Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
RIMVYDAS NORKUS
presentate il 27 febbraio 2025 (1)
Causa C‑134/24 [Tomann] (i)
UR, in qualità di curatore fallimentare della V GmbH
contro
DF
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)]
« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 98/59/CE – Licenziamenti collettivi – Articolo 4, paragrafo 1 – Mancata notifica preliminare all’autorità competente – Conseguenze per la validità del licenziamento – Determinazione da parte dell’autorità competente della data di scadenza del divieto di licenziamento »
I. Introduzione
1. Il presente rinvio pregiudiziale, il cui contesto giuridico è dato dalla direttiva 98/59/CE (2), s’inserisce nel solco tracciato dalla sentenza Junk (3), con cui la Corte ha dichiarato che gli articoli 3 e 4 di detta direttiva non ostano a che la risoluzione dei contratti di lavoro intervenga nel corso della procedura da essi istituita, purché tale risoluzione intervenga dopo la notifica del progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.
2. Il rinvio in esame trae origine da una controversia che contrappone il curatore fallimentare di una società di diritto tedesco a un dipendente di detta società con riferimento alla validità della risoluzione del contratto di lavoro di quest’ultimo intervenuta nell’ambito di un licenziamento collettivo.
3. Nella presente causa, le questioni sottoposte dalla seconda sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) porteranno la Corte ad occuparsi nuovamente della procedura di notifica preliminare dei licenziamenti collettivi prevista dalla direttiva 98/59, nel particolare contesto della risoluzione di contratti di lavoro compiuta dal datore di lavoro in assenza di una siffatta notifica. Più nello specifico, dette questioni vertono, segnatamente, da un lato, sulla portata dell’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva nonché su quella degli effetti del termine previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della medesima e, dall’altro, sulla possibilità e sulle condizioni di una successiva regolarizzazione della situazione risultante dalla violazione di un siffatto obbligo di notifica da parte del datore di lavoro.
4. Posto che il giudice del rinvio ha adito la Corte nel quadro di una procedura interna di consultazione volta a porre fine a divergenze interpretative tra le diverse sezioni del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), la presente causa solleva, in via preliminare, la questione della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
5. L’articolo 2 della direttiva 98/59, rientrante nella sezione II di quest’ultima, intitolata «Informazione e consultazione», ai paragrafi da 1 a 3 prevede quanto segue:
«1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.
(...)
3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:
a) fornire loro tutte le informazioni utili e
b) comunicare loro, comunque, per iscritto:
i) le ragioni del progetto di licenziamento;
ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare;
iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati;
iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti;
v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro;
(...)
Il datore di lavoro deve trasmettere all’autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v)».
6. L’articolo 3 di detta direttiva, rientrante nella sezione III di quest’ultima, intitolata «Procedura di licenziamento collettivo», così enuncia al paragrafo 1, primo e quarto comma:
«1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.
(...)
La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti».
7. L’articolo 4 di detta direttiva, anch’esso contenuto nella sezione III di quest’ultima, ai paragrafi da 1 a 3 prevede quanto segue:
«1. I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all’autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all’articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.
Gli Stati membri possono accordare all’autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.
2. L’autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati.
3. Se il termine iniziale fissato nel paragrafo 1 è inferiore a 60 giorni, gli Stati membri possono accordare all’autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica, quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale.
Gli Stati membri possono accordare all’autorità pubblica competente più ampie facoltà di proroga.
Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l’hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale previsto al paragrafo 1».
B. Diritto tedesco
8. L’articolo 134 del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: il «BGB»), prevede quanto segue:
«Qualsiasi negozio giuridico contrario a un divieto di legge è nullo salvo che la legge disponga diversamente».
9. L’articolo 615 del BGB così recita:
«Se il creditore di una prestazione di servizi accetta i servizi in ritardo, il prestatore può chiedere il compenso convenuto per i servizi non eseguiti a causa della mora, senza essere tenuto ad eseguirli in un momento successivo (...)».
10. L’articolo 17 del Kündigungsschutzgesetz (legge sulla tutela contro i licenziamenti illegittimi), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «KSchG»), così dispone:
«(1) Il datore di lavoro è tenuto a effettuare una notifica all’Agenzia per il lavoro prima di procedere al licenziamento:
1. di più di cinque lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 60 lavoratori;
(...)
nel corso di un periodo di 30 giorni di calendario. (...)
(...)
(3) (...) La notifica di cui al paragrafo 1 deve essere effettuata per iscritto e corredata del parere espresso dal comitato aziendale in merito ai licenziamenti. In mancanza del parere del comitato aziendale, la notifica produce effetto quando il datore di lavoro dimostra di aver informato il comitato aziendale almeno due settimane prima della notifica di cui al paragrafo 2, prima frase, esponendo lo stato delle consultazioni. La notifica deve contenere i seguenti dati: nome del datore di lavoro, sede e tipo dell’azienda, inoltre le ragioni del progetto di licenziamento, il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare e di quelli abitualmente impiegati, il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti e i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare. Nella notifica devono essere inoltre indicati, in accordo con il comitato aziendale, per i servizi di collocamento, i dati relativi al sesso, all’età, alla professione e alla nazionalità dei lavoratori da licenziare (...)».
11. L’articolo 18, paragrafi 1 e 2, del KSchG è formulato come segue:
«(1) I licenziamenti che devono essere notificati in applicazione dell’articolo 17 acquistano efficacia prima del decorso di un mese dalla ricezione della notifica da parte dell’Agenzia per il lavoro solo previo consenso di quest’ultima, fermo restando che tale consenso può anche essere rilasciato con efficacia retroattiva sin dalla data di deposito della domanda.
(2) In determinati casi, l’Agenzia per il lavoro ha la facoltà di disporre che i licenziamenti acquisiscano efficacia solo dopo il decorso di un termine non superiore a due mesi dalla ricezione della notifica».
12. L’articolo 45 dell’Arbeitsgerichtsgesetz (legge sulla magistratura del lavoro), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: l’«ArbGG»), così dispone:
«(1) Presso il [Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro)] è istituita una Grande Sezione.
(2) La Grande Sezione si pronuncia nel caso in cui una Sezione intenda discostarsi, in una questione di diritto, dalla decisione di un’altra Sezione o della Grande Sezione.
(3) Un rinvio dinanzi alla Grande Sezione è ricevibile solo quando la Sezione che ha pronunciato la decisione da cui ci si intende discostare ha dichiarato, su richiesta della Sezione adita, che intendeva mantenere la sua posizione in punto di diritto (...). La Sezione competente si pronuncia con ordinanza sul quesito e sulla risposta nella composizione richiesta per le sentenze.
(...)».
III. Fatti, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
13. DF era impiegato presso la V Handelsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «V») dal 1994. Il 1º dicembre 2020 veniva avviata una procedura di insolvenza a carico di detta società e UR veniva nominato curatore fallimentare.
14. Il 2 dicembre 2020 UR risolveva il contratto di lavoro di DF con effetto dal 31 marzo 2021 e, fino al 29 dicembre 2020, poneva fine a tutti i 22 contratti di lavoro della società debitrice ancora in vigore nell’ottobre 2020. Egli ha, pertanto, licenziato più di cinque dipendenti nel lasso di tempo di 30 giorni.
15. DF impugnava, quindi, il suo licenziamento mediante ricorso proposto dinanzi all’Arbeitsgericht Hamburg (Tribunale del lavoro di Amburgo, Germania) diretto, da un lato, ad accertare la continuazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, ad ottenere la condanna di UR a mantenere il posto di lavoro di DF sino alla conclusione definitiva del procedimento di impugnazione del licenziamento. A sostegno del suo ricorso, DF afferma che la risoluzione del suo contratto di lavoro è nulla, poiché UR non ha proceduto in via preliminare alla notifica del licenziamento collettivo ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del KSchG.
16. UR chiedeva il rigetto del ricorso di DF, affermando che la normativa in materia di licenziamenti collettivi non trovava applicazione poiché, all’atto dell’apertura della procedura di insolvenza, la V occupava solo 19 dipendenti. Non sarebbe stata quindi raggiunta la soglia che impone di procedere a tale notifica, come prevista all’articolo 17, paragrafo 1, del KSchG. UR provvedeva ad effettuare una notifica in tal senso solo il 31 marzo 2021.
17. Con sentenza del 20 aprile 2021, l’Arbeitsgericht Hamburg (Tribunale del lavoro di Amburgo) accoglieva il ricorso di DF.
18. Con sentenza del 3 febbraio 2022, il Landesarbeitsgericht Hamburg (Tribunale superiore del lavoro del Land, Amburgo, Germania) respingeva l’appello proposto da UR contro detta decisione.
19. UR proponeva quindi ricorso in cassazione («Revision») avverso detta sentenza dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), giudice del rinvio, e detto ricorso veniva assegnato alla Sesta Sezione (Sechster Senat) di detto organo giurisdizionale (in prosieguo: la «Sesta Sezione»).
20. Con ordinanza dell’11 maggio 2023, detta Sezione accertava che, all’atto del licenziamento di cui trattasi, la V occupava «abitualmente» più di 20 lavoratori cosicché, prima di risolvere il contratto di lavoro di DF, UR avrebbe dovuto procedere a una notifica del licenziamento collettivo ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, punto 1, del KSchG.
21. Con un’altra ordinanza del 14 dicembre 2023, la suddetta Sezione manifestava i propri dubbi in merito alla sanzione applicabile in caso di omissione di una siffatta notifica e in presenza di altri eventuali vizi nell’ambito della procedura di notifica ai sensi del KSchG. Discostandosi dalla propria giurisprudenza anteriore, la medesima Sezione riteneva che tale sanzione non possa essere una causa di nullità della risoluzione del contratto in forza dell’articolo 134 del BGB. Da un lato, l’articolo 17, paragrafi 1 e 3, del KSchG, che prevede l’obbligo di notifica preliminare di un licenziamento collettivo, non può essere considerato come un divieto di legge ai sensi dell’articolo 134 del BGB. Dall’altro, la sanzione della nullità non sarebbe prevista nemmeno dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59.
22. La Sesta Sezione ritiene così che la sanzione dei vizi della procedura di notifica o dell’omessa notifica del licenziamento collettivo non possa essere una causa di nullità della risoluzione del contratto di lavoro. Spetterebbe unicamente al legislatore nazionale prevedere una siffatta sanzione.
23. Tuttavia, detta Sezione ritiene di non potersi pronunciare in tal senso nella presente causa poiché la prassi giurisprudenziale della Seconda Sezione (Zweiter Senat) del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) (in prosieguo: la «Seconda Sezione») relativa alle sanzioni da imporre in caso di errori commessi nell’ambito della procedura di notifica non le consente di discostarsi a sua volta dalla sua giurisprudenza anteriore dato che l’articolo 45, paragrafo 3, dell’ArbGG prevedrebbe una procedura interna di consultazione volta a porre fine a divergenze interpretative tra le diverse Sezioni di detto organo giurisdizionale.
24. Sulla base di detta disposizione, con la sua ordinanza del 14 dicembre 2023, la Sesta Sezione chiedeva quindi alla Seconda Sezione se «[essa mantenesse] la posizione (...) secondo cui la risoluzione del contratto di lavoro, quale negozio giuridico, [ha] viola[to] un divieto di legge ai sensi dell’articolo 134 del [BGB] ed è pertanto inefficace se, al momento della sua risoluzione, non sussiste[va] una notifica valida ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 1 e 3, [del KSchG]». Ad oggi, infatti, la Seconda Sezione ha dichiarato che una risoluzione del contratto di lavoro compiuta in assenza di una siffatta notifica preliminare era nulla e non poteva porre fine a detto contratto di lavoro.
25. Orbene, alla luce del quesito che le è stato posto, la Seconda Sezione ipotizza in effetti anche che sia sproporzionato giungere, in particolare in forza degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, alla nullità di una siffatta risoluzione del contratto di lavoro, effettuata in assenza della notifica preliminare del licenziamento collettivo.
26. È in tale contesto che, con decisione del 1º febbraio 2024, pervenuta alla Corte il 20 febbraio 2024, la Seconda Sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 98/59] debba essere interpretato nel senso che una [risoluzione] del contratto di lavoro disposta nell’ambito di un licenziamento collettivo soggetto a notifica può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore interessato solo se il blocco dei licenziamenti è scaduto.
In caso di risposta affermativa alla prima questione:
2) Se la scadenza del blocco dei licenziamenti non solo presupponga la notifica del licenziamento collettivo, ma sia richiesto anche che quest’ultima soddisfi i requisiti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 98/59.
3) Se il datore di lavoro che ha disposto [risoluzioni] di contratti di lavoro soggette a notifica, senza effettuare (regolare) notifica del licenziamento collettivo, possa provvedere a siffatta notifica in un momento successivo, con la conseguenza che dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti è possibile porre fine ai rapporti di lavoro dei lavoratori interessati, per effetto delle [risoluzioni] di contratti di lavoro già comunicate in precedenza.
In caso di risposta affermativa alla prima e alla seconda questione:
4) Se il fatto che il diritto nazionale affidi all’autorità competente il compito di accertare in maniera inoppugnabile per il lavoratore e vincolante per il giudice del lavoro il momento in cui il blocco dei licenziamenti scada nel caso concreto sia compatibile con l’articolo 6 della direttiva 98/59, oppure se al lavoratore debba essere necessariamente consentito agire in giudizio per la verifica della correttezza dell’accertamento effettuato dall’autorità».
27. UR e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte. La Corte ha deciso di non tenere alcuna udienza di discussione nella presente causa.
IV. Analisi
28. Come ho già indicato nell’introduzione alle presenti conclusioni, prima di analizzare nel merito la domanda di pronuncia pregiudiziale (sezione B), e benché la ricevibilità di detta domanda non sia stata messa in discussione da nessuno degli interessati che hanno depositato osservazioni scritte, mi sembra opportuno, tenuto conto delle peculiarità della procedura nell’ambito della quale la Seconda Sezione ha adito la Corte, affrontare tale aspetto per dissipare eventuali dubbi in merito alla ricevibilità di detta domanda (sezione A).
A. Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
29. Dalla decisione di rinvio si evince che l’articolo 45 dell’ArbGG prevede una procedura speciale in caso di divergenze interpretative tra le Sezioni del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro). Il giudice del rinvio spiega che, in forza dell’articolo 45, paragrafi 2 e 3, dell’ArbGG, una Sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) può discostarsi dalla giurisprudenza di un’altra Sezione solo se quest’ultima, a seguito di un corrispondente quesito, abbia rinunciato alla propria tesi giuridica oppure – qualora non lo abbia fatto – se la Grande Sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) abbia adottato una decisione sulla corretta risposta alla questione di diritto sottesa. Si tratta pertanto di una procedura interna di consultazione volta a porre fine a divergenze interpretative tra diverse Sezioni di detto organo giurisdizionale, la cui attuazione costituisce una condizione di ricevibilità per l’adizione della Grande Sezione (4). È nell’ambito di detta procedura che, con decisione del 14 dicembre 2023, la Sesta Sezione ha rivolto un quesito alla Seconda Sezione, in forza dell’articolo 45, paragrafo 3, prima frase, dell’ArbGG.
30. Tenuto conto delle peculiarità di detta procedura, ci si potrebbe chiedere se la Seconda Sezione costituisca una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Ritengo, tuttavia, che l’approccio da adottare in tale contesto possa essere guidato dalle considerazioni di seguito illustrate.
31. In primo luogo, è assodato che il meccanismo del rinvio pregiudiziale rappresenta uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali. Ai sensi dell’articolo 267 TFUE, tutte le giurisdizioni degli Stati membri sono legittimate a proporre un rinvio pregiudiziale. Secondo costante giurisprudenza della Corte, al fine di determinare se l’organo del rinvio in questione possieda le caratteristiche di una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, questione che è unicamente di diritto dell’Unione, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali il fondamento legale di tale organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (5).
32. A tal riguardo, è chiaro che, a livello istituzionale, la Seconda Sezione soddisfa tutti questi criteri. Infatti, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, il fascicolo di cui la Corte dispone non contiene alcun elemento idoneo a rimettere in discussione la natura di giurisdizione, ai sensi dell’articolo 267 TFUE (6).
33. In secondo luogo, è importante ricordare che le condizioni in cui la Corte adempie alle sue funzioni in materia pregiudiziale non dipendono dalla natura e dallo scopo dei procedimenti contenziosi intentati dinanzi ai giudici nazionali. L’articolo 267 TFUE fa riferimento alla sentenza da emanare da parte del giudice nazionale senza contemplare un regime particolare in funzione della natura di questa (7). In tale contesto, la giurisprudenza della Corte riconosce una particolare importanza alla questione se dinanzi ai giudici nazionali sia pendente una lite e se questi ultimi siano stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale. Solo laddove queste due condizioni siano soddisfatte, detti giudici possono adire la Corte (8).
34. Inoltre, nella sua giurisprudenza la Corte sottolinea che la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una siffatta controversia. Come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 267 TFUE, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito (9). In più occasioni la Corte ha così ricordato che detto giudice deve essere effettivamente chiamato a rendere una pronunzia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale (10).
35. È sì vero che dinanzi alla Seconda Sezione non pende alcuna controversia, posto che la controversia concreta che contrappone le parti nel procedimento principale è pendente dinanzi alla Sesta Sezione. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale mira così a rispondere a questioni giuridiche al centro della divergenza interpretativa tra dette due Sezioni. Tuttavia, come emerge dalla decisione di rinvio, la Corte è stata adita dalla Seconda Sezione nell’ambito di una procedura di consultazione interna obbligatoria in seno al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), che riveste, in base alla mia comprensione dell’articolo 45 dell’ArbGG, il carattere di un procedimento incidentale. Fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, questa fase procedurale costituisce quindi parte integrante del procedimento giudiziario tedesco pendente dinanzi a detto giudice che, considerato nel suo complesso, può consentire la definizione della controversia che oppone UR a DF. In altri termini, il meccanismo interno di consultazione previsto dall’articolo 45 dell’ArbGG s’inserisce, quale fase intermedia, nel procedimento giudiziario tedesco, valutato nel suo complesso, che sfocia nella decisione della Sesta Sezione (11). Pertanto, la risposta che la Seconda Sezione fornirà ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 3, dell’ArbGG, tenuto conto dei fatti oggetto della controversia pendente dinanzi alla Sesta Sezione e alla luce dell’emananda sentenza pregiudiziale della Corte, consentirà alla Sesta Sezione di pronunciarsi sul merito della controversia principale di cui essa è investita.
36. Pertanto, il procedimento relativo alla consultazione interna, costituendo parte integrante del procedimento giudiziario incardinato dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), considerato nel suo insieme, risponde a una necessità oggettiva, vale a dire alla necessità di porre fine a divergenze interpretative tra diverse Sezioni di detto organo giurisdizionale (12), consentendo così la definizione della controversia pendente (13).
37. Un approccio diverso da quello illustrato al paragrafo 35 delle presenti conclusioni potrebbe condurre in definitiva, a mio avviso, a una «frammentazione fittizia» di questa tipologia di procedimenti nazionali, benché, traendo origine dai medesimi fatti, si tratti di una sola controversia. Una siffatta frammentazione fittizia del procedimento giudiziario tedesco impedirebbe al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) di adire la Corte nell’ambito del meccanismo del rinvio pregiudiziale nel corso della fase di consultazione interna tra le sue Sezioni, malgrado l’esistenza di tale possibilità in altre fasi del medesimo procedimento (14). A mio parere, un siffatto risultato sarebbe incoerente posto che, per ragioni di economia processuale, detto giudice dovrebbe poter adire la Corte allorquando si rende necessaria una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione anche se detta questione è sollevata nell’ambito della fase di consultazione interna tra le sue Sezioni.
38. A tal riguardo, tengo a ricordare, da un lato, che la Corte ha già considerato che la nozione di «emanare la sua sentenza», ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, «deve essere interpretata in maniera ampia» e che essa «dev’essere (...) intesa nel senso che comprende tutta la procedura che conduce alla decisione del giudice del rinvio» (15). Secondo la Corte, detta nozione include così «l’intero iter di creazione della sentenza» (16).
39. Dall’altro, nella sentenza Garofalo e a. (17), la Corte ha già dichiarato ricevibile una domanda di pronuncia pregiudiziale in forza dell’articolo 267 TFUE vertente su questioni sottoposte da un alto organo giurisdizionale nazionale relative all’interpretazione di detto articolo e della direttiva 86/457/CEE (18) e sollevate nell’ambito di vari ricorsi straordinari presentati dalla sig.ra Garofalo e da altri dieci medici. Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer aveva considerato che detto organo «[poteva] mantenere la sua natura di organo giurisdizionale anche quando non decide[va] autonomamente, ma emette[va] pareri nell’ambito di un procedimento d’impugnazione di provvedimenti così singolare quale il ricorso straordinario» (19). Così, constatando che «[t]ale parere, comprensivo di motivazione e dispositivo, è parte integrante di un procedimento che è l’unico che possa consentire (...) la risoluzione del conflitto sorto tra un singolo e la pubblica amministrazione», la Corte ha ammesso la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, dichiarando che «quando emette un parere nell’ambito di un ricorso straordinario, [detto organo] costituisce una giurisdizione ai sensi dell’articolo [267 TFUE]» (20).
40. Nel caso di specie, osservo che, in forza dell’articolo 45, paragrafo 3, dell’ArbGG, la fase di consultazione interna diretta a porre fine a divergenze interpretative tra le diverse Sezioni del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) si concluderà con una decisione di carattere giurisdizionale, vale a dire con un’ordinanza comprensiva di una motivazione e di un dispositivo (21).
41. In terzo e ultimo luogo, va ricordato che la Corte ha dichiarato che il giudice che non decide in ultima istanza dev’essere libero di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi (22). Di conseguenza, qualora un organo giurisdizionale nazionale investito di una controversia ritenga che, nell’ambito della medesima, sia sollevata una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione, ha la facoltà o l’obbligo, a seconda del caso, di adire la Corte in via pregiudiziale, senza che detta facoltà o detto obbligo possano essere ostacolati da norme nazionali di natura legislativa o giurisprudenziale (23).
42. Si deve pertanto ritenere che, nel contesto della fase di consultazione interna volta a porre fine a divergenze interpretative tra le diverse Sezioni del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), per le ragioni illustrate ai precedenti paragrafi delle presenti conclusioni, la Seconda Sezione soddisfa le condizioni stabilite dalla Corte nella sua giurisprudenza (24) e può pertanto adirla nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale.
43. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata ricevibile.
B. Sulle questioni pregiudiziali
44. Nel prosieguo delle presenti conclusioni, esaminerò anzitutto, alla luce degli argomenti svolti a tal riguardo da UR e dalla Commissione, se la seconda e la quarta questione siano irricevibili. Ritenendo che sia così, esaminerò poi, nel merito, la prima e la terza questione.
1. Sulla ricevibilità
45. Nelle sue osservazioni scritte, UR eccepisce l’irricevibilità della seconda e della quarta questione. A tal riguardo, egli sostiene che il giudice del rinvio non avrebbe indicato concretamente per quali ragioni dette questioni sarebbero pertinenti ai fini della definizione della controversia. Il datore di lavoro non avrebbe, infatti, effettuato alcuna notifica del licenziamento collettivo e, di conseguenza, dette questioni non sarebbero determinanti.
46. Da parte sua, la Commissione ritiene che la quarta questione sia irricevibile. La controversia non verterebbe, in effetti, sulla conformità di una notifica alla direttiva 98/59 ma sugli effetti, in forza di detta direttiva, della mancata notifica preliminare del licenziamento collettivo da parte del datore di lavoro.
47. A tal proposito, occorre ricordare che è assodato che il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (25). Tale procedimento mira a che essi collaborino direttamente e reciprocamente all’elaborazione di una decisione al fine di assicurare l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri (26).
48. Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, nell’ambito di siffatta cooperazione giudiziaria, spetta soltanto ai giudici nazionali investiti della controversia e che devono assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolarità di ciascuna causa, sia la necessità di una decisione pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che essi sottopongono alla Corte (27). Di conseguenza, qualora le questioni sollevate vertano sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (28).
49. Benché sia vero che le questioni pregiudiziali vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza, va sottolineato che, secondo una giurisprudenza consolidata, la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (29).
50. Per quanto attiene alla seconda questione, il giudice del rinvio si chiede, sostanzialmente, se, in caso di risposta affermativa alla prima questione, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che la scadenza del blocco dei licenziamenti di 30 giorni (in prosieguo: il «blocco dei licenziamenti») di cui a detta disposizione richiede non soltanto la notifica del licenziamento collettivo, ma anche che detta notifica sia conforme all’articolo 3, paragrafo 1, quarto comma, di tale direttiva.
51. Nella specie, ritengo che detta questione rientri nelle situazioni menzionate in precedenza, nelle quali la presunzione di rilevanza di una questione pregiudiziale può essere rovesciata (30). La questione di cui trattasi mira, infatti, a determinare le conseguenze di un’eventuale notifica preliminare di un licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente compiuta con modalità non conformi a quanto prescritto dall’articolo 3, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 98/59. In altri termini, il giudice del rinvio desidera sapere se il licenziamento collettivo possa avere effetti con la scadenza del blocco dei licenziamenti malgrado la non conformità a detta disposizione di una notifica effettuata dal datore di lavoro. L’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta nell’ambito di detta questione non ha, pertanto, un rapporto diretto con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale.
52. A tal proposito, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge chiaramente che, nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, il datore di lavoro di cui trattasi non ha adempiuto, prima della risoluzione del contratto di lavoro in esame, l’obbligo di procedere a una siffatta notifica preliminare previsto all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59. Il fatto che detta questione possa risultare pertinente nell’ambito della procedura interna di consultazione in forza dell’articolo 45 dell’ArbGG, non può privarla della sua natura ipotetica (31).
53. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di considerare irricevibile detta questione.
54. Per quanto attiene alla quarta questione, il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se, in caso di risposta affermativa alle prime due questioni, l’articolo 6 della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che il diritto nazionale affida all’autorità pubblica competente il compito di accertare in maniera inoppugnabile per il lavoratore e vincolante per il giudice del lavoro il momento in cui il blocco dei licenziamenti scade nel caso concreto o se al lavoratore debba essere necessariamente consentito di agire in giudizio per la verifica della correttezza dell’accertamento di detta autorità.
55. Tengo ad osservare che, in assenza della notifica preliminare del licenziamento collettivo nelle circostanze del procedimento principale, da nessun elemento del fascicolo di cui dispone la Corte emerge che l’autorità pubblica competente avrebbe effettivamente fissato, in maniera definitiva e vincolante per i lavoratori, la data di scadenza del blocco dei licenziamenti previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59. Di conseguenza, il problema sollevato da detta questione presenta un carattere ipotetico e non è pertanto pertinente ai fini della risoluzione della controversia principale. Ciò considerato, la presunzione di pertinenza della questione di cui trattasi, come ricordata in precedenza, è rovesciata (32).
56. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di dichiarare la quarta questione irricevibile.
2. Nel merito
57. Nel prosieguo delle presenti conclusioni affronterò, in primo luogo, le conseguenze giuridiche del mancato rispetto dell’obbligo di notifica all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 98/59 e, in particolare, gli effetti del termine previsto all’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva, prima di esaminare, in secondo luogo, la possibilità e le condizioni per una successiva regolarizzazione della situazione risultante da detta mancata notifica iniziale.
a) Sulla portata dell’obbligo di notifica all’autorità pubblica competente: gli effetti del termine previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59
58. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio desidera sapere, sostanzialmente, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59, debba essere interpretato nel senso che una risoluzione di un contratto di lavoro intervenuta nell’ambito di un licenziamento collettivo che deve essere oggetto di una notifica preliminare all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore solo dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti previsto da detto articolo.
59. A tal proposito, detto giudice ritiene che sia determinante distinguere tra la situazione di assenza totale di notifica del licenziamento collettivo e quella di una notifica che non soddisfa le condizioni formali o sostanziali previste dal diritto nazionale o dal diritto dell’Unione (33).
60. Nel caso di specie, come ho già illustrato, dalla decisione di rinvio si evince che il datore di lavoro non ha rispettato, prima della risoluzione del contratto di lavoro di DF, l’obbligo di notifica preliminare previsto all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59 (34). Si tratta, quindi, di una situazione di assenza totale di notifica preliminare del licenziamento collettivo, rispetto alla quale detto giudice spiega che, nel diritto nazionale, il rapporto di lavoro oggetto di risoluzione del contratto, continuerebbe, a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, del KSchG, sino alla scadenza del blocco dei licenziamenti di un mese.
61. In tale contesto, si pone quindi il problema di stabilire quali siano le conseguenze giuridiche del mancato rispetto, da parte del datore di lavoro, degli obblighi previsti dagli articoli 3 e 4 della direttiva 98/59.
62. UR e la Commissione sono divisi sull’interpretazione da dare a detta disposizione.
63. A tal proposito, vorrei ricordare sin da subito che, secondo una giurisprudenza constante, per interpretare una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera di detta disposizione, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte. Anche la genesi di detta disposizione può rivelare elementi pertinenti per la sua interpretazione (35). Inizierò, quindi, esaminando brevemente la formulazione della disposizione di cui trattasi.
1) Formulazione
64. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, «[i] licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all’autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all’articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso».
65. A tal proposito, come sostiene la Commissione, non vi è dubbio che la risoluzione di un contratto di lavoro può porre fine al rapporto di lavoro solo dopo la scadenza del termine previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59 (36).
66. Questa interpretazione risulta, a mio avviso, non soltanto dalla chiara formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, ma anche dal contesto e dall’impianto sistematico in cui detta disposizione si inserisce.
2) Contesto e impianto sistematico
67. Occorre anzitutto ricordare che, allorquando sono soddisfatte le condizioni di natura quantitativa e temporale previste all’articolo 1 della direttiva 98/59 ai fini dell’applicazione di quest’ultima, si impone il rispetto delle due serie di obblighi procedurali gravanti sul datore di lavoro che intende effettuare licenziamenti collettivi (37).
68. Per quanto attiene, in primo luogo, agli obblighi previsti nell’ambito della procedura di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori (38), prevista all’articolo 2 della direttiva 98/59, occorre sottolineare che l’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, di detta direttiva enuncia che le consultazioni vertono sulle possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati (39). In particolare, in forza dell’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, di detta direttiva, il datore di lavoro deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili e comunicare loro, comunque, per iscritto le informazioni menzionate in detta disposizione. Pertanto, la trasmissione di informazioni all’autorità pubblica competente, prevista all’articolo 2, paragrafo 3, secondo comma, della medesima direttiva avviene esclusivamente a fini informativi e preparatori, affinché l’autorità pubblica competente possa, se del caso, esercitare efficacemente le sue prerogative stabilite all’articolo 4 della direttiva 98/59 (40).
69. Per quanto attiene, in secondo luogo, agli obblighi previsti nell’ambito della procedura di notifica introdotta dal legislatore dell’Unione agli articoli 3 e 4 della direttiva 98/59, va ricordato che, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, «[i]l datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente» (41). Osservo che tale disposizione contiene una norma sostanziale che comporta l’obbligo per il datore di lavoro di procedere alla notifica preliminare di qualsiasi progetto di licenziamento collettivo.
70. A tal proposito, non si deve dimenticare che il fatto che detto obbligo si inserisce nel quadro della procedura di notifica preliminare all’autorità pubblica competente implica, diversamente dagli obblighi previsti nell’ambito della procedura di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, che i lavoratori che saranno interessati dal licenziamento collettivo sono già stati individuati e che si perverrà certamente a detto licenziamento. Pertanto, benché gli obblighi previsti, da un lato, all’articolo 2, paragrafo 3, e, dall’altro, all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 98/59 presentino un collegamento evidente, si tratta di obblighi differenti, imposti nell’ambito di due procedure diverse nel corso di una procedura di licenziamento collettivo e il loro mancato adempimento comporta, pertanto, effetti giuridici differenti. Tale differenza sembra essere alla base dei dubbi nutriti dal giudice del rinvio.
71. Chiarito tale aspetto, devo ricordare che la Corte ha dichiarato che gli articoli 3 e 4 della direttiva 98/59 prevedono che i piani di licenziamento collettivo debbano essere notificati all’autorità pubblica competente e che tali licenziamenti possano avere effetto solo una volta trascorso un certo lasso di tempo che la suddetta autorità deve utilizzare per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi così prospettati (42). Infatti, tale ricerca di soluzioni è, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva, l’obiettivo della procedura di notifica.
72. In particolare, come già spiegato dalla Corte, detto obbligo di notifica deve consentire all’autorità pubblica competente di esplorare, sulla base di tutte le informazioni che le sono state trasmesse dal datore di lavoro, le possibilità di limitare, mediante misure adeguate alle circostanze che caratterizzano il mercato del lavoro e l’attività economica in cui si collocano tali licenziamenti collettivi, le conseguenze negative di questi ultimi (43). A tal fine, il termine di 30 giorni previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59 per i casi in cui il datore di lavoro ha adempiuto l’obbligo di notifica previsto all’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, corrisponde, secondo la Corte, al «periodo minimo» di cui deve disporre l’autorità pubblica competente (44). A tal riguardo, la Corte ha già indicato che, facendo espressamente salve le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso, l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva di cui trattasi ha necessariamente ad oggetto l’ipotesi di risoluzioni già intervenute, le quali fanno decorrere un siffatto termine (45).
73. Ne consegue, a mio avviso, che il blocco dei licenziamenti ha quale conseguenza giuridica la sospensione degli effetti della cessazione del rapporto di lavoro per ciascun lavoratore interessato da un licenziamento collettivo il cui contratto di lavoro è stato risolto e ciò per consentire, in definitiva, all’autorità pubblica competente, di esplorare possibili soluzioni conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 98/59. Tale autorità ha quindi diritto di ritenere che i rapporti di lavoro con i lavoratori interessati non si estinguano sino alla scadenza del blocco dei licenziamenti. Ritengo, pertanto, che la risoluzione di un contratto di lavoro possa porre fine al rapporto di lavoro solo dopo la scadenza del termine previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva.
74. Questa interpretazione mi sembra trovare conferma anche negli obiettivi perseguiti da detta direttiva oltre che nella sua genesi.
3) Obiettivi e genesi della direttiva 98/59
75. Ricordo, anzitutto, che dal considerando 2 della direttiva 98/59 emerge che essa mira a rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nell’Unione europea. In particolare, secondo i considerando 3 e 7 di detta direttiva, devono essere oggetto di ravvicinamento delle legislazioni segnatamente le differenze sussistenti tra le disposizioni in vigore negli Stati membri relativamente alle misure che possono attenuare le conseguenze derivanti dai licenziamenti collettivi (46). Inoltre, ai sensi del considerando 4 di detta direttiva, le differenze tra i livelli di tutela previsti dalle legislazioni nazionali in materia di licenziamenti collettivi possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato interno (47).
76. Tengo ad osservare poi come dalla giurisprudenza costante della Corte emerga che l’obiettivo principale della direttiva 98/59 consiste nel far precedere i licenziamenti collettivi da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e dall’informazione dell’autorità pubblica competente (48). Infatti, detta direttiva garantisce solo un’armonizzazione parziale delle regole di protezione dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, ossia la procedura da seguire nel caso di tali licenziamenti (49).
77. La Corte ha così già precisato nell’ambito della procedura di consultazione e di informazione, segnatamente, che, in considerazione della finalità dell’obbligo di trasmissione di informazioni e del fatto che essa avviene in una fase in cui i licenziamenti collettivi sono soltanto previsti dal datore di lavoro, l’azione dell’autorità pubblica competente non è intesa ad affrontare la situazione individuale di ciascun lavoratore, ma mira a considerare globalmente i licenziamenti collettivi prospettati (50).
78. Si potrebbe analogamente osservare che nemmeno l’obbligo di notifica preliminare del licenziamento collettivo può avere la finalità di conferire una protezione individuale ai lavoratori interessati da detto licenziamento collettivo (51). Basti ricordare, a tal proposito, che la direttiva 98/59 non mira a stabilire un meccanismo di compensazione economica generale a livello di Unione in caso di perdita del lavoro (52). Infatti, le modalità con cui deve essere data tutela a un lavoratore destinatario di un licenziamento collettivo illegittimo in ragione di una violazione dei criteri su cui il datore di lavoro deve basarsi per individuare i lavoratori da licenziare, sono manifestamente scollegate dagli obblighi di notifica e di consultazione risultanti da detta direttiva. Secondo la Corte, né tali modalità, né detti criteri di scelta rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Essi rimangono, di conseguenza, di competenza degli Stati membri (53).
79. Ciò premesso, l’obiettivo principale della direttiva 98/59 di far precedere i licenziamenti collettivi da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e dall’informazione dell’autorità pubblica competente sarebbe compromesso se, diversamente da quanto prevede l’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva, il datore di lavoro potesse porre fine al rapporto di lavoro di un dipendente prima della notifica e, quindi, prima della scadenza del blocco dei licenziamenti, che inizia a decorrere da detta notifica, impedendo così all’autorità pubblica competente qualsiasi ricerca di soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati, come richiede l’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva.
80. Devo sottolineare infine che, diversamente da quanto osserva UR, tale interpretazione è corroborata anche dalla genesi della direttiva 98/59. La direttiva di cui trattasi ha, infatti, proceduto alla rifusione della direttiva 75/129/CEE (54) riprendendo, ai suoi articoli 3 e 4, gli articoli 3 e 4 di quest’ultima direttiva senza apportare alcuna modifica sostanziale (55). Pertanto, il fatto che tali articoli siano rimasti immutati testimonia, a mio avviso, la volontà del legislatore dell’Unione di sancire in dette disposizioni l’obbligo di notificare preliminarmente per iscritto all’autorità pubblica competente tutti i progetti di licenziamento, i quali acquisiscono effetto non prima di 30 giorni da detta notifica, mettendo così tale termine a beneficio della suddetta autorità.
81. Certamente, come sostiene UR, la proposta originaria della Commissione, relativa alla direttiva 75/129, prevedeva di inserirvi l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché sussistano «procedure giudiziarie ad istanza dei rappresentanti dei lavoratori e dei lavoratori stessi per conseguire l’adempimento degli obblighi previsti dalla presente direttiva e in particolare l’annullamento dei licenziamenti collettivi; indipendentemente dalla esperibilità di altre procedure» (56). UR ne ha dedotto che il legislatore dell’Unione non ha seguito la proposta della Commissione di includere l’obbligo di dichiarare inefficaci i licenziamenti collettivi in caso di mancato rispetto della direttiva 98/59. Egli sostiene, quindi, che tali conseguenze giuridiche non discendono dalla direttiva e potrebbero quindi essere previste dalla normativa degli Stati membri.
82. Tuttavia, ritengo che questo argomento di UR non rimetta in discussione l’interpretazione sopra illustrata secondo cui il datore di lavoro non può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore prima della notifica e, quindi, prima della scadenza del blocco dei licenziamenti, che inizia a decorrere da detta notifica (57). Tale argomento tende inoltre a confondere la proposta (non accolta) della Commissione di prevedere procedure giudiziarie specifiche negli Stati membri al fine di dare esecuzione agli obblighi previsti dalla futura direttiva, da un lato, con le conseguenze giuridiche del mancato rispetto della direttiva 98/59, dall’altro. Infatti, benché l’invalidità dei licenziamenti collettivi interessati non risulti esplicitamente dalla formulazione delle disposizioni di detta direttiva, essa deriva tuttavia dai termini dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, nonché dalla struttura e dall’impianto sistematico di detta direttiva. Basti osservare che, conformemente a detta disposizione, letta a contrario, i licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all’autorità pubblica competente non possono avere effetto prima della scadenza del termine di 30 giorni dalla notifica, cosicché detta conseguenza giuridica è implicitamente prevista da detta disposizione (58).
83. Pertanto, l’interpretazione secondo cui sarebbe possibile per gli Stati membri prevedere conseguenze diverse, segnatamente, sanzioni amministrative, come ha suggerito UR, sarebbe contraria, da un lato, all’obiettivo principale della direttiva 98/59 consistente nel regolamentare la procedura dei licenziamenti collettivi, vale a dire nel far precedere detti licenziamenti da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e da una notifica all’autorità pubblica competente, e, dall’altro, all’obiettivo di rafforzare la protezione dei lavoratori in caso licenziamenti collettivi (59). Una siffatta interpretazione non garantirebbe, inoltre, il gioco della concorrenza leale (60).
84. Sintetizzando, a mio parere, è evidente che il mancato rispetto da parte del datore di lavoro interessato degli obblighi previsti agli articoli 3 e 4 della direttiva 98/59 non deve restare privo di conseguenze, salvo ledere altrimenti, non soltanto l’obiettivo di detta direttiva, ma anche l’effetto utile della medesima.
85. Ritengo, quindi, occorra rispondere alla prima questione pregiudiziale che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che una risoluzione di un contratto di lavoro intervenuta nell’ambito di un licenziamento collettivo che deve essere oggetto di una notifica preliminare all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore solo dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti previsto da detto articolo.
b) Sulla possibilità e sulle condizioni di regolarizzazione successiva della notifica preliminare
86. Con la terza questione, il giudice del rinvio si chiede, sostanzialmente, se l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debbano essere interpretati nel senso che un datore di lavoro che ha proceduto alla risoluzione di contratti di lavoro senza aver effettuato la notifica preliminare del licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, possa effettuare in seguito una siffatta notifica, con la conseguenza che, alla scadenza del blocco dei licenziamenti previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, i rapporti di lavoro possono interrompersi tramite le risoluzioni dei contratti di lavoro intervenute in precedenza.
87. Il giudice del rinvio ritiene che una risoluzione nel quadro di un licenziamento collettivo soggetto all’obbligo di notifica preliminare possa avere effetto solo a decorrere dal momento in cui detta notifica è stata compiuta. Secondo detto giudice, gli effetti di una siffatta risoluzione sono «sospesi», in forza dell’articolo 18, paragrafo 1, del KSchG, sino all’effettuazione della notifica inizialmente omessa, per consentire all’Agenzia per il lavoro competente di preparare il collocamento dei lavoratori interessati dai licenziamenti collettivi. A tal proposito, detto giudice ritiene che il fatto che il blocco dei licenziamenti inizia a decorrere soltanto dalla successiva notifica garantisca all’autorità pubblica competente di disporre del periodo minimo, vale a dire del blocco dei licenziamenti, per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi di cui trattasi, conformemente all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva 98/59. A suo avviso, la sentenza Junk non vi si oppone.
88. UR e la Commissione dissentono sulla questione se un datore di lavoro che ha risolto dei contratti di lavoro in mancanza della notifica preliminare possa effettuare la notifica in un momento successivo, con la conseguenza che le risoluzioni dei contratti di lavoro interessati hanno effetto a partire dalla scadenza del blocco dei licenziamenti, senza che sia necessario procedere a una nuova risoluzione del contratto di lavoro.
89. Contrariamente a quanto sostenuto da UR, secondo cui il mancato rispetto della direttiva 98/59 non deve incidere sulla validità dei licenziamenti collettivi e il rapporto di lavoro deve interrompersi con la scadenza del termine di preavviso, dalla mia analisi della prima questione pregiudiziale si evince che, nella misura in cui la risoluzione di un contratto di lavoro che interviene nell’ambito di un licenziamento collettivo soggetto ad obbligo di notifica può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore solo dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti previsto da detta direttiva, un’interpretazione secondo cui le risoluzioni potrebbero avere effetto prima della notifica preliminare non è ipotizzabile alla luce della formulazione, dell’impianto sistematico e degli obiettivi della direttiva in questione. Una siffatta interpretazione non si evince nemmeno dalla sentenza Junk.
90. In primo luogo, per quanto attiene all’importanza degli obblighi procedurali previsti dalla direttiva 98/59, va ricordato, ancora una volta, che l’armonizzazione parziale delle regole di protezione dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo prevista dalla direttiva 98/59 riguarda la procedura da seguire nel caso di tali licenziamenti (61). Ciò significa che, per procedere alla risoluzione di contratti di lavoro, il datore di lavoro che intende effettuare licenziamenti collettivi deve soddisfare gli obblighi imposti da detta direttiva, i quali si articolano attorno a due procedure distinte e successive che riguardano, in un primo momento, l’informazione e la consultazione (articolo 2 di detta direttiva) e, in un secondo momento, la notifica (articoli 3 e 4 della stessa direttiva) (62). In altri termini, queste due procedure formano una sequenza in due tempi in cui, da un lato, il contesto relativo all’informazione e alla consultazione, da parte del datore di lavoro, dei rappresentanti dei lavoratori è stato concepito dal legislatore dell’Unione come anteriore alla notifica all’autorità pubblica competente del prospettato progetto di licenziamenti collettivi e, dall’altro, detta notifica obbligatoria è intesa come precedente la risoluzione dei contratti di lavoro considerati in detto progetto.
91. Tengo a sottolineare, a questo proposito, che un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica non consente né di invertire l’ordine degli obblighi previsti agli articoli 2, 3 e 4 della direttiva 98/59 a carico del datore di lavoro, né di ometterli (63). Occorre ricordare, in particolare, che, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, quarto comma, di detta direttiva, la notifica «dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti» (64).
92. In altri termini, dai legami esistenti tra le due procedure previste dalla direttiva 98/59 emerge che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, di quest’ultima, il ruolo dell’autorità pubblica competente dipende dall’andamento e dall’esito della procedura di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori. Infatti, l’obbligo gravante sul datore di lavoro di trasmettere informazioni per iscritto ai rappresentanti dei lavoratori, previsto all’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, di detta direttiva, mira a considerare globalmente i licenziamenti collettivi prospettati. Pertanto, privare l’autorità pubblica competente della trasmissione di informazioni, prevista all’articolo 2, paragrafo 3, secondo comma, di detta direttiva, le impedirebbe di esercitare efficacemente le sue prerogative stabilite all’articolo 4 della medesima direttiva (65).
93. Ne consegue che, a mio avviso, per valutare l’importanza del rispetto degli obblighi procedurali previsti dalla direttiva 98/59, occorre ricordare che tali procedure sono state concepite dal legislatore dell’Unione per contribuire alla protezione dei lavoratori e, di conseguenza, per garantire, in un primo tempo, che, in occasione del licenziamenti collettivi, il datore di lavoro consulti e informi i rappresentanti dei lavoratori e, in un secondo tempo, che egli notifichi per iscritto all’autorità pubblica competente ogni progetto di licenziamento collettivo, così da preservare la certezza del diritto di questi lavoratori nel corso dell’intera procedura di licenziamento collettivo.
94. In secondo luogo, per quanto attiene alla giurisprudenza della Corte, come ho già illustrato, dalla sentenza Junk emerge chiaramente che il datore di lavoro non può procedere a risoluzioni di contratti di lavoro prima dell’avvio delle suddette procedure (66). La Corte ha pertanto ricordato che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, le risoluzioni dei contratti di lavoro hanno effetto solamente alla scadenza del termine di 30 giorni dopo la notifica, che corrisponde al periodo minimo di cui deve disporre l’autorità pubblica competente al fine di ricercare soluzioni per i lavoratori interessati (67). Essa ha così insistito sul fatto che il termine di preavviso scade solo fatto salvo il rispetto di detto termine dopo la notifica e che detta riserva di decorso di un termine di preavviso differente dal termine previsto da detta direttiva sarebbe priva di senso qualora non fosse iniziata la decorrenza di alcun termine di preavviso (68). Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che gli articoli 3 e 4 della direttiva in questione non ostano al fatto che la risoluzione dei contratti di lavoro avvenga nel corso della procedura da essi istituita, purché tale risoluzione intervenga dopo la notifica del progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente (69).
95. In terzo e ultimo luogo, condivido il parere della Commissione secondo cui detta interpretazione, da un lato, garantisce non solo che l’autorità pubblica competente disponga di un effettivo blocco dei licenziamenti per cercare delle soluzioni per i lavoratori interessati, ma anche che questi ultimi possano supporre che la risoluzione del loro contratto di lavoro acquisirà effetto nei loro confronti. Dall’altro, una siffatta interpretazione consente ai lavoratori interessati di disporre di detto periodo per verificare se la notifica sia stata effettuata conformemente ai requisiti applicabili al licenziamento collettivo in forza della direttiva 98/59. Tale interpretazione può, quindi, garantire la tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo evitando gli effetti negativi risultanti dal mancato rispetto, da parte del datore di lavoro, degli obblighi procedurali previsti da detta direttiva, vale a dire, da un lato, la mancanza di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e, dall’altro, l’incertezza di detti lavoratori quanto al momento in cui la risoluzione dei loro contratti di lavoro produce effetto, così da salvaguardare la loro certezza del diritto (70).
96. Pertanto, contrariamente al giudice del rinvio, non ritengo che le conseguenze giuridiche di una tardiva notifica regolare possano consistere in una sospensione temporanea degli effetti giuridici di detta risoluzione dei contratti di lavoro. Infatti, la sequenza delle procedure e, correlativamente, degli obblighi previsti nell’ambito di dette procedure, come concepiti dal legislatore dell’Unione, sarebbe rimessa in discussione se il datore di lavoro potesse effettuare la notifica dopo la risoluzione dei contratti di lavoro interessati attraverso una siffatta sospensione temporanea. A mio avviso, considerare che, alla scadenza del blocco dei licenziamenti, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, i rapporti di lavoro possano concludersi per l’effetto di risoluzioni di contratti di lavoro intervenute in precedenza contrasterebbe con l’effetto utile di detta direttiva.
97. Nella specie, posto che le controverse risoluzioni dei contratti di lavoro sono intervenute senza che si sia proceduto alla notifica preliminare del licenziamento collettivo, dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59 risulta che dette risoluzioni non hanno mai spiegato effetto poiché, in mancanza di detta notifica, il termine di 30 giorni non ha mai iniziato a decorrere.
98. Ritengo, quindi, che l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debbano essere interpretati nel senso che un datore di lavoro che ha proceduto alla risoluzione di contratti di lavoro senza aver effettuato la notifica preliminare del licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, non può effettuare in seguito una siffatta notifica, dal momento che quest’ultima comporta che, alla scadenza del blocco dei licenziamenti previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, i rapporti di lavoro possono interrompersi in forza di risoluzioni di contratti di lavoro intervenute in precedenza. Per regolarizzare la situazione risultante da una notifica inizialmente omessa, il datore di lavoro deve anzitutto procedere alla regolare notifica del progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente e poi, nuovamente, alla risoluzione dei contratti di lavoro interessati, posto che dette risoluzioni spiegano effetti, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, non prima di 30 giorni dal deposito della notifica (71).
V. Conclusione
99. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla Seconda Sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) come segue:
1) L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1794 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015,
dev’essere interpretato nel senso che:
una risoluzione di un contratto di lavoro intervenuta nell’ambito di un licenziamento collettivo che deve essere oggetto di una notifica preliminare all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, può porre fine al rapporto di lavoro di un lavoratore solo dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti previsto da detto articolo.
2) L’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 98/59, come modificata dalla direttiva 2015/1794,
devono essere interpretati nel senso che:
un datore di lavoro che ha proceduto alla risoluzione di contratti di lavoro senza aver effettuato la notifica preliminare del licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, non può effettuare in seguito una siffatta notifica, dal momento che quest’ultima comporta che, alla scadenza del blocco dei licenziamenti previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, i rapporti di lavoro possono interrompersi in forza di risoluzioni dei contratti di lavoro già intervenute in precedenza.
Per regolarizzare la situazione risultante da una notifica inizialmente omessa, il datore di lavoro deve anzitutto procedere alla regolare notifica del progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente e poi, nuovamente, alla risoluzione dei contratti di lavoro interessati, posto che dette risoluzioni spiegano effetti, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 98/59, come modificata dalla direttiva 2015/1794, non prima di 30 giorni dal deposito della notifica.
1 Lingua originale: il francese.
i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
2 Direttiva del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1998, L 225, pag. 16), come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1794 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015 (GU 2015, L 263, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 98/59»).
3 Sentenza del 27 gennaio 2005 (C‑188/03, in prosieguo: la «sentenza Junk», EU:C:2005:59, punto 53).
4 Sulla composizione della Grande Sezione, v. Wullenkord, S., «ArbGG § 45», in Rolfs, C., Giesen, R., Meßling, M., Udsching, P., Beck’scher Online-Kommentar, 73a ed., Beck, Monaco di Baviera, 1º settembre 2024, punto 1.
5 V., segnatamente, sentenze del 30 giugno 1966, Vaassen-Göbbels (61/65, EU:C:1966:39, pag. 425); del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punto 23); del 31 maggio 2005, Syfait e a. (C‑53/03, EU:C:2005:333, punto 29), nonché del 26 settembre 2024, Fautromb (C‑368/23, EU:C:2024:789, punto 35 e giurisprudenza citata). Il criterio dell’imparzialità è stato aggiunto dalla Corte nella sentenza del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 48).
6 Tale aspetto è invece sollevato nella causa C‑402/24, Sewel, attualmente pendente dinanzi alla Corte, proposta dalla Sesta Sezione nell’ambito di un’altra controversia oggetto di un procedimento principale riguardante situazioni e fatti diversi ma collegati a quelli della presente causa (v., a questo proposito, nota 33 delle presenti conclusioni). Detta Sezione esprime i suoi dubbi sulla natura contraddittoria della procedura di cui all’articolo 45 dell’ArbGG e, quindi, sul carattere di «giurisdizione», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, della Seconda Sezione. A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 267 TFUE non subordina il rinvio alla Corte al carattere contraddittorio di tale procedimento. Basti sottolineare, in questa fase, che la Corte ha già dichiarato che il requisito del procedimento in contraddittorio non è un criterio assoluto per l’accertamento della natura di giurisdizione di un organo ai sensi di tale articolo. Tuttavia, le parti devono avere la possibilità di essere sentite, senza che sia necessario un dibattito in contraddittorio [v., in particolare, sentenze del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punto 31); del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punto 63), nonché del 31 gennaio 2013, D. e A. (C‑175/11, EU:C:2013:45, punto 88)]. In ogni caso, risulta comunque che le parti hanno chiaramente la possibilità di presentare osservazioni scritte e orali pur non dovendosi ufficialmente contrapporre come ricorrente e convenuto nell’ambito della procedura di consultazione di cui al procedimento principale dinanzi alla Seconda Sezione. Dal fascicolo a disposizione della Corte emerge, infatti, che l’udienza dinanzi alla Sesta Sezione è stata sospesa in attesa della decisione della Seconda Sezione. Inoltre, taluni autori della dottrina tedesca, nel commentare l’articolo 45 dell’ArbGG, spiegano, a tal proposito, che le parti hanno la possibilità di presentare osservazioni nell’ambito di un eventuale rinvio alla Grande Sezione del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro). Inoltre, se la definizione della controversia pendente dinanzi alla Sezione adita (nella specie, la Sesta Sezione) necessita di una nuova udienza, la decisione pronunciata dalla Grande Sezione è comunicata alle parti e viene quindi fissata un’udienza. Al contrario, quando un’udienza non è più necessaria in tale fase, le parti devono essere sentite (v. Zimmermann, B. «ArbGG § 45 Großer Senat», Natter, E., e Gross, R. (dir.) Arbeitsgerichtsgezetz, Handkommentar, 2a ed., Nomos, Baden-Baden, 2013, punti da 1 a 27, §§ 23 e 24).
7 Sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia (244/80, EU:C:1981:302, punto 33), e del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19; in prosieguo: la «sentenza W.Ż.», EU:C:2021:798, punto 83).
8 V., segnatamente, sentenze del 31 maggio 2005, Syfait e a. (C‑53/03, EU:C:2005:333, punto 29); del 31 gennaio 2013, Belov (C‑394/11, EU:C:2013:48, punto 39); W.Ż. (punto 84 e giurisprudenza citata), nonché del 26 settembre 2024, Fautromb (C‑368/23, EU:C:2024:789, punto 36 e giurisprudenza citata).
9 V., in tal senso, sentenze del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti 44 e 45); del 23 novembre 2023, Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi (Unità familiare) (C‑374/22, EU:C:2023:902, punto 15), nonché del 16 maggio 2024, Toplofikatsia Sofia (Nozione di domicilio del convenuto) (C‑222/23, EU:C:2024:405, punto 40 e giurisprudenza citata).
10 V. sentenza del 16 maggio 2024, Toplofikatsia Sofia (Nozione di domicilio del convenuto) (C‑222/23, EU:C:2024:405, punto 41 e giurisprudenza citata).
11 In base alla mia comprensione dell’articolo 45 dell’ArbGG e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, il procedimento giudiziario tedesco in corso nell’ambito della presente causa si articolerebbe in più fasi, vale a dire la controversia pendente dinanzi alla Sezione adita (nella specie, la Sesta Sezione), la consultazione di un’altra Sezione in caso di interpretazioni divergenti (nella specie, la Seconda Sezione), l’adizione della Grande Sezione ove la Sezione richiesta dichiari di mantenere la sua posizione e la sentenza resa dalla Sezione adita per definire la controversia di cui essa è investita.
12 Tengo a sottolineare che, nella sentenza W.Ż. (punto 94 e giurisprudenza citata), la Corte ha dichiarato ricevibili domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Sąd Najwyższy (Izba Cywilna) [Corte suprema (Sezione civile), Polonia], riunito in composizione a sette giudici, volte a consentirgli di dirimere questioni che si pongono in limine litis al Sąd Najwyższy (Izba Cywilna) [Corte suprema (Sezione civile)], riunito in composizione a tre giudici, affinché quest’ultimo giudice possa, se del caso, statuire nel merito della controversia principale dinanzi ad esso pendente.
13 A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già affrontato nel merito un rinvio pregiudiziale nell’ambito del quale si poneva una questione avente carattere declaratorio poiché tale rinvio era consentito dal diritto nazionale e detta questione corrispondeva a un bisogno oggettivo ai fini della soluzione della controversia con cui il giudice del rinvio è ritualmente adito. V. sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a. Sentenza Križan e a. (C-621/18, EU:C:2018:999, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
14 V. nota 6 delle presenti conclusioni. V., altresì, Wullenkord, S., «ArbGG § 45», in Rolfs, C., Giesen, R., Meßling, M., Udsching, P., Beck’scher Online-Kommentar, punto 1, op. cit.
15 V., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2015, Fahnenbrock e a. (C‑226/13, C‑245/13 e C‑247/13, EU:C:2015:383, punto 30 e giurisprudenza citata). Il corsivo è mio. In dette cause riunite si discuteva di questioni vertenti sull’interpretazione di disposizioni processuali di diritto dell’Unione che toccavano le controversie di cui ai procedimenti principali solo in maniera indiretta.
16 V., per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Weryński (C‑283/09, EU:C:2011:85, punto 42).
17 Sentenza del 16 ottobre 1997 (da C‑69/96 a C‑79/96, EU:C:1997:492).
18 Direttiva del Consiglio del 15 settembre 1986 relativa alla formazione specifica in medicina generale (GU 1986, L 267, pag. 26).
19 Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle cause riunite Garofalo e a. (da C‑69/96 a C‑79/96, EU:C:1997:330, paragrafo 27).
20 Sentenza del 16 ottobre 1997, Garofalo e a. (da C‑69/96 a C‑79/96, EU:C:1997:492, punti 24 e 27). Il corsivo è mio.
21 È sì vero che, nell’ordinanza del 9 gennaio 2024, Sąd Najwyższy (C‑658/22, EU:C:2024:38, punto 35), la Corte ha dichiarato manifestamente irricevibile una domanda di pronuncia pregiudiziale introdotta dalla sezione civile in composizione plenaria del Sąd Najwyższy (Corte suprema). Infatti, quando quest’ultima è investita di questioni giuridiche dal primo presidente di detta giurisdizione, allo scopo di porre fine a divergenze interpretative tra i giudici di merito, tale collegio si pronuncia con una decisione generale che acquisisce forza di principio giuridico, senza essere chiamato a dirimere una qualsivoglia controversia tra le parti. Tuttavia, come ho già osservato, nella presente causa la situazione è differente posto che l’ordinanza della Seconda Sezione che sarà pronunciata nell’ambito della fase di consultazione interna e che terrà conto dell’emananda sentenza della Corte, consentirà alla Sesta Sezione di pronunciarsi sul merito della controversia di cui è investita (v., a tal proposito, paragrafi 35 e 40 delle presenti conclusioni).
22 Sentenze del 16 gennaio 1974, Rheinmühlen-Düsseldorf (166/73, EU:C:1974:3, punto 4); del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126, punto 32); del 15 novembre 2012, Bericap Záródástechnikai (C‑180/11, EU:C:2012:717, punto 55), nonché del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda (C‑42/13, EU:C:2014:2345, punto 27). V., altresì, sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 133).
23 V., segnatamente, sentenze del 5 aprile 2016, PFE (C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 34), e del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio) (C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 70).
24 V. paragrafi 33 e 34 delle presenti conclusioni.
25 Ordinanza del 26 gennaio 1990, Falciola (C‑286/88, EU:C:1990:33, punto 7). V., altresì, sentenze del 16 luglio 1992, Meilicke (C‑83/91, EU:C:1992:332, punto 22); del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 83), e del 24 ottobre 2024, Kwantum Nederland e Kwantum België (C‑227/23, EU:C:2024:914, punto 33).
26 V. sentenza del 1°ºdicembre 1965, Schwarze (16/65, EU:C:1965:117), e ordinanza del 5 marzo 1986, Wünsche (69/85, EU:C:1986:104, punto 12).
27 Sentenze del 29 novembre 1978, Redmond (83/78, EU:C:1978:214, punto 25); del 21 aprile 1988, Pardini (338/85, EU:C:1988:194, punto 8); del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 41), e del 14 settembre 2023, Tuk Tuk Travel (C‑83/22, EU:C:2023:664, punto 28).
28 V. sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 35); del 15 dicembre 1995, Bosman (C‑415/93, EU:C:1995:463, punto 59); del 22 novembre 2005, Mangold (C‑144/04, EU:C:2005:709, punto 35), e del 6 ottobre 2022, Contship Italia (C‑433/21 e C‑434/21, EU:C:2022:760, punto 23).
29 V. sentenza del 7 novembre 2024, Adusbef (Ponte Morandi) (C‑683/22, EU:C:2024:936, punto 38 e giurisprudenza citata).
30 V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.
31 V., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, Private Equity Insurance Group (C‑156/15, EU:C:2016:851, punto 58).
32 V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.
33 Dalla decisione pregiudiziale emerge che la presente causa riguarda la situazione di assenza totale di notifica del licenziamento collettivo. Per contro, nella causa C‑402/24, Sewel, attualmente pendente dinanzi alla Corte, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte, segnatamente, di pronunciarsi sulla possibilità di rettificare oppure integrare una notifica erronea in forza dell’articolo 3 della direttiva 98/59.
34 V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.
35 V., segnatamente, sentenza del 13 luglio 2023, G GmbH (C‑134/22, in prosieguo: la «sentenza G GmbH», EU:C:2023:567, punto 25 e giurisprudenza citata).
37 Benché gli articoli 2 e 3 della direttiva 98/59 si riferiscano l’uno all’altro, occorre distinguere le due procedure previste da detta direttiva. Come ha osservato l’avvocato generale Tizzano nelle sue conclusioni nella causa Junk (C‑188/03, EU:C:2004:571, paragrafi 57 e 61), dalla direttiva di cui trattasi emerge «una sequenza procedurale che si articola in due fasi distinte e consecutive». Per quanto attiene alla procedura di notifica, «d[ella] fase [di consultazione e di informazione] il datore di lavoro deve dare conto nella notifica (art[icolo] 3, [paragrafo] 1, terzo comma[, di detta direttiva])».
38 Tale procedura precede qualsiasi risoluzione dei contratti di lavoro. V. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Junk (C‑188/03, EU:C:2004:571, paragrafo 58).
39 V. sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing (C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 40 e giurisprudenza citata).
40 Sentenza G GmbH (punto 36).
41 Il corsivo è mio. A tal proposito, è opportuno osservare che, come rilevato dall’avvocato generale Pikamäe nella causa G GmbH (C‑134/22, EU:C:2023:268, paragrafi da 38 a 41), gli obblighi gravanti sul datore di lavoro stabiliti dalla direttiva 98/59 nell’ambito della procedura di informazione e di consultazione dei lavoratori e quelli previsti nell’ambito della procedura di notifica preliminare all’amministrazione pubblica competente «contribuiscono entrambi alla tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi» e «non sono separati in maniera stagna. Al contrario, tra questi due obblighi esiste un nesso dal quale risulta che il ruolo dell’autorità pubblica competente dipende dall’andamento e dall’esito della procedura di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori. Tale nesso è stabilito in particolare dall’(...) articolo 3, paragrafo 1, [di detta direttiva]».
42 Per quanto attiene all’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 98/59, v. sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 40), e sentenza G GmbH (punto 35).
43 A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 98/59 conferisce agli Stati membri la possibilità di «accordare all’autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica [del progetto di licenziamento collettivo] quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale]. Correlativamente, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva, gli Stati membri hanno la possibilità di ridurre detto termine di 30 giorni.
44 V., in tal senso, sentenza Junk (punto 51).
45 V., in tal senso, sentenza Junk (punto 52). Secondo la Corte, la riserva collegata al decorso di un termine di preavviso diverso da quello previsto dalla direttiva 98/59 sarebbe priva di senso qualora non fosse iniziata la decorrenza di alcun termine di preavviso.
46 V. sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 27).
47 Come già osservato dalla Corte, le regole di protezione fissate dalla direttiva 98/59 hanno anche l’obiettivo di avvicinare gli oneri che dette regole comportano per le imprese dell’Unione. V., in tal senso, sentenze del 13 maggio 2015, Lyttle e a. (C‑182/13, EU:C:2015:317, punto 43 e giurisprudenza citata), e del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 41).
48 V., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing (C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 40 e giurisprudenza citata).
49 V., a tal riguardo, paragrafi 67 e 69 delle presenti conclusioni. In tal senso, come ha osservato l’avvocato generale Pikamäe nelle sue conclusioni nella causa G GmbH, (C‑134/22, EU:C:2023:268, paragrafo 23), la direttiva 98/59 concorre a garantire il gioco della concorrenza leale riducendo il rischio che un datore di lavoro tenti di trarre vantaggio dall’esistenza in alcuni Stati membri di legislazioni che offrono una minor tutela dell’occupazione.
50 V. sentenza G GmbH (punto 37).
51 A tal riguardo, la dottrina osserva che la direttiva 98/59 si discosta da numerose altre direttive dell’Unione in materia di diritto del lavoro nel senso che essa non offre ai lavoratori una tutela sociale sostanziale in materia di diritti specifici, v., segnatamente, van der Mei, A. P., «Collective redundancies: judicial fine-tuning of a classic concept of EU labour law», European Law Review, vol. 42, n. 1, 2017, pagg. da 82 a 91, in particolare pagg. 82 e 91.
52 V., a tal proposito, sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing (C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 41 e giurisprudenza citata). Per completezza, è opportuno ricordare che, in maniera simmetrica, nella sentenza del 30 aprile 2015, USDAW e Wilson (C‑80/14, EU:C:2015:291, punto 65), la Corte ha sottolineato che l’articolo 5 della direttiva 98/59 concede la facoltà agli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori. Tuttavia, essa ha anche precisato che uno Stato membro non può, in particolare, adottare un provvedimento nazionale che, seppur atto a garantire ad un livello rafforzato la protezione dei diritti dei lavoratori contro i licenziamenti collettivi, abbia, nondimeno, la conseguenza di privare gli articoli da 2 a 4 di tale direttiva del loro effetto utile. Lo stesso varrebbe nel caso di una normativa nazionale che subordini i licenziamenti collettivi al previo assenso di un’autorità pubblica qualora, per effetto, ad esempio, dei criteri in base ai quali deve pronunciarsi la suddetta autorità o del modo in cui essa li interpreta o li attua in concreto, risultasse, in pratica, esclusa per il datore di lavoro qualsiasi possibilità effettiva di procedere a licenziamenti collettivi siffatti [sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punti da 35 a 38)].
53 Sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing (C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 42).
54 Direttiva del Consiglio del 17 febbraio 1975 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1975, L 48, pag. 29). Tale direttiva è stata modificata dalla direttiva 92/56/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, che modifica la direttiva 75/129/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai licenziamenti collettivi (GU 1992, L 245, pag. 3), prima di essere rifusa dalla direttiva 98/59.
55 V., a tal proposito, proposta di direttiva del Consiglio, a modifica della direttiva 75/129 [COM(91) 292 def.], del 13 novembre 1991, pag. 14, e proposta modificata di direttiva del Consiglio [COM(92) 127 def.], del 31 marzo 1992, pagg. 2 e 3. Obblighi analoghi a quelli contenuti agli articoli 3 e 4 della direttiva 98/59 erano già previsti all’articolo 1, paragrafo 1, e all’articolo 2 della proposta originaria della direttiva 75/129 [v. proposta della Commissione al Consiglio, dell’8 novembre 1972, COM(72) 1400, pagg. 5 e 6].
56 V. proposta di articolo 5 bis nella proposta di direttiva del Consiglio, che modifica la direttiva 75/129 [COM(91) 292 def.], del 13 novembre 1991, pag. 20, e proposta modificata di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 75/129 [COM(92) 127 def.], pag. 14. Il corsivo è mio.
57 V., in particolare, paragrafo 79 delle presenti conclusioni.
58 V. articolo 18, paragrafi 1 e 2, del KSchG.
59 V. considerando 2 della direttiva 98/59, e paragrafo 75 delle presenti conclusioni.
60 In particolare, per il datore di lavoro potrebbe essere più allettante versare un’ammenda piuttosto che mantenere la retribuzione dei lavoratori per 30 giorni. V., a tal proposito, nota 49 delle presenti conclusioni.
61 V. paragrafo 76 delle presenti conclusioni.
62 V. paragrafi da 67 a 69 delle presenti conclusioni.
63 V., sull’obiettivo principale della direttiva 98/59, paragrafo 76 delle presenti conclusioni.
64 Il corsivo è mio. A questo proposito, come sottolineano alcuni autori della dottrina, la notifica preliminare può essere effettuata correttamente solo dopo che la procedura di informazione e di consultazione è stata integralmente conclusa. V., segnatamente, in tal senso, Dorssemont, F., «Case C‑55/02, Commission v. Portuguese Republic; Case C‑188/03, Imtraud Junk v. Wolfgang Kühnel», Common Market Law Review, vol. 43, 2006, pagg. da 225 a 241, in particolare pag. 240.
65 V. paragrafi 68 e 70 delle presenti conclusioni e giurisprudenza citata.
67 V., in tal senso, sentenza Junk (punti 50 e 51). V. paragrafi da 67 a 69 delle presenti conclusioni.
68 V., in tal senso, sentenza Junk (punto 52). V. paragrafo 72 delle presenti conclusioni.
70 V. paragrafo 93 delle presenti conclusioni.
71 Come osserva la Commissione, dalla decisione di rinvio emerge che la risoluzione del contratto di lavoro di DF, compiuta mediante lettera del 2 dicembre 2020, non ha mai spiegato effetti in ragione della mancata notifica. Per regolarizzare detta situazione, il datore di lavoro ha anzitutto provveduto, dopo la data del termine di preavviso, vale a dire il 31 marzo 2021, alla notifica presso l’autorità pubblica competente, e in seguito, il 21 aprile 2021, ha proceduto a una nuova risoluzione del contratto di lavoro il cui termine di preavviso è scaduto il 31 luglio 2021.