SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
2 ottobre 2024 ( *1 )
«Concorrenza – Intese – Mercati portoghese e spagnolo delle telecomunicazioni – Clausola di non concorrenza nel mercato iberico inserita nel contratto per l’acquisizione da parte della Telefónica della quota detenuta dalla Portugal Telecom nell’operatore brasiliano di telefonia mobile Vivo – Annullamento parziale della decisione iniziale – Decisione che modifica l’importo dell’ammenda – Autorità di cosa giudicata – Mancata adozione di una comunicazione degli addebiti supplementare – Determinazione del valore delle vendite – Esclusione delle vendite di servizi per i quali le parti non sono in concorrenza potenziale»
Nella causa T‑181/22,
Pharol, SGPS SA, con sede a Lisbona (Portogallo), rappresentata da N. Mimoso Ruiz e R. Prates, avvocati,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata da P. Caro de Sousa, C. Urraca Caviedes e C. Zois, in qualità di agenti,
convenuta,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),
composto da M.J. Costeira, presidente, U. Öberg e P. Zilgalvis (relatore), giudici,
cancelliere: H. Eriksson, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento,
in seguito all’udienza del 28 settembre 2023,
ha pronunciato la seguente
Sentenza ( 1 )
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1 |
Con ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Pharol, SGPS SA, ricorrente, chiede l’annullamento parziale della decisione C(2022) 324 final della Commissione, del 25 gennaio 2022, che modifica la decisione C(2013) 306 final, del 23 gennaio 2013, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (caso AT.39839 – Telefónica/Portugal Telecom) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale nella decisione impugnata. |
I. Fatti
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La presente controversia trae origine da una clausola (in prosieguo: la «clausola») inserita all’articolo 9 dell’accordo di acquisto di azioni (in prosieguo: l’«accordo») firmato dalla Telefónica, SA e dalla Portugal Telecom, SGPS SA, successivamente rinomata Pharol, SGPS SA (in prosieguo: la «PT» o la «ricorrente» e, insieme alla Telefónica, le «parti »), il 28 luglio 2010, avente ad oggetto il controllo esclusivo da parte della Telefónica dell’operatore di rete mobile brasiliano Vivo Participações, SA (in prosieguo: la «Vivo»). La clausola così recita: «Numero nove – Divieto di concorrenza Nei limiti consentiti dalla legge, ciascuna delle parti si astiene dal partecipare o dall’investire, in maniera diretta o mediante proprie controllate, in qualsiasi progetto nel settore delle telecomunicazioni (compresi i servizi di telefonia fissa e mobile, l’accesso a Internet e i servizi televisivi ad eccezione delle attività o degli investimenti già realizzati o in corso) che possa essere considerato in concorrenza con l’altro sul mercato iberico per un periodo decorrente dalla data di conclusione dell’operazione [27 settembre 2010] fino al 31 dicembre 2011». |
A. La decisione del 2013
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3 |
Il 23 gennaio 2013 la Commissione europea ha adottato la decisione C(2013) 306 final, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (caso AT.39.839 – Telefónica/Portugal Telecom) (in prosieguo: la «decisione del 2013»), con la quale ha ritenuto che la clausola costituisse un patto di divieto di concorrenza e che, partecipando a quest’ultimo, la Telefónica e la PT avessero violato l’articolo 101 TFUE. |
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4 |
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della clausola, la Commissione ha ritenuto, tenuto conto della formulazione di quest’ultima, che essa riguardasse qualsiasi progetto rientrante nei servizi di comunicazione elettronica, a condizione che la controparte dell’accordo fornisse o potesse fornire un siffatto servizio. Di conseguenza, la clausola riguardava i servizi di telefonia fissa e mobile, l’accesso a Internet e i servizi televisivi e i servizi di radiodiffusione. La Commissione ha invece rilevato che qualsiasi attività esercitata e qualsiasi investimento effettuato anteriormente alla firma dell’accordo, ossia il 28 luglio 2010, erano esclusi dall’ambito di applicazione della clausola. A tale riguardo, la Commissione ha osservato che i servizi globali di telecomunicazione e i servizi all’ingrosso di trasporto internazionale erano esclusi dall’ambito di applicazione della clausola per la presenza di ciascuna parte nei mercati di detti servizi, nell’ambito della penisola iberica, alla data della firma dell’accordo. |
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5 |
Quanto all’estensione geografica della clausola, la Commissione ha interpretato l’espressione «mercato iberico» nel senso di un riferimento ai mercati spagnolo e portoghese. Tenuto conto delle attività commerciali delle parti, consistenti in una presenza nella maggior parte dei mercati delle comunicazioni elettroniche nel paese d’origine di ciascuna di esse e in una presenza scarsa, se non addirittura inesistente, nel paese d’origine della controparte, la Commissione ha ritenuto che l’ambito di applicazione geografico della clausola riguardasse il Portogallo, per la Telefónica, e la Spagna, per la PT. |
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6 |
La Commissione è giunta alla conclusione che la clausola imponeva alle parti un obbligo di non concorrenza e costituiva un accordo di ripartizione dei mercati con l’obiettivo di restringere la concorrenza nel mercato interno. Secondo la Commissione, la clausola violava, per tale motivo, l’articolo 101 TFUE, tenuto conto del tenore dell’accordo e del contesto economico e giuridico nel quale esso si inseriva (ad esempio, i mercati delle comunicazioni elettroniche, che erano liberalizzati) e della condotta e del comportamento effettivo delle parti (in particolare, della rimozione della clausola a loro cura il 4 febbraio 2011, a seguito dell’avvio di un procedimento da parte della Commissione). |
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7 |
Per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato, nella decisione del 2013, le disposizioni degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»). |
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Per determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione ha tenuto conto del valore dei servizi oggetto della clausola, quali definiti ai precedenti punti 4 e 5 e, in particolare, per ciascuna parte, unicamente il valore delle proprie vendite nel paese d’origine. Ha fatto ricorso alle vendite delle aziende nel corso del 2011 e ha stimato che la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione fosse del 2% per le due aziende interessate. Essa ha tenuto conto del fatto che l’infrazione aveva riguardato il periodo dal 27 settembre 2010 (data della constatazione notarile dell’operazione e, quindi, della conclusione definitiva dell’operazione) al 4 febbraio 2011 (data in cui, in seguito all’avvio del procedimento da parte della Commissione il 19 gennaio 2011, la Telefónica e la PT firmavano un accordo per rimuovere la clausola). Infine, la Commissione ha ritenuto che la data di cessazione della clausola costituisse una circostanza attenuante, dato che si collocava solo 16 giorni dopo l’avvio del procedimento e 30 giorni dopo l’invio della prima richiesta di informazioni alle parti e che non era segreta, per cui l’importo dell’ammenda da infliggere alle parti doveva essere ridotto del 20% |
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9 |
L’importo definitivo delle ammende ammontava a EUR 66894000 per la Telefónica e a EUR 12290000 per la PT. La Commissione ha precisato che tale importo non superava il 10% del fatturato totale realizzato da ciascuna impresa interessata. |
B. Annullamento parziale della decisione del 2013
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Con sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione del 2013 nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda inflitta alla PT in EUR 12290000, in quanto tale importo è stato fissato sulla base del valore delle vendite assunto dalla Commissione. Il Tribunale ha ritenuto che, al fine di determinare il valore delle vendite, la Commissione avrebbe dovuto identificare i servizi per i quali le parti non erano in concorrenza potenziale nel mercato iberico, esaminando gli elementi dedotti da queste ultime nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti al fine di dimostrare la mancanza di concorrenza potenziale tra loro riguardo a taluni servizi durante il periodo di applicazione della clausola. |
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Con sentenza del 28 giugno 2016, Telefónica/Commissione (T‑216/13, EU:T:2016:369), il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione del 2013 nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda inflitta alla PT in EUR 66894000, in quanto tale importo è stato fissato sulla base del valore delle vendite preso in considerazione dalla Commissione. L’annullamento si basa sullo stesso motivo pronunciato nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368). |
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Con sentenza del 13 dicembre 2017, Telefónica/Commissione (C‑487/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:961), la Corte ha respinto l’impugnazione proposta avverso la sentenza del 28 giugno 2016, Telefónica/Commissione (T‑216/13, EU:T:2016:369). La sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), non è stata impugnata. |
C. Decisione impugnata
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13 |
A seguito della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), la Commissione ha inviato, tra gennaio e novembre 2018, diverse richieste di informazioni alla ricorrente. Tali richieste avevano ad oggetto la determinazione del valore delle vendite di quest’ultima. |
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Il 5 novembre 2019 la Commissione ha inviato una lettera di esposizione dei fatti alla ricorrente. Il 10 gennaio 2020 quest’ultima ha presentato le sue osservazioni in merito a detta lettera. |
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Il 25 gennaio 2022 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, nella quale ha esaminato gli elementi addotti dalle parti per dimostrare l’assenza di concorrenza potenziale tra loro in relazione a determinati servizi nel mercato iberico durante il periodo di applicazione della clausola. La Commissione ne ha concluso che, per quanto riguarda la ricorrente, il valore delle vendite da prendere in considerazione corrispondeva al valore delle vendite considerato nei suoi confronti nella decisione del 2013, da cui doveva essere detratto il valore delle vendite dei servizi per i quali le parti non erano in concorrenza potenziale durante il periodo di applicazione della clausola. Le vendite dei servizi da detrarre erano, in primo luogo, le vendite di servizi di accesso all’ingrosso all’infrastruttura di rete (fisica) (LLU), in secondo luogo, le vendite di servizi di vendita all’ingrosso per la diffusione della televisione digitale e, in terzo luogo, le vendite di servizi di vendita all’ingrosso per la diffusione della televisione analogica terrestre. |
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L’importo definitivo dell’ammenda inflitta alla ricorrente con la decisione impugnata ammonta a EUR 12146000. |
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Il dispositivo della decisione impugnata così recita: «Articolo 1 All’articolo 2, lettere a) e b), della [decisione del 2013], gli importi delle ammende sono modificati come segue:
(…)». |
II. Conclusioni delle parti
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La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:
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La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
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III. In diritto
A. Sulla domanda di annullamento
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A sostegno della domanda di annullamento dell’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’autorità di cosa giudicata della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il secondo, sulla violazione dei suoi diritti della difesa e sulla violazione delle forme sostanziali di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e, il terzo, su errori di diritto e di fatto nella determinazione del valore delle vendite. |
1. Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’autorità di cosa giudicata della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13)
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21 |
Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che, interpretando, ai punti da 72 a 77 della decisione impugnata, la clausola nel senso che essa vieta alle parti di intraprendere azioni preparatorie all’entrata nel mercato, la Commissione ha violato l’autorità di cosa giudicata della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368). Infatti, secondo la ricorrente, la clausola vieta unicamente le partecipazioni o gli investimenti, senza precludere azioni preparatorie. Ebbene, un’interpretazione della clausola nel senso che vieta dette azioni non era pensata nella decisione del 2013 né sarebbe stata discussa nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368). Pertanto, tale interpretazione contrasterebbe con l’autorità di cosa giudicata di tale sentenza. |
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22 |
La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente. |
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23 |
Da una giurisprudenza costante si evince, da un lato, che l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi e, dall’altro, che tale autorità non riguarda solo il dispositivo di detta pronuncia, ma si estende alla motivazione della stessa che costituisce il necessario fondamento del suo dispositivo e ne è di conseguenza inscindibile (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 44, e del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 87). |
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24 |
Nel caso di specie, è vero che, al punto 76 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che «[la clausola] impediva alle parti di intraprendere azioni preparatorie che avrebbero potuto portare all’ingresso in uno dei mercati [oggetto della stessa]». |
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25 |
È altresì vero che i punti da 72 a 77 della decisione impugnata, relativi all’interpretazione della clausola nel senso di vietare le azioni preparatorie, non figurano nella decisione del 2013. |
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26 |
Tuttavia, nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale non si è pronunciato sulla questione se la clausola vietasse unicamente alla ricorrente di penetrare in uno dei mercati spagnoli delle telecomunicazioni e alla Telefónica di espandere la sua limitata presenza nei mercati portoghesi delle telecomunicazioni o se vietasse anche le azioni preparatorie a tale ingresso o a tale sviluppo, quali l’ottenimento delle licenze richieste o la realizzazione di studi di mercato. |
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27 |
Infatti, dal punto 182 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), si evince che l’ambito di applicazione della clausola è stato definito non in relazione al tipo di misure che la clausola vieta, l’ingresso effettivo nel mercato o preparazione a tale ingresso, bensì rispetto ai servizi oggetto della clausola, vale a dire, come indicato al precedente punto 4, i servizi di comunicazione elettronica e i servizi televisivi in Spagna e in Portogallo, ad eccezione dei servizi globali di telecomunicazione e dei servizi di trasporto internazionale all’ingrosso. |
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28 |
Inoltre, va notato che la ricorrente, sebbene in taluni punti del ricorso sostenga che il Tribunale si è pronunciato sul divieto di azioni preparatorie, riconosce tuttavia, in altri punti del ricorso e nella replica, che il Tribunale non si è pronunciato su tale questione. In tal senso, essa sostiene, ad esempio, che, «[n]ella sentenza [del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368)], l’interpretazione della clausola nel senso che essa avrebbe mirato ad ostacolare azioni preparatorie a un ingresso nel mercato dopo la sua scadenza non è mai stata dimostrata»; che il divieto di azioni preparatorie «non è stato oggetto della sentenza [del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368)]» e che, in tale sentenza, «il Tribunale ha preso posizione sull’ambito di applicazione della [clausola], senza tuttavia pronunciarsi sulla questione se le azioni preparatorie rientrassero nell’ambito di applicazione di tale clausola». |
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Da quanto precede deriva che, nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale non si è pronunciato sulla questione se la clausola vietasse o no le azioni preparatorie, per cui non si può ritenere che, interpretando la clausola nel senso che essa vieta tali azioni, la Commissione abbia violato l’autorità di cosa giudicata inerente a detta sentenza. |
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30 |
Il primo motivo deve, quindi, essere respinto. |
2. Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e sulla violazione delle forme sostanziali di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, a causa della mancata adozione di una comunicazione degli addebiti supplementare
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31 |
Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che, interpretando la clausola nel senso che essa vieta le azioni preparatorie, la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa e le forme sostanziali derivanti dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. Un’interpretazione del genere della clausola nella decisione impugnata avrebbe ampliato l’ambito di applicazione di detta clausola e modificato la decisione del 2013. L’inclusione delle azioni preparatorie nell’ambito di applicazione della clausola costituirebbe un elemento nuovo nei confronti della ricorrente. Pertanto, la Commissione avrebbe dovuto adottare una comunicazione degli addebiti supplementare per dare alla ricorrente la possibilità di presentare osservazioni su tale elemento. Ebbene, la Commissione avrebbe adottato una semplice lettera di esposizione dei fatti invece di una comunicazione degli addebiti supplementare. La ricorrente sottolinea, al riguardo, che i diritti della difesa non sono né esercitati né garantiti allo stesso modo quando viene adottata una comunicazione degli addebiti e quando viene adottata una semplice lettera di esposizione dei fatti. Infatti, una lettera del genere non conferirebbe alle parti il diritto di chiedere un’audizione. |
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32 |
La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente. |
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33 |
Secondo una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento idoneo a concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che deve essere pienamente osservato dalla Commissione (v. sentenza del 16 giugno 2022, Sony Corporation e Sony Electronics/Commissione, C‑697/19 P, EU:C:2022:478, punto 69 e giurisprudenza citata). |
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34 |
L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali la Commissione si fonda in tale fase del procedimento per consentire agli interessati di prendere effettivamente conoscenza dei comportamenti loro contestati dalla Commissione nonché degli elementi di prova di cui essa dispone (sentenza del 25 gennaio 2023, GEA Group/Commissione, T‑640/16 RENV, non pubblicata, EU:T:2023:18, punto 207; v. altresì, in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 66 e 67). |
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35 |
Un’ulteriore comunicazione degli addebiti agli interessati è necessaria solo qualora il risultato degli accertamenti induca la Commissione a porre atti nuovi a carico delle imprese o ad assumere fatti notevolmente diversi come prova delle infrazioni contestate [sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 192, e del 15 giugno 2022, Qualcomm/Commissione (Qualcomm – pagamenti di esclusiva), T‑235/18, EU:T:2022:358, punto 310], vale a dire se vengono mossi nuovi addebiti o se la natura intrinseca dell’infrazione di cui trattasi è modificata [sentenza del 29 settembre 2021, Nippon Chemi-Con Corporation/Commissione, T‑363/18, EU:T:2021:638, punto 123 (non pubblicata)]. |
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36 |
Per contro, conformemente al punto 111 della comunicazione della Commissione sulle migliori pratiche relative ai procedimenti previsti dagli articoli 101 e 102 [TFUE] (GU 2011, C 308, pag. 6), una semplice lettera (lettera di esposizione dei fatti) è sufficiente qualora gli addebiti mossi nei confronti delle imprese nella comunicazione degli addebiti siano soltanto suffragati dai nuovi elementi di prova sui quali la Commissione intende basarsi. |
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37 |
Nel caso di specie, nell’ambito del procedimento sfociato nella decisione del 2013, il 21 ottobre 2011 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti del 2011»). Il 13 gennaio 2012 la Telefónica e la ricorrente vi hanno risposto. |
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38 |
A seguito dell’annullamento parziale della decisione del 2013 da parte del Tribunale, la Commissione ha inviato una lettera di esposizione dei fatti alla Telefónica il 23 luglio 2019 e alla ricorrente il 5 novembre 2019. Queste vi hanno risposto, rispettivamente, il 18 ottobre 2019 e il 10 gennaio 2020. |
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39 |
La Commissione non ha emesso una comunicazione degli addebiti supplementare prima di adottare la decisione impugnata. A tal riguardo, ai punti da 23 a 26 di detta decisione, la Commissione ha affermato di non aver mosso alcuna nuova censura nei confronti della Telefónica e della ricorrente. Ha sottolineato, in detti punti, di essersi limitata a ricalcolare il valore delle vendite conformemente alle sentenze del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), e del 28 giugno 2016, Telefónica/Commissione (T‑216/13, EU:T:2016:369), e che le parti avevano avuto la possibilità di presentare le loro osservazioni su qualsiasi nuovo elemento di prova menzionato nella lettera di esposizione dei fatti, per cui la decisione impugnata non modificava in modo significativo il carattere essenziale degli addebiti formulati nella comunicazione degli addebiti del 2011. |
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40 |
A tale proposito, occorre rammentare che l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, atteso che il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può essere ripreso, in linea di principio, dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata. L’annullamento dell’atto non incide, in linea di principio, sulla validità delle misure preparatorie di quest’ultimo, antecedenti alla fase in cui tale vizio è stato constatato. Se è appurato che l’annullamento non incide sulla validità degli atti procedurali anteriori, la Commissione non è obbligata, per il solo fatto di tale annullamento, ad inviare una nuova comunicazione degli addebiti alle imprese in questione (sentenza del 6 luglio 2017, Toshiba/Commissione, C‑180/16 P, EU:C:2017:520, punto 24). |
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41 |
Ne consegue che la validità della comunicazione degli addebiti del 2011, il cui invio ha preceduto l’adozione della decisione del 2013, non è messa in discussione dalla sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), la quale ha annullato detta decisione solo nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda irrogata alla ricorrente sulla base del valore delle vendite assunto dalla Commissione. |
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42 |
Pertanto, la sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), non impedisce di prendere in considerazione le indicazioni fornite nella comunicazione degli addebiti del 2011 in merito all’ambito di applicazione della clausola, al fine di verificare il rispetto dei diritti della difesa della ricorrente nell’ambito del procedimento che ha portato alla decisione impugnata. |
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43 |
Ebbene, il Tribunale ritiene che l’interpretazione della clausola nel senso che essa vieta le azioni preparatorie non può essere considerata come un addebito nuovo rispetto a quelli notificati nella comunicazione degli addebiti del 2011, una modifica di questi ultimi o una modifica della natura intrinseca dell’infrazione, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 35. |
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44 |
Infatti, sebbene la comunicazione degli addebiti del 2011 non precisi espressamente che la clausola vieta le azioni preparatorie, una simile interpretazione si impone tenuto conto, da un lato, della durata della clausola, troppo breve per consentire un ingresso effettivo nei mercati di cui trattasi e, dall’altro, del testo letterale della clausola nella versione inglese. |
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45 |
Per quanto riguarda la durata della clausola, come confermato in udienza dalla ricorrente e dalla Commissione, a causa delle barriere all’ingresso nei mercati in questione, quali l’obbligo di ottenere una licenza o, per quanto riguarda l’acquisizione di un operatore esistente, di ottenere l’autorizzazione della competente autorità garante della concorrenza, un ingresso effettivo era improbabile, se non impossibile, durante il periodo di validità della clausola, sia che si trattasse della durata prevista dalla clausola (dal 27 settembre 2010 al 31 dicembre 2011) sia che si trattasse del periodo di applicazione della clausola (dal 27 settembre 2010 al 4 febbraio 2011). Pertanto, la clausola può essere interpretata solo nel senso che vieta anche le azioni preparatorie a un ingresso effettivo che avverrebbe dopo la sua scadenza. |
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46 |
Una simile interpretazione della clausola è confermata dalla sua formulazione in inglese, che, come ha sostenuto la Commissione, senza essere contraddetta, è la lingua in cui è stato redatto l’accordo. Ebbene, nella versione inglese, la clausola prevede quanto segue: «each party shall refrain from proming or investing in any project in the telecommunications business». Il termine «engag[e]» significa, secondo il Cambridge Dictionary, «essere coinvolti in qualcosa», «impegnarsi in qualcosa» («to become involved with something») e, secondo il Merriam Webster Dictionary, «avviare e portare avanti un’impresa o un’attività» («to begin and carry on an enterprise or activity»). La clausola vieta quindi alle parti non solo di continuare («invest»), ma anche di avviare, impegnarsi o lanciarsi («engag[e]») in un progetto rientrante nel settore delle telecomunicazioni, alle condizioni da essa definite. |
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47 |
Pertanto, indicando espressamente, ai punti 76 e 77 della decisione impugnata, che la clausola vietava le azioni preparatorie, la Commissione non ha fatto altro che chiarire, tenuto conto della durata della clausola e della sua formulazione in inglese, l’oggetto di quest’ultima. |
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48 |
Da quanto precede risulta che, interpretando la clausola nel senso che essa vieta le azioni preparatorie, la Commissione non ha posto un nuovo addebito a carico delle parti, modificato quelli notificati nel 2011 o modificato la natura intrinseca dell’infrazione. |
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49 |
Di conseguenza, la Commissione non era tenuta ad adottare una comunicazione degli addebiti supplementare per sentire le parti in merito a detta interpretazione. |
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50 |
Inoltre, occorre ricordare che è stato per ricalcolare il valore delle vendite conformemente alla sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), che la Commissione ha interpretato la clausola nel senso che essa vieta le azioni preparatorie. Ebbene, la determinazione del valore delle vendite non rientra tra gli elementi sui quali la Commissione è tenuta a sentire le parti. |
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51 |
Infatti, secondo la giurisprudenza, per adempiere al suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite, la Commissione è tenuta a dichiarare espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e ad indicare i principali elementi di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza. Da tale giurisprudenza emerge parimenti che la Commissione non è tenuta, invece, una volta indicati gli elementi di fatto e di diritto su cui baserà il calcolo delle ammende, a precisare il modo in cui si avvarrà di ciascun elemento per la determinazione dell’entità dell’ammenda (sentenza del 6 luglio 2017, Toshiba/Commissione, C‑180/16 P, EU:C:2017:520, punto 21). |
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52 |
Ebbene, l’individuazione dei servizi per i quali le parti non sono concorrenti potenziali e le cui vendite devono, per tale ragione, essere escluse dal calcolo dell’ammenda non può essere considerata uno dei principali elementi di fatto e di diritto sui quali la Commissione baserà il calcolo dell’importo dell’ammenda. Il diritto di essere sentiti non copre un siffatto elemento connesso al metodo di determinazione dell’importo dell’ammenda (v., per analogia, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 438 e 439, e del 6 luglio 2017, Toshiba/Commissione, C‑180/16 P, EU:C:2017:520, punto 33). |
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53 |
Pertanto, la Commissione non era tenuta ad adottare una comunicazione degli addebiti supplementare per sentire le parti sulla determinazione del valore delle vendite. |
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54 |
Inoltre, la ricorrente contesta, in sostanza, alla Commissione di non averle dato la possibilità di sviluppare i suoi argomenti nel corso di un’audizione. |
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55 |
È vero che l’adozione della decisione impugnata non è stata preceduta da un’audizione. Neppure l’adozione della decisione del 2013 era stata preceduta da alcuna audizione. |
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56 |
A questo proposito, occorre rilevare che, in forza dell’articolo 12 del regolamento (CE) n. 773/2004, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), la Commissione offre alle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare gli argomenti nel corso di un’audizione, sempre che esse lo richiedano nelle osservazioni scritte. |
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57 |
Va notato, tuttavia, che il diritto all’audizione previsto dall’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 sussiste solo a seguito dell’emissione di una comunicazione degli addebiti da parte della Commissione. Non esiste il diritto a un’audizione in relazione a una lettera di esposizione dei fatti. |
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58 |
Pertanto, poiché la Commissione non era tenuta ad adottare una comunicazione degli addebiti supplementare al posto della lettera di esposizione dei fatti, essa non era tenuta a tenere un’audizione prima di adottare la decisione impugnata. |
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59 |
In ogni caso, la ricorrente non ha chiesto un’audizione prima dell’adozione della decisione impugnata, come richiesto dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004. Essa non aveva neppure chiesto un’audizione nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione del 2013. |
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60 |
Da quanto precede risulta che, non avendo adottato una comunicazione degli addebiti supplementare al posto della lettera di esposizione dei fatti, la Commissione non ha violato né i diritti della difesa della ricorrente né l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. |
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Occorre quindi respingere il secondo motivo. |
3. Sul terzo motivo, vertente su errori di diritto e di fatto nella determinazione del valore delle vendite
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62 |
Con il terzo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in errori di diritto e di fatto nella scelta e nell’applicazione del criterio che consente di determinare i servizi per i quali le parti erano concorrenti potenziali e che dovevano, a tale titolo, essere inclusi nella determinazione del valore delle vendite ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006. |
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63 |
Tale motivo si suddivide in due parti, vertenti, la prima, su un errore di diritto della Commissione nella scelta del criterio che consente di valutare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti ai fini della determinazione del valore delle vendite e, la seconda, su errori di diritto e di fatto della Commissione nella valutazione dell’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti in taluni mercati oggetto della clausola. |
a) Sulla prima parte, vertente su un errore di diritto commesso dalla Commissione nella scelta del criterio che consente di valutare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti ai fini della determinazione del valore delle vendite
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64 |
Con la prima parte, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore di diritto nel valutare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti sulla base del criterio delle barriere insormontabili all’ingresso. |
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A tal riguardo, la ricorrente contesta la posizione della Commissione secondo cui il medesimo criterio deve essere utilizzato per dimostrare l’esistenza di una restrizione per oggetto e per calcolare l’importo dell’ammenda. Per quanto riguarda l’accertamento dell’esistenza di una restrizione per oggetto, dal punto 181 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), si evince che la Commissione sarebbe tenuta unicamente ad esaminare se esistano barriere all’ingresso. Per quanto riguarda il calcolo dell’importo dell’ammenda, l’assenza di barriere insormontabili non sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale. Quest’ultima può essere dedotta solo dalla dimostrazione di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato di cui trattasi. Ciò risulterebbe, in particolare, dai punti 230 e 243 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), nonché dalle sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione (T‑360/09, EU:T:2012:332), e del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione (T‑691/14, EU:T:2018:922). |
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66 |
La ricorrente ne deduce che, sulla base degli elementi di fatto da essa sottoposti alla Commissione, quest’ultima avrebbe dovuto esaminare se la Telefónica, che non era presente in nessuno dei mercati portoghesi oggetto della clausola al 27 settembre 2010, fosse un concorrente potenziale durante il periodo di applicazione della clausola, vale a dire tra il 27 settembre 2010 e il 4 febbraio 2011. A parere della ricorrente, la Commissione era quindi tenuta a stabilire se esistessero barriere insormontabili all’ingresso in detti mercati e, in caso contrario, se esistessero possibilità reali e concrete per la Telefónica di entrare in uno di tali mercati. Pertanto, limitandosi ad esaminare se esistessero barriere insormontabili per determinare se le parti fossero in concorrenza potenziale ai fini del calcolo dell’ammenda, la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto. |
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67 |
La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente. |
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Occorre rilevare che, sia nella decisione impugnata sia in quella del 2013, la Commissione ha applicato gli orientamenti del 2006. |
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Ai sensi del punto 13 di detti orientamenti, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno del SEE». |
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Secondo la giurisprudenza, se è vero che la nozione di valore delle vendite di cui al punto 13 non può, certamente, estendersi sino a comprendere le vendite realizzate dall’impresa interessata che non rientrano, direttamente o indirettamente, nella sfera di applicazione dell’intesa contestata, l’obiettivo perseguito da tale disposizione risulterebbe tuttavia pregiudicato se tale nozione dovesse essere intesa nel senso che si riferisce unicamente al fatturato realizzato con le sole vendite per le quali risulti accertata la loro effettiva connessione con l’intesa stessa (sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 148). |
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Da tale considerazione discende che devono essere escluse dal valore delle vendite oggetto di un’infrazione le vendite dell’autore di detta infrazione avvenute in un mercato non aperto alla concorrenza, come quello di cui trattasi nella sentenza del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione (T‑360/09, EU:T:2012:332, punti 105 e 155), in quanto un siffatto mercato non può essere interessato da una pratica anticoncorrenziale di cui all’articolo 101 TFUE, o ancora le vendite realizzate da una delle parti di un’intesa in mercati nei quali le altre parti di tale intesa non sono presenti e non possono essere considerate concorrenti potenziali (sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 188). |
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72 |
Nel caso di specie, nella decisione del 2013, per determinare il valore delle vendite ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, la Commissione ha preso in considerazione i servizi oggetto della clausola, vale a dire i servizi di comunicazione elettronica e i servizi televisivi in Spagna e in Portogallo, ad eccezione dei servizi globali di telecomunicazione e dei servizi di trasporto internazionale all’ingrosso. Per ciascuna parte, essa ha preso in considerazione unicamente il valore delle proprie vendite nel proprio paese d’origine. |
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Ebbene, nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione del 2013 per la parte in cui fissa l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, ma unicamente nella misura in cui tale importo è stato fissato sulla base del valore delle vendite assunto dalla Commissione. Il motivo dell’annullamento è che la Commissione non ha esaminato gli elementi di fatto addotti dalle parti volti a dimostrare che esse non erano in concorrenza potenziale per taluni servizi. Infatti, in tale sentenza, il Tribunale ha dichiarato che i servizi per i quali le parti non erano in concorrenza potenziale dovevano essere esclusi dalla determinazione del valore delle vendite ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, in quanto non erano in relazione diretta o indiretta con l’infrazione. |
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Nella decisione impugnata, la Commissione ha quindi ricalcolato il valore delle vendite escludendo le vendite dei servizi per i quali essa ha ritenuto che le parti non fossero in concorrenza potenziale, vale a dire i servizi di accesso all’ingrosso alle infrastrutture di rete (fisica), i servizi di vendita all’ingrosso per la diffusione della televisione digitale e i servizi di vendita all’ingrosso per la diffusione della televisione analogica terrestre. |
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A tal riguardo, la ricorrente sostiene che, per valutare se le parti fossero concorrenti potenziali ai fini della determinazione del valore delle vendite, la Commissione non poteva limitarsi a dimostrare l’assenza di barriere all’ingresso, ma avrebbe dovuto dimostrare che esistevano possibilità reali e concrete per la Telefónica di entrare nei mercati di cui trattasi in Portogallo. |
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Tale argomento non può essere accolto. |
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Infatti, nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale ha affrontato la questione dell’esistenza e della rilevanza di una concorrenza potenziale tra le parti in due occasioni, anzitutto a proposito dell’accertamento dell’infrazione, poi a proposito del calcolo dell’ammenda. |
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Per quanto riguarda l’accertamento dell’infrazione, il Tribunale ha rilevato, al punto 174 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), che, al fine di valutare se la clausola costituisse una restrizione della concorrenza per oggetto, occorreva riferirsi, in particolare, al contesto economico e giuridico nel quale essa si collocava e, nell’ambito della valutazione di detto contesto, prendere in considerazione le condizioni reali del funzionamento e della struttura dei mercati in questione. Ebbene, secondo il punto 181 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), in presenza di un accordo di ripartizione dei mercati, la Commissione «non [doveva] procedere ad un’analisi della questione se l’entrata [nel] mercato corrispond[esse], per ciascuna delle parti, a una strategia economica praticabile ma [era] tenuta ad esaminare se esiste[ssero] barriere insormontabili all’entrata nel mercato, che [escludessero] qualsiasi concorrenza potenziale». |
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Per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda, il Tribunale ha ritenuto, ai punti 239 e 241 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), che dovevano essere escluse dalla determinazione del valore delle vendite ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006 le vendite non rientranti, direttamente o indirettamente, nella sfera di applicazione dell’infrazione. Orbene, secondo i punti 230 e 243 di tale sentenza, le vendite non direttamente o indirettamente collegate all’infrazione erano quelle dei servizi che non rientravano nell’ambito di applicazione della clausola, vale a dire quelle dei servizi per i quali le parti non erano in concorrenza potenziale. |
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Tuttavia, nella sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), il Tribunale non ha specificato quale fosse il criterio per valutare l’esistenza di una concorrenza potenziale ai fini del calcolo dell’ammenda, pur avendo dichiarato che, ai fini dell’accertamento dell’infrazione, il criterio che consente di valutare l’esistenza di una siffatta concorrenza era quello delle barriere insormontabili all’ingresso nel mercato. |
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Nella decisione impugnata, la Commissione ha individuato tale criterio. Ai punti 58 e 71 di tale decisione, essa ha ritenuto che il criterio per valutare la concorrenza potenziale fosse lo stesso, che si trattasse di constatare l’infrazione o di calcolare l’importo dell’ammenda, e che tale criterio fosse quello dell’esistenza di barriere insormontabili all’ingresso e non quello delle possibilità reali e concrete di ingresso. |
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Occorre rilevare che, nel caso di specie, richiedere alla Commissione, al fine di determinare il valore delle vendite, di andare oltre l’esame delle barriere insormontabili all’ingresso per determinare se le parti abbiano possibilità reali e concrete di entrare nel mercato equivarrebbe ad imporle, per il calcolo dell’ammenda, un obbligo che essa non ha ai fini dell’accertamento dell’infrazione. |
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83 |
Infatti, dalla giurisprudenza richiamata al punto 181 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), risulta che, in presenza di un mercato liberalizzato come quello di cui trattasi nella specie, la Commissione non deve procedere a un’analisi della struttura del mercato interessato e della questione se l’entrata in tale mercato corrisponda, per ciascuna delle parti, a una strategia economica praticabile, ma è tenuta ad esaminare se esistano barriere insormontabili all’entrata nel mercato, che escludano qualsiasi concorrenza potenziale. |
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84 |
Inoltre, come rilevato dal Tribunale al punto 240 della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), dal punto 64 della sentenza del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione (C‑534/07 P, EU:C:2009:505), risulta che alla Commissione non può essere imposto, relativamente al metodo di calcolo delle ammende, un obbligo al quale essa non è tenuta ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale. |
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85 |
Ne consegue che la Commissione non era tenuta, ai fini del calcolo dell’ammenda in esecuzione della sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione (T‑208/13, EU:T:2016:368), a determinare se le parti avessero reali e concrete possibilità di entrare nei mercati in questione, poiché non le era stato imposto un tale obbligo ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE. |
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86 |
Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il criterio delle possibilità reali e concrete sarebbe l’unico compatibile con, in particolare, le sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 36 a 38 e 58), e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione (C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punti 54 e 55), esso non può essere accolto. Queste sentenze, infatti, riguardano entrambe la valutazione dell’esistenza di una concorrenza potenziale ai fini dell’accertamento dell’infrazione e non, come nel caso di specie, ai fini del calcolo dell’ammenda. |
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87 |
Da quanto precede discende che la Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto per aver adottato il criterio delle barriere insormontabili all’ingresso per valutare se esistesse una concorrenza potenziale tra le parti ai fini del calcolo dell’ammenda. |
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88 |
La prima parte del terzo motivo va quindi respinta. |
b) Sulla seconda parte, relativa a errori di diritto e di fatto della Commissione nella valutazione dell’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti in taluni mercati oggetto della clausola
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89 |
Con la seconda parte del terzo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in errori di diritto e di fatto nel valutare la concorrenza potenziale, in primo luogo, nei mercati della telefonia fissa, in secondo luogo, nei mercati delle linee date in locazione, in terzo luogo, nei mercati della telefonia mobile, in quarto luogo, nei mercati di accesso a Internet e, in quinto luogo, nel mercato dei servizi televisivi a pagamento al dettaglio. [omissis] |
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Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: |
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Costeira Öberg Zilgalvis Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 ottobre 2024. Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.
( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.