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19.6.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 216/35 |
Impugnazione proposta il 27 aprile 2023 dalla Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 1o marzo 2023, causa T-540/20, Jushi Egypt for Fiberglass Industry / Commissione
(Causa C-272/23 P)
(2023/C 216/45)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE (rappresentanti: B. Servais e V. Crochet, avvocati)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea e Association des producteurs de fibres de verre européens (APFE)
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
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annullare la sentenza impugnata, |
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accogliere il primo, il terzo e il quinto motivo del ricorso di annullamento proposto dalla Jushi Egypt for Fiberglass Industry S.A.E, e |
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condannare la convenuta e gli eventuali intervenienti alle spese, comprese quelle sostenute in primo grado. |
Motivi e principali argomenti
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso di annullamento proposto dalla ricorrente avverso il regolamento di esecuzione (UE) 2020/870 (1) della Commissione del 24 giugno 2020 che istituisce un dazio compensativo definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio compensativo provvisorio istituito sulle importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto e che riscuote il dazio compensativo definitivo sulle importazioni registrate di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto.
A sostegno della presente impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi, ossia, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel:
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concludere che la Commissione non ha violato l’articolo 2, lettere a) e b), e l’articolo 3, punto 1, lettera a) del regolamento di base (2) quando ha attribuito contributi finanziari da parte di pubbliche amministrazioni o di enti pubblici connessi al governo della Repubblica popolare cinese alla pubblica amministrazione del paese d’origine o d’esportazione, ossia al governo della Repubblica araba d’Egitto; |
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considerare che la Commissione non ha violato l’articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento di base quando ha ritenuto specifici i contributi finanziari attribuiti al governo egiziano; |
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concludere che la Commissione non ha violato l’articolo 3, punto 1, lettera a) (ii), l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 5 del regolamento di base quando ha calcolato l’importo del vantaggio conferito al convenuto ai sensi del sistema di restituzione dei dazi all’importazione; e |
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ritenere che la Commissione non ha violato l’articolo 3, punto 2 e l’articolo 4, punto 2, lettera c) quando ha determinato che il trattamento fiscale delle perdite sui cambi conferiva un vantaggio per la ricorrente e costituiva una sovvenzione specifica. |
Per quanto riguarda il primo motivo di impugnazione la ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha concluso che il regolamento di base non esclude che, anche se il contributo finanziario non proviene direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione, tale contributo possa esserle imputato, ai sensi dell’articolo 2, lettera b) e dell’articolo 3, punto 1 del regolamento di base.
Per quanto riguarda il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha concluso che il governo egiziano detiene lo status di autorità che ha concesso i finanziamenti agevolati che erano stati concessi dal governo cinese. Invece, il Tribunale avrebbe dovuto concludere che la Commissione aveva violato l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, in quanto erano le entità cinesi che avevano accordato i contributi finanziari che costituivano l’autorità concedente.
Per quanto riguarda il terzo motivo di impugnazione la ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha concluso che la sola situazione comparabile per determinare se la ricorrente abbia ricevuto un vantaggio è quella di una impresa stabilita, come la ricorrente, nella zona economica del Canale di Suez (in prosieguo: la «zona SC»), che vende prodotti contenenti materiali che hanno beneficiato dell’esenzione dai dazi doganali, a una impresa stabilita al di fuori della zona SC.
Per quanto riguarda il quarto motivo di impugnazione la ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha concluso che la Commissione non ha considerato che il trattamento fiscale in quanto tale costituisse una sovvenzione idonea a essere oggetto di misure compensative e che la ricorrente in primo grado ha omesso di fornire prove che potessero rendere non plausibile la valutazione fattuale effettuata dalla Commissione nel regolamento di esecuzione impugnato, in merito al fatto che il trattamento fiscale andasse a beneficio di tutte le imprese con passività in valuta estera.
(2) Regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2016 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21).