălţată Românească Tip Simmental (C‑286/23, EU:C:2024:655, punto 38).
( 15 ) Il corsivo è mio.
( 16 ) Sentenza del 19 giugno 2019, C & J Clark International (C‑612/16, EU:C:2019:508, punto 50). Il corsivo è mio.
( 17 ) Sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, EU:C:2012:347, punto 21). Il corsivo è mio.
( 18 ) Sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, EU:C:2012:347, punti 21 e 22).
( 19 ) Sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, EU:C:2012:347, punti 23 e 24).
( 20 ) Il corsivo è mio.
( 21 ) Il documento «Guidance on repayement and remission» (pag. 32) elaborato dalla direzione generale Fiscalità e unione doganale della Commissione indica esclusivamente che «le autorità doganali devono disporre di tutti i dati richiesti per procedere al rimborso», senza ulteriori specificazioni (il corsivo è mio).
( 22 ) V. versioni nelle lingue spagnola («cuando las propias autoridades aduaneras descubran»), danese («toldmyndighederne (...) når de selv (...) konstaterer»), tedesca («stellen die Zollbehörden selbst (...) fest»), inglese («where the customs authorities themselves discover»), italiana («se le autorità doganali constatano»), lituana («Jeigu muitinė per šį laikotarpį pati nustato»), neerlandese («de douaneautoriteiten (...) tot de vaststelling komen») e portoghese («as próprias autoridades aduaneiras verifiquem»).
( 23 ) Albert, J.-L., Le droit douanier de l’Union européenne, sezione 4 («La gestion du risque et des fraudes»), Namur 2019, pag. 542 e segg., illustra che il controllo doganale è sempre stato considerato una prerogativa dell’amministrazione doganale.
( 24 ) Witte, P., Zollkodex der Union (UZK), Monaco di Baviera, 2022, articolo 116, punti da 46 a 48; Niestedt, M., EU-Außenwirtschafts- und Zollrecht, Monaco di Baviera, 2024, articolo 116, punto 13, spiegano che le autorità doganali non sono obbligate a esaminare ogni singolo caso per stabilire la possibilità di un rimborso. Un siffatto obbligo generale di ispezione graverebbe sulle autorità in considerazione dell’elevato numero di operazioni doganali. Per contro, le autorità doganali sono tenute al rimborso qualora scoprano fatti che lo giustifichino nel corso di un controllo doganale, di un audit esterno, ecc.
( 25 ) Benché la presente causa riguardi solo le importazioni effettuate tra il 1988 e il 1991, la prassi delle autorità doganali francesi in discussione sembra essere iniziata molto prima. Perlomeno questo è ciò che sembra suggerire il parere motivato della Commissione, secondo cui tale prassi si basa su un «avviso agli esportatori di merci dirette verso le valli di Andorra» pubblicato nel 1950 e modificato nel 1974, nel 1978 e nel 1983. Secondo tale parere, il transito verso Andorra di merci che non si trovavano nella Comunità in libera pratica era subordinato alla presentazione di un’autorizzazione speciale rilasciata dalla préfecture des Pyrénées-Orientales (prefettura dei Pirenei Orientali, Francia).
( 26 ) V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.
( 27 ) Il corsivo è mio.
( 28 ) Tale disposizione attua i requisiti del diritto internazionale, vale a dire gli accordi conclusi nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), più specificamente l’articolo X, punto 1, dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) e il Trade Facilitation Agreement (TFA) (Witte, P., Zollkodex der Union, Monaco di Baviera, 2022, articolo 14, punti da 33 a 35).
( 29 ) Peraltro, dal fascicolo risulta che la Commissione ha avviato il procedimento di infrazione nei riguardi della Repubblica francese, che ha comportato un cambiamento della prassi amministrativa delle autorità doganali, in seguito a una denuncia depositata da un commerciante di prodotti provenienti dalla Polonia e diretti in Andorra.
( 30 ) V. sentenza del 9 novembre 2017, LS Customs Services (C‑46/16, EU:C:2017:839, punto 39).
( 31 ) Il principio di buona amministrazione non costituisce un principio unico del diritto amministrativo, bensì un compendio di diversi principi, in una certa misura una nozione collettiva per tutti o per taluni principi del diritto amministrativo. Talvolta è utilizzato come sinonimo dei principi che caratterizzano un procedimento amministrativo in uno Stato di diritto. Il principio di buona amministrazione impone, segnatamente, che le autorità nazionali rimedino agli illeciti o alle omissioni, che il procedimento sia condotto con imparzialità ed obiettività e che sia assunta una decisione entro un termine ragionevole. Inoltre esso comprende un ampio obbligo di diligenza e di sollecitudine dell’autorità e il diritto alla difesa, ossia l’obbligo dei funzionari di dare alle persone interessate da una decisione l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista, nonché l’obbligo di motivare la decisione (v. conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Gorostiaga Atxalandabaso/Parlamento, C‑308/07 P, EU:C:2008:498, paragrafo 89).
( 32 ) V. sentenza del 9 novembre 2017, LS Customs Services (C‑46/16, EU:C:2017:839, punto 40).
( 33 ) V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni.
( 34 ) V. sentenze del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 21), e del 9 marzo 2023, État belge e Promo 54 (C‑239/22, EU:C:2023:181, punto 28).
( 35 ) V. sentenze dell’8 maggio 2019, PI (C‑230/18, EU:C:2019:383, punto 57), e del 7 settembre 2021, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras (C‑927/19, EU:C:2021:700, punto 122).
( 36 ) Lenaerts, K., «“In the Union We Trust”: Trust-Enhancing Principles of Community Law», Common Market Law Review, vol. 41, n. 2, 2004, pagg. 337 e segg.
( 37 ) V., a tal riguardo, Parlamento europeo, Law of the Administrative Procedure of the European Union – European Added Value Assessment, ottobre 2012, pagg. da 1 a 12.
( 38 ) Wakefield, J., The Right to Good Administration, Alphen aan den Rijn, 2007, pag. 71.
( 39 ) V. sentenza del 28 aprile 2022, Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions e a. C‑415/20, C‑419/20 e C‑427/20, EU:C:2022:306, punto 62).
( 40 ) V. sentenza del 28 gennaio 2010, Direct Parcel Distribution Belgium (C‑264/08, EU:C:2010:43, punto 45). Waelbroeck, M., «La nature juridique du droit au remboursement des montants payés contrairement au droit communautaire», Droit international, intégration européenne et libres marchés, 2011, pagg. 161 e segg., illustra le origini di tale giurisprudenza.
( 41 ) V. sentenza del 28 aprile 2022, Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions e a. (C‑415/20, C‑419/20 e C‑427/20, EU:C:2022:306, punti 51, 52, 61, 63 e 64). Il corsivo è mio.
( 42 ) V. sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, EU:C:2012:347, punto 24).
( 43 ) Le entrate provenienti dai dazi della tariffa doganale comune costituiscono risorse proprie dell’Unione riscosse dagli Stati membri e messe a disposizione della Commissione. La Corte, da parte sua, ha dichiarato che gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per garantire la riscossione effettiva e integrale dei dazi doganali [v. sentenza dell’11 luglio 2019, Commissione/Italia (Risorse proprie – Recupero di un’obbligazione doganale), C‑304/18, EU:C:2019:601, punti 49 e 50].
( 44 ) V. paragrafi da 42 a 54 delle presenti conclusioni.
( 45 ) V. paragrafi da 55 a 75 delle presenti conclusioni.