CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JEAN RICHARD DE LA TOUR
presentate il 3 aprile 2025 ( 1 )
Causa C‑713/23
Jakub Cupriak-Trojan,
Mateusz Trojan
contro
Wojewoda Mazowiecki
con l’intervento di
Prokurator Prokuratury Okręgowej w Warszawie,
Prokurator Regionalny w Warszawie
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]
«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso – Obbligo per lo Stato membro di origine di tali cittadini di riconoscere e trascrivere l’atto di matrimonio emesso in un altro Stato membro – Normativa o prassi nazionale dello Stato membro di origine che non ammette il riconoscimento e l’iscrizione in un registro dello stato civile di un atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso»
I. Introduzione
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1. |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti in combinato disposto con l’articolo 7 e l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 2 ), nonché con l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE ( 3 ). |
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2. |
Essa si inserisce nella corrente giurisprudenziale della Corte sul riconoscimento di atti o di decisioni che modificano l’identità di un cittadino dell’Unione, ottenuti in uno Stato membro ospitante, ai fini della loro iscrizione nei registri dello stato civile dello Stato membro di origine ( 4 ). |
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3. |
La Corte è ora chiamata a decidere se estendere agli atti di matrimonio la propria giurisprudenza relativa all’iscrizione nel registro dello stato civile di un cognome o del cambiamento di identità di genere ottenuti in un altro Stato membro, e più in particolare quando lo Stato membro d’origine dell’interessato, che è quello del suo luogo di nascita, non riconosce e addirittura vieta i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Da un punto di vista più generale, è sollevata la questione del limite dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia, considerato che le norme sul matrimonio e sullo stato civile rientrano nella competenza degli Stati membri e che il diritto dell’Unione non incide su tale competenza. |
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4. |
Allo stato attuale del diritto positivo, ritengo che la risposta debba essere sfumata. Lo Stato membro di origine di un cittadino dell’Unione dovrebbe riconoscere il matrimonio contratto da quest’ultimo in un altro Stato membro con una persona dello stesso sesso, quand’anche lo scopo non fosse quello di ottenere dal primo Stato membro un diritto di soggiorno derivato o una carta d’identità oppure un passaporto. Per contro, l’obbligo di iscrivere tale atto in un registro dello stato civile dovrebbe rimanere di competenza di ciascuno Stato membro. Spetterebbe quindi ad essi decidere se una tale trascrizione sia l’unico modo per osservare quanto prescritto dall’articolo 7 della Carta, interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ( 5 ). |
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
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5. |
L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE recita come segue: «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi». |
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6. |
Ai sensi dell’articolo 7 della Carta, intitolato «Rispetto della vita privata e della vita familiare»: «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni». |
B. Diritto polacco
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7. |
L’articolo 18 della Konstytucja Rzeczypospolitej Polskiej (Costituzione della Repubblica di Polonia) enuncia quanto segue: «La Repubblica di Polonia salvaguarda e tutela il matrimonio quale unione della donna e dell’uomo, la famiglia, la maternità e la qualità di genitori». |
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8. |
L’articolo 47 della Costituzione così dispone: «Ogni persona ha diritto alla tutela giuridica della propria vita privata e familiare, della propria dignità e reputazione, e ha il diritto di decidere in merito alla propria vita personale». |
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9. |
L’articolo 1, paragrafo 1, della ustawa Kodeks rodzinny i opiekuńczy (legge relativa al codice della famiglia e della tutela) ( 6 ), del 25 febbraio 1964, nella sua versione consolidata ( 7 ), come modificata, prevede quanto segue: «Il matrimonio si contrae quando un uomo e una donna, contemporaneamente presenti, dichiarano davanti al capo dell’ufficio di stato civile di essere uniti dal vincolo del matrimonio». |
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10. |
L’articolo 3 della ustawa Prawo o aktach stanu cywilnego (legge sugli atti di stato civile) ( 8 ), del 28 novembre 2014, nella sua versione consolidata ( 9 ), è così formulato: «Gli atti di stato civile costituiscono l’unica prova dei fatti in essi constatati; la loro falsità può essere dimostrata solo nell’ambito di un procedimento giurisdizionale». |
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11. |
Ai sensi dell’articolo 104 di tale legge: «1. Un documento di stato civile straniero che costituisce la prova di un evento e della sua registrazione può essere riportato nel registro dello stato civile mediante trascrizione. 2. La trascrizione consiste nel riportare fedelmente e letteralmente il contenuto del documento di stato civile straniero, sia dal punto di vista linguistico che formale, senza alcuna modifica della grafia dei nomi e dei cognomi delle persone indicate nel documento di stato civile straniero. (...) 5. La trascrizione è obbligatoria se un cittadino polacco, a cui si riferisce un documento di stato civile straniero, è titolare di un atto di stato civile, emesso nel territorio della Repubblica di Polonia, che attesta eventi precedenti, e se tale cittadino richiede l’esecuzione di una misura rientrante nella registrazione dello stato civile, o richiede un documento d’identità polacco o un numero PESEL [ ( 10 )]. (...)» |
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12. |
L’articolo 105, paragrafo 1, di dette legge dispone quanto segue: «Il contenuto del documento di stato civile straniero è riportato nel registro dello stato civile mediante un atto materiale e tecnico; è fatta menzione della trascrizione nell’atto di stato civile». |
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13. |
L’articolo 107 della legge sugli atti di stato civile così prevede: «Il capo dell’ufficio di stato civile rifiuta di effettuare la trascrizione nei casi in cui: (...)
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14. |
L’articolo 7 della ustawa Prawo prywatne międzynarodowe (legge sul diritto internazionale privato) ( 11 ), del 4 febbraio 2011, nella sua versione consolidata ( 12 ), recita come segue: «La legge straniera non si applica nel caso in cui la sua esecuzione produca effetti contrari ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico della Repubblica di Polonia». |
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15. |
Ai sensi dell’articolo 1138 della ustawa Kodeks postępowania cywilnego (legge sul codice di procedura civile) ( 13 ), del 17 novembre 1964, nella sua versione consolidata ( 14 ): «I documenti pubblici stranieri hanno lo stesso valore probatorio dei documenti pubblici polacchi. (...)» |
III. Fatti della causa di cui al procedimento principale e questione pregiudiziale
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16. |
Il sig. Jakub Cupriak‑Trojan, con doppia cittadinanza polacca e tedesca, e il sig. Mateusz Trojan, cittadino polacco, si sono sposati a Berlino (Germania) il 6 giugno 2018 e attualmente risiedono in Polonia ( 15 ). Successivamente al loro matrimonio, il sig. Cupriak‑Trojan ha deciso di aggiungere al proprio cognome di nascita il cognome di nascita del marito, in conformità con la legge tedesca ( 16 ). A partire dalla decisione del Kierownik Urzędu Stanu Cywilnego m.st. Warszawy (capo dell’ufficio di stato civile della città di Varsavia, Polonia), adottata su domanda del sig. Cupriak‑Trojan, il suo cognome di nascita è identico in Polonia. |
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17. |
Con decisione dell’8 agosto 2019, il capo dell’ufficio di stato civile di Varsavia, che conserva i loro atti di nascita, ha respinto la richiesta dei sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan di trascrivere il loro atto di matrimonio tedesco in quanto il diritto polacco non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Egli ha ritenuto che la trascrizione di un atto del genere violerebbe i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico polacco. |
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18. |
Il Wojewoda Mazowiecki (voivoda di Mazovia, Polonia), investito di un ricorso amministrativo da parte dei sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan, ha confermato tale decisione, constatando anche una discordanza tra la forma tedesca dell’atto di matrimonio e il suo equivalente polacco. Egli ha considerato, da un lato, che, in caso di trascrizione di un atto di matrimonio tedesco, il capo dell’ufficio di stato civile dovrebbe iscrivere i nomi e i cognomi dei due uomini, uno dei quali verrebbe menzionato sotto la voce «donna». Dall’altro lato, in Polonia, poiché il matrimonio può essere contratto solo tra un uomo e una donna, sarebbe illegale iscrivere nel registro dello stato civile due uomini come coniugi. |
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19. |
Con sentenza del 1o luglio 2020, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia) ha respinto il ricorso giurisdizionale presentato dai sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan per il motivo, in particolare, che né la Costituzione polacca né le leggi polacche prevedono che i matrimoni tra persone dello stesso sesso e quelli tra persone di sesso diverso possano coesistere nell’ordinamento pubblico nazionale. Pertanto, gli effetti della trascrizione di un atto di matrimonio straniero tra persone dello stesso sesso violerebbero i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico polacco, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, della legge sugli atti di stato civile. Tale giudice ha inoltre ritenuto che il rifiuto di trascrizione non violerebbe gli articoli 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ( 17 ), letti in combinato disposto con l’articolo 12 della stessa e con l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, poiché la controversia di cui al procedimento principale riguarderebbe una questione di stato civile non correlata al diritto di circolare e di soggiornare in uno Stato membro. |
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20. |
I sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan hanno proposto un ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), il giudice del rinvio, nel quale hanno sostenuto una domanda di rinvio pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 7 e dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta nonché dell’articolo 21 TFUE. Prendendo atto delle esigenze espresse dai ricorrenti, cittadini dell’Unione, riguardo alla loro intenzione di circolare e soggiornare in Polonia utilizzando lo stato civile risultante dal loro matrimonio in Germania, ivi incluso il successivo cambio di cognome per uno di loro, nonché dell’assenza di giurisprudenza della Corte in materia di trascrizione di atti di matrimonio, tale giudice nutre dubbi quanto all’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta. Detto giudice precisa che, dopo aver preso conoscenza della risposta della Corte, esso dovrà esaminare se l’assenza di disposizioni nella normativa polacca che prevedano la possibilità di registrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso escluda l’obbligo di riconoscere taluni effetti della contrazione di un tale matrimonio. |
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21. |
In tali circostanze, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se le disposizioni dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 7 e con l’articolo 21, paragrafo 1, della [Carta] nonché con l’articolo 2, punto 2, della direttiva [2004/38], debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a che le autorità competenti dello Stato membro di cui ha la cittadinanza un cittadino dell’Unione che ha contratto matrimonio con un altro cittadino dell’Unione (con una persona dello stesso sesso) in uno Stato membro, conformemente alla normativa di quest’ultimo, possano rifiutarsi di riconoscere e di trascrivere nel registro nazionale dello stato civile tale atto di matrimonio, impedendo alle suddette persone di soggiornare nello Stato in questione con lo stato civile acquisito e con lo stesso cognome, per il motivo che il diritto dello Stato ospitante [ ( 18 )] non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso». |
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22. |
I sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan, il voivoda di Mazovia, il Prokurator Regionalny w Warszawie (procuratore regionale di Varsavia, Polonia), il Prokurator Prokuratury Okręgowej w Warszawie (procuratore del distretto di Varsavia, Polonia), i governi polacco, tedesco, spagnolo, ungherese e dei Paesi Bassi nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. |
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23. |
All’udienza tenutasi il 3 dicembre 2024, le medesime parti, ad eccezione del voivoda di Mazovia, hanno presentato le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti per risposta orale posti dalla Corte. |
IV. Analisi
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24. |
Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 20 e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 7 della Carta ( 19 ), debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa o a una prassi di uno Stato membro che non consente né riconosce il matrimonio di un cittadino dell’Unione, contratto legalmente in un altro Stato membro nell’esercizio della sua libertà di circolazione e di soggiorno, né di trascrivere il suo atto di matrimonio in un registro dello stato civile, per il motivo che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è previsto nel primo Stato membro. |
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25. |
La controversia verte sul riconoscimento da parte delle autorità competenti in Polonia di un matrimonio contratto in Germania tra due cittadini polacchi, uno dei quali è anche cittadino tedesco, ai fini della trascrizione dell’atto di matrimonio in un registro dello stato civile polacco. |
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26. |
Essendo legalmente sposati in uno Stato membro diverso da quello che ha emesso il loro atto di nascita, essi possono avvalersi dei diritti connessi allo status di cittadini dell’Unione ( 20 ), anche nei confronti del loro Stato membro di origine ( 21 ). |
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27. |
Allo stato attuale del diritto dell’Unione, lo stato delle persone, a cui sono riconducibili le norme relative al matrimonio, è una materia che rientra nella competenza degli Stati membri e il diritto dell’Unione non pregiudica tale competenza. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, ciascuno Stato membro deve rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, riconoscendo, a tal fine, lo stato delle persone stabilito in un altro Stato membro conformemente al diritto di quest’ultimo ( 22 ). |
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28. |
In virtù di tali principi, la giurisprudenza della Corte si è sviluppata su due livelli diversi per quanto riguarda le conseguenze da trarre in materia di stato civile, a seconda che si tratti dell’identità ottenuta da un cittadino dell’Unione o dei legami che questi ha potuto creare in uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine. |
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29. |
Così, nel caso di matrimonio ( 23 ) o di accertamento della filiazione ( 24 ), la Corte ha dichiarato che i legami risultanti dagli atti di matrimonio o di nascita emessi in uno Stato membro dovevano essere riconosciuti unicamente ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti agli interessati dal diritto dell’Unione ( 25 ), senza che gli altri Stati membri siano tenuti a garantire che tale riconoscimento produca effetti in materia di stato civile ( 26 ). |
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30. |
Per contro, quando la decisione o l’atto legittimamente emessi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di origine riguardava elementi identificativi del cittadino dell’Unione interessato registrati nel suo atto di nascita, la Corte ha dichiarato che il rifiuto di uno Stato membro di riconoscere e di annotare in un registro dello stato civile il cognome o il nome, o il cambiamento di identità di genere ottenuti da un cittadino di tale Stato membro è idoneo a ostacolare l’esercizio del diritto, sancito dall’articolo 21 TFUE, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri ( 27 ). |
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31. |
La giurisprudenza della Corte si basa essenzialmente sulla constatazione che, «al pari del nome, il genere definisce l’identità e lo status personale di una persona» e che, di conseguenza, il rifiuto in uno Stato membro di riconoscere i relativi cambiamenti ottenuti da un cittadino dell’Unione in un altro Stato membro è tale da generare per tale cittadino seri inconvenienti di ordine amministrativo, professionale e privato, ai sensi della sua giurisprudenza ( 28 ). |
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32. |
Sulla scia di tale giurisprudenza, ritengo che l’assenza di qualsiasi riconoscimento in uno Stato membro del vincolo matrimoniale instaurato tra due persone dello stesso sesso e registrato in un altro Stato membro crei una restrizione all’esercizio del diritto derivante dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. Tale restrizione giustifica la limitazione stabilita dalla Corte alla competenza degli Stati membri in materia di stato civile, ancorché, a mio avviso, si tratti di esercitare diritti a cui, a differenza delle cause che hanno dato origine alle sentenze Coman e Pancharevo, non è data specifica espressione nella direttiva 2004/38 ( 29 ). I cittadini dell’Unione, quali i sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan, la cui situazione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ( 30 ), devono poter soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, anche al loro ritorno nel loro Stato membro di origine ( 31 ), in quanto riconosciuti come persone coniugate. |
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33. |
Infatti, in tale situazione, è parimenti fondamentale il diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 7 della Carta. |
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34. |
Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, i diritti garantiti dall’articolo 7 della stessa hanno lo stesso significato e la stessa portata di quelli garantiti dall’articolo 8 della CEDU. |
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35. |
Orbene, per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte EDU fondata su tale articolo 8, oltre a quella ricordata nella sentenza Coman ( 32 ), occorre rilevare che, nella sua sentenza del 12 dicembre 2023, Przybyszewska e a. c. Polonia ( 33 ), tale Corte ha dichiarato, tenendo conto in particolare della sua giurisprudenza come chiarita e consolidata nella sentenza del 17 gennaio 2023, Fedotova e a. c. Russia ( 34 ), che la Repubblica di Polonia aveva oltrepassato il proprio margine discrezionale ed era venuta meno al proprio obbligo positivo di assicurare che i ricorrenti dispongano di uno specifico quadro giuridico che garantisca il riconoscimento e la tutela delle unioni tra persone dello stesso sesso. Detta Corte ha concluso che tale inadempimento, a causa del quale i ricorrenti si sono trovati nell’impossibilità di regolare alcuni aspetti fondamentali della loro vita, costituisce una violazione del loro diritto al rispetto della loro vita privata e familiare ( 35 ). A sostegno di tale decisione, essa ha ricordato:
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36. |
Ne consegue che, all’interno dell’Unione, spetta agli Stati membri, qualora non prevedano, o addirittura vietino, nel proprio diritto nazionale l’istituzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, introdurre procedure adeguate al riconoscimento dei legami così sanciti in un altro Stato membro. Occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che un simile obbligo di riconoscimento non attenta all’identità nazionale né minaccia l’ordine pubblico dello Stato membro interessato ( 39 ). |
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37. |
Tuttavia, tale obbligo di riconoscimento del matrimonio ai sensi del diritto dell’Unione deve avere come effetto, sullo stesso fondamento, ossia in particolare l’articolo 21 TFUE, quello di imporre allo Stato membro di origine di iscrivere in un registro dello stato civile un atto di matrimonio legittimamente ottenuto da uno o dai suoi cittadini in un altro Stato membro, ancorché nessuna disposizione nazionale lo consenta, o addirittura la normativa nazionale lo vieti, in condizioni equivalenti ( 40 )? |
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38. |
Ricordo che, allo stato attuale della giurisprudenza della Corte, gli obblighi degli Stati membri in materia di stato civile riguardano esclusivamente la determinazione dell’identità di un cittadino dell’Unione ( 41 ). |
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39. |
La Corte ha valutato che da una diversità tra i due nomi o cognomi portati da una stessa persona o da due identità di genere registrate possono nascere confusioni ed inconvenienti, poiché numerose attività della vita quotidiana, sia in ambito pubblico che privato, richiedono di fornire la prova della propria identità ( 42 ) e, nel caso di una famiglia, la prova della natura dei vincoli esistenti fra i vari membri della stessa ( 43 ). La Corte si è quindi pronunciata tenendo conto di un rischio concreto, inerente alla differenza degli elementi essenziali per l’identificazione di una persona, di dover dissipare dubbi sulla sua identità nonché sull’autenticità dei documenti da essa presentati o sulla veridicità dei dati in essi contenuti. Di tali considerazioni si è tenuto conto anche nel caso di modifica del cognome dei coniugi a seguito di un matrimonio legalmente contratto da cittadini dell’Unione in uno Stato membro diverso dal loro Stato di origine ( 44 ), che non sarebbe stato riconosciuto da quest’ultimo. Pertanto, in caso di cambiamento di cognome di uno o di entrambi i coniugi, non si potrebbero incontrare ulteriori difficoltà, poiché tale nuovo cognome dovrebbe essere riconosciuto in ciascuno degli Stati membri ( 45 ). |
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40. |
Per contro, per quanto riguarda la prova dello status di persona coniugata, essa non può derivare, nel caso di pratiche costitutive di diritti, dal semplice fatto di portare lo stesso cognome, ove ciò si verifichi. Di conseguenza, in presenza di quali condizioni, ai sensi del diritto dell’Unione, dovrebbe essere imposta l’iscrizione del matrimonio in un registro dello stato civile di uno Stato membro, benché la normativa di quest’ultimo non preveda né la contrazione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso nel suo territorio, né la sua registrazione nei casi in cui sia stato contratto in un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che una delle persone sposate sia o meno cittadina del primo Stato membro ( 46 )? |
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41. |
La prova dello status di «persona coniugata» consente ai cittadini dell’Unione interessati, in particolare quando tornano nei loro Stati membri di origine ( 47 ), di beneficiare dell’effetto utile dei loro diritti derivanti dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE ( 48 ). Pertanto, a mio avviso, occorre stabilire preventivamente il quadro entro il quale si deve valutare l’obbligo di registrazione allo stato civile. |
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42. |
Per quanto riguarda i diritti derivanti dal diritto dell’Unione, e in particolare dalla direttiva 2004/38 ( 49 ), occorre sottolineare che i cittadini dell’Unione non devono provare il proprio status di «persona coniugata» per circolare liberamente nel territorio degli Stati membri ( 50 ). Solo il diritto di soggiorno del coniuge in quanto familiare ( 51 ) rischierebbe di essere ostacolato dal mancato riconoscimento di tale status ( 52 ). Orbene, in tal caso, tuttavia, la Corte ha dichiarato, nella sentenza Coman, che nessun obbligo in materia di stato delle persone poteva essere imposto allo Stato membro di soggiorno ( 53 ). Tale decisione, che riguardava un coniuge cittadino di un paese terzo, può essere trasposta nel caso di soggiorno di un cittadino dell’Unione in uno Stato membro ospitante. Di conseguenza, in tale contesto, la scelta della modalità di registrazione dell’atto di matrimonio straniero ai fini dell’autorizzazione al soggiorno rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri. |
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43. |
Per quanto riguarda il diritto dei coniugi dello stesso sesso di condurre una vita familiare senza dover affrontare ostacoli amministrativi ( 54 ), sottolineo che la questione sottoposta alla Corte riguarda concretamente l’esercizio da parte di cittadini nazionali di diritti previsti dalla normativa nazionale. Come confermato in udienza, la richiesta dei sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan diretta ad ottenere la trascrizione del loro atto di matrimonio nei registri dello stato civile è volta a poter dimostrare il loro status di «coniugi», specialmente in Polonia ( 55 ). |
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44. |
Infatti, sebbene, secondo la normativa polacca applicabile, la trascrizione dell’atto di matrimonio straniero non sia obbligatoria in caso di espletamento di formalità amministrative della vita quotidiana ( 56 ) e tale atto, che è esente da qualsivoglia legalizzazione se emesso in uno Stato membro, debba produrre effetti probatori equivalenti a quelli degli atti polacchi ( 57 ), tali norme non sono, in pratica, applicate dalle autorità competenti. Il governo polacco ha peraltro riconosciuto nelle sue osservazioni scritte, integrate in udienza, che la trascrizione dell’atto di matrimonio è l’unico mezzo per superare le difficoltà addotte dalle persone dello stesso sesso sposate all’estero, indipendentemente dalla loro cittadinanza. |
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45. |
Pertanto, in assenza di soluzioni alternative in Polonia, quali la presentazione di qualsiasi altro documento ufficiale ( 58 ) che possa essere riconosciuto dai servizi amministrativi polacchi, l’obbligo di trascrivere l’atto di matrimonio straniero in un registro dello stato civile si impone a tale Stato membro. |
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46. |
Tuttavia, in ragione di tale contesto particolare e, a fortiori, tenuto conto dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, che non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38 ( 59 ), l’obbligo di trascrivere in un registro dello stato civile un atto di matrimonio emesso in uno Stato membro non può, a mio avviso, essere imposto ad un altro Stato membro se il matrimonio produce i suoi effetti senza che sia necessario espletare tale formalità. |
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47. |
Inoltre, decidere che spetta a ciascuno Stato membro definire i mezzi appropriati per garantire il diritto al rispetto della vita privata e familiare delle coppie omosessuali è coerente con la portata dei diritti garantiti dall’articolo 8 della CEDU, come definita dalla Corte EDU. |
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48. |
Nella sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia, in merito all’obbligo di stabilire uno «specifico quadro giuridico» ( 60 ), la Corte EDU ha fornito le seguenti precisazioni:
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49. |
Per quanto riguarda l’assenza, nel diritto polacco, di qualsivoglia possibilità di riconoscimento giuridico e di tutela delle coppie omosessuali, constatata dalla Corte EDU ( 64 ), questa ha rilevato che, nonostante alcuni sviluppi positivi della giurisprudenza in tale settore, i partner dello stesso sesso non sono in grado di regolamentare aspetti fondamentali della loro vita, come quelli relativi alla proprietà, agli alimenti, al fisco e ai diritti in materia successoria, in quanto coppia ufficialmente riconosciuta. Nella maggior parte dei casi, essi non possono far valere l’esistenza della loro relazione dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative. La Corte EDU ha dichiarato che, in conformità con il principio di sussidiarietà alla base della CEDU, non spetta ad essa determinare il regime giuridico da applicare alle coppie omosessuali ( 65 ). |
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50. |
Nello specifico, per quanto riguarda la registrazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero, la Corte EDU ha rilevato, nella sentenza del 14 dicembre 2017, Orlandi e a. c. Italia ( 66 ), l’assenza di consenso in Europa, che conferma che gli Stati devono in linea di principio godere di un ampio margine discrezionale nel decidere se registrare o meno, come matrimoni, quelli che sono stati contratti all’estero ( 67 ). |
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51. |
In tale causa Orlandi e a. c. Italia, la Corte EDU ha concluso, al paragrafo 210, che lo Stato italiano non poteva ragionevolmente ignorare la situazione dei ricorrenti – di persone dello stesso sesso sposate secondo la legge di uno Stato straniero –, che corrispondeva a una vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della CEDU, senza offrire loro alcun mezzo per tutelare la loro relazione. Dato che, fino all’anno 2016, le autorità italiane si erano astenute dal riconoscere tale situazione e dall’offrire alcuna forma di tutela all’unione dei ricorrenti, la Corte EDU ha concluso che lo Stato italiano non era pervenuto a un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco ( 68 ). La Corte EDU ha ritenuto che tale Stato non avesse fornito ai ricorrenti uno specifico quadro giuridico idoneo al riconoscimento e alla tutela delle loro unioni omosessuali, in violazione dell’articolo 8 della CEDU. L’obbligo a cui lo Stato era tenuto non è stato esteso alla registrazione del matrimonio contratto all’estero come un matrimonio in Italia, in quanto tale paese non riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso. |
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52. |
Nello stesso senso, molto recentemente, nella sentenza Formela e a. c. Polonia, la Corte EDU ha concluso che, rifiutando di registrare i matrimoni dei ricorrenti in qualsiasi forma e non garantendo loro uno specifico quadro giuridico che preveda il riconoscimento e la tutela delle loro unioni, le autorità polacche li hanno lasciati in un vuoto giuridico e non hanno risposto alle esigenze essenziali di riconoscimento e di tutela delle coppie omosessuali impegnate in una relazione stabile e seria ( 69 ). |
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53. |
Di conseguenza, l’esigenza specifica relativa alla trascrizione o, più in generale, all’iscrizione dell’atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso emesso in uno Stato membro in un registro dello stato civile dello Stato membro di origine della persona o delle persone interessate non mi sembra possa derivare dal diritto dell’Unione, come interpretato dalla Corte ( 70 ), al fine di offrire una tutela più estesa di quella derivante dalla giurisprudenza della Corte EDU. Ritengo pertanto che si debba applicare il principio enunciato dalla stessa. Ne deduco che ogni Stato membro è competente a definire le modalità appropriate per garantire alle coppie omosessuali un riconoscimento ufficiale che conferisca loro un’esistenza e una legittimità nei confronti del mondo esterno, per riprendere i termini della sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia ( 71 ), senza essere tenuto ad iscrivere in un registro dello stato civile gli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso se siffatti matrimoni non sono previsti nel diritto di tale Stato membro. |
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54. |
Pertanto, nel caso di specie, la trascrizione dell’atto di matrimonio tedesco nei registri dello stato civile polacchi si impone in virtù delle specificità nazionali, come risulta dalle osservazioni del governo polacco ( 72 ). Tuttavia, ammettere la possibilità di portare un cognome d’uso comune a entrambi i coniugi potrebbe anche, in alcune situazioni della vita quotidiana, essere un modo per soddisfare tale esigenza di predisporre la pubblicizzazione del matrimonio nei confronti dei terzi. Lo stesso vale per la facoltà di produrre in uno Stato membro un atto di matrimonio emesso in un altro Stato membro, tradotto ed esente da legalizzazione, in ragione del valore probatorio ad esso riconosciuto ai sensi del diritto dell’Unione ( 73 ). |
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55. |
Mi sembra che distinguere tra l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra persone dello stesso sesso legalmente contratto nello Stato membro ospitante, da un lato, e l’obbligo di iscrivere l’atto di matrimonio in un registro dello stato civile dello Stato membro di origine, dall’altro, consenta un’interpretazione dell’articolo 21 TFUE nel rigoroso rispetto della ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri. Su tale fondamento, detta distinzione è coerente con la giurisprudenza della Corte relativa agli atti di stato civile emessi in uno Stato membro, riguardanti coppie omosessuali o i loro figli, che devono produrre i loro effetti in un altro Stato membro che non prevede siffatte situazioni giuridiche. |
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56. |
Una soluzione opposta potrebbe basarsi solo sull’affermazione che il diritto dell’Unione riconosce una libertà di circolare e di soggiornare ai cittadini dell’Unione, che può essere esercitata senza limiti in materia di stato delle persone, salvo in caso di abuso di diritto. Orbene, in particolare, in materia di matrimonio, si porrà la questione della sua applicabilità nelle situazioni in cui il rifiuto di registrare l’atto di matrimonio straniero si fonda su motivi diversi dall’assenza di una differenza di sesso tra i coniugi ( 74 ). |
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57. |
In materia di stato civile, la Corte passerebbe quindi da un approccio al principio della libera circolazione del cittadino dell’Unione limitato alla sua identità a un approccio basato unicamente sul diritto al rispetto della sua vita familiare. Tale diritto diventerebbe un principio contenuto nel diritto di libera circolazione e di soggiorno e svincolato da qualsiasi diritto derivato ( 75 ), combinato, se del caso, con il divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale. |
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58. |
Da un lato, osservo che, anche in una situazione in cui l’interesse superiore del minore doveva essere preminente, la Corte non ha adottato tale orientamento ( 76 ). |
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59. |
Dall’altro lato, occorre constatare che, in materia di filiazione, la Commissione ha elaborato una proposta di regolamento ( 77 ) diretta a imporre agli Stati membri di riconoscere la filiazione di un minore come accertata in un altro Stato membro per scopi nazionali diversi dall’esercizio di diritti conferiti dal diritto dell’Unione, in particolare dalle disposizioni relative alla libera circolazione. |
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60. |
Di conseguenza, propongo alla Corte di dichiarare che l’iscrizione di un atto di matrimonio contratto in uno Stato membro tra due persone dello stesso sesso di cui almeno una sia cittadina dell’Unione, in un registro dello stato civile di un altro Stato membro che non riconosce un tale matrimonio, non può essere richiesta ai sensi dal diritto dell’Unione, a meno che non si tratti dell’unico mezzo per provare il proprio status di persona coniugata. In altri termini, l’obbligo di iscrizione in un registro dello stato civile legato alla libertà di circolazione e di soggiorno imposta agli Stati membri dovrebbe, a mio avviso, rimanere limitato ai casi in cui vi sia un dubbio sull’identità personale del cittadino dell’Unione e tale dubbio possa essere eliminato solo in tal modo. |
V. Conclusione
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61. |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia): L’articolo 20 e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che: essi non ostano a una normativa dello Stato membro di cui un cittadino dell’Unione ha la cittadinanza, che non consente di trascrivere in un registro dello stato civile il suo atto di matrimonio con una persona dello stesso sesso, legalmente emesso in un altro Stato membro, nell’esercizio della sua libertà di circolazione e di soggiorno, qualora nel primo Stato membro esistano altri mezzi per garantire alle persone dello stesso sesso un riconoscimento del loro matrimonio nei confronti dei terzi. Per contro, essi ostano a una normativa o a una prassi di uno Stato membro, di cui un cittadino dell’Unione ha la cittadinanza, che non consente il riconoscimento, con qualsiasi mezzo o documento comprovante un vincolo matrimoniale e il cognome scelto dai coniugi, del suo matrimonio legalmente contratto in un altro Stato membro con una persona dello stesso sesso, nell’esercizio della sua libertà di circolazione e di soggiorno, per il motivo che il primo Stato membro non prevede un tale matrimonio. |
( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) In prosieguo: la «Carta.
( 3 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, nonché rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34).
( 4 ) Nel senso che lo Stato membro di origine è quello di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza. V. sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16; in prosieguo: la «sentenza Coman, EU:C:2018:385, punto 31).
( 5 ) In prosieguo: la «Corte EDU».
( 6 ) Dz. U. del 1964, n. 9, posizione 59.
( 7 ) Dz. U. del 2020, posizione 1359.
( 8 ) Dz. U. del 2014, posizione 1741.
( 9 ) Dz. U. del 2023, posizione 1378; in prosieguo: la «legge sugli atti di stato civile».
( 10 ) Numero di identificazione delle persone fisiche di cittadinanza polacca.
( 11 ) Dz. U. del 2011, n. 80, posizione 432.
( 12 ) Dz. U. del 2023, posizione 503.
( 13 ) Dz. U. del 1964, n. 43, posizione 296.
( 14 ) Dz. U. del 2023, posizione 1550; in prosieguo: il «codice di procedura civile».
( 15 ) Sebbene il giudice del rinvio indichi che essi vivono in Germania, i ricorrenti, nelle loro osservazioni scritte e in udienza, hanno precisato che non è più così. Attualmente vivono e lavorano in Polonia, e ciò dal mese di dicembre 2021.
( 16 ) In udienza, il sig. Cupriak‑Trojan e il governo tedesco hanno indicato che in Germania si tratta di un cognome d’uso che il coniuge può portare come effetto del suo matrimonio, mentre in Polonia si tratta di una modifica del cognome di nascita, o per un cognome identico a quello del coniuge oppure tramite l’aggiunta di un vocabolo comune, come confermato dal governo polacco.
( 17 ) Firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la «CEDU».
( 18 ) Tenuto conto della definizione dell’espressione «Stato membro ospitante» di cui all’articolo 2, punto 3, della direttiva 2004/38, vale a dire «lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno», e della formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, si tratta dello Stato membro di origine.
( 19 ) Facendo riferimento alla sentenza Coman (punti 17 e 28), propongo alla Corte di limitare il suo esame all’esistenza di un ostacolo all’esercizio da parte degli interessati del diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno nel rispetto della loro vita privata e familiare, piuttosto che all’esistenza di una discriminazione.
( 20 ) A motivo di ciascuna delle loro rispettive cittadinanze, essi godono, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE, dello status di cittadini dell’Unione, che è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri [v. sentenza del 4 ottobre 2024, Mirin (C‑4/23; in prosieguo; la «sentenza Mirin, EU:C:2024:845, punti 50 e 51 nonché giurisprudenza citata)]. Il fatto che cittadini di uno Stato membro soggiornino legalmente nel territorio di un altro Stato membro di cui possiedono parimenti la cittadinanza è irrilevante (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, Freitag (C‑541/15, EU:C:2017:432, punto 34).
( 21 ) V., in tal senso, sentenza Mirin (punto 41 e giurisprudenza citata).
( 22 ) V. sentenza Coman (punti da 36 a 38) e, nello stesso senso, sentenza Mirin (punto 53 e giurisprudenza citata).
( 23 ) V. sentenza Coman (punto 45).
( 24 ) V. sentenza del 14 dicembre 2021, Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo» (C‑490/20; in prosieguo: la «sentenza Pancharevo, EU:C:2021:1008, punti 45 e 46).
( 25 ) Nella sentenza Coman si trattava del riconoscimento di un matrimonio tra persone dello stesso sesso ai fini della concessione al coniuge, cittadino di un paese terzo, di un diritto di soggiorno derivato (punti 45 e 46), fondato sull’articolo 21 TFUE (punto 23) e concesso a condizioni analoghe a quelle previste dalla direttiva 2004/38 (punto 25). La sentenza Pancharevo verteva sul riconoscimento di un rapporto di filiazione stabilito, riguardo a due madri, cittadine dell’Unione, nell’atto di nascita del loro figlio ai fini dell’ottenimento di una carta d’identità o di un passaporto (v. punti 46, 49, 56 e 57).
( 26 ) Nella sentenza Pancharevo, la Corte ha sancito il principio del riconoscimento da parte di ogni Stato membro dell’atto di nascita emesso in un altro Stato membro, ma al solo scopo di rilasciare una carta d’identità o un passaporto. Da ciò non è stato dedotto alcun obbligo in materia di stato civile nazionale, nonostante il figlio minore sia cittadino dello Stato membro interessato (punti 45 e 50). Inoltre, per l’applicazione di tale giurisprudenza al caso di un rifiuto da parte delle autorità polacche di rilasciare un documento di viaggio per un minore polacco il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità di uno Stato membro designi come suoi genitori due persone dello stesso sesso, a causa dell’impossibilità di una previa trascrizione di tale atto, v. ordinanza del 24 giugno 2022, Rzecznik Praw Obywatelskich (C‑2/21, EU:C:2022:502, punti 43, 44 e 52).
( 27 ) V. sentenza Mirin (punti 54, 55 e 57).
( 28 ) V. sentenza Mirin (punto 55 e giurisprudenza citata).
( 29 ) V. paragrafo 29 delle presenti conclusioni.
( 30 ) V. paragrafo 26 delle presenti conclusioni.
( 31 ) V. sentenza Pancharevo (punto 47).
( 32 ) V. punto 50.
( 33 ) CE:ECHR:2023:1212JUD001145417; in prosieguo: la «sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia», resa dalla Prima Sezione, composta da sette giudici. La causa che ha dato origine a tale sentenza, sorta dalla scelta di coppie omosessuali di sposarsi (§§ 4 e 106), riguarda l’assenza, nel diritto polacco, di qualsiasi possibilità di riconoscimento giuridico e di tutela della relazione delle coppie omosessuali (§ 107). V. anche, nello stesso senso, sentenza del 19 settembre 2024, Formela e a. c. Polonia (EC:ECHR:2024:0919JUD005882812; in prosieguo: la «sentenza Formela e a. c. Polonia»), pronunciata dalla medesima Sezione composta da tre magistrati. Nella causa che ha dato origine a tale sentenza, i ricorsi di due coppie omosessuali riguardavano il mancato riconoscimento delle loro relazioni di coppia in Polonia e dei loro matrimoni contratti all’estero (§ 10).
( 34 ) CE:ECHR:2023:0117JUD004079210.
( 35 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§§ 123 e 124).
( 36 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 39 e giurisprudenza citata).
( 37 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 39 e giurisprudenza citata).
( 38 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§§ 98 e 103 nonché giurisprudenza citata).
( 39 ) V. sentenza Coman (punto 46).
( 40 ) Analogamente alla sentenza Mirin (punto 57).
( 41 ) V. paragrafi 30 e 31 delle presenti conclusioni.
( 42 ) V. sentenza Mirin (punti da 54 a 56 e giurisprudenza citata).
( 43 ) V. sentenze del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 52 e giurisprudenza citata), nonché dell’8 giugno 2017, Freitag (C‑541/15, EU:C:2017:432, punto 37 e giurisprudenza citata).
( 44 ) V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 76). A tal proposito, per quanto riguarda la causa di cui al procedimento principale, ricordo che il governo polacco ha spiegato in udienza che, secondo il diritto nazionale, i coniugi hanno la facoltà di cambiare il proprio cognome sostituendo il cognome di uno di loro al proprio cognome di nascita o aggiungendolo a quest’ultimo. Secondo il governo tedesco, la stessa possibilità esiste nel diritto nazionale, ma solo a titolo d’uso. Il cognome di nascita non cambia. V. anche nota 16 delle presenti conclusioni.
( 45 ) V. paragrafo 30 delle presenti conclusioni. Pertanto, il cambiamento ottenuto dal sig. Cupriak‑Trojan in Polonia dovrebbe produrre gli stessi effetti in Germania.
( 46 ) In udienza, il governo polacco ha spiegato che un atto di matrimonio tra cittadini di altri Stati membri che ammettono il matrimonio tra persone dello stesso sesso non può essere registrato in Polonia, mentre la trascrizione di un tale atto è possibile per persone di sesso diverso.
( 47 ) V., in tal senso, sentenza Coman (punti 24, 32, 40 e 53).
( 48 ) V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni.
( 49 ) V. paragrafo 29 delle presenti conclusioni.
( 50 ) V. articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/38. A tal proposito, il governo polacco ha precisato in udienza che il matrimonio non è menzionato né sul passaporto né nella carta d’identità nazionale. Osservo inoltre che, nel caso di specie, trattandosi di cittadini nazionali, maggiorenni e in possesso di documenti di viaggio che non ostacolano la loro libertà di circolazione, non viene invocato al riguardo alcun diritto derivante dalla direttiva 2004/38. Da confrontare con le situazioni oggetto delle sentenze Coman e Pancharevo. V. nota 25 delle presenti conclusioni.
( 51 ) V. sentenza Coman (punti da 33 a 35).
( 52 ) V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 73). Occorre notare che ciò non si verifica nel caso dei sigg. Cupriak‑Trojan e Trojan, che vivono in Polonia. In quanto cittadini dell’Unione, la libertà di circolazione e di soggiorno per ciascuno di essi non è pregiudicata nel loro Stato di origine [v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 37), nonché ordinanza del 24 giugno 2022, Rzecznik Praw Obywatelskich (C‑2/21, EU:C:2022:502, punto 36 e giurisprudenza citata)].
( 53 ) V. sentenza Coman (punti 45 e 46). La Corte ha quindi dichiarato che il riconoscimento di un matrimonio tra persone dello stesso sesso è limitato unicamente ai fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di un paese terzo.
( 54 ) V. paragrafi 32 e 35 delle presenti conclusioni.
( 55 ) I ricorrenti hanno fatto valere di non poter continuare la loro vita familiare in Polonia nelle stesse condizioni che in Germania. Essi hanno fornito tali esempi riguardo alla Polonia: in primo luogo, a partire dal mese di marzo fino all’inizio di settembre 2022, mentre risiedeva in Polonia, il sig. Cupriak‑Trojan è rimasto disoccupato e non era coperto dall’assicurazione sanitaria pubblica. Durante tale periodo, il sig. Trojan viveva e lavorava in Polonia. Orbene, il coniuge che lavora ha la possibilità di fornire una copertura assicurativa sanitaria al proprio coniuge che non lavora. Il sig. Trojan non ha quindi avuto tale possibilità, poiché il matrimonio dei ricorrenti non produce effetti in Polonia, con il risultato che il sig. Cupriak‑Trojan è stato privato dell’assicurazione sanitaria pubblica per tutto quel periodo. In secondo luogo, dopo il matrimonio in Germania, il sig. Cupriak‑Trojan ha richiesto l’aggiornamento della dicitura del proprio cognome nel registro immobiliare, per i beni immobili di sua proprietà in Polonia. Per uno dei suoi immobili il giudice competente ha respinto tale domanda in ragione del fatto che l’atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso non era ammesso. Per contro, un altro giudice ha accolto tale domanda per un secondo immobile e ha registrato il suo cambio di cognome. V. anche, constatazioni analoghe della Corte EDU nella sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§§ 102 e 108), e nella sentenza Formela e a. c. Polonia (§ 24).
( 56 ) V. articolo 104, paragrafo 5, della legge sugli atti di stato civile, citato al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.
( 57 ) V. articolo 1138 del codice di procedura civile, citato al paragrafo 15 delle presenti conclusioni, e articolo 4 del regolamento (UE) 2016/1191 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, che promuove la libera circolazione dei cittadini semplificando i requisiti per la presentazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione europea e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (GU 2016, L 200, pag. 1). V. anche articolo 9 e allegato IV di tale regolamento che contiene il modulo standard multilingue per il matrimonio. Tale modulo facilita la traduzione del documento pubblico relativo al matrimonio. V., a titolo di confronto, il modulo B allegato alla convenzione della Commissione internazionale sullo stato civile (CIEC) n. 16, relativa al rilascio di estratti plurilingue di atti di stato civile, firmata a Vienna l’8 settembre 1976, alla quale la Repubblica di Polonia ha aderito.
( 58 ) V., per analogia, sentenza Pancharevo (punto 50).
( 59 ) V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.
( 60 ) V. paragrafo 35 delle presenti conclusioni.
( 61 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§§ 99 e giurisprudenza citata).
( 62 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§§ 100 e 101 nonché giurisprudenza citata).
( 63 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 102 nonché giurisprudenza citata).
( 64 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 105) nonché sentenza Formela e a. c. Polonia (§ 27).
( 65 ) V. sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 114). Sul più ampio margine discrezionale di cui dispongono gli Stati contraenti nel determinare l’esatta natura del regime giuridico da mettere a disposizione delle coppie omosessuali, v. sentenza Formela e a. c. Polonia (§ 28).
( 66 ) CE:CEDU:2017:1214JUD002643112; in prosieguo: la «sentenza Orlandi e a. c. Italia» (§ 205). Nella causa che ha dato origine a tale sentenza, le censure sollevate ai sensi dell’articolo 8 della CEDU vertevano principalmente sul rifiuto in Italia di registrare il matrimonio contratto all’estero, come matrimonio o in qualsiasi altra forma, il che privava gli interessati di qualsiasi tutela giuridica o di diritti connessi (v. § 191).
( 67 ) Al paragrafo 205 della sentenza Orlandi e a. c. Italia, la Corte EDU ha precisato che, secondo le informazioni relative al diritto comparato di cui disponeva, limitate a ventisette paesi che non consentivano il matrimonio tra persone dello stesso sesso, solo tre di essi ne permettevano la registrazione. Per ulteriori dettagli, risalenti al luglio 2015, v. la stessa sentenza Orlandi e a. c. Italia (§ 113). Analogamente agli altri elementi di diritto comparato sul riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, senza tuttavia ulteriori precisazioni sullo stato civile, esposti nella sentenza della Corte EDU del 17 gennaio 2023, Fedotova e a. c. Russia (EC:ECHR:2023:0117JUD004079210, §§ da 65 a 67), ai quali si fa riferimento nella sentenza Przybyszewska e a. c. Polonia (§ 31).
( 68 ) V., nello stesso senso, sentenza Formela e a. c. Polonia, che riguarda, a sua volta, l’assenza di riconoscimento e di registrazione degli atti relativi ai matrimoni contratti all’estero (§§ 10, 22, 25 e 29).
( 69 ) V. sentenza Formela e a. c. Polonia (§ 26).
( 70 ) V. paragrafi da 27 a 31 delle presenti conclusioni.
( 71 ) V. § 109 in fine.
( 72 ) V. paragrafo 44 delle presenti conclusioni.
( 73 ) V., a in tal senso, paragrafo 44 delle presenti conclusioni. V. anche, per analogia, sentenza dell’8 dicembre 2022, Caisse nationale d’assurance pension (C‑731/21, EU:C:2022:969, punti da 39 a 41 e giurisprudenza citata).
( 74 ) Come, ad esempio, la capacità di contrarre matrimonio, lo scioglimento delle unioni precedenti o la differenza di età tra le persone sposate, disciplinate da disposizioni di diritto internazionale privato.
( 75 ) V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocata generale Kokott nella causa Stolichna obshtina, rayon Pancharevo (C‑490/20, EU:C:2021:296, paragrafi 99 e 100).
( 76 ) V. sentenza Pancharevo (punti 45 e 50), e ordinanza del 24 giugno 2022, Rzecznik Praw Obywatelskich (C‑2/21, EU:C:2022:502, punti 43, 44 e 52).
( 77 ) Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all’accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione [COM(2022) 695 final].