Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

29 luglio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica di immigrazione – Direttiva (UE) 2016/801 – Condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio – Articolo 20, paragrafo 2, lettera f) – Domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio – Fini diversi – Diniego di visto – Motivi di rigetto della domanda – Mancata trasposizione – Principio generale del divieto di pratiche abusive – Articolo 34, paragrafo 5 – Autonomia procedurale degli Stati membri – Diritto fondamentale a un ricorso giurisdizionale effettivo – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

Nella causa C‑14/23 [Perle] (i),

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’ État (Consiglio di Stato, Belgio), con decisione del 23 dicembre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2023, nel procedimento

XXX

contro

État belge, rappresentato dal secrétaire d’État à l’Asile et la Migration

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, Z. Csehi, e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 ottobre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per XXX, da D. Andrien, avocat;

–        per il governo belga, da M. Jacobs, C. Pochet e M. Van Regemorter, in qualità di agenti, assistite da E. Derriks e K. de Haes, avocats;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Očková e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo lituano, da E. Kurelaitytė, in qualità di agente;

–        per il governo lussemburghese, da A. Germeaux e T. Schell, in qualità di agenti;

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da E.M. Besselink, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da J. Hottiaux e A. Katsimerou, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari (GU 2016, L 132, pag. 21), in particolare l’articolo 3, punto 3, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), e l’articolo 34, paragrafo 5, della stessa, nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra XXX e l’État belge (Stato belga), rappresentato dal secrétaire d’État à l’Asile et la Migration (segretario di Stato per l’asilo e la migrazione), in merito al rifiuto opposto da quest’ultimo di concederle l’autorizzazione al soggiorno richiesta per proseguire gli studi in Belgio.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 2, 3, 14, 41 e 60 della direttiva 2016/801 enunciano quanto segue:

«(2)      La presente direttiva dovrebbe soddisfare l’esigenza individuata nelle relazioni sull’applicazione delle direttive 2004/114/CE [del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (GU 2004, L 375, pag. 12),] e 2005/71/CE [del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (GU 2005, L 289, pag. 15),] di rimediare alle carenze rilevate, di garantire trasparenza e certezza giuridica maggiori e di offrire un quadro giuridico coerente per le diverse categorie di cittadini di paesi terzi che giungono nell’Unione [europea]. Dovrebbe pertanto semplificare e razionalizzare in un unico strumento le disposizioni applicabili a tali categorie. Nonostante le differenze tra le categorie contemplate dalla presente direttiva, queste condividono alcune caratteristiche e per questo possono essere disciplinate da un unico quadro giuridico a livello di Unione.

(3)      È opportuno che la presente direttiva contribuisca all’obiettivo del programma di Stoccolma di ravvicinare tra loro le legislazioni nazionali relative all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi. L’immigrazione in provenienza dai paesi terzi apporta personale altamente qualificato, e gli studenti e i ricercatori sono, in particolare, categorie sempre più richieste. Il loro ruolo nell’alimentare una risorsa cruciale dell’Unione, il capitale umano, è fondamentale in quanto permettono una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e pertanto contribuiscono agli obiettivi della strategia Europa 2020.

(...)

(14)      Per promuovere l’Europa nel suo insieme come centro di eccellenza a livello mondiale per gli studi e la formazione, è opportuno migliorare e semplificare le condizioni di ingresso e soggiorno di coloro che intendono entrare nell’Unione per tali scopi, (...)

(...)

(41)      In caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri dovrebbero poter effettuare i controlli appropriati o esigere prove al fine di valutare caso per caso la ricerca, gli studi, la formazione, l’attività di volontariato, il programma di scambio di alunni, il progetto educativo o il collocamento alla pari che il richiedente intende svolgere e di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita dalla presente direttiva.

(...)

(60)      Ogni Stato membro dovrebbe provvedere affinché siano messe a disposizione del pubblico, in particolare su internet, informazioni adeguate e regolarmente aggiornate sugli enti ospitanti approvati ai fini della presente direttiva e sulle condizioni e procedure di ammissione di cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri ai fini della presente direttiva».

4        L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», così recita:

«Ai fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:

(...)

3)      “studente”: il cittadino di paese terzo che sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore e che sia stato ammesso nel territorio di uno Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, compresi i diplomi, certificati o diplomi di dottorato in un istituto di istruzione superiore, che può comprendere un corso propedeutico preliminare a tale istruzione, in conformità del diritto nazionale, o un tirocinio obbligatorio;

(...)».

5        L’articolo 5 della citata direttiva, intitolato «Principi», è così formulato:

«1.      L’ammissione di un cittadino di paese terzo a norma della presente direttiva è subordinata all’esame della documentazione attestante che il cittadino del paese terzo soddisfa:

a)      le condizioni generali stabilite all’articolo 7; e

b)      le pertinenti condizioni specifiche di cui agli articoli 8, 11, 12, 13, 14 o 16.

2.      Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti di fornire documenti giustificativi di cui al paragrafo 1 in una lingua ufficiale dello Stato membro interessato o in qualsiasi altra lingua ufficiale dell’Unione stabilita da tale Stato membro.

3.      Qualora siano soddisfatte tutte le condizioni generali e le pertinenti condizioni specifiche, i cittadini di paesi terzi hanno diritto a un’autorizzazione.

Qualora uno Stato membro rilasci soltanto sul suo territorio i permessi di soggiorno, e ove siano soddisfatte tutte le condizioni per l’ammissione previste dalla presente direttiva, lo Stato membro interessato rilascia al cittadino di paese terzo interessato il visto richiesto».

6        L’articolo 7 della direttiva 2016/801, intitolato «Condizioni generali», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Per quanto riguarda l’ingresso di un cittadino di paese terzo ai sensi della presente direttiva, il richiedente deve:

a)      presentare un titolo di viaggio valido come definito a norma del diritto nazionale e, se necessario, una domanda di visto o un visto valido oppure, se del caso, un permesso di soggiorno valido o un visto valido per soggiorno di lunga durata; gli Stati membri possono prescrivere che il periodo di validità del titolo di viaggio sia almeno pari alla durata del soggiorno previsto;

b)      ove il cittadino di paese terzo non abbia raggiunto la maggiore età ai sensi del diritto nazionale dello Stato membro interessato, presentare l’autorizzazione dei genitori o un’autorizzazione equivalente per il soggiorno in questione;

c)      dimostrare che il cittadino di paese terzo è in possesso o, se previsto dal diritto nazionale, ha richiesto una copertura di un’assicurazione sanitaria per tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro in questione; la validità dell’assicurazione è pari alla durata del soggiorno previsto;

d)      se richiesto dallo Stato membro, esibire la prova del pagamento delle tasse dovute per il trattamento della domanda ai sensi dell’articolo 36;

e)      esibire le prove richieste dallo Stato membro interessato per dimostrare che il cittadino di paese terzo disporrà, durante il soggiorno programmato, di risorse sufficienti per provvedere al suo sostentamento senza ricorrere al sistema di previdenza sociale dello Stato membro, e al suo ritorno. La valutazione delle risorse sufficienti si basa su un esame specifico del caso e tiene conto delle risorse che derivano, tra l’altro, da una sovvenzione, una borsa di studio o una borsa di ricerca, un contratto di lavoro valido o un’offerta di lavoro vincolante o un impegno finanziario da parte di un’organizzazione che si occupa di un programma di scambio di alunni, di un ente che ospita tirocinanti, di un programma di volontariato, di una famiglia ospitante o di un’organizzazione che funge da intermediaria nel collocamento alla pari».

7        L’articolo 11, di tale direttiva, intitolato «Requisiti specifici per gli studenti», dispone, al paragrafo 1:

«Oltre alle condizioni generali previste all’articolo 7, per quanto riguarda l’ingresso di un cittadino di paese terzo per motivi di studio, il richiedente deve altresì dimostrare:

a)      che il cittadino di paese terzo è stato accettato da un istituto di istruzione superiore per seguire un programma di studi;

b)      se richiesto dallo Stato membro, di aver pagato la tassa di iscrizione all’istituto di istruzione superiore;

c)      se richiesto dallo Stato membro, di avere conoscenza sufficiente della lingua in cui si tiene il programma di studi prescelto;

d)      se richiesto dallo Stato membro, che il cittadino di paese terzo disporrà di risorse sufficienti per provvedere alle spese relative agli studi».

8        L’articolo 20 di detta direttiva, intitolato «Motivi di rifiuto», ai paragrafi 1 e 2 enuncia quanto segue:

«1.      Gli Stati membri rifiutano una domanda se:

a)      non sussistono le condizioni generali di cui all’articolo 7 o i requisiti specifici applicabili di cui agli articoli 8, 11, 12, 13, 14 o 16;

b)      i documenti presentati sono stati ottenuti in maniera fraudolenta, ovvero sono stati falsificati o manomessi.

c)      lo Stato membro interessato consente l’ammissione unicamente tramite un ente ospitante approvato e l’ente ospitante non lo è.

2.      Gli Stati membri possono rifiutare una domanda se:

(...)

f)      lo Stato membro è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso».

9        L’articolo 21 della direttiva 2016/801, intitolato «Motivi di revoca o di non rinnovo di un’autorizzazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri revocano o, se del caso, rifiutano di rinnovare un’autorizzazione se:

(...)

d)      il cittadino di paese terzo soggiorna per fini diversi da quelli per cui ha ottenuto l’autorizzazione».

10      Ai sensi dell’articolo 24 della direttiva in parola, dal titolo «Attività economiche degli studenti»:

«1.      Al di fuori delle ore dedicate al programma di studi, fatte salve le norme e le condizioni applicabili all’attività prescelta nello Stato membro interessato, gli studenti hanno il diritto di esercitare un’attività economica in quanto lavoratori subordinati e possono avere il diritto di esercitare un’attività economica autonoma, fatte salve le limitazioni di cui al paragrafo 3.

2.      Se necessario, gli Stati membri accordano agli studenti e/o ai datori di lavoro un’autorizzazione preliminare in conformità del diritto nazionale.

3.      Ogni Stato membro fissa il limite massimo di ore per settimana o di giorni o mesi per anno in cui è permesso esercitare una siffatta attività, con un limite minimo di 15 ore per settimana, o l’equivalente in giorni o mesi per anno. Può essere presa in considerazione la situazione del mercato del lavoro nello Stato membro interessato».

11      L’articolo 34 della citata direttiva, intitolato «Garanzie procedurali e trasparenza», è così formulato:

«1.      Le autorità competenti dello Stato membro interessato adottano una decisione sulla domanda di autorizzazione o di rinnovo della stessa e notificano tale decisione per iscritto al richiedente, in conformità delle procedure di notifica previste dalla legislazione nazionale, quanto prima e comunque entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda completa.

2.      In deroga al paragrafo 1 del presente articolo, nel caso in cui la procedura di ammissione riguardi un ente ospitante approvato di cui agli articoli 9 e 15, la decisione sulla domanda completa è adottata quanto prima e comunque entro 60 giorni.

3.      Laddove le informazioni o la documentazione fornite a sostegno della domanda siano incomplete, le autorità competenti comunicano al richiedente, entro un termine ragionevole, quali informazioni aggiuntive siano richieste e stabiliscono un termine ragionevole per provvedervi. Il periodo di cui ai paragrafi 1 o 2 è sospeso fino a quando le autorità competenti non abbiano ricevuto le informazioni aggiuntive richieste. Se le informazioni o i documenti aggiuntivi non sono forniti entro il termine stabilito, la domanda può essere respinta.

4.      I motivi di una decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda o che rifiuti il rinnovo sono forniti per iscritto al richiedente. I motivi di una decisione di revoca di un’autorizzazione sono forniti per iscritto al cittadino di paese terzo. I motivi di una decisione di revoca di un’autorizzazione possono essere forniti per iscritto anche all’ente ospitante.

5.      Qualsiasi decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda, che rifiuti il rinnovo o revochi un’autorizzazione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale. Nella notifica scritta sono indicati il giudice o l’autorità amministrativa dinanzi ai quali può essere presentato ricorso, nonché i termini entro cui presentarlo».

12      L’articolo 35 della direttiva 2016/801, intitolato «Trasparenza e accesso alle informazioni», così recita:

«Gli Stati membri provvedono affinché siano facilmente accessibili ai richiedenti le informazioni su tutti i documenti giustificativi richiesti per una domanda e le informazioni sulle condizioni di ingresso e soggiorno, compresi i diritti, gli obblighi e le garanzie procedurali dei cittadini di paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva e, se del caso, dei loro familiari. Ciò include, se del caso, il livello di risorse mensili sufficienti, comprese le risorse sufficienti necessarie per provvedere alle spese relative agli studi o al tirocinio, fatto salvo l’esame specifico di ogni singolo caso, e alle tasse applicabili.

Le autorità competenti di ciascuno Stato membro pubblicano gli elenchi degli enti ospitanti approvati ai fini della presente direttiva. Versioni aggiornate di tali elenchi sono pubblicate quanto prima in seguito a eventuali modifiche».

13      L’articolo 40 di detta direttiva, intitolato «Recepimento», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2018. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che i riferimenti alle direttive abrogate dalla presente direttiva, contenuti in disposizioni legislative, regolamentari e amministrative previgenti, si intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità del riferimento e la formulazione di detta indicazione sono decise dagli Stati membri.

2.      Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva».

 Diritto belga

14      Ai sensi dell’articolo 58 della loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers (legge del 15 dicembre 1980, in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri, Moniteur belge del 31 dicembre 1980, pag. 14584), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1980»):

«Quando una domanda di autorizzazione di soggiorno per più di tre mesi nel Regno è presentata presso una sede diplomatica o consolare belga da uno straniero che desidera seguire gli studi nell’ambito dell’istruzione superiore in Belgio, o ivi seguire un anno preparatorio all’istruzione superiore, tale autorizzazione deve essere concessa se l’interessato non si trova in una delle situazioni previste dall’articolo 3, comma 1, [punti] da 5 a 8, e se produce i seguenti documenti:

1)      un’attestazione rilasciata da un istituto di istruzione conformemente all’articolo 59;

2)      la prova di possedere mezzi di sussistenza sufficienti;

3)      un certificato medico che attesti che non è affetto da una delle malattie o infermità elencate nell’allegato alla presente legge;

4)      un certificato che attesti l’assenza di condanne per reati comuni, se l’interessato ha più di 21 anni.

(...)».

15      L’articolo 39/2, paragrafo 2, di tale legge dispone quanto segue:

«Il Conseil [du contentieux des étrangers (Consiglio per il contenzioso degli stranieri, Belgio)] statuisce con sentenza sui ricorsi di annullamento per violazione delle forme, vuoi sostanziali vuoi prescritte a pena di nullità, e per eccesso o sviamento di potere».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Il 6 agosto 2020 la ricorrente nel procedimento principale, cittadina di un paese terzo, ha presentato, sulla base dell’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980, una domanda di visto per studiare in Belgio.

17      Essendole stato rifiutato tale visto con decisione del 18 settembre 2020, per il motivo che dalle incoerenze del suo progetto di studi risultava una mancanza di reale intenzione di seguire gli studi in Belgio, la ricorrente nel procedimento principale ha chiesto, il 28 settembre 2020, l’annullamento di tale decisione dinanzi al Consiglio per il contenzioso degli stranieri, che ha respinto la sua domanda con sentenza del 23 dicembre 2020.

18      Il Consiglio per il contenzioso degli stranieri ha rilevato, in tale sentenza, che, ai sensi dell’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980, la domanda di autorizzazione di soggiorno è presentata dal cittadino di paese terzo che «desidera seguire gli studi nell’ambito dell’istruzione superiore in Belgio, o ivi seguire un anno preparatorio all’istruzione superiore». Esso ne ha dedotto che tale disposizione impone alle autorità competenti di verificare la reale volontà del richiedente di studiare in Belgio.

19      Il Consiglio per il contenzioso degli stranieri ha altresì ritenuto che fosse possibile rifiutare il rilascio del visto richiesto sulla base di tale articolo 58 qualora l’intenzione del richiedente non sia quella di studiare, anche se l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 non era ancora stato trasposto nell’ordinamento giuridico belga nonostante la scadenza del termine di trasposizione previsto all’articolo 40, paragrafo 1, di quest’ultima, dal momento che la facoltà di rigetto prevista da tale articolo 20, paragrafo 2, lettera f), derivava anche da detto articolo 58. Esso ha quindi ritenuto che l’applicazione del medesimo articolo 58 fosse conforme a detto articolo 20, paragrafo 2, lettera f).

20      Con atto introduttivo del 19 gennaio 2021, la ricorrente nel procedimento principale ha presentato un ricorso per cassazione avverso detta sentenza dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), giudice del rinvio.

21      Nell’ambito di tale ricorso, essa sostiene, in primo luogo, che il Consiglio per il contenzioso degli stranieri ha erroneamente ritenuto che l’applicazione dell’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980, nelle circostanze di cui al procedimento principale, fosse conforme all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, sebbene quest’ultima disposizione non fosse stata trasposta nel diritto belga, e sebbene il diritto nazionale non specifichi quali siano i motivi seri e oggettivi idonei a dimostrare che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso sul territorio belga.

22      La ricorrente nel procedimento principale fa valere altresì, che, alla luce della definizione della nozione di «studente», enunciata all’articolo 3, punto 3, di tale direttiva, è consentito soltanto assicurarsi che il cittadino di paese terzo che abbia presentato una domanda di visto per motivi di studio sia accettato da un istituto di istruzione superiore, e non verificare che il richiedente abbia la volontà di studiare.

23      Lo Stato belga sostiene, per contro, che tale articolo 58 riconosce la facoltà per le autorità competenti di verificare l’intenzione di studiare del richiedente, conformemente al considerando 41 di detta direttiva, e ciò a prescindere dalla trasposizione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di quest’ultima, cosicché è possibile esigere tutte le prove necessarie per valutare la coerenza della domanda di ammissione.

24      Il giudice del rinvio è del parere che, poiché l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 consente di respingere la domanda presentata sulla base di tale direttiva qualora sia accertato che il cittadino di paese terzo ha la volontà di soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, gli Stati membri hanno necessariamente il diritto di verificare che l’intenzione di tale cittadino sia realmente di seguire gli studi nello Stato membro ospitante. Tuttavia, esso ritiene che occorra interrogare la Corte al riguardo, tenuto conto dei suoi dubbi e del fatto che statuirà in ultima istanza.

25      Peraltro, il giudice del rinvio ritiene che occorra altresì interrogare la Corte al fine di stabilire se, come sostiene la ricorrente nel procedimento principale, l’applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di detta direttiva richieda, per giustificare il rigetto di una domanda di soggiorno, da un lato, che la normativa nazionale preveda espressamente che tale domanda possa essere respinta qualora lo Stato membro ospitante sia in possesso di prove o abbia motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo ha intenzione di soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, e, dall’altro, che la normativa nazionale precisi quali sono le prove o i motivi seri e oggettivi che consentono di accertare che così è nel singolo caso.

26      In secondo luogo, la ricorrente nel procedimento principale sostiene che le modalità del controllo effettuato dal Consiglio per il contenzioso degli stranieri, che si limita ad un controllo di legittimità, violano le prescrizioni derivanti dal diritto dell’Unione. A tale proposito, il giudice del rinvio osserva che l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801 impone agli Stati membri di prevedere che le decisioni che respingono le domande di soggiorno siano impugnabili e ritiene che le modalità procedurali di tale ricorso debbano rispettare i principi di equivalenza e di effettività.

27      Esso precisa che il ricorso previsto dal diritto belga, all’articolo 39/2, paragrafo 2, della legge del 15 dicembre 1980, è un ricorso di annullamento e che si tratta di un controllo di legittimità che non conferisce alcun potere di riforma al giudice competente, vale a dire il Consiglio per il contenzioso degli stranieri, e non gli consente, di conseguenza, di sostituire la propria valutazione a quella delle competenti autorità amministrative né di adottare una nuova decisione al posto di queste ultime. Tuttavia, in caso di annullamento di una tale decisione, dette autorità sono vincolate dall’effetto di giudicato del dispositivo della sentenza e della motivazione che ne costituisce il necessario supporto.

28      Poiché la ricorrente nel procedimento principale fa valere che l’assenza di un potere di riforma in capo al Consiglio per il contenzioso degli stranieri è contraria ai requisiti derivanti dall’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, dal principio di effettività e dall’articolo 47 della Carta, il giudice del rinvio ritiene che sia necessario interrogare la Corte a tale riguardo.

29      In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, visti l’articolo 288 [TFUE], gli articoli 14 e 52 della [Carta], gli articoli 3, 5, 7, 11, 20, 34, 35 e 40 della direttiva [2016/801] e i relativi considerando 2 e 60, nonché i principi di certezza del diritto e di trasparenza, la facoltà di rifiutare la domanda di soggiorno, conferita allo Stato membro dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera f)] [di tale direttiva], debba, perché tale Stato possa avvalersene, essere espressamente prevista dalla sua normativa. In caso affermativo, se i motivi seri e oggettivi debbano essere precisati dalla sua normativa.

2)      Se l’esame della domanda di visto per motivi di studio imponga allo Stato membro di verificare la volontà e l’intenzione dello straniero di effettuare gli studi, mentre l’articolo 3 della direttiva [2016/801] definisce lo studente come colui che è accettato da un istituto di istruzione superiore, e i motivi di rifiuto della domanda enunciati all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva sono facoltativi, e non vincolanti come quelli enunciati all’articolo 20, paragrafo 1, della suddetta direttiva.

3)      Se l’articolo 47 della [Carta], il principio di effettività e l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva [2016/801] richiedano che, nell’ambito del ricorso previsto dal diritto nazionale avverso una decisione di rifiuto di una domanda di ammissione nel territorio per motivi di studio, il giudice possa sostituire la propria valutazione a quella dell’autorità amministrativa e riformare la decisione di tale autorità, oppure se sia sufficiente un controllo di legittimità che consenta al giudice di censurare un’illegittimità, in particolare un errore manifesto di valutazione, annullando la decisione dell’autorità amministrativa».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle prime due questioni

30      In via preliminare, occorre osservare che tanto dalla domanda di pronuncia pregiudiziale quanto dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, che prevede che lo Stato membro interessato possa respingere una domanda ove sia in possesso di prove o abbia motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, è stato trasposto espressamente nel diritto belga solo successivamente ai fatti di cui al procedimento principale.

31      Tuttavia, il giudice del rinvio indica che, nella sentenza del 23 dicembre 2020 del Consiglio per il contenzioso degli stranieri, quest’ultimo ha ritenuto che, anche in assenza di trasposizione di tale disposizione, le autorità competenti hanno la facoltà, in conformità al diritto dell’Unione, di respingere una domanda di visto per studiare in Belgio, qualora la reale intenzione del richiedente non sia quella di studiare.

32      Peraltro, all’udienza dinanzi alla Corte, pur confermando che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva non era ancora stato espressamente trasposto nel diritto nazionale nel periodo rilevante per la controversia di cui al procedimento principale, il governo belga ha precisato, sulla scia delle sue osservazioni scritte – nelle quali sostiene che le autorità competenti hanno la facoltà, indipendentemente dalla trasposizione di tale norma, di verificare l’intenzione del cittadino di paese terzo, che abbia presentato una domanda di visto, di seguire degli studi – che la controversia di cui al procedimento principale riguarda non una siffatta trasposizione, bensì la nozione di «studente», quale definita all’articolo 3, punto 3, di detta direttiva.

33      In tali circostanze, si deve considerare che, con le sue prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2016/801, in particolare alla luce dell’articolo 3, punto 3, di quest’ultima, debba essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro, pur non avendo trasposto l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva, respinga una domanda di ammissione nel suo territorio per motivi di studio con la motivazione che il cittadino di paese terzo ha presentato tale domanda senza avere la reale intenzione di studiare nel territorio di tale Stato membro.

34      In forza dell’articolo 5, paragrafo 3, di detta direttiva, il cittadino di un paese terzo che abbia presentato una tale domanda ha diritto a un’autorizzazione a soggiornare nel territorio dello Stato membro interessato se soddisfa le condizioni generali di cui all’articolo 7 della direttiva 2016/801 e le condizioni particolari applicabili in funzione del tipo di domanda presentata, nel caso di specie quelle previste all’articolo 11 di tale direttiva per le domande di ammissione per motivi di studio.

35      Ne consegue che, in applicazione di tale articolo 5, paragrafo 3, gli Stati membri sono tenuti a rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di studio al richiedente che abbia soddisfatto i requisiti di cui agli articoli 7 e 11 di detta direttiva (v., per analogia, sentenza del 10 settembre 2014, Ben Alaya (C‑491/13, EU:C:2014:2187, punto 31).

36      Orbene, nessuna di tali condizioni fa espressamente riferimento all’esistenza di una reale intenzione di seguire studi nel territorio dello Stato membro interessato.

37      Ciò posto, secondo un principio generale del diritto dell’Unione, i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 96, e giurisprudenza ivi citata).

38      Ne deriva che uno Stato membro deve negare il beneficio di disposizioni di diritto dell’Unione laddove queste vengano invocate non al fine di realizzare le finalità delle disposizioni medesime, bensì al fine di godere di un vantaggio derivante dal diritto dell’Unione sebbene le condizioni per poterne godere siano rispettate solo formalmente (sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 98).

39      Di conseguenza, il principio generale del divieto di pratiche abusive osta a che una persona si avvalga di norme del diritto dell’Unione, che concedano vantaggi, in modo non coerente con le finalità previste dalle norme medesime (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a. (C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 102).

40      Occorre inoltre precisare che, poiché un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione non può essere fondato su fatti fraudolenti o abusivi, il diniego di un beneficio previsto da una direttiva, quale nella specie la direttiva 2016/801, non equivale a imporre un obbligo al singolo interessato in base alla direttiva medesima, bensì costituisce la semplice conseguenza derivante dalla constatazione che le condizioni oggettive necessarie ai fini dell’ottenimento del beneficio richiesto, previsto dalla direttiva con riguardo a quel diritto, ricorrono solo formalmente (v., per analogia, sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a. (C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 119, e giurisprudenza ivi citata).

41      Pertanto, sebbene l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 preveda che lo Stato membro interessato possa respingere una domanda di ammissione nel territorio presentata sulla base di tale direttiva qualora sia in possesso di prove o abbia motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, tale disposizione non può essere interpretata nel senso di escludere l’applicazione del principio generale del diritto dell’Unione del divieto di pratiche abusive, considerato che l’applicazione di tale principio non è subordinata all’esigenza di trasposizione come invece le disposizioni di una direttiva (v., per analogia, sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 105, e giurisprudenza ivi citata).

42      Il considerando 41 della direttiva 2016/801 enuncia, del resto, che, in caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri dovrebbero poter effettuare i controlli appropriati o esigere prove al fine, in particolare, di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita da tale direttiva.

43      Da tutti i suesposti rilievi discende che le autorità e i giudici nazionali sono tenuti a negare il beneficio dei diritti previsti dalla direttiva suddetta qualora siano invocati fraudolentemente o abusivamente, e ciò quand’anche lo Stato membro interessato non abbia trasposto l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f).

44      A tale riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che la prova di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (sentenza del 14 gennaio 2021, The International Protection Appeals Tribunal e a., C‑322/19 e C‑385/19, EU:C:2021:11, punto 91 e giurisprudenza citata).

45      Nella specie, per quanto riguarda l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2016/801, i suoi considerando 3 e 14 enunciano, da un lato, che l’immigrazione in provenienza dai paesi terzi apporta personale altamente qualificato, e che gli studenti e i ricercatori sono, in particolare, categorie sempre più richieste e, dall’altro, che, per promuovere l’Europa nel suo insieme come centro di eccellenza a livello mondiale per gli studi e la formazione, tale direttiva intende migliorare e semplificare le condizioni di ingresso e di soggiorno di coloro che intendono entrare nell’Unione per tali scopi.

46      In tal senso, detta direttiva mira, in particolare, come risulta dall’articolo 3, punto 3, e dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della stessa, ad autorizzare i cittadini di paesi terzi a soggiornare nel territorio di uno Stato membro qualora siano stati accettati da un istituto di istruzione superiore dello Stato membro interessato e ciò per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro.

47      Pertanto, quando si tratta di una domanda di ammissione per motivi di studio, la constatazione di una pratica abusiva impone di dimostrare, alla luce di tutte le circostanze specifiche del caso di specie, che, nonostante il rispetto formale delle condizioni generali e dei requisiti specifici, rispettivamente stabiliti agli articoli 7 e 11 della direttiva 2016/801, che danno diritto a un permesso di soggiorno per motivi di studio, il cittadino di paese terzo interessato ha presentato la sua domanda di ammissione senza avere realmente l’intenzione di seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro.

48      Per quanto riguarda le circostanze che consentono di dimostrare il carattere abusivo di una domanda di ammissione, occorre sottolineare che, nei limiti in cui, alla data di presentazione della domanda di autorizzazione di soggiorno, il cittadino di paese terzo non ha ancora, per definizione, iniziato il ciclo di studi identificato in tale domanda e, di conseguenza, non può aver avuto la possibilità di concretizzare la sua intenzione di seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, una domanda di ammissione può essere respinta solo qualora tale carattere abusivo risulti in modo sufficientemente manifesto da tutti gli elementi pertinenti di cui dispongono le autorità competenti per valutare tale domanda.

49      Nell’ambito dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a pronunciarsi sui fatti e ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie determinata. Spetta, pertanto, al giudice del rinvio procedere alle qualificazioni giuridiche necessarie per la soluzione della controversia di cui al procedimento principale. Per contro, spetta alla Corte fornirgli tutte le indicazioni necessarie al fine di guidarlo in tale valutazione (sentenza del 19 ottobre 22023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

50      A tale riguardo, si può rilevare, da un lato, che dall’articolo 24 della direttiva 2016/801 risulta che quest’ultima non osta a che i cittadini di paesi terzi che hanno chiesto un’autorizzazione di soggiorno per motivi di studio possano, al di fuori delle ore dedicate al programma di studi, e fatte salve le condizioni indicate in tale disposizione, esercitare un’attività economica in quanto lavoratore subordinato o autonomo in detto Stato membro. Pertanto, non può essere considerato necessariamente indice di una pratica abusiva il fatto che il cittadino di paese terzo che ha presentato la domanda di ammissione per motivi di studio abbia anche l’intenzione di svolgere un’attività diversa nel territorio dello Stato membro interessato, in particolare se quest’ultima non incide sul proseguimento degli studi, quale attività principale, che giustifichi tale domanda.

51      Per contro, nel caso in cui il richiedente si sia impegnato ad esercitare un’attività, in particolare di natura professionale, la cui realizzazione risulti manifestamente incompatibile con la prosecuzione, a titolo di attività principale, di un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, tale impegno potrebbe costituire un elemento idoneo a suscitare dubbi sui reali motivi della domanda di ammissione e, se del caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, indice del fatto che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

52      Dall’altro lato, come ricordato al punto 42 della presente sentenza, il considerando 41 della direttiva 2016/801 precisa che, in caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri devono poter effettuare i controlli appropriati o esigere le prove necessarie al fine di valutare caso per caso, in particolare, gli studi che il cittadino di paese terzo intende seguire.

53      Le incoerenze del progetto di studio del richiedente possono, quindi, anch’esse costituire una delle circostanze oggettive che concorrono alla constatazione di una pratica abusiva, per il motivo che la domanda di quest’ultimo tende, in realtà, a fini diversi dal proseguimento di studi, a condizione che tali incoerenze rivestano un carattere sufficientemente manifesto e siano valutate alla luce di tutte le circostanze specifiche del caso di specie. Pertanto, una circostanza che può essere considerata ordinaria nel corso di studi superiori, come un cambiamento nell’indirizzo degli studi, non può bastare di per sé a dimostrare che il cittadino di paese terzo che ha presentato una domanda di ammissione per motivi di studio non abbia una reale intenzione di studiare nel territorio di tale Stato membro. Allo stesso modo, la mera circostanza che gli studi previsti non siano direttamente connessi con gli obiettivi professionali perseguiti non indica necessariamente una mancanza di volontà di seguire effettivamente gli studi che giustificano la domanda di ammissione.

54      Ciò posto, occorre sottolineare che, poiché le circostanze che consentono di concludere nel senso del carattere abusivo di una domanda di ammissione per motivi di studio sono necessariamente proprie di ciascun caso di specie, come rilevato al punto 47 della presente sentenza, non può essere stabilito un elenco esauriente degli elementi pertinenti al riguardo. Pertanto, il carattere eventualmente abusivo di una domanda di ammissione per motivi di studio non può essere presunto alla luce di taluni elementi, ma deve essere valutato caso per caso, all’esito di una valutazione individuale di tutte le circostanze proprie di ciascuna domanda.

55      A tale proposito, e anche nelle circostanze di cui ai punti da 50 a 53 della presente sentenza, spetta alle autorità competenti effettuare tutti i controlli appropriati e richiedere le prove necessarie ad una valutazione individuale di tale domanda, se del caso invitando il richiedente a fornire precisazioni e spiegazioni al riguardo.

56      In tale contesto, occorre ancora precisare, da un lato, che, sebbene i motivi di rifiuto pertinenti debbano essere connessi alle circostanze proprie della domanda di cui trattasi, ciò non ha, tuttavia, l’effetto di dispensare le autorità competenti dall’obbligo di fornire tali motivi per iscritto al richiedente, come previsto dall’articolo 34, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2016/801.

57      Dall’altro lato, le considerazioni che precedono non pregiudicano la possibilità per gli Stati membri di accertare e sanzionare, con una revoca dell’autorizzazione o con un diniego di rinnovo della stessa, un’eventuale pratica abusiva dopo che il soggiorno è stato autorizzato, come previsto dall’articolo 21 della medesima direttiva.

58      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alle prime due questioni dichiarando che la direttiva 2016/801, in particolare alla luce del suo articolo 3, punto 3, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che uno Stato membro, pur non avendo trasposto l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva, respinga una domanda di ammissione nel suo territorio per motivi di studio con la motivazione che il cittadino di paese terzo ha presentato tale domanda senza avere la reale intenzione di studiare nel territorio di tale Stato membro, in applicazione del principio generale di diritto dell’Unione del divieto di pratiche abusive.

 Sulla terza questione

59      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il ricorso avverso una decisione adottata dalle autorità competenti che respinge una domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio consista esclusivamente in un ricorso di annullamento, senza che il giudice investito di tale ricorso disponga del potere di sostituire, se del caso, la propria valutazione a quella delle autorità competenti o di adottare una nuova decisione.

60      Ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 5, di tale direttiva, qualsiasi decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda, che rifiuti il rinnovo o revochi un’autorizzazione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale.

61      Ne deriva che, in caso di decisione di rigetto di una domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio, detto articolo 34, paragrafo 5, conferisce espressamente al cittadino di paese terzo che ha presentato una tale domanda la possibilità di proporre un ricorso conformemente alla legislazione nazionale dello Stato membro che ha adottato tale decisione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C‑949/19, EU:C:2021:186, punto 41).

62      A tale proposito, occorre ricordare che le caratteristiche della procedura di ricorso di cui all’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801 devono essere determinate conformemente all’articolo 47 della Carta (sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C‑949/19, EU:C:2021:186, punto 44).

63      Orbene, il diritto a un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta, sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria resti inoperante a danno di una parte (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:1114, punti 35 e 36). Ciò è particolarmente vero quando l’ottenimento del beneficio effettivo dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione, quali riconosciuti da una decisione giurisdizionale, implica il rispetto di vincoli temporali.

64      Pertanto, quando è in discussione una decisione amministrativa nazionale che, al fine di garantire il rispetto del beneficio effettivo dei diritti dell’interessato derivanti dal diritto dell’Unione, deve essere imperativamente adottata con celerità, risulta dalla necessità, derivante dall’articolo 47 della Carta, di garantire l’effettività del ricorso proposto contro la decisione amministrativa iniziale che respinge la domanda di quest’ultimo, che ciascuno Stato membro deve configurare il proprio diritto nazionale in modo tale che, in caso di annullamento di quest’ultima, una nuova decisione sia adottata entro un breve termine e sia conforme alla valutazione contenuta nella sentenza che ha pronunciato l’annullamento (v., per analogia, sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 59 e giurisprudenza citata).

65      Ne consegue che, per quanto riguarda le domande di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio, la circostanza che il giudice adito sia competente a statuire soltanto per annullamento sulla decisione delle autorità competenti che respinge una siffatta domanda, senza poter sostituire la propria valutazione a quella di tali autorità o adottare una nuova decisione, è sufficiente, in linea di principio, a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 47 della Carta, a condizione che, se del caso, dette autorità siano vincolate dalla valutazione contenuta nella sentenza che pronuncia l’annullamento di tale decisione.

66      Inoltre, se, nell’ambito di un tale ricorso, il giudice adito dispone unicamente di un potere di annullamento della decisione delle autorità competenti che respinge una tale domanda di ammissione, occorre vigilare affinché le condizioni in cui tale ricorso è proposto e, se del caso, le condizioni in cui la sentenza emessa in esito a quest’ultimo viene eseguita, siano tali da consentire, in linea di principio, l’adozione entro un breve termine di una nuova decisione, in modo tale che il cittadino di paese terzo sufficientemente diligente possa giovarsi della piena efficacia dei diritti conferitigli dalla direttiva 2016/801.

67      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 34, paragrafo 5, di tale direttiva, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il ricorso avverso una decisione adottata dalle autorità competenti che respinge una domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio consista esclusivamente in un ricorso di annullamento, senza che il giudice investito di tale ricorso disponga del potere di sostituire, se del caso, la propria valutazione a quella delle autorità competenti o di adottare una nuova decisione, purché le condizioni in cui tale ricorso è proposto e, se del caso, le condizioni in cui la sentenza emessa in esito a quest’ultimo viene eseguita, siano tali da consentire l’adozione entro un breve termine di una nuova decisione, conforme alla valutazione contenuta nella sentenza che ha disposto l’annullamento, in modo tale che il cittadino di paese terzo sufficientemente diligente possa giovarsi della piena efficacia dei diritti conferitigli dalla direttiva 2016/801.

 Sulle spese

68      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      La direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari, in particolare alla luce del suo articolo 3, punto 3,

deve essere interpretata nel senso che:

essa non osta a che uno Stato membro, pur non avendo trasposto l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva, respinga una domanda di ammissione nel suo territorio per motivi di studio con la motivazione che il cittadino di paese terzo ha presentato tale domanda senza avere la reale intenzione di studiare nel territorio di tale Stato membro, in applicazione del principio generale di diritto dell’Unione del divieto di pratiche abusive.

2)      L’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che il ricorso avverso una decisione adottata dalle autorità competenti che respinge una domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio consista esclusivamente in un ricorso di annullamento, senza che il giudice investito di tale ricorso disponga del potere di sostituire, se del caso, la propria valutazione a quella delle autorità competenti o di adottare una nuova decisione, purché le condizioni in cui tale ricorso è proposto e, se del caso, le condizioni in cui la sentenza emessa in esito a quest’ultimo viene eseguita, siano tali da consentire l’adozione entro un breve termine di una nuova decisione, conforme alla valutazione contenuta nella sentenza che ha disposto l’annullamento, in modo tale che il cittadino di paese terzo sufficientemente diligente possa giovarsi della piena efficacia dei diritti conferitigli dalla direttiva 2016/801.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.