4.9.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 314/9


Ricorso proposto il 27 giugno 2023 — Zalando / Commissione

(Causa T-348/23)

(2023/C 314/13)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Zalando SE (Berlino, Germania) (rappresentanti: R. Briske, K. Ewald, L. Schneider e J. Trouet, Rechtsanwälte)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione della Commissione europea del 25 aprile 2023, C(2023) 2727 final;

condannare la convenuta alle spese del procedimento.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce i seguenti motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul travisamento dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/2065 (1) (Digital Services Act; in prosieguo: il «DSA») e sull’erronea applicazione del DSA

La ricorrente ritiene che il DSA non le sia applicabile, in quanto i servizi da essa prestati non costituiscono servizi intermediari, e di conseguenza non configurano né un servizio di hosting né una piattaforma on line nel senso di cui al DSA. Mancherebbe la necessaria messa a disposizione di contenuti di terzi. Attraverso la vendita dei propri articoli, la ricorrente metterebbe a disposizione propri contenuti e avrebbe fatto integralmente propri anche i contenuti dei suoi partner attraverso un rigoroso processo di onboarding.

Quand'anche una parte del servizio dovesse essere qualificata come piattaforma on line, essa non raggiungerebbe la soglia di 45 000 000 di utenti attivi al mese. La convenuta ometterebbe di considerare il carattere ibrido del servizio: non tutti gli utenti del servizio sarebbero automaticamente esposti a contenuti messi a disposizione da terzi, bensì sarebbe necessaria una esatta differenziazione.

La convenuta si fonderebbe su criteri erronei, come ad esempio la presunta non riconoscibilità dell'offerente. Essa trascurererebbe il fatto che ciò non sarebbe una caratteristica determinante, bensì, tenendo conto di valutazioni fondate sul diritto dell'Unione, suffragherebbe la tesi dell’esistenza di contenuti propri.

2.

Secondo motivo, fondato sull'indeterminatezza dell'articolo 33, paragrafo 1 e paragrafo 4, in combinato disposto con l'articolo 24, paragrafo 2, del DSA

Le prescrizioni applicabili al conteggio della soglia di valore sarebbero troppo imprecise e violerebbero il principio di determinatezza sancito dal diritto dell'Unione. Pertanto, l'articolo 33, paragrafo 1, del DSA non sarebbe una base giuridica rispettosa del diritto dell'Unione. In virtù della sua natura giuridica e del suo contenuto lacunoso, il considerando 77 del DSA sarebbe insufficiente ai fini della determinabilità del metodo di calcolo, in quanto lascerebbe aperte troppe questioni essenziali. Verrebbe descritto soltanto chi deve essere ricompreso, ma non in che modo. In definitiva, senza l'emanazione di un atto giuridico delegato i criteri non potrebbero essere definiti con sufficiente determinazione. L'inadeguatezza diverrebbe chiara attraverso un paragone con il regolamento (UE) 2022/1925 (2) (Digital Markets Act): quest'ultimo, prenderebbe in parte le mosse dalla medesima soglia di valore, ma svilupperebbe i criteri di calcolo in maniera più ampia e addirittura in un allegato a parte. Anche in esso però mancherebbero criteri di calcolo sufficientemente concreti.

3.

Terzo motivo, vertente sulla violazione del principio generale della parità di trattamento

L'indeterminatezza del metodo di calcolo violerebbe l'articolo 2, prima frase, TUE, nonché l'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in quanto ciò condurrebbe ad una disparità di trattamento (di fatto) tra offerenti di piattaforme on line. Gli offerenti riempirebbero, con metodi variegati e opachi, la lacuna che deriverebbe in particolare dal fatto che il tracciamento di singoli utenti è vietato. Allo stesso tempo, il DSA non prevedrebbe alcun controllo cogente di tutti i metodi di conteggio, bensì soltanto verifiche ad hoc. In tal modo, non si creerebbe un equo level playing field per i soggetti che offrono servizi in concorrenza tra loro. Oltre a ciò, il DSA violerebbe il principio della parità di trattamento per il fatto che vigerebbe una soglia di valore forfettaria per tutte le piattaforme on line, indipendentemente da criteri basati sul rischio dei rispettivi servizi.

4.

Quarto motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

L'applicazione del DSA inciderebbe in maniera sproporzionata sulla libertà e sui diritti fondamentali della ricorrente e, pertanto violerebbe il principio di proporzionalità di cui all'articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, TUE. Da un lato, la soglia di valore forfettaria sarebbe inidonea e, dall'altro, l'imposizione di ulteriori obblighi alla ricorrente non sarebbe più necessaria in quanto il commercio on line sarebbe già (sovra-)regolato.

5.

Quinto motivo, vertente sulla violazione dell'obbligo di motivazione

Nella sua decisione, la convenuta avrebbe violato l'obbligo di motivazione sancito dall'articolo 296 TFUE, motivo per cui tale atto non sarebbe condivisibile per la ricorrente quale destinatario. Mancherebbe qualsiasi riconducibilità sotto la definizione del servizio di hosting ai sensi dell'articolo 3, lettera g), iii), del DSA, malgrado che ciò sia decisivo ai fini dell'applicabilità dell'articolo 33 di tale regolamento.


(1)  Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali) (GU 2022, L 277, pag. 1).

(2)  Regolamento (EU) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2022, relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali) (GU 2022, L 265, pag. 1).